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38 DI REPUBBLICA 38 GIOVEDI 9 GENNAIO 2014 DI A R I O DI REPUBBLICA (più o meno: motore-cittadino), lanciava la prima app, iCitizen grazie alla quale seguire il dibat- tito politico statunitense e inter- venire sulle questioni calde, ov- vero «tutta la forza della demo- crazia sul vostro telefonino!», come recita lo slogan sul sito. Il tono è quello della réclame di fu- stino di detersivo, è vero, ma la app non è affatto male. Il fenomeno della e-demo- cracy non nasce oggi, anzi: viene da lontano (sono dieci anni esat- ti che si parla di rafforzare la de- mocrazia con la rete); vanta al- cuni successi clamorosi (la boz- za di Costituzione islandese ri- scritta anche attraverso la parte- cipazione dei cittadini attraver- so i social media; il voto elettro- nico in Estonia; il bilancio parte- cipato in certi comuni del Brasi- le); e ha da poco assunto il rango di un obiettivo mondiale grazie alla Open Government Partner- ship, un’alleanza alla quale par- tecipano – distrattamente inve- ro - un centinaio di paesi. Ma, per strano che sembri, è l’Italia la frontiera più avanzata verso una democrazia diretta o quantomeno molto partecipa- ta. La causa va rintracciata natu- U na consultazio- ne online fa mol- to chic e ancora non impegna (purtroppo). Come certi bracciali di bi- giotteria che servono a fare scena per una sera e basta. Con lo stesso meccanismo, quando non si sa bene cosa fare, con la e-democracy non si sbaglia. E così accade che la democrazia elettronica, che pure sarebbe un obiettivo teoricamente meraviglioso, è diventata l’ultima moda della politica in crisi di auto- revolezza e a corto di idee, non solo in Italia; e come tut- te le mode rischia di sparire al prossimo cambio di stagio- ne. Non funziona!, diranno per sbarazzarsene. Quando in realtà stanno facendo di tutto per non farla funziona- re. E se davvero dovesse an- dare così sarebbe un peccato perché in tanto confuso atti- vismo c’è del buono. C’è la promessa di una trasparen- za dei dati pubblici utile e non legata al mito grillino de- gli scontrini del bar. C’è la speranza di una partecipa- zione dei cittadini alla vita pubblica non rissosa o bilio- sa, ma competente e colla- borativa (possibile con l’aria fetida che si respira a volte sul web? Pare di sì). E c’è il mito del governo “open”, “aper- to”, quale unica via per rafforzare e rilanciare l’esan- gue democrazia rappresen- tativa. Gli ultimi segnali in questa di- rezione sono molto forti. E in- durrebbero un cauto ottimi- smo. Per esempio alla fine di no- vembre nel Regno Unito il presi- dente della Camera dei Comuni John Bercow, un cinquantenne di punta del partito conservato- re, ha convocato i leader di Face- book, Twitter, Google, Apple e Microsoft non per chiedere loro conto di come usano i nostri da- ti personali, visti i rapporti del servizio segreto inglese con la Nsa americana, ma addirittura per aver suggerimenti su come favorire la partecipazione dei cittadini alla vita politica in una auspicata transizione verso la democrazia elettronica. La più antica democrazia del mondo che chiede aiuto alla Silicon Val- ley: a qualcuno sarà andato di traverso il whiskey. E qualche giorno dopo da Nashville, nel Tennessee, l’imprenditore-atti- vista americano Rod Massey, che in estate aveva raccolto 780mila dollari di finanziamen- ti per la sua startup Citizengine contraria. È questa la politica che vogliamo? Eterodiretta da attivisti col clic facile? Forse no. Perché in effetti se uno avesse voglia di guardare davvero den- tro queste mitiche consultazio- ni digitali scoprirebbe cose cu- riose. Per esempio, la consultazione più nota del governo Monti ri- guardò la spending review: ven- ne chiesto ai cittadini di manda- re una mail con le spese da ta- gliare; ne arrivarono 151.536, una enormità, ma solo 80.236 vennero esaminate, per le altre 71.300 non ci fu nemmeno uno ralmente nel Movimento 5 Stel- le, che ne ha fatto una bandiera, ma non solo. Nonostante l’età avanzata dei suoi ministri, fu il governo Monti ad avviare la sta- gione delle consultazioni onli- ne: a un certo punto se ne conta- rono cinque aperte contempo- raneamente. Chi partecipava? Perché? Cosa se ne faceva l’ese- cutivo di quelle indicazioni? Chi garantiva l’autenticità del pro- cesso e chi tutelava i diritti degli assenti, che sono sacrosanti a meno di non voler instaurare una dittatura degli attivi? Sono tutte domande rimaste senza ri- sposta, anzi sono domande che nessuno si è davvero mai posto in quei mesi e neanche dopo. Neanche adesso. Il richiamo delle consultazioni online deve essere sembrato troppo forte per fermarsi un istante a ragio- nare su come farle funzionare davvero: non c’era tempo forse anche per il tentativo un po’ goffo di arginare la domanda di partecipazione via web emersa con il grillismo. E così quando a Palazzo Chigi si è insediato Enrico Letta, il mi- nistro della Riforme istituziona- li Gaetano Quagliarello ha lan- ciato un sito per chiedere ai cit- tadini quale modello di forma di governo adottare. E qualche giorno fa il ministro Maria Chia- ra Carrozza ha annunciato addi- rittura una maxi consultazione online sul tipo di scuola che vo- gliamo. Il suo predecessore, Francesco Profumo, con questo sistema dovette rimangiarsi l’impegno ad abolire il valore le- gale del titolo di studio perché via web emerse una volontà STEFANO RODOTÀ Tecnopolitica Laterza 2004 Il diritto di avere diritti Laterza 2013 EVGENIJ MOROZOV L’ingenuità della rete Codice 2011 JARON LANIER Tu non sei un gadget Mondadori 2010 MARSHALL MCLUHAN Gli strumenti del comunicare Il Saggiatore 2008 D. BELLASIO G. FINI G. RIOTTA Politica 2.0 Armando 2013 LAWRENCE LESSIG Il futuro delle idee Feltrinelli 2006 GIANNI RIOTTA Il web ci rende liberi? Einaudi 2013 DANIELE PITTÈRI Democrazia elettronica Laterza 2007 LUCA CORCHIA La democrazia nell’era di internet Le Lettere 2011 LIBRI P er emulare sul serio un tribunale o un’elezio- ne democratica le macchine dovranno mi- gliorare ancora, anche per consentirci di fare raffronti tra le affermazioni dei politici o degli av- vocati o dei pubblici ministeri, indipendentemen- te da quanto proclamano gli spot televisivi e le in- terviste al telegiornale della sera. Visti i costi iniziali piuttosto bassi, le macchine sociali ci permetteranno di fare cose che non pote- vamo fare prima. Per esempio, ci permetteranno di tenere un referendum nazionale il cui costo sareb- be altrimenti proibitivo. Questo è solo un esempio che dimostra le potenzialità di quello che possia- mo cambiare. Ma non sto affatto propugnando il passaggio dalla democrazia rappresentativa alla democrazia diretta. Dovremmo stare attenti a non fare certe cose solo perché sono possibili. SILLABARIO E-DEMOCRACY TIM BERNERS-LEE Le consultazioni online diventano sempre più frequenti Vantano alcuni successi, ma anche clamorosi fiaschi E l’Italia è considerata la loro frontiera avanzata Fra i risultati del dibattito in rete, la Costituzione islandese, il voto in Estonia i bilanci partecipati in Brasile I risultati Diverse volte nel nostro Paese si è sollecitata la partecipazione Ma senza molti esiti La partecipazione RICCARDO LUNA NEW DEAL In alto, La statua della Democrazia (stampa del 1799) In basso, vignetta sulle elezioni di Honore Daumier A sinistra, agorà ateniese (Herbert M. Herget, XX secolo) © RIPRODUZIONE RISERVATA Quel che resta della politica se dalle piazze si passa al web E-DEMOCRACY

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la Repubblica

DI REPUBBLICA

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GIOVEDI 9 GENNAIO 2014

la Repubblica

DIARIODI REPUBBLICA

(più o meno: motore-cittadino),lanciava la prima app, iCitizengrazie alla quale seguire il dibat-tito politico statunitense e inter-venire sulle questioni calde, ov-vero «tutta la forza della demo-crazia sul vostro telefonino!»,come recita lo slogan sul sito. Iltono è quello della réclame di fu-stino di detersivo, è vero, ma laapp non è affatto male.

Il fenomeno della e-demo-cracy non nasce oggi, anzi: vieneda lontano (sono dieci anni esat-ti che si parla di rafforzare la de-mocrazia con la rete); vanta al-cuni successi clamorosi (la boz-

za di Costituzione islandese ri-scritta anche attraverso la parte-cipazione dei cittadini attraver-so i social media; il voto elettro-nico in Estonia; il bilancio parte-cipato in certi comuni del Brasi-le); e ha da poco assunto il rangodi un obiettivo mondiale graziealla Open Government Partner-ship, un’alleanza alla quale par-tecipano – distrattamente inve-ro - un centinaio di paesi.

Ma, per strano che sembri, èl’Italia la frontiera più avanzataverso una democrazia diretta oquantomeno molto partecipa-ta. La causa va rintracciata natu-

Una consultazio-ne online fa mol-to chic e ancoranon impegna( p u r t r o p p o ) .

Come certi bracciali di bi-giotteria che servono a farescena per una sera e basta.Con lo stesso meccanismo,quando non si sa bene cosafare, con la e-democracy nonsi sbaglia. E così accade che lademocrazia elettronica, chepure sarebbe un obiettivoteoricamente meraviglioso,è diventata l’ultima modadella politica in crisi di auto-revolezza e a corto di idee,non solo in Italia; e come tut-te le mode rischia di sparire alprossimo cambio di stagio-ne. Non funziona!, dirannoper sbarazzarsene. Quandoin realtà stanno facendo ditutto per non farla funziona-re. E se davvero dovesse an-dare così sarebbe un peccatoperché in tanto confuso atti-vismo c’è del buono. C’è lapromessa di una trasparen-za dei dati pubblici utile enon legata al mito grillino de-gli scontrini del bar. C’è lasperanza di una partecipa-zione dei cittadini alla vitapubblica non rissosa o bilio-sa, ma competente e colla-borativa (possibile con l’ariafetida che si respira a volte sulweb? Pare di sì). E c’è il mitodel governo “open”, “aper-to”, quale unica via perrafforzare e rilanciare l’esan-gue democrazia rappresen-tativa.

Gli ultimi segnali in questa di-rezione sono molto forti. E in-durrebbero un cauto ottimi-smo. Per esempio alla fine di no-vembre nel Regno Unito il presi-dente della Camera dei ComuniJohn Bercow, un cinquantennedi punta del partito conservato-re, ha convocato i leader di Face-book, Twitter, Google, Apple eMicrosoft non per chiedere loroconto di come usano i nostri da-ti personali, visti i rapporti delservizio segreto inglese con laNsa americana, ma addiritturaper aver suggerimenti su comefavorire la partecipazione deicittadini alla vita politica in unaauspicata transizione verso lademocrazia elettronica. La piùantica democrazia del mondoche chiede aiuto alla Silicon Val-ley: a qualcuno sarà andato ditraverso il whiskey. E qualchegiorno dopo da Nashville, nelTennessee, l’imprenditore-atti-vista americano Rod Massey,che in estate aveva raccolto780mila dollari di finanziamen-ti per la sua startup Citizengine

contraria. È questa la politicache vogliamo? Eterodiretta daattivisti col clic facile? Forse no.Perché in effetti se uno avessevoglia di guardare davvero den-tro queste mitiche consultazio-ni digitali scoprirebbe cose cu-riose.

Per esempio, la consultazionepiù nota del governo Monti ri-guardò la spending review: ven-ne chiesto ai cittadini di manda-re una mail con le spese da ta-gliare; ne arrivarono 151.536,una enormità, ma solo 80.236vennero esaminate, per le altre71.300 non ci fu nemmeno uno

ralmente nel Movimento 5 Stel-le, che ne ha fatto una bandiera,ma non solo. Nonostante l’etàavanzata dei suoi ministri, fu ilgoverno Monti ad avviare la sta-gione delle consultazioni onli-ne: a un certo punto se ne conta-rono cinque aperte contempo-raneamente. Chi partecipava?Perché? Cosa se ne faceva l’ese-cutivo di quelle indicazioni? Chigarantiva l’autenticità del pro-cesso e chi tutelava i diritti degliassenti, che sono sacrosanti ameno di non voler instaurareuna dittatura degli attivi? Sonotutte domande rimaste senza ri-sposta, anzi sono domande chenessuno si è davvero mai postoin quei mesi e neanche dopo.Neanche adesso. Il richiamodelle consultazioni online deveessere sembrato troppo forteper fermarsi un istante a ragio-nare su come farle funzionaredavvero: non c’era tempo forseanche per il tentativo un po’goffo di arginare la domanda dipartecipazione via web emersacon il grillismo.

E così quando a Palazzo Chigisi è insediato Enrico Letta, il mi-nistro della Riforme istituziona-li Gaetano Quagliarello ha lan-ciato un sito per chiedere ai cit-tadini quale modello di forma digoverno adottare. E qualchegiorno fa il ministro Maria Chia-ra Carrozza ha annunciato addi-rittura una maxi consultazioneonline sul tipo di scuola che vo-gliamo. Il suo predecessore,Francesco Profumo, con questosistema dovette rimangiarsil’impegno ad abolire il valore le-gale del titolo di studio perchévia web emerse una volontà

STEFANORODOTÀTecnopoliticaLaterza2004

Il diritto di avere dirittiLaterza2013

EVGENIJMOROZOVL’ingenuitàdella reteCodice2011

JARONLANIERTu non sei un gadgetMondadori2010

MARSHALLMCLUHANGli strumentidel comunicareIl Saggiatore2008

D. BELLASIOG. FINI G. RIOTTAPolitica 2.0Armando2013

LAWRENCELESSIG Il futuro delle ideeFeltrinelli2006

GIANNIRIOTTAIl web ci rende liberi?Einaudi2013

DANIELEPITTÈRIDemocraziaelettronicaLaterza2007

LUCACORCHIALa democrazianell’era di internetLe Lettere2011

LIBRI

Per emulare sul serio un tribunale o un’elezio-ne democratica le macchine dovranno mi-gliorare ancora, anche per consentirci di fare

raffronti tra le affermazioni dei politici o degli av-vocati o dei pubblici ministeri, indipendentemen-te da quanto proclamano gli spot televisivi e le in-terviste al telegiornale della sera.

Visti i costi iniziali piuttosto bassi, le macchinesociali ci permetteranno di fare cose che non pote-vamo fare prima. Per esempio, ci permetteranno ditenere un referendum nazionale il cui costo sareb-be altrimenti proibitivo. Questo è solo un esempioche dimostra le potenzialità di quello che possia-mo cambiare. Ma non sto affatto propugnando ilpassaggio dalla democrazia rappresentativa allademocrazia diretta. Dovremmo stare attenti a nonfare certe cose solo perché sono possibili.

SILLABARIOE-DEMOCRACY

TIM BERNERS-LEE

Le consultazioni onlinediventano sempre più frequentiVantano alcuni successi, ma anche clamorosi fiaschiE l’Italia è considerata la loro frontiera avanzata

Fra i risultati del dibattitoin rete, la Costituzioneislandese, il voto in Estoniai bilanci partecipati in Brasile

I risultati

Diverse volte nel nostroPaese si è sollecitatala partecipazioneMa senza molti esiti

La partecipazione

RICCARDO LUNA

NEW DEALIn alto, Lastatua dellaDemocrazia(stampadel 1799)In basso,vignettasulle elezionidi HonoreDaumierA sinistra,agoràateniese (Herbert M. Herget, XX secolo)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Quel che resta della politicase dalle piazze si passa al web

E-DEMOCRACY

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I PIRATI IN GERMANIAIl Partito Pirata tedesco,fautore di e-democracy,ha ottenuto un buonsuccesso negli ultimianni, poi ridimensionato

Una nuova tecnologia permeaun ambiente sociale fin quandonon ha saturato ogni istituzioneGli strumenti del comunicare, 1964

Marshall McLuhan

Internet al centro dello sviluppodella democrazia può metterea repentaglio il progetto stessoL’ingenuità della rete, 2011

Evgenij Morozov

Nei discorsi sulla e-democracyspunta sempre un esplicitorichiamo ai valori del populismoCritica della ragione informatica, 1997

Tomás Maldonado

Le tappe

Gli autori

IL SILLABARIO di Tim Berners-Lee ètratto da L’architettura del nuovo Web(Feltrinelli). L’ultimo libro di RiccardoLunaè Cambiamo tutto! La rivoluzionedegli innovatori (Laterza). Curzio Mal-tese ha scritto La bolla. La pericolosafine del sogno berlusconiano (Feltrinel-li).

I Diari online

TUTTI i numeri del “Diario” di Repub-blica, comprensivi delle fotografie e deitesti completi, sono consultabili su In-ternet in formato pdf all´indirizzo webwww.repubblica.it. I lettori potrannoaccedervi direttamente dalla homepa-ge del sito, cliccando sul menu “Sup-plementi”.

OGGIDopo il Movimento5 Stelle anche il governo Letta lanciadei referendum onlinesu scuola e riforme

IL CASO ISLANDARecentemente l’Islanda ha redatto una bozza di riforma costituzionale collettivagrazie a Internet

L’ESEMPIO ESTONIADal 2005 lo Stato balticoha introdotto il votoelettronico, anche per le consultazioni più importanti

SABINOCASSESEIl diritto globaleEinaudi2009

TOMÁSMALDONADO Critica della ragioneinformaticaFeltrinelli1997

MAURIZIOBOLOGNINIDemocraziaelettronicaCarocci2001

CLAY SHIRKYUno per unotutti per tuttiCodice2009

GORE VIDALDemocraziatraditaFazi2004

GEERTLOVINKInternet non è il paradisoApogeo2004

MARILENAMACALUSODemocrazia econsultazioneonlineFrancoAngeli2007

RALFDAHRENDORF Dopo lademocraziaLaterza2003

JOSEPH E.STIGLITZIn un mondoimperfettoDonzelli2001

DE KERCKHOVEA. TURSIDopo lademocrazia?Apogeo2006

LIBRI

Qual è la vera natura delle scelte nel Movimento 5 Stelle

Non abbiamo bisognodi attendere febbraio eil risultato della con-sultazione online lan-

ciata da Beppe Grillo per cono-scere la proposta di legge eletto-rale «liberamente votata» dagliiscritti al Movimento 5 Stelle. Sipuò scommettere sin d’ora chenon sarà nessuna delle tre ipote-si maggioritarie (sindaci, siste-ma spagnolo, Mattarellum cor-retto) avanzate dal Pd di Renzi,ma una quarta di base propor-zionale che, vedi il caso, coinci-de con gli interessi aziendali del-la Grillo&Casaleggio associati.In questo modo l’unica maggio-ranza possibile sarà ancoraquella destra-sinistra, con Pd eBerlusconi, e Grillo potrà sem-pre gridare all’inciucio.

Grillo&Casaleggio non vuoleliquidare l’orrido regime dellaSeconda repubblica, altrimentivoterebbe una legge maggiori-

taria puntando alla vittoria fina-le. Preferiscono lucrare il piùpossibile sul caos politico, allafaccia e sulla pelle degli italiani.Beppe è stato un grande comicoe potrebbe evitarci queste pa-gliacciate della cosiddetta de-mocrazia diretta, ma nella presaper i fondelli dei propri elettori ècompresa questa finzione, giàsperimentata con successo conle parlamentarie, che hannoeletto senatori e deputati i mili-tanti con più parenti, e le quiri-narie, una vera farsa. Alle quiri-narie gli iscritti avevano votato,sempre liberamente, una lista dicandidati utile alla strategia deicapi: mettere in difficoltà il Pd,ma senza arrivare a un accordoper un nome condiviso (Prodi,per esempio).

Sono convinto che Internetsia un passo indietro rispetto al-l’evoluzione della specie. Di si-curo lo è per la democrazia, reto-rica a parte. Il partito-movimen-to di Grillo, che è il più grande fe-nomeno politico mondiale natodalla rete, ne è una confermaclamorosa. Con tutte le chiac-chiere sulla democrazia diretta e«l’uno vale uno», il Movimento 5Stelle è un partito autocratico daanni Trenta. Non si era mai vistouno schieramento con il mar-chio depositato alla camera dicommercio e protetto da uno

CURZIO MALTESE

stuolo di legulei. I capi concedo-no o negano il marchio, vedi ilcaso Sardegna, secondo logicheaziendali. Decidono quando fa-re le dirette streaming e quandonon farle. Le consultazioni onli-ne sono riservate ai soli iscritti,per giunta quelli della prima ora,poche decine di migliaia di per-sone, spesso molto meno. I ri-sultati sono palesemente decisida Grillo e Casaleggio, che pos-sono anche non comunicarli,come hanno fatto dopo il primoturno delle quirinarie. I com-menti non in linea con la volontàdei capi sono sistematicamenteespulsi dal sito. Il quale sito, pe-raltro, rimane di proprietà diGrillo, che lo usa per venderepropri prodotti e pubblicità. È lafollia. Eppure i seguaci non fia-tano, illusi di partecipare con unclic al grande gioco. Gianrober-to Casaleggio, ideologo della de-mocrazia in rete, è del resto un

oligarca e un teorico del governodella rete da parte di un’élite il-luminata.

Lungi dal liberare i cittadinidalla passività del mezzo televi-sivo, la rete ha costruito una ba-se di finta partecipazione chepermette a chi comanda di deci-dere da solo, ma fra gli applausidei sudditi. Oltre a impedire lapartecipazione, la rete limita an-che il dibattito. O meglio, abbas-sa il dibattito a un livello tale darenderlo del tutto inutile, se noncome pretesto per sfogare larabbia di qualcuno e la pazzia dimolti. Su Internet sono tuttiesperti, scienziati, profeti. Il da-to oggettivo non esiste perché,almeno in questo, uno vale dav-vero uno. Si assiste dunque a di-scussioni su argomenti impor-tanti e complessi affidati a pseu-do studiosi, con corredo di deli-ranti teorie del complotto e veree proprie leggende metropolita-ne. Al confronto, perfino i dibat-titi in Parlamento sembranouna faccenda seria. Si parte coni petrolieri che bloccano da de-cenni l’auto all’idrogeno e le ca-se farmaceutiche che boicotta-no la cura contro il cancro, e si fi-nisce con chi ha visto le sirene e imicrochip della Cia sotto la pel-le. Poiché tutto è complotto,nulla lo è.

© RIPRODUZIONE RISERVATA© RIPRODUZIONE RISERVATA

sguardo (senza contare che lafoto della pila di mail stampatein un ufficio di Palazzo Chigi eral’immagine stessa dello sprecodi carta da tagliare…).

Con la consultazione avviatada Quagliarello è andata anchepeggio: il ministro si era rivolto adue giovani civic hacker moltoesperti, Donatella Solda Kutz-man e Damien Lanfrey, cheavevano allestito un sito chiaroe rapido per informarsi e dire lapropria: “Partecipa!”, il titolo.Risultato: «203.061 questionarivalidi!», esultò il ministro dopotre mesi, «è stata la più grande

consultazione online d’Euro-pa». Già, ma a qualcuno interes-sa davvero cosa hanno dettoquei cittadini, il loro parereconta adesso che il dibattito sul-le riforme è entrato nel vivo? Ze-ro.

Non è andata meglio finoracon gli esperimenti in area Bep-pe Grillo e dintorni. Il punto dipartenza è stato Liquid Feed-back, una piattaforma per la de-mocrazia diretta realizzata dalPartito pirata tedesco. Dopo unfallimentare test con il pro-gramma tv Servizio Pubbliconel2012, una nuova versione è sta-

ta adottata da un gruppo di par-lamentari del partito democra-tico guidati da Laura Puppato:Tu Parlamento doveva servire aportare in aula le migliori pro-poste dei cittadini. Bello, ma dal6 settembre scorso il sito è fer-mo. Nel frattempo i grillini si so-no spostati su Airesis: è una nuo-va piattaforma sviluppata da ungruppo di volontari «che voglio-no una democrazia più evolu-ta». Il vero test di Airesis avrebbedovuto essere a Parma, nell’uni-co comune amministrato da unsindaco grillino. «Vogliamoconvincere tutti i cittadini diParma a iscriversi», era il propo-sito iniziale. Se ne sono perse letracce. Intanto febbraio do-vrebbe essere il mese clou perun altro esperimento a 5 stelle: sichiama Parlamento Elettronicoe vuole «trasformare l’Italia nelpiù avanzato laboratorio di de-mocrazia digitale del pianeta».Per un obiettivo così importan-te la raccolta fondi procede unpo’ a rilento: duemila euro.

I problemi non sono solo ita-liani. La Commissione Europeaha appena lanciato una consul-tazione monstre sul copyrightche richiede di scaricarsi un fileword di 140 pagine. Impossibilepartecipare. E così la parlamen-tare del Partito pirata svedeseAmelie Andersdotter e un grup-po di hacker durante le feste diNatale hanno realizzato un sitomultilingue che rende facile eintuitiva la partecipazione. Mo-rale: solo i civic hacker, gli sma-nettoni animati da senso civico,possono salvare la e-demo-cracy.

A dispetto dei proclami non si era mai vistoun partito con il marchio depositato alla cameradi commercio, un marchio concesso o negatosecondo logiche aziendali. Vedi il caso Sardegna

Le logiche aziendali

GRILLO & CASALEGGIOL’INGANNO IN UN CLIC

FOTO: BRIDGEMAN