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la Repubblica 42 VENERDÌ 4 LUGLIO 2014 R2 Diario DI REPUBBLICA CONTATTI [email protected] WWW.REPUBBLICA.IT P ER ricreare il “califfato” non basta una striscia di territorio che va dalla provincia irachena di Diyala alla si- riana città d’Aleppo. Il gruppo di mi- litanti integralisti armati che ha an- nunciato la rinascita di quell’istituzione religiosa e politica rappresenta molto poco per il miliardo e mezzo di musulmani sparsi nel mondo. L’ini- ziativa non è tuttavia banale. Vuole essere un’a- perta sfida all’Occidente, e a quella parte dell’I- slam accusata di essere al suo servizio. Questo è chiaro. Può anche avere toccato la sensibilità di non pochi credenti raggiunti dalla dichiarazione lo scorso weekend, proprio mentre iniziava il di- giuno diurno del Ramadam. Dietro la dichiarazione dell’Isis che ha proclamato uno Stato musulmano compreso tra l’Iraq e la Siria è nascosta la strategia di marketing di una nuova jihad BERNARDO VALLI Un periodo di particolare fervore religioso. Il momento è stato scelto dai promotori con gli stessi principi che regolano la nostra società dei consumi. Hanno puntato su una sta- gione propizia. Ed è secondo la stessa mentalità, non proprio ade- guata alla tradizione musulmana, che hanno accorciato il nome ini- ziale (Stato islamico in Iraq e nel Levante), adottando il più breve tutto questo è comprensibile. Non è comunque “storica” la proclamazione del califfato. Sa- rebbe azzardato definirla tale. Contraddizioni e improvvisa- zioni mettono in luce la scarsa credibilità. Sarebbe stato più sensato se i promotori dello Sta- to islamico avessero annuncia- to la nascita di un semplice emi- rato. Il quale implica un’esten- sione territoriale più modesta, e comporta meno ambizioni reli- giose. I Taliban, non certo esem- plari nella moderazione, pur oc- cupando il novanta per cento dell’Afghanistan, si sono limita- ti a dichiarare un emirato. Cosi hanno fatto gruppi ispirati da Al Qaeda, nello Yemen e nel Mali. Non si sono montati la testa al punto da lanciare l’idea di un ca- liffato. Avrebbero fatto sorride- re. Nel fanatismo non manca del tutto il senso della misura. Se i guerriglieri con le ban- diere nere che spadroneggiano tra la provincia irachena di Diyala e la città siriana di Alep- po, zone a stragrande maggio- ranza sunnita, non suscitano ironia, ma orrore, è perché han- no fatto precedere la proclama- zione del califfato con decapita- zioni, crocifissioni e profanazio- ni di santuari sciiti, sufi e cri- stiani. E perché li hanno pubbli- cizzati, mostrando video e foto- grafie, come se si trattasse di lanciare un prodotto o una mo- da. Anche la pretesa nascita del califfato rientra nella grande operazione mediatica. È stato un colpo di scena. Persino il dottor al-Zawahiri, successore di Bin Laden alla te- sta di Al Qaeda, e grande esper- to in terrorismo, si è scandaliz- zato. Ha capito che l’annuncio del califfato era un episodio, un colpo basso, nella gara tra grup- pi jihadisti. Per questo l’ha con- dannato. Al-Zawahiri li conosce bene quei suoi discepoli smarri- ti. Un tempo li ispirava Al Qae- da. Concorrente dello Stato isla- mico, in Siria, è ad esempio Ja- bath al-Nusra, altro gruppo ra- dicale sunnita. È stato al-Bagh- dadi, nato Brahim al-Badri nella città irachena di Samarra, a di- chiarare il califfato e quindi a promuoversi califfo. Alle origini era il modesto chierico in una moschea sunnita, poi si è diplo- mato in pedagogia all’Univer- sità di Bagdad. La sua esperien- za come terrorista è stata lunga, durante l’occupazione america- na dell’Iraq. Quando furono ta- gliate e poi mostrate le teste di alcuni ostaggi occidentali lui era un giovane gregario. In se- guito ha fatto carriera e ha fon- dato un suo movimento, fino a farne lo Stato islamico. Oggi è abbastanza sfacciato da considerarsi un discendente di Abu Bakr, il primo califfo. E ca- liffo significa successore. Bakr fu appunto il successore di Mao- metto, alla sua morte, nel Setti- mo secolo. Come istituzione il califfato è rimasto al centro del- l’Islam. Ha condotto alla rottura tra sunniti e sciiti, rivali nella lotta di successione al Profeta, e adesso ancora a confronto sul piano comunitario e religioso, in Iraq e in Siria. A fasi alterne, nei secoli, il califfato ha rappre- sentato una forza militare o ha esercitato un’autorità religio- sa, o un’istituzione simbolica. O le due insieme. La sua ultima di- mora è stato l’Impero ottoma- no, dissoltosi in seguito alla Grande guerra. Nel 1924 la Tur- chia repubblicana l’ha abolito. La sua rinascita è rimasta un’a- spirazione avvolta nel mito. Al- cuni movimenti (ad esempio il Partito della Libertà, Hizbal Tahrir, che conta un milione di aderenti nel mondo musulma- no, e la stessa Al Qaeda) ne han- no proposto con più o meno insi- Califfato Il mito islamico rinato a favore dei media L’IMMAGINE “La guardia del califfo” raffigurata in una miniatura del 1237 tratta dal manoscritto Le Sedute di Al-Hariri di Bagdad C OME i nazisti, i gruppi della jihad hanno un deside- rio di morte che costituisce il marchio del loro ni- chilismo. L’obiettivo di una sfida mondiale da parte di un’oligarchia dotata di geni teutonici, che può uccidere o rendere schiave altre “razze” secondo il pro- prio bisogno, non è più irrealizzabile dell’idea che un sin- golo Stato, per non parlare del mondo intero, possa esse- re governato dai precetti di un presunto libro sacro. Questo folle schema inizia col disconoscere i talenti (e i diritti) di metà della popolazione, vede con superstiziosa ripugnanza gli interessi finanziari, e invoca il diritto dei musulmani a imporre ai non credenti balzelli speciali e confische. Nemmeno l’Afghanistan o la Somalia, scenari delle avanzate più estreme sinora realizzate dalle forze a favore del califfato, potrebbero essere governate a lungo in questo modo senza generare miseria e declino. CHRISTOPHER HITCHENS © RIPRODUZIONE RISERVATA Califfato SILLABARIO > L’impero dei califfi fu il primo Stato in cui il mondo sperimentò quel sistema di pace fondamentale per coltivare le scienze History of Astronomy, 1869 ADAM SMITH L’islam sviluppò una scuola modernista inadatta al mondo moderno: mahdismo, nazionalismo, il risorgere del califfato EDWARD W. SAID Durante tredici secoli il califfato attraversò varie vicissitudini ma è rimasto sempre un potente simbolo dell’unità musulmana BERNARD LEWIS LE CITAZIONI The New Yorker, 2001 Orientalismo, 1999 e incisivo Stato islamico. Un cambiamento tutt’altro che in- significante, perché non desi- gnando più un paese e una re- gione, sparisce la limitazione geografica e risalta il carattere universale. Lo Stato islamico ha molte pretese: scavalca ideal- mente le frontiere, vuole esten- dere l’influenza a tutta la comu- nità musulmana, ricalcando il califfato dei secoli scorsi. Ma come per le preoccupazio- ni mediatiche sui tempi dell’an- nuncio, chi ha lanciato l’idea si è rivelata vittima dell’influenza occidentale. Nessun califfato si è definito nella storia Stato isla- mico. Nell’Impero Ottomano, sua ultima sede, si diceva, è ve- ro, “Sublime Stato”, ma si usava soprattutto “Sublime porta”. Gli integralisti sono stati ispira- ti piuttosto, sia pure inconscia- mente, dallo Stato — nazione di stampo europeo. Il quale ha po- co in comune con i valori all’ori- gine del califfato. Il cui caratte- re universale, religioso anche se nei secoli politico e guerriero per lunghi tratti, non consente di riconoscersi formalmente dei confini. Il califfato non è acco- stabile al papato. È un’altra co- sa. Ma a un cristiano, che abbia soltanto sfogliato i libri di testo riguardanti la propria storia, {

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la Repubblica

42

VENERDÌ 4 LUGLIO 2014 R2DiarioDI REPUBBLICA CONTATTI

[email protected]

PER ricreare il “califfato” non bastauna striscia di territorio che va dalla

provincia irachena di Diyala alla si-

riana città d’Aleppo. Il gruppo di mi-

litanti integralisti armati che ha an-

nunciato la rinascita di quell’istituzione religiosa

e politica rappresenta molto poco per il miliardo

e mezzo di musulmani sparsi nel mondo. L’ini-

ziativa non è tuttavia banale. Vuole essere un’a-

perta sfida all’Occidente, e a quella parte dell’I-

slam accusata di essere al suo servizio. Questo è

chiaro. Può anche avere toccato la sensibilità di

non pochi credenti raggiunti dalla dichiarazione

lo scorso weekend, proprio mentre iniziava il di-

giuno diurno del Ramadam.

Dietro la dichiarazione dell’Isis che haproclamato uno Stato musulmanocompreso tra l’Iraq e la Siria è nascostala strategia di marketing di una nuova jihad

BERNARDO VALLI

Un periodo di particolare fervore religioso. Il momento è stato scelto dai promotori con gli stessi principi cheregolano la nostra società dei consumi. Hanno puntato su una sta-gione propizia. Ed è secondo la stessa mentalità, non proprio ade-guata alla tradizione musulmana, che hanno accorciato il nome ini-ziale (Stato islamico in Iraq e nel Levante), adottando il più breve

tutto questo è comprensibile. Non è comunque “storica” la

proclamazione del califfato. Sa-rebbe azzardato definirla tale.Contraddizioni e improvvisa-zioni mettono in luce la scarsacredibilità. Sarebbe stato piùsensato se i promotori dello Sta-to islamico avessero annuncia-to la nascita di un semplice emi-rato. Il quale implica un’esten-sione territoriale più modesta, ecomporta meno ambizioni reli-giose. I Taliban, non certo esem-plari nella moderazione, pur oc-cupando il novanta per centodell’Afghanistan, si sono limita-ti a dichiarare un emirato. Cosihanno fatto gruppi ispirati da AlQaeda, nello Yemen e nel Mali.Non si sono montati la testa alpunto da lanciare l’idea di un ca-liffato. Avrebbero fatto sorride-re. Nel fanatismo non manca deltutto il senso della misura.

Se i guerriglieri con le ban-diere nere che spadroneggianotra la provincia irachena diDiyala e la città siriana di Alep-po, zone a stragrande maggio-ranza sunnita, non suscitanoironia, ma orrore, è perché han-no fatto precedere la proclama-zione del califfato con decapita-zioni, crocifissioni e profanazio-ni di santuari sciiti, sufi e cri-

stiani. E perché li hanno pubbli-cizzati, mostrando video e foto-grafie, come se si trattasse dilanciare un prodotto o una mo-da. Anche la pretesa nascita delcaliffato rientra nella grandeoperazione mediatica. È statoun colpo di scena.

Persino il dottor al-Zawahiri,successore di Bin Laden alla te-sta di Al Qaeda, e grande esper-to in terrorismo, si è scandaliz-zato. Ha capito che l’annunciodel califfato era un episodio, un

colpo basso, nella gara tra grup-pi jihadisti. Per questo l’ha con-dannato. Al-Zawahiri li conoscebene quei suoi discepoli smarri-ti. Un tempo li ispirava Al Qae-da. Concorrente dello Stato isla-mico, in Siria, è ad esempio Ja-bath al-Nusra, altro gruppo ra-dicale sunnita. È stato al-Bagh-dadi, nato Brahim al-Badri nellacittà irachena di Samarra, a di-chiarare il califfato e quindi apromuoversi califfo. Alle originiera il modesto chierico in una

moschea sunnita, poi si è diplo-mato in pedagogia all’Univer-sità di Bagdad. La sua esperien-za come terrorista è stata lunga,durante l’occupazione america-na dell’Iraq. Quando furono ta-gliate e poi mostrate le teste dialcuni ostaggi occidentali luiera un giovane gregario. In se-guito ha fatto carriera e ha fon-dato un suo movimento, fino afarne lo Stato islamico.

Oggi è abbastanza sfacciatoda considerarsi un discendentedi Abu Bakr, il primo califfo. E ca-liffo significa successore. Bakrfu appunto il successore di Mao-metto, alla sua morte, nel Setti-mo secolo. Come istituzione ilcaliffato è rimasto al centro del-l’Islam. Ha condotto alla rotturatra sunniti e sciiti, rivali nellalotta di successione al Profeta, eadesso ancora a confronto sulpiano comunitario e religioso,in Iraq e in Siria. A fasi alterne,nei secoli, il califfato ha rappre-sentato una forza militare o haesercitato un’autorità religio-sa, o un’istituzione simbolica. Ole due insieme. La sua ultima di-mora è stato l’Impero ottoma-no, dissoltosi in seguito allaGrande guerra. Nel 1924 la Tur-chia repubblicana l’ha abolito.La sua rinascita è rimasta un’a-spirazione avvolta nel mito. Al-cuni movimenti (ad esempio ilPartito della Libertà, HizbalTahrir, che conta un milione diaderenti nel mondo musulma-no, e la stessa Al Qaeda) ne han-no proposto con più o meno insi-

CaliffatoIl mito islamico rinatoa favore dei media

L’IMMAGINE“La guardiadel califfo”raffiguratain unaminiaturadel 1237 trattadal manoscrittoLe Sedutedi Al-Hariridi Bagdad

COME i nazisti, i gruppi della jihad hanno un deside-

rio di morte che costituisce il marchio del loro ni-

chilismo. L’obiettivo di una sfida mondiale da

parte di un’oligarchia dotata di geni teutonici, che può

uccidere o rendere schiave altre “razze” secondo il pro-

prio bisogno, non è più irrealizzabile dell’idea che un sin-

golo Stato, per non parlare del mondo intero, possa esse-

re governato dai precetti di un presunto libro sacro.

Questo folle schema inizia col disconoscere i talenti (e i

diritti) di metà della popolazione, vede con superstiziosa

ripugnanza gli interessi finanziari, e invoca il diritto dei

musulmani a imporre ai non credenti balzelli speciali e

confische. Nemmeno l’Afghanistan o la Somalia, scenari

delle avanzate più estreme sinora realizzate dalle forze a

favore del califfato, potrebbero essere governate a lungo

in questo modo senza generare miseria e declino.

CHRISTOPHER HITCHENS

© RIPRODUZIONE RISERVATA

CaliffatoSILLABARIO>

L’impero dei califfi fuil primo Stato in cuiil mondo sperimentòquel sistema di pacefondamentale percoltivare le scienze

History of Astronomy, 1869

ADAM SMITH

L’islam sviluppòuna scuola modernistainadatta al mondomoderno: mahdismo,nazionalismo,il risorgere del califfato

EDWARD W. SAID

Durante tredici secoliil califfato attraversòvarie vicissitudinima è rimasto sempreun potente simbolodell’unità musulmana

BERNARD LEWIS

LE CITAZIONI

The New Yorker, 2001

Orientalismo, 1999

e incisivo Stato islamico. Uncambiamento tutt’altro che in-significante, perché non desi-gnando più un paese e una re-gione, sparisce la limitazionegeografica e risalta il carattereuniversale. Lo Stato islamico hamolte pretese: scavalca ideal-mente le frontiere, vuole esten-dere l’influenza a tutta la comu-nità musulmana, ricalcando ilcaliffato dei secoli scorsi.

Ma come per le preoccupazio-ni mediatiche sui tempi dell’an-nuncio, chi ha lanciato l’idea si èrivelata vittima dell’influenzaoccidentale. Nessun califfato siè definito nella storia Stato isla-mico. Nell’Impero Ottomano,sua ultima sede, si diceva, è ve-ro, “Sublime Stato”, ma si usavasoprattutto “Sublime porta”.Gli integralisti sono stati ispira-ti piuttosto, sia pure inconscia-mente, dallo Stato — nazione distampo europeo. Il quale ha po-co in comune con i valori all’ori-gine del califfato. Il cui caratte-re universale, religioso anche senei secoli politico e guerrieroper lunghi tratti, non consentedi riconoscersi formalmente deiconfini. Il califfato non è acco-stabile al papato. È un’altra co-sa. Ma a un cristiano, che abbiasoltanto sfogliato i libri di testoriguardanti la propria storia,

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COME si diventa califfo nell’era globale? E chi riconoscerà Abu Bakr alBaghdadi, come successore o delegato, questo è il significato del ter-mine arabo khalifa, del Profeta Muhammad?Al Baghdadi è stato scelto, in un’elezione secondo carisma, dal Con-

siglio della Shura dell’Isis, una sorta di assemblea consultiva che si pronunciasulle questioni politiche più rilevanti e legittima le decisioni del leader del grup-po. Il carisma, il dono straordinario riconosciuto dai suoi seguaci, il misteriosoAl Baghdadi, l’ha guadagnato sul campo. Riorganizzando una jihad che sem-brava ormai alle corde. Partecipando al conflitto in Siria, l’Isis ha allargato ilsuo teatro d’azione sino alle provincie sunnite di quel paese. Scelta che ha con-sentito al gruppo di aprirsi un passaggio verso la Turchia, via privilegiata deiflussi di volontari, armi, denaro, rifornimenti. Sino a esercitare il controllo diun territorio transfrontaliero divenuto l’embrione del futuro Stato Islamico.

Un indubbio successo politico e militare: in pochi anni l’Isis è divenuto il ma-gnete che ha attirato centinaia di mujahidin provenienti dal Caucaso e dall’Eu-ropa, dalla Penisola arabica e dall’Asia Centrale e si è misurato con forme di go-verno territoriale meno semplificatrici, anche se non meno brutali, di quelle spe-rimentate dai qaedisti al tempo di Zarkawi. Riuscendo a coalizzare attorno allasua linea, buona parte del mondo sunnita tra Iraq e Siria. Un mondo, in crisi dirappresentanza, deciso a regolare una volta per tutte i conti con il potere sciita ealawita. Anche alleandosi con il radicalismo islamista.

Proclamando autonomamente la rinascita del Califfato, l’Isis ha lanciato unasfida dall’enorme rilevanza simbolica alla stessa galassia qaedista. Mostrando

come uno dei nodi problematici dell’islam,l’essere una religione senza centro, priva diautorità riconosciuta da tutti, si riverberi an-che in quel magmatico campo. La Shura del-l’Isis ha operato secondo i principi del dirittodinamico, pratica che, nella teoria radicale,consente alla comunità composta dai com-battenti del jihad di assumere ritenute soloapparentemente non in linea con le fonti del-

la tradizione. Qui, nel regno del Dio del Politico, sovrano è davvero chi decide nel-lo stato d’eccezione. Forte del suo successo operativo, l’Isis, in una sorta di leni-nismo religioso, ha deciso di proclamare califfo Al Baghdadi. Quel che resta di AlQaeda storica, in particolare la leadership di Zawahiri così come le diverse arti-colazioni regionali, è stato ignorato. Difficile che Al Qaeda nella Terra dei DueLuoghi santi, la penisola araba, o l’Aqmi, le due organizzazioni più forti della re-te jihadista, accettino il patto di sottomissione al nuovo Califfo. La crisi di con-senso di Zawahiri è anche la crisi delle leadership centralizzate, ritenute inca-paci di leggere le esigenze locali del campo del jihad.

Agli occhi di molti al Baghdadi è, dunque, innanzitutto il Califfo dello “StatoIslamico”. Anche se la sigla originaria dell’organizzazione ha perso due dellequattro lettere dell’acronimo, Iraq e Sham (Levante), nell’intento di proporsi co-me centro unitario. Esaltando così il carattere transnazionale del mito di fonda-zione dell’islam, che si vuole comunità su base religiosa e non nazionale. E rilan-ciando la lotta contro le frontiere tracciate dai geografi occidentali dopo la finedell’impero ottomano. I nuovi seguaci del Califfo iracheno immaginano, per ora,uno Stato islamico sul territorio delle provincie sunnite un tempo teatro dellosplendore dell’era abbaside. Ma, in prospettiva, il sogno è quello di riconquista-re ogni terra che sia stata musulmana o dove vi siano dei musulmani, dall’Africaall’Europa sino all’Asia. Ovviamente l’ardita pretesa egemonica del nuovo Ca-liffo dipenderà dal suo successo. Se davvero conquistasse Bagdad, distruggessei luoghi santi alidi di Najaf e Kerbala, sconfiggendo gli odiati sciiti e facendo tre-mare le “potenze crociate”, quella legittimità sarebbe acquisita una volta per tut-te. Ma il progetto di Al Baghdadi ha troppi nemici per riuscire. E molti, anche incampo jihadista, dove le rivalità e i personalismi prosperano, stanno a guardare.

RENZO GUOLO

stenza la ricostituzione. Al-Ba-ghdadi è andato oltre le inten-zioni: l’ha proclamato.

Il suo è il primo avventurosoma concreto tentativo di realiz-zarlo sul serio. Molti musulmanihanno aderito al nazionalismo,opposto all’idea di califfato, al-tri sono repubblicani o demo-cratici. Ma i gruppi radicali han-no guadagnato terreno. Li han-no favoriti i rais (come l’egizia-no Mubarak o il tunisino benAli) che giustificavano l’autori-

La sfida di Al Baghdadi per la leadershipe l’attacco interno ai rivali di Al Qaeda

Ecco come si costruisceil successore di Maomettonel mondo globalizzato

BERNARD LEWIS

La costruzione del MedioOrienteLaterza

Le origini della rabbiamusulmanaMondadori

Gli arabi nella storiaLaterza

GILLES KEPEL

Oltre il terrore e il martirioFeltrinelli

Jihad. Ascesa e declinoCarocci

TARIQ RAMADAN

Maometto. Dall’Islam diieri all’Islam di oggiEinaudi

Islam e libertàEinaudi

BAT YE’OR

Verso il califfato universaleLindau

TAHAR BEN JELLOUN

L’Islam spiegato ai nostrifigliBompiani

AMIN MAALOUF

Le crociate viste dagli arabiSEI

MAXIME RODINSON

MaomettoEinaudi

MAOMETTO

Le parole del ProfetaNewton Compton

CHRISTOPHER HITCHENS

Dio non è grande. Come lareligione avvelena ognicosaEinaudi

DAVID COOK

Storia del jihad. DaMaometto ai giorni nostriEinaudi

AA. VV.

Dizionario del CoranoMondadori

I LIBRILE TAPPE

LE ORIGINI

“Califfo” in arabo èil titolo attribuito aisuccessori diMaometto, chemuore nel 632 d.C.Il primo è Abu Bakr

LE DINASTIE

Nel 661 salgonoal poteregli Omayyadi chearrivano in Spagna.Nel 749 è la voltadegli Abbassidi

GLI OTTOMANI

Bagdad vienedistrutta nel 1258.Il titolo di califfo èassunto dal sultanoottomano finoal 1925

L’ISIS

Lo Stato islamicodell’Iraq e delLevante nasce nel2000, fondato daal-Zarqawi, rivaledi Bin Laden

tarismo e la corruzione con la ne-cessità di opporsi al fanatismoreligioso. Il conflitto israelo-pa-lestinese, gli interventi ameri-cani nei paesi musulmani, il fal-limento economico di molti pae-si arabi hanno fatto il resto. Le“primavere” (con l’eccezionetunisina) sono svanite e con lo-ro, almeno per adesso, i proget-ti democratici. Il califfato di al--Baghdadi sembra un’allucina-zione.

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Ha attirato centinaia di mujahidinprovenienti dal Caucasoe dall’Europa, dalla Penisolaarabica e dall’Asia Centrale

IL SILLABARIOIl testo del Sillabario è tratto da The Enemy di Christopher Hitchens,scritto dall’autore nel 2011, dopo la cattura e l’uccisione di Osama BinLaden. Hitchens è stato giornalista e saggista britannico naturalizzatostatunitense. Ha scritto, tra gli altri, Consigli a un giovane ribelle e Dionon è grande (Einaudi). È morto il 15 dicembre 2011

GLI AUTORIRenzo Guolo insegna Sociologia e Sociologia delle religioni presso le Università di Trieste, Padova e Torino. Tra i suoi saggi, L’Islam ècompatibile con la democrazia?, Il fondamentalismo islamico e La via dell’Imam (tutti pubblicati da Laterza). Di Bernardo Valli, inviatoin tutto il mondo, è in via di pubblicazione la raccolta dei reportage{ {

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