DeMarchi Era Una Signora Piu Splendente Del Sole

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Giovanni De MarchiEra una Signora pi splendente del sole(Era una Senhora mais brilhante que o Sol)Visto, nulla osta: Don LUIGI CARNINO, Rev. Eccl. Torino, 4 maggio 1948 Imprimatur: Can. L. COCCOLO, Vic. Gen. Torino, 4 maggio 1948 Visto, nulla osta: P. V. SANDRONE I.M.C., Vice-Superiore Gen._____________________INDICELettera di Mons. Joao Pereira Venancio Vescovo di Leiria per la edizione francese Prefazione alla terza edizione portoghese Prefazione alla settima edizione portoghese Introduzione: Il mio pellegrinaggio a Fatima (1943) 1. Lucia, oh che piccina! 2. Francesco sarebbe stato un uomo 3. Giacinta fu sempre tanto mansueta! ... 4. Sono una povera pastorella ... Prego sempre la Madonna ... 5. Non temete: sono l'Angelo della pace 6. Una Signora biancovestita, pi splendente del sole ... 7. Oh, mamma, oggi ho visto la Madonna nella Cova da Iria ... 8. Oggi non voglio giocare! 9. Mamma, vieni con noi domani a vedere la Madonna! 10. Se ci maltrattano, soffriamo per i peccatori 11. Non vengo perch ho paura che sia il demonio 12. Immersi in un mare di fuoco i peccatori... 13. Il segreto ... oh questo!. .. nemmeno col cavatappi!14. Mettevano tutto su carta 15. Era un inganno ... una vera malvagit 16. Fece preparare una caldaia d'olio bollente 17. Non tormentatemi che ne ho gi basta dei miei crucci ... 18. Oh zia, abbiamo visto ancora la Madonna! 19. Pregate ... e fate sacrifici per i peccatori... 20. S. Giuseppe, la Madonna e il Bambino Ges anch'essi fuggirono 21. Recitate il rosario per ottenere la fine della guerra ... 22. Feci sedere Giacinta sopra uno sgabello vicino a me 23. Un grande uomo, il dottor Formigao 24. Ahim ... Dove mai andiamo a finire! ... 25. Vi era una folla immensa! 26. Io sono la Madonna del Rosario 27. Il sole incominci a muoversi sobbalzando 28. Era vestita di bianco e aveva la corona nella mano ... 29. Lucia si sentiva esausta del tutto 30. Portarono via tutto ... e fecero una beffa a Santarm ... 31. Il pi bello se ne va 32. E nessun sacerdote volle benedirla 33. Non voglio essere niente. Desidero morire e andare in Cielo! 34. Mentre voi andate a scuola io resto con Ges nascosto 35. Egli conosceva bene il suo destino 36. Guarda mamma ... che bella luce l, vicino alla porta ... 37. Tua mamma ti porter all'ospedale ... e l rimarrai sola ... 38. Ormai non sono pi capace di piegarmi con la testa al suolo ... 39. Non ti vedr pi ... 40. Parlava con autorit ...41. Fu la Madonna, ma alcune cose le penso io ... 42. Ahi, Madonna mia! ... Madonna mia ... 43. Torner a Fatima ... Dopo la mia morte!... 44. Tu resterai qui ancora un poco ... 45. Il giorno 13 di maggio la reazione sub un grande smacco 46. E Gilberto port la statua e la pose nella nicchia 47. una porcheria, una vergogna! Bisogna far chiudere tutto! 48. Decidiamo di autorizzare il culto alla Madonna di Fatima 49. Rammentiamo con animo commosso l'immensa moltitudine dei fedeli ... 50. Ricorriamo ancora a colei che ha mostrato il suo materno volto dolce e luminosoAppendice 1. Una conversazione con Lucia 2. Lucia, in data 24 luglio 1927, propone alla madre la devozione al Cuore Immacolato di Maria 3. Esumazione dei resti mortali di Giacinta e di Francesco (1951-1952) 4. Il segreto di Fatima in un discorso del Card. Alfredo Ottaviani_____________________LETTERA DI MONS. JOAO PEREIRA VENANCIO VESCOVO DI LEIRIA, PER LA EDIZIONE FRANCESEAvvicinandosi l'anno giubilare delle apparizioni di Nostra Signora di Fatima con grande piacere che vediamo la pubblicazione di una nuova edizione, questa volta in lingua francese, di un libro che ha tanto contribuito alla diffusione del Messaggio di Fatima. Il gesto paterno di Sua Santit, Papa Paolo VI, il quale alla chiusura della terza sessione del Concilio, non ha esitato a richiamare il ricordo delle apparizioni di Fatima davanti all'assemblea dei Padri conciliari, ha attirato di nuovo gli occhi del mondo intero su questo luogo benedetto, santificato dalla presenza della Vergine Santissima. Insistere sul Messaggio di Fatima, in quest'epoca che segue immediatamente il Concilio, non significa distogliere l'attenzione dei fedeli da quel rinnovamento della vita cristiana, attinto di pi alle fonti, che i Padri conciliari, uniti al Sommo Pontefice, hanno desiderato con tanta intensit. Il Messaggio di Fatima, infatti, nei suoi elementi costitutivi, essenzialmente evangelico, come ha attestato Papa Paolo VI in pieno Concilio. La penitenza e la preghiera, richieste da Nostra Signora di Fatima, altro non sono che l'espressione del Messaggio evangelico in tutta la sua autenticit e saranno sempre l'unico mezzo di conversione e santificazione degli uomini. Questa nuova edizione e adattamento in lingua francese di Era una Senhora mais brilhante que o Sol... continui a diffondere il Messaggio di Fatima, affinch l'appello lanciato dalla Santissima Vergine dalla serra de Aire possa estendersi sino ai confini del globo e raggiunga il maggior numero di anime. Leiria, festa di Pentecoste, 29 maggio 1966. JOAO, Vescovo di Leiria***Prefazione alla terza edizione portogheseLa prima edizione di questo libro si esaur cosi rapidamente - e avevamo gi tante richieste e persino impegni della seconda edizione - che non ci stato possibile introdurre in questa, aggiunte e modifiche. La seconda edizione usc pertanto identica alla prima, arricchita per di illustrazioni fonografiche, pi indicate che non i disegni, per un libro che intende presentare con fedelt gli avvenimenti di Fatima. Nello spazio di tempo dalla prima edizione - poco pi di un anno abbiamo raccolto alcuni elementi importanti, abbiamo ascoltato nuovi particolari dalla viva voce dei contemporanei e, soprattutto, abbiamo avuto il grande piacere e inestimabile aiuto di parlare con la veggente Lucia - ora Suor Lucia das Dores - che nel frattempo aveva letto diligentemente il nostro libro e annotate alcune varianti che, a suo avviso, conveniva apportare. Sar questa l'edizione definitiva? Per quanto si riferisce propriamente agli avvenimenti del 1917, non si potr certo aggiungere altro, a meno che ci sia sfuggito qualche particolare. Del resto, la storia di Fatima si sta realizzando giorno per giorno. Sono gli stessi devoti di Maria SS. a riviverla, accogliendo nel loro cuore il messaggio della Signora pi splendente del sole, percorrendo, nella sua scia luminosa, il cammino che conduce a Dio.Fatima 1946 P. GIOVANNI DE MARCHI***Prefazione alla settima edizione portogheseEsce questo libro nella sua settima edizione, non per merito dell'autore, n come opera letteraria, ma perch gli avvenimenti di Fatima non invecchiano, anzi diventano di giorno in giorno pi vivi e pi palpitanti; di luogo in luogo - in tutto il mondo - vengono accolti con sempre maggior trepidazione, convinzione, speranza. La promessa di pace da parte della Madonna a questo mondo agitato, va facendo presa sugli spiriti, anche sui meno portati al soprannaturale. Non sempre la parola preghiera e, meno ancora, la parola penitenza trovano una eco, anche negli animi dei fedeli. La parola pace per, dopo che l'umanit stata cos orrendamente tormentata dal flagello della guerra e dalle calamit di ogni genere a cui essa d origine, trova rispondenza vibrante, indelebile, anche nella mente meno quieta e nel cuore meno delicato. Non stupisce pertanto che le edizioni dei libri sopra Fatima continuino a susseguirsi, specialmente quando gli autori abbiano avuto, come noi, il privilegio di vivere per anni nel luogo delle apparizioni della Madre di Dio, di studiare con calma e ponderatamente i fatti e di interrogare testimoni che il tempo va facendo scomparire da questa scena appassionante, o la cui memoria l'et va affievolendo. Che la Vergine Santissima attraversi il nostro globo dall'uno all'altro polo, da oriente a occidente, con la sua luce pi splendente del sole, illuminando il cammino della pace che Lei stessa si degn tracciare dalla povera landa della Cova da Iria.Nyeri 1966 P. G. D. M.***INTRODUZIONE Gli straordinari avvenimenti della Cova da Iria, dal maggio all'ottobre 1917, risvegliarono, soprattutto negli ultimi anni, un interesse eccezionale, non solo in Portogallo, ma in tutto il mondo cattolico. Di conseguenza, quasi prodigiosamente, si moltiplicarono le pubblicazioni intorno alle apparizioni della SS. Vergine e alle figure commoventi dei pastorelli di Fatima. E non solo in lingua portoghese, ma in varie altre lingue: mutua gara delle nazioni cattoliche nell'onorare la Madonna per la prova singolarissima della sua bont verso i figli della Chiesa. N poteva essere altrimenti. Nel cuore dei figli innato l'amore materno. Tra tutte le pubblicazioni meritano speciale nota le seguenti:In portoghese:VISCONDE DE MONTELO (pseud.) [Manuel Nunes Formigao], Os Episodios maravilhosos de Fatima, Guarda 1921. ID., As grandes maravilhas de Fatima, Guarda 1927. Libro di incontestabile valore, specialmente per gli interrogatori ai veggenti. Il canonico dotto Formigao fu uno dei pochi che prese in attenta considerazione i fatti della Cova da Iria fin dall'inizio e lavor seriamente a illuminare quegli avvenimenti. JOS ALVES CORREIA DA SILVA [vesc. di Leiria], Carta pastoral sobre o culto de Nossa Senhora da Fatima, Leiria 1930. il documento riassuntivo che contiene il parere favorevole dell'episcopato portoghese sulle apparizioni di Fatima. ANTERO DE FIGUEIREDO, Fatima. Graas, Segredo, Mistrios, 12a ed., Lisboa 1944. Il De Figueiredo senza dubbio il cantore di Fatima per eccellenza. Il suo libro un vero poema in prosa. Mai Fatima sarebbe penetrata tanto facilmente nel ceto intellettuale senza la sua penna brillante, che dipinge in modo magistrale la figura di Lucia, lasciata di proposito in disparte dalla gran parte dei cronisti. Nella letteratura portoghese A. De Figueiredo ormai consacrato come il cronista diFatima. JOS GALAMBA DE OLIVEIRA, Jacinta. Episodios inditos das aparioes de Nossa Senhora, 5a ediz., Leiria s. d. Luis GONZAGA DA FONSECA, Nossa Senhora da Fatima. Aparioes, Culto, Milagres, Petropolis 1938. JOS MARIA FELIX, Fatima e a Redenao do Portugal, Vila Nova de Famalicao 1939. MARQUES DA CRUZ, A Virgem de Fatima, S. Paulo 1927. Un'ottima composizione poetica. ROLIM, Florinhas de Fatima, Francisco, Lisboa 1944. SALESIANUS (pseud.) [Humberto Pascoal], Os Videntes de Fatima, Braga 1944. CARLOS DE AZEVEDO, Porqu apareceu Nossa Senhora da Fatima? Leiria 1944.In italiano:Luis GONZAGA DA FONSECA, Le meraviglie di Fatima, Casalmonferrato 1942, 4a ediz. Il P. Da Fonseca, noto biblista, grandemente benemerito per la esatta conoscenza degli avvenimenti di Fatima. Egli che nelle numerose precedenti edizioni, curate dalla Propaganda Mariana e dalla Societ Apostolato Stampa, si era avvalso largamente dei documenti scritti da Lucia in questa quarta edizione fece conoscere per primo preziosi particolari sulle apparizioni del giugno e luglio 1917. ICILIO FELICI, Fatima, Alba 1943. PAOLO LIGGERI, La bianca Signora di Fatima, Milano 1943. LUIGI MORESCO, La Madonna di Fatima, Milano 1942. ID., Gli occhi che videro la Madonna, Roma 1942. In quest'opera l'Autore traccia, con mano esperta, uno studio psicologico dei due veggenti defunti, valendosi di molti episodi ancora inediti su Giacinta.In francese:CH. BARTHAS, Fatima, merveille inouie, Toulouse 1942, 2a ediz. Traduzione e adattamento del libro del P. da Fonseca. ID., Il tait trois petits enfants, Toulouse 1941. Lettura affascinante dall'inizio alla fine. Senza dubbio il miglior libro su Fatima in lingua francese.In tedesco abbiamo quattro eccellenti volumi di:LUDWIG M. FISCHER, Fatima, das portugiesische Lourdes, Baden 1930. ID., Fatima im Lichte der kirchlichen Autoritat, Bamberg 1931. ID., Hyazintha, die kleine Blume von Fatima, Bamberg 1934. ID., Die Botschaft unserer Lieben Frau von Fatima, Bamberg 1937. I due primi libri sono stati tradotti (dal canonico dott. Sebastiao Brites) anche in lingua portoghese. Lavori seri, spassionati, rigorosamente critici. Nel primo di questi libri il dotto Fischer ci presenta uno studio completo, finito, sulle apparizioni; rincresce per che non abbia avuto tra mano, in quel tempo, gli ultimi manoscritti di Lucia. Nella biografia di Giacinta la malattia e la morte sono descritte con una precisione di particolari che la rendono degno complemento del libro del rev. Dott. Galamba. Anche questa biografia resta incompleta per la mancanza delle chiarificazioni che la veggente superstite forn poco pi tardi.Della rimanente bibliografia su Fatima, accenneremo al bel libro in inglese di: FINBAR RYAN, Our Lady of Fatima, Dublin 1939. Tradotto, in portoghese, dal marchese de Rio Maior. 1Ove abbiamo succhiato nettare prezioso in maggior copia fu nei documenti ufficiali e nelle opere dei reverendi dotto Galamba, Formigao, Fischer e Don Moresco. Non abbiam fatto per solo il lavoro dell'ape. Molto abbiamo raccolto dalla viva voce delle famiglie dei tre fanciulli privilegiati e delle persone che li conobbero, con i quali abbiamo avuto prolungati e ripetuti colloqui. Proponendoci, per parte nostra, di ricostruire la storia delle apparizioni di Fatima, abbiamo pensato di farlo nella cornice dell'ambiente agreste che la Vergine si degn scegliere come scenario per la manifestazione dei suoi disegni di misericordia per il Portogallo e per tutto il mondo. E poich abitiamo a Fatima, abbiamo avuto l'opportunit di conoscere l'ambiente, i costumi, le caratteristiche di questo simpaticissimo popolo nel quale la Vergine scelse gli strumenti del suo messaggio celeste. Ecco alcuni tra i pi accreditati superstiti di quei famosi sei mesi (maggio-ottobre 1917); con loro avemmo la fortuna di parlare; con loro e per mezzo loro rivivemmo questi fatti singolari; da loro potemmo udire una delle pi meravigliose storie del nostro tempo: il signor Manuel Marto (Ti Marto) e sua moglie, la signora Olimpia de Jesus (Ti Olimpia), genitori di Francesco e Giacinta 2; la signora Maria dos Anjos, sorella maggiore di Lucia, e le sue altre sorelle, Teresa, Carolina e Gloria; la signora Maria Carreira e suo figlio Giovanni 3; il barone di Alvaiazere e il dott. Carlos de Azevedo Mendes, che si sono prestati sempre e volenterosamente a fornirci tutte le informazioni di cui disponevano. Dobbiamo lamentare che gi manchino, nell'elenco dei principali personaggi dell'epoca di Fatima, figure come la signora Maria Rosa, mamma di Lucia, e il signor Jos Alves da Moita, ecc., e che al parroco di allora, gravemente infermo, sia stato impossibile di contribuire con la sua testimonianza, che sarebbe certo del maggior interesse 4. Per il complesso dei particolari d'ambiente e per lo svolgersi degli avvenimenti, i manoscritti di Lucia suppliscono sufficientemente a queste mancanze 5. Affinch questa ricostruzione sia il pi possibile vivace realt, cercammo di riprodurre quasi alla lettera le parole di ogni personaggio, correggendo solo gli evidenti errori grammaticali e le impurit di lingua, che avrebbero appesantito la lettura del libro. Tutte le domeniche, nel pomeriggio, per sei mesi di seguito, recitato il rosario nel santuario della Cova da Iria, ci trovammo con Ti Marto a parlare della sua Giacinta, del suo Francesco, del parroco che non ci credeva e non permetteva alla gente di crederci, dell'amministratore di Vila, ecc.: e tuttoquesto con una scrupolosit e coscienziosit rare in uomini come lui, avanzati negli anni e disfatti dalle fatiche. Ti Marto ha il culto della verit: Non dobbiamo far le cose pi di quel che sono, ci diceva frequentemente. E spesso, udendo leggere qualche capitolo o qualche passo di libri su Fatima, se trovava espressioni da correggere o fatti da aggiungere, esclamava: Non fu cos!. E subito sciorinava una quantit di particolari, che mettevano nella loro vera luce gli argomenti che si volevano discutere. Qualche domenica, la nostra intervista non aveva luogo. Non mi fu possibile, si scusava alla prima occasione. Alcuni impedimenti non mi lasciarono libero. Oppure: Ebbi tante interviste; non mi fu possibile venire. Si finisce per aver la testa chiss dove! .... Perch Ti Marto non si rifiuta a nessuno. Quando mi chiedono se sono il pap di Giacinta, dico di s, perch io non mi faccio avanti, ma neppure mi rifiuto. Alla domanda se non sentisse un certo orgoglio per aver avuto dei figliuoli favoriti di visioni celesti, rispondeva con naturalezza: La Madonna aveva stabilito di apparire qui, nel nostro paese. Avrebbe potuto apparire ad altri... Tocc ai miei.... possibile che nelle sue narrazioni ci siano lacune e confusioni. Sarebbe ridicolo pretendere dal buon vecchietto una precisione ed una oggettivit assoluta. Possiamo per assicurare che da parte sua c' sempre la massima preoccupazione di essere esatto. In verit, tutto quanto potemmo verificare per mezzo di altri, risult concorde con le sue affermazioni. A questo riguardo ci fu particolarmente prezioso il libro del dott. Fischer, Die Botschaft unserer Lieben Frau von Fatima (Il messaggio di N. S. di Fatima), che facilit il controllo delle testimonianze del Ti Marto. Mai potemmo notare contraddizioni, neppure nei minimi particolari, sebbene fossero passati quindici anni, da quando il distinto professore dell'Universit di Bamberg si mise all'opera per verificare i fatti di questa lontana serra d'Aire. Le stesse incertezze su alcuni punti, gli stessi particolari talvolta insignificanti, non raramente le stesse parole. Di Ti Olimpia, di Maria dos Anjos e di Maria da Capelinha, ecc., possiamo dire altrettanto. Sono molto trelida (smemorata) ci diceva Maria Carreira (Maria da Capelinha). Ma non proprio cos. Gli episodi di Fatima le si sono scolpiti nitidissimi nello spirito e nella memoria. Anche se interrogata ripetutamente da molti su un punto determinato, lo riferisce sempre allo stesso modo. Pi sorprendente ancora: poche di queste persone sanno leggere. Reputiamo inoltre di speciale importanza il fatto che nessuna di loro, neppure tra le pi anziane, confonde quello che ha conosciuto realmente con ci che recentemente si seppedai manoscritti di Lucia e che esse ignoravano completamente. Interrogate sopra uno o l'altro di questi punti, rispondono infallibilmente: Di questo non so niente. Eppure sarebbe cos naturale lasciarsi suggestionare da tante centinaia e forse migliaia di volte che si parla loro delle penitenze, delle preghiere, della santit dei fanciulli, delle apparizioni dell'angelo ... Non seppi mai nulla, - dice invariabilmente Ti Marta - n della corda ... n dei digiuni ... nulla di nulla! Anche dopo le apparizioni li trovai sempre fanciulli, e, all'infuori di qualche piccola differenza, come tutti gli altri!. Mai avremmo supposto di trovare per questo nostro lavoro fonti tanto preziose!Il mio pellegrinaggio a Fatima (1943)Dopo quattro giorni di cammino da Lisbona, giungo finalmente a Leiria, la citt principale del Liz, elegante e graziosa, raccolta come in una conca verdeggiante formata dalla valle che il lento fiume taglia e abbraccia in una stretta nostalgica, come disse Henriques Lobo, il poeta secentista della regione. A sud-est chiusa dal santuario di Nostra Signora dell'Incarnazione, che dall'alto del colle si direbbe stia a vigilare con sorriso materno i caseggiati ineguali ed irregolari, messi in risalto da ciuffi di vegetazione. A ponente cinta dal castello medioevale: muri alti e possenti, torrioni superbi, resistenti all'azione corrosiva della natura e degli uomini. Non mi mancherebbe il desiderio di salire il colle, per visitare le rovine di quella fortezza che Don Alfonso Rodriguez costru come baluardo contro le incursioni dei Saraceni e come base per la liberazione del suolo lusitano dagli artigli delle bande more. Vorrei rivivere questo periodo epico della storia portoghese, in cui una sola idea dominava il popolo: liberare il paese dalla profanazione musulmana e restituirlo al servizio di Dio, come si esprimono le vecchie carte dell'epoca: Il re prese il castello di Santarm (di Lisbona, ecc.) ai mori e lo offr a lode di Dio.Ma il tempo incalza. Ad ogni costo voglio arrivare a Fatima prima di notte. Ancora 25 chilometri: cinque ore di cammino. Del resto non mancheranno le occasioni di visitare uno dei pi insigni monumenti dell'epopea lusitana. Ci che invece non voglio tralasciare di avvicinare il venerando prelato della diocesi, il vescovo di Fatima 6 come lo chiama il mondo intero. Proprio questo fu il motivo per cui scelsi la strada pi lunga da Lisbona al santuario della Cova da Iria. Gi prima di partire da Roma mi urgeva il desiderio di presentargli le mie felicitazioni. Venivo, oltre a ci, con l'incarico di ossequiarlo da parte del vice rettore del Collegio portoghese in Roma, il rev. Dott. Carreira, guida dei miei primi passi nella lingua di Camoes, che tanto mi aveva parlato, e con tanta nostalgia, di S. E. mons. Jos Alves Correia da Silva. Il palazzo vescovile, semplice come un'abitazione privata, situato nel cuore della citt. Introdotto nello studio dell'illustre prelato, sono da lui accolto con indicibile bont e con affabilit straordinaria. Davvero, penso, la Madonna sa scegliere bene. Parliamo a lungo del Santo Padre, che mi ha benedetto prima della partenza. Parliamo dell'epoca tremenda che stiamo attraversando, degli incessanti sforzi per la pace, delle grandi sofferenze, vero calvario di Pio XII. La fisionomia del vescovo riflette il pi intenso dolore. Come si sentono qui, e si condividono, i dolori, le preoccupazioni del Santo Padre nelle ore tragiche in cui si compiono alla lettera le profezie della piccola veggente Giacinta: Io vidi il Santo Padre in una casa molto grande, inginocchiato davanti ad un altare, con la faccia tra le mani, e piangeva. Fuori della casa v'era molta gente, e alcuni gli lanciavano sassi, altri gli scagliavano maledizioni e gli dicevano molte parole cattive. Povero Santo Padre! Dobbiamo pregare molto per lui!. Il tempo vola. Bisogna partire. Ma monsignor vescovo spinge la sua amabilit al punto di trattenermi alla sua mensa. Cos, con gratitudine profonda, ricevo un'altra prova della tradizionale ospitalit portoghese. Mi far poi portare a Fatima con la sua auto. E mi dice che non mi sarebbe mancata l'occasione di fare a piedi l'ultima parte del mio pellegrinaggio. A mensa ho il piacere di conoscere il rev. P. Augusto de Sousa Maia, segretario di Sua Eccellenza. Di fronte mi sta il rev. Dott. Jos Galamba deOliveira, il felice autore del non meno fortunato libro Giacinta, che tutto il Portogallo conosce. A met del pranzo entra un simpatico giovane. Al sentire P. Augusto sforzarsi per abbozzare qualche frase italiana, s'affretta a stringere le mani con calore ed a rivolgermi sorridente il benvenuto. il P. dotto Jos Correia da Silva, nipote e autista di monsignor vescovo. Come il rev. Dott. Galamba fu in Roma, dove si addottor in diritto canonico. Ed ora di che parlare? Ed in che lingua? Certo che si rivivono i tempi passati nella Citt Eterna, le passeggiate negli incantevoli suburbii, lungo la Via Appia, la Via Latina ..., le escursioni ai Castelli Romani, Frascati, Rocca di Papa, Castel Gandolfo ... Ci sembra di ritrovarci a respirare quell'aria olezzante dei vigneti in fiore, a correre lungo i viali dei platani, a riposare nei meravigliosi giardini di Villa Mondragone ...Batalha: lepopea della VergineProseguo il mio pellegrinaggio in auto. Alle diciassette si esce dal palazzo, scivolando veloci lungo la strada nazionale. Ai lati della strada, rilucente di asfalto, oliveti, pinete, vigneti, campi di granturco maturo, piccoli villaggi sfuggono al nostro passaggio, finch arriviamo, dopo circa una dozzina di chilometri, al Monastero di Batalha, costruzione gotica d'insuperabile valore architettonico, un vero gioiello, forse la migliore creazione del genio portoghese. L'auto ferma per offrirci il piacere d'una visita, sia pur fugace, al monumento che orgoglio della terra lusitana. - Quindici minuti ... esatti! - ci dice amabilmente l'autista. Guardo l'orologio e rispondo: - Benissimo! Saremo puntuali. Scendo a terra e il primo minuto lo dedico a contemplare la massa imponente dell'edificio. Perenne fioritura di pinnacoli e di guglie, lanci di cornici e di balaustrate ricamate, archi rampanti, lavorati nei minimi particolari. Penetriamo nel tempio attraverso il maestoso portale il cui timpano espone con disposizione precisa, propria dello stile, in tonalit rosate del tramonto, una serie di statue rappresentanti le figure pi note dell'Antico e del Nuovo Testamento.Le tre lunghe navate, debolmente illuminate dalle alte vetrate, spoglie di ogni ornamento e di statue, fredde, severe, invitano al silenzio e alla meditazione. La duplice fuga di pilastri forti e slanciati, coronati da eleganti capitelli, sostiene la volta che pare proiettarsi fino al cielo. Abituato alla luminosit e ricchezza delle chiese italiane, quasi non riesco ad apprezzare debitamente quest'arte gotica sobria, solenne, silenziosa. Completamente diversa l'impressione che ricevo nella cappella reale - o del Fondatore -, recinto ottagonale che sorregge con eleganza una volta stellata. Al centro, il talamo funebre di D. Joao I e di D. Felipa de Lencastre. Con le mani unite pare riposino in un sonno pacifico e sereno. Con la mano sinistra, il Re impugna uno scettro possente; nella destra la Regina tiene il breviario aperto. Scettro e breviario ... Attorno alla cappella vi sono gli arcosoli, finemente scolpiti, dell'illustre stirpe. Due nomi soltanto basterebbero ad immortalarla: D. Henrique, l'esperto navigatore; D. Fernando, l'Infante Santo, martire nelle prigioni saracene di Fez. Quanti altri gioielli d'arte non racchiude questo meraviglioso edificio, ma tempus fugit, e l'orologio mi avverte inesorabilmente che i quindici minuti sono ridotti a otto. Corriamo, quindi, al chiostro reale: graziosi archi ogivali, con sfoghi ricamati nella lussureggiante arte manuelina, delicati capitelli, colonnine intarsiate, ne fanno un vero incanto, di cui l'occhio non si stanca. Fiori scolpiti sulle cornici di bosso ravvivano l'ambiente; rompe il silenzio monastico lo stillicidio di una fontana, che si erge in un angolo, in tre coppe sovrapposte. Sul tramonto, tutta quella pietra lavorata con esuberanza, acquista una tonalit di avorio dorato che ci rapisce in una terra di sogno. Sarebbe cos bello sostare qualche istante, pensavo tra me, in questo lembo di cielo. Quasi mi dimenticavo dell'altro lembo di Cielo, per il quale mi ero messo in cammino da tanto lontano ... Il mio compagno mi afferra per il braccio e mi mostra il suo orologio. volato il quarto d'ora che mi lascia per sempre ricordi indelebili.Sempre di corsa attraversiamo la sala del Capitolo con la famosa volta di Afonso Domingues; appena uno sguardo commosso per la tomba, a livello del pavimento, omaggio del Portogallo eterno sui mari, sui continenti, tra i popoli, al suo milite ignoto, morto per la Patria. E, mentre usciamo, un Requiem aeternam per i caduti portoghesi della campagna del 1914- 1918 e per i milioni delle diverse nazioni falciati in questa guerra che continua implacabile. Cos, lasciamo per altra occasione, il celebre chiostro di D. Afonso V, le cappelle incompiute, conosciute come uno degli esemplari pi significativi del fastoso stile architettonico del Portogallo, questo gotico fiammeggiante che risente l'influenza delle imprese marittime dell'et manuelina. Terminata la visita, risaliamo sull'auto, che deve ora sempre pi rallentare la sua corsa per non investire i gruppi di stanchi pellegrini, venuti da chiss qual distanza, e gli asinelli sbandati che trottano in mezzo alla via e che solo a suon di clakson si riducono a lato. Sulla strada di Reguengo do Fetal il pensiero risale i secoli. 1385, primi vespri dell'Assunzione della Madonna: in Aljubarrota, prima della battaglia che doveva consolidare definitivamente l'indipendenza lusitana, Don Giovanni I si inginocchiava davanti alla statua della Vergine a chiedere il suo potente aiuto nella lotta contro il Castigliano invasore e votava l'erezione del tempio che doveva tramandare ai secoli la gratitudine sua e dei suoi vassalli. Simpatici questi re dell'antichit, i quali, profondamente informati dalla fede, seppero elevare a gloria di Dio monumenti di grandezza e di eleganza, di magnificenza e di opulenza incomparabili! E ci in un'epoca che noi, in questo secolo di indiscutibile progresso tecnico e meccanico, in questo secolo di luce, chiamiamo barbara. Che desolazione, oggi, vederli vuoti questi templi, che una volta, profumati di incensi, risonavano delle glorie del Signore! Vederli ridotti a semplici monumenti di arte, questi templi edificati con tanti sacrifici! Devono sudar sangue quelle pietre, quei massi eburnei che si protendono in alto come in eterna gioiosa prece. L'auto rimonta ora l'ardua salita di Reguengo. Ascendiamo la serra d'Aire, pietrosa ed arida, qua e l disseminata di qualche striminzito olivo. Ma eccoci ad un belvedere dove non possiamo tralasciare di fermarci un istantea contemplare un panorama stupendo. Laggi molto in basso, come in una conca, Reguengo, con il suo santuario della Madonna del Fetal, una volta centro di grandi pellegrinaggi mariani, ed ancor oggi molto frequentato, specialmente in tempo di siccit. Lontano, le guglie di Batalha. Sopra le colline circostanti, qua e l, gruppi di bianche casupole attorno a cappelle. All'estremo ponente i comignoli delle fabbriche di cemento di Maceira-Liz, il fumo delle quali si fonde con le nubi. Di Leiria si scorge solamente un abbozzo del quasi leggendario castello. Riprendiamo la corsa. La strada ora serpeggia attraverso a pinete sterili, sorpassa alcuni canali ed eccoci alla Cova da Iria.La vigilia del gran giornoSono le ventuno e trenta circa quando entriamo nel recinto del santuario per il viale che conduce direttamente all'ospedale ed alla Casa dei Ritiri. Del resto sarebbe impossibile penetrare dall'entrata principale, tant' la moltitudine che gi vi sta facendo ressa. Nel refettorio, tra il clero riunito, si distingue quello della diocesi di Leiria, la diocesi privilegiata della Madonna. La cena, presieduta dal venerando prelato, trascorre in una conversazione vivace, veramente fraterna, che mi ricorda i cari compagni ora sparsi nel mondo, nelle missioni d'Africa, nella mia patria. Desideroso di ritrarre il maggior profitto dal mio pellegrinaggio, non essendo iniziate le funzioni, mi propongo di visitare almeno rapidamente il santuario, e soprattutto di osservare il mareggiare dei pellegrini e le caratteristiche di cui udii gi tanto parlare in Italia. Ma mi sono ingannato. Appena raggiunto il piazzale dell'ospedale, subito a destra un vecchio, col lungo berretto in mano, a sinistra una donna tutta imbacuccata, che mi pare sia l'ambasciatrice di un gruppo di penitenti, si presentano domandando mi se posso confessarli. - Voi s, - dico all'uomo, lasciando il gruppo delle donne costernato, perch il cader della notte impedisce loro di ricevere il sacramento della penitenza. Mi inoltro tra la moltitudine con il vecchietto alle calcagna e cerco di dirigermiin un luogo largo ove trovarci liberi. In pochi minuti, penso tra me, lo sbrigo e torno a godere dello spettacolo tanto imponente. Qual non per la mia delusione quando, inginocchiandosi l'uomo in terra, vedo formarsi, venuta da non so dove n come, una lunga fila, n pi n meno come le formiche quando scoprono un deposito di provvigioni o, se pi vi piace, come i fumatori, in tempo di tesseramento, dinanzi alla privativa! Pazienza! Fatima luogo di sacrifici. Comunque finir. Ancora mi sono ingannato ... La fila pare interminabile non solo davanti a me, ma anche davanti agli altri sacerdoti, come me sparpagliati in quella parte del recinto, disseminata di blocchi di pietra intagliata, preparati per le costruzioni. Ogni tanto sembra finire. Alzando gli occhi, mi vedo di fronte solo due o tre persone e, facendomi coraggio, riabbasso la testa fra le mani, attento alla difficile interpretazione delle espressioni popolari, estranee al mio vocabolario. Mentre il penitente recita l'atto di contrizione, provo di nuovo a guardare chi lo segue, e i due o tre si moltiplicano come per incanto, e sono gi venti o trenta ... Ma queste mani callose che si alzano di fronte a me, questi piedi calzati di zoccoli o addirittura scalzi, questi volti abbronzati dal sole e alcuni gi invecchiati dagli anni e dalle fatiche, hanno tutto il diritto alla mia considerazione, possono esigere da me questo sacrificio. Molti di essi son giunti da tanto lontano! Resto. Le ore passano. Si recita il rosario in preparazione alla fiaccolata. Laggi, un mare di luci ondeggia lento. Son mille ... diecimila ... centomila? Forse anche di pi, molti di pi. Altrettante anime simboleggiate in quei lumi, scintillanti come le pi splendenti stelle del firmamento. Mi giungono in tutta la loro nitidezza le strofe del semplice inno che si canta in Fatima fin dai primi pellegrinaggi. Il coro fa vibrare l'atmosfera. Anche con la forza dei polmoni i pellegrini dimostrano la loro fede. A treze de Maio Na Cova da Iria Apar, ceu brilhando A Virgem Maria.Av, Av, Av-Maria! 7 Dal profondo del cuore anch'io unisco le mie povere preghiere a quelle di questo fervoroso popolo e T'invoco, o Vergine Santissima. Non solo per i fratelli di fede, radunati in questo luogo benedetto, ma soprattutto per quei figli che ancora non Ti amano perch non Ti conoscono, che non T'invocano perch non hanno mai sentito parlare di Te ... Per i miei cari fratelli d'Africa, che vivono ancora nelle ombre di morte; che Ti amerebbero tanto, se alcuno svelasse loro le tue glorie, le tue misericordie ... Per i milioni e milioni di musulmani... induisti ... buddisti ... , per tutti gli infedeli ai quali ancora non brilla la luce dell'Evangelo, i quali non ti chiamano ancora Madre, io Ti invoco, o Regina del Cielo! Da molti occhi cade il pianto: lacrime di penitenza, di tenerezza, lacrime di supplica, lacrime di gioia ... Io pure non posso trattenerle e mi cadono ardenti, profuse, per la turba innumerevole che non crede, non adora, non spera, non ama ...Veglia darmiA notte alta assolvo l'ultimo penitente. Lo vedo scalzo e col volto molto affaticato. Sebbene giovane - venticinque o trent'anni - si alza da terra con difficolt. Lo incoraggio e gli porgo la mano per aiutarlo. - Venite da lontano, vero? - Da Tras-os-Montes, dalle parti di Mogadouro. Io ricostruisco in spirito la carta geografica del Portogallo. Tras-osMontes ... la provincia pi a Nord, al lato del Minho ... - molto lontano. Un duecento o trecento chilometri, non vero? - Un cinquanta leghe e pi, - risponde egli, abituato a calcolare con le misure antiche. - Per, non avrete fatto tutta la strada a piedi. .. - S, s a piedi. Veda, era una promessa. S'era promesso, mia moglie ed io, di fare il pellegrinaggio a piedi, se la Madonna ci avesse guarito la bambina, completamente cieca, che i medici non avevano speranza di guarire. Era natacos, la piccina. Ed ora ci vede! Una lacrima scivola sul suo volto abbronzato. - Si fece una novena e tutte le sere si metteva negli occhi della piccola alcune gocce dell'acqua miracolosa. L'ultimo giorno, quando ancora non ce l'aspettavamo, le passo davanti, ed ella mi segue con lo sguardo ... Rimasi allibito. Chiamai mia moglie, che stava uscendo per badare al bestiame. O Maria, corri qua. Siamo stati esauditi dalla Madonna. La nostra bimba ci vede!. Cos si attese alcuni giorni e ci ponemmo in cammino con la speranza di arrivare il giorno dodici. E cos fu. - Dur molto il viaggio? - Otto giorni. Facemmo circa sei leghe al giorno. Dappertutto incontrammo gente buona. Ci fu sempre un fienile per dormire. Alcune volte ci si offr perfino la cena ed il letto. Dio li ricompensi tutti. L'ultima notte per abbiamo dovuto dormire all'aperto. Fu in una pineta tra Pombal e Leiria. Ma anche quella notte pass. Il suono dell'organo che accompagna il canto del secondo turno di adorazione - sono le due del mattino - interrompe il nostro colloquio. E mentre ci dirigiamo verso il piazzale prospiciente la basilica per partecipare all'ora di adorazione, noto una donna, ugualmente scalza, che si avvicina al mio compagno, portando in braccio una piccina. - Eccole qui,- mi dice presentandomele. Commosso, metto la mano sulla testolina della bimba miracolata. Due occhietti nerissimi splendono dal fondo di un cappuccio e dallo scialle esce una manina che cerca di afferrare la mia barba. A tutti e tre vengono le lacrime. Entriamo nella basilica. Confuso nella moltitudine immensa che canta e prega, passo quell'ora e mezzo di adorazione in un'indicibile gioia spirituale. Che trasparente chiarezza hanno qui le verit di nostra santa religione! Come palpita il soprannaturale! Com' vicino il Cielo! Ges, nel suo tempio dorato, nascosto sotto le specie eucaristiche si sente vivo, palpitante di amore e di misericordia, come nei trentatr anni della sua dimora in mezzo alla povera umanit, della sua vita di uomo tra gli uomini. Il sacerdote che presiede parla dei misteri gaudio si e tratteggia delicato, macon vivace nitidezza, l'arcangelo Gabriele nella sua missione sublime presso la Vergine purissima di Nazareth; Maria che premurosa s'avvia attraverso i monti della Giudea per portare la sua opera di carit alla cugina Elisabetta; la scena incantevole della grotta di Betlemme, nella quale venne al mondo il Figlio di Dio; la sua presentazione al tempio e la purificazione cui la Madonna, bench tutta pura ed immacolata, non disdegna di sottomettersi; infine, le primizie degli insegnamenti di Ges, che meraviglia e confonde i sapienti dottori della legge. Mai come in questa notte ho vissuto questi misteri. Mi pare di essere ai tempi di Nostro Signore. La Cova da Iria non per me un angolo di Portogallo, ma Nazareth, Betlemme, Gerusalemme. Anzi pi: un lembo di Cielo! Terminato il secondo turno di adorazione, quello della diocesi di Portalegre, immediatamente ne succede un terzo, e poi un quarto, e cos fino allo spuntar del sole. una veglia d'armi attorno a Ges Sacramentato. Il mio cuore vorrebbe passarvi la notte intiera, ma mi sento debole e stanco. Il sonno mi vince. Mi alzo e mi dirigo verso la Casa dei Ritiri, dove il rettore del santuario mi aveva assegnato una stanza per riposarmi alcune ore. Mi vergogno di avere un letto, quando la maggioranza dei pellegrini, a centinaia, a migliaia, si stendono sulla dura terra, oppure, i pi favoriti, sull'erba secca, avvolti nei loro scialli o cappotti. La notte veramente fredda. Noto anche alcune persone distinte, non sufficientemente provviste contro il clima della montagna, avvolte senza tante cerimonie nelle coperte delle loro auto. Qua e l focherelli riscaldano ed illuminano volti di aranti, incessantemente uniti alle preghiere dirette dall'altoparlante. Pi lontano, canti di gallo, ragliar di asinelli, qualche segnale d'auto o corriera ritardataria. Null'altro. Vado a coricarmi e subito m'addormento.Preghiera e penitenzaAlle 7,30 celebro la S. Messa nella graziosa e raccolta cappella della Casa dei Ritiri. affollata. Termina di celebrare S. E. monsignor vescovo di Gurza.Preso il caff, ritorno tra la folla. Sono circa le nove. Vorrei visitare la cappella delle apparizioni e fissare il mio sguardo sul volto della Madonna. Con difficolt posso avvicinarmi al piccolo atrio. Centinaia, migliaia di persone si pigiano attorno, in piedi, in ginocchio, sedute a terra. Ci per che m'impressiona maggiormente la fila dei pellegrini che strisciano attorno alla cappella. Un seminarista che m'accompagna mi spiega: l'adempimento di promesse fatte. Non posso distogliermi da quegli uomini e da quelle donne, che con tanto sacrificio vengono a ringraziare la Madre del Cielo per i favori ricevuti. La scena davvero commovente. Qui, un uomo con la corona in mano, il berretto ed il bastone nell'altra. Pi in l, una donna pallida: unico vigore, la fiamma della fede nello sguardo scintillante. Pi oltre, una madre col figliolino in braccio ed una candela accesa in mano, sostenuta dal giovane marito. E poi ragazzi e ragazze, che senza rispetto umano soddisfano agli obblighi contratti. Strisciando sul suolo pietroso, non solo lacerano calze e vestiti, ma con le macchie di sangue imporporano questo suolo benedetto. Come deve sorridere di compiacenza la dolce Regina del Cielo per tante prove di amore! Certo, le preferenze divine sono per queste anime semplici ed eroiche. Davanti alla piccola cappella contemplo questo spettacolo, quando mi si avvicina una donna non ancora di mezza et. Sembra completamente disfatta, mal reggendosi sulle gambe. Con gli occhi gonfi di lacrime, mi confida un dubbio tormentoso. - Padre, avevo promesso alla Madonna di venire dalla chiesa di Fatima (circa due chilometri e mezzo) fino alla cappella delle apparizioni, in ginocchio... Arrivai fino al laghetto Carreira (80 m. dal santuario), ma non ne potevo pi. Le ginocchia sanguinavano ... sanguinavano ... Non ebbi il coraggio di continuare. Non avrei resistito ... E venni a piedi. Mi creda, non fu per cattiva volont. E le lacrime le cadono copiose. - Non affliggetevi, figliola. La Madonna ugualmente contenta. La povera contadina, che attendeva ansiosa la risposta del ministro di Dio, mi bacia la mano, rassicurata, e va ad inginocchiarsi pi vicino che pu alla statua dellaVergine. Io pure mi avvicino alla cappella. Che povert! Che semplicit! Istantaneamente il pensiero corre a Loreto, alla Santa Casa dove visse la Sacra Famiglia. Anche qui per brevi istanti dimor la Vergine Maria. Qui avvenne la sua prima apparizione in quell'indimenticabile 13 maggio 1917. La statua sollevata sopra un piedestallo che segna il luogo del cespuglio d'elce sopra il quale la Madonna si pos. Confuso tra la moltitudine, anch'io m'inginocchio davanti alla bella statua e fisso i miei occhi nei suoi, dolci e tristi, e mi sforzo di raffigurarmi quella Menina bonita, quella Mulherzinha raggiante di luce, in cui fissarono lo sguardo i tre fanciulli predestinati. Quasi oso domandarle che ancora una volta scenda dal cielo e si mostri all'umanit, che sempre pi ha bisogno di lei. Attorno a me, tutti invocano la Vergine con straordinaria confidenza. Le dicono che tanto buona. Che non c' miseria che essa non possa soccorrere. La chiamano coi pi teneri nomi che cuore di figlio pu escogitare. l'amabile Regina del Cielo, la Vergine benigna, l'Ausiliatrice, la Consolatrice degli afflitti ... soprattutto la Madre: la dolce Madre, la Madre clemente, la nostra Madre, la Madre di tutti gli uomini. - O dolce Madre del Portogallo ... - sospira dietro di me una voce giovanile. Quelle parole suscitano nell'animo mio un'infinit di memorie nostalgiche e fra le lacrime ripeto: - O dolce Madre della mia terra, o dolce Madre d'Italia ... - Col cuore dilatato le ricordo i quarantacinque milioni di miei connazionali e le domando che volga benigno su loro il suo sguardo. E le preci continuano. Necessit temporali, necessit spirituali: tutto gettato nel suo seno materno. Potr forse il suo Cuore di Madre rifiutare ci che le vien chiesto dalla moltitudine con tanta insistenza e semplicit? La ressa pressante. Mi alzo. Anche gli altri hanno diritto di passare alcuni istanti ai piedi della Vergine. M'avvio verso l'imponente mole della basilica. Arrivato per vicino alla cappella delle confessioni, mi si avvicina una giovane con abito, velo bianco e croce azzurra sul petto: una servita di Nostra Signora. Essa gentilmente mi domanda se posso attendere alle confessioni. Alla risposta affermativa m'introduce nel tempio e mi indica un confessionale vuoto, attorno al qualesubito si forma un capannello di donne e di ragazze. Non c', in quell'agglomerato, differenza di classe. La signora distinta uguale all'umile montanara e tutte aspettano pazienti il loro turno. Le servite, con vigilante impegno, zelano il buon ordine e la tranquillit dell'ambiente. All'altare maggiore un sacerdote distribuisce continuamente il Pane del Cielo. La distribuzione continuer forse fino alle tre pomeridiane. E non molto che si effettu sulla grande spianata la Comunione generale. Venti sacerdoti distribuirono per due ore, ininterrottamente. Decine e decine di enormi pissidi si vuotarono per saziare quella moltitudine affamata di Dio. il rinnovarsi dello spettacolo della moltiplicazione dei pani, ma in senso infinitamente superiore. Non cinque pani che saziano cinquemila persone, ma il Redentore, Pane vivo disceso dal Cielo, che sazia con la sua Carne immacolata e disseta col suo Sangue preziosissimo le anime destinate all'eterna beatitudine. Santos Anjos e Arcanjos, Vinde em nossa companhia, Ajudainos a louvar A Divina Eucaristia 8.La Bianca Signora tra il suo popolo e i figli sofferentiLa campana del santuario d tre rintocchi: segno giornaliero per la recita dell'Angelus, al quale il giorno 13 di ogni mese segue il rosario in preparazione alla processione. Chiudo il tabernacolo. Mi porto in sacrestia a deporre la cotta ed esco ad ammirare uno spettacolo veramente affascinante. Come d'incanto mi sento rianimato dalla fatica delle lunghe ore di confessionale.Dalla gradinata della basilica alla vasta spianata, per tutto il recinto, un mare di gente in un calmo ondeggiare. , certo, tutto il Portogallo. Infatti tutta la terra di Santa Maria qui largamente rappresentata: dall'Algarve solatio al verde Minho, dalla frontiera spagnola alle rive dell'Atlantico. Vi sono tipi caratteristici di tutte le regioni. Donne d'Algarve, nei loro costumi modesti, pelle bruna che risente l'influsso dei mori, grandi occhi neri pensosi fissi sulla Madonna. Ribategiani, color vigoroso, forte, d'aria libera, modi disinvolti, calzoni stretti, berrettone e grossi rosari nelle mani callose e nervose, use al governo del gregge. Gente della riviera atlantica, abbronzata dallo iodio, emanante dagli abiti ondate di salmastro, che abbandon remi e reti per venire ad affidarsi alla protezione della Stella del mare: uomini con grosse flanelle rigate, donne con sottane pieghettate e cappellino rotondo. Ci sono contadini dei pressi di Lisbona in giacca e cintura. Contadine dei dintorni di Coimbra e di Aveiro, scalze o con zoccoletti, ma sempre con modi distinti. Ragazzette del Minho, fronte libera, labbra fatte per il sorriso, che articolano le Ave Maria quasi intonandole. Transmontani ed Alentegiani dall'aspetto stanco. Gran parte della moltitudine si getta in ginocchio. Ha inizio la recita del rosario, che, diretta al microfono dal canonico Marques dos Santos, procede impeccabile in un'atmosfera di fede e di devozione impressionante. Inginocchiato sopra le pietre o in terra, col capo scoperto sotto un sole bruciante, - mezzogiorno solare, - tutto questo popolo sembra insensibile ai sacrifici, anzi li cerca scegliendo le posizioni pi scomode, per essere maggiormente accetto a Colei che tanto raccomand in questo luogo la penitenza. Infine si organizza la processione, se cos pu chiamarsi, con la statua della Madonna. Giovani esploratori precedono e decine di bandiere e stendardi circondano il trono dorato della Madonna. Portata dalle servite, la statua sorridente passa in mezzo al suo popolo, in mezzo ai suoi figli che le gridano coi canti l'amore, che le presentano coi gemiti le necessit, che implorano coi sospiri la materna protezione. Lentamente, perch tutti la salutino, la vedano, la contemplino, la Vergine compie il suo pellegrinaggio. Cadono su di lei a manciate i petali di rose, n si sa donde vengano. Biancheggiano sopra le vesti rosse dei prelati, ci sfiorano il viso volteggiando e cadono lentamente, come fiocchi di neve, fondendosi col candore delle cotte deisacerdoti e dei seminaristi nell'interminabile doppia fila che precede il trono dell'Immacolata Signora. La Vergine avanza maestosa. Migliaia di fazzoletti la salutano. Migliaia di cuori la invocano. Migliaia di anime la supplicano, mentre negli occhi di tutti brillano lacrime di nostalgia e di tenerezza filiale. Arriva infine al limitare della gradinata. E perch il suo volto non sia sottratto al bramoso sguardo della moltitudine, il trono viene girato, e, mentre la Madonna ascende, ci si delizia nella sua contemplazione. Posta davanti all'altare, mentre la sua immacolatezza risalta ancor pi sulle tinte del pannello di sfondo, la Vergine assiste ancor una volta con i suoi figli alla rinnovazione del sacrificio del Calvario. La Santa Messa celebrata da un prelato ed il popolo accompagna il coro dei seminaristi propagato dagli altoparlanti. Terminata la Messa, si espone solennemente il SS. Sacramento al canto dell'O salutaris Hostia ed alcuni momenti dopo Ges nascosto - come diceva la piccola Giacinta - scende a benedire gli infermi. Ges passa e si ferma dinanzi ad ognuno. Son circa trecento e quasi tutti gravi. Vi sono tubercolotici all'ultimo stadio, volti pallidi, sguardo languido e febbricitante, per i quali la scienza si dichiara impotente e che solo dall'onnipotenza divina attendono il rimedio o almeno un sollievo ai loro dolori. Stesi sulle barelle, vi sono ammalati del morbo di Pott, immobilizzati, membra scheletrite, volti sfiniti, la cui vita un duro calvario. Dalla Regina dei Martiri sono venuti ad implorare la guarigione o almeno la forza per portare una croce tanto pesante. Ciechi infelici con le orbite vuote e le pupille spente: il movimento delle labbra rivela la speranza che agita il loro cuore. Giovinetti e giovani, vitalit fiorente cui la vita avrebbe dovuto essere brillante visione ed soltanto un'ombra ... Mamme che recano in braccio bimbi anormali, tronchi deformi, occhi senza intelligenza, teste sproporzionate. Con quale ansiet esse attendono il loro turno, nella fiducia che il Taumaturgo divino trasformi i loro piccoli infelici in fanciulli perfetti! Con che insistenza, con che confidenza attendono l'ora del pi stupendo miracolo! La voce del sacerdote che dirige le cerimonie risuona vibrante di fede e di piet!Signore, Vi adoriamo! Signore, confidiamo in Voi! Signore, crediamo in Voi, ma Voi accrescete la nostra fede!. E ad ogni invocazione risponde il grido della folla che si diffonde fino a perdersi lontano nell'azzurro delle colline. Signore, Vi adoriamo! Signore, confidiamo in Voi! Signore, crediamo in Voi, ma Voi accrescete la nostra fede!. Voi siete il mio Signore e il mio Dio! Voi la Risurrezione e la Vita!, ricomincia con maggior forza il sacerdote. Voi siete il mio Signore e il mio Dio! Voi la Resurrezione e la Vita!, ripete la turba con rinnovata confidenza. Signore, se vuoi, puoi guarirmi! Signore, di' una sola parola e sar guarito!. Cos, ancora, il sacerdote. E cos ripete il popolo, con la medesima fede con cui un giorno s'invocava il Redentore lungo le strade di Palestina. Signore, fate che io veda! Signore, fate che io cammini! Signore, fate che io senta!. Nessuno pu trattenere le lacrime. La carit cristiana affratella tutta la moltitudine. Tutti hanno le medesime necessit. Tutti soffrono i medesimi dolori. La preghiera di uno l'invocazione di tutti. Poi, con maggior veemenza, con maggior fervore, con maggior tenerezza, nella consapevolezza della propria miseria, della propria indegnit, la preghiera diretta a Colei che nelle nozze di Cana ebbe il potere di affrettare l'ora del miracolo. Madre del Salvatore, prega per noi! Regina del SS.mo Rosario, prega per noi! Consolatrice degli afflitti, prega per noi!. Passati ad uno ad uno i lettini dei sofferenti, accompagniamo con nostalgico desiderio Ges Eucaristico che sta per lasciarci. D'ogni parte, negli sguardi fissi su di lui, si legge l'invocazione dei discepoli d'Emmaus: Mane nobiscum, Domine. - Rimani con noi, o Signore. In coro maestoso si canta il Tantum ergo e ancora una volta la benedizione di Ges scende sui sani e sui malati, sull'immensa folla che inginocchiata od almeno, dove la calca non lo consente, inchinata. Ges ora si ritira umilmente nella cappella delle confessioni. Si ritira per lasciare il popolo solo con la sua Madre SS. in una espansione entusiasta,solenne, delirante. la processione dell'addio. O Virgem do Rosario, Da Fatima Senhora, De Portugal Rainha, Dos homens protectora! O Virgem do Rosario, Da Fatima Senhora, Do vosso Santuario Foroso ir-me embora .... 9 Lacrimano gli occhi, ma i cuori sono esultanti. Tutti sentono nell'animo la dolcezza dello sguardo materno. La bianca Madonna passa, ma tutti vorrebbero trattenerla per dirle ancora una parola, per confidarle ancora un segreto o una pena, per ringraziarla ancora di una grazia. Nell'impossibilit di gettarle i cuori, le si gettano i fiori. L'agitarsi frenetico dei bianchi fazzoletti traduce il tumultuar dei sentimenti, che l'anima non sa definire e che solo a Fatima le concesso di provare. Rombano nell'aria decine di apparecchi, lancianti essi pure fiori e preghiere. Ricollocata sotto il semplice atrio, la Vergine riceve gli ultimi ossequi. necessario partire. Ma migliaia di cuori non partono. Rimangono, affascinati per sempre dalla soavissima Madonna della Cova di Iria! Felici loro!Storia e leggenda- Gradireste visitare la basilica e salire sulla torre? - domanda il rettore del santuario a quattro sacerdoti pellegrini. - Tanto, signor rettore. Andiamo. Raggiungiamo, quasi di corsa, lo spiazzo ove si eleva la basilica. - Sono ormai quindici anni che fu benedetta la prima pietra, spiega l'amabile cicerone, benedetta da S. E. l'arcivescovo di Evora, mons. Manuel Mendes da Conceiao Santos. Da allora la costruzione ha sempre progredito con relativa celerit, sostenuta esclusivamente dalle spontanee elemosine dei pellegrini. Non si riceve alcun aiuto dal governo. - Non sarebbe pi comodo lanciare una sottoscrizione nazionale, od ancheinternazionale, come si fece per la basilica di Lourdes? azzardo domandare. - Forse no. molto meglio che sia la libera offerta dei figli ad innalzare il palazzo della Mamma. Entriamo intanto nella basilica che, ultimata, sar certamente un grandioso monumento. L'interno misura ottantadue metri di lunghezza e cinquanta di altezza. Contiene quattordici cappelle laterali, corrispondenti, con quella centrale, ai quindici misteri del rosario. Ascendiamo fino alla volta in cemento armato. Sebbene i ponti non permettano di abbracciare tutta la grandiosit dell'edificio, proviamo una viva impressione di bellezza e di imponenza. Ascendiamo ancora, per scale mobili, una decina di metri, e ci troviamo all'altezza dell'orologio della torre, la quale, elevata di altri dieci metri, terminer in una corona di bronzo, sormontata da un globo di vetro reggente una croce. Meraviglioso il panorama che si estende dinanzi ai nostri occhi. Laggi la Cova da Iria con la cappella delle apparizioni che sembra un balocco di cartone, e la fonte con la statua dorata del S. Cuore, che in uno sfavillio di luci, rinfrange i raggi ardenti del sole estivo. A destra, il grande fabbricato bianco dell'ospedale e della Casa dei Ritiri. A sinistra, le fondamenta dell'edificio corrispondente, che conserva la simmetria del recinto. In fondo, verso la strada, il portico, oltre il quale intravvediamo baracche e baracche che, secondo il piano regolatore, dovranno scomparire per dar luogo ad una piazza imponente che faciliter il movimento dei grandi pellegrinaggi. Girando a ponente, notiamo una costruzione moderna che, anche a distanza, ci si presenta di proporzioni non comuni. - il Carmelo di S. Giuseppe - chiarisce il P. Amilcar. - Come vennero qui le carmelitane? - Come vien tanta gente da tutte le parti del mondo. In un Carmelo belga vi erano alcune religiose che imparavano il portoghese per una fondazione in Brasile. Un sacerdote belga, in visita a questi luoghi, parl al nostro vescovo del piacere che avrebbe avuto l'Ordine di fondare un convento anche in Portogallo e specialmente a Fatima. Cos le suore che dovevano attraversare l'oceano si fermarono qui, e l'opera fu tanto benedetta che in poco tempo il Carmelo era gi pieno, e si dovette pensare ad un'altra fondazione a Oporto. - L Fatima, non vero? - chiedo, indicando a oriente una chiesa, vegliatada una torre bianca e snella. - S, Fatima. - Curiosa la nomenclatura dei luoghi di questa regione: Cova da Iria, Ourm, Fatima ... Fino a cinque anni fa non conoscevo che Fatima, figlia di Maometto. - Anche questa Fatima di origine musulmana, - spiega il P. Amilcar. - Non sar rigorosamente storica, ma la leggenda dice cos. Aldcer do Sal era la capitale della provincia musulmana di Al-Kasar. Una notte usc un gruppo di dame e cavalieri per celebrare la festa di S. Giovanni, il grande profeta. Stavano divertendosi sulla sponda del Sado, quando si precipit sopra di essi una banda di cavalieri cristiani, capitanati dal terribile Traga-Moiros, Gonalo Hermingues. La sua azione fu cos terribile e violenta che parte dei musulmani rimasero uccisi; parte fatti prigionieri, portati a Santarm e consegnati a Don Afonso Henriques. Il re domand al valoroso guerriero quale ricompensa volesse ed egli richiese solo la mano di Fatima, figlia del Val di Alcacer. l'avvenente saracena si convert e fu battezzata col nome di Oureana. Si sposarono e il re consegn loro, quale regalo di nozze, la citt di Abdegas, che fu chiamata Oureana e attualmente Ourm ... Il povero TragaMoiros per in breve rimase vedovo e non volle pi stare nel mondo senza la sua Oureana. Si ritir nel convento di Alcobaa, mentre il corpo della sposa era trasportato in una localit ad oriente di Ourm, ove si stava iniziando una fondazione del medesimo ordine. Frate Gonalo, abate del nuovo convento, termin i suoi giorni nel luogo che oggi Fatima. - Il nome di Iria non pare invece di origine musulmana, vero? osservo io. - No. di origine cristiana. Cova da Iria, Ourm, Santarm, Leiria ... tutti questi nomi derivano di fatto dal nome di una santa portoghese, S. Irene o S. Iria. Anche qui per non tutto storia. Nel secolo VII, cos racconta il breviario di Braga, viveva in un monastero di Tornar una giovane religiosa di grande virt, che si chiamava Irene o Iria e che fu, poi, martire della purezza. Il suo corpo, gettato nel Tago, fu portato dalla corrente di fronte alla Scalabis dei romani che prese in seguito il nome di S. Irene, donde Santarm. Forse anche qui fu eretta una cappella in onore di S. Irene ... Quanto alle Cove ve ne sono molte. Proprio dietro al santuario abbiamo la Cova da Raposa, la Cova da Cebola, das Tormentas, dos Outerios, ecc .... O forse,semplicemente, questo terreno, nei tempi remoti, appartenuto a una signora di nome Iria. Gi da molto il rettore parla in piedi, volgendo di tanto in tanto lo sguardo in basso, ove certamente lo richiamano le sue abituali occupazioni. dunque necessario scendere dall'osservatorio. Ma quasi notte e ci riserviamo di finire la nostra escursione all'indomani.Nella casa del signor Marto- Le piacerebbe fare conoscenza coi genitori di Giacinta e di Francesco? - mi domanda, il giorno seguente a colazione, il reverendo P. Carlos de Azevedo, amministratore della Voz da Fatima. Il mio piacere a quella proposta si legge nel mio sguardo e vibra nell'entusiastico s che mi esce dalla bocca. - Andiamo allora fino ad Aljustrel. Mi unisco al P. Carlos e ci spingiamo sulla strada asfaltata che congiunge Batalha a Vila Nova de Ourem. Dopo alquanto cammino, infiliamo a destra una stradetta comoda, che scende per un buon tratto, e poi sale ad Aljustrel. Il terreno in generale sterile e pietroso, ma il lavoro assiduo dei montanari, che lo accudiscono con vera passione, lo trasforma, qua e l, in campi fruttiferi e benedetti. Se Dio manda a tempo le piogge e allontana le tempeste, giugno dona sempre alcune staia di frumento e settembre colma le aie di grano turco e riempie qualche botte di vino. La vera ricchezza della Serra per sempre l'olio. Le case di Aljustrel, una ventina, sono tutte di un sol piano, basse, la maggior parte in calce bianca, d'aspetto rustico ma piacevole. Alcune con un piccolo atrio. Subito all'ingresso del villaggio ci imbattiamo in alcuni bimbi, scalzi, moccio setti e sudici, che giocano in terra. Oltrepassate poche case, il P. Carlos si ferma davanti ad un gruppo di bambine, le une sedute per terra, le altre sulla soglia di una casa.- Eh, bambina, - domanda ad una di esse. - Ti Marto sta in casa? Le piccole alzano le testoline coperte di fazzoletti multicolori e la pi grandicella risponde: - S, signore! Subito s'ode dal di dentro una voce amica: - Entrino ... entrino! Ed un vecchietto - 70 anni all'incirca - apre un largo portone di legno e ci introduce in un cortiletto ricoperto d'aghi di pino 10. - Mi scusino se compaio cos... Stavo preparandomi per andare alla Serra con l'asina a tagliare un po' di legna per il fuoco. Si toglie il berrettone e si china per baciare la mano. - Le presento questo sacerdote che viene da Roma ove sta il Santo Padre, dice il P. Carlos, presentandomi. - Oh, - esclama Ti Marto - da cos lontano! ... - Mi piacerebbe che mi dicesse qualcosa sulla sua Giacinta e il suo Francesco - dichiaro io. - Quasi non val la pena! Tutto sta gi nei libri. .. Entrando in casa, dice alla moglie affaccendata in cucina: - Guarda qui, c' il P. Carlos e un sacerdote che viene da Roma. Subito ci si presenta la signora Olimpia, tutta amabile e sorridente. - Si accomodino ... si seggano - ci ripete il signor Marto con ogni premura. Ci sediamo sopra una panchina fuori della casetta. Al fondo, una mensola con molte immagini, e pi in alto, sulla parete, vari quadri, tra cui domina una fotografia del Santo Padre con la sua benedizione alla fortunata famiglia. Ti Marto si accomoda accanto a noi su di un rozzo sgabello e ci parla con entusiasmo dei suoi piccoli. Si alia, gesticola, intavola dialoghi e aggiunge commenti; parla dell'Africa ove da giovane fu militare e passa con tutta naturalezza a tessere l'elogio del barone di Alvaiazere, suo vecchio amico. Ma il discorso ritorna con compiacenza su Giacinta che doveva essere la pupilla dei suoi occhi: Tanto buona, tanto mite. Non se n'ebbe nessun'altra cos!. La signora Olimpia si riferisce pi particolarmente a Francesco quando il marito, nella sua loquacit, le d occasione di intromettersi nel soliloquio.Ad un certo momento la buona donna si ritira discretamente e torna poco dopo portando un cestino d'uva, una scodella d'acqua e un tovagliolo. Nonostante la sua rusticit, Ti Olimpia non trascura questa regola di igiene che in quell'ambiente mi sorprende. - Favoriscano, si rinfreschino. stata raccolta oggi. Senza complimenti, non ne manca e poi mio marito non beve vino ... Qualche volta alla domenica sta in giro molto, ma non c' pericolo che entri in un'osteria ... - D'altronde in questi giorni, - interrompe il marito, - le intero viste sono tante che prima che si possa arrivare a casa ... E la conversazione riprende come se non dovesse pi finire. Ma il tempo stringe e noi si vuol andare in pellegrinaggio anche alla casa di Lucia, ai Valinhos e al Cabeo. Il signor Marto si offre per accompagnarci. La casa di Lucia poco lungi di l. Tutto approssimativamente si trova come al tempo delle apparizioni. E anche la stanza ove nacque Lucia rimasta sempre quella della madre che l si addorment nell'ultimo sonno. Attualmente la residenza della figlia maggiore della signora Maria Rosa, Maria dos Anjos. Nonostante la sua vita laboriosa di povera vedova, mantiene tutto in ordine e l'ingresso libero a qualunque visitatore. Si va al pozzo, presso il quale i tre pastorelli passarono lunghe ore in celestiale conversazione o in giochi innocenti. Qui ci sentiamo penetrati di soprannaturale e ci distacchiamo a malincuore. Sulla strada dei Valinhos, Ti Marto non si stanca di narrarci episodi ornati di ogni particolare e, ad onor del vero, anche noi non ci stanchiamo di farlo parlare. Il luogo ove la Madonna apparve la quarta volta ai tre fanciulli, il 19 agosto, segnato appena da alcune pietre in circolo, al cui centro doveva esserci l'elce. Ci inginocchiamo raccolti. Niente perturba quella solitudine e una cappellina ne accrescerebbe l'incanto. Per uno scosceso sentiero attraverso il bosco saliamo al Cabeo, dove l'angelo del Portogallo fece la sua prima e terza apparizione ai piccoli e insegn loro le meravigliose preghiere che essi avrebbero tante volte ripetute, prostrati a terra. Qualche rupe, tra gli olivi e i cespugli, segna il luogo esatto dove si svolsero i colloqui celestiali. Ci inginocchiamo per terra e ripetiamo la preghiera dell'angelo: Mio Dio,credo, adoro, spero e Vi amo; Vi chiedo perdono per coloro che non credono, non adorano, non sperano e non Vi amano. In silenzio - quanto si desidera il silenzio qui! - torniamo ad Aljustrel. Entriamo nella casa ove nacquero Francesco e Giacinta. Nella piccol9 stanza ove mor Francesco, Ti Marto ci racconta commosso gli ultimi istanti del pastorello. - Qui egli ricevette per la prima e ultima volta Nostro Signore. Voleva sedersi sul letto, ma la violenza della malattia non glielo permise. Prima di spirare disse alla mamma che gli stava vicino: Guarda, mamma, che chiara luce sta alla porta .... E poco dopo: Ora non vedo pi nulla .... Cos mor. Sembrava sorridere ... e rimase cos... Con la mano callosa e scarna, il buon vecchietto asciuga due lacrime che gli scivolano sulle guance ... Il nostro pellegrinaggio finito. Lasciamo il signor Marto con rincrescimento, sulla porta della sua casa. - Cos, gi se ne vanno? ... - ci dice rassegnato. Ci segue a lungo con lo sguardo, salutandoci amichevolmente con il gesto della mano aperta. - Simpatico questo Ti Marto, - confido al P. Carlos. E il suono della sua voce pare echeggi ancora sui nostri passi.Capitolo primoLucia, oh che piccina! (Ti Marto)I tre pastori ai quali apparve la S. Vergine erano tre bambini assolutamente normali, per nulla differenti dai loro coetanei e, come essi, custodi diarmenti. Lucia, la pi attempata, era nata il 22 marzo 1907, ultima dei sette figli che il Signore diede ad Antonio dos Santos, chiamato col nomignolo di Abobora, e a Maria Rosa, residenti in un casolare di Aljustrel, che fiorisce come oasi tra l'aridezza pietrosa della montagna 11. A Lucia, sana e robusta, giunta all'et in cui i ragazzi hanno maggiormente bisogno dei genitori, si pot gi affidare con sicurezza il piccolo gregge di pecore. La piccina svolgeva il suo compito con cura e soddisfazione. Non era di fattezze delicate. L'unica attrattiva del suo volto bruno e tondo erano due grandi occhi neri che brillavano sotto folte sopracciglia. I capelli folti e corvini, con la scriminatura nel mezzo, le scappavano dal fazzoletto che le cadeva sulle spalle, il naso un po' schiacciato, le labbra grosse e la bocca larga: qualche fisionomista avrebbe potuto attribuirle un carattere aspro, se non cattivo. Lucia, per non era cattiva. Al contrario possedeva un'indole eccellente e ottime disposizioni di animo. Portavamo molta affezione ad essa, perch era molto sveglia e molto dolce ci diceva Maria dos Anjos, la sorella pi anziana. - Quando, gi grandicella, tornava a casa col gregge, si gettava al collo della mamma e le faceva un mondo di carezze. L'abbracciava, la baciava, ma a noi, sorelle pi anziane, questo dava un poco fastidio e con un certo spregio la definivamo "la piccola delle moine". Ma Lucia non smetteva per questo. Era gustoso vederla divertirsi con la prima bambina che mi nacque. Tornata dalla montagna, chiudeva le pecore e correva a casa mia, di fronte a quella di mia madre. Prendeva tra le sue braccia la creaturina e la copriva di baci e non pareva pi di questa terra. Amava molto i piccoli e tutti le erano affezionati. A volte se ne radunavano nel cortile di casa nostra otto, dieci, dodici, ed essa, contenta ornava i pi piccoli con fiori e con erbe, faceva processioni con immagini, preparava altarini e troni, come se fosse in chiesa, cantava lodi alla Vergine. Ricordo ancora i suoi motivi preferiti: No Cu, no Cu, no Cu Com minHa Mae estarei ... Virgem pura, tua ternura de alivio ao meu penar; Noite e dia de Maria A beleza bei-de cantar.12 E tutto terminava con la benedizione. Sapeva interessare i piccini che le mamme lasciavano nella nostra casa prima di andare ai campi. Stando io tutto il giorno al telaio e la mia sorella Carolina a cucire, potevo osservarli bene. Ma quando c'era Lucia, anche da piccola, ci pensava lei e noi si era libere. Nei giuochi nessuno riusciva a raggiungerla. Giuocavano a rimpiattino detto rogg. Chi sotto i fichi, chi dietro ai muri, chi sotto i letti: ognuno nel suo nascondiglio. Chi restava fuori gridava: - Rogg, rogg, rogg, Todos se escondem, Que eu ja la vou! 13 Giuocavano ai bottoni, alle pietre, a rincorrersi e quando tutti erano stanchi, si sedevano all'ombra dei fichi e Lucia nel mezzo del crocchio cominciava a contare storie senza fine, parte udite e parte inventate. Fin d'allora dava buona prova di quell'eccellente memoria che pi tardi le avrebbe permesso di ricostruire, nei pi minuti particolari, i colloqui con l'angelo e con la Madre del Cielo. Dopo venticinque anni di vita claustrale, estranea del tutto alle cose profane, poteva ancora ricordare e scrivere, su richiesta del vescovo di Leiria, le scene campestri della sua infanzia, alcune delle quali accompagnate da danze nelle quali si distingueva tra le sue amiche. Era molto socievole, franca e furba. Dolcissima con il pap: papalino di qua, papalino di l. Oh Ges, che ragazzina! - esclamava lo zio Manuel Marto. - Io lo dicevo che tu saresti diventata o molto buona o molto cattiva. Come tutte le giovinette della montagna, Lucia, in occasione di feste, si ornava con collane dorate, con grandi orecchini che cadevano sugli omeri e un grazioso cappellino guarnito di fregi e penne di vario colore. Nelle vicinanze - confessa ella - non vi era altra ragazza cos ben messa, e lemie sorelle e la mia madrina Teresa si sentivano orgogliose di vedermi tanto graziosa. Le altre ragazze mi circondavano in gruppo, ammirando la bellezza della mia toeletta, e io gongolavo per questa ammirazione. In verit, la vanit era il mio peggior difetto. Tutti mi mostravano simpatia e stima ad eccezione di una orfanella che la madrina Teresa aveva presa con s alla morte della mamma. Pareva temere che io le rubassi parte dell'eredit che sperava e di certo non si sarebbe ingannata, se Nostro Signore non mi avesse destinata ad una eredit pi preziosa. Era inesauribilmente faceta nelle sue trovate - racconta Maria dos Anjos. Una volta, sul far della notte, Lucia, dopo aver chiuso le pecorelle, disparve. Quando pi tardi entr in casa, la madre le domand donde venisse, ed ella: - Sono andata all'elemosina con Giacinta e Francesco. Ci siamo recati dallo zio Jos das Neves, dalla zia Maria Antonia e dalla madrina Teresa, che ci hanno dato delle mele. Arrivati alla porta, fingendo di essere mendicanti, abbiamo detto: "Oh zia, datemi qualche cosetta per amor di Dio". Di poi abbiamo recitato il Padre nostro. Scoppiettando d'allegria chiese il coltello e divise le mele distribuendole ai presenti. Lucia era di buon cuore, e amica con tutti! furono le apparizioni che portarono la discordia in famiglia. L'ambiente familiare era il pi favorevole allo sviluppo delle naturali inclinazioni di Lucia. A dire il vero, il padre non era troppo religioso, ma la madre - e in montagna la madre quella che alleva ed educa i figli - era una donna retta, donna d'oro, piena di tatto e di intelligenza. La signora Maria Rosa, profondamente convinta del cattivo effetto che potevano produrre gli esempi paterni, raddoppiava gli sforzi e le cure nella educazione dei figli e procurava di sviluppare in essi quelle virt cristiane che ella praticava come per una seconda natura. Nostra madre - ci diceva Maria dos Anjos - sapeva leggere ma non sapeva scrivere. Tutte le sere, specialmente durante l'inverno, ci leggeva un brano dell'Antico Testamento o del Vangelo, oppure qualche aneddoto sopra Nostra Signora di Nazar (Portogallo) o di Lourdes. Quando avvennero le apparizioni della Cova da Iria, mi ricordo che ella diceva severamente a Lucia: - Pensi tu che la Madonna, j'Jerch apparve a Lourdes e a Nazar,debba apparire anche a te? - Durante la quaresima le letture riguardavano la Passione di Nostro Signore. Lucia imparava tutto a memoria e poi lo raccontava ai piccoli. "C'insegnava il catechismo e non ci lasciava in libert sino a tanto che non lo sapessimo bene a memoria". - Non voglio fare brutta figura - ella diceva - quando il signor priore domanda la dottrina ai miei figli -. La brutta figura non l'ha mai fatta perch quando il priore ci interrogava, restava sempre soddisfatto, anzi, quantunque fossimo ragazzini, ci affidava l'insegnamento del catechismo presso altri gruppi di compagni. lo non avevo pi di nove anni quando mi cre catechista. Ma la mamma non si accontentava che si sapesse la dottrina a memoria, voleva che la capissimo e perci moltiplicava le spiegazioni, perch saper la dottrina e non la spiegazione non serve a niente. E noi le facevamo molte domande, alle quali rispondeva sempre, come non lo avrebbe fatto meglio il priore in chiesa. Ma non solo a noi la mamma insegnava il catechismo: venivano da lei anche altri ragazzi di Aljustrel, di Casavelha e anche di Boleiros; non mancavano di unirsi a loro persone adulte. Nei mesi di maggio e di novembre, come nella quaresima, recitavamo tutti i giorni il rosario, o presso il focolare o nella sala; e quando uscivamo col gregge, ci raccomandava sempre che portassimo il rosario in tasca. - Recitate - diceva - il rosario a Nostra Signora dopo la merenda, e un Padre nostro a S. Antonio per non smarrire le pecore. Santissimas graas e louvor Sejam dadas a Jesus Cristo Nosso Senhor Por tantos bens e esmolas que nos tem feito E mais tem para nos fazer. Sejam dadas sua honra e louvor, Pelo amor de Deus Nosso Senhor 14. Aggiungevamo ancora alcuni Padre Nostro, per le anime a noi care. Almattino e alla sera, dopo l'atto di contrizione e altre preghiere, non voleva che dimenticassimo il nostro angelo custode. Em louvor de nosso Anjinho da Guarda Que nos guarda de noite e dia E que ande sempre em nossa companhia. 15 Ci fu - racconta Lucia nelle sue memorie - chi obbiett a mia madre: Come mai fino ad oggi il ballo non era peccato e ora, col parroco nuovo, diventato peccato? Come si spiega? E mia madre: Non saprei, ma una cosa so, ed che il signor priore non vuole che si balli e perci le mie figlie non torneranno pi a questi divertimenti. Tutt'al pi le lascer ballare un poco in famiglia perch egli ha assicurato che in famiglia non c' alcun male. Per lei la voce del parroco era la voce di Dio e adempiva a puntino, senza discutere, le disposizioni che dava dal pulpito. Questa confidenza assoluta nel parroco, il quale dubitava, o meglio negava in modo assoluto la verit delle apparizioni, e la sua semplice umilt, sono sufficienti a spiegarci la ritrosia della signora Maria Rosa, nell'ammettere, fin quasi alla fine della vita, la grazia segnalata che la Vergine aveva concessa alla figlia. A qualunque costo - continua Maria dos Anjos - tramontato il sole, ci voleva tutti in casa, anche nei giorni di festa, nei quali avremmo desiderato tanto di ricrearci con le nostre compagne. Ma no, l'ora di cena era sacra. Ci voleva umili, laboriosi, e guai se ci scopriva bugiardi: in questo era inflessibile. La pi piccola menzogna faceva entrare in ballo la scopa. Ci inculcava la devozione per le cose di chiesa e soprattutto per il SS. Sacramento, troppo trascurato allora dalla popolazione. In quel tempo la S. Comunione si riceveva all'et di dieci anni ed era necessario sapere bene tutta la dottrina. Lucia tuttavia si comunic a sei anni, e fu in occasione della visita del P. Cruz; il signor priore non avrebbe voluto far eccezioni, ma quando il P. Cruz, dopo aver interrogato Lucia, sentenzi: - La piccina sa, e sa bene - non guard ad altro e concesse il permesso. Ricordo ancora la gioia e la soddisfazione della nostra mamma e la festa che si fece in casa. Madre di altri tempi!Capitolo secondo.Francesco sarebbe stato un uomo (Ti Olimpia)Francesco e Giacinta, cugini di Lucia, erano, come gi dicemmo, figli del signor Manuel Pedro Marto e della signora Olimpia de Jesus Santos. Per il signor Manuel,erano rispettivamente il sesto e settimo figlio; per la signora Olimpia invece erano gi l'ottavo e il nono, avendo essa contratto seconde nozze, dopo la morte del primo marito Jos Fernandes Rosa 16. Francesco nacque l'undici giugno 1908 e Giacinta l'undici marzo 1910. Sette mesi dopo il primo vagito della bambina - commenta il sig. Marto nacque la repubblica del Portogallo, e dopo altri sette anni apparve qui la SS. Vergine. Il ragazzo non presentava le rudi caratteristiche montanare che notammo nella cugina Lucia, ma aveva una faccina rotonda e grassoccia, bocca piccola, mento pieno. Della madre aveva il colore degli occhi. Anch'io per - dice il sig. Marto 17 - quando andai militare, mi scrissero nella carta di identit: occhi e capelli castani. I capelli erano chiari e morbidi. Mi ricordo pure che quando ero soldato i barbieri mi dicevano: - O ragazzo, questi s che sono capelli e barba buoni da radere. Francesco era robusto e di buona salute - ricorda con compiacenza il sig. Marto - e speravamo che sarebbe cresciuto forte e sano . E la sig. Olimpia: Qual pena che egli sia morto! Sarebbe stato un uomo. Quando fu colto dalla malattia (la mia casa sembrava allora un ospedale) Francesco prendeva ogni sorta di medicine e noi si pensava che se la cavasse. E ben se la cav, e anche troppo bene, - commenta il sig. Marto. - Nostro Signore se lo port in Cielo.Il piccolo aveva un carattere eccezionale. Era molto affabile, afferma il padre; e Lucia aggiunge che, mentre Giacinta era alcune volte capricciosa e vivace, egli si mostr sempre di un'indole pacifica ed accondiscendente. Come tutti i ragazzi di questo mondo, Francesco amava i divertimenti: quando tuttavia nei giuochi qualcuno si ostinava a dargli torto, cedeva senza alcuna resistenza, limitandosi a dire: - Credi di essere tu il vincitore? E cos sia! A me poco importa. Se qualche monello gli portava via qualcosa, diceva: - Tieni pure, a me non importa! Tutti gli anni, la madrina Teresa andava alla spiaggia e nel ritorno portava sempre regali per i figliocci, perch non voleva farsi trovare da loro a mani vuote. Una volta il regalo per Francesco fu un fazzoletto con l'immagine di Nostra Signora di Nazar, che egli tutto soddisfatto mostr subito ai compagni. Gli piaceva assai, - dice la madre, - ma ne parlava senza darvi troppa importanza. Gli fu presto rubato e quando gli dissero che il fazzoletto era in mano di un altro ragazzo, non fece nulla per riaverlo: - Se lo tenga, non mi importa affatto del fazzoletto. D'aspetto allegro, Francesco era amabile con tutti. Giuocava indistintamente con chiunque, - dice Lucia, - non questionava con nessuno. Alcune volte si appartava dal giuoco, quando vedeva qualche cosa che non gli andava a genio. Se gli si domandava perch se ne andasse, rispondeva: - Perch voialtri non siete buoni, - o semplicemente: - Perch non voglio giuocare. Nei giuochi, nonostante l'impegno che vi metteva, perdeva quasi sempre, perci pochi desideravano giuocare con lui. Io stessa - continua Lucia - simpatizzavo poco con lui perch il suo temperamento pacifico non si accordava con la mia eccessiva vivacit. Alcune volte lo afferravo per un braccio e lo facevo sedere a terra o sopra una pietra e gli ordinavo che stesse l, quieto: obbediva come se io avessi una grande autorit. In seguito mi pentivo di averlo trattato cos, andavo a chiamarlo, lo prendevo per la mano e lo conducevo con me, senza che eglicambiasse di umore. Ma ci non vuol dire che Francesco fosse un ragazzo senza energia o di volont fiacca; che anzi era il contrario. Il padre afferma che alcune volte Francesco si stizziva con i fratelli pi di quanto facesse Giacinta. Era pi generoso ed irrequieto che non la sorellina. In certi casi aveva tanta pazienza, mentre in altri era recalcitrante come un torello. Per nulla pauroso, di notte andava, solo, in qualunque posto scuro senza mostrare paura n contrariet. Giuocava con le lucertole e le bisce che incontrava: le avvolgeva attorno al suo bastone e dava loro da bere, nei buchi delle pietre, il latte delle pecore. Cacciava lepri, volpi e talpe. Godeva immensamente a scherzare con i fratelli: il padre si ricorda di uno scherzo che, una sera, voleva fare a Giovanni addormentatosi a bocca aperta. Quel bricconcello si alz di nascosto, afferr un pezzo di legno e, se io non gliela avessi impedito, lo avrebbe cacciato nella bocca del fratello. Alcune volte altercavano tra loro, ma io davo loro sulla voce. Il dar regola alla propria vita ben diverso dal piantar cavoli e seminare patate 18. In verit Ti Marta non si accontentava di educare i figli, ma voleva che fosse loro data una buona educazione e a questo fine, secondo il suo giudizio, non doveva mancare la scuola. Li educava con severit e si direbbe quasi con rigore. Egli stesso ci dice che i vicini lo notavano e dicevano: - In quella casa c' sempre disciplina. - Ma con una brigata di otto ragazzi non se ne poteva fare a meno. Accadde una volta che una persona venne in casa per affari. I piccoli non lasciavano pace col loro strepito; mi trattenni dal rimproverarli, ma tosto che il visitatore se ne and, dissi loro assai severamente: - Se ci capiter un'altra volta, la vedrete brutta. Tanto bast per farli tornare all'ordine. Da quel giorno, quando arrivava qualcuno in casa, scendevano tosto nella strada. Se un'occhiata non bastava, seguivano gli scappellotti; ma raramente e solo quando era necessario. Non si taglia la gamba ad un mulo per un calcio avuto. Con Francesco una sola volta usai quel sistema e fu una sera in cui egli non voleva pregare. Mi alzai e andai dove si era rifugiato. Quando mi vide decisoa castigarlo, tosto mi grid: - Babbo ... babbo ... - e si mise senz'altro a pregare. Questo capit prima che la S. Vergine gli apparisse; in seguito non manc pi a questo dovere; d'allora in poi, erano Francesco e Giacinta a invitare la gente alla recita del rosario. Questa e lo scherzo del pezzo di legno sono le due azioni pi censurabili, per quanto io mi sappia, della sua vita. I genitori non ebbero mai motivo serio di lamentarsi di lui. Esemplare era la sua ubbidienza. Su questo punto il signor Marto non transigeva. Una volta gli venne ordinato di far qualche cosa che si incapricciava a non fare. Allora mi mont la mosca al naso. - Che fai? gli gridai stizzito. Bast questo perch egli subito volasse come una saetta a eseguire l'ordine. I figli e le figliole andavano molto d'accordo tra di loro e guai se non fosse stato cos! Se avessi visto le cose andar male, - continua sempre il signor Marto - non sarebbe mancata loro una pronta riprensione. Quando due altercavano e non riuscivo a capire quale dei due avesse ragione, si ricevevano senz'altro tutti e due uno schiaffo ... di consolazione. Per educare questa gente - conclude solennemente - necessario avere un braccio forte. Ma torniamo al nostro Francesco. Abbiamo ancora questa prova della delicatezza e della rettitudine della sua coscienza, frutto della ferma educazione ricevuta. Una mattina - racconta la signora Olimpia - mentre si preparava ad uscire col gregge, gli dissi: - Oggi vai al pascolo a Oiteirinho, nelle terre della madrina Teresa, che ora per assente, perch andata ad Aldeia. Ed egli tosto: - Questo poi non lo faccio. Si ebbe uno schiaffo, ma non si intimor: si volt verso di me e tutto serio sbott in questa frase: - Madre mia, volete forse che impari a rubare? L'afferrai per un braccio e lo spinsi fuori perch andasse al lavoro. Ma avevoun bell'aspettare che si recasse a Oiteirinho. Vi and soltanto il giorno seguente, dopo di aver domandato licenza alla madrina. Era molto giudizioso. Quei lavorucci che gli davo da fare li faceva in modo da lasciarmi meravigliata. Aveva un carattere franco e non sapeva fingere. Non credetti mai - afferma Ti Marto - che Francesco e Giacinta facessero sotterfugi. Giacinta poi era capace di riprendere chi non dicesse la verit, fosse pure sua madre. Gli altri fratelli non erano tanto scrupolosi. Il ragazzo aveva un'anima di poeta. Amava la musica e con il suo piffero di canne trascorreva ore ed ore seduto su d'una pietra, accompagnando il pi delle volte Lucia e Giacinta nei canti e nelle danze. Amava imitare il gorgheggio degli uccelli e non poteva soffrire che li togliessero dai nidi. Narra Lucia come un giorno Francesco, avendo visto un compagno con un passero in mano, tutto intenerito domand che glielo desse. Al rifiuto che si ebbe, diede al compagno un ventino per averlo, e, quando l'ebbe, lasci libero l'uccello, dicendogli: Guardati bene dal non lasciarti prendere un'altra volta. Come Giacinta, anche Francesco aveva una vera passione per i fiori. Una delle sue caratteristiche era un certo atteggiamento contemplativo, eredit del padre, il pensieroso Marto, che nell'andare o nel ritornare dal lavoro, mentre va per la montagna o per la strada, non si lascia distrarre da pensieri estranei, ma cammina a occhi bassi, come se ruminasse qualche punto di meditazione. Francesco aveva inoltre un'anima particolarmente aperta alle bellezze disseminate dalla mano del Creatore. Non si stancava di ammirare il cielo immenso e le stelle lampade che la S. Vergine e gli angeli accendono per diradare le tenebre della notte. Lo meravigliava il sole che sorgeva dietro l'Urtiga, dai lati di Montelo, e a sera, quando tramontava dietro il Cabeo in un fantastico mare di sangue, si intratteneva in lunghe contemplazioni. Nessuna luce cos splendente - diceva - come quella di Nostro Signore. I raggi del sole attraverso le vetrate lo estasiavano. Le goccioline di rugiada iridescenti ai raggi del sole gli parevano preziose come le gemme, belle comele stelle. Che ottima argilla trov in lui la grazia per le sue meraviglie!Capitolo terzo.Giacinta fu sempre tanto mansueta ... (Ti Marto)Di carattere sensibilmente diverso da quello del fratello era Giacinta, quantunque gli assomigliasse molto nell'aspetto esteriore. Come Francesco aveva viso rotondo, fattezze regolari, labbra sottili, mento breve, corpo ben proporzionato. Non era per grassoccia come Francesco - dice la madre. - Francesco era pi tarchiato. Giacinta aveva occhi chiari, pi vivaci dei miei quando ero piccina - continua Ti Olimpia, che conserva anche oggi una vivacit d'occhi non comune alla sua et. - Portava i capelli ben ravviati, ch tutti i giorni la pettinavo e la tenevo bene in ordine. Una camicetta chiara, una gonna di stoffa scura, un paio di scarpette (poich potei calzare sempre i miei figli) erano il suo vestire. Questo l'esteriore di Giacinta. Ma l'interiore era, senza paragone, migliore assai. Come si vedr meglio in seguito, aveva un'anima straordinariamente sensibile. All'et di cinque anni, all'udire raccontare i patimenti del divin Redentore dice Lucia - si commoveva fino alle lacrime. Povero Ges, ripeteva, non devo pi far peccati, non voglio che Ges soffra di pi. Le parole brutte sono peccati che fanno soffrire Ges? Ebbene, Giacinta fuggir quelle compagnie dalle quali potrebbe contrarre un'abitudine cos cattiva.L'amicizia che la legava alla cugina Lucia era di quelle che difficilmente si incontrano tra ragazzi. Non era contaminata da nessuno di quei difetti che caratterizzano le amicizie di quell'et, come l'emulazione e l'invidia. Soltanto con Lucia si trovava bene nel gioco e il giorno in cui non poteva vederla era un giorno triste, un giorno perduto. Giacinta la voleva tutta per s. E quando Lucia era impegnata nell'assistere i piccoli che le affidavano, e non poteva giocare con lei sola e Francesco, si rassegnava a prender parte al gioco comune. Il suo cuoricino era molto attaccato a Lucia. Ma Lucia era gi una ragazza fatta, poich a dieci anni in montagna si lavora gi per vivere, e doveva guadagnarsi il pane andando al pascolo. Giacinta, che non sapeva adattarsi a rimanere lontana da lei, tanto fece che indusse la madre ad affidarle alcune pecore e cos fu felice di poter passare i giorni con l'amica. L'affetto per la cugina si manifestava a volte con delicatezze davvero commoventi. Un giorno - narra Lucia - era stata con la mamma ad una festa di prime comunioni e i suoi occhi si erano fissati sugli angioletti che gettavano fiori a Ges. Da quel momento, di quando in quando, si allontanava per andare a raccogliere una bracciata di fiori e gettarmeli addosso. - Giacinta, perch fai questo? - le domandavo. - Faccio come gli angioli. Fu sempre molto mansueta - aggiunge il padre. - In questo era molto ammirevole. Ancora lattante stava dove la mettevamo. Se aveva fame, ci avvertiva piagnucolando un poco e poi non infastidiva pi. Quei di casa attendevano alle loro faccende, andavano a Messa o altrove, e lei stava l quieta. Non era necessario essere severi per farla star buona e niente le dava fastidio. Nessun altro figlio era cos. Era, questo, un suo dono naturale. Una qualit caratteristica in Giacinta era l'amore alla verit. Quando la mamma - continua Ti - Marto - la ingannava dicendo che andava al campo e poi andava altrove, Giacinta osservava: - Oh mamma, avete mentito. Diceste che andavate qui, invece siete andata l. Dir bugie una brutta cosa! Quanto a me non ho mai ingannato i miei.La sua sincerit la portava ad accusarsi prontamente. Racconta Maria dos Anjos: Un giorno stava giocando alla penitenza con la cugina ed altri bambini. Avendo perso, le fu imposto di dare un bacio a mio fratello Emanuele che stava scrivendo al tavolo. Giacinta protest: - A lui, no! Se volete, vado a baciare quel crocifisso. - Avendo gli altri acconsentito, stacc dalla parete il crocifisso e lo baci ripetutamente. Quando entrai, vidi il crocifisso a terra, attorniato dai ragazzi, e mi indispettii: - Non lasciate mai la roba al suo posto! Andate fuori a giocare. - Giacinta allora si accus: - Sono stata io a tirarlo gi: non lo far pi. Come e forse pi di suo fratello Francesco, Giacinta era di animo buono, pieno di delicati sentimenti. Amava le pecore, e dava loro i nomi pi belli del suo vocabolario: Colomba, Stella, Mammetta, Bianca; gli agnellini erano il suo incanto. Abbracciatone uno - dice Lucia - si sedeva, se lo stringeva al cuore e lo baciava. A sera li portava sulle spalle, imitando il Buon Pastore, come aveva osservato in una immagine. Amava i fiori. Di fianco alla casa c'era solo una grande quantit di camomil