della strumentalità dell'immobile all'esercizio nel ...

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sezioni unite civili; sentenza 11 novembre 2008, n. 26973; Pres. Carbone, Est. Preden, P.M. Iannelli (concl. parz. diff.); Grego e altri (Avv. De Arcangelis, Gracis) c. Soc. Nuova Tirrena (Avv. Berchicci, Peccenini, Berti) e altri. Cassa App. Roma 7 maggio 2003 Author(s): Alessandro Palmieri, Roberto Pardolesi, Roberto Simone, Giulio Ponzanelli and Emanuela Navarretta Source: Il Foro Italiano , GENNAIO 2009, Vol. 132, No. 1 (GENNAIO 2009), pp. 119/120- 159/160 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: https://www.jstor.org/stable/23205431 JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at https://about.jstor.org/terms Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano This content downloaded from 140.105.48.10 on Tue, 19 Oct 2021 14:32:22 UTC All use subject to https://about.jstor.org/terms

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sezioni unite civili; sentenza 11 novembre 2008, n. 26973; Pres. Carbone, Est. Preden, P.M. Iannelli (concl. parz. diff.); Grego e altri (Avv. De Arcangelis, Gracis) c. Soc. Nuova Tirrena (Avv. Berchicci, Peccenini, Berti) e altri. Cassa App. Roma 7 maggio 2003

Author(s): Alessandro Palmieri, Roberto Pardolesi, Roberto Simone, Giulio Ponzanelli and Emanuela Navarretta

Source: Il Foro Italiano , GENNAIO 2009, Vol. 132, No. 1 (GENNAIO 2009), pp. 119/120-159/160

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PARTE PRIMA

della strumentalità dell'immobile all'esercizio nel medesimo di

una determinata attività da parte dell'ente, e che è, quindi) di versa da quella sottesa all'esenzione riconosdiuta dall'art. 7, 1° comma, lett. /), d.leg. n. 504 del 1992, esclude dall'imposta gli immobili Iacp con decorrenza 1° gennaio 2008 —, comprova che tali immobili non godevano di alcuna esenzione nel previ gente regime del d.leg. n. 504 del 1992, ma solo di una riduzio ne di imposta riconosciuta in ragione del valore sociale dell'at tività svolta da tali enti, che, per insindacabile scelta del legis latore, «attutiva» il rilievo dell'economicità della gestione.

7. - Conseguentemente, devono ritenersi infondati i primi tre motivi di ricorso, con i quali, sotto diversi profili, si censura la sentenza impugnata per non aver riconosciuto la pretesa esen zione ex art. 7, 1° comma, lett. /'), d.leg. n. 504 del 1992, e deve affermarsi il seguente principio di diritto:

«Agli immobili degli Iacp non spetta l'esenzione prevista dall'art. 7, 1° comma, lett. i), d.leg. n. 504 del 1992 — la quale esige la duplice condizione, insussistente per questa speciale categoria di immobili, dell'utilizzazione diretta degli immobili da parte dell'ente possessore e dell'esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito —, ma spetta esclusivamente la riduzione di imposta prevista dall'art. 8, 4° comma, medesimo decreto. Detti immobili, a decorrere dal 1° gennaio 2008, sono esclusi dall'imposta comunale sugli im mobili per effetto della disposizione di cui all'art. 1,3° comma, d.l. n. 93 del 2008, convertito, con modificazioni, con 1. n. 126 del 2008».

8. - Resta da esaminare il quarto motivo di ricorso, con il quale l'ente ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 3, 2° comma, d.leg. n. 504 del 1992 e dell'art. 58 I. n. 446 del 1997, affermando che lo Iacp per gli immobili costruiti su terreni di proprietà dei comuni sui quali era stato concesso il diritto di superficie non è soggetto passivo di imposta.

Si tratta di una tesi respinta, con orientamento consolidato, dalla giurisprudenza di questa corte la quale ha affermato il se guente principio che le sezioni unite condividono: «In tema di imposta comunale sugli immobili e con riguardo al terreno co munale concesso in superficie a favore di un istituto o di una cooperativa edilizia per la costruzione di alloggi economici e popolari, l'edificazione del fabbricato rende applicabile Pici a carico di detti enti (e successivamente dei loro assegnatari), in veste di proprietari del manufatto che insiste sul suolo (o di parti di esso). Questo principio si sottrae ai dubbi di legittimità co stituzionale in riferimento agli art. 3 e 53 Cost., in quanto il ca rattere temporaneo dell'acquisizione in proprietà di detti alloggi fino al momento della traslazione del diritto dominicale in favo

re dei singoli compratori, non interferisce sui presupposti impo sitivi, né crea ingiustificate disparità di trattamento, trattandosi di prelievo tributario che è correlato all'obiettiva esistenza del fabbricato, non al profitto ricavabile con il suo godimento o con la sua cessione e che, inoltre, gravando sul proprietario, segue l'eventuale temporaneità del suo diritto, automaticamente tra sferendosi, in caso di alienazione, sull'acquirente» (Cass. n. 10137 del 2000, id., Rep. 2001, voce cit., n. 140; n. 18062 del 2002, id., Rep. 2003, voce cit., n. 129). Siffatta posizione è stata condivisa anche dalla Corte costituzionale la quale nella senten za n. 200 del 1999 (id., 1999, I, 2436), ha affermato, con riferi mento all'art. 3, 2° comma, d.leg. n. 504 del 1992, che il legis latore con tale norma, colmando una lacuna della legge delega, ha inteso assoggettare ali'lei, e non già escludere dalla stessa, il titolare del diritto di superficie: «Mancando nella legge delega un qualsiasi riferimento al superficiario quale soggetto passivo dell'lei, il legislatore delegato ha ritenuto di individuare nel concedente il soggetto passivo dell'imposta, accordandogli al tempo stesso un diritto di rivalsa nei confronti del superficiario che in tal modo viene a risultare il soggetto effettivamente inci so dal tributo. Occorre, tuttavia, precisare che il diritto di super ficie cui ha riguardo il legislatore delegato è una situazione di versa dalla proprietà superficiaria che nasce successivamente all'esecuzione della costruzione. In tale ipotesi, infatti, pur esi stendo due beni, la costruzione ed il suolo, oggetto di distinti di ritti di proprietà, Pici . . ., sarà dovuta, ai sensi di quanto dispo sto dal n. 1 del citato art. 3 d.leg. n. 504 del 1992, soltanto dal proprietario superficiario del fabbricato, restandone, invece, escluso il concedente proprietario del suolo. E ciò per l'ovvia ragione che il suolo sul quale insiste il fabbricato, non essendo Il Foro Italiano — 2009.

qualificabile né come area edificabilc, né come terreno agricolo (cfr. lett. b e c dell'art. 2 d.leg. n. 504 del 30 dicembre 1992), non rientra nel novero di quei beni che l'art. 1 stesso decreto le gislativo dichiara tassabili ai fini lei».

9. - Peraltro l'art. 58, 1° comma, d.leg. n. 446 del 1997, so stituendo l'art. 3 d.leg. n. 504 del 1992, ha definitivamente chia rito che il titolare del diritto di superficie è soggetto passivo di imposta. Non si tratta di una norma a carattere innovativo come questa corte ha affermato enunciando il seguente principio, con diviso dalle sezioni unite: «In tema di imposta comunale sugli immobili (lei), e con riguardo al terreno comunale concesso in superficie in favore di un istituto o di una cooperativa edilizia per la costruzione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, l'art. 58, 1° comma, d.leg. 15 dicembre 1997 n. 446, che ha so stituito l'art. 3 d.leg. 30 dicembre 1992 n. 504, nella parte in cui individua il soggetto passivo dell'imposta nel titolare del diritto di superficie, eliminando sostanzialmente ogni distinzione tra diritto del superficiario sul terreno e diritto di proprietà sul fab bricato, non ha carattere innovativo, ma meramente esplicativo e chiarificatore della portata originaria della norma modificata» (Cass. n. 17730 del 2006, id., Rep. 2006, voce cit., n. 191; v. anche Cass. n. 9935 del 2008, id., Mass., 581).

Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 11 novembre 2008, n. 26973; Pres. Carbone, Est. Preden, P.M. Iannelli (conci, parz. diff.); Grego e altri (Avv. De Arcan geli, Gracis) c. Soc. Nuova Tirrena (Avv. Berchicci, Pec cenini, Berti) e altri. Cassa App. Roma 7 maggio 2003.

Danni in materia civile — Danno non patrimoniale — Ri sarcibilità — Presupposti (Cod. civ., art. 2059).

Danni in materia civile — Danno non patrimoniale — Reato — Lesione di interessi meritevoli di tutela — Risarcibilità

(Cod. civ., art. 2043, 2059; cod. pen., art. 185). Danni in materia civile — Danno non patrimoniale — Pre

giudizi di tipo esistenziale — Risarcibilità — Presupposti (Cod. civ., art. 2059; cod. pen., art. 185).

Danni in materia civile — Danno non patrimoniale — Le sione di diritti inviolabili — Risarcibilità — Presupposti (Cod. civ., art. 2059).

Procedimento civile davanti al giudice di pace — Pronuncia secondo equità — Danno non patrimoniale — Principio informatore della materia (Cod. civ., art. 2059; cod. proc. civ., art. 113).

Danni in materia civile — Danno non patrimoniale — Cate goria generale — Danno esistenziale — Autonomia — Esclusione (Cod. civ., art. 2059).

Danni in materia civile — Inadempimento contrattuale — Danno non patrimoniale — Risarcibilità (Cod. civ., art. 1174, 1218, 1223, 1225, 1229,2059).

Danni in materia civile — Danno non patrimoniale — Ri sarcimento integrale — Duplicazioni — Esclusione (Cod. civ., art. 2059).

Danni in materia civile — Danno non patrimoniale — Prova — Oneri — Presunzioni (Cod. civ., art. 2059, 2697, 2727).

Danni in materia civile — Figlio deceduto — Genitori — Danno patrimoniale futuro — Esclusione — Insufficiente motivazione — Fattispecie (Cod. civ., art. 2043).

Danni in materia civile — Perdita di un congiunto — Danno morale — Liquidazione adeguata — Danno da perdita del rapporto parentale — Esclusione (Cod. civ., art. 2059).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Danni in materia civile — Persona in agonia — Danno mo rale — Liquidazione insufficiente — Fattispecie (Cod. civ., art. 2059).

La risarcibìlità del danno non patrimoniale è ammessa, oltre che nelle ipotesi espressamente previste da una norma di leg ge, nei casi in cui il fatto illecito vulneri diritti inviolabili della persona costituzionalmente protetti. (1)

Neil 'ipotesi in cui il fatto illecito si configuri anche solo astrattamente come reato, è risarcibile anche il danno non patrimoniale conseguente alla lesione di interessi inerenti la persona non presidiati da diritti costituzionali, purché meri tevoli di tutela in base ali 'ordinamento. (2)

In assenza di reato, e al di fuori dei casi determinati dalla leg ge, pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili purché con seguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona costituzionalmente protetto. (3)

Ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale conse guente alla lesione di diritti costituzionali inviolabili, occorre che l'offesa arrecata al diritto sia grave e il pregiudizio sia serio. (4)

Nelle cause in cui il giudice di pace decide secondo equità, l'art. 2059 c.c., nella sua lettura costituzionalmente orienta ta, va considerato principio informatore della materia in tema di risarcimento del danno non patrimoniale. (5)

Posto che il danno non patrimoniale, identificandosi con il dan no determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, è categoria generale, non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate, va esclusa la sussistenza di un 'autonoma catego ria denominata danno esistenziale. (6)

Anche dall'inadempimento di una obbligazione contrattuale può derivare un danno non patrimoniale, il cui risarcimento è regolato secondo le norme dettate in materia di responsabi lità contrattuale. (7)

(1-9, 11-12) Unitamente alle sent. 26972, 26974 e 26975/08, tutte depositate I'll novembre 2008, la pronuncia in epigrafe prova a fare chiarezza sul risarcimento del danno non patrimoniale, soffermandosi su diverse questioni di fondo ed escludendo in particolare la configura bilità di un danno denominato «esistenziale».

L'intervento delle sezioni unite era stato invocato dalla terza sezione

civile con quattro ordinanze di analogo tenore (una di queste, l'ord. 25 febbraio 2008, n. 4712 — resa nella controversia in cui interviene la sentenza supra riprodotta — può leggersi in Foro it., 2008,1, 1447, con nota di richiami di A. Diana e osservazioni di A. Palmieri; annotata da M. Franzoni, Prove di assetto per il danno non patrimoniale: alcune suggestioni, in Corriere giur., 2008, 626; G. Ponzanelli, // danno non patrimoniale tra lettura costituzionale e tentazioni esistenziali: la pa rola alle sezioni unite, in Danno e resp., 2008, 558; M. Bona, La saga de! danno esistenziale verso l'ultimo ciak, ibid., 2008, 562; C. Sganga, Aspettando Godot, ovvero la presunta fine della saga del danno esi stenziale, in Nuova giur. civ., 2008, I, 713; F. Bianchi-G. Cinque, Le sezioni unite in bilico tra danno «esistenziale» e danno «esistente», in Mass. giur. lav., 2008, 650; R. Partisani, Il danno esistenziale al va glio delle sezioni unite, in La responsabilità civile, 2008, 502; v. anche P. Ziviz, Danno non patrimoniale: mossa obbligata per le sezioni unite, in Resp. civ., 2008, 1011; D. Chindemi, Aspettando Godot (in attesa delle sezioni unite su! danno esistenziale), ibid., 1189; G. Facci, Verso un «decalogo» delle sezioni unite sul danno esistenziale?, ibid., 1559).

Poco prima che avvenisse la rimessione alle sezioni unite, Cass. 12 febbraio 2008, n. 3284, Foro it., Mass., 214, e Danno e resp., 2008, 445, con nota di G. Ponzanelli, Ci vuole un diritto fondamentale per la concessione del danno non patrimoniale (nonché Resp. civ., 2008, 1057, con nota di P. Ziviz, Risarcibilità del danno da stress), richia mata dall'ordinanza in epigrafe, aveva cassato la sentenza di merito con cui, senza individuare la lesione di alcun diritto o interesse costituzio nalmente protetto, si era ritenuto che il danno esistenziale da «stress psicologico da timore» potesse ricomprendersi nel danno biologico.

D'altro canto, Cass. 31 gennaio 2008, n. 2379, Foro it., Mass., 186, e Arch, circolaz., 2008, 644, aveva affermato che il «danno esistenziale parentale», derivante dalla lesione dell'integrità di un nucleo familiare fortemente unito e solidalmente costituito, è risarcibile iure proprio, ai sensi dell'art. 2059 c.c., correlato agli art. 29 e 30 Cost.

Per l'esigenza di evitare duplicazioni delle poste risarcitone, v. Cass. 8 ottobre 2007, n. 20987, Foro it., Rep. 2007, voce Danni civili, n. 304 (annotata da G. Christandl, Il danno esistenziale e la funzione nomo filattica della Cassazione, in Resp. civ., 2008, 870; C. Sganga, La Cas sazione e l'art. 2059 c.c.: prove generali di quadratura del cerchio, in

Il Foro Italiano — 2009.

Il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, senza dar luogo a duplicazioni. (8)

Il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza, che deve essere allegato e provato; a tal fine, il giudice può far ricorso a presunzioni, ma il danneggiato do vrà comunque allegare tutti gli elementi idonei a fornire, nella concreta fattispecie, la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto. (9)

Va cassata, in parte qua, la pronuncia di merito che abbia ne gato ai genitori il risarcimento del danno patrimoniale futuro conseguente alla perdita delle contribuzioni economiche che il figlio, deceduto per il fatto illecito di un terzo, avrebbe ef fettuato a loro favore, senza dar ragione del mancato utilizzo delle presunzioni, fondate sugli elementi forniti dai danneg giati (nella specie, dovevano essere presi in considerazione l'attività lavorativa svolta dal figlio minorenne, il modesto reddito del padre, la qualità di casalinga della madre, nonché la convivenza tra i familiari). (10)

E corretta la statuizione con cui il giudice di merito, avendo li quidato a titolo di danno morale per la perdita di uno stretto congiunto una somma palesemente esorbitante rispetto a quella spettante per il mero danno da patema d'animo tran seunte, ha rigettato la richiesta di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, in quanto avrebbe dato luogo ad una duplicazione risarcitoria. (11)

Va cassata, in parte qua, la pronuncia dì merito che abbia li quidato soltanto cinquemila euro, a fronte del danno morale subito dalla vittima di un illecito nel limitato intervallo dì

tempo tra le lesioni e la morte, qualora la vittima (nella spe cie, una persona di giovane età gravemente ustionata in un sinistro stradale) sia rimasta lucida durante l'agonia (nella specie, protrattasi per undici ore, con la consapevolezza della imminente fine della vita). (12)

Nuova giur. civ., 2008, I, 294), che ha confermato la sentenza di rigetto della domanda volta al risarcimento di un'autonoma voce di danno esi

stenziale, assumendo che il profilo dedotto — concernente le gravi ri percussioni della morte di una bambina, non curata adeguatamente, sulla vita privata del congiunto e sul rapporto familiare o parentale — era stato già considerato nell'ambito del risarcimento del danno biolo gico e del danno morale subiettivo.

Nel senso che, alla luce della nuova nozione di danno biologico contenuta nel codice delle assicurazioni private, qualora il danno esi stenziale venisse risarcito autonomamente, si avrebbe una duplicazione del danno biologico, v. Trib. Trieste 27 agosto 2007, Resp. civ., 2008, 2102, con nota di I. Palmigiani, Danno esistenziale e danno biologico: questo e quello per me pari (non) sono.

Tra i contributi più recenti in argomento, v. F.D. Busnelli, Il danno alla persona: un dialogo incompiuto tra giudici e legislatori, in Danno e resp., 2008, 609; M. Barcellona, Il danno non patrimoniale, Milano, 2008; R. Scognamiglio, Danni alla persona e danno morale, in Riv. dir. privato, 2008, 463; M. Paradiso, «Danno esistenziale» e «danni non patrimoniali» tra ingiustizia del danno e abrogazione di fatto del l'art. 2059 c.c., in Danno e resp., 2008, 943. e II danno esistenziale, in I danni: verso quali prospettive? a cura di A. Cariola-A. Corsaro-G. D'Allura-F. Florio, Torino, 2008, 17 ss.; P. Ziviz, Il danno esisten ziale, in AA.VV., La prova e il quantum nel risarcimento del danno non patrimoniale: danno biologico, esistenziale e morale, Torino, 2008, I, 67 ss.; V. Zappia, Danno esistenziale ed equazione Liberati, ibid., 191 ss.; A. Bianchi, Necessità di un approccio razionale all'ac certamento de! danno esistenziale, ibid., 297 ss.; P. Gianni, Risarci mento del danno non patrimoniale alla persona, in Civilista, 2008, fase. 4, 40; A. Benigni, Il risarcimento del danno, in D. Bellantoni-A. Benigni, Lesione dei diritti della persona: tutela penale, tutela civile, risarcimento del danno, Padova, 2007, 2a ed., 385 ss.; M. Feola-A. Procida Mirabelli di Lauro, Il nuovo danno non patrimoniale, in Danno e resp., 2007, 841; G. Ponzanelli, La lettura costituzionale del l'art. 2059: il significato e i problemi, in Nuova giur. civ., 2007, II, 247; C. Scognamiglio, Danno morale e funzione deterrente della re sponsabilità civile, in Resp. civ., 2007, 2485; P. Morozzo della Rocca, La tela di Penelope del danno non patrimoniale: aspettando il ritorno delle sezioni unite?, in Corriere giur., 2007, 1174; G. Nappi, Il danno esistenziale, in Giust. civ., 2007, II, 445; P. Donadoni, Danno esisten ziale temporaneo: qualche punto interrogativo su alcune recenti deci sioni, in Resp. civ., 2007, 1477; F. Garuti, Il danno esistenziale, tra valori costituzionali e tifosi delusi, in Riv. it. medicina legale, 2007, 307; G. Gliatta, Il danno esistenziale: origini, funzione, voci contrarie

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Con citazione, Grego Mario, Fioravanti Stefania e Grego Massimiliano, rispettivamente ge nitori e fratello di Grego Luca, convenivano davanti al Tribu nale di Roma Zaino Enzo, Mazzoli Rosangela e Zaino Monica, quali eredi di Zaino Marco, e la Nuova Tirrena s.p.a., per sen tirli condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti all'incidente stradale avvenuto il 19 agosto 1997, che aveva causato la morte di Grego Luca, tra

e recenti riconferme, in La responsabilità civile, 2007, 461; M. Sella, Danno esistenziale: la scienza raccoglie la sfida, in Giur. merito, 2007, 1202; AA.VV., Il danno alla persona diretto da P. Cendon e A. Bal dassari, Bologna, 2006.

Sulla risarcibilità delle perdite non patrimoniali derivanti dall'ina dempimento di un'obbligazione contrattuale, v., da ultimo, M.R. Ma rella, Le conseguenze non patrimoniali dell'inadempimento: una tas sonomia, in Colloqui in ricordo di Michele Giorgianni, Napoli, 2008, 175; G. Vettori, Il danno non patrimoniale fra illecito e contratto, in Riv. dir. privato, 2007, 235.

Con riferimento alle lesioni riguardanti la persona, cagionate dall'il lecito dei pubblici poteri, v. E. Brandolini, Il danno esistenziale nella pubblica amministrazione, Padova, 2007; A. Liberati, Il danno esisten ziale nella giurisprudenza amministrativa, Milano, 2007.

Un'ampia rassegna della casistica sul danno esistenziale è rinvenibile in G. Cassano, La giurisprudenza del danno esistenziale. Raccolta completa delle sentenze per esteso, Padova, 2007.

(10) In tema di risarcimento del danno patrimoniale futuro, recla mato dai genitori del minore deceduto in conseguenza di un fatto ille cito, v. Cass. 28 agosto 2007, n. 18177, Foro it., Rep. 2007, voce Dan ni civili, n. 339; 14 febbraio 2007, n. 3260, ibid. n. 305; 23 febbraio 2005, n. 3766, id., 2006, I, 2463 (e Giust. civ., 2006, I, 1865, con nota di B. Farsaci, Risarcimento del danno biologico terminale e criterio equitativo di liquidazione alla luce dell'art. 138 cod. assicurazioni). [A. Palmieri]

* * *

La rifondazione del danno non patrimoniale, all'insegna della tipicità dell'interesse leso (con qualche attenuazione) e dell'unita rietà.

I. - Dalla coppia di sentenze venute alla luce nella primavera del 2003 (ad opera della terza sezione civile) (1), al quartetto odierno (pro dotto dalle sezioni unite), la recente storia del danno non patrimoniale è segnata indiscutibilmente da nascite gemellari, destinate per loro natura a suscitare clamore. La stampa quotidiana ha registrato l'evento con molta enfasi. Leggendo i titoli e scorrendo gli articoli e trafiletti dedi cati alle pronunce della Cassazione, si apprende, nella migliore delle ipotesi, che il danno esistenziale risulterebbe frenato nel suo incedere (2); per poi scoprire che verrebbe accantonato in soffitta (3) o, addirit tura, sarebbe stato cancellato d'emblée dalla prassi giuridica (4). C'è del vero in queste colorite affermazioni, se si pone mente al fatto che il Supremo collegio, in uno dei passaggi più eclatanti racchiusi nella parte della motivazione che accomuna le quattro sentenze, nega la configura bilità di un'autonoma sottocategoria denominata «danno esistenziale», da ritagliare in seno alla più generale categoria del danno non patrimo niale. Certo, le categorie giuridiche non nascono, né periscono per vo lontà del principe, e nemmeno del giudice (ancorché apicale). Fatto sta, però, che l'avversione della corte al concetto in esame è palese ed estrema, al punto che in uno dei commenti a caldo si evoca il furore iconoclasta (5). Ma non tutto si riduce all'abbattimento di quello che per un momento era sembrato l'idolo da osannare. Le sezioni unite si propongono di gettare le basi per una (l'ennesima) rifondazione del sistema risarcitorio del danno alla persona.

II. - Che l'interesse si focalizzi sul danno esistenziale non può desta re sorpresa. Si è approdati dinanzi alle sezioni unite proprio perché era stata prospettata l'esigenza di fare chiarezza su tale figura, dopo che dal 2000 in avanti, prima in forma embrionale e poi con sempre maggior convinzione, non poche sentenze di legittimità avevano ammesso la sua risarcibilità (e, tra queste, anche una resa dalle sezioni unite nel 2006, allorché ne avevano fornito una nozione analitica, in un'occasione in

(1) Cass. 31 maggio 2003, n. 8828, Foro it., 2003, I, 2272, e 31 maggio 2003, n. 8827, ibid., 2273 (entrambe con nota di richiami di L. La Battaglia, e nota di E. Navarretta, Danni non patrimoniali: il dogma infranto e il nuovo diritto vivente).

(2) Cfr. Il Sole-24 Ore del 13 novembre 2008, 35. (3) Cfr. ItaliaOggi del 13 novembre 2008, 46. (4) Cfr. la Repubblica del 13 novembre 2008, 21. (5) Cfr. il commento di P. Cendon, Ha da passò 'a mutata, in

<www.personaedanno.it>.

Il Foro Italiano — 2009.

sportato sull'auto condotta da Zaino Marco, e di quest'ultimo e di altro occupante.

I convenuti resistevano. Chiedevano la riunione del giudizio a quello instaurato davanti al Tribunale di Vigevano dagli eredi di altra trasportata. La richiesta era respinta.

II tribunale, con sentenza del 14 dicembre 2000, dichiara va l'esclusiva responsabilità di Zaino Marco e condannava la Nuova Tirrena al risarcimento dei danni, liquidati in lire

cui esse erano peraltro chiamate ad occuparsi della prova dei danni de rivanti dal demansionamento e dalla dequalificazione professionale del lavoratore (6)), mentre un altro gruppo di pronunce manifestava un'a perta ostilità, sviluppando al riguardo diverse argomentazioni (7). Non meno intenso era il dibattito che si andava sviluppando tra i cultori della tort law del bel paese, con toni sempre più accesi, al punto da do ver registrare il formarsi di due opposte fazioni, capitanate da valenti accademici, che nel solco della tradizione guelfo-ghibellina, battaglia vano nei convegni e sulle pagine delle riviste giuridiche. Nel frattempo, la creazione dottrinaria autoctona attirava l'attenzione di alcuni studiosi

dell'area sudamericana i quali, operando in contesti dove negli ultimi anni si va alla ricerca di soluzioni utili a rinnovare il derecho de danos, hanno guardato con interesse al danno esistenziale (8). Se ne fa men zione, discorrendo del surgimento de novedosas categorias, anche in una recente pronuncia con cui la Corte Suprema de Justicia colombiana ha ammesso il risarcimento del dano a la vida de relación (9). Di là dalle suggestioni proprie di una nozione che si fa portatrice di riferi menti letterario-filosofici, e forse anche per ciò in grado di oltrepassare i confini nazionali, restava il fatto che i verdetti dell'ultimo biennio offrivano indicazioni contraddittorie; veniva a mancare, dunque, un ruolo di guida per la prassi, con gli operatori che sovente guardavano a un solo frammento del complesso mosaico.

III. - In presenza di un «irredimibile contrasto di giurispruden za» (10), la terza sezione civile si convinceva che era ormai tempo di bussare ancora una volta all'inscio delle sezioni unite (11), questa volta affrontando di petto la questione più scottante (12). Ne sortiva l'inusi tata articolazione di una raffica di quesiti, che spaziavano anche oltre i contorni del danno esistenziale.

Gli interrogativi veri e propri ammontavano ad otto. Di questi, ben sei invitavano per l'appunto a ricostruire la fisionomia del danno esi stenziale, ammesso che avesse senso discorrerne, ovverosia in caso di superamento del primo e fondamentale test preselettivo così impostato. II lotto era completato da un cenno alla controversa figura del danno tanatologico e dal quesito di ordine sistematico sul ruolo della tipicità nell'area del danno non patrimoniale. Seguivano poi nove affermazioni riguardanti vari aspetti, più o meno problematici, dell'illecito aquiliano, con l'esortazione a suffragarle o a rivederle.

Orbene, al vaglio delle sezioni unite, la domanda preliminare si è rivelata un'asperità insormontabile. In senso tecnico, la pletora di que siti riceve infatti una ed una sola risposta: non c'è posto per il danno esistenziale. Sennonché, nel sentiero logico percorso per arrivare a tale conclusione, la corte non si esime dal prendere posizioni su talune delle molteplici questioni evocate dal provvedimento di rimessione. Allo

(6) Cass., sez. un., 24 marzo 2006, n. 6572, Foro it., 2006, I, 1344, con nota di richiami di A.M. Perrino; annotata da P. Cendon, Voci lontane, sempre presenti sul danno esistenziale, ibid., 2334; G. Ponza nelli, La prova del danno non patrimoniale e i confini tra danno esi stenziale e danno non patrimoniale, ibid., 2337.

(7) Le diverse posizioni sono passate in rassegna nella relazione predisposta dall'ufficio del massimario e del ruolo, del 20 maggio 2008, n. 61, redatta da M. Rossetti (cfr. par. 5 e 6).

(8) Cfr. J.M. Galdós, iHay dano biològico en el Derecho argenti no?, in SJA, 28/6/2006; J.D. Mendeliwicz, El dano existencial: alcan ces de la doctrina y jurisprudencia italiana, in L.L. Supl. Act., 30.9.04; C. Fernandez Sessarego, Deslinde conceptual entre 'dano a la perso na 'dano al proyecto de vida ' y 'dano mora! ', in Foro Juridico, Uni versidad Católica del Perù, Lima, julio de 2003; L. Leon, El dano exi stencial: lUn aporte valioso o solamente el ùltimo grito de la moda italiana en el campo de la responsabilidad civil?, in Ius et Veritas, n. 22, Lima, 2001.

(9) Così la decisione resa dalla Sala de Casación Civile in data 13 maggio 2008, est. Valencia Copete, che può leggersi all'indirizzo URL <www.lealecheverryabogados.com/docs/sentencia.pdf>.

(10) Contrasto ravvisato anche dal procuratore generale, nel mo mento in cui rassegnava le proprie conclusioni nell'udienza di discus sone dinanzi alla terza sezione.

(11) Il nuovo intervento delle sezioni unite, affinché vi fosse una «maggiore sicurezza per il futuro» era stato auspicato da P. Morozzo della Rocca, La tela di Penelope del danno non patrimoniale: aspet tando il ritorno delle sezioni unite?, in Corriere giur., 2007, 1174.

(12) Cfr. Cass., ord. 25 febbraio 2008, n. 4712, Foro it., 2008, I, 1447, con nota di richiami di A. Diana e osservazioni di A. Palmieri.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

271.932.800 per Grego Mario, lire 260.805.000 per Fioravanti Stefania, lire 92.747.000 per Grego Massimiliano. Appellavano gli attori, chiedendo che i danni fossero liquidati

in misura più elevata. La Nuova Tirrena chiedeva la conferma della sentenza impu

gnata e, in ogni caso, il contenimento dei danni entro il limite del massimale.

La Corte d'appello di Roma, con sentenza del 7 maggio 2003, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava la

stesso modo, altre riemergono allorquando la corte, dopo aver esplici tato il suo brusco nein, sente il bisogno di aggiungere ulteriori precisa zioni a complemento del sistema delineato.

IV. - Fatto sta che, nel mentre motivano la loro ferma contrarietà al danno esistenziale, le sezioni unite ridisegnano, come si è anticipato, i connotati stessi del danno non patrimoniale. L'immagine complessiva che ne risulta non sconfessa evidentemente la svolta avvenuta cinque anni or sono (13). Se mai, la porta fino alle estreme conseguenze, onde sgomberare il campo da equivoci e porre un argine ad alcune disfun zioni manifestatesi nella prassi.

Dunque, punto di partenza della riflessione è il duo di sentenze del 2003 (14), cui, per riprendere le parole elogiative spese dalla Consulta poche settimane dopo, va riconosciuto «l'indubbio pregio di ricondurre a razionalità e coerenza il tormentato capitolo della tutela risarcitoria del danno alla persona» (15).

Dalle conquiste di allora non si recede. Si tratta, piuttosto, di rimette re le varie caselle al posto che compete loro. Il tutto prende le mosse dalla constatazione di un dato ovvio, ma forse talvolta accantonato. L'illecito, nei suoi elementi costitutivi, è sempre il medesimo, non im porta se da esso discendano per la vittima deminutiones di poste patri moniali, riflessi negativi su valori privi di rilevanza economica ovvero entrambe le conseguenze. La differenza va colta a livello dell'ingiusti zia del danno. Finché si tratta di reintegrare la consistenza patrimoniale del danneggiato, è sufficiente accertare l'avvenuta lesione di un qualsi voglia interesse rilevante per l'ordinamento giuridico, a prescindere dalla sua qualificazione formale. Quando si passa a considerare il dan no non patrimoniale, impera per contro il principio della tipicità, arti colato in una pluralità di criteri. La prima cernita avviene tra gli inte ressi meritevoli: aprono senz'altro le porte al risarcimento quelli che sono presidiati da norme costituzionali volte a proteggere diritti invio labili della persona (16); rispetto a questo parametro, il legislatore ordi

ti 3) Del resto, tra i nove componenti del consesso figurano entrambi i magistrati che avevano redatto le motivazioni delle sent. 8827/03 (Al fonso Amatucci) e 8828/03 (Roberto Preden) e uno di essi coincide proprio con l'estensore dell'odierna pronuncia; inoltre, le sezioni unite sono presiedute dal giudice (Vincenzo Carbone) che svolgeva analoga funzione nei collegi della terza sezione che avevano deliberato le citate sentenze nel 2003.

(14) Nella motivazione, le sentenze sono citate in coppia per ben dieci volte.

(15) Cfr. Corte cost. 11 luglio 2003, n. 233, Foro it., 2003, I, 2201, con nota di E. Navarretta, La Corte costituzionale e il danno alla per sona «in fieri», che ebbe a dichiarare l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2059 c.c., nella parte in cui esclude rebbe la risarcibilità del danno non patrimoniale allorché la responsabi lità dell'autore del fatto, corrispondente ad una fattispecie astratta di reato, venga affermata in base ad una presunzione di legge (proprio perché l'art. 2059 c.c. doveva invece essere interpretato nel senso che il danno non patrimoniale è risarcibile anche nell'ipotesi in cui, in sede civile, la colpa dell'autore del fatto risulti da una presunzione di legge).

Da notare che la Corte costituzionale leggeva le sent. 8827/03 e 8828/03 come se le stesse accreditassero una tripartizione del danno non patrimoniale (in motivazione, infatti, la Consulta si esprimeva così: «viene, infatti, prospettata, con ricchezza di argomentazioni — nel quadro di un sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale — un'interpretazione costituzionalmente orientata del l'art. 2059 c.c., tesa a ricomprendere nell'astratta previsione della nor ma ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona: e dunque sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d'animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell'interesse, costituzionalmente garantito, all'integrità psichica e fisica della perso na, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.); sia infine il danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esisten ziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona»),

(16) Osserva F.D. Busnelli, Il danno alia persona: un dialogo in compiuto tra giudici e legislatori, in Danno e resp., 2008, 611, che «se si abbandona lo stretto riferimento costituzionale ai principi ed ai diritti fondamentali, asseverato da un'incontestabile gravità della lesione, si rischia di favorire una incontenibile slippery slope».

Il Foro Italiano — 2009.

Nuova Tirrena al pagamento in favore degli attori dell'ulteriore somma di euro 5.000, da suddividere in proporzione delle quote di legge, a titolo di danno morale e danno biologico sofferti da Grego Luca.

Avverso la sentenza gli originari attori hanno proposto ricor so, articolato in sei motivi.

Ha resistito la Nuova Tirrena, con controricorso recante ricor so incidentale condizionato.

All'udienza del 19 dicembre 2007, la terza sezione, rilevato

nario può intervenire per ribadire la rilevanza di interessi inclusi nel catalogo (17) ovvero per ampliarlo. Ulteriore tecnica di selezione è quella che guarda al fatto generatore del pregiudizio: qui tocca al legis latore individuarne alcuni, la cui ricorrenza legittima la concessione di una somma alla vittima. Cosa che, nel vigente sistema, si verifica fon damentalmente per i fatti che, oltre a dar luogo a responsabilità civile, sono astrattamente previsti come reati. Quando viene chiamato in causa tale criterio, torna in auge la versione più ampia del concetto d'ingiu stizia del danno. In altri termini, la pretesa tipicità risulta alquanto atte nuata, riducendosi all'individuazione dei criteri di massima. Alle spalle dei quali, nonostante le proclamazioni di principio, si scorgono le trac ce della negletta atipicità .. .

V. - Una volta appurata la sussistenza di un vulnus tipizzato, non è dato riscontrare situazioni in cui segue de plano il risarcimento. Ban dite formule quali danno in re ipsa (18) o danno-evento, si introduce una scansione assai netta tra la lesione dell'interesse protetto e i pre giudizi sofferti. Gli interessi lesi possono essere molteplici; lo stesso dicasi per i pregiudizi. Ciò non toglie, ad avviso del Supremo collegio, che la categoria del danno non patrimoniale resti compatta, non avver tendosi il bisogno di operare partizioni di sorta. Si giunge così al fatidi co game over per il danno esistenziale (ma anche per il danno biologico e per lo stesso danno morale, almeno nella loro veste di categorie auto nome). La dimensione esistenziale viene tuttavia recuperata sul piano del pregiudizio. Vale a dire che, quante volte sia varcata la soglia che dà accesso al risarcimento del danno non patrimoniale unitariamente inteso, tutti i pregiudizi conseguenti alla lesione inferta vanno presi in considerazione nel loro insieme ai fini del ristoro (19), ivi compresi quelli espressamente etichettati come «esistenziali» (20).

Per tenere insieme tutti i pezzi del discorso, le sezioni unite non sconfessano il loro arresto del 2006 in cui sembravano dare ormai per scontata la configurabilità del danno esistenziale, ma lo rileggono in una diversa luce. Si tratterebbe cioè di un'ipotesi in cui il risarcimento del danno non patrimoniale è legato ad una previsione legislativa det tata a presidio della personalità morale del lavoratore dipendente nel l'ambito del rapporto negoziale con il datore di lavoro, a propria volta corroborata da una serie di disposizioni della Costituzione. Soltanto che, invece di considerare l'ipotesi contemplata dall'art. 2087 c.c. alla stregua di un'eccezione nel campo della responsabilità contrattuale (21), viene consacrata la regola della risarcibilità del danno non patri moniale conseguente all'inadempimento di un'obbligazione contrat tuale, in tutti casi in cui tale inadempimento provochi la menomazione di un diritto inviolabile del creditore.

(17) Oltre alle misure normative ricordate in motivazione, si pensi alla fattispecie di discriminazioni operate in pregiudizio delle persone con disabilità, per cui si è espressamente attribuito al giudice il potere di liquidare, su richiesta della parte lesa, il risarcimento del danno, an che non patrimoniale (cfr. art. 3, 3° comma, 1. 1° marzo 2006 n. 67: per un'ipotesi applicativa, v. Trib. Catania, ord. 11 gennaio 2008, Foro it., 2008, I, 1687, concernente la presenza di barriere architettoniche in un edificio scolastico).

(18) Formula ancora utilizzata da Cass. 13 marzo 2007, n. 5844, Fo ro it., 2008, I, 241, con nota di A. Palmieri, Immissioni intollerabili, danni non patrimoniali (in assenza di lesioni medicalmente accertabili) e automatismi risarcitori, per sancire la risarcibilità del pregiudizio non patrimoniale risentito da chi subiva immissioni intollerabili, anche in assenza di lesioni medicalmente accertabili.

(19) Secondo G. Ponzanelli, La lettura costituzionale dell'art. 2059: il significato e i problemi, in Nuova giur. civ., 2007, 11, 253, tut tavia, «al di là del danno biologico che presenta una specifica connota zione, non esiste [...] una diversità tra le supposte diverse singole voci di danno non patrimoniale».

(20) Ricordano M. Feola-A. Procida Mirabelli di Lauro, Il nuovo danno non patrimoniale, in Danno e resp., 2007, 856, che, «a parte [le] poco rilevanti questioni semantiche, ciò che realmente conta è che cia scuna 'voce' del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale sia individualmente valutata e liquidata».

(21) Come mostrava di credere ancora Cass. 9 novembre 2006, n. 23918, Foro it., 2007, I, 71, con nota di richiami di A. Lanotte e os servazioni di A. Palmieri, dove si parlava di una tendenziale preclusio ne del risarcimento del danno non patrimoniale con riferimento al cam po della responsabilità contrattuale.

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PARTE PRIMA

che il ricorso investe questione di particolare importanza, in re lazione al c.d. danno esistenziale, ha rimesso la causa al primo presidente per l'eventuale assegnazione alle sezioni unite, in base alle considerazioni svolte con l'ordinanza resa nel ricorso

10517/04, trattato nella medesima udienza, che ha assunto il 4712/08 {Foro it., 2008,1, 1447).

Il primo presidente ha disposto l'assegnazione del ricorso alle sezioni unite.

Motivi della decisione. — A) Esame della questione di parti

vi. - La ricostruzione del danno non patrimoniale, pur permeata da alcune venature di dogmatismo, è apprezzabile nella misura in cui tenta di mettere ordine in un campo dove una crescita tumultuosa (in pochi anni, per l'interazione congiunta dei diversi formanti, si è passati dalla pressoché solitaria valvola di sfogo, costituita dall'art. 185 c.p., ad un panorama di respiro ben più ampio (22)) rischiava di creare un gine praio inestricabile. Ancorché l'omessa risposta ai singoli quesiti arti colati dalla terza sezione non ci ponga sotto gli occhi una sorta di codi ce in miniatura del danno non patrimoniale, non può dirsi che manchi no alcune linee-guida che si prestano a chiosare, a ino' di officiai com ments,, lo scarno disposto dell'art. 2059 c.c. Nondimeno, la svolta non è priva di asperità che presumibilmente si materializzeranno nella fase di gestione.

Le quattro sentenze dell'autunno 2008 delineano un danno non pa trimoniale fondato sul concetto della tipicità; propongono altresì un modello di liquidazione unitaria, ritagliata sulle peculiarità del caso concreto e improntata al canone secondo cui le minimae iniuriae vanno tollerate da chi le subisce.

Sennonché, già con riferimento all'idea-cardine, la linearità s'incrina a fronte della tipicità sui generis che si registra in presenza di fatti cri minosi. Uno sconvolgimento della quotidianità, quantunque difetti l'of fesa a un diritto inviolabile, finisce con l'essere monetizzato, se il suo sorgere è per avventura legato alla commissione di un reato che pregiu dichi (eventualmente assieme ad altri beni giuridici) gli interessi del singolo (23). Inoltre, la stessa tipicità ancorata al catalogo dei valori costituzionali non rappresenta necessariamente un argine invalicabile, in ragione dell'ampiezza dei diritti riconosciuti all'individuo dalla no stra Carta fondamentale e soprattutto alla luce della clausola generalis sima secondo cui la repubblica riconosce e garantisce i diritti inviola bili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Con il che si potrebbe riaprire nuovamente il registro (24).

Per far sì che le indicazioni fornite non rimangano lettera morta, le sezioni unite lanciano un monito ai giudici inferiori. In particolare, sottolineano la stretta vincolatività del modello proposto anche nella cause che il giudice di pace decide secondo equità. Con lo sguardo ri volto al passato — vale a dire alle sentenze rese secondo equità pubbli cate fino al 2 marzo 2006 (25), impugnabili solo con ricorso per cassa zione tramite il quale poteva essere tra l'altro denunciata la violazione dei principi informatori della materia (26) — la corte puntualizza che le

(22) Al punto che D. Messinetti, Pluralismo di modelli risarcitori. Il criterio di ingiustizia «tradito», in Riv. critica dir. privato, 2007, 567, ritiene che la giurisprudenza abbia ormai enucleato il «principio della generale risarcibilità dei danni non patrimoniali».

(23) Si pensi al caso vagliato da Cass., sez. un., 21 febbraio 2002, n. 2515, Foro it., 2002, I, 999, con osservazioni di A. Palmieri, relativa mente alla situazione di quanti, a seguito della compromissione del l'ambiente a causa di disastro colposo (nella specie, si trattava della fuoriuscita dalla nube tossica di Seveso), si trovino in una particolare situazione con tale ambiente e provino in concreto di avere subito un turbamento psichico di natura transitoria a causa dell'esposizione a so stanze inquinanti ed alle conseguenti limitazioni del normale svolgi mento della loro vita. Sempre con riferimento alla stessa vicenda, nella giurisprudenza di merito, si è ritenuto che la prova di siffatto turba mento può essere data per via di presunzioni o ricorrendo a fatti notori (cfr. App. Milano 10 dicembre 2005, id., 2006, 1, 1924, e Nuova giur. civ., 2006, 1, 917, con nota di S. Cacace, Seveso, atto ennesimo: sì al danno morale «presunto» seppur in assenza di lesioni alla salute, ove si muoveva dal dato di fatto che i residenti nelle zone circostanti lo sta bilimento da cui era fuoriuscita la nube tossica erano stati sottoposti per un lungo periodo di tempo a continui controlli sanitari ed a gravose prescrizioni di comportamento, per desumere che in ciascuno di essi si era determinato uno stato di preoccupazione per la propria salute e, quindi, di turbamento, tensione ed ansia).

(24) Si chiede, infatti, C.M. Bianca {Il sistema dei danni, in I danni: verso quali prospettive? a cura di A. Cariola-A. Corsaro-G. D'Allu ra-F. Florio, Torino, 2008, 15) «se il degrado alla qualità della vita non integri esso stesso la lesione di un bene essenziale della persona».

(25) Cfr. Trib. Napoli 21 settembre 2007, Foro it., 2008, I, 993. (26) A seguito della parziale declaratoria d'illegittimità costituzio

nale dell'art. 113 c.p.c.: cfr. Corte cost. 6 luglio 2004, n. 206, Foro it.,

Il Foro Italiano — 2009.

colare importanza. 1. - L'ordinanza di rimessione 4712/08, cit. — relativa al ricorso n. 10517/04, alla quale integralmente rin via l'ordinanza della terza sezione che eguale questione ha rite nuto sussistere nel ricorso in esame — rileva che negli ultimi anni si sono formati in tema di danno non patrimoniale due contrapposti orientamenti giurisprudenziali, l'uno favorevole alla configurabilità, come autonoma categoria, del danno esi stenziale — inteso, secondo una tesi dottrinale che ha avuto se guito nella giurisprudenza, come pregiudizio non patrimoniale,

condizioni di risarcibilità del danno non patrimoniale assurgono a prin cipi informatori della materia risarcitoria. Dunque, non dovrebbero più registrarsi episodi come quello in cui i giudici della legittimità si sono astenuti dal sindacare la regola equitativa secondo la quale il danno ingiusto subito da un telespettatore, nei cui confronti era stato ripetuta mente inviato, in occasione di una trasmissione televisiva, un messag gio pubblicitario in contrasto con la normativa vigente, può essere indi viduato nella fattispecie dello stress emotivo e nervoso cagionato da tale messaggio (27). Analogo discorso dovrebbe a maggior ragione va lere nel regime impugnatorio attualmente vigente, che prevede l'ap pellabilità delle sentenze del giudice di pace pronunziate secondo equità, a norma dell'art. 113, 2° comma, c.p.c., anche per la violazione dei principi regolatori della materia (28). Le sezioni unite sembrano consapevoli del fatto che il danno da disappunto et similia sono stati sovente utilizzati da una parte dei giudici onorari, i quali si sono mossi con una certa disinvoltura nei margini di manovra loro concessi dal giudizio di equità necessaria (29), accogliendo richieste di risarcimento di dubbia consistenza senza darsi troppa cura di scrutinare la natura dell'interesse leso (30). Non è detto che questo modus operandi si dis solva di colpo. Qualche resistenza nella prassi è invero ipotizzabile. Tuttavia, sempre che i convenuti, malgrado il carattere bagatellare della lite, siano disposti a difendere le loro ragioni sino all'ultimo grado di giudizio, la fermezza della Cassazione nel mantenere la linea di con dotta preannunciata dovrebbe mettere fine, in breve tempo, al florilegio di lievi fastidi e di piccole idiosincrasie che oggi traspare dai repertori di giurisprudenza.

Alessandro Palmieri

2007, I, 1365, con nota di P.C. Ruggieri, II giudizio di equità necessa rio, i principi informatori della materia e l'appello avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace a norma dell'art. 113, 2° comma, c.p.c.

(27) Cfr. Cass. 29 agosto 2008, n. 21934, pres. Prestipino, rei. Men sitieri, p.m. Nardi (conci, diff.), Foro it., Mass., 1240.

(28) Così l'art. 339, 3° comma, c.p.c., nel testo sostituito dall'art. 1 d.leg. 2 febbraio 2006 n. 40; in argomento, cfr. F. Carbonara, Regime di impugnazione delle sentenze rese dal giudice di pace secondo equità necessaria alla luce del novellato art. 339, 3° comma, c.p.c. (in parti colare: la violazione del precedente giudicato), in Giur. it., 2007, 509; R. Martino, L'appello avverso le sentenze d'equità del giudice di pa ce, in Giusto processo civ., 2007, 61.

(29) Che, a sua volta, incontra la ferma opposizione di una parte della dottrina processualistica: cfr. G. Verde, Contro l'equità necessa ria de! giudice di pace, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2006, 745.

(30) Il rischio che in tal modo si addivenga ad un rovesciamento della lettura costituzionale dell'art. 2059 c.c. è sottolineato da E. Na varretta. Funzioni del risarcimento e quantificazione dei danni non patrimoniali, in Resp. civ., 2008, 507, secondo la quale, «attribuendo una valenza costituzionale ai danni e, dunque, postulando con il danno esistenziale la lesione in sé di un interesse costituzionalmente protetto [.. .] si finirebbe implicitamente per abrogare lo stesso limite dell'in giustizia del danno, posto che la lesione dell'interesse risulterebbe sempre insita nel pregiudizio esistenziale».

* * *

Danno esistenziale (e sistema fragile): «die hard».

I. - Prologo. Quattro sentenze delle sezioni unite (con un corpo mo tivo unitario, alla cui paragrafazione omogenea si farà riferimento in prosieguo), evocativamente pubblicate nel giorno di San Martino — quasi a voler marcare l'inizio di una nuova stagione, perché a quella data è convenzionalmente legato l'inizio dell'annata agraria — hanno cercato di porre fine ad un confronto, che dal formante dottrinario si era spostato su quello giurisprudenziale, generando disorientamento tra gli operatori per le risposte spesso dissonanti fornite dai giudici di piazza Cavour.

Le vicende su cui s'innesta il responso delle sezioni unite apparten gono al folklore della materia. Un intervento chirurgico per ernia in guinale alla base di una progressiva atrofizzazione del testicolo sinistro,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

distinto dal danno biologico, in assenza di lesione dell'integrità psico-fisica, e dal c.d. danno morale soggettivo, in quanto non attiene alla sfera interiore del sentire, ma alla sfera del fare areddituale del soggetto — l'altro contrario.

Osserva l'ordinanza che le sentenze 8827/03 {id., 2003, I, 2273) e 8828/03 {ibid., 2272) hanno ridefìnito rispetto alle opi nioni tradizionali presupposti e contenuti del risarcimento del danno non patrimoniale. Quanto ai presupposti hanno affermato che il danno non patrimoniale è risarcibile non solo nei casi

asportato qualche tempo dopo in seguito ad inutili terapie antalgiche, e l'incidenza dell'evento sulla sfera sessuale del paziente (sent. n. 26972); la vittima (primaria) di un sinistro che agonizza per undici ore, ma rimane lucida in attesa della morte in conseguenza delle «gravissi me ferite e delle devastanti ustioni» e quelle di «rimbalzo», che recla mano il pregiudizio alle aspettative di mantenimento futuro ed al rap porto parentale (sent. n. 26973); un grappolo di pretese analoghe a quelle appena esposte da parte dei congiunti di una vittima di un sini stro stradale ed un pregiudizio esistenziale correlato all'aver dovuto vivere in condizione d'indigenza: rinunce e afflizioni per la perdita del l'unica fonte di reddito (sent. n. 26974); il pregiudizio da immissioni acustiche intollerabili liquidato in prime cure senza l'ausilio di una consulenza d'ufficio medico-legale, assumendo come in re ipsa il dan no (psichico temporaneo) in caso di perdita del riposo notturno, rivalu tato in sede d'appello, ma solo per riformare la sentenza di primo gra do, come danno esistenziale (sent. n. 26975).

Vicende tra loro diverse, ma in grado di fotografare la parabola com plessiva assunta dal danno non patrimoniale all'esito di una lenta af fermazione del danno biologico, la cui centralità in materia di danno alla persona si spiega anche in funzione del progressivo affinamento della tecnica di liquidazione. Quest'ultima, in assenza di indicazioni del legislatore, si era sviluppata secondo un ordine spontaneo di auto regolazione, con buona pace degli epigoni del positivismo giuridico.

11 successo arriso al danno biologico aveva indotto gli operatori del diritto — all'interno di un sistema dove l'argine eretto dall'art. 2059 c.c. significava sussistenza di un reato (in questa traiettoria aveva senso parlare di tipicità in materia di danno non patrimoniale, perché legata alla ricognizione di un ben preciso fatto generatore) — a ravvisare in ogni dove profili di lesione della salute, anche al cospetto di nuove ti pologie di pregiudizi. Di qui l'idea del danno esistenziale, inteso come conseguenza pregiudizievole diversa da quelle comunemente ricono sciute nelle aule di giustizia (patrimoniale, morale e biologico). Nel contempo, la progressiva affermazione dei pregiudizi esistenziali aveva cominciato a generare forme di balcanizzazione del danno biologico: affiancamento della pretesa anche in presenza di una lesione della sa lute; tendenza a portare fuori dal danno biologico componenti che nel corso degli anni erano state in questo assorbite (cfr., in tema di danno estetico, Cass. 2311/07) (1).

L'eterogeneità delle risposte a livello pretorio, all'interno della stes sa terza sezione, ha portato la questione al vaglio delle sezioni unite: e la risposta, andando ben al di là del mero componimento del contrasto, s'ingegna di ridisegnare (in una sorta di prospective overruling) l'intera materia del danno non patrimoniale. Cadono così, perché private di autonomia concettuale ed applicativa, diverse categorie di danni alla persona; e; con esse, intere biblioteche.

II. - «A volte ritornano». Poco meno di due lustri addietro, e proprio per mano dello stesso estensore, la Cassazione aveva, con la sentenza 500/SU/99 (2), definitivamente traghettato l'art. 2043 c.c. verso l'atipi cità e fatto svaporare, al suo interno, il concetto di contra ius. La lesio ne di qualunque interesse, che non fosse di mero fatto, consentiva la giustiziabilità sul piano risarcitorio. L'estensione dell'ambito di appli cazione della responsabilità civile apriva scenari virtualmente illimitati. E l'argine di contenimento fu spostato più oltre: la scomparsa della culpa in re ipsa e l'individuazione della colpa soggettiva della pubblica amministrazione.

Orbene, l'emersione del danno esistenziale si poneva già perfetta mente nella scia dell'(ormai) inarrestabile atipicità dell'illecito aquilia no e della rinnovata declinazione francese del nostro sistema. Quasi superfluo ricordare che, ancora cinque anni fa e salva qualche rara ec cezione, tutto il risarcimento del danno alla persona gravitava intorno all'art. 2043, mentre l'ambito di applicazione dell'art. 2059 era circo scritto al «morale soggettivo» da reato, ritenuto la principale, se non l'unica, previsione normativa rilevante.

Dato questo quadro di riferimento, il danno esistenziale si è posto

(1) Cass. 2 febbraio 2007, n. 2311, Foro it., 2007, I, 747, e Danno e resp., 2007, 685, con nota di G. Ponzanelli, Oltre le duplicazioni: la babele delle voci di danno non patrimoniali risarcibili.

(2) Cass., sez. un., 22 luglio 1999, n. 500/SU, Foro it., 1999, I, 2487, annotata da A. Palmieri e R. Pardolesi.

Il Foro Italiano — 2009 — 3.

espressamente previsti dalla legge, secondo la lettera dell'art. 2059 c.c., ma anche in tutti i casi in cui il fatto illecito abbia le so un interesse o un valore della persona di rilievo costituzio nale non suscettibile di valutazione economica. Quanto ai con tenuti, hanno ritenuto che il danno non patrimoniale, pur costi tuendo una categoria unitaria, può essere distinto in pregiudizi di tipo diverso: biologico, morale ed esistenziale.

A questo orientamento, prosegue l'ordinanza di rimessione, ha dato continuità la Corte costituzionale, la quale, con sentenza

come slogan, formula magica: insomma, un grimaldello per «aprire» nuovi scenari del danno risarcibile, prodotto ultimo di un movimento che, all'origine, vantava molte e buone ragioni, ma che è poi esitato in eccessi alquanto incontrollati, che hanno innescato uno sforzo coerente di contenimento.

III. - Tipicità declamata ed articolazioni espansive: il sistema fragi le. Nel tentativo di governare l'anarchia del «dopo principio», le sezio ni unite pongono oggi mano all'universo parallelo del danno non pa trimoniale e chiudono la porta: di «danno esistenziale come autonoma categoria di danno non è più dato discorrere» (§ 3.3). Beninteso, nulla di radicalmente innovativo; l'operazione riproduce la linea delle due sentenze gemelle del 2003, precisandone gli snodi. Non a caso, chiave di volta è la riproposizione (rispetto alla norma di rinvio, rappresentata dall'art. 2059) della traiettoria dell'art. 2043, con particolare riguardo all'ingiustizia del danno come criterio di selezione degli interessi; che, nella circostanza, si vuole sia connotata dalla tipicità. Ossia, i casi pre visti dalla legge e i «diritti costituzionali inviolabili», presidiati dalla minima tutela risarcitoria (§ 2.12).

Più in dettaglio. L'esordio della motivazione non brilla per nitidezza, perché, nel tentativo di perimetrare il campo d'indagine, muove da una premessa discutibile, ossia che il territorio del danno non patrimoniale sia quello della lesione di «interessi inerenti la persona privi di rilevan za economica» (§ 2.3). L'assunto non è condivisibile [ed è in aperta contraddizione con quanto affermato più in là (§ 4.2) a proposito del l'inclusione del danno non patrimoniale in caso d'inadempimento del contratto], posto che, senza neppure appellarsi alla capacità degli eco nomisti di estendere la loro indagine a profili personali all'apparenza estranei al problema della combinazione di risorse ed efficienza alloca tiva, pare difficile sostenere che dalla lesione di un interesse di caratte re personale derivino solo conseguenze di natura non patrimoniale. C'è qualcuno in grado di ritenere che la perdita della funzionalità di un arto generi solo conseguenze non patrimoniali, anche se la vittima non fa il centravanti di una squadra di calcio?

Le sezioni unite, come anticipato, rimarcano l'unitarietà del sistema della responsabilità: l'art. 2059 non delinea una distinta fattispecie di illecito produttivo di danno non patrimoniale (§ 2.3), ma presuppone la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi delineati dall'art. 2043 (o dal complesso normativo, ivi comprese le regole di responsabilità oggetti va). il sistema si ricompatta nella piena consacrazione della bipolarità del danno (§ 2.8), l'uno atipico (quello patrimoniale), l'altro tipico (quello non patrimoniale). In realtà, l'alternativa non può riguardare il danno, inteso come pregiudizio, ma la predeterminazione, o no, del ca talogo degli interessi ammessi a tutela (pena lo scivolamento dal piano dell'evento a quello delle conseguenze, che è proprio l'addebito mosso agli esistenzialisti: § 3.6). Predeterminazione cui si legano le sorti del contra ius: sul segmento dell'ingiustizia s'innesta il proprium dell'art. 2059, che è norma di rinvio ai casi previsti dalla legge ovvero ai diritti costituzionali inviolabili, presidiati dalla tutela minima risarcitoria. La cifra delle odierne sentenze è data, dunque, dalla centralità attribuita al meccanismo di selezione degli interessi ammessi alla tutela risarcitoria, organizzato su due distinti livelli: il reato e gli altri casi previsti dalla legge (normalmente relativi ad interessi della persona di rango costitu zionale); la lesione dei diritti inviolabili della persona previsti dalla Co stituzione.

Prende così corpo uno sforzo concettuale ambizioso; esposto, tutta via, al rischio di fallimento, per la presenza strisciante di molte ragioni di ambiguità.

Innanzi tutto, la pretesa tipicità è di primo livello. Le due voci su citate si aprono in orizzontale, recuperando, ognuna per la sua parte, spazi ragguardevoli di flessibilità espansiva. Il reato innesca la risarci bilità del danno non patrimoniale «nella sua più ampia accezione di danno determinato dalla lesione di interessi della persona non connotati da rilevanza economica», anche se non presidiati da diritti costituzio nalmente inviolabili, perché (o purché?) meritevoli di tutela in base alla scelta operata dal legislatore (§ 2.10). Per tutta conseguenza, il risarci mento non è in funzione del rango, ma della rilevanza attribuita dal le gislatore penale, che «costituisce sicuro indice della rilevanza dell'inte resse» (§ 3.4.1). Col che, però, il discorso scivola nella circolarità. In fatti, a meno che non si voglia riportare in luce l'idea della coincidenza tra offesa (criminale) e danno civile alla base del danno-evento, il reato non seleziona, di per sé, un danno ingiusto, tant'è vero che ci si deve

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PARTE PRIMA

233/03 (ibid., 2201), nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2059 c.c., ha tributato un espresso riconoscimento alla categoria del «danno esistenziale, da intendersi quale terza sottocategoria di danno non patrimo niale».

Ricorda ancora l'ordinanza di rimessione che altre decisioni

di legittimità hanno ritenuto ammissibile la configurabilità di un tertium genus di danno non patrimoniale, definito «esistenzia le»: tale danno consisterebbe in qualsiasi compromissione delle

interrogare se l'ampio (illimitato?) ventaglio di pregiudizi non materiali assurga al livello di ingiustizia, passaggio risolto col ricorso alla stessa previsione legislativa che pone il problema. Quanto dire che, in questo caso, l'ingiustizia è autoreferenziale: ogni disvalore discendente da reato è, per definizione, ingiusto.

Se, invece, si valorizza il criterio della selezione degli interessi, si scopre, con la sentenza, che i casi determinati dalla legge hanno nor malmente rilievo costituzionale (anche se il catalogo rimane aperto, § 2.14). Seguendo questa traiettoria, si sarebbe tentati di risolvere tutto nell'ampio raccoglitore dei diritti inviolabili; ma così non è, perché il reato innesca una risarcibilità illimitata, che, si vedrà, non trova riscon tro altrove.

L'altra articolazione mette capo ad un'ingiustizia costituzionalmente qualificata, fondata su un'ideale checklist di diritti fondamentali. La nuova formula sostituisce quella, troppo «porosa», impiegata dalle pro nunce del 2003 (interesse costituzionalmente protetto). Ma è pur sem pre una clausola aperta (e tale vuole essere, posto che rivendica l'aper tura dell'art. 2 Cost, ad un processo evolutivo, con l'interprete abilitato a rinvenire indici per l'ammissione di nuovi interessi di rango costitu zionale). Qui rischia, però, di riemergere l'identificazione passiva dei diritti della personalità con gli interessi a rilievo costituzionale (pardon, i diritti inviolabili), da sempre promossa dalla portata generalizzante dell'art. 2 Cost. Che cosa impedirà, allora, la riemersione del danno esistenziale?

Inoltre, chiusa la porta al danno esistenziale, si apre la finestra ai pregiudizi esistenziali, purché riconducibili sotto l'ombrello del fatto reato (§ 3.4.1), degli altri casi previsti dalla legge o dei diritti inviola bili della persona di rango costituzionale (§ 3.4.2). Per questa via riceve definitiva consacrazione il processo di equiordinazione tra legislazione e giurisdizione, nell'ambito del quale quest'ultima è chiamata ad indi viduare, anche per via interpretativa, la soluzione sul piano giuridico alle nuove esigenze di tutela nel quadro di una piena integrazione fra diritto privato e Costituzione. In altri termini, la Costituzione non opera più solo sul piano verticale nel rapporto tra individuo e autorità, ma dispiega le sue virtù direttamente sul piano dei rapporti orizzontali.

IV. - Il filtro della serietà del danno. Se, quindi, occorre muovere dal meccanismo di selezione, non è dato, però, guardare direttamente al danno-conseguenza, piuttosto che al diritto leso (o postulare il danno in re ipsa), perché così si confonde il piano del pregiudizio con quello dell'ingiustizia, con tanto di abrogazione surrettizia dell'art. 2059. Ma vien fatto di chiedersi se una siffatta linea di demarcazione abbia dav

vero capacità di tenuta. Più in chiaro: è concepibile un pregiudizio co stituzionalmente rilevante in difetto di un sotteso interesse costituzio nalmente rilevante?

Si è già detto che i pregiudizi esistenziali sono stati ammessi alla tu tela risarcitoria, sia pure come elemento connotante la sofferenza (non necessariamente transeunte) per il reato, la lesione della salute o la le sione di un diritto (inviolabile) relativo alla famiglia. Al riguardo il contrasto endosezionale poteva ritenersi risolto già a partire da Cass. 22884/07 (3). L'obiettivo, tuttavia, era quello di arginare il proliferare incontrollato di pretese impalpabili, o quasi. Un esempio per tutti: è ipotizzabile un danno da disappunto?

Il disappunto è disvalore, talora idiosincratico (l'oggetto fuori posto, per il maniaco dell'ordine), talaltra largamente condiviso (passeggeri furiosi di un Eurostar fermo in mezzo alla campagna, senza che nessun capotreno spieghi che cosa sta succedendo). Il disvalore è un pregiudi zio, e la responsabilità s'ispira al principio della compensazione inte grale del danno. Date queste premesse, il disappunto che derivi da ille cito va risarcito? anche se idiosincratico o (solo) se condiviso? In fon do, il danno da disappunto è metafora del danno (micro-)esistenziale: la frontiera più arroventata della guerra guerreggiata in atto da anni.

Le sezioni unite non tentennano. «Palesemente non meritevoli della

tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiu dizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo d'insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quoti

(3) Cass. 30 ottobre 2007, n. 22884, Foro it., 2007, I, 3379, e Resp. civ., 2008, 80, annotata da P. Ziviz, Danno esistenziale: solo il tuo no me è mio nemico.

Il Foro Italiano — 2009.

attività realizzatrici della persona umana (quali la lesione della serenità familiare o del godimento di un ambiente salubre), e si distinguerebbe sia dal danno biologico, perché non presuppone l'esistenza di una lesione in corpore, sia da quello morale, per ché non costituirebbe un mero patema d'animo interiore di tipo soggettivo. Tra le decisioni rilevanti in tal senso l'ordinanza menziona le sentenze di questa corte 7713/00 {id., 2001,1, 187); 9009/01 (id., Rep. 2001, voce Lavoro (rapporto), n. 1048); 6732/05 (id., Rep. 2005, voce Danni civili, n. 229); 13546/06

diana che ciascuno conduce nel contesto sociale, ai quali ha prestato invece tutela la giustizia di prossimità» (§ 3.9). Per la corte, disagi, di sappunto e dintorni sono espressione di diritti immaginari, primo fra tutti quello alla felicità, non risarcibili. Nemmeno lo sono i danni ba gatellari, futili, irrisori, insignificanti, irrilevanti (quando, pur essendo oggettivamente seri, non raggiungono la soglia della rilevanza secondo la coscienza sociale, § 3.10). Ecco allora profilarsi la nuova e conclusi va tecnica di selezione: «La gravità dell'offesa costituisce requisito ulteriore per l'ammissione a risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviolabili» (§ 3.11). Sommando le due voci (gravità della lesione, serietà del dan no), si punta risolutamente a sbarrare la strada al «danno poco serio» (proprio così, il termine «serietà» diventa ambiguamente riassuntivo di tutte e due le categorie dianzi citate).

Sennonché, la somma non tiene. La serietà della lesione attiene al l'ingiustizia [«è allegato un pregiudizio esistenziale futile, non serio (non poter più urlare allo stadio, fumare o bere alcolici)», § 3.10]; la (poca) gravità al danno-conseguenza («è l'offesa arrecata che è priva di gravità, per non essere stato inciso il diritto oltre la soglia minima», § 3.10). Il discorso, fin qui rigidamente mantenuto nei binari della lesione dell'interesse tutelato dal sistema secondo la descritta tassonomia, sci vola — complice la nozione di gravità della lesione — verso il piano del pregiudizio, stabilendo una soglia di tollerabilità oltre la quale non scatta la tutela risarcitoria. Ma così si fa proprio quello che si era di chiarato inammissibile e metodologicamente scorretto (§ 3.6).

Per altro verso, la pretesa di eccettuare i pregiudizi non gravi implica che i diritti costituzionalmente inviolabili possano essere impunemente violati, se il pregiudizio è contenuto (e nonostante l'ingiustizia della lesione). Insomma, si apre la strada all'ammissibilità della violazione di un diritto inviolabile (mentre, come si è visto nel caso di reato, qual siasi pregiudizio, ancorché poco consistente, è ammesso a risarcimento in quanto derivi da reato: lo sbandamento è plateale).

A conti fatti, nell'escogitare l'endiadi serietà-gravità, la corte vor rebbe valersi della (poca) gravità del danno (conseguenza) e della sua futilità per affermare il bilanciamento tra principio di solidarietà e do vere di tolleranza ex art. 2 Cost. La formula, a prima lettura, affascina, non foss'altro perché riporta a tecniche familiari (in tema di immissio ni, se non si supera la soglia della normale tollerabilità, non c'è danno): il disappunto sarà pure sgradevole, se non addirittura urticante, ma non approda alla soglia del danno. Solo che qui non siamo alle prese con usi incompatibili di proprietà vicine (al più l'evocazione potrebbe riguar dare la sola sent. 26975/08) e, quindi, con diritti che si contrappongono e limitano nel segno della reciprocità. C'è, piuttosto, l'invasione illecita dell'altrui sfera giuridica. E non è ben chiaro perché, quando questa determini un pregiudizio economico di poco conto, non ci sia argine alla pretesa di ristoro, che spunta invece inopinatamente quando si lede un diritto costituzionalmente inviolabile . ..

La traiettoria appena segnata, forse, potrebbe essere razionalizzata altrimenti. In sintesi. Agli occhi (incerti) della corte, in materia di dan no non patrimoniale, la tendenza della responsabilità civile alla com pensazione integrale incontra il limite della consistenza minima del pregiudizio (quanto dire che la seconda voce cannibalizzerebbe la pri ma, quella relativa alla futilità o poca serietà). Quando, cioè, i costi ter ziari (da amministrazione della giustizia) sopravanzano i vantaggi deri vanti dalla compressione dei costi primari (intesi come somma algebri ca tra danno atteso e costi di prevenzione) e dei costi secondari (deri vanti dall'esposizione ad un rischio che non si è scelto di sopportare), la responsabilità civile non è più utile. Detto diversamente, il risarci mento di danni non «gravi», ammesso che possano ravvisarsi i profili del non iure e del nesso di causa, è in grado di rispondere solo ad una delle funzioni della responsabilità civile, ossia la compensazione, men tre nulla di utile verrebbe sul versante della deterrenza [aspetto ripor tato in luce pochi mesi prima dalle sezioni unite (sentenza 19499/08 (4)) in modo del tutto inatteso in materia di responsabilità contrattuale], posto che l'impossibile predicibilità dei disappunti quotidiani rischia solo di generare un effetto di overdeterrence. Forse, non aver preso in

(4) Cass., sez. un., 16 luglio 2008, n. 19499, Foro it., 2008, I, 2786, annotata da Pardolesi, Debiti di valuta, «danno da svalutazione» (e il «disgorgement» che non ti aspetti).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

(id., Rep. 2006, voce cit., n. 197), 2311/07 {id., 2007, 1, 747) e soprattutto, la sentenza delle sezioni unite 6572/06 (id., 2006, I, 1344), la quale ha dato una precisa definizione del danno esi stenziale da lesione del fare areddittuale della persona, ed un'altrettanto precisa distinzione di esso dal danno morale, in quanto, al contrario di quest'ultimo, il danno esistenziale non ha natura meramente emotiva ed interiore.

L'ordinanza di rimessione osserva poi che al richiamato orientamento, favorevole alla configurabilità del danno esisten

considerazione tale profilo — che, anzi, viene negato nella parte dedi cata alla liquidazione (§ 4.10) — rende opinabile lo sforzo ricostruttivo della corte appena esposto. Senza, per questo, prestare plausibilità al l'illusione di mettere fine alle capricciose intraprese dei «giudici di prossimità».

V. - Obiter dicta? La rilettura in chiave costituzionale dell'art. 2059, come già detto, riporta il sistema della responsabilità civile nell'ambito della bipolarità tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale, al l'interno del quale non è possibile operare ulteriori sottoarticolazioni in categorie giuridiche autonome, pena il rischio di duplicazioni sul piano liquidatorio. 11 fine avuto di mira dalle sezioni unite è commendevole, ma è raggiunto tagliando trasversalmente il sistema venutosi a sedi mentare nel corso degli ultimi decenni.

È apprezzabile il fatto che la corte — abbandonando un approccio concettualistico in base al quale la realtà doveva adeguarsi alle catego rie elaborate a livello dottrinario — appunti l'attenzione sui pregiudizi allegati dalle parti. Le categorie sono strumento di lettura della realtà e non viceversa; sono pertanto destinate ad essere relegate certe perento rie affermazioni, degne di Don Ferrante, in merito all'ontologia delle voci di danno (5), sì che tutto ciò che non rientrava all'interno delle categorie date non era meritevole di tutela risarcitoria.

Chiusa la porta al danno esistenziale, si genera un effetto domino e scompaiono, se non come sintesi descrittive (§ 2.13), le categorie del danno morale, del danno biologico e del danno da perdita del rapporto parentale, sebbene resti da spiegare come possa ridursi ad un mera sin tesi lessicale un istituto variamente regolato dal legislatore ordinario. Si pensi alle nozioni di danno biologico disciplinate dall'art. 5 1. 57/01; dall'art. 13 d.p.r. 38/00; dagli artt. 138 e 139 d.leg. 209/05, ricalcando appieno quella formatasi nel dialogo produttivo tra i formanti della dottrina e della giurisprudenza.

In particolare, l'art. 138, 3° comma, d.leg. 209/05, in materia di dan no biologico relativo alle lesioni di non lieve entità, prevede la possibi lità di incrementare il valore del punto fino al trenta per cento, quando la menomazione accertata incide in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali. In questi casi, tuttavia, quando la sofferenza soggettiva si accompagna alla lesione della salute, una volta venuta meno la possibilità del cumulo delle due voci (morale e biologico) con conseguente necessità di liquidazione in sede di perso nalizzazione del danno (pardon, pregiudizio) biologico, bisognerà chiedersi se lo sbarramento al trenta per cento operi comunque (in que sto caso si tratterebbe di una preveggenza del legislatore delegato), ov vero la stima di questo segmento possa essere effettuata dal giudice in modo indipendente. Ma, poi, su cosa? sul biologico permanente o solo sul biologico temporaneo, ovvero sul coacervo (come si sarebbe tentati di fare, con saggezza gattopardesca)?

Ancora, se c'è lesione della salute, non si può liquidare in via auto noma il danno morale. Se c'è perdita di un congiunto, non si possono combinare pregiudizio morale e pregiudizio da perdita del rapporto pa rentale (sul punto le sezioni unite ricordano che le tabelle al riguardo non si occupavano della sola sofferenza soggettiva). Ma se c'è danno psichico da mancata elaborazione del lutto, dove va collocata la soffe renza? Come incremento del danno biologico/psichico, si dirà. Ma, al lora, il danno non patrimoniale da lesione degli art. 2, 29 e 30 Cost, dovrà essere liquidato al netto della sofferenza che si era già conside rata nel danno psichico?

Gli interrogativi si affollano; ma scaturiscono dal disegno di risiste mazione complessiva delle diverse poste di danno fino a ieri prospettate nelle sedi giudiziarie. Risistemazione non richiesta dalle molte questio ni poste dall'ordinanza di rimessione alle sezioni unite. Dunque, un obiter dictum. Come tale non vincolante?

VI. - Danno non patrimoniale e responsabilità contrattuale. Le se zioni unite sono state chiamate a pronunciarsi sul rapporto tra danno non patrimoniale e contratto, dove, valendo l'imperativo che relegava l'art. 2059 al solo morale soggettivo da reato, il primo non aveva citta

(5) A proposito del danno morale e della sua pretesa autonomìa on tologica, v., da ultimo, Cass. 6 giugno 2008, n. 15029, Resp. civ., 2008, 2241, annotata da D. Chindemi.

Il Foro Italiano — 2009.

ziale come categoria autonoma di danno non patrimoniale, si è contrapposto un diverso orientamento, il quale nega dignità concettuale alla nuova figura di danno.

Secondo questo diverso orientamento il danno non patrimo niale, essendo risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, tra i quali rientrano, in virtù dell'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. fornita dalle sentenze 8827/03, cit. e 8828/03, cit., i casi di lesione di valori della persona costituzio nalmente garantiti, manca del carattere dell'atipicità, che invece

dinanza, a meno che non fosse prospettabile un cumulo di azioni (se condo un'impostazione non positivizzata, ma largamente praticata a livello pretorio anche fuori dalle nostre latitudini). Nell'opera di risistemazione della materia quel cumulo dovrebbe

scomparire. Ma il cuore oltre l'ostacolo non spiana le aporie. Vediamo perché.

Il sistema, come rilevato anni addietro da dottrina assai attenta, pro duceva due affermazioni contrastanti: 1) l'illecito aquiliano è atipico; 2) il cumulo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale postula la lesione di un diritto soggettivo assoluto. Le due affermazioni, irridu cibili ad unità, si sono trascinate tralatiziamente nel tempo; servivano a tenere distinte le due forme di responsabilità, perché altrimenti ogni inadempimento avrebbe implicato responsabilità extracontrattuale. L'odierna pronuncia delle sezioni unite aspira a mettere ordine nel si stema, ma finisce per ampliarne l'ambiguità. Su una matrice francese (atipica) si re-innesta un tratto teutonico di tipicità (lesione di determi nati beni-interesse), salvo poi, secondo una tendenza ancora una volta «esagonale», negare formalmente il cumulo.

Ma qualcosa non torna nell'affermazione della piena risarcibilità del danno (da inadempimento) non patrimoniale in quanto risultante dalla lesione di un diritto inviolabile.

In campo contrattuale, si afferma oggi, è risarcibile il danno non pa trimoniale, sempre che prevedibile (6). Perché questo paletto? In campo contrattuale i limiti sono scanditi dagli art. 1322 e 1325 c.c. Qualunque interesse meritevole di tutela può trovare cittadinanza (qui la regola del contra ius se la costruiscono le parti, sub specie d'inadempimento im putabile). Verrebbe fatto di richiamare proprio la sentenza 500/SU/99, col suo insegnamento di principio: «qualunque interesse, che non sia di mero fatto, è meritevole di tutela risarcitoria». Anche se non c'è lesione di un diritto inviolabile dell'uomo, la frustrazione del contratto può trovare risposta a livello risarcitorio, tant'è che la corte ci ricorda come l'art. 1174 c.c. preveda la possibilità che l'interesse del creditore può essere di natura non patrimoniale.

L'impressione è che, nel tentativo di operare una saldatura con quanto affermato dalle stesse sezioni unite nella pronuncia 6572/06 (7), si sia declamata la scomparsa della regola del cumulo di respon sabilità, per poi riaffermarla a livello operazionale con il constraint della lesione del diritto inviolabile della persona. Dov'è la diffe renza? Il limite della prevedibilità, che dovrebbe espungere dal piano della responsabilità tutti i profili inespressi dalle parti (destinate a tradursi in pretese di tipo idiosincratico, nobilitate dal ricorso alla formula magica dell'esistenziale, rispetto alle quali non era ragione volmente — ed economicamente — possibile operare alcun investi mento in precauzione). A meno che non si ricorra a forme di inden nizzo automatico, come avviene ad esempio, a colpi di carte dei di ritti dei consumatori, nel campo delle telecomunicazioni ovvero dei trasporti. Quanto dire che il disvalore da disappunto si gestisce se guendo altre traiettorie. Ma questa è una storia diversa.

Roberto Pardolesi - Roberto Simone

(6) Non sfuggirà al lettore che proprio la normale impossibilità di predicare tale concetto rispetto alle sofferenze portava a concludere che in materia contrattuale non vi era spazio per il danno non patrimonia le/morale soggettivo.

(7) Cass. 24 marzo 2006, n. 6572, Foro it., 2006, I, 1344 e 2334, annotata da Cendon e Ponzanelli.

* * *

Sezioni unite: il «nuovo statuto» del danno non patrimoniale.

1. - Premessa: le quattro decisioni dell'I 1 novembre 2008. Le sezio ni unite riconfermano la lettura costituzionale dell'art. 2059 c.c., inau gurata dalla terza sezione della Cassazione con le decisioni del maggio 2003: ove si era permesso al danno non patrimoniale di superare i limiti del danno morale soggettivo e di ricomprendere, nel suo ambito, ogni pregiudizio non patrimoniale conseguente alla lesione di un interesse della persona avente rilievo costituzionale.

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PARTE PRIMA

caratterizza il danno patrimoniale risarcibile ai sensi dell'art. 2043 c.c. Di conseguenza non sarebbe possibile concepire cate gorie generalizzanti, come quella del danno esistenziale, che fini rebbero per privare il danno non patrimoniale del carattere della tipicità. Tra le decisioni espressione di questo orientamento l'or dinanza menziona le sentenze di questa corte 15760/06 (id., Rep. 2006, voce cit., n. 252), 23918/06 {id., 2007,1, 71), 9514/07 {id., Rep. 2007, voce cit., n. 327), 14846/07 {ibid., n. 239).

E lo fanno, scrivendo un vero e proprio manifesto, completo ed arti colato, della categoria del danno non patrimoniale. Tale scrittura era stata imposta dalle incertezze della giurisprudenza post-2003, nell'af frontare il problema dell'autonoma risarcibilità del danno esistenziale, a sua volta identificato, a torto, con il danno non patrimoniale, quale conseguenza della lesione di un rilevante interesse della persona (1).

In effetti, una volta superati i limiti del riferimento alle figure di reato, con la conseguente possibilità (recte, doverosità) del risarcimento del danno non patrimoniale anche nell'ipotesi di illecito civile sorto dalla violazione di un interesse della persona di rango costituzionale, parevano mancare le basi per sostenere ancora la risarcibilità di un pre giudizio che, per ammissione dei suoi più vivaci sostenitori, doveva essere considerato areddituale, quindi non patrimoniale, in quanto con sistente, in modo particolare, nella modificazione peggiorativa della qualità della vita della vittima e, come tale, strutturalmente diverso sia dal danno biologico, sia dalla figura di danno non patrimoniale più ri salente nel tempo (il danno morale).

Così non è stato. Dopo la «svolta» costituzionale della primavera del 2003, la giurisprudenza ha sbandato tra tentazioni esistenzialiste e fe deltà alla lettura costituzionale. Davvero non poteva essere più procra stinata l'elaborazione di un nuovo statuto del danno non patrimoniale risarcibile: le sezioni unite lo hanno messo a punto, respingendo le in sidie esistenzialistiche, con una rinnovata fedeltà al modello costituzio nale dell'art. 2059 e in modo tale da tracciare le linee portanti di un moderno sistema di responsabilità civile.

2.-1 principali passaggi delle decisioni. Sono oltre cinquanta le cartelle con le quali le sezioni unite rispondono ai tanti quesiti sottopo sti dall'ordinanza n. 4712 del febbraio scorso (2) (un dato, questo, che potrebbe forse giustificare il ritardo del deposito delle tanto attese sen tenze a quasi cinque mesi dalla discussione).

Il nuovo statuto si compone di diverse regole che possono così essere riassunte:

a) unitarietà della categoria del danno non patrimoniale (contro l'e nucleazione di plurime sottovoci di danno);

b) negazione — conseguente — del danno esistenziale come catego ria unitaria;

c) riconoscimento della risarcibilità del danno non patrimoniale in presenza di un'ingiustizia costituzionalmente qualificata;

d) applicazione di questa regola anche al giudizio di equità (previsto per i giudici di pace sino al limite di 1.100 euro), nonché

e) in materia contrattuale (con un chiarimento importante in tema di lesione da demansionamento, all'interno del rapporto di lavoro); j) necessità di una prova, in vista di una corretta applicazione del

generale principio d'integrale riparazione del danno, e primi accenni sul profilo della sovrapposizione di voci di danno.

La risposta delle sezioni unite non si limita a dichiarare un preciso modo d'intendere il danno non patrimoniale, ma formula proposte, di grande interesse, che produrranno significative novità nell'ambito del danno alla persona risarcibile e sulle quali, presumibilmente, si con centrerà in via immediata una forte tensione.

(1) Le sentenze del maggio 2003 non avevano menzionato il danno esistenziale, ma avevano solamente fissato il nuovo perimetro occupato dalla categoria del danno non patrimoniale. Solo la decisione della Corte costituzionale (n. 233 del 2003, Foro it., 2003, I, 2201) aveva fatto riferimento alle tre voci di danno non patrimoniale — danno bio logico, danno morale soggettivo, danno non patrimoniale derivante dalla lesione di un interesse della persona avente rilievo costituzionale — e, riferendosi alla terza, aveva utilizzato questo linguaggio: «spesso definito in dottrina e in giurisprudenza come esistenziale». E proprio quell'inciso aveva permesso al pensiero esistenziale di riemergere e chiedere nuovamente la risarcibilità, come voce autonoma, del danno esistenziale.

(2) Cfr. Cass., ord. 25 febbraio 2008, n. 4712, Foro it., 2008, I. 1447, con nota di A. Palmieri, nonché Danno e resp., 2008, 553, con annotazioni di M. Bona, La saga del danno esistenziale verso l'ultimo ciak, e G. Ponzanelli, Il danno non patrimoniale tra lettura costituzio nale e tentazioni esistenziali: la parola alle sezioni unite; Nuova giur. civ., 2008, I, 707, con commento di C. Sganga, Aspettando Godot, ov vero la presunta fine della saga del danno esistenziale; Corriere giur., 2008, 621, con commento di M. Franzoni, Prove di assetto per il dan no non patrimoniale: alcune suggestioni.

Il Foro Italiano — 2009.

Così riassunti i contrapposti orientamenti, l'ordinanza di ri messione conclude invitando le sezioni unite a pronunciarsi sui seguenti otto «quesiti».

1) Se sia concepibile un pregiudizio non patrimoniale, diver so tanto dal danno morale quanto dal danno biologico, consi stente nella lesione del fare areddituale della vittima e scatu

rente dalla lesione di valori costituzionalmente garantiti. 2) Se sia corretto ravvisare le caratteristiche di tale pregiudi

3. - L'unitarietà de! danno non patrimoniale. In un disegno rico struttivo schematico, tre sono, a mio avviso, i principali nuclei dell'ar gomentazione:

a) l'unitarietà del danno non patrimoniale; b) l'ingiustizia costituzionalmente qualificata; c) la duplicazione di voci di danno non patrimoniale (quale danno

conseguenza). Le sezioni unite riaffermano con decisione l'unitarietà della figura

del danno non patrimoniale. Questa precisazione è tanto più importante quanto più varia l'estensione della sua area di rilevanza. Si tratta, infat ti, sempre e comunque, di pregiudizi non patrimoniali: si ha, così, modo di confermare con energia alcuni passaggi delle decisioni del 2003, ove si rilevava la sostanziale inutilità di ritagliare sottofigure di danno (anche per evitare duplicazioni risarcitorie).

L'unitarietà della figura porta le sezioni unite a escludere l'autono mia di una categoria generale di danno esistenziale: viene ricordato, in particolare, il suo originario obiettivo tendente ad allargare la tutela riparatoria ex art. 2059 (tale percorso si era in seguito trasformato in un tentativo di abrogazione surrettizia dell'art. 2059, per tramite di due «tecniche» argomentative assai opinabili: la rilevanza costituzionale attribuita al danno e non al diritto; la nascita del danno esistenziale dalla lesione di qualsiasi bene giuridicamente rilevante).

Le conseguenze — perché di esse si tratta —, che si asserisce essere esistenziali, in realtà sono sempre non patrimoniali, non sussistendo differenza alcuna rispetto all'ampio genus dei pregiudizi non patrimo niali.

L'unitarietà della figura è coerente, poi, con l'affermata tipicità del danno non patrimoniale, contrapposta alla patente atipicità del danno patrimoniale risarcibile ex art. 2043 c.c. Il danno non patrimoniale può derivare, infatti, da illeciti civili previsti come reati o riconosciuti dal legislatore ordinario come in grado di produrre conseguenze non patri moniali, nonché da illeciti civili che costituiscono lesione di diritti in violabili. Reato e leggi speciali sono figure rigorosamente tipiche; i diritti inviolabili sono, invece, caratterizzati da una tipicità elastica.

4. - L'ingiustizia costituzionalmente qualificata. Il secondo passag gio chiave della lettura offerta dalle sezioni unite sta nell'individuare la natura del diritto, la cui lesione è necessaria ai fini dell'accertamento del danno non patrimoniale, al di fuori dalle ipotesi di reato e dalle leg gi speciali.

La corte si esprime qui in termini nuovi. Non utilizza più la formula dell'interesse della persona avente protezione costituzionale, che era presente nelle decisioni del 2003, ma parla di diritto inviolabile, speci ficando, però, che il «catalogo dei casi» non costituisce un numero chiuso, sul presupposto, generalmente condiviso, che l'art. 2 sia norma aperta. In breve, si esige, per il danno non patrimoniale, un'ingiustizia costituzionalmente qualificata, non essendo sufficiente il contra ius di cui all'art. 2043.

L'art. 2059 svolge una funzione di presidio dei diritti inviolabili e proprio per un tale motivo non può esser equiparato all'art. 2043 (del quale devono, tuttavia, accertarsi tutti i requisiti costitutivi).

Il requisito dell'ingiustizia costituzionalmente qualificata assurge al rango di uno dei principi informatori della materia (3), al cui rispetto saranno conseguentemente tenuti i giudici di pace, anche nel giudizio di equità.

Secondo la corte, inoltre (e significativa è qui l'espressa sensibilità anche ai profili di «tolleranza»), la lesione dei diritti inviolabili (l'in giustizia costituzionalmente qualificata), per giustificare la concessione del danno non patrimoniale, non deve essere minima: «la lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza» (4). La corte affronta così un passaggio molto delicato, con una motivazione frettolosa: che pare influenzata dalle pa

(3) Cfr. Cass., sez. un., 29 agosto 2008, n. 21934, Foro it., Mass., 1240, e Danno e resp., 2008, 1258, con nota di Ponzanelli, I giudici di pace, i principi informatori e la riparazione de! danno non patrimo niale.

(4) Questo passaggio risente, in particolare, dell'influenza di E. Na varretta, Ripensare il sistema dei danni non patrimoniali, in Resp. civ., 2004, 3. V., altresì, a cura della stessa a., I danni non patrimoniali. Lineamenti sistematici e guida alla liquidazione, Milano, 2004.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

zio nella necessaria sussistenza di un'offesa grave ad un valore della persona, e nel carattere di gravità e permanenza delle con seguenze da essa derivate.

3) Se sia corretta la teoria che, ritenendo il danno non patri moniale «tipico», nega la concepibilità del danno esistenziale. 4) Se sia corretta la teoria secondo cui il danno esistenziale

sarebbe risarcibile nel solo ambito contrattuale e segnatamente nell'ambito del rapporto di lavoro, ovvero debba affermarsi il

tologie bagatellari (incidente, questo, frequente soprattutto nelle deci sioni dei giudici di pace).

A mio modo di vedere, i diritti inviolabili, se sono tali, devono essere sempre risarciti (anche con un piccolo risarcimento nel caso si trattasse di un danno non serio). La serietà del danno e la gravità dell'offesa de vono operare come criteri di risarcimento del danno: non già, invece, quali metri di selezione dei danni non patrimoniali. Una volta chiarito che la concessione del danno non patrimoniale

esige un'ingiustizia costituzionalmente qualificata, anche la regola della sua generale irrisarcibilità nel campo contrattuale, per la mancan za di una norma analoga a quella dell'art. 2059, è destinata ad essere superata (e difatti lo era stata già ampiamente): se i diritti inviolabili attinenti alla persona del creditore vengono lesi dall'inadempimento del debitore, essi devono essere risarciti senza dover ricorrere alla figura del cumulo o concorso di responsabilità. E questo anche per gli ele menti desumibili dall'art. 1174 c.c. Non solo l'art. 2059, ma anche l'art. 1218 c.c., come pure l'art. 1223 c.c., devono essere letti costitu zionalmente nel senso di ricomprendere anche il danno non patrimo niale, purché sia accertata la lesione di un diritto inviolabile (5). Questa conclusione deve valere, in primo luogo, in ordine al con

tratto di lavoro, ove la protezione della persona del lavoratore, del re sto, è già assicurata dalla legge. Le sezioni unite hanno così modo di rileggere la propria pronuncia in tema di danno da demansionamento (6), ove era stato riconosciuto, a favore del lavoratore demansionato, il danno esistenziale: definizione, questa, «che ha valenza prevalente mente nominalistica», poiché nulla aggiunge alle conseguenze derivanti dalla lesione di diritti inviolabili.

5. - La prova e il profilo delle duplicazioni: il caso del danno morale soggettivo, il danno non patrimoniale — tipico, dunque, in quanto con seguente ad un'ingiustizia costituzionalmente qualificata, risarcibile anche nell'ambito del contratto — deve essere poi provato, in una pro spettiva di risarcimento integrale, non essendo danno-evento, coinci dente con la lesione del diritto, ma danno-conseguenza.

Qui, vengono offerti, forse, gli spunti più interessanti; e soprattutto quelli destinati ad incidere sugli assetti della concreta quantificazione del danno alla persona.

L'attenzione si concentra in modo particolare sulle ipotesi di reato con lesione della salute. In questi casi, il danneggiato aveva, secondo l'impostazione comunemente ricevuta, diritto al ristoro del danno bio logico e del danno morale soggettivo: «è compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si erano verificate».

Una volta superato il legame con il reato, la figura del danno morale soggettivo è «definitivamente accantonata». Se esiste reato, la sofferen za patrimoniale dev'essere risarcita, a condizione che non sia «compo nente di un più complesso pregiudizio non patrimoniale» e sempre che si tratti di una sofferenza soggettiva in sé considerata. Se la sofferenza sfociasse nel più ampio spazio delle sofferenze fisiche e psichiche, allo ra dovrebbe essere risarcita come danno biologico e costituirebbe, con seguentemente, duplicazione di risarcimento il cumulo di due distinte voci di danno.

Qui, sul danno morale soggettivo, più che sulla negazione del danno esistenziale, si consuma la più rilevante novità, destinata ad influenzare il sistema risarcitorio del danno alla persona. Sino ad oggi, infatti, la voce danno morale soggettivo contava molto nel «paniere» risarcitorio richiesto dalla vittima. Calcolata, normalmente, almeno nel settore della circolazione dei veicoli, in una frazione (un terzo, un quarto, una metà) di quanto spettante a titolo di danno biologico, essa era sostan zialmente concessa su basi automatiche, senza alcuna considerazione delle particolarità del caso e delle condizioni soggettive della vittima. Ora, elevando a perno del sistema il principio del danno-conseguenza e dopo aver svincolato il danno non patrimoniale dal reato, anche della sofferenza soggettiva dev'essere offerta prova. Non solo: l'opinione delle sezioni unite imporrà un non facile compito di chiarire: a) quando ci sia solo sofferenza soggettiva; b) a che livello la sofferenza soggetti va diventi parte di una lesione dell'integrità psico-fisica; c) e, in ogni caso, come tale lesione debba essere quantificata.

(5) Cfr. F. Tescione, Il danno non patrimoniale da contratto, Napoli, 2008.

(6) Cass. 24 marzo 2006, n. 6572, Foro it., 2006, I, 1344 e 2334, con note di P. Cendon e G. Ponzanelli.

Il Foro Italiano — 2009.

più generale principio secondo cui il danno esistenziale trova cittadinanza e concreta applicazione tanto nel campo dell'ille cito contrattuale quanto in quello del torto aquiliano.

5) Se sia risarcibile un danno non patrimoniale che incida sulla salute intesa non come integrità psicofisica, ma come sen sazione di benessere.

6) Quali debbano essere i criteri di liquidazione del danno esistenziale.

I primi commenti, di parte esistenzialista, sottolineano i possibili ri schi di undercompensation patologica presenti nella lettura operata dalle sezioni unite: non solo il danno esistenziale, ma anche il danno morale soggettivo sarebbero diventati irrisarcibili nel campo aquiliano. Questo è vero per il danno esistenziale, ma non lo è per il danno morale soggettivo. La sofferenza e il dolore vengono sempre risarciti, ma si dia la prova (non del tutto richiesta in passato) della sofferenza.

Certo, fa un po' strano che gli esistenzialisti difendano ora il danno morale soggettivo e la sua quantificazione così poco rigorosa quando, per anni, hanno «sparato» a zero su questa figura, considerata come una sorta di «relitto» di un modo superato d'intendere il danno non patri moniale; non meno singolare è il fatto che si dia per scontato che la giurisprudenza italiana voglia spingere verso il basso la quantificazione del danno alla persona rispetto agli standard sino ad oggi praticati e che nel sistema attuale della responsabilità civile non esistano possibilità di personalizzare il pregiudizio.

II passaggio da un sostanziale automatismo ad una valutazione per sonalizzata, caso per caso, non è facile, ma potrebbe anche portare ad un maggior riconoscimento risarcitorio; nei casi più gravi: il risarci mento del dolore e la sofferenza pura potrebbero svolgere una funzione non riparatoria e arricchire in questo modo il ventaglio dei rimedi a di sposizione della vittima.

6. - Alcune brevi conclusioni. Le sezioni unite hanno delineato un

nuovo statuto del danno non patrimoniale, coerente con la funzione primaria costituita dal risarcimento integrale, per la quale tutto il danno deve essere risarcito.

E bensì vero che non tutte le sofferenze possono essere risarcite (c'è sempre bisogno di un contra ius costituzionale o di uno specifico inter vento legislativo), ma è riaffermato il principio a tenore del quale tutto il danno rilevante nella sfera del diritto dev'essere risarcito.

Viene negata la categoria di danno esistenziale, in quanto tale: ine vitabilmente si finirebbe, altrimenti, per abrogare l'art. 2059, facendo riferimento esclusivo al danno e al bene protetto, e dimenticando il di ritto leso, al punto da equiparare la norma in parola all'art. 2043.

Le sofferenze, fisiche e psichiche, rifluiscono tutte nell'ambito del danno biologico, mentre il puro dolore resterà risarcibile in via auto noma.

Fissati questi capisaldi, tutti si chiedono se e quanto cambierà il si stema di risarcimento del danno alla persona; o se, in ossequio al noto motto «much ado about nothing», nulla sia cambiato, a dispetto della «cancellazione» del danno esistenziale e dell'imposizione di un più rigoroso regime probatorio per il danno da sofferenza.

Dopo anni di turbolenza e di discussioni inutili, quando non prete stuose, è auspicabile che il sistema di risarcimento del danno alla per sona trovi un suo ragionevole equilibrio; ben sapendo che la responsa bilità civile costituisce per eccellenza un cantiere aperto, sempre sensi bile alla novità e sempre pronto a scoprire nuove ed impensabili fron tiere (delle quali, ovviamente, ha sempre un forte bisogno).

Il diritto giurisprudenziale di marca esistenziale non è riuscito a di ventare diritto vivente, proprio perché voleva eliminare del tutto le frontiere del danno non patrimoniale, concentrandosi sul danno, attri buendogli rilevanza costituzionale e trascurando completamente il pia no dello ius. L'attenzione deve essere allora riposta, da una parte, sul l'esigenza, ovvia e scontata, di assicurare un risarcimento integrale; dall'altra, sull'opportunità di introdurre nel risarcimento del danno alla persona anche elementi di deterrenza fondati sulla gravità della con dotta. Il «risparmio» risarcitorio che sarà realizzato attraverso la neces saria presenza del contra ius costituzionale e della gravità della lesione dovrà essere bilanciato da una coraggiosa personalizzazione delle le sioni più gravi, ove più forte è l'esigenza di assicurare una protezione risarcitoria più forte.

Se la lettura costituzionale, già affermata cinque anni orsono, non sarà oggetto di tentazioni centrifughe da parte degli esistenzialisti, si potrà, al di là di una logica di mero nominalismo, cominciare a lavorare su un'agenda comune per valorizzare la ricca potenzialità delle sezioni unite e soprattutto per concentrarsi sul vero problema: la corretta quan tificazione del danno non patrimoniale, in modo conforme all'impor tanza assunta dalla dignità e dalla persona umana.

Al fine di un'adeguata protezione, la moltiplicazione delle voci di danno (disponibili da sempre) non era parsa proprio la strada migliore; e, proprio per questa ragione, non è stata seguita dalle sezioni unite.

Giulio Ponzanelli

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PARTE PRIMA

7) Se costituisca peculiare categoria di danno non patrimo niale il c.d. danno tanatologico o da morte immediata.

8) Quali siano gli oneri di allegazione e di prova gravanti su chi domanda il ristoro del danno esistenziale.

2. - Il risarcimento del danno non patrimoniale è previsto dal l'art. 2059 c.c. («danni non patrimoniali») secondo cui «Il dan no non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determi nati dalla legge».

All'epoca dell'emanazione del codice civile l'unica previsio

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Il valore della persona nei diritti inviolabili e la sostanza dei danni non patrimoniali.

1. - Le sezioni unite e la fine del contrasto «sul danno esistenziale». Con quattro sentenze gemelle (nn. 26972, 26973, 26974, 26975) depo sitate l'I 1 novembre del 2008, le sezioni unite della Cassazione, chia mate a dirimere il contrasto sul danno esistenziale, confermano e con solidano il revirement del 2003.

L'ampliamento dei danni non patrimoniali, attraverso la lettura ade guatrice alla Costituzione dell'art. 2059 c.c., viene definitivamente rife rito alla tutela dei diritti inviolabili dell'uomo, con una chiara presa di coscienza della flessibilità della categoria, della sua permeabilità al plu ralismo e della sua consonanza rispetto alla materia dei danni non pa trimoniali. L'occasione, d'altro canto, è propizia sia per estendere la Drittwirkung alla responsabilità contrattuale sia per entrare nel cuore del contenuto positivo dei danni non patrimoniali, con soluzioni in parte da discutere, ma che comunque superano tanti luoghi comuni e riportano alla ribalta le questioni reali: la prova e soprattutto la quanti ficazione dei danni non patrimoniali.

Per giungere a tali sviluppi la Cassazione si misura in primis con il conflitto sul danno esistenziale.

Decisamente rigettata è la teoria che utilizza la «formula magica» — direbbe Wietholter — del danno esistenziale per alterare l'interpreta zione proposta nel 2003, sul presupposto che la categoria dei diritti in violabili dell'uomo sia inadeguata a tutelare la persona.

D'altro canto, le sezioni unite neppure ostracizzano in assoluto il termine. «I pregiudizi [attinenti] all'esistenza della persona, — si legge — possono per comodità di sintesi essere descritti e definiti come esi stenziali». In sostanza, si traccia una chiara linea distintiva tra la teoria del danno esistenziale, che intende rovesciare il sistema bipolare, e un possibile richiamo meramente descrittivo a un pregiudizio che si proietta sull'esistenza del danneggiato e che non deve ridursi alla for mula banalizzante e in parte deviante del «non poter più fare» (I).

La scelta delle sezioni unite, dunque, ridimensiona la portata reale del conflitto giurisprudenziale, mostrando che nella maggior parte dei casi i giudici di legittimità hanno utilizzato con valenza meramente de scrittiva il «danno esistenziale», e suggerisce di allentare le polemiche per affrontare i problemi reali del contenuto, della prova e della quanti ficazione dei danni non patrimoniali.

2. - Il consolidamento della «Drittwirkung». 2.1. - La critica al dan no esistenziale e a! suo presunto «rango costituzionale». La pars de struens delle sezioni unite si rivolge alla teoria del danno esistenziale sia nella sua motivazione attuale sia nella soluzione tecnico-giuridica.

I fautori del danno esistenziale, nato per reagire alle vecchie strettoie dell'art. 2059 c.c., avrebbero dovuto riconoscere il dileguarsi del mo vente della categoria dopo il revirement del 2003. Viceversa, la persi stente proposta di dare una veste costituzionale al danno esistenziale in sé (2) viene motivata con una presunta discriminazione fra danni patri moniali e danni non patrimoniali, alla quale si tenta di reagire cercando di ottenere per questi ultimi la regola dell'ingiustizia del danno.

Sennonché, tralasciando il paradosso di cercare di attribuire a due norme formalmente distinte il medesimo contenuto, in ogni caso la so luzione tecnico-giuridica proposta finisce per tradire l'obiettivo stesso che persegue. E, infatti, posto che la Costituzione certamente non pro tegge danni ma interessi e valori, conferire un rango costituzionale al danno esistenziale comporta l'affermazione implicita che con il danno esistenziale automaticamente venga leso un interesse (o offeso un valo re) di rango costituzionale, il che vuol dire che la prova del danno sa rebbe automatica dimostrazione della lesione dell'interesse (3). In altre parole si andrebbe ad abrogare la stessa ingiustizia del danno.

Ma soprattutto il problema di fondo è che l'obiettivo perseguito non

(1) Cfr. infra par. 3.1. (2) Così soprattutto Ziviz, E poi non rimase nulla, in Resp. civ.,

2003, 709 ss.; Id., Danno non patrimoniale: mossa obbligata per le sezioni unite, id., 2008, 1027 ss.

(3) E la critica che avevamo mosso nel nostro I danni non patrimo niali. Lineamenti sistematici e guida alla liquidazione, Milano, 2004, 9 ss.

Il Foro Italiano — 2009.

ne espressa del risarcimento del danno non patrimoniale era rac chiusa nell'art. 185 c.p. del 1930.

La giurisprudenza, nel dare applicazione all'art. 2059 c.c., si consolidò nel ritenere che il danno non patrimoniale era risarci bile solo in presenza di un reato e ne individuò il contenuto nel c.d. danno morale soggettivo, inteso come sofferenza contin gente, turbamento dell'animo transeunte.

2.1. - L'insostenibilità di siffatta lettura restrittiva è stata rile

vata da questa corte con le sentenze 8827/03, cit., e 8828/03,

è coerente con le intenzioni che lo animano. Rivendicare per i danni non patrimoniali la regola generale dell'ingiustizia del danno non porta ad ampliare la tutela della persona bensì del patrimonio, poiché si rico noscono i danni non patrimoniali anche per l'offesa ad interessi mera mente patrimoniali. Questi risulterebbero maggiormente protetti e ma gari — sulla scia del valore personale ed inviolabile conferito al danno conseguente — rafforzati in un eventuale conflitto con diritti personali. In sostanza il nuovo art. 2059 c.c. non crea alcuna disparità di tratta mento fra patrimonio e persona a scapito dell'ultima, ma, al contrario, offre maggiore tutela agli interessi personali rispetto a quelli patrimo niali, allontanando — come osserva la corte — qualunque dubbio «di legittimità costituzionale».

2.2. -1 diritti inviolabili, la dialettica fra solidarietà e tolleranza e la piena tutela della persona. Perno centrale nell'argomentazione della corte è l'affermazione, senza più margini di ambiguità, che la piena tutela della persona attraverso il risarcimento dei danni non patrimo niali è affidata alla categoria dei diritti inviolabili (4).

La scelta risponde ad una duplice ragione. Innanzitutto, le sezioni unite traducono il precetto dell'inviolabilità, che è sinonimo d'intangi bilità rispetto a qualsivoglia potere pubblico o soggetto privato, in un principio di «tutela minima risarcitoria» estesa anche ai danni non pa trimoniali. È, dunque, proprio l'inviolabilità ad attrarre il rinvio del l'art. 2059 c.c.

D'altro canto, la Cassazione mostra di voler recepire nel diritto civile tutte le risorse della categoria dei diritti inviolabili, le cui caratteristiche si coniugano perfettamente con le esigenze dei danni non patrimoniali e non consentono di ravvisare in tale contesto alcuna lacuna nella tutela della persona.

I diritti inviolabili sono dotati di una straordinaria flessibilità e ri

flettono sia il valore dell'uomo, la cui essenza giuridica s'identifica con la dignità e con il libero sviluppo della personalità, sia la dimensione sociale dell'uomo e, dunque, la coesistenza pluralistica di libertà e di ritti.

Le sentenze gemelle, oltre a riconoscere la costante e al tempo stesso controllata capacità evolutiva della categoria, accolgono soprattutto l'idea che l'inviolabilità esprime una dimensione di valore non pura mente astratta, ma da accertare in concreto guardando al grado di coin volgimento dell'interesse.

Questa caratteristica dei diritti inviolabili riveste una notevole im portanza sotto diverse angolature.

In primo luogo, serve a confutare l'idea che i diritti inviolabili siano una categoria inadeguata a tutelare la persona. E, invero, le più mature riflessioni in materia di diritti della personalità — a partire da von Gierke — sottolineano come la primaria differenza tra personalità e patrimonialità sia «di grado e non di natura» (5). È evidente, pertanto, come una nozione quale quella dell'inviolabilità nella quale è imma nente il richiamo al grado di coinvolgimento dell'interesse non lascia vuoti nella tutela civile della persona, bensì meglio si adatta, rispetto alle categorie tradizionali, alle attuali esigenze di difesa dell'uomo. L'impedimento del paraplegico ad uscire di casa per il rifiuto dei con domini a installare l'ascensore, l'uccisione del cane del non vedente, la necessità di vendere un appartamento per sfuggire ad immissioni tossi che sono, ad esempio, vicende che, se in astratto sembrerebbero coin volgere diritti patrimoniali, in realtà proprio in relazione al grado e al concreto coinvolgimento dell'interesse colpiscono diritti e valori fon damentali della persona (il libero svolgimento della personalità, il di ritto all'abitazione, la libertà di domicilio).

In secondo luogo, l'accertamento in concreto dell'inviolabilità, che induce a guardare se il diritto è stato «inciso oltre una certa soglia mi nima, cagionando un pregiudizio serio» (6), si sposa perfettamente con le esigenze e con le peculiarità dei danni non patrimoniali e non vale

(4) Cfr. Navarretta, Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Torino, 1996, passim, nonché nell'interpretazione delle sentenze del 2003: Id., I danni non patrimoniali, cit., 18 ss. In tal senso, anche Busnelli, Chiaroscuri d'estate. La Corte di cassazione e il danno alla persona, in Danno e resp., 2003, 827.

(5) Così, impeccabilmente, G. Resta, Autonomia privata e diritti della personalità, Napoli, 2005, 102.

(6) Cfr. supra nota n. 4 e infra nota n. 7.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

cit., in cui si è affermato che nel vigente assetto dell'ordina mento, nel quale assume posizione preminente la Costituzione — che, all'art. 2, riconosce e garantisce i diritti inviolabili del l'uomo — il danno non patrimoniale deve essere inteso nella sua accezione più ampia di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza econo mica.

Sorreggono l'affermazione i seguenti argomenti: a) il cospicuo incremento, nella legislazione ordinaria, dei

certo a limitarli. In un contesto nel quale manca il filtro oggettivo del mercato e nel quale domina la sensibilità soggettiva, l'accertamento di una minima serietà dell'offesa e dunque l'esclusione dei danni bagat tellari consente la tutela della persona senza comprimere la libertà degli altri, il che si coniuga con le esigenze del pluralismo sottese alla nozio ne d'inviolabilità. Attraverso la categoria dei diritti inviolabili, pertan to, ha ingresso nella responsabilità civile per i danni non patrimoniali, a latere del principio di solidarietà verso il danneggiato, il complementa re e coordinato principio della tolleranza (7) che, in nome del plurali smo, chiede di «incamerare una minima quota di veleno verso sé stes si» nel rispetto dell'altrui libertà e della pacifica coesistènza fra libertà e diritti. Cosi, ad esempio, sarà la serietà dell'offesa a separare la bana lità di possibili attriti quotidiani nel mondo del lavoro dal mobbing che offende la dignità e il libero svolgimento della personalità.

La conferma, del resto, che il principio della tolleranza a latere della solidarietà si adatta proprio all'ambito dei danni non patrimoniali si evince emblematicamente dall'esempio del sistema francese. Dopo la strenua difesa, in passato, di un uguale trattamento fra danni patrimo niali e non patrimoniali, oggi, dinanzi al dilagare incontrollato dei pre iudices morales, viene invocata una «tolérance mutuelle» che induce a ritenere risarcibile il danno non patrimoniale soltanto se «la perturba tion excède le seuil du supportable» (8).

2.3. - La « Drittwirkung» nella responsabilità contrattuale. Le sezio ni unite non si limitano a consolidare la regola di risarcibilità dei danni non patrimoniali che deriva dal combinato disposto degli art. 2059 c.c. e 2 Cost., ma affrontano anche il coordinamento sistematico con la re sponsabilità contrattuale e le ricadute su quest'ultima dell'interpreta zione adeguatrice alla Costituzione dell'art. 2059 c.c.

Il problema viene impostato dalla corte a partire dalla constatazione imprescindibile, anche se non decisiva, del possibile coinvolgimento in ambito contrattuale di interessi non patrimoniali, come attestano l'art. 1174 c.c. e la stessa prassi contrattuale, evocata nella sentenza con una ricca carrellata di esempi. La presenza dell'interesse non patrimoniale, tuttavia, è presupposto necessario, ma non certo sufficiente, alla risar cibilità del danno non patrimoniale e la corte, a fronte di una norma come l'art. 1223 c.c., sostanzialmente anodina, opera una scelta corag giosa.

Staccandosi dalle teorie che differenziano la disciplina dei danni non patrimoniali in ambito extracontrattuale e contrattuale, le sezioni unite sottopongono lo stesso art. 1223 c.c. nonché l'art. 1218 c.c. ad un'in terpretazione adeguatrice alla Costituzione. In sostanza, poiché tali norme non escludono, ma neppure d'altro canto disciplinano il risarci mento dei danni non patrimoniali, questi, a parte le ipotesi in cui il legis latore li prevede espressamente, devono essere riconosciuti se imposti dalla natura inviolabile dell'interesse leso: «la lesione dei diritti invio

labili — si legge — [...] comporta l'obbligo di risarcire il danno non patrimoniale [. . .] quale che sia la fonte della responsabilità, contrat tuale o extracontrattuale».

Va, chiaramente, aggiunto che nel campo della responsabilità con trattuale resta ferma comunque anche la rilevanza della fonte volontaria e, dunque, la possibilità che dall'assetto degli interessi concordato tra le parti emerga con assoluta chiarezza l'intento di dare copertura al ri sarcimento dei danni non patrimoniali.

3. - Dalla forma alla sostanza del contenuto dei danni non patrimo niali. 3.1. - Il problema della trasparenza dei criteri di liquidazione e ciò che resta (e che deve restare) del rapporto fra le componenti del danno non patrimoniale. Ricostruite le regole di risarcibilità, le sezioni unite s'inoltrano nel complesso territorio del contenuto positivo dei danni non patrimoniali, sulla scorta di un principio guida: «è compito

(7) Ci sia consentito rinviare al nostro II danno alla persona fra so lidarietà e tolleranza, in Resp. civ., 2001, 801 ss.; Id., Art. 2059 c.c. e valori costituzionali: dal limite del reato alla soglia della tolleranza, in Danno e resp., 2002, 872 ss.; Id., I danni non patrimoniali nella re sponsabilità extracontrattuale, cit., 28 ss.

(8) Lapoyade Deschamps, L'avenir de la responsabilité civile: quelle(s) reparation(s)?, in La responsabilité civile à l'aube du XXI siècle, in Responsabilité civile et assurances, 2001, 65.

Il Foro Italiano — 2009.

casi di espresso riconoscimento del risarcimento del danno non patrimoniale anche al di fuori dell'ipotesi di reato, in relazione alla compromissione di valori personali (art. 2 1. 117/98; art 29, 9° comma, 1. 675/96; art. 44, 7° comma, d.leg. 286/98; art. 2 1. 89/01), con conseguente ampliamento del rinvio effettuato dal l'art. 2059 c.c. ai casi determinati dalla legge;

b) il riconoscimento nella giurisprudenza della Cassazione (a partire dalla sentenza 3675/81, id., 1981, I, 1884) di quella pe culiare figura di danno non patrimoniale, diverso dal danno mo

del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione».

Di qui le sezioni unite traggono spunto per rilevare che il danno è sempre unitario e che, a seconda della fattispecie o del tipo d'interesse leso, si colora di un contenuto che ha una valenza meramente descritti va. Imputano, di conseguenza, le tradizionali voci di danno alle diverse tipologie di illecito — il danno morale, al reato; il danno esistenziale, alla lesione di diritti fondamentali; il danno biologico, alla lesione del diritto inviolabile alla salute — attribuendo nel contempo alle singole voci descrittive un'accezione tale da abbracciare la totalità del pregiu dizio risarcibile: il danno morale comprende non solo la sofferenza transeunte, ma anche la sofferenza provocata dal reato che si protrae nel tempo e accompagna l'esistenza; i danni che «per comodità di sin tesi possono essere descritti e definiti come esistenziali» vengono asso ciati alla «sofferenza morale determinata dal non poter fare»; il danno biologico include il dolore e le ricadute esistenziali.

L'approccio ha l'effetto di un vero e proprio terremoto rispetto al l'impostazione tradizionale, ma proprio per questo richiede la massima attenzione per apprezzarne i pregi e individuarne i limiti che richiedono un qualche correttivo.

L'impostazione intende, innanzitutto, dimostrare gli eccessi di sem plificazione che hanno portato a separare nettamente condizioni, come quella della sofferenza e dello sconvolgimento esistenziale, che spesso coesistono e si sovrappongono; d'altro canto, vuole soprattutto avversa re la prassi di sommare in via di automatismo le voci di danno (o addi rittura d'inventarne di nuove) per aumentare semplicemente il risarci mento.

Se questi sono i pregi della riflessione della corte, vi è però un pro blema di fondo che dall'argomentazione non traspare. L'essenza della liquidazione non risiede solo nella descrizione del suo contenuto e, dunque, nell'alternativa fra una liquidazione unitaria che abbraccia un contenuto complesso o una liquidazione per voci che cerca di scindere la complessità del contenuto. 11 problema è innanzitutto identificare i criteri di liquidazione che riflettono sia il contenuto descrittivo del dan no sia le funzioni del risarcimento e di seguito rendere trasparente la corrispondenza fra tali criteri e le somme che vengono liquidate. Solo in tal modo si creano i presupposti per operare un confronto effettivo con i precedenti giurisprudenziali relativamente al quantum che è l'uni co itinerario capace di sottrarre il momento della conversione dei criteri liquidativi in denaro al più totale arbitrio.

Venendo, dunque, ai criteri con cui si ricostruisce e si misura la re azione emotiva più immediata nei confronti dell'illecito (quello che tradizionalmente è stato chiamato danno morale), vengono in conside razione in via primaria il tipo d'interesse leso e la gravità dell'offesa, ma d'altro canto possono rilevare anche le condizioni personali della vittima (se, ad esempio, si tratta di un adulto o di un bambino) e ancora le circostanze di fatto con cui si è verificato l'impatto lesivo nonché i profili soggettivi dell'illecito, la colpa grave o il dolo del danneggiarne, che possono acuire la reazione emotiva del danneggiato. Ed è questa la ragione per cui il danno morale si è prestato anche ad accogliere, ac canto alla funzione risarcitoria solidaristico-satisfattiva, un'eventuale funzione individual-deterrente.

Passando, ora, dalla reazione emotiva più immediata ad una possibile proiezione negativa di più lungo periodo sull'esistenza della vittima — che non è solo «il non poter più fare», ma anche «il non voler più fare» o «il continuare a fare le stesse cose di prima ma senza più il sapore della vita» o «l'essere costretti a fare ciò che non si vorrebbe» e chia ramente anche il soffrire per simili restrizioni e condizionamenti — orbene anche tale pregiudizio in primis non può che desumersi dal tipo e dalla gravità dell'offesa. Sono proprio tali parametri — l'uccisione di un congiunto, una violenza carnale, una carcerazione ingiustificata — che consentono d'inferire con oggettività il grado di proiezione negati va sulla vittima, che riflette anche un principio di uguaglianza formale, nel senso che per offese analoghe, ad esempio l'uccisione di un figlio, non potranno esservi risarcimenti radicalmente divergenti. Ma questo chiaramente non vuol dire che il risarcimento non vada personalizzato, in nome dell'uguaglianza sostanziale e della stessa nozione di danno, considerando la condizione personale della vittima su cui ricade l'ille cito (si pensi al caso in cui venga ucciso il figlio unico di una coppia

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PARTE PRIMA 144

rale soggettivo, che è il danno biologico, formula con la quale si designa la lesione dell'integrità psichica e fisica della persona; c) l'estensione giurisprudenziale del risarcimento del danno non patrimoniale, evidentemente inteso come pregiudizio diver so dal danno morale soggettivo, anche in favore delle persone giuridiche (sent. 2367/00, id., Rep. 2000, voce cit., n. 183); d) l'esigenza di assicurare il risarcimento del danno non pa trimoniale, anche in assenza di reato, nel caso di lesione di inte ressi di rango costituzionale, sia perché in tal caso il risarci

che non possa averne altri) nonché i cambiamenti intervenuti nel modo di vivere (9).

Orbene, constatando che le due componenti di danno hanno un cuore probatorio comune, costituito dal tipo e dalla gravità dell'offesa, ma anche criteri che incidono solo sull'una o sull'altra voce, pare opportu no proporre che la liquidazione unitaria del danno da lesione dei diritti fondamentali o da reato renda evidenti i seguenti passaggi. Si deve esplicitare, innanzitutto, se il danno si esaurisce solo con l'impatto emotivo negativo o se vi sia una proiezione nel tempo sull'esistenza della vittima; in questo secondo caso, si deve rendere palese in quale proporzione i criteri liquidativi comuni si riflettono sulle due compo nenti, sì da poter disporre di due basi di valore rispetto alle quali è pos sibile ulteriormente rendere evidente l'incidenza di criteri che si riflet tono solo sull'una o sull'altra dimensione.

In definitiva, poiché la trasparenza sul peso economico che hanno avuto i diversi criteri di liquidazione è presupposto imprescindibile per un confronto tra i precedenti giurisprudenziali, è evidente che il mes saggio della corte di superare gli automatismi nella sommatoria delle voci di danno e di procedere ad una liquidazione unitaria non possa tradursi in un numero oscuro. Viceversa, si deve coordinare con le esi genze della trasparenza nella liquidazione che, di necessità, lasciano un'impronta di quello che era il tradizionale danno morale accanto a un danno che si proietta più a lungo sull'esistenza.

3.2. - Ciò che resta (e che deve restare) deI danno biologico e del suo rapporto con il danno morale. Chiarito che il problema della liqui dazione dei danni non patrimoniali non attiene alla forma delle voci di danno, ma alla sostanza del loro contenuto e alla trasparenza dei criteri di liquidazione, molti dubbi che le sentenze gemelle sollevano anche in merito al danno biologico trovano una risposta relativamente agevole.

Il primo passaggio rivoluzionario delle pronunce è il seguente: «de termina [...] duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale [. . .] sovente liquidato in percen tuale del primo» (10).

La frase è da condividere se in luogo del 'sovente' si mette 'in quanto'. E infatti se il giudice liquida il danno morale in una percen tuale del danno alla salute, questo vuol dire che sta risarcendo il dolore fisico e morale che accompagna l'invalidità temporanea e permanente ed è direttamente proporzionato ad essa. Ma se.è vero che il danno alla salute cerca di risarcire tutte le conseguenze pregiudizievoli correlate e direttamente proporzionate all'invalidità temporanea e/o permanente, non vi è dubbio che anche il dolore, fisico e morale, associato allo «star male», sia compreso nella liquidazione del danno alla salute. Tale con clusione, d'altro canto, non vuol dire che debba sparire il danno morale a latere del danno biologico, se per danno morale s'intende, nel rispetto della tradizione, la reazione emotiva rispetto all'impatto lesivo. Questa, infatti, non dipende dall'invalidità temporanea e permanente, ma da altri criteri: da come il danneggiato percepisce la lesione; dalle circo stanze concrete in cui si viene a verificare l'illecito e anche dalla stessa gravità soggettiva del danneggiante che può attivare la componente deterrente. La reazione emotiva, infatti, può ben essere elevata dinanzi, ad esempio, ad un sanguinamento copioso di una ferita, che poi magari guarisce del tutto, o in una situazione in cui la vittima, pur ferita non gravemente, viva l'esperienza di sfuggire ad un disastro. La diversità di criteri di liquidazione della componente emotiva rispetto al danno bio logico spiegano, dunque, l'opportunità di mantenere distinte le due voci di danno.

Non vi è, invece, alcuno spazio per un danno esistenziale accanto al danno alla salute (o biologico), poiché la nozione di ricadute esisten ziali è nata proprio nel contesto del danno alla salute, la cui tecnica li quidativa risarcisce tutti i riflessi negativi sull'esistenza dell'uomo pro

(9) La prova dei cambiamenti intervenuti nelle abitudini di vita del danneggiato può servire a personalizzare il risarcimento, ma non può essere il fulcro della liquidazione, che è affidato al tipo di offesa e di interesse leso; altrimenti si rischia di concedere un più alto risarcimento al diffamato che esibisca una sfilata di testimoni per comprovare i «cambiamenti della sua agenda» rispetto a chi, dopo un lutto, continui a condurre la sua precedente grigia esistenza. Si tornerebbe, in altri ter mini, al vecchio danno alla vita di relazione.

(10) Cfr., in senso analogo, il nostro I danni non patrimoniali, cit., 54 s.

Il Foro Italiano — 2009.

mento costituisce la forma minima di tutela, ed una tutela mi nima non è assoggettabile a limiti specifici, poiché ciò si risolve in rifiuto di tutela nei casi esclusi, sia perché il rinvio ai casi in cui la legge consente il risarcimento del danno non patrimoniale ben può essere riferito, dopo l'entrata in vigore della Costitu zione, anche alle previsioni della legge fondamentale, atteso che il riconoscimento nella Costituzione dei diritti inviolabili ine

renti la persona non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela, ed in tal modo configura

vocati dai postumi, temporanei o permanenti, della patologia. Si avreb be, pertanto, sicura duplicazione se si andasse ad aggiungere al danno alla salute ciò che da sempre esso comprende nella sua nozione e non solo nella componente che personalizza il risarcimento, ma già nel nu cleo riflesso nel concetto di postumo, che considera in quale misura la minorazione della salute incida negativamente sul quotidiano del sog getto.

E veniamo, infine, all'ultima argomentazione rivoluzionaria delle sezioni unite con la quale, affermando che l'accertamento medico legale non è «strumento esclusivo e necessario» per concedere il danno biologico, pare infrangersi il connubio storico fra diritto e medicina legale che ha costituito da sempre l'essenza del danno biologico (11 ). Orbene, l'esatta luce con cui intendere e ridimensionare (e in parte cor reggere) l'affermazione deve essere nuovamente quella della liquida zione del danno, che deve essere trasparente e motivata.

E fuori discussione che la medicina legale sia la sola scienza in grado di convertire gli effetti di una patologia sul complessivo benessere della vittima in valori cardinali che indicano la durata e la percentuale del l'invalidità temporanea e la percentuale dell'invalidità permanente. Questa capacità della scienza medico-legale offre un vantaggio indi scutibile: consente di paragonare su una base omogenea un caso con l'altro, il che agevola enormemente il processo di conversione moneta ria del danno alla salute, che può limitarsi ad attribuire un valore all'u nità di misura dell'invalidità, fermo restando l'adattamento equitativo del risarcimento. Orbene, ove si consideri l'enorme difficoltà, al di fuo ri del danno alla salute, di confrontare il quantum di diversi casi analo ghi su parametri il più possibile uniformi, non vi è dubbio che il pas saggio attraverso la c.t.u., se per un verso — come rileva la corte — non può ritenersi obbligatorio per legge, per un altro verso è quello che consente al giudice di motivare nella maniera scientificamente più affi nata la stima equitativa del danno. Questa constatazione induce a di stinguere nettamente le ipotesi in cui siano le caratteristiche del caso concreto a rendere irrilevante la c.t.u., da una presunta libera scelta del giudice di farne a meno. E evidente che nel caso in cui, ad esempio, il danneggiato produca certificati medici che attestano una patologia tem poranea causata da un fenomeno di immissioni e che al tempo stesso è cessata con la fine delle immissioni medesime, la c.t.u. potrebbe risulta re ininfluente e, d'altro canto, il giudice non potrebbe negare rilevanza a quello che comunque è l'accertamento medico di una patologia. Vi ceversa, se non vi sono precise ragioni per escludere in concreto l'uti lità della c.t.u., la non vincolatività per legge di tale mezzo d'indagine non toglie comunque che, dovendo il giudice motivare il suo giudizio equitativo, la scelta arbitraria di non avvalersi del metodo liquidativo più attendibile esporrebbe simile decisione a un sicuro sindacato di ir ragionevolezza in Cassazione.

4. - Le sfide de! futuro: il «translation problem» per la quantifica zione dei danni e la tutela dei diritti inviolabili «senza distinzioni di corti». L'importante traguardo raggiunto con le quattro pronunce delle sezioni unite è il punto di arrivo di un cammino che è ancora lungo da percorrere e vede dinanzi a sé numerose sfide.

Alle critiche e allo scetticismo nei confronti dei giudici, propensi a moltiplicare i diritti poiché spesso irretiti dal senso di giustizia del caso concreto, deve subentrare un fitto dialogo fra dottrina e giurisprudenza per affinare il passaggio dalla ricchezza teorica dei diritti inviolabili alla loro proiezione nel mondo reale.

Dalla proliferazione dei danni o dal fascino nominalistico delle cate gorie si deve procedere alla realizzazione di un metodo di trasparenza nella liquidazione dei danni non patrimoniali e di comparazione con i precedenti, onde sottrarre il problema centrale del quantum a quello che in tutti i sistemi giuridici viene considerato un ambito di sostanziale arbitrio: «[which] undermines — scrive Niemeyer — the tort law ratio nality and predictability».

Infine, preso atto che la tutela risarcitoria dei diritti inviolabili non è più mero appannaggio della giurisprudenza ordinaria civile, si devono rimuovere i meccanismi sostanziali e processuali che generano irragio

(11) Non è un caso che il padre del danno biologico abbia sempre lavorato con un grande medico legale: il riferimento è chiaramente a Busnelli-Bargagna, La valutazione del danno alla salute, 4" ed., Pa dova, 2001, passim.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di risarci mento del danno non patrimoniale.

2.2. - Queste sezioni unite condividono e fanno propria la lettu ra, costituzionalmente orientata, data dalle sentenze 8827/03, cit., e 8828/03, cit., all'art. 2059 c.c. e la completano nei termini se guenti.

2.3. - Il danno non patrimoniale di cui parla, nella rubrica e nel testo, l'art. 2059 c.c., si identifica con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica.

Il suo risarcimento postula la verifica della sussistenza degli elementi nei quali si articola l'illecito civile extracontrattuale definito dall'art. 2043 c.c.

L'art. 2059 c.c. non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazio ne anche dei danni non patrimoniali, nei casi determinati dalla legge, nel presupposto della sussistenza di tutti gli elementi co stitutivi della struttura dell'illecito civile, che si ricavano dal l'art. 2043 c.c. (e da altre norme, quali quelle che prevedono ipotesi di responsabilità oggettiva), elementi che consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di dan no, connotato quest'ultimo dall'ingiustizia, determinata dalla lesione, non giustificata, di interessi meritevoli di tutela, e nel danno che ne consegue (danno-conseguenza, secondo opinione ormai consolidata: Corte cost. 372/94, id., 1994, I, 3297; 576/08, id., Mass., 29; 581/08, id., 2008, I, 453; 582/08, ibid.; 584/08, ibid., 451).

2.4. - L'art. 2059 c.c. è nonna di rinvio. Il rinvio è alle leggi che determinano i casi di risarcibilità del danno non patrimo niale. L'ambito della risarcibilità del danno non patrimoniale si ricava dall'individuazione delle norme che prevedono siffatta tutela.

2.5. - Si tratta, in primo luogo, dell'art. 185 c.p., che prevede la risarcibilità del danno patrimoniale conseguente a reato («Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui»).

2.6. - Altri casi di risarcimento anche dei danni non patrimo niali sono previsti da leggi ordinarie in relazione alla compro missione di valori personali (art. 2 1. 117/98: danni derivanti dalla privazione della libertà personale cagionati dall'esercizio di funzioni giudiziarie; art. 29, 9° comma, 1. 675/96: impiego di modalità illecite nella raccolta di dati personali; art. 44, 7° comma, d.leg. 286/98: adozione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici o religiosi; art. 2 1. 89/01: mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo).

2.7. - Al di fuori dei casi determinati dalla legge, in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti co stituzionali inviolabili, la tutela è estesa ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione.

Per effetto di tale estensione, va ricondotto nell'ambito del l'art. 2059 c.c., il danno da lesione del diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost.) denominato danno biologico, del quale è data, dagli art. 138 e 139 d.leg. 209/05, specifica definizione normativa (sent. 15022/05, id., 2006,1, 1344; 23918/06, cit.). In precedenza, come è noto, la tutela del danno biologico era inve ce apprestata grazie al collegamento tra l'art. 2043 c.c. (come ritenuto da Corte cost. 184/86, id., 1986, I, 2053), per sottrarla al limite posto dall'art. 2059 c.c., norma nella quale avrebbe ben potuto sin dall'origine trovare collocazione (come ritenuto dalla successiva sentenza della corte 372/94, cit., per il danno biolo

nevoli disparità di trattamento. Non solo i giudici di pace — come am moniscono le sezioni unite — non devono sottrarsi alle nuove regole attraverso il giudizio equitativo, ma soprattutto il giudice amministrati vo, che ha acquisito la giurisdizione anche in materia di tutela dei diritt: fondamentali lesi da provvedimenti illegittimi, non potrà erigere mec canismi processuali, quali la pregiudiziale o, ab imis, la decadenza dei termini di impugnazione dell'atto, contro quel rimedio essenziale per diritti inviolabili che è il risarcimento esteso ai danni non patrimoniali L'ultima sfida, dunque, è quella di una protezione di tali diritti «senzE distinzioni di corti».

Emanuela Navarretta

Il Foro Italiano — 2009.

gico fisico o psichico sofferto dal congiunto della vittima prima ria).

Trova adeguata collocazione nella norma anche la tutela rico nosciuta ai soggetti che abbiano visto lesi i diritti inviolabili della famiglia (art. 2, 29 e 30 Cost.) (sent. 8827/03, cit., e 8828/03, cit., concernenti la fattispecie del danno da perdita o compromissione del rapporto parentale nel caso di morte o di procurata grave invalidità del congiunto).

Eguale sorte spetta al danno conseguente alla violazione del diritto alla reputazione, all'immagine, al nome, alla riservatez za, diritti inviolabili della persona incisa nella sua dignità, pre servata dagli art. 2 e 3 Cost. (sent. 25157/08, inedita).

2.8. - La rilettura costituzionalmente orientata dell'art. 2959

c.c., come norma deputata alla tutela risarcitoria del danno non patrimoniale inteso nella sua più ampia accezione, riporta il si stema della responsabilità aquiliana nell'ambito della bipolarità prevista dal vigente codice civile tra danno patrimoniale (art. 2043 c.c.) e danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.) (sent. 8827/03, cit.; 23918/06, cit.).

Sul piano della struttura dell'illecito, articolata negli elementi costituiti dalla condotta, dal nesso causale tra questa e l'evento dannoso, e dal danno che da quello consegue (danno-conse guenza), le due ipotesi risarcitorie si differenziano in punto di evento dannoso, e cioè di lesione dell'interesse protetto.

Sotto tale aspetto, il risarcimento del danno patrimoniale da fatto illecito è connotato da atipicità, postulando l'ingiustizia del danno di cui all'art. 2043 c.c. la lesione di qualsiasi interes se giuridicamente rilevante (sent. 500/SU/99, id., 1999,1, 2487), mentre quello del danno non patrimoniale è connotato da tipi cità, perché tale danno è risarcibile solo nei casi determinati dalla legge e nei casi in cui sia cagionato da un evento di danno consistente nella lesione di specifici diritti inviolabili della per sona (sent. 23918/06, cit.).

2.9. - La risarcibilità del danno non patrimoniale postula, sul piano dell'ingiustizia del danno, la selezione degli interessi dalla cui lesione consegue il danno. Selezione che avviene a li vello normativo, negli specifici casi determinati dalla legge, o in via di interpretazione da parte del giudice, chiamato ad indivi duare la sussistenza, alla stregua della Costituzione, di uno spe cifico diritto inviolabile della persona necessariamente presi diato dalla minima tutela risarcitoria.

2.10. - Nell'ipotesi in cui il fatto illecito si configuri (anche solo astrattamente: sez. 6651/82, id., 1983, I, 1630) come reato, è risarcibile il danno non patrimoniale, sofferto dalla persona offesa e dagli ulteriori eventuali danneggiati (nel caso di illecito plurioffensivo: sent. 4186/98, id., Rep. 1998, voce cit., n. 136; 9556/02, id., 2002, I, 3060), nella sua più ampia accezione di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica.

La limitazione alla tradizionale figura del c.d. danno morale soggettivo transeunte va definitivamente superata. La figura, recepita per lungo tempo dalla pratica giurisprudenziale, aveva fondamento normativo assai dubbio, poiché né l'art. 2059 c.c. né l'art. 185 c.p. parlano di danno morale, e tantomeno lo dico no rilevante solo se sia transitorio, ed era carente anche sul pia no dell'adeguatezza della tutela, poiché la sofferenza morale cagionata dal reato non è necessariamente transeunte, ben po tendo l'effetto penoso protrarsi anche per lungo tempo (lo rico nosceva quella giurisprudenza che, nel caso di morte del sog getto danneggiato nel corso del processo, cammisurava il risar cimento sia del danno biologico che di quello morale, postulan done la permanenza al tempo di vita effettiva: Cass. 19057/03, id., Rep. 2004, voce cit., n. 179; 3806/04, ibid., n. 286; 21683/05, id., Rep. 2006, voce cit., n. 299).

Va conseguentemente affermato che, nell'ambito della cate goria generale del danno non patrimoniale, la formula «danno morale» non individua un'autonoma sottocategoria di danno, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagio nata dal reato in sé considerata. Sofferenza la cui intensità e du rata nel tempo non assumono rilevanza ai fini dell'esistenza del danno, ma solo della quantificazione del risarcimento.

In ragione dell'ampia accezione del danno non patrimoniale, in presenza del reato è risarcibile non soltanto il danno non pa trimoniale conseguente alla lesione di diritti costituzionalmente

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PARTE PRIMA

inviolabili (come avverrà, nel caso del reato di lesioni colpose, ove si configuri danno biologico per la vittima, o nel caso di uc cisione o lesione grave di congiunto, determinante «la perdita o la compromissione del rapporto parentale), ma anche quello conseguente alla lesione di interessi inerenti la persona non pre sidiati da siffatti diritti, ma meritevoli di tutela in base all'ordi namento (secondo il criterio dell'ingiustizia ex art. 2043 c.c.), poiché la tipicità, in questo caso, non è determinata soltanto dal rango dell'interesse protetto, ma in ragione della scelta del legis latore di dire risarcibili i danni non patrimoniali cagionati da reato. Scelta che comunque implica la considerazione della rile vanza dell'interesse leso, desumibile dalla predisposizione della tutela penale.

2.11. - Negli altri casi determinati dalla legge la selezione de gli interessi è già compiuta dal legislatore. Va notato che, nei casi previsti da leggi vigenti richiamati in precedenza, il risar cimento è collegato alla lesione di diritti inviolabili della perso na: alla libertà personale, alla riservatezza, a non subire discri minazioni.

Non può tuttavia ritenersi precluso al legislatore ampliare il catalogo dei casi determinati dalla legge ordinaria prevedendo la tutela risarcitoria non patrimoniale anche in relazione ad inte ressi inerenti la persona non aventi il rango costituzionale di di ritti inviolabili, privilegiandone taluno rispetto agli altri (Corte cost. 87/79, id., 1979,1, 2542).

Situazione che non ricorre in relazione ai diritti predicati dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti del l'uomo, ratificata con la 1. n. 848 del 1955, quale risulta dai vari protocolli susseguitisi, ai quali non spetta il rango di diritti co stituzionalmente protetti, poiché la convenzione, pur essendo dotata di una natura che la distingue dagli obblighi nascenti da altri trattati internazionali, non assume, in forza dell'art. 11 Cost., il rango di fonte costituzionale, né può essere parificata, a tali fini, all'efficacia del diritto comunitario nell'ordinamento interno (Corte cost. 348/07, id., 2008,1, 40).

2.12. - Fuori dai casi determinati dalla legge è data tutela ri sarcitoria al danno non patrimoniale solo se sia accertata la le sione di un diritto inviolabile della persona: deve sussistere un'ingiustizia costituzionalmente qualificata.

2.13. - In tali ipotesi non emergono, nell'ambito della catego ria generale «danno non patrimoniale», distinte sottocategorie, ma si concretizzano soltanto specifici casi determinati dalla leg ge, al massimo livello costituito dalla Costituzione, di ripara zione del danno non patrimoniale.

E solo a fini descrittivi che, in dette ipotesi, come avviene, ad esempio, nel caso di lesione del diritto alla salute (art. 32 Cost.), si impiega un nome, parlando di danno biologico. Ci si riferisce in tal modo ad una figura che ha avuto espresso riconoscimento normativo negli art. 138 e 139 d.leg. 209/05, recante il codice delle assicurazioni private, che individuano il danno biologico nella «lesione temporanea o permanente all'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipen dentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di red dito», e ne danno una definizione suscettiva di generale applica zione, in quanto recepisce i risultati ormai definitivamente ac quisiti di una lunga elaborazione dottrinale e giurisprudenziale.

Ed è ancora a fini descrittivi che, nel caso di lesione dei diritti della famiglia (art. 2, 29 e 30 Cost.), si utilizza la sintetica defi nizione di danno da perdita del rapporto parentale.

In tal senso, e cioè come mera sintesi descrittiva, vanno intese le distinte denominazioni (danno morale, danno biologico, dan no da perdita del rapporto parentale) adottate dalle sentenze gemelle del 2003, e recepite dalla sentenza 233/03 della Corte costituzionale, cit.

Le menzionate sentenze, d'altra parte, avevano avuto cura di precisare che non era proficuo ritagliare all'interno della gene rale categoria del danno non patrimoniale specifiche figure di danno, etichettandole in vario modo (8828/03, cit.), e di rilevare che la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. do veva essere riguardata non già come occasione di incremento delle poste di danno (e mai come strumento di duplicazione del risarcimento degli stessi pregiudizi), ma come mezzo per colma re le lacune della tutela risarcitoria della persona (8827/03, cit.).

Considerazioni che le sezioni unite condividono.

Il Foro Italiano — 2009.

2.14. - Il catalogo dei casi in tal modo determinati non costi tuisce numero chiuso.

La tutela non è ristretta ai casi di diritti inviolabili della per sona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma, in virtù dell'apertura dell'art. 2 Cost, ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all'interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che sia no idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale

siano, non genericamente rilevanti per l'ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della per sona umana.

3. - Si pone ora la questione se, nell'ambito della tutela risar citoria del danno non patrimoniale, possa inserirsi, come catego ria autonoma, il c.d. danno esistenziale. 3.1. - Secondo una tesi elaborata in dottrina nei primi anni

novanta il danno esistenziale era inteso come pregiudizio non patrimoniale, distinto dal danno biologico (all'epoca risarcito nell'ambito dell'art. 2043 c.c. in collegamento con l'art. 32 Cost.), in assenza di lesione dell'integrità psicofisica, e dal c.d. danno morale soggettivo (unico danno non patrimoniale risarci bile, in presenza di reato, secondo la tradizionale lettura restrit tiva dell'art. 2059 c.c. in collegamento all'art. 185 c.p.), in quanto non attinente alla sfera interiore del sentire, ma alla sfera del fare non reddituale del soggetto. Tale figura di danno nasceva dal dichiarato intento di amplia

re la tutela risarcitoria per i pregiudizi di natura non patrimo niale incidenti sulla persona, svincolandola dai limiti dell'art. 2059 c.c., e seguendo la via, già percorsa per il danno biologico, di operare nell'ambito dell'art. 2043 c.c. inteso come norma re golatrice del risarcimento non solo del danno patrimoniale, ma anche di quello non patrimoniale concernente la persona. Si affermava che, nel caso in cui il fatto illecito limita le atti

vità realizzatrici della persona umana, obbligandola ad adottare nella vita di tutti i giorni comportamenti diversi da quelli passa ti, si realizza un nuovo tipo di danno (rispetto al danno morale soggettivo ed al danno biologico) definito con l'espressione «danno esistenziale».

Il pregiudizio era individuato nell'alterazione della vita di relazione, nella perdita della qualità della vita, nella compro missione della dimensione esistenziale della persona. Pregiudizi diversi dal patimento intimo, costituente danno morale soggetti vo, perché non consistenti in una sofferenza, ma nel non poter più fare secondo i modi precedentemente adottati, e non inte granti danno biologico, in assenza di lesione all'integrità psico fisica.

3.2. - Va rilevato che, già nel quadro dell'art. 2043 c.c. nel quale veniva inserito, la nuova figura di danno si risolveva nella descrizione di un pregiudizio di tipo esistenziale (il peggiora mento della qualità della vita, l'alterazione del fare non reddi tuale), non accompagnata dalla necessaria individuazione, ai fini del requisito dell'ingiustizia del danno, di quale fosse l'inte resse giuridicamente rilevante leso dal fatto illecito, e l'insussi stenza della lesione di un interesse siffatto era ostativa all'am missione a risarcimento.

Di siffatta carenza, non percepita dalla giurisprudenza di me rito, mostratasi favorevole ad erogare tutela risarcitoria al danno così descritto (danno-conseguenza) senza svolgere indagini sul l'ingiustizia del danno (per lesione dell'interesse), è stata invece avvertita questa corte, in varie pronunce precedenti alle senten ze gemelle del 2003.

La sentenza 7713/00, cit., pur discorrendo di danno esisten ziale, ed impiegando il collegamento tra art. 2043 c.c. e norme della Costituzione (nella specie, gli art. 29 e 30), analogamente a quanto all'epoca avveniva per il danno biologico, ravvisò il fondamento della tutela nella lesione del diritto costituzional mente protetto del figlio all'educazione ed all'istruzione, inte grante danno-evento. La decisione non sorregge quindi la tesi che vede il danno esistenziale come categoria generale e lo dice risarcibile indipendentemente dall'accertata lesione di un inte resse rilevante.

La menzione del danno esistenziale si rinviene anche nella sentenza 4783/01 (id., 2001, I, 3197), che ha definito esisten ziale la sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisi che (e quindi in presenza di reato), alle quali era seguita dopo breve tempo la morte, ed era rimasta lucida durante l'agonia, e riconosciuto il risarcimento del danno agli eredi della vittima.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La decisione non conforta la teoria del danno esistenziale. Nel

quadro di una costante giurisprudenza di legittimità che nega, nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dal

l'evento lesivo, il risarcimento del danno biologico per la per dita della vita (sent. 1704/97, id., Rep. 1997, voce cit., n. 180; 491/99, id., Rep. 2001, voce cit., n. 150; 13336/99, id., Rep. 2000, voce cit., n. 170; 887/02, id., Rep. 2002, voce cit., n. 218; 517/06, id., Rep. 2006, voce cit., n. 248), e lo ammette per la perdita della salute solo se il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile (sent. 6404/98, id., Rep. 1999, voce cit., n. 200; 9620/03, id., Rep. 2004, voce cit., n. 245; 4754/04, ibid., n. 257), ed a questo lo commisura, la sentenza persegue lo scopo di riconoscere il risarcimento, a diverso titolo, delle sofferenze coscientemente patite in quel breve intervallo. Viene qui in con siderazione il tema della risarcibilità della sofferenza psichica, di massima intensità anche se di durata contenuta, nel caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo. Sofferenza che, non essendo suscettibile di degenerare in danno biologico, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, non può che essere risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione. Né, d'altra parte, può in questa sede essere rimeditato il richiamato indirizzo giurisprudenziale, non essen dosi manifestato in questa corte un argomentato dissenso.

In tema di danno da irragionevole durata del processo (art. 2 1. 89/01) la sentenza 15449/02 (id., Rep. 2002, Diritti politici e civili, n. 185) ha espressamente negato la distinta risarcibilità del pregiudizio esistenziale, in quanto costituente solo una «vo ce» del danno non patrimoniale, risarcibile per espressa previ sione di legge.

Altre decisioni hanno riconosciuto, nell'ambito del rapporto di lavoro (e quindi in tema di responsabilità contrattuale, po nendo questione sulla quale si tornerà più avanti), il danno esi stenziale da mancato godimento del riposo settimanale (sent. 9009/01, cit.) e da demansionamento (sent. 8904/03, id., Rep. 2003, voce Lavoro (rapporto), n. 1028), ravvisando nei detti ca si la lesione di diritti fondamentali del lavoratore, e quindi ri collegando la risarcibilità ad un'ingiustizia costituzionalmente qualificata.

Al danno esistenziale era dato ampio spazio dai giudici di pa ce, in relazione alle più fantasiose, ed a volte risibili, prospetta zioni di pregiudizi suscettivi di alterare il modo di esistere delle persone: la rottura del tacco di una scarpa da sposa, l'errato ta glio di capelli, l'attesa stressante in aeroporto, il disservizio di un ufficio pubblico, l'invio di contravvenzioni illegittime, la morte dell'animale di affezione, il maltrattamento di animali, il mancato godimento della partita di calcio per televisione deter minato dal black-out elettrico. In tal modo si risarcivano pregiu dizi di dubbia serietà, a prescindere dall'individuazione del l'interesse leso, e quindi del requisito dell'ingiustizia.

3.3. - Questi erano dunque i termini nei quali viveva, nelle opinioni della dottrina e nelle applicazioni della giurisprudenza, la figura del danno esistenziale.

Dopo che le sentenze 8827/03 e 8828/03, citate, hanno fissato il principio, condiviso da queste sezioni unite, secondo cui, in virtù di una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., unica norma disciplinante il risarcimento del danno non patrimoniale, la tutela risarcitoria di questo danno è data, oltre che nei casi determinati dalla legge, solo nel caso di lesione di specifici diritti inviolabili della persona, e cioè in presenza di un'ingiustizia costituzionalmente qualificata, di danno esisten ziale come autonoma categoria di danno non è più dato discor rere.

3.4. - Come si è ricordato, la figura del danno esistenziale era stata proposta nel dichiarato intento di supplire ad un vuoto di tutela, che ormai più non sussiste.

3.4.1. - In presenza di reato, superato il tradizionale orienta mento che limitava il risarcimento al solo danno morale sogget tivo, identificato con il patema d'animo transeunte, ed affermata la risarcibilità del danno non patrimoniale nella sua più ampia accezione, anche il pregiudizio non patrimoniale consistente nel non poter fare (ma sarebbe meglio dire: nella sofferenza morale determinata dal non poter fare) è risarcibile.

La tutela risarcitoria sarà riconosciuta se il pregiudizio sia conseguenza della lesione almeno di un interesse giuridicamente protetto, desunto dall'ordinamento positivo, ivi comprese le convenzioni internazionali (come la già citata convenzione eu

II Foro Italiano — 2009.

ropea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, ratificata con la 1. n. 848 del 1955), e cioè purché sussista il requisito dell'ingiu stizia generica secondo l'art. 2043 c.c. E la previsione della tu tela penale costituisce sicuro indice della rilevanza dell'interes se leso.

3.4.2. - In assenza di reato, e al di fuori dei casi determinati dalla legge, pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili purché conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona.

Ipotesi che si realizza, ad esempio, nel caso dello sconvolgi mento della vita familiare provocato dalla perdita di congiunto (c.d. danno da perdita del rapporto parentale), poiché il pregiu dizio di tipo esistenziale consegue alla lesione dei diritti invio labili della famiglia (art. 2, 29 e 30 Cost.).

In questo caso, vengono in considerazione pregiudizi che, in quanto attengono all'esistenza della persona, per comodità di sintesi possono essere descritti e definiti come esistenziali, sen za che tuttavia possa configurarsi una autonoma categoria di danno.

Altri pregiudizi di tipo esistenziale attinenti alla sfera relazio nale della persona, ma non conseguenti a lesione psicofisica, e quindi non rientranti nell'ambito del danno biologico (compren sivo, secondo giurisprudenza ormai consolidata, sia del c.d. «danno estetico» che del c.d. «danno alla vita di relazione»), saranno risarcibili purché siano conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona diverso dal diritto all'integrità psicofisica.

Ipotesi che si verifica nel caso (esaminato dalla sentenza 6607/86, id., 1987, I, 833) dell'illecito che, cagionando ad una persona coniugata l'impossibilità di rapporti sessuali è imme diatamente e direttamente lesivo del diritto dell'altro coniuge a tali rapporti, quale diritto-dovere reciproco, inerente alla perso na, strutturante, insieme agli altri diritti-doveri reciproci, il rap porto di coniugio. Nella fattispecie il pregiudizio è conseguente alla violazione dei diritti inviolabili della famiglia spettanti al coniuge del soggetto leso nella sua integrità psicofisica.

3.5. - Il pregiudizio di tipo esistenziale, per quanto si è detto, è quindi risarcibile solo entro il limite segnato dall'ingiustizia costituzionalmente qualificata dell'evento di danno. Se non si riscontra lesione di diritti costituzionalmente inviolabili della

persona non è data tutela risarcitoria. Per superare tale limitazione, è stata prospettata la tesi secon

do cui la rilevanza costituzionale non deve attenere all'interesse leso, bensì al pregiudizio sofferto. Si sostiene che, incidendo il pregiudizio di tipo esistenziale, consistente nell'alterazione del fare non reddituale, sulla sfera della persona, per ciò soltanto ad esso va riconosciuta rilevanza costituzionale, senza necessità di indagare la natura dell'interesse leso e la consistenza della sua tutela costituzionale.

La tesi pretende di vagliare la rilevanza costituzionale con riferimento al tipo di pregiudizio, cioè al danno-conseguenza, e non al diritto leso, cioè all'evento dannoso, in tal modo confon de il piano del pregiudizio da riparare con quello dell'ingiustizia da dimostrare, e va disattesa.

Essa si risolve sostanzialmente nell'abrogazione surrettizia dell'art. 2059 c.c. nella sua lettura costituzionalmente orientata, perché cancella la persistente limitazione della tutela risarcitoria (al di fuori dei casi determinati dalla legge) ai casi in cui il dan no non patrimoniale sia conseguenza della lesione di un diritto inviolabile della persona, e cioè in presenza di ingiustizia co stituzionalmente qualificata dell'evento dannoso.

3.6. - Ulteriore tentativo di superamento dei limiti segnati dalla lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. è incentrato sull'assunto secondo cui il danno esistenziale non si identifica con la lesione di un bene costituzionalmente protetto, ma può scaturire dalla lesione di qualsiasi bene giuridicamente rilevante.

La tesi è inaccettabile, in quanto si risolve nel ricondurre il preteso danno sotto la disciplina dell'art. 2043 c.c., dove il ri sarcimento è dato purché sia leso un interesse genericamente rilevante per l'ordinamento, contraddicendo l'affermato princi pio della tipicità del danno non patrimoniale.

E non è prospettabile illegittimità costituzionale dell'art. 2059 c.c., come rinvigorito da questa corte con le sentenze ge melle del 2003, in quanto non ammette a risarcimento, al di fuo ri dei casi previsti dalla legge (reato ed ipotesi tipiche), i pre giudizi non patrimoniali conseguenti alla lesione non di diritti

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PARTE PRIMA

inviolabili, ma di interessi genericamente rilevanti, poiché la tutela risarcitoria minima ed insopprimibile vale soltanto per la lesione dei diritti inviolabili (Corte cost. 87/79, cit.).

3.7. - Il superamento dei limiti alla tutela risarcitoria dei dan ni non patrimoniali, che permangono, nei termini suesposti, an che dopo la rilettura conforme a Costituzione dell'art. 2059 c.c., può derivare da una norma comunitaria che preveda il risarci mento del danno non patrimoniale senza porre limiti, in ragione della prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno. Va ricordato che l'effetto connesso alla vigenza di norma

comunitaria è quello non già di caducare, nell'accezione propria del termine, la norma interna incompatibile, bensì di impedire che tale norma venga in rilievo per la definizione della contro versia innanzi al giudice nazionale (Corte cost. 170/84, id., 1984, I, 2062; 1512/98, id., Rep. 1998, voce Professioni intel lettuali, n. 101; 4466/05, id., Rep. 2005, voce Unione europea, n. 1217).

3.8. - Queste sezioni unite, con la sentenza 6572/06, cit., trattando il tema del riparto degli oneri probatori in tema di ri conoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del dan

no professionale biologico o esistenziale da demansionamento o dequalificazione, nell'ambito del rapporto di lavoro, hanno de finito il danno esistenziale, come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accer tabile, provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. La pro nuncia è stata seguita da altre sentenze (5221/07, id., Rep. 2007, voce Danni civili, n. 240; 11278/07, ibid., n. 212; 26561/07, id., Mass., 2008, 165).

Non sembra tuttavia che tali decisioni, che si muovono nel l'ambito dell'affermata natura contrattuale della responsabilità del datore di lavoro (così ponendo la più ampia questione della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento di obbligazioni, che sarà trattata più avanti e positivamente risol ta), confortino la tesi di quanti configurano il danno esistenziale come autonoma categoria, destinata ad assumere rilievo anche al di fuori dell'ambito del rapporto di lavoro.

Le menzionate sentenze individuano specifici pregiudizi di tipo esistenziale da violazioni di obblighi contrattuali nell'am bito del rapporto di lavoro. In particolare, dalla violazione del l'obbligo dell'imprenditore di tutelare l'integrità fisica e la per sonalità morale del lavoratore (art. 2087 c.c.).

Vengono in considerazione diritti della persona del lavoratore che, già tutelati dal codice del 1942, sono assurti in virtù della Costituzione, grazie all'art. 32 Cost., quanto alla tutela dell'in tegrità fisica, ed agli art. 1, 2, 4 e 35 Cost., quanto alla tutela della dignità personale del lavoratore, a diritti inviolabili, la cui lesione dà luogo a risarcimento dei pregiudizi non patrimoniali, di tipo esistenziale, da inadempimento contrattuale. Si verte, in sostanza, in una ipotesi di risarcimento di danni non patrimo niali in ambito contrattuale legislativamente prevista.

3.9. - Palesemente non meritevoli dalla tutela risarcitoria, in vocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiudizi consi stenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale, ai quali ha prestato invece tutela la giustizia di prossimità.

Non vale, per dirli risarcibili, invocare'diritti del tutto imma ginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benes sere, alla serenità: in definitiva il diritto ad essere felici. Al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, solo la lesione di un diritto inviolabile della persona concretamente individuato è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale.

In tal senso, per difetto dell'ingiustizia costituzionalmente qualificata, è stato correttamente negato il risarcimento ad una persona che si affermava «stressata» per effetto dell'istallazione di un lampione a ridosso del proprio appartamento per la com promissione della serenità e sicurezza, sul rilievo che i menzio nati interessi non sono presidiati da diritti di rango costituzio nale (sent. 3284/08, ibid., 214).

E per eguale ragione non è stato ammesso a risarcimento il pregiudizio sofferto per la perdita di un animale (un cavallo da corsa) incidendo la lesione su un rapporto, tra l'uomo e l'ani male, privo, nell'attuale assetto dell'ordinamento, di copertura Il Foro Italiano — 2009.

costituzionale (sent. 14846/07, id., Rep. 2007, voce cit., n. 239). 3.10. - 11 risarcimento di pretesi danni esistenziali è stato fre

quentemente richiesto ai giudici di pace ed ha dato luogo alla proliferazione delle c.d. liti bagatellari.

Con tale formula si individuano le cause risarcitorie in cui il

danno conseguenziale è futile o irrisorio, ovvero, pur essendo oggettivamente serio, è tuttavia, secondo la coscienza sociale, insignificante o irrilevante per il livello raggiunto.

In entrambi i casi deve sussistere la lesione dell'interesse in

termini di ingiustizia costituzionalmente qualificata, restando diversamente esclusa in radice (al di fuori dei casi previsti dalla legge) l'invocabilità dell'art. 2059 c.c.

La differenza tra i due casi è data dal fatto che nel primo, nel l'ambito dell'area del danno-conseguenza del quale è richiesto il ristoro è allegato un pregiudizio esistenziale futile, non serio (non poter più urlare allo stadio, fumare o bere alcolici), mentre nel secondo è l'offesa arrecata che è priva di gravità, per non essere stato inciso il diritto oltre una soglia minima: come av viene nel caso del graffio superficiale dell'epidermide, del mal di testa per una sola mattinata conseguente ai fumi emessi da una fabbrica, dal disagio di poche ore cagionato dall'impossibi lità di uscire di casa per l'esecuzione di lavori stradali di pari durata (in quest'ultimo caso non è leso un diritto inviolabile, non spettando tale rango al diritto alla libera circolazione di cui all'art. 16 Cost., che può essere limitato per varie ragioni).

3.11. - La gravità dell'offesa costituisce requisito ulteriore per l'ammissione a risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviola bili.

Il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, ca gionando un pregiudizio serio. La lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza.

Il filtro della gravità della lesione e della serietà del danno attua il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vit tima, e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarci mento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile. Pregiudizi connotati da futilità ogni persona inserita nel complesso contesto sociale li deve accettare in virtù del dovere della tolleranza che la convivenza impone (art. 2 Cost.).

Entrambi i requisiti devono essere accertati dal giudice se condo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un de terminato momento storico (criterio sovente utilizzato in mate ria di lavoro, sent. 17208/02, id., Rep. 2003, voce Lavoro (rap porto), n. 1616; 9266/05, id., Rep. 2006, voce cit., n. 1489, o disciplinare, sez. un. 16265/02, id.. Rep. 2002, voce Ordina mento giudiziario, n. 155).

3.12. - I limiti fissati dall'art. 2059 c.c. non possono essere ignorati dal giudice di pace nelle cause di valore non superiore ad euro millecento, in cui decide secondo equità.

La norma, nella lettura costituzionalmente orientata accolta da queste sezioni unite, in quanto pone le regole generali della tutela risarcitoria non patrimoniale, costituisce principio infor matore della materia in tema di risarcimento del danno non pa trimoniale, che il giudice di pace, nelle questioni da decidere secondo equità, deve osservare (Corte cost. 206/04, id., 2007, I, 1365).

3.13. - In conclusione, deve ribadirsi che il danno non patri moniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate.

In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sot tocategoria denominata «danno esistenziale», perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell'atipicità, sia pure attraverso l'individuazione dell'apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata dall'interpretazione costituzionale dell'art. 2059 c.c., che rima ne soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione (principi enunciati dalle sentenze 15022/05, cit.; 11761/06, id., Rep. 2006, voce Danni civili, n. 258; 23918/06, cit., che queste sezioni unite fanno propri).

3.14. - Le considerazioni svolte valgono a dare risposta nega

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tiva a tutti i quesiti, in quanto postulanti la sussistenza dell'au tonoma categoria del danno esistenziale. 4. - Il danno patrimoniale conseguente all'inadempimento

delle obbligazioni, secondo l'opinione prevalente in dottrina ed in giurisprudenza, non era ritenuto risarcibile. L'ostacolo era ravvisato nella mancanza, nella disciplina

della responsabilità contrattuale, di una norma analoga all'art. 2059 c.c., dettato in materia di fatti illeciti. Per aggirare l'ostacolo, nel caso in cui oltre all'inadempi

mento fosse configurabile lesione del principio del neminem laedere, la giurisprudenza aveva elaborato la teoria del cumulo delle azioni, contrattuale ed extracontrattuale (sent. 2975/68, id., Rep. 1968, voce Elezioni, n. 116, seguita dalla 8656/96, id.. Rep. 1996, voce Trasporto (contratto di), n. 15, nel caso del tra sportato che abbia subito lesioni nell'esecuzione del contratto di trasporto; sent. 8381/01, id.. Rep. 2002, voce Responsabilità civile, n. 207, in materia di tutela del lavoratore).

A parte il suo dubbio fondamento dogmatico (contestato in dottrina), la tesi non risolveva la questione del risarcimento del danno non patrimoniale in senso lato, poiché lo riconduceva, in relazione all'azione extracontrattuale, entro i ristretti limiti del l'art. 2059 c.c. in collegamento con l'art. 185 c.p., sicché il ri sarcimento era condizionato alla qualificazione del fatto illecito come reato ed era comunque ristretto al solo danno morale sog gettivo.

Dalle strettoie dell'art. 2059 c.c., si sottraeva il danno biolo gico, azionato in sede di responsabilità aquiliana, grazie al suo inserimento nell'art. 2043 c.c. (Corte cost. 184/86, id., 1986, I, 2053).

4.1. - L'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. consente ora di affermare che anche nella materia

della responsabilità contrattuale è dato il risarcimento dei danni non patrimoniali.

Dal principio del necessario riconoscimento, per i diritti in violabili della persona, della minima tutela costituita dal risar cimento, consegue che la lesione dei diritti inviolabili della per sona che abbia determinato un danno non patrimoniale com porta l'obbligo di risarcire tale danno, quale che sia la fonte della responsabilità, contrattuale o extracontrattuale.

Se l'inadempimento dell'obbligazione determina, oltre alla violazione degli obblighi di rilevanza economica assunti con il contratto, anche la lesione di un diritto inviolabile della persona del creditore, la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale potrà essere versata nell'azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all'espediente del cumulo di azioni.

4.2. - Che interessi di natura non patrimoniale possano assu mere rilevanza nell'ambito delle obbligazioni contrattuali, è confermato dalla previsione dell'art. 1174 c.c., secondo cui la prestazione che forma oggetto dell'obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore.

L'individuazione, in relazione alla specifica ipotesi contrat tuale, degli interessi compresi nell'area del contratto che, oltre a quelli a contenuto patrimoniale, presentino carattere non patri moniale, va condotta accertando la causa concreta del negozio, da intendersi come sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare, al di là del modello, anche tipico, adoperato; sintesi, e dunque ragione concreta, della dinamica contrattuale (come condivisibilmente affermato dalla sentenza 10490/06, id.. Rep. 2006, voce Contratto in genere, n. 438).

4.3. - Vengono in considerazione, anzitutto, i c.d. contratti di protezione, quali sono quelli che si concludono nel settore sani tario. In questi gli interessi da realizzare attengono alla sfera della salute in senso ampio, di guisa che l'inadempimento del debitore è suscettivo di ledere diritti inviolabili della persona cagionando pregiudizi non patrimoniali.

In tal senso si esprime una cospicua giurisprudenza di questa corte, che ha avuto modo di inquadrare nell'ambito della re sponsabilità contrattuale la responsabilità del medico e della struttura sanitaria (sent. 589/99, id., 1999, I, 3332, e successive conformi, che, quanto alla struttura, hanno applicato il principio della responsabilità da contatto sociale qualificato), e di ricono scere tutela, oltre al paziente, a soggetti terzi, ai quali si esten dono gli effetti protettivi del contratto, e quindi, oltre alla ge stante, al nascituro, subordinatamente alla nascita (sent.

Il Foro Italiano — 2009.

11503/93, id., 1994, i, 2479; 5881/00, id., Rep. 2001, voce Danni civili, n. 141); ed al padre, nel caso di omessa diagnosi di malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata (sent. 6735/02, id., 2002, I, 3115; 14488/04, id., 2004, I, 3327; 20320/05, id., 2006,1, 2097).

I suindicati soggetti, a seconda dei casi, avevano subito la le sione del diritto inviolabile alla salute (art. 32, 1° comma, Cost.), sotto il profilo del danno biologico sia fisico che psichi co (sent. 1511/07, id., Rep. 2007, voce cit., n. 286); del diritto inviolabile all'autodeterminazione (art. 32, 2° comma, e 13 Cost.), come nel caso della gestante che, per errore diagnostico, non era stata posta in condizione di decidere se interrompere la gravidanza (sent. 6735/02, cit., e conformi citate), e nei casi di violazione dell'obbligo del consenso informato (sent. 5444/06, id., Rep. 2006, voce Sanità pubblica, n. 475); dei diritti propri della famiglia (art. 2, 29 e 30 Cost.), come nel caso di cui alle sentenze 6735/02, cit., e conformi citate.

4.4. - Costituisce contratto di protezione anche quello che in tercorre tra l'allievo e l'istituto scolastico. In esso, che trova la sua fonte nel contatto sociale (sez. un. 9346/02, id., 2002, I, 2635; sent. 8067/07, id., 2007,1, 3468), tra gli interessi non pa trimoniali da realizzare rientra quello all'integrità fisica dell'al lievo, con conseguente risarcibilità del danno non patrimoniale da autolesione (sentenze citate).

4.5. - L'esigenza di accertare se, in concreto, il contratto ten da alla realizzazione anche di interessi non patrimoniali, even tualmente presidiati da diritti inviolabili della persona, viene meno nel caso in cui l'inserimento di interessi siffatti nel rap porto sia opera della legge.

È questo il caso del contratto di lavoro. L'art. 2087 c.c. («L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impre sa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperien za e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fìsica e la personalità morale dei prestatori di lavoro»), inserendo nell'area del rapporto di lavoro interessi non suscettivi di valutazione economica (l'integrità fisica e la personalità morale) già impli cava che, nel caso in cui l'inadempimento avesse provocato la loro lesione, era dovuto il risarcimento del danno non patrimo niale.

II presidio dei detti interessi della persona ad opera della Co stituzione, che li ha elevati a diritti inviolabili, ha poi rinforzato la tutela. Con la conseguenza che la loro lesione è suscettiva di dare luogo al risarcimento dei danni-conseguenza, sotto il pro filo della lesione dell'integrità psicofisica (art. 32 Cost.) secon do le modalità del danno biologico, o della lesione della dignità personale del lavoratore (art. 2, 4, 32 Cost.), come avviene nel caso dei pregiudizi alla professionalità da dequalificazione, che si risolvano nella compromissione delle aspettative di sviluppo della personalità del lavoratore che si svolge nella formazione sociale costituita dall'impresa.

Nell'ipotesi da ultimo considerata si parla, nella giurispru denza di questa corte (sent. 6572/06, cit.), di danno esistenziale. Definizione che ha valenza prevalentemente nominalistica, poi ché i danni-conseguenza non patrimoniali che vengono in con siderazione altro non sono che pregiudizi attinenti allo svolgi mento della vita professionale del lavoratore, e quindi danni di tipo esistenziale, ammessi a risarcimento in virtù della lesione, in ambito di responsabilità contrattuale, di diritti inviolabili e quindi di ingiustizia costituzionalmente qualificata.

4.6. - Quanto al contratto di trasporto, la tutela dell'integrità fisica del trasportato è compresa tra le obbligazioni del vettore, che risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggia tore durante il viaggio (art. 1681 c.c.).

Il vettore è quindi obbligato a risarcire a titolo di responsabi lità contrattuale il danno biologico riportato nel sinistro dal viaggiatore. Ove ricorra ipotesi di inadampimento-reato (lesioni colpose), varranno i principi enunciati con riferimento all'ipote si del danno non patrimoniale da reato, anche in relazione all'i potesi dell'illecito plurioffensivo, e sarà dato il risarcimento del danno non patrimoniale nella sua ampia accezione.

4.7. - Nell'ambito della responsabilità contrattuale il risarci mento sarà regolato dalle norme dettate in materia, da leggere in senso costituzionalmente orientato.

L'art. 1218 c.c., nella parte in cui dispone che il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risar

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PARTE PRIMA

cimento del danno, non può quindi essere riferito al solo danno patrimoniale, ma deve ritenersi comprensivo del danno non pa trimoniale, qualora l'inadempimento abbia determinato lesione di diritti inviolabili della persona. Ed eguale più ampio conte nuto va individuato nell'art. 1223 c.c., secondo cui il risarci mento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta, riconducendo tra le perdite e le mancate utilità anche i pregiudi zi non patrimoniali determinati dalla lesione dei menzionati di ritti.

D'altra parte, la tutela risarcitoria dei diritti inviolabili, lesi dall'inadempimento di obbligazioni, sarà soggetta al limite di cui all'art. 1225 c.c. (non operante in materia di responsabilità da fatto illecito, in difetto di richiamo nell'art. 2056 c.c.), re stando, al di fuori dei casi di dolo, limitato il risarcimento al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui l'obbligazione è sorta.

Il rango costituzionale dei diritti suscettivi di lesione rende nulli i patti di esonero o limitazione della responsabilità, ai sensi dell'art. 1229, 2° comma, c.c. («E nullo qualsiasi patto preventi vo di esonero o di limitazione della responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione

di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico»). Varranno le specifiche regole del settore circa l'onere della

prova (come precisati da sez. un. 13533/01, id., 2002, I, 769), e la prescrizione.

4.8. - Il risarcimento del danno alla persona deve essere inte grale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre.

Si è già precisato che il danno non patrimoniale di cui all'art. 2059 c.c., identificandosi con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza eco nomica, costituisce categoria unitaria non suscettiva di suddivi sione in sottocategorie.

Il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno.

E compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, indi viduando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione.

4.9. - Viene in primo luogo in considerazione, nell'ipotesi in cui l'illecito configuri reato, la sofferenza morale. Definitiva mente accantonata la figura del c.d. danno morale soggettivo, la sofferenza morale, senza ulteriori connotazioni in termini di du rata, integra pregiudizio non patrimoniale.

Deve tuttavia trattarsi di sofferenza soggettiva in sé conside rata, non come componente di più complesso pregiudizio non patrimoniale. Ricorre il primo caso ove sia allegato il turba mento dell'animo, il dolore intimo sofferti, ad esempio, dalla persona diffamata o lesa nell'identità personale, senza lamenta re degenerazioni patologiche della sofferenza. Ove siano de dotte siffatte conseguenze, si rientra nell'area del danno biolo gico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente.

Determina quindi duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale nei suindi cati termini inteso, sovente liquidato in percentuale (da un terzo alla metà) del primo. Esclusa la praticabilità di tale operazione, dovrà il giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferen ze fìsiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza.

Egualmente determina duplicazione di risarcimento la con giunta attribuzione del danno morale, nella sua rinnovata confi gurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato.

Possono costituire solo «voci» del danno biologico nel suo aspetto dinamico, nel quale, per consolidata opinione, è ormai Il Foro Italiano — 2009.

assorbito il c.d. danno alla vita di relazione, i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conse guenti a lesioni dell'integrità psicofisica, sicché darebbe luogo a duplicazione la loro distinta riparazione. Certamente incluso nel danno biologico, se derivante da le

sione dell'integrità psicofisica, è il pregiudizio da perdita o compromissione della sessualità, del quale non può, a pena di incorrere in duplicazione risarcitoria, darsi separato indennizzo (diversamente da quanto affermato dalla sentenza 2311/07, cit., che lo eleva a danno esistenziale autonomo).

Ed egualmente si avrebbe duplicazione nel caso in cui il pre giudizio consistente nella alterazione fisica di tipo estetico fosse liquidato separatamente e non come «voce» del danno biologi co, che il c.d. danno estetico pacificamente incorpora.

Il giudice potrà invece correttamente riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia in con sapevole attesa della fine. Viene così evitato il vuoto di tutela determinato dalla giurisprudenza di legittimità che nega, nel ca so di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall'e

vento lesivo, il risarcimento del danno biologico per la perdita della vita (sent. 1704/97, cit., e successive conformi), e lo am mette per la perdita della salute solo se il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile, al quale lo commisura (sent. 6404/98, cit., e successive conformi).

Una sofferenza psichica siffatta, di massima intensità anche se di durata contenuta, non essendo suscettibile, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, di degenerare in patologia e dare luogo a danno biologico, va risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione.

4.10. - Il danno non patrimoniale, anche quando sia determi nato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza (Cass. 8827/03 e 8828/03, citate; 16004/03, id., 2004,1, 781), che deve essere allegato e provato.

Va disattesa, infatti, la tesi che identifica il danno con l'e vento dannoso, parlando di «danno-evento». La tesi, enunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza 184/86, cit., è stata infatti superata dalla successiva sentenza 372/94, cit., seguita da questa corte con le sentenze gemelle del 2003.

E del pari da respingere è la variante costituita dall'afferma zione che nel caso di lesione di valori della persona il danno sa rebbe in re ipsa, perché la tesi snatura la funzione del risarci mento, che verrebbe concesso non in conseguenza dell'effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un com portamento lesivo.

Per quanto concerne i mezzi di prova, per il danno biologico la vigente normativa (art. 138 e 139 d.leg. 209/05) richiede l'accertamento medico-legale. Si tratta del mezzo di indagine al quale correntemente si ricorre, ma la norma non lo eleva a stru mento esclusivo e necessario. Cosi come è nei poteri del giudice disattendere, motivatamente, le opinioni del consulente tecnico, del pari il giudice potrà non disporre l'accertamento medico legale, non solo nel caso in cui l'indagine diretta sulla persona non sia possibile (perché deceduta o per altre cause), ma anche quando lo ritenga, motivatamente, superfluo, e porre a fonda mento della sua decisione tutti gli altri elementi utili acquisiti al processo (documenti, testimonianze), avvalersi delle nozioni di comune esperienza e delle presunzioni.

Per gli altri pregiudizi non patrimoniali potrà farsi ricorso alla prova testimoniale, documentale e presuntiva.

Attenendo il pregiudizio (non biologico) ad un bene immate riale, il ricorso alla prova presuntiva è destinato ad assumere particolare rilievo, e potrà costituire anche l'unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, non trattandosi di mezzo di prova di rango inferiore agli altri (v., tra le tante, sent. 9834/02, id., Rep. 2002, voce Presunzione, n. 4). Il danneggiato dovrà tuttavia allegare tutti gli elementi che, nella concreta fatti specie, siano idonei a fornire la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto.

B) Ricorso 10517/04. 1. - Con il primo motivo, denunciando violazione di legge, art. 1223, 1226, 2043, 2056, 2727, 2729 c.c., 115, 116 c.p.c., e motivazione inappagante, illogica e con traddittoria, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., i ricorrenti lamentano il mancato riconoscimento del danno patrimoniale

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

futuro, per la perdita delle contribuzioni economiche che il fi glio, deceduto a soli diciassette anni, avrebbe effettuato a favore dei genitori, in ragione della convivenza, destinata a protrarsi fino al raggiungimento della completa autonomia, almeno fino a ventotto anni, dell'incremento delle sue capacità economiche, una volta completato il tirocinio quale apprendista elettricista, e delle modeste capacità reddituali delle famiglie.

1.1. - Il motivo è fondato.

La corte d'appello, dopo aver escluso che Grego Luca, in considerazione dei modesti guadagni come apprendista elettrici sta, già contribuisse alla gestione economica familiare, ha af fermato che «appare impossibile un calcolo presuntivo di danno materiale da proiettarsi in una prospettiva a lunghissimo termi ne».

La motivazione è insufficiente in quanto non dà ragione del mancato utilizzo, per la valutazione della sussistenza del danno patrimoniale futuro, delle presunzioni, sulla base degli elementi forniti dagli attori (attività lavorativa del figlio, apprendista elettricista di anni diciassette, attestata da busta paga e modello 101/97, modesto reddito del padre, lavoratore subordinato, per gli anni 1997, 1998, 1999 e 2000, qualità di casalinga della ma dre, convivenza) con eventuale successivo ricorso alla liquida zione equitativa per la sua determinazione. 2. - Con il secondo motivo, denunciando violazione di legge,

art. 2, 29, 30 Cost., 2043, 2059 c.c., e motivazione insufficiente, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. i ricorrenti lamentano il mancato riconoscimento del danno da rottura del vincolo fami

liare, costituente, secondo la giurisprudenza della Corte di cas sazione (sent. 8828/03, cit.), figura di danno non patrimoniale distinta rispetto al danno biologico ed al danno morale soggetti vo.

2.1.-11 motivo non è fondato.

La corte territoriale ha rigettato la richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale sofferto dagli attori per la rottura del vincolo familiare, sul rilievo che si tratta di «voce» già con siderata dal giudice di primo grado sotto il profilo del danno biologico iure proprio, e del danno morale sofferto iure proprio per detta perdita, entrambi riconosciuti agli attori, sicché l'ac coglimento della pretesa darebbe luogo ad una duplicazione di liquidazione dello stesso danno. E ciò in particolare con riferi mento al danno morale, per la liquidazione del quale il giudice aveva tenuto conto dell'età della vittima, del grado di parentela, delle particolari condizioni della famiglia, della convivenza e dell'intensità del legame affettivo.

La decisione è corretta. Il giudice di primo grado ha ravvisato sia la sussistenza del danno biologico sofferto iure proprio dai genitori, determinato dalla degenerazione in patologia della sof ferenza determinata dalla perdita del figlio, per il quale ha uti lizzato il sistema di liquidazione tabellare, sia la sussistenza del danno morale, palesemente discostandosi dal ristretto ambito tradizionale del danno morale soggettivo, del patema d'animo transeunte. Ha infatti tenuto conto di tutti gli «elementi che, se condo le successive sentenze che ammettono il risarcimento del

danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale (n. 8827/03 e 8828/03, cit.), devono essere considerati per la liqui dazione di tale danno (età della vittima, grado di parentela, par ticolari condizioni della famiglia, convivenza, intensità del le game affettivo), ed ha proceduto a consistente liquidazione del danno, palesemente esorbitante quella spettante per il mero dan no soggettivo da patema d'animo transeunte. La decisione è stata condivisa dalla corte d'appello, che ha rilevato il rischio della duplicazione del risarcimento del medesimo danno, qualo ra alla liquidazione del danno morale, nell'ampia accezione considerata dal primo giudice, si fosse aggiunta quella del dan no da perdita del rapporto parentale. Decisione esatta, perché in linea con i principi enunciati da queste sezioni unite in sede di esame della questione di particolare importanza al punto 4.9.

3. - Con il terzo motivo, denunciando violazione di legge, art. 2, 32 Cost., 2056, 2059 c.c., motivazione insufficiente e con traddittoria, in riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., i ricor renti lamentano l'insufficiente liquidazione, in euro 5.000, del danno morale soggettivo e del danno biologico psichico termi nale sofferto da Grego Luca. Sostengono che si tratta di mero simulacro di risarcimento per le atroci sofferenze fisiche e per il danno psichico di massima intensità sofferto dalla vittima del Il Foro Italiano — 2009.

sinistro durante l'agonia protrattasi per undici ore (l'incidente si è verificato il 19 agosto 1997 alle ore 19,40, il decesso è avve nuto il 20 agosto 1997 alle ore 7.15), in condizioni di lucidità che lo rendevano consapevole dell'imminenza della morte (danno catastrofico), in conseguenza delle gravissime ferite e delle devastanti ustioni riportate, ad essi trasferito per diritto ereditario.

3.1. - Il motivo è fondato.

Per accogliere la censura circa il mancato riconoscimento del danno biologico e del danno morale, maturato in capo a Grego Luca, ha osservato la corte d'appello: «dalla cartella clinica ... emerge che il Grego, giunto al reparto rianimazione dell'ospe dale civile di Adria la sera del 19 agosto 1997, appariva perfet tamente orientato nel tempo e nello spazio, tanto da rispondere alle domande, per cui è fuor di dubbio che la momentanea luci dità gli consentiva di percepire appieno la sua drammatica con dizione ed il timore, purtroppo fondato, di versare in fin di vi ta». Ha quindi ritenuto che «la brevissima sopravvivenza del ragazzo rispetto al sinistro, comparata con la lunghissima aspettativa di vita media di un giovane di diciassette anni» giu stifica una determinazione equitativa,del risarcimento in euro 5.000.

La corte territoriale non ha preso posizione circa la qualifica zione del danno, come danno morale o come danno biologico psichico, ma l'assenza di ogni riferimento all'alterazione della psiche del soggetto, in termini di patologia, depone a favore della prima tesi.

Come già osservato in sede di esame della questione di parti colare importanza (punto 4.9), il giudice può riconoscere e li quidare il danno morale, a ristoro della sofferenza psichica pro vata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia in consapevole attesa della fine. Una sofferenza psichica siffatta, di massima intensità anche se di durata contenuta, non essendo suscettibile, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesio ni e morte, di degenerare in patologia e dare luogo a danno biologico, va risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione.

La sentenza merita tuttavia censura sul punto della quantifi cazione del danno morale. Tenuto conto della peculiarità della fattispecie (persona di giovane età vittima di gravi ustioni in si nistro stradale; protrazione dell'agonia, in stato di lucidità, per undici ore; sofferenze fisiche, per le lesioni, e morali, per la co scienza dell'imminente fine della vita, di estrema gravità), la liquidazione è palesemente inadeguata.

4. - 11 quarto motivo, concernente la mancata rivalutazione della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno morale e l'omessa liquidazione degli interessi compensativi, resta as sorbito dall'accoglimento del precedente motivo.

5. - Con il quinto motivo, denunciando motivazione illogica ed errata applicazione della legge (art. 1223 c.c.), in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., i ricorrenti lamentano il mancato riconoscimento del rimborso delle spese sostenute per l'assi stenza stragiudiziale prestata, nella fase delle iniziali trattative con l'assicurazione, da un'agenzia di infortunistica.

5.1. - Il motivo è fondato.

La corte d'appello ha negato il risarcimento, osservando che l'esborso, avvenuto al di fuori della lite giudiziaria era produtti vo di un danno non direttamente collegabile all'incidente stra dale, in quanto frutto di una libera scelta delle parti, che avreb bero potuto, invece, affidare ad un legale l'intera gestione dei loro interessi.

La motivazione è illogica. Anche le spese relative all'assi stenza tecnica nella fase stragiudiziale della gestione del sinistro costituiscono danno patrimoniale conseguenziale dell'illecito, secondo il principio della regolarità causale (art. 1223 c.c.). Ed è palese che, qualora i danneggiati avessero affidato ad un le gale, e non ad un'agenzia di infortunistica, la gestione dei loro interessi nella fase stragiudiziale avrebbero dovuto sopportare spese probabilmente non inferiori a quelle effettivamente soste nute.

6. - Con il sesto motivo, denunciando falsa applicazione del l'art. 27 1. n. 990 del 1969 e motivazione illogica e contradditto ria, in riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., i ricorrenti os servano che nella sentenza impugnata si legge che la corte non

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PARTE PRIMA

avrebbe disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri danneggiati nel medesimo sinistro (richiesta dalla Nuova Tirrena) per il motivo che il massimale sarebbe restato comunque incapiente; affermano che tale motivazione è scor retta, e prudenzialmente, per evitare ogni forma di giudicato in terno, la impugnano. Sostengono che la corte avrebbe dovuto dichiarare preclusa l'istanza, non avendo la Nuova Tirrena provveduto alla chiamata in giudizio di tutti i danneggiati in primo grado ai sensi dell'art. 269 c.p.c.

6.1. - Il motivo è inammissibile per difetto di interesse. I ricorrenti non impugnano una statuizione della sentenza, in

vista di una diversa decisione, ma di questa ammettono la non praticabilità, poiché riconoscono espressamente che lo stato processuale del presente giudizio non consentirebbe alcun allar gamento del contraddittorio.

C) Ricorso 14781/04. 1. - Con l'unico mezzo, condizionato all'accoglimento del primo motivo del ricorso principale, la ri corrente incidentale lamenta l'omesso esame dell'appello inci dentale della Nuova Tirrena, con il quale si faceva rilevare l'i nammissibilità della produzione dei documenti sul reddito go duto dal defunto, eseguita in secondo grado.

1.1. - Il motivo è fondato.

Sull'appello incidentale della Nuova Tirrena la corte non ha reso alcuna pronuncia.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 10 no vembre 2008, n. 26915; Pres. Morelli, Est. Genovese, P.M. Russo (conci, conf.); Tauszig e altra (Avv. Romanelli, P. e M. Felisari) c. Conti e altra (Avv. Vasi, Nahmias). Conferma App. Milano 18 luglio 2003.

Edilizia popolare, economica e sovvenzionata — Edilizia convenzionata — Cessione dell'alloggio da parte dell'as segnatario — Limitazioni e divieti — «Ius novum» — Rap porti in corso — Applicabilità — Fattispecie (L. 22 ottobre 1971 n. 865, programmi e coordinamento dell'edilizia resi denziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962 n. 167, 29 settembre 1964 n. 847, ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata, art. 35; 1. 17 febbraio 1992 n. 179, norme per l'edilizia residenziale pubblica, art. 20; I. 28 gennaio 1994 n. 85, modifiche e inte grazioni alla 1. 17 febbraio 1992 n. 179, art. 3).

In seguito all'entrata in vigore (in data 19 febbraio 1994) del nuovo testo dell 'art. 20 l. 179/92, come sostituito dall 'art. 3 I. 85/94, che ha liberalizzato la cessione degli alloggi di edili zia agevolata una volta decorso il termine di cinque anni dalla loro assegnazione o dal loro acquisto, deve ritenersi valido il contratto preliminare di vendita di un alloggio di edilizia convenzionata stipulato dall 'assegnatario, nel vigore del nuovo regime normativo, dopo la scadenza del detto ter mine quinquennale, a nulla rilevando che l'assegnazione del l'alloggio risalga ad epoca anteriore all'entrata in vigore della l. 179/92, né la presenza, in provvedimenti amministra tivi o negli strumenti convenzionali, di clausole contrastanti con tale regime di libera alienabilità post-quinquennale. ( 1 )

(1) La pronunzia in rassegna conferma l'orientamento espresso, con riferimento agli alloggi realizzati da cooperative fruenti del contributo dello Stato (con conseguente applicazione della 1. 408/49), da Cass. 20 novembre 2006, n. 24568, Foro it., Rep. 2007, voce Edilizia popolare, n. 34 (per esteso, Immobili & dir., 2007, fase. 7, 30, con nota di S. Vir gilio), secondo la quale, anzi, poiché sia l'art. 20 1. 179/92, sia l'art. 3 1. 85/94 (che lo ha sostituito), riducendo (da dieci) a cinque anni il vin colo d'inalienabilità, non prevedono un dies a quo per i loro effetti, de

II Foro Italiano — 2009.

Svolgimento del processo. — I sig. Mauro Conti e Lorella Maria Bergamaschi, proprietari di un appartamento e garage realizzati, nell'ambito del comune di Caronno Pertusella, e co struiti in regime di edilizia residenziale pubblica, con atto del 21 aprile 1997, promettevano di vendere tali cespiti ai sig. Mauro Tauszig e Maria Procopio dietro il corrispettivo di lire 270 mi lioni, percependone 60 a titolo di caparra confirmatoria.

1.1. - I promissari acquirenti impugnavano il contratto da vanti al Tribunale di Busto Arsizio per sentirlo dichiarare nullo, in quanto i beni non sarebbero stati in piena proprietà dei pro mittenti e il relativo prezzo sarebbe stato superiore a quello di legge, con la condanna degli stessi alla restituzione della somma ricevuta a titolo di caparra.

1.2.-1 promittenti venditori, a loro volta, proponevano do manda riconvenzionale con la quale chiedevano il riconosci mento dell'inadempimento dei promissari acquirenti, che si era no rifiutati di stipulare il definitivo, e la risoluzione del con tratto preliminare inadempiuto.

2. - 11 tribunale, disattesa la tesi dell'errore o del dolo dei promittenti e quella della violazione dei parametri dei prezzi propri dell'edilizia convenzionata, respingeva la domanda degli attori promissari e accoglieva quella riconvenzionale dei pro mittenti, perché era provato l'inadempimento dei promissari ac quirenti, dichiarando risolto il preliminare per l'inadempimento di questi ultimi.

3. - L'appello dei soccombenti veniva parzialmente accolto dalla Corte d'appello di Milano la quale confermava il capo re lativo alla risoluzione del contratto per fatto e colpa dei promis sari acquirenti e la riformava solo nella parte in cui il tribunale non aveva disposto la restituzione della caparra ai predetti. Se condo la corte territoriale, il contratto era valido, in quanto la materia non era più regolata dalle previsioni di cui alla 1. n. 865 del 1971, ma dalla successiva normativa contenuta nella I. n. 179 del 1992, che aveva liberalizzato la materia e posto limiti all'alienazione degli alloggi solo nei primi cinque anni dall'as segnazione. Tuttavia, avendo i coniugi Conti richiesto il risar cimento del danno, secondo le norme generali, agli stessi non poteva essere consentito di trattenere la caparra, che andava re stituita a coloro che l'avevano versata.

ve ritenersi che entrambe tali disposizioni, una volta entrate in vigore, abbiano determinato la validità di tutti gli atti di trasferimento di allog gi realizzati in cooperativa edilizia stipulati in data successiva e per i quali fosse intercorso almeno un quinquennio dalla data dell'assegna zione.

Come la sentenza in rassegna puntualizza in motivazione, non costi tuisce un precedente di segno contrario Cass. 2 settembre 1995, n. 9266, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 108 (riportata in Giust. civ., 1996, I, 3265, con nota di K. Panella), la quale, in relazione ad un contratto preliminare di vendita stipulato anteriormente all'entrata in vigore della 1. 179/92, ha ritenuto che, in difetto di una disciplina tran sitoria, le disposizioni introdotte da questa legge non fossero applicabili alle situazioni verificatesi anteriormente alla sua entrata in vigore.

Secondo la pronunzia da ultimo citata, peraltro, il fatto che il con tratto preliminare di vendita di un alloggio di edilizia residenziale pub blica sia stato concluso nel periodo d'inalienabilità del medesimo, pre visto dall'art. 35 1. 865/71, non ne comporta necessariamente la nullità, potendo riconoscersi la validità ed efficacia del preliminare qualora es so preveda la stipulazione del contratto definitivo dopo la scadenza di tale periodo. Nello stesso senso, v., a questo riguardo, Cass. 24 novem bre 2003, n. 17867, Foro it., Rep. 2004, voce cit., n. 40 (la quale pun tualizza, peraltro, che per stabilire se un siffatto preliminare, di per sé non illecito, sia stato impiegato dalle parti come strumento per eludere il divieto di rivendere gli immobili di edilizia popolare ed economica, in virtù del collegamento tra il preliminare e la vendita definitiva che realizzi un'unica causa complessa in frode alla legge, causativa della nullità del contratto preliminare, il giudice deve compiere un accerta mento in fatto, verificando l'esistenza del collegamento tra i due nego zi, accertando i motivi del preliminare e le effettive necessità abitative dell'assegnatario, nonché le ragioni del promissario acquirente, il go dimento dell'immobile da parte di lui e il pagamento delle rate); 1° agosto 2001, n. 10450, id., Rep. 2003, voce cit., n. 49 (secondo cui il divieto di alienazione ex art. 35 1. 865/71 non costituisce ostacolo alla stipula del preliminare di vendita con rinvio del definitivo a dopo la scadenza del periodo d'inalienabilità, neppure se ad essa si accompagni l'anticipata attribuzione del possesso dell'immobile al promissario ac quirente); 28 novembre 1998, n. 12113, id., Rep. 1999, voce cit., n. 8 (annotata da F. Besozzi, in Contratti, 1999, 767); 29 maggio 1998, n. 5302, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 82; 30 novembre 1998, n. 6506, id., Rep. 1998, voce cit., n. 99; 9 febbraio 1987, n. 1334, id., Rep. 1987, voce cit., n. 84.

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