Della Casa, Rime

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Rime

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  • Giovanni Della Casa

    Rime

    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

  • Edizioni di riferimentoelettronicheLiz, Letteratura Italiana Zanichelli

    a stampaGiovanni Della Casa, Rime, a cura di R. Fedi, Roma, Salerno Ed., 1978

    Testo preparato da Vincenzo Rovito

    DesignGraphiti, Firenze

    ImpaginazioneThsis, Firenze-Milano

  • X3Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    Sommario

    I Poi chogni esperta, ogni spedita mano ......... 5II S cocente penser nel cor mi siede............... 5III Affligger chi per voi la vita piagne ............. 6IV Amor, per lo tuo calle a morte vassi ........... 6V Gli occhi sereni e l dolce sguardo onesto.... 7VI Nel duro assalto, ove feroce e franco ......... 7VII Io mi vivea damara gioia e bene .............. 8VIII Cura, che di timor ti nutri e cresci ......... 8IX Danno (n di tentarlo ho gi baldanza) ..... 9X Dolci son le quadrella ondAmor punge...... 9XI Sagge, soavi, angeliche parole .................. 10XII Il tuo candido fil tosto le amare ............. 10XIII Fuor di man di tiranno a giusto regno .. 11XIV Cangiai con gran mio duol contrada e parte .................................................. 11XV Quella, che del mio mal cura non prende ............................................ 12XVI Tempo ben fra omai, stolto mio core .. 12XVII Io, che let solea viver nel fango ......... 13XVIII Sio vissi cieco, e grave fallo indegno .. 13XIX Sperando, Amor, da te salute invano ..... 14XX Ben foste voi per larmi e l foco elette.... 14XXI Gi nel mio duol non pote Amor quetarmi ............................................... 15XXII N quale ingegno n voi colto e ferace ................................................ 15XXIII Sotto l gran fascio de miei primi danni .................................................. 16XXIV Nessun lieto giamai, n n sua ventura ... 16XXV Solea per boschi il d fontana o speco .. 17XXVI Mentre fra valli paludose e ime .......... 17XXVII Gioia e mercede, e non ira e tormento ....................................... 18XXVIII Certo ben son quei due begli occhi degni ............................................... 18XXIX Soccorri, Amor, al mio novo periglio .. 19XXX Le chiome dor, chAmor solea mostrarmi ........................................... 19XXXI Le bionde chiome, ovanco intrica e prende ............................................. 20XXXII Arsi; e non pur la verde stagion fresca................................................. 20

    XXXIII Ben veggo io, Tiziano, in forme nove .. 22XXXIV Son queste, Amor, le vaghe trecce bionde ............................................. 23XXXV Laltero nido, ovio s lieto albergo..... 23XXXVI La bella Greca, onde l pastor Ideo .. 24XXXVII Or piagni in negra vesta, orba e dolente ........................................ 24XXXVIII Vago augelletto da le verdi piume ... 25XXXIX Quel vago prigionero peregrino ....... 25XL Come vago augelletto fuggir sle ............ 26XLI Ben mi scorgea quel d crudele stella ..... 26XLII Gi non potrete voi per fuggir lunge.... 27XLIII Vivo mio scoglio e selce alpestra e dura .. 27XLIV Quella, che lieta del mortal mio duolo ... 28XLV Amor, i piango, e ben fu rio destino .... 28XLVI Come fuggir per selva ombrosa e folta ... 31XLVII Errai gran tempo, e del camino incerto ... 34XLVIII Come splende valor, perchuom no l fasci ......................................... 37XLIX Poco il mondo giamai tinfuse o tinse ... 37L Curi le paci sue chi vede Marte ................. 38LI S lieta avessio lalma, e dogni parte ....... 38LII Feroce spirto un tempo ebbi e guerrero .. 39LIII Varchi, Ippocrene il nobil cigno alberga .. 39LIV O sonno, o de la queta, umida, ombrosa .. 40LV Mendico e nudo piango, e de miei danni .. 40LVI Or pompa e ostro, e or fontana ed elce ... 41LVII Doglia, che vaga donna al cor napporte .. 41LVIII Signor mio caro, il mondo avaro e stolto .. 42LIX Correggio, che per pro mai n per danno ... 42LX Segli averr, che quel chio scrivo o detto .. 43LXI Di l, dove per ostro e pompa e oro ...... 43LXII Gi lessi, e or conosco in me, s come .. 44LXIII O dolce selva solitaria, amica.............. 45LXIV Questa vita mortal, che n una o n due ... 45LXV N lalba mai, poi che l suo strazio rio .. 46LXVI Struggi la terra tua gentile e pia .......... 46LXVII Forse per che respirar ne lice ........... 47LXVIII Deh avessio cos spedito stile .......... 47LXIX Se ben pungendo ognior vipere ardenti .. 48LXX Dopo s lungo error, dopo le tante ....... 48LXXI Posso ripor ladunca falce omai ........... 49

  • X4Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    LXXII Stolto mio core, ove s lieto vai? ........ 49LXXIII Grave daspre e rie cure, in voce mesta ............................................... 50LXXIV Novo fattor di cose eterne e magne .. 50LXXV Le braccia di piet, chio veggio ancora................................................ 51

    LXXVI Disciogli e spezza omai lamato e caro ... 51LXXVII Ombra nemica, che qualor mi scorgi... 52LXXVIII Dolce umiltade e fatti egregi e magni ........................................ 52LXXIX Tosto che dal suo albergo il d vien fore .......................................... 53

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    Rime

    IPoi chogni esperta, ogni spedita mano,

    qualunque mosse mai pi pronto stile,pigra in seguir voi fra, alma gentile,pregio del mondo e mio sommo e sovrano;

    5 n poria lingua, od intelletto umanoformar sua loda a voi par, n simile,troppo ampio spazio il mio dir tardo umiledietro al vostro valor verr lontano:e pi mi fra onor volgerlo altrove;

    10 se non che l desir mio tutto sfavilla,angel novo del ciel qua gi mirando:

    o se cura di voi, figlie di Giove,pur suol destarmi al primo suon di squilla,date al mio stil costei seguir volando.

    IIS cocente penser nel cor mi siede,o de dolci miei falli amara pena,chio temo non gli spirti in ogni venami sugga, e la mia vita arda e deprede.

    5 Come per dubbio calle uom move il piedecon falso duce, e quegli a morte il mena,tal io lora chAmor libera e pienasovra i miei spirti signoria vi diede,il mio di voi penser fido e soave

    10 sperando, cieco, ovei mi scorse andai:or mi ritrovo da riposo lunge.

    Cha me per voi disleal fatto e gravelanima traviata opprime e punge,s chio ne pro, e no l sostengo omai.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    IIIAffligger chi per voi la vita piagneche vien mancando e l fine ha da vicino, natural fierezza, o mio destino,che s da voi piet parta e scompagne?

    5 Certo, perchio mi strugga, e di duol bagnegli occhi dogliosi e l viso tristo e chino,e quasi infermo e stanco peregrinomanchi per dura via daspre montagne,nulla da voi fin qui mi vne aita;

    10 n pur per entro il vostro acerbo orgogliomen faticoso calle ha l penser mio.

    Aspro costume in bella donna e riodi sdegno armarsi, e romper laltrui vitaa mezzo il corso, come duro scoglio.

    IVAmor, per lo tuo calle a morte vassi,e n breve tempo uccide il tuo tormento,s comio provo; e non per consento,n so per altra via mover i passi.

    5 Anzi, perch l desio vole e trapassipi veloce al suo mal che strale o vento,spesso del suo tardar mi lagno e pento,sospignendo pur oltre i pensier lassi:tal che, si non minganno, un picciol varco

    10 lunge il fin de la mia vita amara;e nel tuo regno il pi posi pur dianzi.

    Poco da viver pi credo mavanzi,n di donarlo a te tutto son parco:tal costume, signor, teco simpara.

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    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    VGli occhi sereni e l dolce sguardo onesto,ovAmor le sue gioie inseme aduna,ver me conversi in vista amara e bruna,fanno l mio stato tenebroso e mesto.

    5 Ch qualor torno al mio conforto, e prestoson, lasso, di nutrir lalma digiuna,trovo chi mi contrasta, e l varco imprunacon troppo acerbe spine; ondio marresto.Cos deluso il cor pi volte, e punto

    10 da laspro orgoglio, piagne: e gi non haveschermo miglior che lacrime e sospiri.

    Sostegno a la mia vita afflitta e grave,scampo al mio duolo, e segno a i miei desiri,chi tha s tosto da merc disgiunto?

    VINel duro assalto, ove feroce e francoguerrer, cos comio, perduto avrebbe,a voi mi rendei vinto; e non mincrebbeprivo di libert pur viver anco.

    5 Or tal nato giel sovra l mio fianco,che men fredda di lui morte sarebbee men aspra; chun d pace non ebbelalma con esso, n riposo unquanco.Ove il sonno talor tregua madduce

    10 le notti, e pur a suoi martir minvola,questi del petto lasso ultimo parte:

    poi come in sul mattin lalba riluce,io non so con quai piume o di che parte,ma sempre nel mio cor primo sen vola.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    VIIIo mi vivea damara gioia e benedannoso assai, ma desiato e caro,n sapea gi che l mio signor avaroa buon seguaci suoi fede non tene.

    5 Or langeliche note e le sereneluci, che col bel lume ardente e chiarolieto pi chaltri in festa mi menaros lungo spazio, fra tormenti e pene;e l dolce riso, overa il mio refugio

    10 quando lalma sentia pi grave doglia,repente ad altri Amor dona e dispensa,

    lasso: e fuggir devria di questa spoglialo spirto oppresso da la pena intensa;ma per maggior mio mal, procura indugio.

    VIIICura, che di timor ti nutri e cresci,e pi temendo maggior forza acquisti,e mentre con la fiamma il gielo mesci,tutto l regno dAmor turbi e contristi;

    5 poi che n brevora entral mio dolce hai mistitutti gli amari tuoi, del mio cor esci:torna a Cocito, a i lagrimosi e tristicampi dinferno: ivi a te stessa incresci,ivi senza riposo i giorni mena,

    10 senza sonno le notti, ivi ti duolinon men di dubbia che di certa pena.

    Vattene: a che pi fera che non suoli,se l tuo venen m corso in ogni vena,con nove larve a me ritorni e voli?

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    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    IXDanno (n di tentarlo ho gi baldanza)fuggir mi fra il vostro ardente raggio,benchio navampi, o donna; e non vantaggio,s cara e di tal pregio mia speranza.

    5 E se talor contra lantica usanzami fermo, e seguir voi forza non aggio,fo come chi posando in suo viaggiovigor racquista, e n ritardar savanza:per poter poi, quando s rio tal volta

    10 con tai due sproni il mio signor mi punge,correr veloce, e con ben salda lena.

    Quanto la vostra luce alma m tolta,tanto l diletto mio m posto lunge:perchio precorro Amor, cha voi mi mena.

    XDolci son le quadrella ondAmor punge,dolce braccio le aventa, e dolce e pienodi piacer, di salute l suo veneno,e dolce il giogo ondei lega e congiunge.

    5 Quantio, donna, da lui vissi non lunge,quanto portai suo dolce foco in seno,tanto fu l viver mio lieto e sereno;e fia, finch la vita al suo fin giunge.Come doglia fin qui fu meco e pianto,

    10 se non quando diletto Amor mi porse,e sol fu dolce amando il viver mio,

    cos fia sempre: e loda aronne e vanto,che scriverassi al mio sepolcro forse:Questi servo dAmor visse e moro.

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    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    XISagge, soavi, angeliche parole;dolce rigor, cortese orgoglio e pio;chiara fronte e begli occhi ardenti, ondione le tenebre mie specchio ebbi e sole;

    5 e tu, crespo oro fin, l dove slespesso al laccio cader clto il cor mio;e voi, candide man, che l colpo riomi deste, cui sanar lalma non vle;voi dAmor gloria ste unica, e nseme

    10 cibo e sostegno mio, col qual ho corsosecuro assai tutta let pi fresca.

    N fia giamai, quando l cor lasso fremenel suo digiun, chi mi procuri altresca,n stanco altro che voi cerchi soccorso.

    XIIIl tuo candido fil tosto le amareper me, Soranzo mio, Parche troncaro,e troncandolo, in lutto mi lassaro,che noia quantio miro e duol mappare.

    5 Ben sai chal viver mio, cui brevi e rareprescrisse ore serene il ciel avaro,non ebbi altro che te lume o riparo:or non chi l sostenga, o chi l rischiare.Bella fera e gentil mi punse il seno,

    10 e poi fuggo da me ratta lontano,vago lassando il cor del suo veneno;

    e mentre ella per me sattende invano,lasso, ti parti tu, non ancor pienoi primi spaz pur del corso umano.

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    Giovanni Della Casa Rime

    XIIIFuor di man di tiranno a giusto regno,Soranzo mio, fuggito, in pace or sei:deh come volentier teco verreifuggendo anchio signor crudele e ndegno!

    5 Duro mi fia, fin qui col tuo sostegnousato di portar gli affanni miei,or viver orbo i gravi giorni e rei,ch sol mavanza omai pianto e disdegno.Tolsemi antico bene invidia nova:

    10 e sio ne piansi e morte ebbi da pressotu l sai, cui lo mio cor chiuso non fue;

    e or mhai tu di doppio affanno oppressopartendo, che lun duol laltro rinova;n basto i solo a soffrirli ambidue.

    XIVCangiai con gran mio duol contrada e parte,comegro suol, che n sua magion non sana:ma gi perchio mi parta, erma e lontanariva cercando, Amor da me non parte.

    5 Ma come sia del mio corpo ombra o parte,da me n mica un varco sallontana;n perchio fugga e mi dilunghi, sanala doglia mia, n pur men grave in parte.Signor fuggito pi turbato aggiunge:

    10 e chi dal giogo suo servo securoprima parto, di ferro ebbe l cor cinto

    veracemente; e quegli anco fu duroche visse un d da la sua donna lunge,e di s grave duol non cadde vinto.

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    Giovanni Della Casa Rime

    XVQuella, che del mio mal cura non prende,come colpa non sia de suoi begli occhiquantio languisco, o come altronde scocchilacuto stral che la mia vita offende,

    5 non gradisce l mio cor, e no l mi rende,perchei sempre di lacrime trabocchi;n vl chi pra, e perch gi mi tocchiMorte col braccio, ancor non mi difende.E io son preso, ed l carcer aperto;

    10 e giungo a mia salute, e fuggo indietro;e gioia n forse bramo, e duol ho certo.

    Da spada di diamante un fragil vetroschermo mi face: e di mio stato incerton morte Amor da te, n vita impetro.

    XVITempo ben fra omai, stolto mio core,da mitigar questi sospiri ardenti,e ncontra tal nemico, e s pungentiarme, da procurar schermo migliore.

    5 Gi vago non son io del mio dolore:ma non commosser mai contrari ventionda di mar, come le nostre menticon le tempeste sue conturba Amore.Dunque dovevi tu spirto s fero,

    10 ver cui nulla ti val vela o governo,ricever nel mio pria tranquillo stato?

    Allor ne let fresca, uman penserosenzamor fia, che senza nubi il vernosecuro andr contra Orione armato.

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    Giovanni Della Casa Rime

    XVIIIo, che let solea viver nel fango,oggi, mutato il cor da quel chi soglio,dogni immondo penser mi purgo e spoglio,e l mio lungo fallir correggo e piango.

    5 Di seguir falso duce mi rimango,a te mi dono, ad ogni altro mi toglio;n rotta nave mai part da scoglios pentita del mar, comio rimango.E poi cha mortal rischio gita invano,

    10 e senza frutto i cari giorni ha spesiquesta mia vita, in porto omai laccolgo.

    Reggami per piet tua santa mano,Padre del ciel, ch poi cha te mi volgo,tanto tadorer quantio toffesi.

    XVIIISio vissi cieco, e grave fallo indegnofin qui commisi, or chio mi specchio e sentoche tanto ho di ragion varcato il segnoin procurando pur danno e tormento,

    5 piangone tristo; e gli occhi a fermo segnorivolgo, e apro il seno a miglior vento:di me mi doglio e ncontro Amor mi sdegno,per cui l mio lume in tutto quasi spento.O fera voglia, che ne rodi e pasci

    10 e suggi il cor, quasi affamato verme,chamara cresci e pur dolce cominci;

    di che falso piacer circondi e fascile tue menzogne, e l nostro vero inermecome sovente, lasso, inganni e vinci!

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    Giovanni Della Casa Rime

    XIXSperando, Amor, da te salute invano,molti anni tristi e poche ore serenevissi di falsa gioia e nuda spene,contrario nudrimento al cor non sano.

    5 Per ricovrarmi, e fuor de la tua manoviver lieto il mio tempo e fuor di pene,or che tanta dal ciel luce mi vne,quantio posso da te fuggo lontano:e fo come augellin, campato il visco,

    10 che fugge ratto a i pi nascosti ramie sbigottisce del passato risco.

    Ben sento i te che ndietro mi richiami:ma quel Signor, chi lodo e reverisco,omai vuol che lui solo e me stesso ami.

    XXBen foste voi per larmi e l foco elette,luci leggiadre, ondanzi tempo i mora:s tosto il cor piagaste, e n s brevorafur le virtuti mie darder constrette.

    5 Terrene stelle al ciel care e dilette,che de lo splendor suo vorna e onora,breve spazio per voi viver mi frain pianto e n servit settanni e sette;sol per vaghezza del bel nome chiaro

    10 chi vo cantando, lasso, in dolce suono,ed ei pur nel mio cor rimbomba amaro.

    Ma cheunque lo stato dovio sono,doglia o servaggio o morte, assai m caroda s begli occhi e prezioso dono.

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    XXIGi nel mio duol non pote Amor quetarmi,perch dolcezza altronde in me destilleche da begli occhi, ondescon le favilleche sole hanno vigor cenere farmi.

    5 Da lor fui pria trafitto; e con queste armichiuda le piaghe mie colei chaprille,o linaspri e muccida, e pia tranquillemio corso o l turbi, e pur dorgoglio sarmi.Per che da lei sola ogni mio fato,

    10 quasi da chiaro del ciel lume, pende:per altra have ei quadrella ottuse e tarde.

    Anzi, quanto m l raggio suo negato,tanto l mio stame lei che l torce e stendeprego raccorci, o fermi il fuso e tarde.

    XXIIN quale ingegno n voi colto e ferace,Cosmo, n scorto in nobil arte il vero,n retto con virt tranquillo impero,n loda, n valor sommo e verace;

    5 n altro mai, cheunque pi ne piace,empieo s di dolcezza uman pensero,comal regno dAmor turbato e ferodi bella donna amata or pieta or pace.Ci con tutto l mio cor vo cercandio

    10 da lei, ch sovrogni altra amata e bella,ma fin qui, lasso me, guerrera e cruda.

    Nullaltro di chio pensi: ella maprocon dolci piaghe acerbe il fianco, ed ellavien che muccida, o pur le sani e chiuda.

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    XXIIISotto l gran fascio de miei primi danni,Amor, di cui piangendo ancor son roco, per s l cor oppresso, e non vhan locolacrime e sospir novi, o freschi affanni.

    5 E tu pur mi richiami, e ricondannia laspre lutte del tuo crudo gioco,l vio ricaggia, e par cha poco a pocodi mio stesso voler mi sforzi e nganni.Ma sio sommetto a novo incarco lalma

    10 debile e vinta, e poi laffligga il pondo,che fia mia scusa? o chi navr pietade?

    Pur cos stanco, e sotto doppia salma,di seguir te per le tue dure strademinvoglia il desir mio, ned io lascondo.

    XXIVNessun lieto giamai, n n sua venturapago, n pien, comio, di speme vissei pochi d cha la mia vita oscurapuri e sereni il ciel parco prescrisse.

    5 Ma tosto in chiara fronte oltra misuralungo e acerbo strazio Amore scrisse,e poscia, in questa selce bella e durale leggi del tuo corso avrai, mi disse.E questa man davorio tersa e bianca,

    10 e queste braccia, e queste bionde chiome,fian per inanzi a te ferza e tormento.

    Ondio parte di duol strugger mi sento,e parte leggo in due begli occhi comenon dee mai riposar questalma stanca.

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    Giovanni Della Casa Rime

    XXVSolea per boschi il d fontana o specocercar cantando, e le mie dolci penetessendo in rime, e le notti serenevegghiar, quanderan Febo e Amor meco.

    5 N temea di poggiar, Bernardo, teconel sacro monte ovoggi uom rado vne:ma quasi onda di mar, cui nulla affrene,luso del vulgo trasse anco me seco,e n pianto mi ripose e n vita acerba,

    10 ove non fonti, ove non lauro od ombra,ma falso donor segno in pregio posto.

    Or con la mente non dinvidia sgombrate giunto miro a giogo erto e riposto,ove non segn pria vestigio lerba.

    XXVIMentre fra valli paludose e imeritengon me larve turbate e mostri,che tra le gemme, lasso, e lauro e gli ostricopron venen che l cor mi roda e lime;

    5 ovorma di virt raro simprime,per sentier novi, a nullo ancor dimostri,qual chi seco donor contenda e giostriten vai tu sciolto a le spedite cime.Onde massal vergogna e duol, qualora

    10 membrando vo coma non degna retecol vulgo caddi, e converr chio mora.

    Felice te, che spento hai la tua sete!Meco non Febo, ma dolor dimora,cui sola p lavar londa di Lete.

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    XXVIIGioia e mercede, e non ira e tormento,principio son de le mie risse nove,e con pietate Amor guerra mi move:che com pi tranquillo, i pi l pavento.

    5 Ma s speranza in me ragione ha spentoe s tolte mi son larmi ondio provedifesa far, chio bramo in me rinovelacerbo imperio suo, non pur consento.Mansueto odio spero e pregion pia

    10 da signor crudo e fero, a cui pur dianzicon tal desio cercai ribello farmi.

    O penser folle! e te, Venezia mia,ne ncolpo, cha nemico aspro dinanzie dardire e di schermo mi disarmi.

    XXVIIICerto ben son quei due begli occhi degnionde non schifi il cor piaga profonda,e quella treccia inanellata e bionda,ove al laccio cader lalma non sdegni.

    5 Altri due lustri e pi nel mio cor regnie mi conduca a la prigion secondaAmor, che i passi miei sempre circondaco i pi pericolosi suoi ritegni;poi che s dolce l colpo ondi languisco,

    10 s leggiadra la rete ondi son preso,s l novo carcer mio diporto e festa.

    Benedetta colei che mhave offeso,e l mare, e londa, in cui nacque il mio riscosecuro, e la tranquilla mia tempesta.

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    Giovanni Della Casa Rime

    XXIXSoccorri, Amor, al mio novo periglio,ch n riposo e n piacer, travaglio e guai,e n somma cortesia morte trovai,n vagliono al mio scampo armi o consiglio.

    5 Dun lieto sguardo e dun sereno ciglio,cui par nel regno tuo luce non hai,a te mi doglio, chivi entro ti stai,e dun bel viso candido e vermiglio.E de leggiadri membri anco mi lagno,

    10 eguali a quei che contrastar ignudivider le selve fortunate dIda.

    Da questi con pietate acerbi e crudinemici (poi chancor non mi scompagnoda le tue schiere) tu, che pi, maffida.

    XXXLe chiome dor, chAmor solea mostrarmiper meraviglia fiammeggiar soventedintorno al foco mio puro, cocente(e ben avr vigor cenere farmi),

    5 son tronche, ahi lasso: o fera mano e armicrude, e o levi mie catene e lente!Deh come il signor mio soffra e consentedel suo lacciuol pi forte altri il disarmi?Qual chiuso in orto suol purpureo fiore,

    10 cui laura dolce, e l sol tepido, e l riocorrente nutre, aprir tra lerba fresca;

    tale, e pi vago ancora, il crin vidio,che solo esser devea laccio al mio core:non gi chio, rotto lui, del carcer esca.

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    XXXILe bionde chiome, ovanco intrica e prendeAmor questalma, a lui fidata ancella,ferro recide, e sempre ver me fellae scarsa man quel s dolce oro offende.

    5 N di tanto splendor priva, mincendecon men cocente o men chiara facellalalma mia luce; e fa s come stellache con lardente crin fiammeggia e splende,n, quello estinto, men riluce poi,

    10 n men co i propri rai nuda le nottiper lo sereno ciel arde e sfavilla.

    Non franco il mio cor, lasso, interrottii saldi e infiammati lacci suoi:n de lincendio mio spenta favilla.

    XXXIIArsi; e non pur la verde stagion frescadi questanno mio breve, Amor, ti diedi,ma del maturo tempo anco gran parte:libert cheggio, e tu massali e fiedi,

    5 comuom chanzi l suo d del carcer esca;n prego valmi, o fuga, o forza, od arte.Deh qual sar per me secura parte?qual folta selva in alpe, o scoglio in ondachiuso fia, che masconda?

    10 e da quelle armi, chio pavento e tremo,de la mia vita affidi almen lestremo?

    Ben debbio paventar quelle crude armiche mille volte il cor mhanno reciso,n contra lor fin qui trovato ho schermo

    15 altro che tosto pallido e conquisocon roca voce umil vinto chiamarmi.Or che la chioma ho varia, e l fianco infermo,

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    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    cercando vo selvaggio loco ed ermo,ovio ricovri, fuor de la tua mano:

    20 ch l pi seguirti vano,n fra la turba tua pronta e leggerazoppo cursore omai vittoria spera.

    Ma, lasso me, per le deserte arene,per questo paludoso instabil campo,

    25 hanno i ministri tuoi trovato il calle;chi riconosco di tua face il lampoe l suon de larco, cha piagar mi vne:n londa valmi, o l giel di questa valle,n l segno duro, n larcier mai falle.

    30 Ma perchet cangiando, ogni valorecos smarrito ha l corecomerba sua virt per tempo perde,secca la speme, e l desio solo verde.

    Rigido gi di bella donna aspetto35 pregar tremando e lacrimando volli,

    e talor ritrovai ruvida bendavoglie e pensier coprir s dolci e molli,che la tema e l dolor volsi in diletto.Or chi sar che mia ragion difenda?

    40 o i miei sospiri intempestivi intenda?Roca la voce, e quellardire spento;e agghiacciarsi sentoe pigro farsi ogni mio senso interno,comangue suole in fredda piaggia il verno.

    45 Rendimi il vigor mio, che gli anni avaritosto mhan tolto, e quella antica forzache mi fea pronto, e questi capei tinginel color primo, che di fuor la scorzacome vinto quel dentro non dichiari;

    50 e atto a guerra far mi forma e fingi,e poi tra le tue schiere mi sospingi,chio no l recuso, e l non poter m duolo.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    Or nel tuo forte stuoloche face pi guerrer debile e veglio?

    55 Libero farmi il tuo fra e l mio meglio.

    Le nubi e l gielo e queste nevi solede la mia vita, Amor, da me non hai,e questa al foco tuo contraria bruma:n grave esser ti dee, che frale omai

    60 lungi da te con lali sciolte i vole.Per che augello ancor dinferma piumaa quella tua, che in un pasce e consuma,esca fui preso: e ben dee viver francoantico servo stanco

    65 suo tempo estremo almen l dove siacortese e mansueta signoria.

    Ma perch Amor consiglio non apprezza,segui pur mia vaghezza,breve canzone, e a madonna avante

    70 porta i sospiri di canuto amante.

    XXXIIIBen veggo io, Tiziano, in forme novelidolo mio, che i begli occhi apre e girain vostre vive carte, e parla e spiraveracemente, e i dolci membri move;

    5 e piacemi che l cor doppio ritroveil suo conforto, ove talor sospira,e mentre che lun volto e laltro mira,brama il vero trovar, n sa ben dove.Ma io come potr linterna parte

    10 formar giamai di questa altera imago,oscuro fabro a s chiara opra eletto?

    Tu Febo (poi chAmor men rende vago),reggi il mio stil, che tanto alto subiettofia somma gloria a la tua nobil arte.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    XXXIVSon queste, Amor, le vaghe trecce bionde,tra fresche rose e puro latte sparte,chi prender bramo, e far vendetta in partede le piaghe chi porto aspre e profonde?

    5 questo quel bel ciglio, in cui sascondechi le mie voglie, comei vuol, comparte?Son questi gli occhi, onde l tuo stral si parte?n con tal forza uscir potrebbe altronde.Deh chi l bel volto in breve carta ha chiuso?

    10 cui lo mio stil ritrarre indarno prova:n in ci me sol, ma larte inseme accuso.

    Stiamo a veder la meraviglia nova,che n Adria il mar produce, e lantico usodi partorir celesti Dee rinova.

    XXXVLaltero nido, ovio s lieto albergofuor dira e di discordia acerba e ria,che la mia dolce terra alma natiae Roma dal penser parto e dispergo;

    5 mentrio colore a le mie carte aspergocaduco, e temo estinto in breve fia,e con lo stil cha i buon tempi fioriapoco da terra mi sollevo ed ergo,meco di voi si gloria: ed ben degno,

    10 poi che s chiare e onorate palmela voce vostra a le sue lodi accrebbe.

    Sola per cui tanto dApollo calme,sacro cigno sublime, che sarebbeoggi altramente dogni pregio indegno.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    XXXVILa bella Greca, onde l pastor Ideoin chiaro foco e memorabil arse,per cui lEuropa armossi, e guerra feo,e alto imperio antico a terra sparse;

    5 e le bellezze incenerite e arsedi quella, che sua morte in don chiedeo;e i begli occhi e le chiome a laura sparsedi lei, che stanca in riva di Peneonovo arboscello a i verdi boschi accrebbe;

    10 e qual altra, fra quante il mondo onora,in maggior pregio di bellezza crebbe,

    da voi, giudice lui, vinta sarebbe,che le tre dive (o s beato allora!)tra suoi be colli ignude a mirar ebbe.

    XXXVIIOr piagni in negra vesta, orba e dolenteVenezia, poi che tolto ha Morte avaradal bel tesoro, onde ricca eri e chiara,s preziosa gemma e s lucente.

    5 Ne la tua magna, illustre, inclita gente,che sola Italia tutta orna e rischiara,era alma a Dio diletta, a Febo cara,donor amica e n bene oprar ardente.Questa, angel novo fatta, al ciel sen vola,

    10 suo proprio albergo, e mpoverita e scemadel suo pregio sovran la terra lassa.

    Bene ha, Quirino, ondella plori e gemala patria vostra, or tenebrosa e sola,e del nobil suo Bembo ignuda e cassa.

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    Giovanni Della Casa Rime

    XXXVIIIVago augelletto da le verdi piume,che peregrino il parlar nostro apprendi,le note attentamente ascolta e ntendi,che madonna dettarti ha per costume.

    5 E parte dal soave e caldo lumede suoi begli occhi lali tue difendi;ch l foco lor, se, comio fei, taccendi,non ombra o pioggia, e non fontana o fiume,n verno allentar p dalpestri monti:

    10 ed ella, ghiaccio avendo i pensier suoi,pur de lincendio altrui par che si goda.

    Ma tu da lei leggiadri accenti e pronti,discepol novo, impara, e dirai poi:Quirina, in gentil cor pietate loda.

    XXXIXQuel vago prigionero peregrino,chudendo vostra angelica parolasua lontananza e suo carcer consola(e n ci men del mio fero have destino),

    5 Permesso tutto e l bel monte vicinovincer potr non pur Calliope sola:da s dolce maestra e n tale scolaparlar ode e impara alto e divino.Ben lo prego io chattentamente apprenda

    10 con quai note piet si svegli, e comevera eloquenza un cor gelato accenda.

    Si dir poi, ch tra s bionde chiomee n s begli occhi Amor giamai non scenda:questo notte e veneno al vostro nome.

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    Giovanni Della Casa Rime

    XLCome vago augelletto fuggir slepoi che scorto ha l lacciuol tra i verdi rami,cos te fugge il cor, n prender vleesca s dolce fra s pungenti ami.

    5 Come augellin, cha suo cibo sen vole,cos par chegli a me ritornar brami,s l colpo ondio l fer diletta e dole:e fol, perch l mio mal gioia si chiami.Ma la nemica mia perch non piaga

    10 lo stral tuo dolce? e ben fra costeidi s forte arco e di chi l tende onore.

    Pensier selvaggi, adamantino corenon adesca piacer, n punge piaga,n visco intrica o rete occhi s rei.

    XLIBen mi scorgea quel d crudele stellae di dolor ministra e di martri,quando fur prima vlti i miei sospiria pregar alma s selvaggia e fella.

    5 O tempestosa, o torbida procella,che n mar s crudo la mia vita giri!donna amo io chAmor odia e suoi desiri,che sdegno e feritate onore appella.Qual dura quercia in selva antica, od elce

    10 frondosa in alto monte, ad amar fra,o londa che Caribdi assorbe e mesce,

    tal provo io lei, che pi simpetra ognioraquanto io pi piango, come alpestra selceche per vento e per pioggia asprezza cresce.

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    Giovanni Della Casa Rime

    XLIIGi non potrete voi per fuggir lunge,n per celarvi in monte aspro e selvaggio,trmi de bei vostri occhi il dolce raggio,ch da me lontananza no l disgiunge.

    5 Nel mio cor, donna, luce altra non giungeche l vostro sguardo, e sole altro non aggio;e segli pur lontan, lungo viaggio breve corso, ove Amor sferza e punge.Portato da destrier che fren non have,

    10 pur ciascun giorno ancor, s comio soglio,se veder mi sapeste, a voi ne vegno:

    e con la vista lacrimosa e gravefo mesti i boschi e pii del mio cordoglio.Sola in voi di piet non scorgo io segno.

    XLIIIVivo mio scoglio e selce alpestra e dura,le cui chiare faville il cor mhanno arso;freddo marmo damor, di piet scarso,vago quanto pi p formar natura;

    5 aspra Colonna, il cui bel sasso induralonda del pianto da questi occhi sparso:ove repente ora fuggito e sparsotuo lume altero? e chi me l toglie e fura?O verdi poggi, o selve ombrose e folte,

    10 le vaghe luci de begli occhi rei,che l duol soave fanno e l pianger lieto,

    a voi concesse, lasso, a me son tolte;e puro fele or pasce i pensier miei,e l cor doglioso in nulla parte ho queto.

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    Giovanni Della Casa Rime

    XLIVQuella, che lieta del mortal mio duolo,ne i monti e per le selve oscure e solefuggendo gir come nemico sleme, che lei come donna onoro e colo;

    5 al penser mio, che questo obietto ha soloe chindi vive e cibo altro non vle,celar non p de suoi begli occhi il sole,n per fuggir, n per levarsi a volo.Ben pote ella sparire a me dinanzi,

    10 come augellin che l duro arciero ha scortoratto ver gli alti boschi a volar prende:

    ma lali del penser chi fia chavanzi?cui lungo calle e aspro piano e corto,cos caldo desio laffretta e stende.

    XLVAmor, i piango, e ben fu rio destinoche cruda tigre ad amar diemmi, e scogliosordo, cui n sospir n pianto move,e come afflitto e stanco peregrino,

    5 che chiuso a sera il dolce albergo trove,pur costei prego, e pur con lei mi doglio;n perch sempre indarno il mio cordoglioal vento si dispergas come nebbia suol che n alto serga,

    10 men dolermi con lei, n pianger voglio.E cos tinge e vergaben mille carte omai laspro mio duolo:per che l cor questun conforto ha solo,n trova incontra gli aspri suoi martri

    15 schermo miglior che lacrime e sospiri.

    Qual chiuso albergo in solitario boscopien di sospetto suol pregar talora

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    Giovanni Della Casa Rime

    corrier di notte traviato e lasso,tal io per entro il tuo dubbioso e fosco

    20 e duro calle, Amor, corro e trapassofin l ve l dolce mio riposo fra:ivi pregando fo lunga dimora.N perchio pianga e gridi,le selve empiendo damorosi stridi,

    25 lasso, le porte men rinchiuse ancoradel mio ricetto vidi;n per lacrime antiche o dolor novoposa, o soccorso, o refrigerio trovo.Cos fe l mio destin, la stella mia,

    30 sorda pietate in lei chudir devria.

    O fortunato chi sen go sotterra,e col suo pianto fea benigna Morte,s temprar seppe i lacrimosi versi:se non che gran desio trascorre ed erra.

    35 A me non val chi pianga e l mio duol versi,quanto m dato, in dolci note e scorte;n del martiro che mi duol s fortein quei begli occhi reiancor venne pietade. E ben torrei

    40 senza mirar la cruda mia consortegirmen per via con lei,fin chio scorgesse il ciel sereno e l die.Poi che non ponno altrui parole, o mie,impetrar dal bel ciglio atti men feri,

    45 fa tu, signor, almen s chio no l speri.

    Chio pur minganno, e n quelle acerbe luci,per cui del mio dolor giamai non taccio,dico le rime mie piet desta hanno;e forse (o desir cieco ove madduci?)

    50 lacriman or sovra l mio lungo affanno,e noia lor quantio mi struggo e sfaccio.Cos corro a madonna, e neve e ghiacciole trovo il cor, e nvano

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    Giovanni Della Casa Rime

    di quel nudrirmi, ondio son s lontano,55 col penser cerco; anzi pi doglia abbraccio,

    qual poverel non sanocui laspra sete uccide e ber gli tolto,or chiaro fonte in vivo sasso accolto,e ora in fredda valle ombroso rio

    60 membrando, arroge al suo mortal desio.

    Lasso, e ben femmi e assetato e nfermofebre amorosa, e un penser nudrilla,che gioia imaginando ebbe martiro.Cos moffende lo mio stesso schermo,

    65 non pur mi val; ch sio piango e sospiroincominciando al primo suon di squilla,gi non iscema in tanto ardor favilla:anzi il mio duol mortalecresce piangendo e pi sinfiamma, quale

    70 facella che commossa arde e sfavilla.Fero destin fatale,quando fia mai che la mia fonte viva,perchio pur lei nel cor formi e descrivae per lei mi consumi e pianga e prieghi,

    75 le sue dolci acque un giorno a me non nieghi?Forse (e ben romper suol fortuna reabuono studio talor) ne la dolce ondachi bramo tanto, almen per breve spaziodato mi fia chun d mattuffi, e bea

    80 fin chio ne senta il cor, non dico sazio,per che nulla riva s profondaqualora il verno pi di piogge abonda,ma sol bagnato un poco.O fortunato il d, beato il loco,

    85 ben potrei dire, adversit secondami diede Amore, e focomaccese il cor di refrigerio pieno,sun giorno sol, non avampando io meno,la grave arsura mia, la sete immensa,

    90 larga piet consperge e ricompensa.

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    Giovanni Della Casa Rime

    Che parlo? o chi minganna? a tanta setele dolci onde salubri indarno sperail cor, che morta ha presso e merc lunge.Ma tu, signor, ch non pi salda rete

    95 omai distendi? e qual pi adentro pungequadrello, aventi a questa alpestra fera?s chella caggia sanguinosa e pra,e quel selvaggio corene le sue piaghe senta il mio dolore;0 e biasmando laltrui cruda e guerreravoglia, il suo proprio erroree la sua crudelt colpi e condanni:e fia vendetta de miei gravi affanniveder ne lacci di salute in forselacerba fera, che mi punse e morse.

    Gi non mi cal sin tanta preda parte,canzon, non ar poi;e so che raro i dolci premi suoicon giusta lance Amor libra e comparte:0 pur chella, che di nois lungo strazio feo, con le sue piaghela vista un giorno di questi occhi appaghe.Ma, lasso, a la percossa ondio vaneggiovendetta indarno e medicina cheggio.

    XLVICome fuggir per selva ombrosa e foltanova cervetta sle,se mover laura tra le frondi sente,o mormorar fra lerbe onda corrente,

    5 cos la fera mia me non ascolta;ma fugge immantenenteal primo suon talor de le parolechio damor movo: e ben mi pesa e dole,ma non ho poi vigor, lasso dolente,

    10 da seguir lei, che leve

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    Giovanni Della Casa Rime

    prende suo corso per selvaggia via,e dico meco: or brevecerto lo spazio di mia vita fia.

    Ella sen fugge, e ne begli occhi suoi15 gli spirti miei ne porta

    nel suo da me partir, lasciando a ventiquantio lho a dir de miei pensier dolenti:n gi viver potrei, se non che poiritorna, e ne tormenti,

    20 onde questa alma in tanta pena torta,quasi giudice pio mi riconforta.Non che per l mio grave duol sallenti;ma spero, e ragion fra,piet trovar in quei begli occhi rei;

    25 ondio le narro alloratutte le insidie e i dolci furti miei.

    N taccio ove talor questi occhi vaghisen van sotto un bel velo,savien che laura lo sollevi e mova,

    30 e come il dolce sen mirar mi giova(non che lingorda vista ivi sappaghi),e qual gioia il cor provadove l bel pi si scopra, anco non celo:cos gli inganni miei conto e rivelo,

    35 n questo in tanta lite anco mi giova.Deh chi fia mai che sciogliaver la giudice mia s dolci prieghi,chalmen non mi si togliadritta ragion, se pur piet si nieghi?

    40 Donne, voi che lamaro e l dolce tempodi lei gi per lungo usosaper devete, e i benigni atti e i feri,chiedete posa a i lassi miei pensieri,i quai cangiando vo di tempo in tempo;

    45 n so sio tema o speri,gi mille volte in mia ragion deluso:

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    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    s mha l suo duro variar confuso,e l dolce riso, e quei begli occhi alterivti talor dorgoglio,

    50 chaltrui prometton pace e guerra fanno.N gi di lei mi doglio,che n vita tiemmi con benigno inganno.

    Pietosa tigre il cielo ad amar diemmi,donne, e serena e piana

    55 procella il corso mio dubbioso face:onde talora il cor riposa e tace,talor ne gli occhi e ne la fronte viemmipien di duol s verace,chogni mia prova in acquetarlo vana.

    60 Allor madiro, e con la mente insanamembrando vo che men di lei fugacedonna sento fermarsia mezzo il corso, e se l buon tempo anticonon mente, arbore farsi,

    65 misera, o sasso; e lacrimando dico:

    Or vedessio cangiato in dura selce,come dalcuna scritto,quel freddo petto; e l viso e i capei doro,non vago fior tra lerbe o verde alloro,

    70 ma quercia fatti in gelida alpe, od elcefrondosa, e l mio di loropenser, dolce novella al core afflitto,contra quel che nel ciel forse prescritto,recar potesse. Ahi mio nobil tesoro,

    75 troppo inanzi trascorrela lingua e quel chi non detto ragiona:colpa dAmor, che porrele devria freno, ed ei la scioglie e sprona.

    Canzon, tra speme e doglia80 Amor mia vita inforsa, e ben mavveggio

    che laltrui mobil vogliacolpando, io stesso poi vario e vaneggio.

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    XLVIIErrai gran tempo, e del camino incertomisero peregrin molti anni andaicon dubbio pi, sentier cangiando spesso,n posa seppi ritrovar giamai

    5 per piano calle o per alpestro ed erto,terra cercando e mar lungi e da presso:tal che n ira e n dispregio ebbi me stesso,e tutti i miei pensier mi spiacquer poichi non potea trovar scorta o consiglio.

    10 Ahi cieco mondo, or veggio i frutti tuoicome in tutto dal fior nascon diversi!Pietosa istoria a dir quel chio soffersi,in cos lungo esiglioperegrinando, fra:

    15 non gi chio scorga il dolce albergo ancora,ma l mio santo Signor con novo raggiola via mi mostra, e mia colpa sio caggio.

    Nova mi nacque in prima al cor vaghezza,s dolce al gusto in su let fiorita,

    20 che tosto ogni mio senso ebro ne fue;e non si cerca o libertate o vita,o saltro pi di queste uom saggio prezza,con s fatto desio comi le tuedolcezze, Amor, cercava; e or di due

    25 begli occhi un guardo, or duna bianca manosegua le nevi, e se due trecce dorosotto un bel velo fiammeggiar lontano,o se talor di giovenetta donnacandido pi scopro leggiadra gonna

    30 (or ne sospiro e ploro),corsi, comaugel sleche dalto scenda e a suo cibo vole.Tal fur, lasso, le vie de pensier mieine primi tempi, e camin torto fei.

    35 E per far anco il mio pentir pi amaro,spesso piangendo altrui termine chiesi

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    Giovanni Della Casa Rime

    de le mie care e volontarie pene,e n dolci modi lacrimare appresi,e n cor piegando di pietate avaro

    40 vegghiai le notti gelide e serene,e talor fu chio l torsi; e ben conveneor penitenzia e duol lanima lavede color atri e del terrestre limo,ondella per mia colpa infusa e grave:

    45 ch se l ciel me la di candida e leve,terrena e fosca a lui salir non deve.N p, sio dritto estimo,ne le sue prime formetornar giamai, che pria non segni lorme

    50 piet superni nel camin verace,e la tragga di guerra e ponga in pace.

    Quel vero Amor dunque mi guidi e scorgache di nulla degn s nobil farmi;poi per s l cor pure a sinistra volge,

    55 n laltrui p n l mio consiglio aitarmi,s tutto quel che luce a lalma porgail desir cieco in tenebre rivolge.Come scotendo pure alfin si svolgestanca talor fera da i lacci e fugge,

    60 tal io da lui, chal suo venen mi colsecon la dolce esca ondei pascendo strugge,tardo partimmi e lasso, a lento volo;indi cantando il mio passato duolo,in s lalma saccolse,

    65 e di desir novo arsecredendo assai da terra alto levarse:ondio vidi Elicona, e i sacri poggisalii, dove rado orma segnata oggi.

    Qual peregrin, se rimembranza il punge70 di sua dolce magion, talor se nvia

    ratto per selve e per alpestri monti,tal men givio per la non piana viaseguendo pur alcun chio scorsi lunge,e fur tra noi cantando illustri e conti.

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    Giovanni Della Casa Rime

    75 Erano i pi men del desir mio pronti,ondio del sonno e del riposo loredolci scemando, parte aggiunsi al diede le mie notti anco in questaltro errore,per appressar quella onorata schiera.

    80 Ma poco alto salir concesso mera.Sublimi elette vie,onde l mio buon vicinolungo Permesso feo novo camino,deh come seguir voi miei pi fur vaghi!

    85 N par chaltrove ancor lalma sappaghi.

    Ma volse il penser mio folle credenzaa seguir poi falsa donore insegna,e bramai farmi a i buon di fuor simile:come non sia valor, saltri no l segna

    90 di gemme e dostro, o come virt senzaalcun fregio per s sia manca e vile.Quanto piansi io, dolce mio stato umile,i tuoi riposi e i tuoi sereni giornivlti in notti atre e rie, poi chi maccorsi

    95 che gloria promettendo angoscia e scornid il mondo, e vidi quai pensieri e opredi letizia talor veste e ricopre.Ecco le vie, chio corsi,distorte: or vinto e stanco,0 poi che varia ho la chioma, infermo il fianco,volgo, quantunque pigro, indietro i passi,ch per quei sentier primi a morte vassi.

    Picciola fiamma assai lunge riluce,canzon mia mesta, e anco alcuna voltaangusto calle a nobil terra adduce.Che sai, se quel pensero infermo e lentochio mover dentro a lalma afflitta sento,ancor potr la foltanebbia cacciare, ondio0 in tenebre finito ho il corso mio,e per secura via, se l ciel laffida,s comio spero, esser mia luce e guida?

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    Giovanni Della Casa Rime

    XLVIIICome splende valor, perchuom no l fascidi gemme o dostro, e come ignuda piacee negletta virt pura e verace,Trifon, morendo esempio al mondo lasci.

    5 E col ciel ti rallegri, e n lui rinascicome a parte miglior translato facelieto arboscel talora, e n vera paceti godi e di saper certo ti pasci.N di me, credo, o del tuo fido e saggio

    10 Quirino unqua per ti prese oblio,chambo i vestigi tuoi cerchiam piangendo:

    ei dritto e scarco e pronto in suo viaggio,io pigro ancor, pur col tuo specchio amendogli error che torto han fatto il viver mio.

    XLIXPoco il mondo giamai tinfuse o tinse,Trifon, ne latro suo limo terreno,e poco inver gli abissi onde egli pienoi puri e santi tuoi pensier sospinse.

    5 E or di lui si scosse in tutto e scinsetua candida alma, e leve fatta a pienosalo, son certo, ov pi il ciel sereno,e quanto lice pi ver Dio si strinse.Ma io rassembro pur sublime augello

    10 in ima valle preso, e queste piumecaduche omai pur ancor visco invoglia,

    lasso; n ragion p contra il costume:ma tu del cielo abitator novelloprega il Signor che per piet le scioglia.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    LCuri le paci sue chi vede Martegli altrui campi inondar torbido insano,e chi sdruscita navicella invanovede talor mover governo e sarte,

    5 ami, Marmitta, il porto. Iniqua parteelegge ben chi il ciel chiaro e sovranolassa, e gli abissi prende: ahi cieco umanodesir, che mal da terra si diparte!Quando in questo caduco manto e frale,

    10 cui tosto Atropo squarcia e no l ricucegiamai, altro che notte ebbe uom mortale?

    Procuriam dunque omai celeste luce,ch poco a chiari farne Apollo vale,lo qual s puro in voi splende e riluce.

    LIS lieta avessio lalma, e dogni parteil cor, Marmitta mio, tranquillo e piano,come laspra sua doglia al corpo insano,poi chAdria mebbe, men noiosa in parte.

    5 Lasso, questa di noi terrena partefia dal tempo distrutta a mano a mano,e i cari nomi poco indi lontano(il mio col vulgo, e l tuo scelto e n disparte),pur come foglia che col vento sale

    10 cader vedransi. O fosca, o senza lucevista mortal, cui s del mondo cale,

    come non tergi al ciel, che sol produceeterni frutti? Ahi vile augel su lalepronto, cha terra pur si riconduce!

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    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    LIIFeroce spirto un tempo ebbi e guerrero,e per ornar la scorza anchio di fore,molto contesi; or langue il corpo, e l corepaventa, ondio riposo e pace chero.

    5 Coprami omai vermiglia vesta, o neromanto, poco mi fia gioia o dolore:cha sera l mio d corso, e ben lerrorescorgo or del vulgo che mal scerne il vero.La spoglia il mondo mira. Or non sarresta

    10 spesso nel fango augel di bianche piume?Gloria non di virt figlia, che vale?

    Per lei, Francesco, ebbio guerra molesta;e or placido, inerme, entro un bel fiumesacro ho mio nido, e nulla altro mi cale.

    LIIIVarchi, Ippocrene il nobil cigno albergache n Adria mise le sue eterne piume,a la cui fama, al cui chiaro volumenon fia che l tempo mai tenebre asperga.

    5 Ma io palustre augel, che poco sergasu lale, sembro, o luce inferma e lumecha leve aura vacille, e si consume:n p lauro innestar, caduca vergadignobil selva. Dunque i versi, ondio

    10 dolci di me ma false udnovelle,amor dettovvi e non giudicio: e poi

    la mia casetta umil chiusa doblio.Quanto dianzi perdeo Venezia e noiApollo in voi restauri e rinovelle.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    LIVO sonno, o de la queta, umida, ombrosanotte placido figlio; o de mortaliegri conforto, oblio dolce de malis gravi ond la vita aspra e noiosa;

    5 soccorri al core omai che langue e posanon have, e queste membra stanche e fralisolleva: a me ten vola o sonno, e lalitue brune sovra me distendi e posa.Ov l silenzio che l d fugge e l lume?

    10 e i lievi sogni, che con non securevestigia di seguirti han per costume?

    Lasso, che nvan te chiamo, e queste oscuree gelide ombre invan lusingo. O piumedasprezza colme! o notti acerbe e dure!

    LVMendico e nudo piango, e de miei dannimen vo la somma tardi omai contandotra queste ombrose querce, e obliandoquel che gi Roma minsegn molti anni.

    5 N di gloria, onde par tanto saffanniumano studio, a me pi cale; e quandofallace il mondo veggio, a terra spandociascun suo dono, acci pi non minganni.Quella leggiadra Colonnese e saggia

    10 e bella e chiara, che co i raggi suoila luce de i Latin spenta raccende,

    nobil poeta canti e n guardia laggia:ch lumil cetra mia roca, che voiudir chiedete, gi dimessa pende.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    LVIOr pompa e ostro, e or fontana ed elcecercando, a vespro addutta ho la mia lucesenza alcun pro, pur come loglio o felcesventurata, che frutto non produce.

    5 E bene il cor, del vaneggiar mio duce,vie pi sfavilla che percossa selce,s torbido lo spirto riconducea chi s puro in guardia e chiaro dielce,misero; e degno ben chei frema e arda,

    10 poi che n sua preziosa e nobil mercenon ben guidata, danno e duol raccoglie.

    N per Borea giamai di queste querce,come tremo io, tremar lorride foglie:s temo chogni amenda omai sia tarda.

    LVIIDoglia, che vaga donna al cor napportepiagandol co begli occhi, amare stridae lungo pianto, e non di Creta e dIdadittamo, signor mio, vien che conforte.

    5 Fuggite Amor: quegli ver lui pi forteche men sarrischia ovegli a guerra sfida;col ve dolce parli, o dolce ridabella donna, ivi presso pianto e morte.Per che gli occhi alletta e l cor recide

    10 donna gentil che dolce sguardo mova:ahi venen novo, che piacendo ancide!

    Nulla in sue carte uom saggio antica o novamedicina have, che dAmor naffide:ver cui sol lontananza e oblio giova.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    LVIIISignor mio caro, il mondo avaro e stoltoin procurar pur nobiltade e orofatto mendico e vile, e l bel tesorodi gentilezza unito ha sparso e sciolto.

    5 Gi fu valore e chiaro sangue accoltoinseme, e cortesia; or tra lorodiscordia tal, chio ne sospiro e ploro,secol mirando in tanto errore avolto.E perch in te dal sangue non discorda

    10 virtute, a te, Cristoforo, mi vlgo,che mi soccorra al maggior uopo mio;

    e s porterai tu Cristo oltra il riodi caritate, col dove il volgocieco portarlo pi non si ricorda.

    LIXCorreggio, che per pro mai n per dannodiscordar da te stesso non consenti,contra il costume de le inique genti,che le fortune adverse amar non sanno;

    5 mentre quel chi segua fuggir maffanno,e fuggol, ma con passi corti e lenti,le due latine luci chiare ardenti,Alessandro e Ranuccio tuoi, che fanno? vero che l cielo orni e privilegi

    10 tuo dolce marmo s, che Smirna e Samoperde e Corinto, e i lor maestri egregi?

    Per questa e per quei due, di quel chio bramoobliar mi sovien; per tai suo pregiRoma, che s mi nocque, onoro e amo.

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    Giovanni Della Casa Rime

    LXSegli averr, che quel chio scrivo o dettocon tanto studio, e gi scritto il distornoassai sovente, e come io so ladornopensoso in mio selvaggio ermo ricetto,

    5 da le genti talor cantato o letto,dopo la morte mia viva alcun giorno,bene udir del nostro mar lun cornoe laltro, Rota, il gentil vostro affetto,che l suo proprio tesoro in altri apprezza,

    10 e quel che tutto a voi solo convieneper onorarne me, divide e spezza.

    Mio dever gi gran tempo a le tirreneonde mi chiama; e or di voi vaghezzami sprona: ahi, posi omai chi mi ritiene!

    LXIDi l, dove per ostro e pompa e orofra genti inermi ha perigliosa guerra,fuggo io mendico e solo, e di quella escachi bramai tanto, sazio, a queste querce

    5 ricorro, vago omai di miglior cibo,per aver posa almen questi ultimi anni.Ricca gente e beata ne primi annidel mondo, or ferro fatto, che senzoromen di noi macra in suo selvaggio cibo

    10 si visse, e senza Marte armato in guerra;quando tra lelci e le frondose querceancor non si prendea lamo entro a lesca.

    Io, come vile augel scende a poca escadal cielo in ima valle, i miei dolci anni

    15 vissi in palustre limo; or fonti e quercemi son quel che ostro fummi e vasel doro:cos lanima purgo, e cangio guerracon pace, e con digiun soverchio cibo.

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    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    Fallace mondo, che damaro cibo20 s dolce mensa ingombri! Or di quella esca

    fossio digiun, chancor mi grava, e n guerratenne lalma co i sensi ha gi tanti anni!ch pi pregiate che le gemme e lororenderei lombre ancor de le mie querce.

    25 O rivi, o fonti, o fiumi, o faggi, o querce,onde il mondo novello ebbe suo cibo,in quei tranquilli secoli de loro!Deh come ha il folle poi cangiando lescacangiato il gusto, e come son questi anni

    30 da quei diversi in povertate e n guerra!

    Gi vincitor di gloriosa guerraprendea suo pregio da lombrose querce:ma dora in or pi duri volgon gli anni,ondio ritorno a quello antico cibo

    35 che pur di fere fatto e daugelli esca,per arricchire ancor di quel primo oro.

    Gi in prezioso cibo o n gonna doronon crebbe, anzi tra querce e n povera esca,virt, che con questi anni ha sdegno e guerra.

    LXIIGi lessi, e or conosco in me, s comeGlauco nel mar si pose uom puro e chiaro,e come sue sembianze si mischiarodi spume e conche, e fersi alga sue chiome;

    5 per che n questo Egeo che vita ha nomepuro anchio scesi, e n queste de lamaromondo tempeste, ed elle mi gravaroi sensi e lalma ahi di che indegne some!Lasso: e soviemmi dEsaco, che lali

    10 damoroso pallor segnate ancoradigiuno per lo cielo apre e distende,

    e poi satollo indarno a volar prende:s l core anchio, che per s leve fra,gravato ho di terrene esche mortali.

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    Giovanni Della Casa Rime

    LXIIIO dolce selva solitaria, amicade miei pensieri sbigottiti e stanchi,mentre Borea ne d torbidi e manchidorrido giel laere e la terra implica,

    5 e la tua verde chioma ombrosa, anticacome la mia, par dognintorno imbianchi,or, che nvece di fior vermigli e bianchiha neve e ghiaccio ogni tua piaggia aprica,a questa breve e nubilosa luce

    10 vo ripensando, che mavanza, e ghiacciogli spirti anchio sento e le membra farsi;

    ma pi di te dentro e dintorno agghiaccio,ch pi crudo Euro a me mio verno adduce,pi lunga notte, e d pi freddi e scarsi.

    LXIVQuesta vita mortal, che n una o n duebrevi e notturne ore trapassa, oscurae fredda, involto avea fin qui la puraparte di me ne latre nubi sue.

    5 Or a mirar le grazie tante tueprendo, ch frutti e fior, gielo e arsura,e s dolce del ciel legge e misura,eterno Dio, tuo magisterio fue.Anzi l dolce aer puro e questa luce

    10 chiara, che l mondo a gli occhi nostri scopre,traesti tu dabissi oscuri e misti:

    e tutto quel che n terra o n ciel rilucedi tenebre era chiuso, e tu lapristi;e l giorno e l sol de le tue man sono opre.

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    Giovanni Della Casa Rime

    LXVN lalba mai, poi che l suo strazio riovien Progne, ombrose valli, a pianger vosco,quando l ciel fosse in sul mattin men fosco,di braccia al vecchio suo s bionda usco;

    5 n n riva di corrente e largo riochiome spieg dapril tenero boscos vaghe, come il sol chio sol conoscosparger tra voi le sue talor vidio.E or le tronca empio destino acerbo,

    10 e mpoverisce Amor del suo tesoro:a noi s cara vista invidia e toglie.

    Deh chi l mio nodo rompe e me non scioglie?Avessio parte almen di quel dolce oro,per mitigar il duol che nel cor serbo.

    LXVIStruggi la terra tua gentile e pia,o di vero valor spogliata schiera,e n soggiogar te stessa onore spera,s come servitute in pregio sia;

    5 e di s mansueta cheri priabarbara fatta sovrogni altra e fera,cura che l latin nome abbassi e pra,e n tesoro cercar virtute oblia.Tu incontro a chi taffida armata fendi

    10 col tuo nemico il mar, quando la turbade gli animosi figli Eolo disserra;

    tu quei che pi ragion torce e conturbasegni, e l tuo sangue a prezzo e laltrui vendi,crudele: ahi non questo a Dio far guerra?

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    Giovanni Della Casa Rime

    LXVIIForse per che respirar ne licedopo tanti anni, or questo e or quellanguecos ne punge, o pur del nostro sanguenon vermiglia ancora ogni pendice?

    5 Terra pi chaltra pria lieta e felicefatt per dura mano ignuda, esangue:deh perchin noi virtute e valor langue,e rinverde avarizia ogni radice?Chancor potrebbe, asciutto il sangue sparso

    10 e sereni i begli occhi or di duol colmi,frenar le genti Italia a lantico uso;

    ned io lIbero o pi Cesare accusoche l loro aspro vicin, ma piango, e duolmirotto vedere il mio bel nido e arso.

    LXVIIIDeh avessio cos spedito stilecome ho pronto, madonna, ogni desio,ch il vostro dolce affetto onesto e pioconto fra per me com gentile:

    5 e s devria, poi che damaro e viledolce rendete e caro il viver miovoi sola; ma che pi, lasso, possiose a gir tantalto il mio dir pigro umile?Per me pregaste voi langel mio santo

    10 che, se grave peccato ho in me concetto,raggio di sua piet mi vegli e lustre:

    ed ella il feo, n pi benigno effettovide uom giamai, n stato have in s tantoalcun quantio vi debbo, anima illustre.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    LXIXSe ben pungendo ognior vipere ardentie venenose serpi al cor mi stanno,e scopro de bei lumi il chiaro ingannocon questi miei, a la sua luce intenti,

    5 non fia per giamai chio mi sgomentidi soffrir questo incarco e questo affanno,ch soave il martir, utile il danno,gli occhi fian sempre di languir contenti.Lasso, ch di tal laccio Amor mi strinse

    10 cha snodarlo convien che si discioglialo stame, con cui l ciel questalma avvinse:

    e bench un timor rio sempre mindoglia,un timor che la speme un tempo vinse,conven chio segua lostinata voglia.

    LXXDopo s lungo error, dopo le tantes gravi offese, ondognor hai soffertolantico fallo e lempio mio demerto,con la piet de le tue luci sante

    5 mira, Padre celeste, omai con quantelacrime a te devoto mi converto,e spira al viver mio breve e incertograzia, chal buon camin volga le piante.Mostra gli affanni, il sangue e i sudor sparsi

    10 (or volgon gli anni) e laspro tuo dolorea miei pensieri, ad altro oggetto avvezzi;

    raffredda, Signor mio, quel foco ondarsicol mondo e consumai la vita e lore,tu che contrito cor giamai non sprezzi.

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    Giovanni Della Casa Rime

    LXXIPosso ripor ladunca falce omai,la negra insegna, e de le spoglie alteratrionfar di pi eterna e di pi veragloria che sacquistassi in terra mai.

    5 Cagion unqua non fu di tanti guaiCesare in region barbara e fera,comio son stata al mondo inanzi sera,oscurando del suo bel sole i rai.Non mancava a mutar la gioia e l riso

    10 di quello in maggior lacrime e dolorealtro che trgli il fior di castitade;

    n si poteva ornare il Paradisodi pi ricco tesor n di maggiorevittoria in questa e n la futura etade.

    LXXIIStolto mio core, ove s lieto vai?Al mio cibo soave.Ma tosto a me, piangendo, tornerai.Gi non m il pianger grave.

    5 Dunque di duol ti pasci?Altresca Amor non have.Che fia dunque il digiun, se l cibo guai?O falso empio signore,che laspro tuo dolore

    10 di gioia e di piacer circondi e fasci,e lacrimoso cresci, e lieto nasci.

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    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    LXXIIIGrave daspre e rie cure, in voce mestascoprasi lalma e di dolore accesa,or che lamata vista a me contesamingombra di temenza atra e funesta.

    5 Perch a scampar nessun rimedio restafuor che madonna, mia miseria intesa,prenda consiglio a mia giusta difesa,tornando, onde a partir troppo fu presta:chio di f vera esempio, a strana vita

    10 meno i miei giorni dispettosi e lassi,pien damor, fuor di speme, in pianto e ira.

    E sanar lalta mia mortal feritaella de, che la fece, e lunge stassi,e larco Amor pur a mio strazio tira.

    LXXIVNovo fattor di cose eterne e magne,le prove ascolta or de la donna mia:ovell non pu star fortuna ria,n l dove ragiona unqua si piagne.

    5 E purchun poco a mirar lei rimagne,coi dolci lampi al sommo ben tinvia,n dopo hai tema di trovar tra viacosa, che mai da quel ti discompagne.Lerba onde Glauco divent beato,

    10 e l cibo de la Greca alma e famosa,produce e dona il suo riso giocondo;

    s ch ben degna, o mio corriero alato,che la tua sacra man larga e pietosadi quella bella imago adorni il mondo.

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    Giovanni Della Casa Rime

    LXXVLe braccia di piet, chio veggio ancoraaperte sovra il tronco, ove salistia darmi eterna vita, e l ciel mapristiper vie spinose ed erte, anzi chio mora

    5 porgimi, Signor mio, chio sento lorade lultima partita, e i pensier tristiavvicinarsi, e tua merc racquistiquestalma il nido vero, onde usc fora.Squarciato l vel, che tolse a gli occhi interni

    10 e a questi il camin del porto veroe li copr di tenebre e di doglia.

    Ne lalma e ricca casa, u sono eternigli alti tesori, or ch nudo e sincero,la tua bontade il mio miglior accoglia.

    LXXVIDisciogli e spezza omai lamato e caronodo di questa afflitta e miseralma,acerba Morte, e la terrena salmadel mortal vel ti serba, ch pi amaro

    5 di te m qui il tardar: chio scorgo or chiarodel mondo i lacci e di mia f la palma,e la corona pi felice e almaspero da lui, da cui morire imparo.A i prieghi ognor di mia salute accesi

    10 e a le soavissime paroleconosco, Re del ciel, che tu mi chiami.

    Eccoti lalma e l core, e sio toffesiil tuo sangue mi lave, or me ne duole:fa chio sia teco, e sempre goda e ami.

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    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    LXXVIIOmbra nemica, che qualor mi scorgine i pi profondi miei sonni sepolto,mi voli intorno, e con mentito voltovane lusinghe indarno a lalma porgi;

    5 io son merc del ciel, n te naccorgi,cos da i lacci di chi sembri sciolto,chio non ho da temer poco n moltoqualor pi bella avanti mi risorgi.Lalta cagion, cha sempiterno sdegno

    10 minvita, al cor la libert difende,per ogni tempo, da tuoi inganni pronti.

    Sparisci dunque; ch l tuo van disegnomen grata la memoria ognor mi rendedi quella, i cui vestigi or mi fai conti.

    LXXVIIIDolce umiltade e fatti egregi e magnivere ricchezze son dantico sangue;n per altro, credio, mendica, esangue,Italia de suoi figli oggi si lagni.

    5 Se non che, in coltivar falsi guadagni,superbia in lor fiorisce e valor langue:onde, signor, sovra le rane langue,e i lupi son pastor fatti de gli agni.Ponete mente a questa antica madre:

    10 deh come ha in vece di trionfi e palmepur bruna vesta e bende oscure e adre!

    Oh delle veramente nobili almespronate il cor, chalberga alte e leggiadrevoglie, a sgombrarla di s gravi salme!

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giovanni Della Casa Rime

    LXXIXTosto che dal suo albergo il d vien fore,solinga ove l bel rio saccoglie e stagnaquella vostra e dAmor dolce compagnatorna a sfogar il suo acerbo dolore;

    5 e come insegna a suoi seguaci Amore,con s caldi sospir di voi si lagna,e del ciel, che da lei vi discompagna,che di nova piet mingombra il core.Misera, dice, il fil de tuoi pensieri

    10 soavi tronco, e nel tranquillo senode le tue paci ria tempesta e guerra;

    chin un momento i miei ben non interi,partendo, il mio signore ha sparti a terra,e l ciel m fosco, quanto mai sereno.

    RimeEdizioniSommario I - Poi chogni esperta, ogni spedita mano II - S cocente penser nel cor mi siede III - Affligger chi per voi la vita piagne IV - Amor, per lo tuo calle a morte vassi V - Gli occhi sereni e 'l dolce sguardo onesto VI - Nel duro assalto, ove feroce e franco VII - Io mi vivea d'amara gioia e bene VIII - Cura, che di timor ti nutri e cresci IX - Danno (n di tentarlo ho gi baldanza) X - Dolci son le quadrella ond'Amor punge XI - Sagge, soavi, angeliche parole XII - Il tuo candido fil tosto le amare XIII - Fuor di man di tiranno a giusto regno XIV - Cangiai con gran mio duol contrada e parte XV - Quella, che del mio mal cura non prende XVI - Tempo ben fra omai, stolto mio core XVII - Io, che l'et solea viver nel fango XVIII - S'io vissi cieco, e grave fallo indegno XIX - Sperando, Amor, da te salute invano XX - Ben foste voi per l'armi e 'l foco elette XXI - Gi nel mio duol non pote Amor quetarmi XXII - N quale ingegno 'n voi colto e ferace XXIII - Sotto 'l gran fascio de' miei primi danni XXIV - Nessun lieto giamai, n 'n sua ventura XXV - Solea per boschi il d fontana o speco XXVI - Mentre fra valli paludose e ime XXVII - Gioia e mercede, e non ira e tormento XXVIII - Certo ben son quei due begli occhi degni XXIX - Soccorri, Amor, al mio novo periglio XXX - Le chiome d'or, ch'Amor solea mostrarmi XXXI - Le bionde chiome, ov'anco intrica e prende XXXII - Arsi; e non pur la verde stagion fresca XXXIII - Ben veggo io, Tiziano, in forme nove XXXIV - Son queste, Amor, le vaghe trecce bionde XXXV - L'altero nido, ov'io s lieto albergo XXXVI - La bella Greca, onde 'l pastor Ideo XXXVII - Or piagni in negra vesta, orba e dolente XXXVIII - Vago augelletto da le verdi piume XXXIX - Quel vago prigionero peregrino XL - Come vago augelletto fuggir sle XLI - Ben mi scorgea quel d crudele stella XLII - Gi non potrete voi per fuggir lunge XLIII - Vivo mio scoglio e selce alpestra e dura XLIV - Quella, che lieta del mortal mio duolo XLV - Amor, i' piango, e ben fu rio destino XLVI - Come fuggir per selva ombrosa e folta XLVII - Errai gran tempo, e del camino incerto XLVIII - Come splende valor, perch'uom no 'l fasci XLIX - Poco il mondo giamai t'infuse o tinse L - Curi le paci sue chi vede Marte LI - S lieta avess'io l'alma, e d'ogni parte LII - Feroce spirto un tempo ebbi e guerrero LIII - Varchi, Ippocrene il nobil cigno alberga LIV - O sonno, o de la queta, umida, ombrosa LV - Mendico e nudo piango, e de' miei danni LVI - Or pompa e ostro, e or fontana ed elce LVII - Doglia, che vaga donna al cor n'apporte LVIII - Signor mio caro, il mondo avaro e stolto LIX - Correggio, che per pro mai n per danno LX - S'egli averr, che quel ch'io scrivo o detto LXI - Di l, dove per ostro e pompa e oro LXII - Gi lessi, e or conosco in me, s come LXIII - O dolce selva solitaria, amica LXIV - Questa vita mortal, che 'n una o 'n due LXV - N l'alba mai, poi che 'l suo strazio rio LXVI - Struggi la terra tua gentile e pia LXVII - Forse per che respirar ne lice LXVIII - Deh avess'io cos spedito stile LXIX - Se ben pungendo ognior vipere ardenti LXX - Dopo s lungo error, dopo le tante LXXI - Posso ripor l'adunca falce omai LXXII - Stolto mio core, ove s lieto vai? LXXIII - Grave d'aspre e rie cure, in voce mesta LXXIV - Novo fattor di cose eterne e magne LXXV - Le braccia di piet, ch'io veggio ancora LXXVI - Disciogli e spezza omai l'amato e caro LXXVII - Ombra nemica, che qualor mi scorgi LXXVIII - Dolce umiltade e fatti egregi e magni LXXIX - Tosto che dal suo albergo il d vien fore

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