Del senso pedagogico del counseling empowerment oriented

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    Ricerche di Pedagogia e Didattica, 4 (2009) Pedagogia Generale

    Del senso pedagogico del counseling empowerment oriented

    Alessandro TolomelliAlma Mater Studiorum Universit di BolognaDipartimento di Scienze [email protected]

    AbstractLa pratica del counseling risulta sempre pi utilizzata nelle cosiddette professionidi aiuto. Allinterno dei diversi orientamenti e scuole di counseling attualmente esi-stenti in Italia, si inserisce la prassi del colloquio di counseling empowerment o-riented che si propone come interpretazione peculiare del counseling distaccandosi

    parzialmente dagli indirizzi classici. Nel presente articolo si delineano i tratti salien-ti di tale approccio mettendone in evidenza lintreccio tra Empowerment e Pro-blematicismo Pedagogico.

    Parole chiave: Counseling; Empowerment; Problematicismo Pedagogico_____________________________________________________________

    1. La pratica del counseling e il modello empowerment orientedLa pratica del counseling risulta sempre pi utilizzata nelle cosiddette professionidi aiuto, cos come la professione del counselor appare in costante e progressiva

    diffusione e il counseling, mentre costituisce prassi consolidata in alcuni ambiti, ancora in piena evoluzione e sviluppo in altri contesti e i paradigmi ad esso relativisono in costante evoluzione. Allinterno dei diversi orientamenti e scuole di coun-seling attualmente esistenti in Italia si inserisce la prassi del colloquio di counselingempowerment oriented che fa riferimento al modello teorico-metodologico delSelf Empowerment (S.E.), elaborato principalmente da Massimo Bruscaglioni, e sipropone come interpretazione peculiare del counseling distaccandosi parzialmentedagli indirizzi classici. Le scuole di counseling pi diffuse nel nostro paese, infatti,si ispirano alla tradizione rogersiana, mentre lapproccio empowerment oriented(e.o.) si discosta da tale indirizzo, pur riprendendone in parte leredit metodologi-ca: rimane, ad esempio, intatta la centralit sulla persona-cliente che Rogers avevadelineato come focus originario del colloquio, mentre le principali differenze tra

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    lapproccio rogersiano e quello empowerment oriented emergeranno nel corso del-la presente riflessione.Nel counseling, generalmente, la posizione del cliente si orienta secondo due pos-sibili direttrici: in un primo caso il soggetto avverte un senso di disagio relativo adun contenuto specifico (pi spesso inerente larea esistenziale), ma non riesce aspecificare la richiesta apparendo confuso e disorientato; in un secondo caso ilsoggetto ha una richiesta specifica, ma non ha le competenze, le strategie per poterrisolvere il problema e su questo chiede aiuto al counselor. Nel primo caso lacompetenza del counselor prevalentemente esplicitata nellorientamento del sog-getto rispetto alla sua sfera emotiva e utilizza gli strumenti dellascolto attivo, delrispecchiamento e della consulenza di processo, in una prospettiva di non giudizio.Nel secondo caso la consulenza maggiormente indirizzata al sostegno e allo svi-luppo di comportamenti efficaci attraverso cui il cliente pu affrontare il problemain questione. Il colloquio assume quindi la forma di un expertise che si sviluppaattraverso lanalisi della situazione per formulare una diagnosi adeguata,lindividuazione di alternative risolutive possibili e laiuto al cliente per la scelta piappropriata tra un ventaglio di opportunit. Per dirla con Bruscaglioni e Gheno, il

    primo caso si connota come dimensione soft del counseling, mentre il secondocome dimensione hard; la prospettiva empowerment oriented tendeallintegrazione di tali alternative o, meglio, persegue una gestione originale delledue dimensioni per raggiungere una maggiore incisivit ed efficacia nel colloquio.Il counselor e.o. ha lobiettivo di valorizzare la dimensione dell io desiderantedel cliente in modo da mettere in evidenza gli oggetti interni su cui il soggetto in-tende applicare un processo di empowerment, su cui, cio, vuole davvero investireper il suo progetto di crescita (cfr. M. Bruscaglioni & S. Gheno, 2000).Nell'approccio dellempowerment la finalit ultima e, di conseguenza, il valorechiave da perseguire quella dellapertura di nuove possibilit all'interno del sog-getto. Possibilit, non necessariamente cambiamento. (S. Gheno, 2005, p.144)

    Tutta la cultura del S.E. si muove in questottica: ci a cui si tende, infatti, non nla stabilit del soggetto nell'attuale situazione (come accade quando si ritiene ilsoggetto non in grado di affrontare il cambiamento o quando il contesto tende anormalizzare le dinamiche per salvaguardare lomeostasi interna), e neppure ilcambiamento orientato a un obiettivo predefinito (che pu risultare troppo vinco-lante per chi vive, insieme, la tensione ma anche la resistenza al cambiamento), maun terzo polo tra i due rappresentato dallo stato di pluripossibilit. In questacondizione, infatti, il soggetto pu agire la meta-possibilit di scelta tra un venta-glio di opportunit che prima non riusciva nemmeno a vedere come possibili solu-zioni al suo stato di difficolt; non ancora cambiamento concreto e non pilinerzia immobilizzante, ma una dimensione che restituisce al soggetto la libert, elautonomia, di agire da protagonista sulle scelte che lo riguardano.

    Spingere e sostenere la persona cliente al proprio empowerment significa innanzi-

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    tutto spingerla a lavorare sui suoi rapporti di secondo livello, cio rapporti che essaha con i propri rapporti. Spesso gli approcci al cambiamento implicano la modificadei rapporti di primo livello, relativi a categorie come le relazioni interpersonali, lemotivazioni, gli atteggiamenti, cio, in altri termini, rapporti con oggetti specifici.Fare empowerment, invece, significa considerare tali rapporti come dati di parten-za e lavorare per ampliare le possibilit della persona nel suo rapporto con tali datidi partenza. (M. Bruscaglioni & S. Gheno, 2000, p.150). Il counseling di empo-

    werment si muove quindi a livello meta, portando allattenzione del cliente imeccanismi cha stanno alla base del suo modo di pensare. In questo sensolapproccio al counseling empowerment oriented non si illude, banalizzando, diaiutare il cliente a risolvere i problemi attraverso, ma mira ad aprire una possibilit;un approccio che non orientato al cambiamento, ma pone attenzione a quel pas-saggio intermedio che la possibilitazione.Secondo Bruscaglioni fuorviante sostenere che le societ e i soggetti evolvanoper cambiamenti successivi. Quando emerge il desiderio (o la necessit) di uncambiamento, in realt quello che si cerca non altro che tentare di aumentare leproprie possibilit, aggiungere opzioni di scelta. Ci che genera frustrazione e pu

    portare, se aggiunto ad una precedente sofferenza, allaggressivit la mancanzaopportunit di scelta, cio la mancanza di potere rispetto al proprio futuro.Pi che sul cambiamento, inteso come concreto moto di rottura con il passato

    verso nuove realt di vita, lEmpowerment insiste sulla possibilit di allargare lagamma delle scelte esistenziali. Trasferendo il principio psicodinamico della resi-stenza al cambiamento1alla pratica educativa, possiamo affermare, estremizzan-do, che se la spinta propulsiva di un intervento educativo diretta principalmenteal cambiamento si avr di ritorno una resistenza a tale spinta; se invece il lavoroeducativo fosse valutato come in realt , e cio come movimento di scoperta dinuove possibilit esistenziali, allora si potrebbe chiedere di pi ai soggetti informazione: si potrebbe richiamare la loro forza, la loro capacit di scegliere, di a-

    gire in modo consapevole.2. Considerazioni pedagogicheCi sembra estremamente interessante rilevare la congruenza di alcuni temi cardinedellapproccio dellEmpowerment con la prospettiva del Problematicismo Pedago-gico2ed in particolare con la lettura di Giovanni Maria Bertin dellevento educati-

    1Si fa in questo caso riferimento al concetto psicanalitico di resistenzache costituisce lostacoloal lavoro terapeutico. La resistenza ha quindi una funzione difensiva che attribuita allIo chesi mobilita anche contro la guarigione percepita essa stessa come pericolo. Cfr. con Laplanche,Pontails,Enciclopedia della psicanalisi,Laterza, Bari, 1987, pp. 507-511.2In questa sede non abbiamo lo spazio per delineare esaurientemente le due prospettive. Per

    maggiori apprendimenti si rimanda, per quanto la prospettiva di Bruscaglioni, ai testi Il gusto

    delpoteree Persona empowerment, mentre per ci che concerne alla prospettiva bertiniana ai testi Co-

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    vo come percorso di sviluppo della personalit in direzione di autonomia e autore-alizzazione3.Il colloquio di counseling Empowerment oriented presenta, infatti, una serie dispecificit che lo rendono particolarmente incisivo nel processo formativo di auto-sviluppo e particolarmente interessante ad unanalisi in chiave pedagogica.

    Tale modello risulta inoltre utile per quanto riguarda i contesti educativi proprioperch il sostegno ai soggetti in et evolutiva finalizzato allo sviluppo dei loroprocessi di autonomia, di autostima e costruzione consapevole del s.Lapproccio dellEmpowerment richiama poi alcune categorie del ProblematicismoPedagogico (scuola pedagogica fondata da Giovanni Maria Bertin e sviluppata daMariagrazia Contini), in cui si valorizza laffettivit come risorsa educativa in gradodi promuovere lapertura di possibilit comunicative autentiche tra i soggetti. Unapproccio mirato alla problematizzazione, infatti, determina il rifiuto di letture u-nivoche di eventi, categorie o comportamenti umani, per attivare un percorso edu-cativo finalizzato al superamento dellegocentrismo cognitivo e alla acquisizione diconsapevolezza della legittimit dei punti di vista divergenti da porre in reciprocoascolto e in reciproca comunicazione.

    Inoltre, per affrontare, e non eludere, il confronto con le ambivalenze emotive e lacrescente complessit sociale e, conseguentemente, con le mutate esigenze dei gio-

    vani in formazione, il problematicismo pedagogico propone di educare alla proget-tazione esistenziale in direzione di ragione, contro la passivit e il conformismo in-dotti dalla massificazione e lo smarrimento di fronte al contesto globale dominatodalla spregiudicatezza morale, dalla violenta competitivit, dal compiacimento ar-rogante e totalizzante del pensiero unico.

    A questo proposito ricordiamo che il concetto di ragione, nella prospettiva pro-blematicista, non rappresenta un principio metafisico di tipo hegeliano, non si i-dentifica con il reale come sua necessit, e non fornita di una struttura definita econclusa dogmaticamente (G.M. Bertin, 1983, p. 34) e non neppure una ragione

    intellettualistica, che non risponde ad esigenze etiche o dellaffettivit. Razionalit da intendersi viceversa come unesigenza che, per realizzarsi, deve essere oggettodella scelta dal soggetto umano.E unistanza - precisa Bertin - rivolta a risolvere forme unilaterali, indeterminate,incongrue (e in tal senso problematiche) in direzione rispettivamente di pluralit,

    struire lesistenzaeEducazione alla ragione. Resta il fatto che la convergenza di tematiche e approccidelle due prospettive metta ancor di pi in evidenza, a nostro giudizio, lopportunit di colloca-re la pratica del counseling (almeno quello empowerment oriented) allinterno di un contestoepistemologico che si rif alle scienze delleducazione e in quel terreno di confine tra compe-tenze psicologiche e pedagogiche.

    3Cfr con Bertin G. M., Progresso sociale e trasformazione esistenziale: alternativa pedagogica,Liguori, Napoli, 1982.

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    determinatezza, congruenza, acquisendo o chiarendo i criteri pi opportuni perciascuna di tali operazioni (G. M. Bertin, 1974, p. 28).La ragione problematicista non pertanto limitata dai diversi piani dellesperienzao dai sistemi categoriali di riferimento, ma si connota come possibilit di supera-mento della problematicit che caratterizza lesperienza umana destinata, comun-que, a non pervenire a una conclusione definitiva, ma sempre connotata e sostenu-to da una tensione critica mirata ad approfondire, in altezza e profondit, direb-be Nietzsche, la struttura ricca e articolata della concretezza storica.Un concetto di ragione quindi antidogmatico, concreto e non aprioristico, che

    non teme di essere messo in crisi dallesterno, ma che, viceversa, trova nel ricono-scimento e nellaccettazione della crisi lo strumento privilegiato di lettura della re-alt in chiave problematica e non semplificatoria. Ma anche per questo, suggeri-sce M. Contini, che pu attraversare e rendere agibili, e produttivi, i terreni dellaproblematicit prospettando ad essi orizzonti dapertura: in altri termini e parados-salmente rispetto ai canoni tradizionali, una ragione che pu definirsi forte pro-prio perch tende a fare del momento di problematicit che le costitutivo, ilprincipio del proprio sviluppo e del proprio arricchimento creativo.

    Ora vediamo come.Le due prospettive, pur appartenendo ad ambiti disciplinari diversi e riferendosialla metodologia del lavoro sociale e di comunit - lEmpowerment- e alla rifles-sione critico-teorica -il Problematicismo- costituiscano due chiavi di lettura delprocesso educativo parallele e, per alcuni aspetti, intersecabili dialogicamente cherendono possibile la traduzione in termini scientifico-culturali dellesperienza diformativa.Se da un alto la prospettiva dellEmpowerment secondo la lettura di Bruscaglionisi inserisce pienamente, anche storicamente, nel dibattito aperto sulla formazioneal lavoro, la riflessione pedagogica del Problematicismo pu contribuire in modoinedito a quel dibattito, riportando problematiche eminentemente pedagogiche in

    un terreno troppo spesso dominato da tecnocrazie semplificatorie. Certo, va sot-tolineato che tale riflessione non autorizza a considerare le due prospettive comesovrapponibili o direttamente collegate: le differenze epistemologiche permangonoe i parallelismi suggeriti non sono tesi ad alterare le rispettive peculiarit; ci nono-stante crediamo interessante dare conto di alcune suggestioni e congruenze teori-che, sviluppate, ma ancora da approfondire, nella prassi.Il primo tassello della teoria problematicista spiega M. Contini - costituito dal

    concetto generale di esperienza inteso come rapporto di integrazione (di tensioneallintegrazione) fra due polarit, io e mondo, che, qualunque identit assumano frale innumerevoli possibili, sono contrassegnate da una distanza reciproca e da reci-proci tassi di opacit, tali da rendere la loro integrazione sempre approssimativa eparziale. (M. Contini, 2005, p.4)

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    Il Problematicismo propone lapertura, tra questi due poli antinomici, di uno spa-zio di ricerca euristica per individuare direzioni pedagogiche, ed esistenziali, in gra-do di restituire la complessit del presente, sfuggendo dalle tendenze personalisti-che e anti-individualistiche. Lobiettivo quindi rappresentato dallintegrazione,utopica e regolativa, tra le due polarit io-mondo, per promuovere la consapevo-lezza dei limiti e il riconoscimento della parzialit dei nostri traguardi conoscitivi:un modello dipersonalit razionalequindi, in grado di integrare, senza semplificarle,le esigenze della soggettivit con gli elementi relazionali e sociali.Cruciale perci capire che il tendere verso un modello di personalit razionalesi realizza attraverso limpegno in direzione utopica; tale impegno viene interpreta-to dallEmpowerment come protagonismo della propria vita (o dal potere sullapropria vita secondo la terminologia dellEmpowerment), al di fuori del quale ilsoggetto soffre o comunque insoddisfatto, mentre tale forma di potere do-

    vrebbe rappresentare un piacere, quasi un dovere per ogni essere umano.La categoria del protagonismo esistenziale si fonda, ricorda Bertin, su principi qua-li la responsabilit, il rischio, la differenza, limpegno e la progettualit che devono,a loro volta, tendere allorizzonte utopico della razionalit: linvito, per lindividuo,

    quindi quello di intraprendere un percorso di comprensione profonda e autenticadelle spinte psicologiche, sociali e ideali al quale sottoposto, superando la parzia-lit irrazionale di ciascuna di esse.Il concetto di protagonismo esistenziale viene tratteggiata allinterno della teoriadellEmpowerment con il termine inglese control4rispetto alla propria esistenza.Controllo per in lingua anglo-americana, non ha esattamente lo stesso signifi-cato che assume nella lingua italiana (sorveglianza, vigilanza, padronanza, dominiodi qualcosa): in questo caso si intende quindi controllo nel senso di possibilit diinfluenza, potere di azione sulla propria vita. Il concetti di controllo nellaccezioneempowerment oriented si avvicina quindi molto al protagonismo esistenziale delproblematicismo pedagogico: secondo M. Bruscaglioni infatti per aumentare il

    senso di self efficacy necessario che il soggetto sappia e possa utilizzare al megliole proprie risorse psicologiche. Per questo il termine control si riferisce alla valo-rizzazione di quegli aspetti su cui il soggetto investe, e pu investire, psicologica-mente per migliorare la qualit della propria vita.Il protagonista del processo di S.E. la persona stessa e il counselor ha il ruolo difacilitatore del processo. Attraverso la valorizzazione del desiderio del soggetto,l'individuazione di oggetti attorno a cui sviluppare il processo di empowermentdella persona, l'uso di specifiche (ma non necessariamente) metodologie, il consu-lente rende pi semplice alla persona il progredire lungo il percorso del proprio

    4Gli autori di riferimento per lapproccio dellEmpowerment sono Rappaport J. e Zimmer-man M. A.. che, nellambito della Psicologia di comunit, hanno elaborato e sviluppato tale ap-

    proccio. In particolare si fa riferimento a Zimmerman M., Rappaport J., Citizen participation, per-ceived control and psychological empowerment, American journal of psychology, 16, 1988, pp. 725-750.

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    empowerment (M. Bruscaglioni & S. Gheno, 2000, p.122).Il successo del lavoro del counselor subordinato alla sua capacit di affiancare,alla competenza teorica relativa al modello, la competenza tecnico-metodologicasulla sua declinazione operativa e la sensibilit che conferisce al counselor la capa-cit di leggere le situazioni alla luce dellesperienza professionale e di porre partico-lare attenzione al soggetto. Massimo Bruscaglioni, fondatore del modello del S.E.,afferma spesso che il counselor dovrebbe sempre un po innamorarsi del cliente,intendendo che fondamentale che il professionista sia in grado si percepire gliaspetti di bellezza e forza della persona anche in situazioni in cui il cliente stessonon sia in grado di coglierli5.Le fasi metodologiche del processo di S.E. vedono una prima fase definibile comel'emergere ed il chiarirsi di "un nuovo desiderio nel soggetto, quindi una secondain cui viene costruita dal soggetto stesso una nuova pensabilit positiva circa il de-siderio emerso, infine una terza fase in cui l'individuo passa, attraverso una triadedi risorse metodologiche, da tale pensabilit positiva alla costruzione di una realepossibilit di cambiamento.I focus originali dellapproccio empowerment oriented al counseling, verso i quali

    il counselor orienta il suo intervento e sostiene il cliente sono:- energie e funzione desiderante (vs. energie negative della, funzione pro-

    blematizzante). In questo approccio il motore del processo risiede, principalmente,nella capacit desiderante del soggetto e non in quella bisognosa;

    - la ricerca delle risorse presenti (vs. risorse mancanti). Spesso il counselingdi altra ispirazione si focalizza sul problema e sui vincoli che impediscono di supe-rare tale empasse; il S.E. in questo senso rappresenta una vera svolta ermeneutica;

    - lemersione delle situazione reale presente e la vision futura (vs. la realtpassata). Il S.E. privilegia unattenzione alle prospettive e alle possibilit di azioneesistenti, piuttosto che uno sguardo rivolto alla ricerca delle cause. Inoltre il sog-getto viene sostenuto nel processo di immaginazione dei desideri realizzati;

    - potere personale (vs. potere sugli altri). Il concetto di potere su cui sifocalizza lapproccio del S.E. quello di potere personale (potere personale,come possibilit di, potere per) contrapposto al potere relazionale (po-tere di un soggetto su di un altro o su un contesto, come potere su);

    5In questo senso lapproccio e.o. si avvicina molto al concetto di eros educativo delineato daPiero Bertolini. Bertolini, infatti, definisce leros in educazione come un movimento di everso qualcosa o qualcuno in grado di dare risposta positiva alle nostre carenze, insufficien-ze, esigenze e richieste. Movimento verso la completezza di ci che manca. Diverso pensarescopo delleros il possesso o lidentificazione; suo scopo il riconoscimento dellidentit comeirripetibilit, dignit valore dellaltro. Quel movimento esistenziale che spinge una persona ver-so unaltra con tutto il suo s: anima e corpo. Cfr. Bertolini P., Leros in educazione.

    Considerazioni pedagogiche.In Bertolini P., 1988, Pedagogia al limite, pp.121-153.

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    - sentimenti del proprio possibile (vs. sentimenti di impossibilit). La sfidaformativa accompagnare il soggetto in un processo di attivazione e di uscitadallinerzia; lattenzione viene focalizzata sugli spazi e le risorse che il soggetto haper lazione positiva (per quanto limitati, sempre presenti);

    - aperture e ci che apre (vs. ci che chiude). Il soggetto libero quandopu scegliere tra un ventaglio di possibilit e non quando percepisce una o nessunapossibilit di uscita dal suo stato problematico. Il counseling tende a far aggiungerenuove possibilit e a non considerarle come alternative tra loro e ad isolare e by-passare gli ostacoli interni che impediscono di acquisire allinterno del soggetto enell'ambiente esterno le risorse disponibili;

    - emozioni e pensieri ottimistici (vs. pessimismo contrabbandato per rea-lismo). Il concetto di hopefulness (speranzosit) tipico del S.E. tende a spostarelattenzione del soggetto sugli elementi nuovi positivi, a considerare con fiducia taliprospettive intervenienti (possibilit nuove, gi presenti, emergenti o che potreb-bero emergere in futuro ) e a sottolineare tutti gli aspetti del passaggio dal "primaimpossibile" al "poi possibile";

    - circostanze temporanee e contingenti, (vs. senso della continuit stabile).

    La cultura dellempowerment si pone come una filosofia dellazione che concepi-sce il processo esistenziale come un continuum temporale in cui gli elementi distabilit rappresentato solo una parte del contesto per lo pi orientato al cambia-mento. Il cambiamento in questa prospettiva comprende e valorizza aspetti nuovi(nella persona e nellambiente) come discontinuit e salti di qualit rispetto al pas-sato;Le attivit del counselor di empowerment metodologicamente possono essere sin-tetizzare attorno alla direttrice generale del riattivare la funzione desiderante delsoggetto (che per sua natura pervasiva), in relazione con la funzione problema-tizzante (relativa a ostacoli, stato di crisi, empasse, difficolt da superare); tale ac-coppiamento consente a nuovi desideri di emergere e chiarirsi, supporta nella co-

    struzione di nuove pensabilit positive e infine orienta lelaborazione di speriment-azioni operative reversibili atte a rendere concreto lintero processo (Cfr., M. Bru-scaglioni & S. Gheno, 2000).Per quanto concerne gli aspetti metodologici della comunicazione, il counselorempowerment oriented tende ad una comunicazione autentica, incisiva e transi-toriamente pro-vocatoria. Si intende dire che la comunicazione sempre tesa allaricerca di contenuti veramente sentiti dal cliente e il tentativo quello di evitareuna comunicazione superficiale, tipica della chiacchiera di heideggeriana memoria.Un tipo di comunicazione utile a far emergere i contenuti nuovi in modo che ilcliente abbia la possibilit di uscire dalle formule ripetitive e abusate di una esplici-tazione rassicurante, ma poco utile al suo processo di autosviluppo; elementi chepossano divenire strumenti di apertura di possibilit, di esplorazione di scenari i-

    nattesi e che mettano in luce il latente spesso nascosto sotto coltri di belle parole

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    utili alla conversazione, ma che dicono poco o niente delloriginalit del soggetto;una comunicazione infine che spiazza con la finalit di mettere in evidenza i para-dossi della logica immobilizzante della comunicazione confermativa, e di far ap-prodare ad un modo di relazionarsi capace di generare nuovi significati e orizzontidi senso utili per la persona.

    Attraverso questa comunicazione il counselor intende promuovere la cultura "em-powerment oriented" che si connota come cultura dellapertura di possibilit inedi-te per il soggetto (inedite perch non percepite o non viste come reali), che sicontrappone alla cultura del bisogno, della debolezza che spesso emerge nel rap-porto cliente-counselor. Il modello del S.E. rappresenta quindi una metodologia diintervento ed un paradigma metariflessivo e metacomunicativo attraverso cui ilcounselor mette a disposizione del cliente la propria forza.

    Tale metodologia si snoda attraverso una successione progressiva di fasi che vannodall'attivazione della funzione desiderante della persona, alla costituzione di unostato di pluripossibilit per il soggetto attraverso l'aggiunta di almeno una possibili-t di cambiamento per la persona concretizzata nella speriment-azione.

    2.1. Lemergere di un nuovo desiderio.Per far s che il cliente faccia emergere o chiarisca un nuovo desiderio, necessariala mobilitazione dellio desiderante soggettivo. Il primo passo quindi quello diagire affinch la funzione desiderante del cliente si metta in moto.E questo il momento in cui lempowerment si qualifica maggiormente come frut-to di una cultura del desiderio prima ancora che di una cultura della possibilit. (S.Gheno, 2005, p. 144)Il counselor di empowerment si pone perci in ascolto del soggetto e presta parti-colare attenzione alla sua funzione desiderante nel tentativo di cogliere e com-prendere la natura originale del desiderio, spesso latente, di cui egli portatore. Piche un consigliere in senso tradizionale, il counselor di empowerment ha la fun-

    zione di facilitatore per lattivazione del soggetto e, in questa fase particolare, diattivo ed efficace ascoltatore. In particolare il counselor si impegna a cercare dicomprendere senza interpretare, a cogliere anche i segnali deboli che il cliente lan-cia per iniziare a ricostruire o svelare le reali richieste e risorse del cliente.La neutralit del consulente, specie in quei casi in cui il soggetto fatica a riattivarela propria funzione desiderante, deve in questa fase essere totale e lattenzione de-

    ve essere rivolta allascolto profondo senza mettere in discussione le tematiche cheil cliente porta. (S. Gheno, 2005, p. 144)Ovviamente il counselor non si produrr in incoraggiamenti ad esprimere desideripositivi o interventi volti ad orientare il desiderio altrui.; ci sar poi tempo di va-gliarli alla luce dellinevitabile realismo che poniamo nella distinzione tra sogno edesiderio.

    Se il focus principale di questa fase l io desiderante, non deve per essere tra-

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    scurato il problema del cliente che deve essere accolto dal counselor cos comegli viene presentato nel colloquio al fine di far emergere e mettere in evidenza la

    vera natura della difficolt, al di l del vissuto di sofferenza del soggetto. Il counse-lor si impegna quindi in unoperazione di comprensione profonda del problema,senza cadere nella tentazione di far coincidere tale comprensione con la causa delproblema come avviene invece in taluni approcci terapeutici. Ci sembra chelempowerment non si proponga di risolvere i problemi della persona, o perlome-no non direttamente. Metaforicamente potremmo dire che, se il disagio nella storiadella persona ha costituito un muro che rappresenta lattuale fonte del problema,mentre alcuni userebbero il piccone e la pala per abbatterlo, il consulente di em-powerment cercher in quel muro delle porte, oppure di valutarne laltezza per ve-rificare la possibilit di saltarlo o, ancora, di girarci intorno o passarci sotto. (S.Gheno, 2005, p. 148)Il counselor si muove alla ricerca della vera natura del problema, ma nella prospet-tiva del qui ed ora (non si ricercano cio la cause recondite come nel modellopsicanalitico) e relativamente allattuale vissuto del la persona.La questione in gioco evitare che il problema (o la sua percezione come immobi-

    lizzante) vada ad inibire lio desiderante del soggetto e di conseguenza a porsi co-me ostacolo per il processo di costruzione di una nuova possibilit.Infatti in questa fase fondamentale che lenergia desiderante del soggetto fungada volano per la definizione della prospettiva, delloggetto che il cliente intende ot-tenere. Per dirla con Gheno, occorre che dallaccoppiamento tra la funzione desi-derante, che fornisce energia al processo di possibilitazione, e laggiramento o ildepotenziamento degli ostacoli che impediscono la definizione del desiderio (S.Gheno, 2005, p. 150), scaturisca un progetto, una nuova possibilit potenzialmenterealizzabile in pratica.

    A questo punto il counselor, finora osservatore, modifica il suo ruolo e propone alcliente la visiondella connessione tra il desiderio, le risorse presenti e il superamen-

    to degli ostacoli che ne impediscono la realizzazione.2.2. La costruzione di nuova pensabilit positiva di s

    Abbiamo visto come nella fase iniziale del counseling lattivazione dell io deside-rante inizi a fornire energia allintero processo: spesso, tuttavia, il cliente non rie-sce a focalizzare limmagine positiva di s nello stato di desiderio realizzato.Limmagine di s felice perch capace di intraprendere un percorso teso a soddi-sfarlo, non prodotta automaticamente dallattivazione della funzione desiderantedellio, neanche se fossero (temporaneamente) eliminati tutti i vincoli, dalla temutamancanza di risorse alle criticit ambientali. (S.Gheno, 2005, p. 152)La mobilitazione dellenergia desiderante prelude, infatti, allemergere di quella di-mensione che sia Bruscaglioni, sia Bertin e Contini definiscono come protagoni-

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    smo esistenziale e che si esplicita nella capacit e nella possibilit delleserciziodella scelta tra pi alternativa da parte del soggetto.In questo senso la consonanza tra Empowerment e Problematicismo Pedagogicoemerge in modo chiaro: la possibilit di scegliere tra pi alternative e lopportunitdi incidere in senso determinante sulle scelte della vita, sono elementi fondamenta-li per conferire potere esistenziale allindividuo allontanando meccanismi psicolo-gicamente regressivi; non si tratta pertanto di spingere forzatamente il cambiamen-to in direzioni precostituite e determinate, si tratta piuttosto di contribuire ad allar-gare il ventaglio delle possibilit esistenziali tra cui il soggetto pu scegliere auto-nomamente.In sintesi possiamo definire la costruzione di una nuova pensabilit positiva comeun processo che si sviluppa attraverso l'emergere degli elementi che definiscono lasituazione di desiderio realizzato del cliente e la costruzione di una vision positiva dis nella situazione desiderata, immaginata come realizzata.Il ruolo del counselor in questa fase perci quello di sostenere il cliente nella co-struzione dellimmagine (o meglio del film, che d pi lidea di una situazione di-namica e non statica) del desiderio realizzato, situazione in cui per fonda-

    mentale che il soggetto si piaccia.Il counselor invita il cliente a lavorare internamente su questa costruzione di pen-sabilit come se fosse davvero un film, il suo film; ma frequentemente il clientetende ad eludere tale richiesta a causa della tendenza (culturale) a interpretare il de-siderio in senso svalutante come qualcosa di astratto, aleatorio, legato allinfanzia,scarsamente utile nella vita reale. Per superare tale resistenza lazione del counselorsi fa pi insistente e incisiva allo scopo di aiutare il cliente a sviluppare una proget-tualit centrata sui propri desideri.Da segnalare il fatto paradossale che le persone spesso concepiscono possibile ilsogno (), ma non il desiderio inteso come possibilit ragionevole da realizzarsi.Questa separazione tra sogno e realt da cui la dimensione del desiderio esclusa

    si presenta, a maggior ragione, nella misura in cui lindividuo vive schiacciato dalproblema. (S. Gheno, 2005, p. 153)Quindi il soggetto, di fronte ad una situazione nuova o problematica, pu svilup-pare un vissuto di difficolt ad agire e a desiderare in una prospettiva attiva e pro-gettuale; la tendenza culturale infatti quella del dominio del bisogno (percepitocome dimensione pi realistica e concreta) sul desiderio (relegato alla dimensionedella fantasia, del capriccio spesso legato allidealismo infantile).E allora, il pregiudizio del cliente viene verbalizzato dal consulente come: inu-tile, non questo il punto, o, in circostanze particolari: non siamo pi bambi-ni (il sogno prerogativa dei bambini), siamo qui per lavorare! (sottinteso:lavorare da adulti ed una sofferenza).(S. Gheno, 2005, p. 155)E importante in questa fase che il cliente non attivi un atteggiamento sterilmente

    critico o di realismo immobilizzante che lo porterebbero a percepire vincoli e

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    mancanza di risorse per concentrarsi sulla/le possibilit: il soggetto dovr in questafase bypassare ogni aspetto di mancanza, di incapacit, di ostacolo per focalizzarelo stato di desiderio realizzato. Nonostante in questa fase i vincoli non debbanoessere considerati, si deve comunque tenere conto che gli elementi per il cambia-mento individuati devono essere possibili e non possono modificare dati di fattodai quali impossibile prescindere, come let o di sesso, per evitare di cadere nelrischio opposto al blocco dellio desiderante, ma altrettanto insidioso, del semplicefantasticare senza possibilit di portare in seguito nella pratica il lavoro svolto colcounseling.La resistenza a costruire la visione del proprio desiderio realizzato, provocata dallapercezione del problema o dei vincoli che ne impediscono la soluzione, troppoforte e pervasiva. Ci dipende da una cultura dominante, sulla quale esiste ormaiuna vasta letteratura scientifica (per citare solo un paio di autori che hanno indaga-to questo tema facciamo riferimento a Zigmunt Barman e Edgar Morin), che ten-de a far percepire tutto da una prospettiva di bisogno, di critica sterile che inibiscela capacit della persona di attivare le proprie risorse, che pone lanalisi di realtcome unica prospettiva razionale in grado di dare risposte efficaci alle situazioni

    problematiche. Talvolta emerge, addirittura, una incapacit a considerare aspettipositivi, risultati ottenuti, per cui non si percepiscono gli spazi di benessere in si-tuazioni che oggettivamente migliorano. Esiste in conclusione una paradossale af-fezione di certi soggetti verso le negativit, verso il pensiero critico non costrutti-

    vo. Il consulente pu in questi casi attivare unatmosfera di gioco, situazione in cui pi normale che i desideri possano avere voce, piuttosto che di lavoro, in cuinormalmente i vincoli sono avvertiti come predominanti.La dimensione ludica6costituisce quello spazio di possibilit, di non giudizio, incui il soggetto pu sperimentare dimensioni inedite e sperimentare identit e azioniche nella vita vera gli sono precluse.E importante che il counselor funga da sostegno alla forza del soggetto e alla sua

    capacit di superare lempasse, di facilitatore del processo di costruzione, senza ag-giungere o suggerire contenuti.Elemento fondamentale nella cultura empowering del consulente la fiducia nellapersona e nelle sue risorse interne per il cambiamento; tale elemento si esplicita, intermini operativi, nella costante attenzione e valorizzazione del positivo emergen-te e in un atteggiamento scarsamente incline a considerare gli aspetti di vincolo,negativi, critici o di ostacolo allattivazione dellenergia del soggetto. La personacliente durante il colloquio di counseling, deve percepire tale fiducia e introiettarlain un graduale processo di presa di coscienza delle proprie potenzialit e delle op-portunit che offre il contesto. Il processo di costruzione di pensabilit positiva vaappunto interpretato non un atto immediato, che avviene in poco tempo, ma co-

    6Su questo tema e per approfondimenti si veda J. Huizinga,Homo ludens, Einaudi, 1946.

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    me una costruzione che richiede tempo, magari pi sedute in cui il counselor aiu-ta il cliente a procedere nella evidenziazione dei fattori intervenienti che permette-ranno di concretizzare la pensabilit e a distinguerla della astratta fantasia.Esistono, infatti, fattori (in gergo definiti appunto intervenienti) che intervengonoa modificare lequilibrio delle cose e che contribuiscono al processo di empower-ment e di cui si deve tener conto come dei preziosi alleati (questi elementi possonoavere natura interna al soggetto, cio risorse oenergie latenti riattivati o di cui ilcliente prende coscienza durante il counseling, o esterna, cio situazioni o alleatinuovi che emergono nel contesto di vita della persona).La nostra cultura dominante ci porta sovente a temere quei fatti o aspetti nuoviche gi intervengono, o presumibilmente potranno intervenire, a mutare le condi-zioni attuali, perch ci aspettiamo che le cose debbano cambiare in peggio piutto-sto che in meglio7. In realt molte domande rispetto alle quali non abbiamo ele-menti sufficienti per trovare risposte adeguate attualmente, troveranno probabil-mente in futuro una soluzione positiva.Dal punto di vista della dimensione temporale, poi, possono essere gi presenti,la novit qui sta nel fatto che la persona, prima inconsapevole, ora li vede, li coglie,

    se ne accorge e ne tira le conseguenze. In questo caso il counselor dovr facilitarnela visibilit per il soggetto; oppure prevedibili nel futuro, cio presumibilmente av-

    verranno per effetto di tendenze che gi ora si manifestano. (S.Gheno, 2005, p.156)Il counselor dovr perci evidenziare e portare alla consapevolezza del clientequegli elementi che indicano tendenze positive ancora imprevedibili; probabile,infatti, che i fattori intervenienti potranno agire in futuro per favorire la soluzionepositiva del problema. A questo punto si colloca il concetto di hopefulness (spe-ranzosit) tipico del S.E. sul quale il counselor dovr fare leva per offrire testimo-nianza degli eventi imprevisti e imprevedibili che portano mutamenti (spesso posi-tivi) nel contesto.

    Per far capire il ruolo di tali variabili intervenienti nell' empowerment personalepu essere assai utile aiutare la persona a riflettere sui cambiamenti positivi gi av-venuti nella sua vita passata e quindi, da lui gi sperimentati. In tal senso risulta pisemplice soffermarsi su quei cambiamenti avvenuti con una forte discontinuit ri-spetto alla vita precedente: il cambiamento per "salto di qualit" pi facilmenteevidente anche in una situazione apparentemente depressiva. (S.Gheno, 2005, p.156)In questa fase la persona viene facilitata a ristrutturare la prospettiva di lettura dellasua situazione, in modo da poter far emergere le risorse (soggettive e ambientali) ele variabili intervenienti presenti. Il lavoro ora consiste nellinvestire su tali elemen-

    7Basti pensare al detto nessuna nuova, buona nuova che chiarisce bene come la staticit siadi gran lunga pi auspicabile del cambiamento percepito spesso come negativo.

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    ti per progettare strategie di superamento dei killer.In taluni casi il cliente non riesce ad avviare la costruzione di una propria pensabi-lit positiva, ma comunque percepisce le proprie caratteristiche positive e, per que-sto, acquista maggior fiducia e senso di auto efficacia; in altri casi invece il clientefocalizza alcuni killer personali e matura il desiderio di superarli; altre volte la per-sona ridefinisce il desiderio o addirittura modifica lobiettivo, rifocalizzando quelloche, a sua detta, "davvero" desidera.

    2.3. La possibilitazionePer quanto riguarda lindagine su ci che, per definizione, non controllabiledallindividuo, Bruscaglioni propone di utilizzare una categoria che in inglese de-finisce hopefulnesse che in italiano traduciamo con speranzosit.Speranzosit un termine da non confondere con speranza e che non pu esserefatto coincidere con quello di speranza in quanto da un lato non allude ad avveni-menti a carattere magico o divino, e dallaltro lato non vuole nemmeno significarenon aver timore o prudenza nellaffrontare il mondo. LEmpowerment perstrettamente legato anche alla capacit di sperare che possa accadere qualcosa di

    positivo e di cui nel presente non abbiamo percezione.Operativamente la speranzosit sembrerebbe avere influenza zero, sembrerebbeun elemento completamente slegato dalloperativit, invece lEmpowerment in-scindibile dalloperare dei soggetti, e da quei fattori che intervengono (per questodetti intervenienti) ad arricchire di possibilit situazioni che altrimenti appaionochiuse e immodificabili.

    A questo proposito afferma Bruscaglioni:per intenderci: riflettiamo sul fatto che la maggior parte delle persone si ritrovernei prossimi sei mesi, o nella peggiore delle ipotesi nei prossimi sei anni, con dellerisposte che oggi non ha ed un fatto che, alla luce di tali fattori, i problemi si ri-solvono: questi fattori imprevedibili sono gli intervenienti. Quindi vero che i

    problemi ci sono e che con il ragionamento possibile dimostrare che tali proble-mi sono di difficile soluzione; ma se il soggetto non alza mai la testa dai probleminon potr mai cogliere le opportunit e le occasioni che si presentano, non potrcio considerare gli intervenienti.8

    Ancora una volta emerge un collegamento con la categoria problematicista delpossibile che, nella prospettiva di Bertin, rappresenta lorizzonte entro il quale siinserisce la progettualit (esistenziale e pedagogica) intesa come rifiuto dei dogma-tismi deterministici e accettazione della sfida per il superamento dellattuale e deldato di realt. La progettualit deve essere quindi razionalmente aperta al possibile,

    8M. Bruscaglioni in Bardi R., Lenzi C., Tolomelli A., Kairos.Il senso del lavoro come strumento educa-

    tivo. Atti del convegno, Comunit montana Valle del Samoggia, Bologna, 2002, p. 61

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    ma deve anche prestare attenzione ai rischi di velleitarismo, da un lato, e di reali-smo sclerotizzante dallaltro. A questo proposito Bertin utilizza il riferimento alconcetto di demonicit nietzcheana, a significare lesigenza, di superare il dato realeper restituire valore alla direzione utopica e alla capacit creativa dellindividuo,opposta alle categorie del determinismo educativo.La speranzosit deve quindi fondarsi sulla preliminare ricerca di senso esistenzialeche lindividuo chiamato a praticare attivamente in modo critico e personale.Questultima considerazione inserisce un elemento importante nella riflessione perapprodare ad una metodologia pedagogicamente fondata del counseling: la speran-zosit deve essere orientata dalla progettualit in direzione razionale se vuole (al-meno parzialmente) salvaguardarsi dal rischio di cadere nei territori infidi del di-sordine esistenziale e rendere veramente praticabile il protagonismo, seppur limi-tato dai fattori esterni, del soggetto.Per Bruscaglioni infatti fondamentale nel counseling aiutare il cliente ad investire,psicologicamente e progettualmente, sulle risorse che ha a disposizione, piuttostoche dilungarsi in un atteggiamento di recriminazione rispetto alle risorse e/o com-petenze al momento non disponibili. Tale capacit di investimento pu assumere

    una rilevanza ancora maggiore se considerata abbinata al demonismo cos come inteso da Bertin sulla scorta di Nietzsche. La capacit individuale e di gruppo ditrasvalutare lattuale in funzione del possibile conduce la ricerca nei territoridellutopia intesa come ipotesi sovversiva nei confronti dei condizionamenti cultu-rali, del timore del differente, dellomogeneizzazione massificante e inautentica.Essa diviene quindi un orizzonte entro il quale possibile riaccende la capacit delsoggetto anche di sperare, in modo critico e sperimentale, in possibilit e dimen-sioni esistenziali che non aveva ancora preso in considerazione o che aveva, coneccessiva prudenza, rimosso dal suo orizzonte.Per questo motivo, nella pratica del counseling e.o., dopo la fase di costruzione dinuova pensabilit positiva del cliente, il processo si concentra sul reperimento delle

    risorse necessarie affinch la pensabilit possa diventare reale possibilit di cam-biamento per il soggetto.Innanzitutto vengono prese in considerazione le risorse interne del cliente al finedi mobilitarle per il raggiungimento degli scopi definiti nella fase precedenti comedesiderio e pensabilit.In questo senso il counselor aiuta il cliente a mobilitare tali energie (spesso quie-scenti o non percepite) e ad identificare e depotenziare gli ostacoli personali interni(killer) che lo pongono in uno stato di stallo nonostante sia stata individuata unaprospettiva auspicabile da perseguire. Il primo passo da compiere in questa dire-zione certamente porsi, da parte del counselor, in una posizione di attenzione e

    valorizzazione degli aspetti positivi del soggetto e che sono stati individuati nellafase di ascolto come possibili risorse interne. Il counselor sottolinea e rimanda tali

    percezioni positive al soggetto, secondo una logica di feed-back e reimpostazione

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    originale della situazione atta a valorizzare gli aspetti di forza e prefigurando scena-ri di superamento degli ostacoli percepiti come insormontabili dal cliente.Il depotenziamento specifico dei problemi che impediscono la realizzazione deldesiderio, sanzaltro lattivit pi delicata di questa fase.Occorre pertanto che tali ostacoli vengano affrontati uno alla volta per evitare cheil cliente rimanga sovrastato dalle proprie difficolt e metta in atto atteggiamentidifensivi o ansiosi (anche perch tali problemi soggettive, proprio perch soggetti-

    vi, non possono essere rimossi e neppure possibile convincere il cliente che nonsi tratti di reali difficolt, pena la deriva manipolitaria o velleitaria del colloquio).Il lavoro del counselor sar perci teso ad individuare il problema, ponendoloallattenzione del cliente nei suoi tratti salienti. Tale operazione e particolarmenteimportante perch il soggetto tende a nascondere o travestire i propri killer in-terni proponendo razionalizzazioni o para-interpretazioni allo scopo di fornire, u-n'immagine "migliore" di s al counselor; le informazioni riguardo agli ostacoli

    vanno invece soppesate dal professionista che le organizzer in forma di vere eproprie "ipotesi di lavoro", proponendole quindi esplicitamente al soggetto: "misembra che siamo di fronte a questa difficolt [...], le propongo di riflettere su que-

    st'ipotesi [...]". Una strategia efficace quella di riproporre la lettura del killer informa di "parabola": "le racconter una storia. C'era una persona che [...]". (S.Gheno, 2005, p. 158)Obiettivo del counseling e di tutto il processo di S.E., lo ribadiamo, non la solu-zione dei problemi soggettivi del cliente, neppure lindagine della loro natura re-condita, n tanto meno la negazione ipocrita delle difficolt insite nel rapporto contali dinamiche, bens il depotenziamento e laggiramento specifico di tali killer.Ci significa che l'ostacolo va evidenziato nella sua specifica azione negativa, ciocompreso nelle caratteristiche e nelle modalit operative attraverso cui impediscealla persona di raggiungere quel "qualcosa" di specifico che gli preme nell'area diempowerment presa in esame, e reso inoffensivo, di modo che, pur permanendo

    nel campo del soggetto, non continui a provocare impedimenti alla realizzazionedel suo desiderio. (S.Gheno, 2005, p. 159)Il counselor in questa fase principalmente sul dekillering e cio applicando una seriedi strategie atte ad evidenziare il problema e depotenziarlo per poi individuare pos-sibili percorsi di aggiramento. La prima strategia consta nel portare alla consapevo-lezza del soggetto che la difficolt si formata e sviluppata nel tempo, in base asituazioni contingenti a cui egli ha fatto fronte sviluppando quel tipo di risposta,che per allo stato attuale magari non pi funzionale e pu essere evitata in virtdelle nuove risorse e competenze acquisite della persona.Unaltra strategia tende ad isolare l'ostacolo, definirne i confine e far notare al sog-getto come tale elemento operi bloccando il soggetto e impedendogli di progredi-re. Di conseguenza si pu razionalmente costituire unalleanza col killer lasciando-

    lo agire sul piano generale della personalit del soggetto (anche perch se una per-

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    sona fatta cos, probabilmente quella caratteristica fa ormai parte della sua per-sonalit), ma gli si pu impedire di agire sul desiderio specifico rispetto al qualesi sta lavorando con l'empowerment.In terza battuta il counselor pu attivare unoperazione ermeneutica attraverso cuiristrutturare in unaltra prospettiva la situazione del cliente rispetto al killer, evi-denziando soprattutto i punti di forza relativi esclusivamente al rapporto col killerin oggetto. Senza intaccare la struttura generale del s della persona, si costruisceuna prospettiva specifica da attivare per il desiderio che si vuole realizzare.Il counselor inoltre, tenendo conto della sua lettura del contesto e in base alla suaesperienza e competenza acquisita, pu agire in modo creativo per esempio pro-ponendo al cliente di far combattere la parte positiva e utile di s contro quella ne-gativa, ottenendone contingentemente la vittoria ( lecito barare per vincere!), inquesto modo il soggetto pu sperimentare una situazione di maggior benessere e-sistenziale; oppure procedere nell'esaltare esageratamente l'ostacolo fino alle con-seguenze pi estreme e irrealistiche, di modo che il soggetto ne possa sperimentarela sua stessa debolezza e inconsistenza; ancora, si pu reagire all'ostacolo come senon ci fosse (qui il supporto processuale del consulente deve essere fortissimo!),

    anzi, come se esistesse la capacit contraria nella persona, di modo che essa possasperimentare - anche solo temporaneamente - modalit ed emozioni diverse daquelle a cui, generalmente, l'ostacolo condanna. (S.Gheno, 2005, p. 160)La prospettiva originale del S.E. allinterno di cui si muovono le strategie per af-frontare i killer soggettivi, quella di non porre in discussione i limiti esistenziali epsicologici del soggetto, ma di individuare traiettorie che eludano lazione dei killerrendendoli cos inerti nello specifico ambito in cui si sta tentando di intervenire.

    Attivando tali strategie, progressivamente il soggetto elaborer un vissuto che daun lato rappresenta una possibilit ripetibile per evitare lazione del killer e,dallaltro, depotenzier lazione psicologica della difficolt storica soggettiva chefinir per essere gradualmente ridotta ad una peculiare espressione della personali-

    t del soggetto, magari ancora vissuta come dolorosa, ma non pi cos potente.In generale, importante ribadirlo, la funzione del counselor in questa fase consi-ste nell'aiutare il cliente nel cambiamento della prospettiva di lettura del rapportotra risorse ed ostacoli, per mettere in evidenza la forza del soggetto e le sue possi-bilit di superamento dellempasse.Esistono poi risorse esterne, operanti nellambiente in cui opera il soggetto, spessosnobbate dal cliente, che possono divenire preziosi alleati per il processo di S.E..E importante che il cliente veda tali risorse e sia in grado di utilizzarle al meglio.Elementi che possono rappresentare risorse esterne utilizzabili nel processo di selfempowerment possono essere nuove informazioni, che permettono l'orientamen-to del soggetto verso nuove possibilit e insieme gli consentono di concretizzare ilproprio desiderio; nuove competenze e strumenti per l'azione del soggetto; rap-

    porti interpersonali con persone che fungono da sponsor o alleati per la realizza-

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    zione del desiderio; l'accesso informazioni, dati, competenze specifiche.E inoltre importante che il soggetto sia sostenuto nei confronti di eventuali insuc-cessi o alle percezioni di insuccesso in particolare nelle prime fasi, quando sembrache, a fronte di tanta fatica, i risultati, siano minimi. (Cfr. S. Gheno, 2005)

    2.4. La speriment-azione: una prova per il cambiamentoLa sperimentazione rappresenta; di fatto, la verifica concreta dell'esistenza di unanuova possibilit per s. (S. Gheno, 2005 p. 171)Il modello del Self Empowerment rischierebbe di essere tacciato di velleitarismo sesi limitasse ad agire in astratto, senza una reale capacit incisiva sulla realt. Cos,anche il counseling empowerment oriented non si esaurisce nel risveglio della ca-pacit desiderante o nella costruzione di nuova pensabilit positiva per il soggetto,non si limita nemmeno al reperimento delle risorse che la persona pu utilizzareper superare i propri blocchi individuali che impediscono il cambiamento. Tutto illavoro svolto nei colloqui deve concretizzarsi in ipotesi che poi vanno verificatenel confronto con la prassi in modo che si trasformino in reali possibilit.Per questo motivo a conclusione del processo viene proposta al cliente la speri-

    ment-azione (azione sperimentale di cambiamento) che rappresenta, contempora-neamente, la verifica della congruenza del processo stesso rispetto alla domandaoriginaria del cliente, e un allenamento di cambiamento per il soggetto rispettoalla nuova possibilit (o pluripossibilit) costruita. fondamentale, onde evitareiniziali fallimenti delle sperimt-azione che rischierebbero di compromettere linteroprocesso messo in moto, che la speriment-azione proceda secondo un principio eprudenza. Inizialmente deve essere un atto semplice, che si collochi allinternodello spazio di sviluppo prossimale del soggetto, per dirla con Vygotskij: devecio essere significativa almeno a livello simbolico, ma il soggetto deve percepirle ilpunto darrivo positivo sentendo al tempo stesso la cifra di sfida insita in essa nellaconsapevolezza di potercela effettivamente fare. E fondamentale che il cliente rie-

    sca a portare a termine con successo la speriment-azione assegnata perch, contra-riamente al senso comune, secondo lempowerment si impara pi dai successi chedai fallimenti. In questo caso il primo passaggio allazione ha la funzione principaledi mobilitare le energie interne della persona e di far prendere coscienza della veranatura del proprio desiderio. Successivamente le sperimentazioni avranno semprepi un carattere concreto, saranno sempre limitate nel tempo (in modo da poternecogliere chiaramente gli esiti), ma con significato progressivamente pi rilevante. il counselor stesso a dover progettare e proporre, a volte addirittura prescrivere,la speriment-azione al cliente almeno in prima battuta ed importante che lazioneindividuata (magari solo simbolica, limitata o parziale) venga suggerita subito dopola formulazione della nuova pensabilit, in modo da fungere da rinforzo spicologi-co, con il suo successo, per la possibilit concreta di cambiamento.

    In seguito le speriment-azioni possono avere un carattere analogico e pi concreto

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    allo scopo di applicare al contesto concreto le risorse reperite dal soggetto e di svi-luppare il senso di self-efficacy del cliente.La progettazione e lindicazione delle speriment-azioni probabilmente la fase cheesige la maggiore capacit da parte del counselor di sostenere il soggetto nel suoprocesso di empowerment. In questo caso la competenza del empowerment si e-splicita nella capacit di individuare speriment-azioni efficaci partendo dall'espe-rienza del consulente, sviluppata attraverso la conoscenza di una pluralit di casi edi contesti, unita ad una specifica attenzione alla originalit della cliente presente.Per lo pi le "piste" su cui indirizzare l'azione sperimentale del proprio cliente,sono reperite dal counselor attraverso una lettura attenta del materiale 'raccolto'nel corso del colloquio su desideri e killer ( infatti importante l'aggancio della spe-rimentazione all'esperienza vissuta dal soggetto, in modo da favorire la percezionedi questi circa la sua utilit. (S.Gheno, 2005, p. 173)Inoltre la speriment-azione e lelaborazione delle risorse interne del soggetto (per ildekillering) devono essere connesse in un circuito in cui la speriment-azione porta-ta a termine con successo funzioni da catalizzatore delle risorse personali e il repe-rimento delle risorse interne diventi propulsivo all'azione sperimentale.

    Ogni speriment-azione deve infine essere reversibile (nel senso che non deve por-tare a cambiamenti definitivi nella realt del soggetto e quindi spesso viene esplici-tata in contesti diversi da quello percepito come problematico) in osservanza delconcetto base dallapertura di possibilit secondo il S.E. che mira allallargamentodel repertorio comportamentale del soggetto, che il soggetto valuter per approda-re al cambiamento vero e proprio.

    3. Considerazioni conclusiveL'ipotesi di fondo che il desiderio iniziale del cliente - espressione della struttu-

    ra relazionale dell'individuo - sia innanzitutto quello di essere ascoltato, noi in que-sto modo dimostriamo il desiderio di ascoltarlo. L'incontro tra questi due desideri

    spesso produce un incremento dell'energia positiva che porta a individuare la stra-da dell'apertura di una nuova possibilit. (S. Gheno, 2005, p. 187)Il counselor il regista del processo, ma il cliente il vero protagonista del percor-so di cambiamento che chiamato a costruire nuove possibilit esistenziali per s,entro le quali potr scegliere per rendere concreto il cambiamento anelato. In que-sto il counseling empowerment oriented si configura come prassi maieutica, in cuiil soggetto accompagnato senza che il counselor si sostituisca a lui o gli sottraggail ruolo di protagonista.Ci non significa che nel colloquio di empowerment il livello di partecipazione delcounselor non risulti peculiare rispetto ad altri approcci in cui il professionista de-

    ve mantenersi su un paino di neutralit. Infatti, il counselor di empowerment entranel gioco della relazione come persona vera e pu anche prendere una posizione in

    merito la direzione da intraprendere da parte del cliente.

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    Questo porta delle implicazioni che riguardano l'approccio, direttivo o meno, nelcolloquio da parte del counselor di empowerment. Rogers, fondatore della terapiacentrata sul cliente, propugnava con forza il principio di non direttivit nel collo-quio. Dobbiamo per constatare che oggi, spesso, la non direttivit viene intesacome atteggiamento di laissez faire nel colloquio, tanto che lo stesso Rogers preferi-sce parlare di colloquio centrato sulla persona invece che di colloquio non diretti-

    vo (Mucchielli, 1983). Come avevamo gi anticipato in apertura, peraltro, noi rite-niamo che questo orientamento non sia sempre pienamente coerente con l'ap-proccio dell'empowerment. (S. Gheno, 2005, p. 188)Nel counseling si distinguono tendenzialmente uno stile di conduzione direttivo(in cui il counselor si pone come esperto e quindi legittimato a dare "consigli" alcliente che per spesso, data lasimmetria della relazione, sono vissuti come vere eproprie prescrizioni) ed uno alternativo non direttivo (di ispirazione rogersiana incui per il counselor vietato esprimere giudizi sulle tematiche proposte dal clien-te). In questa bipolarit l'empowerment si introduce come terza via che prevede ilcounselor impegnato in una dimensione non tanto centrata sullo stile di conduzio-ne quanto sul fine. Il fine del processo, secondo la metodologia del S.E.,

    lapertura di nuova possibilit per il soggetto e a questo scopo il counselor legit-timato anche a utilizzare una modalit incisiva, forte che ponga sul tavolo il pesodella sua autorevolezza.La questione della neutralit introduce un ulteriore tema: l'opportunit che il pro-fessionista - il counselor - nella relazione d'aiuto porti una posizione personale dineutralit nella partecipazione emotiva alla situazione vissuta dalla persona cliente,una sorta di "distacco professionale", che permetterebbe al consulente di osservarecriticamente la relazione e di potervi intervenire in maniera tecnica.Come se questo fosse mai davvero possibile, Rogers usa frequentemente il termine"empatia" per indicare un livello di comprensione dell'altro non legato alla sferacognitivo-razionale, ma piuttosto a quella emotiva.

    L'empatia creerebbe un legame che consente di condividere emozioni non proprieattraverso un'estensione della propria esperienza. (S. Gheno, 2005, p. 189)Nella prospettive del counseling e.o. l'empatia rappresenta quella dimensione incui l'altro percepisce il coinvolgimento personale, sia in termini di partecipazione edi pathos, sia in termini di condivisione generale di una stessa realt. E proprioattraverso unemozione che ci accomuna all'altro per quanto concerne la mancanza(Derrida sosteneva che la condizione umana si connota proprio per il perenne sta-to di mancanza) che possiamo essere autorevoli, e quindi legittimati ad assumereuno stile comunicativo generativo e incisivo, e accompagnare il soggetto nel perorso di incontro e realizzazione dei propri desideri. E in questo elemento forseche il tenore della comunicazione del colloquio di empowerment si caratterizza perla sua originalit: il livello della comunicazione non mai teso a rassicurare o crea-

    re un clima di chiacchiera, ma la tensione sempre rivolta alla novit, allemersione

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    della forza della persone che a volte pu assumere i toni della provocazione (insenso etimologico pro-vocare, chiamare fuori, chiamare verso).Daltronde il cliente che arriva ad un colloquio di empowerment, sente unesigenzaforte anche se non chiara o esplicitamente espressa; il soggetto desidera raggiun-gere un risultato e, tendenzialmente, sa che questo approccio propone una dinami-ca forte e incisiva, ma, proprio perch si sente in una situazione di stallo o perchdesidera realizzare un salto di qualit, disposto a mettere in gioco la propria au-tenticit.

    Al di l quindi delle considerazioni metodologiche, il counseling empowerment o-riented intende aiutare la persona ad utilizzare al meglio le proprie risorse, attraver-so una relazione che vada oltre la pura accoglienza del disagio e non si limiti allaconsulenza tecnica svuotata di ogni affettivit. Ci che si persegue quindilinnovazione, lesplorazione dellinedito, del non dato, dellinattuale (direbbe Ber-tin) perch il soggetto possa ritrovare il senso della propria progettazione esisten-ziale.

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