DEL 19 DICEMBRE 2011 - Governo Locale - Piscino.it · 2011-12-19 · Otto nuovi interventi nel 2011...

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19/12/2011 Ad uso esclusivo del destinatario. Non riproducibile 1 RASSEGNA STAMPA DEL 19 DICEMBRE 2011 Ci scusiamo per il mancato invio di venerdì. In giornata provvederemo.

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RASSEGNA STAMPA

DEL 19 DICEMBRE 2011 Ci scusiamo per il mancato invio di venerdì. In giornata provvederemo.

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INDICE RASSEGNA STAMPA

NEWS ENTI LOCALI LA GAZZETTA UFFICIALE DEGLI ENTI LOCALI ..................................................................................................... 4

IL SOLE 24ORE PER I SINDACI IL VERO ESAME DI MATURITÀ ....................................................................................................... 5

L'ICI «LEGGERA» ALZA IL CONTO IMU .................................................................................................................... 6

Rincari maggiori nelle città con aliquote ordinarie basse: sconti quasi impossibili

UN FUNZIONARIO RESPONSABILE DELL'IMPOSTA ............................................................................................... 9

DICHIARAZIONE E TERMINI DA CHIARIRE ........................................................................................................... 10

LE DUE QUOTE COMPLICANO IL VERSAMENTO .................................................................................................. 11

IRPEF E TARIFFE, LA STANGATA DEI COMUNI .................................................................................................... 12

I bilanci preventivi degli enti locali «registrano» rincari su addizionali, Imu e servizi

IRPEF E TARIFFE, LA STANGATA DEI COMUNI .................................................................................................... 13

I bilanci preventivi degli enti locali «registrano» rincari su addizionali, Imu e servizi

LA NUOVA TASSA SULLA CASA TROVA LA ROTTA IN SEI PERCORSI ........................................................... 16

L'abitazione principale paga lo 0,4% ma c'è il bonus di 50 euro per figlio oltre alla detrazione base di 200 euro SE IL CONTO DELL'EQUITÀ LO PAGA L'INQUILINO ............................................................................................ 18

SOTTO L'OCCHIO DEL FISCO DALL'ALBA AL TRAMONTO ................................................................................ 19

Comunicazioni sui conti correnti e stretta sul contante aiuteranno a ricostruire i redditi effettivi

PENSIONI, VIE DI FUGA MA NON PER TUTTI ......................................................................................................... 21

Nel regime transitorio penalizzati i dipendenti pubblici e, in parte, anche gli autonomi – ANZIANITÀ/Solo ai lavoratori del settore privato la scialuppa di salvataggio per chi raggiunge «quota 96» tra gennaio e dicembre 2012 IL GOVERNO ORA PUNTA ALLA FASE DELLA CRESCITA .................................................................................. 23

Già mercoledì il Senato può archiviare il Dl salva-conti

REDDITO MINIMO CON DOPPIO ACCESSO ............................................................................................................. 24

RISCOSSIONE COATTIVA VIETATA AGLI ESTERNI ............................................................................................. 25

Salta la possibilità del ricorso all'ingiunzione: senza modifiche dal 2013 impossibile procedere - POCA UNIFORMITÀ/La previsione normativa lascia un vuoto in quanto non riguarda i Comuni della Sicilia e tutti gli enti provinciali

UN BLOCCO DA EVITARE CON RIMEDI URGENTI ................................................................................................ 27

COFINANZIAMENTI «FUORI» DAL PATTO DI STABILITÀ ................................................................................... 28

SERVIZI IDRICI: SULLE TARIFFE SERVE UN PASSO INDIETRO ......................................................................... 29

I PALETTI REGIONALI ALLE RINNOVABILI ........................................................................................................... 30

Otto nuovi interventi nel 2011 per delimitare le aree off-limits a solare ed eolico

PREMI IN CUBATURA A CHI MIGLIORA L'EFFICIENZA TERMICA .................................................................... 31

IL SOLE 24ORE INSERTI L'ANNO DELLE LIBERALIZZAZIONI ........................................................................................................................ 32

Tabacci: il capitalismo municipale è finito - Fassino prepara la superutility

TORINO, MILANO E SIENA PRIME NELL'INDEBITAMENTO .............................................................................. 33

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Ora il giro di vite per chi sfora i tetti: divieto di nuovi mutui

NELLA MORSA DEL ROSSO IL RISCHIO È SVENDERE ......................................................................................... 35

A Milano l'equilibrio dei conti è legato alla parziale privatizzazione di Sea e Serravalle

FASSINO E IL SOGNO DELLA MAXIUTILITY ......................................................................................................... 37

In palio c'è la costruzione di un campione nazionale da 23mila addetti

«IL CAPITALISMO MUNICIPALE ORMAI HA FATTO IL SUO TEMPO» .............................................................. 39

LA STRATEGIA/Il ruolo delle istituzioni adesso è un altro: controllare, regolare e garantire concorrenza

L'ACQUA RESTA SENZA LEGGE E BLOCCA PAVIA E CREMONA ...................................................................... 40

Le micro società prive di risorse non riescono più a pianificare

MA ADESSO SULLE TARIFFE È FAR WEST ............................................................................................................. 41

LA REPUBBLICA SCUOLA, CONCORSO PER 300MILA “SERVONO PROFESSORI GIOVANI” ....................................................... 42

DALLA SALERNO-REGGIO ALLE ROTAIE DEL NORD “ECCO LA RIVOLUZIONE DELLE GRANDI OPERE” .......................................................................................................................................................................................... 43

Il decalogo del Wwf: basta sprechi e scempi, così riparte l’Italia

STOP A DIALETTO E BATTUTE I COMUNI MANDANO I VIGILI A SCUOLA DI BUONE MANIERE ............ 44

Da Roma a Milano corsi di “gestione del conflitto”

CORRIERE DELLA SERA MERITO E SELEZIONE PER SALVARCI TUTTI ....................................................................................................... 46

DUE MILIONI E MEZZO PER BIBLIOTECHE E AIUTI BUTTATI VIA DAL VENETO ......................................... 47

Finanziamenti saltati per un cavillo

LA STAMPA SANITÀ PIÙ CARA CON IL TAGLIO DA OTTO MILIARDI ..................................................................................... 48

Operazione austerità in corsia e in ambulatorio - Dai ricoveri alle visite arriva un altro salasso

OGGI IN SCIOPERO I DIPENDENTI PUBBLICI ......................................................................................................... 49

In piazza contro la «manovra iniqua» - I medici garantiscono le prestazioni urgenti

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NEWS ENTI LOCALI

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

La Gazzetta ufficiale degli enti locali La Gazzetta ufficiale n. 292 del 16 Dicembre 2011 presenta i seguenti documenti di interesse per gli enti locali e la pubblica amministrazione: LEGGI ED ALTRI ATTI NORMATIVI DECRETO LEGISLATIVO 15 novembre 2011, n. 208 Disciplina dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture nei settori della difesa e sicurezza, in attuazione della direttiva 2009/81/CE. DECRETI PRESIDENZIALI ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 2 dicembre 2011 Ulteriori disposizioni di-rette a fronteggiare la situazione di pericolo in atto nell'area archeologica di Roma e provincia. (Ordinanza n. 3986). DECRETI, DELIBERE E ORDINANZE MINISTERIALI MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 2 dicembre 2011 Pubblicazione sul sito dell'Amministrazione della raccolta media provinciale per singola tipologia di scommessa e dell'aliquota massima riferi-ta all'Imposta unica di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, a decorrere dall'anno 2007. MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 12 dicembre 2011 Applicazione della sanzione per il mancato rispetto del patto di stabilita' dell'anno 2010 ad ulteriori cinque comuni. La Gazzetta ufficiale n. 293 del 17 Dicembre 2011 presenta i seguenti documenti di interesse per gli enti locali e la pubblica amministrazione: LEGGI ED ALTRI ATTI NORMATIVI DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 ottobre 2011, n. 209 Regolamento recante istituzione di Zone di protezione ecologica del Mediterraneo nord-occidentale, del Mar Ligure e del Mar Tirreno. DECRETI PRESIDENZIALI ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 2 dicembre 2011 Disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare i danni conseguenti alle eccezionali avversita' atmosferiche verificatesi dal 4 all'8 novembre 2011 nel territorio della regione Liguria, e per fronteggiare lo stato di emergenza in relazione alle eccezionali avversita' atmosferiche verificatesi nel mese di ottobre 2011 nel territorio della provincia di La Spezia. (Ordinanza n. 3985).

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IL SOLE 24ORE – pag.1

AUTONOMIE

Per i sindaci il vero esame di maturità

osa cambia nella fi-nanza locale dopo la manovra Monti? I

Comuni avranno più risorse su cui contare? Va ricordato che l'intervento del Governo sui bilanci dei Comuni non si esaurisce nell'attivazione dell'Imu ma comprende an-che la riforma della Tarsu e i provvedimenti sul fondo perequativo. Questi diversi blocchi della manovra inte-ragiscono tra loro in modo complesso. Innanzitutto, la tassazione immobiliare. Oggi i Comuni tassano gli immobili con l'Ici, che e-sclude la prima casa e che, dalla nella relazione tecnica del governo, vale per l'in-sieme dei Comuni 9,2 mi-liardi. Prima ancora della manovra Monti, era prevista la sostituzione dell'Ici con l'Imu, dal 2014. L'Imu, in quella versione, altro non era che l'Ici con aliquote-base maggiorate per com-pensare l'assorbimento dell'Irpef sui redditi fondiari nell'Imu. Questa prima ver-sione dell'Imu (che vale 10,8 miliardi) è stata inte-grata e modificata dalla ma-novra Monti che sottopone a prelievo la prima casa (al 4 per mille) e gonfia la base imponibile attraverso l'au-

mento dei moltiplicatori da applicare alle rendite cata-stali. La nuova Imu dovreb-be dare un gettito di ben 21,4 miliardi, cioè 10,6 mi-liardi in più della Imu prima versione, e 12,2 miliardi ri-spetto all'Ici attuale. Tutta-via, di queste risorse non un euro resterà ai Comuni: in-fatti lo Stato da un lato chiede ai sindaci di arretra-gli 9 miliardi (pari alla metà del gettito a esclusione delle prime case), e dall'altro ta-glia i trasferimenti erariali erogati ai singoli Comuni a titolo di fondo perequativo per la restante differenza di 1,6 miliardi. Analoga ope-razione di sterilizzazione è prevista per il miliardo in più previsto dalla riforma della Tarsu. Il risultato sarà dunque che dalla revisione dei tributi comunali prevista dalla manovra nulla cambie-rà in termini di risorse di-sponibili. Dunque, stesse risorse, ma a un costo poli-tico ben più pesante: se oggi i Comuni impongono un'a-liquota media del 5,2 per mille, e nulla chiedono per le prime case, domani pre-tenderanno il 4 per mille sull'abitazione principale e il 7,6 sul resto degli immo-bili. Insomma, i Comuni

sono chiamati a far da esat-tori per lo Stato sul suo maggior prelievo. C'è poi un altro blocco della manovra da considerare. In aggiunta agli inasprimenti del Patto decisi in estate, la manovra stringe ancora i cordoni del-la finanza locale con un'al-tra sforbiciata dei trasferi-menti statali sul fondo pere-quativo, questa volta senza nessuna compensazione di maggiori gettiti. Si tratta di un taglio complessivo di 1,45 miliardi a partire dal 2012, ripartito tra i singoli Comuni in proporzione alla distribuzione territoriale della nuova Imu. Sotto a questa regola di riparto c'è l'idea che chi avrà con la nuova Imu basi imponibili più consistenti potrà più fa-cilmente, attraverso l'au-mento delle aliquote, recu-perare le risorse tagliate. In effetti, a partire dalle ali-quote-base i sindaci avranno ampi margini di manovra sulle aliquote Imu (+/- 3 per mille sull'ordinaria; +/- 2 per mille sulla prima casa) e queste variazioni si appli-cheranno su basi imponibili gonfiate dalla rivalutazione. Ma si tratta una manovrabi-lità che i sindaci potranno sfruttare a caro prezzo: con

livelli di pressione fiscale così alti e con la stangata che l'Imu dà agli immobili già alle aliquote-base, ci vuol coraggio per proporre ai propri cittadini aumenti ulteriori in cambio di even-tuali servizi pubblici ag-giuntivi. Da ultimo, i mec-canismi di perequazione comunale: da un lato, lo Stato opera un doppio taglio sui trasferimenti al fondo di riequilibrio ma, al contem-po, per non indebolirne la portata perequativa, amplia la gamma dei tributi comu-nali che lo alimentano in-cludendovi anche la com-partecipazione Iva. Si tratta di un gran lavorio attorno a un meccanismo intricato che sempre più mostra la corda. Sarebbe tempo di mettere mano a un sistema di trasferimenti perequativi più trasparente, in cui la pe-requazione non si esaurisse all'interno del circuito dei trasferimenti soppressi dalla riforma del federalismo fi-scale ma si applicasse con chiarezza alla riduzione del-le disparità di capacità fi-scale tra singoli Comuni. © RIPRODUZIONE RISER-VATA

Alberto Zanardi

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IL SOLE 24ORE – pag.2

SPECIALE MANOVRA DI NATALE - Fisco e autonomie

L'Ici «leggera» alza il conto Imu Rincari maggiori nelle città con aliquote ordinarie basse: sconti quasi impossibili

hi ha pagato meno fino a oggi, pagherà di più domani. Ri-

schia di essere questa la re-gola per misurare l'impatto del cambio di regime nell'imposta sugli immobili. Messo in questo modo può sembrare un principio di «equità», ma non è così per una ragione semplice: il pa-gamento più "leggero" fino a oggi è stato dettato dalle politiche fiscali del Comune (e "congelato" dal blocco delle aliquote deciso nel 2008), mentre i rincari sono portati dal nuovo sistema. Per i sindaci torna l'Imu sull'abitazione principale, mentre quella pagata sugli altri immobili viene divisa a metà fra Stato e Comuni: se un Comune riceve dalla nuova Imu più di quanto ha ricavato fino a oggi dall'Ici, le risorse aggiuntive vengo-no assorbite dallo Stato, mentre per i Comuni che si "impoveriscono" interviene una compensazione che ga-rantisce i livelli di finan-ziamento prodotti dall'Ici attuale. Per i bilanci locali, in teoria, cambia poco, an-che se l'intero sistema deve reggere alla prova sul cam-po delle stime elaborate a livello centrale. Per i citta-dini cambia tutto. Per gli immobili diversi dalla prima casa (cioè 18 miliardi su 21,5, secondo i calcoli del Governo) il parametro chia-ve del nuovo meccanismo, infatti, è basato sull'aliquota

base uguale per tutti, fissata al 7,6 per mille. A livello complessivo, il confronto è fondato sull'aliquota media dell'Ici ordinaria, intorno al 6,5 per mille, ma il panora-ma generale della finanza pubblica interessa poco ai proprietari che sono chia-mati a fare i conti con i rin-cari: il dato più interessante, dal loro punto di vista, è of-ferto dall'effetto combinato dell'incremento di base im-ponibile (60 per cento per gli immobili abitativi) e del-la distanza fra vecchia e nuova aliquota. Il debutto dell'Imu, insomma, si farà sentire ovunque, ma in ma-niera più decisa nelle città in cui l'aliquota Ici ordinaria è più bassa. La tabella pub-blicata qui a fianco indica i rincari medi rispetto a oggi che sarebbero determinati dall'applicazione tout court delle nuove regole: da An-cona a Piacenza, passando per gli altri 75 capoluoghi che hanno raggiunto il tetto massimo del 7 per mille con l'Ici ordinaria degli ultimi anni, l'arrivo dell'Imu, ac-centuato dai moltiplicatori applicati alle rendite cata-stali, porterà un rincaro del 73,7 per cento. A Torino, Agrigento e negli altri capo-luoghi che si attestano al 6 per mille con l'Ici ordinaria, l'arrivo dell'Imu con le mo-dalità disegnate dalla mano-vra comporta un aumento del 102,7%, mentre a Mila-no, dove il conto dell'Ici or-

dinaria è stato fino a oggi limitato al 5 per mille, il se-gno più è seguito da una percentuale ancora più im-portante: 143,2 per cento. Aosta è poi al top, con un incremento del 204%: l'im-posta si triplica. Certo, la manovra offre ai sindaci an-che la possibilità di abbas-sare il conto, limando l'ali-quota fino al livello minimo del 4,6 per mille. Anche ammesso che qualche Co-mune decida di farlo, il con-to sarà in ogni caso in perdi-ta per i proprietari, perché l'aumento della base impo-nibile deciso a livello cen-trale si mangerà qualsiasi beneficio introdotto sul ter-ritorio: con l'aliquota mini-ma del 4,6 per mille, infatti, si verserà quel che si do-vrebbe versare oggi con un'Ici al 7,3 per mille, im-possibile perché sopra i tetti massimi annuali. L'ipotesi degli sconti locali, comun-que, rischia di essere desti-nata a rimanere nella teoria. Il giro di giostra sull'impo-sta del mattone, infatti, au-menta gli spazi finanziari del bilancio centrale (12 mi-liardi in più, secondo la re-lazione tecnica alla mano-vra), ma riduce quelli dei bilanci locali (-1,45 miliardi di taglio al fondo di riequi-librio, a cui si aggiungono altre perdite se le stime di gettito centrali si riveleran-no troppo ottimistiche). In questo quadro, e con mano-vre cumulate da 4,5 miliardi

sugli enti locali dettate dai due decreti estivi e dalla legge di stabilità, non è il caso di sperare in una parti-colare generosità dei Co-muni nella determinazione di aliquote scontate. A osta-colare questa strada, poi, è lo stesso meccanismo di ri-partizione dell'imposta fra Stato e Comuni. La metà statale è calcolata sempre ad aliquota di base, senza con-tare eventuali detrazioni stabilite dai regolamenti lo-cali. Il meccanismo serve a non far pagare allo Stato una quota del costo deter-minato dagli sconti decisi a livello locale, ma nei fatti mette un'ipoteca non da po-co sulla realizzabilità stessa degli sconti: diminuendo l'aliquota, il Comune sareb-be costretto a versare allo Stato fino a oltre l'80% dell'imposta che continua ad accertare e raccogliere sul proprio territorio. Una pro-spettiva in grado di scorag-giare sconti e detrazioni, tanto più in un quadro in cui l'incertezza sui gettiti reali e le troppe variabili in gioco consigliano più di una cau-tela a chi fa i bilanci locali, il cui termine di presenta-zione sarà probabilmente rinviato al 31 marzo. [email protected] © RIPRODUZIONE RI-SERVATA

Gianni Trovati

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Il cambio di regime LE REGOLE La nuova disciplina prevede dal 2012 il debutto dell'Imu, che sostituisce l'Ici oggi applicata dai Comuni. Sulla prima casa, l'aliquota di base è del 4 per mille, e può essere alzata o abbassata dai Comuni di 2 punti; prevista una detrazione di 200 euro, incrementata di 50 euro per ogni figlio fino al tetto di 400 euro. Sugli immobili diversi, l'aliquota di base è invece fissata al 7,6 per mille, ritoccabile dai Comuni di 3 punti (quindi dal 4,6 al 10,6 per mille). IL MECCANISMO L'Imu sulla prima casa rimane interamente ai Comuni, quella sugli altri immobili (18 miliardi su 21,5) è divisa a metà fra lo Stato e i Comuni. I Comuni che nel passaggio di regime ottengono più risorse rispetto ai livelli attuali, se le vedo-no assorbite a favore dello Stato, mentre quelli che nel cambio di regime perdono risorse rispetto ai livelli di finanzia-mento attuale vengono compensati dal fondo di riequilibrio. Il calcolo è fatto ad aliquota di base. I «BLOCCHI» La quota statale è calcolata applicando alla base imponibile complessiva l'aliquota del 7,6 per mille, al lordo di qualsiasi detrazione o sconto inserito dai regolamenti comunali. I Comuni che abbassano l'aliquota sugli immobili diversi dalla prima casa, di conseguenza, dovranno girare allo Stato fino all'80% dell'Imu del territorio. Questo meccanismo, insieme all'obbligo di ripianare i tagli al fondo di riequilibrio, rende molto difficili le manovre al ribasso sull'aliquota. GLI EFFETTI L'effetto combinato di questi meccanismi è una probabile introduzione diffusa dell'aliquota di base al 7,6 per mille, tan-to più perché la mancata definizione delle regole di ripartizione del fondo di riequilibrio determina incertezza sui fondi effettivamente a disposizione dei Comuni. Nel passaggio di regime, di conseguenza, i maggiori rincari saranno subiti dai cittadini che abitano in Comuni dove oggi l'aliquota ordinaria si attesta ai livelli più bassi.

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IL SOLE 24ORE – pag.2

I primi adempimenti. La delibera

Un funzionario responsabile dell'imposta

n tema di Imu, il primo adempimento di compe-tenza della giunta co-

munale è la nomina del fun-zionario responsabile della nuova imposta, al quale spetterà dare il parere tecni-co sulle proposte di delibe-razione regolamentare e ta-riffaria. Nominato il funzio-nario, occorrerà predisporre gli atti fondamentali, ovvero la delibera di determinazio-ne delle aliquote e il rego-lamento per l'applicazione del tributo. I Comuni, infat-ti, possono, con delibera del consiglio comunale da adot-tare entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, modificare in

aumento o diminuzione le aliquote di base. Per deter-minare le aliquote occorrerà effettuare quanto prima ela-borazioni sulle basi imponi-bili, sia per avere la certezza che con l'applicazione delle aliquote di base – tolti i tra-sferimenti allo Stato dispo-sti dall'articolo 13, commi 11 e 17, della manovra – si abbia un gettito pari o supe-riore a quello Ici attuale (circostanza data per sconta-ta nel decreto Monti), sia per deliberare eventuali au-menti o riduzioni di aliquo-ta, in modo da avere una leva fiscale aggiuntiva o so-stitutiva rispetto all'addizio-nale comunale Irpef, consi-

derato che è venuto meno il blocco tariffario disposto dall'articolo 1 del Dl 93/2008. Occorrerà anche ricordarsi che la mancata adozione della delibera di approvazione delle aliquote comporterà automaticamen-te l'applicazione delle ali-quote di base, così come disposto dall'articolo 8, comma 5, del Dlgs 23/2011. I Comuni dovranno poi, pur con tutte le limitazioni poste dal legislatore Imu, decidere se mantenere tutte quelle forme di agevolazioni già previste per l'Ici, e applica-bili anche all'Imu. Si tratta di questioni rilevanti, come ad esempio, quella di stabi-

lire se compete il diritto al rimborso per le aree divenu-te inedificabili oppure quel-la di determinare periodi-camente i valori delle aree fabbricabili. Occorrerà, poi, regolamentare la parte pro-cedurale del tributo e indi-viduare alcuni parametri, rimessi alla scelta regola-mentare, come l'importo minimo di versamento e di rimborso, il tasso d'interes-se, la compensazione e cosi via. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Pasquale Mirto

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IL SOLE 24ORE – pag.2

Le comunicazioni. I dubbi aperti

Dichiarazione e termini da chiarire

a disciplina dell'Imu non prevede alcun termine per presenta-

re la dichiarazione, iniziale o di variazione, e non si sa se quanto già dichiarato ai fini Ici acquisisca automati-camente valore anche ai fini Imu, posto che si tratta di due tributi formalmente di-stinti. Non è stata richiama-ta la disciplina Ici, che fa coincidere il termine con quello di presentazione del-la dichiarazione dei redditi. Non è stato neanche richia-mato il Dl 223/2006 e la legge 296/2006, che hanno eliminato l'obbligo di pre-sentazione della dichiara-

zione allorquando gli ele-menti necessari alla gestio-ne dell'Ici sono presenti nel modello unico informatico (Mui), messo a disposizione dei comuni dall'agenzia del Territorio. Quanto dichiara-to ai fini Ici dovrebbe, au-tomaticamente, costituire la base dati iniziale anche dell'Imu, ma occorrerà co-munque presentare la di-chiarazione non solo per evidenziare gli acquisti o le cessazioni di immobili, il cambio di valore delle aree fabbricabili, ma anche le variazioni di imposizione conseguenti a tutte quelle agevolazioni non più pre-

senti nel nuovo tributo. Per esempio, un contribuente che possiede un'abitazione principale e due garage (C/6) dovrà dichiarare al comune quale dei due è per-tinenza, dovendo corrispon-dere l'Imu sul secondo ga-rage con aliquota ordinaria dello 0,76 per cento. Stesso discorso, per quei contri-buenti che, sulla scorta di una benevola giurispruden-za di legittimità, hanno be-neficiato dell'esenzione Ici per due abitazioni contigue. Anche le abitazioni rurali, e relative pertinenze, iscritte al catasto terreni, da valo-rizzare fino al loro accata-

stamento con rendita pre-sunta, dovranno essere og-getto di dichiarazione, posto che ora sono sconosciute al fisco comunale. Non do-vrebbe, invece, esserci al-cun obbligo dichiarativo con riferimento all'ulteriore detrazione , rispetto a quella base di 200 euro, per figli di età non superiore ai 26 anni, visto che la norma richiede la residenza anagrafica e quindi l'informazione può essere desunta direttamente dalle anagrafi comunali. © RIPRODUZIONE RISER-VATA

Pas. Mi.

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IL SOLE 24ORE – pag.2

Competenza centrale. Decideranno le Entrate

Le due quote complicano il versamento

a quota Imu di com-petenza statale dovrà essere «versata allo

Stato contestualmente» alla nuova imposta e dovrà esse-re pagata dai contribuenti esclusivamente tramite mo-dello F24 (articolo 13, comma 11, del decreto sal-va-Italia). È stata, infatti, espressamente negata ai comuni la possibilità di re-golamentare modalità di versamento alternative o aggiuntive. Le modalità di versamento tramite F24 do-vranno essere stabilite con provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate. Sarà, probabilmente, quella

la sede dove si chiarirà co-me versare la quota statale e l'auspicio è che in sede di versamento venga automa-ticamente riversata allo Sta-to la sua quota, non essendo immaginabile un riversa-mento successivo ad opera dei Comuni. Tale modalità potrà realizzarsi solo se il contribuente sarà chiamato a effettuare due versamenti: uno per la quota di compe-tenza statale, applicando la metà dell'aliquota di base, e l'altro per la quota di com-petenza comunale, appli-cando la metà dell'aliquota di base, maggiorata o ridotta a seconda delle scelte ope-

rate dal Comune. Se il con-tribuente possiede più tipo-logie di immobili, con ali-quote diverse, sarà vera-mente complicato tenere distinta, in sede di versa-mento, la quota statale da quella comunale. Il decreto Monti, poi, nulla dispone in tema di rimborso della quo-ta statale, non essendo pre-vista nessuna forma di ri-versamento delle somme di competenza statale even-tualmente rimborsate dal comune e certamente non si potrà pretendere che il con-tribuente presenti istanza di rimborso anche allo Stato. Non è immaginabile nean-

che una forma di compen-sazione con gli introiti da accertamento della quota erariale, che l'articolo 13, comma 11, della manovra pone interamente a favore del Comune. L'agenzia delle Entrate dovrà attivarsi quan-to prima, perché se anche la scadenza di pagamento è fissata al 16 giugno 2012 (articolo 9 del Dlgs 23/2011), normalmente i Caf preparano i conteggi in sede di predisposizione del 730. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Pas. Mi.

L

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IL SOLE 24ORE – pag.3

SPECIALE MANOVRA DI NATALE - Fisco e autonomie

Irpef e tariffe, la stangata dei Comuni I bilanci preventivi degli enti locali «registrano» rincari su addiziona-li, Imu e servizi

anovre e mano-vrine. Se per il presidente del

Consiglio, Mario Monti, questi sono i difficili giorni degli interventi per l'asse-stamento dei conti pubblici, anche i sindaci non se la passano meglio. I primi cit-tadini stanno cercando di far quadrare i bilanci e non è escluso che, con l'arrivo dell'Imu (Imposta municipa-le propria), non si trovino costretti a mettere le mani nelle tasche dei contribuen-ti. Anzi. In alcuni casi è cer-to. Così oltre a subire gli effetti della manovra di Go-verno – ora all'esame del Senato dopo l'ok della Ca-mera e che ha dato il via li-bera pure all'aumento "line-are" dello 0,33% delle addi-zionali regionali Irpef – i cittadini dovranno fare i conti anche con i balzelli comunali. Interventi sulle aliquote Imu o sulle addi-zionali comunali dell'impo-sta sui redditi. Ma non solo. Anche sulle tariffe per ser-vizi pubblici locali, asili ni-do, mense scolastiche, tra-sporti: per molti municipi, insomma, è in arrivo la stangata, vuoi come aumen-to secco, vuoi come rimodu-lazione degli scaglioni, quando previsti. È questo il risultato del monitoraggio condotto dal Sole 24 Ore sui Comuni capoluogo di re-gione, alle prese con la re-

dazione dei bilanci preven-tivi per il 2012, il cui termi-ne di presentazione dovreb-be scadere il 31 dicembre (si veda la sintesi grafica a lato). Il condizionale è d'ob-bligo, perché i conti del prossimo anno saranno for-temente condizionati dal contenuto della manovra, la cui versione finale si cono-scerà al più tardi a ridosso di Natale. Sembra dunque probabile un rinvio dell'ul-tima ora per la presentazio-ne dei bilanci. Basta pensare all'Imu e all'intervento della Camera sul testo originario che ha sostanzialmente fatto pesare il numero dei figli nell'applicazione dell'impo-sta alle prime case. La fran-chigia di 200 euro, infatti, aumenta di 50 euro per ogni figlio, fino a un massimo di 400 euro. Modifiche che, provocando una riduzione sul relativo gettito, costrin-gono gli uffici tecnici co-munali ad aggiornare di continuo le previsioni e dunque i bilanci. A sottoli-neare questa situazione, e l'esigenza di avere più tem-po a disposizione, sono le risposte degli assessori al bilancio: tutti in attesa di avere un quadro di maggiori certezze. Qualche sindaco, tuttavia, ha già fatto più di un passo avanti. Ad esem-pio la giunta di Milano è pronta a raddoppiare l'addi-zionale comunale all'Irpef

(ora allo 0,2%), come acca-drà a Brescia, e addirittura a quadruplicarla (per arrivare dunque allo 0,8%) qualora le condizioni delle casse municipali lo rendessero necessario, portandosi così appena un gradino sotto i livelli della Capitale (dove l'aliquota è già allo 0,9%). E se dal Campidoglio fanno sapere che non ci saranno ritocchi nel 2012 sull'Irpef, per i romani è in arrivo l'aumento del 50% del prez-zo del biglietto per le linee di trasporto urbano, da 1 a 1,50 euro (con ogni proba-bilità da giugno, mentre a Milano lo stesso aumento è già attivo). Il sindaco Gian-ni Alemanno ha poi annun-ciato l'aumento dell'aliquota ordinaria Imu, quella fissata allo 0,76% per le seconde case, anche se non ha anco-ra chiarito in quale misura. Le norme consentono ritoc-chi, in aumento o in dimi-nuzione, di 0,3 punti per-centuali. Il primo cittadino di Milano, Giuliano Pisapia, sembra invece intenzionato a tenere l'aliquota base per le seconde case al livello minimo consentito, cioè allo 0,46 per cento. Né il sinda-co della Capitale, né quello del capoluogo lombardo, hanno però ancora deciso cosa fare con gli immobili strumentali delle imprese o con quelli locati, per i quali la manovra Monti consente

di scendere fino allo 0,4 per cento. Sale l'asticella dell'Irpef anche a Genova, dove l'addizionale 2012 (ora allo 0,7%) potrebbe arrivare allo 0,8 per cento. A Torino si sta invece riflettendo su aliquote differenziate in ba-se al reddito, senza però in-tervenire su quella massima dello 0,5%, ed è in arrivo l'aumento sul biglietto del trasporto locale (da 1 a 1,50 euro). Così come a Bari, dove sarà rivisto anche il meccanismo degli scaglioni per mense e asili nido. E a Napoli, i rincari sui mezzi urbani si aggiungeranno a quelli per gli altri servizi locali. Sul fronte Imu, nel capoluogo pugliese sembra difficile scendere sotto la soglia dello 0,4% sulle pri-me case ed è invece proba-bile un aumento dell'aliquo-ta ordinaria. Ad attenuare la portata degli aumenti po-trebbero essere, però, i piani di dismissioni che i Comuni stanno approntando. Ma è ragionevole credere che, nella redazione dei bilanci preventivi, la probabilità di ricavi futuri dovrà comun-que piegarsi alla logica de-gli aumenti a tappeto. © RIPRODUZIONE RISER-VATA

Andrea Maria Candidi Antonello Cherchi

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SPECIALE MANOVRA DI NATALE - Fisco e autonomie

Irpef e tariffe, la stangata dei Comuni I bilanci preventivi degli enti locali «registrano» rincari su addiziona-li, Imu e servizi

anovre e mano-vrine. Se per il presidente del

Consiglio, Mario Monti, questi sono i difficili giorni degli interventi per l'asse-stamento dei conti pubblici, anche i sindaci non se la passano meglio. I primi cit-tadini stanno cercando di far quadrare i bilanci e non è escluso che, con l'arrivo dell'Imu (Imposta municipa-le propria), non si trovino costretti a mettere le mani nelle tasche dei contribuen-ti. Anzi. In alcuni casi è cer-to. Così oltre a subire gli effetti della manovra di Go-verno – ora all'esame del Senato dopo l'ok della Ca-mera e che ha dato il via li-bera pure all'aumento "line-are" dello 0,33% delle addi-zionali regionali Irpef – i cittadini dovranno fare i conti anche con i balzelli comunali. Interventi sulle aliquote Imu o sulle addi-zionali comunali dell'impo-sta sui redditi. Ma non solo. Anche sulle tariffe per ser-vizi pubblici locali, asili ni-do, mense scolastiche, tra-sporti: per molti municipi, insomma, è in arrivo la stangata, vuoi come aumen-to secco, vuoi come rimodu-lazione degli scaglioni, quando previsti. È questo il risultato del monitoraggio condotto dal Sole 24 Ore sui Comuni capoluogo di re-gione, alle prese con la re-

dazione dei bilanci preven-tivi per il 2012, il cui termi-ne di presentazione dovreb-be scadere il 31 dicembre (si veda la sintesi grafica a lato). Il condizionale è d'ob-bligo, perché i conti del prossimo anno saranno for-temente condizionati dal contenuto della manovra, la cui versione finale si cono-scerà al più tardi a ridosso di Natale. Sembra dunque probabile un rinvio dell'ul-tima ora per la presentazio-ne dei bilanci. Basta pensare all'Imu e all'intervento della Camera sul testo originario che ha sostanzialmente fatto pesare il numero dei figli nell'applicazione dell'impo-sta alle prime case. La fran-chigia di 200 euro, infatti, aumenta di 50 euro per ogni figlio, fino a un massimo di 400 euro. Modifiche che, provocando una riduzione sul relativo gettito, costrin-gono gli uffici tecnici co-munali ad aggiornare di continuo le previsioni e dunque i bilanci. A sottoli-neare questa situazione, e l'esigenza di avere più tem-po a disposizione, sono le risposte degli assessori al bilancio: tutti in attesa di avere un quadro di maggiori certezze. Qualche sindaco, tuttavia, ha già fatto più di un passo avanti. Ad esem-pio la giunta di Milano è pronta a raddoppiare l'addi-zionale comunale all'Irpef

(ora allo 0,2%), come acca-drà a Brescia, e addirittura a quadruplicarla (per arrivare dunque allo 0,8%) qualora le condizioni delle casse municipali lo rendessero necessario, portandosi così appena un gradino sotto i livelli della Capitale (dove l'aliquota è già allo 0,9%). E se dal Campidoglio fanno sapere che non ci saranno ritocchi nel 2012 sull'Irpef, per i romani è in arrivo l'aumento del 50% del prez-zo del biglietto per le linee di trasporto urbano, da 1 a 1,50 euro (con ogni proba-bilità da giugno, mentre a Milano lo stesso aumento è già attivo). Il sindaco Gian-ni Alemanno ha poi annun-ciato l'aumento dell'aliquota ordinaria Imu, quella fissata allo 0,76% per le seconde case, anche se non ha anco-ra chiarito in quale misura. Le norme consentono ritoc-chi, in aumento o in dimi-nuzione, di 0,3 punti per-centuali. Il primo cittadino di Milano, Giuliano Pisapia, sembra invece intenzionato a tenere l'aliquota base per le seconde case al livello minimo consentito, cioè allo 0,46 per cento. Né il sinda-co della Capitale, né quello del capoluogo lombardo, hanno però ancora deciso cosa fare con gli immobili strumentali delle imprese o con quelli locati, per i quali la manovra Monti consente

di scendere fino allo 0,4 per cento. Sale l'asticella dell'Irpef anche a Genova, dove l'addizionale 2012 (ora allo 0,7%) potrebbe arrivare allo 0,8 per cento. A Torino si sta invece riflettendo su aliquote differenziate in ba-se al reddito, senza però in-tervenire su quella massima dello 0,5%, ed è in arrivo l'aumento sul biglietto del trasporto locale (da 1 a 1,50 euro). Così come a Bari, dove sarà rivisto anche il meccanismo degli scaglioni per mense e asili nido. E a Napoli, i rincari sui mezzi urbani si aggiungeranno a quelli per gli altri servizi locali. Sul fronte Imu, nel capoluogo pugliese sembra difficile scendere sotto la soglia dello 0,4% sulle pri-me case ed è invece proba-bile un aumento dell'aliquo-ta ordinaria. Ad attenuare la portata degli aumenti po-trebbero essere, però, i piani di dismissioni che i Comuni stanno approntando. Ma è ragionevole credere che, nella redazione dei bilanci preventivi, la probabilità di ricavi futuri dovrà comun-que piegarsi alla logica de-gli aumenti a tappeto. © RIPRODUZIONE RISER-VATA

Andrea Maria Candidi Antonello Cherchi

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SPECIALE MANOVRA DI NATALE – Il poster del lunedì La nuova tassa sulla casa trova la rotta in sei percorsi L'abitazione principale paga lo 0,4% ma c'è il bonus di 50 euro per figlio oltre alla detrazione base di 200 euro

lzi la mano chi non ha ancora cercato la rendita catastale

della propria casa, rovistan-do tra rogiti, visure e vecchi bollettini Ici. Il ritorno delle tasse sull'abitazione princi-pale – sotto forma di Imu, a partire dal 1° gennaio 2012 – impone a tutti i proprietari di farsi i primi conti, in atte-sa di conoscere le aliquote e le eventuali agevolazioni che saranno stabilite dai singoli Comuni. L'aliquota ordinaria fissata dal decreto salva-Italia è lo 0,76% e si applica su un valore catasta-le maggiorato mediamente del 60 per cento. Ma il pre-lievo diventa più leggero per le prime case, perché l'aliquota scende allo 0,4% e c'è una detrazione di 200 euro. Inoltre, con l'emen-damento approvato in sede di conversione del Dl 201/2011 (e ancora in attesa del varo definitivo del Par-lamento) viene introdotta una maggiorazione di detra-zione, pari a 50 euro per ogni figlio convivente di età non superiore a 26 anni, con un tetto massimo di 400 eu-ro. Questo significa che, ad esempio, una famiglia con due figli di 10 e 12 anni, per un alloggio-tipo con una rendita catastale di 800 eu-ro, pagherà 237,60 euro di Imu (i dettagli del procedi-mento di calcolo sono ripor-tati nel grafico a destra). Questa stessa famiglia, sen-za lo sconto per i bambini, pagherebbe 337,60 euro. Si allarga l'area a Imu zero

Di fatto, il bonus per i figli allarga il numero delle pri-me case che hanno un'Imu pari a zero. Con la sola de-trazione di 200 euro, infatti, sono esenti dall'imposta sull'abitazione principale le unità immobiliari con una rendita catastale (non anco-ra rivalutata del 5%) minore o uguale a 297,62 euro. Con un figlio, l'asticella si alza a 372,03 euro, con due figli a 446,43 euro e con tre a 520,84 euro. Tutto questo facendo riferimento all'ali-quota base dello 0,4 per cento. Non bisogna dimen-ticare, però, che i Comuni possono variarla dello 0,2% in più o in meno. E sempre i Comuni potranno anche e-levare la detrazione, fino al totale azzeramento dell'im-posta. In quest'ultima ipote-si, però, l'aliquota relativa agli immobili a disposizione – come le seconde case – non potrà essere superiore allo 0,76% fissato a livello nazionale per i fabbricati diversi dalla prima casa (ri-spetto a questa aliquota or-dinaria, infatti, il margine di manovra dei sindaci è dello 0,3% in più o in meno). De-trazioni e assimilazioni. Non è molto chiaro come si deve suddividere la maggio-razione della detrazione per figli conviventi, in presenza di più contitolari. La regola ordinaria è la suddivisione in parti uguali a prescindere dalle quote di possesso. Oc-correrà tuttavia stabilire se questa regola vale sempre per la maggiorazione, anche

quando uno dei titolari non sia il genitore del figlio che dà diritto alla stessa. Per l'Imu, peraltro, la nozione di abitazione principale è più ristretta rispetto a quella che valeva ai fini dell'esenzione Ici. È indispensabile, infatti, che nell'immobile il contri-buente dimori abitualmente e abbia nel contempo la re-sidenza anagrafica. Deve inoltre trattarsi di un'unica unità immobiliare iscritta in catasto o iscrivibile come tale. In linea di principio, dunque, in presenza di due unità autonomamente acca-tastate l'abitazione principa-le può essere solo una delle due. Le pertinenze tassate come la prima casa, inoltre, possono essere al massimo una per ogni categoria cata-stale C/2 (magazzini), C/6 (autorimesse) e C/7 (tet-toie), senza alcun potere comunale sul punto. Sono inoltre molto limitati i casi delle unità "assimilate" all'abitazione principale. Scompare innanzitutto la fattispecie della casa con-cessa in uso gratuito a pa-renti, prevista in molti rego-lamenti comunali. L'unica ipotesi di assimilazione re-golamentare resta quella ri-ferita all'immobile non loca-to, posseduto da anziani o disabili residenti in istituti di ricovero. In questa even-tualità, l'assimilazione vale sia ai fini dell'aliquota che della detrazione. Ci sono poi pochi casi di assimila-zione per legge. Gli immo-bili degli Iacp (case popola-

ri), regolarmente assegnati, e quelli delle cooperative a proprietà indivisa, adibiti ad abitazione principale dei soci, sono equiparati ai soli fini della detrazione. L'ex casa coniugale assegnata al coniuge separato o divorzia-to è assimilata invece pie-namente all'abitazione prin-cipale, se il coniuge titolare e non assegnatario non pos-siede altre case nello stesso comune. Nelle dichiarazioni dei redditi relative al 2009, le case indicate come abita-zione principale erano 19,7 milioni, mentre i contri-buenti che hanno riportato la deduzione in Unico e nel 730 erano solo 16,8 milioni. Come dire che la stessa per-sona ha più di una prima casa. Un fenomeno che ora dovrebbe attenuarsi. Sconti difficili per i Comuni. L'al-tra grande novità dell'Imu riguarda la tassazione dei fabbricati rurali, da sempre esenti dai tributi comunali. Le unità abitative rurali, se abitazioni principali, saran-no tassate allo stesso modo. Per i fabbricati strumentali, invece, è prevista una ali-quota ridotta dello 0,2%, che i Comuni possono solo diminuire fino allo 0,1 per cento. Inoltre, c'è l'obbligo imposto in sede di emen-damento di accatastare tutti i fabbricati rurali entro il 30 novembre 2012. Al di là di questi aspetti, l'incognita principale dell'Imu è rappre-sentata dalle decisioni co-munali in tema di aliquote. Peserà non poco la circo-

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stanza che la metà del getti-to relativo agli immobili di-versi dalle abitazioni princi-pali e dai fabbricati rurali strumentali, calcolato all'a-liquota base, spetti allo Sta-to. Per intenderci, se il getti-to teorico derivante dall'ap-

plicazione delle aliquote na-zionali è 100, all'Erario spetterà sempre 50, anche se il Comune dovesse delibera-re – e applicare – aliquote ridotte che portano il gettito effettivo a 80. In pratica, gli eventuali sconti sull'Imu

peseranno interamente sulle casse comunali, e questo rischia di pregiudicare l'a-dozione di aliquote ridotte fino allo 0,4%, espressa-mente previste per gli im-mobili d'impresa e per i fabbricati locati. © RI-

PRODUZIONE RISER-VATA

Cristiano Dell'oste Luigi Lovecchio

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IL SOLE 24ORE – pag.5

L'ANALISI

Se il conto dell'equità lo paga l'inquilino

e contasse solo il nu-mero di volte in cui è stata scritta sui gior-

nali, l'equità delle nuove tasse sarebbe un obiettivo raggiunto. Ma è davvero così? L'Imu sull'abitazione principale esce dal primo round alla Camera con una detrazione supplementare di 50 euro per ogni figlio, che rappresenta senz'altro una novità positiva. E d'altra parte non si possono certo correggere con la legge di conversione le sperequazio-ni delle rendite, in base alle quali la nuova imposta pe-serà molto di più su certi immobili che su altri. Detto questo, però, bisogna porsi almeno tre domande, per capire se davvero l'obiettivo dell'equità è stato centrato al 100 per cento. Primo. Per-ché la detrazione di 200 eu-ro (e la maggiorazione di 50 euro per figlio) non è legata al reddito del proprietario? Oggi il bonus è uguale per

chi guadagna mille euro o un milione. Senza introdur-re calcoli complessi, si sa-rebbe potuto ridurre lo sconto oltre una certa soglia di reddito, come accade per le spese sostenute da chi as-sume una badante. Secondo. Perché solo i figli danno di-ritto a uno sconto di 50 eu-ro? Gli anziani non autosuf-ficienti, i disabili e gli altri familiari a carico non sono meno meritevoli di tutela, mentre un figlio – anche se under 26 – può lavorare e produrre reddito. Il Gover-no, del resto, venerdì scorso è stato messo sotto nella vo-tazione su un ordine del giorno della Lega che pre-vede l'Imu dimezzata per i disabili gravi non autosuffi-cienti e, in teoria, dovrebbe attenersi a quanto votato alla Camera. Terzo. Perché si è confermata la scelta di accorpare all'Imu l'Irpef sul-la rendita catastale degli immobili non affittati? L'Ir-

pef era pur sempre un'impo-sta progressiva, che faceva pagare di più chi ha redditi più alti, e prevedeva una maggiorazione speciale del 33% per lo sfitto; così, in-vece, il tributo diventa pu-ramente patrimoniale e chi tiene sfitto viene premiato (si veda il Sole 24 Ore del 17 dicembre scorso). Un altro tema delicato riguarda il rischio che – per come è congegnato il tributo – gli inquilini finiscano per paga-re il conto. Cosa potrebbe fare un proprietario che si troverà a pagare da 300 a 500 euro in più all'anno per un appartamento medio-economico che può render-ne in media 6mila netti? È chiaro che non si rassegnerà senza battere ciglio all'ero-sione della redditività del suo immobile, già messa a dura prova dal calo dei prezzi e delle locazioni (e non sempre rivitalizzata dal-la cedolare sugli affitti, che

comunque non è legata alla concessione di canoni cal-mierati). Quindi il proprie-tario farà di tutto, alla prima occasione, per alzare il ca-none. E peggio ancora se dalla miscela di canoni più elevati e di perdita di potere d'acquisto degli inquilini dovesse risultare una crisi del mercato: non è esatta-mente ciò di cui ha bisogno un comparto economico in cattiva salute già dal 2008. Le ricadute della manovra sul settore dell'immobiliare dimostrano che è estrema-mente difficile intervenire su un mondo articolato – e ormai fragile – come quello del mattone. E che, forse, il dossier delle case in affitto (in cui vive un italiano su cinque) andrà riaperto, pri-ma o poi. © RIPRODU-ZIONE RISERVATA

Cristiano Dell'oste Saverio Fossati

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IL SOLE 24ORE – pag.6

SPECIALE MANOVRA DI NATALE - La lotta all'evasione

Sotto l'occhio del Fisco dall'alba al tramonto Comunicazioni sui conti correnti e stretta sul contante aiuteranno a ricostruire i redditi effettivi

iccoli e grandi acqui-sti. Nuove e vecchie abitudini. Il fisco sarà

in grado di ricostruire i comportamenti di spesa. Dalla mattina alla sera i contribuenti italiani, volente o nolente, trasmetteranno informazioni. Il decreto sal-va-Italia rende tracciabile quasi tutta la vita (almeno per l'ambito di interesse tri-butario) grazie alla trasmis-sione dei movimenti bancari all'Anagrafe tributaria e alla nuova soglia massima di utilizzo del contante. Rego-le nuove che si aggiungono alla marea di dati che già ora alimentano, in modi e attraverso canali diversi, i database a disposizione dell'amministrazione finan-ziaria per dare la caccia a chi non paga le tasse. Con-sideriamo una giornata tipo con sveglia alle sei e trenta. Il primo gesto di accendere la luce per farsi largo nel buio della camera è un'in-formazione di cui il fisco è già a conoscenza. No, nes-suna intercettazione am-bientale o microcamera na-

scosta. In realtà l'utenza è già comunicata, quindi il Fisco sa chi ha stipulato con un contratto per la fornitura di energia elettrica. Addirit-tura risalendo ancora più a monte il fatto stesso che si trovi in quella casa è un da-to conosciuto: se è inquili-no, il contratto è stato regi-strato (o almeno dovrebbe esserlo) all'agenzia delle Entrate; se è proprietario, l'acquisto è stato segnalato all'Anagrafe tributaria. Ma andiamo avanti nella gior-nata. Dopo essersi alzato, il nostro contribuente decide di far colazione fuori con cappuccino e cornetto e, poiché è sprovvisto di con-tanti, pagherà con il banco-mat. Quell'acquisto diventa tracciato e rappresenta un movimento (seppur mini-mo) sul suo conto corrente che potrebbe entrare a far parte del pacchetto dei dati da comunicare dal prossimo 1° gennaio. In questo caso, è un'informazione assolu-tamente irrilevante per quanto riguarda l'acquirente ma potrebbe comunque ri-

sultare preziosa dal lato dell'esercente che riceve il pagamento. Discorso diver-so, invece, se il nostro "os-servato speciale" decidesse di effettuare una spesa stra-ordinaria, come ad esempio cambiare la cucina di casa. Un acquisto, ammettiamo, oltre la soglia di 3.600 euro. Se pagasse in contanti? Vio-lerebbe la soglia di utilizzo del contante, visto che l'al-larme rosso scatta già da mille euro. Una piccola mo-ratoria sarà concessa non appena la conversione del decreto salva-Italia divente-rà legge ma coprirà le viola-zioni fino al 31 gennaio 2012. A ogni buon conto, la manovra prevede che le in-frazioni al divieto di paga-mento con banconote an-dranno comunicate anche all'agenzia delle Entrate e quindi arricchiranno ulte-riormente i database. Ma torniamo alla cucina. Se il contribuente staccasse un assegno, il grande occhio tributario ne verrebbe a co-noscenza. Anzi il rivendito-re dovrà chiedere pure il

codice fiscale all'acquirente perché quell'operazione an-drà segnalata per lo speso-metro (avrà tempo per co-municarla fino al 30 aprile). Questa informazione (a dif-ferenza del cornetto e del cappuccino) si trasforma in un tassello utile per rico-struire l'effettiva capacità reddituale del soggetto inte-ressato. E non è la sola. Il pomeriggio o la serata tra-scorsa nel centro benessere o nel circolo sportivo po-trebbero essere conosciute dal fisco grazie ai questio-nari inviati a queste struttu-re. Così come tutto quello che passerà in entrata e in uscita da un conto corrente. Anche questo è un prezzo da pagare: un «costo altis-simo» lo ha definito in set-timana il Garante della privacy, Francesco Pizzetti, e che «si può giustificare solo per la gravissima ano-malia dell'evasione fiscale che nel nostro Paese è di gran lunga superiore agli altri». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Le nuove informazioni di cui potrà disporre il fisco dal 2012 CONTI CORRENTI A partire dal prossimo 1° gennaio gli operatori finanziari dovranno comunicare periodicamente all'Anagrafe tributaria tutti i movimenti relativi ai rapporti finanziari intrattenuti con i contribuenti. Gli emendamenti alla manovra votati alla Camera hanno previsto che il provvedimento per stabilire le modalità di comunicazione sarà adottato dall'agenzia delle Entrate dopo aver sentito le associazioni di categoria degli operatori finanziari ma anche il Garante della privacy. 40mln I conti correnti da cui arriveranno le informazioni INFRAZIONI LIMITI AL CONTANTE Le infrazioni per il superamento della soglia di utilizzo del contante andranno comunicate anche all'agenzia delle Entra-te. Gli emendamenti al decreto salva-Italia hanno previsto però una moratoria: non saranno considerate infrazioni le vio-lazioni commesse nel periodo dal 6 dicembre 2011 al 31 gennaio 2012.

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1.000 Il limite in euro a partire dalla quale scatta il divieto di contanti SPESOMETRO Entro il 2 gennaio (a meno di proroghe dell'ultima ora) arriveranno le prime comunicazioni sullo spesometro relative al 2010. Poi entro il 30 aprile commercianti ed esercenti dovranno comunicare anche le cessioni effettuate nel 2011: sarà monitorato lo shopping di lusso dei privati (da 3.600 euro) effettuato dal 1° luglio scorso. 25mila La soglia in euro da cui segnalare le operazioni relative al 2010 LEASING Le società di leasing (banche e società finanziarie) e gli operatori commerciali che svolgono attività di locazione e/o di noleggio di autoveicoli, unità da diporto e aeromobili devono comunicare all'Anagrafe tributaria i dati relativi ai con-tratti stipulati nel 2009 e 2010. 31 gennaio Il termine ultimo per inviare la comunicazione BENI AI SOCI All'Anagrafe tributaria andrà inviato il censimento dei beni concessi dalle imprese a soci e familiari. La comunicazione debutta in anticipo rispetto alle penalizzazioni previste se il canone di utilizzo sarà sotto i valori di mercato 2 aprile La prima scadenza per comunicare i beni concessi a soci e familiari

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IL SOLE 24ORE – pag.9

SPECIALE MANOVRA DI NATALE - Previdenza

Pensioni, vie di fuga ma non per tutti Nel regime transitorio penalizzati i dipendenti pubblici e, in parte, anche gli autonomi – ANZIANITÀ/Solo ai lavoratori del settore pri-vato la scialuppa di salvataggio per chi raggiunge «quota 96» tra gennaio e dicembre 2012

armonizzazione dell'età, delle ali-quote e delle mo-

dalità di calcolo delle pre-stazioni previdenziali rap-presenta uno del pilastri del-la riforma voluta dal Go-verno e contenuta nel decre-to legge salva-Italia, già vo-tato alla Camera la scorsa settimana e ora all'esame del Senato per l'approvazio-ne definitiva, attesa entro Natale. Naturalmente, ren-dere omogeneo un sistema previdenziale stratificato, frammentato e articolato come quello italiano non è cosa semplice. E, soprattut-to, non è cosa che si possa fare dalla sera alla mattina. In particolare, parlando di requisiti per l'accesso alla pensione sulla base dei due "nuovi" canali principali, la prospettiva è di arrivare all'armonizzazione nel giro di alcuni anni. Non così tan-ti, anzi pochi - in effetti - per la pensione anticipata, che già dal 2012 vedrà de-buttare il nuovo requisito dei 42 anni e un mese (un anno in meno per le donne), con il meccanismo della pe-nalizzazione per chi non ha ancora compiuto i 62 anni. Prospettiva di armonizza-zione che sarà, invece, deci-samente più lunga per la pensione di vecchiaia nei confronti delle lavoratrici dipendenti e autonome del settore privato, dove solo

nel 2018 si arriverà - per tutti - al requisito dei 66 an-ni di età (e poi di almeno 67 anni nel 2021). Occorre, poi, mettere in conto anche l'adeguamento alla speranza di vita che allungherà tutti questi requisiti contributivi. Certo, limitando sempre il discorso al tema dei requisi-ti di accesso, i prossimi anni saranno quanto mai ricchi di deroghe, eccezioni, esclu-sioni. Le quali - come è lo-gico attendersi - producono effetti molto diversi a se-conda dei soggetti ai quali sono di volta in volta desti-nate. È come se - ripropo-nendo la ripartizione spesso citata dal l'attuale ministro del Lavoro, Elsa Fornero, a proposito dell'esito e delle iniquità della riforma Dini del 1995 (quella che, tra l'altro, introdusse il sistema contributivo escludendo pe-rò i lavoratori con almeno 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995) - si cre-assero tre categorie di sog-getti: – i "salvati", cioè co-loro ai quali la riforma pre-vista dal decreto legge 201/2011 non si applica; – i "parzialmente salvati", cioè quelli che ottengono qual-che forma di deroga e bene-ficio; – i "penalizzati", quel-li cioè che subiscono inte-ramente l'applicazione delle nuove e più restrittive rego-le (il dettaglio delle tre si-tuazioni è nella scheda di

sintesi pubblicata a lato). Il tutto non senza stranezze e disparità, almeno in appa-renza, poco comprensibili. Due casi su tutti. Primo: è difficile capire perché sia concesso solo ai lavoratori dipendenti del settore priva-to che entro il 31 dicembre 2012 maturano i "vecchi" requisiti dell'anzianità (mi-nimo 35 anni di contributi e 60 di età, con "quota" pari a "96" e cioè 36 anni di con-tributi più 60 anni di età), e non anche ai dipendenti pubblici, la possibilità di accedere a una forma limi-tata di pensionamento anti-cipato che scatta al compi-mento dei 64 anni (e non 66 come previsto dalla norma a regime). Secondo: ancora, non si capisce perché men-tre per la pensione di vec-chiaia l'età di uscita di di-pendenti e lavoratori auto-nomi viene uniformata subi-to (eliminando l'attuale dif-ferenza di sei mesi dovuta alle finestre: secondo la re-lazione tecnica si tratta di 25/30mila soggetti che a-vranno un anticipo medio di sei mesi circa del pensio-namento), altrettanto non si fa per la vecchiaia delle donne del settore privato, dove tra lavoratici dipen-denti e lavoratrici autonome rimangono fino al 2018 i soliti sei mesi di differenza, a sfavore delle lavoratrici autonome (si tratta di circa

110mila lavoratrici: 68mila dipendenti e circa 42mila autonome per il 2012). A ogni modo va evidenziato che per tutti - salvati o me-no - scatta l'applicazione del calcolo contributivo per i versamenti successivi al 1° gennaio 2012, sistema che in moltissimi casi porterà penalizzazioni. A non fare sconti a nessuno sarà anche il meccanismo di adegua-mento alla speranza di vita che determina l'allungamen-to sia dei requisiti contribu-tivi sia dell'età anagrafica. Verrà applicato per la prima volta nel 2013 (tre mesi in più su tutti i requisiti), poi ogni tre anni fino al 2019, dopo di che l'adeguamento diventerà biennale. Va ag-giunto che il sistema dell'a-deguamento si applicherà anche ai soggetti esclusi dalle nuove norme (a esem-pio, chi è in mobilità oppure in prosecuzione volontaria). Sempre in base alla relazio-ne tecnica, l'adeguamento alla speranza di vita interes-serà circa 135/140mila sog-getti nel 2013, numero de-stinato a crescere negli anni successivi per effetto dell'intreccio con altri mec-canismi di allungamento dei requisiti. © RIPRODU-ZIONE RISERVATA

Salvatore Padula Giuseppe Rodà

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IL SOLE 24ORE – pag.11

SPECIALE MANOVRA DI NATALE - I prossimi passi

Il Governo ora punta alla fase della crescita Già mercoledì il Senato può archiviare il Dl salva-conti

appuntamento, sal-vo anticipi come già è accaduto la

settimana scorsa alla Came-ra, è per mercoledì. La ma-novra salva-Italia ha ancora tre giorni di tempo per in-cassare il sì del Senato. Sol-tanto settantadue ore per mettere il sigillo all'inter-vento da oltre 30 miliardi, sempreché non ci sia un colpo di coda e il ritorno di gran carriera del testo alla Camera per il varo definiti-vo a ridosso di Natale. Sotto l'albero, dunque, ci sarà an-che il pacchetto di misure anti-deficit. Il Governo ha agito – ha a più riprese spiegato il premier Mario Monti – secondo rigore, e-quità e con un occhio allo sviluppo. Ma è soprattutto il rigore ad aver guidato in questa prima fase la mano dell'Esecutivo. Resta da dar fiato anche agli altri due principi. In particolare, si

attendono le misure per lo sviluppo, tra cui quelle per il Sud, tanto più ora che gli interventi di liberalizzazio-ne contenuti nel decreto salva-Italia sono stati ridi-mensionati. Per il Governo le fatiche sono solo agli ini-zi. Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha annunciato di voler avviare entro fine anno il tavolo per la rivisi-tazione del sistema degli ammortizzatori sociali, in-torno a cui dovrebbero se-dere sindacati e regioni. Al momento, però, le parti non hanno ancora ricevuto una convocazione. Ancora più spinoso è il tema della ri-forma del mercato del lavo-ro, con il capitolo delicatis-simo dell'articolo 18 sui li-cenziamenti. Il Governo ha fatto sapere di voler inter-venire sul l'intera materia. Sulla strada dell'Esecutivo c'è, inoltre, la questione del-la riforma elettorale, la qua-

le è affare parlamentare, ma di portata tale da non poter essere ignorata. Tutto è le-gato alla decisione della Corte costituzionale, che si dovrà pronunciare sull'am-missibilità del referendum contro il "Porcellum". In caso di via libera della Con-sulta, il calendario parla-mentare potrebbe dover dar spazio alle proposte di ri-forma elettorale, rimaste finora nel cassetto. Un con-fronto complicato, ma che una parte dello schieramen-to politico ritiene necessario per evitare il voto e trovare un'alternativa all'attuale si-stema. In attesa di capire se la futura agenda delle Ca-mere dovrà iscrivere anche questo tema, quella della prossima settimana del Se-nato è monopolizzata dal decreto Monti. A Monteci-torio, invece, l'assemblea ha, per il momento, messo da parte il Ddl anti-

corruzione e anche la Co-munitaria 2011, quest'ultima rinviata a gennaio. Qualche chance in più ce l'ha la pro-posta sulla patente e il pa-tentino a punti anche per chi va per mare, che in caso di approvazione è destinato al Senato. Un carnet di lavori ridottissimo per deputati e senatori, insomma, in vista delle vacanze di fine anno. Chissà quanto lunghe, sta-volta, le onorevoli ferie ri-spetto alla tradizione di 15-20 giorni di riposo. Il 2012, d'altra parte, per gli onore-voli si aprirà all'insegna di nuove e vecchie emergenze. Ma anche con due bocconi amari: l'addio ai vitalizi e presto, entro gennaio, il ta-glio degli stipendi. © RI-PRODUZIONE RISER-VATA

Antonello Cherchi Roberto Turno

La tabella di marcia Le prossime mosse del Governo tra interventi in agenda e l'incognita del referendum elettorale 01|MISURE PER LO SVILUPPO Dopo la manovra salva-Italia, che ha puntato soprattutto al rigore, nell'immediato futuro il Governo ha promesso di concentrarsi sullo sviluppo, con le misure per il Sud. 02|RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO È uno dei tavoli che il Governo si appresta ad aprire con le parti sociali. Particolarmente delicato, soprattutto perché si dibatterà anche intorno all'articolo 18 sui licenziamenti. 03|RIVISITAZIONE DEL SISTEMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha dichiarato di voler aprire la discussione sul tema già prima della fine dell'anno. Al momento, però, le parti (Regioni e sindacati) non sono state ancora convocate. 04|PACCHETTO LIBERALIZZAZIONI Ridimensionate quelle contenute nel decreto salva-Italia, il premier Monti ha affermato che il tema rimane nell'agenda del Governo. 05|REFERENDUM ELETTORALE Tema delicato e complicato. In Parlamento ci sono tante proposte di riforma elettorale, al momento tutte silenti. Sul te-ma incombe la decisione della Consulta sull'ammissibilità del referendum contro il "Porcellum".

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IL SOLE 24ORE – pag.15

SPECIALE MANOVRA DI NATALE - L'occupazione/Il ca-so/1. La Provincia di Trento

Reddito minimo con doppio accesso

Trento il reddito minimo di garanzia non è una novità.

La misura è stata introdotta dalla Provincia nel 2009, piatto forte di un pacchetto di interventi per fronteggia-re la crisi economica, con uno stanziamento iniziale dedicato di 18 milioni di euro. Sono previste due forme di accesso al reddito di garanzia: automatica o sottoposta al vaglio dei ser-vizi sociali. Nel primo caso, destinatari sono i nuclei fa-miliari in cui è presente una persona che lavora, ha perso il lavoro da meno di 24 me-si o è alla ricerca del primo impiego da almeno un anno. La durata massima dell'in-

tervento è di quattro mesi, rinnovabili per tre volte nell'arco di due anni. Nel secondo caso – relativo al 7% delle richieste finora presentate – destinatarie so-no le famiglie in grave si-tuazione di disagio, con una durata massima del soste-gno di 12 mesi, rinnovabile senza limiti. Il meccanismo prevede il calcolo di un in-dicatore, l'Icef, che misura il reddito dichiarato integrato da una stima dei consumi: per chi è al di sotto di 6.500 euro l'anno (nucleo formato da una sola persona) o 13mila euro (nel caso di coppie con un figlio mino-renne) scatta il pagamento di un sussidio da parte della

Provincia, che può arrivare fino a 405 euro al mese. Primo requisito fondamen-tale è l'essere residenti in un comune del Trentino da al-meno tre anni. Il secondo comporta la sottoscrizione di un impegno nella ricerca attiva di un lavoro e una di-chiarazione di disponibilità immediata all'accettazione di un impiego per tutti i componenti della famiglia che non lavorano, pur es-sendo in grado di farlo. In totale sono arrivate finora circa 20mila domande, di cui 18mila ritenute idonee, e la spesa complessiva ha su-perato quota 30 milioni di euro. La misura dovrebbe essere rifinanziata anche per

il 2012: la legge finanziaria provinciale, in fase di di-scussione, prevede un bu-dget di 18 milioni. In mate-ria di flexsecurity la Provin-cia ha anche aperto tavoli di negoziazione con le parti sociali sul fronte degli am-mortizzatori sociali e per definire la nuova disciplina del contratto di apprendista-to, oltre a mettere in campo diversi interventi di soste-gno dei servizi di outplace-ment e formazione per i la-voratori licenziati. © RI-PRODUZIONE RISER-VATA

Fr. Ba.

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IL SOLE 24ORE – pag.45

SPECIALE MANOVRA DI NATALE - Tributi locali

Riscossione coattiva vietata agli esterni Salta la possibilità del ricorso all'ingiunzione: senza modifiche dal 2013 impossibile procedere - POCA UNIFORMITÀ/La previsione normativa lascia un vuoto in quanto non riguarda i Comuni della Si-cilia e tutti gli enti provinciali

roroga di un anno a Equitalia e slittamen-to al 2013 dell'obbli-

go di bandire le gare per la riscossione. Ma nelle norme "salta" la possibilità per i concessionari privati di uti-lizzare lo strumento dell'in-giunzione fiscale. Con la conseguenza che dal 2013, a parte i Comuni, né Equitalia né altri soggetti esterni po-tranno effettuare la riscos-sione coattiva. Sono queste le principali novità per i Comuni, introdotte in fase di conversione del Dl 201/2011, insieme con altri aggiustamenti che interven-gono sul controverso artico-lo 7 del Dl 70/2011. Viene innanzitutto scongiurato l'imminente abbandono di Equitalia dal campo dei tri-buti comunali, che avrebbe comportato la restituzione dei ruoli già consegnati. Un altro anno di tregua, durante il quale i sindaci potranno prorogare i contratti in cor-so prima di passare al regi-me obbligatorio dell'eviden-za pubblica, imposto dall'ar-ticolo 3 del Dl 203/2005. Le proroghe sono contenute

nell'articolo 10, commi 13-octies e 13-novies, ma altre novità sul fronte della ri-scossione sono previste dal nuovo articolo 14-bis. In primo luogo scompare il riferimento alla riscossione spontanea, risolvendo così il problema dell'affidamento all'esterno, che sarà senz'al-tro possibile, a eccezione dei tributi con forme di ri-scossione diretta (Imu e tri-buto comunale Res). I pro-blemi però – come detto – sono destinati a riproporsi per la riscossione coattiva, in quanto dal testo risultante dopo le modifiche manca un esplicito riferimento all'uti-lizzo dell'ingiunzione fisca-le per i soggetti esterni. È vero che resta la possibilità di affidare all'esterno la ri-scossione delle entrate in virtù dell'articolo 52 del Dlgs 446/1997, ma la lettera gg-septies del Dl 70/2011 abroga tutte le disposizioni (Dl 209/2002 e Dl 248 del 2007) che prevedono l'uti-lizzo dell'ingiunzione per i concessionari privati. Per dare un'interpretazione me-no tranchant, si potrebbero

considerare i concessionari privati a pieno titolo fruitori delle facoltà concesse agli enti locali, configurandosi nell'affidamento del servizio una forma di "delegazione interorganica", che in so-stanza trasferisce dall'ente locale al soggetto privato (concessionario) l'esercizio delle medesime funzioni. Ma ricordiamo che l'articolo 36 del Dl 248/2007 (abroga-to dal 2013) interveniva proprio per fugare i dubbi sull'utilizzabilità dell'in-giunzione fiscale, emersi dopo l'abrogazione del comma 6 dell'articolo 52 del Dlgs 446/1997: è quindi ne-cessario un intervento di modifica. Alle due chiavi di lettura possibili si aggiun-gono poi i diversi punti cri-tici lasciati aperti dal Dl 70/2011, che dovranno es-sere risolti nel 2012. In pri-mo luogo occorrerà identifi-care il soggetto che dovrà subentrare a Equitalia. Sul punto l'Anci ha proposto la costituzione di un consorzio nazionale della riscossione al quale potrebbero aderire i Comuni interessati, ma si

tratterebbe di un affidamen-to diretto in contrasto con il principio dell'evidenza pub-blica imposto dal Dl 203/2005 e dalle direttive comunitarie, non vertendosi peraltro nell'ipotesi di un affidamento in house. Si se-gnala poi la mancanza di uniformità del sistema, po-sto che la previsione non riguarda i Comuni della Si-cilia (dove opera Riscossio-ne Sicilia Spa) e tutti gli en-ti provinciali, con un in-spiegabile vuoto normativo. Occorrerà poi mettere mano all'attuale disciplina sulla riscossione coattiva, proce-dendo a un serio riordino finalizzato alla redazione di un testo unico che mutui gli istituti tipici del Dpr 602/1973, e in particolare quelli che si sono mostrati più efficaci. Occorre punta-re a una riscossione più ef-ficiente, evitando nello stes-so tempo situazioni discri-minatorie per i soggetti coinvolti. © RIPRODU-ZIONE RISERVATA

Giuseppe Debenedetto

SEGUE GRAFICO

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IL SOLE 24ORE – pag.45

Senza regole chiare. Preoccupanti elementi di confusione

Un blocco da evitare con rimedi urgenti

ono preoccupanti gli elementi di confusio-ne in un settore, quel-

lo della riscossione delle entrate degli enti locali, che avrebbe bisogno di regole chiare e di certezze norma-tive che mettano in condi-zione gli operatori di agire senza il timore di vedere vanificati gli sforzi organiz-zativi da provvedimenti ir-razionali. Alla inconcepibile discriminazione contenuta nella norma abrogata, che limitava l'efficacia dell'ese-cuzione da parte dei conces-

sionari privati, si è sostituita una ingiustificata soppres-sione da parte della norma abrogante, che comporta il blocco completo della ri-scossione. E ciò perché i Comuni possono utilizzare l'ingiunzione "rafforzata" solo dal 2013, mentre i con-cessionari iscritti all'albo previsto dall'articolo 53 del Dlgs 446/97 non possono proprio emettere l'ingiun-zione. Equitalia, poi, scadu-ta la proroga introdotta, non curerà più la riscossione co-attiva delle entrate degli en-

ti, con gravi conseguenze dal punto di vista dell'equi-librio dei bilanci comunali. Si potrebbe pensare che questo blocco costituisca la premessa per una nuova or-ganizzazione del sistema, così recependo la proposta dell'Anci che vuole costitui-re un consorzio nazionale. Ma, anche tacendo sul con-flitto tra tale prospettazione e il diritto comunitario, per-ché si devono discriminare i concessionari privati che già gestiscono la riscossione di migliaia di Comuni? Ben

venga il consorzio, a patto che non si realizzi il solito carrozzone, che operi in re-gime di concorrenza con le società private e con parità di strumenti operativi. Solo così si potranno avere servi-zi efficienti ed economica-mente più vantaggiosi. C'è da augurarsi che il governo Monti ponga rimedio con urgenza a tale assurda situa-zione avviando, allo stesso tempo, una riforma seria della riscossione coattiva.

Pietro Di Benedetto

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IL SOLE 24ORE – pag.45

Programmi regionali. Le spese non rileveranno per il rispetto dei tetti

Cofinanziamenti «fuori» dal patto di stabilità

cofinanziamenti nazio-nali dei fondi strutturali europei potranno essere

sottratti dal complesso delle spese finali rilevanti ai fini del rispetto del patto di sta-bilità interno di Regioni e Province autonome. Allo scopo di accelerare la rea-lizzazione dei programmi regionali cofinanziati da ri-sorse comunitarie, l'articolo 3 della manovra Monti (de-creto legge 201/2011), inte-grando le disposizioni dell'articolo 32, comma 4, legge 183/2011, dispone infatti l'esclusione per gli anni 2012, 2013 e 2014, in termini di cassa e di compe-tenza, delle spese effettuate a titolo di cofinanziamento del Fondo europeo di svi-luppo regionale (Fesr) e del Fondo sociale europeo (Fse). La copertura finan-ziaria dell'operazione, pari a

un miliardo di euro all'anno, è assicurata attraverso l'isti-tuzione presso lo stato di previsione del ministero dell'Economia e delle finan-ze, di un Fondo di compen-sazione per gli interventi volti a favorire lo sviluppo, il cui riparto fra le singole regioni avviene sulla base di quanto stabilito dal Quadro strategico nazionale 200 - /2013. La norma, scaturita dalla situazione di eccezio-nale crisi economica inter-nazionale e dalla conse-guente necessità di ripro-grammazione nell'utilizzo delle risorse disponibili, ri-schia tuttavia di non produr-re gli effetti attesi se non verrà accompagnata da ana-loga disposizione a favore degli enti locali, cioè dei soggetti cui spesso compete l'emanazione degli atti finali di spesa relativi a questi in-

terventi. Secondo quanto disposto dall'articolo 31, commi 10 e 11, legge 183/2011, Comuni e Pro-vince possono escludere dal saldo finanziario in termini di competenza mista solo le risorse provenienti, diretta-mente o indirettamente, dall'Unione europea e le re-lative spese, di parte corren-te e in conto capitale, ma devono invece conteggiare, con segno negativo, impe-gni e pagamenti di somme a valere sulla quota parte na-zionale dei cofinanziamenti comunitari. Poiché molti interventi finanziati con fondi strutturali europei so-no realizzati, in qualità di stazioni appaltanti, dagli enti locali, destinatari in via indiretta delle risorse asse-gnate alle regioni, sarebbe necessario individuare, nei limiti dello stanziamento

massimo previsto, meccani-smi di esclusione delle spe-se in questione anche a fa-vore di Comuni e Province. Se, da un lato, sono stati adottati provvedimenti normativi tesi a ridurre l'impatto della crisi econo-mica sulle imprese appalta-trici di lavori pubblici attra-verso la definizione giuridi-ca dell'istituto della certifi-cazione dei crediti finalizza-ta alla cessione pro-soluto a banche o intermediari fi-nanziari, dall'altro mal si comprenderebbe una limita-zione del beneficio in que-stione alle sole Regioni e Province autonome. © RI-PRODUZIONE RISER-VATA

Anna Guiducci

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IL SOLE 24ORE – pag.45

INTERVENTO Servizi idrici: sulle tariffe serve un passo indietro

l referendum di giugno ha soppresso «l'adegua-ta remunerazione del

capitale investito» dai prin-cipi del sistema tariffario dei servizi idrici. Qualcuno, quindi, deve scrivere un nuovo sistema tariffario che sia in grado di consentire il finanziamento degli inve-stimenti necessari. Un im-pegno tecnicamente com-plesso e politicamente diffi-cile. Prima della manovra "salva-Italia", questo com-pito era stato affidato all'A-genzia nazionale per la re-golazione e la vigilanza in materia di acqua, creata con il decreto sviluppo di mag-gio. L'Agenzia avrebbe do-vuto essere nominata nel mese di settembre e avrebbe offerto una continuità nell'attività di controllo, in-corporando le competenze tecniche presenti nella sop-pressa Commissione nazio-nale per la vigilanza sulle risorse idriche (Conviri), svolgendo le sue funzioni

con maggiore indipendenza e autonomia. Ma le nomine non sono mai arrivate. Con il decreto "salva-Italia" si è soppressa anche la nuova Agenzia, ripartendo le com-petenze tra il ministero dell'Ambiente e l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (Aeeg). In questo modo il Governo avrà pensato di operare una semplificazione amministrativa e di ridurre i costi, attribuendo lo "spino-so" nodo della tariffa a un organismo autorevole come l'Aeeg. Tuttavia, nel decreto si rimanda la ripartizione delle competenze a un suc-cessivo Dpcm. Probabil-mente siamo di fronte non ha uno, ma addirittura a due passi indietro: si sopprime l'Agenzia, organismo indi-pendente e autonomo, attri-buendo le funzioni di rego-lazione al ministero, organi-smo politico, e si rinvia la definizione delle competen-ze tariffarie da trasferire all'Aeeg all'emanazione di

un decreto, fonte normativa secondaria. In questo conte-sto è probabile che il decre-to sarà oggetto di un conflit-to fra interessi contrapposti, quelli dell'Aeeg da una par-te e quelli del ministero dell'Ambiente dall'altra. Vi è poi la questione dei tempi. La soppressione dell'Agen-zia, il contestuale trasferi-mento delle competenze all'Aeeg e l'attesa del decre-to allungheranno i tempi entro cui si potrà adeguare agli esiti referendari la tarif-fa dell'acqua, creando incer-tezze dannose sia per gli u-tenti che per i gestori. Quanto ancora si dovrà at-tendere per affrontare que-sto nodo? Ma questo rias-setto di competenze rischia anche di vanificare l'attività di tutela dell'utente che la Conviri aveva portato avanti fino a oggi. I tempi previsti sono più che sufficienti per far decadere tutta l'attività istruttoria che la Commis-sione ha svolto fino a oggi

sulla corretta applicazione della tariffa da parte dei ge-stori, legittimando per de-correnza dei termini delle situazioni potenzialmente illegittime. Forse sarebbe bastato leggere attentamente la norma che istituiva l'A-genzia per capire che non vi erano costi a carico della finanza pubblica, né costi a carico della tariffa, e che il costo di funzionamento sa-rebbe stato finanziato dagli utili dei gestori. Del resto, l'Aeeg dovrà pur dotarsi di competenze specializzate per svolgere un controllo sulle tariffe; e anche il mini-stero dovrà mantenere gran parte del personale della vecchia Conviri. Il Governo è ancora in tempo a ripen-sarci. Il settore dei servizi idrici ha bisogno di stabilità e di una regolazione coeren-te. © RIPRODUZIONE RI-SERVATA

Luigi Baggiani

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IL SOLE 24ORE – pag.55

Energie alternative. L'attuazione a livello locale delle linee guida stabilite nel 2010 per l'insediamento degli impianti

I paletti regionali alle rinnovabili Otto nuovi interventi nel 2011 per delimitare le aree off-limits a sola-re ed eolico

rosegue la produzione normativa delle Re-gioni per l'applica-

zione del Dm Sviluppo 10 settembre 2010 contenente le linee guida con la proce-dura per l'autorizzazione alla costruzione e all'eserci-zio di impianti di produzio-ne di elettricità da fonti rin-novabili. Nel 2011 hanno sono intervenute Campania, Emilia Romagna, Marche, Molise, Sardegna, Toscana, Umbria, Valle d'Aosta (vedi tabella). In prevalenza le delibere e i regolamenti re-gionali hanno individuato i siti (o i criteri per indivi-duarli) per la localizzazione degli impianti. Il parlamen-tino toscano con la legge regionale 56 del 4 novem-bre, ha riformato in alcuni punti le previsioni della legge 11/2011. A seguito della modifica sarà più age-vole localizzare gli impianti fotovoltaici a terra nelle a-ree industriali e in quelle per servizi. Per quelli situati al di fuori delle zone interne ai coni visivi e panoramici e nelle aree agricole di parti-colare pregio paesaggistico e culturale, la distanza mi-nima tra due impianti è rad-doppiata da 100 a 200 me-tri. Il 26 ottobre il consiglio regionale, con l'approvazio-ne della delibera 68 ha an-che completato ha l'iter per

la perimetrazione delle aree off-limits. La normativa to-scana lascia alle Province la possibilità di proporre una diversa delimitazione delle aree vietate, anche all'inter-no delle aree agricole con produzioni Dop e Igp; una facoltà di cui si sono avval-se tutte le Province e che la Regione ha accolto con questa delibera. Sul Bur del-lo scorso 7 dicembre è stata pubblica la delibera con la quale la giunta dell'Emilia Romagna ha individuato i parametri che devono essere valutati per decidere sulla localizzazione degli impian-ti fotovoltaici nelle aree di sedime delle discariche e-saurite (lo scorso anno era già stata adottata una nor-mativa di portata più gene-rale). L'assemblea legislati-va nel luglio scorso (con la delibera 51) ha individuato le aree per l'installazione degli impianti per la produ-zione di energia elettrica da fonte eolica e idrica e da biogas e biomasse. Tra l'al-tro, si stabilisce che le pale eoliche possono essere im-piantate anche oltre i 1.200 metri di altitudine nelle aree collinari e di crinale se muovono i motori di skilift e altri impianti di risalita nelle stazioni invernali e funzionano per almeno 1.800 ore all'anno. Un crite-

rio insediativo di ordine ge-nerale si propone poi di evi-tare la dispersione insediati-va degli impianti, privile-giando, per esempio, nel caso di impiego di biomas-se, biogas o biometano, le localizzazioni all'interno o nelle vicinanze degli inse-diamenti rurali esistenti. L'effettiva individuazione territoriale delle aree idonee all'installazione è demanda-ta agli strumenti pianifica-zione territoriale, urbanisti-ca o settoriale. Gli impianti fotovoltaici in Umbria (re-golamento regionale, 29 lu-glio 2011, n. 7) possono co-prire fino al 10% della su-perficie del terreno agricolo, libera da bosco, a disposi-zione dei soggetti che pro-pongono di realizzarli. L'al-legato C al regolamento re-gionale individua le aree non idonee all'installazione per ognuna delle tipologie di impianti per la produzio-ne di energia elettrica da fonti rinnovabili. Sono spe-cificate anche le relative ec-cezioni: nel caso degli im-pianti fotovoltaici si deroga al divieto di installazione nelle aree agricole di pregio (una delle possibili aree ini-donee) se l'energia prodotta è destinata all'autoconsumo, mentre nelle aree della rete Natura 2000 si può aggirare il divieto impiantando i

pannelli un zone già edifica-te o urbanizzate, purché non compromettano il contesto naturalistico e la condizione di biodiversità dell'ambien-te. La giunta regionale mo-lisana, con le linee guida per la costruzione e la ge-stione degli impianti per la produzione di energia da fonti alternative (delibera 621 del 4 agosto scorso) ha dettato criteri generali affin-ché la loro localizzazione sia ad impatto minimo. In particolare, nella scelta dei siti per i campi di pale eoli-che, la Regione invita a considerare la difficoltà di mitigarne l'impatto visivo e, per questo, a preferire aree già di per sé degradate nelle quali l'ubicazione degli im-pianti potrebbe addirittura costituire un fattore di recu-pero. Anche Trento è inter-venuta sulla propria norma-tiva relativa alla localizza-zione degli impianti foto-voltaici. Un decreto del pre-sidente della Provincia (il n. 14/72 del 13 settembre 2011), ha stabilito che per gli impianti da localizzare sulle coperture dei fabbrica-ti è sufficiente la Dia. © RIPRODUZIONE RISER-VATA

Raffaele Lungarella

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IL SOLE 24ORE – pag.55

L'altro fronte. L'attuazione del Dl Sviluppo Premi in cubatura a chi migliora l'efficienza termica

resce l'attenzione che le Regioni riser-vano all'innalzamen-

to delle prestazioni energe-tiche degli edifici e del gra-do di copertura del loro fab-bisogno attraverso fonti rin-novabili, con l'obiettivo di oltrepassare gli standard minimi definiti dalla norma-tiva statale concedendo premi di edificabilità ai proprietari virtuosi. L'occa-sione per promuovere il mi-glioramento delle perfor-mance energetiche è spesso costituito dall'adeguamento dei loro piani casa alle pre-visioni del decreto Sviluppo (Dl 70/2011), anche se non mancano casi di decisioni assunte al di fuori di quel contesto. In Emilia Roma-gna, lo scorso 26 settembre, la delibera 1366 ha conces-so ai Comuni la possibilità di accordare, in deroga agli strumenti della pianifica-zione urbanistica, un au-mento di volumetria del 5%

sia per gli edifici nuovi che per quelli esistenti sottopo-sti a rilevanti interventi di ristrutturazione. Il premio è condizionato all'installazio-ne di impianti per la produ-zione di elettricità da im-pianti rinnovabili in grado di produrre una quantità di energia sufficiente a soddi-sfare il fabbisogno di calore, elettricità e raffrescamento di almeno il 30% superiore al limite minimo già stabili-to dalla normativa. L'Emilia Romagna non è l'unica a essersi mossa su questo fronte. Una modifica alla legge regionale 13/2009 (varata con la legge 23/2010) permette in Um-bria la concessione di premi di volumetria commisurati agli standard energetici con-seguiti. Nel caso di edifici nuovi che ottengono la cer-tificazione di sostenibilità ambientale, le singole am-ministrazioni comunali, possono accrescere la po-

tenzialità del lotto prevista dal piano regolatore o dal suo strumento di attuazione del 25% nel caso di immo-bili che raggiungono la classe energetica A e del 15% se possono essere clas-sificati in classe B. Unica condizione posta dalla legge è che gli immobili non siano ubicati nei centri storici; i Comuni possono, però, in-dividuare altre aree di e-sclusione oppure stabilire premi più contenuti, per te-nere conto delle caratteristi-che paesaggistiche e am-bientali del territorio. Le stesse percentuali si appli-cano per i miglioramenti energetici ottenuti sugli edi-fici esistenti, con riferimen-to, ovviamente, alle superfi-ci esistenti. In Puglia (legge regionale 21/2011) la regio-ne oltre agli incrementi di volumetria previsti dal suo piano casa per gli amplia-menti e demolizione e rico-struzione degli edifici dà

facoltà ai Comuni di conce-dere un ulteriore premio se gli interventi raggiungono elevati obiettivi energetici. La regione Lombardia con il progetto di legge, con il quale si appresta ad aggior-nare il suo piano casa, pre-vede per gli interventi di sostituzione edilizia che comportano la demolizione e la totale ricostruzione de-gli edifici un incremento della volumetria del 10%, oltre quello già accordato in via ordinaria a questo tipo di operazioni, se la quota del fabbisogno di energia dell'edificio coperto con fonti rinnovabili va oltre il 20% il livello già previsto dal decreto legislativo 28/2011, il quale definisce anche le regole energetiche per i nuovi edifici e per quelli sottoposti a rilevanti ristrutturazioni. © RIPRO-DUZIONE RISERVATA

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IL SOLE 24ORE INSERTI – pag.1

Sommersi dai debiti i Comuni del centro nord apriranno per primi i servizi pubblici al mercato - I sindaci: no alla svendita

L'anno delle liberalizzazioni Tabacci: il capitalismo municipale è finito - Fassino prepara la supe-rutility

ell'anno delle libe-ralizzazioni, i Co-muni del Nord sono

più preoccupati di far torna-re i propri bilanci che di trovare strategie per rendere più efficienti i servizi pub-blici. E in questo contesto vendere (o svendere) società partecipate, o pezzi del loro azionariato, diventa una ne-cessità piuttosto che una virtù. Il rischio, quindi, è che le operazioni messe in campo siano finalizzate sol-tanto a far quadrare in corsa i conti del 2011 e del 2012, senza grandi visioni di lun-go periodo. Ecco cosa acca-de nelle città. A Milano si è appena chiuso il bando per la vendita del 27,95% della società aeroportuale Sea, o in alternativa del 18,6% del-la holding stradale Serraval-le insieme al 20% di Sea (base d'asta: 380 milioni). Grazie a questa alienazione Palazzo Marino riuscirà ad avere quei 350 milioni indi-spensabili per chiudere in pareggio l'esercizio 2011. A Torino si sta studiando la parziale privatizzazione di tre società, che dovrebbero portare nelle casse del Co-

mune circa 200 milioni: Amiat, che si occupa di ri-fiuti; Trm, che gestirà il termovalorizzatore; la Gtt, responsabile del trasporto pubblico urbano. A Firenze, dove si cercano 20 milioni per il 2012, si sta consu-mando in questi giorni la battaglia per la privatizza-zione di Ataf, che gestisce il trasporto pubblico locale, e per lo scorporo della società patrimoniale da quella di gestione. A Padova è intan-to andata deserta l'asta per la vendita della società che raccoglie la pubblicità. I primi a temere l'effetto svendita sono gli stessi sin-daci, che pure sono costretti a ricorrere a questo stru-mento per non andare in rosso. Alcuni di loro frena-no, e si dicono scettici nei confronti delle liberalizza-zioni. Tra questi ci sono Marta Vincenzi, del Pd, primo cittadino di Genova, e Attilio Fontana, della Le-ga Nord, primo cittadino di Varese e presidente di Anci Lombardia. Secondo Vin-cenzi le liberalizzazioni non sono «la panacea per tutti i mali» e «il pubblico do-

vrebbe mantenere il control-lo del 51% delle azioni delle partecipate». Per Fontana «il patto di stabilità obbliga i Comuni a tagliare, ma è un errore liquidare le aziende che funzionano bene». In questo contesto esiste tutta-via un caso in cui la visione strategica va oltre i soli pro-blemi di bilancio. Il sindaco di Torino Piero Fassino sta studiando in prima linea la creazione di una super uti-lity interregionale, che do-vrebbe riunire A2a, control-lata da Brescia e Milano, Iren, controllata da Torino e Genova, Hera, controllata da Bologna. La nuova so-cietà è l'unico esempio di riflessione di lungo periodo, non solo dettata da urgenze contabili ma anche dalla vo-lontà di dare vita ad un gruppo più efficiente, in grado di frenare l'avanzata in Italia delle società stra-niere. Fassino non è il solo a guardare alle liberalizzazio-ne e alle nuove sinergie co-me ad un'opportunità. An-che Bruno Tabacci, assesso-re di Milano al Bilancio e parlamentare Udc, ritiene che «il capitalismo munici-

pale abbia fatto il suo tem-po», per quanto non si deb-ba avere un approccio ideo-logico e «valutare le vendite caso per caso». Anche per Tabacci una delle ricette possibili per far funzionare le società di servizi pubblici locali è studiare forme di collaborazioni. Per Milano ci sarebbero già degli esem-pi concreti: «Guardare a Sea all'interno di una connessio-ne con la realtà aeroportuale di Verona, pensare ad una fusione tra Atm (la società di trasporto pubblico, ndr) e Trenord (la società ferrovia-ria lombarda controllata per metà da Trenitalia e per me-tà dalla lombarda Le Nord, ndr), riflettere su un'allean-za tra A2a, Iren e Hera», spiega Tabacci. La strada verso le liberalizzazioni è insomma ancora lunga e piena di contraddizioni. Ma da quest'anno tutti gli enti locali dovranno cominciare a farci i conti. © RIPRO-DUZIONE RISERVATA

Sara Monaci

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IL SOLE 24ORE INSERTI – pag.2

I conti difficili. Penalizzati i municipi che negli anni passati hanno investito di più

Torino, Milano e Siena prime nell'indebitamento Ora il giro di vite per chi sfora i tetti: divieto di nuovi mutui

idurre il perimetro della proprietà pub-blica, sia nelle atti-

vità di mercato sia nel pa-trimonio immobiliare. Sono tre i fattori, scaturiti dalle manovre estive e rafforzati dal decreto «salva-Italia», che contribuiscono insieme questa partita, destinata a giocarsi soprattutto nelle Regioni del Nord. La ma-novra-bis di Ferragosto ha cercato di raccogliere i coc-ci scaturiti dal referendum di giugno sull'«acqua pub-blica» (sulle conseguenze si vedano anche gli articoli a pagina 26 di questo Rappor-to) e ha riaperto la strada alle liberalizzazioni dei ser-vizi pubblici; oltre a questo, però, ha anche messo sotto osservazione gli enti territo-riali "troppo" indebitati, ar-ruolando per la prima volta sindaci e presidenti di Re-gione nella sfida nazionale alla riduzione del debito pubblico. Come principale strumento nella battaglia all'indebitamento, ha indica-to la dismissione del patri-monio immobiliare, e il primo decreto economico approvato dal Governo Monti ha rafforzato e velo-cizzato le procedure con cui Comuni, Province e Regioni possono valorizzare il pro-prio mattone e trasformarlo

in un sostegno prezioso a bilanci zoppicanti. La parti-ta, come accennato, promet-te di mettere in scena le proprie azioni più importan-ti nel Centro-Nord, per due ragioni: i vari risiko locali dei servizi pubblici hanno creato negli ultimi anni un sistema di imprese multi-regionali attive su un terre-no economicamente più in-teressante per gli operatori rispetto alle Regioni meri-dionali, che può attirare an-che l'attenzione di aziende straniere. Sul versante del «rosso», poi, soprattutto dalle parti dei Comuni l'in-debitamento è stato sinoni-mo di investimenti, e sono le amministrazioni del Nord ad aver effettuato negli anni le azioni più importanti, e a ritrovarsi ora a dover gestire uno stock di passivo più imponente. Un'occhiata alla graduatoria del debito locale offre una conferma imme-diata. A primeggiare è Tori-no, che con i suoi 4,2 mi-liardi di indebitamento vede un passivo da 3.520 euro poggiare sulle spalle di ogni cittadino, neonati compresi. A gonfiare l'indebitamento torinese è stata la costella-zione di investimenti che ha accompagnato la prepara-zione delle Olimpiadi in-vernali del 2006, e che ha

trasformato il volto urbani-stico della prima Capitale d'Italia dal centro alla peri-feria. È giusto o sbagliato che un Comune si indebiti così tanto. La schiera dei fautori della prima lettura, guidata ovviamente dall'ex sindaco Sergio Chiamparino e dal suo successore Piero Fassino, sostengono l'esi-stenza di una sorta di "patto inter-generazionale", in vir-tù del quale è corretto che i torinesi del futuro paghino la loro quota (sotto forma di interessi al debito) di infra-strutture che si ritroveranno grazie agli investimenti del passato (prima fra tutte la metropolitana). Chi si op-pone a questa idea, dal can-to suo, non ha difficoltà a sottolineare le difficoltà ge-stionali che un carico di passivo così importante comporta. A Milano, secon-do capoluogo italiano nella classifica del debito muni-cipale, le trasformazioni si sono viste molto meno, an-che perché il «grande even-to» che dovrebbe rifare il look alla città è atteso per il 2015 con l'Expo. Il proble-ma, però, è il calendario, proprio per la stretta che la manovra-bis di Ferragosto ha imposto al debito locale. Oltre ad abbassare i vecchi parametri sul tetto della

spesa per interessi (si veda anche la pagina a fianco), la manovra estiva ha introdot-to una norma inedita. In o-gni comparto dell'ammini-strazione locale, gli enti più indebitati della media (il criterio è quello dello stock di debito pro capite) do-vranno trovare il modo di ridurre il proprio passivo, nello sforzo collettivo della Pubblica amministrazione di ridurre il dato finito nell'occhio del ciclone dei mercati internazionali. A Torino, oltre che a Palazzo di Città, la nuova misura interessa da vicino anche Palazzo Lascaris, sede della Regione, dal momento che la dinamica del l'indebita-mento è uno dei dossier sul tavolo del Governatore Ro-berto Cota. Anche perché la nuova regola non si è limi-tata ad "avvisare" le ammi-nistrazioni locali regine del debito, ma si è preoccupata anche di fissare sanzioni pesanti per chi non rispette-rà gli obiettivi di riduzione dell'indebitamento che sa-ranno fissati dal ministero dell'Economia con il decreto applicativo: chi sforerà i target indicati da Via XX Settembre sarà trattato come gli enti che non riescono a rispettare il Patto di stabili-tà, si vedrà completamente

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sbarrata la strada per nuove assunzioni (compresi i rin-novi di contratti a termine e collaboratori coordinati e continuativi) e dovrà frenare la spesa corrente entro i li-velli medi registrati negli ultimi tre anni. Senza conta-re che gli enti super-

indebitati finiranno senza dubbio nella rete dei nuovi limiti alle spese per interes-si, che impediscono a chi li supera di accendere nuovi mutui. Insomma: la paralisi amministrativa. Per evitarla, a sindaci e presidenti di Re-gione non resta che disfarsi

dei beni di casa, mettendo in vendita patrimonio in un mercato reso difficile dal-l'andamento degli interessi sul debito pubblico, ben-chmark chiave per gli inve-stitori professionali del mat-tone. Alla fine, dunque, quello snellimento del pub-

blico che non si è fatto in nome delle liberalizzazioni sarà imposto dal peso del debito. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Gianni Trovati

LA PAROLA CHIAVE Sanzioni - Chi sforerà i target indicati dal ministero dell'Economia sarà trattato come gli enti che non riescono a rispettare il Patto di stabilità, si vedrà completamente sbarrata la strada per nuove assunzioni (compresi i rinnovi di contratti a termine e collaboratori coordinati e continuativi) e dovrà frenare la spesa corrente entro i livelli medi registrati negli ultimi tre an-ni. Senza contare che gli enti super-indebitati finiranno senza dubbio nella rete dei nuovi limiti alle spese per interessi, che impediscono a chi li supera di accendere nuovi mutui.

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IL SOLE 24ORE INSERTI – pag.3

Strategie di bilancio. Comuni al lavoro per aprire al mercato i ser-vizi pubblici: Firenze cede i trasporti, Padova si è già liberata delle autostrade

Nella morsa del rosso il rischio è svendere A Milano l'equilibrio dei conti è legato alla parziale privatizzazione di Sea e Serravalle

Comuni somigliano sempre di più a quelle famiglie nobili che, per

non rimanere sul lastrico, vendono a poco a poco i gioielli di famiglia. Col ri-sultato che le privatizzazio-ni, negli enti locali del Nord Italia, non sono il frutto di una strategia improntata all'efficienza e al risparmio, ma semplicemente l'estremo rimedio ad un male estremo. Il male estremo è rappresen-tato dall'indebitamento, dal-la morsa del patto di stabili-tà che chiede alle ammini-strazioni di risparmiare ogni anno di più, dalla necessità di assicurare comunque i servizi sociali minimi. In-somma, far quadrare i conti nei Comuni è ogni anno un'acrobazia sempre più complessa. Basti pensare che il rapporto tra le spese per interessi e le entrate da tributi, trasferimenti e tarif-fe oggi deve essere pari al 12%; con la manovra di no-vembre, la percentuale scende al l'8% per il 2012; poi si riduce ancora al 4% per il 2014. E questo solo se si parla di indebitamento, che per essere sanato ha bi-sogno di dismissioni mas-sicce di immobili. Ma il problema, molto spesso, non riguarda solo lo stock del debito, ma anche il bi-lancio di parte corrente, che a fine anno non ha ancora trovato un equilibrio in mol-

ti Comuni. I casi più em-blematici sono Milano e To-rino, che peraltro sono an-che le amministrazioni co-munali più indebitate d'Ita-lia (con, rispettivamente, 4,38 miliardi e 3 miliardi di passività). A Milano man-cano all'appello 350 milioni per chiudere l'esercizio 2011 rispettando il patto di stabilità. Quindi il Comune si è trovato costretto ad a-prire una gara, chiusa il 16 dicembre, per mettere in vendita il 18,6% della holding stradale Serravalle insieme al 20% della società aeroportuale Sea, oppure il 29,75% della sola Sea. La base d'asta, per entrambe le opzioni, era di 385 milioni, di cui 45 vincolati alla fir-ma, entro 2 anni, del decreto Enac, che permetterà alle società aeroportuali di au-mentare le tariffe. L'equili-brio di bilancio a Milano è pertanto legato alla parziale privatizzazione di due so-cietà. Nel caso di Sea, Pa-lazzo Marino intende man-tenere comunque il control-lo con la maggioranza asso-luta (oggi detiene l'86,4%). Fino a qualche mese fa si pensava alla quotazione del 30-35% circa: da una parte per dare risorse ad una so-cietà in crescita dall'altra per compensare il prelievo dell'extradividendo da 160 milioni. Poi, tra crisi finan-ziaria e un'offerta allettante

di acquisto avanzata dal fondo F2i, lo sbarco in Bor-sa è stato di fatto bloccato. Nel caso di Torino, l'ammi-nistrazione sta studiando il destino di tre società: A-miat, che si occupa di rifiu-ti; Trm, che ora sta realiz-zando il termovalorizzatore e poi ne sarà il gestore; Gtt, responsabile del trasporto pubblico urbano. E anche qui lo scenario si ripete: Pa-lazzo civico sta cercando un modo per attingere denaro dalla riorganizzazione delle partecipate, magari affret-tandosi a vendere parte del-le quote ad un nuovo socio. L'obiettivo è far entrare un privato col 40% in tutte e tre le utility. La norma na-zionale lo chiederebbe entro marzo 2012, ma Palazzo Civico vorrebbe affrettare i tempi per fare cassa subito e chiudere l'esercizio 2011. Per la Gtt si parla di società straniere o di un partner fi-nanziario; per Amiat e Trm di Iren, la multiutility con-trollata sia da Torino che Genova. Come fare a chiu-dere tutto in pochissimi giorni? Per il momento Pa-lazzo Civico ha chiesto aiu-to alla finanziaria comunale, la Fct, che potrebbe – attra-verso un prestito ponte – entrare nelle società subito per poi uscirne con calma dopo aver individuato nei prossimi mesi un vero ac-quirente privato. Ma per il

momento nessuna banca si è fatta avanti per finanziarie la Fct. Il nodo dovrà essere sciolto a breve. In queste ore si consuma a Firenze la battaglia, contrastata dai sindacati, della privatizza-zione di Ataf, la società che gestisce il trasporto pubbli-co, da sempre in gravi crisi finanziarie, controllata con l'84% da Palazzo Vecchio e per il resto dai Comuni dell'area metropolitana. Per il momento la società è stata scorporata in due, con una società di gestione e una pa-trimoniale. La newco Ataf gestione, che si occuperà del servizio, potrebbe essere venduta in blocco agli ac-quirenti all'orizzonte, primo fra tutti la francese Ratp, che ha un diritto di prela-zione essendo già socia di Gest, la società della tram-via partecipata col 49% dai francesi e col 51% da Ataf. La società patrimoniale (con gli immobili) rimarrà invece sotto il controllo pubblico. L'urgenza è la stessa: al Comune di Firenze manca-no 20 milioni per il 2012. Probabilmente con la vendi-ta di Ataf gestioni non ne recupererà più di dieci, sempre che venga venduta anche la Gest; altrimenti non si supereranno i 2 mi-lioni, visto che l'Ataf da so-la è fortemente indebitata. Il Comune di Padova ha acce-lerato: sono già state cedute

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le quote dell'Autostrada Pa-dova-Brescia, per 33 milio-ni, e della Padova-Venezia,per 7,9 milioni. Accade però che una delle azioni più rapide, il tentati-vo di cessione a privati di

quote della società che ope-ra sulla raccolta pubblicita-ria, abbia portato a una gara deserta. Ma per quest'anno il bilancio di Padova do-vrebbe essere salvo. La di-mostrazione che le libera-

lizzazioni sono più frutto del l'emergenza che della strategia è il Comune di Bo-logna, dove non ci dovreb-bero essere grossi problemi a chiudere l'esercizio 2011. Come spiega l'assessore

Matteo Lepore, non c'è nul-la in programma. (Ha colla-borato Gianbattista Mar-chetto) © RIPRODUZIONE RISERVATA

Sara Monaci

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IL SOLE 24ORE INSERTI – pag.4

Partecipate. Da Torino il progetto di un'aggregazione tra A2a, Iren, Enìa e la romana Acea: il dossier al vaglio dei Comuni

Fassino e il sogno della maxiutility In palio c'è la costruzione di un campione nazionale da 23mila ad-detti

iero Fassino, sindaco di Torino ed ex segre-tario Ds, non esita a

definirlo come «il più gran-de progetto di politica indu-striale che si può attivare in Italia». Le proporzioni in effetti sono quelle, se si considera che dietro al so-gno di un'unica maxi utility che comprenda tutte le ex municipalizzate del centro nord c'è la possibilità di da-re corpo a un nuovo sogget-to industriale da oltre 11,4 miliardi di ricavi (dato 2010) e oltre 23mila dipen-denti che, per capitalizza-zione, sarebbe sulla carta la quindicesima quotata a Piazza Affari, con dimen-sioni comparabili agli altri giganti dell'energia del cali-bro di Eni ed Enel. Le pedi-ne del risiko Nella testa di Fassino, protagoniste di questo matrimonio multiplo nel segno dei servizi do-vrebbero essere la lombarda A2a, l'emiliana Hera e Iren, nata poco più di un anno fa dalla fusione tra l'emiliana Enìa e Iride, controllata dai comuni di Torino e Genova. Quarto possibile partner, la romana Acea, un po' più lontana e controllata da un'amministrazione che non veste i panni del centrosini-stra, ma completamento na-turale della rete tra le utili-ties dalle spalle più larghe. Il progetto aveva preso for-ma già prima delle ultime elezioni amministrative,

quando da Torino era parti-to un segnale forte e chiaro alla volta di Bologna, per valutare possibili sinergie tra Iren ed Hera; poi, a maggio, l'inattesa vittoria di Giuliano Pisapia a Milano ha consentito di allargare il dibattito in direzione nord, verso l'azionista di maggio-ranza di A2a: il dossier è stato al centro dei confronti tra le giunte di Torino, Mi-lano e Genova che si sono svolti a cavallo dell'estate, ora è in stand by. Problemi di governance, di modello, ma anche delle diverse sen-sibilità tra i molti sindaci (con relative maggioranze) coinvolti, visto che ognuno – come è normale – ci tiene a dire la propria. «Ormai è chiaro che diversi ammini-stratori pubblici puntano verso nuove aggregazioni», ha detto a fine novembre l'ad Iren, Roberto Garbati, all'inaugurazione della nuo-va centrale di cogenerazione di Torino Nord. Lo stesso Garbati, un tecnico solita-mente molto cauto, già a ottobre si era detto favore-vole alla maxi utility, «per-ché si porrebbe in continuità con quanto avvenuto negli ultimi anni», vale a dire con il percorso compiuto prima con la fusione tra Aem To-rino e Amga Genova, da cui era nata Iride, e poi con l'aggregazione con l'emilia-na Enìa, che l'estate scorsa ha dato i natali a Iren. Una

strada lunga che ha ingar-bugliato la matassa della governance, e che la nascita della maxi-holding potrebbe in qualche modo contribuire a sciogliere. Le posizioni dei sindaci Da Milano si guarda con interesse, anche se a Palazzo Marino le prio-rità per A2a al momento è un'altra, la definizione della questione-Edison, e tutto il resto verrà esaminato dopo. Per quanto riguarda il ver-sante Iren, qualche indizio si troverà nel nuovo piano industriale in fase di elabo-razione, atteso per i primi mesi del 2012. Certo è che per l'utility del Nord-Ovest il rischio è quello di ritro-varsi in una posizione su-balterna rispetto alle altre, visto che – stando alle pri-me bozze circolate nei mesi scorsi – in caso di fusione il 28% della nuova realtà fini-rebbe nelle mani di a Mila-no e Brescia (entrambe so-cie al 27,5% di A2a), il 20% spetterebbe a Bologna, Reggio Emilia e Parma, mentre Torino e Genova dovrebbero consolarsi con una quota intorno al 10 per cento. Sempre nella galassia Iren, c'è da registrare poi la freddezza di Marta Vincen-zi, sindaco di Genova alla vigilia di elezioni, che po-che settimane fa ha ancora ribadito che «il progetto è molto interessante ma i tempi non sono maturi» e (si veda l'intervista nella

pagina a lato) e per questo si dice contraria al disegno di una fusione immediata: per il sindaco di Genova è più ragionevole porsi nell'ottica dell'integrazione per gradi. In Emilia-Romagna, dove l'azionariato – sia di Iren che di Enìa – è più frammentato, l'interesse c'è ma con sfumature diver-se. Per esempio tra i soci di Hera il sindaco di Modena Giorgio Pighi pensa che «il tema dell'allargamento della nostra multiutility sia da te-nere in agenda, anche se il periodo economico e la si-tuazione finanziaria del Pa-ese inducono alla prudenza. E quindi, a breve scadenza, credo che non ci si possa aspettare nulla». Anche per-ché proprio per Hera a fine anno ci sarà da sciogliere il nodo del riassetto del patto di sindacato, che oggi radu-na il 59% della multiutility attraverso le quote dei co-muni che vanno da Modena a Rimini. Il fattore dimen-sionale Certo è che prima o poi i vari nodi verranno al pettine, e si arriverà alla premessa di partenza, vale a dire limiti attuali e ambizio-ni future delle utility in campo, finora incapaci di ragionare su scala più ampia dei rispettivi territori d'ap-partenenza. «Iren, A2a, He-ra, Acea? Rischiano di esse-re troppo piccole per essere grandi e troppo grandi per essere piccole», come teo-

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rizza ancora Fassino: «Se vogliono vincere sui mercati che contano hanno bisogno di darsi dimensioni più

grandi. E a me piacerebbe che dopo anni che vediamo francesi, tedeschi e inglesi venire a comprare aziende

italiane, ci siano grandi multiutilities italiane capaci di competere non solo in Italia ma sul mercato euro-

peo». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Marco Ferrando

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IL SOLE 24ORE INSERTI – pag.5

INTERVISTA - Bruno Tabacci/Assessore al Bilancio del Comune di Milano «Il capitalismo municipale ormai ha fatto il suo tempo» LA STRATEGIA/Il ruolo delle istituzioni adesso è un altro: controlla-re, regolare e garantire concorrenza

e gare sono previste dalla

norma di legge e vanno fat-te». Soprattutto perché, co-me spiega il parlamentare dell 'Udc e assessore al Bi-lancio di Milano, Bruno Ta-bacci, «il capitalismo muni-cipale ha fatto il suo tempo, oggi non ha più molto sen-so». Assessore, le sembra che la spinta verso le libe-ralizzazioni sia positiva o sia l'estrema ratio dei Comuni in crisi finanzia-ria? Io sono sempre stato favorevole alle liberalizza-zioni. Dovremmo riprendere un discorso interrotto dieci anni fa, quando su questo argomento si è deciso di tornare indietro. E vedo fa-vorevolmente quello che questo governo sta facendo, anche se dovremmo fare di più. Cosa vede favorevol-mente? Le misure per apri-re le professioni, rafforzare il controllo sulla concorren-za, liberalizzare le attività commerciali, maggiori con-trolli sulle istituzioni banca-rie. E cosa va fatto adesso? Vanno subito pensati dei decreti per mettere in pista le misure decise, sia per quanto riguarda le profes-sioni che le utility. Soffer-mandoci sulle utility, e dunque sulle partecipate del Comune di Milano, qual è la sua visione com-plessiva? Vendere, mante-nerne il controllo, ridurre le partecipazioni? Non si

può ragionare per schemi, che rischiano di essere ideo-logici sia in un senso che in un altro. Il pubblico non è meglio in assoluto come non è meglio il privato. Ci sono esempi buoni o cattivi per entrambi. Prima di tutto bisogna vedere caso per ca-so, ovvero la capacità di e-quilibrio finanziario delle singole realtà. E poi valuta-re anche le opportunità che ci vengono offerte. Andia-mo caso per caso allora. In questi giorni si è parlato della vendita di quote Sea, la società aeroportuale. Pensa che in futuro il Co-mune debba mantenere la maggioranza assoluta, come stabilito mesi fa dal consiglio? Io credo che non sia un assioma ma che in questo momento non ci sia la necessità di ridurre la percentuale comunale. Può restare così com'è. E poi va-luteremo. Un'altra grande partecipata, A2a: è ancora strategica? Lo è se ragio-niamo in ottica più grande. In questo caso non è impor-tante vendere per vendere, ma avere una strategia di crescita. Se il Comune di Milano diluisce la sua per-centuale per entrare a far parte di una utility più am-pia come Iren, creando così una società da 10 miliardi di ricavi, ha assolutamente un senso. E questo vale per tut-to. Compreso Sea, che do-vrebbe essere vista nell'otti-

ca di un'alleanza con altri aeroporti del Nord, come Verona. O per Atm, che non può prescindere da un si-stema di trasporto più am-pio insieme a Trenord. E per quanto riguarda le partecipate più piccole, come Sogemi, Milano ri-storazione, Milano Sport? Meglio tenerle o farle ge-stire dai privati? Ripeto che va visto caso per caso. È chiaro però che di fronte ad una società come Soge-mi, spesso in perdita, biso-gna riflettere, anche perché il Comune non può affron-tare aumenti di capitale e sobbarcarsi di queste passi-vità ancora per molto. Co-munque le gare andranno fatte, anche per le piccole partecipate. A Palazzo Marino vi state preparan-do? Dovremo farlo, è un obbligo, e non si può certo dire che si può aggirare. E poi il capitalismo municipa-le ha fatto il suo tempo, ha avuto una funzione impor-tante quando si è cercato di avviare delle attività di pubblica utilità, ma ora il ruolo delle istituzioni deve essere un altro: controllare, regolare, garantire la con-correnza proprio per garan-tire i cittadini. Qual è la sua idea sui cosiddetti mono-poli naturali, dalle ferro-vie all'acqua? I monopoli naturali costituiscono evi-dentemente un limite, e questo comporta una tutela

in più. Credo che in questo caso sia opportuno pensare a forme di scorporazione tra gestione e patrimonio, ed è chiaro che il gestore deve pur avere una convenienza per essere in grado di remu-nerare il capitale investito. Sull'acqua che opinione ha, visto che è stato ogget-to di un referendum? Nel caso dell'acqua c'è stata una mistificazione, o meglio è stato utilizzato all'interno di dibattiti politici. Nessuno però ha detto che non si tratta di un bene pubblico. Ma il problema è la cattiva gestione, di cui sono re-sponsabili le Ato, e il biso-gno di maggiori investimen-ti. Riassumendo: sono troppe queste partecipate di Milano? Hanno ancora un senso? Il patrimonio mi-lanese è di una certa entità, in passato è stato efficace ma va sicuramente miglio-rato. L'idea di una super holding di partecipate, i-potizzata dal centrosini-stra in campagna elettora-le è del tutto tramontata? Lasciamo stare. In questo momento non avrebbe sen-so, servirebbe solo per mo-tivi fiscali ma abbiamo già sufficienti holding. Atm, A2a, Sea, sono già holding, con delle loro partecipate, che vanno fatte funzionare meglio e ottimizzate. © RI-PRODUZIONE RISER-VATA

Sara Monaci

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IL SOLE 24ORE INSERTI – pag.6

Sistema idrico. Il referendum ha congelato gli investimenti L'acqua resta senza legge e blocca Pavia e Cremona Le micro società prive di risorse non riescono più a pianificare

ella confusione di un sistema idrico ormai senza leggi e

con tante micro società pubbliche prive di risorse, la prima cosa che sta accaden-do è un brusco stop agli in-vestimenti. Alcuni potenzia-li, altri già pianificati, altri in fase di finanziamento. Nell'area del Centro nord si parla di un fabbisogno da 40 miliardi circa, spalmabili in 30 anni, secondo le stime realizzate da Federutility. Gli investimenti servirebbe-ro a migliorare il sistema di depurazione, e quindi a ren-dere più puliti fiumi e laghi, e poi a migliore le tubature (che anche nel Centro nord hanno un livello di disper-sione idrica tra il 20 e il 30%). Ad esempio, in Lom-bardia, le aree rimaste bloc-cate dalla confusione nor-mativa e dall'impossibilità di ricorrere a finanziamenti privati sono Pavia (città e provincia) e Milano (la pro-vincia). Qui erano già pronti i progetti per ottenere pre-stiti attraverso una società patrimoniale che avrebbe mantenuto il controllo delle reti, fatto una gara per affi-dare la gestione del servizio e ottenuto così prestiti ban-cari a costi sostenibili. La provincia di Cremona cerca intanto una via d'uscita, an-

dando alla ricerca di un so-cio privato di minoranza per reperire quelle risorse che il Comune evidentemente non possiede (possibilità ancora ammessa dall'Ue). Il quadro normativo nazionale non permette ancora di capire chi avrà le redini del settore in Italia, pertanto i progetti già pronti stanno subendo uno stop, mentre quelli ne-cessari non verranno per il momento realizzati e finan-ziati. La legge 23 bis del 2008 è stata abrogata dal referendum di giugno (si legga articolo a fianco); nel frattempo la scorsa manovra estiva ha reintrodotto la li-beralizzazione per i servizi pubblici, precisando però che l'acqua è esclusa dall'obbligo di gara per sal-vaguardare «la volontà degli elettori». Ma pur con questa clausola, rimane il fatto che una legge di riferimento in Italia non esiste più, e quin-di torna in vigore l'unico riferimento normativo anco-ra valido, la direttiva euro-pea. Che di fatto reintrodur-rebbe quello che il referen-dum ha abolito. Insomma, niente è chiaro. In questa confusione, i Comuni si guardano bene dal liberaliz-zare un settore che era stato oggetto di una battaglia simbolica. E tutti cercano di

utilizzare la scappatoia, concessa dall'Ue (come del resto dalla 23 bis del 2008 abrogata), di mantenere l'in house, cioè l'affidamento diretto da parte di un ente locale ad una società con-trollata, pur non avendo sempre i requisiti richiesti dall'Europa. Un esempio: secondo l'Ue l'in house può essere utilizzato solo se ci si affida ad una società che si occupa esclusivamente di acqua (il cosiddetto control-lo analogo) e che viene ge-stita come un ufficio della stessa Pubblica amministra-zione e non come una parte-cipata, mentre in Italia ci sono situazioni che non ri-spettano questi parametri (come ad esempio la società Mm nella città di Milano). Ma al di là del rispetto for-male delle regole europee, il problema dell'affidamento diretto è soprattutto sostan-ziale: le società pubbliche che gestiscono l'acqua non hanno mediamente soldi da investire, e con la rinuncia alla liberalizzazione – e quindi all'intervento di un privato o di una società pubblica più ricca – non riu-sciranno a mettere in pista quei 40 miliardi di investi-menti necessari. Il principa-le tabù del settore è che l'acqua non debba dare pro-

fitti. Partendo da questo principio, il referendum ha dunque abolito la possibilità di remunerare attraverso la tariffa il capitale investito. Ma con questo presupposto, le società pubbliche diven-tano fatalmente non finan-ziabili, e pertanto gli istituti di credito difficilmente da-ranno in prestito risorse per realizzare gli investimenti. Il risultato è che i lavori non vengono avviati, la depura-zione continua ad essere i-nefficienti e le reti a perdere acqua. Per i sostenitori delle liberalizzazioni, invece, il profitto bancario e la resti-tuzione del prestito potrebbe essere restituito in un tempo lungo incrementando leg-germente le tariffe. In que-sto modo le infrastrutture verrebbero migliorate con una spesa sostenibile per i cittadini. La mancanza o l'inefficienza di depurazione è nel frattempo causa di una maxi multa europea che sta per arrivare agli agglomerati urbani italiani. Si calcola che sotto la lente della Corte di giustizia europea ce ne siano circa mille, di cui la metà nel Centro nord. © RIPRODUZIONE RISER-VATA

Sara Monaci

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IL SOLE 24ORE INSERTI – pag.6

Nuove regole. Il decreto Monti ha fermato l'istituzione dell'Agenzia di vigilanza

Ma adesso sulle tariffe è far west

a privatizzazione dell'acqua, che peral-tro nessuna norma ha

mai previsto, è stata som-mersa dalla valanga del re-ferendum di giugno. Il pen-dolarismo normativo, con le regole sulla liberalizzazione scritte nel 2008, cambiate nel 2009, bocciate dal refe-rendum nel 2011 e riscritte ad agosto, ha però creato un piccolo problema, aggravato dal decreto salva-Italia del Governo Monti: non c'è più una regola per la determina-zione delle tariffe, e nem-meno un'Authority che le possa validare. A due setti-mane dalla fine dell'anno, con tutti gli Ato d'Italia (gli ambiti territoriali ottimali, cioè gli enti che controllano i gestori del servizio idrico) chiamati a varare i piani ta-riffari per l'anno prossimo, è un cortocircuito non da po-co. Partendo dalla novità più recente, gli Ato si inter-rogano su chi debba essere il destinatario dei piani ta-riffari per il nuovo anno, che ovviamente devono es-sere validati per entrare pie-

namente in vigore. Dopo anni di dibattito sull'istitu-zione dell'Agenzia naziona-le per la vigilanza sul servi-zio idrico, il decreto Monti l'ha uccisa in culla liquidan-dola come "ente inutile": il compito istituzionale chiave per il funzionamento del servizio, tra cui quello di fissare le regole nazionali per le tariffe e di controllare che i piani redatti dai singoli ambiti fossero coerenti con questi parametri, si spostano così all'Autorità nazionale per l'energia elettrica e il gas, con un decreto che il ministero dell'Ambiente a-vrà 90 giorni di tempo per costruire. E nel frattempo? Dal momento che il calen-dario non può aspettare i tempi dei decreti ministeria-li, resta per esempio da ca-pire se nella fase transitoria gli Ato si debbano rivolgere al ministero, e con quali modalità. La confusione sulle competenze non aiuta mai, ma è particolarmente grave in un momento in cui anche le regole di base han-no bisogno di una ristruttu-

razione urgente. Il referen-dum, come sempre accade con lo strumento abrogativo che agisce di forbice sulle norme, ha lasciato un vuoto importante nell'assetto nor-mativo, che va colmato. Tra le tante regole cancellate dal referendum, c'è anche quel-la che imponeva alle tariffe di remunerare con una quo-ta del 7% il capitale investi-to per la realizzazione e la manutenzione delle infra-strutture. Senza un interven-to normativo, quindi, è più che probabile che la struttu-ra originaria delle tariffe determini un diluvio di con-tenziosi contro i gestori che applicano ancora in base al vecchio sistema la quota chiamata a remunerare il capitale. Una sua semplice eliminazione, del resto, po-trebbe forse risolvere il pro-blema giuridico ma ne apri-rebbe uno economico anco-ra più grave. Già oggi, se-condo i dati del Blue Book 2011 di Utilitatis e Associa-zione nazionale degli enti d'ambito (Anea) che ogni anno offre la radiografia

degli acquedotti italiani, la rete infrastrutturale vive in una condizione di squilibrio grave, perché i fondi pub-blici coprono meno del 10% degli oltre 65 miliardi di eu-ro di investimenti di cui la rete avrà bisogno nei pros-simi 30 anni. Pensare di trovare in bilanci pubblici sempre più zoppicanti oltre due miliardi di euro all'anno non è possibile, e abbando-nare a se stessa una rete i-drica che già oggi soffre di problemi gravi (si veda an-che l'articolo sopra) sembra una prospettiva ancora più inquitante. Chiuso l'accesso ai privati nella gestione, dal momento che anche la ri-scrittura delle norme avve-nuta con la manovra-bis di Ferragosto non ha certo po-tuto invertire i risultati del referendum, il rompicapo rimane tutto da risolvere. © RIPRODUZIONE RISER-VATA

Gianni Trovati

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La REPUBBLICA – pag.1

Il caso

Scuola, concorso per 300mila “Servono professori giovani”

ornano i concorsi a scuola, dopo 13 anni. Concorsi per maestri

delle scuole elementari, per professori di medie e supe-riori. Concorsi per le aree letterarie e quelle matemati-che. Il ministro dell’Istru-zione Francesco Profumo, in carica da poco più di un mese, sta per mettere le ma-ni anche su questo tabù del-la moderna Pubblica fun-zione: il reclutamento dei docenti. In questi giorni Profumo ha chiesto ai suoi funzionari di impegnarsi a realizzare nell’arco del 2012 una serie di concorsi. «Vo-glio riaprire la scuola ai do-centi giovani ed evitare di bloccare una generazione di neolaureati che oggi non ha alcuna possibilità di ottene-re una cattedra». Lo ha det-to nell’ultima riunione tec-nica convocata in viale Tra-stevere. I diversi bandi che saranno ufficializzati nel 2012 saranno appendici di un unico maxiconcorso dai numeri impressionanti: sono 300 mila i potenziali candi-dati a un posto da insegnan-te. I numeri si fanno in fret-ta. Nelle graduatorie mini-steriali (chiuse e a esauri-mento) nel 2011 si sono ac-cumulati 244 mila abilitati all’insegnamento, un eserci-to. Ed è da qui che negli ul-timi tredici anni si è unica-mente pescato per soddisfa-re un fabbisogno di inse-

gnanti che si è stabilizzato sui 20 mila ogni anno. Poi ci sono 30 mila “laureati abilitati” fuori da ogni gra-duatoria, e questi sono gli aspiranti docenti bloccati dall’attuale prassi di reclu-tamento. Ancora, i rinnovati Tirocini formativi attivi (Tfa) produrranno nel 2012 altri 20 mila “aventi diritto” a una cattedra. La prima stima del ministero è di un concorsone aperto, appunto, almeno a 300 mila persone. «Per esperienza sappiamo che a ridosso delle prove i numeri crescono». Il mini-stro vuole rendere pubblici i bandi nel 2012 e, se possibi-le, entro il prossimo anno iniziare anche il percorso attuativo: pre-test, quiz, poi scritti e orali. La novità è fresca, e quindi si stanno studiando gradualmente tut-te le possibilità di realizza-zione. Il lavoro titanico è quello di conoscere nel det-taglio le esigenze (cicli sco-lastici, aree di insegnamen-to, singoli provveditorati provinciali). Ancora, si do-vrà capire se il neoministro intende raccordare il nuovo concorso alle scelte dell’ex Mariastella Gelmini, che nell’ultima fase di governo aveva avanzato “disegni” su formazione e reclutamento mai diventati legge per la caduta dell’esecutivo. E poi il recente intervento del mi-nistero del Lavoro sull’in-

nalzamento dell’età pensio-nabile renderà davvero complesso il lavoro dei fun-zionari del ministero dell’Istruzione: il rischio è che nella scuola i posti di lavoro disponibili con l’al-lungamento dell’età pensio-nabile si riducano ulterior-mente, come ha più volte denunciato il sindacato. Profumo è comunque inten-zionato a procedere nella riapertura dei concorsi. Ha detto il ministro: «Oggi l’età media degli insegnanti è intorno ai 40 anni ». Va abbassata per venire incon-tro alle esigenze delle nuove leve laureate e degli stessi studenti. Con un “concorso 2012” si tornerà a rispettare una legge di Stato che da sempre prevede che i nuovi insegnanti siano scelti per metà dalle graduatorie e per metà attraverso bandi pub-blici. E c’è un altro motivo per riaprire i bandi per l’insegnamento. Con il mi-nistero Gelmini sono stati avviati, appunto, i Tirocini formativi attivi per i laurea-ti. I tecnici del ministero ora spiegano: «Sarebbe incon-gruo oltreché inutilmente dispendioso non dare a que-sti tirocinanti la possibilità di uno sbocco lavorativo». Possibile, viste le graduato-rie infinite, solo attraverso un bando pubblico. Già. Oggi l’accesso al lavoro di docente presenta diverse

strozzature. Una di queste è diventato un dramma gene-razionale: la legge Gelmini ha escluso dalle graduatorie a esaurimento (Gae) venti-mila persone che si sono laureate in Scienze della formazione tra il 2008 e il 2011. Il bando potrebbe es-sere una risposta anche per loro. E un problema più vol-te avanzato sul sistema vi-gente, anche in sede parla-mentare, è che l’assunzione per graduatoria spinge a un esodo di professori meri-dionali verso Roma e verso il Nord: spesso riescono a scavalcare, in grazia di leg-ge, i docenti locali. Nei tre anni abbondanti di governo la Gelmini è riuscita a ria-prire il concorso per presidi, 42 mila richiedenti per 2.386 posti: la prova è in viaggio (si sono appena fatti gli scritti) dopo un mare di polemiche sui pretest sba-gliati e i modi in cui il quiz-zone è stato gestito. Con il governo Monti tornano i concorsi per maestri e prof. Gli ultimi furono del 1999, questi dovranno essere or-ganizzati in modo da scio-gliere i “vuoti” che le troppe leggi sul reclutamento sco-lastico hanno finito per cre-are.

Corrado Zunino

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La REPUBBLICA – pag.43

Dalla Salerno-Reggio alle rotaie del Nord “Ecco la rivoluzione delle Grandi Opere” Il decalogo del Wwf: basta sprechi e scempi, così riparte l’Italia ROMA — Non più Grandi Opere, progetti faraonici come il mitico Ponte sullo Stretto, ma piuttosto opere buone e giuste. Cioè neces-sarie, utili per i cittadini, sostenibili sul piano am-bientale e finanziario. A dieci anni dalla Legge O-biettivo, introdotta dal se-condo governo Berlusconi a partire dal 2001, il bilancio è decisamente fallimentare. E perciò ora, mentre il go-verno Monti annuncia lo sblocco di 12,5 miliardi di euro (disponibili solo sulla carta) per le infrastrutture strategiche, il Wwf presenta un dettagliato dossier sullo stato dei lavori pubblici in Italia, compilando anche un decalogo e indicando le priorità: dalla difesa del suolo ai servizi ferroviari, in particolare nelle aree me-tropolitane e negli scali por-tuali. È una “rivoluzione mancata” quella che emerge dalla controstoria della Legge Obiettivo. Dai 115 progetti originari siamo pas-sati a 390, con un costo complessivo triplicato (da 125,8 miliardi di euro a 367,4). Ma solo 30 opere sono state effettivamente realizzate, per 4 miliardi e 467 milioni, pari appena all’1%: insomma, un grande bluff. Il peggio, però, è che l’estrema semplificazione delle procedure amministra-tive ha già prodotto effetti devastanti sul territorio: di-struzione degli habitat natu-rali, impatto diretto sulla

fauna, frammentazione della continuità ambientale. Il rapporto del Wwf rivela poi un dato sorprendente sul contenzioso che avrebbe ostacolato la realizzazione delle Grandi Opere. Secon-do i dati forniti dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione eco-nomica), risultano soltanto 21 i ricorsi presentati delle associazioni – comprese quelle dei consumatori - su un totale di 259. Non è stata insomma l’opposizione de-gli ambientalisti a bloccare il “Cantiere Italia”, quanto l’inconsistenza e l’appros-simazione dei progetti, in-sieme alla sproporzione tra i costi preventivati e le risor-se disponibili. Per superare adesso i limiti della Legge Obiettivo, e soprattutto le normative speciali che con-sentono di intervenire in de-roga a quella ordinaria, il Wwf propone un decalogo che qui riassumiamo: 1) Tornare allo spirito della legge Merloni, cioè a un mercato dei lavori pubblici ispirato a criteri di traspa-renza e pubblicità. 2) Ri-formare la procedura di VIA, per migliorare la qua-lità dei progetti. 3) Rivedere la figura del “general con-tractor”, come soggetto in grado di realizzare effetti-vamente l’opera, limitando a una quota massima del 40% l’affidamento dei lavo-ri a terzi e comunque con procedure pubbliche. 4) Ri-durre i poteri dei concessio-

nari, ripristinando i limiti di tempo già previsti dalla leg-ge Merloni. 5) Superare il programma delle infrastrut-ture strategiche, con l’elaborazione di un nuovo piano per la mobilità nazio-nale. 6) Puntare in via prio-ritaria sul potenziamento delle strutture esistenti, pri-vilegiando le piccole e me-die opere effettivamente ne-cessarie. 7) Finanziare le nuove opere solo se rappre-sentano un investimento si-curo e hanno costi certi. 8) Ricapitalizzare Anas e Fer-rovie dello Stato, garanten-do investimento sulla sicu-rezza, manutenzione, ade-guamento tecnologico e po-tenziamento della rete stra-dale, autostradale e ferro-viaria. 9) Cancellare la figu-ra dei commissari per opere in deroga alle normative e-sistenti. 10) Eliminare l’abuso delle norme di pro-tezione civile, estese impro-priamente anche i cosiddetti “grandi eventi” in deroga alla disciplina urbanistica, ambientale e paesaggistica. Non è, come si vede, né un libro dei sogni né una “lista proibita”. Al primo posto, c’è la prevenzione del ri-schio idrogeologico, evi-denziato dalle recenti e di-sastrose alluvioni. Segue la proposta di investire nelle aree urbane per contrastare il dominio dell’automobile e quindi l’inquinamento, fa-vorendo invece i servizi fer-roviari in alternativa all’Alta Velocità. Quindi la

richiesta di attuare il piano delle piccole e medie opere che langue ormai da due anni, stimato in 825 milioni di euro e sollecitato dalla stessa Associazione nazio-nale dei costruttori edili in funzione anticongiunturale. Quanto all’adeguamento e al potenziamento delle strut-ture esistenti, il dossier del Wwf indica una serie di progetti concreti da realiz-zare al Nord, al Centro e al Sud, dirottando su questi obiettivi i fondi — circa 1-1,5 miliardi di euro all’anno — che vengono destinati effettivamente alle infra-strutture strategiche. Dalle linee ferroviarie Milano-Domodossola e Milano-Chiasso, ai collegamenti stradali della E45 Orte-Ravenna, dell’Aurelia e del-la Pontina; dalle linee ferro-viarie tra Palermo e gli altri capoluoghi siciliani fino al completamento della fami-gerata Salerno- Reggio Ca-labria. Più in generale, si sottolinea la necessità di in-tervenire sulle linee ferro-viarie a servizio degli scali portuali. Da una “rivoluzio-ne mancata”, dunque, si può passare ora a una “rivolu-zione possibile”. Un pro-gramma di opere pubbliche ragionevole e soprattutto praticabile, in tempi di au-sterità e sacrifici per tutti. Più che oneri, sono investi-menti per modernizzare il Paese e favorire la ripresa economica.

Giovanni Valentini

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La REPUBBLICA – pag.45

Stop a dialetto e battute i comuni mandano i vigili a scuola di buone maniere Da Roma a Milano corsi di “gestione del conflitto” ROMA — Il saluto deve essere informale, “buon-giorno” e “buonasera”. Bandito il più colloquiale “salve”, che pare riduca il senso di autorità. Evitare nell’ordine: la parlata dialet-tale, la gestualità eccessiva, le posture “sbracate”. Il cit-tadino deve essere approc-ciato con fermezza, ma sen-za invadere le spazio vitale. Meglio senza occhiali da sole, che fa troppo “sbirro cattivo”. Da abolire le facili battute. L’automobilista fru-strato e multato non capi-rebbe. Sono queste le prime regole insegnate nei corsi di “bon ton” per vigili urbani che sempre più amministra-zioni locali decidono di far seguire agli agenti. Un po’ perché ne hanno bisogno, un po’ perché c’è troppa aggressività tra gli utenti della strada. A Roma, come a Venezia, Milano, Savona, Arzignano. Tecnicamente si chiamano “corsi di gestione del conflitto”, durano in media cinque giorni per 40 ore di lezione. Ai comuni costano circa 5 mila euro ogni 20 poliziotti. In catte-

dra salgono psicologi e do-centi universitari. «Si inse-gna a gestire una situazione di tensione — spiega Luca Maria Aschei, sociologo di 51 anni che ha tenuto già una ventina di corsi alle po-lizie municipali della Ligu-ria — quale è quella di un vigile che fa una contrav-venzione o esegue un con-trollo. Deve evitare tutti gli atteggiamenti sgradevoli o arroganti. Alzare la voce o puntare il dito indice, cosa che vedo fare spesso, è sba-gliato. Un errore anche av-vicinarsi troppo all’altra persona, entrando nel suo spazio vitale. È un segnale di minaccia. Il linguaggio del corpo è tanto importante quanto quello verbale». Il linguaggio corretto di sicuro non è quello che si vede u-sare da qualche “pizzardo-ne” (come viene chiamato il vigile a Roma, a Milano è il “ghisa”) che per bloccare un auto alza un braccio e urla: “maandovai??”. Maleduca-zione diffusa da Nord a Sud in una parte, minoritaria, dei 70 mila vigili urbani italia-ni. Dicono gli esperti che la

comunicazione del poliziot-to è pacifica quando è aset-tica, informale. Quando in apparenza distoglie la colpa da chi ha infranto la legge. Un esercizio dialettico per cui non è chi guida ad aver parcheggiato in tripla fila, ma è l’auto ad essere in di-vieto di sosta. A Venezia 60 agenti della municipale se-guiranno delle lezioni, idea-te dal governo e rivolte alle polizie locali nelle città d’arte, per imparare la storia dei monumenti e delle opere della città. «Così daremo informazioni più dettagliate ai turisti — spiega il co-mandante Luciano Marini — il nostro è un lavoraccio, siamo la polizia più vicina alle persone e però anche quella che toglie loro i sol-di. Vigili maleducati? Qual-che caso c’è, non lo nego. Ma siamo anche vittime di stereotipi. E dell’esaspera-zione della gente, che al giorno d’oggi va fuori di testa per una multa da 30 euro». In effetti i casi di ag-gressione ad agenti sono in aumento. Ed è anche vero che l’immagine della muni-

cipale è in qualche modo rimasta invischiata alla cari-catura che ne ha fatto Alber-to Sordi nel film “Il vigile” degli anni Sessanta. «Non c’è una vera selezione al momento del concorso pub-blico — sostiene Mauro Cordova, presidente del-l’associazione europea delle Polizie locali che a giugno ha tenuto un corso di educa-zione per 300 agenti a Ro-ma — i requisiti caratteriali indispensabili per fare bene questa professione non ven-gono valutati. Dopo un ag-giornamento preliminare di tre mesi i vigili vengono sbattuti in strada. E una mi-noranza di loro risulta inca-pace a rapportarsi con il cit-tadino, perché inadatta o “inebriata” dall’autorità che conferisce una divisa». Co-me il pizzardone Alberto Sordi, che a chi gli segnala-va un auto in divieto di so-sta rispondeva: ecchissene-frega? © RIPRODUZIONE RISERVATA

Fabio Tonacci

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CORRIERE DELLA SERA – pag.1

DEMOCRAZIA,VOTO E CITTADINI

Merito e selezione per salvarci tutti

a parecchi anni, o-ramai, insisto sulla distinzione tra de-

mocrazia protettiva o difen-siva, che protegge la libertà dei cittadini e che è irrinun-ciabile, e democrazia distri-butiva, che dovrebbe distri-buire ai cittadini i benefici della democrazia, e che in-vece funziona sempre meno e sempre peggio. Non mi è ancora capitato di sentirmi citare oppure contestare da qualcuno su questa distin-zione. Eppure senza la de-mocrazia protettiva noi ridi-ventiamo sudditi, non più cittadini. Il cittadino è quasi sparito dopo la fine del mondo greco-romano, salvo qualche eccezione. Era tan-to sparito che del termine civis, cittadino e polites si era pressoché perduta la memoria. Riappare solo con le rivoluzioni settecente-sche. Con fatica. Ricordo che in Germania il vocabolo polites ricompare a casaccio per denotare più che altro la

polizia. Ci sono poi i partiti. Nel 1921 James Bryce asse-riva che i «partiti sono ine-vitabili... Nessuno ha dimo-strato come il governo rap-presentativo possa operare senza». Per più di un secolo questa è stata la comune dottrina. L’idea era che i partiti dovessero aggregare le opinioni dell’elettorato per poi trasmetterle al go-verno, che a sua volta le a-vrebbe recepite e, nella mi-sura del possibile, ne avreb-be soddisfatte le richieste. Ma non è andata così. Tanto per cominciare, l’elezione doveva anche essere una selezione, una selezione dei migliori. Anche a lume di buonsenso, che senso a-vrebbe una selezione dei peggiori? Tantovero che per tutto il Medioevo il princi-pio di scelta è stato espresso dalla formula della melior et sanior pars. Fin quando la sciaguratissima rivoluzione studentesca degli anni Ses-santa inalberò la bandiera

dell’anti-elitismo: abbasso le élites, evviva chi le ab-batte. Confesso di non avere mai capito se gli anti-elitisti erano in verità degli scalato-ri con la voglia di far presto. Certo è che gli anti-elitisti di allora sono oggi ben si-stemati in posti di potere e di comando. Erano, negli anni Sessanta, soltanto dei furbacchioni in mala fede? Resta il fatto che svalutando la meritocrazia otteniamo soltanto la immeritocrazia, che svalutando la selezione otteniamo soltanto la disse-lezione, e che attaccando il merito otteniamo soltanto il demerito e con esso il go-verno dei peggiori. Che l’Italia sia un Paese profon-damente corrotto è noto. Ma scoprire che si trova nella graduatoria di Transparency International al sessantano-vesimo posto (per corruzio-ne) lascia allibito anche me. Certo, non abbiamo un pas-sato glorioso. La mafia, l’onorata società, sboccia in

Sicilia, per poi risalire per tutta la penisola e diffonder-si al tempo stesso negli Stati Uniti. Abbiamo anche un passato assai più lungo. In un bellissimo libro, L’Italia e i suoi invasori, Girolamo Arnaldi racconta che nessun popolo è mai stato invaso quanto il nostro. A quei tempi i barbari ammazzava-no. Noi l’abbiamo quasi sempre scampata, come se fossimo dotati del genio della sopravvivenza. O Spagna o Francia, purché se magna. Siamo, allora, di vecchissimo mestiere. Se vogliamo capire come è na-to e nasce tanto odierno marciume forse conviene ripartire da qui. Quanto all’oggi, il governo tecnico di Monti è l’unica chance di salvezza che ci resta. © RI-PRODUZIONE RISER-VATA

Giovanni Sartori

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CORRIERE DELLA SERA – pag.24

Il caso - Il progetto dell’Opera Immacolata Concezione

Due milioni e mezzo per biblioteche e aiuti buttati via dal Veneto Finanziamenti saltati per un cavillo MILANO — Baruffe giu-diziarie ai tempi della crisi economica. Che fa chiudere i rubinetti del credito, pena-lizzando anche le opere so-ciali meritevoli di essere aiutate. Ma il contenzioso di cui parliamo forse poteva essere evitato prestando maggiore attenzione ai tem-pi e alle regole. Siamo in Veneto, precisamente a Pa-dova dove, da tempo, si di-stingue per l’azione sul ter-ritorio la onlus Fondazione Opera Immacolata Conce-zione (Oic), che era inten-zionata ad avviare un pro-getto innovativo — Distret-to di Cittadinanza — desti-nato a giovani, anziani, stu-denti, disabili e non, auto-sufficienti e non. Era previ-sta l’apertura di laboratori, biblioteche e anche la co-struzione di una pista dove far prendere il patentino ai ragazzi. Nel segno della sperimentazione. È il 2010 e le casse dello Stato sono an-cora «aperte», nonostante i

tagli imposti al Fondo per le non autosufficienze. Ecco, dunque, l’idea di sfruttare un finanziamento di due mi-lioni e mezzo di euro, che, tuttavia, avrebbe dovuto a-vere, a termini di legge, il 20 per cento della copertura dalla Regione, chiamata ad approvarlo con una delibe-ra, da trasmettere a Roma. Risultato? Quattrini sfumati, a causa di un mancato a-dempimento burocratico richiesto. «Non è proprio così —dice Remo Serna-giotto, assessore alle Politi-che sociali della Regione Veneto —. Fin dalle prime battute, osservai che avevo le mani legate dal vincolo del Patto di Stabilità. Nel mio settore, si contano 168 milioni di arretrati di cassa da pagare. Insomma, non ci sono più soldi, e non pos-siamo permetterci di finan-ziare se non i servizi urgen-ti». «Eppure, lo stesso as-sessore aveva dato parere positivo al progetto — ri-

batte il professor Angelo Ferro, presidente della On-lus padovana —. Alla fine, abbiamo perso i preziosi finanziamenti statali soltan-to per un vizio di forma». Ma Ferro non si limita al disappunto. Ha, infatti, pre-sentato un esposto alla Pro-cura della Corte dei Conti, citando l’Assessorato alle Politiche sociali per presun-to «danno erariale». Il fatto più sconcertante — secondo la Presidenza dell’Oic — è che la Fondazione si era at-tivata per trovare coperture finanziarie extra, in modo da gravare minimamente sulle casse della Regione Veneto. Che avrebbe dovu-to trasmettere al ministero del Welfare, allora retto da Maurizio Sacconi, il proget-to con relativa delibera. O-perazione incompiuta: il pi-ano «meritevole di parteci-pare al bando» viene inviato dall’Assessorato, la delibera no. Con conseguente boc-ciatura. Ferro denuncia la

responsabilità dell’asses-sore; Sernagiotto spiega che non ha nulla di personale contro il professore dell’Oic («Si figuri, siamo entrambi amici di Sacconi») e che la sua posizione è sempre stata chiara. «A onor del vero — nota — il progetto non mi ha mai convinto. L’ho so-stenuto presso il Ministero, poiché non volevo essere accusato di boicottaggio. Ma, certo, non avrei firmato alcuna delibera ». Il presi-dente della Regione, Luca Zaia, interpellato, dichiara: «Ho appreso tutta questa vicenda dai quotidiani loca-li. Purtroppo, devo prendere atto che le posizioni sono insanabili. Il ricorso alla Corte dei Conti? Non mi resta che confermare la fi-ducia nella magistratura e attendere il verdetto».

Marisa Fumagalli

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LA STAMPA – pag.2

LA CRISI LE SPESE NEL MIRINO

Sanità più cara con il taglio da otto miliardi Operazione austerità in corsia e in ambulatorio - Dai ricoveri alle vi-site arriva un altro salasso

uest’ultima manovra l’ha salvata, ma per la sanità a partire dal

2013 è in arrivo la cura da cavallo prescritta dal decre-to di luglio, con una sforbi-ciata da ben 8 miliardi di euro nel giro di due anni. Di questi, 5 miliardi e mezzo saranno tagliati nel 2014, quando sulle spalle degli assistiti rischia di scatenarsi una grandinata di ticket che gli italiani dovranno pagare per coprire il 40% del ri-sparmio previsto. Si tratta di ben 2,2 miliardi di euro che costringerebbero le Regioni a chiedere ai loro ammini-strati contributi ancora più salati degli attuali su visite specialistiche, analisi, ac-certamenti diagnostici e farmaci ma anche ad intro-durne di nuovi, come quello sui ricoveri. A meno che entro aprile non si riesca a sottoscrivere con il governo un nuovo Patto per la salute, in vista del quale le stesse Regioni stanno mettendo a punto un loro contropiano,

fatto soprattuttto di tagli a-gli sprechi ben mirati, che i Governatori hanno iniziato a discutere nel tavolo aperto la scorsa settimana dal Mi-nistro della salute, Renato Balduzzi. La verifica dei prezzi Per il 2013 la cura sarà composta soprattutto da prezzi di riferimento per l’acquisto di beni e servizi, il parziale ripiano a carico dell’industria degli ingenti sfondamenti della spesa farmaceutica ospedaliera, il tetto di spesa per i dispositi-vi medici. Sempre nel 2013 entreranno poi in vigore an-che i costi standard, che do-vrebbero modificare i criteri di riparto delle risorse, pre-miando le Regioni più vir-tuose, ossia quelle del Cen-tro-Nord, Lazio escluso. Poi nel 2014 arriverà la già cita-ta maxi sforbiciata da quasi 5,5 miliardi di euro al fondo sanitario nazionale, che do-vrebbe reggere botta anche grazie a una sventagliata di ticket. Una «mission impos-sible» per l’assessore alla

sanità dell’Emilia Romagna, Carlo Lusenti, che è più che mai a stretto contatto con il suo governatore Vasco Er-rani, Presidente della Con-ferenza delle Regioni. Se il balzello rende poco «Sulla specialistica e la diagnostica abbiamo già fatto il pieno - spiega Lusenti -. Il ticket sui ricoveri ospedalieri, contra-riamente alle stime circola-te, darebbe solo poche cen-tinaia di milioni di gettito. Si dovrebbero quindi au-mentare drasticamente quel-li sulla farmaceutica e ta-gliare contemporaneamente le esenzioni. Ma a questo punto salterebbe il principio universalistico sancito dalla Costituzione perché chi ha bassi redditi resterebbe fuori dal sistema sanitario e i più ricchi si rivolgerebbero al privato anziché pagare su-per-ticket». Il blocco del turn over Per questo le Re-gioni hanno un loro contro-piano, fatto di blocco del turn-over esteso anche alle amministrazioni virtuose,

acquisti di beni e servizi so-lo su scala regionale, chiu-sura di unità operative e re-parti ospedalieri che eroga-no così poche prestazioni da non garantire qualità ed ef-ficienza gestionale. Esen-zioni, si cambia Il tutto do-vrebbe accompagnarsi an-che a una diversa modula-zione delle esenzioni dai ticket, che al Ministero della salute stanno già graduando per fasce di reddito e tenen-do conto del quoziente fa-miliare, applicandoli anche all’enorme massa di presta-zioni sanitarie inutili (solo i ricoveri non appropriati, se-condo le stime più aggior-nate, sono la bellezza di 940mila ogni anno). Un modo di concentrare le ri-sorse su visite, analisi e ri-coveri «appropriati» ed evi-tare di aumentare oltre mi-sura i ticket su specialistica, diagnostica e farmaci.

P. R.

Q

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LA STAMPA – pag.3

Oggi in sciopero i dipendenti pubblici In piazza contro la «manovra iniqua» - I medici garantiscono le pre-stazioni urgenti

ggi i dipendenti pubblici provano a far sentire il loro

«no» alla manovra econo-mica con uno stop nazionale dei servizi pubblici; lo scio-pero unitario indetto dai sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil mira a otte-nere maggiore equità, anche se da parte dell’esecutivo non si vedono margini di flessibilità. Per gli statali la protesta sarà di otto ore mentre i lavoratori dell’uni-versità e della ricerca si fermeranno per tutta la giornata. Gli insegnanti in-croceranno le braccia per un’ora, i medici si asterran-no per l’intero turno. Sem-pre oggi è previsto uno sciopero unitario dei lavora-tori delle Poste italiane per le ultime tre ore; stop anche dei lavoratori elettrici, che garantiscono comunque le prestazioni indispensabili. Manifestazioni si terranno in tutte le città, e a piazza

Montecitorio si terrà un pre-sidio nazionale. Fra gli scioperi di oggi, i disagi maggiori potrebbero venire (per ovvie ragioni) dall’a-stensione dal lavoro di me-dici dipendenti pubblici e della medicina generale as-sieme a tutti gli operatori della sanità. Potranno salta-re le attività programmate - come le operazioni chirur-giche, le visite e gli esami diagnostici - negli ospedali e nei presidi territoriali delle Asl, ma saranno garantite le urgenze. Fp-Cgil Medici, Cisl Medici, Uil Fpl Medici scenderanno in piazza nelle manifestazioni territoriali insieme a tutti gli altri lavo-ratori pubblici; i segretari nazionali parteciperanno dalle 9 e 30 alla manifesta-zione romana in piazza Montecitorio. Secondo Massimo Cozza (Fp-Cgil Medici), Biagio Papotto (Cisl-Medici) e Armando Masucci (UilFpl Medici)

«la pesantezza di questa manovra si aggiunge a quel-le precedenti, al congela-mento del contratto e delle retribuzioni, al blocco del turnover, al dimezzamento delle risorse per i precari e per la formazione, al diffe-rimento di due anni del Tfr e alla sua diluizione in altri tre, al contributo di solida-rietà sopra i 90 mila euro solo per chi lavora nel ser-vizio pubblico, ai trasferi-menti obbligatori in ambito regionali, alle revoche arbi-trarie degli incarichi. I me-dici, “soliti noti”, saranno costretti ad andare in pen-sione più tardi e con importi più bassi, con l’allun-gamento dei requisiti ana-grafici per il riconoscimento di lavoro usurante, e do-vranno versare un ulteriore obolo di circa 250 euro con lo stipendio di gennaio 2012 per l’addizionale Irpef Re-gionale». I nati nel 1952, sottolineano i sindacati,

«non avranno neanche la possibilità della riduzione dello scalone, a 64 anni in-vece che a 66, destinato so-lo a chi lavora nel privato. Rimane infine la scure delle sanzioni disciplinari del-l’Ordine per il mancato rag-giungimento dei crediti formativi e l’obbligo assicu-rativo personale che invece non scatta per le strutture». Per domani è previsto anche uno sciopero locale nei tra-sporti, non legato alla ma-novra economica ma da se-gnalare per i disagi che po-trebbe portare: coinvolge le associazioni dei noleggiato-ri di auto con conducente che fanno servizio per l’aeroporto romano di Fiu-micino. Disponibili invece taxi e autobus (contro i qua-li, peraltro, si rivolge la pro-testa degli autonoleggiato-ri).

Luigi Grassia

O