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MENSILE DI DIVULGAZIONE CULTURALE - WWW.DECARTA.IT Simone Avincola, musica ribelle 8 / 9 2014 FEB / MAR Siete pronti per i baffi? Mauro Cratassa Il campione vitorchianese di handbike guarda a Rio 2016 Tra disinteresse e incuria, il lago di Bolsena a rischio

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Simone Avincola, musica ribelle

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M E N S I L E D I D I V U L G A Z I O N E C U LT U R A L E - W W W. D E C A R TA . I T

SimoneAvincola,musicaribelle

8/92014FEB / MAR

Siete prontiper i baffi?

Mauro CratassaIl campione vitorchianesedi handbikeguarda a Rio 2016

Tra disinteressee incuria, il lagodi Bolsena a rischio

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UNA RISORSA PER LA COMUNITÀ

La Fondazione Carivit persegue esclusivamente scopidi utilità sociale e di promozione dello sviluppoeconomico del Territorio, operando nel rispetto delprincipio di Sussidiarietà.

Promuove iniziative di coesione, avanzamento socialee solidarietà.

Valorizza il patrimonio culturale dell’artigianatoartistico e tradizionale.

Finanzia l’idea di lavoro di chi ha difficoltà di accessoal credito bancario attraverso il Microcredito Sociale.

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DECARTAScripta volant

Mensile di divulgazione culturaleNumero 8/9 – Feb / Mar 2014

Distribuzione gratuita

Direttore responsabileMaria Ida Augeri

Direttore editorialeManuel Gabrielli

RedazioneMartina Giannini, Gabriele Ludovici,Claudia Paccosi,Martina Perelli

Redazione web e photo editorSabrina Manfredi

DesignMassimo Giacci

EditoreLavalliere Società Cooperativa

Via della Palazzina, 81/a - 01100 VITERBOTel. 0761 326407

Partita Iva [email protected]

Iscrizione al ROCNumero 23546 del 24/05/2013

StampaUnion Printing SpA

Pubblicità348 5629248 - 340 7795232

Foto di copertinaSimona Rovelli

I contributi, redazionali o fotografici, salvo diversiaccordi scritti, devono intendersi a titolo gratuito.

Chiuso in tipografia il 21/02/2014

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editoriale

Era il 27 giugno 2013 quando uscì il primo numero di questa rivista, diesperienza ne è stata fatta e al momento la volontà è quella di mante-nerci in evoluzione. Scoprirete delle novità già a partire dal prossimo

numero e l’invito a contattarci per collaborare è sempre valido.

Per quanto siamo una iniziativa che crede ancora nel valore della carta,siamo allo stesso tempo una rivista moderna che punta anche a espandersisul web. Siamo però soprattutto una realtà appena nata e abbiamo bisognodella vostra partecipazione. Per questo motivo vi chiediamo di seguire il linksottostante e di mettere un “mi piace” alla nostra pagina di Facebook, un pic-colo gesto, fondamentale per accrescere la nostra visibilità anche sul web e chevi permetterà di seguire i nostri progressi anche in quest’altro ambito.

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2014FEB / MAR

incontriAperitivi linguistici:si degustano e fanno beneGabriele Ludovici

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università

ambienteTra disinteresse e incuria,il lago di Bolsena a rischioManuel Gabrielli

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ippocampoincontri

Simone Avincola:“io dico basta”Gabriele Ludovici

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nota bene

incontriMauro CratassaGabriele Ludovici

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acido lattico

iconsSiete prontiper i baffi?Martina Perelli

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tendenze

caos letterarioStorie di una libreriadisordinata / 5Claudia Paccosi

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carta stampata

insideSempre più in alto…?Lorenzo Rutili

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Per completezza di informazioneriportiamo le seguenti rettifiche inmerito all’articolo Un progetto gio-vane e già grande pubblicato sul n.6/7 (pp. 24-25): il roster di MVMConcerti include anche i Regolad’arte; le serate inserite nel pro-gramma di Caffeina, la cui direzioneartistica è stata curata dalla BackstageAcademy, hanno visto la collabora-zione anche di Immaginaction; le se-rate dei Diaframma e di GiorgioCanali sono state esclusivamente or-ganizzate da Culture Club Under-ground; la serata dei Phinx è statarealizzata principalmente da Back-stage Academy mentre gli eventi delRock this party in collaborazione conBackstage Academy, Allimprovvisoed Immaginaction.

La serata con gli UndergroundYouth ha visto la collaborazione diAllimprovviso mentre infine le seratede Io non sono Bogte e Manage-ment del dolore post operatoriosono state realizzate in collabora-zione con ClubYour Hands ed Offi-cina Belushi.

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L’argomento di questo numero vuoleessere un richiamo all’attenzionepiù che alla memoria; infatti do-

vendo parlare del lago di Bolsena nonpossiamo definirlo un luogo dimenti-cato, purtroppo però alcuni avvenimentiriguardanti soprattutto gli ultimi 3 anninon sono noti a tutti. Non è semplice al-larmismo quando si afferma che il lagodi Bolsena è in pericolo, purtroppo sitratta di una realtà facilmente constata-bile. Il disinteresse verso questi temi nonè giustificabile in quanto stiamo par-lando di un punto nevralgico per il turi-smo locale, di una zona dalla notevole

moderni ha progressivamente originatoun rischio di inquinamento prima as-sente. Per gestire al meglio questo e altriproblemi fu costituito verso la fine deglianni ’80 il Consorzio del Bacino del Lagodi Bolsena (Co.Ba.L.B) che riunisce 9 co-muni del bacino del lago, più la provin-cia di Viterbo. Allo scopo di sopperirealle nuove esigenze venne progettato uncollettore fognario che potesse racco-gliere le acque nere provenienti dai varicomuni per poi pomparle verso dei de-puratori. I bilanci dei comuni non avreb-bero mai permesso la costruzione di unasimile infrastruttura, fu quindi grazie al

biodiversità e proprio per questo ricono-sciuta come Sito di importanza comuni-taria e Zona di protezione speciale(SIC/ZPS) e di un patrimonio naturaleche dopo migliaia di anni rischia di ve-dere la sua importante relazione conl’uomo danneggiata dal mancato dialogotra le istituzioni.

L’attività intorno e all’interno del ba-cino lacustre è ben diversa rispetto aquella degli inizi del secolo scorso. Lapopolazione negli anni è aumentata con-siderevolmente e la maggior quantità diliquami unita all’invenzione dei detersivi

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ippocampo ambiente

È necessario passare dalle parole ai fatti.Manuel Gabrielli | [email protected] - Foto di Manuel Gabrielli

Tra disinteresse e incuria,il lago di Bolsena a rischio

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LAVALLIEREEditoria e Servizi editoriali

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Fondo investimenti e occupazione (FIO)che a cavallo tra gli anni ’80 ed i primi’90 venne realizzata una prima parte delprogetto. Il collettore, in seguito maicompletato è quindi composto da duerami: il primo, lungo 31,7 chilometri,raccoglie i liquami di Marta, Gradoli,Montefiascone, Bolsena, San LorenzoNuovo e Grotte di Castro. Il secondo,lungo 3,25 chilometri, raccoglie solo i li-quami di Capodimonte per farli con-fluire nel ramo principale. Le stazioni dipompaggio sono 20, responsabili di in-canalare le acque presso i depuratori diValentano e Marta.

Da alcuni anni uno dei più grossi ri-schi di inquinamento è causatodalla mancanza di manutenzione

di questo collettore fognario circumla-cuale e dalla mancanza di adeguamentiche sarebbero stati necessari durante glianni. Oggi alcune delle pompe sonofuori servizio, sono presenti varie falle ea distanza di anni vengono ancora inca-nalate senza distinzione acque nere edacque bianche causando durante i pe-riodi di precipitazioni intense un so-vraccarico del già malridotto sistema. Ilproblema poi non è circoscritto al lagoin quanto anche i due depuratori diMarta e Valentano sono spesso fuori ser-vizio ed è l’emissario Marta a pagarne leconseguenze.

Il disservizio va avanti da numerosianni e l’impianto viene gestito nelle sue

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ambiente

possibili e precarie funzionalità da pochivolenterosi e mal pagati operatori. Dellagestione di questo impianto continua in-fatti ad occuparsene la società consortileCo.Ba.L.B. spa, alla quale da anni ven-gono concessi finanziamenti a singhiozzoutili solo per inteventi d’emergenza invista della bella stagione.

Il cul de sac si è originato nel mo-mento della mancata entrata di Co.Ba.L.B.spa in Talete spa, società responsabile delservizio idrico integrato della provinciadi Viterbo. Fu infatti proprio in previ-sione di questa futura fusione che ven-nero interrotti i finanziamenti direttialla società consortile che si è trovata inpoco tempo sommersa dai debiti. In ag-giunta i fondi previsti per il risanamentosono rimasti bloccati dalla dimissioni

I numeri del lago di Bolsena

• Il lago di Bolsena è un bacino di origine vulcanica originatosi più di 300.000 anni fain seguito al collasso di un complesso di vulcani appartenenti alla catena dei montiVolsini

• Ha una profondità media di 81 m con un massimo di 151 m tra le due isole• La sua superficie di 113,5 km² lo rende il quinto lago d’Italia per estensione ed ilprimo d’Europa tra i laghi di origine vulcanica

• È compreso nella sua totalità nei confini della provincia di Viterbo• È posto a 305 metri sopra il livello del mare• Sono necessari 100 anni perché avvenga un ricambio totale dell’acqua

La sbroscia bolsenese

Famoso per le sue acque limpide illago di Bolsena era chiamato daipescatori del passato “il lago che sibeve”, non è un caso che il piatto ti-pico di quelle persone fosse lasbroscia, una zuppa preparata conciò che c’era a disposizione: pesce,patate, pane raffermo, pomodorini,aglio, cipolla, mentuccia e imman-cabilmente… l’acqua del lago.

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Visita il blogdell’Osservatorioambientale del lagodi Bolsena

della giunta Polverini e ad oggi quasi aniente sono valse le numerose richiesteavanzate alla Regione Lazio e all’Unioneeuropea per tentare di cambiare la si-tuazione.

Altro problema che affligge il lago èil livello dell’acqua, anche in que-sto caso sono anni che si assiste ad

escursioni stagionali fuori controllo. Ilproblema in questo caso è riscontrabilenella gestione delle paratie presenti sulfiume Marta, uniche strutture che azio-nate con la previsione dei livelli futuripossono dare una regolarità ai cambia-menti di altezza delle acque. Purtroppoanche queste paratie hanno vissuto unastoria non esente da problemi. Fino al2010 l’azionamento era di responsabilitàdel Genio civile, a seguito di alcuni pro-

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blemi fu assegnato all’Agenzia regionaleper la difesa del suolo (ARDIS) tramiteun provvedimento d’urgenza. Nono-stante il cambio di gestione durante ogniinverno i litorali vengono devastati da unlivello delle acque troppo alto, oppurecapita che si verifichi durante il periodoestivo il problema opposto, ovvero un li-vello troppo basso con conseguente di-sagio per l’ecosistema lacustre.

Come singoli cittadini possiamopoco, ma non sarà certamente l’indiffe-renza a smuovere questa situazione distallo. Purtroppo la lista delle problema-tiche è ancora più lunga di quanto dettofino ad adesso e per questo motivo vi in-vito a tenervi informati sul blog dell’Os-servatorio ambientale del lago diBolsena seguendo il link presente suquesta pagina.

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C’è una tendenza che ultimamenteimpazza e che farà tremare le si-gnorine fan delle faccette pulite: si

tratta del pelo. Parlo del pelo nel sensobiologico della cosa, di quell’appendicefiliforme che si sviluppa sul corpoumano. Non solo umano a dire il vero.Ecco, il pelo, quel particolare che cirende tanto simili a tutti i mammiferi co-nosciuti, torna a ricoprire volti spessoprivati di quella evidente mascolinità.

Ammetto che la mia presentazionepossa inorridire, d’altronde a chi piacesentir parlare di peli e follicoli. Ecco, vitranquillizzo e vi dico fin da ora che èsolo di peli facciali che si parla. Peli pret-tamente maschili. Peli che riguardanol’aspetto più modaiolo e meno orripi-

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Siete pronti per i baffi?Una “nuova” tendenza maschile.Martina Perelli | [email protected]

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lante, in fin dei conti. Peli che sovrastanoil labbro superiore e che sempre più vedoportare spavaldamente dai giovincellidella città. I meno giovincelli non credoabbiano notato questo cambiamento, lihanno sempre portati nei modi più sva-riati affidandosi al proprio gusto perso-nale. Chi magari ispirandosi ai baffonidell’anziano padre, chi a qualche fasci-noso attore americano di quelli ‘che in-vecchiano bene, che migliorano con glianni’. Al contrario, sono abbastanza certadi poter affermare che quelli della miagenerazione, i ventenni di oggi, fin apoco tempo fa non sapevano neanchecome si portasse un baffo. E tantomenoavrebbero pensato di sfoggiarlo contanta fierezza. Prestando poca attenzioneall’aspetto più antropologico della cosa,

evitando di richiamare riti d’inizia-zione e passaggio, il baffo di oggi

si limita a rappresentare unatendenza. Fa glamour.

Le facce sbarbate dei mieiamici si sono trasformate inbreve tempo. Dapprima insordina, questi simpaticiseduttori contemporaneiquasi si vergognavano amostrare i folti mustacchi.

Immagino che il ricordo diquando spuntò loro il primo

baffetto adolescenziale, fonted’imbarazzo per generazioni e

generazioni diadolescenti, fosse

ancora troppo vicino.Eccoli lì, qualche anno

prima a eliminare il fastidiosoinconveniente con la lametta di papà

e ora, qualche anno dopo, a ‘lisciarsi ilpelo’ nel senso più letterale dell’espres-sione.

In cuor mio cerco di capirli, è lamoda. E poi un baffo, quando dona, ha ilsuo perché. Magari una piccola panora-mica su cosa il baffo sia e cosa abbia rap-

presentato nella storia potrebbe aiutarcia guardarli con meno sospetto. Potrebbeaddirittura convincerci di avere accantoun uomo dotato di un certo estro o distar conversando con un artista, uno chesi distingue.

Che siate o meno dei detrattori delbaffo, penso che come ogni cosaanche questa vada guardata dalla

giusta prospettiva e analizzata comeogni altro processo umano perché diquesto si tratta, di costume e tradizione.Costumi poco importanti per chi comenoi, laici e poco attenti, oggi ne fa unaquestione di moda, ma che hanno unloro significato profondo spostandociappena un po’ più in là. Nel mondo isla-mico, ad esempio, possedere un certotipo di acconciatura della barba e deibaffi sta indicare in modo immediatol’appartenenza stessa a quella realtà. Ilbravo musulmano sa che non dovrebberecidere qualcosa che cresce sul suocorpo perché donata da Allah. E alloratagliare barba e baffi assume dei conno-tati nuovi e diversi. Così come li assumein certi ordini religiosi anche cristiani, inparticolari ordinamenti e corpi militari.Anche i baffi insomma sono storia.

E nella storia per noi è facile ricor-

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dare “quelli famosi”. Di baffi celebri pos-siamo annoverarne quanti ne volete,anche di ridicoli. Per quanto il suo nomerichiami una figura a dir poco autorita-ria, tra le più terribili nella storia dell’ul-timo secolo, non si può dire che i baffi diAdolf Hitler rispecchiassero la sua du-rezza. Sono piccoli e buffi, eppure anchequelli hanno fatto la storia, sono diven-tati la storia e mai potrei immaginare unpersonaggio di tale portata senza il suobaffo. È un esempio calzante questo, manon l’unico: sono molti i personaggiormai indissolubilmente legati a questotratto somatico che appare preponde-rante e pienamente inserito nell’immagi-nario collettivo.

Un esempio fra tutti quello di Salva-dor Dalì. Levo il baffo e lascio Dalì: Dalìsembra sparire. Levo Dalì e lascio ilbaffo: inconsciamente la mia mente va algrande artista. Non posso immaginarequei baffi lunghi e sottili e non pensare alui. C’è poi chi al baffo ha dato un sensoin più: Freddie Mercury apre gli anniOttanta con un cambio di look che faparlare e discutere. I capelli si accorcianoe i baffi diventano folti secondo la modaCastro Clone adottata allora da molticomponenti della comunità gay. Se-condo i dettami di questa moda è im-

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portante apparire maschio, lavoratore, ilpiù macho possibile. E nulla fa più uomodi un paio di baffi ispidi.

Non so se lo scopo delle nuove ge-nerazioni sia proprio questo,manifestare una straripante viri-

lità, ma quando penso al binomiobaffo/macho mi spunta un sorriso e nonposso non pensare a quanto sia facilescadere nell’esagerazione. Mi viene inmente il wrestler Hulk Hogan, coi suoichili e chili di muscoli rappresenta pro-babilmente quanto di più caricaturale ioabbia mai visto. Porta dei baffi massiccie paglierini e non ha lo sguardo delmacho. Ho sempre pensato che fosserotinti, chissà. Che vogliate sembrare deiveri uomini o il più alternativi possibileuna cosa è certa, ce n’è per tutti i gusti:dai baffi a manubrio dal tocco ottocen-tesco al baffone deciso alla Nietzschepassando per quelli più naturali cheormai troviamo spesso sui bei faccini deiragazzi. Un avvertimento: attenti a nonesagerare. Qualcuno con la storia deibaffi ci ha preso un po’ la mano e in Ger-mania ha istituito una gara mondiale alriguardo, qualcun altro ha costituitoun’associazione a tutela del baffo, l’Ame-rican Mustache Institute.

A questo punto, se proprio volete an-dare un po’ oltre, vi consiglio un’inizia-tiva simpatica che persegue nobili fini:Movember. L’evento, il cui nome nascedalla crasi delle parole moustache e no-vember, è gestito dalla November Foun-dation e si svolge ogni anno proprio nelmese di novembre. I partecipanti sonoinvitati a farsi crescere i baffi per i trentagiorni che compongono il mese e, al con-tempo, a fare opera di sensibilizzazionesui problemi legati al carcinoma dellaprostata e altre patologie. Chissà che daibaffi non nasca qualcosa di buono! Ini-ziate ad informarvi, in fondo a novem-bre mancano solo otto mesi.

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Mauro Cratassa

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acido lattico

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La XIV edizione dei Giochi paralim-pici svoltasi a Londra nel 2012 havisto la partecipazione di 164 paesi

e ben 4.294 atleti, confermando il granderisalto che ottiene la maggiore manife-stazione legata alle attività sportive peratleti disabili. La prima edizione dei Gio-chi paralimpici estivi risale al 1960 – pa-rallelamente alle Olimpiadi di Roma – edè stata organizzata riprendendo il per-corso iniziato dai Giochi di Stoke Man-deville, nati dopo la Seconda guerramondiale su iniziativa del medico bri-tannico Ludwig Guttmann.

Tra i protagonisti dell’edizione del2012 era presente anche il campione dihandbike Mauro Cratassa, nato nel1964 ed originario di Vitorchiano. Primadi parlare della sua importante carriera,spieghiamo in cosa consiste la sua disci-plina: la handbike è una speciale bici-cletta pensata per atleti con disabilità omalformazioni agli arti inferiori. For-mata da tre ruote, si muove grazie all’usodelle braccia applicate su delle manovelleed i primi prototipi risalgono all’iniziodel Ventesimo secolo. In seguito ne sono

nate diverse versioni, legate ai livelli didisabilità dei ciclisti, fino a formare uncorollario di attività paraciclistiche cheseguono gli stessi dettami dell’UnioneCiclistica Internazionale. Tra gli atletipiù popolari del mondo dell’handbike ri-cordiamo Alex Zanardi, l’ex pilota diFormula 1 che a Londra 2012 è riuscito aportare a casa due medaglie d’oro nelleattività paraciclistiche.

Contatto Mauro Cratassa in un pe-riodo di intensi allenamenti, visto che lanuova stagione è alle porte. La sua car-riera in questo sport nasce tra il 2004 edil 2005: «Ho iniziato a praticare in quelperiodo solo per qualche passeggiata il sa-bato e la domenica, poi sono arrivate leprime gare, le prime maratonine e leprime vittorie. Vedevo che andavo beninoe questo mi ha spinto a fare allenamentiancora più intensi, buttandomici dentrocon tutta la passione possibile. Inizial-mente sono stato spinto dal mio amicoVittorio Prosperucci, un ex ciclista chedopo un incidente è stato il primo nellaTuscia a cimentarsi nella handibike».

Passare da un livello amatoriale ad

uno professionistico è sempre un saltoimportante, ricco di incognite e chespesso funge da crocevia tra il deciderese fare sul serio o lasciare che resti unasemplice attività di svago, ma Cratassa losport lo ha sempre vissuto: «All’inizio leprime gare le ho affrontate con passione egrinta rispetto a coloro che avevano giàuna certa esperienza, mettendoci grandeentusiasmo. Prima dell’incidente avve-nuto nel 1989 ero già un amante dellosport, frequentavo la palestra e facevo sol-levamento pesi; in seguito mi sono cimen-tato nello sci alpino e nel nuoto, ma alivello professionistico ora mi dedico soloalla handbike».

Chiedo a Mauro quanto possa essereimportante, nell’ambito del recu-pero di una persona che ha avuto

un’esperienza come la sua, approcciarsiad un’attività sportiva: «Lo sport, oltre chefare bene fisicamente, aiuta anche a livellomentale. Ti rende tutta la giornata impe-gnata, come testimonia la mia esperienza,visto che non ho un attimo di respiro secontiamo anche la fisioterapia oltre agli

incontri

Il campione vitorchianese di handbikeguarda a Rio 2016.Gabriele Ludovici | [email protected]

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tuto dimostrare la mia forza. Mi ero alle-nato per arrivare nelle migliori condizionifisiche possibili, ma bisogna pur fare iconti con gli infortuni».

In conclusione, parliamo dei prossimiobiettivi di Cratassa. Conclusasi lastagione agonistica del 2013, nel mi-

rino c’è ovviamente il Giro d’Italia diMarzo, la cui prima gara sarà abbinataalla Maratona di Roma, ed i Campionatimondiali che si svolgeranno a settembre:«Mi sto allenando duramente, da duemesi ho iniziato anche a praticare canot-taggio presso la società del Circolo Canot-tieri Aniene di Roma. Si tratta di unallenamento che mi è molto utile e rap-presenta un buon test, un’attività in piùche mi permette di sperare di poter parte-cipare ai Giochi paralimpici di Rio de Ja-neiro previsti per il 2016». La suasperanza è anche la nostra speranza, perdare la possibilità ad un campione dipoter riprovare l’esperienza olimpica incondizioni atletiche migliori rispetto aquattro anni prima.

allenamenti. Mi alleno tutti i giorni ec-cetto un giorno di riposo a settimana,svolgendo ogni volta un tipo di eserciziodiverso. Ad esempio alterno dei percorsimisti con il fondo e la pianura. Gli alle-namenti li organizzo da solo, ogni atletadeve avere il proprio programma compa-tibile con le proprie esigenze ed essere ingrado di percepire le proprie condizioni fi-siche».

Quando inizia a fare sul serio, l’in-gresso di Cratassa nel mondo dellahandbike è sicuramente di im-

patto. Nel 2009 conquista le prime vitto-rie nel Campionato italiano a squadrenelle gare svoltesi a Desenzano del Gardae Pescatina. In seguito, nel 2010 ottienealtri tre primi posti a Reggio Emilia, Fos-sano e Viterbo ed infine, lo stesso anno,vince i Campionati italiani assoluti dihandbike su strada con la maglia dellaA.S.D. Vitersport Libertas, a San Polodi Piave: «Indossare la maglia tricolore èstata una bella emozione, così come losono stati i festeggiamenti a Vitorchiano. Imiei concittadini ci tengono, mi sono sem-pre vicini. Ad esempio nell’ottobre 2013 èstata organizzata una manifestazione dihandbike, in collaborazione con il mioteam, il Comitato Italiano Paralimpico e

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la Pro loco. Per me si è trattato di un pia-cere e di un onore». Questa gara regio-nale, per la cronaca, ha visto proprio lavittoria di Mauro.

Oltre ai successi a livello nazionaleper Mauro sono arrivati anche ricono-scimenti importanti nelle gare interna-zionali: nel giugno del 2010 partecipaper la prima volta ai Mondiali con la ma-glia della Nazionale, conquistando l’ot-tavo posto in Spagna, a Segovia. Poiriesce anche a centrare il bronzo nella ca-tegoria H4 nei Campionati mondialisvoltisi a Roskilde – in Danimarca – nelsettembre del 2011. Nel luglio delloscorso anno ha invece trionfato nellacrono durante i Campionati europei di-sputatisi a Fossano, prendendosi anche ilbronzo nella gara in linea: «Salire sulpodio ad unMondiale però è stato il mas-simo. Le vittorie nelle gare italiane sonograndi emozioni, la maglia rosa fa semprepiacere, ma le gare internazionali hannoun altro valore. Peccato essere arrivato aiGiochi paralimpici di Londra 2012 conuna lesione alla spalla, precisamente altendine sovraspinoso, e che non abbia po-

due righe book bartutte le sere aperitivo con buffet

viterbo - via del macel maggiore 1/3 - 328 1905657

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Per la nostra rubrica “Nota Bene”questo mese ci spostiamo a Roma,precisamente a Trastevere. Negli

anni ’60 in questo quartiere nacque ilFolkstudio, un luogo che per quasi qua-rant’anni ha rappresentato sia il trampo-lino di lancio che il ritrovo dinumerosissimi artisti: Guccini, De Gre-gori, Gaetano, De Angelis e Rosso sonostati solo alcuni dei grandi nomi che sisono esibiti in questo locale, che ha datospazio ad una nidiata di eccellenti can-tautori.

Simone Avincola, classe ’87, è uncantautore romano che ripercorre moltiaspetti che hanno accomunato questi ar-tisti: la voglia di fare musica di qualità,in modo spontaneo e genuino, puntandosempre a trasmettere un messaggio alpubblico. Oltre a dedicarsi alla musica haanche realizzato un documentario suStefano Rosso, del quale parleremo piùavanti.

Mi incontro con Simone al Bar SanCalisto, altro luogo trasteverino moltopopolare. Seduti su uno dei tavoliniesterni, dove sono state girate alcune in-

SimoneAvincola:“io dicobasta”

nota bene incontri

terviste del documentario citato po-c’anzi, gli chiedo come si è avvicinato allamusica: «Nasco come chitarrista ed hostudiato per dieci anni alla Scuola di Mu-sica di Testaccio. In seguito, quasi di na-scosto!, ho iniziato a scrivere delle canzoniin camera mia ed un giorno alcuni mieiamici, mentre ci trovavamo a suonareinsieme, mi chiesero di sentire qualcosadi mio. Le canzoni piacquero e da lì partìl’idea di formare un trio, i Saltimbanchi,assieme ad Edoardo Petretti (tastieristae fisarmonicista) e Matteo Alparone(bassista). Concretizzare il tutto in unaband è stato importante così come, da unanno a questa parte, passare dall’acusticoall’elettrico».

Il primo progetto a cui danno vita itre amici – Il Giullare e altre storie –viene pubblicato nel 2009. Si tratta di undisco autoprodotto che ottiene subitol’attenzione degli addetti ai lavori ed hauna genesi particolare: «Avevo un testoincompleto intitolato “Il Giullare”: unavolta ritrovato e concluso, mi è venutal’idea di fare un disco concept con tantipersonaggi dalle storie concatenate, in cui

confrontare la società attuale con quellamedievale. Alla fine non ho trovato nes-suna differenza, ma solo similitudini!Devo dire che non mi aspettavo un talesuccesso, non è facile ottenere tante recen-sioni positive se parti da zero».

Delle tracce di questo lavoro mi è ri-masta molto impressa Il condannato, in cuiSimone racconta le sensazioni di un con-dannato a morte che inizia a contare le oreche lo separano dall'incontro con il boia.

Uno dei primi brani a dargli visibilitàè Io dico basta: questo brano, uno sfogocontro la prepotenza della classe politica,viene pubblicato sul blog di BeppeGrillo: «I miei brani nascono in modomolto spontaneo, magari rimango mesi emesi senza scrivere niente anche perchénon mi piace mettermi a comporre a ta-volino. Poi ho paura di rimanere fermoper settimane, una volta scritto qualcosache non mi piace!». Io dico basta infatti èstato un vero e proprio raptus creativo,tanto che gli è venuta in mente mentreguidava ed è stata scritta direttamente inmacchina. Sia chiaro, prima ha fermato ilveicolo!

Il cantautore romano racconta la sua voglia di fare musica fuori dal coro.Gabriele Ludovici | [email protected] - Foto di Simona Rovelli

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incontri

Ritornando sui buoni risultati otte-nuti ai sui esordi, Avincola riflette sulledifficoltà di emergere in una scena mu-sicale che appare chiusa tra un pubblicopoco recettivo ed un’industria che sem-bra intenzionata a non premiare l’origi-nalità: «La colpa è di entrambi. Il popoloè come una spugna che assorbe tuttoquello che gli proponi e se la proposta silimita solo ad un certo tipo di musica –come quella che si ascolta nei talent show– il sottosuolo rischia di rimanere una re-altà sconosciuta. La gente così non hapossibilità di scelta: c’è un unico formatdove la musica appare perfetta ed il lookè aggressivo, svantaggiando chi si pre-senta in modo diverso. Eppure vorrei par-tecipare ad un talent show, con lacondizione che sia in diretta, per poterdire tutto quello che penso…ma a questolivello non ti ci fanno arrivare!

Ci possono pure stare programmicome X-Factor ed Amici, ma non essen-doci alternative si uccidono i musicistiche seguono altri percorsi dando spaziosolo agli imbonitori ed alla tecnica vocale.L’arte però non è solo questo, a me piacesentire anche qualcosa di imperfetto pur-ché abbia un messaggio… basti pensareproprio ai giullari, che rischiavano grossopur di mettere in piazza i problemi dellasocietà».

Speriamo di non doverci arrenderedi fronte alla sterilizzazione di tutti i con-

tenuti artistici sacrificati nel nome deldio audience.

Un momento importante della car-riera di Simone è l’incontro conEdoardo De Angelis, popolare

cantautore romano, dal quale nasceun’amicizia divenuta presto una collabo-razioe professionale: «Ho conosciutoEdoardo proprio qua dietro, a piazza diSanta Maria in Trastevere, dopo avervinto la prima edizione del Premio Ste-fano Rosso. Dopo l’esibizione ci scam-biammo i numeri e ci incontrammo inseguito durante i rispettivi concerti; ini-zialmente mi ha aiutato ad inserirmi inqualche serata. Lui è anche il produttoreartistico del mio ultimo disco».

Il disco in questione, uscito que-st’anno per l’etichetta Helikonia, si inti-tola Così canterò tra vent’anni; sul web si

può trovare il video della canzone che dàil nome all’album, un pezzo ironico incui il cantautore immagina se stesso inun remoto futuro ancora alle prese conle proprie velleità artistiche, circondatodai dubbi delle persone. Inoltre, nelvideo la voce del “figlio” di Simone è diRoberto “Freak” Antoni, storico leaderdegli Skiantos purtroppo venuto a man-care poco tempo fa: «Ci siamo conosciutia Roma e dopo aver sentito la canzone èimpazzito, iniziando ad immaginare ipersonaggi del video, come ad esempiouna futura moglie che mi intima di tro-varmi un lavoro! Poco dopo il suo ritornoa Bologna l’ho contattato e gli ho chiestose era pronto per registrare: sono andatosu ed ho raccolto la registrazione con treore di delirio in cui ha interpretato varieparti, tra cui ho scelto quelle da inserire.Freak è stato uno dei personaggi più in-fluenti degli anni ’70 ed aver potuto fareun pezzo con la sua partecipazione per mesignifica tantissimo». Oltre a Petretti edAlparone, in questo lavoro c’è anche lapartecipazione del batterista e percus-sionista Luca D’Epiro oltre a numerosealtre collaborazioni.

Pur essendo giovane Avincola si è giàtolto alcune soddisfazioni, come ottenereun riscontro molto positivo dopo la suapartecipazione al Folkest – il più impor-tante festival folk europeo – nel lugliodello scorso anno: «Si è trattato del primo

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Guarda il docu-filmche Simone Avincolaha dedicatoa Stefano Rosso

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concerto con la nuova formazione dellaband, e devo dire che ci hanno trattati be-nissimo. Inizialmente ero un po’ teso per-ché sul palco mi piace scherzare edesternare la mia romanità, e non sapevocome l’avrebbero presa lì a Spilimbergoche si trova quasi al confine… invece hotrovato un pubblico che si incontra rara-mente, ovvero che ti ascolta».

In tema di romanità, gli chiedo di par-larmi del suo rapporto con la città: «Mi

zione nel Cinema America. PutroppoRosso ha pagato il fatto di non essere uncantautore schierato in un periodo in cuilo erano tutti, un po’ come Rino Gaetanoche però è stato rivalutato in quanto moltoorecchiabile. Stefano Rosso invece non eracommerciale, semmai un po’ nostalgico».

Nel futuro di Avincola c’è ovviamentela promozione del suo ultimo disco oltrealla ricerca di nuove date live dove potersperimentare qualcosa di nuovo rispettoalle esibizioni in acustico: a breve sono inprogramma quattro serate a Roma, al-l’Ombre Rosse (6 marzo), all’Enoteca Let-teraria (8 marzo), al Fanfulla (29 marzo)ed al Salotto Caronte (6 aprile). Il 19 giu-gno si esibirà invece presso l’AssociazioneLa Farfalla di Ostia Antica. Inoltre, ilnuovo lavoro è già in cantiere e sarà undisco contente materiale del tutto inedito.

Dopo questa chiacchierata saluto ilgentile Simone, con la speranza che sem-pre più artisti decidano di abbracciare ilcantautorato; c’è sempre più bisogno dimusica fuori dal coro, ribelle senza ec-cessi e soprattutto vera, che sappia rac-contare storie attingendo dall’illimitatomosaico dell’immaginazione e dell’espe-rienza umana.

piace parlare dei quartieri popolari diRoma e dare il mio piccolissimo contributoper far sì che rimangano vivi. Io abito aGarbatellama sto sempre qua a Trastevere:essendo “malato” di Stefano Rossomi piacepercorrere via della Scala ed ho obbligato imiei amici musicisti a venire qui!».

Trastevere e via della Scala si colle-gano facilmente a Stefano Rosso,un cantautore geniale oltre che un

chitarrista fenomenale: tanto per in-tenderci, nel 1983 pubblicò un discointeramente strumentale (La chitarrafingerpicking di Stefano Rosso) accompa-gnato da un manuale di tecnica scrittoda lui. Con uno stile che miscelava conoriginalità la canzone popolare romane-sca con il country ed il folk americano,Rosso – scomparso nel 2008 – avrebbemeritato senz’altro maggiori riconosci-menti. Viene ricordato spesso per la ce-lebre Una storia disonesta, da tantierroneamente interpretata come un innoalla legalizzazione mentre il testo mira aprendere in giro la grande ipocrisia chepervade la classe politica.

Il documentario di Simone, realiz-zato l’anno scorso ed intitolato StefanoRosso - L’ultimo romano, non è il classicoBignami della carriera di un artista mauna raccolta di testimonianze delle per-sone che hanno vissuto con lui tantebelle esperienze, incentrate spesso sullafigura del Folkstudio: «Avendo vinto ilpremio a lui intitolato ho avuto la possi-bilità di conoscere i suoi familiari edamici, decidendo poi di girare questo do-cumentario fatto principalmente col cuoreed autoprodotto con la collaborazione diMatteo Alparone. Non mi aspettavo chese ne parlasse così tanto ed ottenesseanche un paio di premi, oltre alla proie-

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Quest’anno, una volta per tutte, hodeciso che voglio rimettermi afuoco e fare sul serio per arrivare

ai miei obiettivi. No, non voglio smet-terla con la musica e dedicarmi alla fo-tografia. Ho solo avuto un piccolomomento di illuminazione, ma di quellideterminanti, e a farmi capire le cose èstata una montagna.

Nel ponte di capodanno, ho passatosei giorni in vacanza in Cumbria, nelnord d’Inghilterra, assieme al cantantedel mio gruppo Nathan, alla sua con-sorte e ad altri amici.

Proprio l’ultimo giorno del 2013sono uscito con altri tre a fare una cam-minata su per uno dei monti cumbriani.Non era un monte altissimo, sarannostati 600 metri, ma era la prima volta chefacevo una cosa del genere, per di piùsenza attrezzature.

A qualche metro dalla cima, la su-

menti brutti, difficili, in cui ho rischiatodi scivolare, ma mi sono fatto forza esono riuscito a superarli. Tuttavia, a uncerto punto mi sono adagiato.

Nel 2014, mi sono detto, devo darmida fare e rimettermi in cammino, perchéa quello che voglio davvero, a quellavetta che guardavo di sotto in su, ancoranon ci sono arrivato.

Ho rischiato di perdere di vista i mieiveri obiettivi: ho passato gli ultimi mesidividendomi quasi solo esclusivamentetra il supermercato e i Nevertones, concui ho fatto svariate serate e sessioni diregistrazione per incidere il nostroalbum, ma non era abbastanza.

La vera vita del musicista professio-nista è fatta di poliedricità, sia come ge-neri che come formazioni. Ho decisocosì di riprendere in mano la situazionee spingere in quel senso.

Ora che ho un lavoro che mi per-

perficie, ancora bagnata dalla pioggia, sifaceva sempre più ripida e scivolosa e danovellino non me la sentivo di prose-guire. Ho quindi detto ai miei tre amicidi proseguire, che sarei rimasto ad aspet-tarli lì.

Così sono rimasto lì seduto a guar-darmi intorno: sembrava la Valle Incan-tata, era anche uscito un po’ di sole cheilluminava quelle grandi pennellate diverde tratteggiate da secolari muri di pie-tre e intervallate da laghi.

E pensavo a quella montagna comeuna metafora della mia vita fino ad al-lora, 31 dicembre 2013.

Ho fatto molto in questi miei primi26 anni di vita, mi sono fatto stradalungo un percorso che, per me come perchiunque lo intraprenda, è facile da at-traversare tanto quanto scalare unamontagna.

Difatti ho trovato anche tanti mo-

nota bene inside

Gli obiettivi e le speranze del nostro corrispondente dall’Inghilterra.Lorenzo Rutili

Sempre più in alto…?

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inside

sciuta al Jagz: il gestore del locale, Gra-ham Steel, organizzatore di molteplicieventi musicali nel Berkshire e, secondoalcune fonti, possibile inventore del-l’open-mic nei primi anni ottanta. Lo co-nosco da tre anni e mi ha offerto molteoccasioni per esibirmi, tra cui il GuitarFestival che si tiene in primavera nelcomplesso di South Hill Park a Brack-nell.

Pochi giorni fa, Graham mi ha chia-mato per suonare nuovamente al Jagz,dove è stata inaugurata una serie di con-certi acustici ogni domenica, sul palcogrande del locale. Ovviamente ho accet-tato, ho mandato via Facebook inviti varie arrivato il giorno fatidico tutto sembrafilare liscio come l’olio.

Arrivo al locale, trovando il fonicopronto a fare il set-up dell’impianto,salgo sul palco a sistemare tutto il mioarmamentario di pedali e cavi, volumeok, esce dalle casse e anche dalle spie, aposto… aspettiamo che sia ora di ini-ziare.

Arriva l’ora dell’apertura e alla portad’ingresso vedo uno stormo di ragazzineminorenni con indosso cose non defini-bili come minigonne, ma piuttosto comecinte molto grandi. Il mio sogno di es-sere diventato il nuovo idolo delle teena-

mette di tirare avanti, seppur risicata-mente, ho ritenuto opportuno spenderedue lirette per attivare un profilo com-pleto sui due maggiori siti web di an-nunci musicali: StarNow e MusicJobs.

Sono due siti molto simili tra lorocome modalità d’uso, basta pagare unacifra piuttosto accessibile per poter avereun profilo su cui inserire curriculum,foto, video e audio, più tutti gli elementiimportanti che servono a trovare i con-tatti che si desiderano. Già sono spuntatepossibilità interessanti, ma per ora nocomment, dico solo che sta funzionandoalla grande.

Tornando invece ai miei contatti nelBerkshire, vi parlerò di alcune personeche mi hanno aiutato molto ad andareavanti e ancora lo fanno.

Un martedì sera che mi trovavo alJagz di Ascot per l’open-mic acu-stico settimanale, capita un simpa-

tico personaggio, stazza importante,chitarra semiacustica a tracolla e vocecalda, che esegue Purple Rain di Prince.

Sentii l’urgenza di salire al microfonoe fare un duetto. Sembrava come se aves-simo suonato insieme per anni, ci inten-demmo subito e chiacchierammo un po’subito dopo: si chiama Jason, ma tutti lochiamano Mace.

Pur essendo più un chitarrista rit-mico, è appassionato dello strumentoquanto me, e in più ha una personalitàmolto easy-going.

Quella sera, prima di salutarci, mi in-vitò ad altri open-mic a Bracknell, iduetti aumentarono, fin quando Mace,sempre più colpito dal mio modo di suo-nare e dalla mia flessibilità, ebbe l’idea di

fare delle serate vere e proprie in duo.Così, da allora, ci capita spesso di suo-nare nei pub della zona, o in qualchefesta privata, guadagnando ogni volta trale 50 e le 100 sterline.

Suonammo anche ad un funerale!Ebbene sì, in Gran Bretagna i funeralisono seguiti da un banchetto nel qualepuò esserci anche musica dal vivo, e noiriuscimmo non solo a fare una cosa delgenere, ma anche a far ballare la gente inuna pur così triste occasione. Lo consi-dero un privilegio.

Attraverso Mace, ho conosciuto altrimusicisti, tra i quali un bravissimo can-tante di nome ChrisWilson. Con lui feciun paio di serate in acustico in un publocale, dopodiché, a fine 2013, Chris miinvitò a sostituire per un paio di serate ilchitarrista della sua band, The Point.

Si tratta di un gruppo che fa princi-palmente feste private, compleanni, ma-trimoni eccetera. La prima festa dimatrimonio a cui suonammo era in unraffinato salone d’hotel, la seconda inuno scaciato centro sociale.

Entrambe le volte mi divertii comeun matto, la seconda poi, c’era unabionda che, vittima del vino rosso,

in piena Get Lucky iniziò a strusciarsi sudi me provocatoriamente, mentre io sen-tivo “una forza dentro che neanch’io socome”. Era sulla quarantina passata, por-tata un gran bene, ma un po’ off-limitsper me… ma fa sempre piacere avereuna groupie (sé, magara).

Adesso faccio parte dei The Point inpianta stabile e mi sono così inserito nelcircuito delle feste private, che mi frut-tano una media di 100 sterline a botta.

C’è un’altra persona a me cara cono-

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gers si schianta rovinosamente al suolo:le ragazze in questione non sono lì perme, ma per la discoteca under 18 che l’al-tra metà della direzione ha deciso di farpartire in concomitanza con la mia se-rata. Discoteca che, ahimé, è situata pro-prio sotto ai miei piedi, e la cui cassa inquattro arriva bella e rimbombante, pre-cisa precisa fino alla sala live dove stavoper suonare.

La ragazza che in quel momento fa leveci di Graham, che sarebbe arrivato aminuti, scende a chiedere se si può ab-

bassare il volume, poco dopo ancheGraham stesso ci prova, ma è inutile.Purtroppo la discoteca ha la meglio su dime anche in termini di pubblico, ma chise ne frega. Mi va di suonare e sono quiper questo, la serata la faccio lo stesso, eci dò che ci dò che ci dò.

Ho suonato per un pubblico di cin-que persone: due amici, il fonico,la moglie del fonico e Graham che

a metà serata doveva andar via per unimpegno altrove. Ma mi sono divertitoun sacco, mentre il tunz-tunz di sottoproseguiva indefesso, ma l’ho ignoratoper tutta la sera; per tutti i presenti eracome se non esistesse. Graham oltre aringraziarmi si è scusato per il rumore,buttandola anche in scherzo l’ha definitauna “serata mash-up”, e mi ha offerto difare il bis il 2 di marzo. E aggiungo unparticolare da non sottovalutare: mihanno pagato.

Ho avuto occasione in Italia di suo-nare per sale quasi vuote, ma non mi ècapitato praticamente mai di riceveredalla direzione del locale un trattamentosimile. Ciò mi dimostra non solo come

le cose funzionino diversamente in que-sto senso, ma mi fa apprezzare semprepiù la stima che persone come Graham,Chris, Mace, hanno verso chi ha bisognodi “uscire” con la sua musica e i suoi ta-lenti.

In ogni modo, l’organizzatore dà anoi musicisti la possibilità di suonare,ma sta anche a noi diffondere la notiziae portare un pubblico più grande possi-bile. Avendo finora usato solo una parteminima di Facebook e del suo poten-ziale, tento adesso la carta di una paginaseparata da dedicare unicamente allacondivisione di eventi e altre notizie mu-sicali.

Pubblicando un evento con congruoanticipo e aggiornando la pagina confrequenza, condividendovi anche glieventi dalla pagina dei Nevertones, e ri-condividendo il tutto sul mio profilo, lemie attivita possono essere “spalmate” dapiù parti possibile creando un battagepubblicitario che può sortire gli effettisperati. Una lezioncina in più, vediamocome va… per questo mese è tutto, il 2marzo ’sto locale lo riempiamo per benee ci si diverte il doppio. Alla prossima!

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Zelda Sayre e Francis Scott Fitzgerald

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È arrivata. Più piccola di me, maslanciata, laccata e lucida. Postaproprio sopra i cassetti, ai piedi del

letto, con sei ripiani, poco profondi, piùo meno quanto un romanzo, bassi quasia voler soffocare i suoi ospiti: una nuovalibreria.

Nella stanza è arrivata questa nuovaospite, è una moderna libreria Ikea, unabilly forse, di legno chiaro, lucido e liscio,dove la polvere non si annida come neimiei buchi e nel mio ruvido legno dipino, ma scivola via, come pattinatori sulghiaccio, al primo colpo di panno. È pic-cola rispetto a me, ma presente, lì, all’an-golo opposto, vanitosa e supponente coni suoi ripiani bassi, da romanzo e la suagiovane vita.

La nuova libreria che è arrivata pre-potente accanto a me sta accogliendo inuovi ospiti in arrivo, ingiustamente ioinvece, antica e ormai saggia libreria di-sordinata devo sostenere i libri vecchi,quelli letti anni fa, dalle pagine ormai in-giallite e dai bordi consumati, tutti strettie ammucchiati in un mosaico multico-lore, per quanto caotico, affascinante.

Nella nuova “signorina”, così ho de-ciso di chiamarla, si sono accatastati gliultimi arrivati: qualche libro di StephenKing, pesante e dall’urlo facile, vocabo-lari, libri di fotografie, romanzetti mailetti e che attendono una fantomaticalettura, cofanetti di serie televisive e so-prammobili dal gusto dubbio e dall’uti-lità pressoché nulla.

Tra questi nuovi ospiti però alcunihanno suscitato il mio interesse; uno inparticolare, che è sembrato arrivare conodore di mare, grida di gioia, un cappel-lino bianco con un grazioso nastro cele-ste e qualche strass violaceo, caduto

altri ospiti con la stessa mise nella mia li-breria, proprio sulla spalla sinistra, manessuno ha quel carattere cubitale, sisono infatti decisi a rimodernare l’edi-zione dandogli più luce.

Tenera è la notte ha infatti subito af-fascinato tutti i maschietti del palazzo dilegno, dentro ha una storia d’amore, sen-timento, passione e tradimenti, risuonadi musica jazz e risplende di lustrini,macchine dai pezzi cromati e preziosidiamanti.

Tenera è la notte è un romanzo cheFitzgerald scrisse nel 1934, dopo Ilgrande Gatsby, Belli e dannati eAl di quadel paradiso. È la sua opera in assoluto

chissà da quale abito. È Tenera è la nottedi Francis Scott Fitzgerald, un libro ele-gante, moderno, ma antico, un classico,ma poco conosciuto, insomma un librocurioso e importante.

Ha avuto spazio fra Espiazione diMcEwan e un sottile racconto di Carrisiimponendo subito la sua presenza bor-deaux sull’occhio dei passanti. Infattil’angolo a vista del libro, quello che sivede in una libreria, sottile, di solito consopra impressi titolo e autore, è di grandeeffetto. Caratteri bianchi su bordeauxOscar Mondadori, con un enorme FITZ-GERALD ad attirare l’attenzione. Ho

carta stampata caos letterario

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Storie di una libreriadisordinata / 5“Tenera è la notte” di Francis Scott Fitzgerald: storia di ricchezza, fascino, amoree tradimento fra la Costa Azzurra e la Parigi degli anni Venti.Claudia Paccosi | [email protected]

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condizionato. Un amore tanto forte daspegnere la felicità di un uomo che nonpuò abbandonare la donna della sua vita,per quanto questa lo faccia soffrire.

La solida relazione dei due coniuginel romanzo vacilla però, la malattia eun’estate in Costa Azzurra muterannoinevitabilmente l’idillio. Rosemary in-fatti, giovane e fresca ragazza senza pen-sieri, distrarrà Dick con le sue nuotatefino al ponte galleggiante, le sue risateingenue e la sua schiena bagnata sdraiatasulla calda sabbia della riviera francese. Itradimenti e la passione non potrannorimanere nascosti per sempre dietrol’opaco velo della ricca società ameri-cana, sempre perfetta, abbottonata e pet-tinata, ma scardineranno dall’interno nelcorso di cinque anni la relazione fra Dicke Nicole.

Dividersi sarà però estremamentedifficile, la loro relazione rimarrà salda erobusta, indissolubile fino alla fine delromanzo, seppur fragile e ormai pronta asbriciolarsi sotto la forte stretta della vita.Il dolore e l’amore attraverseranno cittàeuropee, viaggi, spiagge assolate, festelussuose e vedranno persone a cui mo-streranno il migliore dei loro sorrisi.

Amanti incontrati sulle rive del mareo in caffè parigini, Rosemary per Dick eTommy per Nicole, non potranno disto-gliere facilmente i due dalla loro rela-zione radicata nel passato, troppo forteper essere distrutta da qualcun altro,troppo dura e provata dal dolore passato,dalla malattia psichica, dalla clinica edalla rinascita, per sgretolarsi sotto pro-blemi futili e poco importanti come untradimento.

“A volte è più difficile privarsi di undolore che di un piacere”.

Francis Scott FitzgeraldTenera è la notte

Tit. orig. Tender is the NightTraduzione di Fernanda PivanoOscar Mondadori - Classici Moderni, 2011pp. 427 - euro 10,00ISBN 978-8804609353

più ambiziosa e a cui ha dedicato piùtempo, impiegò nove anni per scriverlae continuò a modificarla anche dopo lasua pubblicazione.

Narra la storia di Dick Diver, psi-chiatra americano sposato alla ricca, bel-lissima e problematica Nicole e diRosemary, giovane ragazza che comin-cia a scoprire il mondo, tra spiagge, nuo-tate e cinema.

I due si incontrano sulla Costa Az-zurra, in un meraviglioso e lussuosohotel, proprio secondo lo stile di Fitz-gerald e degli anni Venti, fra macchinerombanti, squillante musica jazz, cortiabiti brillanti e intrecci passionali fraricche famiglie in vacanza.

Fitzgerald, come in ogni suo ro-manzo, descrive la vita che tra-scorre nell’ozio e nello sfarzo dei

ricchi imprenditori americani durante ilprimo dopoguerra. In un susseguirsi difeste, gite, visite e gin a colazione dovela vita di ognuno viene nascosta da unamaschera di bellezza e divertimento.

Infatti la vita di Dick e Nicole, la cop-pia felicemente sposata, perfetta e sorri-dente, è la maschera di un disagio, di unamalattia. Nicole era una paziente diDick, che è stata salvata da una terribiledepressione per essere trasferita tra cu-scini e merletti accanto ad un fascinosomedico che gode del suo patrimonio. Ni-cole è bella, affascinante, una donna dal-l’oratoria ammirabile e dai vestiti sempreperfetti, a volte risulta però assente, tri-ste, malinconica e malata.

Fitzgerald gettò in questo romanzotutte le angosce e i silenzi trattenuti du-rante la malattia mentale dell’amatissimamoglie Zelda. L’amore di Dick per Nicoleè come quello di Fitzgerald per Zelda: in-

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Studiare all’estero è da sempre unadelle esperienze migliori che possaprovare un giovane universitario.

La possibilità di apprendere nuove co-noscenze unita all’occasione di trovarsiin un luogo di lingua e cultura differentiapre molte prospettive, lasciando co-munque un ricordo importante e forma-tivo.

Tuttavia, almeno per i primi tempi,possono nascere piccole o grandi diffi-coltà legate all’integrazione e per questogli studenti stessi hanno capito la neces-sità di organizzarsi in associazioni che,tenendosi in contatto tra loro a livello in-ternazionale, possano fornire agli stu-denti i migliori strumenti per godersil’esperienza “fuori casa” nel modo piùsoddisfacente possibile.

Adoro intervistare le persone nelchiostro della facoltà di Lettere dell’Uni-versità della Tuscia, ogni volta rimangocolpito dal contrasto tra il portone inpieno stile burocratese ed il luogo quasi“monasterico” che mi accoglie subitodopo. Rimango anche colpito dall’acquadella fontana che si solleva per il vento,ma questo è un altro discorso.

Incontro qui MafaldaMorganti, Sil-via Carrer e Samanta Pettinelli, rispet-tivamente presidente, vice-presidente emembro del consiglio direttivo dell’asso-ciazione Eutopia. Un’associazione conuna storia molto dinamica, come mispiegano subito: «Nessuna di noi tre hafatto parte del nucleo iniziale del progetto,partito nell’ottobre del 2008 al momentodella formazione dello statuto. L’intentoiniziale consisteva nel riunire otto giovanidi Viterbo e dintorni attorno alle dinami-che dell’ufficio Eurodesk, smantellato e

sensibile a nuove dinamiche; unmezzo perdare e per ricevere».

Il mio primo contatto con Eutopia l’hoavuto parlando tempo fa con Samantadella loro iniziativa legata agli Aperi-

tivi Linguistici: «L’idea è nata dopo ilteam building di ottobre 2013. Volevamofare qualcosa di più concreto per la realtàlocale, visto che fino ad ora eravamo piùconosciuti all’estero. Ci siamo resi contoche ciò che sapevamo fare meglio era la-vorare per l’integrazione e per il dialogointerculturale; l’Aperitivo Linguistico – chesi svolge presso il Bar Carrer (via San Leo-nardo, 1) con cadenza bisettimanale, digiovedì dalle 19 alle 21 – permette ai gio-vani di Viterbo e provincia, anche coloroche non parlano bene l’inglese, di avere uncontatto con ragazzi di altre nazioni. Tra-mite l’Erasmus ed il Servizio volontarioeuropeo la città si è riempita di giovanistranieri, anche provenienti dal Sud Ame-

riaperto da poco ad Agraria, per fornirela città di una realtà no-profit di promo-zione sociale».

Fino a quel momento Eutopia avevaavuto degli obiettivi vaghi ma a partiredal 2010, complici nuove conoscenze dipersone interessate tra cui loro tre, l’as-sociazione ha trovato forza lavoro, inputed ha intrapreso nuove attività: «Lapartnership con Eurodesk ci ha permessodi ideare progetti legati a Viterbo ed al-l’estero. La svolta è avvenuta in seguitoquando l’allora presidente Lorenzo Grandevinse una borsa di studio per Cambridge.Era lui a tenere le redini, e dopo la suapartenza c’è stato un movimento di per-sone che si sono rimboccate le maniche pertenere in piedi l’associazione. La cosa bellaè l’opportunità, una volta dato il propriocontributo ad Eutopia, di cercare nuoveesperienze lasciando spazio a nuovi par-tecipanti. In fondo Eutopia rispecchia chine fa parte e cambia in base alle persone,

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università incontri

La ricetta di Eutopia.Gabriele Ludovici | [email protected]

Aperitivi linguistici:si degustano e fanno bene

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rica, e questo scambio è utile anche perloro».

Mettersi nei panni degli studenti chearrivano dall’estero è alla base dell’ini-ziativa: chi ha realizzato un’esperienza si-mile sa quali possono essere i servizi e leattività utili. Il primo aperitivo è andatobene: «C’è stato un buon riscontro sia dipartecipazione che di interesse e sono ar-rivati commenti positivi come quello diToon, uno studente belga contento di averpotuto fare nuove amicizie. L’intento nonè solo legato all’apprendimento della lin-gua, ma anche di far conoscere le personeper aiutarle nell’integrazione. Inviteremoanche dei ragazzi madrelingua e lasce-remo che siano i partecipanti stessi al-l’aperitivo a decidere in quale idiomaportare avanti la serata. Ora sondiamo gliinteressi per capire come catturare ancoradi più l’attenzione. Abbiamo ricevuto sti-moli importanti per continuare».

Oltre agli Aperitivi Linguistici, Eu-topia sta portando avanti un pro-getto ambizioso legato alle mappe

USE-IT, importante anche nell’otticadella collocazione della realtà viterbesenello scacchiere delle città universitarie

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europee: «Il progetto USE-IT è nato a Co-penhagen negli anni ’90 come sportello tu-ristico rivolto ai giovani viaggiatori. Lafilosofia di fondo è che nel mondo del tu-rismo manca un approccio diretto per igiovani, che spesso hanno esigenze diffe-renti rispetto agli altri viaggiatori.

L’idea di creare delle mappe apposite ènata nel 2007, ovvero un network che per-metta ai giovani viaggiatori di attingeredall’esperienza degli abitanti di una città,come chiedere ad un amico dove si man-gia il kebab più buono dalle sue parti…ovviamente il tutto no-profit, le mappenon sono sponsorizzate. Si tratta invece diuna guida informale e fruibile allo scopodi facilitare il soggiorno di una personaall’estero. Abbiamo fatto domanda percreare la mappa USE-IT di Viterbo e, fi-nanziamenti permettendo, in sei mesi larealizzeremo.

L’esperienza degli aperitivi ci aiu-terà a conoscere la situazione degli stu-denti stranieri che abitano qui: comehanno reperito informazioni, di cosahanno bisogno… il tutto cooperandocon la comunità locale, che ci dirà cosaconsigliare ad un non autoctono chesoggiorna qui».

L’associazione inoltre rimane attivanell’ambito delle collaborazioni conaltre realtà europee: «In questi anni

abbiamo collaborato con associazioni chepromuovono programmi focalizzati sulfavorire la mobilità giovanile, progetti in-formali realizzati dagli studenti per glistudenti. Principalmente si è trattato diattività di breve durata, una settimana odieci giorni, come incontrare la delega-zione di un paese per affrontare un temacomune, come il dibattito su media e tele-visione organizzato aMontefiascone e cheha visto la partecipazione di delegazioniprovenienti da Repubblica Ceca, Spagna,Svezia ed Ungheria. Siamo attivi in colla-borazioni con diverse associazioni euro-pee ungheresi, ceche, lituane, polacche e dialtri paesi. Facciamo tanto come ente diinvio per realizzare scambi con altri gio-vani, mandando delegazioni di ragazzidella zona all’estero».

Vi invitiamo a collegarvi alla paginaFacebook di Eutopia (www.facebook.com/eutopia.online) per essere aggiornatisulle iniziative dell’associazione; il riferi-mento per il progetto delle mappe USE-IT è invece www.use-it.travel.

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