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DE GENNARO - TRIBUNALE DI NAPOLI IL REGIME PROBATORIO NELLA VERIFICA DEI CREDITI L’onere della prova, e della fondatezza del credito e delle prelazioni che lo assistono grava sul creditore. DOMANDA FONDATA SU SCRITTURA PRIVATA Nei giudizi aventi per oggetto la ammissione al passivo fallimentare di un credito fondato su una scrittura privata, il curatore che contesta l’anteriorità al fallimento della data dell’atto, riveste la qualità di terzo con la conseguenza che non è a lui opponibile la scrittura che non abbia data certa anteriore , a norma dell’art. 2704 c.c. La certezza della data è fornita, a norma dell’art. 2704 c.c. principalmente dalla registrazione m anche da ogni altro fatto che stabilisca in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione del documento. La data certa può essere costituita: a. Dalla vidimazione dei libri sociali da parte di un notaio o del cancelliere. Se l’annotazione viene effettuata dopo la vidimazione di apertura o di chiusura del libro sociale, è rispetto a quest’ultima che va fissata la certezza della data. b. Dalle risultanze del libro giornale di una banca, soggetto a vidimazione annuale ad opera del pubbl ufficiale c. Dalla vidimazione notarile del registro valori in garanzia di una banca, in cui sia annotata una determinata operazione di credito su pegno, sempre che fra il contenuto di questa ed il documento invocato come sostitutivo della prelazione sussista il necessario collegamento. d. Dalla vidimazione del libro pegni di una banca e. Dal timbro postale apposto su un foglio formante corpo unico con quello che contiene la scrittura privata non autenticata f. Dalla copia notarile, integrale o per estratto, di una scrittura privata non autenticata g. Dalla attestazione da parte dell’ufficiale giudiziario procedente a pignoramento di aver avuto cognizione personale di un documento ovvero dalla esibizione della scrittura privata allo stesso ufficiale giudiziario h. Dalla esecuzione del contratto consacrato nella scrittura in quanto tale esecuzione ne presuppone la conclusione i. La data certa del patto di riservato dominio j. “Il patto di riservato dominio , che deve essere necessariamente coevo alla stipula della compravendita (posto che nella vendita con riserva di proprietà la volontà dei contraenti è unica ed inscindibile in ordine al rinvio dell’effetto traslativo della proprietà della cosa venduta al momento del completo versamento del prezzo ) è opponibile ai creditori del compratore solo se è possibile provarlo documentalmente con atto reso pubblico anche in epoca successiva alla stipula purchè anteriormente al pignoramento (nell’ipotesi di esecuzione individuale) ovvero alla dichiarazione di fallimento (in ipotesi di esecuzione concorsuale art. 45 l.f.) “ .

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DE GENNARO - TRIBUNALE DI NAPOLI

IL REGIME PROBATORIO NELLA VERIFICA DEI CREDITI

L’onere della prova, e della fondatezza del credito e delle prelazioni che lo assistono grava sul creditore.

DOMANDA FONDATA SU SCRITTURA PRIVATA

Nei giudizi aventi per oggetto la ammissione al passivo fallimentare di un credito fondato su una scrittura

privata, il curatore che contesta l’anteriorità al fallimento della data dell’atto, riveste la qualità di terzo con

la conseguenza che non è a lui opponibile la scrittura che non abbia data certa anteriore , a norma dell’art.

2704 c.c.

La certezza della data è fornita, a norma dell’art. 2704 c.c. principalmente dalla registrazione m anche da

ogni altro fatto che stabilisca in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione del documento.

La data certa può essere costituita:

a. Dalla vidimazione dei libri sociali da parte di un notaio o del cancelliere. Se l’annotazione viene

effettuata dopo la vidimazione di apertura o di chiusura del libro sociale, è rispetto a quest’ultima

che va fissata la certezza della data.

b. Dalle risultanze del libro giornale di una banca, soggetto a vidimazione annuale ad opera del pubbl

ufficiale

c. Dalla vidimazione notarile del registro valori in garanzia di una banca, in cui sia annotata una

determinata operazione di credito su pegno, sempre che fra il contenuto di questa ed il documento

invocato come sostitutivo della prelazione sussista il necessario collegamento.

d. Dalla vidimazione del libro pegni di una banca

e. Dal timbro postale apposto su un foglio formante corpo unico con quello che contiene la scrittura

privata non autenticata

f. Dalla copia notarile, integrale o per estratto, di una scrittura privata non autenticata

g. Dalla attestazione da parte dell’ufficiale giudiziario procedente a pignoramento di aver avuto

cognizione personale di un documento ovvero dalla esibizione della scrittura privata allo stesso

ufficiale giudiziario

h. Dalla esecuzione del contratto consacrato nella scrittura in quanto tale esecuzione ne presuppone

la conclusione

i. La data certa del patto di riservato dominio

j. “Il patto di riservato dominio , che deve essere necessariamente coevo alla stipula della

compravendita (posto che nella vendita con riserva di proprietà la volontà dei contraenti è unica ed

inscindibile in ordine al rinvio dell’effetto traslativo della proprietà della cosa venduta al momento

del completo versamento del prezzo ) è opponibile ai creditori del compratore solo se è possibile

provarlo documentalmente con atto reso pubblico anche in epoca successiva alla stipula purchè

anteriormente al pignoramento (nell’ipotesi di esecuzione individuale) ovvero alla dichiarazione di

fallimento (in ipotesi di esecuzione concorsuale art. 45 l.f.) “ .

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DOMANDA FONDATA SU TITOLI DI CREDITO

In questi casi bisogna distinguere se l’insinuazione è proposta sulla base del solo titolo di credito oppure se

la domanda è fondata sul rapporto causale sottostante.

Nel primo caso, poiché il curatore si presenta come terzo estraneo alla circolazione del titolo, la cambiale

ha il solo valore di una scrittura privata, per cui si pongono gli stessi problemi visti sopra circa la certezza

della data.

Se il curatore non contesta l’anteriorità della data, né in genere l’opponibilità alla massa del titolo, egli si

pone nella posizione del fallito ed allora, essendo quella del creditore una azione cambiaria vera e propria ,

il curatore deve vedere se il fallito era obbligato in via diretta (accettante ed i suoi avallanti nella tratta ,

emittente ed i suoi avallanti , nella cambiale) o in via di regresso (traente, giranti e loro avallanti nella tratta

e nella cambiale) perché diversi sono : 1. I termini di prescrizione (tre anni dalla scadenza, nella azione

diretta; un anno, a decorrere dalla data del protesto, per l’azione di regresso del portatore; sei mesi, per

l’azione del girante contro gli altri giranti o contro il traente, a decorrere dal giorno in cui il girante ha

pagato la cambiale o dal giorno in cui l’azione di regresso è stata promossa contro di lui (art. 94 l. camb); 2. I

presupposti per l’azione: il regresso non può essere esercitato, se il mancato pagamento o la mancata

accettazione non risultano da regolare protesto. 3. le eccezioni proponibili: le eccezioni reali di cui agli

artt. 64 e 65 l. camb. e 1993 sono opponibili a tutti i portatori mentre le eccezioni personali , come quelle

derivanti dal rapporto fondamentale sono opponibili solo a quel portatore con il quale è intercorso il

rapporto dal quale derivano

Il curatore che si insinua in forza del rapporto causale che ha dato causa alla emissione del titolo deve, in

virtù dell’art. 66 l.camb. (e art. 53 l. assegno per il portatore di assegno) offrire al debitore la restituzione

della cambiale e depositarla presso la cancelleria del giudice competente e deve aver adempiuto alle

formalità necessarie per consentire al debitore stesso le azioni di regresso che possono competergli.

L’offerta dei titoli non è necessaria in tutti i casi in cui si può escludere la possibilità della insinuazione da

parte di altri creditori in via cambiaria (ad es. quando l’azione cambiaria è prescritta, quando la cambiale è

nulla..)

La prova dei crediti bancari.

Per poter ottenere l’ammissione del suo credito al passivo del fallimento del suo cliente debitore, la banca

deve documentalmente provare:

1. Che il contratto da cui deriva il suo credito è stato stipulato per iscritto (l’art. 17 T.U.L.B richiede

infatti la prova scritta a pena di nullità)

2. Che il credito risulta dall’estratto conto integrale e non dal semplice “saldoconto” previsto dall’art.

50 T.U.L.B che, a partire da Cass S.U. 18.7.94 nr. 6707 è un documento in base al quale la banca può

chiedere ed ottenere un decreto ingiuntivo contro il correntista suo debitore in sede di opposizione

a decreto ingiuntivo .

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Le Sezioni Unite hanno dato in premessa decisivo rilievo alla considerazione che, diversamente

dall’estratto conto disciplinato dall’art. 1832 c.c. , l’estratto dei saldoconti è invece un documento

appositamente formato dalla banca per la finalità di cui all’art. 102 l.fall e nel quale viene indicato solo

il saldo debitore del conto senza che sia portata l’evoluzione delle operazioni attive e passive che

l’hanno determinato.

Crediti cambiari

Per disposizione dell’art. 93 l.fall. la domanda di ammissione al passivo del fallimento deve contenere

anche l’indicazione del titolo da cui il credito origina.

Essendo la cambiale titolo letterale astratto ed autonomo, la sua produzione soddisfa l’onere di cui

all’art. 93 l.fall. ; spetterà invece al curatore proporre eccezioni a quel titolo o provare l’inesistenza o

l’intervenuta estinzione del credito portato dalla cambiale.

Essendo il titolo di credito anche un documento cartaceo , la sua utilizzabilità in sede di verifica dei

crediti , richiede la data certa ai sensi dell’art. 2704 c.c. anteriore al fallimento.

Se il titolo di credito è munito di siffatta data certa, il curatore può proporre in relazione allo stesso: 1.

eccezioni reali; 2. eccezioni personali

Per eccezioni reali si intendono quelle opponibili a qualunque portatore e che, pertanto, incidono sul

diritto di credito in ogni fase della circolazione del titolo.

Le eccezioni reali si fondano su circostanze inerenti oggettivamente al documento e, pertanto, sono

opponibili al portatore del titolo per la sua oggettiva qualità di portatore dello stesso.

Le eccezioni reali sono: a. quelle che riguardano vizi di forma del titolo;

b. quelle fondate sul contesto letterale del titolo;

c. quelle che dipendono dalla falsità della firma.

Ogniqualvolta la sottoscrizione non sia riferibile al soggetto che sul titolo figura come emittente , il

debitore può opporre, nei confronti di qualunque portatore del titolo, l’eccezione reale di falsità della

propria firma.

Poiché i titoli di credito costituiscono delle scritture private non autenticate , il debitore cartolare può

limitarsi a disconoscere la sottoscrizione del titolo, mentre è onere del portatore per poter superare

tale eccezione, di proporre l’istanza di verificazione ai sensi degli artt. 216 ss cpc

Sottoscrizione cambiaria non autografa effettuata mediante timbro o stampa: è invalida in quanto in

materia cartolare la regola della sottoscrizione è l’autografia, mentre hanno natura eccezionale le

norme che consentono la sottoscrizione non autografa.

d. quelle che dipendono da difetto di capacità del debitore al momento della emissione del titolo.

Per difetto di capacità si intendono tutte quelle situazioni , quali la minore età, l’interdizione,

l’inabilitazione, normalmente previste come cause legali di esclusione o limitazione della capacità di

agire della persona fisica.

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Per quanto concerne le situazioni di incapacità naturali di intendere o di volere previste dall’art. 428 c.c.

si ritiene che le stesse non diano luogo ad eccezioni reali ma solo personali nei confronti del primo

prenditore e dei terzi in mala fede e colpa grave, qualora ricorrano le condizioni previste dall’art. 428

c.c.

e. quelle che dipendono da difetto di rappresentanza .

Il difetto di poteri di rappresentanza, sia nel caso in cui tali poteri non esistano , come nel caso in cui il

rappresentante ecceda i limiti quantitativi o qualitativi del potere conferitogli, consente , pertanto, al

rappresentato di proporre eccezioni di natura reale nei confronti di qualunque portatore del titolo di

credito.

L’art. 11 l. camb. , stabilisce che chi appone la firma sulla cambiale quale rappresentante di una

persona per la quale non ha il potere di agire, è obbligato cambiariamente come se avesse firmato in

proprio e, se ha pagato, ha gli stessi diritti che avrebbe avuto il presunto rappresentato . La stessa

disposizione si applica al rappresentante che abbia ecceduto i suoi poteri .

E l’art. 12 aggiunge: “ la facoltà generale di obbligarsi in nome e per conto di un commerciante

comprende anche quella di obbligarsi cambiariamente, salvo che l’atto di rappresentanza , pubblicato a

norma dell’art. 9 non disponga diversamente.

Il conferimento della rappresentanza cambiaria necessita di una procura speciale ad hoc , salvo il caso

di cui al 2° co art 12.

f. quelle che dipendono dalla mancanza delle condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione.

Mentre le eccezioni reali sono opponibili dal debitore cartolare nei confronti di ogni portatore del titolo

di credito, le eccezioni personali sono proponibili solo nei confronti di una persona determinata, man

on nei confronti dei successivi portatori del titolo.

L'ipotesi più diffusa in cui sia opponibile una eccezione di natura personale è quella in cui tale eccezione

derivi da un rapporto causale.

L'obbligazione che l'emittente di un titolo di credito assume con la sottoscrizione dello stesso non

rappresenta che l'incorporazione in un documento di un debito preesistente nei confronti del primo

prenditore del titolo.

L'eccezione di annullamento dell'atto cambiario per conflitto di interessi è una eccezione personale e

quindi opponibile solo all'immediato prenditore del titolo ed al terzo portatore che, nell'acquistare il

titolo abbia agito scientemente a danno del debitore.

Anche l'eccezione di prescrizione ha natura personale ed è disciplinata dagli artt. 94 e 95 l. camb.

La prescrizione cambiaria è soggetta alle cause di sospensione e di interruzione previste dal codice

civile.

Nella cambiale pagabile a vista ed in quella senza indicazione della data di scadenza , la prescrizione

triennale della azione diretta decorre dalla data di pagamento (e non di emissione) o, in mancanza dallo

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spirare del termine di un anno dalla data di emissione , termine entro il quale la cambiale deve essere

presentata per il pagamento (art. 39 l.camb).

L'azione cambiaria di rivalsa dell'avallante contro l'accettante o l'emittente si prescrive in tre anni che

decorrono dalla scadenza della cambiale e non dal pagamento da parte dell'avallante.

Secondo Cass. 9.6.90 nr. 5638 nel caso in cui assegni bancari o cambiali tratte non accettate siano stati

regolarmente protestati, il portatore prescritta l'azi0ne cartolare di regresso , può agire con l'azione

causale depositando in cancelleria i titoli i quali possono essere azionati dal convenuto girante con

l'azione cartolare entro 6 mesi dal pagamento se e quando da lui effettuato.

Verifica dei crediti portati da assegni bancari

Il portatore dell'assegno bancario impagato può esercitare, nel fallimento del traente-debitore 1.

l'azione cambiaria e 2. l'azione causale.

Entrambe le azioni vanno esercitate a mezzo della domanda di ammissione al passivo.

Se il portatore esperisce l'azione cambiaria, deve allegare alla domanda di ammissione allo stato

passivo l'assegno bancario in suo possesso .

Spetta allora al curatore sollevare e provare le eccezioni proponendole secondo la disciplina dei titoli

cambiari . Ove tale onere non sia adempiuto , il creditore non può essere escluso dallo stato passivo .

Non può invece essere ammesso al passivo il creditore cambiario la cui azione di regresso nei confronti

del fallito sia prescritta o sia decaduta per l'omessa tempestiva levata del protesto.

In ogni caso, se le azioni che nascono dal titolo siano prescritte o decadute, il creditore cambiario può

esercitare nella procedura fallimentare l'azione causale ; in tal caso, tuttavia egli ha l'onere di provare il

buon fondamento della sua pretesa o la sussistenza dei requisiti in base ai quali egli può proporre

l'azione di arricchimento.

L'insinuazione nel fallimento di crediti cambiari non preclude al creditore l'esercizio ordinario delle sue

azioni contro gli altri obbligati cambiari che non sono falliti.

L'assegno bancario, in base all'art. 1988 c.c., implica una presunzione relativa della sussistenza del

rapporto fondamentale sottostante, finchè il debitore obbligato non fornisca la prova della inesistenza ,

della invalidità o della estinzione di tale rapporto su cui è basata la causa debendi. (Cass. 16.11.90 n.

11100; Cass. 9.8.1994 n. 7348).

L'azione causale proprio in quanto fondata sul rapporto sottostante all'emissione o alla trasmissione del

titolo ed efficace solo tra le parti di ciascuno di detti rapporti , comporta la conseguenza che il

possessore del titolo può esercitarla solo nei confronti del proprio diretto promittente, onde la

predetta presunzione iuris tantum opera solo tra il traente ed il suo immediato giratario e non anche

per saltum tra il traente ed il giratario ovvero tra il girante ed il giratario di un girante intermedio (Cass.

28.11.1984 nr. 61894; Cass. Civ. 12.4.94 nr. 3417).

Altri documenti probatori dei crediti

Il libretto di lavoro

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Ha efficacia probatoria in ordine alla sussistenza del rapporto di lavoro, alla sua durata ed al suo contenuto,

pur potendo essere contrastati dal lavoratore con altri mezzi di prova documentali, testimoniali.

I dati risultanti dal libretto di lavoro possono essere riscontrati dal curatore attraverso l’esame del libro

matricola nel quale sono iscritti , nell’ordine cronologico della loro assunzione tutti i dipendenti , con

l’indicazione della qualifica, della data dell’inizio e di cessazione del rapporto nonché di tutti i dati necessari

per l’identificazione della situazione occupazionale di ciascun dipendente.

Efficacia probatoria scritture contabili

Secondo l’opinione prevalente, l’art.2710 c.c. non trova applicazione nei confronti del curatore del

fallimento , il quale agisce non in via di successione di un rapporto precedentemente facente capo al fallito

ma nella sua funzione di gestore del patrimonio del fallito per cui egli non può, in tale sua veste, essere

annoverato tra i soggetti considerati nella norma in questione, operante solo tra imprenditori che

assumono la qualità di controparti nei rapporti di impresa.

Pertanto, nella fase sommaria di verifica, le risultanze di tali libri offrono solo indizi sulla consistenza della

pretesa e, quindi , un credito suffragato solo da elementi indiziari non può essere ammesso.

La giurisprudenza sul punto ha ritenuto che la certificazione notarile di regolare tenuta dei libri contabili e

della conformità ad essi delle copie estratte e prodotte in giudizio che è successiva al fallimento, non è

idonea a dimostrare l’anteriorità al fallimento degli atti trascritti nei libri : la attestazione notarile

costituirebbe un fatto equipollente a quelli indicati nell’art. 2704 co 2 c.c. solamente qualora fosse

anteriore alla dichiarazione di fallimento potendosi da tale anteriorità trarsi la certezza della anteriorità al

fallimento anche degli atti trascritti nei libri. (ex multis, Cass 14 gennaio 1999 n. 352; Cass. 28 maggio 1997

nr. 4729; Cass. 14 novembre 1996 nr. 759; Tri Padova 2 marzo 1999 ). Nel procedimento di accertamento

passivo il curatore è terzo sia rispetto al fallito sia rispetto ai creditori di guisa che non risultano opponibili

alla curatela i crediti non aventi data certa né al contempo risultano applicabili le previsioni di cui agli artt

2709 c.c. e 2710 c.c in tema di efficacia probatoria delle scritture contabili contro gli imprenditori e tra gli

imprenditori. (Cass S.U 8879/90).

Domanda fondata su atti giudiziari

La sentenza ed i decreti ingiuntivi già passati in giudicato alla data del fallimento sono vincolanti per la

curatela, la quale se nulla può dire in merito alla fondatezza del credito , può però eccepire l’inopponibilità

di tali atti alla massa dei creditori (es: la revocabilità del negozio giuridico sul quale la sentenza si fonda)

Se il creditore fonda la sua pretesa su un atto non ancora passato in giudicato alla data del fallimento,

bisogna distinguere se si tratta di una sentenza o di un decreto ingiuntivo .

Se si tratta di sentenza , trova applicazione l’art. 96 terzo co. n. 3 l.f. e quindi il credito viene ammesso al

passivo con riserva. Quando la sent passa in giudicato si applica l’art. 113 bis per cui, su istanza del curatore

o della parte interessata, il gd modifica lo stato passivo, disponendo che la domanda ammessa con riserva

deve intendersi definitivamente accolta.

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Nel caso il creditore abbia ottenuto una sentenza di condanna generica o limitata all’an debeatur egli,

indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza stessa deve far valere il quantum in sede

fallimentare. Nel caso contrario, in cui sia stata emessa una sentenza favorevole al debitore fallito, non

passata in giudicato alla data del fallimento , il creditore soccombente che intenda ottenere un titolo da far

valere contro il fallimento deve insinuarsi al passivo con conseguente improcedibilità del giudizio di appello

da lui proposto o riassunto nei confronti del curatore, dopo l’interruzione determinata dal fallimento .

(Cass. 2100/83; Cass. 3753/81).

Il principio secondo cui << il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato sostanziale soltanto a seguito

della dichiarazione di esecutività ai sensi dell’art. 647 c.p.c., ancorchè l’effetto preclusivo di carattere

processuale (giudicato formale) si produca anche a prescindere da essa >> non può certamente essere

inteso nel senso che , per l’ammissione al passivo di un credito fondato su decreto ingiuntivo non opposto

nei termini (con scadenza di detti termini in data anteriore alla dichiarazione del fallimento), sia necessario

che anche il decreto di esecutorietà sia intervenuto in data anteriore al fallimento : anche a voler

riconoscere a tale ultimo decreto efficacia costitutiva dell’effetto di giudicato sostanziale del decreto

ingiuntivo (per la necessità di una ricognizione giudiziale della avvenuta scadenza dei termini per

l’opposizione a seguito di regolare notifica dello stesso) , non può dubitarsi della efficacia retroattiva di tale

decreto dal momento che, anche anteriormente alla sua pronuncia, l’opposizione da parte dell’ingiunto

non potrebbe più essere proposta (salvo il caso eccezionale previsto dall’art. 650 c.p.c. nella specie non

ricorrente), una volta scaduto il termine perentorio previsto dalla legge, e quindi il diritto sostanziale

riconosciuto non potrebbe più essere messo in discussione.

Ammissione al passivo del fallimento del debitore del credito di regresso del fideiussore

Art. 61 l.f. stabilisce che fino a quando il creditore non sia stato integralmente soddisfatto , non è possibile

il regresso fra i coobbligati falliti.

Quindi, il diritto di regresso tra i condebitori solidali, tutti dichiarati falliti, è possibile solo se il creditore sia

stato integralmente pagato.

Si pone il problema se lo stesso principio debba valere per l’ipotesi in cui un condebitore non fallito abbia

fatto dei pagamenti parziali a favore del creditore, dopo la dichiarazione di fallimento dell’altro o degli altri

coobbligati.

Il principio deve essere lo stesso come è stato riconosciuto dal Supremo Collegio secondo cui : “ che il

pagamento durante il fallimento venga effettuato da un coobbligato fallito oppure da un coobbligato non

fallito è indifferente, ai fini che si propongono la norma ed il sistema, in quanto il pagamento non può

portare che alla non esperibilità della azione di regresso, sancita dal 2 co. “ Ciò che solo ha rilevanza è che il

pagamento sia avvenuto durante il corso del fallimento dell’altro coobbligato e non prima di esso, poiché la

circostanza che il pagamento sia avvenuto in data posteriore al fallimento , trovando già stabilizzata

l’insinuazione del creditore per l’intero credito originario, non può che escludere il concorso della azione di

regresso in ogni caso e cioè tanto che il pagamento sia effettuato da un fallito che da parte di un non fallito,

sempre ad evitare la duplicazione dello stesso credito nel passivo del fallimento.

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Altro problema: il coobbligato non fallito (o il garante, ad es il fideiussore) che dopo la dichiarazione di

fallimento dell’altro coobbligato che non abbia eseguito alcun pagamento o ne abbia eseguito di parziali a

favore del creditore , non potendo ancora esercitare il diritto di regresso nei confronti del fallito, mancando

la condizione dell’integrale soddisfacimento del creditore , deve rimanere fuori dalla procedura in attesa

del realizzarsi della predetta condizione oppure può chiedere di attendere il realizzarsi della detta

condizione stando all’interno della procedura e, per avere tale collocazione , chiedere ed avere

l’ammissione con riserva al passivo del fallimento del suo credito, condizionato, nella sua efficacia,

all’integrale soddisfacimento delle ragioni del creditore?.

Il Supremo Collegio ha ritenuto che il fideiussore che non ha pagato il creditore prima della dichiarazione di

fallimento del debitore principale , per il combinato disposto degli artt. 61 2° co e 55 £° co l.fall. , è

considerato un creditore condizionale per quanto attiene all’eventuale esercizio delle azioni di regresso nei

confronti del debitore fallito , onde va ammesso al concorso dei creditori con riserva , la quale potrà

ritenersi sciolta solo se e quando si sia verificato l’integrale soddisfacimento (ex parte creditoris e non

debitoris) delle ragioni del creditore nel corso della procedura fallimentare.

Concorso del coobbligato o del fideiussore con diritto di garanzia (pegno o ipoteca) nel fallimento del

debitore.

Il coobbligato o il fideiussore che ha un diritto di pegno o ipoteca sui beni del debitore assoggettato a

fallimento, concorre, in questa procedura, per la somma per la quale ha pegno o ipoteca.

Il ricavato della vendita dei beni ipotecati o delle cose date in pegno spetta al creditore in deduzione della

somma dovuta.

Da tali disposizioni si ricava che il coobbligato concorre nel fallimento del debitore per la somma garantita,

ma il ricavato della vendita dei beni gravati dalla garanzia reale, comunque ottenuto spetta al creditore a

tacitazione totale o parziale del suo credito , nei limiti della somma per la quale è dovuto il diritto di

regresso.

Si è in presenza di una surroga del creditore nella posizione del coobbligato che riguarda non solo

l’eventuale credito di regresso ma anche la prelazione da cui il creditore è assistito nei confronti degli altri

creditori concorrenti .

Le domande di rivendica e di restituzione.

Il novellato art. 103 l.fall. prende in considerazione unitariamente due tipologie di domande proponibili dai

terzi: - la domanda di rivendicazione che si basa sul presupposto di un diritto di proprietà o di un diritto

reale minore del richiedente ed ha come finalità il recupero del possesso del bene mobile; -la domanda di

restituzione che si basa sul presupposto di un contratto di natura obbligatoria , indipendentemente e

prescindendo dalla proprietà del richiedente. La finalità è la medesima della domanda di rivendicazione.

Anche queste domande sono assoggettate al procedimento di verifica dei crediti che diventa l’unico

strumento per separare i beni rivendicati o chiesti in restituzione da quelli inventariati ed appresi dal

curatore.

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Sono quindi inammissibili o improcedibili nel fallimento i sequestri conservativi o giudiziali , i ricorsi in via

possessoria, i ricorsi ex art. 700 cpc , le azioni costitutive o di mero accertamento del diritto di proprietà o

alla restituzione di beni inventariati ed appresi dal curatore.

Le domande di cui all’art. 103 l.fall. presuppongono che i beni ,oggetto delle stesse , siano stati inventariati

ed appresi dal curatore. Non può quindi trovare accoglimento la domanda di rivendica o restituzione di un

bene non acquisito dal curatore.

Se il bene è stato ceduto a terzi prima del fallimento, il diritto alla restituzione si converte in diritto di

credito ; quindi, il titolare del diritto , anche nel corso dell’udienza di cui all’art. 95 può modificare

l’originaria domanda e chiedere l’ammissione al passivo in via chirografaria del controvalore del bene,

determinato alla data della sentenza di fallimento.

Se il curatore dopo l’inventariazione del bene ne perde il possesso il titolare del diritto può chiedere che il

controvalore del bene sia corrisposto in prededuzione.

Il procedimento di cui all’art. 103 non può essere utilizzato per la rivendicazione , restituzione o

separazione di crediti facenti parte dell’attivo del fallimento; può esserlo, invece, se il bene oggetto della

richiesta è un titolo di credito (cambiali, assegni, obbligazioni, titoli di debito pubblico etc), inteso come res;

il procedimento in esame non può essere utilizzato per la rivendicazione, restituzione o separazione di cose

fungibili (ed, in particolare, di somme di denaro entrate e confuse nel patrimonio del fallito)

Nell’ipotesi di vendita di un bene con riserva di proprietà , il venditore con patto di riservato dominio può,

in via alternativa, chiedere l’ammissione al passivo delle rate insolute del prezzo oppure la restituzione

della cosa oggetto della vendita, eventualmente trattenendo le rate già riscosse a titolo di indennità ai sensi

dell’art. 1526 c.c. secondo comma del codice civile , qualora ciò sia convenuto nel contratto , salva

l’indennità del giudice di ridurre l’indennità spettante.

In caso di rivendicazione di una cosa detenuta dal fallito, ove il curatore faccia valere in via riconvenzionale

un credito verso il proprietario, la restituzione della cosa riconosciuta di proprietà del rivendicante non può,

in difetto di espressa previsione legale di un diritto di ritenzione, essere condizionata alla esecuzione della

obbligazione oggetto della domanda riconvenzionale (Cass. 22.10.1993 nr. 10482).

Per quanto concerne le intestazioni fiduciarie, opera il principio della separazione dei valori mobiliari

affidati dal privato ad una fiduciaria rispetto al patrimonio della società, sempre che l’esistenza del

rapporto fiduciario risulti da una scrittura avente data certa, e la sua riferibilità ai titoli formalmente

intestati alla fiduciaria sia del tutto in equivoca, sostanziandosi il rapporto intercorrente tra società

fiduciaria e fiducianti nella mera intestazione , alla prima di beni appartenenti effettivamente ad altri

proprietari. Ne consegue che al fiduciante va riconosciuto il diritto di far valere, nei confronti degli organi

della eventuale procedura concorsuale medio tempore instauratasi nei confronti della società, il diritto alla

restituzione dei beni in precedenza ad essa affidati, dovendo ritenersi, all’uopo , sufficiente la

dimostrazione di una situazione idonea ad impedire che la cosa della quale si reclami la restituzione si sia

confusa con il patrimoni del fallito , per essere entrata a far parte di sua proprietà.

Pur occorrendo infatti, in linea di principio, perché si realizzi una situazione siffatta, che la res sia

determinata nella sua specifica e precisa individualità , non va dimenticato che per l’acquisto della

proprietà da parte di chi riceve in deposito una quantità di denaro o di altre cose fungibili è pur sempre

necessario che, alla semplice detenzione, si aggiunga la facoltà di servirsi di tale bene, non essendo la sua

natura fungibile sufficiente, di per sé sola, a determinare il prodursi di tale effetto.

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Ciò posto si rileva che le società fiduciarie , non potendo disporre o, comunque utilizzare nel proprio

interesse i beni loro affidati , risultano in concreto, mere depositarie di beni costituenti una massa

patrimoniale distinta, a tutti gli effetti, dal loro personale patrimonio e, come tale, sottratta alle azioni

esecutive degli eventuali creditori.

Il permanere, in capo ai fiducianti , della proprietà sui beni affidati alla fiduciaria e, così sufficiente a

giustificare l’accoglimento, da parte degli organi deputati alla procedura concorsuale, della domanda di

restituzione dei titoli avanzata ex art. 103 l.fall. (Cass. 14.10.1997 n. 10031).

Regime probatorio della domanda ex art. 103 l.f.

L’art. 103 l.f. recependo un consolidato orientamento dottrinale e giurisprudenziale dispone che “ai

procedimenti che hanno ad oggetto le domande di restituzione o separazione , si applica il regime

probatorio previsto dall’art. 621 cpc il quale come è noto stabilisce che “ il terzo opponente non può

provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa o nella azienda del debitore , tranne

che l’esistenza del diritto stesso sua resa verosimile della professione o del commercio esercitati dal terzo o

dal debitore”.

In altre parole, l’inventariazione del bene, da parte del curatore, nella abitazione o nella azienda del fallito,

fanno presumere , salvo prova contraria, che il bene sia di sua proprietà.

Per vincere tale presunzione ed ottenere la riconsegna del bene , il terzo che agisca in rivendica deve

dimostrare con atto scritto di data certa non solo la titolarità del bene ma anche , entro gli stessi limiti,

l’affidamento del suddetto bene al debitore. Nel qual caso può avvenire che la prova dell’affidamento

risulti dal medesimo documento con il quale si è dimostrata la proprietà (es. nel caso di atto di vendita con

riserva della proprietà dal quale emerge anche il titolo in base al quale l’acquirente ha iniziato a detenere il

bene), ma è evidente che il proprietario del bene, che lo abbia affidato al fallito in forza di un titolo

autonomo, non può limitarsi a dimostrare l’acquisto della proprietà dal precedente venditore (ad es.

attraverso la produzione dell’atto di vendita).

Quando il terzo si limita a far valere il proprio diritto alla restituzione del bene, per l’accoglimento della

domanda è invece sufficiente la dimostrazione per iscritto e con atto di data certa anteriore al fallimento,

l’esistenza del rapporto obbligatorio in base al quale il fallito è stato immesso nel possesso o nella

detenzione del bene (così ad es. nel caso di locazione o deposito sempre tenendo conto che il divieto di

prova testimoniale non opera quando si tratta di diritti che appaiono verosimili in base alla professione o

commercio del fallito o del ricorrente.

Statuisce la Suprema Corte che “il giudizio di rivendicazione (così come quello di separazione e di

restituzione) di beni del fallito instaurato a norma dell’art. 103 l. fall. soggiace alla disciplina delle

opposizioni di terzo alla esecuzione (artt. 619 e 621 cpc) , con conseguente inibizione della prova orale del

diritto altrui su quei beni e conseguente obbligo per il rivendicante , di fornire prova documentale del

proprio assunto mercè la produzione di un atto recante data certa anteriore alla apertura del fallimento.

A tale regime di limitazione probatoria si perviene anche in ragione dell’analogo regime previsto in tema di

ammissione al passivo dei crediti, atteso che tanto l’azione di rivendica quanto quella diretta alla

insinuazione al passivo del credito , producono la riduzione delle aspettative di soddisfacimento della massa

concorsuale , nell’un caso diminuendo l’attivo , nell’altro caso allargando l’area del concorso (Cass.

19.3.2003 n. 4043).

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E’ ugualmente consolidata l’opinione della Suprema Corte per la quale il terzo opponente che coabiti col

debitore o comunque divida con lui a parità di condizioni la detenzione dei beni nei luoghi in cui il

pignoramento è stato legittimamente eseguito , è onerato solo di provare l’acquisto della proprietà e non

anche l’affidamento dei beni al debitore: ciò in considerazione dell’eguale relazione materiale con la cosa

che non consente di dare prevalenza di significato alla detenzione del debitore (Cass. 15.2.71 n. 377) ovvero

per il fatto che la detenzione del debitore trova titolo sufficiente nel rapporto di convivenza (Cass. 18.5.77

n. 2040) ovvero per il fatto che la detenzione del debitore lo legittima a tenere cose di sua proprietà

esclusiva nella case del debitore (Cass. 3.7.78 n. 2780).

Ordinariamente l’acquisto della proprietà dei beni che il terzo opponente deduce in giudizio è a titolo

derivativo; ciò di per sé implicherebbe l’ulteriore prova del diritto di proprietà del dante causa fino a risalire

ad una proprietà acquistata a titolo originario (probatio diabolica) : soccorre il noto disposto dell’art. 1153

c.c. sulla inefficacia sanante dell’acquisto del possesso in buona fede , per cui l’acquisto a titolo derivativo è

sufficiente se risulti o non sia contestato che il terzo abbia avuto , al momento della produzione dell’effetto

reale del negozio di trasferimento della proprietà , il possesso pieno della cosa.

Nel caso in cui il terzo opponente deduca di aver comprato i beni dal debitore (o da un suo convivente) al

contempo lasciandone al venditore la detenzione (constitutum possessorium) l’opposizione deve essere

rigettata per difetto di prova dell’acquisto della proprietà, mancando sia la prova della proprietà del dante

causa , sia quella del possesso.

E’ frequente il caso che nel verbale di pignoramento i beni siano descritti in modo diverso da come lo sono

nelle scritture prodotte dal terzo , se si tratti degli stessi beni, o che, comunque, sulla identità fra beni

costituenti oggetto del diritto come documentato dal terzo e beni pignorati sorga contestazione.

In proposito la Corte di Cassazione ha affermato che non è possibile superare con una prova testimoniale o

presuntiva l’eventuale difformità descrittiva in quanto ciò significherebbe inidoneità della prova

documentale ed assolvimento dell’onere probatorio a mezzo di testimoni o di presunzioni (Cass. 29.8.94 n.

7564).

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1

CAPITOLO TERZO (Redattore: Ciro Esposito)

Programma di liquidazione. Art. 107 l.fall. vendita e

liquidazione degli attivi

INDICE PARTE PRIMA

1. Esempio di programma di liquidazione. pag. 12

2. Esempio di procedura competitiva relativa ad immobili e beni in leasing. pag. 28 3. Esempio di procedura competitiva relativa ad azienda con espressa previsione anche ex art. 1424 c.c. pag. 38

4. Esempio di procedura competitiva relativa alla vendita di merci in blocco ex art. 1377 c.c. con espressa previsione ex art. 1424 c.c. pag. 44 5. Esempi di riallocazione beni in leasing.

5.1 Esempio di atto notarile di riallocazione con “terzo contraente” indicato dalla procedura. pag. 49 5.2 Esempio di atto notarile di riallocazione con “terzo contraente” indicato dalla società di leasing. pag. 56

6. Esempio atto di vendita. pag. 58 7. Esempio atto di cessione di azienda. pag. 65 8. Relazione ex art. 108 l.fall. pag. 70

INDICE PARTE SECONDA (PARTE TEORICA)

1. Riflessioni in tema di criteri di redazione del programma di liquidazione. pag.72 2. Riflessioni in tema di celere riallocazione ex art. 72 quater l.fall. secondo il modello “ a concorsualità privilegiata”. pag. 94

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1. Esempio di programma di liquidazione

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI NAPOLI SEZIONE FALLIMENTARE

ILL.MO GIUDICE DELEGATO DOTT. ……….

Fallimento …………... Curatore Dott. ………. SOMMARIO: 1. Il programma di liquidazione ( premessa

di metodo). 2. Breve analisi della società e del contesto in cui è maturato lo stato di insolvenza. 3. Le attività di inventario. 4. I beni immobili. 5. I beni mobili. 6. I rapporti pendenti. 7. Le partecipazioni. 8. I crediti. 9. Le azioni recuperatorie. 9.1 L’azione revocatoria. 9.2. L’azione di responsabilità verso amministratori e sindaci. 9.3. Le ulteriori azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare ed il loro possibile esito. 10. Le disponibilità liquide. 11. La procedura competitiva unica. 12. L’approvazione del comitato dei creditori. 13. L’autorizzazione degli atti conformi al programma di liquidazione approvato dal cdc. 1. Il programma di liquidazione ( premessa di metodo). Oggetto del presente documento è la redazione del programma

di liquidazione relativo alla procedura in oggetto.

Al fine di ottemperare al disposto di cui agli artt. 104 ter, 105,

107 l.fall., si ritiene opportuno strutturare il programma in maniera

che lo stesso si articoli secondo le seguenti determinazioni esplicitate

nei successivi paragrafi.

Ciò posto - dopo una breve analisi della società fallita e del

contesto nel quale è maturato il fallimento – si è ritenuto necessario

dare conto di quello che è il patrimonio fallimentare come desumibile

dalle attività di inventario. E tanto in guisa da esporre, dapprima, una

descrizione e successivamente una valutazione dei singoli elementi

dell’attivo patrimoniale, sì da soddisfare il disposto di cui all’art. 107

l.fall. che impone di porre in essere “stime effettuate, salvo il caso di

beni di modesto valore, da parte di operatori esperti”. Si darà conto

anche delle azioni giudiziali esperite ovvero esperibili e dei possibili

esiti.

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3

Non basta, in quanto le risultanze dell’attività di inventario

devono essere rielaborate sì da esprimere anche la composizione

qualitativa del patrimonio fallimentare in modo da verificare la

presenza, in seno allo stesso, del dato “azienda”, ovvero di beni

cedibili in blocco ed in guisa da consentire il rispetto dell’art. 105

l.fall. secondo il quale “ la liquidazione dei singoli beni …è disposta

quando risulti prevedibile che la vendita dell’intero complesso

aziendale, di suoi rami, o di beni o rapporti giuridici individuabili i

blocco non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori”

Successivamente, si passerà ad individuare la procedura

competitiva immaginata nel rispetto dell’art. 107 l.fall..

Si anticipa che è stata scelta una procedura competitiva mediante la quale il fallimento “pone in vendita” – in uno stesso momento e contesto – l’intero patrimonio fallimentare sì da sfruttare la possibilità, attraverso un’ unica procedura competitiva che tenga conto delle differenziazioni dei singoli beni: 1) di ricevere offerte che abbiano ad oggetto l’intero

patrimonio, sì da risolvere la liquidazione in un unico contesto

temporale;

2) di ricevere offerte che riguardino singole categorie di beni (

solo gli immobili) ovvero beni in blocco individuati secondo la

volontà dell’offerente ( taluni immobili e taluni mobili, ecc.)

3)di ricevere offerte che si riferiscano a singoli beni.

4) In questo modo si ottengono contemporaneamente diversi

risultati.

In prima analisi, si riducono i costi in quanto non si dà corso a

tante e diverse procedure competitive per quanti sono i beni o le

categorie di beni, ma ad una unica procedura nella quale tuttavia si tenga conto delle differenze esistenti tra le varie tipologie di beni. Ancora, porre sul mercato contestualmente l’intero compendio

fallimentare comporta la possibilità di ricevere offerte che permettano

la liquidazione “immediata” dell’intero attivo sì da compiere

celermente l’attività di liquidazione.

Inoltre, solo una procedura competitiva che mostri l’intero

compendio, consente la formulazione di proposte in ” blocco” e per

converso la valutazione ex art. 105 l.fall.. 2. Breve analisi della società e del contesto in cui è maturato lo stato di insolvenza

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4

Il fallimento della ………………… s.p.a. è stato dichiarato in

data ………………..

L’attività sociale ………………

La compagine sociale è composta da ………

L’organo amministrativo è costituito ….

Il collegio sindacale……….

Il soggetto deputato al controllo contabile è ……..

(…..ulteriori eventuali informazioni…)

Come osservato le cause del dissesto sono da

individuarsi……………….

3. Le attività di inventario. Le attività di inventario hanno avuto avvio in data ………….e sono

proseguite fino al ………( allegato… verbale di inventario) Ad oggi l’attività può dirsi conclusa, sicché si è nelle condizioni di

redigere il programma di liquidazione nel rispetto del termine dei

sessanta giorni dalla “redazione dell’inventario”.

Come si vedrà più compiutamente di seguito, il patrimonio

fallimentare si compone, di beni immobili, di beni mobili, di beni

mobili registrati, di partecipazioni, di crediti e di azioni giudiziarie

intraprese e da intraprendere.

I singoli elementi sono di seguito ( nei successivi paragrafi) descritti e

valutati con l’ausilio – ove necessario - di operatori esperti ex art.

107 l.fall.

Relativamente alla composizione qualitativa del patrimonio, deve

affermarsi che non è possibile individuare il c.d. “dato azienda”

secondo l’ipotesi definitoria di cui all’art. 2555 c.c.

Al contrario, invece, esiste la possibilità si classificare “beni in

blocco”, come si desume dalla esposizione si seguito formulata.

4. I beni immobili. La società è proprietaria di taluni beni immobili così identificati

……..

……………………

I beni di cui sopra sono stati oggetto di stima ex art. 107

l.fall., sì da assumere i seguenti valori…….

Ciò posto, la stima degli immobili, come sopra succintamente

descritti, rappresenta il primo riferimento utile al rispetto dell’art. 107

l.fall. in uno alla “relazione ventennale” redatta dal notaio (allegato ..stima e relazione notarile).

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5

Ciò posto, la stima è solo il primo elemento utile al rispetto

dell’art. 107 l.fall.

E’ necessario quindi immaginare una procedura competitiva

tale da rispettare i crismi della norma appena citata, onde assicurare

la “massima partecipazione e informazione degli interessati” .

Come detto, nel presente programma si è immaginata una

procedura competitiva unica per tutti i beni esposta nel paragrafo …. Laddove la procedura competitiva delineata nel par. …, dovesse concludersi, senza che al fallimento pervengano offerte

valutabili soddisfacenti relativamente ai beni immobili, il curatore

provvederà a riproporre la stessa con cadenza ……..E tanto previa

acquisizione – trascorsi ….mesi - di una nuova ed aggiornata stima

degli immobili, conferendo, a tal fine, incarico ad un “operatore

esperto”, diverso da quello o da quelli precedenti. Tanto

predeterminando, in ogni caso, i compensi in ragione delle “tariffe”

previste per i CTU.

5. I beni mobili. Per quanto attiene ai beni mobili si tratta di un insieme di

macchinari ed attrezzature come da elenco e stima allegati (allegato

….stima).

Allo stato i detti beni sono custoditi ……….

Vista la condizione dei beni, verranno prese in considerazione

proposte irrevocabili, qualunque sia il corrispettivo offerto dal

proponente ed indipendentemente dal contenuto dell’offerta che potrà

alternativamente avere ad oggetto: 1) singoli cespiti; 2) una categoria

omogenea di beni mobili … 3) una qualunque combinazione di

cespiti, anche eterogenei, che l’offerente potrà prescegliere

nell’ambito del coacervo di beni mobili presenti nel patrimonio

fallimentare.

6. I rapporti pendenti Indicare i rapporti pendenti esistenti alla data del fallimento e le

scelte che si intendono realizzare rispetto gli stessi.

……. 7. Le partecipazioni.

L’attivo fallimentare si compone anche di una partecipazione,

posseduta in una società operante nel medesimo comparto produttivo

cui apparteneva la società fallita.

Trattasi, in particolare, della partecipazione di seguito specificata:

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6

A) partecipazione posseduta nella …………… spa pari al …….. per

cento del capitale sociale della stessa e costituita da ……… azioni dal

valore nominale unitario pari ad Euro …….., sicché il valore

nominale complessivo della partecipazione è pari ad Euro …...

I dati più significativi emergenti dall’ultimo bilancio approvato sono i

seguenti……..

La stima è pari a ….( all stima)

La partecipazione risulta liberamente trasferibile/ ovvero non risulta

liberamente trasferibile ( in tal caso è necessario tenere conto

verosimilmente delle clausole di gradimento, di prelazione e, nel caso

di srl, di quanto previsto dall’art. 2471 c.c.)

8. I crediti. Il patrimonio fallimentare - stando a quanto risulta dalle

scritture contabili della società e dagli altri documenti - è composto

anche da crediti commerciali, il cui valore nominale ammonta

complessivamente ad Euro ………….

In merito, è già stata posta in essere una analisi della “esigibilità” dei

crediti come da stima e pareri allegati . E tanto ha condotto ai

seguenti risultati………( allegato….stima ed elenco dei crediti). Ad oggi, è stato intimato l’adempimento ai vari debitori come emerge

dalla stima suddetta.

Ciò posto, la procedura - che si intende adottare per il realizzo di tali

crediti - si articolerà nei seguenti step:

1. In prima analisi, sarà espletata la procedura competitiva indicata

nel regolamento che segue, sì da verificare la possibilità di cedere

anche in blocco i crediti.

2. Esaurita la procedura competitiva di cui al regolamento, la

curatela conferirà – relativamente ai crediti non ceduti - incarico

all’avv…… al fine di porre in essere le azioni recuperatorie utili ad

ottenere l’incasso dei crediti ritenuti esigibili e quindi ……..

9. Le azioni recuperatorie. Nell’ambito dell’attivo fallimentare possono essere ricomprese una

serie di azioni recuperatorie. Di queste una prima azione risulta già

essere avviata laddove altre lo saranno in esito alla approvazione del

presente programma ed alla autorizzazione degli atti ad esso conformi

da parte dell’Ill.mo Giudice delegato.

9.1 L’azione revocatoria. Una prima azione giudiziaria - di cui è necessario dar conto in

questa sede - riguarda un’azione revocatoria ex art…. - già posta in

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essere dalla procedura, su autorizzazione dell’Ill.mo Giudice

Delegato.

La stessa ha ad oggetto ……, ………….

L’azione è stata affidata al patrocinio DELL’AVV …………

Relativamente al possibile esito dell’azione giova ribadire

quanto già espresso all’atto della richiesta di autorizzazione …..

Ebbene, anche di tale azione, è necessario esporre le modalità

di liquidazione visto il carattere di “omnicomprensività” che deve

possedere il programma di liquidazione che, per essere tale, deve

riguardare “tutta la vicenda patrimoniale ossia ogni entità

suscettibile di traduzione in danaro compresa nella massa attiva”.

E tra tali entità - suscettibili di essere monetizzate - sono da

ricomprendersi anche le azioni revocatorie proposte dalla procedura

visto che a norma dell’art. 106 l. fall. “il curatore……può altresì

cedere le azioni revocatorie concorsuali, se i relativi giudizi sono già

pendenti”.

Ne viene, allora, che nulla osta a che la procedura si determini a

cedere il credito eventuale e futuro, ossia il credito derivante

dall’azione revocatoria, sì da monetizzare, in termini immediati e

senza attendere, l’esito della relativa azione.

Tenuto conto di ciò, la liquidazione di tale credito sarà articolata

adottando la seguente procedura:

1. In prima analisi, il credito sarà posto sul mercato mediante la

procedura competitiva di cui al regolamento di seguito riportato. A tal

fine, saranno prese in considerazione proposte irrevocabili che

offrano un prezzo di acquisto che, orientativamente, si ragguagli ad

un importo pari ad euro……… Tanto fermo restando l’accollo da

parte dell’acquirente del debito futuro nascente nei confronti del terzo

in forza dell’art. 70, II comma,l.fall. Sicché il terzo soccombente

possa trattenere in compensazione all’atto del pagamento o della

restituzione a favore dell’acquirente vittorioso, una somma

corrispondente al suo credito da determinarsi in ragione della quota di

riparto spettante ai creditori di uguale rango.

2. In caso di esito negativo della proceduta competitiva di cui

sopra la curatela proseguirà nell’azione revocatoria, vagliando,

laddove dovessero pervenire proposte transattive, l’opportunità di

comporre stragiudizialmente la lite.

9.2. L’azione di responsabilità verso amministratori e sindaci.

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8

Nella specie è stata posta in essere una valutazione della azione

di responsabilità verso amministratori e sindaci della società fallita.

Tanto in ragione della analisi di tre presupposti: il contegno

antigiuridico addebitale agli amministratori e sindaci, l’esistenza di un

danno ad esso collegato secondo il nesso eziologico di cui all’art.

1223 c.c., la condizione patrimoniale di amministratori e sindaci.

Orbene, ………

Relativamente al possibile esito……

9.3. Le ulteriori azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare ed il loro possibile esito Indicare le ulteriori azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da

esercitare ed il loro possibile esito 10. Le disponibilità liquide.

……………

11. La procedura competitiva unica Come detto, la vendita del patrimonio fallimentare deve

avvenire percorrendo la via della procedura competitiva che offra

garanzie di informazione e partecipazione del mercato tenendo conto

dell’obiettivo della massima soddisfazione dei creditori. Massima soddisfazione dei creditori che a sua volta si esprime

secondo le variabili del massimo introito possibile, nel minore tempo

possibile, sostenendo i minori costi immaginabili. Proprio per questo motivo si ritiene opportuno e conveniente

effettuare una unica forma di pubblicità nella quale si manifesti, per

l’appunto, la regolamentazione della liquidazione di tutto l’attivo

fallimentare. Entrando nel vivo, in prima analisi, la volontà di ricevere

offerte sarà pubblicizzata, entro 10 giorni dalla autorizzazione degli

atti conformi al programma, sui quotidiani, (indicare i quotidiani o le

riviste specializzate) onde fare apparire il seguente annuncio: “ Il Fallimento ……………… è interessato a raccogliere e

valutare - relativamente a beni immobili siti …….. - proposte di

acquisto da formulare in base al regolamento e stime pubblicate sui

siti……….E’interessato a ricevere offerte relative alle partecipazioni,

ai beni mobili, crediti e azioni sempre ivi pubblicate. La presente non

costituisce offerta al pubblico”.

Sui siti internet…………., poi, sarebbero pubblicate, in via

integrale, le stime ex art. 107 l.fall. ed il seguente regolamento.

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REGOLAMENTO PER LA PRESENTAZIONE DI PROPOSTE IRREVOCABILI INERENTI L’ACQUISTO DEI BENI INCLUSI NEL PATRIMONIO FALLIMENTARE SUDDIVISO NELLE CATEGORIE DI SEGUITO ELENCATE Con sentenza datata …………… il Tribunale di Napoli ha

dichiarato il fallimento della società ……………. nominando

curatore il Dott. …………..e Giudice delegato il Dott. ……………..

Successivamente è stato approvato il programma di

liquidazione ove si è disposta la vendita, anche in blocco, dei beni

immobili, mobili, crediti, partecipazioni e azioni di seguito

specificate. In data ….sono stati autorizzati dall’Ill.mo GD gli atti

conformi al programma di liquidazione come approvato dal cdc.

Con il presente regolamento s’intendono determinare le

condizioni inderogabili alle quali dovranno attenersi gli offerenti per

la formulazione delle offerte, nonché i criteri che verranno adottati

per la valutazione delle stesse.

Ai fini del presente regolamento si intende per: procedura

fallimentare ……; selezionato/soggetto selezionato: il soggetto che

la procedura fallimentare ha individuato quale possibile acquirente

del bene, del diritto o dei beni o rapporti giuridici in blocco. Soggetto

obbligato così alla stipula del contratto di vendita, senza che ciò

determini alcun impegno per la procedura fallimentare; cauzione la

somma di danaro versata a mezzo assegni circolari ( intestati a

FALLIMENTO ………….. spa) all’atto della presentazione

della proposta irrevocabile (e suoi miglioramenti) pari al 10 per cento

del prezzo complessivamente offerto. La cauzione sarà trattenuta a

titolo di “penale” - salvo il risarcimento del danno ulteriore - laddove

il selezionato non stipuli il contratto definitivo versando l’intero

prezzo a mezzo assegni circolari, nei termini indicati dalla procedura

fallimentare, e del pari non provveda, nei termini indicati dalla

procedura, al versamento delle spese e oneri di trasferimento

(compreso il compenso del Notaio) e di quelle necessarie alle

cancellazioni di cui all’art. 108, II comma, l.fall.. La cauzione potrà essere versata dal fallimento sul proprio conto corrente sin dalla comunicazione della qualità di soggetto selezionato ed in caso di

mancata conclusione del contratto –laddove la procedura ritenga di

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non dovere trattenere, a suo insindacabile giudizio, la somma non

avendo per sua scelta dato corso alla vendita – sarà restituita nella

misura dell’assegno circolare senza che nulla il selezionato possa

pretendere neanche a titolo di interessi; soggetto partecipante colui

che ha presentato domanda dianzi al notaio.

Tutto ciò premesso si indicano, qui di seguito, le condizioni

inderogabili alle quali dovranno attenersi gli offerenti per la

formulazione delle offerte. Tanto dichiarando che è nell’interesse

della procedura privilegiare ex art. 105 l. fall. offerte che prevedano

acquisti in blocco, possibilmente dell’intero compendio patrimoniale.

Oggetto della proposta potranno allora essere complessivamente o

singolarmente i beni indicati nelle seguenti categorie.

Categoria A) I Beni immobili 1. I beni immobili per i quali si è interessati a ricevere offerte

anche in blocco sono……..Essi sono meglio identificati nelle perizie

di stima pubblicate sul sito www…….. e nella relazione ventennale

del pari pubblicata sul sito www……..( all,).

2. I beni sono stati stimati secondo le perizie e in ragione delle

quali sono stati attribuiti i seguenti valori …… Valori che

rappresentano il prezzo minimo di acquisto.

Non saranno prese, pertanto, in considerazione proposte che

prevedano un prezzo di acquisto inferiore al valore di stima, in

aggiunta al quale il proponente dovrà impegnarsi ad offrire l’importo

delle spese notarili e quello di qualsiasi altro onere, anche tributario,

connesso al trasferimento dell’immobile nonché le spese di

cancellazione ex art. 108 II comma, l.fall..

3. Le vendite degli immobili di cui sopra avverranno senza

garanzia di vizi, evizione e mancanza di quantità,mancanza di qualità

dei beni anche in relazione alla loro agibilità e regolarità urbanistica,

catastale, energetica, sicché l’alienazione avverrà nello stato di

fatto in cui i beni si trovano all’atto del trasferimento. Pertanto la

vendita è da intendersi a “rischio e pericolo” dell’acquirente. In

nessun caso - di vizi, evizione, mancanza di qualità, quantità anche

relativa alla precisa individuazione dei confini e diritti di terzi o altro

- il compratore potrà pretendere alcunché dalla procedura e quindi a

titolo esemplificativo,la risoluzione del contratto, il risarcimento dei

danni subiti, la restituzione del prezzo pagato, il rimborso delle spese.

E tanto anche con espressa deroga alle disposizioni di cui all’art.1489

c.c. ed alle garanzie da essa previste alle quali espressamente il

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11

proponente rinuncia. In merito, la proposta irrevocabile dovrà

contenere tale espresso esonero nonché idonea garanzia di manleva e

di esonero da responsabilità nel caso di esercizio dell’eventuale diritto

di prelazione o riscatto da parte di terzi e/o di richieste di terzi in

generale. Tanto affermando espressamente che – senza che il

proponente possa nulla addurre, eccepire o pretendere – la procedura

sia libera di riconoscere la prelazione o diritti potestativi in genere a

terzi. In merito, la proposta irrevocabile dovrà contenere tale espresso

esonero e rinuncia a qualsiasi garanzia nonché idonea garanzia di

manleva e di esonero da responsabilità nel caso di richieste di terzi in

generale che rivendichino la proprietà dell’immobile, diritti di

prelazione ovvero ogni altra richiesta.

Categoria B) Beni mobili. 1. I beni mobili per i quali si è interessati a ricevere offerte,

preferibilmente in blocco, sono meglio identificati nella stima

2. Il curatore fallimentare è disposto a ricevere offerte

irrevocabili d’acquisto al fine di valutare la vendita dei suddetti beni.

3. condizione di validità della proposta è che con la stessa il

proponente assuma l’impegno di curare, a proprie spese, il

trasporto dei beni dai luoghi in cui gli stessi sono attualmente

depositati, entro……dalla vendita.

4. in aggiunta al prezzo offerto per l’acquisto in blocco dei beni

mobili, il proponente deve accollarsi oltre alle spese di

trasporto, gli oneri notarili e qualsiasi altro onere, anche

tributario, che dovesse rendersi necessario per perfezionare

l’acquisto dei beni nonché le spese di cancellazione ex art. 108, II

comma, l.fall. per i beni mobili registrati

5. La vendita avverrà senza garanzia di vizi, evizione e

mancanza di qualità dei beni, sicché l’alienazione degli stessi

avverrà nello stato di fatto in cui i beni si trovano all’atto del

trasferimento. In nessun caso - di vizi, evizione, mancanza di qualità

o altro - il compratore potrà pretendere dalla procedura il

risarcimento dei danni subiti, la restituzione del prezzo pagato,

il rimborso delle spese.

Categoria C) Crediti. 1. I crediti, per i quali si è interessati a ricevere offerte, hanno

natura commerciale. Gli stessi sono identificati nell’allegato ove sono

esposti al valore nominale.

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2. Il curatore fallimentare è disposto a ricevere proposte

irrevocabili d’acquisto al fine di valutare la possibilità di cedere tali

crediti.

3. Le proposte irrevocabili potranno essere formulate in modo

da prevedere l’acquisto unitario di tutti i crediti nella titolarità

della procedura ovvero soltanto di una parte di essi .

4. In aggiunta al prezzo offerto per l’acquisto, anche unitario,

dei crediti il proponente deve accollarsi qualsivoglia onere, anche

tributario, che dovesse rendersi necessario per perfezionare

l’acquisto di tali crediti.

5. L’alienazione dei crediti avverrà senza che la procedura

assuma alcuna garanzia in merito alla esistenza effettiva del credito

ed alla solvenza del debitore ceduto, che, quindi, resterà

definitivamente a carico del cessionario.

Categoria D) Partecipazioni. 1.Nell’ambito dell’attivo fallimentare è ricompresa la

partecipazione nella società…..La stessa è stimata in ragione della

perizia pubblicata sul sito…..

2. Il curatore fallimentare è disposto a ricevere offerte

irrevocabili d’acquisto al fine di valutare la vendita di tale

partecipazione.

3. La vendita avverrà senza garanzia di vizi, evizione e senza

che la procedura assuma alcuna garanzia in ordine all’effettiva

consistenza sia qualitativa che quantitativa del patrimonio della

società partecipata, la quale resta a rischio e pericolo dell’acquirente,

anche per quanto riguarda le cc.dd. “sopravvenienze passive”. In

nessun caso - di vizi, evizione, mancanza di qualità o altro - il

compratore potrà pretendere dalla procedura il risarcimento dei danni

subiti, la restituzione del prezzo pagato, il rimborso delle spese.

4. La partecipazione non è liberamente trasferibile sicché è

necessario tenere conto dell’art. …dello statuto sociale a norma del

quale ……ovvero dell’art. 2471 c.c. a norma del quale……..

Categeria E) Azioni revocatorie.

1. La procedura fallimentare ha posto in essere un’azione

giudiziaria volta ad ottenere la revocatoria dell’atto di vendita avente

ad oggetto il trasferimento del seguente bene: …………….

2. la procedura è interessata a ricevere offerte irrevocabili che

prevedano l’acquisto del credito futuro ed eventuale avente

origine nell’azione revocatoria di cui al punto 1.

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3. In aggiunta al prezzo offerto per l’acquisto, resterà a carico

del proponente qualsivoglia onere, anche tributario, che dovesse

rendersi necessario per perfezionare l’acquisto di tale credito. Tanto

ferma restando la previsione dell’accollo da parte dell’acquirente del

debito futuro nascente nei confronti del terzo in forza dell’art. 70, II

comma,l.fall. Sicché il terzo soccombente possa trattenere in

compensazione all’atto del pagamento o della restituzione a favore

dell’acquirente vittorioso, una somma corrispondente al suo credito

da determinarsi in ragione della quota di riparto spettante ai creditori

di uguale rango.

4. Il credito sarà trasferito, nel contenuto e nella consistenza,

che lo stesso assumerà nel momento in cui verrà ad esistenza, senza

che, al riguardo, la procedura fallimentare assuma alcun obbligo di

garanzia neanche in merito all’esistenza del credito stesso.

PER I BENI INCLUSI NEL PATRIMONIO FALLIMENTARE E SUDDIVISI NELLE CATEGORIE SOPRA INDICATE

1. Il curatore fallimentare è disposto a ricevere offerte

irrevocabili d’acquisto al fine di valutare la vendita dei suddetti beni

e/o diritti, preferibilmente in blocco o dell’intero patrimonio. Si

ribadisce che le proposte irrevocabili potranno avere ad oggetto a

titolo esemplificativo: a) singoli beni inclusi nelle categorie indicate

con lettere maiuscole; b) le singole categorie di beni; c) più categorie

considerate in blocco; d) l’intero patrimonio fallimentare; e) altre

combinazioni di beni in blocco indicate dall’offerente. Si ribadisce

che, in relazione alla discrezionalità tecnica che la procedura si

riserva, si prediligeranno offerte che tendano all’acquisto di beni in

blocco.

2. Gli interessati sono tenuti a formulare proposta scritta.

L’offerta dovrà essere irrevocabile secondo lo schema di cui

all’art. 1329 c.c. con un termine di irrevocabilità fino al ………….

La proposta, oltre a possedere i requisiti di completezza

desumibili anche dal presente regolamento, dovrà indicare il numero

di fax al quale ricevere le comunicazioni della procedura fallimentare.

3. Le proposte dovranno pervenire, in busta chiusa, entro

il……….presso il Notaio …….. ……………… Ad esse dovrà essere

allegato assegno circolare pari al … per cento dell’importo offerto

intestato a “………………….”.

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4. Nella proposta si dovranno specificare i singoli beni ovvero

le categorie di beni in blocco, che si intendono acquistare ovvero se si

intende acquistare l’intero patrimonio fallimentare costituito

dall’insieme di categorie sopra elencate.

5. Ognuno, salvo le incompatibilità di legge, è ammesso ad

effettuare la proposta personalmente o a mezzo di procuratore legale,

non sono ammissibili proposte per persona da nominare.

6. Successivamente, entro 5 giorni dal……il Notaio provvederà

all’apertura delle buste, alla redazione di un verbale di apertura ed

alla consegna del verbale e delle copie conformi delle proposte al

curatore. L’apertura delle buste e la consegna avverranno nella

massima riservatezza e nessuno dei proponenti potrà partecipare

all’operazione.

7. Il curatore fallimentare – nell’ambito di apposita riunione

con il comitato dei creditori da tenersi dinanzi al Giudice delegato/ in

esito ad apposita relazione al GD (in caso di assenza del comitato dei

creditori) - selezionerà la proposta/le proposte ritenuta/e più

conveniente/i per la procedura tenendo conto del prezzo offerto e

della possibilità della vendita in blocco dei beni, quale ipotesi da

privilegiare nei termini di cui all’art. 105 l.fall.. E difatti, a seconda,

dell’articolarsi delle proposte è possibile, tanto per fare degli esempi,

che l’immobile abbia un determinato soggetto selezionato, i crediti

altro soggetto selezionato, e così via.

Nella selezione delle proposte si utilizzeranno i seguenti criteri

……/ovvero la selezione delle proposte avverrà secondo la

discrezionalità tecnica della procedura oggetto di apposita

motivazione.

Si specifica che sarà nella discrezionalità della procedura

decidere di non alienare il bene o i beni ovvero i diritti sebbene in

presenza di offerte, essendo in ciò la procedura pienamente autonoma.

8. Agli esiti della procedura, laddove si ritenesse conveniente

una delle proposte formulate, si individuerà il proponente come

soggetto selezionato senza che ciò valga e significhi accettazione

della proposta. In tal caso, si provvederà a comunicare via fax al

soggetto la sua qualifica di soggetto selezionato. Agli altri soggetti

partecipanti interessati al medesimo bene sarà comunicata l’esistenza

di una proposta selezionata ed il prezzo senza indicare il nome del

selezionato.

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9. Il curatore curerà, a seconda della natura dei beni, la notifica

di cui all’art. 107, III comma, l.fall.

10. Il curatore, se del caso, convocherà, a mezzo fax – tenuto

conto anche dei termini ex art. 108 l.fall. e sempreché la liquidazione

non sia impedita o sospesa - il selezionato, al quale sarà assegnato

un termine di sette giorni, per la stipulazione del contratto di vendita

dinanzi al Notaio scelto dalla procedura. Si specifica che la

convocazione dianzi al notaio potrà avvenire – secondo la

discrezionalità della procedura – in un qualsiasi momento fino al

……. sempre rispettando il termine di preavviso di 7 giorni.

Il selezionato, prima della stipula, provvederà al versamento

del prezzo a mezzo assegni circolari intestati al fallimento oltre al

pagamento di tutte le spese, imposte e tasse relative all’atto di

trasferimento e, ove necessario, di cancellazione ex art. 108, II

comma, l.fall.. Resta ferma la facoltà, da parte della procedura, di

adottare, fino al momento dell’atto di vendita, provvedimenti di

sospensione e mancata stipula della vendita quali ad esempio quelli di

cui all’art. 107 e 108 l.fall. Tanto senza che nulla il selezionato ed i

partecipanti possano eccepire o pretendere.

11. La vendita avverrà, in ogni caso, senza garanzia di vizi

evizione, mancanza di quantità, qualità e nello stato di fatto i beni si

trovano all’atto del trasferimento senza garanzia, in caso di immobili,

di agibilità, regolarità urbanistico edilizia, catastale ed energetica. Il

possesso sarà trasferito a mezzo del semplice consenso espresso in

atto senza che null’altro il fallimento debba fare ed il proponente

possa pretendere. Analogamente – e quindi con esonero e rinuncia a

qualsiasi garanzia - avverrà mutatis mutandis per gli ulteriori elementi

dell’attivo come espresso con riferimento alle varie categorie di beni

di cui sopra.

Gli interessati avranno la possibilità di visionare i beni prima

della formulazione dell’offerta e di chiedere informazioni. Essi

saranno tenuti ad inviare la richiesta via fax al n. …….. ed un

incaricato del curatore provvederà a fissare un appuntamento

finalizzato alla visione e/o alle informazioni. Sarà in facoltà della

procedura concorsuale richiedere che il soggetto che intende visionare

i beni versi alla procedura le spese a ciò necessarie.

12. Una volta concluso il contratto – il che potrà avvenire in

qualsiasi momento entro il ….. - la procedura fallimentare autorizzerà

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16

– a mezzo fax inviato al notaio e agli interessati – gli altri

partecipanti al ritiro di proposta e cauzione.

13. Laddove, invece, la procedura dovesse ritenere che per tutti

o alcuni dei beni, le offerte giunte non siano soddisfacenti provvederà

a comunicare – entro il ……… - via fax ai vari offerenti il mancato

esito delle proposte invitandoli al ritiro degli assegni presso il Notaio.

14. Laddove, alla procedura, dovessero pervenire due o più

offerte di acquisto di pari importo o valutabili di identica

convenienza, gli offerenti medesimi verranno invitati, tramite fax, ad

effettuare una nuova proposta irrevocabile di acquisto migliorativa di

quella precedente, adeguando, nel contempo - quale elemento

perfezionativo della nuova offerta di acquisto - anche l’importo della

cauzione precedentemente versata in modo che la stessa raggiunga la

misura del 10 per cento del corrispettivo offerto con la proposta

migliorativa. L’integrazione della cauzione dovrà essere versata,

secondo le modalità di cui al presente regolamento e, quindi, a mezzo

assegno circolare intestato a FALLIMENTO …….. E la proposta

dovrà essere depositata presso il Notaio …… entro 3 giorni dalla

comunicazione del curatore ed entro le ore ……….

15. Se, in esito all’invito di cui al precedente punto, non

dovessero pervenire, entro il termine di cui sopra, offerte migliorative

di quelle precedentemente formulate alla procedura, la scelta del

selezionato sarà effettuata individuando quale selezionato il soggetto

che abbia depositato,per primo, presso il notaio, la propria prima

proposta.

16. Eseguita la vendita il GD emetterà il provvedimento ex art.

108,II comma,l.fall..Il notaio incaricato della vendita curerà,a spese

dell’acquirente, la realizzazione della cancellazione disposta

dall’Ill.mo GD nel decreto stesso. Il fallimento sarà unicamente

tenuto a comunicare il provvedimento in esame al Notaio senza che

nulla altro possa essergli richiesto.

16 bis. Si applica l’art. 107, IV l.fall., per cui è possibile che il

curatore sospenda la liquidazione ove riceva una proposta

irrevocabile di acquisto – il cui contenuto deve essere conforme a

quanto previsto nel presente regolamento – per un importo

migliorativo non inferiore al 10 per cento del prezzo offerto nella

proposta del selezionato. La proposta, per essere presa in

considerazione, dovrà essere depositata presso il notaio ……….,

secondo le modalità previste nel presente regolamento, prima della

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conclusione della vendita al soggetto selezionato. Ad essa dovrà

essere allegato assegno circolare a cauzione (intestato a Fallimento

……..) pari al dieci per cento del prezzo offerto. In esito all’esame

della detta proposta – e in ogni caso in cui il curatore dovesse

decidere di sospendere la vendita – il curatore relazionerà all’Ill.mo

GD in merito alla opportunità di scelta del proponente come nuovo

selezionato senza che ciò valga e significhi accettazione della

proposta. In tal caso, si provvederà a comunicare via fax al soggetto

la sua qualifica di nuovo soggetto selezionato con tutte le

conseguenze previste nel regolamento. Al precedente selezionato (e

solo a questi) sarà comunicata, a mezzo fax, l’esistenza di una nuova

offerta selezionata ed il prezzo senza indicare il nome del selezionato.

Il curatore provvederà nuovamente alle incombenze di cui ai punti 9 e

ss ed anche questa volta sarà ovviamente applicabile anche il punto

16 ter sicché vi potrà essere nuovamente, prima della vendita,

una proposta irrevocabile migliorativa in aderenza al disposto di cui

all’art. 107, IV comma, l.fall.ed al regolamento con tutte le

conseguenze previste nel presente regolamento e nella legge.

12. L’approvazione del comitato dei creditori. Il presente programma è stato oggetto dell’approvazione del

comitato dei creditori in esito alla riunione dello stesso “organo”

tenutasi il …….come da verbale allegato……..

13. L’autorizzazione degli atti conformi al programma di liquidazione approvato dal cdc. Si chiede all’Ill.mo Giudice Delegato di autorizzare gli atti

conformi al programma di liquidazione ed in particolare:

autorizzare la liquidazione dei beni e “diritti” secondo la procedura

competitiva di cui al par……Procedura da ripetersi con cadenza …..

autorizzare l’azione ….

autorizzare l’azione ….

autorizzare le azioni recuperatorie relative ai crediti commerciali

………Tanto laddove gli stessi non siano oggetto di cessione in esito

alla procedura competitiva.

Relativamente ai rapporti pendenti di cui al par…… essere

autorizzato a…..

Napoli

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2. Esempio di procedura competitiva relativa ad immobili e beni in leasing

Annuncio sui quotidiani e altri strumenti di informazione Il Fallimento …Xspa….. è interessato a raccogliere e valutare -

relativamente a beni immobili siti in ……….. decritti nel regolamento

di vendita - proposte di acquisto da formulare in base al

regolamento medesimo pubblicato sui siti www……..net

www.fallimentoXspa.it, www………………...it. La presente non

costituisce offerta al pubblico”

Sui siti sarebbe pubblicato il regolamento

REGOLAMENTO

PER LA PRESENTAZIONE DI PROPOSTE IRREVOCABILI INERENTI L’ACQUISTO DEI BENI INCLUSI NEL

PATRIMONIO FALLIMENTARE SUDDIVISO NELLE CATEGORIE DI SEGUITO ELENCATE

Con sentenza datata ……….. il Tribunale di Napoli ha

dichiarato il fallimento della società ………. spa nominando curatore

il ………. e Giudice delegato la ………., oggi sostituita dall’Ill.mo

GD ………………

Successivamente è stata approvata la presente procedura

competitiva .

Con il presente regolamento s’intendono determinare le

condizioni inderogabili alle quali dovranno attenersi gli offerenti per

la formulazione delle proposte, nonché i criteri che verranno adottati

per la valutazione delle stesse.

Ai fini del presente regolamento si intende per: procedura fallimentare il Fallimento ………… spa; selezionato/soggetto selezionato: il soggetto che la procedura fallimentare ha individuato

quale possibile acquirente del bene, del diritto o dei beni o rapporti

giuridici in blocco. Soggetto obbligato così alla stipula del contratto

di vendita per il quale ha formulato proposta irrevocabile. La qualifica

e comunicazione di soggetto selezionato non determina alcun

impegno per la procedura fallimentare che rimane libera di non dare

esito alla liquidazione del bene in ogni momento fino alla stipulazione

del contratto notarile di vendita. Contratto di vendita che potrà essere

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stipulato entro il …… secondo la discrezionalità della procedura;

cauzione la somma di danaro versata a mezzo assegni circolari (

intestati a FALLIMENTO ………….. spa) all’atto della

presentazione della proposta irrevocabile (e suoi miglioramenti) pari

al 10 per cento del prezzo complessivamente offerto. La cauzione sarà

trattenuta a titolo di “penale” - salvo il risarcimento del danno

ulteriore - laddove il selezionato non stipuli il contratto definitivo

versando l’intero prezzo a mezzo assegni circolari, nei termini

indicati dalla procedura fallimentare, e del pari non provveda, nei

termini indicati dalla procedura, al versamento delle spese e oneri di

trasferimento (compreso il compenso del Notaio) e di quelle

necessarie alle cancellazioni di cui all’art. 108, II comma, l.fall.. La cauzione potrà essere versata dal fallimento sul proprio conto corrente sin dalla comunicazione della qualità di soggetto selezionato ed in caso di mancata conclusione del contratto –laddove

la procedura ritenga di non dovere trattenere, a suo insindacabile

giudizio, la somma non avendo per sua scelta dato corso alla vendita

– sarà restituita nella misura dell’assegno circolare senza che nulla il

selezionato possa pretendere neanche a titolo di interessi; soggetto partecipante colui che ha presentato domanda dianzi al notaio.

Tutto ciò premesso si indicano, qui di seguito, le condizioni

inderogabili alle quali dovranno attenersi gli offerenti per la

formulazione delle proposte. Tanto dichiarando che è nell’interesse

della procedura privilegiare, ex art. 105 l. fall., offerte che prevedano

acquisti in blocco, possibilmente dell’intero compendio patrimoniale.

Oggetto della proposta potranno allora essere complessivamente o

singolarmente i beni indicati nelle seguenti categorie ovvero le intere

categorie.

Categoria A) BENI IMMOBILI DI PROPRIETÀ 1. I beni immobili per i quali si è interessati a ricevere offerte

anche in blocco sono, come meglio desumibile dalla relazione

notarile del pari pubblicata sul sito www.fallimento.......it. :

A) Complesso immobiliare in Comune di ……….:fabbricato

destinato ad attività commerciale, sviluppantesi tra il piano primo

………….. Il valore stimato è pari ad euro ……. come da perizia

……

B) Immobile nel Comune di ………

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20

Gli immobili sono, in ogni caso, meglio identificati nella

relazione notarile pubblicata in uno al regolamento sul sito

www.fallimento.............

La proposta irrevocabile,di cui si dirà di seguito, deve

specificare:

1) che la vendita è fatta ed accettata a corpo e non a misura

nello stato di fatto e di diritto in cui i cespiti venduti si trovano all’atto

della vendita, senza alcuna garanzia neanche in merito alla regolarità

urbanistico edilizia, catastale ed energetica dell’immobile.

2) che la vendita dell’ immobile avverrà senza garanzia di vizi,

evizione e mancanza di quantità,mancanza di qualità dei beni anche in

relazione alla loro agibilità e regolarità urbanistica, catastale,

energetica, sicché l’alienazione avverrà nello stato di fatto in cui i

beni si trovano all’atto del trasferimento. Pertanto la vendita è da

intendersi a “rischio e pericolo” dell’acquirente. In nessun caso - di

vizi, evizione, mancanza di qualità, quantità anche relativa alla

precisa individuazione dei confini e diritti di terzi o altro - il

compratore potrà pretendere alcunché dalla procedura e quindi a

titolo esemplificativo,la risoluzione del contratto, il risarcimento dei

danni subiti, la restituzione del prezzo pagato, il rimborso delle spese.

E tanto anche con espressa deroga alle disposizioni di cui all’art.1489

c.c. ed alle garanzie da essa previste alle quali espressamente il

proponente rinuncia. In merito, la proposta irrevocabile dovrà

contenere tale espresso esonero nonché idonea garanzia di manleva e

di esonero da responsabilità nel caso di esercizio dell’eventuale diritto

di prelazione o riscatto da parte di terzi e/o di richieste di terzi in

generale. Tanto affermando espressamente che – senza che il

proponente possa nulla addurre, eccepire o pretendere – la procedura

sia libera di riconoscere la prelazione o diritti potestativi in genere a

terzi. In merito, la proposta irrevocabile dovrà contenere tale espresso

esonero e rinuncia a qualsiasi garanzia nonché idonea garanzia di

manleva e di esonero da responsabilità nel caso di richieste di terzi in

generale che rivendichino la proprietà dell’immobile, diritti di

prelazione ovvero ogni altra richiesta.

3) che il proponente accetti le condizioni poste nel regolamento

da intendersi trascritto nella proposta impegnandosi a stipulare l’atto

di vendita presso Notaio scelto dalla procedura concorsuale.

4) che oltre al prezzo offerto, il proponente si accolli le spese

dell’atto di vendita ed ad esso connesse, nonché le imposte e tasse e le

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21

spese di cancellazione ex art. 108, II comma, l.fall.. Tanto

specificando che esse sono a carico della acquirente la quale si

obbliga a manlevare, a prima richiesta il fallimento, per qualsiasi

ulteriore onere di qualsivoglia natura anche tributaria pure se riferita

ad accertamenti anche di valore. In particolare, dovrà specificarsi che

le spese di cui sopra, comprese quelle ex art.108,II comma, l.fall. ed

il compenso del Notaio siano versate,all’atto della stipulazione del

rogito, mediante assegno circolare intestato al Notaio indicato dalla

procedura e nella misura comunicata dalla curatela senza nulla potere

eccepire.

5) che il possesso del bene viene trasferito col semplice

consenso espresso in atto senza che nulla altro il fallimento sia tenuto

a fare e l’acquirente pretendere a qualsiasi titolo.

Categoria B. BENI IMMOBILI PER I QUALI E’IN CORSO DI ACCERTAMENTO LA EVENTUALE OPPONIBILITA’ DI CONTRATTI DI LEASING

Nell’ambito del patrimonio fallimentare sono stati acquisiti taluni

beni immobili che pare fossero detenuti dalla società in bonis in

relazione a contratti di leasing.

La procedura fallimentare non ha ancora accertato, in via definitiva,

se i contratti di leasing siano opponibili al fallimento, né l’eventuale

diritto di restituzione in capo alla medesima società. Né quindi è stata

assunta alcuna decisione o scelta ex art. 72 ovvero 72 quater l.fall.

Si tratta dei seguenti beni:

A) Immobile nel comune di ……… L’immobile in esame– stando almeno alla perizia dell’arch …….. e

ferma restando la verifica della opponibilità del contratto alla

procedura nelle sedi opportune - è oggetto di contratto di locazione

finanziaria n………. stipulato tra la concedente e l’utilizzatore società

fallita.

Orbene, la opponibilità del contratto di leasing alla procedura

ed il diritto delle società di leasing ad ottenerne la restituzione fermo

restando il disposto di cui all’art. 72 quater l.fall. non è stato ancora

accertato definitivamente nella sede della verifica del passivo. Né il

fallimento ha assunto alcuna decisione ex artt. 72 e 72 quater l.fall.

Sicché, nelle more, il fallimento è disposto a ricevere offerte

irrevocabili nelle quali il potenziale acquirente mostri la propria

volontà di acquistare l’immobile dal fallimento ovvero dal soggetto

(es società di leasing ove nelle more ne fosse accertata la proprietà ed

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22

effettuata la scelta ex art. 72 quater l.fall.) nominato dal fallimento

all’atto dell’invito alla stipulazione dell’atto di vendita dianzi al

notaio.

La proposta irrevocabile,di cui si dirà di seguito, deve

specificare:

1) che la vendita è fatta ed accettata a corpo e non a misura

nello stato di fatto e di diritto in cui i cespiti venduti si trovano all’atto

della vendita senza alcuna garanzia neanche di regolarità urbanistico

edilizia, catastale ed energetica dell’immobile.

2) che la vendita dell’ immobile avverrà senza garanzia di vizi,

evizione e mancanza di quantità,mancanza di qualità dei beni anche in

relazione alla loro agibilità e regolarità urbanistico edilizia, catastale

ed energetica sicché l’alienazione avverrà nello stato di fatto in cui i

beni si trovano all’atto del trasferimento. Pertanto la vendita è da

intendersi a “rischio e pericolo” dell’acquirente. In nessun caso - di

vizi, evizione, mancanza di qualità, quantità anche relativa alla

precisa individuazione dei confini e diritti di terzi o altro - il

compratore potrà pretendere alcunché dalla procedura e dal venditore

e quindi a titolo esemplificativo,la risoluzione del contratto, il

risarcimento dei danni subiti, la restituzione del prezzo pagato, il

rimborso delle spese. E tanto anche con espressa deroga alle

disposizioni di cui all’art.1489 c.c. ed alle garanzie da essa previste

alle quali espressamente il proponente rinuncia. In merito, la proposta

irrevocabile dovrà contenere tale espresso esonero nonché idonea

garanzia di manleva e di esonero da responsabilità nel caso di

esercizio dell’eventuale diritto di prelazione o riscatto da parte di terzi

e/o di richieste di terzi in generale. Tanto affermando espressamente

che – senza che il proponente possa nulla addurre, eccepire o

pretendere – la procedura sia libera di riconoscere la prelazione o

diritti potestativi in genere a terzi. In merito, la proposta irrevocabile

dovrà contenere tale espresso esonero nonché idonea garanzia di

manleva e di esonero da responsabilità nel caso di richieste di terzi in

generale che rivendichino la proprietà dell’immobile e/o altro diritto o

pretesa.

3) che il proponente accetti le condizioni poste nel regolamento

da intendersi trascritto nella proposta impegnandosi a stipulare l’atto

di vendita presso Notaio scelto dalla procedura concorsuale.

4) che oltre al prezzo offerto, il proponente si accolli le spese

dell’atto di vendita ed ad esso collegate, nonché le imposte e

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23

tasse.Tanto specificando che esse sono a carico della società

acquirente la quale si obbliga a manlevare, a prima richiesta il

fallimento, per qualsiasi ulteriore onere di qualsivoglia natura anche

tributaria ed anche se relativa ad accertamenti anche di valore. In

particolare, dovrà specificarsi che le spese ed il compenso del Notaio

siano versate,all’atto della stipulazione del rogito, mediante assegno

circolare intestato al Notaio indicato dalla procedura e nella misura

comunicata dalla curatela senza nulla il selezionato potere eccepire.

5) che il possesso del bene viene trasferito col semplice

consenso espresso in atto senza che nulla altro il fallimento sia tenuto

a fare e l’acquirente possa pretendere.

6) la proposta irrevocabile dovrà specificare che il proponente

si impegna ad acquistare il bene dal fallimento ovvero dal soggetto

indicato dal fallimento all’atto dell’invito alla presentazione presso il

notaio e quindi con la comunicazione successiva ed ulteriore a quella

nella quale si comunica la qualifica di soggetto selezionato.

7) la proposta irrevocabile dovrà specificare l’impegno del

soggetto a versare il prezzo di acquisto secondo le modalità indicate

dal fallimento anche nella ipotesi in cui questi dovesse avvalersi della

facoltà di esprimere la dichiarazione di nomina di cui al punto 6.

PER I BENI INCLUSI NEL PATRIMONIO FALLIMENTARE E SUDDIVISI NELLE CATEGORIE SOPRA INDICATE

1. Il curatore fallimentare è disposto a ricevere proposte

irrevocabili d’acquisto al fine di valutare la liquidazione dei suddetti

beni e/o diritti, preferibilmente in blocco o dell’intero patrimonio. Si

ribadisce che le proposte irrevocabili potranno avere ad oggetto a

titolo esemplificativo: a) singoli beni inclusi nelle categorie indicate

con lettere maiuscole; b) le singole categorie di beni; c) più categorie

considerate in blocco; d) altre combinazioni di beni in blocco indicate

dall’offerente. Si ribadisce che, in relazione alla discrezionalità

tecnica che la procedura si riserva, si prediligeranno offerte che

tendano all’acquisto di beni in blocco.

2. Gli interessati sono tenuti a formulare proposta scritta.

La proposta dovrà essere irrevocabile secondo lo schema di cui

all’art. 1329 c.c. con un termine di irrevocabilità fino al ….. La

proposta, oltre a possedere i requisiti di completezza desumibili anche

dal presente regolamento, dovrà essere ad esso conforme e indicare

la espressa accettazione del medesimo. La proposta dovrà indicare il

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24

numero di fax al quale ricevere le comunicazioni della procedura

fallimentare.

3. Le proposte dovranno pervenire, in busta chiusa, entro il

…………. ore ……….. presso il Notaio ….con studio …….. Ad esse

dovrà essere allegato assegno circolare pari al 10 per cento

dell’importo offerto intestato a “FALLIMENTO ………. spa ”. Ove

si tratti di società dovrà allegarsi visura aggiornata e documento in

copia del legale rappresentante e nella ipotesi di persona fisica un

documento di riconoscimento in copia del soggetto proponente.

4. Nella proposta si dovranno specificare i singoli beni ovvero

le categorie di beni in blocco, che si intendono acquistare .

5. Ognuno, salvo le incompatibilità di legge, è ammesso ad

effettuare la proposta personalmente. Non sono ammissibili proposte

per persona da nominare.

6. Successivamente, entro 5 giorni dalla data di cui al punto 3,

il Notaio provvederà all’apertura delle buste, alla redazione di un

verbale notarile di apertura ed alla consegna delle copie conformi

delle proposte al curatore. L’apertura delle buste e la consegna

avverranno nella massima riservatezza e nessuno dei proponenti

potrà partecipare all’operazione.

7. Il curatore fallimentare – nell’ambito di apposita relazione

al Giudice delegato (sentito il cdc se presente)- selezionerà,con

riferimento ai beni o alle categorie e combinazioni, la proposta

ritenuta più conveniente per la procedura tenendo conto del prezzo

offerto e della possibilità della vendita in blocco dei beni, quale

ipotesi da privilegiare nei termini di cui all’art. 105 l.fall.,nonché

delle garanzie offerte.

La selezione delle proposte avverrà secondo la discrezionalità

tecnica della procedura.

La relazione in esame varrà anche come deposito ai fini

dell’art. 107,V comma,l.fall.

Si specifica che sarà nella discrezionalità della procedura

decidere di non alienare il bene o i beni ovvero i diritti sebbene in

presenza di offerte, essendo in ciò la procedura pienamente autonoma.

8. Agli esiti della procedura, laddove si ritenesse conveniente

una delle proposte formulate, si individuerà il proponente come

soggetto selezionato senza che ciò valga e significhi accettazione

della proposta. In tal caso, si provvederà a comunicare via fax al

soggetto la sua qualifica di soggetto selezionato. Agli altri soggetti

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25

partecipanti interessati al medesimo bene sarà comunicata l’esistenza

di una proposta selezionata ed il prezzo senza indicare il nome del

selezionato.

9. Il curatore curerà, a seconda della natura dei beni, la notifica

di cui all’art. 107, III comma, l.fall.

10. Il curatore, se del caso, convocherà, a mezzo fax – tenuto

conto anche dei termini ex art. 108 l.fall. e sempreché la liquidazione

non sia impedita o sospesa - il selezionato, al quale sarà assegnato

un termine di sette giorni, per la stipulazione del contratto di vendita

dinanzi al Notaio scelto dalla procedura. Si specifica che la

convocazione dianzi al notaio potrà avvenire –secondo la

discrezionalità della procedura – in un qualsiasi momento fino al

……. sempre rispettando il termine di preavviso di 7 giorni .

Il selezionato, prima della stipula, provvederà al versamento

del prezzo a mezzo assegni circolari intestati al fallimento oltre al

pagamento di tutte le spese, imposte e tasse relative all’atto di

trasferimento e cancellazione ex art. 108, II comma, l.fall.. Resta

ferma la facoltà, da parte della procedura, di adottare, fino al

momento dell’atto di vendita, provvedimenti di sospensione e

mancata stipula della vendita quali ad esempio quelli di cui all’art.

107 e 108 l.fall. Tanto senza che nulla il selezionato ed i partecipanti

possano eccepire o pretendere.

11. La vendita avverrà, in ogni caso, senza garanzia di vizi

evizione,mancanza di quantità, qualità e nello stato di fatto i beni si

trovano all’atto del trasferimento senza garanzia di agibilità,

regolarità urbanistico edilizia, catastale ed energetica. Il possesso sarà

trasferito a mezzo del semplice consenso espresso in atto senza che

null’altro il fallimento debba fare ed il proponente possa pretendere.

Gli interessati avranno la possibilità di visionare i beni prima della

formulazione dell’offerta e di chiedere informazioni. Essi saranno

tenuti ad inviare la richiesta via fax al n. …….. ed un incaricato del

curatore provvederà a fissare un appuntamento finalizzato alla visione

e/o alle informazioni. Sarà in facoltà della procedura concorsuale

richiedere che il soggetto che intende visionare i beni versi alla

procedura le spese a ciò necessarie.

12. Una volta concluso il contratto – il che potrà avvenire in

qualsiasi momento entro …… - la procedura fallimentare autorizzerà

– a mezzo fax inviato al notaio e agli interessati – gli altri

partecipanti al ritiro di proposta e cauzione.

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13. Laddove, invece, la procedura dovesse ritenere che per tutti

o alcuni dei beni, le offerte giunte non siano soddisfacenti provvederà

a comunicare –entro il ……… - via fax ai vari offerenti il mancato

esito delle proposte invitandoli al ritiro degli assegni presso il Notaio.

14. Laddove, alla procedura, dovessero pervenire due o più

offerte di acquisto di pari importo o valutabili di identica

convenienza, gli offerenti medesimi verranno invitati, tramite fax, ad

effettuare una nuova proposta irrevocabile di acquisto migliorativa di

quella precedente, adeguando, nel contempo - quale elemento

perfezionativo della nuova offerta di acquisto - anche l’importo della

cauzione precedentemente versata in modo che la stessa raggiunga la

misura del 10 per cento del corrispettivo offerto con la proposta

migliorativa. L’integrazione della cauzione dovrà essere versata,

secondo le modalità di cui al presente regolamento e, quindi, a mezzo

assegno circolare intestato a FALLIMENTO …….. E la proposta

dovrà essere depositata presso il Notaio …… entro 3 giorni dalla

comunicazione del curatore ed entro le ore …….

15. Se, in esito all’invito di cui al precedente punto, non

dovessero pervenire, entro il termine di cui sopra, offerte migliorative

di quelle precedentemente formulate alla procedura, la scelta del

selezionato sarà effettuata individuando quale selezionato il soggetto

che abbia depositato,per primo, presso il notaio, la propria prima

proposta.

16. Eseguita la vendita il GD emetterà il provvedimento ex art.

108,II comma,l.fall..Il notaio incaricato della vendita curerà,a spese

dell’acquirente, la realizzazione della cancellazione disposta

dall’Ill.mo GD nel decreto stesso. Il fallimento sarà unicamente

tenuto a comunicare il provvedimento in esame al Notaio senza che

nulla altro possa essergli richiesto.

16 bis Si applica l’art. 107, IV l.fall., per cui è possibile che il

curatore sospenda la liquidazione ove riceva una proposta

irrevocabile di acquisto – il cui contenuto deve essere conforme a

quanto previsto nel presente regolamento – per un importo

migliorativo non inferiore al 10 per cento del prezzo offerto nella

proposta del selezionato. La proposta, per essere presa in

considerazione, dovrà essere depositata presso il notaio ………

secondo le modalità previste nel presente regolamento, prima della

conclusione della vendita al soggetto selezionato. Ad essa dovrà

essere allegato assegno circolare a cauzione (intestato a Fallimento

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27

……..) pari al dieci per cento del prezzo offerto. In esito all’esame

della detta proposta – e in ogni caso in cui il curatore dovesse

decidere di sospendere la vendita – il curatore relazionerà all’Ill.mo

GD in merito alla opportunità di scelta del proponente come nuovo

selezionato senza che ciò valga e significhi accettazione della

proposta. In tal caso, si provvederà a comunicare via fax al soggetto

la sua qualifica di nuovo soggetto selezionato con tutte le

conseguenze previste nel regolamento. Al precedente selezionato (e

solo a questi) sarà comunicata, a mezzo fax, l’esistenza di una nuova

offerta selezionata ed il prezzo senza indicare il nome del selezionato.

Il curatore provvederà nuovamente alle incombenze di cui ai punti 9 e

ss ed anche questa volta sarà ovviamente applicabile anche il punto

16 bis sicché vi potrà essere nuovamente, prima della vendita, una

proposta irrevocabile migliorativa in aderenza al disposto di cui

all’art. 107, IV comma, l.fall.ed al regolamento con tutte le

conseguenze previste nel presente regolamento e nella legge.

Napoli, data della pubblicazione

Il Curatore

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3 Esempio di procedura competitiva relativa ad azienda con espressa previsione anche ex art. 1424 c.c.

REGOLAMENTO PER LA PRESENTAZIONE DI PROPOSTE IRREVOCABILI INERENTI L’ACQUISTO DEI BENI INCLUSI NEL PATRIMONIO FALLIMENTARE Con sentenza ….. il Tribunale di Napoli ha dichiarato il

fallimento della società ………………. nominando curatore il Dott.

…… e Giudice delegato il Dott. ……

Il fallimento riguarda una società avente ad oggetto l’attività

relativa a ………….….

I beni inventariati sono costituiti da talune attrezzature nonché

taluni arredi. Sinteticamente si tratta, oltre a taluni arredi quali sedie

lettini, armadi, scrivanie ecc di una serie di attrezzature qui

sommariamente indicate e quindi: un apparecchio …………, marca

…………….; 1 ……….. classe …… tipo …….., matricola

…………..; n. 2 apparecchi ………… marca …….., modello

……………; n. 2 macchine ……….. marca ………..modello

……….. seriale n. ……. anno ……….

I beni di cui sopra sono collocati – secondo la disposizione

data dalla società in funzionamento – presso i locali ove si svolgeva

l’attività di impresa. Locali siti alla ………. Locali detenuti in

ragione di un contratto di sublocazione stipulato con la società

………

E’ possibile, secondo le modalità di cui si dirà appresso,

visionare i detti beni ed avere ulteriori informazioni.

Con il presente regolamento s’intendono determinare le

condizioni inderogabili alle quali dovranno attenersi gli offerenti per

la formulazione delle offerte affinché le stesse siano ritenute

valutabili dalla procedura fallimentare, nonché i criteri di massima

che verranno adottati per la valutazione delle stesse specificando sin

da ora che il parametro di riferimento nella scelta del selezionato è

quello del massimo vantaggio dei creditori che non coincide

necessariamente col maggiore prezzo. Massimo vantaggio dei

creditori stabilito secondo un criterio di discrezionalità tecnica

espresso dagli organi della procedura.

Ai fini del presente regolamento si intende per: procedura fallimentare il fallimento……..; selezionato/soggetto selezionato/nuovo soggetto selezionato: il soggetto che la procedura

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fallimentare ha individuato quale possibile acquirente dei beni o

rapporti giuridici in blocco o dell’azienda. Soggetto obbligato così

alla stipula del contratto di vendita, senza che ciò determini alcun

impegno per la procedura fallimentare; cauzione la somma di danaro

versata a mezzo di assegni circolari all’atto della presentazione della

proposta irrevocabile ( e suoi miglioramenti) pari al 20 per cento del

prezzo complessivamente offerto. La cauzione sarà trattenuta a titolo

di “penale” - salvo il risarcimento del danno ulteriore - laddove il

selezionato/nuovo soggetto selezionato non stipuli il contratto

definitivo versando l’intero prezzo a mezzo assegni circolari, nei

termini indicati dalla procedura fallimentare e ove non si attenga alle

indicazioni del tecnico incaricato dalla procedura ai fini del rispetto

della normativa in tema di detenzione, smontaggio e trasporto dei

beni e ogni altra prescrizione utile; soggetto partecipante colui che

ha depositato la proposta irrevocabile al notaio; accreditamento il

riconoscimento in capo all’acquirente, da parte degli organi

competenti, della possibilità di svolgere l’attività svolta in precedenza

dalla ……….. o comunque l’attività di diagnostica per immagini in

regime ambulatoriale extraospedaliero; Beni in blocco i beni

inventariati e siti presso i locali di pertinenza della società

………..Beni ceduti senza garanzia di vizi ed evizione e mancanza di

qualità. Beni venduti nella loro consistenza così come gli stessi si

troveranno all’atto del trasferimento; Azienda i beni inventariati e siti

presso i locali di pertinenza della società ……….. Beni ceduti senza

garanzia di vizi ed evizione e mancanza di qualità. Beni venduti nella

loro consistenza così come gli stessi si troveranno all’atto del

trasferimento. Complesso di beni qualificato come azienda

dall’offerente pel fatto che questi ritiene – a suo rischio e pericolo –

che i detti beni, come sistemati all’interno dei locali di pertinenza

della società ……… alla Via ………….., siano idonei a consentirgli

l’avvio di una attività di impresa. Tanto in guisa da richiedere alla

procedura di prestare il proprio consenso – senza alcuna garanzia in

merito – al trasferimento della posizione contrattuale del fallimento

relativamente al contratto di sublocazione di cui in premessa. Azienda

dalla quale sono esclusi i crediti ed i debiti ex art. 2560 c.c..

Contratto di locazione il contratto di locazione stipulato in data

………… del quale il fallimento non fornisce alcuna garanzia

neanche in termini di validità, efficacia e cedibilità, laddove la parte

acquirente è tenuta a fornire dichiarazione di liberazione del cedente,

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da responsabilità ex art. 36 l. 392/1978, da parte del locatore Tutto ciò

premesso si indicano, qui di seguito, le condizioni inderogabili alle

quali dovranno attenersi gli offerenti per la formulazione delle offerte.

Tanto dichiarando che è nell’interesse della procedura ricevere

unicamente, ex art. 105 l. fall. offerte che prevedano acquisti in

blocco di tutti i beni inventariati. Si specifica che saranno oggetto di

valutazione sia proposte che qualifichino i detti beni come “beni in

blocco”, sia proposte ove il proponente qualifichi – a suo rischio – gli

stessi come “azienda”sì da potersi riservare la possibilità – senza che

la procedura assuma al riguardo alcun onere ovvero obbligo – di

richiedere alle autorità competenti il riconoscimento

dell’accreditamento. In tale ipotesi la proposta avrà ad oggetto il

complesso dei beni mobili come sistemato all’atto della consegna

presso la struttura ed il subentro, ex art. 2558 c.c. e 36 l. 392/78 con le

relative conseguenze di legge in tema di cessione del contratto, nel

contratto di locazione di cui sopra. Tanto con la conseguenza che la

procedura fallimentare presti, agli esiti e senza garanzie,

esclusivamente il consenso al trasferimento dei beni nonché il

consenso alla cessione del contratto di locazione, ricevute le idonee

garanzie di cui sopra.

Oggetto della proposta dovranno essere complessivamente e

necessariamente tutti i beni mobili situati presso i locali di ……..

come esistenti e nelle condizioni in cui saranno i beni all’atto del

trasferimento ed appartenenti alla società ….. srl ovvero i medesimi

beni considerati come azienda, a cui aggiungere il consenso della

procedura al trasferimento del contratto di locazione ferme restando le

garanzie di cui sopra da parte dell’acquirente.

Gli organi fallimentari valuteranno unicamente proposte che

contengano - oltre ai requisiti di completezza richiesi dalla legge e di

cui sopra - quantomeno le seguenti condizioni:

a) la proposta sia una proposta irrevocabile ex art. 1329 c.c. con

termine di irrevocabilità …..

b) il prezzo di acquisto sia pagato, a mezzo di assegni circolari

nt intestati al “Fallimento …..”. Prezzo da versarsi in sede di atto

notarile.

c) la proposta, contenuta in busta chiusa, sia accompagnata da

una cauzione pari al 20 per cento del prezzo offerto. Cauzione da

versarsi sempre a mezzo di assegni circolari nt intestati al “Fallimento

….”. Assegni da includere nella busta chiusa.

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d) nel caso in cui si intendano acquistare i “beni in blocco” la

espressa previsione di volere acquistare, secondo la seguente dicitura:

“tutti i beni in blocco situati all’atto del trasferimento presso i locali

di pertinenza della …….. nello stato di fatto e di diritto e nella

consistenza in cui essi si troveranno all’atto del trasferimento della

proprietà”.

e) nel caso si intenda considerare i beni quali azienda la

specifica indicazione che il complesso dei beni è costituito

esclusivamente, secondo la seguente dicitura da: “azienda composta

esclusivamente da : a) tutti i beni in blocco situati all’atto del

trasferimento presso i locali di pertinenza della ……… nello stato di

fatto e di diritto e nella consistenza in cui essi si troveranno all’atto

del trasferimento della proprietà, b) il consenso della procedura al

trasferimento del contratto di locazione ex art. 2558 c.c. con le

conseguenze di legge in tema di cessione del contratto in guisa che il

cedente sia liberato dalle eventuali obbligazioni verso il contraente

ceduto in esito ad apposita dichiarazione allegata..

Questo senza che la procedura concorsuale assuma alcun onere od

obbligo onde favorire o realizzare l’accreditamento in capo

all’acquirente, né il subentro nel contratto di locazione” .

Dovrà precisarsi poi che la proposta non ha ad oggetto crediti e

debiti ex art. 2560 c.c. relativi alla azienda ceduta.

f) L’espresso esonero, a vantaggio del fallimento, di

qualsivoglia garanzia - in termini di vizi ed evizione mancanza di

qualità – sì da specificare che la vendita avviene a rischio e pericolo

dell’acquirente sia nella ipotesi in cui questi intenda acquistare beni in

blocco che in quella in cui proponga di qualificare gli stessi quale

azienda. Tanto con la conseguenza che in nessun caso - di vizi,

evizione, mancanza di qualità o altro - il compratore potrà pretendere

il risarcimento dei danni subiti, la restituzione del prezzo pagato, il

rimborso delle spese ed ogni altra pretesa. In particolare, laddove si

intenda proporre l’acquisto dell’azienda, è necessario specificare che

la procedura presta il proprio consenso unicamente alla vendita dei

beni in blocco ed il consenso alla cessione del contratto, sicché –

ferma restando l’assenza di alcuna garanzia – nulla potrà essere

richiesto alla procedura ove non si ottenga il riconoscimento “

dell’accreditamento” da parte delle autorità competenti e/o non si

realizzi il subentro nel contratto di locazione ex art. 2558 c.c. Tanto

visto che anche in questo caso la vendita è a rischio e pericolo

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dell’acquirente. La proposta dovrà altresì contenere la specificazione

che, sia nel caso di cessione dell’azienda che dei beni in blocco, la

vendita è da considerarsi in blocco nella consistenza all’atto del

trasferimento sicché, ove all’atto del trasferimento dovessero mancare

alcuni beni (ad esempio anche in esito alla restituzione ad eventuali

società di leasing, ovvero a terzi rivendicanti ecc.) nulla potrà essere

eccepito o richiesto alla procedura, data la natura di vendita in blocco

ed a rischio e pericolo dell’acquirente.

g) la previsione di una specifica affermazione – anche ai sensi

dell’art. 1424 c.c. – in ragione della quale il proponente dichiari, per

l’ipotesi di acquisto dell’azienda, che il contratto assuma, ove la

vendita della azienda non possa essere realizzata, gli effetti del

contratto di vendita dei beni in blocco a parità di prezzo sicché nulla

possa essere preteso dalla procedura anche nell’ipotesi di nullità del

trasferimento di azienda. Tanto visto anche che il contratto assumerà,

in tal caso a parità di prezzo, la efficacia di contratto di vendita in

blocco dei beni a rischio e pericolo dell’acquirente.

h) Il proponente si accolli oltre alle spese di trasporto, gli

oneri notarili e qualsiasi altro onere, anche tributario, che dovesse

rendersi necessario per perfezionare l’acquisto dei beni accollandosi

eventuali imposizioni derivanti da accertamenti di valore.

i) La proposta dovrà prevedere la pianificazione anche

temporale, con relativo accollo degli oneri e manleva a favore della

procedura fallimentare, dello smontaggio e trasporto dei beni ed

adeguate garanzie in merito al fatto che lo stesso avvenga nel più

breve tempo possibile e comunque entro il tempo massimo indicato

dalla procedura concorsuale e nel rispetto della normativa vigente.

Tale pianificazione dovrà essere esposta sia nell’ipotesi in cui il

proponente si proponga di spostare i beni sia ove si proponga di

acquistare l’azienda e subentrare nel contratto di locazione visto che

lo spostamento dovrà essere pianificato e garantito per qualsiasi

ipotesi in cui l’acquirente non subentri effettivamente nel contratto di

sublocazione.

l) l’impegno dell’offerente ad accettare che, a norma dell’art.

1349 c.c., un tecnico nominato dalla procedura stabilisca, in ogni

caso, i criteri a cui deve attenersi l’acquirente per il rispetto delle

prescrizioni di cui al D.lgs 230/95 ovvero ad ogni altra disposizione

normativa e regolamentare. Tanto con la ulteriore precisazione che,

prima della stipulazione dell’atto di vendita, il proponente dimostri di

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33

avere realizzato tutte le attività preparatorie che gli consentono il

rispetto delle prescrizioni di legge come indicate anche dal tecnico.

Tecnico che a sua volta comunicherà le dette prescrizioni entro 7

giorni dalla vendita al n. di fax che il proponente indicherà nella

proposta.

m) redazione del contratto di vendita per scrittura privata

autenticata ovvero atto pubblico a scelta della procedura da parte del

Notaio scelto dal curatore fallimentare.

n) la presa d’atto ed accettazione che la scelta del selezionato

avviene – da parte degli organi della procedura – in ragione della

discrezionalità tecnica espressa dal giudice delegato e dal curatore i

quali terranno conto non solo del prezzo offerto ma di tutte le ulteriori

variabili su cui possa fondarsi l’interesse della procedura stessa.

Tanto in guisa da adottare il concetto di discrezionalità tecnica tipico

del diritto amministrativo sì da lasciare agli organi della procedura la

possibilità – motivando le scelte – di non alienare comunque i beni,

ovvero di selezionare le offerte anche in base a variabili diverse dal

prezzo ( es la rinuncia ai vizi ed alla evizione, garanzie in merito alla

pianificazione del trasporto e liberazione dei locali, ecc.). Tanto in

guisa da non precludere agli organi della procedura alcuna

possibilità.

o) La proposta, oltre a possedere i requisiti di completezza

desumibili anche dal presente regolamento, dovrà indicare il numero

di fax al quale ricevere le comunicazioni della procedura fallimentare.

p) la proposta non potrà essere per persona da nominare visto

che la procedura prenderà in considerazione unicamente proposte ove

sia noto il potenziale acquirente il quale dimostri anche e se del caso

la capacità di acquistare i beni anche ai sensi del D.lgs 230/95. Anche

per questo il proponente dovrà dare vita, nell’ambito della proposta,

ad una presentazione della sua azienda e/o della sua attività.

q) l’espressa previsione di attenersi ed accettare tutto quanto

previsto dal presente regolamento.

PER I BENI INCLUSI NEL PATRIMONIO FALLIMENTARE E SUDDIVISI NELLE CATEGORIE SOPRA INDICATE

..si ripete la formulazione precedente (cfr regolamento par. 2)

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34

4. Esempio di procedura competitiva relativa alla vendita di merci in blocco ex art. 1377 c.c. con espressa previsione anche ex art. 1424 c.c.

REGOLAMENTO PER LA PRESENTAZIONE DI PROPOSTE IRREVOCABILI INERENTI L’ACQUISTO DEI BENI INCLUSI NEL PATRIMONIO FALLIMENTARE SUDDIVISO NELLE CATEGORIE DI SEGUITO ELENCATE - FALLIMENTO DI ………. Con sentenza datata …. il Tribunale di Napoli ha dichiarato il

fallimento della società ………. nominando curatore il Dott. ………..

e Giudice delegato la Dott.ssa ………

Successivamente è stata approvata la presente procedura

competitiva ove si è disposta la vendita in blocco, dei beni costituenti

il magazzino di …… cat A) il magazzino di ……..( cat B), i beni

mobili registrati siti presso il sito di ....... ( Cat C)

Con il presente regolamento s’intendono determinare le

condizioni inderogabili alle quali dovranno attenersi gli offerenti per

la formulazione delle offerte, nonché i criteri che verranno adottati

per la valutazione delle stesse.

Ai fini del presente regolamento si intende per: procedura fallimentare il fallimento ………..; selezionato/soggetto selezionato: il soggetto che la procedura fallimentare ha individuato

quale possibile acquirente. Soggetto obbligato così alla stipula del

contratto di vendita, senza che ciò determini alcun impegno per la

procedura fallimentare. Soggetto che sarà selezionato in ragione della

valutazione di una serie di variabili e quindi non solo del prezzo

offerto ma anche delle “garanzie” che riesce a fornire in merito alla

assunzione dei rischi ed alla liberazione dei locali; cauzione la

somma di danaro versata a mezzo di assegni circolari intestati a

Fallimento ……… all’atto della presentazione della proposta

irrevocabile ( e suoi miglioramenti) pari al 20 per cento del prezzo

complessivamente offerto. La cauzione sarà trattenuta a titolo di

“penale” - salvo il risarcimento del danno ulteriore - laddove il

selezionato non stipuli il contratto definitivo versando l’intero prezzo

a mezzo assegni circolari intestati a ………… spa, nei termini indicati

dalla procedura fallimentare; soggetto partecipante colui che ha

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presentato la proposta dianzi al notaio, categoria la singola categoria

di beni da acquistare in blocco in guisa che ogni categoria sia

considerata bene unico e non sia possibile scegliere e proporre

l’acquisto di uno più beni componenti la categoria ma solo l’intera

categoria o più categorie.

Tutto ciò premesso si indicano, qui di seguito, le condizioni

inderogabili alle quali dovranno attenersi gli offerenti per la

formulazione delle offerte.

Oggetto della proposta potranno allora essere

complessivamente o singolarmente le seguenti categorie.

Categoria A) MAGAZZINO MERCI E BENI DI ……….. Il magazzino di ……….. è costituito da tutte le merci e le

attrezzature (…….. presenti all’interno del magazzino di ………. sito

all’interno …………….

Il magazzino di ………. è considerato quale bene unico

secondo lo schema della vendita di massa di cui all’art. 1377 c.c1.

Sicché il contratto di vendita – e la proposta che lo precede – ha ad

oggetto una quantità di merci omogenee o non omogenee, attrezzature

e arredi considerate nel loro complesso e acquistate e vendute per un

prezzo unico senza avere riguardo al peso al numero o alla misura.

Di conseguenza, il prezzo offerto è un prezzo forfetario che

1 Il legislatore ammette e disciplina espressamente nel nostro

ordinamento la vendita di massa ex art. 1377 c.c. intesa quale “ vendita in cui il

negozio abbia ad oggetto una quantità di merci omogenee o non omogenee

considerate nel loro complesso e acquistate e vendute per un prezzo unico senza

avere riguardo al peso al numero o alla misura “ ( in tal senso la famigerata

Cass., 21 aprile 1951, n. 988, in Rep Foro it1951, Vendita 328.332 anche in Cian

Trabucchi; Trib Bologna 17.10.2006,Mass).Nella specie il prezzo concordato è

un prezzo forfetario che prescinde dal peso, dal numero o dalla misura delle cose

vendute. Illustre dottrina evidenzia, a rimarcare la valenza del fenomeno, che

nella specie “il compratore non ha sentito il bisogno di accertare

preventivamente la quantità della massa dei beni acquistati”, ( Rubino, La

compravendita,in Tatt Cicu Messineo, Milano 1971, 100)

L’autore usa come esempio “ la vendita di tutto il grano presente nel mio

magazzino” , la Suprema Corte “tutte le piante che si trovano in un bosco

prescindendosi dalla quantità e qualità delle stesse”” ( Cass., 19.4.1949,n. 930,

Giur compl Cass civ 1949, III, 436). Ora, il fallimento, meno nobilmente, dirà “

la vendita di tutti i prodotti presenti nel magazzino di …. ” sicché non è

applicabile neanche la disciplina dell’errore e il passaggio del rischio si opera col

“consenso” e non con la consegna o la individuazione precisa ( Cass., 21 aprile

1951, n.988, cit).

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prescinde dal peso, dal numero o alla misura delle cose vendute.

L’acquirente nulla potrà eccepire o pretendere in caso di mancanza di

quantità, qualità, vizi ed evizione dei singoli beni componenti la

categoria e della categoria in sé. La vendita è di massa ed a rischio e

pericolo dell’acquirente nello stato di fatto e di diritto in cui i beni si

troveranno al momento della conclusione del contratto. Tale

consapevolezza dovrà essere specificata nella proposta irrevocabile

quale individuazione dell’oggetto del contratto. Il possesso della

categoria si trasmette col semplice consenso espresso in atto di

vendita ed i rischi saranno ad esclusivo carico dell’acquirente che

nulla potrà pretendere a qualsiasi titolo dalla procedura anche ove non

riesca a conseguire la disponibilità dei beni.

CATEGORIA B) MAGAZZINO ……. Il magazzino di ……….. è costituito da tutte le merci e le

attrezzature egli arredi presenti all’interno del magazzino di

………………..

Il magazzino di ………. è considerato quale bene unico

secondo lo schema della vendita di massa di cui all’art. 1377 c.c.

Sicché il contratto di vendita – e la proposta che lo precede – ha ad

oggetto una quantità di merci omogenee o non omogenee, attrezzature

e arredi considerate nel loro complesso e acquistate e vendute per un

prezzo unico senza avere riguardo al peso al numero o alla misura.

Di conseguenza, il prezzo offerto è un prezzo forfetario che

prescinde dal peso, dal numero o alla misura delle cose vendute.

L’acquirente nulla potrà eccepire o pretendere in caso di mancanza di

quantità, qualità, vizi ed evizione dei singoli beni componenti la

categoria e della categoria in sé. La vendita è di massa ed a rischio e

pericolo dell’acquirente nello stato di fatto e di diritto in cui i beni si

troveranno al momento della conclusione del contratto. Tale

consapevolezza dovrà essere specificata nella proposta irrevocabile

quale individuazione dell’oggetto del contratto. Il possesso della

categoria si trasmette col semplice consenso espresso in atto di

vendita ed i rischi saranno ad esclusivo carico dell’acquirente che

nulla potrà pretendere a qualsiasi titolo dalla procedura anche ove non

riesca a conseguire la disponibilità dei beni.

CATEGORIA C) Beni mobili registrati rinvenuti ed inventariati presso il sito di ……….. - ………………

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Anche i detti beni saranno venduti in guisa da considerare le

singole categorie come beni in blocco sicché la vendita sia una

vendita di massa ex art.1377 c.c. ed a rischio e pericolo

dell’acquirente senza garanzia di quantità,qualità, vizi ed evizione. Il

possesso della categoria si trasmette col semplice consenso espresso

in atto di vendita ed i rischi saranno ad esclusivo carico

dell’acquirente che nulla potrà pretendere a qualsiasi titolo dalla

procedura anche ove non riesca a conseguire la disponibilità dei beni.

1. Il curatore fallimentare - secondo la premessa di cui sopra -

è disposto a ricevere offerte irrevocabili d’acquisto al fine di valutare

la vendita delle categorie di beni A,B,C.

La proposta dovrà contenere - oltre alla individuazione

dell’oggetto del contratto come descritto sopra – l’indicazione del

soggetto proponente che dovrà allegare visura aggiornata e copia del

documento del legale rappresentante o documento di identità in copia

a seconda che sia società o persona fisica .

2. La proposta dovrà indicare la categoria o le categorie di beni

che si intendono acquistare, il prezzo offerto oltre iva e imposte per

ciascuna categoria, l’espressa accettazione del regolamento, la

possibilità per la procedura di scegliere di selezionare il soggetto

anche relativamente ad una sola o più delle categorie proposte e

secondo la discrezionalità della procedura stessa.

3. il proponente deve assumere l’impegno di curare, a proprie

spese, il trasporto dei beni dai luoghi in cui gli stessi sono

attualmente depositati, entro …... L’assunzione di tale obbligo

deve avvenire in maniera tale da sollevare la procedura dal

sostenimento di alcun costo ovvero senza richiedere che questa

svolga alcuna attività in merito. La proprietà ma anche il possesso dei

beni è trasferita col semplice consenso senza che null’altro la

procedura debba fare e il proponente possa pretendere anche in caso

non dovesse conseguire la disponibilità dei beni.

4. in aggiunta al prezzo offerto per l’acquisto il proponente

deve accollarsi oltre alle spese di trasporto, gli oneri notarili e

qualsiasi altro onere, anche tributario, che dovesse rendersi necessario

per perfezionare l’acquisto dei beni.

5. la proposta deve contenere esplicita indicazione che la

vendita avverrà secondo lo schema della vendita di massa ex art.1377

c.c. e senza nessuna garanzia: di mancanza di quantità, di vizi,

evizione e mancanza di qualità dei beni, sicché l’alienazione degli

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stessi avverrà nello stato di fatto e di diritto in cui i beni si trovano

all’atto del trasferimento. In nessun caso - di vizi, evizione,

mancanza di qualità,quantità o altro - il compratore potrà

pretendere dalla procedura il risarcimento dei danni subiti, la

restituzione del prezzo pagato, il rimborso delle spese,né potrà

esimersi dalla stipulazione del contratto di vendita. La vendita è di

massa ed a rischio e pericolo dell’acquirente.

PER I BENI INCLUSI NEL PATRIMONIO FALLIMENTARE E SUDDIVISI NELLE CATEGORIE SOPRA INDICATE

...si ripete la formulazione precedente (cfr regolamento par. 2)

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5. Esempi di riallocazione beni in leasing 5.1 Esempio di atto notarile di riallocazione con “terzo

contraente” indicato dalla procedura. L'anno duemilatredici il giorno del mese di febbraio, in

…………. e nel mio studio al …………

Avanti a me dott.

notaio alla residenza di

iscritto al Collegio Notarile di …………, sono comparsi:

SONO PRESENTI

Per la parte venditrice: - BANCA ………………………

Per la parte acquirente: - la società a responsabilità limitata "………….. E' PRESENTE, altresì:

il Dott. ………..il quale dichiara di costituirsi nel presente atto

nella qualità di curatore fallimentare del fallimento:

- "…………….." con sede legale in Napoli …….; Fallimento

dichiarato in data ……….., n. …., come da estratto autentico della

sentenza dichiarativa di fallimento qui allegato sotto la lettera " … ".

Esso Dr. …………… è a quest'atto legittimato in virtù della

autorizzazione dell’Ill.mo Gd del fallimento in esito alla relazione

con la quale il curatore è autorizzato a stipulare il presente atto.

Relazione che, in copia conforme rilasciata dal Tribunale di

Napoli in data ……, a quest'atto si allega, per estratto, sotto la lettera

" … ".

Detti comparenti, della cui identità personale io Notaio sono

certo, nella loro rispettiva qualità e ciascuno per le rispettive

competenze, dichiarano e premettono:

- che la società venditrice ha per oggetto l'attività della

locazione finanziaria;

- che la società di leasing, ……, con contratto di locazione

finanziaria ………, debitamente registrato, ebbe a concedere in

locazione finanziaria l'immobile in …., appresso descritto, alla società

all'epoca denominata …….

- che in relazione e per le finalità di cui sopra, la società di

locazione finanziaria "….. ebbe ad acquistare, con l’unico scopo di

concederlo in locazione finanziaria alla suddetta società ….. s.r.l.,

l'immobile de quo, con atto per notaio ……..;

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- che la società "Utilizzatrice" in data ……. con sentenza

n……. è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Napoli;

- che la società di leasing vanta in relazione al detto contratto di

leasing del …. – all’atto del fallimento – un credito residuo in linea

capitale pari ad euro …..

- che la costituita società "……." – in relazione alla procedura

competitiva posta in essere dal fallimento come risulta anche da

verbale ricevuto da me Notaio …. - ha proposto, per l'acquisto

dell’immobile di che trattasi sito nel Comune di ……, la somma di

Euro ………. (Euro …………. virgola zero zero) oltre imposte come

per Legge;

- che in detta proposta si accettano – con consenso qui ribadito

- le condizioni del regolamento pubblicato dal fallimento sul sito

www…...it con riferimento alla detta procedura competitiva;

- che è intenzione del fallimento e della società di leasing dare

corso – in esito allo scioglimento del contratto di leasing ed al fine di

definire i rapporti e le potenziali liti aventi ad oggetto il contratto e

l’immobile medesimo – alla riallocazione del bene sul modello

dell’art. 72 quater l.fall. in guisa che la società di leasing venda il

bene alla società ……. srl al prezzo di euro X e versi al fallimento la

somma di euro Z pari alla differenza tra prezzo di vendita ( euro X) e

credito residuo in linea capitale ( H).

Tanto premesso e dichiarato, da valere parte integrante e

sostanziale del presente atto, le parti costituite addivengono a quanto

segue.

Art.1) Il costituito Dr. ………., nella qualità di curatore

fallimentare del fallimento "…., si “scioglie” dal contratto di leasing

ex artt 72 e 72 quater l.fall.

Art.2) La società di leasing … SPA vende e trasferisce in

favore della società "….", che, come in epigrafe costituita e

rappresentata, accetta ed acquista, la piena proprietà della seguente

porzione immobiliare sita in Comune di …. e precisamente:

- Complesso …..

Il suddetto immobile risulta distinto nel Catasto Fabbricati …..

Art.3) La vendita è fatta ed accettata a corpo e non a misura

nello stato di fatto e di diritto in cui quanto venduto si trova, con ogni

azione e ragione, annessi e connessi, usi e diritti, attinenze,

pertinenze, accessioni, accessori, servitù attive e passive, nulla

escluso od eccettuato; il tutto come pervenuto alla società

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VENDITRICE secondo i titoli di provenienza, e senza alcuna

garanzia neanche in merito alla regolarità urbanistico-edilizia, alla

agibilità, alla certificazione energetica e catastale.

Art.4) Il prezzo è stato dalle parti dichiarato e convenuto in

complessivi Euro …….00 (Euro …………… virgola zero zero) oltre

imposte come per Legge.

Ad ogni effetto di legge le parti venditrice ed acquirente, come

in epigrafe costituite e rappresentate, dichiarano, in via sostitutiva di

atto di notorietà ai sensi del DPR 445/2000, e consapevoli delle

responsabilità penali in caso di dichiarazione mendace nonché dei

poteri di accertamento dell’amministrazione finanziaria e della

sanzione amministrativa applicabile in caso di omessa, incompleta o

mendace indicazione dei dati, che la somma come sopra convenuta

viene corrisposta dalla società acquirente alla parte venditrice come

segue:

- quanto ad Euro …….. (Euro …………. virgola zero zero)

vengono versati a mezzo assegno circolare non trasferibile di pari

importo tratto sulla ……….., emesso ……….. e recante il numero

…………;

- quanto ad Euro …….. (Euro …………. virgola zero zero)

vengono versati a mezzo assegno circolare non trasferibile di pari

importo tratto sulla ……….., emesso ……….. e recante il numero

…………;

…….

La parte venditrice, come in epigrafe costituita e rappresentata,

stante il pagamento come sopra effettuato e salvo il buon fine dei

menzionati assegni circolari,dei quali la acquirente garantisce la

autenticità, rilascia in favore della società acquirente ricevuta

dell'intero prezzo di vendita.

“Ad ogni effetto di legge le parti venditrice ed acquirente, come

in epigrafe costituite e rappresentate, dichiarano, in via sostitutiva di

atto di notorietà ai sensi del DPR 445/2000, e consapevoli delle

responsabilità penali in caso di dichiarazione mendace nonché dei

poteri di accertamento dell’amministrazione finanziaria e della

sanzione amministrativa applicabile in caso di omessa, incompleta o

mendace indicazione dei dati, che la presente cessione di immobile è

stata conclusa senza alcuna spesa di mediazione ai sensi degli artt.

1754 ss. c.c.”.

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42

Art.5) La società acquirente, come in epigrafe costituita e

rappresentata, rinuncia a qualsiasi garanzia per vizi, evizione e

mancanza di quantità e qualità del bene, regolarità catastale,edilizio

urbanistica, agibilità, certificazione energetica.

Pertanto le parti specificano che la vendita è a “rischio e

pericolo” dell’acquirente. In nessun caso - di vizi, evizione, mancanza

di qualità quantità anche relativa alla precisa individuazione dei

confini e diritti di terzi, mancanza di regolarità urbanistico edilizia ed

agibilità, conformità catastale, energetica e/o qualsiasi altro motivo o

causa o fatto - il compratore potrà pretendere alcunché dalla

venditrice né, in ogni caso, dal fallimento e quindi a titolo

esemplificativo, la risoluzione del contratto, il risarcimento dei danni

subiti, la restituzione del prezzo pagato, il rimborso delle spese.

E tanto anche con espressa deroga alle disposizioni di cui

all’art.1489 c.c. ed alle garanzie da essa previste alle quali

espressamente l’acquirente rinuncia. In merito, la parte acquirente

ribadisce tale espresso esonero nonché idonea garanzia di manleva e

di esonero da responsabilità nel caso di esercizio dell’eventuale diritto

di prelazione o riscatto da parte di terzi e/o di richieste di terzi in

generale.

La società acquirente, inoltre, prende atto sin d'ora ed accetta

che la società venditrice non presta alcuna garanzia in merito ad

eventuali problematiche ambientali ed ecologiche che dovessero

interessare gli immobili, gli impianti tecnologici di qualsiasi natura ad

oggi esistenti nonché il suolo ed il sottosuolo dell'intero compendio

immobiliare oggetto del presente contratto, facendosi carico la

medesima società acquirente di ogni onere e costo per eventuali

interventi di bonifica.

Le parti dichiarano e reciprocamente accettano che di tutte le

condizioni innanzi indicate, inerenti il trasferimento degli immobili

nello stato in cui si trovano, si è tenuto espressamente conto nella

determinazione del prezzo di vendita.

La parte venditrice - senza per questo fornire alcuna garanzia

alla quale l'acquirente rinuncia essendo la vendita a suo rischio e

pericolo – dichiara e attesta di avere ricevuto attestazione di

conformità catastale da parte dell'architetto …… il quale - nella sua

qualità di "tecnico abilitato" - ha rilasciato attestazione nella quale

conclude per la: "conformità catastale" ( attestazione allegata sub …).

La parte venditrice,

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43

* ai sensi dell'art.40 della Legge 28 Febbraio 1985 n.47, da me

ammonita ai sensi del D.P.R. n.445/2000, attesta, che il complesso

edilizio cui la porzione immobiliare oggetto del presente atto

appartiene è stato realizzato in virtù della concessione edilizia

n……………del giorno ………….. protocollo n.14002, rilasciata dal

Comune di ……………..;

* a norma dell'art.46, primo comma del D.P.R. 6 giugno 2001,

n.380 recante il T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in

materia edilizia, dichiara che per il completamento dei lavori di

costruzione di detto opificio industriale è stata rilasciata dal Comune

…. concessione edilizia …. in rinnovazione della ….. e per il

frazionamento in tre unità immobiliari con cambio di destinazione

d'uso e modifiche interne ed esterne senza aumento di volume è stata

rilasciata dal Comune ……..

La medesima parte garantisce altresì:

- che relativamente al detto immobile, dopo l'esecuzione delle

opere autorizzate con la citata licenza edilizia, non sono state

apportate modificazioni, variazioni, mutamenti di destinazione d'uso e

quant'altro soggetto a concessione, approvazione, autorizzazione,

ovvero a pagamento di somme di qualsiasi genere e natura;

- che a tutt'oggi non ha avuto legale conoscenza dell'eventuale

adozione di provvedimenti sanzionatori urbanistici di alcun genere.

Dichiara, inoltre, che non esistono aree pertinenziali eccedenti i 5.000

mq. e che, pertanto, non è necessaria l'allegazione del certificato di

destinazione urbanistica.

Ai sensi dell'art. 11 n. 1 bis del D. Lgs. 192/2005 come

modificato dall'art. 5 del D. Lgs. 311/2006, si allegano, al presente

atto, sotto la lettera …. , attestati di certificazione energetica e la

Parte venditrice, come sopra rappresentata, dichiara che,

successivamente a tale data, non sono intervenute cause di decadenza

previste dalla normativa vigente.

La parte venditrice riferisce e attesta che sull’immobile non

gravano formalità pregiudizievoli, sicché lo stesso è libero da

iscrizioni e/o trascrizioni pregiudizievoli.

Art.6) La parte venditrice, come in epigrafe costituita e

rappresentata, dichiara che quanto in oggetto è pervenuto alla società

di leasing in virtù del succitato atto a rogito del notaio …….

Tale atto, ed ogni patto e condizione in esso contenuti, nonché

gli ulteriori atti, convenzioni, provvedimenti anche di natura

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amministrativa nel medesimo richiamati, relativi ai precedenti

trasferimenti degli immobili nonché alla costituzione di ogni

eventuale diritto, peso, gravame, servitù e quant'altro, sono conosciuti

dalla parte acquirente e vengono fin d'ora dalla stessa espressamente

accettati, intendendo le parti procedere al trasferimento degli

immobili così come pervenuti alla parte venditrice.

Art. 7) La società acquirente viene immessa da oggi, con la

firma del presente contratto e senza che nulla altro la venditrice e/o il

fallimento debbano fare, nel possesso legale dell'immobile acquistato

e da oggi vantaggi ed oneri relativi andranno rispettivamente a suo

favore e carico.

Il possesso materiale viene trasferito, alla società acquirente,

mediante la consegna delle chiavi che avviene – dianzi a me notaio –

da parte del curatore del fallimento ……spa, direttamente a favore

della ……srl su indicazione della società di leasing.

Il possesso materiale e legale è trasferito con la consegna delle

chiavi – senza che nulla altro la venditrice e/o il fallimento debbano

fare - e nelle condizioni in cui il bene si trova all’atto della vendita

senza che nulla la parte acquirente possa eccepire, vantare e/o

pretendere dal fallimento e/o dalla società di leasing a qualsiasi titolo.

Art. 8) Il venditore, come in epigrafe costituito e rappresentato,

dispensa il competente Direttore dell'Agenzia del Territorio - Servizio

di Pubblicità Immobiliare - dall'iscrivere ipoteca legale in dipendenza

di questo atto all'uopo esonerandolo da ogni responsabilità.

Art. 9) La acquirente dichiara di essere pienamente soddisfatta

e di non avere nulla a pretendere a qualsiasi titolo e causa nei

confronti della procedura concorsuale e della società di leasing.

Art. 10) La società di leasing si obbliga a versare al fallimento

la somma di euro …..( pari alla differenza tra prezzo di vendita e

credito residuo in linea capitale) entro e non oltre due giorni lavorativi

da oggi.

Il versamento avverrà mediante bonifico sul conto intestato a :

“ FALLIMENTO …….. spa”, IBAN: ……...

La società di leasing provvederà contestualmente a comunicare

– a mezzo fax al n. ……. – l’avvenuto bonifico e la relativa distinta.

A tal fine – onde ricevere il pagamento - nulla il fallimento dovrà fare

né gli potrà essere richiesto

Il fallimento rilascerà quietanza dell’”avvenuto bonifico” in

esito all’accreditamento delle somme sul conto suddetto.

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45

In esito all’avvenuto bonifico la società di leasing ed il

fallimento non avranno nulla più a pretendere l’una dall’altra in

merito alla vicenda in oggetto.

Art. 11) Le spese del presente atto e dipendenti sono a carico

della società acquirente la quale, come rappresentata, si obbliga a

manlevare, a prima richiesta, il fallimento e la società di leasing per

qualsiasi ulteriore onere di qualsiasi natura anche tributaria, sia esso

relativa a spese, imposte e/o ad accertamenti tributari anche di valore

relativi al presente atto.

Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 10 comma 1 n. 8) e 8-ter)

del D.P.R. 633/1972, come modificato dal D.LGS. 223/2006,

convertito nella Legge 248/2006, la parte venditrice ha optato (ai

sensi dell'art. 10, n. 8-ter), DPR 26 ottobre 1972 n. 633) per

l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto e conseguentemente la

relativa fattura di vendita è emessa, a norma dell'art. 17 del DPR 26

ottobre 1972 n. 633, modificato dal D.L. 22 giugno 2012 n. 83, senza

indicazione dell'aliquota e dell'importo dell'imposta e contenente

l'espresso riferimento al comma 6 dell'art. 17.

La parte acquirente dichiara di essere a conoscenza di assumere

la qualità di soggetto passivo dell'imposta e degli adempimenti posti a

suo carico dalle citate disposizioni e, in particolare, dell'obbligo di

integrare la fattura con l'indicazione dei suddetti dati.

La presente vendita è sottoposta ad imposta di registro nella

misura di Euro ……… nonchè imposte ipotecarie e catastali nella

misura del 3% ed 1% in quanto trattasi di beni strumentali per natura.

I costituiti, nella rispettiva qualità, acquisita l'informativa ai

sensi dell'art. 13 del D.Lgs n. 196/2003, prestano il consenso al

trattamento dei loro dati personali qui forniti.

Le parti mi dispensano dalla lettura degli allegati per averne

esatta e preventiva conoscenza.

5.2 Esempio di atto notarile di riallocazione con “terzo contraente” indicato dalla società di leasing.

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46

Transazione I sottoscritti.

Dott. …….., in qualità di Curatore del Fallimento………. spa,

che sottoscrive il presente atto in base ad autorizzazione del Giudice

Delegato, ……. ( all. sub A per estratto) …….LEASING spa società di locazione finanziaria per azioni

con sede …………(all. sub B procura e documento riconoscimento)

……….. s.r.l., con sede legale in ………………. ( all. sub C procura e documento di riconoscimento) PREMESSO a) Che tra la ………. e la ……. spa è stato stipulato, in data

……… un contratto di locazione finanziaria contraddistinto con il

numero ……, avente ad oggetto il seguente immobile sito in ………

b) Che in data ……………, è stato dichiarato il fallimento della

….. spa;

c) Che il fallimento non è interessato alla prosecuzione del

contratto di locazione finanziaria di cui al precedente punto a) e,

pertanto, intende restituire l’immobile alla proprietaria ….leasing spa;

d) Che la stessa ….leasing spa ha un credito nei confronti della

…….pari ad euro ……. in linea capitale per canoni insoluti relativi al

su citato contratto di locazione finanziaria;

e) Che la . srl ha dichiarato il proprio interesse a ricevere in

locazione finanziaria il predetto immobile per l’importo di euro …..;

f) Che a seguito della riallocazione dell’immobile per l’importo di

euro …….., la ……… spa, sul modello dell’art. 72 quater l.fall., deve

versare al …….. spa l’importo di euro ……, pari alla differenza tra

l’importo derivante dalla riallocazione dell’immobile e l’importo del

debito della stessa …….. spa in linea capitale;

tutto ci premesso le parti come sopra rappresentate STIPULANO E CONVENGONO QUANTO SEGUE 1) Le premesse costituiscono parte integrante e sostanziale del

presente atto;

2) In base a quanto disposto dal Giudice Delegato al fallimento

con provvedimento in data …… ( che si allega al presente atto per

farne parte integrante), il Curatore, ……., con la sottoscrizione del

presente atto, restituisce l’immobile descritto al punto a) delle

premesse alla proprietaria …….. spa che lo accetta nello stato in cui

si trova, senza nulla eccepire o pretendere al riguardo dal fallimento

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per qualsiasi titolo o ragione. La consegna materiale dell’immobile

avviene mediante la consegna delle chiavi presso lo studio del

curatore fallimentare al momento della sottoscrizione del presente

atto.

La …..srl ha già sottoscritto un contratto di locazione

finanziaria, relativamente all’immobile di cui sopra per l’importo

finanziato di euro …….

La ……… spa versa, al momento della sottoscrizione del

presente atto, l’importo di euro ……… a mezzo tre assegni circolari

n.t. intestati a ……... Gli assegni vengono consegnati al curatore che

ne rilascia ampia quietanza e allegati al presente atto in copia (all. D copia assegni)

La stessa …….leasing consegna l’immobile di cui sopra,

mediante la consegna delle chiavi, alla ……. srl che dichiara di avere

preso visione del predetto immobile e di accettarlo nello stato in cui si

trova senza nulla potere eccepire o pretendere.

Con la sottoscrizione del presente atto il fallimento …… e la

…… spa dichiarano di non avere più nulla reciprocamente da

pretendere in relazione al contratto di locazione finanziaria di cui alle

premesse. Pertanto viene tra loro definita in via transattiva ogni e

qualsiasi posizione, controversia o lite anche potenziale e le stesse

parti dichiarano di rinunciare, l’una nei confronti dell’altra, a qualsiasi

pretesa, azione ed eccezione di qualsiasi tipo o genere, nulla escluso o

riservato.

Eventuali oneri fiscali relativi al presente atto saranno a carico

della …… srl

Napoli, ….

6. Esempio atto di vendita

Repertorio N. Raccolta N.

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VENDITE FALLIMENTARI

REPUBBLICA ITALIANA

L'anno duemilatredici il giorno ……….del mese di ……….in

……….e nel mio studio al ………..

Innanzi a me dott. ………… notaio in …………, iscritto nel Ruolo

dei notai del Distretto Notarile di …………………..,

SONO PRESENTI

Per la parte venditrice:

- …………….. nato a …………. il ………….e domiciliato presso il

proprio studio in ………… alla …………; il quale dichiara di

costituirsi nel presente atto nella qualità di curatore fallimentare del

fallimento: - ………………….. con sede legale in

…………………… n. ……; codice fiscale e numero di iscrizione nel

Registro delle Imprese di Napoli: ……………, iscritta nel Repertorio

Economico Amministrativo al n. …………, duratura fino al

………….. Fallimento dichiarato in data …………., n. …./…, come

da estratto autentico della sentenza dichiarativa di fallimento che

trovasi allegato sotto la lettera "A" ad atto mio del ………., repertorio

n. ……, registrato a ……………. il ………… al n. ………. e

trascritto a ……….. il ……… al n. ……….

Esso ………….. è a quest'atto legittimato in virtù della

autorizzazione dell’Ill.mo Gd del fallimento in esito alla relazione ex

art. 107 l.fall. posta in essere in esecuzione del programma di

liquidazione.

Relazione in esito alla quale il curatore è autorizzato a stipulare

il presente atto con la società acquirente.

Atto che, in copia conforme rilasciata dal Tribunale di ………..

in data …… a quest'atto si allega, per estratto, sotto la lettera "A".

Per la parte acquirente: - La società ……………………….. con sede legale in

……………………….. (NA) alla via ……………….. codice fiscale

e numero di iscrizione nel Registro delle Imprese di …………:

……………… , iscritta nel Repertorio Economico Amministrativo al

n. …………, duratura fino al ……….., …………...

Detti comparenti, della cui identità personale io Notaio sono

certo, nella loro rispettiva qualità, dichiarano e premettono:

- CHE in esito al fallimento della società di cui sopra è stata

appresa , all’attivo della…., immobile sito in ………, come appresso

identificato.

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49

- CHE la società per azioni con socio unico denominata

"………... - …………………." è intenzionata ad acquistare l’

immobile sito in ………….., ………… e riportati nel Catasto

Fabbricati al foglio …….,

- CHE quindi la costituita società "……………….." come

risulta anche dal verbale ricevuto da me Notaio in data …… ha

proposto per l'acquisto dell’ immobile sopra identificato , la somma di

Euro …………. oltre imposte e oneri anche notarili.

- CHE la …………….. ha accettato – con consenso qui

ribadito - le condizioni del regolamento pubblicato dalla procedura

…………………… ;

Tanto premesso e dichiarato, da valere parte integrante e

sostanziale del presente atto, le parti costituite addivengono a quanto

segue ognuno per quanto di propria competenza.

Art. 1) la vendita è così realizzata

A) Il costituito …………, nella qualità di curatore fallimentare

del fallimento "………………. ", vende e trasferisce, nel modo di

seguito descritto, in favore della società per ……………….. che,

come in epigrafe costituita e rappresentata, accetta ed acquista, la

piena proprietà dell’immobile sito in Comune di ……………….,

…………….., via ……………………), e precisamente:

- fabbricato …………………….;

Le planimetrie di detta unità immobiliari sono esistenti e reperibili in

catasto.

Il prezzo della vendita viene dalle parti convenuto in euro euro

…………….,00 oltre imposte, oneri anche notarili

Art. 2) La parte precisano che la vendita è fatta ed accettata

corpo e non a misura nello stato di fatto e di diritto in cui quanto

venduto si trova, con ogni azione e ragione, annessi e connessi, usi e

diritti, attinenze, pertinenze, accessioni, accessori, servitù attive e

passive, nulla escluso od eccettuato; il tutto come pervenuto e

posseduto dalla società "…………..".

Art.3) Il prezzo della vendita è stato dalle parti, come costituita

e rappresentata, dichiarato e convenuto in questi termini :

euro ……………,00.

Ad ogni effetto di legge la parte venditrice, come costituita e

rappresentata, dichiara, in via sostitutiva di atto di notorietà ai sensi

del DPR 445/2000, e consapevoli delle responsabilità penali in caso

di dichiarazione mendace nonché dei poteri di accertamento

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50

dell’amministrazione finanziaria e della sanzione amministrativa

applicabile in caso di omessa, incompleta o mendace indicazione dei

dati, che la somma come sopra convenuta per la vendita viene

corrisposta come segue:

- quanto ad Euro …………….. imputando a prezzo la cauzione a suo

tempo versata a mezzo assegni circolari …..

- quanto ad Euro…………

- quanto ad Euro ……….

Il fallimento …………………, come costituito e rappresentato,

stante il pagamento come sopra effettuato e salvo il buon fine dei

menzionati assegni circolari, rilascia in favore della società acquirente

ricevuta dell'intero prezzo di vendita, fermo restando la verifica

dell’Ill.mo GD ex art. 108, 2 comma, l. fallimentare.

“Ad ogni effetto di legge le parti, come costituite e

rappresentate, dichiarano, in via sostitutiva di atto di notorietà ai sensi

del DPR 445/2000, e consapevoli delle responsabilità penali in caso

di dichiarazione mendace nonché dei poteri di accertamento

dell’amministrazione finanziaria e della sanzione amministrativa

applicabile in caso di omessa, incompleta o mendace indicazione dei

dati, che le presenti compravendite sono state concluse senza alcuna

spesa di mediazione ai sensi degli artt. 1754 ss. c.c.”.

Art.4) La società acquirente, per quanto attiene alla vendita,

come in epigrafe costituita e rappresentata, rinuncia a qualsiasi

garanzia per vizi, evizione e mancanza di qualità, quantità, regolarità

edilizio urbanistica, regolarità catastale, agibilità e certificazione

energetica.

Pertanto la parte, come in epigrafe rappresentate, specifica che

le vendita è a “rischio e pericolo” della società acquirente.

In nessun caso - di vizi, evizione, mancanza di qualità quantità

anche relativa alla precisa individuazione dei confini e diritti di terzi,

mancanza di regolarità urbanistico edilizia ed agibilità, conformità

catastale, energetica e/o qualsiasi altro motivo o causa o fatto - la

parte acquirente potrà pretendere alcunché dalla procedura venditrice

a titolo esemplificativo, la risoluzione del contratto, il risarcimento

dei danni subiti, la restituzione del prezzo pagato, il rimborso delle

spese.

E tanto anche con espressa deroga alle disposizioni di cui

all’art.1489 c.c. ed alle garanzie da essa previste alle quali

espressamente l’acquirente rinuncia.

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51

In merito, la società acquirente, come costituita e rappresentata,

ribadisce tale espresso esonero nonchè idonea garanzia di manleva e

di esonero da responsabilità nel caso di esercizio dell’eventuale diritto

di prelazione o riscatto da parte di terzi e/o di richieste di terzi in

generale.

La società acquirente, inoltre, prende atto sin d'ora ed accetta

che la società venditrice non presta alcuna garanzia in merito ad

eventuali problematiche ambientali ed ecologiche che dovessero

interessare gli immobili, nonché il suolo ed il sottosuolo dell'intero

compendio immobiliare oggetto del presente contratto, facendosi

carico la medesima società acquirente di ogni onere e costo per

eventuali interventi di bonifica. Il curatore fallimentare del fallimento

………. dichiara - pur non essendone tenuto e senza per questo

fornire alcuna garanzia alla quale l'acquirente rinuncia essendo la

vendita a suo rischio e pericolo - di avere ricevuto attestazioni di

conformità catastale da parte dell’architetto …………….. il quale -

nella sua qualità di "tecnico abilitato" e nell'ambito dell'attività svolta

ex art. 107 l. fall. a favore del fallimento - ha rilasciato attestazione di

conformità ex art. 29 comma 1 bis l. 52/1985. Attestazione che viene

consegnata dal curatore al notaio rogante per essere allegata sotto la

lettera " " e " ".

La società acquirente, come costituita e rappresentata, dichiara

di essere a conoscenza che:

- l’ immobile "………………….", è gravato delle seguenti formalità

………………:

TRASCRIZIONE NN. …………… del ………., derivante da

atto giudiziario del Tribunale di ………. in data ……….., numero di

repertorio ………., avente ad oggetto estratto di sentenza dichiarativa

di fallimento, presa a favore ………… con sede in ……, codice

fiscale: …………,

TRASCRIZIONE NN. ……… del ……………. - nascente da

atto giudiziario del di ……., rep…….., Tribunale di Napoli codice

fiscale …….., sede ……, avente ad oggetto Estratto di Sentenza

Dichiarativa di Fallimento

(relativamente all'immobile censito al foglio ……., p.lla ……., sub.

……….)

TRASCRIZIONE NN. ……… del ……… - atto giudiziario

del ………. numero di repertorio ………., pubblico ufficiale

Tribunale di ……., codice fiscale ………, sede …, Decreto di

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Ammissione Concordato Preventivo;

(relativamente all'immobile censito al foglio ….., p.lla ……, sub.

………)

ISCRIZIONE NN. ……….. del …………..

(relativamente agli immobili censiti al foglio ……., p.lla ……..sub.

…….. e p.lla …….sub. ..)

ISCRIZIONE NN. ……… del ………….

(relativamente agli immobili censiti al foglio ……, p.lla …… sub.

….., p.lla ……….. e p.lla ……….)

ISCRIZIONE NN. …….. del ………

(relativamente agli immobili censiti al foglio ….., p.lla … sub. … e

p.lla …. sub. 1)

ISCRIZIONE NN… del …….

ISCRIZIONE NN. …. del ….

ISCRIZIONE NN. …. del ….

(relativamente agli immobili censiti al foglio …., p.lla … sub. ...e

p.lla ….. sub. 1)

ISCRIZIONE NN. ……… del ………

ISCRIZIONE NN. …… del ……

ISCRIZIONE NN. …… del ……

Il notaio rogante, ricevuto il decreto di cui all'art.108, secondo

comma, l.fall., curerà materialmente la realizzazione della

cancellazione disposta dall’ Ill.mo G.D. nel decreto stesso.

Tanto come espresso nel regolamento di vendita accettato dalla

società acquirente che a ciò si impegna.

La società acquirente ribadisce che la cancellazione avverrà a

proprie spese senza che nulla possa pretendere dal fallimento.

Sicché la curatela sarà tenuta unicamente a richiedere

l’emissione del provvedimento al GD della procedura ed – agli esiti

– spedire al notaio rogante copia conforme della relazione e del

relativo decreto ex art. 108 l.fall.

Ciò senza che nulla altro la società acquirente possa richiedere

al fallimento a qualsiasi titolo.

Art.5) Il Fallimento ………….. , come costituito e

rappresentato, dichiara:

- che quanto oggetto delle vendita è pervenuto alla fallita

società "……………." in virtù di atto a rogito del notaio ……….. del

………, registrato a ……….. il ………….. al n. ………e trascritto a

……. il ……… ai nn. ……., con il quale la società ……. ebbe a

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fondersi, mediante incorporazione, nella società …….. …….. con

decorrenza dal ……..;

Art. 6) La società acquirente viene immessa, con la firma del

presente contratto, nel possesso legale e materiale dell’ immobile

acquistati, e da oggi vantaggi ed oneri relativi andranno

rispettivamente a suo favore e carico.

Tanto senza che nulla altro il venditore debba fare.

Il possesso materiale dell’ immobile viene trasferito, alla

società acquirente, mediante la consegna simbolica delle chiavi,

senza che nulla altro il fallimento debba fare e l’acquirente possa

pretendere. Consegna che avviene – dianzi a me notaio – da parte

del venditore a favore della ……. Il possesso viene trasferito nelle

condizioni – ben note all’acquirente - in cui il bene si trova all’atto

della vendita senza che nulla la parte acquirente possa eccepire,

vantare e/o pretendere dal venditore a qualsiasi titolo.

Art. 7) Il fallimento, come in epigrafe costituito e

rappresentato, dispensa il competente Direttore dell'Agenzia del

Territorio - Servizio di Pubblicità Immobiliare - dall'iscrivere ipoteca

legale in dipendenza di questo atto all'uopo esonerandolo da ogni

responsabilità.

Art. 8) La società acquirente, come in epigrafe costituita e

rappresentata, rinuncia a qualsiasi garanzia per vizi, evizione e

mancanza di quantità e qualità del bene come detto sopra.

Art. 9) Le spese del presente atto e dipendenti sono a carico

della società acquirente, la quale, come in epigrafe rappresentata, si

obbliga a manlevare, a prima richiesta, il fallimento per qualsiasi

ulteriore onere e passività di qualsiasi natura anche tributaria pure se

derivante da accertamenti tributari anche di valore.

Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 10 comma 1 n. 8) e 8-ter) del

D.P.R. 633/1972, come modificato dal D.LGS. 223/2006, convertito

nella Legge 248/2006 la parte venditrice ha optato (ai sensi dell'art.

10, n. 8-ter), DPR 26 ottobre 1972 n. 633) per l'applicazione

dell'imposta sul valore aggiunto e conseguentemente la relativa

fatture di vendita sarà emessa, a norma dell'art. 17 del DPR 26 ottobre

1972 n. 633, modificato dal D.L. 22 giugno 2012 n. 83, senza

indicazione dell'aliquota e dell'importo dell'imposta e contenente

l'espresso riferimento al comma 6 dell'art. 17.

La parte acquirente dichiara di essere a conoscenza di assumere

la qualità di soggetto passivo dell'imposta e degli adempimenti posti a

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suo carico dalle citate disposizioni e, in particolare, dell'obbligo di

integrare la fattura con l'indicazione dei suddetti dati.

Le presente vendita è sottoposta ad imposta di registro nella

misura di Euro ………….. nonchè imposte ipotecarie e catastali nella

misura del 3% ed 1% in quanto trattasi di beni strumentali per natura.

I costituiti, nelle rispettive qualità, acquisita l'informativa ai

sensi dell'art. 13 del D.Lgs n. 196/2003, prestano il consenso al

trattamento dei loro dati personali qui forniti.

Le parti mi dispensano dalla lettura degli allegati per averne

esatta e preventiva conoscenza.

Richiesto ho ricevuto il presente atto ed ho dello stesso dato

lettura alle parti che, approvandolo e confermandolo, lo sottoscrivono

con me notaio alle ore…….Consta di quattro fogli, scritti con sistema

elettronico da persona di mia fiducia e completati di mio pugno, su

………facciate e la …….fin qui.

7. Esempio atto di cessione di azienda

SONO PRESENTI

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Per la parte venditrice :

il Dott. ……… nato a ……….. il ………. ed ivi domiciliato

alla ………….; nella qualità di curatore fallimentare del fallimento:

- della società "……………." con sede legale in ………. alla

………, codice fiscale e numero di iscrizione nel Registro delle

Imprese di …………, iscritta nel Repertorio Economico

Amministrativo al n. ………….. Fallimento dichiarato in data ……..

n………… come da estratto autentico della sentenza dichiarativa di

fallimento qui allegato sotto la lettera "A"; esso Dr. …………. è a quest'atto autorizzato - in conformità al

programma di liquidazione approvato dall’Ill.mo Giudice delegato

dott. …………… in data ……………. - in ragione della

relazione ex art. 107 l.fall.. Relazione nella quale il curatore stesso

ha: 1) informato Giudice Delegato degli esiti della procedura

competitiva; 2) la …………….. è risultata “soggetto selezionato”

nell’ambito della procedura competitiva stessa; 3) il curatore

fallimentare è stato autorizzato – dall’Ill.mo Giudice delegato - alla

vendita della azienda a favore della società …………….. Relazione e

provvedimento che, in copia conforme rilasciata dal Tribunale di

…………. data ……….., a quest'atto si allega sotto la lettera "B"; Per la parte acquirente:

………….. nato …………. il ………….. nella qualità di

………… della società …………... con sede legale in ………… alla

via …………., ove per la carica domicilia, codice fiscale e numero di

iscrizione presso il Registro delle Imprese di ……….. e n……………

del R.E.A., duratura fino al …………..; a quest'atto autorizzato giusta

verbale del Consiglio di Amministrazione del

che in copia per estratto autenticata da me notaio in

data rep. n. si allega alla presente sotto la lettera "C"; Detti comparenti, della cui identità personale io Notaio sono

certo, nella loro rispettiva qualità, dichiarano e premettono:

- CHE in data ……….., la medesima società "……….." come

risulta da verbale per me Notaio del ……………, ha proposto per

l'acquisto della azienda di che trattasi, il prezzo di Euro ……….

(Euro …………….);

- CHE in detta proposta si accettano – con consenso qui

ribadito - le condizioni del regolamento pubblicato dalla procedura

fallimentare;

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- CHE detta proposta è stata ritenuta conforme al programma

di liquidazione ex art. 104 ter l. fall. sicché la società ………. è stata

scelta quale “soggetto selezionato” dalla procedura concorsuale ed il

curatore è stato autorizzato alla vendita dell’azienda ed ha dato corso

all’attività informativa ex art. 107 l. fall.

- CHE, a quanto risulta dalle attività di ricostruzione del

patrimonio fallimentare operate dalla curatela – e senza che sia fornita

alcuna garanzia al riguardo da parte della procedura concorsuale – la

…………. in bonis svolgeva l’attività relativa a …………………….

Tanto in ragione di ……….. e disponendo dei locali di

………….. in ragione di un contratto di sublocazione datato ……….

e stipulato con la società ……….. p.iva …………..

Tanto premesso e dichiarato, da valere parte integrante e

sostanziale del presente atto, le parti costituite addivengono a quanto

segue.

Art.1 – Il fallimento della società "……….", come

rappresentato, cede e vende alla società "………….." che, come

rappresentata, accetta ed acquista l’azienda avente ad oggetto

“………………………………. “.

Le parti specificano che l’azienda ceduta è composta

esclusivamente da: a) tutti i beni in blocco situati all’atto del

trasferimento presso i locali di pertinenza della ……………… siti

nello stabile di Via …………………, nello stato di fatto e di diritto e

nella consistenza in cui essi si trovano all’atto del trasferimento della

proprietà che avviene con la firma del presente contratto e secondo

l’elenco esemplificativo di cui all’allegato sub D) che riproduce

quanto riportato nel regolamento; b) il consenso della procedura

fallimentare a favore dell’acquirente, che accetta, al trasferimento

del contratto di sublocazione di cui in premessa ex art. 2558 c.c. con

le conseguenze di legge in tema di cessione del contratto in guisa che

il cedente sia liberato – ed a tanto si obbliga l’acquirente - dalle

eventuali obbligazioni verso il contraente ceduto.

Il tutto senza che la procedura concorsuale assuma alcun onere

od obbligo onde favorire o realizzare l’”accreditamento” in capo

all’acquirente, né il subentro nel contratto di sublocazione

Le parti espressamente precisano che sono esclusi dalla

cessione i crediti ex art. 2559 c.c. ed i debiti ex art. 2560 c.c., i quali

resteranno rispettivamente a favore ed a carico del fallimento.

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Art.2 - La cessione viene effettuata per il prezzo di euro

…………. (………………….. virgola zero).

Ad ogni effetto di legge le parti dichiarano, in via sostitutiva di

atto di notorietà ai sensi del DPR 445/2000, e consapevoli delle

responsabilità penali in caso di dichiarazione mendace nonché dei

poteri di accertamento dell’amministrazione finanziaria e della

sanzione amministrativa applicabile in caso di omessa, incompleta o

mendace indicazione dei dati, che la somma come sopra convenuta

viene regolata come segue:

- quanto ad Euro ………… mediante assegno circolare …..

- quanto ad Euro…..mediante assegno circolare …

La parte venditrice, come in epigrafe costituita e rappresentata,

stante il pagamento come sopra effettuato, accusa in favore della

società acquirente ricevuta dell'intero prezzo di vendita, fermo

restando il buon fine degli assegni circolari di cui sopra.

Art.3) La società acquirente, come in epigrafe costituita e

rappresentata, rinuncia a qualsiasi garanzia per vizi, evizione e

mancanza di qualità dei beni e della azienda.

La vendita avviene, pertanto, senza garanzia di vizi, evizione e

mancanza di qualità sicché l'alienazione dell’azienda avviene nello

stato di fatto e diritto in cui il complesso di beni si trova all’atto del

trasferimento, in guisa che la vendita è da intendersi a “rischio e

pericolo” dell’acquirente.

In nessun caso - di vizi, evizione, mancanza di qualità o altro -

il compratore potrà pretendere il risarcimento dei danni subiti, la

restituzione del prezzo pagato, il rimborso delle spese ed ogni altra

pretesa.

In particolare – per espressa previsione del regolamento ed

accordo delle parti - la procedura presta il proprio consenso

unicamente alla vendita dei beni in blocco ed il consenso alla

cessione del contratto di sublocazione, sicché – ferma restando

l’assenza di alcuna garanzia – nulla potrà essere richiesto alla

procedura ove non si ottenga il riconoscimento “ dell’accreditamento”

da parte delle autorità competenti e/o non si realizzi il subentro nel

contratto di sublocazione ex art. 2558 c.c. L’acquirente dichiara

altresì che la vendita dei beni compresa nella azienda è da

considerarsi in blocco nella consistenza all’atto del trasferimento

sicché, anche ove dovessero mancare dei beni rispetto all’inventario

allegato sub D, nulla potrà essere eccepito o richiesto alla procedura,

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58

data la natura di vendita in blocco ed a rischio e pericolo

dell’acquirente.

Art. 4) Le parti precisano altresì che - anche ai sensi dell’art.

1424 c.c. - ove la vendita della azienda non possa essere realizzata, il

presente contratto assuma gli effetti del contratto di vendita dei beni

in blocco come da allegato D a parità di prezzo sicché nulla possa

essere preteso, da parte dell’acquirente, dalla procedura anche

nell’ipotesi di nullità del trasferimento di azienda. Tanto visto anche

che il contratto assumerà, in tal caso a parità di prezzo, la efficacia di

contratto di vendita in blocco dei beni a rischio e pericolo

dell’acquirente il quale rinuncia anche in tale ipotesi a qualsiasi

garanzia di vizi, evizione, mancanza di qualità o altro. Sicché in

nessun caso - di vizi, evizione, mancanza di qualità o altro - il

compratore potrà pretendere il risarcimento dei danni subiti, la

restituzione del prezzo pagato, il rimborso delle spese ed ogni altra

pretesa.

Art. 5) L’acquirente si obbliga espressamente – per qualsiasi

ipotesi in cui non dovesse subentrare nel contratto di sublocazione ex

art. 2558 c.c. – a spostare e trasportare i “beni in bocco” in altro sito

nel termine di 90 giorni e con relativo accollo degli oneri. Si obbliga

altresì a manlevare la procedura concorsuale da qualsiasi onere e/o

richiesta.

Art. 6) Le parti precisano che – senza che il fallimento assuma

alcuna obbligazione ovvero onere e ferma restando l’assenza di

qualsivoglia garanzia e responsabilità – la procedura concorsuale, ove

fosse espressamente ritenuto necessario dalla …………..,

acconsentirà alla voltura, a favore della …………..,

dell’accreditamento della autorizzazione all’esercizio della

…………………… rilasciato in capo alla ……………… in bonis.

Tanto sempreché ciò non comporti alcun onere o responsabilità

per il fallimento anche nei confronti di terzi.

Art.7) La società acquirente viene immessa con la firma del

presente contratto nel possesso legale dell’azienda. Il possesso

materiale dell’azienda viene acquisito, con la consegna dianzi a me

notaio, delle chiavi dei locali di cui è in possesso il curatore.

La stessa società acquirente, come in epigrafe costituita e

rappresentata, dispensa il venditore dal prestare ogni e qualsiasi

garanzia per vizi, evizione e mancanza di qualità relativi alla vendita

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59

in oggetto sia essa relativa alla azienda ovvero ai beni, anche nella

loro consistenza numerica, in blocco pure per l’ipotesi di cui all’art.4

La vendita è, in ogni caso, a rischio e pericolo dell’acquirente.

Art. 8) Le spese del presente atto e dipendenti sono a carico

della società acquirente la quale si obbliga a manlevare, a prima

richiesta il fallimento, per qualsiasi ulteriore onere di qualsivoglia

natura anche tributaria e quindi anche in esito ad “accertamenti di

valore” o altri accertamenti connessi al presente atto.

Le parti mi dispensano dalla lettura degli allegati per averne

esatta e preventiva conoscenza.

I sottoscritti richiedono che il presente atto venga depositato tra

quelli del Notaio autenticante.

Allegato D) Elenco beni un apparecchio …………, marca ………., classe ……….. tipo

………..; un apparecchio …………, marca ………., classe ………..

tipo ………..; 2 apparecchi ………., modello ……..; taluni arredi

quali sedie lettini, armadi, scrivanie.

8. relazione ex art. 108 l.fall.

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60

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI NAPOLI SEZIONE FALLIMENTARE

ILL.MO GIUDICE DELEGATO DOTT. ……..

Fallimento ……………….

Istanza ex art. 108, II comma, l.fall Ill.mo GD, il ……… curatore del fallimento in epigrafe, espone

quanto segue

PREMESSO Che il Tribunale di Napoli, con sentenza del giorno

…………… ha dichiarato il fallimento della società …………" con

sede legale in Napoli ……..; codice fiscale ………..

Che il fallimento ha acquisito all’attivo il seguente immobile:

“……………………

Che su detto bene esistono le seguenti iscrizioni e trascrizioni

pregiudizievoli come riferisce la relazione ventennale del Notaio

incaricato ( all. 1 relazione ventennale): TRASCRIZIONE NN.11088/8737 del 13/03/2012 nascente

da atto giudiziario del di …….., Tribunale di Napoli codice fiscale .,

sede Napoli, avente ad oggetto Estratto di Sentenza Dichiarativa di

Fallimento. A favore di: FALLIMENTO ………… . ISCRIZIONE NN.8421/1739 del 22.02.2010 ……………; ISCRIZIONE NN.52769/10225 del 03.12.2010 …………… .

Che in esito al programma di liquidazione, lo scrivente

curatore è stato autorizzato a procedere alla liquidazione del bene

suddetto in esito alla procedura competitiva ed ad apposita relazione,

nella quale è stato autorizzato a dare corso alla vendita (all. 2 relazione ex art. 107 l.fall.).

Che, in data ….., è stato stipulato, in conformità alla detta

relazione ed al relativo provvedimento autorizzatorio, il contratto di

vendita – per atto ………. - ed il prezzo, di …….. - relativo alla

vendita dell’immobile ……. - è stato interamente riscosso, come si

evince dall’atto medesimo (all. 3 fotocopia atto pubblico del ……). Che in particolare il prezzo di euro ………. è stato pagato

mediante assegni circolari (all. 4 fotocopia assegni).

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61

Assegni circolari che lo scrivente curatore ha provveduto a

versare sul conto della procedura in data ……………. (all. 5 distinta versamento ed estratto conto).

Che si rende ora pertanto necessaria l’emissione del decreto

col quale la S.V.Ill.ma ordini “ la cancellazione delle iscrizioni

relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei

pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo” (

cfr art. 108 l.fall.). Tanto con oneri a carico dell’acquirente il quale ha

provveduto a versare già la provvista al Notaio che si occuperà –

come da regolamento della procedura – della materiale attività di

cancellazione.

Che tale ordine viene impartito dall’Ill.mo GD al verificarsi

delle due condizioni: a) dell’avvenuta vendita (qui determinatasi in

relazione all’atto del Notaio …………), b) dell’incasso del prezzo

(verificatosi in esito alla consegna degli assegni circolari versati sul

conto della procedura). Ed infatti la norma richiede, ai fini della

cancellazione quanto sopra disponendo: “per i beni immobili e gli

altri beni iscritti nei pubblici registri, una volta eseguita la vendita e

riscosso interamente il prezzo, il giudice delegato ordina, con

decreto, la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di

prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri

conservativi e di ogni altro vincolo”.

CHIEDE che la S.V. Ill.ma voglia ordinare la cancellazione delle

seguenti formalità pregiudizievoli.

TRASCRIZIONE NN. 17578/13551 ……… diritto di proprietà per

la quota di 1/1; ………. ISCRIZIONE NN.8421/1739 del

22.02.2010 ..; ISCRIZIONE NN.52769/10225 ……………..

Chiede infine la cancellazione di ogni eventuale, altro e ulteriore vincolo ex art. 108 l.fall. e quindi di “ogni altra iscrizione

relativa ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei

pignoramenti, dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo”.

Il tutto con esonero da parte del Conservatore da ogni responsabilità

al riguardo.

Napoli, ……….

Con osservanza

PARTE II ( PARTE TEORICA)

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62

1. Riflessioni in tema di criteri di redazione del

programma di liquidazione. La liquidazione dell’attivo fallimentare si attua – secondo il

modello che deve ritenersi generale - mediante un atto a formazione

complessa redatto dal curatore e condiviso dagli altri organi della

procedura ( giudice delegato e comitato dei creditori).

Si tratta di un atto strategico dove vengono disegnate le future

modalità di realizzo dell’attivo che poi il curatore è tenuto a realizzare

ex art. 38 l.fall.

Il programma di liquidazione costituisce quell’atto a

formazione progressiva e plurisoggettivo - in quanto condiviso, a

vario titolo, dagli organi della procedura - nell’ambito del quale si

pianifica la liquidazione dell’attivo fallimentare in guisa da dotare la

stessa di un elemento di efficienza collegato all’essenza stessa della

programmazione, a sua volta, elemento di ottimizzazione di

qualsivoglia attività.

Infatti - dall’ analisi del contesto disciplinare - si evince

come lo stesso si regga su taluni principi cardine rappresentati dalla

“programmazione condivisa”, dalla “omnicomprensività”, dalla

“ricerca della universalità ”, dalla “celerità “, dalla

“deformalizzazione”, dalla “esecuzione controllata”. Ed invero, in

prima analisi, viene esplicitata la funzione pianificatoria e di indirizzo

del programma, sì da confermare come la “pianificazione” sia

elemento che permea di sé l’intera procedura concorsuale dato che il

legislatore definisce il programma, in seno all’art.104 ter l.fall.:

“l’atto di pianificazione e di indirizzo in ordine alle modalità e ai

termini previsti per la realizzazione dell’attivo”.

In questo modo, si pone l’accento sulla valenza di indirizzo generale

del programma onde esaltarne la funzione centrale in seno alla

procedura fallimentare ed al fine di evidenziare come, di per sé, la

pianificazione sia elemento di ottimizzazione delle risorse dato che il

processo di trasformazione, dell’attivo in danaro, è ottimizzato

laddove sia realizzato nel quadro di un razionale programma di

liquidazione predisposto dal curatore”.2 Si consacra la valenza del

2 A riprova della valenza fondamentale del programma sta il tenore della

norma di cui all’art. 104 ter, VI comma, c.c., in ragione della quale “prima della

approvazione del programma, il curatore può procedere alla liquidazione di beni

… solo quando dal ritardo può derivare pregiudizio all’interesse dei creditori”.

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63

programma quale “manifesto”3 analitico della liquidazione

dell’attivo come desunta dall’interpretazione dell’art.104 ter l.fall. già

nella sua originaria formulazione nel senso che - si badi bene -

l’accento sulla valenza pianificatoria e di indirizzo non determini però

un arretramento del principio di analiticità4 ossia della necessità di

indicare, in maniera puntuale, modalità e termini della liquidazione in

modo che – una volta approvato il piano - si possa immediatamente

passare all’ esecuzione degli atti autorizzati senza bisogno che su di

essi si esprima ulteriormente alcuna altra autorizzazione. La

pianificazione è da intendersi allora come programmazione analitica

delle modalità attraverso le quali si intende trasformare in danaro il

patrimonio del soggetto fallito e non come mera “dichiarazione di

intenti”. Tanto come si evince da una serie di elementi di natura

sia letterale che logica.

Sotto il primo aspetto, è lo stesso legislatore a precisare,

immediatamente dopo avere esaltato la valenza pianificatoria e di

indirizzo del programma, il suo contenuto analitico richiedendo che lo

stesso specifichi ( “deve specificare”) una serie di elementi che ne

costituiscono il contenuto minimo quali : “ a) l’opportunità di

disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, o di singoli rami di

azienda, ai sensi dell’art. 104, ovvero l’opportunità di autorizzare

l’affitto dell’azienda o di rami a terzi ai sensi dell’art.104 bis; b) la

sussistenza di proposte di concordato ed il loro contenuto;c) le azioni

risarcitorie recuperatorie o revocatorie da esercitare ed il loro

possibile esito; d) le possibilità di cessione unitaria dell’azienda, di

singoli rami, di beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco; e)

le condizioni della vendita dei singoli cespiti”. La necessaria

specificazione dei detti elementi reca con sé un elevato grado di

analiticità dato che non è possibile specificare, ad esempio, le azioni

risarcitorie e recuperatorie da esercitare ed il loro possibile esito se

non si usa il dovuto grado di analiticità ricostruttiva nell’esporre le

azioni da intraprendere considerando anche il loro possibile risultato;

né è pensabile specificare le “condizioni di vendita dei singoli cespiti”

se non si espone in maniera dettagliata come sarà realizzata la

Il “solo” lascia intendere la natura eccezionale delle deroghe alla

programmazione. Sul punto ESPOSITO, Il programma di liquidazione, cit, 9;

ID, Sub art.104 ter, op.cit., 1671, nt 3.

3 PANZANI, Il programma di liquidazione, Fallimento, 2005, 1065

4 ESPOSITO, Il programma di liquidazione, op.cit., 291.

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64

procedura competitiva, in ottemperanza al disposto di cui all’art.107

l.fall. del quale è necessario avere sistematicamente considerazione.

Lo stesso vale nell’esposizione dell’opportunità di predisporre

l’esercizio provvisorio dato che la pianificazione di tale evento non

può risolversi in una mera “dichiarazione di principio” dovendo

essere supportato da analitiche e precise informazioni su cui

consentire il vaglio dell’autorizzazione.

L’analiticità – e si giunge all’aspetto sistematico – non è fine a

se stessa ma è un presupposto necessario alla massimizzazione

dell’attivo visto che, se nel programma sono indicati dettagliatamente

i singoli atti da compiere nelle loro modalità e termini, gli stessi

potranno, all’esito dell’approvazione del programma e delle

contestuali autorizzazioni del giudice delegato, essere

immediatamente realizzati dal curatore, sì da rispettare il requisito

della celerità che richiede il realizzo dell’attivo nel minore tempo

possibile, laddove nel caso in cui il curatore fosse indotto, dalla sua

stessa mancanza di analiticità, a chiedere nuove autorizzazioni,

allorquando l’atto di liquidazione venga analiticamente individuato, si

inciderebbe negativamente sulla celerità stessa visto che il curatore,

nonostante approvato il programma di liquidazione, non potrebbe

compiere atti di liquidazione dovendo richiedere apposita ed ulteriore

autorizzazione in un momento successivo, sicché il programma si

risolverebbe in una mera petizione di principio. Ragionando al

contrario, rimarrebbe “lettera morta” anche l’ultimo comma dell’art.

104 ter l.fall. laddove si dispone che il giudice delegato “ autorizza

l’esecuzione degli atti ad esso conformi”, visto che la mancanza di

analiticità impedirebbe l’autorizzazione quale elemento che elimina

l’ostacolo al compimento di un atto e dato che, intanto si può

autorizzare il compimento di un atto, in quanto lo stesso sia

individuato secondo i criteri di determinatezza che caratterizzano ogni

attività negoziale.

L’ analiticità5 è poi concetto immanente alla pianificazione e

quindi allo stesso “programma di liquidazione” essendo necessario

che il piano sia tale da potere costruire, sulla base di esso, l’“edificio”

della conversione dei valori in denaro, in guisa che le operazioni di

5 ESPOSITO, sub art. 104 ter, op.cit., 1722; DE CRESCENZO-

PANZANI, Il nuovo diritto fallimentare, in Collana di diritto fallimentare,

(diretta da) PANZANI, Milano, 2005, 117. Sul tema PANZANI, Il programma

di liquidazione, op. cit., 1066.

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65

liquidazione possano essere realmente di riferimento al programma

stesso, senza necessità che l’ufficio “torni sulla vicenda”

nuovamente, con inutile spreco di risorse e di tempi, sicché non

servono dichiarazioni di intenti o di principio, prive di significato

concreto, ma programmi che possano essere immediatamente attuati

attraverso il passaggio diretto alla fase operativa. E del resto, se così

non fosse, il programma perderebbe di significato, divenendo un

inutile appesantimento visto che, nonostante l’approvazione degli

specifici atti stabiliti in esso, il curatore sarebbe tenuto nuovamente a

richiedere apposita autorizzazione potendo scegliere, altresì, se dare

corso o meno a quanto programmato.

Il programma, intanto è elemento di efficienza, in quanto - una

volta approvato dal comitato dei creditori ed ottenuta l’autorizzazione

degli atti ad esso conformi dal giudice delegato – sia possibile

l’immediato passaggio alla fase successiva: quella del realizzo, ossia

l’esecuzione delle operazioni pianificate sicché la “modalità” può

dirsi correttamente esposta laddove possa affermarsi che, in esito alla

approvazione del programma ed all’autorizzazione del giudice, il

curatore non debba fare altro che seguire il percorso delineato in tutti

i suoi aspetti, onde provvedere alla vendita o all’atto di liquidazione,

sì da rispettare anche il disposto di cui all’art.38 l.fall. che gli impone

di adempiere ai doveri derivanti dal piano di liquidazione approvato.

Si vuole dire, allora, che la scelta liquidatoria programmata deve

essere adeguatamente rappresentata e contenere i riferimenti di

dettaglio tali che il curatore possa realizzarlo, il giudice delegato ed il

comitato dei creditori possano verificare – al momento opportuno

sancito dall’art. 107, IV comma, l. fall. – la corrispondenza tra quanto

programmato approvato e autorizzato e quanto effettivamente

realizzato, visto che “degli esiti delle procedure, il curatore informa il

Giudice Delegato ed il comitato dei creditori, depositando in

cancelleria la relativa documentazione”.

L’esaltazione della funzione di pianificazione conferma anche

il requisito della completezza6 ossia il carattere in ragione del quale, è

6 GASPARRI, Autorizzazione (dir. amm.), in Enc. Dir., Milano, 1959,

509, secondo cui l’essenza degli atti autorizzativi consiste nel fatto che essi “sono

intesi ad aumentare le facoltà dei soggetti cui sono diretti, ma non nel senso che

determino in essi il sorgere di un diritto nuovo, bensì nel senso che rendono

possibile l’esercizio di un diritto o di un potere che già loro appartiene” . Nello

stesso senso AURICCHIO, Autorizzazione (dir. civ.), in Enc. Dir., op. cit. 502, il

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66

necessario che il programma offra un quadro completo di tutta

l’attività liquidatoria ossia il modo di liquidare tutto il patrimonio

conosciuto al momento della redazione del programma visto che per

gli elementi sopravvenuti è possibile accedere, a seconda dei casi, a

supplementi di piano ovvero a vendite atomistiche. Tanto come

emerge dal fatto che il programma costituisce “l’atto di pianificazione

e di indirizzo … per la realizzazione dell’attivo” e quindi per il

realizzo di tutto l’attivo acquisito.Il programma deve essere redatto in

maniera da esporre chiaramente il riferimento di partenza ossia la

composizione del patrimonio “del fallimento” ed il piano che si

intende realizzare, dando conto della valutazione corretta di quelli

che sono i dati esposti nel programma stesso in maniera da rispettare,

nella sostanza, il criterio della stima preventiva previsto dall’art. 107

l.fall.Continuando, è oggetto di specifica conferma anche quello che

era stato individuato come, il primo principio che si estrae dalla

analisi delle regole dettate in tema di liquidazione dell’attivo, ossia

quello della “programmazione condivisa”7 inteso nel senso che il

programma è il frutto della condivisione necessaria tanto del curatore,

che del comitato dei creditori, che del giudice delegato, in quanto

viene predisposto dal curatore fallimentare, quale motore della intera

procedura ma, affinché assuma carattere di definitività, è necessario

che vi sia l’approvazione del comitato dei creditori e che il giudice

delegato “autorizzi l’esecuzione degli atti ad esso conformi”.

Il fatto che il Giudice delegato “autorizza l’esecuzione degli atti

ad esso conformi “ non approvando più il programma, non svilisce il

ruolo di tale “organo” rispetto alla precedente stesura, visto che

questo continua ad esercitare un controllo di “legalità attraverso

l’esame del merito” degli atti che autorizza e non si può immaginare

di attribuire al giudice delegato un mero compito di certificazione di

quanto programmato dal curatore e approvato dal comitato dei

creditori visto che depongono nel senso opposto una serie di dati

ermeneutici.

In prima analisi vale il dato letterale visto che il concetto di

autorizzazione sta a significare l’eliminazione di un ostacolo al

compimento di un atto ovvero l’attribuzione di un potere al

quale osserva che “in nessun caso il privato attribuisce all’autorizzato un diritto

o un potere nuovo, ma solo rimuove un limite all’esercizio di quel diritto o potere

già attribuito dalla legge o anche dallo stesso privato con atto precedente”

7 ESPOSITO, Il programma di liquidazione, op.cit., 294;

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compimento dello stesso, 8 che nella specie avviene quando l’atto da

compiersi superi il vaglio di legittimità sicché il giudice delegato non

deve autorizzare l’atto “ad ogni costo”, perché il programma risulta

approvato dal comitato dei creditori, ma solo se esso è conforme alla

legge sicché sia salvaguardata la regolarità della procedura su cui Egli

vigila. Sotto l’aspetto dell’interpretazione logica, difatti, non bisogna

trascurare che il giudice delegato svolge “funzioni di vigilanza e

controllo sulla regolarità della procedura”9 e tale funzione

accompagna l’azione di tale “organo” nell’esercizio di qualsiasi atto

che questi compie nel suo ufficio quale è l’ autorizzazione degli atti

pianificati nel programma ed analiticamente esposti. Tale funzione

verrebbe sistematicamente svuotata di contenuto ove il giudice

delegato dovesse limitarsi a prendere atto di quanto approvato dal

comitato dei creditori, senza considerare che, nella specie, il potere di

vigilanza a cui non si associ un potere di intervento rimarrebbe

petizione di principio e fine a se stesso visto che, nel nostro

ordinamento, la vigilanza o, è propedeutica ad una attività di

informazione di terzi i quali hanno il potere di intervenire, ovvero

legittima il “vigilante” ad un intervento. In breve, non si può

esautorare il giudice del proprio potere di vigilanza privandolo di

contenuto. E’ chiaro allora che il giudice delegato, nell’autorizzare il

singolo atto di liquidazione progettato nel programma, deve e può

verificare che lo stesso sia stato pensato, ad esempio, nel rispetto

dell’art. 107 l.fall. ossia strutturato secondo la massima autonomia,

ma in ottemperanza ai criteri indefettibili della stima preventiva, della

procedura competitiva e della massima informazione degli interessati

essendo in gioco la regolarità di svolgimento della procedura, sicché,

laddove il curatore non abbia predisposto la stima o progettato una

effettiva competizione del mercato, l’atto di liquidazione non sarà

8 GASPARRI, Autorizzazione (dir. amm.), in Enc. Dir., Milano, 1959,

509, secondo cui l’essenza degli atti autorizzativi consiste nel fatto che essi “sono

intesi ad aumentare le facoltà dei soggetti cui sono diretti, ma non nel senso che

determino in essi il sorgere di un diritto nuovo, bensì nel senso che rendono

possibile l’esercizio di un diritto o di un potere che già loro appartiene” . Nello

stesso senso AURICCHIO, Autorizzazione (dir. civ.), in Enc. Dir., op. cit. 502, il

quale osserva che “in nessun caso il privato attribuisce all’autorizzato un diritto

o un potere nuovo, ma solo rimuove un limite all’esercizio di quel diritto o potere

già attribuito dalla legge o anche dallo stesso privato con atto precedente”

9 Sul tema si veda LO CASCIO, sub art. 25, in Commentario JORIO–

FABIANI, Bologna – Roma, 2007,462.

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autorizzato venendo in gioco la regolarità della procedura e non

potendo il giudice autorizzare un atto difforme alla legge. Vi è di più,

il controllo in termini di autorizzazione arriva al sindacato della

legittimità attraverso l’esame del merito dei singoli atti da autorizzare,

quando la scelta del curatore, approvata dal cdc, sia palesemente

contraria a qualsiasi principio di razionalità nei limiti del business

judgment rule10 come nel caso in cui appaia palese come il bene sia

stato progettato in vendita ad un valore stimato palesemente lontano

dal suo valore di mercato dato che, non si vede perché, tra l’altro, il

giudice delegato non possa anticipare il giudizio ex art. 108 l.fall11 a

questa fase sì da non autorizzare l’atto e invitare il curatore e il

comitato ad una ulteriore meditazione senza attendere la fase della

vendita e del deposito della documentazione ex art. 107, IV comma,

l.fall. per interrompere il compimento dell’atto di liquidazione.

Ancora, il programma è, al tempo stesso, il “luogo” ove il curatore

progetta organicamente le operazioni di vendita, le transazioni, le

azioni recuperatorie ecc, in un’ottica di valutazione complessiva

dell’attivo fallimentare, sì da coordinare una serie di operazioni che,

se decontestualizzate, meriterebbero, di volta in volta, l’approvazione

del comitato dei creditori (come accade per le transazioni e per gli

atti di straordinaria amministrazione, le rinunzie alle liti, ecc., ex art.

35 l.fall.) ovvero del giudice delegato (che autorizza, ex art. 25 l.fall.,

il curatore a stare in giudizio come attore o convenuto).

10

BONELLI, Gli amministratori di spa dopo la riforma delle società,

Milano 2004, 183 e ss. 11

Un tema delicato attiene alla possibilità che il giudice delegato emetta

provvedimenti sospensivi o interruttivi ex art. 108 l.fall. a prescindere da istanze

proposte dai legittimati. Al riguardo - laddove non vi siano istanze e ciò

nonostante il giudice ritenga di dover intervenire, nell’esercizio dei propri poteri

di vigilanza - deve riconoscersi a questi la possibilità di emettere i provvedimenti

urgenti per la conservazione del patrimonio ex art. 25, n.2 l. fall. e quindi

sostanzialmente dare corso alle attività di cui all’art. 108 l.fall., sì da evitare che

vi siano pregiudizi collegati alla conservazione del patrimonio. Ne viene che il

potere di sospendere od impedire, per gravi motivi, si intende, le operazioni di

liquidazione sia immanente al ruolo di vigilanza del giudice - confermato dalla

disposizione “emette …provvedimenti urgenti per la conservazione del

patrimonio”( art. 25, V comma, n. 2 l. fall.) - e possa avvenire a prescindere dalle

istanze di cui agli artt. 107 e 108, l. fall. che vanno viste nella prospettiva di

ipotesi nelle quali si concede agli “interessati” di stimolare un’attività del giudice

e non nella prospettiva di ipotesi tassative nelle quali questi può intervenire. Cfr.

ESPOSITO, Il programma di liquidazione, op.cit., 312.

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69

Ebbene la valenza partecipativa del comitato dei creditori e del

giudice delegato non può essere svilita per il fatto che qui i singoli atti

siano considerati in una visione pianificatoria complessiva che anzi, a

maggior ragione, merita che i vari organi abbiano poteri quantomeno

analoghi a quelli posseduti nell’autorizzare le singole vicende al di

fuori del programma di liquidazione. Sicché, nell’autorizzare l’azione

giudiziaria, il giudice effettua lo stesso controllo che avrebbe

effettuato laddove la vicenda gli fosse stata rappresentata al di fuori

del programma. La funzione della “correzione” all’art. 104 ter l.fall.,

quindi, sta nel fatto che si vuole indurre all’analiticità ed alla

chiarezza nel senso che gli atti autorizzati come desumibili dal

programma di liquidazione siano anch’essi specificamente

individuabili e non debbano essere desunti, come accadeva prima

dell’intervento in commento, ex post come evincibili

dall’approvazione del programma. Difatti la dizione generica della

prima stesura della norma – “l’approvazione del programma di

liquidazione tiene luogo delle singole autorizzazioni eventualmente

necessarie ai sensi della presente legge…” - avrebbe potuto

determinare incertezze in merito agli atti effettivamente autorizzati, in

esito all’approvazione del piano, visto che il giudice delegato si

sarebbe potuto limitare all’approvazione del piano senza indicare le

singole ipotesi liquidatorie da ritenersi di conseguenza autorizzate.12

12

E’ stato rilevato, con riferimento alla precedente stesura, un “contrasto

tra l’art. 104 ter, V comma, l.fall. nella parte in cui prevede l’effetto transfert per

tutte le attività di liquidazione e l’art. 25, VI comma, l.fall. nella parte in cui

richiede che il giudice delegato autorizza per iscritto il curatore a stare in

giudizio quale attore o quale convenuto”, D’AQUINO, op.cit., 783. Contrasto

che oggi – anche a volerlo condividere – sparirebbe dato che il giudice delegato

autorizza espressamente il compimento dei singoli atti. Sia ben chiaro, e giova

ribadirlo già prima del correttivo si era ritenuto che l’autorizzazione si ottiene

validamente quando la modalità di esercizio della liquidazione sia dettagliata

nella sua determinazione in quanto, se è vero che il programma tiene luogo alle

singole autorizzazioni, è altrettanto vero che ciò non può consentire che l’istanza

da autorizzare – a mezzo della approvazione del programma di liquidazione – sia

generica dovendo, invece, godere dello stesso grado di analiticità di cui avrebbe

goduto quella singolarmente presentata. Del resto, la necessità

dell’autorizzazione è ispirata alla esigenza di valutare ex ante l’attività del

curatore e laddove tale verifica è già effettuata dal Giudice delegato, in sede di

programma di liquidazione, pare già ampiamente soddisfatta l’esigenza della

norma. D’altro canto, operando diversamente si finirebbe per svilire a mera

funzione descrittiva l’indicazione, ex art. 104 ter lett c) in merito “alle azioni

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70

Ecco, allora, che l’autorizzazione dei singoli atti esprime un concetto

di determinazione di ciò che il giudice delegato ha inteso permettere

al curatore avendolo ritenuto compreso e conforme al programma,

nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza e controllo sulla

regolarità della procedura, senza lasciare a questi la possibilità di

desumere, ex post, attraverso l’interpretazione dell’atto ciò che deve

considerarsi autorizzato e ciò che non lo è stato. Insomma – e anche

qui si ha un intervento finalizzato alla piena efficienza ed operatività

– agli esiti dell’approvazione del programma deve essere chiaro ciò

che è autorizzato e ciò che non lo è in guisa che il curatore possa

immediatamente procedere all’attività esecutiva senza incertezze su

ciò che è stato effettivamente autorizzato e ciò che, non essendolo

stato, potrebbe essere oggetto di censura allorquando - a norma

dell’art. 107, IV comma, l.fall, degli esiti delle procedure, prima che

sia compiuto il trasferimento - siano informati il comitato dei

creditori e il giudice delegato; o in altro momento in cui possa

emergere la carenza di autorizzazione. Tale interpretazione, permette

inoltre la possibilità di un controllo elastico visto che la mancata

condivisione di un atto non induce necessariamente alla non

approvazione del piano potendo il giudice non autorizzare anche un

singolo atto di liquidazione senza che ciò pregiudichi l’autorizzazione

degli altri che quindi possono essere realizzati a vantaggio della

celerità non essendovi unicamente l’alternativa di approvare o non

approvare il programma, potendosi “censurare” solo talune parti

dello stesso non autorizzandone l’esecuzione a norma dell’ultimo

comma dell’art. 104 ter l.fall..13

risarcitoria, recuperatorie o revocatorie da esercitare” visto che, queste nonostante

programmate e approvate, dovrebbero essere oggetto di un ulteriore vaglio del

giudice a nulla valendo il fatto che questi ne ha valutato l’esercitabilità

nell’ambito dell’approvazione del programma stesso. Cfr ESPOSITO, Il

programma di liquidazione, op.cit., 294.

13

In merito, già ci si era espressi in tal senso nel decreto correttivo

affermando come “Ed invero, la soluzione più elastica sembra preferibile perché

rispondente al principio generale di conservazione degli “ atti giuridici” e perché

maggiormente rispondente alle esigenze di celerità che caratterizzano la

procedura. Difatti, fermo restando che la paternità della programmazione

appartiene al curatore, è chiaro che una mancata approvazione da parte del

giudice con l’indicazione dei motivi, ex art. 25 ult. comma, l. fall., consente al

curatore di potere rimodellare il programma – laddove intenda percorrere tale via

– consapevole del fatto che è necessario intervenire solo di una parte dello stesso,

laddove le restanti scelte sono condivise e approvabili. E tanto meglio, laddove –

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Ebbene, onde soddisfare esigenze di efficienza e celerità, il legislatore

prevede che il giudice delegato – al quale il programma è comunicato

nel rispetto della celerità immediatamente dopo la sua approvazione

da parte del cdc - compia l’analisi di cernita ex ante estrapolando dal

programma di liquidazione gli atti da esso evincibili sì da autorizzare

gli stessi senza che ciò sia rimesso ad una attività ermeneutica

riservata al curatore e verificabile, solo in sede di controllo ex art.

107 l.fall.. Questo tenendo conto del fatto che tale attività di

estrapolazione è resa possibile dall’esposizione del curatore sul quale

ricade l’obbligo – nel rispetto del principio di chiarezza – di

esplicitare gli atti da autorizzare in conformità al programma, in guisa

che un’apposita sezione dello stesso sia dedicata all’enunciazione

degli atti dei quali si propone l’autorizzazione in quanto emergenti

(rectius conformi) al programma. In conclusione, allora, il

procedimento di approvazione si delinea in guisa che il comitato dei

creditori – come sostanzialmente accadeva in passato – approvi il

programma, laddove il giudice delegato – svolto il vaglio di

regolarità – autorizzi, se del caso, le singole operazioni da esso

risultanti sicché sia chiaro ciò che il curatore può realizzare quale

risultante della sua programmazione. Ciò che è autorizzato, allora,

non deve essere desunto, come accadeva in passato, quale

conseguenza dell’approvazione del programma, ma si desume

chiaramente e specificamente dal fatto che gli atti sono esplicitamente

individuati nel provvedimento autorizzatorio.Infine, sempre in merito

ai rapporti tra gli organi, non bisogna trascurare che il giudice

delegato assume un controllo ancor più penetrante nell’ipotesi di

nell’ambito di un rapporto dialettico volto alla efficienza della liquidazione – il

giudice indichi anche le direttive necessarie, a suo avviso, affinché l’atto possa

dirsi degno di valutazione positiva. Ancora, il principio di conservazione e della

celerità, impone di ritenere che il programma si reputi approvato e da eseguire

salvo che per la parte censurata e sempre che la mancata approvazione di una

parte, per la sua rilevanza, non infici l’intero piano. Si pensi, ad esempio che nel

caso in cui il programma sia stato oggetto di un giudizio positivo, salvo che per

la modalità di gestione di un credito che non assume rilevanza sistematica, non

consentire l’ esecuzione della restante parte del programma significherebbe

contravvenire l’ esigenze di celerità e conseguente massimizzazione del realizzo

senza che, a fronte di ciò, possa individuarsi qualche vantaggio compensativo o

ragione plausibile. Cfr ESPOSITO, Sub art. 104 ter, op.cit., 1726.

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fallimenti a struttura partecipativa debole14 ove funziona il

meccanismo integrativo di cui all’art. 41, IV comma, l.fall. secondo il

quale “ in caso di inerzia, di impossibilità di costituzione per

insufficienza di numero, o indisponibilità dei creditori, o di

funzionamento del comitato o di urgenza provvede il giudice

delegato”. Ciò, a testimonianza di come in tali ipotesi, il rapporto

organico si riduca alla relazione curatore- giudice delegato che

assorbe anche le essenziali funzioni del comitato dei creditori

espandendo il suo potere di verifica e controllo anche ad una

convenienza economica tout court ossia di stretto merito nei limiti

della discrezionalità tecnica del curatore. Anche l’ulteriore principio

che governa la redazione del programma di liquidazione – ossia l’

omnicomprensività - è stato confermato, sicché può continuarsi a dire

che la liquidazione dell’attivo fallimentare e con essa il programma

comprende tutto ciò – si tratti di beni, di diritti, di aspettative, e

quant’altro – suscettibile di essere trasformato in danaro attraverso

una attività di negoziazione col mercato che coinvolga e vada “al di

là” di quanto presente nel patrimonio del soggetto fallito visto che la

liquidazione comprende, come testimonia l’art. 106 l.fall., anche le

azioni revocatorie, quali prerogative non presenti nel patrimonio del

soggetto fallito ma scaturenti dalla procedura stessa come necessità

di riequilibrio della par condicio.15 Di queste azioni, nell’accentuare

la valenza programmatica, è necessario specificare anche “il possibile

esito” , sì da permettere anche una verifica di opportunità. Così la

liquidazione, e con essa la sua pianificazione sintetizzata nel

programma, involge – a dimostrazione della sua voracità

omnicomprensiva - anche i beni di terzi in possesso del fallito come

14

ESPOSITO, Il comitato dei creditori: la necessità dell’accettazione

della carica ai fini della composizione di un organo non necessario, Fallimento,

2007,111.

15

Deve ritenersi superata la disputa in merito al se la liquidazione

dell’attivo fallimentare si identifichi nella sola conversione dei beni del fallito in

danaro, attuato esclusivamente tramite vendite fallimentari (Così autorevolmente,

Cfr. FERRARA, Il fallimento, Milano, 1996, 579; MAZZOCCA, Manuale di

diritto fallimentare, Napoli, 1996, 407 ss.) ovvero se la stessa consista nella

monetizzazione, comunque attuata del patrimonio del fallito, sì da

ricomprendervi anche le attività di riscossione dei crediti, degli interessi di

capitali, dei frutti naturali e civili ( così autorevolmente BONSIGNORI,

Liquidazione dell’attivo, in Commentario Scialoja-Branca alla legge

fallimentare, Bologna-Roma, 1976, 26)

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desumibile dalle regole di cui agli artt. 93 e 101 l.fall. che impongono

al rivendicante di chiedere “che siano sospese le attività di

liquidazione”, nonché la norma di cui all’art. 103 l.fall. secondo la

quale “ se il curatore perde il possesso della cosa dopo averla

acquisita, il titolare del diritto può chiedere che il controvalore del

bene sia corrisposto in prededuzione” tanto con la precisazione del

rispetto dell’art. 1706 c.c.. Lo spossessamento a fini liquidatori,

allora, stando alla ricostruzione dottrinale preferibile, “…investe tutti

i beni e diritti appartenenti al fallito e più precisamente non solo i

beni materiali o immateriali che possono formare oggetto di diritti ma

anche i beni strumentali, poteri, azioni, facoltà, pretese, rapporti

giuridici considerati in se stessi o come strumento per l’acquisto di

altri beni nonché – è bene evidenziare - le aspettative e le situazioni

anche di fatto…”16 sicché, in tema di diritto fallimentare viene, così,

a sfumare la distinzione tra “beni”, “aspettative”17, “potestà”,18

“diritti”, “situazioni di fatto” quali situazioni che vanno ponderate a

seconda della loro attitudine a procurare direttamente o indirettamente

una utilità finanziaria alla procedura.19

La conclusione è avvalorata dalla ratio della programmazione

tesa a fare in modo, come chiarisce la relazione, che l’attività di

liquidazione avvenga “non più con operazioni diversificate e non

coordinate, occasionali e non rientranti in una strategia unitaria, bensì

16

PROVINCIALI, Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, 710; DE

FERRA – GUGLIELMUCCI, Effetti del fallimento per il fallito, in Comm. l. fall.

Scialoja Branca, (a cura di) BRICOLA -SANTINI, Bologna Roma, 1986, 18;

PAJARDI, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2002, 213.

17

L’aspettativa è pur sempre un “bene patrimoniale” che si manifesta non

necessariamente attraverso la certezza della definitiva manifestazione del diritto,

bastando solo la mera possibilità che ciò accada Cass., 19 dicembre 1985, n.

6506, in Foro it. 1986, I, 383; Cass., 1 aprile 1987, n. 3139, in Foro it., 1987, I,

2073; Cass., 7 marzo 1991, n. 2368, in Foro it. 1991, I, 1793; App. Roma, 17

febbraio 1988, in Giur. It. 1991, I, 2, 640 .

18

Si ritiene oggetto di spossessamento il diritto potestativo ivi compreso il

caso in cui l’esercizio dello stesso sia rimesso alla discrezionalità del titolare.

Rientra, così, nell’attivo fallimentare “anche la facoltà del debitore (fallito) di

opporsi all'adempimento da parte di un terzo ai sensi dell'art. 1180, 2° comma, c.

c., la quale si trasferisce al curatore, dovendosi ritenere tale facoltà compresa

nello spossessamento del patrimonio del fallito conseguente alla dichiarazione di

fallimento”. Così Trib Roma, 11 luglio 1986, in Dir.Fall., 1986,II, 709.

19

Anche le azioni recuperatorie vanno programmate come espressamente

richiesto dall’art. 104 ter lett. c) l.fall.

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nel quadro di un razionale programma di liquidazione”. L’obiettivo,

in tanto può dirsi raggiunto, laddove la programmazione riguardi

analiticamente tutto ciò che si deve trasformare in danaro e/o che

possa incidere sull’attivo fallimentare, sicché la liquidazione e – con

essa il programma – deve comprendere “modalità e termini” della

“realizzazione” di tutto ciò che sia suscettibile di tramutarsi in danaro

o che possa incidere sulla liquidazione stessa comprese le decisioni o

i programmi che attengono alla gestione dei contratti in corso sì come

disciplinate dagli artt. 72 e ss. l. fall..20 Ecco il legislatore,

nell’esplicitare la valenza pianificatoria del programma di

liquidazione, accentua indirettamente anche l’aspetto

dell’omnicomprensività oltre che quello dell’analiticità visto che la

mancata inclusione di elementi patrimoniali attivi, significherebbe

mortificare le aspirazioni legislative collegate ad una rapida e

razionale liquidazione tendente ad eliminare, per quanto possibile,

operazioni diversificate raggruppando la vicenda liquidatoria in un

unico contesto decisionale. Non basta in quanto nell’ambito dell’

onnicomprensività il programma riesce a soddisfare le esigenze di

ottimizzazione dei valori attivi laddove i vari organi si impegnino – e

anche questo è confermato dal correttivo - in una “ricerca della

universalità”21 in quanto l’obiettivo della procedura deve essere

quello di realizzare la liquidazione della “azienda” ovvero di “suoi

rami”, ovvero ancora di beni o rapporti giuridici in blocco e solo ove

ciò non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori, è possibile

la liquidazione di singoli beni, così come dispone l’art. 105 l.fall.

secondo il quale “ la liquidazione dei singoli beni….è disposta

quando risulta prevedibile che la vendita dell’intero complesso

aziendale, di suoi rami, di beni o rapporti giuridici individuabili in

blocco non consenta maggiore soddisfazione dei creditori”. La ricerca

dell’universalità deve essere sempre tenuta a mente in quanto essa,

per ragioni varie, consente tendenzialmente la massimizzazione della

soddisfazione dei creditori sociali visto che la negoziazione delle

“universalità”, ed in particolare dell’azienda, consente normalmente

l’ acquisizione di valori maggiori rispetto a quelli ritraibili dalla

20

ESPOSITO, Sub art. 104 ter, op.cit., 1680.

21

Sul tema PERRINO, Programma di liquidazione e tecniche di cessione

in blocco, op. cit., 1087. ESPOSITO, sub art. 104 ter, op. cit., 1672.

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negoziazione dei singoli beni.22 In quest’ottica, la massimizzazione

dell’utilità resa dalla liquidazione si raggiunge potenzialmente ove il

programma sia modulato in maniera da congegnare procedure che

permettano l’ alienazione, in un unico momento e contesto, dell’intero

patrimonio fallimentare a prescindere dal fatto che sia possibile

selezionare in seno ad esso una azienda. In pratica, onde rispettare

appieno il messaggio di cui all’art. 105 l.fall., la locuzione “beni e

rapporti giuridici in blocco” deve essere intesa nel senso più ampio

possibile così, a prescindere dall’esistenza dell’azienda, la procedura

competitiva va immaginata onde pianificare, quali alternative, la

vendita dell’intero patrimonio, di beni in blocco, di singoli beni sì da

decidere – agli esiti delle offerte ricevute – quale è la preferibile. E’

necessario dare corpo così ad una procedura competitiva mediante

la quale il fallimento “ponga in vendita” – in uno stesso momento e

contesto – l’intero patrimonio fallimentare sì da sfruttare la

possibilità, attraverso un’ unica procedura competitiva che tenga

conto delle differenziazioni dei singoli beni, di ricevere offerte che

abbiano ad oggetto: l’intero patrimonio, sì da risolvere la

liquidazione in un unico atto negoziale; ovvero singole categorie di

beni ( ad esempio, solo gli immobili); ovvero beni in blocco

individuati secondo la volontà dell’offerente ( taluni immobili e taluni

mobili, ecc.); o, ancora, singoli beni selezionati anche attraverso la

combinazione di diversi elementi delle singole categorie. Così

operando si lavora nella direzione della massimizzazione dei risultati

in quanto, in prima analisi, si riducono i costi collegati alla

liquidazione dandosi corso, non a tante e diverse procedure

competitive per quanti sono i beni o le categorie di beni, ma ad una

unica procedura nella quale tuttavia si tenga conto delle differenze

22

Si pensi, solo per fare un esempio, tra i tanti, al fallimento delle società di

calcio ove la considerazione del dato azienda permette di monetizzare “valori”,

quali il “titolo sportivo”, che altrimenti sarebbero incedibili, se considerati

singolarmente. Sul tema Cfr. FIMMANO’, La crisi delle società di calcio e

l’affitto della azienda sportiva, in Dir. fall., 2006, p. 3; BELLAMIO, La stagione

delle insolvenze nel calcio. Occasione per un cambiamento, in Dir. fall. 2005, p.

719; SCHIAVON, Il caso del Parma calcio: distonia applicativa dei principi di

diritto concorsuale, in sede di giustizia sportiva?, in Dir. fall. 2004, 1123;

ESPOSITO, Brevi riflessioni in tema di “valori” da acquisire all’attivo ai fini

della compiuta soddisfazione degli interessi della procedura fallimentare. Il

rapporto armonioso tra le regole dell’ordinamento generale ed il sub-

ordinamento sportivo, in Dir. fall., 2006, 180.

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esistenti tra le varie tipologie di beni. Ancora, porre sul mercato

contestualmente l’intero compendio fallimentare, comporta la

possibilità di ricevere offerte che permettano la liquidazione

“immediata” dell’intero attivo sì da compiere celermente l’attività di

liquidazione, senza contare che la vendita in blocco dell’intero

compendio patrimoniale potrebbe favorire la chiusura della

procedura in ragione di ipotesi concordatarie atipiche, ove la chiusura

del fallimento passi per l’acquisto dell’intero attivo fallimentare, o

ancora scatenare la competizione in merito a possibili ipotesi di

liquidazione dell’intero patrimonio fallimentare .Non bisogna

dimenticare, infatti, che l’ indicazione di cui all’art. 104 ter lett b in

merito alla sussistenza di proposte di concordato implica che il

curatore esponga tale fattispecie dichiarando e pubblicizzando la

stessa quale alternativa liquidatoria alla quale possano accedere altri

soggetti interessati con ulteriori proposte di concordato migliorative.

Il legislatore imprime nel programma di liquidazione anche il

carattere della “celerità” visto che la liquidazione dell’attivo e con

essa la sua programmazione va scandita secondo termini che

stimolino una rapida liquidazione del patrimonio, così da evitare la

svalutazione degli elementi patrimoniali, diminuire i costi di

conservazione, lenire i “danni” collegati alla sospensione del corso

degli interessi nonché alla mancata disponibilità delle somme oggetto

del rapporto obbligatorio, favorire una rapida liquidazione a cui

corrisponde inevitabilmente una rapida chiusura della procedura della

quale non resta altro che realizzare il riparto dell’attivo ed il conto

della gestione23.A questo proposito è alquanto accesa la disputa in

merito alla natura del termine dei sessanta giorni, dalla conclusione

delle attività di inventario, entro il quale il curatore deve predisporre

il programma di liquidazione. La dottrina prevalente ritiene che il

termine sia ordinatorio in ragione del fatto che vi sia “ l’assenza di

una chiara indicazione da parte della legge e la mancanza di

conseguenze sanzionatorie per la sua inosservanza, contrariamente a

quanto dispone l’art.54, IV comma, d.lgs 270/99 per la procedura di

amministrazione straordinaria a norma del quale la mancata redazione

del programma nel termine originario o prorogato costituisce causa di

revoca del commissario”24.L’opinione, pur se autorevolmente

23

ESPOSITO, Sub art. 104 ter, op. cit., 1672.

24

QUATRARO, Sub art. 104 ter l.fall., in Commentario JORIO –

FABIANI, Bologna – Roma, 2007, 1663. Nello tesso senso PANZANI, Il

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sostenuta, non pare condivisibile visto che, come già osservato25,

diversi sono i fattori in ragione dei quali è dato affermare la natura

perentoria del termine in coerenza col principio di celerità che ispira

la redazione del programma. Ed invero - sebbene il legislatore non

utilizzi espressioni tassative del tipo “ entro e non oltre”,

“inderogabilmente”, “ a pena di” – già la fissazione di un termine

entro il quale svolgere una determinata attività è indicativo della

necessità che lo stesso sia rispettato, in quanto, ragionando altrimenti,

si finirebbe per svuotare di contenuto la dizione legislativa che,

d’altra parte, non contiene neanche espressioni del tipo

“orientativamente” o altre che facciano supporre la natura ordinatoria

del termine, né vi sarebbe motivo, poi, di indicare un termine

laddove il curatore fosse libero di non rispettarlo, senza patire

conseguenza alcuna26.Inoltre, ritenere il termine disponibile varrebbe

a contraddire la ratio della norma di cui all’art. 104 ter che, come

annuncia la stessa relazione, prescrive il termine “breve” dei sessanta

giorni “ ai noti fini semplificatori ed acceleratori” caratterizzanti ogni

fase della procedura, dato che giova ribadirlo, una “pronta

liquidazione”, anticipa i tempi del riparto, previene la svalutazione

dell’attivo ed evita “costi di conservazione”, cosa contraddetta e

vanificata in assenza di regole che lo rendano realizzabile quali la

fissazione di termini tassativi di programmazione. D’altro canto, non

è possibile affermare – onde ridimensionare tali necessità - che il

termine fissato dal legislatore sia determinato secondo una

valutazione “aprioristica” che non tenga conto del caso concreto, sì da

potere essere irragionevole e non rispettabile dal curatore

fallimentare. Difatti, i sessanta giorni decorrono – non già dalla

dichiarazione di fallimento o da altro momento immutabile nel tempo

come per l’amministrazione straordinaria – ma dalla “redazione

dell’inventario” ossia dal completamento dell’ attività di ricognizione

e stima del patrimonio del fallito, sicché si assiste ad un termine

flessibile che, da un lato, si presta ad essere adattato alla singola

programma di liquidazione, Fallimento 2005, 1065; D’AQUINO, Sub art.104 ter,

op. cit., 780; SCARSELLI, La ripartizione dell’attivo, in AA VV, Manuale di

diritto fallimentare, Milano 2007, 337.

25

ESPOSITO, Sub art. 104 ter, op.cit., 1673.

26

Per inciso, affinché il termine sia rispettato il curatore è tenuto

unicamente a trasmettere il programma al comitato dei creditori Cfr ESPOSITO,

Il programma di liquidazione, op.cit, 297. ESPOSITO, Sub art. 104 ter, op.cit,

1673.

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vicenda concreta; e, dall’altro non consente giustificazioni di

dilazione, a nocumento dell’interesse dei creditori ad una pronta e

sollecita liquidazione del patrimonio. Un’ulteriore traccia sistematica

della perentorietà è data dal fatto che - rispetto alla precedente

formulazione della legge - non esiste la subordinazione della

liquidazione alla esecutività dello stato passivo.27 Al contrario il

rapporto temporale tra approvazione del passivo e liquidazione

dell’attivo si pone, nella formulazione attuale dell’art. 104 ter l.fall.,

in una condizione diversa ossia di assenza di dipendenza dato che le

“vicende” corrono sui binari paralleli di una pronta definizione della

procedura fallimentare.Sicché, una volta che questa ( la procedura

concorsuale) si è avviata, immediatamente avanzano le necessità

collegate ad una pronta determinazione del passivo e contemporanea

programmazione della liquidazione dell’attivo visto che, sotto il

primo aspetto, la sentenza dichiarativa di fallimento stabilisce, a

norma dell’art. 16, n. 4, l.fall., “ il luogo, il giorno, e l’ora

dell’adunanza in cui si procederà all’esame dello stato passivo entro il

termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della

sentenza” e allo stesso tempo si “assegna ai creditori e ai terzi che

vantano diritti reali o personali su cose in possesso del fallito, il

termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza di cui al

numero precedente per la presentazione in cancelleria delle domande

di insinuazione”. Parallelamente il programma di liquidazione deve

essere predisposto “ entro sessanta giorni dalla redazione

dell’inventario”, sicché non esiste una subordinazione temporale

dell’attività di liquidazione rispetto a quella dell’accertamento del

passivo vista l’assenza di una norma in tal senso e visto che il termine

di sessanta giorni dalla attività di inventario è normalmente

antecedente a quello astrattamente fissato, in centoventi giorni dalla

sentenza di fallimento, per l’approvazione del passivo. Anche qui

traspaiono esigenze di celerità come testimonia la stessa relazione

secondo la quale “la possibilità di consentire l’attuazione ancor

27

COLOMBINI, La liquidazione dell’attivo, in Il fallimento e le altre

procedure concorsuali (diretto da) PANZANI, Torino, 2000, 465. Nell’ottica del

legislatore precedente, la liquidazione era atto che necessariamente seguiva la

approvazione del passivo fallimentare, tant’è che la liquidazione “anticipata” era

una possibilità e non la regola. Disponeva, al riguardo l’art. 104 l. fall. previgente

che “ il curatore può essere autorizzato con decreto motivato del giudice

delegato, sentito il comitato dei creditori, a procedere alle vendite anche prima

del termine indicato nel primo comma”.

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prima del decreto di esecutività dello stato passivo si pone

coerentemente in linea con l’esigenza di favorire la speditezza del

procedimento” a dimostrazione di come il legislatore tenda ad avviare

immediatamente la fase centrale della procedura, quella legata alla

liquidazione dell’attivo, in guisa da realizzarla nel più breve tempo

possibile. La tassatività del termine di cui al primo comma dell’art.

104 ter l.fall, è poi immanente alla struttura della sentenza di

fallimento i cui dettami sono indisponibili anche ufficio fallimentare,

sicché, neanche la volontà del giudice delegato o del comitato dei

creditori, può agire disponendo dei termini in quanto la sentenza

dichiarativa di fallimento contiene, in sé, il comando implicito di

liquidare il patrimonio del fallito onde soddisfare le esigenze dei

creditori. E, tale ordine non può essere sovvertito dall’ufficio

fallimentare, visto che altrimenti questo avrebbe il potere di incidere

sul contenuto della sentenza28, difatti “gli organi fallimentari non

sono liberi di eseguire o no, in tutto o in parte, la sentenza dichiarativa

in tutte le sue complesse applicazioni e non hanno il potere

discrezionale di temporeggiare, in particolare nelle operazioni di

28

ESPOSITO, Il programma di liquidazione, op. cit., 161; PAJARDI, op.

cit., 495. Sul tema Cass., 18 aprile 1991, 4187, in Fall., 1991, 1052. La sentenza

attribuisce discrezionalità agli organi della procedura di sospendere le operazioni

di liquidazione, sì da affermare come “gli effetti della sentenza dichiarativa di

fallimento - la cui esecutività in via provvisoria, disposta dall'art. 16, 3° comma,

l. fall., non è neanche suscettibile del rimedio generale della sospensione ex art.

351 c. p. c., in considerazione dell'essenza e della finalità della procedura

fallimentare - possono essere rimossi, sia quanto alla determinazione dello status

di fallito, sia quanto agli aspetti conservativi che alla medesima si ricollegano,

soltanto col passaggio in giudicato della successiva sentenza di revoca, resa in

sede di opposizione, mentre anteriormente a tale momento può provvedersi, in

via esclusivamente discrezionale, alla sospensione dell'attività liquidatoria”.

Tale orientamento pare essere condiviso recentemente da Cass. 11 agosto 2004,

n.15493, Mass., secondo la quale “in tema di liquidazione dell'attivo fallimentare,

al giudice delegato è attribuito il potere discrezionale di disporre la sospensione

della vendita anche ad aggiudicazione avvenuta, ma la mancata esplicitazione da

parte di esso, o del tribunale in sede di decisione sul reclamo, di un coerente

criterio idoneo a sorreggere l'esercizio di tale potere, con riguardo alle finalità

cui la sua attribuzione risponde - la realizzazione del massimo valore pecuniario

in vista del massimo risultato utile per la massa dei creditori -, si risolve in una

violazione di legge, atteso che è lo stesso disposto dell'art. 108 legge fallimentare

(R.D. 16 marzo 1942 n. 267) che, a un tempo, attribuisce al giudice il suddetto

potere e ne indirizza l'esercizio, attraverso il conseguimento del "giusto prezzo",

verso la finalità della liquidazione dei beni nella procedura concorsuale”.

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liquidazione dell’attivo”, 29 in quanto il legislatore impegna la

operatività dell’ufficio “ senza discrezionali riserve né in funzione di

pretesi divisamenti prudenziali, né per una non attribuita politica

giudiziaria astratta o concreta…Ancora una volta, non occorre

sposare soluzioni pubblicistiche per ravvisare una indisponibilità

processuale che balza prepotente da un coerente sistema ”30 La

ricostruzione, come visto, trova una conferma sistematica nell’art.

19 l.fall che – con riferimento all’appello alla sentenza dichiarativa di

fallimento – dispone : “ proposto l’appello, la corte d’appello, su

richiesta di parte , ovvero del curatore può, quando ricorrono gravi

motivi, sospendere in tutto o in parte, ovvero temporaneamente, la

liquidazione ”.Ora, il fatto che anche il curatore –a tanto autorizzato

dal giudice delegato ex art. 25, n. 6 l. fall. e sempre che sia stato

proposto appello ex art. 18 l.fall. – sia legittimato a proporre l’istanza

sta a significare come, al di fuori di tale contesto, la sospensione della

liquidazione dell’attivo non sia nella disponibilità degli organi della

procedura. E difatti, se così fosse stato, il curatore (o l’ufficio

fallimentare) non avrebbero avuto la necessità, per sospendere la

liquidazione, di proporre la detta istanza alla Corte di appello, ma

avrebbero potuto prendere la decisione indipendentemente ed in

ragione di un atto di autodeterminazione. Al contrario, questa

discrezionalità è assente dal momento che il curatore è tenuto,

laddove ravvisi l’opportunità di una sospensione e sempreché sia stato

proposto appello alla sentenza, a sottomettersi al vaglio della Corte;

sicché sul contenuto della sentenza dichiarativa e quindi sul processo

di liquidazione del patrimonio fallimentare è possibile incidere solo

attraverso il meccanismo dell’appello.

E’ questa la sede ove è possibile incidere sulla liquidazione dell’attivo

dato che si determina un intervento modificativo dell’ordine

contenuto nella sentenza i cui effetti non sono sospesi di per sé dalla

proposizione dell’appello ex art.18 l.fall. .Tra l’altro, anche in seno a

tale procedimento, la sospensione della liquidazione è fatto

eccezionale in quanto può essere realizzata solo al “ricorrere di gravi

motivi”, sicché anche la Corte di appello è vincolata a tale

29

PAJARDI, op.cit.., 495.

30

PAJARDI, op. cit., 121; Cfr. PROVINCIALI, Sulla efficacia immediata

della sentenza dichiarativa di fallimento, in Dir. fall. 1951, II, 351. Si tratta di

una sentenza esecutiva per sua stessa natura, cfr. Cass., 9 marzo 1979, n. 1474, in

Fall., 1980, 228.

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81

valutazione senza che sia possibile tenere conto di considerazioni di

opportunità.31

In conclusione, allora, il curatore fallimentare deve predisporre

il programma di liquidazione entro e non oltre sessanta giorni dalla

redazione dell’inventario32 e non può, neanche se autorizzato dal

comitato dei creditori e dal giudice delegato, posticipare la

programmazione stessa ovvero escludere taluni beni dalla

liquidazione.

L’inottemperanza determina un preciso inadempimento del

curatore ad un proprio dovere, con tutte le conseguenze del caso in

termini di responsabilità e revoca sì come sancite dagli artt. 37 e 38 l.

fall.33, senza contare che il mancato adempimento nel termine

costituisce omissione del curatore e come tale impugnabile ex art. 36

l. fall.34 sicché questi è tenuto a dare esecuzione al provvedimento

della “Autorità giudiziaria” che, evidentemente, gli imporrà la

31

Altra ipotesi di sospensione viene disciplinata dall’art. 93, VIII comma,

l. fall. secondo il quale “con la domanda di resituzione o rivendicazione, il terzo

può chiedere la sospensione della liquidazione dei beni oggetto della domanda“.

Si tratta di una ipotesi diversa in quanto qui è in gioco una valutazione che si

innesta su di un giudizio che attiene alla “proprietà”altrui del bene e rispetto alla

quale la liquidazione - essendo una causa di perdita di possesso da parte del

curatore – esporrebbe la procedura, in caso di accoglimento della domanda, a

corrispondere il controvalore del bene in prededuzione ex art. 103, l.fall..

Analogamente vale per l’ipotesi di cui all’art. 101, III comma, l.,fall. secondo il

quale “ il titolare di diritti su beni mobili e immobili, se prova che il ritardo è

dipeso da causa non imputabile, può chiedere che siano sospese le attività di

liquidazione del bene fino all’accertamento del diritto”.

32

Non appena redatto – onde non vanificare le finalità acceleratorie

sottese alla liquidazione – il curatore deve trasmettere, “senza indugio”, il

programma al comitato dei creditori. A sua volta il comitato dei creditori deve

rispettare dei precisi termini entro i quali esprimere il proprio parere. E tanto si

evince dalla regola generale di cui all’art. 41 III, comma l. fall. in ragione della

quale “le deliberazioni del comitato sono prese nel termine massimo di quindici

giorni successivi a quelli in cui la richiesta è pervenuta al presidente”. La norma

soggiunge poi al comma successivo che “in caso di inerzia…provvede il giudice

delegato”. Successivamente il programma passa al vaglio del giudice delegato

per l’autorizzazione degli atti.

33

Sul tema PERRINO, Il programma di liquidazione, op.cit, 1087.

34

La norma, al terzo comma, dispone “ Se è accolto il reclamo

concernente un comportamento omissivo del curatore, questi è tenuto a dare

esecuzione al provvedimento della autorità giudiziaria”.

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82

redazione del programma fermo restando le valutazioni in merito al

contegno assunto35.

Nella predisposizione del programma si esalta il principio della

deformalizzazione come confermato dall’analisi di disposizioni quali

l’art. 107 l.fall e dall’assenza di regole volte a vincolare o

formalizzare la liquidazione degli elementi dell’attivo in genere. Si

persegue, così, la ricerca di percorsi liquidatori svincolati – anche

relativamente agli immobili – dal necessario rinvio alle regole del

codice di procedura civile, che non devono essere necessariamente

utilizzate, ma possono essere sfruttate, a discrezione del curatore, per

forgiare una procedura modellata proprio sulla scorta di dette regole

laddove si ritenga che ciò soddisfi, al meglio, le esigenze del

fallimento.

In tale ottica, tutte le attività di liquidazione vanno

programmate, prima, e realizzate poi in guisa che esse si basino su

“stime effettuate da operatori esperti”, con “adeguate forme di

pubblicità”, sì da immaginare “procedure competitive” che

consentano la “massima informazione e partecipazione degli

interessati” cosicché, rispettato tale ambito, la procedura

immaginabile in seno al programma per la liquidazione dell’attivo

fallimentare, è cucita in base alla situazione concreta e risponde ad un

principio di massima autonomia accentuata dall’abrogazione

dell’art.108 bis in tema di navi ed aeremobili. Il legislatore esalta

anche l’aspetto dell’autonomia aggiungendo un’ ulteriore ipotesi di

programmazione liquidatoria quella in relazione alla quale “ il

curatore può prevedere nel programma di liquidazione che le vendite

dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal

giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura

civile in quanto compatibili” . Come noto, la regola generale è che gli

atti di liquidazione vedano quale “parte negoziale” il curatore

fallimentare, in relazione a quanto emerge lampante dalla lettura

35

Vi è di più, il contegno che deve ispirare il curatore fallimentare è

quello di una attività sempre orientata alle esigenze di celerità che caratterizzano

l’intera procedura. Pertanto questi dovrà provvedere a redigere il programma –

senz’altro entro sessanta giorni – ma comunque nel più breve tempo possibile

sicché nulla osta che il suo comportamento possa essere valutato come

censurabile laddove – pur essendo il programma redatto nei sessanta giorni – non

sia adeguato alla natura del patrimonio del fallito che, per sua entità e

caratteristiche, si sarebbe prestato ad una programmazione di minore rilievo

temporale.

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83

dell’art. 107 l.fall., I comma, l.fall. ove si legge “ le vendite e gli altri

atti di liquidazione …sono effettuati dal curatore” sicché l’aggiunta

del secondo comma alla norma in esame, consente di fruire di una

nuova possibilità liquidatoria laddove il curatore – che quindi resta

motore decisionale della procedura – preferisca immaginare una

modalità nella quale, applicando secondo un giudizio di compatibilità

le regole del codice di procedura civile, sia il giudice delegato ad

effettuare le vendite. Non si tratta, a ben vedere, di “un ritorno al

passato” ma di una ulteriore chance offerta nell’ottica della

accentuazione dell’autonomia visto che, in assenza di una esplicita

disposizione in tal senso, difficilmente si sarebbe potuta attribuire tale

facoltà al giudice delegato, in ragione del chiaro tenore

dell’espressione del primo comma “ le vendite e gli altri atti della

liquidazione sono effettuati dal curatore”.

Un ulteriore principio è costituito dall’”esecuzione controllata”, visto

che il programma non può essere solamente progettato, ma affinché

esso possa assolvere alla propria funzione, è necessario che quanto

pianificato sia effettivamente realizzato, sia oggetto cioè di

un’“esecuzione controllata” alla quale partecipino, a vario titolo, i

vari organi della procedura e quindi il curatore che operativamente

realizza le operazioni e gli atti autorizzati, il comitato dei creditori ed

il giudice delegato che vigilano su tale attività.Si tratta di un principio

desumibile agevolmente dalla combinazione di regole quali l’art. 38

l.fall. che impone l’adempimento dei doveri derivanti dal piano di

liquidazione, nonché dalla rendicontazione periodica imposta

dall’art.33, V comma, l.fall., a cui si associa la vigilanza sugli atti di

liquidazione da parte del giudice delegato e del comitato dei creditori

ai quali sono riconosciuti i meccanismi di intervento di cui all’art. 108

l.fall., sì da potersi affermare che si assiste ad un sistema completo

ove la realizzazione del piano è parimenti condivisa come la sua

redazione.

2. Riflessioni in tema di celere riallocazione ex art. 72 quater l.fall. secondo il modello “ a concorsualità privilegiata”

Si vuole dimostrare che la riallocazione dei beni in leasing –

specie se immobili – possa essere realizzata- specie se intervenga un

accordo tra società di leasing e fallimento – da subito senza attendere

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84

gli esiti della verifica dei crediti, con possibile soddisfazione degli

interessi in gioco anche entro pochi mesi dal fallimento.

Pochi mesi in cui il fallimento – in caso di riallocazione positiva - si

libera dei rischi ed oneri di custodia ottenendo il valore di

riallocazione; la società di leasing evita i costi ed i rischi di gestione

dell’immobile e viene soddisfatta del credito in linea capitale; il terzo

acquirente ottiene la proprietà del bene.

Il dato di partenza su cui fondare gli assunti è stato il disposto di cui

all’art. 72 quater l.fall..

La norma dispone : “.al contratto di locazione finanziaria si

applica,in caso di fallimento dell’utilizzatore, l’art. 72….In caso di

scioglimento del contratto il concedente ha diritto alla restituzione

del bene ed è tenuto a versare alla curatela la differenza tra la

maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione sul

mercato del bene stesso avvenute a valori di mercato rispetto al

credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse si applica

l’art. 67, terzo comma,lett. a).

Il concedente ha diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la

differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e quanto

ricavato dalla nuova allocazione del bene “.

Al riguardo, la applicazione della regola pone taluni problemi

in relazione alla circostanza che le scelte sono condizionate dalle

problematiche ermeneutiche che si pongono in relazione alla sua

concreta portata.

Ed infatti, data la “giovane età” della norma, non è possibile

fare affidamento su di un orientamento chiaro e consolidato.

Sicché la sua analisi ermeneutica della norma passa per la soluzione

di problematiche che sinteticamente attengono ai dubbi che dividono

dottrina e giurisprudenza su : a) cosa debba intendersi per valore di

mercato ossia se questo sia il dato desumibile dalla vendita ovvero da

una stima ex ante che vincoli qualsiasi diversa collocazione sul

mercato appunto e se il medesimo sia contestabile dal fallimento; b)

se il valore debba essere riconosciuto all’atto della vendita ovvero

all’atto della restituzione del bene e se questa possa essere influenzata

dal GD sul modello dell’art. 53 l.fall; c) se la società di leasing sia

tenuta a porre in essere,anche in caso di scioglimento dal contratto,

domanda di rivendica ed attendere gli esiti del concorso; d) se la

somma in linea capitale contenga o meno il prezzo di riscatto, e) se

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85

sia necessario che “il credito residuo in linea capitale” sia accertato o

meno in seno alla verifica del passivo.

Analoghe incertezze sono collegate al subentro nel contratto

visto che questo determinerebbe il subentro nella posizione

contrattuale ossia in tutte le clausole del negozio. Tanto da indurre al

riscatto e con esso alle incertezze collegate alla disciplina fiscale in

trema di immobili 36

Non solo ma i contratti di leasing fanno ricadere sulla

utilizzatrice gli oneri notarili e soprattutto la effettiva regolarità

urbanistica del bene.

Regolarità della quale spesse volte non vi è certezza.

Quello che però pare assodato è che – data la lacunosità della

norma – pare opportuno se non necessario, come si vedrà, che le

scelte della procedura siano accompagnate da un accordo con la

società di leasing. Tanto visto che, in mancanza, il fallimento sarebbe

tenuto a restituire il bene alla società di leasing che ne determina la

riallocazione secondo criteri e modelli non prefissati e quindi rimessi

alla sua discrezionalità, salva la possibilità, da parte della procedura,

di dare corso ad una controversia nella quale si contesti l’attività

suddetta. Ciò fermo restando che è sempre molto difficile sindacare la

vendita in termini di contestazione di “valore di mercato” visto che

basterebbe, alla società di leasing, munirsi di una perizia redatta da un

tecnico di propria fiducia per rendere difficile la prova da parte della

procedura che la stima redatta dal proprio tecnico abbia maggiore

pregio. Tanto con tutte le conseguenze che potrebbero derivare nel

giudizio in termini di CTU o altro.

In sostanza,allora, il legislatore struttura il modello in maniera

da evidenziare come il proprietario del bene –e quindi il titolare delle

scelte liquidatorie – sia la società di leasing. Società di leasing con la

quale è quindi necessario trovare un accordo onde evitare le

incertezze collegate alla applicazione tout court dell’art. 72 quater

l.fall.

In questa ottica è necessario agire nella consapevolezza che

l’accordo passi per il consenso della società di leasing e quindi per la

valutazione anche degli interessi della medesima. Interessi da

contemperare con quelli della procedura fallimentare e da parametrare

e valutare anche alla luce del fatto che le soluzioni, che vanno a

36

Sul tema Cass., 15.7.2011,n.15701,Fallimento 2012, 68

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concretizzarsi, devono essere rapportate alle conseguenze di una

possibile applicazione dell’art. 72 quater l.fall. ovvero alle

controversie che ne potrebbero discendere.

In pratica, è la società di leasing che deve riallocare il bene

sicché è la medesima che deve scegliersi tendenzialmente

“l’acquirente”. Ed in questo il fallimento può intervenire solo

controllando che la riallocazione avvenga a valori di mercato ovvero

al massimo stimolando la società di leasing ad un accordo

evidenziando la esistenza di un interessato all’acquisto o ancora,

come si vedrà, presentando un soggetto interessato.

In dottrina , si afferma invero che”la carenza di una coerente ed

univoca disciplina concorsuale del contratto di leasing,neppure

chiaramente qualificato dal legislatore, rimette ancora una volta

all’interprete il compito di ricercare strumenti adeguati per la

corretta determinazione dei crediti conseguenti alla risoluzione

contrattuale anteriore al fallimento,in un contemperato

bilanciamento degli interessi delle parti,senza potere attingere sicuri

riferimenti normativi nell’art. 72 quater regolante la pendenza del

rapporto”37

.

Ciò posto, la soluzione negoziale necessita che la società di

leasing metta a disposizione tutti i dati utili alla scelta sicché la

soluzione transattiva venga impostata parallelamente nella

consapevolezza del valore del bene, del credito in linea capitale e di

quello per interessi.

Anzi, come si vedrà,la piattaforma transattiva è opportuno sia

impostata in maniera da immaginare una immediata riallocazione del

bene con incasso della differenza di valore da parte della procedura e,

solo in caso di mancata riallocazione, la restituzione alla società di

leasing la quale si impegni ad una attività di liquidazione secondo

modelli di rendicontazione predeterminati ex ante ed ex post tali da

recuperare la carenza normativa del disposto di cui all’art. 72 quater

l.fall..

In questi termini, come si vedrà, l’ipotesi negoziale auspicabile

sarebbe – in assenza di una ipotesi transattiva - quella in ragione della

quale sia consentito, al fallimento, di realizzare una procedura

competitiva in seno alla quale ricercare un interessato alla

riallocazione del bene, sì da dare corso all’immediato realizzo della

37

Patti, Crediti da contratto di leasing tra risoluzione e pendenza del

rapporto, Fallimento 2007, 822.

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differenza tra riallocazione e credito in linea capitale, lasciando che il

credito per interessi sia insinuato al passivo. Ove la procedura

competitiva non dovesse sortire risultati, il bene sarebbe restituito alla

società di leasing che provvederebbe a liquidarlo secondo un

meccanismo di rendicontazione ex ante ed ex post. Tanto in guisa da

colmare la lacuna che affligge la disposizione di cui all’art. 72 quater

l.fall. e in maniera da liberarsi della gestione dell’immobile.

L’ipotesi andrebbe a “curare” uno dei “nervi scoperti” della

disposizione di cui all’art. 72 quater l.fall., rispetto alla quale la

dottrina non tace profili di incertezza in merito alla carenza di

garanzie della procedura – che restituisca l’immobile onde consentire

alla società di leasing di venderlo - riguardo ad atteggiamenti della

banca volti ad una vendita a prezzo vile del bene, essendo interessata

a che questa copra unicamente il proprio credito38

.

Il problema centrale attiene alla circostanza che il fallimento-

ove non si agisse transattivamente e si restituisse l’immobile tout

court - perderebbe la “garanzia” del possesso del bene, sicché, nella

ipotesi di inadempimenti da parte della banca o comunque di lite sul

valore di mercato,non resterebbe che una forma di tutela obbligatoria,

ossia dare corso ad una “causa” riconducibile ai temi dell’art. 700 cpc

ovvero alla “vendita in danno” 39

In pratica il fallimento si spoglierebbe del possesso del bene e

l’ acquisizione del valore di mercato sarebbe rimessa alla società di

leasing visto che il credito può essere riconosciuto solo dopo che la

società di leasing abbia effettivamente riallocato il bene.

38

Dimundo, art. 72 quater l.fall., in Commentario Lo Cascio, Milano

2010, 662; Pozzi, sub 72 quater,l.fall.Commentario Cavallini, 2010,392. Tant’è

che si ipotizza,in caso di ritardo nella riallocazione, la possibilità, da parte di tale

ultimo autore, di un provvedimento ex art. 700 cpc. Ed invero, vi è da dire che –

stando ad una dottrina - anche in ipotesi di scioglimento del contratto la società di

leasing sarebbe tenuta alla proposizione di una domanda di rivendica corredata da

una istanza di sospensione della liquidazione del bene Moranti, 72 quater, l.fall.,

Comm Maffei – Alberti,Padova 2009.

39

Sulla applicabilità del modello di cui all’art. 53 l.fall. al contratto di

leasing Zanichelli, Collocazione del bene dato in leasing, retrocesso al curatore e

insinuazione al passivo, Fallimento 2012, 69.

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88

Depone in tal senso il ricorso alle espressioni “somma ricavata”

ovvero “quanto ricavato”che fanno intendere una collocazione sul

mercato già avvenuta40

Così, in caso di contestazioni, sarebbe essa ad essere garantita

dalla acquisita disponibilità del bene.

Per questo, visto che si opererebbe in una ottica transattiva -

che deve fornire garanzie al fallimento senza pregiudicare

controparte - pare che una soluzione della vicenda possa trovarsi ove

la società di leasing si mostri disponibile ad effettuare una proposta –

che il fallimento si riserverebbe di valutare –nella quale si preveda

che il fallimento non restituisca il bene dando vita ad una procedura

competitiva nella quale ricercare un soggetto selezionato.

Procedura competitiva in esito alla quale provvedere alla

liquidazione del bene – da realizzarsi direttamente da parte della

società di leasing - ed al conseguente incameramento della differenza

tra valore e debito in linea capitale, con contestuale consegna delle

chiavi.41

Sicché la disponibilità del bene sarebbe data solo dopo avere

ricevuto la differenza di cui all’art. 72 quater l.fall.

Ecco, in questo caso, si applicherebbe l’art. 72 quater l.fall.con

la precisazione che l’attività di liquidazione – o meglio di scelta del

selezionato acquirente - sarebbe posta in essere direttamente dalla

procedura, che conserverebbe la disponibilità del bene, e non già dalla

società di leasing42

.

Non basta.

La soluzione prospettata premette e implica che il diritto alla

restituzione e quello al credito in linea capitale siano accertati al di là

della verifica del passivo, ma secondo un meccanismo che consenta

40

Patti, Disciplina concorsuale della locazione finanziaria nella nuova

normativa, Fallimento 2007, 137; Quagliotti, La disciplina unitaria del leasing

nel fallimento, Fallimento 2006, 1245.

41

Si ipotizza che il curatore dovrebbe subordinare la restituzione del bene

alla sottoscrizione di una dichiarazione con cui il rivendicante si impegna a

procedere alla vendita entro un determinato periodo di tempo Aprile, sub art. 72

quater in Commentario Ferro, Milano 2010.

42

In dottrina si osserva che in mancanza di una intesa transattiva sui

valori in gioco si apre una delicata fase priva di qualsiasi regolamentazione

positiva e quindi insita di rischi per la curatela. Quagliotti, Scioglimento

endofallimentare del contratto di leasing: credito regolabile fuori concorso e

crediti insinuabili, Fallimento 2010, 810

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l’immediata restituzione del bene ( con il conseguente risparmio di

costi di custodia e di assicurazione e dei relativi rischi di detenzione)

e l’incasso della differenza tra valori di realizzo e credito in linea

capitale.

Così un ulteriore tema da affrontare attiene alla possibilità di dare

corso alla restituzione di cui all’art. 72 quater l.fall. ed al

riconoscimento del credito in linea capitale al di fuori della verifica

del passivo sì da anticiparne la determinazione in sede di accordo

transattivo.

La soluzione ad avviso dello scrivente pare possibile in ragione

di una serie di considerazioni che permettono di affermare come il

diritto della società di leasing alla restituzione e la determinazione del

credito possano avvenire secondo un meccanismo di accertamento dei

diritti in prededuzione ex art. 111 l.fall e quale conseguenza insita

nella scelta negoziale del curatore ex art. 72 quater l.fall.

Un primo elemento argomentativo, in tal senso, si rinviene

nella stessa disposizione di cui all’art. 72 quater l.fall. e prima ancora

dal tema generale dei contratti pendenti ove normalmente le scelte

della procedura comportano conseguenze immediate sul patrimonio

fallimentare in termini di prededuzione.

Non ci si meraviglia, infatti, se il subentro in un contratto comporta il

sorgere di debiti in prededuzione che – pur non sfuggendo al concorso

– possono vivere una “corsia temporale” preferenziale ove non

contestati. Al tempo stesso non pare possa allora meravigliare

l’ipotesi di una prededuzione conseguente alla risoluzione del

contratto, specie ove, come nel nostro caso, questa comporti il

sorgere di un rapporto particolare dal quale dipanano una serie di

situazioni giuridiche complesse tra cui l’aspettativa del fallimento alla

ricezione della differenza tra valore di riallocazione e credito in linea

capitale.

Questo fermo restando che il meccanismo di mancata contestazione,

che caratterizza l’accertamento dei crediti in prededuzione, non

significa assenza di rigore nella analisi del credito in quanto la

mancata contestazione non significa che la stessa venga effettuata

senza il dovuto rigore. Anzi, per passare il vaglio della “mancata

contestazione”, la società di leasing dovrebbe dimostrare

rigorosamente e documentalmente il diritto alla restituzione preceduta

dalla opponibilità del contratto, nonché il diritto di credito in linea

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capitale ed il credito per interessi da insinuare al passivo in

chirografo.

Ecco, non ci si stupisce se – in esito al subentro nel contratto –

il fallimento debba pagare in prededuzione le prestazioni anche

precedenti sul modello dell’art. 74 l.fall., dell’art. 82 l.fall. e del 72

l.fall nonché dello stesso 72 quater. Non si vede perché si debba

considerare anomalo riconoscere alla società di leasing il pagamento

del debito in linea capitale in prededuzione specie in relazione al fatto

che lo stesso avviene secondo un meccanismo di compensazione in

ragione del quale – venduto il bene – il fallimento si appropri del

maggior valore rispetto al credito.

Questo tanto più che nella ipotesi in esame il fallimento

riconosce la soddisfazione del credito in occasione del realizzo di un

suo maggior credito, in relazione al tema di cui all’art. 72 quater,

secondo comma, l.fall.. Tanto visto che, ove la differenza fosse a

debito, la società di leasing dovrebbe insinuarsi al passivo per l’intero

proprio credito ( sorta capitale e interessi) ex art. 72 quater, terzo

comma, l.fall..

Sicché, la scelta di sciogliersi dal contratto determina un nuovo

assetto di interessi ove nasce la necessità di accertare il credito in

prededuzione quale fattore di determinazione del credito della

procedura ossia un rapporto giuridico in relazione al quale il bene è

restituito affinché sia venduto, al più presto possibile, onde ottenere il

differenziale.

Se così non fosse vi sarebbe rischio che il credito del

fallimento – alla differenza di valore – possa divenire esigibile solo in

esito alla determinazione del credito della società di leasing. Sicché

sarebbe lo stesso fallimento ad essere svantaggiato visto che la

determinazione del suo credito si avrebbe solo in esito alla

determinazione del controcredito della banca.

Ed infatti, la norma impone alla società di leasing di versare la

“differenza” tra valore di realizzo e credito in linea capitale e non già

l’intera somma del valore di realizzo sicché, fintanto che questa non è

determinata, il credito del fallimento non nasce mancando il

carattere della determinatezza.

Vi è una ulteriore considerazione utile ad avvalorare il ragionamento.

Essa attiene al momento della scelta.

La scelta dello scioglimento del contratto,infatti, deve essere

assunta già conoscendo – con esattezza – la opponibilità del contratto

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e il credito in linea capitale visto che altrimenti la procedura non

potrebbe esprimersi.

Sicché il credito – per evitare che la procedura concorsuale

assuma una scelta aleatoria – deve essere determinato addirittura

prima della opzione di cui all’art. 72 quater l.fall essendo un criterio

su cui fondare e presupporre la scelta del 72 quater l.fall..medesima in

uno alla ponderazione precisa della opponibilità del contratto e quindi

del conseguente diritto alla restituzione ove il titolo dovesse venire a

mancare per la risoluzione del negozio.

Questa constatazione porta ad affermare come sia la

restituzione che l’accertamento del credito possano essere assunte al

di fuori della verifica del passivo.

Andando per gradi, dapprima ci si occuperà della restituzione e

poi del credito.

Sotto l’aspetto della restituzione, siccome il possesso da parte del

fallimento si giustifica in ragione del contratto, la sua risoluzione

comporta la necessità della restituzione. Il bene infatti, sarebbe

illegittimamente detenuto dalla curatela, essendo venuto a mancare il

presupposto negoziale su cui si fonda la situazione possessoria stessa.

Questo senza contare che –in una ottica di celerità e massima

soddisfazione dei creditori – è interesse della curatela medesima

“liberarsi” del bene onde risparmiare costi di custodia ( si pensi alle

onerose spese di vigilanza e di assicurazione ) nonché rischi ( incendi,

occupazioni, devastazioni ecc.).

Continuando nella prospettazione delle argomentazioni a favore della

tesi immaginata, sarebbe irragionevole una interpretazione della

norma che imponesse, in esito alla risoluzione del contratto, la

necessità della rivendica.

Ed infatti, valga il seguente sillogismo: a) se il fallimento

risolve il contratto è perché accerta che lo stesso esiste ed è

opponibile; b) se il contratto esiste ed è opponibile vuol dire che la

proprietà del bene è della società di leasing e la detenzione da parte

del fallimento si giustifica in ragione del pregresso contratto e della

scelta da attuare; c) se il contratto si risolve vuole dire che il bene

continua ad essere di proprietà della società di leasing e la procedura

non ha più titolo per detenerlo essendo venuto a mancare il titolo

negoziale di riferimento.

Ne viene che la rivendica sarebbe una superfetazione che

espone il fallimento – nelle more dell’accertamento - ai rischi ed ai

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costi di una detenzione che tra l’altro è divenuta, per sua stessa scelta,

ingiustificata.

Per quanto attiene al secondo aspetto,anche i diritto di credito

in linea capitale pare potere essere accertato al di fuori della verifica

del passivo.

Del resto, come cennato, comunemente – in caso di subentro –

si ritiene,a prescindere da una espressa disposizione in tal senso, che

il curatore sia tenuto al pagamento in prededuzione non solo dei

canoni e del prezzo di riscatto maturati dopo il fallimento ma anche di

quelli scaduti prima e rimasti impagati i quali si devono ritenere

sottratti alle regole del concorso secondo il regime delle passività

necessarie perché il fallimento acquisti o conservi un bene secondo il

modello dell’art.42,II comma, l.fall.43

Ora, non si vede perché non debba essere lo stesso in caso di

risoluzione visto che la determinazione del credito ed il diritto della

curatela ad esigerlo si fondano sulla sottrazione, dal valore di

riallocazione, del credito in linea capitale sicché procrastinare tale

determinazione equivale a procrastinare la esigibilità da parte della

curatela con evidente svantaggio per la medesima e quindi per i

creditori concorsuali. Anche qui l’onere in prededuzione viene

sopportato per ottenere una utilità, ossia la differenza di valore.

Questo laddove l’accertamento in prededuzione del credito non

toglierebbe rigore al medesimo, essendo compiuto comunque dal

GD,senza contare che comporterebbe l’immediato incasso delle

somme. Né potrebbe obiettarsi una ingiustificata disparità di

trattamento rispetto agli altri creditori.

La diversità di trattamento della società di leasing rispetto ad un

creditore si giustifica per il fatto che la stessa non è solo un creditore

ma vive nella diversa condizione ontologica di essere un “contraente

in bonis”. Ed esiste una differenza ontologica tra chi è titolare di un

diritto di credito, ossia di una posizione ormai definitivamente

esaurita insuscettibile di alcuna evoluzione sul piano del sinallagma

funzionale e chi sia controparte ( evidentemente in bonis) di un

rapporto giuridico in corso.

Ebbene, dalla distinzione operata consegue, per il primo ( creditore)

la soggezione al concorso, per il secondo una collocazione per

definizione extraconcorsuale in guisa che la posizione del contraente

43

Patti, Crediti da contratto di leasing tra risoluzione e pendenza del

rapporto, Fallimento 2007, 822.

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93

in bonis sia, per definizione, extraconcorsuale con conseguente

coerenza della interpretazione prospettata, rispetto al tema dei

rapporti pendenti.44

Ne viene che la somma di cui all’art.72 quater l.fall. si situa

nell’ambito di una (ben compatibile) soddisfazione extraconcorsuale e

quindi nell’ambito di un accertamento in prededuzione.45

E del resto, in esito alla scelta del curatore, all’assetto contrattuale

iniziale si sostituisce un nuovo assetto di interessi disciplinato

direttamente dalla legge.

Assetto a mente del quale, al concedente rientrato in possesso del

bene, residuerebbe solo il diritto ad insinuarsi al passivo qualora,

allocato nuovamente il bene, oggetto del contratto di leasing, dovesse

verificarsi una differenza a suo favore tra il credito vantato alla data

del fallimento e quanto ricavato a seguito della nuova allocazione del

bene.

In caso di surplus positivo del valore di riallocazione rispetto al

credito in linea capitale si ritiene che il nuovo rapporto che si instaura

sia tale che non possa essere revocato in dubbio che la finalità della

norma sia quella di consentire al concedente di rientrare quantomeno

del capitale investito. Sicché l’interpretazione che appare preferibile è

quella secondo cui il locatore, per il credito per il capitale residuo

incorporato nelle rate già scadute e in quelle ancora a scadere, oltre

che dell’importo stabilito per il riscatto, possa immediatamente

soddisfarsi senza attendere il piano di riparto, sulla somma incassata

che, per l’eventuale differenza, deve invece essere versata al curatore.

Ciò anche se residua per il locatore un ulteriore credito per interessi

relativo alle rate già scadute.

Tale ulteriore credito, come emerge dal citato comma 3, deve essere

insinuato al passivo e deve quindi entrare in competizione con gli altri

crediti in sede di riparto così come avviene per altro per l’eventuale

residuo per capitale che non trovi capienza nel valore di

collocazione46

. Ergo il credito in linea capitale – per l’ipotesi di

surplus del valore di realizzo – non deve essere accertato.

44

Dimundo-Patti, I rapporti giuridici preesistenti nelle procedure

concorsuali minori, Milano 1999,7 ss, 71 ss, 83 ss.

45

Patti, Disciplina concorsuale della locazione finanziaria nella nuova

normativa, Fallimento 2007, 136.

46

Zanichelli, Soddisfazione fuori dal concorso del concedente del bene

dato in leasing e modalità di insinuazione al passivo, Fallimento 2012, 69

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94

In conclusione, lo scioglimento determina delle conseguenze

particolari in quanto il rapporto è tale da determinare il diritto della

procedura alla acquisizione delle utilità nette secondo un nuovo

assetto generato dalla scelta della curatela medesima47

.

Vi è di più.

Depone nel senso della possibilità prospettata anche la

interpretazione sistematica della norma di cui all’art. 72 quater lfall.

La stessa, al secondo comma, prospetta l’ipotesi in cui il valore

di realizzo del bene sia superiore al valore del debito in linea capitale.

In questo caso, la regola dispone il pagamento a favore del fallimento

senza imporre la insinuazione al passivo del credito in linea capitale,

richiedendo che la verifica del passivo abbia luogo per la somma

degli interessi. Nella ipotesi di cui al terzo comma prospetta invece il

surplus del debito in linea capitale rispetto al valore di riallocazione.

Ecco in tale caso impone che il medesimo debito in linea capitale (

per la differenza) e il debito da interessi debbano essere insinuati al

passivo. Ciò a dimostrazione di come l’onere sia imposto solo in

siffatta ipotesi, sì da dare valore al silenzio del legislatore che, quando

ha voluto affermare la necessità della insinuazione, lo ha

espressamente imposto.

La ricostruzione pare si esprima anche con i principi della legge

fallimentare.

Ed infatti, verrebbe assicurato l’accertamento del credito in

linea capitale secondo il tema rigoroso dell’accertamento del passivo

in base al modello di cui all’art. 52 l.fall. coniugato con quello di cui

all’art. 111 l.fall.

Nella specie, infatti, il credito sarebbe accertato in

prededuzione sì da rispettare il principio del concorso e quanto

affermato incidentalmente dalla Suprema Corte secondo la quale “ il

concedente in caso di fallimento dell’utilizzatore e di opzione del

curatore per lo scioglimento del contratto può soddisfarsi sul bene

oggetto del negozio al di fuori del concorso previa ammissione al

passivo e con esenzione dal concorso sostanziale ma non da quello

formale”48

47

Per la prededucibilità del credito, in relazione alla scelta della procedura

sui contratti pendenti Cass., 19 ottobre 2007, n. 22013, Fallimento 2008, 285

48

Cass., 15 luglio 2011, n. 15701, Fallimento 2012, 68. Sul tema anche

Cass., 1 marzo 2010, Fallimento 2010, 808 che tuttavia pare occuparsi della

ipotesi di cui al terzo comma dell’art. 72 quater l.fall..

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Ed in tal caso, il “concorso formale” vi sarebbe ma in

prededuzione in coerenza col dato che consente la soddisfazione

immediata al di fuori del concorso.

La soluzione poi sarebbe conforme al principio della celerità

visto che il fallimento potrebbe acquisire la disponibilità delle somme

( differenza tra valore di riallocazione e credito in linea capitale) e

restituire immediatamente il bene sì da soddisfare una interpretazione

costituzionalmente orientata della norma, ossia conforme al principio

di ragionevolezza ex art. 3 Cost., nonché coerente ai principi ispiratori

della riforma della legge fallimentare volta alla “massimizzazione

degli interessi dei creditori”.

Valga questo semplice esempio impostato su di un caso

concreto.

Si ipotizzi che vi sia un soggetto,in esito ala procedura

competitiva, interessato a comprare l’immobile in leasing a 800

rispetto al credito in linea capitale di 400.

In coerenza, ragionevolmente chiunque opterebbe per lo

scioglimento del contratto, onde incassare la differenza di 400 e

restituire il bene, sì da realizzare il prima possibile “valori attivi” e

risparmiare, il prima possibile, costi di custodia, di assicurazione ed

eliminare i rischi connessi alla detenzione del bene.

Tuttavia, ove si seguisse una interpretazione formalistica, la

società di leasing dovrebbe insinuare il credito al passivo affinché lo

stesso sia accertato nella sede della verifica e provvedere, nella

medesima sede, a porre in essere una domanda di rivendica e solo

dopo il provvedimento di ammissione, ottenere la restituzione del

bene e consegnarlo al nuovo proprietario che solo allora verserebbe

verosimilmente l’importo di 800, sempreché sia disposto ad attendere

tanto per realizzare l’operazione.

Ora si immagino le ipotesi di verifiche con molteplici domande

capaci di durare moltissimi mesi.

Invero, solo dopo moltissimi mesi il fallimento potrebbe restituire il

bene, incassare euro 400 che verosimilmente sono state mortificate

dai costi di custodia ( vigilanza) da quelli assicurativi e dai rischi di

conservazione del bene.

Tanto senza contare in rischi collegati alla detenzione come ad

esempio accaduto a Cagliari ove il bene è stato oggetto di un incendio

presumibilmente doloso.

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Ove invece si ritenesse possibile l’accertamento in

prededuzione, nell’ambito di una attività strutturata secondo il

“principio di non contestazione”ex art. 111 bis l.fall., il credito in

linea capitale ed il diritto alla restituzione sarebbero vagliati in una

udienza ad hoc ove il curatore ed il giudice delegato valuterebbero

che –per come predisposta e presentata e salvo integrazioni

appositamente richieste –la domanda non merita contestazioni. Tanto

da rispettare il tema di cui all’art. 111 bis l.fall. secondo il quale “ i

crediti prededucibili devono essere accertati con le modalità di cui al

capo V con esclusione di quelli non contestati per collocazione e

ammontare”.

In questa ipotesi, dopo avere accertato rigorosamente la non

contestabilità, il GD accerterebbe il credito nonché il diritto alla

restituzione. Il fallimento potrebbe immediatamente incassare la

differenza pari a 400 e liberarsi dai costi e dai rischi collegati alla

detenzione di un immobile che deve essere restituito.

Sempre nell’ottica della celerità si eviterebbero duplicazioni di

attività. Ed infatti, l’esatta enucleazione del contenuto riconducibile

ai due diversi concetti di credito utilizzati nell’art. 72 quater, II e III

comma, l.fall. deve essere comunque ponderata all’atto della scelta

dello scioglimento,49

sicché, ripeterla in sede di accertamento, sarebbe

inutile dandosi corso unicamente ad una superfetazione.

In conclusione, l’applicazione dell’art. 72 quater l.fall.

comporta la necessità di raggiungere un accordo con la società di

leasing.

L’ideale sarebbe raggiungere un accordo nell’ambito del quale

sia la stessa società di leasing a prospettare la esistenza di una

possibilità riallocativa dell’immobile con riconoscimento alla

procedura del valore differenziale tra prezzo di riallocazione a valori

di mercato e credito in linea capitale (tanto come poi accaduto per

Cagliari e Casalnuovo).

Solo ove non vi fosse tale possibilità in concreto allora

l’accordo potrebbe essere stimolato attraverso la redazione di una

procedura competitiva nell’ambito della quale ricevere offerte di

acquisto.

Ed infatti, ove in esito alla stessa dovessero giungere proposte

di acquisto, le stesse sarebbero utilizzate onde spingere la società di

49

Quagliotti, Scioglimento endofallimentare del contratto di leasing:

credito regolabile fuori concorso e crediti insinuabili, Fallimento 2010, 810

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leasing ad una riallocazione ovvero a giustificare quantomeno il

perché di un eventuale rifiuto alla riallocazione con possibili

responsabilità.

Ove non si avessero offerte si avrebbero comunque elementi

utili in merito alla appetibilità del bene sì da potersi valutare anche la

restituzione alla società in guisa che sia la stessa – ferma restando la

rendicontazione ex ante ed ex post – a liquidare il bene e versare il

differenziale al fallimento che quindi risparmierebbe costi e rischi

collegati alla detenzione dei beni. In sostanza poi la procedura

avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per assumere una scelta con

cognizione di causa avendo sondato anche il mercato.

In questo contesto, al di là delle provocazioni successive, nulla

osta che il fallimento si attivi – mediante una procedura competitiva –

alla ricerca di un possibile interessato all’immobile su cui cucire le

ipotesi riallocative. Procedura competitiva tale da stimolare la ricezione di proposte

irrevocabili ove possibili interessati propongano di acquistare

l’immobile nella consapevolezza che la loro proposta deve essere

inserita nel contesto di cui all’art. 72 quater l.fall. nel senso che la

stessa preveda come : a) la proprietà del bene sia trasferita – al prezzo

offerto – dalla società di leasing; b) il versamento del prezzo sarebbe

realizzato versando alla società di leasing il valore del credito residuo

in linea capitale ed al fallimento la differenza rispetto al bene; c)

l’acquisto del possesso avvenga –nelle condizioni in cui il bene si

trova all’atto della vendita - mediante consegna delle chiavi da parte

della curatela contestualmente alla ricezione del valore da parte del

fallimento.

La possibilità di dare vita – da parte del fallimento – a siffatta

procedura viene ricostruita afferma dosi sostanzialmente che

addirittura – da una interpretazione sistematica degli artt. 93,101,103

- il fallimento sarebbe legittimato alla vendita di beni altrui, sicché – a

maggior ragione – deve ritenersi legittimato alla ricerca – visto che

questo corrisponde ad un proprio preciso interesse ad acquisire i

valore di riallocazione al netto del debito in linea capitale – di

interessati all’acquisto del bene.

Volendo portare i temi alle estreme conseguenze,ad avviso

dello scrivente, il fallimento potrebbe addirittura vendere i beni

immobili in leasing e riconoscere alla società di leasing il valore che

nella specie sarebbe rappresentato dal credito in linea capitale.

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98

Tanto secondo una interpretazione sistematica degli artt.

93,101, 108, 103, 72 quater l.fall.

Le prime due norme impongono al proprietario del bene di

rivendicare il medesimo e di richiedere la sospensione della

liquidazione a dimostrazione che,in assenza, il curatore sia legittimato

a vendere il bene. La terza norma risolverebbe – per i beni immobili e

per i beni mobili registrati - il problema della continuità della

trascrizione visto che il giudice è legittimato a cancellare “ogni altro

vincolo” che si frappone alla liquidazione. La norma di cui all’art.

103 l.fall. stabilisce che, al più, il fallimento avrebbe diritto al

riconoscimento del valore in prededuzione. Valore in prededuzione

che nella specie, stante l’art. 72 quater l.fall., dovrebbe limitarsi al

credito in linea capitale.

Ciò posto, un primo riferimento utile onde affermare la

liquidazione dei beni altrui è costituito dall’art. 93 l.fall in relazione al

quale pare possibile affermare che la rivendica non incide, di per sé,

sulla possibilità di liquidare i beni visto che tale prerogativa pare

possa essere impedita solo in esito all’accoglimento della domanda

proposta dal rivendicante ex art. 93, VIII comma, l.fall.e nelle more

da una istanza di sospensione della vendita.

La norma, difatti, dispone “con la domanda di restituzione o di

rivendicazione il terzo può chiedere la sospensione della liquidazione

dei beni oggetto della domanda”. Tanto, come detto, non è stato

chiesto dal ricorrente né nell’ambito della domanda, né nell’ambito

dell’opposizione.

Ora, una disposizione del genere non avrebbe senso se non in

relazione e contrapposizione alla possibilità da parte della procedura

di disporre del bene nelle more dell’accertamento della proprietà.

Se il fallimento non potesse vendere il “bene altrui” non

avrebbe senso onerare il ricorrente di una istanza di sospensione.

L’onere della sospensione riconosce, invece, espressamente una

tale prerogativa a favore del fallimento.

Addirittura, nel caso di domanda di rivendica tardiva, l’ istanza

di sospensione deve essere avvalorata dalla dimostrazione del ritardo

incolpevole ed inoltre essa – seppure accolta – ha durata limitata al

periodo necessario all’accertamento del diritto come pare evincersi

chiaramente dall’ espressione “ può chiedere che siano sospese le

attività di liquidazione del bene fino all’accertamento del diritto”.

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99

Va altresì registrato che, in alcune decisioni, la Suprema Corte

ha anche aggiunto che, per effetto della dichiarazione di fallimento e

della inventariazione dei beni del fallito, con conseguente

acquisizione dei medesimi alla massa, la tutela degli eventuali diritti

dei terzi sul bene si esercita esclusivamente nei modi di cui all’art.

103 legge fallimentare.50

Ancora, dalla analisi della norma è possibile trarre un ulteriore spunto

a favore della tesi che si intende dimostrare.

La disposizione, difatti, prevede implicitamente una facoltà di

scelta in capo all’ufficio fallimentare data dalla “surrogazione” del

bene col valore in prededuzione, in linea e con l’indirizzo volto a

riservare la scelta a favore del fallimento se dare corso o meno alla

continuazione dei rapporti, dovendo in tali ipotesi riconoscere il

controvalore di quanto appreso. Tanto sempre che la domanda sia

ammessa, altrimenti se il curatore vende e la domanda è rigettata

nulla deve riconoscersi. E qui il valore sarebbe limitato al valore del

credito in linea capitale.

In quest’ottica, se il curatore può disporre del bene a maggior

ragione nulla potrà essere richiesto al soggetto acquirente che quindi

non può subire l’evizione.

Il terzo rivendicante diritti reali o di garanzie sul bene, difatti ha

l’onere di agire in sede concorsuale e non si può consentire che

risultati ultimi e stabili della procedura esecutiva speciale possano

essere compromessi da azioni successive di evizione .51

50

Cass, 18 settembre 1986, n. Mass. Giur. It., 1986, Fallimento, 1987 .

51

P. PAJARDI, op. cit., 470. Contra M. MONTANARI, op. cit., 991; G.

RAGUSA MAGGIORE, op. cit. 425, A. BONSIGNORI, op. cit., 651. In

giurisprudenza si è statuito che “ L'aggiudicatario di un bene in sede di

liquidazione dell'attivo fallimentare acquista a titolo derivativo e non originario,

sicché non gli è garantita la proprietà e la libertà dell'immobile acquistato

(applicazione alla fattispecie: il decreto di aggiudicazione non fornisce la prova

richiesta dall'art. 948 c. p. c. all'aggiudicatario che agisca in rivendicazione

contro il terzo).cfr Cass. 9 novembre 1982, n. 5888, in Dir. Fall., 1983, II, 39. Ed

ancora “ La circostanza, emessa successivamente al decreto di trasferimento,

dell'appartenenza a terzi di parte dei beni immobili posti all'incanto non è

qualificabile come vizio o difformità che possa incidere sulla identità o

individuazione dell'intero bene oggetto di trasferimento, quanto piuttosto come

dato che esclude l'efficacia traslativa al decreto stesso, limitatamente alla parte

del lotto posto in vendita; pertanto, l'aggiudicatario parzialmente evitto ha il

diritto di ripetere una parte proporzionale del prezzo di aggiudicazione.” Trib.

Messina, 15 aprile 1995, in Fallimento, 1995, 1242, nota di CECCHERINI. Ed

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100

A conferma di ciò, chiaramente l’art. 52 l. fall. afferma che

“ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai

sensi dell’art. 111 n. 1, nonché ogni diritto reale o personale,

mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme

stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni della legge”.

Non basta, si ripete, un ulteriore riferimento, da leggere in

correlazione con l’art.93 l.fall., è dato dall’art.103 l.fall.

La norma dispone, con riferimento alla rivendica: “ se il

curatore perde il possesso della cosa dopo averla acquisita il titolare

del diritto può chiedere che il valore della cosa sia corrisposto in

prededuzione.

In dottrina si afferma come “ l’ipotesi in esame più che

risolvere il problema del perimento del bene risolve a priori quei casi

in cui il curatore abbia alienato il bene di cui non sia in grado di

ottenere la restituzione in favore del creditore oppure non voglia farlo

poiché la vendita complessiva dei beni è stata conveniente come

nell’ipotesi di una vendita di azienda funzionante nella quale si trovi

un bene concesso in leasing fondamentale per il processo produttivo.

ancora viene affermato che “Avverso i decreti del giudice delegato in sede di

vendita di beni mobili o immobili acquisiti al fallimento deve ritenersi esperibile

il reclamo davanti al tribunale (art. 26 l. fall.) e non l'opposizione agli atti

esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c. dato che il rinvio dell'art. 105 l. fall. alle

disposizioni del processo esecutivo individuale (in quanto compatibili) non può

includere il suddetto art. 617 c.p.c. in presenza dello specifico rimedio apprestato

contro quei provvedimenti dal menzionato art. 26 l. fall. Nella vendita forzata

anche fallimentare, di beni immobili solamente la mancata indicazione

nell'ordinanza di vendita di oneri gravanti sulla cosa venduta, che possano in

astratto configurare fatti evizionali, incidono sulla validità ed efficacia della

vendita, determinando conseguentemente la nullità di tutti i successivi atti del

procedimento di realizzo coattivo”. Trib. Genova, 1 luglio 1993, in Giur. Comm.,

1995, II, 779, nota di AGOSTINELLI . Di contrario avviso è Trib. Salerno, 19

giugno 1990, in Giust. Civ., 1991, I, 1582 secondo il quale “Non rivestendo

carattere negoziale i trasferimenti in sede di vendita giudiziale, nella esclusione -

in re ipsa - della rilevanza dei vizi della volontà (salvo il diverso caso della

inesistenza) e delle regole in tema di inadempimento contrattuale (generali o

specifiche alla compravendita), devesi necessariamente ritenere che le previsioni

dettate dal <codice sostanziale> quanto alla evizione ex art. 2921 c. c. risultando

eccezionali non sono suscettive di interpretazione analogica: tanto vero che l'art.

105 l. fall. richiama solo le <disposizioni del codice di procedura civile relative

al processo di esecuzione> e non anche quelle del codice di diritto sostanziale

degli art. da 2919 a 2929.” .

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101

Il curatore invece di restituirlo può scientemente venderlo in blocco

con l’azienda e poi corrispondere il suo valore al rivendicante”.52

Come si vede, allora, la vendita del bene “altrui” dipende da

una valutazione di convenienza della curatela che nella specie viene

resa addirittura necessaria dalla mancata rivendica. Essa sconta il

problema della assunzione del rischio in capo al terzo soggetto che

difficilmente assumerà il medesimo ovvero accetterà di assumerlo

attraverso una sostanziale riduzione del prezzo.

Essa è una ulteriore traccia del contemperamento delle esigenze

del singolo rispetto a quelle della massa quale essenza stessa del

concorso che già di per sé è espressione del sacrificio stesso.

Ad ulteriore conferma di ciò vi sono le regole quali gli artt. 72

e ss l.fall.che consentono al curatore di incidere sulla altrui sfera

giuridica decidendo, in deroga all’art. 1372 c.c., di sciogliersi o meno

dal contratto.

Esempio ulteriore della conversione dei valori in danaro è dato

dall’art.59 l.fall. in ragione del quale i crediti non scaduti aventi ad

oggetto una prestazione diversa dal danaro concorrono secondo il

valore alla data della dichiarazione di fallimento.

Questo, in relazione al principio generale che al concorso

possono essere ammessi solo debiti pecuniari .53

Tanto a testimonianza di come il legislatore operi una

conversione che viene utilizzata anche nel caso in esame ove il

curatore fallimentare può disporre del bene fermo restando il

riconoscimento, al soggetto rivendicante, della somma in

prededuzione.

In questi termini, il concorso falcidia sia le posizioni creditorie

in senso stretto sia le aspettative di restituzione trasformando tutto in

“valori e aspettative a concorrere”. Sicché così come il creditore ad

una somma di danaro, anche il contraente (art.72) il creditore non

pecuniario( art.59) e il supposto proprietario (103) devono concorrere

ossia subire le regole sostanziali e formali del concorso che in tali

ultimi due casi possono determinare la conversione del diritto alla

prestazione o alla cosa in un diritto al suo valore.

Ora, se questo è vero quando il creditore ha un diritto

figuriamoci nel caso in esame ove la domanda non è stata proprio

posta in essere.

52

PAJARDI, Manuale di diritto fallimentare, Milano 2008, 569.

53

PAJARDI, sub art. 59 l.fall., in Codice del fallimento, Milano 2007.

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102

Così il legislatore attua il contemperamento nel senso che il

curatore può vendere il bene rivendicato nel rispetto dell’esigenza di

celerità e omnicomprensività dell’attivo.

Il creditore se vuole impedire ciò, deve effettuare una apposita

istanza la quale – e qui sta un ulteriore elemento a favore della

liquidabilità – non è detto che sia accolta visto che viene posta anche

essa al vaglio del giudice che ne valuta ammissibilità e accoglibilità in

relazione al contemperamento tra esigenze del singolo e della

procedura.

Nell’ipotesi in cui il “creditore” sia inerte ovvero il giudice

decida non accoglibile la sospensione, la vendita è possibile ed il suo

diritto si trasforma, in caso di accoglimento della domanda54

, nel

diritto al valore in prededuzione. A maggior ragione, in questo caso,

le esigenze della procedura concorsuale non possono essere

subordinate visto che il creditore non può più porre in essere domanda

di insinuazione al passivo.

Se così non fosse vi sarebbe una situazione di grave imbarazzo

con la conseguenza che il bene sarebbe “invendibile” da parte della

procedura la quale dovrebbe lei attivarsi per una rivendica “al

contrario” contro tutte le regole del concorso.

In conclusione, pare che la lettura sistematica degli artt.93, 101,

103, 108 l.fall. consenta la possibilità di vendere l’immobile nelle

more della rivendica essendo il sistema strutturato nel senso che – per

impedire ciò – il ricorrente sia onerato a proporre istanza di

sospensione in uno alla domanda (nell’ipotesi di cui all’art.93 l.fall) o

addirittura proporre istanza di sospensione e dimostrare

l’incolpevolezza del ritardo ( nell’ipotesi di cui all’art.101 l.fall.).

A maggior ragione tale prerogativa pare debba essere accordata

ove la domanda non sia stata proprio proposta .

Resta da valutare il problema collegato alla continuità delle

trascrizioni.

Difatti, può accadere – come nel caso in esame – che il bene

sia intestato ad un terzo soggetto.

In questo caso, la vendita da parte del fallimento deve

recuperare la continuità della trascrizione.

Orbene, ad avviso dello scrivente, tale continuità pare possa

essere recuperata secondo diversi riferimenti sistematici.

54

Cosa che non è avvenuta in questa sede.

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103

A tal proposito, la stessa norma di cui all’art. 108 l.fall. pare

rappresenti la chiusura del sistema .

La norma, infatti, dispone che per i beni immobili e gli altri

beni iscritti in pubblici registri, una volta eseguita la vendita e

riscosso interamente il prezzo, il giudice delegato ordina, con decreto,

la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché

delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di

“ogni altro vincolo“.

Ecco pare che proprio sull’espressione “ogni altro vincolo”

possa appuntarsi la possibilità di consentire che il giudice delegato

operi la cancellazione delle trascrizioni pregiudizievoli.

Da un punto di vista dell’ interpretazione letterale, la locuzione

“ogni altro vincolo” pare suscettibile di una interpretazione alquanto

ampia potendo ricomprendere ogni impedimento alla continuità delle

trascrizioni tali da consentire l’acquisto libero da pesi e quindi “ogni

altro vincolo che sia funzionale all’attività di liquidazione”55

.

La possibilità di cancellare ogni altro vincolo è frutto e

strumento del potere autoritativo ritenuto coessenziale alla garanzia di

massima efficienza e trasparenza della liquidazione. Non avrebbe

senso, del resto, permettere la vendita nelle more della rivendica e poi

non consentirla per l’assenza di strumenti che assicurino la continuità

delle trascrizioni o pel fatto che l’acquirente possa essere aggredito

per evizione.

Ancora un ulteriore conferma può derivare dal confronto – in

termini di ampiezza disciplinare – tra l’art. 108 l.fall. e la

disposizione, per così dire omologa, dell’art. 586 cpc56

.

In quest’ultimo caso - proprio per la assenza di un sistema che

permetta la vendita di un bene rivendicato da un terzo e che in quanto

immobile potrebbe essere carente delle trascrizioni o vivere la

trascrizione di una domanda di risoluzione – il legislatore non adotta

il termine “ogni altro vincolo”.

55

PALUCHOWSKI, sub art. 108, l.fall. in Commentario LO CASCIO,

Milano 2008.

56

In sede di trasferimento all'aggiudicatario del bene immobile

espropriato, in esito ad esecuzione individuale o concorsuale, il giudice ha il

potere di disporre la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle

iscrizioni ipotecarie (art. 586 c.p.c.), ma non anche della trascrizione della

domanda giudiziale (nella specie, proposta contro la curatela fallimentare), con la

quale un terzo abbia preteso la proprietà o altro diritto reale sul bene medesimo.

Cass., 10 settembre 2003, n.13212, Gius, 2004, 5, 644

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104

Ed infatti, la norma dispone “ avvenuto il versamento del

prezzo, il giudice dell’esecuzione può …pronunciare decreto col

quale trasferisce all’aggiudicatario il bene espropriato ripetendo la

descrizione contenuta nell’ordinanza che dispone la vendita e

ordinando che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le

iscrizioni ipotecarie, se queste ultime non si riferiscono ad

obbligazioni assuntesi all’aggiudicatario a norma dell’art.508 . Il

giudice con il decreto ordina anche la cancellazione delle trascrizioni

dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie successive alla

trascrizione del pignoramento”.

Come si vede, manca una formula del tipo “ogni altro vincolo”

presente nell’art.108 l.fall.

Orbene tale “silenzio” “grida” a favore di una interpretazione

che dia valore sostanziale alla espressione “ogni altro vincolo”

proprio nel senso di eliminare qualsiasi ostacolo al trasferimento

consentito da un punto di vista sostanziale.

E del resto lo stravolgimento della continuità della trascrizione

non è nuovo al sistema del diritto fallimentare.

Ne è precisa testimonianza la disposizione di cui all’art. 45

l.fall.. Anche in tale ipotesi si è dianzi ad una “soluzione di

continuità” delle trascrizioni visto che vi è un soggetto che ha

acquistato il bene, ha trascritto l’acquisto dopo il fallimento e

ciononostante il fallimento opera il trasferimento.

Anche nella specie, la trascrizione di un atto prima della

dichiarazione di fallimento, non impedisce la vendita da parte della

procedura fallimentare il cui perfezionamento implica il superamento

della trascrizione dell’atto inopponibile.

Tant’è che si osserva “seppure è sempre opportuno che il

curatore trascriva nei pubblici registri la sentenza di fallimento,

tuttavia anche se ciò non dovesse succedere le eventuali costituzioni

di diritti sui beni soggetti a pubblicità non sarebbero in nessun caso

opponibili al fallimento”.57

Ergo il fallimento vende a prescindere dalla continuità delle

trascrizioni.

Ora - così come le formalità successive alla sentenza di

fallimento non sono opponibili ai creditori e deve dirsi a coloro che

57

GHEDINI, sub art.45 l.fall., in COMMENTARIO alla legge

fallimentare diretto da FERRO, Milano 2007.

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105

acquistano - allo stesso modo tale inopponibilità si registra in

relazione alla vendita delle cose rivendicate.

Ecco un altro esempio di interruzione della continuità della

trascrizione che viene a realizzarsi secondo il sistema della

cancellazione di ogni altro vincolo non essendo necessario che la

curatela faccia accertare tale inopponibilità giudizialmente .

Ancora, di per sé, il fallimento è un’ipotesi di incidenza sul

sistema delle trascrizioni visto che la sentenza dichiarativa di

fallimento ed il decreto di chiusura hanno efficacia erga omnes

indipendentemente dalle formalità di comunicazione, pubblicazione e

di trascrizione nei registri. Inoltre, la dichiarazione di fallimento non

trasferisce i beni del fallito in proprietà al fallimento58

ma avvia un

procedimento espropriativo concorsuale. Cioè la curatela non è

onerata a far accertare giudizialmente l’applicazione dell’art. 45 l.fall.

potendo il giudizio essere al più occasionato dall’attività del titolare

del bene . Anche l’art.45 l.fall. opera come meccanismo automatico di

inopponibilità non essendo necessario agire per farla accertare visto

che secondo una dottrina la inefficacia in parla opera di diritto59

.

Anche la norma in esame incide sul sistema delle trascrizioni

visto che la sentenza di fallimento, anche se non trascritta, rende

inopponibile ogni atto trascritto successivamente alla sua data.60

Esiste cioè una ulteriore traccia di come si possa ragionare in termini

di inopponibilità relativa alla massa dato che le formalità relative al

fallimento sono perfettamente valide ma inopponibili alla massa dei

creditori. Significa che in questo caso la procedura può vendere il

bene pur essendo l’atto valido e quindi pur essendo la proprietà

riconosciuta al soggetto terzo ma inopponibile al fallimento sicché il

brocardo nemo plus iuris quam ipse habet transferre potest viene

recuperato in quanto il trasferimento è consentito in ragione della

inopponibilità della titolarità altrui.

E’ consentito trasferire il diritto in quanto il diritto è attribuito,

quale prerogativa, dalla legge stessa.

Con la conseguenza che il compratore – che abbia validamente

ma inefficacemente acquistato il bene – potrà ottenere solo il

soddisfacimento sul prezzo in moneta fallimentare ma non anche il

58

Trib. Milano, Sez. VIII, 10 luglio 2000, Guida al Diritto, 2004, 36, 52.

59

PAJARDI, Manuale di diritto fallimentare, Milano 1998, 226;

60

PAJARDI, Manuale di diritto fallimentare, Milano 1976,282

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106

risarcimento del danno in quanto l’inefficacia trova la fonte nella

legge.

Così pare debba essere anche nel caso di vendita del bene

rivendicato ove il “supposto proprietario” potrà, al più, ottenere il

controvalore del bene in prededuzione se la sua domanda viene

accolta. Ecco, nella fattispecie in esame, vi è ancora di più in quanto

il soggetto non ha proprio rivendicato il bene.

Ovviamente non si vuole arrivare a tale estrema conseguenza e

sperimentare sulla “pelle del fallimento”una ricostruzione teorica

dello scrivente. Tuttavia, quantomeno si può affermare che il

fallimento – nella tutela di un proprio interesse e nella inerzia della

società - possa tutelare il proprio interesse alla celere liquidazione e

trovare soggetti interessati all’acquisto da sottoporre (rectius imporre)

alla società di leasing la quale dovrebbe accedere alla ipotesi

liquidatoria o quantomeno giustificare il rifiuto.

Per questo, si ritiene utile ricercare ipotesi negoziali con le

società di leasing e parallelamente dare vita ad una procedura

competitiva ove – senza che il fallimento sia in alcun modo

impegnato – si cerchi un soggetto disposto a formulare una proposta

irrevocabile per l’acquisto del bene.

Cosa possibile visto che il fallimento, nelle more della

rivendica ed in assenza di sospensioni dell’attività di liquidazione,

sarebbe libero di dare corso alla attività stessa tenuto anche conto che

– nell’ambito della procedura competitiva non attua la liquidazione

del bene che tra l’altro nelle more potrebbe divenire anche suo ove

subentrasse nel contratto - si limita a ricevere proposte irrevocabile

che non tenuto ad accettare ma al più ad utilizzare.

Ed infatti nella procedura competitiva si riferirebbe come il

fallimento possa accettare la proposta entro un dato termine, dovendo

nelle more verificare la possibilità di dare corso alla riallocazione

Ancora, la proposta irrevocabile dovrebbe essere formulata nel senso

che il proponente di impegni ad acquistare il bene dal fallimento o da

chi ne sia stato accertato proprietario, nelle more, versando l’importo

secondo le istruzioni dettate dal fallimento.

Un ulteriore accorgimento è costituito dalla richiesta,in seno

alla procedura competitiva, che vi sia una clausola nell’ambito della

proposta ove il fallimento abbia la possibilità di nominare ex 1401

c.c. anche un terzo ai fini della vendita.

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Tanto nel senso che il proponente manifesti irrevocabilmente la

volontà di acquistare l’immobile nella consapevolezza ed accettando

che lo stesso le possa essere trasferito,non già dal fallimento, ma dalla

società di leasing laddove, nelle more, fosse accertata la opponibilità

del contratto di leasing alla procedura e quindi la proprietà in capo

alla medesima.

Sicché l’interessato all’acquisto sia utilizzato nella

riallocazione ex art. 72 quater l.fall.

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1

BREVI RIFLESSIONI IN TEMA DI GESTIONE DELLE

“SOMME” DESTINATE AI CREDITORI IRREPERIBILI

(DI CIRO EAPOSITO)

Si svolgono brevi considerazioni in merito alla “ gestione” normativa

delle somme destinate ai c.d. “creditori irreperibili”.

Una possibile soluzione del problema – dianzi alla lacunosità

del dato normativo – potrebbe essere la seguente:

1) chiusura del conto corrente ex art. 34 l.fall. in esito al riparto

finale ex art. 117 l.fall ;

2) constatazione della esistenza di “creditori irreperibili o che

non si presentano” da parte del curatore fallimentare, in virtù di

apposta relazione al GD prima della chiusura e dopo l’esecuzione del

riparto. Relazione nella quale il curatore informa dell’esubero di

somme e riferisce della apertura di un nuovo conto corrente ex art.

117,IV comma, l.fall;

3) “apertura” – nell’intervallo di tempo che va, dalla accertata

irreperibilità o dalla mancata presentazione dei creditori, alla chiusura

del fallimento - di un conto corrente sul modello e secondo le

condizioni di quello ex art. 34 l.fall.. Conto corrente intestato alla

procedura concorsuale. Per ragioni di praticità e maggiore sicurezza il

rapporto potrebbe assumere anche la forma di un libretto nominativo

intestato alla procedura – e lasciato nella disponibilità della

cancelleria da parte del curatore - visto che la norma dispone

unicamente che le “somme sono nuovamente depositate ….presso

l’Ufficio Postale o la banca già indicati ai sensi dell’art. 34 “Sicché

il deposito può avere anche le forme del libretto visto che non è

richiamata la parte dell’art. 34 che dispone la forma del conto

corrente.

4) chiusura del fallimento che non può essere ritardata –

secondo il principio della celerità – dalla persistenza di somme da

destinare come dimostra sistematicamente anche la vicenda dei

creditori ammessi con riserva ( cfr artt.117, III comma, 113 e 113 bis

l.fall)

A seconda delle evenienze potrebbero – nei cinque anni dal

deposito delle somme - verificarsi le seguenti ipotesi:

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2

a) distribuzione delle somme, mediante mandato, emesso dal

“giudice” designato dal Presidente del Tribunale, su ricorso degli

interessati, agli aventi diritto ( creditori irreperibili o che non si sono

presentati) che ne facciano richiesta, nei cinque anni dal deposito. A

tali soggetti le somme sarebbero distribuite, man mano che si

presentano, versando la somma prevista nel piano di riparto cui

aggiungere la quota proporzionale di interessi, maturata sul conto ex

art. 34 l.fall., sino a quel momento. Tanto in ragione di apposito

ricorso, da parte del creditore, al Presidente del Tribunale, il quale

nomina il giudice che provvede –secondo le modalità procedimentali

ritenute dal giudice stesso più consone alla fattispecie concreta– alla

emissione del mandato di pagamento;

b) ove l’ipotesi sub a) non si realizzi, distribuzione delle

somme a favore dei “creditori insoddisfatti”, che ne abbiano fatto

richiesta, a mezzo ricorso “indirizzato” – prima dello spirare del

termine quinquennale – al Presidente del Tribunale, il quale designa

un giudice che “omessa ogni formalità non essenziale al

contraddittorio…..dispone la distribuzione delle somme non riscosse

in base all’art. 111 l.fall. tra i soli richiedenti”. Giudice che quindi

disegna il procedimento di distribuzione del residuo, nel rispetto del

contraddittorio, ma tenuto conto della singola fattispecie concreta e

quindi del grado di complessità e del livello di informazione che la

medesima può, o meno, imporre tenuto conto del principio di celerità;

c) trascorsi i cinque anni dal deposito – laddove non si siano

verificate le iporesi sub a e b – la Banca comunica, alla Cancelleria

della sezione fallimentare del Tribunale, la persistenza delle somme

sul conto corrente. La cancelleria sottopone la vicenda, al Presidente,

il quale nomina un giudice che verificato - in virtù del procedimento

che ritiene preferibile nella fattispecie concreta - il presupposto della

distribuzione allo Stato ( i.e. mancato ricorso di creditori sub a e b)1

1 La questione della verifica di assenza di riscorsi, da parte dei creditori

insoddisfatti, potrebbe rivelarsi insidiosa ove – come afferma la dottrina unanime

– il ricorso possa essere presentato in seno alla domanda di ammissione al

passivo. Ed infatti, verosimilmente, la cancelleria non avrebbe contezza del

ricorso in quanto incorporato in altra istanza. Sicché – oltre a sembrare opportuno

che la cancelleria sia attrezzata in tal senso – sarebbe opportuno che il curatore, in

sede di istanza di chiusura, indichi la presenza di creditori insoddisfatti che

abbiano formulato la richiesta di cui all’art. 117, IV comma, l.fall. Tanto in guisa

da evitare la distribuzione a favore dello Stato, o comunque consentire – a tali

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3

dispone il versamento a favore dell’entrata del bilancio dello Stato .

Versamento che avviene a cura della Banca.

Orbene, si ritiene che la soluzione proposta possa fondare sulla

esegesi dell’art. 117 l.fall.

La norma, infatti, al quarto e quinto comma, prevede : “Per i

creditori che non si presentano o sono irreperibili le somme dovute

sono nuovamente depositate presso l’ufficio postale o la banca già

indicati ai sensi dell’articolo 34. Decorsi cinque anni dal deposito, le

somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi, se non

richieste da altri creditori, rimasti insoddisfatti, sono versate a cura

del depositario all’entrata del bilancio dello Stato per essere

riassegnate, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze,

ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del

Ministero della giustizia.

Il giudice, anche se è intervenuta l’esdebitazione del fallito,

omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, su ricorso

dei creditori rimasti insoddisfatti che abbiano presentato la

richiesta di cui al quarto comma, dispone la distribuzione delle

somme non riscosse in base all’articolo 111 fra i soli richiedenti”.

Il dato letterale della disposizione – secondo lo sforzo

progressivo imposto dall’art. 12 dip prel al c.c. – offre utili

riferimenti per la ricostruzione della vicenda, nei termini sopra

prospettati.

La norma, in prima analisi offre un utile elemento ermeneutico,

laddove individua i possibili destinatari del residuo attivo, secondo

un progressione decrescente.

Al primo posto vi sono “ i creditori irreperibili o che non si

sono presentati”2 i quali – essendo i destinatari naturali delle somme

creditori - di partecipare alla distribuzione del residuo, essendo altrimenti

pregiudicati e costretti alla probabile applicazione dell’art. 114, II comma, l.fall. 2 Il dato numerico dei“ creditori irreperibili” rispetto ai “creditori che

non si presentano” potrebbe essere destinato a ridimensionarsi in relazione al

disposto di cui al d.l 179/12 e visto che l’art. 31 bis l.fall prevede un

meccanismo di informazione sostitutivo previsto dall’art. 31 bis secondo

comma l.fall. stando al quale “ Le comunicazioni ai creditori e ai titolari di

diritti sui beni che la legge o il giudice delegato pone a carico del curatore

sono effettuate all'indirizzo di posta elettronica certificata da loro indicato nei

casi previsti dalla legge.

Quando e' omessa l'indicazione di cui al comma precedente, nonche' nei

casi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per

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4

- possono, entro il termine di cinque anni dal deposito, presentarsi e

richiedere quanto ad essi assegnato in sede di riparto, oltre agli

interessi che le somme hanno maturato.3

A seguire, vi sono i c.d. creditori richiedenti rimasti

inosddisfatti.

Tra questi, vi rientrano, innanzitutto, coloro che sono stati

ammessi al passivo e che dimostrino, di non essere stati integralmente

soddisfatti.

Nel novero di tali soggetti, si ritiene debbano essere inclusi,

verosimilmente, anche coloro che sono stati ammessi con riserva e la

cui riserva si è sciolta, dopo il fallimento, ma prima dei cinque anni

dal deposito. Questi – essendo divenuti creditori – potrebbero

avanzare richiesta di riparto supplementare eventuale, ove non

integralmente soddisfatti dagli accantonamenti ad essi destinati.

Anche gli stessi creditori irreperibili o che non si sono

presentati potrebbero assumere tale veste, laddove – ricevuto quanto

assegnato in sede di riparto in esito alla successiva richiesta e rimasti

insoddisfatti – manifestino, nei modi di legge, la volontà di ricevere

le somme depositate e non riscosse dagli altri creditori irreperibili o

che non si siano presentati.

Ed invero, la norma parla di “altri creditori rimasti

insoddisfatti” e tale creditore ( redivivo) sarebbe sia “altro”, rispetto

”agli altri” “creditori irreperibili”, sia “insoddisfatto”, ove il riparto

originario – del quale ha tardivamente profittato - non determini la

sua completa soddisfazione.

Il terzo destinatario delle somme, potrebbe essere “ l’entrata

del bilancio dello Stato”, “ alla quale” gli importi sono destinati

nella ipotesi in cui nessuna delle due categorie di soggetti di cui

cause imputabili al destinatario, tutte le comunicazioni sono eseguite

esclusivamente mediante deposito in cancelleria”. Ne viene che

tendenzialmente il creditore è sempre “reperibile”, attraverso il deposito in

cancelleria.. 3 Deve ritenersi che il diritto sia correttamente esercitato laddove il

creditore irreperibile depositi il ricorso nei cinque anni, visto che la materiale

distribuzione non è vicenda che dipende dal medesimo, potendo essere collegata

ai tempi di assegnazione, frutto del procedimento adottato nel caso concreto.

Sicché, operando diversamente e pretendendo che il medesimo debba riuscire ad

essere anche soddisfatto nei cinque anni per assolvere il proprio onere, si farebbe

ricadere sul ceditore la conseguenza di una azione che non è propriamente nella

sua sfera di possibilità.

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5

sopra, si presenti ( formuli ricorso) entro cinque anni dalla apertura

del nuovo deposito.

La norma, allora, offre un primo dato di rilievo costituito dalla

“variabilità” dei destinatari, che non sono precisamente individuabili

– ab origine ossia all’atto del nuovo deposito stabilito dall’art. 117

l.fall – ma solo determinabili, in relazione alle circostanze che

dovessero realizzarsi nel corso dei successivi cinque anni.

Da qui la impossibilità di prevedere, da subito, la intestazione

del conto corrente in capo ai singoli creditori irreperibili , in quanto la

scelta darebbe come “scontato” il verificarsi dell’evento “futuro e

incerto” che questi si presentino, escludendo, del tutto, la

verificabilità di eventi ( es la assegnazione delle somme ai creditori

insoddisfatti, che ne abbiano fatto richiesta) che pure sono

contemplati dalla norma e che non potrebbero realizzarsi, visto che, la

previa intestazione del conto alla prima categoria, ne implica la scelta

di destinazione4 o quantomeno la determinazione di evidenti

complicazioni, per la ipotesi in cui si verifichi la perdurante

irreperibilità del soggetto e la necessità di assegnare le somme a

creditori insoddisfatti che ne abbiano fatto richiesta nei cinque anni.

Il discorso sarà approfondito dopo, ma giova, sin da ora,

osservare che la “variabilità” dei destinatari, escludendo la

intestazione predeterminata in capo ai “singoli creditori”,

rappresenta un indice di rilievo che depone a favore della

“intestazione” del conto alla “procedura concorsuale”, se non altro

per privazione del contrario.

Tra l’altro, il secondo dato, che si ritrae dalla norma, attiene

all’ espressione “le somme dovute sono nuovamente depositate presso

l’ufficio postale o la banca già indicati ai sensi dell’articolo 34”.

Il “nuovamente” sta a significare come sia necessario aprire un

nuovo “conto corrente”, non potendosi utilizzare quello già “ acceso

ex art. 34 l.fall”.

E del resto, in esito al “piano di riparto” finale, il conto è stato

chiuso in ragione della realizzazione, su indicazione del giudice ex

4 Nel senso della intestazione alla procedura LO CASCIO, Il fallimento e le altre

procedure concorsuali, Padova 2007, 746; Forgillo, Il riparto dell’attivo,

Fallimento e concordati, Torino 2010, 984. Contra Casilli, sub art. 117, in

Commentario Nigro-Sandulli, Torino 2011 il quale – richiamando la dottrina nate

riforma – ritiene che il depositi debba essere intestato ai singoli creditori.

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6

art. 115 l.fall., dei “bonifici” sui conti indicati dai creditori, ovvero

della compilazione degli assegni circolari destinati ai creditori che

non abbiano indicato l’iban.

Assegni custoditi dal curatore il quale – su indicazione del

giudice delegato a norma dell’art. 115 l.fall.- trattiene i medesimi e

comunica, ex art. 31 bis l.fall., ai creditori, il termine per il ritiro.

Termine trascorso il quale gli stessi si devono ritenere

“irreperibili” o “non presentati”.

Il quinto comma della disposizione offre invece riferimenti in

merito alla procedura di distribuzione a favore dei creditori

“insoddisfatti” e pone utili rilievi per la soluzione di diverse

problematiche sottese alla applicazione della norma.

In prima analisi, il soggetto a cui è demandato il compito di

disporre delle somme non riscosse, è individuato nel “ giudice” e

quindi – deve ritenersi – nel giudice designato all’uopo dal presidente

del tribunale, e non già “il giudice delegato”

Depone, in tal senso, il dato letterale impresso nella

espressione “giudice” , a cui non si associa l’espressione “delegato”.

In termini sistematici, l’assunto è confermato dal fatto che il

legislatore, nell’ambito della legge fallimentare, non utilizza i termini

“giudice” e “giudice delegato”, come sinonimi visto che, nelle

disposizioni in cui si occupa del medesimo, ha sempre cura di

utilizzare l’espressione “giudice delegato”.

La circostanza trova riferimento ulteriore nella disposizione di

cui all’art. 120 l.fall. che determina – senza eccezioni – la decadenza

degli organi, quale conseguenza della chiusura della procedura.5

5 In dottrina si osserva che le richieste di assegnazione delle somme

depositate, nonché di riparti supplementari di somme non riscosse dovranno

essere formulate con ricorso al Tribunale e non già agli organi della procedura

ormai cessati con la chiusura della stessa ( Trinchi, sub art.- 117 l.fall. in

Commentario Cavallini, Milano 2010, 1331). Sul tema anche Guerrini, sub art.

117, in Commentario Maffei – Alberti, Padova 2009. In realtà non bisogna

sottacere che parte della dottrina ritiene che - malgrado il disposto dell’art. 120

l.fall – vi possa essere una ultrattività degli organi della procedura vista la

esistenza, in tal senso, di diverse tracce normative costituite per esempio dalla

prosecuzione del giudizio di reclamo ( cfr art. 18 l.fall.) e vigilanza in tema di

concordato fallimentare ( cfr Maffei laberti ( a cura di) sub art. 120 l fall, Padoiva

2010) .Probabilmente il problema può essere superato, da un punto di vista

pratico, visto che il Presidente potrebbe decidere di nominare, quale giudice – ai

fini della distribuzione – l’ex giudice delegato e questi, nella gestione del

contraddittorio, potrebbe chiedere l’interlocuzione con l’ex curatore, sì da trarre

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7

Sicché, pare doversi accogliere l’idea della dottrina che si

esprime nel senso che il giudice, che provvederà alla distribuzione, “

non sarà il giudice delegato di quel fallimento, considerato che la

chiusura della procedura ha fatto venire meno anche gli organi. Si

tratterà quindi di un giudice del tribunale designato dal presidente

che preferibilmente appartenga alla sezione fallimentare”6

La ricostruzione si ritiene confermata anche alla luce della

relazione illustrativa all’art. 117 l.fall..

Relazione che – sebbene non si soffermi sulla questione dei

creditori irreperibili, limitandosi a dedicare indicazioni al tema dei

creditori ammessi con riserva, i cui esiti non si siano “definiti”

all’atto della chiusura del fallimento – offre utili indicazioni anche

per la fattispecie in esame, data la similitudine dei temi costituita

dalla necessità di creare “modello di gestione” delle somme, che

sopravvivano alla chiusura del fallimento.

Stando alla relazione “ poiché la chiusura fa venir meno anche

gli organi della procedura stessa, si è previsto un semplice

meccanismo processuale – un ricorso al giudice designato al

presidente del tribunale – al fine di consentire comunque entro i

cinque anni dalla chiusura stessa, la distribuzione delle somme

accantonate e depositate”.

Continuando nell’ esegesi della norma, il legislatore individua

il “giudice” in colui che “dispone la distribuzione delle somme non

riscosse in base all’art. 111 fra i soli richiedenti”.

Aggiunge che la “distribuzione”, da parte del giudice, avviene

anche se è intervenuta la esdebitazione del fallito e con un

procedimento nel quale si ometta “ogni formalità non essenziale al

contraddittorio”7.

informazioni utili al fine. E del resto il primo comma dell’art. 117 l.fall. pare

riattribuire – a differenza del riparto parziale - la paternità del riparto finale al

giudice delegato il quale “ sentite le proposte del curatore ordina il riparto

finale”. L’autonomia del giudice si evince poi dallo stesso testo dell’art. 117, V

comma, l.fall. ove il legislatore rimette, al giudice appnto, la determinazione –

sebbene nel rispetto del contraddittorio e della graduazione di cui all’art. 111

l.fall – la possibilità di stabilire il procedimento ritenuto più consono alla

fattispecie concreta.

6 Guerrini, sub art. 117, in Commentario Maffei – Alberti, Padova 2009. 7 In giurisprudenza è stato talvolta seguito un altro percorso in ragione del

quale “ Il curatore del fallimento può essere autorizzato a trasferire al trust

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8

La disposizione, come cennato, offre utili spunti per una serie

di considerazioni.

La prima attiene alla circostanza che le somme depositate, sul

conto corrente, non possano essere gestite – a fini distributivi –

direttamente dall’istituto di credito depositario, visto che il legislatore

individua espressamente, nel “giudice”, il soggetto deputato a siffatta

gestione.8

E del resto, la scelta pare coerente con la circostanza che la

distribuzione debba avvenire secondo le regole del “concorso” e

quindi, nel rispetto della graduazione sancita dall’art. 111 l.fall. ed in

ragione del rispetto del contraddittorio sebbene in un contesto

tendente alla deformalizzazione.

Sicché è parso necessario, al legislatore, individuare la

competenza in capo al soggetto istituzionalmente deputato a risolvere

“conflitti” ed in grado di gestire un riparto nel rispetto della par

condicio , della graduazione e del contraddittorio, essendo in grado di

stabilire quali sono le formalità da omettere, in quanto non essenziali

al contraddittorio, e quali quelle da adottare essendo funzionali al

medesimo.

La seconda attiene alla circostanza che il legislatore –

nell’utilizzare l’espressione “ omessa ogni formalità non essenziale al

contraddittorio”, associata al fatto che la distribuzione è riservata solo

ai creditori richiedenti – lascia, al giudice, la individuazione, nel

rispetto del principio del contraddittorio, la scelta del modello

procedimentale ritenuto “più efficiente” e capace, al tempo stesso e

nel caso concreto, di dare vita ad una celere definizione della vicenda

consentendo, al tempo stesso, a ciascun interessato ( i.e creditore

richiedente insoddisfatto) di potere interloquire, in merito al progetto

di distribuzione, prima che assuma carattere di definitività.

istituito per provvedere alla riscossione dei crediti fiscali emergenti dalla

procedura anche le somme destinate ai creditori irreperibili, affinché i trustee le

versino loro o, decorsi cinque anni, le distribuiscano ai creditori concorsuali

rimasti insoddisfatti nella misura percentuale di cui al piano di riparto”. Trib.

Roma, 11.3.2009, Trust, 2009, 5, 541 8 Da un punto di vista operativo poi il materiale prelievo delle somme si

ritiene debba essere eseguito su “copia conforme del mandato di pagamento del

giudice delegato”. Tanto come espresso dalla regola, a valenza generale, di cui

all’art. 34 l.fall..

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9

Sicché, il modello procedimentale e la documentazione idonea

ad appurare che il “creditore sia effettivamente insoddisfatto”,

nonché la “via” di distribuzione delle somme in suo favore, non sono

– secondo una precisa scelta normativa – predeterminati secondo

canoni rigidi, essendo rimessi alla discrezionalità tecnica – ritagliata

sulle esigenze del caso concreto – di un soggetto qualificato che

stabilisce la soluzione “dei conflitti” nel rispetto del contraddittorio

richiesto dal caso omettendo le formalità ritenute superflue.9

La norma, sebbene riferita unicamente al caso di creditori

insoddisfatti che ne abbiano fatto richiesta, pare potere essere

efficacemente utilizzata anche per risolvere il tema della gestione

della distribuzione in capo ai creditori “irreperibili”, che rivendichino

le somme prima del trascorrere del quinquennio.

E più in generale per affermare come il nuovo conto debba

essere intestato alla procedura concorsuale e la sua gestione spetti al

“giudice” designato dal presidente, e non già, in via autonoma, alla

banca.

Ed invero, sotto il primo aspetto, il “riparto supplementare” a

favore dei creditori che ne facciano richiesta, è qualcosa di eventuale

9 Al riguardo, parte della dottrina ritiene che il ricorso debba essere

notificato all’istituto bancario, che così ha contezza della esistenza di creditori

rimasti insoddisfatti e può fornire al giudice il saldo aggiornato del conto per

l’udienza ed al fallito che - nelle more - potrebbe avere pagato il creditore istante

(Guerrini, sub art. 117, in Commentario Maffei – Alberti, Padova 2009).

Potrebbe anche ipotizzarsi che il ricorso debba essere depositato prima del

trascorrere dei cinque anni dal deposito con indicazione della data del deposito

delle somme, sicché il giudice designato possa fissare l’udienza dopo i cinque

anni e quindi una volta spirato il termine concesso ai creditori irreperibili. Ed

invero, la norma non dispone che i creditori debbano presentare il ricorso

trascorsi i cinque anni, ma solo che la distribuzione a favore dello Stato possa

avvenire dopo cinque anni dal deposito. E del resto è logico – e coerente

temporalmente – che il ricorso sia notificato prima visto che – ove si dovesse

notificare trascorsi i cinque anni – vi sarebbe una tardività endemica in quanto la

manifestazione di volontà avverrebbe quando il diritto alla distribuzione è

maturato in capo allo Stato. Vi è di più, la elasticità del procedimento divisato

dalla norma fa sì che il giudice – nella ampia discrezionalità tecnica di cui gode –

modelli il procedimento di riparto supplementare richiedendo, al ricorrente,

apposite integrazioni, anche documentali ( es produzione stato passivo,

certificazione della cancelleria della assenza di altri istanti, ecc) ovvero fissi

opportune incombenze quali la fissazione di una udienza e successiva notifica a

soggetti interessati ad interloquire ( es altri creditori istanti) o che possano fornire

informazioni ( es notifica all’ex curatore, alla banca, ecc).

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10

in quanto subordinato alla mancata reviviscenza, in tutto o in parte,

dei creditori irreperibili.

Sicché, all’atto della apertura del conto corrente, non è dato

sapere quale sarà la sorte delle somme depositate e quindi se vi sarà o

meno un riparto supplementare ex art. 117, V comma, l.fall. ovvero

se le stesse saranno attribuite – rispettando il piano di riparto

originario – ai creditori “irreperibili”, redivivi, o ancora allo Stato.

Ne viene allora che il modello di deposito, come cennato sopra,

deve essere un modello per così dire a “geometria variabile” ossia

“aperto a tutte le evenienze” immaginate dall’art. 117 l.fall..

Deve essere un modello di deposito gestibile sia per l’ipotesi in

cui si presentino creditori irreperibili, sia per quella in cui vi siano

creditori, in assenza dei primi, che chiedano una ulteriore

distribuzione, sia per l’ipotesi residuale in cui le somme debbano

essere, in tutto o in parte, destinate allo Stato.

E difatti, al momento del deposito, giova ripetere, sono incerti i

beneficiari visto che questi potrebbero essere “tutti i creditori” prima

non reperiti, a cui distribuire le somme in ragione del piano di riparto

finale, con l’aggiunta degli interessi maturati dal deposito della

somma sul “nuovo conto”; i creditori insoddisfatti che ne abbiano

fatto richiesta ex art. 117, IV comma l.fall.; taluni creditori prima non

reperiti ed i creditori che ne hanno fatto richiesta ex art. 117, IV

comma, l.fall.; lo Stato.

Ora, una tale esigenza non potrebbe essere soddisfatta ove si

sposassero ulteriori ipotesi di deposito come prospettate in dottrina

quale quella del deposito intestato ai singoli creditori irreperibili 10

.

Ecco, non è detto che questi si presentino nei cinque anni –

come, del resto, preventivato dalla norma di cui all’art. 117 l.fall –

sicché tale indicazione del beneficiario darebbe, per assodata, una

definitività di distribuzione che non sussiste, in quanto la evoluzione

degli eventi, normata dal legislatore, potrebbe portare a dovere

distribuire, le dette somme ai “creditori insoddisfatti” che ne abbiano

fatto richiesta ex art. 117, IV comma”, ovvero allo Stato.

10 Casilli, sub art. 117, in Commentario Nigro-Sandulli, Torino 2011 il

quale – richiamando la dottrina nate riforma – ritiene che il deposito debba essere

intestato ai singoli creditori. Sul tema anche Perrotti, sub art. 117, in

Commentario Jorio – Fabiani, Bologna- Roma 2010, 1909.

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11

E questo sarebbe incompatibile con la preventiva intestazione

ad un creditore predeterminato.

Si violerebbe invero il disposto normativo in quanto si

predeterminerebbe ciò che il legislatore ha, volutamente, lasciato ad

una successiva determinazione attribuita agli eventi futuri ed alla

gestione del giudice.

E lo stesso vale per la ipotesi – pure prospettata – di

intestazione congiunta al singolo creditore ed al curatore fallimentare.

Ipotesi che sconta analoghe eccezioni a cui aggiungere la

complicazione di intestare il conto ad un soggetto “decaduto” ex art.

120 l.fall.

Tanto senza contare le problematiche generate dalla evoluzione

della normativa antiriciclaggio con riferimento alla in stazione di

somme a favore di soggetti determinati.

Per questo l’opzione preferibile pare quella di indicare quale

“depositante” la procedura concorsuale in quanto è l’unica ipotesi

che consente di gestire, al meglio, la variabilità dei beneficiari e di

permettere, al tempo stesso, la gestione da parte del giudice, che sarà

designato dal Presidente del Tribunale. Tanto senza contare che la

scelta risolverebbe verosimilmente anche i temi burocratici

dell’antiriciclaggio.

A favore di tale opzione vi è anche il dato temporale o meglio

procedimentale.

Il legislatore, infatti, utilizza, al IV comma dell’art. 117 l.fall.,

l’espressione “Per i creditori che non si presentano o sono

irreperibili le somme dovute sono nuovamente depositate presso

l’ufficio postale o la banca già indicati ai sensi dell’art. 34” 11

E tale nuovo deposito non può che essere realizzato, dal

curatore, con intestazione del rapporto alla procedura concorsuale in

essere12

.

11

Ritiene debba trattarsi di nuovo deposito Miele, sub art. 117 in

Commentario Ferro, Padova, 2011

12 Si esprime in tal senso anche autorevole dottrina la quale sostiene “ è

necessario che il curatore fallimentare effettui il deposito delle somme spettanti

ai creditori irreperibili sul conto corrente, bancario o postale, acceso nei

confronti della procedura, così come previsto dall'art. 34 l. fall. Cfr LO

CASCIO, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Padova 2007, 746. Ciò

dandosi per scontato il deposito da parte del curatore prima della chiusura del

fallimento. Contra Casilli, sub art. 117, in Commentario Nigro-Sandulli, Torino

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12

Esso avviene prima della chiusura della procedura, ossia

nell’intervallo di tempo che va dalla definizione del piano di riparto

alla istanza ex art. 118 l.fall., trattandosi di una evoluzione degli esiti

del piano di riparto stesso.

Evoluzione in ragione della quale vi sono risorse che non sono

state utilizzate per la loro finalità ( i.e la soddisfazione dei creditori) e

che quindi vanno nuovamente depositate al fine di potere essere–

senza che la chiusura del fallimento sia rallentata – a ciò finalizzate.

E del resto non è pensabile che il deposito avvenga

successivamente alla chiusura, da parte di un soggetto che non è più

curatore per essere decaduto ex art. 120 l.fall.13

Il deposito, nella immediatezza dell’accertamento della

irreperibilità di creditori e quindi dalla esistenza di somme residue, è

di un preciso dovere del curatore, che, altrimenti, tratterebbe delle

“somme” dopo la cessazione della carica. Somme da destinare alla

realizzazione del fine istituzionale della soddisfazione dei creditori

irreperibili, ovvero insoddisfatti che ne facciano richiesta.

Vi è di più.

Una volta chiuso il fallimento, non pare vi siano preclusioni

affinché le somme, con vincolo di destinazione variabile ex art. 117

l.fall., continuino ad essere depositate in banca, con la formale

intestazione contabile al fallimento stesso, sebbene la procedura si sia

chiusa.

Il contratto stipulato, in precedenza dal fallimento, infatti, è un

contratto di deposito ove depositante è una entità ( il fallimento) che,

successivamente al deposito, cessa di esistere ( i.e chiusura del

fallimento) e per il quale è individuato, legislativamente, un soggetto

( il giudice) deputato a disporre delle somme, secondo un percorso

normativamente stabilito, 14

per il tempo in cui tale cessazione si sia

verificata, in esito alla chiusura della procedura.

2011 il quale – richiamando la dottrina nate riforma – ritiene che il deposito

debba essere intestato ai singoli creditori 13

Sul tema De Matteis, sub art. 117, in Commentario Lo Cascio, Milano

2013.

14 In dottrina si è rilevato “ La norma però nulla dice in merito alle

modalità con cui possa essere determinato il passaggio del denaro dal conto

deposito ai soggetti che dimostrino di averne diritto. Sembra che in tal caso si

possa ricorrere agli stessi strumenti stabiliti per la destinazione degli

accantonamenti, che prevedono la presentazione di un ricorso al giudice da parte

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13

Chiusura che non può essere impedita dalla giacenza di somme

da destinarsi come imposto dal principio di celerità e come

desumibile sistematicamente dall’art. 117 l.fall.

D’altra parte, anche quando muore una persona fisica, sebbene

si dica impropriamente che il “conto è chiuso”, la banca assume

l'obbligo della custodia delle somme depositate e della loro

restituzione alla persona designata dal depositario, o autorizzata

dalla legge o dal giudice, a riceverle, secondo gli ordinari principi

sull'adempimento delle obbligazioni di dare”. 15

Qui accadrebbe, più o meno, la stessa cosa in quanto il

fallimento – prima di “cessare”- ha aperto un conto corrente, in

ottemperanza ad una norma, depositando le somme presso una banca

che assume proprio l’obbligo di custodirle, ai fini della “erogazione”

della somma, alla persona designata dal giudice.

Ecco qui – mutatis mutandis - sarebbe la stessa cosa in quanto

il soggetto ( il giudice), individuato dalla norma come legittimato a

disporre, gestisce, per ogni ipotesi stabilita dalla norma, la

movimentazione del conto.

Ed infatti, laddove si presenti un “creditore irreperibile” il

giudice ordinerà – con mandato di pagamento – alla banca, di pagare

a questi le somme a lui spettanti. Somme che vengono a lui destinate

( aumentate degli interessi che le stesse hanno maturato sul conto) in

ragione di quanto attribuito in virtù del piano di riparto finale. Sicché

il compito del giudice è quello di determinare la somma con raffronto

al piano di riparto ed individuando la procedura che gli consenta, nel

caso concreto, di assolvere, al meglio, il compito assegnatogli dalla

legge. Essendo in ciò il giudice dotato di ampia discrezionalità tecnica

come depone l’assenza di un preciso procedimento dettato dal

legislatore.

Laddove invece le somme siano rivendicate da un “creditore

insoddisfatto” la gestione – che avviene sempre da parte del giudice

come dispone testualmente la norma – sarà effettuata sulla base di un

del creditore interessato o, in alternativa, del curatore. Va comunque considerato

che tali somme sono depositate su di un conto corrente formalmente intestato alla

procedura fallimentare, anche se chiusa, e non pare possibile di conseguenza

pensare ad un'accensione di una o più posizioni nominative vincolate a favore di

tutti i singoli creditori irreperibili ( cfr Lupia, sub art. 117 l.fall., in Commentario

Lo Cascio, Milano 2010. 15

Cass., 4.12. 1992, n. 12921. Mass.

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14

nuovo piano di riparto ove i creditori insoddisfatti richiedenti

partecipino secondo il concorso ed in ragione di un procedimento

dotato di maggiore grado di complessità sebbene vada “omessa ogni

formalità non essenziale al contraddittorio”.

Vi è di più.

Deve ritenersi che giudice disponga del conto anche ove le

somme debbano essere destinate allo Stato.

Il che può accadere ove nessun creditore irreperibile si presenti

ma anche ove le somme depositate siano tali che i creditori

insoddisfatti, che ne facciano richiesta e/o gli irreperibili redivivi,

ricevano il pagamento dell’intero importo del credito e ciononostante

residuino somme sul conto corrente.

Ecco, anche in questo caso, è il giudice – trascorsi i cinque anni

ed appurata su sollecitazione della banca la assenza di “creditori”

legittimati - a disporre il versamento a favore dello Stato.

La norma infatti, utilizza – non a caso - la espressione “ le

somme sono versate a cura del depositario”.

Ecco il depositario cura che le somme siano versate, allo Stato,

ma non decide, in quanto a decidere è sempre il giudice ( ossia il

soggetto deputato dalla legge a gestire il conto) che accerta il diritto

dello Stato, dopo avere verificato la assenza di soggetti che si siano

palesati a mezzo di ricorsi: siano essi gli irreperibili o gli

insoddisfatti.16

E del resto la previsione di un meccanismo di informazione, da

parte del depositario a favore del depositante – oltre a rientrare nelle

prestazioni gravanti sul depositante anche secondo una integrazione

ex art. 1375 c.c. – viene espressamente previsto, quale “dato di

16 In questo senso pare esprimersi parte della giurisprudenza secondo la

quale “ la devoluzione allo Stato avviene , mediante mandato in favore della

Cassa Depositi e Prestiti”. ( Trib. Bari, 13.10.2008). Come si vedrà dopo il dato

pare confermato dal rapporto sistematico col regolamento in tema di c.c. “conti

dormienti”. Ritiene invece che il depositario possa versare le somme

direttamente allo stato Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre

procedure concorsuali, Torino 2008, 334. Usa l’espressione ipso iure Trinchi, op.

cit. 1332. Secondo altra dottrina , non è da escludere che nella prassi siano

effettuati pagamenti direttamente, ad opera del depositario in favore degli aventi

diritto Perrotti, sub art. 117, in Commentario Jorio – Fabiani, Bologna- Roma

2010, 1909.

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15

allerta” per le ipotesi, di “conti dormienti”17

ai quali può assimilarsi,

in certo qual modo, il “conto” in esame.

Da un punto di vista meramente speculativo, l’interpretazione

consente poi di evitare disguidi collegati ad una repentina ed

ingiustificata destinazione, da parte del depositario, a favore

dell’”entrata del bilancio dello Stato”, senza che ve ne siano i

presupposti e quindi in violazione di legge.18

Un esempio varrà a chiarire il concetto.

Come visto il creditore insoddisfatto – ma deve ritenersi anche

quello irreperibile redivivo come visto sopra – può porre in essere la

propria istanza entro cinque anni dal deposito laddove poi la materiale

soddisfazione può essere anche successiva in relazione ai tempi del

procedimento di assegnazione.

Questo significa che, in via astratta, il ricorso per

“l’assegnazione”potrebbe essere depositato in cancelleria – ed essere

tempestivo – anche trascorsi 4 anni e 364 giorni.

Ecco, in tal caso, il creditore avrebbe esercitato

tempestivamente il proprio diritto ed avrebbe così diritto alle somme

che gli dovranno essere destinate secondo il procedimento

17 Si veda il Regolamento di attuazione dell'articolo 1, comma 345, della

legge 23 dicembre 2005, n. 266, in materia di depositi definiti dormienti.L’art. 3

(Obblighi dell’intermediario) prevede “ Al verificarsi delle condizioni di cui

all’articolo 1, lettera b), l’intermediario invia al titolare del rapporto, mediante

lettera raccomandata con avviso di ricevimento indirizzata all’ultimo indirizzo

comunicato o comunque conosciuto, o a terzi da lui eventualmente delegati,

l’invito ad impartire disposizioni entro il termine di 180 giorni dalla data della

ricezione, avvisandolo che, decorso tale termine, il rapporto verrà estinto e le

somme ed i valori relativi a ciascun rapporto verranno devoluti al Fondo secondo

le modalità indicate nell’articolo 4. Restano impregiudicate la cause di estinzione

dei diritti. Il rapporto non si estingue se, entro il predetto termine di 180 giorni,

viene effettuata un’operazione o movimentazione ad iniziativa del titolare del

rapporto o di terzi da questo delegati, escluso l’intermediario non

specificatamente delegato in forma scritta”

18 Uno dei nervi scoperti della norma infatti, è che “ si è intravisto il

rischio che, immediatamente dopo la scadenza dei cinque anni previsti dalla

legge, il depositario proceda immediatamente e senza alcun indugio allo

smobilizzo dei fondi in favore del bilancio statale, rendendo pertanto inutili le

eventuali richieste di assegnazione dei creditori insoddisfatti” ( Miele, sub art.

117, Ferro ( a cura di), Commentario alla legge fallimentare, Padova, 2007, 937).

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16

“disegnato” dal giudice, designato dal Presidente del Tribunale.

Sicché le somme gli saranno materialmente versate verosimilmente

“decorsi i cinque anni”.

Ora, ove si permettesse alla banca – scoccato il termine dei

cinque anni – di versare ipso iure ed autonomamente, sena alcuna

interlocuzione con il Tribunale, le somme allo Stato, il diritto del

creditore, sebbene correttamente esercitato e prevalente rispetto agli

interessi dello Stato, sarebbe illegittimamente pregiudicato, con

possibili rischi di profili di responsabilità anche della banca.

Ne viene allora che la gestione del conto in capo al giudice,

anche in ipotesi di destinazione a favore dello Stato, è una vera e

propria esigenza tesa alla corretta applicazione della norma.

Tanto essendo il giudice l’unico soggetto capace di appurare la

esistenza di conflitti e risolverli sì da evitare legittime pretermissioni.

Ne viene allora la necessità di stabilire un meccanismo di

comunicazione tra l’istituto depositario e la cancelleria del Tribunale

utile a stimolare la emissione del mandato – da parte del giudice – a

favore dell’entrata del bilancio dello Stato, in analogia a quanto

accade per i “conti dormienti”.

Tanto dopo la verifica della esistenza dei presupposti secondo

un procedimento immaginato dal giudice stesso nel caso concreto.

Meccanismo che potrebbe consistere nella comunicazione, alla

cancelleria, con la quale si informa dello spirare del termine

quinquennale dal deposito e della conseguente necessità di destinare

le somme secondo il disposto del’art. 117, IV comma, l.fall. Tanto in

maniera che il Presidente possa nominare il giudice che – accertata

l’assenza di ricorsi da parte dei creditori irreperibili o di creditori

insoddisfatti – disponga, con mandato, il versamento a favore della

entrata dello Stato.

Versamento poi “curato” – nel senso di eseguito – dalla banca.

Meccanismo che sarebbe tanto più assicurato – con

salvaguardia di tutti gli interessi in gioco – ove la forma del nuovo

deposito fosse quella del libretto di deposito intestato alla procedura

fallimentare e conservato in cancelleria come visto sopra.

L’analisi della norma offre utili riferimenti per affrontare una

ulteriore questione, posta all’inizio di queste brevi riflessioni, ossia

quella delle modalità con le quali i “creditori irreperibili” ovvero

“quelli insoddisfatti” debbano palesarsi, onde manifestare la volontà

di acquisire la disponibilità delle somme dovute – rispettivamente – in

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17

base al riparto finale, ovvero in ragione di riparto supplementare, da

realizzarsi omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio,

nel rispetto dell’art. 111 l.fall.

Orbene, la forma di tale manifestazione deve ritenersi essere

quella del “ricorso” in entrambe le ipotesi19

.

Tanto come riferito nella relazione illustrativa ove – sebbene

con riferimento al tema analogo degli accantonamenti – si riferisce

“poiché la chiusura fa venir meno anche gli organi della procedura

stessa, si è previsto un semplice meccanismo processuale – un ricorso

al giudice designato al presidente del tribunale – al fine di consentire

comunque entro i cinque anni dalla chiusura stessa, la distribuzione

delle somme accantonate e depositate”.

Ed invero, per quanto attiene ai creditori insoddisfatti, la

disposizione dell’art. 117, V comma l.fall., espressamente prescrive

che il giudice dispone la distribuzione “ su ricorso”20

, sicché la

“richiesta” si manifesta secondo tale forma se non altro per il

brocardo in claris non fit interpretatio..

E, come visto sopra, a ciò consegue una attività – da parte del

giudice designato dal Presidente del Tribunale – ove, omessa ogni

formalità non essenziale al contraddittorio, si dispone la distribuzione

delle somme, secondo il modello del concorso ex art. 111 l.fall.21

19

Cfr nota 9 20

Trattandosi di ricorso potrebbe anche accadere che la istanza sia

contenuta nella domanda di insinuazione al passivo (Perrotti, sub art. 117, in

Commentario Jorio – Fabiani, Bologna- Roma 2010, 1909; Bozza, La tutela dei

diritti nella ripartizione dell’attivo, Scritti in onore di Lo cascio, Milano 2006,

205). Sicché – onde evitare disguidi – è opportuno che il curatore fallimentare

indichi, nella istanza di chiusura del fallimento, la presenza di somme depositate

ex art. 117, IV comma, l.fall. e di creditori che hanno già formulato la richiesta sì

da coinvolgerli nel contraddittorio. Da qui anche la opportunità di coinvolgere

l’ex curatore nel contraddittorio, ovvero prima di assumere la decisione della

devoluzione delle somme allo Stato, onde avere la conferma che non vi siano

domande di ammissione o ricorsi volti alla assegnazione. 21

Nel silenzio della legge si pone il problema della impugnazione del

provvedimento di assegnazione. Secondo una prima dottrina sarebbe applicabile

l’art. 26 l.fall, posto che il reclamo costituisce un mezzo di impugnazione

generale dei provvedimenti del giudice in materia fallimentare. Tuttavia contrasta

con tale soluzione il rilievo che il reclamo ex art. 26 l.fall. è previsto avverso i

provvedimenti del giudice delegato laddove, in questo caso, invece il

provvedimento da impugnare non sarebbe emesso dal giudice delegato essendo

chiuso il fallimento . Ne viene secondo altra dottrina la verosimile applicazione

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18

Si tratta allora di un procedimento che, come visto, il

legislatore preferisce non predeterminare ma che vuole sia disegnato

– sulla fattispecie concreta – dal giudice designato che – in relazione

al grado di complessità della vicenda - determinerà il modello di

dialettica e di formalizzazione più consono alla singola fattispecie sì

da coniugare : celerità, deformalizzazione e rispetto del

contraddittorio. 22

Analogamente deve valere per i creditori irreperibili – stante il

dato generale espresso nella relazione – i quali – ove si presentino

dopo la chiusura del fallimento23

e nei cinque anni dal deposito –

degli artt. 737 e ss cpc con la precisazione che quindi – sia nell’una che nell’altra

soluzione – non sarebbe possibile l’immediato ricorso in Cassazione ex art. 111

Cost, che resterebbe ammissibile avverso il provvedimento che decide sul

reclamo, essendo provvedimento di carattere decisorio che incide sui diritti

soggettivi ( Miele, cit. 938). Allo stesso modo potrebbe tuttavia prospettarsi la

diretta applicazione dell’art. 111 Cost avverso il provvedimento del giudice ove

si ritenga che il medesimo abbia valenza decisoria. 22

Secondo la dottrina il provvedimento è emanato nel rispetto del

contraddittorio e omessa ogni formalità ad esso non essenziale. Il contraddittorio

– stando alla detta dottrina - deve essere costituito tra il fallito, che nel frattempo

potrebbe aver saldato il debito, ed il creditore a cui favore fu disposto

l’accantonamento; non parrebbe,invece, necessario che sia presente il soggetto

che, all’epoca del fallimento, aveva ricoperto la carica del curatore. L’istanza

dovrà essere notificata al depositario delle somme, al fine di evitare che questo,

nel rispetto di quanto previsto dal 4° co., versi le somme ancora depositate allo

Stato ( Così, Miele, op. cit, 936; Lupia, op.cit). Si ritiene in dottrina che il

contraddittorio non vada esteso anche ai creditori che non abbiano proposto

istanza, in quanto la norma prevede che la distribuzione sia effettuata solo a

favore degli istanti; coloro che non hanno presentato domanda di distribuzione

non hanno un interesse alla partecipazione al procedimento, non potendo essere

destinatari delle somme. La ratio della norma va inoltre ricercata nella necessità

di rendere più agevole e più celere la nuova distribuzione. Il giudice, secondo gli

assunti dell’autore, concede termine per le notifiche e quindi potrà o fissare la

data per l’udienza, oppure assegnare un termine per il deposito di note scritte con

un ulteriore termine per repliche e solo all’esito provvedere. (Miele, op. cit. .

936). Come detto sopra il procedimento non deve necessariamente essere

predeterminato essendo rimesso – in esito alla autonomia concessa dal legislatore

– alla valutazione che il giudice faccia del caso concreto, sicché ricorso e

procedimento potrebbero essere opportunamente integrati e stabiliti in ragione

della sua decisione. 23

Ed invero, nulla osta che il creditore si presenti prima della chiusura de

fallimento e dopo l’apertura del conto. Sicché è, a maggior ragione, avvalorata la

necessità di intestazione del conto al fallimento

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sono tenuti comunque a porre in essere ricorso al Presidente del

tribunale, vista la decadenza degli organi ex art. 120 l.fall..

Questi, designerà un giudice che – appurata la qualità del

soggetto di creditore “irreperibile insoddisfatto” secondo il modello

procedimentale più consono alla fattispecie concreta – disporrà il

pagamento con mandato; questa volta facendo applicazione delle

risultanze del piano di riparto, visto che, il creditore irreperibile, deve

avere ciò che gli spetta da riparto cui aggiungere gli interessi che la

somma ha maturato in relazione al deposito sul conto.

Anche in questo caso è necessaria, difatti, una

procedimentalizzazione – sebbene larvata ed elementare – e la

gestione della vicenda va rimessa a colui che è designato dalla legge

alla soluzione dei conflitti ed alla gestione delle somme depositate : il

giudice designato dal Presidente del tribunale

Giudice il quale interviene pure nella ipotesi di “assegnazione

allo Stato” anche in questo caso disegnando un procedimento di

accertamento “del diritto” cucito sulla fattispecie concreta.

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1

CENNI AD ALCUNI PROFILI PROBLEMATICI DELLA TRANSAZIONE

FISCALE

A cura di Pasquale Fabbrocini – Dirigente c/o Agenzia delle Entrate D.R.E. di Napoli.

INDICE

-PREMESSA

1. CENNI ALL’EVOLUZIONE ED ALLE FINALITA’ DELL’ISTITUTO 1.1 BREVE QUADRO NORMATIVO 1.2 FINALITA’ DELL’ISTITUTO

2. OPERATIVITA’ DELL’ISTITUTO 2.1 AMBITO OGGETTIVO 2.2 LIMITAZIONI ALL’OPERATIVITA’ DELLA TRANSAZIONE FISCALE

3. PROFILI PROCEDURALI 3.1. LA PROCEDURA TRANSATTIVA NEL CONCORDATO PREVENTIVO 3.2. LA PROCEDURA TRANSATTIVA NEGLI ACCORDI DI

RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO.

4. NATURA DELLA TRANSAZIONE E RAPPORTI CON IL CONCORDATO PREVENTIVO 4.1 NATURA DELLA TRANSAZIONE: TESI DOTTRINALI A CONFRONTO

4.2 ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI A CONFRONTO 4.3 NECESSARIETA’ O FACOLTATIVITA’ DELLA TRANSAZIONE FISCALE

5. EFFETTI DELLA TRANSAZIONE FISCALE

6. PROFILI PENALI -BREVI CONCLUSIONI

PREMESSA L’istituto della transazione fiscale, nel momento storico attuale, riveste una importanza accresciuta dalle difficoltà economiche delle imprese, che hanno determinato un aumento delle istanze di definizione concordataria delle posizioni debitorie: di conseguenza, anche i problemi applicativi connessi a tale istituto rivestono una scottante attualità.

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Qui di seguito si tenterà, senza pretesa di esaustività, di esaminare, alla luce della dottrina e della giurisprudenza di merito, quali siano le principali criticità connesse alla concreta applicazione dell’istituto in commento. Si ritiene opportuno, preliminarmente, evidenziare che i cennati problemi applicativi si originano anche dalla “sedimentazione” normativa da cui scaturisce l’assetto attuale della disciplina della transazione fiscale: pertanto si è ritenuto opportuno evidenziare brevemente l’evoluzione della subiecta materia. Dall’evoluzione della disciplina in commento appare evidente che la soluzione dei principali problemi applicativi passa attraverso il corretto inquadramento sistematico della natura giuridica della transazione fiscale. Infatti, come sarà chiaro tra breve, appare decisivo stabilire se la transazione fiscale costituisce un istituto autonomo, ovvero, sia un endoprocedimento all’interno del procedimento di concordato preventivo od accordo di ristrutturazione dei debiti e se, in tale ultimo caso, la transazione sia necessaria al fine di acconsentire alla falcidia dei crediti erariali, ovvero, se possa configurarsi un concordato od accordo di ristrutturazione senza transazione fiscale. In particolare, alla questione sulla necessari età o meno della transazione fiscale si connettono importanti problemi applicativi circa i suoi effetti: in particolare, dalla necessarietà di tale istituto dipende, ad esempio, la sua portata effettuale sia sul versante delle condizioni in base alle quali disporre dell’obbligazione tributaria che su quello della definitività dei recuperi fiscali per gli anni interessati dall’accordo transattivo. 1. CENNI ALL’EVOLUZIONE ED ALLE FINALITA’ DELL’ISTITUTO 1.1 BREVE QUADRO NORMATIVO Come accennato in premessa, la disciplina della transazione fiscale ha presentato, fin da subito, molti profili di incertezza interpretativa, a causa, innanzitutto, del non perfetto inquadramento sistematico dell’istituto, ossia, delle incertezze in ordine alla sua necessaria collocazione all’interno di una delle procedure concorsuali ed, in ogni caso, in ragione del suo non perfetto coordinamento con la disciplina del concordato preventivo e degli accordi stragiudiziali: ciò ha implicato successivi ritocchi alla disciplina originaria dell’art. 182-ter in commento, che brevemente si richiamano nel seguito. Va, innanzitutto, evidenziato che l’art. 16, comma 5, del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169 ha introdotto la possibilità di proporre la transazione fiscale, oltre che nell’ambito della presentazione di un piano di concordato preventivo, anche nel corso delle trattative che precedono la stipula di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis della legge fallimentare (nel prosieguo l.f..). Inoltre, con l’art. 32, comma 5, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, il legislatore è nuovamente intervenuto sull’art. 182-ter L.F., estendendo l’oggetto della transazione fiscale ai crediti di natura contributiva (1) e prevedendo, fra l’altro, che il debito attinente all’imposta sul valore aggiunto non potesse essere oggetto di falcidia, ma soltanto di dilazione.

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3

L’ultimo intervento normativo, in ordine temporale, sulla disciplina della transazione fiscale è contenuto nell’art. 29, comma 2, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, recante la manovra economica correttiva 2010. L’intervento in parola ha avuto la finalità di calibrare l’istituto in commento, in quanto ne ha ristretto l’ambito oggettivo ed ha introdotto sanzioni penali, volte a contrastare un possibile utilizzo abusivo di tale istituto. Infatti, come si illustrerà brevemente al parag. 2.2, oltre alla previsione che il debito relativo alle ritenute fiscali operate e non versate non può essere sottoposto a falcidia, il summenzionato provvedimento normativo è intervenuto anche sugli aspetti procedurali della transazione fiscale conclusa nell’ambito degli accordi di ristrutturazione, rendendo più gravoso l’onere documentale a carico dell’impresa proponente e prevedendo la revoca della transazione, nel caso in cui il debitore non esegua, entro novanta giorni dalle scadenze stabilite nell’accordo, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali e agli Enti che gestiscono le forme di previdenza ed assistenza obbligatorie. 1.2 FINALITA’ DELL’ISTITUTO L’istituto della transazione fiscale è stato introdotto al fine di consentire all’impresa che versa in uno stato di crisi temporanea di concordare con l’Amministrazione finanziaria, alle condizioni e nel rispetto dei limiti imposti dalla legge, una ristrutturazione dei debiti tributari e contributivi, sia privilegiati che chirografari, attraverso un loro riscadenziamento in un periodo di tempo più lungo1 (transazione fiscale dilatatoria) oppure, nei casi di crisi finanziaria più grave, mediante una decurtazione del loro ammontare (transazione fiscale remissoria). In sostanza, la transazione fiscale rappresenta lo strumento giuridico messo a disposizione dell’impresa in crisi al fine di coinvolgere anche l’Erario nel piano di risanamento proposto ai creditori, in sintonia con quello che è uno dei principi ispiratori fondamentali della riiforma delle procedure concorsuali: consentire la conservazione dell’impresa qualora vi siano concrete possibilità di un suo risanamento; a tale proposito, va osservato che, attraverso l’accettazione di una riduzione, ovvero di una dilazione del proprio credito, l’Erario può dare un contributo decisivo ai fini del risollevamento dell’impresa in crisi, atteso che i debiti accumulati verso l’Amministrazione finanziaria hanno spesso una notevole incidenza sull’esposizione debitoria complessiva delle imprese. 2. OPERATIVITA’ DELL’ISTITUTO 2.1 AMBITO OGGETTIVO In merito all’ambito oggettivo della transazione fiscale, occorre evidenziare che il comma 1 del citato art. 182-ter, così come delineato dalla suddetta manovra correttiva del

1 Si evidenzia che, in assenza di limiti specifici, la dilazione del debito tributario proposta in sede di transazione

fiscale è ammessa anche oltre il limite massimo di settantadue rate mensili previsto in sede di riscossione dall’art.

19 del D.P.R. n. 602/1973. In questo senso si è espressa l’Agenzia delle Entrate nella circ. 18 aprile 2008, n. 40/E.

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2010, dispone che “… il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato,

dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei contributi

amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi

accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non

iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea; con

riguardo all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta

può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”.

La formulazione letterale di tale norma non è molto chiara, poiché, dopo aver previsto che la proposta di transazione può riguardare i tributi “limitatamente alla quota di

debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo”, aggiunge che “se il

credito tributario … è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le

eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un

grado di privilegio inferiore…”, riconoscendo così, implicitamente, la possibilità di pagamento parziale o dilazionato anche dei crediti tributari assistiti da privilegio. E’ opinione condivisa che la locuzione sopra riportata rappresenti evidentemente un refuso. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate2, privilegiando un’interpretazione teleologico-sistematica rispetto a quella letterale, ha affermato che rientrano nell’ambito oggettivo di applicazione della transazione fiscale sia i crediti chirografari sia quelli privilegiati, a prescindere dalla circostanza che vi sia stata l’iscrizione a ruolo degli stessi. Inoltre, è stato ribadito dall’Agenzia delle Entrate, che, con riferimento ai crediti tributari privilegiati, si deve sempre verificare che il loro trattamento non sia deteriore rispetto a quello riservato a creditori di rango inferiore o aventi una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle Agenzie fiscali, e che al credito tributario avente natura chirografaria non sia riservato un trattamento differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari. Va ulteriormente evidenziato che la falcidia dei crediti privilegiati di natura tributaria, nell’ambito del concordato preventivo, sottostà anche al limite previsto dall’art. 160, comma 2, della L.F., ai sensi del quale la proposta di concordato non può prevedere una percentuale di soddisfazione del credito privilegiato inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, mediante la liquidazione dei beni o diritti sui quali insiste la causa di prelazione. È altresì importante evidenziare che la possibilità per l’imprenditore in crisi di proporre all’Amministrazione finanziaria una decurtazione e/o una dilazione delle pendenze fiscali non riguarda tutti i tributi. Infatti, possono essere oggetto di transazione (con le limitazioni che esamineremo brevemente fra poco) soltanto i tributi amministrati dalle Agenzie fiscali, con la conseguenza che sono esclusi dall’istituto della transazione in esame tutti i tributi locali, quali, ad esempio, l’Ici, la Tarsu, la Tosap, l’imposta sulle pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni. Sono altresì esclusi dall’accordo transattivo in parola i tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, fra i quali sono certamente compresi i dazi doganali di pertinenza comunitaria, nonché, il recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il diritto dell’U.E.3.

2 Si veda, amplius, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 40/E del 18/05/2008. 3 In tal senso si veda la succitata Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 40 del 2008, parag. 4.2.2.

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Non è, invece, esclusa dalla transazione con il Fisco l’Irap; si tratta infatti di un’imposta amministrata dall’Agenzia delle Entrate, pur essendo il suo gettito non destinato all’Erario. Occorre infine rilevare che l’art. 182-ter in commento comprende fra i debiti tributari suscettibili di transazione anche gli oneri accessori al tributo, cioè gli interessi, le indennità di mora nonché le sanzioni amministrative per violazioni tributarie. 2.2 LIMITAZIONI ALL’OPERATIVITA’ DELLA TRANSAZIONE. L’esclusione dall’ambito oggettivo della transazione fiscale dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, espressamente prevista dal comma 1 del più volte citato art. 182-ter, aveva sin dall’inizio dato vita ad un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale sulla riconducibilità dell’Iva entro l’alveo dei suddetti tributi e, quindi, sulla possibilità che detta imposta potesse costituire oggetto di negoziazione remissoria e/o dilatatoria con il Fisco, nell’ambito della procedura di concordato preventivo o degli accordi di ristrutturazione dei debiti. I dubbi derivavano essenzialmente dal fatto che una quota dell’Iva riscossa da ogni Stato membro deve essere poi versata alla Comunità europea. La dottrina maggioritaria e anche molti tribunali si erano espressi in senso favorevole alla possibilità di proporre, nell’ambito della transazione fiscale, un pagamento parziale del debito Iva (5), mentre l’Agenzia delle Entrate aveva assunto, in merito a tale problematica, una posizione piuttosto restrittiva, affermando che il debitore poteva proporre la falcidia o la dilazione soltanto con riferimento agli interessi e alle sanzioni concernenti la menzionata imposta4. Su tale criticità è intervenuto il legislatore che, con l’art. 32, comma 5, del citato D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, ha modificato il comma 1 dell’art. 182-ter in modo tale da escludere espressamente il debito Iva dai tributi falcidiabili, consentendone solo la dilazione. Nella relazione illustrativa al decreto legge appena citato viene chiarito che il divieto di falcidia dell’Iva è stato introdotto per evitare la violazione della normativa comunitaria, la quale vieta agli Stati membri di disporre una rinuncia generale, indiscriminata e preventiva al diritto di procedere ad accertamento e verifica dei tributi aventi natura europea. L’art. 29, comma 2, del sopra citato D.L. n. 78/2010, ha altresì precluso la falcidia del debito relativo alle ritenute fiscali operate dall’impresa debitrice in qualità di sostituto d’imposta, ma da questa non versate all’Erario. Pertanto, anche per la restituzione di tali somme sarà possibile ottenere dall’Erario, al più, una dilazione del pagamento, senza nessuna possibilità di falcidia. Vale la pena di precisare che tale limitazione non riguarda l’ipotesi in cui il sostituto d’imposta non abbia effettuato le ritenute alla fonte previste dalla legge. Si pensi, ad esempio, all’accertamento di pagamenti fuori busta a lavoratori dipendenti o di compensi in nero a lavoratori autonomi. In questi casi resta ferma la possibilità di ottenere l’abbattimento del debito per le ritenute fiscali non operate. Sebbene, nella relazione illustrativa della manovra correttiva sopra citata, il fondamento dell’esclusione delle ritenute dalla transazione fiscale remissoria sia stato individuato nelle analogie con l’imposta sul valore aggiunto, che renderebbero irragionevole una disparità di trattamento delle ritenute stesse rispetto a tale imposta, questo nuovo vincolo per la transazione fiscale sembra, in realtà, più una misura restrittiva finalizzata a 4 Si veda, amplius, Circolare Agenzia delle Entrate n. 40/E cit..

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non consentire al datore di lavoro disonesto, che applica le ritenute ai dipendenti ma le trattiene per se stesso, anche di beneficiare della riduzione del proprio debito, avente ad oggetto il versamento all’Erario delle somme indebitamente trattenute. 3. PROFILI PROCEDURALI 3.1 LA PROCEDURA TRANSATTIVA NEL CONCORDATO PREVENTIVO. L’imprenditore che intenda addivenire ad una composizione transattiva delle proprie debenze verso l’Amministrazione finanziaria, nell’ambito di un piano di concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti, deve osservare precise regole in ordine al contenuto della proposta transattiva, al fine di consentire agli Uffici finanziari ogni opportuna valutazione5. Per quanto riguarda, in particolare, la transazione fiscale instaurata all’interno della procedura di concordato preventivo, il comma 2, primo periodo, dell’art. 182-ter della L.F. prevede che “copia della domanda e della relativa documentazione, contestualmente al

deposito presso il tribunale, deve essere presentata al competente concessionario del

servizio nazionale della riscossione e all’ufficio competente sulla base dell’ultimo domicilio

fiscale del debitore, unitamente alla copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è

pervenuto l’esito dei controlli automatici nonché delle dichiarazioni integrative relative al

periodo sino alla data di presentazione della domanda, al fine di consentire il

consolidamento del debito fiscale”.

Si osserva che la norma in esame non indica alcuna specifica forma o contenuto della domanda di transazione fiscale, in quanto il legislatore ha voluto valorizzare l’autonomia delle parti nella formulazione della proposta transattiva. comunque, è opportuno che la domanda contenga una completa ed esauriente ricostruzione della posizione fiscale dell’impresa debitrice, così come ad essa nota, nonché l’illustrazione del contenuto della proposta, con particolare riferimento alle percentuali, ai tempi e alle modalità di soddisfacimento della pretesa fiscale, nonché, alle garanzie prestate. In ordine al termine di presentazione della proposta di transazione, è opportuno sottolineare che la locuzione “contestualmente al deposito presso il tribunale”, contenuta nel comma 2 dell’art. 182-ter della L.F., non implica, secondo l’Agenzia delle Entrate6, che detta proposta debba essere presentata alle Agenzie fiscali e all’Agente della riscossione nello stesso giorno in cui viene depositato presso il Tribunale il ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. La presentazione è dunque ammessa anche in tempi diversi, purché ragionevolmente circoscritti, in considerazione della particolare celerità del procedimento del concordato. Nella prassi operativa, l’imprenditore, dapprima deposita presso la cancelleria fallimentare del Tribunale la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, unitamente alla domanda di transazione fiscale e ai documenti previsti dall’art. 161 della L.F.7 (acquisendo relativa ricevuta) e, successivamente (lo stesso giorno o anche

5 Per una più diffusa ed organica esplicazione, si veda la più volte citata Circolare dell’Agenzia delle Entrate. N. 40 del 2008, parag. 5.1. 6 Su tale aspetto, si veda la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 3 del 5/01/2009. 7 Si tratta dei seguenti documenti: relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria

dell’impresa; stato analitico ed estimativo delle attività patrimoniali; elenco dei creditori, con indicazione delle

relative cause di prelazione; elenco dei titolari di diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del

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il giorno dopo), presenta all’Agente della riscossione e all’Ufficio copia della documentazione depositata in Tribunale, integrata con la ricevuta di deposito e con le copie delle dichiarazioni fiscali, richieste dal comma 2 del sopra citato art. 182-ter della L.F. Nel termine, (che si ritiene non perentorio)8, di trenta giorni dalla presentazione della suddetta domanda di transazione, l’Agenzia delle Entrate deve procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni e alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, nonché alla trasmissione all’impresa proponente di una certificazione attestante l’entità del debito derivante da atti di accertamento ancorché non definitivi (per la parte non iscritta a ruolo) e da ruoli vistati ma non ancora consegnati al Concessionario. Entro lo stesso termine, l’Agente della riscossione deve inviare al debitore una certificazione attestante l’entità del debito tributario iscritto a ruolo scaduto o sospeso (11). Oltre che un’attenta verifica in ordine al quantum delle obbligazioni tributarie pendenti, la domanda di transazione fiscale innesca, in seno all’Amministrazione finanziaria, anche un’intensa attività istruttoria volta ad accertare il reale stato di crisi del contribuente, la bontà del piano di risanamento dell’impresa e, quindi, la capacità effettiva di quest’ultima di estinguere, nella misura ed entro le scadenze proposte, la pretesa erariale. 3.2. LA PROCEDURA TRANSATTIVA NEGLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE. Come è noto, l’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis della L.F. è il risultato di una serie di trattative con i singoli creditori dell’impresa in crisi. Fra questi creditori vi è spesso anche l’Amministrazione finanziaria, la quale viene interpellata attraverso il meccanismo procedurale previsto dal comma 6 dell’art. 182-ter della L.F. In particolare, anche la proposta di transazione fiscale formulata nell’ambito di un accordo di ristrutturazione richiede la presentazione all’Agenzia delle Entrate e all’Agente della riscossione territorialmente competenti di un’apposita istanza, la quale, per effetto delle modifiche introdotte dalla manovra correttiva di cui al sopra citato D.L. n. 78/2010, dovrà ora essere accompagnata, così come previsto già da tempo per la transazione fiscale nel concordato preventivo, dalla copiosa documentazione di cui all’art. 161 della legge fallimentare. La citata manovra correttiva ha inoltre previsto che alla domanda in esame sia allegata anche una dichiarazione sostitutiva di atto notorio del debitore o del suo legale rappresentante, attestante che la suddetta documentazione “rappresenta fedelmente ed

integralmente la situazione dell’impresa, con particolare riguardo alle poste attive del

patrimonio”.

I suddetti Uffici finanziari, a loro volta, devono provvedere, ciascuno per la propria competenza, al consolidamento della posizione fiscale del debitore proponente, inviando a quest’ultimo una certificazione attestante l’entità del debito tributario oggetto di transazione. L’assenso alla proposta transattiva è espresso, previo parere favorevole della Direzione Regionale competente, entro il termine di trenta giorni dalla presentazione della domanda, con atto del Direttore dell’Ufficio, per quanto riguarda i tributi non iscritti a ruolo debitore; il valore dei beni e i creditori particolari di eventuali soci illimitatamente responsabili; la relazione di

un professionista che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano concordatario.

8 Nel senso della non perentorietà si è espressa la più volte citata Circolare n. 40/E del 2008.

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ovvero non ancora consegnati all’Agente della riscossione alla data di presentazione della domanda, ovvero, con atto dell’Agente della riscossione, su indicazione del Direttore dell’Ufficio, in relazione ai tributi iscritti a ruolo e già consegnati all’Agente della riscossione alla predetta data: l’assenso in questo modo espresso vale come sottoscrizione dell’accordo di ristrutturazione. Va infine evidenziato che la transazione fiscale conclusa nell’ambito di un accordo stragiudiziale ex art. 182-bis della L.F. è stata interessata da un’ulteriore novità introdotta, a tutela dell’Erario, dalla suddetta manovra correttiva del 2010. Infatti, è stato previsto nel nuovo comma 7 del citato art. 182-ter della L.F., aggiunto dall’art. 29, comma 2, del D.L. n. 78/2010, che gli effetti della transazione sono revocati automaticamente, qualora i pagamenti dovuti dal debitore alle Agenzie fiscali e agli Enti previdenziali ed assistenziali non siano eseguiti integralmente entro novanta giorni dalle scadenze concordate9. 4. NATURA DELLA TRANSAZIONE FISCALE E RAPPORTI CON IL CONCORDATO PREVENTIVO 4.1 NATURA DELLA TRANSAZIONE: TESI A CONFRONTO La dottrina si è interrogata , innanzitutto, sulla natura della transazione fiscale, ed, in particolare, se essa costituisca un istituto autonomo rispetto al concordato preventivo, ovvero, costituisca un subprocedimento interno al primo)10. E’ opportuno evidenziare che la prima soluzione implicherebbe, tra l’altro, la proponibilità dell’istituto anche nell’ambito della proposta di composizione della crisi da parte dell’imprenditore non fallibile, disciplinata dalla L. 27 gennaio 2012, n. 3. In dottrina, in particolare, si è sottolineato11 come dallo stesso tenore letterale della norma si ricaverebbe l’autonomia e l’eventualità della transazione fiscale nell’ambito del concordato preventivo, contestando la tesi della subalternità endoconcorsuale che non può che portare con sé, quale conseguenza logica, l’affermazione che non si può procedere alla falcidia del credito erariale chirografario se non ricorrendo obbligatoriamente all’istituto dell’art. 182-ter della legge fallimentare, che verrebbe degradato a mera norma procedimentale. A tal fine si è rilevato che non avrebbe senso “ritenere opzionale il ricorso alla

transazione fiscale se poi, comunque, a decidere sul suo perfezionamento sarebbero gli altri

creditori a maggioranza”, osservando ancora che “… se è pur vero che il testo letterale del primo comma dell’art. 182-ter della legge fallimentare pare legare la possibilità di proporre il pagamento con falcidia del credito chirografario erariale nel (solo) ambito della

9 Sul punto, si veda, amplius: A. La Malfa, Modifiche e integrazioni alla transazione fiscale, in “Corriere

tributario” n. 33/2010, pagg. 2694 e ss.. 10 Per una più ampia e puntuale trattazione, si veda: G. La Croce, Autonomia endoconcorsuale e non

obbligatorietà della transazione fiscale nel concordato preventivo, in “Il Fallimento”, 2010, pagg. 142 e seguenti;

idem, La transazione fiscale nell’intreccio di norme generali, norme speciali e norme costituzionali: è possibile uscire dal labirinto?, ivi, 2008, pag. 1410, nonché A. La Malfa, op. cit. pag. 4; A. Penta, Obbligatorietà o

facoltatività nel classa mento dei creditori e carattere autonomo o dipendente della transazione fiscale, in “Il

Fallimento”, 2010, pagg. 233 e seguenti; L. Tosi, Il delicato rapporto tra autorità e consenso in ambito tributario,

in “Giust. trib.”, 2008, pag. 25; in giurisprudenza, cfr. Trib. di Roma, 27 gennaio 2009, in “Il Fallimento”, 2010,

pag. 232. 11 In tal senso, Cfr. La Croce, op. cit., pag. 146.

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transazione fiscale, una simile lettura si presenta totalmente illogica rispetto ad una sua collocazione sistematica all’interno della normativa fallimentare – e sarebbe contraria al principio della par condicio dei creditori chirografari che, tutt’ora, informa l’intero diritto fallimentare riformato, seppure con il vulnus derogativo delle classi nel concordato preventivo, deroga che, però, è opzionale almeno per la dottrina e la giurisprudenza dominante. A tale soluzione, sostenuta principalmente dall’Amministrazione finanziaria, si è contrapposta quella – che appare maggioritaria in giurisprudenza (si veda, amplius, il paragrafo successivo) secondo cui la transazione fiscale non integrerebbe un autonomo accordo con il Fisco, bensì un sub-procedimento interno al concordato preventivo: a ciò conseguirebbe l’importante effetto in base al quale la posizione del credito fiscale, pur in caso di voto contrario alla proposta omologata, rimarrebbe legata alle sorti del concordato e, quindi, in caso di omologa, la falcidia prevista nella proposta diverrebbe vincolante anche per l’Erario come per gli altri creditori12. In sostanza, la dottrina13 ha valorizzato il dato normativo, il quale, effettivamente, si presta ad una contrastante interpretazione, evidenziando che “…sin dalla fase ammissiva alla procedura di concordato preventivo gli accordi finalizzati ad una transazione fiscale devono seguirne l’iter, a tal punto che, qualora il termine di trenta giorni fissato al concessionario ed all’ufficio per trasmettere la certificazione e procedere alla liquidazione di rispettiva competenza scada allorquando il tribunale abbia già dichiarato aperta la procedura di concordato, le copie dell’avviso di irregolarità e delle certificazioni devono essere trasmesse al commissario giudiziario, al fine di porlo nelle condizioni di verificare l’elenco dei creditori e dei debitori (art. 171, primo comma) e di redigere l’inventario del patrimonio del debitore, nonché la relazione particolareggiata di cui all’art. 172”. A ciò si aggiunga, secondo tale autore14, che sia per i tributi non iscritti a ruolo o non ancora consegnati al concessionario che per quelli già iscritti a ruolo e consegnati al concessionario alla data di presentazione della domanda, il voto favorevole o contrario alla “proposta di concordato” deve essere, se del caso, espresso in sede di adunanza dei creditori. Tale previsione, oltre ad iscrivere i creditori, individua in termini inequivoci l’oggetto del voto stesso, che non è identificato nella sola proposta di transazione fiscale, bensì è esteso all’intera proposta concordataria. Infine, ma non da ultimo, la chiusura della procedura di concordato preventivo, che si realizza a seguito dell’adozione del decreto di omologazione emesso ai sensi dell’art. 180, determina la cessazione della materia del contendere nelle liti aventi ad oggetto i tributi fiscali e contributivi, con una evidente ripercussione ab externo degli esiti della omnicomprensiva procedura maggiore. Sottolinea ancora la dottrina citata che “…la ratio legis è all’evidenza quella di offrire

al debitore uno strumento idoneo a definire unitariamente le pendenze esistenti in un dato

momento storico e che gli consenta, con riferimento ai crediti fiscali, il consolidamento

definitivo degli stessi anche in relazione a quelli ancora in itinere.”.

Aderendo alla tesi della natura “dipendente” della transazione fiscale, si perviene – inevitabilmente alla conclusione che l’accordo transattivo non potrà che condividere gli effetti e le sorti del concordato nelle sue varie fasi fisiologiche (esecuzione) e patologiche

12 In tal senso, Cfr. A. La Malfa, op. cit., pag. 3. 13 In tal senso, si veda, ad esempio, A. Penta, op. cit., pagg. 233 e ss.. 14 Penta, op. cit., pag. 242.

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(risoluzione e annullamento) e l’Amministrazione finanziaria resterà soggetta all’esito finale della votazione concordataria, ancorché contrastante con il proprio voto. Peraltro, sottolinea la dottrina15, “… alcuni effetti ‘tipici’ della transazione fiscale (il c.d. consolidamento del debito fiscale ed il divieto di un successivo esercizio dei poteri accertativi da parte dell’Amministrazione Finanziaria sui rapporti tributari oggetto di transazione, con conseguente cessazione della materia del contendere nelle controversie in corso) possono realizzarsi solo nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria presti espressa adesione (attraverso il voto favorevole) nei confronti della transazione. La circostanza assumerà particolare rilievo nell’ipotesi in cui la proposta contempli altresì l’imposta sul valore aggiunto, atteso che, a seguito della modifica apportata all’art. 182-ter dal D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (secondo cui ‘con riguardo all’imposta sul

valore aggiunto, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento), se

si vorrà conseguire l’assenso dell’Agenzia delle Entrate, si dovrà prevedere un pagamento

integrale o, tutt’al più, dilazionato del credito IVA.”. Aderendo alla soluzione della natura dipendente della transazione fiscale, all’Amministrazione finanziaria – in caso di voto contrario nel concordato preventivo rimarrebbe solamente l’eventuale possibilità di proporre l’opposizione in sede di omologazione del concordato medesimo, ai sensi dell’art. 180 della legge fallimentare, qualora sia stato presentato un concordato con classi. Da quanto succintamente riassunto emerge che la natura dipendente od autonoma della transazione ha ricadute pratiche decisive in ordine alle condizioni in base alle quali è possibile falcidiare i crediti erariali ed agli effetti riconducibili alla transazione medesima. Pertanto, si ritiene utile analizzare brevemente come la questione è stata affrontata dalla giurisprudenza, soprattutto, di merito. 4.2 ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI A CONFRONTO La tesi dipendente, prospettata nel paragrafo che precede, è stata sostenuta in giurisprudenza, laddove si è affermato che “la transazione fiscale inserita in un piano di

concordato preventivo è priva di autonoma rilevanza e la sorte dei crediti tributari

privilegiati resta legata alla volontà della maggioranza dei creditori e prescinde dalla

adesione dell’Amministrazione finanziaria”16.

Si ritiene utile riportare di seguito alcune soluzioni giurisprudenziali sulla versata questio della natura dipendente od autonoma della transazione rispetto al concordato. Ad esempio, il Tribunale di Asti17 ha ritenuto che “… l’imprenditore che presenta una

proposta di concordato preventivo non deve utilizzare lo strumento della transazione

fiscale, in quanto la possibilità del soddisfacimento non integrale dei crediti privilegiati,

senza alcuna distinzione di sorta, è prevista dall’art. 160, secondo comma legge

fallimentare, norma di portata generale, che non pone alcuna limitazione in relazione alla

natura dei crediti falcidiati: di conseguenza il voto contrario espresso dall’agenzia delle

entrate ed al concessionario della riscossione ha l’unico effetto di escludere che la società 15 In tal senso, cfr., Penta, op. cit. pag. 242. 16 Conformemente si veda: Trib. di Pescara, 2 dicembre 2008, in www.ilcaso.it, sez. I, doc. 17 Si allude a: Trib. di Asti, 3 febbraio 2010, in “Il Fallimento”, 2010, pagg. 707 e seguenti, con nota di Verna, La

transazione fiscale quale sub-procedimento facoltativo del concordato preventivo, ivi, pagg. 710 e seguenti.

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possa conseguire il consolidamento della propria esposizione debitoria nei confronti del

fisco, e non quella di incidere sull’ammissibilità del concordato.”. Altra giurisprudenza ha qualificato la transazione parte integrante del piano concordatario, che si risolverebbe “in una modalità collaterale ed interna della procedura

di concordato preventivo”18; analogamente, se gli uffici non procedono alla quantificazione

del debito e non esprimessero alcun voto nell’adunanza dei creditori, tale comportamento finirebbe per essere parificato, per il meccanismo di voto caratteristico del concordato preventivo, ad un voto contrario. Peraltro – come già evidenziato – se la proposta fosse comunque omologata in forza del voto favorevole degli altri creditori, la stessa diverrebbe obbligatoria per tutti i creditori, compreso l’Erario. Secondo altra giurisprudenza la transazione fiscale costituisce una fase endoconcorsuale, che si chiude con l’adesione o il diniego alla proposta di concordato mediante voto espresso nell’adunanza dei creditori; a tale conclusione si giunge sul presupposto che l’inserimento della transazione fiscale nel piano concordatario e l’espressione del voto, da parte dell’Agenzia delle Entrate e del Concessionario in sede di adunanza dei creditori, “procedimentalizzano (...) la formazione della volontà

amministrativa ma non devono far perdere di vista il fatto che l’accordo si identifica con il

concordato stesso e non può che condividerne gli effetti e le sorti nelle sue varie fasi

fisiologiche (esecuzione) e patologiche (risoluzione ed annullamento). A ciò consegue che,

confluendo nel concordato preventivo, la transazione fiscale finisce per partecipare a pieno

titolo della natura di esso, posto che l’accordo si realizza (e non può che realizzarsi) nel

concordato preventivo, con conseguente identificazione degli effetti e dei rimedi per esso

stabiliti dalla legge”. Si è ribadito in altra occasione19 che la “transazione è un istituto certamente

endoconcorsuale, quantomeno all’interno del concordato preventivo e, proprio per la sua

ideazione e definizione è un tentativo di valorizzare gli aspetti dell’accordo e del consenso

tra ente impositore e debitore, perciò necessariamente, deve tendere a svalutare e

delimitare quegli aspetti di rigidità che hanno caratterizzato in precedenza l’obbligazione

tributaria, tradizionalmente indisponibile ed il regime pubblicistico che la caratterizza.

Altrimenti opinando è solo una sterile ed inutile apparenza e diviene uno strumento di

ausilio alla sistemazione della crisi privo di qualunque elasticità, perciò del tutto

incongruo.”. A ciò consegue che l’Agenzia delle Entrate e il concessionario resteranno soggetti all’esito della votazione concordataria, ancorché contrastante con il proprio voto, poiché altrimenti, non avrebbe senso prevedere comunque la loro partecipazione alla delibera dei creditori ed all’eventuale decreto di omologazione del concordato, e l’eventuale omologazione della procedura di concordato preventivo determinerà la cessazione della materia del contendere nelle liti relative ai tributi definiti.20. Il Tribunale di Roma21, ha analizzato in modo compiuto la problematica in discorso, osservando che “… è noto che si scontrano due opposte tesi: a) quella dell’autonomia della

transazione fiscale, secondo cui comunque il suo perfezionamento e la sua validità

18 Cfr. Trib. di Piacenza 3 luglio 2008, nello stesso senso cfr. Trib. di. Bologna 26 ottobre 2006, in “Il Fallimento”,

2007, pag. 579, nonché Trib. di Milano 13 dicembre 2007, in www.ilcaso.it. 19 Cfr. Trib. di Monza 16 marzo 2010. 20Cfr. Trib. di Bologna 26 ottobre 2006. 21 Cfr. Trib. di Roma 27 gennaio 2009, in “Il Fallimento”, 2010, pag. 232, con nota di Penta, op. cit., ivi, pagg. 233

e ss..

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costituiscono condizioni essenziali della possibilità di pervenire alla falcidia dei crediti

privilegiati fiscali nel concordato preventivo; b) quella opposta che, proprio in ragione

della non autonomia dell’istituto di cui all’art. 182 ter rispetto al concordato preventivo,

ritiene che comunque il voto contrario dell’agenzia fiscale non impedisca che il concordato

possa spiegare pienamente i suoi effetti e che quindi, ove lo stesso sia approvato, il

pagamento percentuale previsto per i crediti fiscali divenga efficiente ed obbligatorio verso

tutti i creditori; sulla prima tesi è attestata parte della dottrina e sulla seconda la

giurisprudenza di merito che sinora si è espressa sul punto e altra parte della dottrina;

ritiene il collegio di aderire alla seconda tesi che respinge l’autonomia, per le seguenti

ragioni: i) l’art. 182ter non si discosta dall’art. 160 della legge fallimentare nel prevedere

la possibile falcidia dei crediti privilegiati tributari, ma aggiunge a tale previsione la

disciplina procedurale attraverso cui gli uffici fiscali pervengono al voto; ii) quello della

transazione fiscale non costituisce un vero e proprio negozio a contenuto transattivo,

poiché non è prevista la stipula di un accordo contenente reciproche concessioni e

attraverso di esso non si tende a risolvere o prevenire una lite tra il fisco e il debitore; in tal

senso sarebbe quindi improprio parlare di autonomia di tale negozio rispetto al diverso e

più generale negozio costituito dal concordato; iii) già il contenuto precettivo dell’art. 160

della legge fallimentare sulla falcidia dei crediti privilegiati è sufficiente a consentire il

superamento del principio d’indisponibilità dei crediti tributari, che non ha rango

costituzionale; iv) dal punto di vista funzionale, la transazione fiscale si atteggia quale

procedura predisposta per consentire agli uffici fiscali di partecipare al concordato col loro

voto e per dettare le regole attraverso cui legittimamente i relativi uffici esprimono il voto;

v) formalmente, quello espresso dagli uffici fiscali è un voto, reso alla pari di quello di tutti

gli altri creditori in applicazione del principio maggioritario, e non invece una espressione

di volontà alla stregua dell’accettazione di un negozio; in tal senso è qualcosa di più e di

diverso da un atto negoziale; vi) la disciplina dell’art. 182-ter non contiene una fase volta

alla definizione di trattative tra le parti, come sarebbe stato necessario se effettivamente si

fosse trattato di transazione vera e propria; vii) andando di contrario avviso si

attribuirebbe al fisco un potere di veto insindacabile, con violazione dei diritti del

proponente e degli altri creditori; viii) mentre il concordato (preventivo o fallimentare) ha

una sua propria funzione autonoma rispetto alla transazione fiscale e può vivere di vita

propria, altrettanto non è per la transazione che può essere proposta solamente nell’ambito

di altra procedura del sistema concorsuale; consegue a tali considerazioni che, tanto in

caso di voto negativo, quanto in caso di mancato voto (equiparabile al voto negativo), ove il

concordato venga omologato, rimane vincolante anche per il fisco, che subisce la falcidia

ivi prevista.”

Si ritiene utile evidenziare anche la pronuncia del Tribunale di Biella22 il quale ha affermato che “la transazione fiscale costituisce un quid mediante il quale l’imprenditore

mira a conseguire finalità ulteriori rispetto a quelle derivanti dal concordato, quali il

consolidamento del debito fiscale attraverso la definitiva quantificazione della propria

esposizione debitoria, e la cessazione della materia del contendere nelle liti aventi ad

oggetto i tributi interessati dalla proposta.”. Ancora da parte della giurisprudenza si è evidenziato come “… la norma sulla

transazione fiscale non dia luogo ad una norma procedimentale obbligatoria ma che

piuttosto si inserisca nel sistema del diritto fallimentare, secondo un criterio alternativo e/o

aggiuntivo alle regole del concorso. La procedura regolata dall’art. 182-ter della legge

22 Cfr. Trib. di Biella 30 giugno 2010, in “Il Fallimento”, 2010, pag. 1337.

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fallimentare, come peraltro affermato da una parte della giurisprudenza, rappresenta una

facoltà accordata al debitore laddove voglia ottenere il consolidamento della propria

posizione debitoria con l’erario, sicchè, ad omologazione avvenuta, ove intrapresa la

strada della transazione fiscale, l’effetto sarà quello di ottenere ex art. 182-ter quinto

comma legge fallimentare, “la cessazione della materia del contendere nelle liti aventi ad

oggetto i tributi.”23

.

La Corte di Appello di Genova24 ha sottolineato che la transazione fiscale non è un istituto autonomo ma una fase endoprocedurale che deve essere inserita nella proposta di concordato preventivo alle cui disposizioni resta assoggettata,” con la conseguenza che

deve ritenersi “…ammissibile una domanda di Concordato preventivo che abbia ad oggetto

la remissione di debiti fiscali e previdenziali anche al di fuori della transazione fiscale, la

quale ultima non integra un procedimento necessario per l’imprenditore in crisi che voglia

comporre la propria esposizione con gli Enti (fiscali e previdenziali, assistenziali), ma una

facoltà per il contribuente che sia interessato a beneficiare degli effetti giuridici che

l’ordinamento ricollega alla transazione: la cristallizzazione del debito fiscale e la

cessazione della materia del contendere. Sicché ben potrebbe una domanda di concordato

preventivo con falcidia dei crediti fiscali e previdenziali non essere accompagnata da

alcuna transazione fiscale.”.

In senso contrario a tale soluzione sembrano – invece – orientate altre pronunce del Tribunale di Roma e del Tribunale di Monza. Il Tribunale di Roma25 ha statuito che “… l’istituto della transazione integra l’esclusivo

rimedio obbligatorio per l’imprenditore in crisi che, nell’ambito di un concordato

preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti, voglia comporre la propria

esposizione debitoria anche con il Fisco e con gli Enti previdenziali e assistenziali”. Il carattere obbligatorio di detto rimedio discende dalla natura imperativa dell’art. 182-ter, che, in quanto impone un comando precettivo, non è suscettibile di essere derogato. La “determinazione volitiva di accettazione o meno della proposta di transazione

fiscale e contributiva viene fatta valere da parte degli Enti, nel concordato, tramite

l’esercizio del voto in sede di adunanza dei creditori, e negli accordi, per il computo del

60% delle passività dell’imprenditore proponente la ristrutturazione dei debiti. In

un’operazione di concordato preventivo o di accordi ex art. 182-bis, il debito di Iva, al pari

degli altri debiti fiscali e previdenziali, deve essere negoziato soltanto nell’ambito della

procedura di transazione di cui all’art. 182-ter, della legge fallimentare, il quale prescrive,

con riferimento all’Iva e alle risorse proprie dell’Unione Europea, il divieto di pagamenti

parziali… Tale divieto comportamentale non altera il principio della inderogabilità

dell’ordine delle cause legittime di prelazione, in quanto consacrato da una precisa formula

giuridica di diritto eccezionale la cui applicazione non postula necessariamente che la

proposta di concordato preveda il pagamento integrale di tutti gli altri crediti prelatizi di

grado superiore al debito per Iva”.

23 In tal senso, cfr. anche Osservazioni in tema di transazione fiscale, a

cura del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, aprile 2010, ove si osserva a pag.

5 che “…il debitore medesimo non dovrebbe essere costretto ad addivenire ad alcun accordo transattivi con il

Fisco, rimanendo la transazione fiscale una facoltà cui il debitore concordatario potrà tutt’al più ricorrere”. 24 Cfr. Corte di Appello di Genova, 19 dicembre 2009, in www.ilcaso.it. 25 Cfr. Trib. di Roma 16 dicembre 2009, in www.ilcaso.it.

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In sostanza, secondo tale soluzione, la transazione fiscale, in quanto costituente parte integrante del piano concordatario produrrà o meno i suoi effetti se la proposta di concordato sarà o meno omologata dal Tribunale26. 4.3 NECESSARIETA’ O FACOLTATIVITA’ DELLA TRANSAZIONE FISCALE Da quanto sopra riportato emerge che, secondo la giurisprudenza prevalente, sia di legittimità che di merito, la transazione fiscale ha una natura dipendente da quella del concordato preventivo, ossia, non può sussistere transazione fiscale senza concordato; a questo punto si pone un problema ulteriore e cioè se possa sussistere un concordato senza transazione fiscale. In sostanza, ci si domanda se, al fine di consentire la falcidia dei crediti tributari sia indispensabile ricorrere alla transazione fiscale o se tale falcidia sia un effetto del concordato in quanto tale, del pari a ciò che avviene per gli altri crediti prelatizi in base all’art. 160 l.f.. Parte della dottrina ha valorizzato l’utilizzo della locuzione, contenuta nell’art. 182-ter l.f., che indurrebbe a ritenere che in capo al debitore sussista una mera facoltà di proporre, nell’ambito del piano di concordato, la transazione fiscale, in quanto in alternativa può indicare il trattamento dei debiti fiscali nella proposta unitamente agli altri debiti. In senso contrario a quanto sopra indicato si colloca – tuttavia l’orientamento del Tribunale di Monza27, secondo cui nell’ambito del concordato preventivo la presentazione dell’istanza di transazione fiscale è indispensabile perché l’Erario possa partecipare al meccanismo del voto, accettando una falcidia del proprio credito. Si contrappone a tale soluzione la pronuncia della Corte di Appello di Genova28, secondo cui la “transazione fiscale non è un procedimento cui si debba necessariamente

ricorrere per la presentazione di una proposta di concordato preventivo che comprenda

crediti fiscali, bensì una procedura a carattere facoltativo della quale il debitore si può

avvalere al fine di rendere incontestabili i crediti in questione.”. Nello stesso senso appare orientata la Corte di Appello di Firenze29, affermando che la transazione fiscale prevista dall’art. 182-ter della legge fallimentare non è un procedimento obbligatorio, nel senso che l’imprenditore che si trovi nelle condizioni previste dall’art. 160 può formulare una proposta di concordato preventivo che preveda il pagamento integrale ovvero la falcidia dei crediti tributari, anche senza seguire l’iter descritto dall’art. 182-ter e dunque senza perseguire gli effetti di consolidamento del debito fiscale e della cessazione del contenzioso che la citata norma ricollega all’esito positivo della transazione fiscale, la quale deve perciò essere considerata come facoltativa per quel debitore che, per qualsiasi motivo, non avesse interesse a conseguire gli effetti anzidetti30.

26 In tal senso si è espressa Cass. Sez. I, 4 novembre 2011, n. 22931 cit., secondo cui nel procedimento di

omologazione del concordato preventivo, ove questo non contenga una proposta

di transazione fiscale, la votazione non favorevole da parte dell’Amministrazione fiscale non impedisce l’omologazione, ove sussistano gli altri presupposti prescritti dalla legge: il credito erariale può pertanto essere

falcidiato anche in presenza di voto contrario dell’Amministrazione. 27 Ci si riferisce a Trib. Monza 23 dicembre 2009, in www.ilcaso.it. 28 Cfr. Corte di Appello di Genova 19 dicembre 2009, in www.ilcaso.it. 29 Cfr. Corte d’Appello di Firenze 13 aprile 2010, in www.ilcaso.it. 30 Cfr. Cass., Sez. I, 4 novembre 2011, n. 22931, cit.

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Da ultimo, si evidenzia una pronuncia del Tribunale di La Spezia31, secondo cui “la

proposta di concordato preventivo, può prevedere la falcidia dei crediti tributari anche nel

caso in cui il proponente non percorra l’iter previsto dall’art. 182 ter della legge

fallimentare e dunque, non persegua gli effetti del consolidamento del debito fiscale e della

cessazione del contenzioso, effetti che la citata norma ricollega all’esito positivo della

transazione fiscale.”.

In ordine alla natura non obbligatoria della transazione fiscale si sono espressi anche altri giudici di merito, affermando che “... nel caso di proposta di concordato che prevede il

pagamento non integrale dei crediti tributari o contributivi il ricorso alla transazione

fiscale di cui all’articolo 182 ter legge fallimentare non può ritenersi obbligatorio, ma

facoltativo”. In tale prospettiva, secondo alcuni, l’eventuale obbligatorietà della transazione fiscale, nell’ambito del concordato preventivo, implicherebbe un’alterazione del principio generale sancito dall’articolo 160 l.f., che impone il rispetto dei privilegi, e quindi la soddisfazione dei creditori privilegiati, nei soli limiti del valore di mercato dei beni gravati dalla garanzia, con la creazione di uno ius singulare per il creditore erario di difficile giustificazione, non solo e non tanto sul piano della sua costituzionalità, quanto con riguardo all’intero impianto della riforma. Il ricorso alla transazione fiscale deve, dunque, ritenersi facoltativo e trova la sua giustificazione unicamente nei limiti in cui consente il c.d. “consolidamento della

posizione tributaria o contributiva”32. I problemi interpretativi e applicativi relativi alla transazione fiscale aumentano se si pensa al fatto che la sua previsione nell’ambito del concordato preventivo non equivale all’introduzione nella disciplina fallimentare di una generale possibilità di pagamento parziale dei crediti privilegiati, bensì solo alla possibilità di un “pagamento parziale condizionato”, subordinato all’insufficienza dei beni vincolati al soddisfacimento integrale spettante ai creditori nel rispetto del grado assegnato dalla legge al credito tributario. Dal canto suo, la Corte di Cassazione ha precisato che: “Nell’ambito di una

procedura di concordato preventivo, il ricorso alla transazione fiscale è una mera facoltà

del debitore: ove, tuttavia il debitore non vi acceda, dal concordato preventivo

(eventualmente) omologato non possono discendere quegli effetti – consolidamento del

debito inteso quale non modificabile contestazione della pretesa ed estinzione dei giudizi in

corso – subordinati all’omologazione, insieme al concordato, anche della transazione

fiscale”. In conclusione, a parere della dottrina e della giurisprudenza prevalenti, il debitore/contribuente che accede ad una procedura di concordato preventivo non ha l’obbligo, ma solo la facoltà, di attivare la procedura della transazione fiscale. Tale attivazione non avrebbe lo scopo di procedimentalizzare la formazione della volontà dell’Amministrazione Finanziaria in ordine alla remissione dei crediti erariali e, quindi, non sarebbe richiesta in ragione dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, bensì, la transazione si renderebbe necessaria solo quanto il contribuente intenda ottenere l’ulteriore obiettivo del consolidamento della propria posizione fiscale.

31 Cfr. Trib. di La Spezia 2 luglio 2009, in www.ilcaso.it, sez. I, doc. 1883/2009. 32 In tal senso, cfr. Corte di Appello di Venezia 17 luglio 2010, in mass. OCI, mass. 316, nello stesso senso cfr.

Corte di Appello di Torino 6 maggio 2010, in mass. OCI, mass. 330.

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5. GLI EFFETTI DELLA TRANSAZIONE FISCALE In margine a questo breve excursus sulla transazione fiscale, si ritiene utile fare il punto sugli effetti ad essa riconducibili ed alle criticità lasciate aperte dalla disciplina vigente. Orbene, la transazione fiscale, accanto all’effetto più volte menzionato di consentire al debitore/contribuente un pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti di natura tributaria, produce anche altri effetti “naturali” quali: - la quantificazione certa delle passività fiscali oggetto di negoziazione remissoria e/o dilatatoria (cosiddetto consolidamento della posizione fiscale del debitore), che si concretizza nelle certificazioni del debito tributario rilasciate dall’Ufficio e dall’Agente della riscossione; - la cessazione della materia del contendere nelle liti aventi ad oggetto i tributi transatti, effetto che l’art. 182-ter, comma 5, della L.F. ricollega all’omologazione del concordato. La cristallizzazione del quantum della pretesa tributaria è, a ben vedere, una peculiarità che contraddistingue l’Erario da tutti gli altri creditori nell’ambito del piano di concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Infatti, in relazione a tutti i crediti diversi da quelli aventi natura tributaria o contributiva non è previsto un vero e proprio procedimento formale di verifica ed acclaramento della loro esistenza, tant’è che l’art. 176 della L.F., con riferimento al concordato preventivo, prevede espressamente che i crediti contestati possono essere ammessi provvisoriamente ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze, senza che ciò possa influire sui giudizi circa l’esistenza dei crediti stessi, instaurati mediante le normali azioni di cognizione. Con riferimento alla previsione della cessazione della materia del contendere, in relazione alle liti aventi ad oggetto i tributi transatti, si deve rilevare che, sebbene il tenore letterale dell’art. 182-ter, comma 5, della L.F. sembrerebbe fare riferimento alle sole liti già instaurate, cioè, già pendenti presso le Commissioni tributarie, la dottrina prevalente ritiene che detta disposizione si estenda anche alle liti soltanto potenziali, che potrebbero, cioè, sorgere in relazione ad atti di accertamento già emessi e per i quali sia ancora in corso il termine per l’impugnazione. A tale profilo problematico se ne aggiunge un altro, relativo alla portata da attribuire al sopraccennato effetto di “consolidamento” delle pendenze tributarie/contributive, ossia, se la transazione possa produrre l’effetto di precludere, con riferimento ai tributi ed alle annualità dalla stessa considerati, ogni futura attività accertativa degli Uffici Finanziari. Si deve rilevare che la dottrina maggioritaria ritiene che il sopraccennato effetto di consolidamento implichi anche la suddetta preclusione alla futura attività accertativa. Diversamente, l’Agenzia delle Entrate, ha affermato che è comunque possibile, relativamente ai periodi d’imposta e ai tributi oggetto della transazione fiscale, accertare eventualmente un credito tributario superiore rispetto a quello attestato nelle certificazioni tributarie ex art. 182-ter, comma 2, della L.F.: in sostanza, l’ulteriore attività accertativa non è preclusa anche se il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione è stato omologato dal Tribunale. Come accennato, la dottrina prevalente è, tuttavia, di parere contrario, ad esempio si è sostenuto che si deve ritenere che proprio il definitivo accertamento della pretesa tributaria

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costituisca l’elemento qualificante della procedura transattiva in esame. Se, dopo aver sottoscritto ed accettato la transazione fiscale, l’Amministrazione finanziaria conservasse – come ritiene l’Agenzia – un potere accertativo sui tributi transatti, allora, da un lato, non si capirebbe perché la legge preveda che l’Ufficio fiscale debba procedere ad una formale “certificazione” dell’ammontare del debito tributario; dall’altro, si dovrebbe concludere che, con riferimento al concordato preventivo, la transazione fiscale ex art. 182-ter della L.F. altro non è che un inutile appesantimento procedurale, dal momento che, nell’ambito della summenzionata procedura concorsuale, la possibilità di non pagare integralmente i creditori privilegiati (Erario compreso) è già contemplata dall’art. 160, comma 2, della medesima legge. In conclusione, la dottrina dominante ha connesso la questione concernente la preclusione della futura attività accertativa, quale effetto naturale della transazione fiscale, alla circostanza della necessarietà o meno della transazione medesima nell’ambito del concordato preventivo od accordo di ristrutturazione, in quanto, come sopra esposto, a parere di detta dottrina, in ipotesi di disconoscimento del suddetto effetto preclusivo, la transazione fiscale sarebbe soltanto un appesantimento delle procedure concorsuali nelle quali si inserisce. 6. PROFILI PENALI Al fine di persuadere l’Amministrazione finanziaria ad accettare la proposta di transazione fiscale, il contribuente potrebbe essere indotto a rappresentare la propria situazione patrimoniale e finanziaria in modo più grave di quanto non lo sia in realtà, sottovalutando artatamente le attività patrimoniali, ovvero, sopravvalutando le passività indicate nei documenti relativi alla transazione. La falsa rappresentazione del deficit patrimoniale potrebbe, infatti, indurre l’Agenzia delle Entrate a valutare la percentuale di pagamento dei debiti tributari offerta dal contribuente più conveniente rispetto a quella realizzabile attraverso le normali procedure di riscossione, nella prospettiva del fallimento del contribuente stesso. Al fine di contrastare tale comportamento fraudolento, il legislatore della manovra correttiva 2010 ha modificato l’art. 11 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, dedicato al reato tributario di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, inserendovi un secondo comma, in base al quale “è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al

fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori,

indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale

elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per

un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l’ammontare di cui al

periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a

sei anni”. Come già rilevato dalla Corte di Cassazione33, non è chiaro se la soglia minima di punibilità di euro cinquantamila si riferisca ai soli elementi passivi fittizi o anche a quelli attivi.

33 Si veda la relazione n. III/09/10 del 3 agosto 2010, in cui la Suprema Corte ha analizzato le novità legislative a

carattere penalistico introdotte dalla manovra correttiva di cui al D.L. n. 78/2010 convertito, con modificazioni,

dalla L. n. 122/2010.

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Invero, se, da un lato, la formulazione letterale della norma sembra lasciare pochi dubbi sul fatto che con riferimento agli elementi attivi basti un minimo scostamento per integrare il reato tributario in discussione, dall’altro non è comprensibile la scelta del legislatore – sempre che di scelta si tratti e non, invece, di un refuso – di prevedere questa differenziazione fra l’omissione di elementi attivi e l’indicazione di passività inesistenti. Tale nuova fattispecie criminosa appare alquanto insidiosa, non solo per l’imprenditore che intenda accedere allo strumento transattivo, ma anche per i soggetti terzi che garantiscono o intervengono nel processo di ristrutturazione (assuntori, garanti, eccetera), oltre che, ovviamente, per il professionista chiamato ad attestare, nella propria relazione al piano concordatario, la veridicità dei dati aziendali presentati, per il quale si può profilare il rischio di concorso nel reato in esame, in caso di indicazioni false superiori alle sopradette soglie di punibilità, ammesso che sia provata, naturalmente, l’alterazione dolosa dei dati. La norma potrebbe avere un impatto pratico notevole, in quanto sembrerebbe potersi applicare anche nel caso in cui lo scostamento degli elementi attivi rispetto al loro valore effettivo non sia dovuto all’omissione di attività, ma soltanto ad una loro sottovalutazione, ipotesi questa tutt’altro che infrequente nella prassi operativa, dato che generalmente lo stato analitico ed estimativo delle attività patrimoniali ex art. 161, comma 2, lettera b), della legge fallimentare viene formato applicando criteri di valutazione prudenziali. BREVI CONCLUSIONI In base a quanto succintamente esposto, si ritiene di potere formulare alcune semplici considerazioni di sintesi. In primo luogo, come si è detto al parag. 5, la questione della portata effettuale della transazione fiscale è stata posta in relazione alla natura autonoma o dipendente della procedura transattiva rispetto alle procedure concorsuali. Tanto considerato, in ordine alla qualificazione giuridica della transazione, da quanto sopra riportato, emerge che, secondo la giurisprudenza e la dottrina prevalenti, la transazione fiscale ha una natura dipendente da quella del concordato preventivo o dagli accordi di ristrutturazione, ossia, non può sussistere transazione fiscale senza concordato od accordo di ristrutturazione: pertanto, si ritiene di potere concludere che la transazione fiscale sia destinata, esclusivamente, ai soggetti fallibili (art. 1 l.f.)34. Ciò posto, come si è detto,emerge un problema ulteriore e cioè se possa sussistere una delle due prefate procedure senza transazione fiscale, ossia, se quest’ultima sia necessaria o meno, al fine di dare luogo alla falcidia dei crediti tributari e contributivi. Come detto al parag. 4.3, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti attribuiscono carattere non necessario all’istituto in parola, ritenendolo indispensabile solo al fine del manifestarsi dell’effetto del “consolidamento” delle pendenze fiscali e contributive. In sostanza, a parere della dottrina e della giurisprudenza prevalenti, il debitore/contribuente che accede ad una procedura di concordato preventivo non ha l’obbligo, ma solo la facoltà, di attivare la procedura della transazione fiscale. Tale attivazione non avrebbe lo scopo di procedimentalizzare la formazione della volontà dell’Amministrazione Finanziaria in ordine alla remissione dei crediti erariali e, quindi, non sarebbe richiesta in ragione dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, bensì, la

34 Tale è anche l’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate con la citata Circolare n. 40/E, parag. 4.1.

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transazione si renderebbe necessaria solo quanto il contribuente intenda ottenere l’ulteriore obiettivo del consolidamento della propria posizione fiscale e contributiva. Pertanto, diviene decisivo stabilire cosa si intenda per “consolidamento”. Sia l’Agenzia delle Entrate che la dottrina e la giurisprudenza prevalenti concordano nel ritenere che tale effetto si sostanzi, innanzitutto, nella quantificazione certa delle passività fiscali oggetto di negoziazione remissoria e/o dilatatoria, che si concretizza nelle certificazioni del debito tributario rilasciate dall’Ufficio e dall’Agente della riscossione; inoltre, la transazione produce la cessazione della materia del contendere nelle liti aventi ad oggetto i tributi transatti, effetto che l’art. 182-ter, comma 5, della L.F. ricollega all’omologazione del concordato. Come detto al parag. 5, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono, condivisibilmente, che tale effetto definitorio si estenda anche alle liti potenziali, ossia, agli atti impositivi notificati e per i quali siano ancora pendenti i termini per l’impugnazione, ma che non si estenda alle pretese erariali già consolidatesi e per le quali siano pendenti, semplicemente, liti concernenti gli atti della conseguente riscossione. Tuttavia, le citate dottrina e giurisprudenza si spingono nell’affermare che, con riferimento ai tributi ed alle annualità oggetto di transazione, sarebbe preclusa ogni ulteriore attività accertativa: tale orientamento non si ritiene condivisibile, come anche sostenuto dall’Agenzia delle Entrate con la più volte citata Circolare n. 40 del 2008, per le ragioni che brevemente si illustreranno. Prima di entrare nel merito di tale ultimo profilo, si desidera prendere, sommessamente, posizione rispetto ai sopra riportati orientamenti giurisprudenziali e dottrinali in ordine alla natura della transazione, da cui, come detto, dipende la corretta definizione del suo ambito effettuale. Appare indubbio che la transazione fiscale si inquadra sempre in un concordato od accordo di ristrutturazione, prova ne è, tra l’altro, la previsione per la quale la cessazione della materia del contendere è subordinata alla omologazione del concordato (art. 182-ter, comma 5, l.f.). Ma ciò che si ritiene maggiormente rilevante ai fini della suddetta tesi è la collocazione sistematica della disciplina dell’istituto de quo, contenuta all’art. 182-ter della l.f., ossia, contenuta al Titolo III, ("Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione"), Capo V ("Dell'omologazione e dell'esecuzione del concordato preventivo. Degli accordi di ristrutturazione di debiti"). Tuttavia, in contrario avviso alla giurisprudenza ed alla dottrina prevalenti, si ritiene che la transazione sia sempre necessaria, al fine di procedimentalizzare la volontà amministrativa. Infatti, ancorché il principio della indisponibilità dell’obbligazione tributaria sia oramai superato, la possibilità di disporre di siffatta obbligazione passa attraverso il rispetto di specifiche procedure, atte a preservare gli interessi sottesi, che hanno natura pubblicistica: in sostanza, si ritiene che al fine di falcidiare un credito tributario sia sempre necessario dare evidenza, mediante un’apposita procedura, agli interessi pubblici, a cui anche una rinuncia della pretesa erariale deve sottendere. Prova di ciò è costituita dalla positivizzazione delle procedure dell’accertamento con adesione, della conciliazione giudiziale ed anche della transazione fiscale. D’altra parte, come sostenuto dall’Agenzia delle Entrate, nella prefata Circolare n. 40 del 2008 al parg. 5.5, l’eventuale diniego alla transazione deve essere fatto rilevare già come eccezione in sede di adunanza dei creditori ed, in via subordinata, sottoforma di opposizione

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all’omologazione del concordato: tale soluzione risolve i problemi sollevati dalla dottrina in merito al fatto che se si affermasse la necessarietà della transazione fiscale si porrebbe l’A.F. in una posizione di favor rispetto agli altri creditori, attribuendole una sorta di diritto di veto al concordato. Sulla base di tale inquadramento sistematico della transazione fiscale, si ritiene, in contrario avviso alle citate dottrina e giurisprudenza, che il prefato effetto del “consolidamento” non pregiudichi la futura attività accertativa dell’Amministrazione Finanziaria. Infatti, posto che la necessità di ricorrere alla transazione fiscale si riconduce al principio della necessaria procedimentalizzazione dell’azione amministrativa, quale garanzia degli interessi pubblici sottesi, appare evidente che la ratio dell’istituto de quo non può essere assorbita dall’obiettivo del debitore/contribuente di sottrarsi alla futura attività accertativa. D’altra parte, la transazione fiscale opera in un ambito riscossivo, ossia, opera nei confronti di obbligazioni tributarie e contributive già costituite al momento della sua efficacia, ma non può estendere i propri effetti rispetto ad obbligazioni non ancora costituite. Ancora con riferimento alla valenza della transazione fiscale, si ritiene, in adesione a quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate con la citata Circolare n. 40 del 2008, parag. 5.5, che, in ipotesi di concordato preventivo, l’accoglimento od il rigetto della proposta transattiva da parte dell’Agenzia predetta o dall’agente della riscossione, deve sostanziarsi in un voto favorevole o contrario in sede di adunanza dei creditori. Insomma, si ritiene che l’attivazione della transazione fiscale, sempre necessaria al fine di dare evidenza agli interessi pubblici, non può stravolgere la natura concorsuale della procedura concordataria ed il carattere “collegiale” dell’approvazione della relativa proposta, che avviene ad opera di un organo collegiale che decide con le maggioranze previste e le cui deliberazioni sono vincolanti per i dissenzienti. Prova di ciò è costituita dalla previsione dell’art. 182-ter, comma 4, l.f., che prevede espressamente che l’adesione od il dissenso degli Uffici Finanziari, formatosi secondo la procedura della transazione fiscale, si deve tradurre nel voto favorevole o contrario in sede di adunanza dei creditori e che di tale voto deve essere data evidenza nel verbale delle suddette adunanze, redatto ai sensi dell’art. 178, comma 1, l.f.. Pertanto, conclusivamente, il carattere obbligatorio della transazione fiscale, diversamente da quanto sostenuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti, non implica alcuna violazione della graduazione delle cause legittime di prelazione.