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• Nuova serie - Anno 21 - Numero 36 - € 1,20* - Spedizione in a.p. art. 1, c. 1, legge 46/04 - DCB Milano - Sabato 11 Febbraio 2012 CRISI Siria aggredita da forze esterne Nucci a pag. 13 GERMANIA Le farmacie meglio delle edicole Giardina a pag. 12 TECNOLOGIA I computer cinesi vicini alla vetta servizio a pag. 13 * con guida «Le 4 manovre del 2011 + la inanziaria del 2012» a € 6,00 in più; con «Guida agli strumenti inanziari derivati» a € 7,90 in più; con guida «TUIR 2012» a € 6,00 in più; con guida «Le novità iscali sulla casa» a € 6,00 in più; con «L’Atlante delle Società 2012» a € 1,30 in più» QUOTIDIANO ECONOMICO, GIURIDICO E POLITICO www.italiaoggi.it 90 secondi La rubrica di Pierluigi Magnaschi a Punto e a capo (Class tv Msnbc, canale 27, ore 20) Demanio - L’Agenzia mette online il catalogo di caserme, fari, terreni Luciano a pag. 27 Privacy - Il docu- mento programma- tico sulla sicurezza va in soffitta. Lo prevede il dl sempli- ficazioni Ciccia a pag. 28 Corte dei conti- Negli enti lo- cali restano i tagli su indennità e gettoni previsti nel 2006. Ma l’Anci non ci sta Cerisano a pag. 32 Previdenza- Se l’azienda conguaglia in tfr non erogato scatta l’ispezione. Cirioli a pag. 33 Documenti/1 - La senten- za della Corte dei conti sui comuni Documenti/2 - La sentenza della Cassa- zione sugli strumenti finanziari www.italiaoggi.it Arriva la norma salva-dirigenti dell’Agenzia delle entrate. Un emenda- mento del decreto legge milleproroghe al senato, firmato dai relatori Luciano Malan e Vidmer Mercatali, lancia un salvagente all’Agenzia delle entrate sul- la vicenda degli 800 funzionari nominati come dirigenti senza concorso oggetto di un contenzioso davanti al Consiglio di stato. L’emendamento consente di fare assunzioni anche in deroga alle dispo- sizioni vigenti procedurali e sui limiti di spesa. Inoltre ok ad affidare incarichi dirigenziali ai funzionari con la stipula di contratti a tempo determinato. Troppo complicato chiedere i rimborsi all’estero. E gli italiani rinunciano a miliardi di euro Investimenti stranieri a perdere za s s zi «Dici kaciòfi, tre éro». La pro- nuncia e i termini usati non sono propriamente italiani ma rendono comunque l’idea. Chi grida con allegria tipicamente mediterranea è uno delle decine di giovani venditori ambulanti che popolano il mercato settima- nale di via Calatafimi a Mila- no. Quasi tutti sono arabi. Solo un paio di banchi sono gestiti da cinesi. La trasformazione è avvenuta in cinque anni. Di giovani italiani che vogliano alzarsi presto, subire il freddo o il caldo, non se ne trovano più. Questi arabi, esperti di suck da millenni, si trovano benissimo. Contribuiscono ad abbassare i prezzi. E, miracolo, danno anche gli scontrini. DIRITTO & ROVESCIO IL Giornale dei professionisti * * * Salvi i dirigenti del fisco Un emendamento al decreto milleproroghe ratifica le assunzioni di 800 funzionari nominati senza concorso. Ok a contratti a tempo Bartelli e Cerisano a pagina 27 LOTTA CONTINUA Famiglia cristiana non è il Time. Dopo le sventagliate a B. bordate anche a Monti Bevilacqua a pag. 5 b ll’ El l l dd Per la riforma del lavoro il go- verno guarda a modelli di flexse- curity nordeuropei, come quello danese. Peccato che negli ultimi anni in Danimarca il sistema sia notevolmente peggiorato. I licenziamenti sono senza pro- tezione (non esiste l’articolo 18 che impone il reintegro del lavo- ratore), e dopo si percepisce un assegno di disoccupazione pari al 90% dello stipendio medio di un lavoratore dell’industria, cioè 1.600 euro lordi al mese. Al massimo si può restare disoc- cupati per tre anni, ma dopo il primo anno scattano forti pres- sioni per accettare nuovi lavori o fare corsi di riqualificazione. Se il lavoratore rifiuta gli viene tolto il sussidio. Signorile a pagina 7 L’art. 18 in Danimarca non c’è. A chi perde il posto 1.600 € per un anno, poi si deve adeguare e in più IL SETTIMANALE DEGLI OPERATORI DELL’AGRICOLTURA da pag. 21 da pa 21 2 Nel mese di gennaio in Italia sono state immatricolate 137 mila automobili. Nei primi sette giorni di febbraio, 13 mila. Se si proiettano questi dati su tutto il 2012 emerge il disastro. Con il dato di gennaio si scende sotto 1,5 milioni di auto in un anno. Con quello della prima settimana di febbraio, addirittura a 670 mila auto sem- pre in un anno. Anche considerando il dato dei primi di febbraio anomalo per le intemperie, resta un trend drammatico, che, secondo Gaetano Thorel, presidente e amministratore delegato di Ford Italia, potrà portare alla chiusura di almeno il 20% dei 3.500 concessionari attivi in Italia per i vari marchi. Tutte aziende sostan- zialmente familiari, che già con le vendite del 2011 erano sull’orlo della chiusura. Per scongiurare una tale decimazione con forti effetti sociali, considerato il numero di dipendenti di ciascun continua a pag. 38 ORSI & TORI DI '!&$& '!%"(!# LUNEDÌ CON IO7 LUNE € 2,50 Lunedì 13 Febbraio 2012 ML[email protected] L www.italiaoggi.it Sette IL PRIMO GIORNALE PER PROFESSIONISTI E IMPRESE IN EVIDENZA Primo piano/1 -Imprese e professionisti in affanno. Da un lato la crisi, dall’altro i controlli stringenti del fisco: è sempre più difficile far quadrare i conti Primo piano/2 - Dalla scatola nera sulle auto all’Rc au- to con microchip, come cambiano le norme sui trasporti. E come ri- spondono gli addetti ai lavori Fisco -Patrimoniale? Non si scappa. Gli esoneri da RW non contano e l’imposta va pagata Da 75 anni aiutiamo a costruire sogni piccoli e grandi. Scopri il nostro mondo: www.mapei.it Di Vittorio a pag. 29 http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it

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• Nuova serie - Anno 21 - Numero 36 - € 1,20* - Spedizione in a.p. art. 1, c. 1, legge 46/04 - DCB Milano - Sabato 11 Febbraio 2012 •

CRISISiria aggredita da forze esterneNucci a pag. 13

GERMANIALe farmacie meglio delle edicole Giardina a pag. 12

TECNOLOGIAI computer cinesi vicini alla vettaservizio a pag. 13

* con guida «Le 4 manovre del 2011 + la i nanziaria del 2012» a € 6,00 in più; con «Guida agli strumenti i nanziari derivati» a € 7,90 in più; con guida «TUIR 2012» a € 6,00 in più; con guida «Le novità i scali sulla casa» a € 6,00 in più; con «L’Atlante delle Società 2012» a € 1,30 in più»

QUOTIDIANO ECONOMICO, GIURIDICO E POLITICO

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90 secondi

La rubrica di Pierluigi Magnaschi a Punto e a capo (Class tv Msnbc, canale 27, ore 20)

Demanio - L’Agenzia mette online il catalogo di caserme, fari, terreni

Luciano a pag. 27

Privacy - Il docu-mento programma-tico sulla sicurezza va in soffitta. Lo prevede il dl sempli-ficazioni

Ciccia a pag. 28

Corte dei conti- Negli enti lo-cali restano i tagli su indennità e gettoni previsti nel 2006. Ma l’Anci non ci sta

Cerisano a pag. 32

Previdenza- Se l’azienda conguaglia in tfr non erogato scatta l’ispezione.

Cirioli a pag. 33

Documenti/1 - La senten-za della Corte dei conti sui comuni

Documenti/2 - La sentenza della Cassa-

zione sugli strumenti finanziari

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Arriva la norma salva-dirigenti dell’Agenzia delle entrate. Un emenda-mento del decreto legge milleproroghe al senato, fi rmato dai relatori Luciano Malan e Vidmer Mercatali, lancia un salvagente all’Agenzia delle entrate sul-la vicenda degli 800 funzionari nominati come dirigenti senza concorso oggetto di un contenzioso davanti al Consiglio di stato. L’emendamento consente di fare assunzioni anche in deroga alle dispo-sizioni vigenti procedurali e sui limiti di spesa. Inoltre ok ad affi dare incarichi dirigenziali ai funzionari con la stipula di contratti a tempo determinato.

Troppo complicato chiedere i rimborsi all’estero. E gli italiani rinunciano a miliardi di euro

Investimenti stranieri a perdere

zas

szi

«Dici kaciòfi , tre éro». La pro-nuncia e i termini usati non sono propriamente italiani ma rendono comunque l’idea. Chi grida con allegria tipicamente mediterranea è uno delle decine di giovani venditori ambulanti che popolano il mercato settima-nale di via Calatafi mi a Mila-no. Quasi tutti sono arabi. Solo un paio di banchi sono gestiti da cinesi. La trasformazione è avvenuta in cinque anni. Di giovani italiani che vogliano alzarsi presto, subire il freddo o il caldo, non se ne trovano più. Questi arabi, esperti di suck da millenni, si trovano benissimo. Contribuiscono ad abbassare i prezzi. E, miracolo, danno anche gli scontrini.

DIRITTO & ROVESCIO

IL Giornale dei

professionisti* * *

Salvi i dirigenti del fiscoUn emendamento al decreto milleproroghe ratifica le assunzioni di 800 funzionari nominati senza concorso. Ok a contratti a tempo

Bartelli e Cerisano a pagina 27

LOTTA CONTINUA

Famiglia cristiananon è il Time. Dopo le sventagliate a B.

bordate anche a MontiBevilacqua a pag. 5

b ll’ E l l l d d

Per la riforma del lavoro il go-verno guarda a modelli di fl exse-curity nordeuropei, come quello danese. Peccato che negli ultimi anni in Danimarca il sistema sia notevolmente peggiorato. I licenziamenti sono senza pro-tezione (non esiste l’articolo 18 che impone il reintegro del lavo-ratore), e dopo si percepisce un assegno di disoccupazione pari al 90% dello stipendio medio di un lavoratore dell’industria, cioè 1.600 euro lordi al mese. Al massimo si può restare disoc-cupati per tre anni, ma dopo il primo anno scattano forti pres-sioni per accettare nuovi lavori o fare corsi di riqualifi cazione. Se il lavoratore rifi uta gli viene tolto il sussidio.

Signorile a pagina 7

L’art. 18 in Danimarca non c’è. A chi perde il posto 1.600 € per un anno, poi si deve adeguare

e in più IL SETTIMANALE DEGLI OPERATORI DELL’AGRICOLTURAdapag.21

dapa212

Nel mese di gennaio in Italia sono state immatricolate 137 mila automobili. Nei primi sette giorni di febbraio, 13 mila. Se si proiettano questi dati su tutto il 2012 emerge il disastro. Con il dato di gennaio si scende sotto 1,5 milioni di auto in un anno. Con quello della prima settimana di febbraio, addirittura a 670 mila auto sem-pre in un anno. Anche considerando il dato dei primi di febbraio anomalo per le intemperie, resta un trend drammatico, che, secondo Gaetano Thorel, presidente e amministratore delegato di Ford Italia, potrà portare alla chiusura di almeno il 20% dei 3.500 concessionari attivi in Italia per i vari marchi. Tutte aziende sostan-zialmente familiari, che già con le vendite del 2011 erano sull’orlo della chiusura.Per scongiurare una tale decimazione con forti effetti sociali, considerato il numero di dipendenti di ciascun

continua a pag. 38

ORSI & TORIDI '!&$& '!%"(!#

LUNEDÌ CON IO7LUNE

€ 2,50

Lunedì 13 Febbraio 2012

DI MARINO LONGONI

[email protected]

Le casse di previdenza dei liberi profes-

sionisti hanno un problema. E non è

quello della sostenibilità a 50 dei bilanci

imposto in modo un po’ rude dal ministro

del lavoro Elsa Fornero. Il problema vero,

ben più difficile da risolvere, è che la crisi

economica degli ultimi anni ha reso sempre

più evidente che le promesse fatte più o

meno da tutte le casse di vecchia generazio-

ne non potranno essere mantenute ancora

a lungo. Occor-

re stringere

i freni se

n o n s i

vuole pre-

cipitare nel

baratro. Un

solo dato. I

patr imoni

degli enti

sono media-

mente pari

a un quinto

del debito che

gli stessi hanno

accumulato verso

i loro iscritti. Chi

pagherà i restanti

quattro quinti? Fino a

ottin

più precari. Ma soprattutto non ci stanno

a pagare i privilegi di chi è già andato in

pensione con certi trattamenti che loro non

si potranno neanche sognare.

A questo punto il diktat della Fornero può

trasformarsi in un assist per le casse che,

messe con le spalle al muro, si trovano la

strada spianata per far passare quelle rifor-

me che, pur essendo necessarie, finora sono

state politicamente improponibili. Magia

dei governi tecnici. In pratica, non poten-

do garantire una so-

stenibilità dei

bilanci at-

tuariali

a 50

anni,

sarà giocoforza per tutte le casse passare al

sistema contributivo. E magari imporre un

contributo di solidarietà dell’1% ai pensio-

nati. Le situazioni sono molto diverse tra

loro, ma alla fine da questi due paletti sarà

difficile sfuggire. Come dimostra l’inchiesta

di apertura di questo numero di ItaliaOg-

gi Sette. E non è detto che queste riforme

saranno sempre sufficienti a garantire sta-

bilità per molto tempo. E nemmeno a disin-

nescare il conflitto generazionale tra chi è

andato in pensione o ci sta andando con

assegni ben superiori ai contributi ver-

sati e chi invece sa che, per bene che

vada, riceverà indietro più o meno

quello che ha versato. Oltretutto

rimane aperta la questione del

debito pregresso, cioè dei debiti

che le casse hanno accumula-

to con gli iscritti fino a oggi

a causa della differenza tra i

contributi richiesti e le pen-

sioni erogate o promesse.

Chi li pagherà?

Insomma lacrime e san-

gue sono in arrivo un

po’ per tutti, tuttavia

non tutti i problemi sa-

ranno risolti. Una del-

le poche certezze è che

il sistema contributivo

puro garantisce la so-

stenibilità della cassa

all’infinito (salvo even-

ti demografici o econo-

i i revedibili), ma

www.italiaoggi.it

Sette

IL PRIMO GIORNALE PER PROFESSIONISTI E IMPRESE

IN EV IDENZA

* * *

Primo piano/1 - Imprese e

professionisti in affanno. Da un

lato la crisi, dall’altro i controlli

stringenti del fisco: è sempre più

difficile far quadrare i conti

Primo piano/2 -

Dalla scatola nera

sulle auto all’Rc au-

to con microchip,

come cambiano le

norme sui trasporti. E come ri-

spondono gli addetti ai lavori

Fisco - Patrimoniale? Non si

scappa. Gli esoneri da RW non

contano e l’imposta va pagata

Da 75 anni aiutiamoa costruire

sogni piccoli e grandi.Scopri il nostro mondo:

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Di Vittorio a pag. 29

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2 Sabato 11 Febbraio 2012

Dopo le diffiden-ze e le resisten-ze iniziali, la proposta avanzata da Silvio

Berlusconi alle altre forze politiche, a cominciare dal Partito democratico, per la realizzazione di una riforma politica che intervenga sul sistema elettorale e su quello istituzionale, è stata accetta-ta. Com’è noto in Italia le leggi eletto-rali sono sempre state imposte da una maggioranza, che poi, alla prima pro-va del meccanismo di voto prescelto, è stata punita dagli elettori. Non è una caratteristica della cosiddetta Seconda repubblica: nel 1953 Alcide De Gasperi fece approvare una legge elettorale con un pre-mio di maggioranza col consenso dei partiti laici minori, ma il premio non scattò perché la coalizio-ne centrista non ottenne la maggioranza assoluta dei voti richiesta. La legge maggioritaria fu ritirata. Nel 1994, per rispondere a un referendum che aveva introdotto i collegi uninominali nei 3/4 dei collegi elettorali della Camera, fu approvata una nuova legge elettorale, senza il consenso della Lega Nord e del Msi che si andava tra-sformando in Alleanza nazionale, e alla prima prova i partiti esclusi dal patto elettorale, alleati con l’inattesa creazio-ne politica di Berlusconi, ottennero la maggioranza, poi rapidamente sciolta dall’iniziativa giudiziaria.

L’ultima riforma elettorale, quella che ha defi nito il meccanismo attualmente

in vigore, fu elaborata dal centrodestra (compreso Pierferdinando Casini),

ma anche questa volta alla prima prova gli elettori la usarono per dare una mag-gioranza, seppure millimetrica, al centro-sinistra che costituì il secondo governo di Romano Prodi, naufragato dopo un paio d’anni per le dissidenze interne e l’attacco giudiziario a Clemente Mastella. Quan-do l’elettorato diede una maggioranza di dimensioni eccezionali al nuovo cen-trodestra, contrariamente a quanto ci si aspettava, anche questa coalizione entrò in crisi dopo pochi anni e si arriva così alla situazione attuale, con un governo

sostenuto da una maggio-ranza coatta costituita da partiti che si presentano come alternativi tra loro. Questo dimostra che non basta un meccanismo elettorale per risolvere i problemi atavici della

scarsa governabilità e della frammenta-zione politica, se non si interviene anche sui meccanismi istituzionali per rendere coerente tutto il sistema politico. Non si è mai potuta accompagnare una riforma istituzionale a quella elettorale, proprio perché quest’ultima veniva varata da maggioranze solitarie. Ora la situazione straordinaria, che vede le principali for-ze politiche espropriate della funzione di governo, potrebbe indurle a cercare una soluzione organica e non solo la ricerca di un vantaggio elettorale presunto (e rego-larmente contraddetto dai fatti).

© Riproduzione riservata

IL PUNTO

Le riforme elettorali hanno sempre punito chi le ha fatte

DI SERGIO SOAVE

maggioritaria scarsa governab

Ora Berlusconi e Bersani

ci riprovano

Sono passati ses-santasette anni dal febbraio 1945 quando venti partigiani della

Brigata Osoppo (in prevalenza cattolici e laico-socialisti, ma tutti patrioti ita-liani) operanti in Friuli-Venezia Giulia furono trucidati da altri partigiani ita-liani ma appartenenti ai gap comunisti. Rimasero uccisi, in quell’agguato, anche il fratello dello scrittore Pier Paolo Pa-solini e lo zio (che si chiamava come lui) del cantautore Francesco De Gregori.

La carnefi cina (come ha ben spiega-to, sulla base di documenti oggi inoppu-gnabili, lo storico Roul Pupo, nel recen-te libro dal titolo Porzûs: Violenza e Resistenza sul confi ne orientale pubbli-cato dalla seria casa edi-trice il Mulino) avvenne nel quadro della sparti-zione del mondo fra le po-tenze belligeranti, alleate contro il nazifascismo. Giuseppe Stalin, da Mosca, aveva assicurato al futuro dittatore Tito il Friuli-Venezia Giulia che sarebbe così stato tolto all’Italia ed annesso alla nascente Jugoslavia comunista.

Palmiro Togliatti (che allora viveva a Mosca, dove ricopriva un alto ruolo nel Partito comunista) aveva aderito a questo disegno e quindi i partigiani gappisti operanti nel quadrante Nord-Est agivano a suo nome perché questo disgraziato disegno per l’Italia venisse realizzato.

Contro questa ipotesi invece si batte-

vano i partigiani cattoli-ci e laico-socialisti della Brigata Osoppo. Da qui

i ripetuti scontri fra le due fazioni, fi no al massacro di Porzûs. Che, essendo un episodio fratricida imbarazzante, fu a lungo negato, in Italia, con la colpevole complicità di troppi. E, quando infi ne fu ammesso, perché non si poteva più continuare a negarlo, esso venne mi-nimizzato e nascosto. Per dare il senso del fuoco di sbarramento contro tutti coloro che avrebbero voluto ricordare questo fatto di sangue, si può ricordare che l’allora presidente della Repubbli-ca, Francesco Cossiga, alla fi ne del suo

mandato, nella sesta settimana del ’92 (venti anni fa, e ben 47 anni dopo i fatti) tentò di fare una visita a Porzûs ma ne fu dissuaso dalle quasi unanimi e comun-que fortissime proteste

che si alzarono a sinistra. All’inizio del prossimo mese di mag-

gio, rompendo clamorosamente con il passato, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (confermandosi un presidente provvidenziale per questo, per certi versi, disgraziato paese che preferisce tenere le sue ferite sangui-nanti), andrà invece a Porzûs per ren-dere omaggio ai 20 giovani assassinati della Brigata Osoppo, nella convinzione, da lui espressa, che «serve ricordare, an-che per ripensare a tutti i fatali errori, al fi ne di non ripeterli più…».

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seppe Stalin, che si alzarono

La riconciliazionepuò avvenire

solo con la verità

DI PIERLUIGI MAGNASCHI

L’ANALISI

Napolitano ricorderàla strage di Porzûs

PUNIL PUNTO

I C O M M E N T I

DI ANTONIO CALITRI

Finiti i festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia a Enna si pen-sa di sfrattare Giuseppe Mazzini dal centro citta-dino. Piazza e monumen-to dedicati al patriota, che adesso sorgono al fi anco del famoso duomo della città siciliana, pre-sto potrebbero traslocare in periferia. O sparire del tutto. Con la piazza che verrebbe dedicata a Santa Maria della Vesti-zione, patrona della città dal 1412. E con la statua della Madonna che an-drebbe a prendere il po-sto di Mazzini proprio sul piedistallo che ora ospita il bronzo del politico ge-novese che con le sue azio-ni contribuì alla nascita dello stato italiano. Que-sto sarebbe il programma del sindaco Paolo Garofa-lo, ex socialista eletto nel 2010 con il Partito demo-cratico e una coalizione di centrosinistra e del suo capo corrente, il senatore Vladimiro Crisafulli, per

fare un regalo al vescovo della diocesi di Enna, Mi-chele Pennisi. Il prelato, alla fi ne dello scorso anno dichiarò il 2012 anno giu-

bilare, per festeggiare il seicentesimo anniversario della proclamazione di santa Maria, patrona del-la città. Una decisione che sta facendo arrabbiare in molti perché avverrebbe proprio all’indomani del-

la chiusura dei festeggia-menti dell’Unità d’Italia. E soprattutto perché a vo-ler rimuovere dal centro per spostare in periferia il nome di Mazzini non è un sindaco cattolico ma un politico di sinistra teori-camente più vicino ai va-lori del risorgimento. Per cercare di impedire tutto questo stanno nascendo associazioni e iniziative per contestare l’azione. A partire da una pagina su Facebook dedicata a «Enna città laica. Maz-zini resti dov’è»che in po-chi giorni ha superato i 400 sostenitori. E poi una petizione che conta291 fi rme. Il sindaco fi no ad ora sull’argomento non ha voluto rilasciare dichiarazioni mentre i sostenitori dell’attuale status quo pensano a nuo-

ve iniziative tra le quali chiedere aiuto a Giorgio Napolitano, il presiden-te della Repubblica che è stato il maggiore soste-nitore delle celebrazioni dell’unità d’Italia.

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IL CASO DEL GIORNO

A Enna il Pd vuole sfrattare Mazzini per fare posto alla Madonna

DI MARCO BERTONCINI

I tavoli sui quali sta gio-strando il Pdl (ma, in larga misura e specularmente, an-che il Pd) riguardano legge elettorale, riforme costituzio-nali e alleanze di primavera. Arrivano, ed è veramente strano, segnali di conver-genza tra le due maggiori for-mazioni sulla riscrittura del porcellum: qualche politico, e numerosi osservatori, oltre che uno stuolo di retrosceni-sti, si dicono certi che una proposta redatta da Luciano Violante possa trovare le ne-cessarie convergenze.

È un’impresa diffi cile, a dir la verità. Il Pdl non soltanto deve accontentare il fi lo-por-cellista Silvio Berlusconi (si dice che il Cav avrebbe accet-tato a occhi chiusi il progetto di Violante: tutto sta a vede-re se gliel’abbiano spiegato bene, mentre teneva le orec-chie aperte), deve altresì te-nersi legata la fi loporcellista Lega (va detto, tuttavia, che Roberto Maroni è possibilista nei confronti di qualsivoglia riforma elettorale). Inoltre, deve compiacere il Terzo

polo, o almeno l’Udc. Questa trattativa su due

fronti non è facile da con-durre, ancor meno da chiu-de-re. Con qualche facilità si sostiene che il Cav potrebbe tornare alla formula del ’94: alleato con la Lega al nord, con An al centro-sud. Il pa-ragone regge poco, ma, se proprio si volesse seguire questa strada, sarà da ricor-dare che in parecchi centri le possibilità di vittoria, per il Pdl, sono legate alla duplice alleanza: con il Carroccio e con il cristiano democratici, anzi, con l’intero Terzo polo. Inol-tre, di là di generiche promesse esternate da Um-berto Bossi per stipulare in-tese locali col Pdl, i leghisti puntano sul presentarsi da soli, eccettuati i casi, che non parrebbero troppo abbondan-ti, in cui candidato sindaco fosse un seguace di Alberto da Giussano. Intanto il tem-po stringe: non per le riforme istituzionali (pochi le riten-gono raggiungibili), non per la legge elettorale (attendere fa bene a tutti), bensì per le elezioni, che premono.

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LA NOTA POLITICA

Convergenze sullaproposta Violante

Giorgio Napolitano

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3Sabato 11 Febbraio 2012Sabato 11 FebbrP R I M O P I A N O

Emergenza maltempo a Roma, rivolta ad Atene. Monti incontra il i nanziere Soros a New York

L’Italia gela, la Grecia bruciaL’ex Bertolaso: la neve porterà una nuova protezione civile

DI FRANCO ADRIANO

L’aveva detto l’altro ieri Mario Monti (che nelle ultime ore ha incontrato a New York la comunità

finanziaria ed in particolare Ge-orge Soros): l’Italia non ha biso-gno del sostegno finanziario della comunità internazionale «ma ha bisogno solamente di una miglio-re governance». È la rappresen-tazione plastica della cronaca delle ultime ore: con l’Italia alle prese con l’emergenza maltempo, emblema delle inadempienze e della inadeguatezza della sua amministrazione (ieri a Roma è stata trovata morta una clochard di 42 anni per il freddo), mentre in Grecia la crisi e l’assenza di so-stegno finanziario a livello inter-nazionale sta portando i cittadini alla rivolta in piazza.

La tragedia greca

Ieri ad Atene si sono dimessi i tre ministri di destra del gover-no di unità nazionale, contrari alle nuove misure di austerità in discussione. «Chiunque non sia d’accordo con la politica del governo verrà sostituito», ha dichiarato un funzionario go-vernativo, poco prima di una ri-unione di gabinetto indetta per trovare un’intesa sulle riforme

richieste dalla troika per dare il via libera al secondo programma di aiuti da 130 miliardi di euro. Intanto ad Atene, nei pressi del-la centralissima piazza Syntag-ma, proprio davanti alla sede del parlamento ellenico, centinaia di dimostranti incapucciati o con il volto nascosto da caschi da mo-tociclista sono usciti dal corteo e hanno attaccato la polizia con molotov, pietre e mattoni. Gli agenti in assetto anti-sommossa hanno reagito con un fi tto lan-cio di lacrimogeni e compiendo diverse cariche. I sindacati gre-ci hanno indetto uno sciopero generale di 48 ore che sta pa-ralizzando tutto: treni e metro fermi, navi attraccate nei porti, scuole, ospedali, banche e tribu-nali sono chiusi.

Bertolaso all’attacco

Replica, attacca, propone so-luzioni. Sembra un programma politico quello fissato ieri su Bertolaso.net dall’ex capo della protezione civile, Guido Ber-tolaso. L’attacco è fulminante: «Grazie neve, per averci aiutato a capire che la Protezione civile ci serve». Bertolaso parla di«gravità e imponenza», di situazione «of-fuscata dalle diatribe puerili di chi cerca scuse per giustifi care le proprie leggerezze, mentre la

gente muore assiderata per le strade perché nessuno è andato a soccorrerla, un po’ come per la Concordia». La tesi dell’ex capo della Protezione civile è la se-guente: i comuni sono rimasti soli a fronteggiare senza risorse ade-guate problemi spesso più grossi di loro per via del commissaria-mento della Protezione civile che lui ritiene essere stata fatta su basi politiche e non tanto a causa delle inchieste giudiziarie sulla cosiddetta cricca che per quanto lo riguardano, secondo lui, sono completamente inconsistenti. Vo-glia di tornare alla grande.

Lega nel mirino Ue

Il partito di Umberto Bossi non ha più la golden share del governo che gli è servita per op-porsi alle multe Ue sulle quote latte. Probabile, dunque, che il governo dei tecnici non opporrà più alcuna resistenza alla Com-missione europea che ha aper-to nei confronti dell’Italia una procedura di indagine formale sugli aiuti di stato, invitandola a fornire informazioni in relazio-ne alla proroga del pagamento delle multe in scadenza. L’Ita-lia ha un mese per rispondere a Bruxelles.

Napolitano pensa al futuro

«Se c’é chi pensa che si può essere al sicuro tornando al passato, si colloca fuori della realtà. Ma «insieme col rigore occorre che operi il principio di solidarietà». E «nessun paese da solo, per quanto grande e competitivo può agire con capa-cità suffi ciente per contare nel contesto globale». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel cor-so del suo intervento al meeting dei presidenti ad Helsinki.

Lunga vita al Papa

Il documento pubblicato dal Fatto quotidiano che racconta di un viaggio compiuto in Cina dal cardinale Paolo Romeo, durante il quale avrebbe profe-tizzato la morte di papa Bene-detto XVI entro i prossimi 12 mesi, è stato durante smentito dal Vaticano. Per il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, il documento che parla del com-plotto contro il papa è vero ma la notizia non è attendibile. Se-gno che Oltretevere c’è chi per lotte intestine di potere non esita a far andare la chiesa incontro ad imponenti danni d’immagine.

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DI ALESSANDRA RICCIARDI

Hanno dato libero sfogo a tutte le richieste giunte in questi giorni. Anche con pro-poste contraddittorie tra loro all’interno dello stesso partito, ma non se ne sono

fatti scappare neanche una. A un Mario Monti che da Washington aveva auspicato «modifiche mi-nime» al decreto sulle liberalizzazioni, i senatori hanno risposto ieri depositan-do complessivamente oltre 2.300 emen-damenti in commissione industria, 700 sono del Pdl e 600 del Pd. «Non li ho let-ti ancora tutti», ha tagliato corto Monti. Pd, Pdl e Terzo Polo sono subito corsi ai ripari, rassicurando il governo che gli emendamenti che andranno avan-ti saranno pochissimi, si lavorerà con l’accetta, usciranno dalla commissione solo le modifiche effettivamente neces-sarie e migliorative. Cosa questo poi significhi in concreto su materie assi contrastate, come le professioni, è tutto da vedere. Sta di fatto che i due relatori, Filippo Bubbico del Pd e Simona Vicari del Pdl, non hanno presentato proposte di modifica. Si riserva-no di farlo dopo aver letto tutte le indicazioni dei gruppi e dopo essersi confrontati sulle modifiche condivisibili. Saranno probabilmente infatti, quelli dei relatori, emendamenti a firma congiunta. Que-sto per facilitare anche il lavoro del governo che ha necessità di avere pochi interlocutori e un venta-glio di opzioni limitato per ragionare. Non sarebbe così se restassero tutti gli emendamenti: c’è chi sui

farmaci propone di estendere la vendita di quelli di fascia C anche nelle Parafarmacie, e chi all’opposto invita a togliere la norma che impone ai medici di indicare nella ricetta il farmaco generico. Stesso schema sui carburanti, sui taxi e via dicendo. Gli avvocati hanno trovato diversi sponsor, specie nel Pdl, con emendamenti contro l’abolizione delle tariffe, contro le società di professionisti con soci

di capitale e contro il tirocinio durante l’università. «Ma la quantità non deve spaventare», spiega la relatrice Vicari, perché molti emendamenti sono «dop-pioni» e verranno così accorpati ed esa-minati insieme. Molti altri, almeno la metà, saranno dichiarati inammissibili per materia. Per garantire al governo che non ci saranno brutti scherzi, sono scesi in campo il presidente dei sena-tori del Pdl, Maurizio Gasparri, il suo vice Gaetano Quagliariello e del capogruppo in commissione, Enzo Ghigo: il Pdl in quanto tale «si impe-gna» solo su «un numero limitato» di

emendamenti e non su tutti e 700 che portano la firma di un senatore azzurro. Il Pdl «appoggia» il decreto. Una dichiarazione analoga a quella della capogruppo pd Anna Finocchiaro. Tra i temi og-getto dell’attenzione selettiva dei relatori, banche, assicurazioni e Snam, con il probabile inserimento del tetto del 5% per le partecipazioni degli opera-tori, sul modello Terna. Ad annunciare battaglia invece è l’Italia dei valori, che punta a fare ostru-zionismo al grido: «Il decreto è debole».

©Riproduzione riservata

Oltre 2.300 emendamenti. Pdl e Pd rassicurano Monti: taglieremo

I senatori si scatenanosulle liberalizzazioni

Tutta la tragedia minu-to per minuto: il Tg5 ieri sera ha mandato in onda, in esclusiva, il fi l-mato girato nella plancia di comando della Costa Concordia, documentan-do i momenti successivi allo scontro tra la nave da crociera e i fonda-li situati a pochi metri dall’isola del Giglio. Una telecamera ha inquadra-to tutto quanto accadeva nello spazio dedicato agli uffi ciali: con il comandan-te Francesco Schettino che commentava con un “vabbuò” la notizia della fuga dei passeggeri sul-le lance, tra frasi qua-li “praticamente ci sta uno squarcio” e “stiamo scarrocciando a terra”, pronunciate con estrema calma. Tutto questo sen-za dare alcuna indicazio-ne, per troppo tempo, ai componenti dell’equi-paggio. “Animazione ma non agitazione”, ha sot-tolineato il Tg5, mentre la nave era già inclinata di dodici gradi. E i crocie-risti, in preda al panico, cercavano di scappare dalla nave.

Mario Nuzzi© Riproduzione riservata

Concordia, Tg5 sulla plancia

Vignetta di Claudio Cadei

Mario Monti

di Pierre de Nolac

Capitale imbiancata,alla fi ne della giornata.

A Roma anche la neve arriva in ritardo.

* * *

Il Pd romano rinviale primarie causa neve.

La bocciatura dei bersaniani è solo rinviata.

* * *

Fassino loda il futuro grattacielo di Torino.

Finalmente un edifi cio adeguato alla sua altezza.

* * *

Donadi: “Partire da proposta Idv su fi nanzia-mento ai partiti”.

Mettendola in una scatoladi scarpe.

* * *

La politica è il sale della democrazia.

Perché non spargerla sulle strade prima della neve?

* * *

Stasera a “Che tempo che fa” il ministro Riccardi.

Dove non si parladi meteorologia.

PILLOLE

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4 Sabato 11 Febbraio 2012 P R I M O P I A N O

Tale proliferazione di sigle nelle camere non c’è mai stata, nella storia della repubblica

Una vera metastasi in parlamentoGruppi, gruppetti e gruppuscoli tutti in cerca di visibilità

DI CESARE MAFFI

Taluni contrasti sui «par-titini» e sulla necessità di semplifi care il quadro politico, condensata nella

polemica contro la «frammenta-zione» hanno determinato una battuta: «Se volete diminuire il numero dei partiti, tornate al proporzionale, anzi, al proporzio-nale puro». Un paradosso? Se si esamina l’odierna situazione dei gruppi parlamentari, si può as-serire che, nelle legislature della prima repubblica, una frantuma-zione così assurdamente polveriz-zata come si verifi ca oggi non si verifi cò mai.

Vediamo le denominazioni di gruppi e componenti del gruppo misto. Ci sono sigle scontate: Pdl, Pd, Lega, Idv. Già il Terzo polo è variegato: Fli (con gruppo proprio) e Api (componente del misto) alla Camera, mentre Per il Terzo polo (Api-Fli) è la denominazione del gruppo a palazzo Madama. L’Udc alla Camera reca tale sempli-ce sigla; al Senato è tutt’altra solfa: Unione di Centro, Svp e Autonomie (Unione Valdôtaine, Maie, Verso Nord, Movimento Repubblicani Europei, Partito Liberale Italiano, Partito Socia-lista Italiano). Ci stanno dentro tre senatori della Volkspartei, un valdostano, un’argentina (Maie

sta per Movimento associativo italiani all’estero), un transfuga democratico (Verso Nord), una repubblicana europea (il relativo partito è rientrato nel Pri, ma l’unica eletta rimane nel gruppo Udc e altri), un liberale (eletto nel Pdl) e un socialista (anche lui pro-veniente dal Pdl).

Gli ex responsabili sono un co-acervo di movimenti. A palazzo Madama hanno costituito Coe-sione Nazionale (Grande Sud-Si-Pid-Il Buongoverno). Grande Sud è la formazione di Gianfranco Micciché, prima chiamata Forza Sud. Pid sta per Popolari di Ita-lia domani, ex Udc guidati da Francesco Saverio Romano. Identifi care le altre due sigle è fa-ticoso. Si è il movimento Sindaci, fondato dall’ex leghista Alberto Filippi. Dietro il Buongoverno, poi, si colloca il berlusconiano Salvatore Piscitelli.

A Montecitorio gli omologhi ex responsabili umiliano i pur laboriosi colleghi senatori. La denominazione attuale del loro gruppo è Popolo e territorio (Noi Sud-Libertà e autonomia, Popola-ri d’Italia domani-Pid, Movimen-to di responsabilità nazionale-Mrn, Azione popolare, Alleanza di centro-Adc, La Discussione). Si passa dall’unico aderente all’Adc (Francesco Pionati), ai tre del Mrn (fra i quali il più

noto è l’ineffabile agopunturista Domenico Scilipoti, mentre è in ombra il collega Massimo Ca-learo), dall’unico esponente della Discussione (testata storica della Dc, facente oggi capo a Giampiero Catone) ai quattro Pid. Noi Sud-Libertà e autonomia nasce da una scissione del Movimento per le autonomie di Raffaele Lom-bardo. Ovviamente, se si passa ai gruppi misti, abbondano le componenti. Al Senato ci sono i due siciliani del lombardiano Mpa, il veterano Antonio Del Pennino (Pri) e l’ex dipietrista Giuseppe Astore, che si fregia dell’etichetta di Partecipazio-ne democratica. Alla Camera

verrebbe da citare il dantesco «all’alta fantasia mancò possa». Ci sono sette rutelliani dell’Api e tre delle minoranze linguistiche (tre deputati è il numero minimo per costituire una componente), di cui due della Volkspartei e uno del raggruppamento valdostano Autonomie liberté démocratie. Quattro ex Pdl, passati a Fli e poi fuoriusciti, si sono raccolti sotto l’etichetta Fareitalia per la costi-tuente popolare. I nove seguaci di Micciché qui si chiamano Grande Sud-Ppa (quest’ultima sigla sta per Movimento politico pensiero azione, il più piccolo partito pre-sente alle ultime politiche, con 946 voti). Curiosa la situazione

della componente Liberaldemo-cratici-Maie, che mantengono la sigla del Maie nonostante l’uni-co deputato, argentino come la collega del Senato, sia da anni transitato al gruppo Udc. Cinque deputati hanno costituito la com-ponente Liberali per l’Italia-Pli. Quattro sono ancora con Raffa-ele Lombardo, Mpa-Alleati per il sud. Altri tre meridionalisti hanno messo insieme Noi per il Sud-Lega Sud Ausonia (questa Lega alle politiche ottenne poco più di 4.000 voti). Infi ne, la com-ponente Repubblicani-azionisti raggruppa il segretario del Pri, Francesco Nucara, l’ex Udc Calogero Mannino e l’ex Pdl Mario Pepe.

Omettiamo, per ovvie ragio-ni di digestione da parte di chi legga, l’indicazione dei ripetuti mutamenti di denominazione, a volte surreali (Fli è passato da Futuro e libertà. Per l’Italia, col punto fermo, a Futuro e libertà per l’Italia, senza punto, e infi ne a Futuro e libertà per il Terzo polo). Naturalmente, può darsi che dietro qualche sigla sia diffi -cile trovare, oltre i parlamentari, moglie e vicini di casa. Certo è che una ripartizione subatomi-ca simile nelle legislature di un tempo nemmeno l’avrebbero so-spettata.

© Riproduzione riservata

DI ALESSANDRA RICCIARDI

La riforma elettorale può, anzi deve, attendere. Prima le riforme istitu-zionali, ha lanciato ieri

il presidente del senato, Renato Schifani, subito seguito dal vi-cecapogruppo dei senatori pdl, Gaetano Quagliariello, e dal presidente alla camera, Fabrizio Cicchitto. Il Pdl avrà così tem-po di gestirsi ile amministrative, escludendo dal campo di confronto il tema, potenzialmente esplosivo con la Lega, della nuova legge elet-torale. E potrà nel frattempo anche concentrarsi sul nuovo partito con l’allargamento a cui sta lavoran-do Angelino Alfano verso tutta l’area di centro, ad oggi sparpaglia-ta tra Udc, Pd e altre microsigle. Insomma, c’è biso-gno di un po’ di tempo per rifare il partito, o meglio ancora i partiti, visto che il discorso riguarda anche il Pd di Pierluigi Bersani, a caccia di un’identità vera. Poi si potrà parlare dei sistemi elettorali. «Noi faremo un tentativo serio in senato di fare la riforma della seconda parte della Costituzione per verificare se vi sono convergenze e poi affron-tare la legge elettorale su quel nuovo schema di seconda parte della Costituzione. Parlare oggi di riforma elettorale a Costituzione invariata», ra-giona Schifani, «significa dare per scontato che il percorso delle riforme è fallito e io non mi voglio

rassegnare a questo». Riforme istituzionali concen-trate «su tre punti qualificanti quali i poteri del premier, la riduzione del numero parlamentari, il ruolo differenziato della camera e del senato», dice Cicchitto, «sono il presupposto di una nuova legge elettorale che non sia fondata sulla proporzionale pura e neppure sulle preferenze». A chi gli chie-deva cosa nel pensasse, l’udc Pier Ferdinando Casini diceva: «Non mi occupo di legge elettorale». E intanto invitava i suoi a «superare il Terzo polo verso un partito degli italiani». Il messaggio non era rivolto solo a Gianfranco Fini.

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Schifani: prima le riforme istituzionali. Casini: un partito nuovo

Gelo sulla legge elettorale,così il Pdl si riorganizza

DI MARCO BERTONCINI

In tema di riforme elettorali si è ieri fatto vivo Emanuele Ma-caluso, con un editoriale sul Riformista da lui diretto. L’ormai ottantottenne ex migliorista del Pci se la prende con quelle riforme elettorali che non terrebbero conto dei limiti posti dalla Costituzione per le revisioni costituzionali: maggioranza assoluta nelle due Camere e i due terzi per evitare l’eventuale referendum confermativo. Macaluso fa riferimento erroneamente all’articolo 68 della Carta, laddove le leggi di revisione della Costituzione sono disciplinate dall’articolo 138. Sbaglia, poi, quando tira in ballo la legge truffa: non è la prima volta, perché già nel corso di qualche dibattito pubblico attaccava la legge maggioritaria del 1953, siccome secondo lui introducente una maggioranza dei due terzi. In realtà, quella legge si riferiva soltanto alla Camera, perché del Senato non faceva cenno alcuno. Inoltre, prevedeva un premio per la coalizione che avesse superato il 50% dei voti: chi avesse toccato questa percentuale all’evi-denza avrebbe già di per sé superato la maggioranza assoluta dei deputati. Infi ne, quell’infelice riforma assegnava alla coa-lizione maggioritaria non i due terzi necessari per le revisioni costituzionali senza referendum, bensì una minor percentuale. Macaluso, che s’intestardisce a non voler ricordare gli esatti termini della questione, dimentica che i due terzi dei 590 de-putati erano 393, mentre la legge si limitava a 380 seggi. L’intera polemica, condotta ovviamente anche contro il mat-tarellum e il porcellum, si rifà a un semplice ordine del giorno della Costituente, favorevole al proporzionale. Un po’ poco, per tacciare d’incostituzionalità le varie leggi non proporzionali succedutesi. Non sarà un caso che la stessa Corte costituziona-le si sia limitata a segnalare l’oggettiva diffi coltà del porcellum dove non prevede una percentuale minima di voti per fruire del premio maggioritario, ma si sia ben guardata dal riferirsi al principio maggioritario o all’impianto in sé. È probabile che alcuni partiti stiano orientandosi verso un sistema proporzio-nale, almeno nei fondamenti. Ma se anche pensassero a premi di maggioranza o a collegi uninominali o a circoscrizioni ristret-tissime, non per questo violerebbero la Costituzione.

Porcellum e MattarellumGli errori di Macaluso

L’aula della camera dei deputati

Vignetta di Claudio Cadei

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5Sabato 11 Febbraio 2012Sabato 11 FebbrP R I M O P I A N O

Il periodico cattolico a sorpresa punta l’indice sul premier: l’attacco è sul posto i sso monotono

Famiglia Cristiana non è il TimeDopo le sventagliate a Berlusconi ecco le bordate a Monti

DI ANDREA BEVILACQUA

Famiglia Cristiana, che tan-to aveva criticato Silvio Berlusconi ai tempi del Noemi-gate contribuen-

do in parte alla fine del governo precedente, adesso a sorpresa punta il dito contro il governo Monti. L’attacco è diretto contro il premier: «Posto fisso monoto-no? Come esaltare la bellezza della dieta a chi fa fatica a mettere insieme due pasti al giorno». Così Fa-miglia Cristiana ha commentato questa settimana nel suo «Primo Piano», l’edi-toriale di apertura del giornale, l’infe-lice battuta del pre-sidente del consiglio Mario Monti.

Si tratta, dice sen-za giri di parole la rivista dei paolini, di «uno scivolone, anche dopo la parziale rettifi ca». Perché Monti ha aggiunto che l’articolo 18, «frutto delle conqui-ste politiche e sociali degli anni ‘70 col contributo di movimenti di ispirazione cattolica», porta un freno degli investimenti. «Ma c’è il rischio di perdere di vista il bene delle persone e delle famiglie» commenta Famiglia Cristiana «a vantaggio di una concezione li-berista, che considera i lavoratori semplici ingranaggi del ciclo pro-duttivo. Una concezione già con-dannata dalla Rerum novarum di Leone XIII a fi ne Ottocento, ai tempi della Rivoluzione indu-

striale». E ancora: «Poter fruire di un reddito costante, dare un mi-nimo di certezze alla propria vita, assicurare alla famiglia i neces-sari mezzi per la casa, il vitto, gli studi, gli svaghi, non è «una fon-te di privilegi», chiosa Famiglia Cristiana. «Tanto meno frutto di ‘buonismo sociale’, come ha det-to il presidente del Consiglio. È, invece, un diritto sacrosanto, che considera il lavoro come connatu-

rato con la propria dignità, la propria identità e la pro-pria persona». Per Famiglia Cristiana «i giovani potranno dire che il posto fi s-so è monotono solo quando potranno scegliere o cambia-re occupazione con facilità. Non certo ora». E conclude: «La ricerca o la perdita del lavoro apre scenari di di-sperazione. Non si

liquidano con una battuta. Pur-troppo, i politici di professione hanno dato prova di non interes-sarsi dei problemi della gente. I tecnici, forse, li conoscono poco».

Famiglia Cristiana, che dimo-stra autonomia e si smarca con questa critica dallo streotipo di ri-vista del cattolicesimo di sinistra ostile a priori a Berlusocni, ricor-da Giovanni Paolo II, ex operaio in una fabbrica polacca. Karol Wojtyla scrisse l’enciclica «Labo-rem excercens». La centralità del lavoratore nel sistema produttivo e l’economia al servizio dell’uomo fanno parte del messaggio cristia-

no. Come emerge anche da tut-te le encicliche sociali. Fino alla recente Caritas in veritate di Benedetto XVI. «L’attività eco-nomica», scrive il Papa, «non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. Questa va

fi nalizzata al perseguimento del bene comune».

Oggi, per la rivista paolina, la priorità è sanare il Paese. Assieme alla lotta alla disoccu-pazione, soprattutto giovanile. In Italia un giovane su tre è disoccupato. Percentuale che

nel Sud si impenna fi no a uno su due. Ma il risanamento «pas-sa da una maggiore coesione e solidarietà tra le generazioni. Non dalla guerra tra chi è trop-po protetto e chi non ha nessuna protezione».

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DI MARCO CASTORO

Qualcuno ha già detto che siamo alla fi ne di un’era. Qualcun altro invece ha annunciato l’alba di una nuova stagione. Sta di fatto che vedere nella redazione de Il Giornale Vittorio Feltri con un iPad a fi anco della mitica Lettera 22 (con cui ancora oggi scrive i suoi articoli) ha fatto scalpore tra gli addetti ai lavori. Giornalisti e non. Se poi alla notizia del tablet ci sommiamo pure quella che il diretto interessato ha aperto un account su Twitter, abbracciando il so-cial network, sembra di stare davvero su Scherzi a parte. A molti il dubbio è rimasto, del resto di buontemponi che giocano a fare i fi nti vip nella rete ce ne sono fi n troppi. Paolo Bonolis e Gianni Alemanno, tanto per fare due nomi, hanno già detto che sono stati duplicati, prendendo le distanze dai sosia. Tuttavia, dalla redazione de Il Giornale confermano che si tratta proprio di lui, Vittorio Feltri. La sua avventura su Twitter è cominciata l’8 febbraio e fi nora ha distribuito cinguettii con il contagocce, uno al giorno, quasi per togliere il medico di torno. Prima di prenderci gusto. Il pri-mo tweet è stato il seguente. «Legge elettorale. Chi vuole le preferenze ha soldi da buttare o da rubare». Niente male come esordio. Il secondo, il 9 febbraio, «Se il governo non elimina presto

l’art. 18 berlusconi cercherà di farlo cadere for-se senza riuscirci». Da notare che Berlusconi è scritto minuscolo. Qualcuno pensa che l’abbia fatto apposta, ma poco importa: il linguaggio del-la rete deve essere un po’ naif. Nel suo profi lo è scritto «Milano. Giornalista». E basta. Tele-grafi co, al contrario di altri suoi colleghi (uno a caso Gianni Riotta) che sul profi lo scrivono

perfi no il titolo dell’ultimo libro scrit-to e pubblicato. In poche ore Feltri ha raccolto più di mille follower (le per-sone che lo seguono). È ancora ben lontano da direttori che vantano nu-meri a cinque cifre, come il già citato Riotta (vicino ai 56 mila), Ferruccio de Bortoli (50 mila), Marco Travaglio (56 mila). Volano ben più alti Alfonso Signorini (intorno a quota 200 mila) e Beppe Severgnini (quasi 180 mila). Questi ultimi due più vicini a campio-ni del tipo di Jovanotti (593 mila), Va-

lentino Rossi (550 mila), Fiorello (475 mila), Michelle Hunziker (292 mila). Feltri come inizio ha scelto di seguire 10 persone (following): Pa-olo Ceccherello, Alessandro Sallusti, Giuseppe Cruciani, Michele Brambilla, Enrico Letta, An-gelino Alfano, Maurizio Lupi, il cardinale Angelo Scola, Renata Polverini, Alberto Mingardi. Che onore per questi following! Ma siamo sicuri di non stare su Scherzi a parte?

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Feltri diventa tecnologico. Twitter e iPad a fi anco della mitica Lettera 22

DI FRANCO ADRIANO

Adesso Andrea Sarubbi è convinto che Maurizio Croz-za, sulla vicenda delle battute rubate

su twitter e poi declamate su Rai3, vorrà avere l’ultima pa-rola a Ballarò, martedì sera. «Vedrete che sarà così», ha confidato ai colleghi Tom-maso Labate del Riformista e Goffredo De Marchis di Repubblica. Era stato proprio il deputato Pd ed ex presen-tatore di trasmissioni di in-formazione religiosa alla tv, il quale pensa che Crozza sia «sopravvalutato» e che «non fa più ridere», a denunciare alla pubblica opinione che Crozza «fa spesa pro-letaria su twitter» per procurarsi appunto le sue battute. Ne aveva citate tre. Sulle notti bianche di Gianni Alemanno; su Roma candidata alle olimpiadi invernali e su Joseph Ratzinger preoccupato per-

ché «nella capitale nevica ogni morte di Papa». Una questione piuttosto dibattuta quella del copyright sul web. Su twitter è

nato #copiaeincrozza e sui giornali hanno discettato un po’ tutti: da Selvaggia Lu-carelli ad Aldo Grasso. Lo stesso Crozza si è sentito in dovere di scrivere una lette-ra aperta: «Cari amici della Rete, cari italiani …» per dire che su twitter lui proprio non ci va (forse qualche suo auto-re sì?). La lettera si rivolge a Sarubbi che aveva proposto un hashtag per parlare dei plagi di Crozza: «Natural-mente grazie al parlamen-tare Pd Sarubbi che, come disse Roosevelt a Yalta, mi

ha sgamato. Io confesso. Anzi, trattandosi di Sarubbi: io con fesso». Appunto. È che le battute o fanno ridere o no (non sarà mica una battuta rubata a Massimo Catalano da Quelli della notte?)

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Sarubbi ora si attende una battuta originale

Maurizio Crozza, secondo l’accusa, avrebbe rubato al-cune battute sulla nevicata romana a non

so quali utenti di Twit-ter. Ne è nato il consueto scandaletto, come se le battute, per essere diffu-se a Ballarò, dove Crozza introduce la trasmissione con un breve siparietto satirico, dovessero essere originali, pena una ripas-sata moralista a Crozza (una di quelle ripassate integraliste che lui riser-va ai politici, specie di centrodestra). Ma se c’è un patrimonio collettivo, dove non è facile dire cos’è «originale» e cosa no, è proprio l’umo-rismo. Ci sono barzellette e battute le cui infinite varianti sono in circolazio-ne da millenni. Secondo Isaac Asimov, autore d’un racconto famoso sull’origine del senso dell’umorismo, le barzellette

sono un esperimento alieno: le hanno messe in circolazione gli extraterrestri, per ragioni imperscrutabili, prima della

storia sconosciuta, in pie-na età della pietra. Non solo, ma le barzellette sono un numero finito, racconta sempre Asimov: non c’è battuta o storiella che non derivi da qualche altra storiella o battuta. Non esiste la battuta «originale», tutte le bar-zellette sono «vecchie». C’è però chi le raccon-ta bene, chi le racconta meno bene e chi le rac-conta male. Crozza, che politicamente parlando è più noioso d’un posto fis-

so, è non di meno un comico bravissimo. Dette da lui, le battute funzionano. Let-te su Twitter, o contestate dai giornali antipatizzanti, non strappano nemmeno mezzo sorriso.

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Le barzellette sono di tutti, Crozza assolto

Andrea Sarubbi Maurizio Crozza

Vittorio Feltri

Silvio Berlusconi

Monologhi del comico di Ballarò ispirati dai tweet: le freddure sono sempre le stesse, vale chi le racconta meglio

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6 Sabato 11 Febbraio 2012 P R I M O P I A N O

Ha contro i suoi e l’Anpi di Bologna, perché a favore di una manifestazione di Forza Nuova

Grillo nel mirino dei partigianiIl comico non vuole ostacolare la libertà di manifestazione

DI GIORGIO PONZIANO

Adesso Beppe Grillo si deve guardare anche dai partigiani e il fat-to che l’Anpi, appunto

l’associazione dei partigiani, lo abbia scomunicato, sta creando non poco scompiglio tra i cin-questellini.

Anche perché si tratta dell’ul-tima perla di una collana che per il comico-politico sta di-ventando lunga. E qui non si tratta di destra o sinistra, Pd o Pdl: a schierarsi duramente contro il leader del movimento 5 stelle sono i vecchi partigiani, che proprio non digeriscono che Grillo si sia schierato a favore di una manifestazione indet-ta a Bologna da Forza Nuova: «Manifestazione legittima ?», gli manda a dire l’Anpi di Bo-logna. « Questo movimento di estrema destra persevera di-chiaratamente con l’apologia del fascismo e specifi catamente non ha mai rinnegato il fascismo di Mussolini né le ideologie xeno-fobe. Costoro si ispirano eviden-temente, non solo nelle parole ma anche nella gestualità, al vecchio fascismo. Quello stesso fascismo che trascinò l’Italia nella distruzione e nella cata-strofe assoluta, lo stesso che la storia ha inesorabilmente con-dannato e che l’Italia dovrebbe sempre tenere a memoria per le sue gravi nefandezze».

L’Anpi, ma anche il Pd e la si-nistra radicale, hanno chiesto, invano, di vietare l’iniziativa e terranno una contromanifesta-zione. A sorpresa, Beppe Grillo ha preso le difese dei forzanovi-sti: «Il movimento 5 stelle difen-de la libertà di manifestare per tutti nell’ambito delle leggi». E il suo consigliere regionale emi-liano Andrea Defranceschi (quello che fu quasi defenestra-to da Grillo perché propose un ordine del giorno di solidarietà ai giornalisti dell’Unità a rischio licenziamento) spiega: «È chia-ro che noi condanniamo la xe-nofobia e chi afferma di voler bruciare i libri come fossimo tornati all’epoca nazi-fascista. Ma bisogna essere coerenti, al-lora quando la Lega dichiara di voler togliere il tricolore dalle piazze, quando Bossi dice di vo-lersi pulire il culo con la nostra bandiera, quelle manifestazioni vanno autorizzate? Probabil-mente Forza Nuova dovrebbe essere dichiarata illegale ma ripeto, questa decisione non spetta a noi».

Apriti cielo, nel movimen-to s’è scatenata l’insurrezione guidata ufficialmente da ben 10 circoli grillini, tra cui Roma, Bari, Arese, Ragusa, Macerata, Lecco, Bergamo, Civitanova Marche, Cologno Monzese: «A questo punto, la strada è una sola: chiedere a Beppe Grillo un comunicato uffi ciale in cui ribadisca che il movimento non ha nulla in comune con Forza Nuova. In caso contrario, non

avremo più ragione di esistere, poiché nulla ci può legare ad un movimento che non è capace di allontanare da sé un gruppo razzista, xenofobo e totalitario, nonché propugnatore di idee fa-sciste, idee per cui esiste il reato di apologia di fascismo, tuttora vigente».

Il fatto è che la querelle bo-lognese avviene dopo che a Rimini i grillini, su indica-zione del loro leader, hanno votato in consiglio comuna-le contro una delibera che

chiedeva di non dare la piazza a Forza Nuova, che a Bolzano hanno lasciato l’aula consiliare per protesta perché la maggio-ranza comunale si era rifi utata di iscrivere all’albo delle asso-ciazioni culturali Casa Italia, legata a Casa Pound, che a Le-gnano il candidato sindaco del movimento 5 stelle ha dichia-rato che i rom non riescono ad integrarsi a causa del loro dna, che sul suo blog Grillo ospita anche un tag che recita: «Fanno paura due celtiche sventolate e i saluti ro-mani men-tre la Cgil fa terrorismo ? Forza Nuo-va è l’unica opposizio-ne. Firmato:

Italia agli italiani». Infine, sempre sul suo blog, che è un po’ il Vangelo del movimento, ha sostenuto che non può conside-rarsi prioritaria una legge per concedere la cittadinanza ai fi gli degli immigrati.

Anche in quest’ultimo caso le reazioni dei suoi seguaci non si sono fatte attendere e una consi-gliera di circoscrizione bologne-se, Antonia Dejeu, s’è dimessa

per protesta: «Mi dimetto per coerenza con me stessa e

con le mie convinzio-ni etiche, Grillo ha scritto parole xe-nofobe, non mi è

piaciuto il fatto che egli non abbia sottoli-neato il fatto

che quella era la sua posizione e non quella del movimen-to che, inve-

ce, ha

partecipato attivamente alla campagna per la cittadinanza degli immigrati. Infine trovo spiacevole e pericoloso che nel logo del movimento appaia an-cora il nome di Grillo. Si era det-to di toglierlo una volta che il movimento fosse cresciuto, così però ancora non è stato«.

Sarà un sabato politico deli-cato per Bologna. Al pomeriggio si fronteggeranno infatti Forza Nuova e la sinistra. «Come an-tifascisti e comunisti», spiegano quelli di Rifondazione Comuni-sta, «non possiamo permettere che un’organizzazione come Forza nuova sia libera di mani-festare liberamente e di diffon-dere i suoi messaggi di xenofo-bia, omofobia e di revisionismo storico».

«Non ci interessa una con-trapposizione violenta», aggiun-ge Luca Basile, coordinatore locale di Sel, «ma pensiamo che debba comunque essere impedi-to a Forza Nuova di manifesta-re. È questo il nodo non sciolto, permettere a Forza Nuova di mostrarsi pubblicamente dà vi-sibilità all’ideologia fascista».

Prefetto e sindaco hanno in-vitato alla calma. La neve do-vrebbe aiutare a raffreddare gli animi. Forse a rischiare il fl op è solo Beppe Grillo.

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DI PIERRE DE NOLAC

Antonio Di Pietro ha capito che è arrivata la bufera. E non solo nel senso meteorologico,

come sta accadendo anche nel suo Molise per colpa del blizzard, dove la neve sembra destinata a cadere all’infinito: c’è il segreta-rio del Partito democratico Pier Luigi Bersani che è pronto a decretare la fine dell’Italia dei valori, accordandosi con il Pdl e il Terzo Polo per varare una maxi soglia di sbarramento elettorale, dove l’asticella verrebbe fissata a quota dieci per cento. Sì, perché Bersani vuole prendere per il collo Di Pietro, e Tonino ha pau-ra: stavolta lo spauracchio lo fa tremare davvero. Senza contare che i moderati del Pd, già felici per la possibilità di trovare un accordo con Berlusconi anche sui temi elettorali oltre che con il protagonista assoluto dei ter-zisti Pier Ferdinando Casi-ni, hanno appena festeggiato la sospensione (per la bellezza di undici anni) del magistrato spagnolo Baltasar Garzon, causata dalla sua predilezione per le intercettazioni, comprese

quelle fuorilegge. Per l’ex pm è un avvertimento serio: Bersani non ha mai gradito le intempe-ranze di Tonino, cominciate un minuto dopo i risultati eletto-rali. Già, perché quelli dell’Idv, per colpa del leader, non hanno avuto lo stesso comportamento dei radicali, rispettosi dei patti sottoscritti con il Pd: adottando improvvisamente la politica del-le mani libere (avendo archiviato le «mani pulite»), i rappresentan-ti dell’Italia dei valori si sono resi autonomi e indipendenti. Poi c’è stata la fuga di Antonio Razzi e

Domenico Scilipoti, per parla-re solo dei transfughi più famosi. Eventi a catena che hanno fatto perdere la pazienza a Bersani, che di altri accordi con Di Pietro non ne vuole più sapere: tanto che la foto di Vasto appare tal-mente datata da sembrare ormai un dagherrotipo. Infatti Nichi Vendola, altro componente della triade apparsa in Abruz-zo in quell’immagine, tresca inequivocabilmente con Tonino, per combattere ogni possibile cambiamento della legge eletto-rale nato da quello che l’estre-

ma sinistra definisce «inciucio». Bersani, dopo aver distrutto una serie infinita di sigari toscani per colpa di Di Pietro, adesso cerca la rivincita: senza gridare ai quat-tro venti, dimostrandosi pazien-te nelle trasmissioni televisive (tranne quando appare lo spet-tro del blogger Mario Adinolfi), ma certo di trovare l’obiettivo. Tonino ha capito che rischia di rimetterci il posto, con le inten-zioni belliche che ha il capo del Pd: addirittura Di Pietro potreb-be arrivare a trovare un’intesa con due comunisti che hanno appena sancito un accordo per lottare contro qualsiasi nuova legge elettorale, e che rispondono ai nomi di Oliviero Diliberto e Paolo Ferrero. Roba che Ber-sani si mette a stappare dodici bottiglie di Lambrusco.

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Il leader del Pd vuole accordarsi con Pdl e Udc per uno sbarramento elettorale al 10%

Bersani fa soffiare venti di tempesta su Di Pietro e l’Italia dei Valori

Beppe Grillo

Antonio Di Pietro

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7Sabato 11 Febbraio 2012Sabato 11 FebbrP R I M O P I A N O

Se si perde il posto si prendono 1600 euro ma dopo un anno bisogna accettare qualsiasi lavoro

L’articolo 18 non c’è in DanimarcaLa fl exsecurity che viene raccontata in Italia è una favola

DI CARLA SIGNORILE

COPENAGHEN - Per la riforma del lavoro il premier Mario Monti è stato molto chiaro: «Ci

muoveremo con moderazione verso modelli che esistono con successo in Nord Europa a parti-re dalla Danimarca, che è la più celebrata in termini a fl exsecurity (mix tra fl essibilità e sicurezza), anche se non diventeremo neces-sariamente danesi». Quindi tutti a Copenhagen a studiare questo modello di successo, peccato che, negli ultimi anni, sia notevolmen-te peggiorato e non garantisca più i migliori lavoratori. A dirlo è un italiano che in Danimarca c’è da più di 40 anni, Bruno Amoroso, economista e professore emerito della storica università di Roskil-de, a 35 chilometri dalla capitale danese. Partiamo da un punto fermo: il licenziamento in Dani-marca avviene senza protezione (non esiste l’articolo 18 che impo-ne il reintegro del lavoratore), ma, subito dopo la perdita del posto di lavoro, interviene la sicurezza sot-to forma di sostegno sociale. Che, nel corso degli ultimi anni, è però stato pesantemente eroso. «Fino a otto anni fa il lavoratore poteva godere dell’assegno di disoccupa-zione fi no a 5 anni, praticamente fi no a quando non ritrovava una

condizione di lavoro per lui sod-disfacente», spiega a ItaliaOggi Amoroso, «quindi aveva la libertà di rifi utare proposte non in linea con il curriculum».

Già ma quanto prende un di-soccupato danese? «Specifi chiamo che non è vero che quando si è li-cenziati si prende il 90% del pro-prio stipendio, bensì il 90% dello stipendio medio di un lavoratore dell’industria e oggi si parla di 1.600 euro lordi al mese. Quindi semmai è vero che i lavoratori che hanno salari medio–bassi ri-cevono una quota che si avvicina al loro precedente stipendio, ma indubbiamente per tutti gli altri è una forte riduzione».

L’altro aspetto negativo è ne-gli ultimi anni è diminuito l’ar-

co temporale durante il quale si percepisce l’assegno di disoccupa-zione. «Al massimo si può restare disoccupati per tre anni», ha spe-cifi cato Amoroso, «dopo il primo anno, però, scattano forti pressio-ni per accettare nuovi lavori o fare corsi di riqualifi cazione. Tuttavia, se il lavoratore rifi uta gli viene tolto il sussidio e fi nisce su quello sociale che equivale alla pensione minima, ovvero un livello molto basso. Facciamo un esempio: un professore universitario oppure un impiegato bancario che resta disoccupato, dopo il primo anno gli viene offerto un qualunque lavoro, per esempio come si usa in Danimarca portare il giornale la mattina nelle case, e se uno rifi uta perde il contributo di di-soccupazione».

Il peggio è che queste regole non hanno niente a che vedere con il sistema di sicurezza che la Danimarca vantava fi no a un decennio fa. «La fl exsecurity da-nese funzionava fi no alla fi ne de-gli anni ’80, poi il concetto è stato ripreso dalle autorità europee e lo hanno completamente stravolto, peggiorandolo», ha proseguito il professore emerito dell’Universi-tà di Roskilde. «La fl essibilità in Danimarca era considerata come libertà dei lavoratori di scegliere il lavoro che preferivano a seconda delle loro capacità. Gli imprendi-

tori fi nivano per farsi concorren-za tra loro offrendo migliori con-dizioni lavorative per attrarre i più capaci. La sicurezza, invece, consisteva nel fatto che durante questi passaggi tra un lavoro e l’altro, oltre a godere dei vantaggi di un sistema effi ciente di servizi, il disoccupato veniva indennizzato in modo soddisfacente. Negli ulti-mi anni è stato ridotto il periodo di disoccupazione, ma è stata tolta anche la scelta del lavoro che si vuole fare».

Ma si può importare in Italia questo modello? Questo sistema che oggi funziona in modo zoppo costa in Danimarca circa il 4.5% del pil, mentre in Italia si usa circa l’1% del pil per gli ammortizzato-ri sociali. Certo che la Danimarca parte avvantaggiata, in quanto lì non esiste il 30-35% del mercato del lavoro e delle attività produt-tive sommerse, si sa chi lavora e quanto guadagna esattamente.

Il problema, ha concluso Amo-roso, è che esistono in Italia con-dizioni obiettive perché molte aziende restano nel sommerso in quanto se emergessero fi nirebbero per scomparire. O si fanno emer-gere creando condizioni di cresci-ta economica e di domanda che le facciano sopravvivere, oppure al limite è meglio che esista anche il nero.

© Riproduzione riservata

DI DIEGO GABUTTI

Prima della seconda repubbli-ca, non ci fu esattamente (o soltanto) la prima.

Ci fu anche un’Ital ia dell’est: un antistato marxleninista e filosovietico, puro fascismo rosso, che dava dell’«antistato» all’Italia dell’ovest, quella atlantica e demo-cratica.

Quest’altra Italia, quella legitti-ma, l’Italia moderata, era a sua vol-ta un’Italia da dimenticare: un’Italia che alla demenza zdanoviana di To-gliatti, il quale per esempio liquidava «come “raccolta di cose mostruose”, “errori e scemenze” e “scarabocchi” le opere di ventitre pittori, come Giu-lio Turcato, Pietro Consagra, Anto-nio Sanfilippo, non risparmiando neppure chi risiedeva nel Comitato centrale del suo partito come Gut-tuso», opponeva l’alata opinione del «sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giulio Andreotti», che «auspicava: “Macché film realisti, facciamo film sulle virtù teologali e cardinali” e incitava gli artisti a una produzione al contempo “sana” e “attraente ».

È quel che racconta Mirella Ser-ri in questo suo terzo libro (dopo I profeti disarmati, Corbaccio 2008, e I redenti, Corbaccio 2009) sulla sto-ria dell’intellighenzia italiana nel «secolo breve»: Sorvegliati speciali. Gli intellettuali spiati dai gendar-mi 1945-1975, Longanesi, pp. 200,

euro 17,00. È il ritratto dell’Italia dell’est dipinto dalle questure, che all’epoca del «culturame» (quando il ministro dell’interno Mario Scelba avrebbe mandato volentieri la Celere a disperdere anche le manifestazioni culturali oltre che a sedare i tumulti di piazza, s’infilavano «in appunta-menti e appartamenti “proibiti”», relazionavano «su raduni, meeting e manifestazioni di ogni tipo per in-tercettare le mosse e gli ordini che partono da Botteghe Oscure».

Nel 1953 indagavano anche sulle caramelle avvolte in cartine che ri-producevano la bandiera sovietica e che venivano offerte ai bambini. «Nell’italietta che emerge da questi rapporti», scrive Mirella Serri, «il braccio di ferro sembra quello fra Peppone e don Camillo. È come tro-varsi in un piccolo mondo alla Gua-reschi, con le “guardie” che spiano appostate tra sacchi di caramelle, con il sottofondo dei cantanti e delle hit melodiche di successo».

È l’Italietta dei «gruppi di lettura per fanciulle, come il Club delle ra-gazze», e «dei Circoli Ricreativi Cul-turali per i bimbi e le bimbe dagli 8 agli 11 anni, messi in piedi da si-gnore e signorine aderenti all’Udi». Innumerevoli «gli intellettuali che si fanno irretire dalla sirena di Ita-lia-Urss: Riccardo Lombardi, Emi-lio Sereni (che come responsabile culturale del Pci aveva abbracciato senza remore la dottrina di Ždanov), Umberto Terracini, l’editore Giulio

Einaudi, la scrittrice Aleramo, l’ita-lianista Luigi Russo, il pittore Gut-tuso, Ranuccio Bianchi Bandinelli, l’archeologo che, elegantissimo in divisa d’orbace ben tagliata, ave-va scortato Hitler nella visita alle rovine del Foro Ro-mano».

Questi i film che si proiettano nelle sezioni: «Il deputa-to del Baltico (sui successi della rivo-luzione russa), Si conobbero a Mosca (sull’amore in vista della rivoluzione), La grande svolta (sulla battaglia di Stalingrado), Il fi-glio del reggimento (sulla guerra contro l’invasore nazista), Il terzo colpo (sulla liberazione di Se-bastopoli)» e poi «Il grande fiume russo Volga, Il palazzo dei pionieri di Tbi-lisi, Attraverso l’Ucraina Sovietica. In particolare il progresso tecnico-scientifico nei paesi socialisti viene pubblicizzato come invidiabile e ir-raggiungibile modello».

Italo Calvino, «nel ruolo di cronista moscovita per l’Unità, non rispar-mia gli elogi e fa emergere l’Unione Sovietica come un campione inter-nazionale di “uguaglianza, senso di comunità, devozione del popolo per i

propri capi” e, come se non bastasse, “pure amore per la natura”».

A mettere i brividi, in particolare, è quella «devozione del popolo per i propri capi», un ostentato e istinti-vo amore per i tiranni che ha mar-

chiato a fuoco, at-traverso i decenni, la sinistra italiana. Secondo «il filosofo Antonio Banfi», per esempio, «la “pa-tria naturale” di Giordano Bruno e di Giuseppe Verdi “è a Mosca”», men-tre un altro filoso-fo, Nicola Badalo-ni, «nell’elogiare la cultura sovietica la definisce “la Per-fetta”».

Francesco Flora, il grande italia-nista, assicura da parte sua che «le case di riposo nei

kolchoz sono piene di libri come tutte le case dei contadini». Quanto a Luigi Bulferetti, storico genove-se, «osserva che l’insegnamento del russo» nelle scuole medie inferiori e superiori «dovrebbe soppiantare l’in-glese, dal momento che è destinato a rivelarsi di “migliore applicazione pratica”». Per dire a che cosa siamo scampati. E di quale eredità, poveri noi, siamo gravati.

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ERA UN PURO FASCISMO ROSSO CHE DAVA DELL’ANTISTATO ALL’ITALIA ATLANTICA E DEMOCRATICA

Veniamo da un antistato marxleninista e filosovietico

Indennità di licenzia-mento meno care per gli imprenditori spagnoli. È questa una delle misure adottate ieri dal governo spagnolo del primo mini-stro Mariano Rajoy, nel più complessivo decreto sulla riforma del lavoro che entra in vigore oggi. Una riforma defi nita «sto-rica» in un paese che conta 5,3 milioni di disoccupati, il 22,85% della forza lavo-ro. Tra le principali novi-tà della riforma, spiegate dalla vicepremier Soraya de Santamaria e dal mi-nistro del Lavoro Fatima Banez, c’è la diminuzione dell’indennità di licenzia-mento, portata da 45 gior-ni di paga per ogni anno lavorato a 33 giorni di paga. Inoltre, previsti un nuovo contratto a tempo indeterminato per autono-mi e Pmi con meno di 50 lavoratori, incentivi fi scali per l’assunzione di giovani sotto i 30 anni e di disoc-cupati di lungo periodo.

La Spagna cambia il lavoro

Bruno Amoroso

Renato Guttuso

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8 Sabato 11 Febbraio 2012 P R I M O P I A N O

E per questo è stato sospeso per 11 anni dal diritto di svolgere l’attività di magistrato

Garzon non ha rispettato la leggeMa nella rassegna stampa Csm non c’è traccia di questa notizia

DI GIUSEPPE STAJANO *

La notizia ha fatto il giro del mondo, ripresa dai principa-li quotidiani internazionali (non se ne trova però trac-

cia, curiosamente, nella rassegna stampa del Csm, l’organo di gover-no autonomo della magistratura italiana). Il magistrato spagnolo Baltasar Garzon (già noto alle cronache per alcune sue importan-tissime inchieste, quel-le sui crimini contro l’umanità commessi in Cile sotto la dittatura di Pinochet, non meno che quelle sul terrorismo basco o sulla cosiddetta «tangentopoli iberica») è stato condannato dal Tribunale supremo di Madrid ad un’interdizione di 11 anni dai pub-blici uffi ci. Si conclude, di fatto, così (salvo improbabili colpi di scena, l’interessato mediterebbe un ri-corso al Tribunale costituzionale spagnolo o alla Corte Europea dei diritti dell’uomo la carriera giudi-ziaria del magistrato “star” (questo l’appellativo riservatogli dai me-dia). Quel che tuttavia stupisce, sfogliando oggi taluni giornali, ma soprattutto navigando nel web, è la sensazione di scoramento e di fru-strazione (non manca nemmeno chi grida al complotto) di cui sono preda quanti ritengono che Garzon

sia stato colpito proprio per la sua «scomoda» attività investigativa. La verità è molto più semplice, il magistrato aveva disposto inter-cettazioni illegali (proprio una delle pratiche più odiose di quelle dittature militari sudamericane al centro, in passato, di talune sue inchieste) di colloqui, tenutisi in carcere, tra imputati detenuti e i

loro difensori. Compito dei magistrati è quello di indagare su even-tuali reati commessi e di accertare ipotetiche responsabilità penali, per poi, eventualmen-te, sanzionarle. Ma ciò sempre nel rispetto del-le procedure di legge: la logica del «fi at iustitia, pereat mondus» è quel-

la dei giustizieri, non dei giudici. Ci sarebbe, dunque, da augurarsi che la triste parabola di questo magistrato segni l’inizio di un ri-pensamento, anche nell’opinione pubblica del nostro paese (ove pure non sono mancati innumerevoli fans del magistrato “star”), su un certo modo di intendere l’attività giudiziaria. Va superata l’idea, in cui ancora indulge una parte, non irrilevante, del nostro ceto intellet-tuale, che identifi ca, non senza una certa ambiguità, nei magistrati dei «rivoluzionari, in quanto portatori di legalità» (è la discutibile tesi del-lo storico Salvatore Lupo). Quello

giudiziario non è, né deve essere percepito (o peggio, autopercepir-si), come un potere necessariamen-te “antagonista”, chiamato ad una missione di moralizzazione (ad ogni costo) della classe dirigente del proprio Paese, se non addirittu-ra dell’intera comunità nazionale. Gli appartenenti all’ordine giudi-ziario non possono più essere pre-da di quell’ansia «salvifi ca» così ben rappresentata da Dino Risi in

un famoso fi lm degli anni ’70, in cui un indimenticabile Ugo Tognazzi (che prestava il suo volto, appunto, ad un magistrato) decideva di di-struggere la prova dell’innocenza di un odioso palazzinaro romano, accusandolo ingiustamente di omi-cidio. I magistrati italiani saranno chiamati, tra pochi giorni, a rinno-vare il più importante organismo, il comitato direttivo centrale, del-la loro associazione nazionale. Chi

scrive (pur nel doveroso rispetto che è dovuto alle scelte autonome dei rappresentati dell’ordine giudi-ziario) non può che esprimere l’au-spicio che possa prevalere quella parte della magistratura lontana, ormai, da tale logoro e datato “mi-lieu” culturale.

*Avvocato penalistag.staiano@studiolegale-

staiano.it© Riproduzione riservata

L’exploit dell’ing. Fiom piace nel collegio che contaOggi, caro Ruggeri, le debbo un ringraziamen-to che le è particolarmente dovuto. Due ore fa, durante l’immancabile Incontro del martedì con tutti gli studenti, ho letto il suo articolo sulla flexsecutiry pubblicato da ItaliaOggi (mercoledì 8 febbraio a pag. 8). Oltre al far loro conoscere alcuni aspetti caratteristici della società attuale, ho creduto importante proporre il forte esempio di scelta coraggiosa e creativa effettuata dall’In-gegnere aderente alla Fiom, da lei descritta, atteg-giamento esemplare che è in linea e in appoggio all’invito che costantemente rivolgo ai giovani di essere innovatori con coraggio e fantasia. Essi hanno bisogno di esempi: e grazie per avermene presentato uno di alto richiamo. Qui, ai nostri 170 studenti, con tranquillità e costanza proponiamo di ascoltare e realizzare i buoni richiami interiori, di fare quelle scelte che danno gioia e slancio al vivere. Fortunatamente, molti rispondono positi-vamente, dando vita a numerose iniziative che

dimostrano una buona attenzione e dinamica in-teriore. E positiva e incoraggiante è l’atmosfera che così viene creata. Spero proprio che gli stimoli che giungono attraverso i suoi scritti continuino e siano ancora più intensi anche grazie ad una sua presenza fra di noi.

Fratel Igino, Torino

Ps di Riccardo Ruggeri: Il collegio dove opera Fratel Igino è il collegio universitario dell’élite borghese-industriale piemontese di matrice in-gegneristica (John Elkann c’è vissuto 5 anni, pur avendo alloggio nella villa del nonno a 500 me-tri, il massimo dell’understatement chic ), Fratel Igino lo gestisce con pugno di ferro, stile Tarcisio Bertone. Da oltre 20 anni vado annualmente a tenere una conferenza serale, mi chiama cavaliere perché hanno all’interno un ordine cavalleresco, con cappello stile matricole anni 20. Anni fa mi hanno dato quello con la penna “gialla”, massimo riconoscimento prima di quella “nera” di cui ne esiste solo una: ce l’ha Fratel Igino

LETTERA

DI ISHMAEL

Alè, un altro processo: la Buonanima, prematuramente mancata nei mesi scorsi alla politica, si reincarna ogni giorno in tribunale, dove stavolta le

tocca rispondere (benchè già ingobbita da ac-cuse multiple e talvolta assai bizzarre, tipo l’in-guacchio continuato e molesto con giovinotte e giovinastre) d’una presunzione di colpa parti-colarmente comica. In concorso con Paolo Ber-lusconi, suo fratello, editore del Giornale, e con la direzione del Giornale medesimo, la Buona-nima si sarebbe resa colpevole (proprio lei, che per anni, parlandone da viva, né è stata per definizione la vittima) della diffusione d’una notizia riservata: la pubblicazione di un’inter-cettazione coperta dal segreto istruttorio.

Non è come dare dell’avvinazzato al fon-datore dell’Esercito della salvezza? Fu in-fatti la pubblicazione di notizie riservate su un’indagine a carico della Buonanima (all’epoca viva e vegeta) a provocare nel 1994, pochi mesi dopo l’insediamento, la rovinosa caduta del primo governo Berlu-sconi. Prima ancora che gli fosse recapitato, l’avviso di garanzia che gli rendeva noto di che morte sarebbe morto il suo esecutivo era già stato letto da tutti gl’italiani. Era una notizia stracoperta dal segreto istrut-torio, specie in quei giorni, quando il Ca-valiere ospitava i leader di tutto il mondo occidentale per un summit sulla lotta alla criminalità organizzata, e non di meno fu pubblicata a spron battuto dal Corriere del-la sera senza che mai a nessuno sia venuto

anche soltanto in mente d’incriminare chic-chessìa (non diciamo gli editori del Corriere, o il suo direttore, ma nemmeno un usciere del palazzo di giustizia) per questa plateale fuga di notizie.

Non c’è stato giorno, negli ultimi quin-dici anni, in cui i giornali e le televisioni di sangue blu non abbiano pubblicato, in apposite rubriche, tipo posta dei lettori o angolo del filatelico, vagonate d’intercetta-zioni che riguardavano direttamente o in-direttamente la Buonanima. Abbiamo letto del suo «culo flaccido», abbiamo visionato le riprese notturne dei telefonini delle ospi-ti di Palazzo Grazioli, sappiamo tutto dei suoi ospiti ignudi in Sardegna. E adesso alla Buonanima tocca pure questa beffa politi-camente postuma: finire in tribunale, dove già subisce altri quattro processi, ciascuno dei quali, a suo tempo, ha goduto della sua brava fuga di notizie, per avere aizzato il Giornale a divulgare un’intercettazione al-trui. Quella di Piero Fassino, un altro che se non è ancora una buonanima è però sindaco di Torino, quindi poco ci manca. Fassino, immortalato dall’intercettazione telefoni-ca come dal flash d’un paparazzo, esultava pensando che l’acquisizione di Bnl, la Ban-ca nazionale del lavoro, da parte d’Unipol fosse cosa fatta: «Abbiamo una banca!» Non avendola, o avendola perduta un attimo pri-ma di poterci mettere le mani sopra forse proprio per colpa delle intercettazioni in-debitamente divulgate dal Giornale, adesso cita la Buonanima per danni.

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NESSUNA INCRIMINAZIONE TRA I PROPALATORI A SUO DANNO

Processare B. per violazione di segretiè essere privi del senso dell’umorismo

Baltasar Garzon

DI ANTONIO CALITRI

Nichi Vendola non vuole perdere la faccia con altre sconfitte alle primarie. Almeno nella sua Puglia dove, dopo aver rimediato una brutta figura con il suo candidato a sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, fino all’ultimo favorito per la corsa al comune e poi battuto dalla vicepresidente della giunta regionale Loredana Capone, adesso vuole mettere fine alle competizioni. E a Ta-ranto, il più importante capoluogo dove ancora non è stato deciso chi dovrà candidarsi a sindaco per il centrosinistra, minaccia addirittura il defenestramento in regione. Nei confronti del suo assessore al bilancio, Michele Pelillo, del Pd, che vuole a tutti i costi candidarsi contro il vendoliano sindaco uscente Ippazio Stefano. Così il governatore pugliese ha incominciato a giocare con le geometrie variabili. E se in una situazione simile come quella di Genova, dove anche lui si è inserito nella disputa tutta interna al partito democratico e ha presentato contro la sindaca uscente del centrosinistra, Marta Vincenzi e la sfidante princi-pale Roberta Pinotti, il suo candidato, Marco Doria, in Puglia davanti alla stessa situazione ha cambiato completamente at-teggiamento. Lì infatti, il sindaco uscente che viene sfidato è del suo partito. E il governatore, forte di una ritrovata armonia con Pier Luigi Bersani, almeno sulla questione delle primarie da fare il meno possibile e possibilmente uniti, come sta avvenendo a Palermo dove Sinistra ecologia e libertà sostiene insieme al partito democratico la candidata cara al segretario nazionale, Rita Borsellino, adesso passa all’incasso. Per Taranto infatti ha puntato i piedi e ha chiesto al segretario regionale Sergio Blasi di non creargli problemi. E il bersanian-dalemiano Blasi si sta impegnando con ogni mezzo per stoppare Pelillo facendo quadrato su Stefano. A breve dovrebbe uscire la decisione ufficiale in questo senso ma l’assessore ha deciso di non fermarsi, forte anche del caso simile di Lecce. Questa volta però lo scontro più che restare sul territorio come è stato con la Capone, è arrivato anche in regione. Con l’assessore responsabile del bilancio ha attaccato governatore e colleghi di giunta per la decisione di tagliare lo scalo aeroportuale tarantino di Grottaglie dagli investimenti per il traffico passeggeri. Un attacco da campagna elettorale seguito anche dalla promessa di trovare da solo i fondi e l’asse politico per par ripartire il “suo” aeroporto contro il resto della giunta.

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Le geometrie variabili di Vendola

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9Sabato 11 Febbraio 2012Sabato 11 FebbrP R I M O P I A N O

È il diktat del potere economico-politico Usa. Mentre Obama dice di voler aiutare la Ue

Non comprate petrolio con l’euroEcco cosa ci sta dietro ai sostenitori dell’attacco all’Iran

DI PIERO LAPORTA

La grancassa liberal me-diatica assicura: Israele attaccherà i siti nucleari iraniani. È indispensabi-

le, dicono. D’altro canto, nulla è più profi ttevole delle guerre combattute da altri. Ricordiamo tuttavia che la triade Putin-Bush-Berlusconi raffreddò le frenesie post naziste del presi-dente iraniano, Mahmoud Ah-madinejad. Ricordiamo che il premio Nobel per la pace, Hus-sein Barak Obama, ascese la Casa Bianca col favore degli elettori ebrei e il sostegno di Goldman Sachs, Merrill Lynch e George Soros, oggi specula-tori antieuro. Costoro non sono pentiti d’aver favorito Obama-dinejad, sebbene l’elettorato ebraico lo sia largamente. Oba-madinejad adopera anche Iran e Israele per alzare la tensione nel Vicino oriente. Una guerra fra ebrei e iraniani porterebbe il prezzo del barile fi no a 200 dollari. Stampare un biglietto da un dollaro costa 4 centesi-mi. Venduto al prezzo nomina-le più gli interessi oggi produce

guadagni pari a 25 volte l’investimento. Fatevi il conto per i tagli superio-ri. Chi vuole acquistare o vendere greggio senza dollari è morto; chiedete-lo a Saddam e Gheddafi . Vale solo per i mussulma-ni inaffi dabili? Chiedetelo all’ebreo Dominique An-dré Strauss-Kahn. Isra-ele e gli ebrei sono ostaggi petroliferi. Gli israeliani lo sanno e, in attesa di tempi migliori, contro l’Iran han-no sinora adottato la stra-tegia «mañana» (domani), crogiolata da Meir Da-gan, leggendario, fi no a un anno, fa capo del Mossad. Contrario allo strike aereo, ha contrastato il nucleare iraniano con tutti i possibi-li mezzi: assassinii mirati di scienziati, manager e tecnici nucleari, attentati, virus informatici e allerta incessante. Preriscaldare un missile antiaereo quando scatta l’allarme per lo strike israeliano signifi ca buttare via il motore anche se non si lan-cia il missile. Moltiplicate per

cento e per mille falsi allarmi, per comprendere tale diavo-leria. Ridurre alla paranoia il controspionaggio iraniano che assassina anche gli amici e rin-

nova i codici due e tre volte al giorno. Strangolare l’eco-nomia. Questo e altro alza la tensione in Iran, al limite della rivolta, che però non arriva perché le truppe spe-ciali e i cecchini prezzolati da Usa, Gran Bretagna e Francia sono altrove. An-darono in Libia, in Egitto, in Tunisia, persino in Alba-nia, oggi sono in Siria, ma in Iran no. L’Iran, grande quasi un sesto dell’’Europa, puoi nascondervi un’arma-ta di cecchini, se vuoi. Non lo fanno perché non voglio-no, come accadde durante e dopo la seconda guerra mondiale. Era facilissimo bombardare i binari verso i campi di sterminio di Au-shwitz o Dachau. Non lo fecero. Facilissimo fermare Hitler prima degli accordi di Monaco. Non lo fecero. Facilissimo sputtanare i campi di sterminio prima

che entrassero in funzione. Non lo fecero. Facilissimo prevenire nel 1948 l’aggressione anglo-mussulmana agli israeliani che tornavano dall’esodo. Non

lo fecero. Molte omissioni e al-trettante fi nzioni, come oggi. Il Riyal, valuta dell’Arabia Sau-dita, è un dollaro mussulmano (3,75Riyal=1Usd). Se il greggio sale, il dollaro s’apprezza e il Ri-yal segue il movimento. Non ba-sta. Voluta sino dal 2005 da Ah-madinejad, a luglio 2011 (mentre l’attacco all’euro s’acutizzava) si è aperta la Borsa petrolifera iraniana a Kish, nell’imbocco di Hormuz, la giugulare petrolifera del mondo. Proposito dichiarato: adozione dell’euro come valuta petrolifera. Gli ebrei si scanna-no coi mussulmani sciiti? Diffi -cile che il devotissimo sunnita ‘Abd Allah bin Abd al-Aziz Al Said, sesto re di Arabia Sau-dita, dichiari il lutto nazionale. Altrettanto improbabile la di-sperazione di Goldman Sachs, Merrill Lynch, Soros, del premio Nobel per la pace Obamadine-nejad o della regina Elisabet-ta. A Gerusalemme lo sanno e battono la testa sul Muro del pianto, ma guai a dirlo. Chi è il diavolo? Ahmadinejad o suo fratello Obamadinejad?

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Obamadinejad

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10 Sabato 11 Febbraio 2012 P R I M O P I A N O

Il caso dell’università di Mondovì, chiusa da Profumo

Spendere? Sì, grazie Il Piemonte trova soldi per 3 master

DI GOFFREDO PISTELLI

E anche l’università di Mon-dovì (Cuneo) è salva. Un fi nanziamento di 300mila euro arrivato infatti come

la manna dal cielo da Torino, grazie all’assessore regionale all’Istruzione, Alberto Cirio, Pdl, che è della non lontana Alba, dove è stato ai vertici dell’Ente fi era na-zionale del Tartufo bianco. Cirio, forzista della prima ora, vicesin-daco a 22anni, facendo deliberare mercoledì scorso 2 milioni di euro a favore di 20 master e corsi s’è ricordato anche dell’ateneo mon-regalese. I 35mila abitanti che vivono alle pendici del Monte Re-gale possono vantare infatti una sede distaccata del Politecnico di Torino, l’ateneo in cui era rettore fi no a novembre scorso il ministro dell’Istruzione, Francesco Pro-fumo. Una delle tante sedi peri-feriche protagoniste, negli anni 90, della clamorosa proliferazio-ne del sistema universitario, con esaltazione della politica locale e soddisfazione delle baronie acca-demiche, pronte a rimpinguare, con concorsi a raffica, gli orga-nici per far fronte alle crescenti esigenze della didattica. Anche a Mondovì, la fi liera dei poteri locali, dal Comune alla Provincia, dalla fondazione Cassa risparmio di Cu-neo, s’erano mobilitati, investendo (quasi 20 milioni), per rinverdire

un’antica tradizione. Sì perché, in quel pezzo di Piemonte profondo, l’università ce l’avevano portata i Savoia, per 6 anni, dal 1560 al 1566. Solo che nel settembre 2009, proprio il rettore Profumo aveva detto che poteva bastare, perché una sede nel Cuneese per poche centinaia di studenti era un lusso che il Politecnico non si poteva per-mettere in epoca di tagli. E aveva decretato «lo spegnimento» della sede monregallese. Mal gliene incolse. Gli studenti occuparono, i docenti scrissero lunghi appel-li, la politica s’indignò. Biparti-san ovviamente. Le cronache di quell’autunno riportano parole di fuoco della presidente provinciale, Gianna Gancia, di centrodestra, cui aveva fatto eco la governatrice democrat, Mercedes Bresso. La Gancia strepitò contro lo «sgarbo istituzionale» del professor Profu-mo, mentre la presidente regiona-le s’era spinta oltre. Incontrando un manipolo di iscritti arrabbiati capitanati da un docente nella locale sede del Pd (sigh), li aveva arringati: «Se proprio si deve ta-gliare, perché la questione è prin-cipalmente finanziaria», aveva detto, « lo si faccia in altre regioni. La Toscana ha un’università per ogni città, la Lombardia ne ha 13. Il Piemonte, che è la più grande regione d’Italia dopo la Sicilia e ha problemi di connessione e tra-sporti, ne ha solo tre. Che inizino

a tagliare da qualche altra parte». Ma lo spegnimento ci sarebbe sta-to, consentendo ai 335 iscritti di terminare gli studi dando la pos-sibilità ai nuovi iscritti di seguire corsi online e fare esercitazioni in loco: un’oppurtunità colta solo da 15 studenti. Insomma, tempo un paio di anni e l’Università di Mondovì si sarebbe trasformata in un’aula per la teledidattica. Se non fosse che, da Torino, la Regione ha riacceso le speranze fi nanziando i 3 master: in Inno-vazione sui sistemi meccatroni-ci (coordinato dal responsabile di sede, Massimo Sorli), in Programmazione e gestione dei processi energetici e Ingegneria delle acque potabili. Il tutto, av-verte la cronaca di Cuneo de La Stampa, «con la benedizione di Provincia, Comune, Associazione insediamenti universitari, Con-fi ndustria, Camera di Commercio, Fondazione Crc». Corsi che, giura l’assessore Cirio, il fi nanziatore, «rispecchiano la vocazione im-prenditoriale e industriale del territorio». Soprattutto corsi che lasciano ardere la fi ammella della speranza: quella di non perdere defi nitivamente «il polo univer-sitario». Come ha testimoniato il sindaco di Mondovì, Stefano Viglione, Pdl anche lui, che ha parlato di «gioco di squadra», per arrivare al fi nanziamento.

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Dieci anni fa, in coincidenza casuale con l’euro, nacque un club di sei amici di cinque nazionalità (danese-francese-inglese-italiana-tedesca), ultra-sessantenni, già uomini di mondo, di ispirazione prezzoliniana (“Per una società degli Apoti”), amanti della Val Nervia, ove la Liguria si confonde con la Francia, una striscia di terra selvaggia che dalle calde spiagge di Bordighera si protende verso i mon-ti. Ogni inverno, quando il “vento largo” del poeta Biamonti soffi a più forte, in un casale alto sulla valle, con terrazze di ulivi-taggiaschi, consumiamo il nostro pranzo davanti a un caminetto. Il rito è semplice: non si cucina, solo cibi “asciutti, senz’ac-qua”: pane di Triora abbrustolito, intinto nell’olio nuovo (dall’intenso sapore di carciofo), salumi, for-maggi, insalate selvatiche, michetta di Dolceacqua (antico dolce locale a forma di sesso femminile), due magnum di Rossese Testalonga. Nel post-pranzo (e post-testalonga) le nostre consuete considerazioni politico-culturali-gastronomiche. In occasione del decennale, Tony ci ha parlato dell’euroscetticismo britannico. Giudica il momento attuale la “tempesta perfetta”: dall’euro-ottimismo degli anni ’90, all’attuale euro-scetticismo, che sta (fi nalmente) infettando l’intero continente. Perché, dice, non si è voluta seguire la ricetta inglese di pun-tare a una Unione “più ampia, non più profonda”, senza comprendere che “noi inglesi non rinunceremo mai alla nostra peculiarità isolana: il tunnel sotto la Manica basta e avanza”. Otto ha ironizzato sulla favola che i tedeschi pa-ghino (“tutte”) le tasse: perché allora abbiamo fatto l’accordo con la Svizzera per “regolarizzare” i 160 miliardi di euro colà nascosti? Perché nessuno in Italia si fa questa domanda, così come sui 130 mi-liardi inglesi o i 700 americani sottratti al Fisco da “cittadini esemplari”, eppure continuate ad auto

delegittimarvi? Come dite voi, tutto il mondo è paese, specie nelle tasse. A richiesta degli amici, ho citato il dato Eurispes che sintetizza l’Italia 2011, PIL: 1600+400 (“nero”)+200 (“droga, sesso, criminalità”), per cui il nostro tenore di vita-welfare sociale è ba-sato su un PIL di 2.200, di cui solo 1.600 certifi cati (lo Stato ne sottrae 800 per le sue “sconvenienze”). La scommessa dei Professori-Banchieri dovrebbe essere: “lavorando” sui 400, quanta evasione è possibile ri-cuperare senza perdere PIL? Tutto qua. L’importante è che abbiano capito come funziona il meccanismo, temo troppo semplice per i troppo colti.A me è toccata la parte nobile della giornata: presen-tare il formaggio dell’anno. Ho scelto il Bettelmatt, una toma dei pascoli alti (2110 metri) dell’Alpe Morasco, confi ne Piemonte-Svizzera, cru raro, (for-nitomi dall’amico Baudracco, “formagé-bijoutier”), prodotto a crudo (36°) solo in luglio-agosto da vac-che bruno-alpine che mangiano un’erba esclusiva della valle, la mottolina (vellutata, piccoli fi orellini viola a ombrello, simile al genepy). Un lord inglese defi nì il Bettelmatt la Rolls-Royce dei formaggi: è vent’anni che gli credo. Riaffermata, con orgoglio, la nostra biodiversità cosmopolita-liberale-intellet-tuale (ogni anno purtroppo più fané), scriveremo a Merkel-Sarkozy-Monti, subordinando l’attenuazio-ne del nostro euro-scetticismo al ripristino dell’an-tico diritto, in uso in Piemonte, di pagare le tasse con il Bettelmatt: e Equitalia taccia! Oggi vale più dell’euro: lo cambierei 2-1!

[email protected]

PS. Ai saluti, l’amico Otto mi conforta: “non te la prendere, Riccardo, per i giudizi sugli italiani di Jan Fleischauer e di Der Spiegel, sono loro “unter-menschen”, non sanno neppure che l’unica popola-zione di pura razza ariana è quella curda.”

A CIASCUNO IL SUO

L’euroscetticismo inglese spiegato in Liguria sotto degli ulivi taggiaschi

DI RICCARDO RUGGERI

DI PAOLO SIEPI

La recessione ha distrutto tutte le nostre scuse per restare immo-bili. Sergio Marchionne, ad Fiat-Chrysler, discorso a Las Vegas.

Quando sono partiti sessant’anni fa, i tedeschi era-no messi molto peggio di noi, e oggi stanno infi nita-mente meglio. Anziché rifugiarci nel nazionalismo straccione che noi italiani, da secoli, usiamo come alibi, dovremmo esprimere tutto il nostro rispetto per i tedeschi, e rimboccarci le maniche. Fabrizio Rondolino. Vanity Fair.

Nel 1997, in piena Bicamerale, Massimo D’Alema incontrò a Ve-nezia l’allora sindaco Massimo Cacciari. Quest’ultimo domandò: «Scusa Max, ma sei sicuro di questo accordo con Berlusconi? Non è che poi quello, come sempre, alla fi ne, te lo mette in quel po-sto?». Il conte Max lo guardò dall’alto in basso pur essendo meno alto, sorrise a lungo in silenzio, congiunse il pollice e l’indice della mano rivolti verso il basso e li fece ciondolare con lieve moto on-dulatorio. Poi sibilò: «Tranquillo, Massimo, lo tengo per le palle». Naturalmente fi nì che B. dopo essere stato promosso al rango di padre ricostituente, fece saltare il tavolo della Bicamerale. Marco Travaglio. Il Fatto.

Monti vuol cambiare il nostro modo di vivere, manco fosse l’unto del Signore. Jena. la Stampa.

Oggi il Cavaliere è un altro uomo, il suo sguardo è as-sorto in una lontananza, forse ha cominciato a pensare all’unico vero processo cui non può sottrarsi. Umberto Silva, psicanalista. Il Foglio.

Penso che sia sempre meglio praticare la giustizia che predicare la carità. Tullia Zevi. Io Donna.

Certo Giulio Tremonti ha avuto un ruolo importante nella caduta del governo Berlusconi, ma meno importante del bunga bunga. Gianfranco Miccichè, deputato Pdl.

Berlusconi è un ottimo imprenditore ma anche un pessimo politico. L’errore più grande? Passare da Antonio Martino a Nicole Minetti. David Parenzo. Oggi.

Le imprese nascono e muoiono, prosperano e vanno in crisi, a tassi molto più rapidi che nel passato. Immaginare di poter legare la propria fortuna lavorativa a una sola impresa è oggi materia per folli. Nicola Porro. Il Giornale.

Una volta Luciano Cafagna mi chiese di aiutarlo per gli esami di storia moderna. A un ragazzo confuso, domandammo che cosa fosse l’imposta sul macinato, cioè sul grano ed altri cereali, inventata da Quintino Sella per risolvere la crisi del debito, e lo studente rispose parlando di macelleria: «Il macinato, il trito di carne». Giuliano Ferrara. Il Foglio.

Quando fui radiato dal Pci, molti compagni con i quali avevo lavorato fi no al giorno prima, mi tolsero il sa-luto, ma io continuai a salutarli. A questo proposito ricordo che Giorgio Amendola, sotto la cui direzione io avevo lavorato, rispose al mio saluto quando andai a una sua iniziativa come giornalista de il Manife-sto. Fui molto contento e gli dissi che lo consideravo

come un maestro. Al che, Amendola, con il suo vocione, mi disse: «Tu, tu, troppi maestri hai avuto!». Valentino Parlato. l’Attimo fuggente.

Il generale comandante della brigata aveva assunto un motto orgoglioso: «La méta è oltre l’ostacolo». E poiché vi sono stati, in qualcuno dei suoi battaglioni, casi isolati di diserzione, lo spieta-to generale Pesenti ha detto al collega: «Se si continua di questo passo dovrai cambiare motto, e dire che non la méta, ma la metà è oltre l’ostacolo». Paolo Caccia Dominioni, Ascari K7 1935-36. Longanesi.

Giacomo Leopardi morì di indigestione per aver mangiato un chilo e mezzo di confetti cannellini di Sulmona, aver bevuto del brodo, una limonata ghiacciata e altro brodo. Bisogna tener conto che era affetto anche di altri mali, tra cui il diabete. Marcello D’Orta, autore di Io speriamo che me la cavo. Libero.

Per disprezzare il denaro bisogna averlo. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Se non ci fosse il Divino Otelma, l’Isola dei famosi sarebbe appas-sionante come un acquario vuoto. Tommaso Labranca. Oggi.

Noi passeremo alla storia come i più grandi uomini di Stato di tutti i tempi o come i più grandi criminali. Goebbels. Il Giornale.

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11Sabato 11 Febbraio 2012Sabato 11 FebbrP R I M O P I A N O

Così il sindaco di Milano, Pisapia, ha bollato la richiesta di intervento contro la Triennale

La tua, Boeri, è vecchia politicaL’assessore-architetto è sempre più isolato pubblicamente

DI GOFFREDO PISTELLI

Sulla pagina Facebook dell’assessore alla Cul-tura di Milano, Stefa-no Boeri, ieri mattina

solo il video di un’intervista a un’emittente brasiliana sulle favelas a S.Paolo: vestito com-pletamente di nero che esalta la chioma brizzolata, con un murale sullo sfondo l’archistar, ovvero stella dell’architettura, parla di come intervenire sulle bidonville. Nessun commento sull’ennesima scudisciata che gli ha rifi lato il sindaco Giuliano Pisapia, cui lui, Boeri, s’era ri-volto per bloccare la nomina del costruttore Claudio De Alber-tis, alla fondazione Triennale di Milano. «Questa è vecchia poli-tica», lo ha stoppato il sindaco parlando con la cronaca mene-ghina di Repubblica, giornale che più aveva dato spazio allo sfogo dell’assessore dopo che il consiglio di amministrazione delle fondazione aveva eletto De Albertis e bocciato i consiglieri graditi a Boeri, l’archietto Carla Bevilacqua e il sociologo Ma-rio Abis. Il primo cittadino ha

ribadito infatti che, non solo non ha nessuna intenzione di ingerirsi nelle scelte della fondazione, «a differenza del passato» ha puntualizzato, ma che per la Triennale il Comune non aveva candi-dati in lizza: «Non abbiamo dato alcuna indicazione», ha scandito. Che, per differenza, vuol dire una cosa sola: i nomi circolati in quota Palazzo Ma-rino erano solo i desiderata dell’assessore-architetto. Po-teva bastare? Macché. Pisa-pia, evidentemente urtato da come Boeri ha montato il caso Triennale - commenti duri sul social network e appelli alla vigilanza sulla stampa fi no alla chiamata in causa del sindaco arancione - ha rincarato la dose: «Sbaglia e non conosce le norme chi dice che il comune avrebbe dovuto dare un’indicazione».

E alla cronista che, perce-pita l’entità della bacchettata appena mollata, chiedeva se fra sindaco e assessore si rendes-se necessario un chiarimento, Pisapia ha risposto gelido che non ce n’era bisogno: «Le rego-

le sono regole, lo statuto dice determinate cose e, di fronte all’unico candidato, non c’era alcuna alternativa». E il Pd, il partito di Boeri? Non che l’as-sessore avesse sollecitato la

solidarietà dei compagni, vi-sto che negli ultimi mesi ha condotto violente polemiche sulla leadership democrat milanese, ma certo la capo-gruppo Carmela Rozza non ha lasciato spazio a dubbi di sorta: «Sono completamen-te d’accordo col sindaco», ha tagliato corto.Insomma partito per menare le mani, dopo una clamorosa sconfi tta politica, Boeri ha ricevuto un formidabile uno-due dal sin-daco e dai vertici di partito, evidentemente spazientiti, più che per la «perdita» del-la Triennale, va da sé che anche Pisapia e Rozza avreb-bero preferito la Bevilacqua, per la gestione successiva, che ha trasformato la vicen-da in una débâcle, anche per-ché se il sindaco che avesse messo il veto, il caso sarebbe diventato nazionale in fi at.

Boeri, uomo di successo nella sua professione, dimostra un lato debolissimo in politica: non saper perdere. La vicenda Expo l’aveva già evidenziato: nei primi mesi della giunta arancio-ne, aveva pensato di caricare la

sua delega ai contenuti cultu-rali della grande Esposizione in qualcosa di più, creando fri-zioni con Regione Lombardia e indispettendo Pisapia che, a fi ne novembre, l’aveva quasi messo alla porta, anche su uffi cialmen-te sulla questione della localiz-zazione del museo di Arte con-temporanea, in cui l’assessore aveva contestato una decisione già presa dalla giunta. L’inciden-te era stato superato con la pe-rimetrazione delle deleghe alla sola cultura.

L’ennesima rottura, sulla Triennale appunto, potrebbe es-sere defi nitiva. Anche perché, al dato politico, a ogni discussione che scatta, si lega quello umano: fra i due l’antipatia è defl agra-ta nel marzo del 2010, quando nelle primarie di coalizione, Pi-sapia, outsider totale, prevalse sul Boeri candidato uffi ciale del Pd. Quella campagna elettorale raggiunse alcuni picchi polemi-ci che hanno scavato un fossato fra i due. E nemmeno il maggio arancione che spedì a casa Le-tizia Moratti è riuscito a col-marlo.

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DI BARTOLOMEO SCAPPI

Partito democratico – Il premier Mario Monti vuole abolire i convegni e i buffet? Il Partito democratico di Pier Luigi Bersani non ci sta. La dimostrazione? Il “seminario di studio” organizzato nella giornata di ieri a Montecitorio, nella sala del Mappamondo, intitolato “Il sovraffollamento penitenziario: riforme di sistema e soluzioni urgenti”. Con un programma lungo una gior-nata intera, corredato da un “light lunch”. N.C.

RomanticaMente – Tre giornate, a partire da do-mani, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, per la prima edizione di “RomanticaMente Festival dell’Amore narrato”, con tre lezioni di cuore che parti-ranno dal mondo classico (Vittorio Sermonti), attra-verseranno l’arte e la musica (Claudio Strinati) per giungere alla fi losofi a (Umberto Galimberti). Punto d’arrivo, il giorno di San Valentino. E domenica menù d’amore: cooking class a cura di Spyros Theoridis, vin-citore dell’edizione italiana di Masterchef, talent show gastronomico. Voto 7+

Chaîne des Rôtisseurs – Battesimo romano per il neonato Bailliage Diga (Diplomatic and Internation-al Golf Association, presidente Antonio Stocchi) della Chaîne des Rôtisseurs. Ha presieduto la cerimonia dell’Induction il Bailli Délégué d’Italie, e membro del Consiglio Magistrale, Roberto Zanghi: obiettivo, ri-unire periodicamente i propri associati provenienti da oltre settanta nazioni diverse, per celebrare la comune passione per la cucina di qualità ed offrire sostegno e assistenza alimentare ai bisognosi. Da segnalare la degustazione di una trilogia di risotti: basmati con ar-cobaleno di verdurine al curry, venere mantecato con burro salato e coriandoli di erbe, vialone nano con elisir di basilico e ricotta marzotica. Voto 8

Notariato – Una mostra per valorizzare le ultime vo-lontà di chi ha fatto la storia d’Italia: è nata con questa fi nalità l’esposizione “Testamenti di grandi italiani”, prima raccolta pubblica di documenti originali di per-sonaggi famosi. Lunedì la presentazione romana, in Campidoglio, con il vice presidente del Consiglio nazi-onale del notariato, Paolo Setti. Voto 7+

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CONVEGNI E BUFFET

Nell’attesa che la decisione di cassare le province italiane, contenuta all’interno del decreto «Salva-Italia», faccia il suo inesorabile corso, la Provincia di Latina continua nell’instancabile lavoro in fa-vore della popolazione pontina. Un lavoro che, nell’occasione, si concreta con il restyling completo della sede del Centro per l’im-piego della città di Fondi, compiuto interamente con denaro della Provincia per un importo pari a 350 mila euro.«I locali del Centro per l’impiego», rileva il pre-sidente Armando Cusani, «sono di proprietà comunale e la scelta di trasferire il Centro nella sede di piazza della Repubblica è stata dettata anche dalla volontà dell’amministrazione locale di contribuire a rivitalizzare ulteriormente il cen-tro storico, con un significativo afflusso dell’uten-za nel cuore della città. Contestualmente è stata bonificata l’area retrostante, da anni abbandonata con gravi disagi per i residenti. Voglio ricordare che il principio di sussidiarie-tà, assieme a quello di solidarietà e competi-tività, è il punto cardine che portiamo avanti sin dall’inizio della nostra doppia consiliatura. Avevamo poi ampiamente promesso ai citta-dini che avremmo lavorato affinché i Centri per l’impiego non fossero confinati a svolgere un ruolo solo burocratico-amministrativo e di validazione delle azioni compiute dai soggetti privati. I Centri per l’impiego della provincia di Latina, oggi più che mai, trattano tutte le funzioni che un moderno mercato del lavoro richiede in termini di erogazione dei servizi: orientamento, preselezione, incontro doman-da-offerta. Per questo ritengo indispensabile che la Provincia continui a svolgere una regia di sistema e una politica di collaborazione isti-tuzionale e di rete con i comuni. Luoghi impor-tanti», conclude Cusani, «che rappresentano l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, con richieste di figure professionali provenienti dalle aziende che operano sul territorio».Rimanendo a Fondi, un altro investimento pari a circa 100 mila euro è stato impegnato per

consegnare all’istituto comprensivo «A. Aspri» una moderna e polifunzionale sala conferenze, che con lo scorrimento di pannelli mobili si trasforma in auditorium in grado di ospitare manifestazioni teatrali, musicali, cineforum, incontri scolastici ed extrascolastici.«Lavori», assicura Cusani, «che abbiamo vo-luto sostenere perché trovano concretezza nei principi sui quali abbiamo costruito in questi anni il nostro impegno in favore del mondo scolastico provinciale. Una linea politica e am-ministrativa che ricalca i principi fondamen-tali dello Statuto della Provincia di Latina, dove l’istruzione e la cultura sono obiettivi primari per garantire lo sviluppo della vita sociale, politica ed economica della comuni-tà. Al fine di favorire tale sviluppo, è previsto l’impegno ad assumere, sostenere e favorire concrete iniziative di impulso e promozione per la realizzazione di idee progettuali pro-poste dalla scuole di ogni ordine e grado. Per queste ragioni l’intervento realizzato presso l’Istituto comprensivo «E. Amante» e la dire-zione didattica del 1° Circolo di Fondi-Palazzo A. Aspri riveste una grande valenza, poiché mette a disposizione dei circa 2 mila alunni dei due istituti coinvolti un nuovo grande spa-zio polifunzionale per le attività scolastiche ed extra scolastiche, fino a ieri non possibili a causa della mancanza di luoghi attrezzati. Grande attenzione», conclude il presidente Cusani, «abbiamo sempre dimostrato per la scuola, interesse che vogliamo mantenere e se possibile accrescere, anche in un momento di crisi e di ristrettezze economiche. Tuttavia, possiamo ritenerci soddisfatti del lavoro sin qui svolto, con l’ulteriore impegno di realizzare quanto finora programmato, possibilmente anticipando gli interventi che per l’urgenza che li caratterizza devono costituire una priorità».

Everardo Longariniportavoce del presidente della Provincia

di Latina Armando Cusani

PROVINCIA DI LATINA

Fondi, 350 mila € per il Centro impiego

Stefano Boeri

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12 Sabato 11 Febbraio 2012 ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA

In Germania il periodico più diffuso (l’Apotheken Umschau) si prende, gratis, tra le aspirine

Le farmacie meglio delle edicoleÈ bisettimanale, 9,6 mln di copie e ha 20 mln di lettori

da BerlinoROBERTO GIARDINA

Qual è la rivista più diffu-sa in Germania? Stern, con 823 mila copie ven-dute, Der Spiegel, con

927 mila o il familiare Bunte, con 650 mila? I tre settimana-li vengono battuti e con largo distacco da un periodico che non troverete dal giornalaio. Per prenderlo dovete andare in farmacia. L’Apotheken Um-schau, come dire uno sguardo in farmacia, e con il sottotitolo «In Wort und Bild», in parola e foto, esce ogni due settimane e supera i 9,6 milioni di copie. Di fatto irraggiungibile.

E ha un’altra qualità, uni-ca o quasi. Viene offerto gra-tis ai lettori, e di solito per la pubblicità in questi casi non dovrebbe essere considerato autorevole e quindi interessan-te. Ma l’Umschau, distribuito tra aspirine e dentifrici, viene letto e conservato con molta attenzione. I lettori, quasi 20 milioni, confermano i sondaggi di mercato, lo giudicano serio e si fidano dei suoi articoli.

Quindi anche delle in-serzioni. Una pagina di pubblicità costa 63 mila euro. E gli inserzionisti non sono solo case far-maceutiche o cliniche e case di riposo. Si trova-no inserzioni di agenzie di viaggio, con offerte studiate per clienti par-ticolari, che non possono affrontare disagi. O di ca-salinghi, e anche di moda o giocattoli, o auto e bici-clette. Lo stile è familiare e diretto.

L’Apotheken Umschau è nato nel 1956, e non è edito dall’associazione nazionale delle farmacie. Anzi il rap-porto tra farmacisti e rivista non è privo di complicazioni. L’idea venne a Rolf Becker, 91 anni. E la tiratura iniziale fu appena di 50 mila copie: un periodico dedicato ai problemi della salute, scritto da abili e affi dabili divulgatori. Fin dal-la nascita, si sono evitati gli articoli dedicati a cure mira-colistiche, a medicinali dubbi. E si va oltre. «Come pianifi ca-re gli anni della pensione», è

uno dei titoli. Oppure «Salute e moda». Se si sa sfruttare il tempo libero, ci si ammala di meno. Oppure, quali pericoli per le giunture presentano i tacchi a spillo. E anche «l’in-farto in cucina»: come si può evitare mangiando spaghetti, non troppo conditi.

Ogni numero ha un tema centrale a cui è dedicata la copertina. La rivista viene re-

clamizzata in tv, per invogliare ad andare alla farmacia sotto casa e procurarsi il proprio nu-mero. Non si può rinviare, se non si vuole rimanere a mani vuote. Dopo due o tre giorni dall’uscita, non si trova più una copia.

Perché i farmacisti non sono contenti? Molti, si lamentano, entrano senza salutare, si pren-dono la rivista ed escono, senza

comprare nulla. L’Apotheken Umschau è gratis per i let-tori ma, come si avverte in copertina, è pagato dai far-macisti. In media circa 50 centesimi a copia, ma il prez-zo dipende da quante copie distribuisce il farmacista. Si calcola che ognuno alla fi ne dell’anno abbia sborsato sui 5 mila euro. E il conto com-plessivo dovrebbe sfiorare i 100 milioni di euro per tutte le apotheken del paese.

A parte, inoltre, i farma-cisti devono pagare per i supplementi molto richiesti della clientela, quello dedica-to ai cruciverba e quello con i programmi della radio e della televisione. Per i farmacisti una tortura: se non ordinano centinaia di copie ogni due set-timane, rischiano di perdere i clienti, ma più copie distribu-iscono più pagano, senza au-mentare le vendite dei prodotti farmaceutici. Tuttavia l’appun-tamento con l’Apotheken Um-schau è ormai una tradizione, dagli anni di Adenauer all’era di Frau Merkel.

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Un programma di tagli per 1,5 miliardi di dollari (oltre 1,1 miliardi di euro) e so-prattutto la soppressione di 8.700 posti di lavoro, pari al 3% degli effettivi, in trenta

paesi del mondo. PepsiCo, numero due mondiale del-le bibite senza alcol, ha annunciato una cura dima-grante destinata a raddrizzare i conti del gruppo. Il fatto è però che il programma di tagli è il quarto in quindici anni e il secondo messo in opera dall’attuale numero uno, Indra Nooyi. Del resto, come spiega la donna che dal 2006 tiene le redini di PepsiCo, «dirigere un grande gruppo è come disputare una corsa automobilistica: talvolta occorre fermarsi ai box per fare il pieno ed è quello che faremo nel 2012». In ogni caso, si tratta di «decisioni diffi cili» che si spiegano soprattutto con l’aumento del costo delle materie prime.

L’obiettivo è quello di riguadagnare terreno nei con-fronti dell’eterna rivale e numero uno mondiale, Coca-Cola, che l’anno scorso ha celebrato in gran pompa il suo 125esimo anniversario ad Atlanta e che sul merca-

to nordamericano ha allungato il distacco con PepsiCo: la bibita simbolo del gruppo, Pepsi Cola, da diciotto mesi è stata relegata sul terzo gradino del podio negli Usa, dietro Coca-Cola e Diet Coke. La Nooyi ha così annunciato tra 500 e 600 milioni di dollari di investi-menti marketing supplementari in Nord America che riguarderanno dodici marchi, tra cui Pepsi-Cola, Gato-rade e Tropicana. Dalla primavera sarà lanciata una nuova campagna pubblicitaria e un nuovo responsa-bile della divisione bibite sostituirà dal mese prossimo l’attuale numero uno. Lo scarto con Coca-Cola, che si è accentuato negli ultimi anni, si spiega soprattutto con il calo degli investimenti pubblicitari di PepsiCo: secondo gli analisti di BernsteinResearch, dal 2000 il peso della pubblicità nel giro d’affari del gruppo Pep-siCo è crollato dal 7,6 al 3,1%. E nel 2010 l’assenza di Pepsi dal Super Bowl, l’incontro che assegna il titolo di campione della National Football League, la lega professionistica Usa di football americano, era stata una première in ventitré anni di storia.

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Il gruppo deve tagliare spese per 1,5 miliardi di dollari

La PepsiCo in crisilicenzia 8.700 persone

Hermès vola, trasportato dalla folle crescita del-le sue vendite: +18,3% nel 2011, pari a 2,84

miliardi di euro. Un tasso di cre-scita superiore di oltre quattro punti a quello di Lvmh, leader mondiale del settore lusso, che detiene il 22,28% di Hermès.

Anche il margine operativo del marchio francese dovrebbe mi-gliorare sensibilmente e superare il 30% del giro d’affari, contro il 27,8% nel 2010.

Ma Hermès avreb-be potuto fare ancora meglio e superare la barra dei 3 miliardi di euro di giro d’af-fari se una penuria di manodopera specializzata nei suoi atelier di pel-letteria non aves-se limitato le sue capacità di produ-zione delle famose borse Kelly e Birkin.

Il gruppo aprirà quest’anno due laboratori di pelletteria e

investirà nel suo atelier tessile di Lione e nella sua manifattura svizzera di orologi. E dopo aver

assunto lo scorso anno 600 perso-

ne, quest’an-no sarà la volta di al-

trettante,

se non di più.«In tempi di crisi», spiega Pa-

trick Thomas, ceo di Hermès, «la clientela di lusso privilegia gli oggetti di buona qualità e di bell’aspetto ai prodotti in serie. Preferisce investire piuttosto che spendere e si rifugia in valori si-curi».

© Riproduzione riservata

Benché manchi manodopera specializzata

Hermès, folle boom di vendite

Le due pagine di «Este-ro - Le notizie mai lette in Italia» sono a cura di

Sabina Rodi

Da diciotto mesi Pepsi Cola è stata relegata sul terzo gradino del podio negli Usa,dietro Coca-Cola e Diet Coke

L’Apotheken Umschau è gratis per i lettori,ma è pagato dai farmacisti: in media circa 50 centesimi a copia

La Birkin, celebre borsa realizzata dai manifatturieri del marchio Hermès

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13Sabato 11 Febbraio 2012ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA

È quello che sostengono controcorrente le comunità religiose presenti nel paese mediorientale

Siria aggredita da forze esterneSe vincono i rivoltosi per i cristiani ci sarà solo la fuga

DI ALESSANDRA NUCCI

Il popolo siriano è con As-sad, l’esercito non massa-cra i civili bensì li difende dalle bande armate e a

soffiare sul fuoco sono i gran-di media stranieri, arabi e occidentali, che falsificano i dati. Questa lettura alla rove-scia della crisi siriana viene da fonti laiche, come la Rete Voltaire, ma anche da religiosi cristiani all’interno del paese. «L’80% della popolazione è con il governo, come lo sono tutti i cristiani», stima il vescovo caldeo di Aleppo, monsignor Antoine Audo, che ha ac-cusato senza mezzi termini i grandi media, fra cui la Bbc e Al Jazeera, di reportage non obiettivi e critiche ingiuste al regime di Assad.

Anche madre Agnès-Ma-riam de la Croix, superiora delle carmelitane del monaste-ro di Saint Jacques le Sulpis, vicino a Qara, a 90 chilometri dalla città martire di Homs, sottolinea il divario fra la re-altà sperimentata dalla popo-lazione e quella sposata dai

media internazionali. Questi presentano come un’insur-rezione popolare quello che i siriani e le televisioni locali conoscono come un tentativo di sovversione istigato da forze in gran parte estranee al pae-se. La religiosa ha fornito una serie di cronache dettagliate, a partire dall’aprile 2011, che sono state tradotte in ingle-se, arabo e italiano, ospitate su siti web di Francia, Italia, Belgio, Svizzera, Libano, Sta-ti Uniti, Canada, Palestina, Siria, Israele e Nordafrica.

«Qualsiasi cosa viene of-ferta su questo mercato derisorio dell’informa-zione», ha scritto madre Agnès. Un esempio fra i tanti è il video realizzato da giovani siriani per pro-muovere una canzone ara-ba. Vi appare una banda di giovani vestiti di nero che viaggiano armati su vetture decapottabili, sti-le agenti di security. «Con nostro grande stupore, lo stesso video è comparso su Al Jazeera come prova dell’arroganza dei servizi

segreti siriani». La fonte delle accuse a senso

unico è una sola, concordano cattolici e Rete Voltaire: si chiama Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo e ha sede a Londra. Per stabilire chi ha ragione si chiamano in causa i testimoni oculari. Rete Vol-taire ricorda le manifestazioni alla presenza degli osservato-ri inviati dalla Lega araba: in tutto, secondo i giornali locali, a Homs sono scese in piazza 3.500 persone per protestare contro il regime, mentre in

oltre 100 mila si sono attiva-ti a sostegno del presidente Bashar al-Assad. E secondo l’Osservatorio di Londra? Era-no in 250 mila contro Assad; nessuno a favore.

In questa situazione i siria-ni sul terreno hanno fatto vari tentativi per farsi prendere in considerazione dai grandi me-dia, escludendo la possibilità di uno scambio di numeri. Tra questi, una manifestazione svoltasi in giugno, durante la quale centinaia di migliaia di persone (secondo fonti gover-native) tenevano per i bordi una bandiera siriana larga 18 metri e lunga oltre 2 chilome-tri (2.300 metri). L’evento è stato fi lmato ed è iniziato con l’inno nazionale e un minuto di silenzio per le vittime civili e militari.

La Siria rimane uno dei pa-esi del Vicino oriente in cui la libertà, compresa quella reli-giosa, è relativamente ben as-sicurata. Quello che inquieta l’Occidente è che a Damasco hanno sede Hezbollah, che col-tiva legami stretti con l’Iran, e l’uffi cio politico di Hamas. Tut-

tavia, sostiene Madre Agnès, le grandi potenze giocano sul fondamentalismo religioso per mettere in risalto le differenze che separano, mentre i punti che uniscono sono molto piu numerosi. «Per noi è uno spa-esamento surreale la posizione di certi paesi: non siamo abi-tuati a una Francia bellicosa, che favorisca l’estremismo e risusciti i vecchi demoni del-le divisioni confessionali. La stessa sorpresa dagli Stati Uniti: non hanno invaso l’Af-ghanistan per disfarsi di Al Qaeda? Come possiamo vede-re i fondamentalisti più feroci sollecitare l’aiuto degli Usa? È il mondo all’incontrario. Che cosa cerca l’Occidente?», si do-manda la religiosa. «La libertà o l’islamismo? Oppure la liber-tà dell’islamismo».

Dopo il veto posto in Con-siglio di sicurezza da Russia e Cina a una risoluzione di condanna verso Damasco, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, ha annunciato che ritorneranno gli osservato-ri della Lega araba.

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Ormai la cinese Leno-vo sta per raggiun-gere l’americana Hp. L’obiettivo è il sor-

passo, che le consentirebbe di diventare il numero uno mon-diale nei personal computer.

Come hanno

sottolineato i vertici dell’azienda asiatica, per il nono trimestre consecutivo è stata consegui-ta la più forte crescita nei pc. François Bornibus, vicepre-sidente di Lenovo per l’Europa occidentale, spiega che ora Le-novo detiene il 14% del mercato contro il 16,2% di Hp.

Le stime dei cinesi parlano della conquista della leader-ship nell’arco di due anni. Negli

ultimi dodici mesi le vendite di Lenovo sono balzate del 37% in volume e quelle del gruppo ame-ricano soltanto di due punti percentuali. Il giro d’affari di Lenovo è aumentato del 44% a 8,3 miliardi di dollari (6,3 mld euro).

A spingere Lenovo è il mercato interno molto vivace: in Cina ha superato un terzo della quota di mercato. Inoltre si è ritagliata un posto rilevante nelle altre nazio-ni asiatiche emergenti. Ma Le-novo si è rafforzata anche in Europa e nel Nord America.

La strategia del colosso ci-nese passa anche attraverso lo sviluppo delle tavolette,

con l’uscita di diver-se novità

nei prossi-mi mesi. In cantiere

vi sono anche prodotti ibridi come l’IdeaPad S2: una tavolet-ta che, una volta collegata a una tastiera, si trasforma in un pc portatile. In seguito l’offensiva sarà estesa agli smartphone, con l’ampliamento dell’offerta, e ai televisori. Tra qualche settima-na Lenovo lancerà in Cina le sue prime tv connesse a Internet.

© Riproduzione riservata

Lenovo sta tallonando Hewlett-Packard

I computer cinesi vicini alla vetta

DI MASSIMO GALLI

Per conoscere i dati completi bisognerà aspettare una settimana, ma i primi numeri sulle vendite di champagne non sono eccezionali. Nel 2011 le consegne

sono state circa 324 milioni, con una modesta crescita dell’1,4% rispetto a dodici mesi prima. E solo grazie all’export. Questo, almeno, secondo le stime di Lanson-Bcc, numero due delle bollicine francesi alle spalle di Lvmh. In partico-lare, a un favorevole inizio d’anno ha fatto da contral-tare una battuta d’arresto da agosto in avanti. E in dicembre, il periodo più importante sul fronte com-merciale, ci sarebbe stato un arretramento.

Non sono certo risultati tali da far stracciare le ve-sti ai produttori d’Oltral-pe. Ma al tempo stesso, ha osservato Paul-François Vranken, a capo del gruppo Vranken-Pommery, nessu-na azienda del settore può vantare risultati brillanti in un anno caratterizzato da luci e ombre. E pensare che dopo il primo semestre, succeduto al 2010 che aveva visto un +8,9%, alcuni addetti erano euforici e pensavano che si potesse continuare ad andare al galoppo. Invece, mentre i distributori ricostituivano i loro stock di bottiglie, i consumi si sono limitati a riprendere il ritmo consueto,

con un incremento nell’ordine dell’1-2%.L’associazione che rappresenta le case produt-

trici e i viticoltori spiega che l’aumento del fattu-rato è stato superiore a quello dei volumi. I grandi marchi hanno approfi ttato della forte ascesa dei mercati di esportazione, anche se la domanda nei paesi acquirenti di vecchia data (Inghilter-

ra e Germania) è ferma e in Francia le vendite sarebbero addirittura diminuite.

A risentire di più del clima stagnante sono le bottiglie dei distributori a un prezzo inferiore a 12 euro e quelle vendute direttamente dai vi-ticoltori. I francesi che prima andavano a rifornirsi nelle aziende adesso lo fanno nei centri commerciali. E sempre più viticoltori continuano a vendere la loro uva, ma han-no bloccato la commercializ-zazione delle bottiglie.

La situazione attuale è comunque diversa da quel-la verificatasi a fine 2008, quando la caduta dei con-sumi aveva lasciato scorte consistenti nelle mani dei distributori, provocando una frenata pari a nove punti percentuali nel 2009. Quanto al 2012, Vranken

sostiene che le vendite di gennaio sono state buone perché il mercato è molto più tranquillo. La crisi, dunque, pur lasciando il segno, non ha causato un crollo del comparto delle bollicine più prestigiose del mondo.

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Le consegne sono andate meno bene del previsto nel 2011

Le vendite di champagne incontrano difficoltà

Come hanno

sottolineato i vertici dell’aziendaasiatica per il nono trimestre

mld euro).A spingere Lenovo è il mercato

interno molto vivace: in Cina hasuperato un terzo della quota dimercato. Inoltre si è ritagliata unposto rilevante nelle altre nazio-ni asiatiche emergenti. Ma Le-novo si è rafforzata anche inEuropa e nel Nord America.

La strategia del colosso ci-nese passa anche attraversolo sviluppo delle tavolette,

con l’uscita di diver-se novità

nei prossi-mi mesi. In cantiere

vi sono anche prodotti ibridi

Bashar al-Assad

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21Sabato 11 Febbraio 2012

IL PRIMO GIORNALE DEGLI IMPRENDITORI, DEGLI OPERATORI E DEI PROFESSIONISTI DELLA TERRA E DELL’AGROINDUSTRIA

CALI

A

con

LE NOVITÀ FISC

SULLA CASA

in edicola cAgricolturaI OPERATORI E DEI PROFESSIONISTI DELLA TERRA E DELL’AGROINDUSTRIA

Oggi

La testimonianza di un buyer della distribuzione specializzato nel mercato dei prodotti freschi

I produttori in ostaggio della gdoI costi dei pagamenti a breve termine scaricati sui fornitori

DI LUIGI CHIARELLO

«I produttori? Sono ostaggio della distribuzione». Lo denuncia a ItaliaOggi un buyer della gdo, un compratore di prodotti freschi.

Uno dei tanti protagonisti della fi liera, che chiameremo Pietro Micca. Come un famoso militare sabaudo, morto nel 1707 per di-fendere Torino dall’assedio dei francesi. Si tratta di un nome di fantasia, perché Pietro non vuole rivelare la sua vera identità. Ma il signor Micca è in prima linea: acquista di-rettamente da agricoltori e agroindustriali e così rifornisce di alimentari gli scaffali di una delle tante catene della gdo.

Domanda. Perché non rivela le sue ge-neralità?

Risposta. Troppo rischioso dire chi sono in un mercato che ti emargina se dici una parola di troppo. Se parli sei fuori. Che tu faccia il buyer o il fornitore.

D. In che senso?R. Beh, se racconto come si fanno i

contratti espongo la gdo a un danno d’im-magine. E questo blocca la mia carriera all’istante. Se invece un fornitore denuncia gli aut aut che subisce rischia di fi nire fuori listino. I suoi prodotti spariscono dagli scaf-fali per un po’. Viene messo in quarantena a meno che non sia un big player. Cioè, il fornitore di un prodotto di cui la gdo non può fare a meno. Uno come Coca-Cola per intenderci. Pensi: anche uno come Barilla a un certo punto, è stato espulso dal merca-to dei tortellini freschi perché pretendeva gli stessi margini e lo stesso trattamento che aveva per la pasta secca. Ovvio, questo è successo anche perché allora il leader di mercato Giovanni Rana non avanzava le stesse richieste.

D. Quindi gli agricoltori sono ancora più esposti?

R. Nei confronti della gdo sono deboli tutti i piccoli produttori, specie quelli che riforniscono prodotti trattati come commo-dity. Come l’ortofrutta, che subisce ondate speculative anche dall’intermediazione. Negli ortomercati, per intenderci. Ma an-che chi fa salumi, formaggi, biscotti e pro-dotti di nicchia non è al riparo.

D. Andiamo con ordine Pietro. Che cosa ne pensa dell’ultima riforma del governo Monti, fatta col decreto legge liberalizza-zioni e voluta dal ministro alle politiche agricole, Mario Catania? Vincola la cessione di prodotti agricoli e agro-alimentari a contratti scritti tra gdo e fornitori. Impo-ne pagamenti a 30 giorni per le merci deperibili e a 60 per i prodotti non deperibili. E prevede multe fi no a 500 mila euro per chi elude gli obblighi di legge. Non male no?

R. Penso sia solo un pannicello caldo, da difendere certo con le unghie e con i denti, ma non risolutivo. I fornitori resteranno comunque la parte ricattabile del mercato.

D. Perché?R. Vede, prima la gdo pagava a 120-180

giorni. Poi è stata varata una normativa che impone tempi di pagamento certi a 30 giorni. E fi ssa sanzioni di mora onerose per chi elude la tempistica. Si tratta del dlgs 231/2002, che fa scattare gli interessi di mora dal giorno immediatamente successi-vo a quello fi ssato per contratto. Quindi, in teoria, tra gdo e fornitori i contratti scritti si possono fare già adesso.

D. Ma?R. Ma i produttori sono sempre la parte

debole, perché la gdo è un collo di bottiglia.

Se vuoi vendere devi passare da lì. Quindi le grandi catene, una volta entrato in vi-gore il dlgs 231/2002, hanno stimato l’im-patto fi nanziario che avrebbe comportato sui loro conti il rispetto dei tempi di paga-mento imposti per legge. Hanno valutato i costi in termini di minori investimenti effettuabili e, al momento della stipula dei contratti con i fornitori, hanno riversato su di essi tali oneri.

D. Come?R. «Chiedendo» sconti e contributi «una

tantum» ai produttori. O, in alternativa, si autoconcedono promozioni mi-rate sulle forniture o impon-gono acconti sui premi di fi ne

anno concordati sul fattu-rato prodotto. Premi, che dovrebbero essere i fornitori a concedere. E che, invece, vengono «riscossi» dalla gdo con

semplici lettere di notifi ca al fornitore.

D. E se i produttori ri-fi utano?

R. Se sei un piccolo sei fuori dal mercato. Salta il contratto. Ma non fi nisce qui. C’è anche il mancato rispetto dei tempi di pagamento rispetto a quanto stipulato. Un problema, che in tempi di crisi diventa frequente. La gdo nella pratica non rispet-ta i tempi. Dovrebbero scattare gli interessi di mora, ma diffi cilmente il fornitore ne chiederà conto alla distribuzione. Non vuo-le certo rischiare di vedere il suo prodotto fi nire fuori dall’elenco delle referenze.

D. Nessuna possibilità di difesa?R. Beh, con la vecchia normativa la gdo

ha la scappatoia della deroga. C’è una clau-sola, il famoso «salvo accordi diversi tra le parti», che consente di derogare ai tempi stretti di pagamento. Nel nuovo dl libera-

lizzazioni questa formula non c’è. Se verrà inserita nel corso dei lavori parlamentari saremo punto e accapo.

D. Eppure qualche contenzioso c’è, qual-che contratto salta.

R. E infatti le nuove norme del decreto liberalizzazioni serviranno soprattutto a quello. A far valere le proprie ragioni, ma solo una volta che il contenzioso tra di-stribuzione e produttori sia insorto. Non credo avrà effetti deterrenti contro la pra-tica di dilazionare i pagamenti, a meno di un nuovo ricarico dei costi conseguenti, in capo ai fornitori. Darà però ai produttori un’arma in più in sede di giudizio, qualora il contenzioso tra produttori e gdo fi nisca in tribunale.

D. È un pessimista...R. Ha mai visto in Italia una norma

fatta per tagliare i tempi di pagamento raggiungere il suo scopo? Eppoi il nostro è uno strano paese. Una legge impone con-tratti scritti, trasparenti e sicurezza nei pagamenti e c’è chi grida allo scandalo, al dirigismo.

D. Ma descrive la distribuzione come fossero strozzini.

R. No. Non creda che la gdo abbia tutti questi margini di guadagno. La competi-zione tra insegne è serratissima, giocata tutta sull’apertura di più punti vendita, a presidio dei vari territori. Una sorta di corsa alla colonizzazione dei mercati co-stosissima e spesso in perdita, che qualche grande catena, di recente, ha pagato a caro prezzo. Pensi a colossi della distribuzione come Carrefour che ha tentato la strada delle aperture al Mezzogiorno, con gravi perdite. O a Wal Mart in Germania, un mercato da cui il colosso americano ha bat-tuto in ritirata. Sa quanto costa mantenere un ipermercato?

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Il decreto Liberalizzazioni (dl 1/2012) ha affiancato alla normativa antitrust, per i contratti di cessione di prodot-ti agricoli e agroalimentari, un sistema di regole volte a reprimere comportamenti abusivi pur in assenza di una posizione dominante sul mercato del soggetto che li realizza. Ciò appare giustificato dalla particolare situa-zione strutturale della filiera nella quale operano 100.000 imprese agricole, 6.500 di trasformazione industriale e 5 centrali di acquisto della distribuzione moderna.La necessità di prevedere normative di questo genere è ampiamente avvertita anche a livello comunitario, dove sono da registrarsi varie risoluzioni del Parlamento euro-peo e la costituzione da parte della Commissione europea per iniziativa del vicepresidente Tajani di un gruppo di ri-flessione che sta portando avanti un importante processo di innovazione. Così anche i legislatori di importanti stati membri, si veda per tutti la Francia e la Germania, hanno adottato norme volte a reprimere comportamenti di egua-le tenore. Nel Regno Unito, poi, a seguito di un’indagine conoscitiva dell’Office of fair trading e di una lunga con-sultazione con gli operatori del mercato, è prossima alla

sua adozione una normativa analoga a quella di recente emanata in Italia. Con le nuove regole, il nostro paese si inscrive quindi in un solco già ampiamente tracciato negli altri paesi in cui la grande distribuzione alimentare ha acquisito un ruolo decisivo.Il comun denominatore delle regole adottate nei vari paesi è quello di tutelare la posizione negoziale dei sog-getti contrattualmente più vulnerabili ed evitare che, in una filiera in cui le imprese a monte sono una pluralità indefinita e risultano facilmente sostituibili, mentre gli operatori a valle sono molto pochi e decidono l’accesso al mercato dei primi, possano esserci fenomeni di sfrutta-mento del potere contrattuale che deriva da tale situazione strutturale. In quanto norme di protezione e dunque volte a prevenire possibili abusi, esse non possono che essere, per loro stessa natura, inderogabili. È evidente, quindi, che qualunque intervento volto a introdurre una deroga all’applicazione delle norme fondato sulla libera contrat-tazione tra le parti, vanificherebbe l’obiettivo perseguito dalla disposizione.La necessità di una disciplina che regoli la materia emer-

ge in particolare con riguardo ai servizi accessori (promo-zioni ecc.) previsti nei rapporti contrattuali che imprese agricole e di trasformazione agroalimentare intrattengo-no con la grande distribuzione, in relazione ai quali vi è il rischio che il potere contrattuale che discende dalla struttura della filiera possa essere esercitato a danno delle controparti, con conseguenze economiche di significativa portata, visto che quest’area incide circa per il 40% della redditività dei contratti.Appare altrettanto importante, inoltre, che la nuova disci-plina, così come accade negli altri paesi europei, riguardi tutti i soggetti che operano lungo la filiera. È evidente, infatti, che ogni limitazione dell’applicazione della norma solo ad alcuni soggetti, da una parte, altererebbe la con-correnza tra i vari attori, dall’altra, creerebbe dei problemi operativi di difficile soluzione in materia di uniformità dei termini di pagamento tra approvvigionamento e for-nitura, con evidenti difficoltà sotto il profilo della gestione finanziaria.

Luciano Di ViaPartner Bonelli Erede Pappalardo

DECRETO LIBERALIZZAZIONI/ LE REGOLE SUI CONTRATTI SCRITTI DI FORNITURA SONO UN’ESIGENZA AVVERTITA IN TUTTA EUROPA

Una deroga per la libera contrattazione tra le parti vanifica tutto

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22 Sabato 11 Febbraio 2012 AT T U A L I TÀ

Continua l’inchiesta di ItaliaOggi sulle quote. Il numero è poi sceso a 12 mila nel 2010

Latte fuori legge da 40 mila stalleNel 2002 mancavano migliaia di autorizzazioni Asl a produrre

DI LUIGI CHIARELLO

Delle 65 mila aziende che commercializzano latte in Italia, quasi 40 mila nel 2002 non avevano

l’autorizzazione dell’Azienda sa-nitaria locale alla produzione e alla commercializzazione di latte vaccino (in base a quanto previsto dal dpr 54/1997). O, quantomeno, questa non era stata inserita nel-la Banca dati nazionale dell’Ana-grafe bovina di Teramo. Ad aprile 2010 queste aziende si erano ri-dotte a circa 12 mila. Nonostante l’assenza dell’autorizzazione Asl, queste aziende hanno continua-to a produrre e a fatturare, cioè hanno venduto il latte ai primi acquirenti. Dunque la loro pro-duzione è stata conteggiata nella quota di produzione nazionale di latte, il cui superamento ha fatto scattare i prelievi supplementa-ri. Cioè le multe latte. È quanto emerge dalla relazione della commissione guidata dal giudice amministrativo Nello Mariani sulla produzione di latte in nero, istituita nel 2003 dall’allora mi-nistro Gianni Alemanno. Dalla informativa giudiziaria dei Cara-

binieri del ministero delle politi-che agricole, inviata alla procura della Repubblica di Roma del 4 novembre 2010. E da una rela-zione del ministero delle politiche agricole, datata 15 aprile 2010, anch’essa stilata dai Nac e in-viata dall’allora capo di gabinetto Mipaaf, Giuseppe Ambrosio, a tutte le organizzazioni sindacali. Quest’ultima è la stessa rela-zione, che in settimana è stata oggetto di discussione nel corso dell’incontro a palazzo Chigi tra il presidente del consiglio, Mario Monti, il ministro alle politiche agricole, Mario Catania, il pre-sidente di Agea, Dario Fruscio e il leader della Lega Nord, Um-berto Bossi (si veda ItaliaOggi del 9/2/2012). Il dato è rilevante ai fini della comprensione del fe-nomeno quote latte. Perchè senza autorizzazione Asl queste aziende non sono autorizzate a produrre latte e a venderlo. Esponendo, in-fatti, il consumatore a gravi rischi per la salute. Il trend delle man-cate autorizzazioni, comunque, è calante negli anni. La relazione dei Carabinieri parla chiaro: nel 2004/2005, si contavano 13.459 aziende di cui non risultava pre-

sente nella Banca dati nazionale di Teramo l’autorizzazione Asl alla produzione di latte vaccino. Nel 2005/2006, le aziende non in regola erano diventate 12.289. Nel 2006/2007 le aziende senza autorizzazione Asl erano diventa-te 11.810. Nel 2007/2008, le azien-de fuorilegge erano 11.338. Infi ne, nel 2008/2009, risultavano ancora non in regola 11.314 aziende. Ma c’è di più. Scorrendo la relazione dei Nac del 4 novembre 2010, l’al-lora commissario straordinario per le quote latte Paolo Gulinel-li, dichiarava ai Carabinieri che la presenza o meno nell’Anagrafe bovina dell’autorizzazione a pro-durre latte «non interessa ai fi ni della commercializzazione e ai fi ni del regime delle quote latte». Aggiungendo che «bisognerebbe accertare se si tratta di un erro-re di informatizzazione oppure se si tratta di una informazione mancante».

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da Bruxelles ANGELO DI MAMBRO

Tutto è pronto a Strasburgo per l’appro-vazione, prevista mercoledì prossimo, del «pacchetto latte». Dopo il passaggio parla-mentare basterà il via libera del Consiglio

come «punto A» (formalizzazione di accordi già presi), probabilmente già a marzo, perché entri in vigore l’insieme di nuove norme che l’Ue ha predi-sposto per il settore lattiero caseario. Scelta ob-bligata, dopo la devastante crisi del 2007-2009 e in vista della dismissione del regime delle quote, prevista per il 1 aprile 2015. L’idea del contratto tra produttori e trasformato-ri, che si lega alla contrattazione collettiva e l’organizzazione dei produttori, è il fulcro del provvedimento. I contratti scritti tra le parti, che è facoltà degli stati membri ren-dere obbligatori, fi ssando non solo i prezzi ma anche i volumi e le tempistiche della consegna di latte crudo, potranno essere più effi cienti nell’allineare domanda e of-ferta rispetto a un regime di quote che, anche per l’evoluzione dell’offerta a livello europeo, mostra di aver fatto il suo tempo. Secondo l’ultimo stu-dio della Commissione Ue in ma-teria (2010) la grande maggioranza degli Stati membri è in linea con il «soft landing», l’atterraggio morbido del dopo-quote, con solo tre Paesi (Danimarca, Olanda e Cipro) a sforare i tetti di produzione e l’Italia sotto del 3,7%. Inoltre, la possibilità di negoziare i contratti collettivamente attraverso organizzazioni di produttori riconosciute dalla legge aumenta il potere dei produttori nelle relazioni commerciali con l’industria, aiutandoli anche ad attenuare gli effetti della volatilità. Vero soprattutto in un momento come questo, in cui la domanda mondiale per latte e prodotti caseari è alta

e la grande industria della trasformazione hanno in-teresse a siglare accordi più stabili possibile: averne uno fi rmato per un anno o più, con prezzi concordati e non aleatori come ancora accade oggi in gran parte delle fi liere europee, è una garanzia maggiore per il produttore. Quando invece le relazioni commerciali nelle fasi a monte della fi liera siano soprattutto tra imprese di piccola taglia, come in Italia, la negozia-zione collettiva e le organizzazioni interprofessio-

nali «spingeranno i produttori e i trasformatori a lavorare insieme», spiega il relatore per la posizione parlamentare sul provvedimento Jim Nicholson. Perché il vero potere eco-nomico è altrove. «Ogni volta che parliamo di relazioni commerciali nella fi liera agro-alimentare – aggiunge Nichloson – è come

se avessimo un elefante nella stanza: la grande distribuzione organizzata». Una volta passato a Strasburgo e approvato dal Consiglio il «pacchetto», valido fi no al 2020, entrerà in vigore da subito nella parte relativa al riconoscimen-to delle OP e dell’interprofessione.

Dopo sei mesi, quindi non prima del prossimo autunno, entrerà a regime nella sua interezza, con le regole su contratti, la negoziazio-ne collettiva e anche la program-

mazione produttiva per i formaggi Dop e Igp, richiesta a gran voce dalla fi liera

italiana. Per verifi care l’effi cacia del provvedimento, soprattutto dei suoi effetti sulla produzione delle aree svantaggiate, sono previsti due rapporti della Commissione, nel 2014 e nel 2018.

In settimana il via libera alle nuove regole per il lattiero-caseario

Da settembre cambia tutto Contratti scritti per il latte

Supplemento a cura di LUIGI CHIARELLO

[email protected]

Italia sotto indagine Ue per le quote latte. A rischio di procedura d’infrazione e con la minaccia di essere trascinata in giudizio diret-tamente in Corte di giustizia europea. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Uffi ciale dell’Unione europea (C 37 del 10/2/2012) della notifi ca inviata all’Italia l’11 gennaio 2012, la Commissione Ue ha reso pubblica l’apertura di una procedura d’indagine sulla proroga al pagamento delle rate per le multe-latte in scadenza nel 2010. Se-condo l’esecutivo Ue la proroga in questione avrebbe violato la nor-mativa sugli aiuti di stato, perchè rompe l’uniformità delle rate per un pagamento interessi zero, per come eccezionalmente accettato a Bruxelles, con la decisione 2003/530/CE del Consiglio europeo. Tecnicamente non si tratta però di una procedura di infrazione, ma le conseguenze potrebbero essere analoghe: le autorità nazionali hanno un mese per rispondere alle osservazioni dell’esecutivo Ue, a partire da ieri.I «prelievi supplementari» cui fa riferimento l’in-dagine di Bruxelles si riferiscono al periodo che va dal 1995/96 al 2001/2002. Nel 2003 l’Italia aveva ottenuto il via libera dall’Ecofi n per una rateizzazione dei pagamenti, a patto che i produttori aves-sero restituito allo Stato italiano gli importi dei mancati prelievi con rate annuali. Il versamento delle rate in scadenza a fi ne 2010 era stato dilazionato di sei mesi con la legge n. 10/2011, di conver-sione del decreto legge milleproroghe n. 225/2010. Si trattava del secondo rinvio: nell’ottobre 2010, la Commissione aveva richiesto chiarimenti anche in merito al primo rinvio, che aveva fatto slittare i pagamenti al dicembre 2010, ricevendo risposta tardiva, solo nel febbraio 2011. Proprio quando veniva approvata la legge di conversione del milleproroghe che autorizzava la nuova dilazione dei pagamenti. Un mese dopo l’approvazione di quella norma, nel marzo 2011, la Commissione Ue aveva inviato al governo italiano una nuova richiesta di chiarimenti. Secondo Bruxelles la proroga del 2011 non è conforme alla decisione dell’Ecofi n, né è giustifi ca-bile come aiuto di stato. Va ricordato che la proroga riguarda solo ed esclusivamente gli allevatori che, dopo aver splafonato la quota assegnata, hanno aderito alla prima rateizzazione delle multe non versate (prevista dalla legge 119/2003, detta legge Alemanno) e che a dicembre 2010 dovevano versare la settima delle 14 rate previste a interessi zero. Non riguarda, invece, gli splafonatori che hanno aderito alla seconda rateizzazione (disposta con la legge n. 33/2009, chiamata legge Zaia) e avrebbero dovuto versare a fi ne dicembre 2010 la prima rata delle trenta previste (con interessi che arrivano al 9%). E non riguarda, ovviamente, gli allevatori che non hanno mai aderito alle rateizzazioni. Tornando all’indagine Ue, se dopo la risposta dell’Italia, la Commissione continuasse a ravvisare l’incompatibilità dell’aiuto con le norme europee chiederà la sua soppressione. E se lo stato non si conformerà alla decisione la parola passerà alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

I NUMERI. Secondo Agea, per la 7° rata della rateizzazione Ale-manno, al 16 giugno 2011 (la proroga scadeva il 30 giugno suc-cessivo) erano 10.096 i produttori che avevano versato l’importo dovuto (19 mln di euro), mentre 1.231 produttori dovevano ancora provvedere al versamento per circa 5 milioni di euro.

LE REAZIONI. Per Confagricoltura, con la pubblicazione sulla Gazzetta Uffi ciale Ue dell’intenzione della Commissione di avviare nei confronti dell’Italia una procedura di infrazione per aiuti di sta-to, Bruxelles «ritiene che la proroga concessa dall’Italia rappresenti un ingiustifi cato aiuto di stato a favore dei produttori interessati e quindi sia incompatibile con le norme europee in materia di con-correnza». Palazzo Della Valle «ribadisce la necessità di assicurare l’applicazione delle norme nel rispetto dei sacrifi ci sopportati da chi ha applicato le leggi e di chi ha pagato le multe». Per Coldiretti «non c’era alcuna valida motivazione per una ulteriore proroga del pagamento delle multe che ha danneggiato gli allevatori che hanno creduto nello stato e si sono messi in regola affrontando duri sacrifi ci economici». Secondo palazzo Rospigliosi «quella proroga ha danneggiato gli interessi degli allevatori italiani che hanno rispettato le regole e, negli anni, hanno acquistato o affi ttato quote per 2,42 mld di euro». Soddisfatta Fedagri Confcooperative, «che ha sempre denunciato il continuo rinvio dei termini di pa-gamento delle multe dovute per lo sforamento delle quote» e si «augura» che la posizione Ue «porti fi nalmente a ristabilire nel settore equità competitiva nel rispetto della stragrande maggio-ranza dei produttori onesti». Infi ne, la Cia per cui «in questi anni

si sono tutelati gli splafonatori, il cui operato ha causato solo danni. Mentre si sono ignorate le esigenze dei tanti agricoltori onesti in grande crisi».

Luigi Chiarello e Angelo Di Mambro

Multe latte, bacchettata Ueper la proroga dei pagamenti

Il regolamento consolidato con gli emendamenti del Pe sul pacchetto latte su www.italiaoggi.it/documenti

La lettera Ue all’Ita-lia sulle quote lattesul sito www.italia-oggi.it/documenti

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23Sabato 11 Febbraio 2012SabatM E R C AT O A G R I C O L O

Il gelo attacca la gemma della vite. Sopravvivenza in bilico per olivi e kiwi, ma la neve può salvarli

Sulla frutticoltura il grande freddoColpito duramente anche il vivaismo. A rischio la vendemmia

DI ALBERTO GRIMELLI

Il grande gelo sceso sull’Ita-lia colpisce duramente olivi e kiwi, probabilmente anche peschi e albicocchi, con dan-

ni anche alla viticoltura. A de-stare preoccupazione non sono solo le minime termiche ma il susseguirsi di queste ondate di freddo e le forti nevicate che han-no provocato serie conseguenze al sistema vivaistico. Se, per le colture arboree in pieno campo, i danni sono infatti ancora poten-ziali e da riscontrare, quelli per il sistema vivaistico frutticolo sono reali e ingentissimi. «I danni da freddo sulle piantine li valutere-mo, oggi sono quelli strutturali a farci perdere il sonno», dichiara a ItaliaOggi, Paolo Laghi, coti-tolare della Vivai Piante Batti-stini di Cesena. «Nella nostra azienda, su 25 mila metri quadri di serre, ne sono crollati 18 mila per la neve. Solo per ricostruirle serviranno dai 500 ai 600 mila euro. Moltissime altre imprese del centro Italia sono nelle nostre stesse condizioni». A salvarsi il comprensorio vivaistico di Pisto-ia e Pescia, dove si concentrano

soprattutto vivai olivicoli. «Or-mai il vivaismo olivicolo lavora prevalentemente per l’export che rappresenta il 60-70% del nostro fatturato», dice Pietro Barachi-ni della Spo Olivi. «Non avendo subito ingenti danni a causa del clima di questo periodo siamo in grado di gestire un eventuale surplus di domanda per la rico-stituzione degli oliveti italiani». È infatti proprio l’olivicoltura a essere la coltura maggiormen-te sotto osservazione in questo periodo. «Gli olivi, specie quelli giovani, iniziano a soffrire a -8 gradi, con danni crescenti fi no a -15, soglia oltre la quale è in gioco la sopravvivenza stessa del-le piante», dichiara a ItaliaOggi Claudio Cantini, ricercatore dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Cnr. «Diffi cile quantifi care oggi i danni. Si possono azzarda-re delle stime soltanto sulla base delle esperienze delle storiche ge-late precedenti. Con temperature di -10 gradi è lecito attendersi dal 30 al 50% di piante danneggiate. Ad eccezione delle stroncature delle branche a causa del peso della neve, è impossibile però

quantifi care l’entità del danno fi no alla ripresa vegetativa». A rischio quindi sarebbe l’olivicol-tura in ampie aree olivicole, dal Gardesano al Piemonte, passan-do per la Liguria, l’entroterra toscano, la Romagna, l’Umbria, le Marche, il Molise, l’alto Lazio e persino certe zone della Campa-nia e della Calabria. A salvare la situazione potrebbe però essere

stata la neve che «fa da cuscinet-to termico», come confermato da Claudio Cantini. A sperare negli effetti benefi ci della neve anche i frutticoltori emiliani e roma-gnoli. «Siamo fortemente preoc-cupati per i kiwi», ha dichiarato Alvaro Crociani, direttore del Centro ricerche produzioni vege-tali di Cesena. «In Emilia abbia-mo infatti oltrepassato la soglia

di sofferenza per questa coltura. Abbiamo avuto temperature di -17 gradi per diverse notti conse-cutive, quando sappiamo che già a -15 gradi possono manifestar-si danni al 20-30% delle piante». Non solo Emilia-Romagna, anche il Piemonte soffre il gelo degli ul-timi giorni ma qui si guarda con preoccupazione soprattutto alle viti. «Il vero problema è che il 50% del vigneto piemontese era già potato prima di questo grande freddo», dice a ItaliaOggi Danie-le Della Valle, direttore tecnico dell’organizzazione Vignaioli Piemontesi. «È noto che le viti potate sono più suscettibili alle gelate, insieme con quelle più gio-vani, fi no a 2-3 anni di età. Nel caso di vigneti giovani è ipotizza-bile un mancato attecchimento delle barbatelle fi no al 30%. Nei vigneti in produzione, allo stato attuale, sono esclusi danni tali da compromettere la sopravvivenza delle piante ma possono manife-starsi mancati o ridotti germo-gliamenti. Non mi stupirebbe se nei vigneti più esposti ai danni da freddo vi possa essere un calo produttivo del 20%».

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DA BRUXELLES ANGELO DI MAMBRO

Il riequilibrio dei poteri nella fi liera e l’aumento del potere contrattuale degli agricoltori passa anche dalle polizze assicurative e dai fondi di mutualizzazione. Nelle proposte della Com-

missione sulla nuova Pac il concetto non è espli-cito ma ha buone probabilità di trovare una forma compiuta nel passaggio euro-parlamentare. Ne è convinto Michel Dantin, relato-re per la posizione sull’Ocm unica, quella che prevede gli incentivi all’aggregazione dei produtto-ri: «Il sostegno nella forma di finanziamento pubblico per l’adesione a fondi di mutua-lizzazione previsto dalla boz-za sullo sviluppo rurale», dice, «deve far rifl ettere i produttori e spingerli a organizzarsi». Gli articoli sulla «gestione del rischio» (37 e seguenti) della proposta della Commissione sullo sviluppo rurale, pre-vedono un fi nanziamento fi no al 65% del pre-mio dovuto o, secondo i casi, dei costi ammissibili, per la stipula di polizze di assicurazione su raccolto, animali e piante, per l’adesione a fondi di mutua-lizzazione per le emergenze ambientali, e per uno «strumento di stabilizzazione del reddito» per com-pensare gli agricoltori da eventuali perdite: un fondo cui i produttori possono attingere nei periodi di crisi, a condizione che il calo di reddito sia «superiore al 30% del reddito medio annuo del singolo agricoltore nei tre anni precedenti o del suo reddito medio trien-nale calcolato sui cinque anni precedenti».

Nella bozza di regolamento si fa riferimento a sin-goli agricoltori, non a organizzazioni e associazioni. Ma le esperienze nazionali (in Francia, Italia, Spagna e Olanda) in materia, e quelle europee come le misu-

re per la gestione del rischio già previste dall’Health Check e dal regolamento sull’Ocm vino, insegnano che strumenti del genere, come ammettono anche fonti della Commissione Ue, «si adattano meglio» alle Op e alle cooperative, perché possono garantire una platea allargata e una gestione amministrativa più semplice per il singolo. All’Europarlamento si vuole rendere la saldatura tra gestione del rischio e

aggregazione dell’offerta ancora più esplicita. Sostiene Dantin: «Le prerogative delle

organizzazioni dei produttori vanno defi nite attraverso l’articolo 37 del-

la proposta sullo sviluppo rurale e di quella sull’Ocm unica, perché le Op possono difendersi meglio sul mercato rispetto ai produtto-ri singoli e isolati». Anche attra-verso polizze e fondi insomma si potrebbe incentivare «l’aggrega-

zione dell’offerta, il riequilibrio dei rapporti tra produzione, industria

e distribuzione», dando al contempo «nuovi strumenti per la stabilità del reddi-

to», come ha sottolineato il presidente del Cogeca, Paolo Bruni a Fieragricola, al convegno «Pac Post 2013 e strumenti assicurativi connessi». Non che nell’impianto della Commissione non ci siano punti problematici, soprattutto per l’Italia: come rilevato da molti osservatori, collocare la gestione del rischio nel secondo pilastro, che nel nostro Paese utilizza la base regionale, potrebbe signifi care, a meno di modifi che, avere venti fondi di mutualizzazione di-versi. E allora, addio effi cienza, platea allargata e aggregazione dell’offerta.

Nella proposta di riforma Pac acquista peso la gestione dei rischi

Polizze e fondi mutualisticiper dar forza ai produttori

LA SPAGNA DOVRÀ RESTITUIRE 54,9 MILIONI di euro per impianto illegale di vigneti. Lo ha deciso il Tribunale dell’Ue, che ha respinto il ricorso di Madrid contro una decisione del 2008, in cui la Commissione rilevava

irregolarità tali da esigere il 10% di tutti gli aiuti concessi al settore vino spagnolo tra il

2003 e il 2004.

NEL PARLAMENTO UE SI ALLARGA IL FRONTE DEI CONTRARI all’accordo com-merciale tra Ue e Marocco, che dovrebbe essere approvato la settimana prossima a Strasburgo. Oltre ai Verdi e ai deputati spagnoli, a considerare l’accordo «cata-strofi co» per l’ortofrutta europea ci sareb-bero anche molti esponenti del Ppe.

NEL 2011 LE COLTIVAZIONI BIOTECH hanno continuato a gua-dagnare ettari a livello globale, con il Brasile Paese leader nella crescita delle superfi ci. Lo rileva l’ultimo rapporto Isaaa, che per quanto riguarda l’Ue certifi ca anche l’aumento delle estensioni a mais Bt (+25% rispetto al 2010), e il crollo della patata Amfl ora, come anticipato da ItaliaOggi (appena 17 ettari).

PROMUOVERE IL «RUOLO CRUCIALE» DELL’AGRI-COLTURA sostenibile per assicurare a tutti l’accesso a cibo suffi ciente deve essere obiettivo prioritario della Conferenza Rio+20. È la raccomandazione che il Comitato economico e sociale dell’Ue ha consegnato al commissa-rio all’ambiente Potocnik, che rappresenterà l’Europa al vertice in programma a giugno.

CON UNA LETTERA DATATA 10 FEBBRAIO 2012, anche la Slovenia si è pronunciata contro la liberalizzazione dei diritti di impianto delle viti. L’opposizione ora conta 14 stati, mancano 50 voti per ottenere la maggioranza qualifi cata in Consiglio e rivedere così la decisione prevista dalla riforma 2008 del settore

DOPO UN ANALOGO INTERVENTO IN AUTUNNO per il vergine, la Commissione Ue ricorre ancora all’aiuto per l’ammasso privato di olio d’oliva, stavolta anche per l’extravergine. La misura copre 100 mila tonnellate di prodotto per una durata di cinque mesi, la prima aggiudicazione parziale è prevista il 23 febbraio.

Angelo Di Mambro

Il testo della proposta della commissio-ne Ue sullo sviluppo rurale nella nuova Pac su www.italiaoggi.it/documenti

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24 Sabato 11 Febbraio 2012 P O LT R O N E I N E R B A

DI CLAUDIA CERVINI

Quasi 5 mln di bottiglie vendute e fatturati in linea con il 2010 (chiuso a 43,967 mln di euro) con un leggero calo a volume, nono-stante una crisi sistemica «mai così nera in

50 anni di attività. Niente a che vedere con le lievi diffi coltà incontrate tra il ’92 e il ’95», racconta il pioniere delle bollicine Franco Ziliani, enologo e presidente della Guido Berlucchi. Le pa-role chiave di questo 2012 per la storica azienda franciacortina campionessa Vi-nitaly 2011 saranno ristorazione e Sta-ti Uniti. Obiettivi perseguiti attraverso nuove linee e accordi con distributori, puntando a raccogliere i frutti dei 4 mi-lioni di euro investiti in processi di produ-zione ed export nel 2010, cifra triplicata rispetto all’anno precedente.

Per traghettare l’azienda verso l’in-novazione Ziliani chiama a raccolta i fi gli: «Il miglior modo per coniugare la mia storia e la tradizione con il futuro». Il futuro per l’azienda bresciana passa innanzitutto da una maggiore presenza nel canale Horeca. «Puntiamo ad aumentare le nostre quote di mercato nella risto-razione, nei bar e nelle enoteche (pari oggi al 19% sul totale spumanti metodo classico fonte Nielsen relativa a novembre 2011, ndr)», spiega Arturo Zilia-ni, enologo e vice-presidente del gruppo. «Attraverso una presenza più capillare e prodotti creati ad hoc». Come la linea Cellarius lanciata qualche mese fa, «millesimato dedicato a consumatori evoluti, con-sapevoli ed esigenti, destinato a una ristorazione di un certo tipo, con un prezzo di enoteca che va da 18 a 24 euro». Ma anche, all’opposto, con la linea 61 Brut (16 euro il prezzo medio in enoteca), «dal

packaging moderno, pensata soprattutto per il bar e per un consumo più spensierato» che celebra il primo Franciacorta nato proprio nelle cantine dell’azien-da nel 1961. Nella grande distribuzione, infatti, il marchio è saldo «con una quota di mercato del 40% se si fa riferimento agli spumanti metodo classico» e punterà a mantenere il suo posizionamento. L’al-tra vera scommessa per il 2012 è l’export (che vale il 7% del fatturato ed è cresciuto del 50% rispetto

al 2010). «Dobbiamo fare i conti con una scarsa conoscenza delle bollicine, con un marketing dilagante e truffaldino, con la concorrenza degli champagne, ma anche delle bollicine australiane, californiane, spagnole, sudamericane», spiega Ziliani senior, il quale riporta la sua azienda sul mercato americano, dove mancava da qualche anno. «Abbiamo fi rmato un accordo esclusivo con Terlato Wines In-ternational (un tempo conosciuto come Paterno Imports), storico importatore di vini premium e superpremium: puntiamo

a vendere 300 mila bottiglie in cinque anni», spiega Arturo Ziliani. Accordo salutato positivamente anche dal partner. «Stavamo cercando nuove opportunità per sviluppare il segmento dello spumante classico italiano e abbiamo scelto Berlucchi», ha affermato William Terlato, Ceo di Terlato Wines. Anche qui l’obiettivo è una presenza costante nel canale Horeca, dove Terlato distribuisce vini di alta gamma. La Gui-do Berlucchi si impegna poi a fare le bollicine green: «Oltre all’impianto fotovoltaico capace di sopperire al 50% della produzione e alle tecnologie studiate per il risparmio idrico, l’azienda è nel progetto Ita.Ca per il monitoraggio delle emissioni di anidride carbonica: l’obiettivo è un bilancio pari a zero».

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ANTONELLO CIURNELLI è stato confermato, assieme a tutto il cda, presidente di Sasso dei Lupi, cooperativa del vino umbro di Marsciano (Pg). La governance è riuscita a restituire ai 928 soci il senso dell’appar-tenenza alla cooperativa, a far crescere il fatturato del 3,1%, e i clienti dell’8,7%. L’imbottigliato è aumentato del 6,50% con circa 19 mila clienti nei punti vendita. [email protected]

SALVATORE LA LUMIA (nel-la foto) è il presidente del Movimento Turismo del vino Sicilia. Trent’anni, produttore vitivinicolo, enologo e agronomo di Te-nute Barone La Lumia di Licata (Ag). Ha preso il posto di Eliza-beth Scilio. Il suo progetto vede l’utilizzo di reti, del web 2.0 e dell’opportunità di legare il turismo all’enoturismo con pac-chetti specifi ci. [email protected]

GAETANO DE VINCO (nella foto) riconfer-mato presidente di Confcooperative Mode-na. Per lui è il terzo mandato consecutivo

con la prima elezione che risale al 2003. L’elezione è avvenuta per acclamazione dell’assemblea dei soci. [email protected]

ALBERTO ANCORA (nella foto), 46 anni, laureato in Agraria, è il nuovo re-sponsabile della divisione Agro di Basf Italia. Già responsabile marketing colture oleaginose e mais per l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente, Ancora prende il posto di Sergi Vizoso, promosso direttore business management della divisione agro di Basf per l’Europa dell’Est, con base a Mosca. [email protected]

IN ASSEMBLEA GENERALE, IL 24 APRILE, il cda della multinazionale svizzera Syn-genta proporrà la nomina di tre nuovi consiglieri. Si tratta di Vinita Bali, ad e ceo di Britannia Industries, primaria industria alimentare indiana, di Gunnar

Brock, presidente di Stora Enso, Mölnly-cke Health Care and Rolling Optics, e di Michel Demaré, direttore fi nanziario di Abb. Sostituiranno due consiglieri uscenti: Pierre Landolt e Rolf Watter.

PALOMA URETA TOSADA (nella foto), laurea in vete-rinaria, è stata nominata direttore del libo genea-logico e della selezione di Aeceriber, associazione spagnola con sede a Zafra

(Estremadura) cui aderiscono oltre 700 soci in rappresentanza di un migliaio d’allevatori di suini selezionati di razza ibérico puro e tronco ibérico. [email protected]

ISABEL GARCÍA TEJERINA E IGNACIO ESCO-BAR Sono stati nominati rispettivamente segretario generale dell’agricoltura e dell’alimentazione e direttore generale delle risorse ittiche e dell’acquacoltura del ministero spagnolo dell’Agricultura.

SI È RIUNITA IERI A BOLOGNA l’assemblea

costituente dell’Associazione nazionale tecnici ispettori per le produzioni biolo-giche (AssispeBio). Promotore ne è un comitato volontario, sorto lo scorso anno e formato da tecnici ispettori indipendenti che collaborano con gli enti di certifi cazio-ne. L’associazione, che entrerà a far parte di FederBio, si propone di rappresentare l’interesse comune dei tecnici ispettori associati, d’assicurare la tutela sindacale della categoria e di promuovere principi e comportamenti professionali virtuosi. [email protected]

CAMILLA CARAMICO (nella foto) è stata nominata presidente di Cosidis, società titolare del marchio insegna Sidis utilizzato da diversi soci del grup-po distributivo Interdis. Caramico, che succede all’imprenditore siciliano Cristofero Arena. [email protected]

Andrea Settefonti e Luisa Contri

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GIRI DI POLTRONE

In economia un eccesso di regolamentazione non è mai un fat-to positivo. Nella stagione delle liberalizzazioni a piè spinto inaugurata dal governo Monti, la passione del mondo del vino per le denominazioni di origine appare come una stecca

nel coro dell’Italia. Ogni etichetta, impreziosita da una specifi cità territoriale, nei fatti è un intervento amministrativo che distorce la normale concorrenza del mercato, assegnando soltanto a pochi eletti una specialità ed una unicità. Serve a garantire la qualità dei prodotti acquistati dai consumatori, ma anche per questa ragione il ricorso alla denominazione di origine dovrebbe essere contenuto. An-drebbero evitati, soprattutto da parte dei grandi paesi dell’enologia mondiale, eccessi in grado di disorientare chi beve e consuma. Non è questa la situazione italiana. Il pallottoliere delle etichette di origine, infatti, segna ormai quota 527. Tante sono le Doc e le Igt espressione del vino italiano. Troppe, sicuramente, anche per un paese ricco di tanti vitigni autoctoni e di una tradizione enologica plurisecolare. Nella globalizzazione contemporanea la denominazione di origine del vino dovrebbe agire come un rafforzativo del brand, non come un’informazione che può disorientare il consumatore. In termini economici una Docg è l’equivalente di una barriera all’entrata. Una denominazione di origine si crea per proteggere l’ingresso di possibili concorrenti nella produzione di un vitigno che avrà l’etichetta soltan-to se proveniente dalla zona certifi cata. La Champagne è il miglior esempio degli effetti economici positivi producibili da una barriera all’entrata di tale natura: il valore dei terreni è cresciuto esponenzial-mente nel tempo, perché uno Champagne è tale nel mondo soltanto se proviene dalle aree certifi cate per produrlo. Uno studio dell’econo-mista Aurelie Deluze dell’Università di Reims ( «What future for the Champagne industry?», AAWE paper n .64) ricostruisce il successo economico della regione francese come il prodotto del suo peculiare modello istituzionale basato sul lavoro di due organismi – il CIVC e l’AOC – capaci di adattare le esigenze produttive della regione ai cambiamenti della domanda internazionale. Un modello in diffi coltà adesso per l’esaurimento delle aree vitabili a fronte di una domanda in continua crescita. Ma si tratta di un caso estre-mo per gli operatori economici interessati, diffi cilmente replicabile o estendibile in ogni situazione dell’enologi mondiale. Perché una denominazione di origine assolva al meglio il suo obiettivo econo-mico devono essere presenti alcuni elementi essenziali. Innanzitutto l’estensione dell’area certifi cata deve essere suffi cientemente ampia da consentire una produzione adeguata del prodotto per una offerta su scala mondiale. Poi, la Docg deve saper produrre delle economie di scopo tra i produttori, cioè interessare un numero minimo di imprese che possono profi ttevolmente cooperare per la promozione della denominazione. Infi ne, serve qualche campione «locale», cioè un’impresa con una dimensione di fatturato suffi cientemente elevata da poter fare da leader della Docg, determinando il prezzo di vendita ed evitando il rischio della concorrenza quasi perfetta da eccesso di frammentazione che riduce la redditività.

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L’ANALISI

Oltre 500 denominazioniBarriera alla competitività

DI EDOARDO NARDUZZI

Franco Ziliani

Enoteche e bar americani nelle strategie di Franco Ziliani

Al saloon BerlucchiPatto con Terlato per i ristoranti Usa

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25Sabato 11 Febbraio 2012Sabato 11 Febbraio 2012I S M E A

Ma sull’agroalimentare in prospettiva pesa l’attesa di un peggioramento del ciclo economico

Il cibo di qualità resiste alla crisiLa locomotiva resta l’export. Rischio frenata per i consumi

«Il 2010 ha chiuso con un bilancio complessiva-mente favorevole per i prodotti a denominazio-

ne di origine. La cartina di tor-nasole è il fatturato alla produ-zione, che ha messo a segno un aumento a due cifre (+14% circa). Ma a confermarlo è anche l’evo-luzione dei consumi domestici che, in controtendenza rispetto all’andamento generale della spesa alimentare, sono tornati a crescere, in valore, a un tasso del 2,1% rispetto al 2009».

Lo ha riferito Egidio Sardo, direttore generale dell’Ismea, intervenendo alla presentazione del rapporto Ismea-Qualivita sui prodotti agroalimentari a de-nominazione d’origine, tenutasi a Roma il 31 gennaio scorso alla presenza del ministro delle Poli-tiche agricole, Mario Catania.

Dall’analisi è emerso che in prospettiva il comparto dei pro-dotti agroalimentari di qualità potrebbe, presumibilmente, ac-cusare i contraccolpi di un peg-gioramento del ciclo economico. E come già si è verificato nel biennio di crisi 2008-2009, non si esclude che per diversi prodot-

ti, tra quelli tutelati dai marchi Ue di qualità, le pro-duzioni, ma soprattutto i consumi, pos-sano subire le ricadute di una se-conda ondata recessiva.

Seppure in un contesto meno favorevole, la rela-zione ha messo in luce diversi ele-menti positivi, che potrebbero se non altro attenuare le ricadute legate al peggioramento del ciclo.

«Riteniamo», ha proseguito Sardo, «che la vera valvo-la di sfogo, rappre-sentata dall’export, che copre circa un terzo del fatturato alla produzione del sistema agroali-mentare di qualità, possa di fatto svolgere un ruolo compensativo, riducendo l’eventuale impatto negativo associato a una sta-

gnazione o a una probabi-le battuta d’arresto dei

consumi fi nali».I risultati più re-

centi, aggiornati a ottobre 2011, ri-

velano nel frat-tempo un pro-seguimento della dinamica espan-siva delle esporta-zioni per tutti i prin-cipali comparti della

qualità: dai formaggi (+24% per i soli grana) ai prosciutti (+8%), dagli ortofrutticoli (per le mele si rileva un aumento delle esporta-zioni di quasi il 30%) ai salumi in generale. Da segnalare inol-

tre il contributo determinante del comparto vinicolo che mantiene un ritmo di crescita sostenuto, confer-mato nei primi dieci mesi del 2011 da un aumento del fatturato all’estero di oltre il 13%.

«In relazione ai consumi interni, se il 2012 potreb-be riservare un

andamento peg-giore», ha spie-gato il diret-tore generale dell ’Ismea, «va anche detto che,

dalle nostre rilevazioni, non

emergono al mo-mento sviluppi ne-

gativi. Al contrario

i dati non ancora completi del 2011 confermano, per molti dei prodotti a denominazione d’ori-gine, la tendenza all’aumento già registrata nel corso del 2010. E il bilancio fi nale dovrebbe con-fermare questa direzione, se non altro nei valori di spesa».

Signifi cativi anche i risultati dell’indagine panel realizzata dall’Ismea per misurare il clima di fi ducia presso gli operatori del settore.

L’ultima, che aggiorna il qua-dro al quarto trimestre 2011, in-dica in particolare un sentiment complessivamente migliore pres-so le imprese del sistema qualità rispetto all’insieme delle realtà produttive dell’agroalimentare.

Più in dettaglio, tra le diver-se componenti che concorrono a defi nire l’indice di fi ducia si riscontra, nel quarto trimestre 2011, una prevalenza di giudizi negativi sia sulla dinamica degli ordinativi, sia sui ritmi di smal-timento delle scorte. Le attese di produzione confermano invece ancora una prevalenza di giudizi positivi, seppure meno marcata rispetto al dato rilevato nel terzo trimestre 2011.

Lo scorso 8 febbraio a Ber-lino, in occasione di Fruit Logistica 2012, Ismea ha presentato, con Fedagro-

mercati, l’Osservatorio nazionale dei prezzi ortofrutticoli, un siste-ma avanzato di rilevazione e mo-nitoraggio dei prezzi alle diverse fasi di scambio che coinvolge l’in-tera fi liera, dal campo alla tavola.

Nato per ga-rantire la tra-sparenza del mercato e per assicurare al consumatore una corretta informazione e co-noscenza sulle dina-miche dei prezzi, l’Osserva-torio mette a frutto lo storico know how dell’Istituto nella rilevazione all’origine, attività che svolge sin dal 1965 attraverso il monito-raggio costante di tutti i prodotti agricoli, della pesca e dell’acqua-coltura. Gli ortofrutticoli oggetto di rilevazione nell’Osservatorio sono 29, di cui 14 appartenenti al comparto degli ortaggi e 15 a quello della frutta fresca, indivi-duati sulla base della rilevanza produttiva e dell’incidenza sulla spesa delle famiglie italiane.

Alla fase all’origine l’Osserva-torio monitora con cadenza quo-tidiana 80 piazze sul territorio nazionale (40 per gli ortaggi, 40

per la frutta fresca), selezionate in funzione del grado di rappresen-tatività. Restituisce come output, oltre ai valori puntuali, i prezzi medi mensili e settimanali e le relative variazioni su base con-giunturale e tendenziale.

Con riferimento ai mercati all’ingrosso, Ismea, grazie al

supporto di Fedagromer-cati (la Federazione

nazionale delle a s s o c i a z i o n i degli operato-ri all’ingrosso agro-floro-itti-co-alimentari),

fornisce i prezzi medi settimana-

li ponderati con le quantità di prodotto com-

mercializzato, rilevati sui princi-pali mercati agro-alimentari.

Infi ne, per quanto attiene all’ul-tima fase di scambio, quella del commercio al dettaglio, Ismea, servendosi di un flusso di dati proveniente direttamente da 16 delle principali insegne delle Gdo, elabora e fornisce i prezzi medi di tutte le referenze ortofrutticole presenti nei punti vendita di oltre 180 comuni italiani.

Il prossimo passo - spiega l’Isti-tuto - è attivare un servizio di con-sultazione diretta nella base dati, allo scopo di consentire l’incrocio dei prezzi per località, prodotto, marchio e insegna distributiva.

A Fruit Logistica debutta l’osservatorio

Ortofrutta, Ismeamonitora i listini

Il bilancio di gennaio, sui mer-cati nazionali degli oli di oliva, mostra un andamento ancora negativo dei prezzi alla prima

fase di scambio. Lo rileva l’Ismea che a fi ne mese

calcola, in media, un calo tenden-ziale dei prezzi (rispetto a gennaio 2011) di quasi il 17% per gli oli ex-travergini e del 13,6% per la gam-ma dei vergini. Meno rilevante la caduta dei prezzi per i lampanti che su base annua contengono i ribassi a un meno 3,6%.

Anche all’estero, in particolare sulle piazze greche e spagnole, i listini degli oli di oliva si manten-gono su livelli contenuti, alimen-tando un diffuso malcontento tra gli operatori. Le pressioni alla vendita hanno spinto ancora al ri-basso gli extravergini spagnoli, che su base annua registra-no a fine gennaio scarti negativi tra il 6 e il 10% in funzione delle piazze. In valore assoluto, in base alle rilevazioni Ismea, i prezzi degli extravergini italiani, franco azienda deposito produttore, si attestano, mediamente, sui 2,45 euro al chilo-grammo.

A Jaen l’extra-vergine spagnolo è sceso invece sotto 1,80 euro, mentre in Grecia le quo-

tazioni restano poco oltre la soglia dei 2 euro/kg.Intanto, l’Ismea ha rivisto al ribasso le stime

sulla produzione italiana di olio d’oliva. L’ultima ricognizione, effettuata in collaborazione con

Unaprol e Cno, ha ridotto di cir-ca 20 mila tonnellate le preceden-

ti valutazioni, datate ottobre 2011, portando il nuovo dato di produzione, per la campagna 2011-2012, a 483

mila tonnellate, in calo del 6% rispet-to alla precedente annata. Tiene com-

plessivamente il Mezzogiorno, ad eccezione di poche realtà regionali come quella sarda e campana. Al Centro Italia, al contrario, la produzione ha subito una generalizzata, ol-tre che rilevante, riduzione, con una perdita

media di circa un terzo rispetto alla scorsa campagna.

Extravergine giù del 17% circa. Oli vergini in calo del 13,6%

A gennaio si raffreddanopure i prezzi dell’olio d’oliva

oltre la soglia dei 2 euro/kg

OLI DI OLIVA,PREZZI A FINE GENNAIO 2012

Piazza €/kg Var. annua

Italia

Bari 2,35 -22,9%Rossano 2,50 -13,3%

Spagna

Jaen 1,78 -5,8%Granada 1,83 -6,2%

Grecia

Creta 2,00 -7,4%Sparta 2,11 -8,7%

Fonte: Ismea

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26 Sabato 11 Febbraio 2012 FEDAGRI CONFCOOPERATIVE

Strategici nella nuova Pac i fondi mutualistici e le assicurazioni contro calamità e crisi di mercato

Una regia unica per gestire le crisiGli strumenti dei Psr vanno coordinati a livello nazionale

DI MAURIZIO GARDINI*

Una nuova politica agri-cola non può non tener conto dell’instabilità di mercato e del cambia-

mento climatico, eventi imponde-rabili che condizionano i redditi delle aziende. Le proposte della nuova Pac contengono già alcu-ne misure di intervento basate sulle assicurazioni e sui fondi mutualistici a copertura sia dei rischi legati ad eventi naturali che a crisi di mercato. La strada per renderli operativi, tuttavia, è ancora molto lunga.

Occorrerebbe in primo luogo individuare formule applicative che consentano agli stati membri di gestire in forma aggregata tali strumenti. In secondo luogo, per quel che riguarda specifi camen-te l’Italia, sarebbe auspicabile superare la gestione regionale propria dei Psr che rischia di rendere diffi coltoso il coordina-mento delle politiche relative alle assicurazioni agevolate e ai fondi mutualistici, che nella proposta della Commissione sono inseriti nel secondo pilastro.

A nostro avviso gli strumenti di gestione delle crisi e di tutela e stabilità del reddito assumeranno nei prossimi anni una centralità

nelle politiche agricole di tutto il mondo. È necessario pertanto iniziare a lavorare fi n da ora an-che nella direzione di un supera-mento della logica della gestione annuale del bilancio Ue, che non consente la fl essibilità necessaria per attivare strumenti di gestione delle crisi, i quali richiedono inve-ce strumenti fi nanziari di durata pluriennale.

Occorrerà infi ne lavorare affi n-ché i 3,5 miliardi di euro previsti fuori del quadro multiannuale di bilancio per le gravi crisi di mer-cato vengano trasformati in un

fondo di rotazione. La ricerca dei migliori stru-

menti di gestione e prevenzione delle crisi è però solo la parte terminale di un discorso molto più ampio sulle politiche atte a creare stabilità dei redditi. Non esistono infatti misure che ten-gano di fronte ad una fi liera di approvvigionamento che non è effi ciente.

In poche parole, possiamo in-ventare mille tipologie di assicu-razioni e fondi mutualistici per ripagare le perdite derivanti da eventi imprevisti ma se a monte

di tutto ci sono aziende scarsa-mente organizzate, sottodimen-sionate e gestite con logiche scarsamente imprenditoriali, questi strumenti rischieranno solamente di divenire un costo ulteriore per la collettività. Ecco perché l’Ue sta concentrando una parte importante del dibat-tito sul tema del funzionamen-to delle fi liere, proprio perché si tratta di un elemento di impor-tanza imprescindibile sia per i soggetti che presidiano e com-pongo le fi liere, ma anche per il consumatore fi nale.

Il buon funzionamento delle fi liere è esattamente in linea con gli obiettivi della Pac: è infatti considerato dall’Ue un vero e proprio «bene pubblico» perché da una parte garantisce al consuma-tore la trasparenza della qualità delle produzioni al giusto prezzo, e dall’altra garantisce la giusta distribuzione del valore aggiun-to tra i diversi soggetti, i relativi livelli competitivi e quindi il ri-spettivo reddito.

Da questo punto di vista un’importante parte del dibat-tito della futura Pac sarà colle-gata agli strumenti per il buon funzionamento delle fi liere agro-alimentari, le cosiddette misure di mercato. La Commissione

europea vede nell’aggregazione e nell’organizzazione dell’offerta agricola un aspetto strategico cruciale per l’implementazione delle misure di mercato, costruite essenzialmente sulle organizza-zioni di produttori, loro associa-zioni e sugli organismi interpro-fessionali, per tutti i settori; ciò in abbinamento agli strumenti per la gestione del rischio (anche se previste per la maggior parte nel-lo sviluppo rurale).

È importante che il percorso negoziale dei prossimi mesi per-metta l’istituzione di misure di mercato virtuose e incentrate sui percorsi di aggregazione, anche perché fi liere e effi cienti e ben funzionanti rendono più effi caci i classici strumenti su cui la Pac si fonda: i pagamenti diretti e lo sviluppo rurale.

A mero titolo di esempio è inu-tile negoziare la composizione e l’entità dei pagamenti diretti o di misure per gli investimenti (nello sviluppo rurale) se poi l’imprendi-tore agricolo non ha alcun potere contrattuale e non riesce a pro-durre valore aggiunto e reddito attraverso la propria attività per-ché la fi liera che presidia è ineffi -ciente e mal funzionante.

*presidentedi Fedagri Confcooperative

Sarà pure un vecchio stereotipo quello del Nordest come locomoti-va del paese, ma è quasi impossibile non farne ricorso davanti ai 10 miliardi di euro di fatturato prodotti dalle 800 cooperative agricole che operano in Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Veneto. Con una indiscussa posizione di leadership in settori quali la zootec-nia, il vino, i formaggi e l’ortofrutta, le imprese cooperative del Nor-dest (il 14% del totale) generano di fatto il 29% di tutta la ricchezza della cooperazione agroalimentare nazionale, pari a 34,3 miliardi di euro (dati 2008). Se si considera anche l’Emilia-Romagna, che realizza da sola il 35% del fatturato nazionale della cooperazione agroalimentare, il peso delle 4 regioni raggiunge addirittura il 64% della ricchezza generata dalla cooperazione nel paese.

Le cifre sono state rese note dall’Osservatorio della cooperazione agricola, istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimen-tari e forestali e costituito dalle cinque organizzazioni cooperative (Fedagri-Confcooperative, Legacoop agroalimentare, Agci-Agrital, Unci e Unicoop), nell’ambito di un incontro svoltosi a Verona, che rientra nel quadro di un ciclo di iniziative promosse d’intesa con il Mipaaf.

Il calendario degli incontri per la divulgazione dei dati dell’Os-servatorio prevede un nuovo appuntamento territoriale, riservato alle Regioni Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna.

L’incontro si terrà a Napoli giovedì 23 febbraio 2012, alle ore 15,30, presso la Sala Convegni della Giunta regionale della Cam-pania, Centro Direzionale Isola A/6, Napoli.

La riunione sarà dedicata all’illustrazione dell’ultimo rapporto dell’Osservatorio con particolare riferimento alle aree interessate ed ai settori ortofl orofrutticolo e vitivinicolo. Parteciperanno, insieme a Paolo Bono di Nomisma, il vice presidente nazionale di Fedagri Giorgio Mercuri e la presidente di Fedagri Campania Luigia Adi-letta, il vice presidente Agci Agrital Elia Fiorillo, la responsabile Legacoop Agroalimentare Campania Maria Grazia Gargiulo e Vito Amendolara, consigliere Agricoltura Regione Campania.

L’Osservatorio della Cooperazione agricola italiana, isti-tuito dalla legge n. 231/2005 presso il Mipaaf, di cui fanno parte le cinque organizzazioni nazionali di rappresentan-za attive in campo agroalimentare (Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop agroalimentare, Unci-Coldiretti e Unicoop).

Nel Nordest il 29%del fatturato cooperativo

Con 55 punti vendita aderenti, il Piemonte è una delle regioni in cui il progetto Qui da Noi – Negozi Cooperativi di Ven-dita Diretta, promosso da Fedagri, sta ottenendo maggiori consensi non solo in termini di adesioni, ma anche di positive risposte da parte dei clienti fi nali. Ciò anche grazie ad una effi cace campagna di promozione fi nalizzata a comunicare il brand al consumatore contraddistinta dal claim «Dove trovo l’Italia più buona? Qui da Noi!» che si è articolata su carta stampata, affi ssioni, pubblicità sui mezzi di trasporto, spot radiofonici, annunci su tv locali e su trailer nei cinema di Torino.Da regione particolarmente vocata al vino, Qui da Noi ha ottenuto un naturale riscon-tro con le cantine sociali, non solo nell’are-ale delle Langhe e Roero con i Produttori di Govone, la Cantina del Nebbiolo, la Cantina di Clavesana e l’associazione Vignaioli Piemontesi bensì anche nelle altre province, con Barbera Sei Castelli nell’Astigiano e Cantina Alice Belcolle in provincia di Alessandria. Alle realtà vi-tivinicole si affi ancano le eccellenze della zootecnia piemontese rappresentate dalla Cooperativa Buschese e Le Fattorie Monregalesi, con i loro numerosi punti vendita sparsi sul territorio del Cuneese. Il progetto ha inoltre suscitato grande partecipazione anche nelle cooperative della fi liera ortofrutticola e del settore biologico, quali Solidarietà Tre, il Frutto Permesso e Biolanga, tutte aziende ben organizzate e riconosciute anche al di fuori del proprio territorio d’origine.Per scoprire nel dettaglio i punti vendita pie-montesi Qui da Noi, visita il sito www.quida-noi.coop.

QUI DA NOI

In Piemonte 55 punti di vendita diretta

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Maltempo, stallacrollata sul confineromagnolo–marchigiano

Pagina a cura di

FEDAGRI

CONFCOOPERATIVE

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27Sabato 11 Febbraio 2012

i di lDiritto

onin edicola co

& Fisco

Emendamento al decreto legge milleproroghe riconosce anche concorsi ad hoc per l’Agenzia

Fisco, c’è la norma salva-dirigentiOk agli incarichi a tempo per i funzionari delle Entrate

DI CRISTINA BARTELLIE FRANCESCO CERISANO

Arriva la norma salva dirigen-ti dell’Agenzia delle entrate. Un emendamento del decreto legge mille proroghe al senato,

fi rmato dai relatori Lu-ciano Malan e Vidmer Mercatali lancia un salvagente all’Agen-zia delle entrate sul-la vicenda degli 800 funzionari nominati come dirigenti senza concorso oggetto di un contenzioso davanti al Consiglio di Stato.

L’emendamento consente di fare as-sunzioni anche in deroga alle disposi-zioni vigenti procedurali e sui limiti di spesa. L’emendamento infatti prevede che in relazione all’esigenza urgente e inderogabile di assicurare funziona-lità operativa delle proprie strutture l’Agenzia delle entrate è autorizzata a espletare procedure concorsuali per la copertura delle posizioni dirigenzia-li attraverso la stabilizzazione (art. 1, comma 530, legge 296/06). L’emenda-mento continua prevedendo che, nelle more dell’espletamento delle procedure concorsuali ad hoc, le Entrate potranno affi dare incarichi dirigenziali ai funzio-nari con la stipula di contratti a tempo determinato la cui durata è fi ssata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto. In questo modo, attraverso la legge, si decide della sor-te degli 800 funzionari su cui pende la vertenza della decisione del Consiglio di stato. In agosto, infatti il Tar Lazio ave-va riconosciuto la procedura di affi dare incarichi dirigenziali ai funzionari, de-

rogando di anno in anno l’incarico, non conforme alle norme sulla dirigenza. Il braccio di ferro tra Entrate e sindacati della dirigenza, promotori del ricorso, sta continuando davanti al consiglio di stato dove è attesa nelle prossime set-timane la pronuncia. E sulla questione

Attilio Befera, diretto-re dell’Agenzia delle entrate, aveva avuto modo di chiedere un in-tervento del legislatore durante l’audizione in commissione finanze alla camera lo scorso 31 gen-naio. In

particolare Befera aveva chiesto di avviare pro-cedure concorsuali realmente idonee a reclutare diri-genti che abbiano le caratteristiche professionali e manageriali ri-spondenti alle funzioni tipiche dell’Agenzia e nel frattempo continuare ad affidare la di-rezione degli uffici vacan-ti ai migliori funzionari, as-sicurando la necessaria fl es-sibilità nell’at-tribuzione de-gli incarichi dirigenziali. S b l o c c a t a poi la riasse-

gnazione delle entrate per semplifi care e accelerare le procedu-re relative alle nuove assunzio-ni di ma-gistratura,

avvocati e procuratori di stato.Gli emen-

damenti in-tervengono poi

ancora una v o l t a

sui lavori della commissione tributaria centrale, prorogando la scadenza del 31/12/2012 fi no al 31 dicembre 2013. La norma precisa che nel caso di soc-combenza in primo grado del fi sco an-che parziale, la mancata riforma della decisione determina l’estinzione della controversia e passaggio in giudicato della decisione.

Salva inoltre la riapertura delle liti fi scali pendenti perchè l’emendamento Mercatali per la soppressione è stato ritirato, restano quindi immutato il testo proveniente dalla Camera e la possibilità per le liti pendenti alla data del 31 dicembre 2011 (nuova data) di valore inferiore ai 20 mila euro di essere chiuse con il fi sco entro il 2 aprile 2012 (essendo il 31 marzo un sabato).

I relatori poi dettano i requisiti per il calcolo compensi per gli amministratori con deleghe delle società partecipate dal Ministero dell’economia e delle fi nan-ze, previsto dall’articolo 23-bis della manovra Monti. Ripristinato lo sconto per i pagamenti con le carte di credito alle stazioni di servizio dei carburanti. Novità anche sul fronte della tabella di marcia sul federalismo fi scale. Gli emendamenti dei relatori infi ne con-cedono un anno in più per i fabbisogni standard ai fi ni del federalismo fi sca-le. Sarà il 2013 e non il 2012 l’anno del defi nitivo abbandono del criterio della spesa storica. Vieni abrogata la norma che imponeva di conclu-dere entro il 2011 la procedura di defi nizione dei fabbisogni standard relativi ad almeno un terzo delle funzioni e ci sarà tempo fi no al 31 marzo 2013 per defi nire i fabbiso-gni standard relativi ad almeno due terzi delle funzioni.

© Riproduzione riservata

DI SERGIO LUCIANO

Per fare un vero e proprio road show all’estero, con cui presentare ai poten-ziali acquirenti gli immo-

bili che deve vendere, l’Agenzia del demanio non avrebbe i soldi, o meglio non vuol spendere così quelli che ha. Quindi, per invo-gliare il maggior numero possibi-le di investitori sul «catalogo» di caserme, fari, terreni e quant’al-tro andrà privatizzato, ricorrerà – sotto la guida del neodiretto-re Stefano Scalera – al sistema delle aste online. Un road-show virtuale, molto apprezzato però dagli addetti ai lavori.

È stata una delle novità emer-

se nel primo incontro tra il nuovo vertice dell’Agenzia e gli operato-ri del settore immobiliare, riuniti ieri in una gelida Milano alle 7,30 del mattino per un «breakfast meeting» molto effi ciente e molto affollato. Da Carlo Puri Negri a Vittorio Solaro Dal Borgo al pre-sidente di Assoimmobiliare (Con-fi ndustria) Aldo Mazzocco c’era-no tutti i «big» a sentire i piani di Scalera, ma l’impressione era che – anche a rivoltargli le tasche – non se ne sarebbe cavata fuori una lira. I grandi gestori italiani di immobili, più che essere com-pratori, sono oggi affannati ven-ditori dei loro portafogli, senza peraltro raccogliere essi stessi la necessaria domanda.

Ma Scalera è un panzer e non demorde. Sta per mettere in vendita la bel-lezza di 330 mila ettari di terreni demaniali agricoli, qualcosa come 5 miliardi di euro di valore, e in que-sto caso non dispera di in-tercettare i necessari aspi-ranti, perché – come dice il guru degli affari Warren Buffet (sulla copertina di Capital in edicola) – «è il momento di tornare a in-vestire nella terra».

Ma a Scalera il governo chie-de il triplo di quei 5 miliardi ri-cavabili dai terreni agricoli: ne chiede 15 in tre anni. Una sfi da da brivido, anche perchè innan-

zitutto si tratta di identifi care gli immobili adatti scegliendoli in un mare magnum di 26 mila «pezzi» non strumentali e pro-porli sul mercato. E nel frattem-po prendersi cura dei 20 mila

immobili strumentali che sono invece spesso male utilizzati, troppo cari da mantenere, in-somma mal gestiti. Il tutto, in una faticosa relazione con gli 8.094 comuni italiani che hanno l’ultima parola su ciò che appunto dà, o toglie, valore a un im-mobile: la destinazione d’uso. L’Anci promette collaborazione e asse-

risce di essere ben consapevole dell’emergenza finanziaria su cui collaborare col Demanio. Speriamo che alle parole segua-no i fatti.

© Riproduzione riservata

L’Agenzia per risparmiare organizza una piattaforma web

I beni del demanio online

Le Entratepotranno affi dare

incarichi dirigenziali ai funzionari con la stipula di contratti a tempo determinato.

AttilioBefera

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28 Sabato 11 Febbraio 2012 D I R I T T O E F I S C O

Con il decreto sulle semplii cazioni non è più reato non essere in regola con l’adempimento

Colpo di spugna sul Dps privacyIl documento programmatico sulla sicurezza va in soffi tta

DI ANTONIO CICCIA

Colpo di spugna sul Dps privacy. Ma non sulle al-tre misure di sicurezza (dalle password al back

up). Ma da subito è prevedibile uno stop ai consulenti, ai quali in questi anni è stato commissionata la stesura del Dps. Questo l’effet-to dell’abrogazione dell’obbligo di stesura del documento program-matico sulla sicurezza, disposta dal decreto semplificazioni, che comporta anche l’abolizione del reato di cui all’articolo 169 del codice della privacy e anche le sanzioni amministrative previste dall’art. 162, comma 2-bis, natu-ralmente nella parte che riguar-da il documento stesso.

La redazione del documento programmatico sulla sicurezza, comunque, è solo una delle mi-sure di sicurezza. Imprese, enti pubblici, professionisti e in gene-re chi tratta i dati (i cosiddetti titolari di trattamento) devono rispettare le altre misure mini-me (dalla password al back up), per cui per questi obblighi riman-gono applicabili anche le relative sanzioni. D’altra parte l’obbligo

della sicurezza del trattamento dei dati è imposto dalla normati-va comunitaria. L’articolo 45 del decreto legge 5/2012 dispone in-nanzi tutto la soppressione della lettera g) dell’articolo 34, comma 1, del codice della privacy. Questo signifi ca che per il trattamento dei dati con strumenti elettroni-ci non è più necessaria la tenu-ta di un aggiornato documento programmatico sulla sicurezza. Ricordiamo che l’aggiornamen-to era annuale, entro la fi ne di marzo. L’abolizione riguarda tut-ti i titolari di trattamento senza distinzione. Questa abolizione implica che la mancata adozione

del Dps non è più reato punibile ai sensi dell’articolo 169 del co-dice della privacy (contravven-zione punita con l’arresto sino a due anni). Va evidenziato che la novità non può essere interpre-tata come una abrogazione del-le misure di sicurezza, diverse dall’adempimento del Dps, che rimangono ferme.

Va, però, anche detto che l’ob-bligo del Dps comportava un ne-cessario screening dell’organizza-zione aziendale o dell’ente, da cui scaturiva un progetto di miglio-ramento di tutte le fasi del trat-tamento dei dati. Probabilmente la motivazione che ha spinto alla

modifi ca può essere collegata ai costi per le impresse connesse alla redazione del Dps. Va an-che ricordato che, comunque, per le Pmi sono state nel tempo apportate alcune semplifi cazio-ni, ancorché non propriamente utilizzabili da tutti. L’abolizione del Dps ha anche comportato l’abolizione dell’obbligo di riferi-re, nella relazione accompagna-toria del bilancio d’esercizio, se dovuta, dell’avvenuta redazione o aggiornamento del documento programmatico sulla sicurezza.

Il decreto liberalizzazioni ha abrogato anche le disposizioni di dettaglio sul Dps inserite dell’al-legato B) al codice della privacy e in particolare i paragrafi da 19 a 19.8. Salta quindi la ne-cessità di documentare l’elenco dei trattamenti di dati personali e la distribuzione dei compiti e delle responsabilità nell’ambito delle strutture preposte al trat-tamento dei dati. Salta anche l’incombenza di mettere nero su bianco l’analisi dei rischi che in-combono sui dati, le misure da adottare per garantire l’integrità e la disponibilità dei dati.

© Riproduzione riservata

Il Parlamento si schiera dalla parte degli avvoca-ti. Sono stati presenta-ti infatti una valanga di emendamenti al dl libera-lizzazioni, soprattutto sul capitolo che riguarda la categoria forense. In tut-to, le richieste di modifi ca del decreto, presentate in commissione Industria del Senato entro il termi-ne, scaduto ieri, si aggira attorno a 2.400. Perciò, la relatrice del Pdl, Simona Vicari, ha annunciato una decisa riduzione delle pro-poste. L’attenzione della commissione dovrebbe concentrarsi quindi su pochi emendamenti «qua-lificati e qualificanti», su materie come banche e assicurazioni. Quanto all’avvocatura, la richie-sta al governo è lo stralcio dell’articolo 9 che riguarda le professioni. Tesi ribadi-ta l’altro ieri dalle princi-pali sigle della categoria al ministro della giustizia, Paola Severino. «Le varie norme rasentano la inco-stituzionalità e l’impra-ticabilità. L’avvocatura è parte della giurisdizione e per assicurare la piena tu-tela dei diritti dei cittadini richiede uno statuto auto-nomo», ha sottolineato il presidente del Cnf, Guido Alpa. L’auspicio del Con-siglio nazionale forense è di «avviare tra avvocatura e ministero della giustizia un confronto permanen-te e una consultazione costante sui temi della riforma della professione forense e dell’amministra-zione della giustizia». Data clou, per l’avvocatura, sarà il 23 febbraio prossimo, quando si terrà a Roma la manifestazione pubblica seguita, il 24 febbraio, da una giornata di astensione dalle udienze.

Gabriele Ventura© Riproduzione riservata

Modifi che pro avvocati

DI STEFANO MANZELLI

Da martedì, 14 febbraio, tutti i conducenti dei motorini che saranno sorpresi a circolare

senza aver effettuato il rinnovo del vecchio targhino saranno sog-getti a una multa di 520 euro. Ma questa disposizione non compor-terà ulteriori misure punitive per i trasgressori. Lo ha chiarito la polizia municipale di Torino con la circolare n. 15 del 10 febbra-io 2012. La legge 120/2010 ha previsto che entro diciotto mesi dalla sua entrata in vigore tutti i ciclomotori devono essere muniti delle nuove targhe e del relativo certificato di circolazione previ-sto dall’art. 97 del codice della strada. Sulla G.U. n. 76 del 2 aprile 2011 è stato quindi pub-blicato il decreto 2 febbraio 2011 che stabilisce il calendario per la progressiva regolarizzazione del parco circolante, il cui termine ultimo risulta il 12 febbraio. A parere del comando torinese però le multe non potranno scattare prima del 14 febbraio, scaduti 18 mesi dall’entrata in vigore della legge 120/2010 (ovvero il 13 agosto 2010). Quindi solo dal giorno di San Valentino saranno sanzionabili i conducenti più ne-gligenti. Ma la sanzione non sarà collegata al codice della strada. Specifica infatti la nota che let-

teralmente questa novella non sembra ricadere all’interno del sistema sanzionatorio previsto dal codice della strada. Questo determina l’applicazione della legge 689/1981 con alcune im-portanti conseguenze. Innanzi-tutto i proventi della sanzione andranno in ogni caso sempre allo stato anche se le infrazioni saranno accertate dalla polizia locale. Poi che l’importo per ef-fettuare il pagamento in misura ridotta della sanzione lievita a quasi 520 euro, dovendosi appli-care un principio di calcolo di-verso da quello ordinario. Infine per contestare questa infrazione il trasgressore potrà presentare scritti difensivi immediatamente alla prefettura ma non al giudice di pace. In pratica una semplice svista del legislatore aggraverà considerevolmente l’attività bu-rocratica sia per gli uffici che per i trasgressori che oltre a dover pagare una multa maggiorata (da 389 a 519,67 euro) avranno anche una penalizzazione sul fronte della tutela difensiva. At-tenzione infine ai veicoli mai re-golarizzati neanche con il vecchio targhino. In questo caso, conclu-de la circolare di Torino, saranno guai grossi per il trasgressore che non si limiteranno certo all’ap-plicazione della mera sanzione pecuniaria.

© Riproduzione riservata

Sanzione da 520 € senza nuovo targhino

Motorini. multedi San Valentino

DI TANCREDI SEQUI

Anche il Canton Ticino avrà la sua amnistia f iscale. Fermo da due anni sui banchi

del governo di Bellinzona, il progetto di condono sulle im-poste cantonali e comunali (ma non federali) ha ricevuto ieri il disco verde della mag-gioranza della Commissione tributaria del Gran Consiglio che ha approvato la proposta formulata dall’esecutivo da abbinare all’autodenuncia esente da pena a livello fede-rale. La parola passa adesso al Parlamento ticinese che sarà chiamato a dire la sua sul consistente sconto di pena previsto dal programma di amnistia concesso a tutti i cittadini residenti nel Ticino che hanno occultato capitali al Fisco cantonale e comuna-le. Il Consiglio di stato aveva previsto uno sconto del 70% sulle imposte non pagate ne-gli ultimi dieci anni. La Com-missione tributaria si è spinta più avanti. E per stimolare ulteriormente i contribuen-ti a regolarizzare i capitali detenuti in nero ha deciso di elevare lo sconto all’80% di quanto dovuto al Fisco. Un bel regalo se confrontato con le condizioni tutt’altro che

vantaggiose offerte dal gover-no di Berna agli evasori che decidono di venire alla luce. Per chi si autodenuncia, infat-ti, la Confederazione prevede soltanto la possibilità di non incorrere in sanzioni versan-do il 100% delle imposte non pagate a livello federale, can-tonale e comunale nel decen-nio precedente, maggiorate degli interessi maturati nel periodo sulle somme sottrat-te al Fisco. Condizioni certa-mente poco allettanti anche per gli evasori svizzeri che hanno risposto timidamente all’appello di Berna. Negli ol-tre 20 Cantoni in cui si divide la Confederazione, infatti, lo scorso anno sono stati incas-sati solamente 458 milioni di franchi da parte di 4.557 cit-tadini che si sono autodenun-ciati contro i 5.880 di un anno prima. E in Ticino? Si mange-ranno le mani i 128 evasori che sono venuti allo scoperto nel corso del 2011 approfit-tando dell’amnistia federale che li ha costretti a versare il 100% delle tasse cantonali e comunali non pagate. Men-tre adesso, con la nuova am-nistia ticinese all’esame del Parlamento, avrebbero potu-to risparmiare l’80% di quelle somme.

© Riproduzione riservata

Ok dalla commissione di Bellinzona

In Canton Ticinoarriva il condono

della sic re a del trattamento del Dps non è più reato p nibile

autenticazione informatica1. gestione delle credenziali di autenticazione2. sistema di autorizzazione3. aggiornamento periodico del proi lo degli incaricati4. sistemi antintrusione5. custodia di copie di sicurezza, sistemi di back up e ripristino6. cifratura o di codici identii cativi per dati sanitari e sessuali 7. (organismi sanitari)

autenticazione informatica1

LE MISURE MINIME PER GLI ELABORATORI SOPRAVVISSUTE

PER 27.000 LOCALITÀ ITALIANE E 170.000 CITTÀ DEL MONDO

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29Sabato 11 Febbraio 2012Sabato 11I M P O S T E E TA S S E

Sulle attività i nanziarie emesse oltreconi ne procedure di rimborso complicate e farraginose

Fisco, tesoretto italiano all’esteroÈ la somma dei mancati rimborsi sugli investimenti stranieri

DI GIUSEPPE DI VITTORIO

Il fi sco dei paesi esteri trat-tiene centinaia di milioni di euro dei contribuenti italiani, si può arrivare a

miliardi se si tiene conto delle somme pregresse. I soldi sareb-bero il frutto dei mancati rim-borsi richiesti dai risparmiatori italiani alle omologhe Agenzie delle entrate dei paesi d’oltre-confi ne. I contribuenti italiani potrebbero chiedere il rimbor-so di parte della tassazione dei redditi derivanti delle attività fi nanziarie emesse all’estero. I risparmiatori, però, non eser-citano questo diritto e i soldi vanno persi. La ragione di un simile spreco? Troppo farragi-noso richiedere quanto spetta. Fin qui si sorvolava, ma in un periodo di vacche magre questi soldi farebbero comodo.

Quando la tassa è multi-pla. Se un soggetto detiene ti-toli, azioni o obbligazione emes-si da un soggetto estero viene tassato per ben due volte. Un esempio in questo senso è il contribuente italiano titolare dell’azione France télécom o del bond della Deutsche post, titoli che hanno una certa popolarità fra i risparmiatori italiani. Il di-videndo o l’eventuale guadagno derivante dalla compravendita del titolo subiscono un doppio prelievo. Il primo è quello del fi sco del paese di residenza del-la società, negli esempi citati il ministero delle fi nanze francese e quello tedesco. Il secondo pre-lievo è operato dallo stato italia-no. Alla fi ne sullo stesso reddito gravano le tasse di due paesi. Prendendo in considerazione sempre gli esempi citati, l’ali-quota francese è pari al 25%, mentre quella tedesca è pari al 26,365%. Spingendosi anche nel dettaglio dei numeri, vuol dire che un dividendo di 100 euro, viene tassato alla fonte dall’au-torità francese per 25 euro e da quella tedesca per 26,365 euro. Il prelievo, come detto, non si esaurisce qui. Il fi sco italiano colpisce il reddito successiva-mente per un altro 20%. L’ali-quota però non incide su tutto il reddito ma solo sul «netto frontiera», il valore del divi-dendo o della cedola diminuito del prelievo effettuato dal fi sco estero. Nel caso di specie la base imponibile diventa 100 meno 25 per l’azione France télécom quindi 75 e 100 meno 26,356 per il bond Deutsche telecom, netto frontiera in quest’ultimo caso è 73,365. Facendo due con-ti, nonostante il netto frontiera cioè la base imponibile ridotta, l’ammontare dei due prelievi sul reddito complessivo è pesante. I 100 di dividendo di France télé-com diventano 60, 100 meno 40, 25 di prelievo francese più 15 (il 20% di 75) di quello italiano. Nel caso del bond Deutsche post i 100 di cedola diventano nette in tasca agli italiani 58,90, 100

meno 26,365 del fi sco tedesco e 14,722 (il 20% su 73,365) di quello italiano.

Una questione di princi-pio. Numeri alla mano il «netto frontiera», cioè la base imponi-bile ridotta non è però suffi cien-te ad attenuare l’aggressività della doppia imposizione.

Gli stati per evitare il prelie-vo multiplo hanno stipulato così degli accordi. Le intese prevedo-no la facoltà di rimborso per il cliente di una parte di quanto pagato al fisco estero, è bene precisare una parte non tutto. L’investitore in azioni e obbliga-zioni può chiedere la restituzio-ne della parte eccedente un’ali-quota convenzionale. L’Italia ha «in piedi» un’ottantina di accor-di è l’aliquota convenzionale è generalmente pari al 15%. Il nostro titolare di France télé-com e del bond Deutsche post potrebbe chiedere il 10% al fi sco francese (25%-15%) e l’11,365% al fi sco tedesco (26,356%-15%).

Se il reddito da attività fi nan-ziare è prodotto negli Stati Uni-ti non si può pretendere nulla, perché gli Usa hanno fi ssato al 15% la tassazione sui redditi

da attività finanziarie perce-pite da residenti all’estero. Il Regno Unito ha fatto ancora di meglio per il contribuente, il fi sco della Regina Elisabetta tassa a 0 i residenti all’estero che investono sulle società del Regno. Una mossa che punta evidentemente ad attrarre ca-pitali dall’estero.

Quel denaro perduto. Il rimborso non viene mai richiesto anche dove si può avere. Prima di intascare le proprie pretese oc-corre: certifi cazione della propria banca del reddito incassato e del-la tassazione subita, richiesta di specifi ci moduli all’Agenzia dell’entrate italiana e non fi ni-

sce qui. Invio di una copia della richiesta specifi catamente com-pilata all’Agenzia delle entrate, una seconda al Fisco estero, la terza all’intermediario che ha incassato il dividendo. I soldi, poi, non si sa quando arrivano. Il risultato? Nessuno chiede il rimborso a eccezione di banche, assicurazioni e fondi pensione. «Spesso per i risparmiatori si tratta di importi irrisori», ha spiegato Andrea Busi dell’uffi cio legale di Directa sim, un inter-mediario con molti clienti con attività all’estero, «riceviamo molte richieste di informazioni ma poi generalmente non si va avanti». Le somme diventano però consistenti se analizzate

per la totalità degli italiani. «Ser-virebbe un’agenzia quanto meno europea che si occupi di fare le dovute compensazioni», ha lan-ciato come idea un operatore.

In alternativa le incombenze connesse al rimborso potreb-bero gravare sulla banca che si prende in carico le richieste del cliente, ma questo general-mente non avviene per tre mo-tivi. Gli istituti di credito non offrono consulenza fi scale e non vogliono calarsi nelle «beghe» tributarie. In seconda battuta il cliente busserebbe alle porte della banca per ottenere la re-stituzione delle somme pagate in surplus. L’istituto non ha però in mano tempi certi del rimborso. La banca potrebbe adempiere a tutte le incomben-ze a pagamento ma dovrebbe valerne la pena.

Se gli italiani devono avere qualcosa dal fi sco estero è anche vero che i risparmiatori d’oltre-confi ne potrebbero pretendere qualcosa dalle agenzie italiane. L’aliquota per i redditi fi nanzia-ri percepiti dai non residenti è del 27%. Alla fi ne chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto.

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Sgravi fi scali a chi assume maggiordomi, cameriere, nanny e ogni altro tipo di aiuto domestico. È questa la ricetta di David Cameron per permettere alle donne di entrare più agevolmente nel mondo del lavoro evitando il ricorso alle quote rosa. «Questo dimostra come il nostro primo ministro sia distante dal paese reale», ha criticato la parlamentare laburista, Jessica Morden. «Propone sconti fi scali a chi può permettersi aiuto dome-stico, ma allo stesso tempo taglia gli assegni familiari alle famiglie bisognose». La proposta di Cameron era arrivata come possibile soluzione alla scarsa pre-senza di donne nei consigli di amministrazione delle aziende.

Vladimir Putin si gioca la carta del Fisco sul terreno elettorale. A tre settimana dalle prossime elezioni, il presidente russo ha svelato i piani di gestione della leva tributaria in caso di rielezio-ne. Come prima cosa, il suo governo aumenterà le tasse sui beni di lusso come parte di una riforma più ampia del sistema tributario per ridurre l’eccessiva dipen-denza del paese dai proventi derivanti dal petrolio. Senza precisare l’ampiezza delle misure, Putin ha rivelato che le nuove tasse colpiranno gli acquisti di superyacht, aerei privati, supercar e immobili

di prestigio.

La Corte costituzionale austriaca ha stabilito che l’imposta sulle banche intro-dotta nel gennaio 2011 sulla scia della crisi fi nanziaria, non viola la Costituzione. Il tribunale ha respinto l’istanza presentata dalla banca Hypo Vorarlberg che defi niva ingiusto il nuovo balzello (Stabilitätsabgabe) in quanto andava a colpire in maniera sproporzionata gli istituti di credito più piccoli che, a differenza dei loro rivali più grandi, non hanno benefi ciato degli aiuti di stato. Motivando la propria decisione, il giudice di Vienna ha sottolineato l’obiettivo del prelievo, vale a dire assicurare che gli enti creditizi responsabili della crisi fi nanziaria sovvenzio-nati dallo stato attraverso misure di stimolo di emer-genza, diano il proprio con-tributo al costo della crisi. L’opportunità di richiedere alle banche il balzello verrà riesaminato entro il 30 set-tembre di quest’anno.

Il colosso fi nanziario sviz-zero, Ubs, ha negato di aver consegnato direttamente a Washington i nomi di poten-ziali evasori del fi sco ameri-cano in possesso di un conto corrente in una delle banche rivali in Svizzera.

a cura di Tancredi Sequi© Riproduzione riservata

FISCO DEGLI ALTRI

Ampia libertà di «manovra» per i consumatori nella cause commerciali relative all’acquisto di strumenti fi nanziari. Gli investitori, infatti, se lo ritengono più comodo e van-taggioso possono chiamare in giudizio la banca di fronte a un giudice diverso da quello del foro del consumatore. L’inderogabilità territoriale resta però per il professio-nista che non può in nessun caso modifi care quanto sta-bilito dalla legge. Lo ha affermato la sesta sezione civile della Suprema corte di cassazione con l’ordinanza numero 1875 del 9 febbraio 2012 che ha accolto il regolamento di competenza proposto da alcuni correntisti di una banca che lamentavano alcune irregolarità nella negoziazione di strumenti fi nanziari negoziati fuori dai locali commer-ciali. In particolare i giudici di legittimità hanno stabilito che ove il consumatore ravvisi «maggiormente risponden-te al proprio interesse non avvalersi del foro del consu-matore deve ritenersi al medesimo senz’altro consentito derogarvi, anche unilateralmente, con l’adire un giudice territorialmente competente in base ad uno dei criteri posti agli artt. 18, 19 e 20 c.p.c. ovvero quello indicato nel contratto, rimanendo da siffatta sua scelta comunque non scalfi ta l’esigenza di tutela contro l’unilaterale pre-disposizione e imposizione del contenuto contrattuale da parte del «professionista» che la disciplina in argomento è funzionalmente volta a garantire».In altri termini, concludono i giudici con l’Ermellino, per le controversie concernenti contratti negoziati fuori dei locali commerciali relativi a strumenti fi nanziari il consu-matore può adire un giudice diverso da quello del foro del consumatore ex art. 63 dlgs n. 206 del 2005, competente per territorio giusto uno dei criteri posti agli artt. 18, 19 e 20 c.p.c., senza che, in accoglimento della relativa eccezione sollevata dal professionista ovvero d’uffi cio, tale giudice possa dichiarare la propria incompetenza anche a svantag-gio, e cioè in pregiudizio dell’interesse, del consumatore.Insomma, ora la causa promossa da un gruppo di consuma-tori di Milano contro un noto istituto di credito «online» verrà esaminata dal tribunale del capoluogo lombardo al

quale la sesta sezione ci-vile ha rinviato dopo aver accolto il motivo di ricorso presentato dai clienti.

Debora Alberici© Riproduzione riservata

Strumenti fi nanziariconsumatori supertutelati

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30 Sabato 11 Febbraio 2012 I M P O S T E E TA S S E

Nella versione dei nitiva del quadro RW la nozione di attività estera di natura i nanziaria

Unico senza il valore di mercatoC’è il rischio di calcolo annuale per il contribuente

DI NORBERTO VILLA

Neanche la versione finale di Unico 2012 svela il valore di mer-cato delle attività fi-

nanziarie estere. L’art. 19 del decreto legge 201/2011 ha istituito la patrimoniale do-vuta dalle persone fisiche che possiedono attività finanzia-rie all’estero. L’imposta sulle attività finanziarie detenu-te all’estero è infatti dovuta nella misura dell’1 per mille del valore di mercato delle at-tività finanziarie rilevato al termine del periodo d’imposta nel luogo in cui sono detenute le attività, anche utilizzando la documentazione dell’inter-mediario estero di riferimen-to per le singole attività e, in mancanza, secondo il valore nominale o di rimborso (com-ma 15 dell’art. 19). Un pri-mo dubbio tuttavia riguarda l’esatta individuazione di cosa debba intendersi per attività finanziaria. Un aiuto per in-terpretare il punto può arri-vare da quanto previsto nelle istruzioni al quadro RW sem-pre del modello unico 2012. Dove si afferma che sono at-tività estere di natura finan-ziaria quelle da cui derivano redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera tra cui:

- attività i cui redditi sono corrisposti da soggetti non re-sidenti, tra cui, le partecipa-zioni al capitale o al patrimo-

nio di soggetti non residenti;- obbligazioni estere e i ti-

toli similari, titoli pubblici italiani e titoli equiparati emessi all’estero, titoli non rappresentativi di merce;

- certificati di massa emessi da non residenti (comprese le quote di Oicr esteri), valute estere, depositi e conti corren-ti bancari costituiti all’estero indipendentemente dalle mo-dalità di alimentazione (per esempio, accrediti di stipendi, di pensione o di compensi);

- contratti di natura fi-nanziaria stipulati con con-troparti non residenti, per esempio finanziamenti, ri-porti, pronti contro termine e prestito titoli;

- contratti derivati e altri rapporti finanziari stipulati al di fuori del territorio dello stato;

- metalli preziosi detenuti all’estero;

- diritti all’acquisto o alla sottoscrizione di azioni este-re o strumenti finanziari as-similati;

- forme di previdenza com-plementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero, escluse quelle obbligatorie per legge;

- polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazio-ne sempreché il contratto non sia concluso per il tramite di un intermediario finanziario italiano al quale sia conferito l’incarico di regolare tutti i flussi connessi con l’investi-mento, con il disinvestimento ed il pagamento dei relativi proventi;

- attività finanziarie italia-ne detenute all’estero anche se in cassette di sicurezza quali, per esempio, i titoli pubblici ed equiparati emes-si in Italia o le quote di una srl italiana.

Ma se il problema dell’iden-tificazione potrebbe in tal modo dirsi superato non può affermarsi lo stesso con ri-guardo alla quantificazione dell’attività finanziaria. La norma istitutiva della pa-trimoniale individua la base imponibile nel valore di mer-cato dell’attività finanziaria e solo in mancanza di questo nel suo valore nominale o di rimborso. Per non rendere impossibile l’individuazione della base imponibile sareb-be allora opportuno che tali indicazioni fossero ben preci-sate. In assenza di ciò le con-seguenze rischiano di essere paradossali.

Si ipotizzi, per esempio, un residente italiano che detie-ne la partecipazione in una società estera. Tale attività considerato l’elenco di cui so-pra è da considerarsi un’at-tività finanziaria ed essendo

«estera» è da assoggettare a imposta sostitutiva. A tale fine occorrerà compilare l’ap-posita sezione del quadro Rm del modello unico Pf.

Fermandosi al testo lette-rale la base imponibile è da individuare nel valore di mer-cato della stessa ma lo stesso (seppure certamente esistente a meno che non vi siano vinco-li ferrei alla possibilità di una sua alienazione) non risulta da alcun dato certo del merca-to. In tal caso le due soluzioni possibili sono le seguenti: a) si considera vincolante il rife-rimento al valore di mercato costringendo il contribuente di anno in anno a una sua in-dividuazione; b) si considera possibile utilizzare il valore di mercato solo nel caso in cui l’attività in questione sia presente in un mercato rego-lamentato (esempio: parteci-pazioni quotate in borsa) e in mancanza di questo si consen-te di far riferimento al valore nominale o rimborso.

È chiaro come accettando la prima tra le due soluzioni questa imposta patrimoniale diverrebbe un vero e proprio «rompicapo» e dai costi di gestione difficilmente ipotiz-zabili. L’esempio che si è pro-posto con riguardo alle par-tecipazioni può trovare molti altri casi simili. Si pensi, per esempio, a un’attività finan-ziaria costituita da gioielli e/o metalli preziosi.

© Riproduzione riservata

Patrimoniali all’estero e RW, ognuno per la sua strada. Le indicazioni della sezione XVI del quadro RM di Unico PF2

richiedono dati difformi da quelli ne-cessari per la compilazione del quadro dedicato al monitoraggio degli investi-menti esteri. Gli immobili si trovano pertanto al centro di incroci pericolosi tra obblighi compilativi nei quadri RL, RM e RW, da un lato, e rilevanza di imposte o patrimoniali pagate all’este-ro, dall’altro, con necessità di richie-dere crediti o procedere allo scomputo di quelli da pagare.

Che l’imposta patrimoniale su-gli immobili e le attività fi nanziarie all’estero, alla fi ne, avrebbe aggiunto delle complicazioni in dichiarazione era abbastanza scontato. Sia chiaro, con la versione defi nitiva di Unico si è cercato di rendere la sezione XVI la più semplice possibile, con una com-pilazione che, sia per gli immobili sia per le attività fi nanziarie, ricalca quel-la del quadro RB, essendo richiesto il valore in assoluto, la quota e il periodo di possesso. Ma il problema è che in Unico PF2 si avvia un vero e proprio «rompicapo» per sapere in quanti e quali righi e quadri bisogna indicare

detti patrimoni detenuti all’estero.Si prenda il caso degli immobili.

A essere interessati sono il rigo RL12, la sezione XVI di RM e il quadro RW. Se l’immobile detenuto all’estero è te-nuto a disposizione, bisogna anzitutto osservare se lo stesso è produttivo di reddito (anche catastale). In caso di risposta positiva, bisogna compilare il rigo RL 12 e poi attivare, al ricorrere delle condizioni, la richiesta di rim-borso per le imposte pagate all’estero. Indi è necessario compilare la sezione XVI di RM, riportando un valore spe-culare a quello indicato nella sezione II di RW, che a sua volta deve essere compilata. Ciò però a condizione che l’immobile sia ancora in possesso al 31 dicembre dell’anno da dichiarare; altrimenti (per esempio in caso di ven-dita), se la sezione XVI deve essere compilata indicando esattamente i giorni di possesso nell’anno, nel qua-dro RW, la sezione II non deve essere più compilata; mentre sarà necessa-rio indicare in sezione III il flusso generato dalla vendita dell’immobile. Peraltro, è lecito presumere che sarà proprio l’incrocio tra sezione III di RW e sezione XVI di RM a consentire la verifi ca di eventuali possessi infran-

nuali dei patrimoni esteri. Infatti, sia in caso di vendita che acquisto, nonché di variazione, la sezione III di RW dovrà essere compilata e dunque darà la cognizione di quanto acca-duto. O almeno si spera, perché non bisogna dimenticare che RW vive di regole autonome (tra le altre, si pen-si al limite di 10 mila euro, per non parlare delle numerose casistiche di esonero dalla compilazione): se alcune transazioni sono inferiori, complessi-vamente per sezione, a detta soglia, la medesima sezione non deve essere compilata, mentre la sezione XVI di RM prescinde dal valore di ciò che è detenuto all’estero. Ma il «rompicapo» non è fi nito. Sempre limitatamente all’immobile, deve monitorarsi anche la patrimoniale pagata all’estero, che non origina mai un credito d’imposta ma consente uno scomputo diretta-mente dalla patrimoniale da pagare in Italia.

Un esempio. Si pensi a un immo-bile a disposizione in Francia. L’im-mobile non è produttivo di reddito e dunque, per quanto detto in preceden-za, non deve essere indicato nel rigo RL12 e ovviamente non emerge nes-suna necessità di richiedere il credito

d’imposta. Tale immobile, però, deve essere indicato in RW e soprattutto nella sezione XVI, dove però deve es-sere scomputata la patrimoniale che si paga in Francia. E il caos continua se, per esempio, lo stesso immobile è in locazione con canoni incassati su un conto estero e inviati in Italia o an-cora in presenza di un mutuo pagato dall’Italia con prioritario accredito del conto all’estero. Rimanendo alla sola locazione, l’immobile va indicato in RL12, scatta il meccanismo del credito d’imposta, si compila la sezione XVI di RM e si verifi ca l’esistenza di una patrimoniale all’estero, si compila RW sezione II per l’esistenza dell’immobile e del conto estero e si deve compilare anche la sezione III per i fl ussi estero/Italia derivanti dai canoni inviati nel Bel paese, dovendo però osservare la soglia di 10 mila euro. Il tutto peral-tro con un’ulteriore piccola aggiunta: esistendo un conto all’estero, bisogna pagare anche la patrimoniale per le attività estere. Dunque si compila un nuovo rigo della sezione XVI di RM e si spera, almeno, che il conto sia in-fruttifero.

Maurizio Tozzi© Riproduzione riservata

ANALISI PER LA COMPILAZIONE DELLA SEZIONE XVI DEL QUADRO RM TRA CREDITI D’IMPOSTA E SCOMPUTI

Patrimoniali all’estero dribblano i quadri dichiarativiDati difformi tra immobili e altri valori. Rifl ettori puntati sul rigo RL12

nio di soggetti non residenti; diritti all’acquisto o alla Ma se il problema dell’iden

BASE IMPONIBILE REBUS PER LA PATRIMONIALE

Art. 19del decreto legge

201/2011

Istituisce la patrimoniale dovuta dalle persone i siche che possiedono attività i nanziarie all’estero. La stessa si liquida nel quadro Rm di unico. È dovuta nella misura dell’1 per mille

Base imponibile Valore di mercato rilevato al termine del periodo d’imposta nel luogo e, in mancanza, valore nominale o di rimborso

Valore di mercato Si può ritenere che sia base imponibile solo qualora si sia in presenza di un mercato regolamentato

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31Sabato 11 Febbraio 2012Sabato 11I M P O S T E E TA S S E

Senza tassazione la quota di accantonamento delle cooperative di allevamento e trasformazione

Riserva obbligatoria, salta il 10%No all’incremento dell’imponibile per alcune coop agricole

DI FABRIZIO G. POGGIANI

Nonostante l’obbligo introdotto dalla mano-vra di fi ne estate per le cooperative agricole

di allevamento e di manipola-zione e trasformazione dei pro-dotti agricoli, niente tassazio-ne della quota del 10% della riserva obbligatoria. Con il comma 36-ter, dell’art. 2, intro-dotto in sede di conversione in legge del dl n. 138/2011 è stata prevista, per le cooperative, la tassazione di una quota pari al 10% della riserva obbligato-ria, di cui all’art. 2545-quater c.c. (pari al 30% degli utili an-nuali); di fatto, un incremento della base imponibile pari al 3% degli utili annuali. Tale nuova previsione, in assenza dei necessari chiarimenti, ha innescato una serie di questio-ni inerenti all’applicazione e alla determinazione della base imponibile, con particolare ri-ferimento alla natura di varia-zione fi scale aumentativa della stessa quota.

Preliminarmente, corre l’ob-bligo di evidenziare la situa-zione particolare che si è venu-ta a creare nei confronti delle cooperative agricole; infatti, allo stato attuale e nel rispet-to del tenore letterale delle disposizioni, si può sostenere che le cooperative agricole, di cui al comma 1, dell’art. 10, dpr n. 601/1973, per effetto della natura di variazione fiscale in aumento della quota (10%) della riserva (30% degli utili), non subiscono alcun incremen-to della base imponibile (3%), per effetto della neutralizza-zione delle variazioni fi scali, disposta specifi catamente per questi enti mutualistici.

L’agevolazione, inserita nel comma 1, del citato art. 10, dpr n. 601/1973 porta alla conse-guenza che, alla formazione del reddito imponibile di que-sta tipologia di cooperativa, concorre esclusivamente la quota del 20% dell’utile, re-stando esente la quota pari al residuo 80% dell’utile netto, a prescindere dalla destinazio-ne data, e le variazioni fi sca-li «nette» operate in sede di redazione del modello Unico; tale tesi pare suffragata an-che dalla relazione tecnica al decreto, nella parte in cui si evidenzia che «il primo comma modifi ca le disposizioni recate dal comma 460 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, al fi ne di ridurre del 10% l’esclusione dal reddito imponibile delle cooperative e loro consorzi a mutualità pre-valente, con eccezione delle co-operative agricole, della quota di utili netti annuali destinati a riserve indivisibili».

Da ciò emerge una discrimi-nazione tra le cooperative agri-cole, di cui al comma 2, art. 1, dlgs n. 228/2011 per le quali la tassazione viene effettua-

ta complessivamente sul 23% dell’utile (20% di quota di utili e 10% del 30% della quota di riserva) e le cooperative agri-cole, di cui al comma 1, dell’art. 10, dpr n. 601/1973 dove la tas-sazione si ritiene limitata alla quota del 20% degli utili, per effetto dell’azzeramento di tut-te le variazioni fi scali (in au-mento e in diminuzione).

Ulteriore problema, scate-nato dalla nuova disposizio-

ne in commento, in aggiunta a quello appena indicato e a quello relativo alla massima tassazione delle banche di cre-dito cooperativo (Italia Oggi, 26/09/2011), è quello relativo alle cooperative sociali.

Per questa tipologia, anche di produzione e lavoro, in presen-za di una disposizione che rende esente qualsiasi reddito prodot-to (art. 11, dpr n. 601/1973) non dovrebbe risultare applicabile

la nuova norma inerente alla tassazione della quota di utili destinati alla riserva obbliga-toria, ma sussiste un indirizzo di prassi (Agenzia delle entra-te, risoluzione n. 90/E/2001) con la quale si precisa che l’art. 12, della legge n. 904/1977 opera a «monte» di qualsiasi esenzione. La conseguenza è che la quota di riserva obbligatoria (10% del 30%) sarà sempre tassabile sia in capo alle cooperative socia-

li, non di produzione e lavoro, che in capo a quelle sociali di produzione e lavoro, anche in presenza di un’esenzione «tota-le», come disposta dal comma 1, primo periodo, dell’art. 11, dpr n. 601/1973, per le cooperative sociali di produzione lavoro con costo del lavoro non inferiore al 50% del totale degli altri costi, escluse materie prime e sussidiarie.

© Riproduzione riservata

L’area scoperta destinata a ospitare ombrelloni e sdraio non è soggetta al pagamento della Tarsu, in quanto non idonea a produrre rifi uti. Possono essere considerate superfi ci tassa-bili solo quelle coperte destinate a ospitare lo stabilimento balneare. Lo ha stabilito la commissione tributaria regionale di Campobasso, sezione IV, con la sentenza n. 51 del 2 di-cembre 2011. Per i giudici non è possibile tassare la spiaggia «dovendosi invece individuare quali superfi ci tassabili solo quelle coperte destinate a ospitare lo stabilimento balneare vero e proprio». Ma il principio affermato dai giudici d’ap-pello non può essere condiviso. Anche le aree scoperte sono infatti soggette al pagamento della Tarsu, a meno che non si tratti di aree pertinenziali o accessorie di locali tassabili. Il presupposto della tassa rifi uti è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti. Non sono soggetti al prelievo solo i locali e le aree che non possono produrre rifi uti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, sempre che queste circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o a idonea documentazione. Tra i locali e le aree che non possono produrre rifi uti per la natura delle loro superfi ci rientrano quelli situati in luoghi impraticabili, interclusi o in stato di abbandono. Pertanto, la legge prevede una presunzione relativa di produzione dei rifi uti che ammette la prova contraria. La sussistenza delle condizioni che fanno venir meno la presunzione di legge della potenziale produzione di rifi uti devono essere provate dal contribuente e riscontrabili da parte dell’amministrazione. Sono sottratti all’imposizione solo i locali e le aree che sono oggettivamente inutilizzabili, e non quelli lasciati in concreto inutilizzati. Dunque, anche la scelta soggettiva del titolare di non usare l’immobile non assume alcuna rilevanza. Peraltro, anche la Commissione tributaria provinciale di Lecce, seconda sezione, con la sentenza 368/2011, ha chiarito che i titolari di concessione marittima su beni demaniali che gestiscono gli stabilimenti balneari sono tenuti a pagare la tassa rifi uti, seb-bene solo nel periodo esti-vo, per la temporanea oc-cupazione delle aree con ombrelloni e sdraio.

Sergio Trovato© Riproduzione riservata

Le spiagge non sono soggette al pagamento della Tarsu

ta complessivamente sul 23% ne in commento in aggiunta la nuova norma inerente alla li non di produzione e lavoro

DESCRIZIONE I IPOTESI II IPOTESI

A Utile di esercizio 771,75 771,75

B Variazione in aumento per costi indeducibili 800,00 800,00

C Variazione in aumento per 10% riserva obbligatoria 30,00 (utile lordo x 3%) 23,15 (utile netto x 3%)

D Variazione in aumento per Ires di competenza 228,25 228,25

E Variazione in diminuzione per riserva legale 231,53 231,53

F Variazione in diminuzione per quota ai fondi m. 23,15 23,15

G Variazione in diminuzione per quota utili a riserva 208,37 208,37

H Variazione in diminuzione per ristorni 400,00 400,00

I Variazione per imposte sui redditi 136,95 (M x 60%) 130,10 (M x 57%)

L Reddito imponibile 830,00 830,00

M Ires dovuta per stanziamento 228,25 (L x 27,50%) 228,25 (L x 27,50%)

DESCRIZIONE I IPOTESI II IPOTESI

LA TASSAZIONE DELLA RISERVA DELLE COOP: LE DUE IPOTESI POSSIBILI

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La sentenza sul sito www.italiaoggi.it/documenti

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32 Sabato 11 Febbraio 2012 ENTI LOCALI E STATO

La decisione shock della Corte conti rischia di aprire la strada a una rafi ca di contenziosi

Indennità, cresce l’ansia negli entiAnci: comuni in buona fede. Sbloccare il decreto ministeriale

DI FRANCESCO CERISANO

Per gli enti locali i tagli ai costi della politica non sono mai cessati. La ridu-zione del 10% dei gettoni

di presenza e delle indennità di funzione di sindaci, presidenti di provincia, assessori e consiglieri, introdotta dalla Finanziaria 2006 (legge 266/2005), e che i comuni credevano terminata il 31 dicem-bre 2008, in realtà è ancora in vigore e lo è sempre stata. Così hanno deciso le sezioni riunite della Corte dei conti (si veda Ita-liaOggi del 17/1/2012) gettando nel panico i sindaci. La decisione smentisce seccamente precedenti pronunce di alcune sezioni regio-nali di controllo e della sezione au-tonomie, secondo le quali, invece, quel taglio avrebbe avuto effetto limitatamente all’anno 2006 o tutt’al più si sarebbe prodotto al massimo fi no a fi ne 2008. Le con-seguenze di questa pronuncia po-trebbero essere molto pesanti per gli enti che si trovano in una sorta di vicolo cieco: chiedere indietro ai propri amministratori il surplus di indennità e gettoni erogato in eccesso in questi anni in tutta buo-

na fede, con il rischio di esporsi a una raffi ca di contenziosi, oppure non far nulla, ma rischiare l’impu-tazione per danno erariale.

L’Anci non ci sta e, pur ri-spettando, come si conviene, la decisione dei massimi giudici contabili, affi da a una nota tut-ta la sua «preoccupazione» per un’interpretazione «che era stata da tempo superata anche dai suoi pochi sostenitori» dopo le pronun-ce favorevoli agli enti locali della sezione autonomie e delle sezioni di controllo dell’Emilia Romagna e della Lombardia. L’associazione guidata da Graziano Delrio tie-ne a sottolineare la trasparenza della condotta dei comuni che in questi anni hanno operato «se-condo la legge e attenendosi alle interpretazioni uffi ciali espresse dagli organi della Corte conti» fino all’ultima rivoluzionaria pronuncia. E, proprio per dimo-strare di non volersi sottrarre ai tagli, l’Anci chiede al governo un intervento decisivo: l’approvazio-ne, attesa invano dal 2010, del decreto ministeriale che, in at-tuazione del decreto Tremonti (dl 78/2010), avrebbe dovuto ridurre le indennità in misura proporzio-

nale alla fascia di popolazione. «Il testo è ormai da troppo tem-po in itinere», lamenta l’Anci, «e potrebbe restituire certezza alla materia». In effetti, la mancata emanazione del dm è proprio il nodo cruciale, perché in assenza del regolamento e nella convin-zione che la decurtazione stabili-ta dalla Finanziaria 2006 fosse «a termine», i sindaci dal 1° gennaio 2009 in avanti hanno ritenuto che i vecchi tagli non fossero più in vigore e quelli nuovi non ancora operativi. Ma ricapitoliamo i ter-mini del problema.

La tesi delle sezioni unite. Le sezioni riunite dunque esclu-dono che la norma «incrimina-ta» (articolo 1, comma 54, della 266/2005 ai sensi della quale «per esigenze di coordinamento della fi nanza pubblica, sono ri-determinati in riduzione nella misura del 10 per cento rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005» gli emolumenti spettanti a sindaci, presidenti di provincia, assessori e consiglieri) fosse «a tempo de-terminato». Il motivo è semplice: la disposizione, secondo i giudici contabili non contiene un limite

all’arco temporale della sua effi -cacia, mentre le esigenze di conte-nimento della spesa pubblica e, in particolare, dei costi della politica hanno natura continuativa e non circoscritta nel tempo.

La stretta operata dalla legge n. 266/2005, secondo le sezioni uni-te, va dunque considerata «ancora vigente in quanto ha prodotto un effetto incisivo sul calcolo delle in-dennità che perdura ancora e non può essere prospettata la possibi-lità di riespandere i valori delle indennità così come erano prima della Finanziaria 2006».

La tesi dell’Anci. Nella nota l’Associazione dei comuni riper-corre tutte le precedenti decisioni che in questi anni hanno indotto i sindaci a credere che il taglio del 10% fosse solo temporaneo. Da quelle più estreme come il parere della Corte conti Toscana secondo cui il taglio avrebbe avuto effetto solo per il 2006 (opinione, tiene a sottolineare l’Anci, «non condi-visa da molte amministrazioni comunali che avevano compreso e accettato con spirito solidale la necessità di un sacrifi cio trienna-le») a quelle più soft delle sezioni regionali di Emilia Romagna e

Lombardia secondo cui il taglio sarebbe durato 3 anni a partire dal 2006 e dunque sarebbe ces-sato il 31 dicembre 2008. Con la conseguenza che dopo tale data, scrivevano i giudici lombardi, «occorre ripristinare i compensi ai livelli anteriori a quelli fi ssati dalla legge n.266/2005».

A corroborare l’idea che i tagli fossero cessati a partire dal 2009, secondo l’Anci, c’ha poi pensato il legislatore che col dl 78/2010 ha istituito nuovamente la decur-tazione lasciando che fosse un successivo decreto a calibrarla a seconda della consistenza de-mografica dell’ente in misura variabile dal 3 al 10%. Peccato però che questo dm, elaborato già un anno fa e approvato il 2 febbraio scorso dalla Conferen-za stato-città, si sia arenato per una serie di eccezioni sollevate dal Consiglio di stato.

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La mancanza della determinazione normativa certa dell’ammontare di indennità di funzione e gettoni di presenza spettanti agli ammini-stratori locali è la causa principale dello scom-piglio creato dalla deliberazione 1/2012 delle sezioni riunite della Corte dei conti.È da 12 anni, dal 2000, anno nel quale ven-ne emanato il primo ed ultimo sino ad oggi decreto ministeriale di determinazione degli importi di gettoni e indennità, che manca una disciplina che stabilisca in modo certo e sicuro gli ammontari degli emolumenti per gli ammi-nistratori locali.In questo lunghissimo las-so di tempo c’è stato modo di creare una confusione estrema. In un primo tempo, nono-stante la legge inizialmen-te lo consentisse, Viminale e magistratura contabile si dissero contrari al passag-gio dai gettoni di presenza alle indennità anche per i consiglieri. E la norma venne abolita. Poi, verso la metà degli anni 2000 si cominciò a porre in maniera sistematica la questione dei «costi della politi-ca» e, dunque, con l’articolo 1, comma 54, della legge 266/2005 si ridussero i compensi per gli amministratori del 10%. Ancora, la normativa ha creato una confusio-ne estrema sulla questione della cumulabilità di indennità nel caso in cui lo stesso soggetto conducesse incarichi di amministratore pres-so enti diversi. Adesso, le sezioni riunite ri-chiamano l’attenzione sulla circostanza che il taglio del 10% disposto nel 2005 non avesse un’operatività limitata nel tempo, trattandosi, invece, di norma «strutturale», ancora operan-te, sì da indurre, adesso, le amministrazioni a rivedere i conti delle spese per indennità e gettoni sostenute dal 2007 in poi, allo scopo di chiedere indietro quanto indebitamente ver-

sato o compensare le spese. Col rischio di un contenzioso infinito.È, tuttavia, necessario rilevare che questo sta-to di confusione e la possibile sgradevole stura a vertenze sulle conseguenze della decisione delle sezioni riunite deriva dalla funzione so-stanzialmente suppletiva che, indirettamente, è stata assegnata alla magistratura contabile, a causa dell’inerzia prolungata del ministero, che si è ben guardato dall’aggiornare il decre-to ministeriale 119/2000, nonostante la legge ne avesse imposto l’aggiornamento ogni tre

anni.A rendere ancora più in-tricata la situazione, si aggiunge anche l’inottem-peranza alle disposizioni dell’articolo 5, comma 7, della legge 122/2010, ai sensi del quale il Viminale, entro 120 giorni dall’entra-ta in vigore della norma, avrebbe dovuto diminuire gli importi di indennità e

gettoni, per un periodo non inferiore a tre anni, in percentuali variabili a seconda delle dimen-sioni i della tipologia degli enti.L’assenza assoluta di una regolamentazione certa, stabile ed aggiornata rende possibili interventi interpretativi, come quelli della magistratura contabile, in grado di cambiare le carte e modificare anche letture delle norme considerate consolidate.L’unico modo per evitare imbarazzi alle ammi-nistrazioni locali, chiamate adesso ad attuare le indicazioni delle sezioni riunite, e l’insorgere di un contenzioso poco comprensibile in una fase come questa, nella quale i «costi della po-litica» sono ritenuti sempre meno sopportabili e giustificabili, sarebbe fare presto ed emanare il decreto ministeriale, grande assente da oltre due lustri.

Luigi Oliveri© Riproduzione riservata

L’ANALISI

Un pasticcio frutto di 12 anni di ritardi

DI DARIO FERRARA

No al permesso di costru-ire: il comune sbaglia ma non paga, neppure il danno da ritardo. Il

tempo perso dall’ente non è di per sé risarcibile: serve una le-sione patrimoniale all’interessa-to dovuta all’inerzia

Il comune non risarcisce il danno da ritardo, anche se ha sbagliato. E ciò nonostante che il permesso di costruire risulti negato troppo frettolosamente al cittadino interessato, mentre gli uffi ci dell’ente dovranno tor-nare a pronunciarsi sull’istanza di natura urbanistica. È quanto emerge dalla sentenza 762/12, pubblicata dalla sezione seconda quater del Tar Lazio.

Natura controversa. È vero, nell’ordinamento è stato intro-dotta poco meno di tre anni or sono una fattispecie defi nita per comodità «danno da ritardo». A farlo è stata la legge 69/2009, quella che ha riformato il pro-cesso civile, che ha aggiunto un articolo nuovo di zecca, il 2 bis, alla legge 241/90 (un istituto «discusso», commentano i giu-dici amministrativi). La novella, in ogni caso, stabilisce solo che «le pubbliche amministrazioni» e altri soggetti assimilati «sono tenuti al risarcimento del dan-no ingiusto cagionato in conse-

guenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclu-sione del procedimento». In al-tre parole, il tempo perso dalle amministrazioni non fa scattare di per sé il danno da ritardo: ai fi ni del risarcimento, infatti, ri-sulta necessario che nella sfera giuridica dell’interessato si ve-rifi chi un pregiudizio di natura patrimoniale determinato dalla colpevole inerzia dell’ente, il qua-le non si cura dell’inutile decorso del tempo.

Amministrazione salva. Il cittadino interessato ottiene l’annullamento del provvedi-mento amministrativo ma non il risarcimento. Eppure l’ente ha inutilmente insistito sul fatto che agli atti mancano gli elabo-rati grafi ci originali allegati alle concessioni edilizie, salvo poi concludere ugualmente per la non conformità della richiesta rispetto alle norme urbanistiche. Tutte le circostanze dedotte non sono comunque suffi cienti a far scattare l’obbligo di risarcimento in capo all’ente: l’interessato la-menta infatti che nel frattempo ha venduto il bene a prezzo meno favorevole, affrontato un mutuo più oneroso e pagato un affi tto; si tratta, però, di censure tutte rivolte sullo stato giuridico del cespite, su cui l’amministrazione dovrà nuovamente deliberare.

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Tar Lazio: serve la lesione patrimoniale

L’ente non paga i danni da ritardo

La nota dell’Anci sulle indennità su www.italiaoggi.it/documenti

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33Sabato 11 Febbraio 2012SabaLAVORO E PREVIDENZA

Nota Inps con le misure per contrastare le condotte irregolari nei confronti del fondo tesoreria

Furbetti del tfr con le ore contateIspezione se l’azienda conguaglia il trattamento non erogato

DI CARLA DE LELLIS

L’Inps prova a stanare i furbetti del tfr. Sono mol-teplici i casi di aziende che solo apparentemen-

te liquidano ai lavoratori il trat-tamento di fine rapporto al fine, evidentemente, di ridurre i versa-menti contributivi mensili. In que-sti casi, stabilisce l’Inps, qualora non si tratti di errori nella compi-lazione del flusso Uniemens, il da-tore di lavoro dovrà procedere alla regolarizzazione entro 30 giorni e sarà sottoposto ad accertamento ispettivo. Lo spiega il messaggio n. 2057/2012, che illustra alcune delle situazioni critiche di liquida-zione diretta del tfr ai lavoratori da parte del fondo di tesoreria, il fondo presso cui affluisce il tfr dei dipendenti da aziende con almeno 49 addetti.

Tfr già conguagliato dal dato-re di lavoro. Una prima situazio-ne critica evidenziata dall’Inps ri-guarda le segnalazioni di aziende che portano a conguaglio somme a titolo di liquidazioni/anticipa-zioni di tfr di pertinenza del fondo di tesoreria, senza averle appa-rentemente corrisposte ai lavora-tori. Una situazione, questa, che

viene in evidenza nel momento in cui lavoratori, anche in assenza di dichiarazione aziendale, richiedo-no il pagamento diretto del loro tfr all’Inps. In altri casi, aggiunge l’Inps, sono gli stessi datori di la-voro a dichiarare l’incapienza del tfr per poter procedere alla liqui-dazione diretta ai lavoratori e a chiedere il pagamento diretto al fondo di tesoreria per importi che, una volta confrontati con quan-to indicato nei fl ussi individuali (Uniemens), risultano già posti a conguaglio. In queste situazioni, precisa l’Inps, non si procederà al pagamento del tfr in quanto la

prestazione risulta già liquidata. Tale circostanza sarà comuni-cata al lavoratore e all’azienda, con dettaglio degli importi che risultano essere già stati oggetto di conguaglio. Laddove risultas-se che si tratta di un mero errore di compilazione del fl usso indi-viduale, il datore di lavoro sarà invitato a procedere alle rettifi -che del caso; altrimenti qualora l’istruttoria dovesse confermare l’irregolarità del comportamento aziendale, previa acquisizione di una dichiarazione di responsa-bilità del lavoratore, il datore di lavoro sarà invitato alla regola-

rizzazione, da effettuarsi entro i successivi 30 giorni, nonché sot-toposto ad accertamenti ispettivi se necessario.

Richieste di pagamenti diret-ti in caso di omissioni contri-butive. Altra situazione critica concerne il caso dell’omissione, parziale o totale, del versamen-to mensile delle quote del tfr nel fl usso Uniemens, che può dar vita a due ipotesi: a) presenza della denuncia Uniemens; b) assenza della denuncia Uniemens.

Nel primo caso, spiega l’Inps, tenuto conto della natura pre-

videnziale riconosciuta alla ge-stione del fondo di tesoreria, la liquidazione del tfr, nell’ipotesi di omissione contributiva riguar-dante periodi per i quali non sia intervenuta la prescrizione, è soggetta al principio generale di «automaticità delle presta-zioni» di cui all’articolo 2116 del codice civile. Di conseguenza, la liquidazione delle quote di tfr a carico del fondo potrà avvenire anche nel caso in cui sia accerta-to il mancato pagamento, totale o parziale, dell’importo denunciato mensilmente dal datore di lavoro. Le denunce insolute, totalmente o parzialmente, transitano al re-cupero crediti dando avvio alla procedura di riscossione.

Nel secondo caso, l’assenza delle denunce Uniemens rende necessario, per la quantifi cazione del debito, un accertamento che, spiega l’Inps, può realizzarsi an-che attraverso il coinvolgimento del personale ispettivo. La tra-smissione del modello Dm10V alla procedura recupero crediti e, in caso di accesso ispettivo, l’emissione del verbale costitui-scono il passaggio essenziale per l’erogazione delle quote di tfr a carico del fondo di tesoreria.

© Riproduzione riservata

Bonus contributivo ridotto per i vecchi commercialisti (iscrit-ti prima del 2004). La diffe-renza tra aliquota di «finan-

ziamento» e aliquota di «computo», differenza che concede il bonus sotto forma di contribuzione virtuale, si as-sottiglia man a mano che aumentano gli anni di contributi antecedenti al 2004 (anno di passaggio dal sistema reddituale a quello contributivo per il calcolo delle pensioni). Il correttivo si chiama «coefficiente di equità inter-generazionale» e mira, appunto, a ri-equilibrare le posizioni della vecchia generazione, che gode ancora in par-te del generoso sistema reddituale, e della nuova generazione interamente soggetta al più avaro sistema contri-butivo. Un esempio. Con 38 anni di attività, reddito di 50 mila euro (70 mila ai fini Iva) e contributi al mini-mo di legge, a 62 anni il commercia-lista con 10 anni di contributi entro il 2003 avrà diritto a una pensione di 18 mila euro, inferiore di oltre 15 mila euro rispetto alla pensione calcolata per intero con il sistema reddituale e maggiore di circa 5 mila euro della pensione calcolata solo con il sistema contributivo. Il bonus contributivo (differenza tra le aliquote di finanziamento e di computo) varia tra il 3 e il 4%. Ai fini operativi, però, non funziona allo stesso modo per tutti i professioni-sti; infatti, è prevista una riduzione nel caso di soggetti appartenenti, in parte, al vecchio sistema reddituale (cioè con anni di contributi prima del

2004). In pratica, il bonus è corretto dall’applicazione di un coefficiente pari al rapporto tra anni di contribuzione «reddituale» (prima del 2004) e anni di contribuzione totale (complessivamente utili alla pensione): il coefficiente si ri-duce (riducendo di conseguenza il bo-nus) in proporzione all’aumento degli anni di contribuzio-ne reddituale (che comunque danno titolo a una quota di pensione calco-lata con il criterio reddituale). In ta-bella sono indicate quattro simulazio-ni, con riferimento a un professionista con 38 anni di atti-vità che va in pen-sione a 62 anni, con reddito medio di 50 mila euro; non si tiene conto, invece dell’incidenza positiva, possibile ma non certa, della capitalizzazione dei contributi. Nel primo caso, dove si considera la presenza di un solo anno di contributi reddituali, se la contri-buzione pagata è quella minima si ot-tiene una pensione annua di 13.730 euro, maggiore di 430 euro rispetto

alla pensione «solo» contributiva. Questo di più va a compensare, ma soltanto in parte (ecco il correttivo), la quota di pensione reddituale che per intero vale 875 euro. La differen-za che non riceve (875 meno 430) è sottratta proprio dal «coefficiente di equità intergenerazionale», mediante una riduzione del bonus contributivo. Nel caso in esempio, il giovane pro-

fessionista (iscritto dal 2004) avrebbe diritto a un bonus del 3%; il professio-nista con un solo anno di contribuzione reddituale (prima del 2004), invece, ne ha diritto per il 2,91%, in misura cioè ridotta di un trentottesimo (rapporto tra anni di contribuzione reddituale e anni di contribuzione complessiva).

di Daniele Cirioli © Riproduzione riservata

COME CAMBIA LA PREVIDENZA DI CATEGORIA

Commercialisti, bonus ridotto per i vecchi iscritti Più si è vicini al pensionamento e meno sostanzioso è il contributo virtuale

viene in evidenza nel momento in prestazione risulta già liquidata rizzazione da effettuarsi entro i

I pagamentidiretti del tfr

Sono le richieste di liquidazione del tfr che i lavoratori possono avanzare direttamente all’Inps, per ottenere la loro prestazio-ne che risulta accantonata presso il fondo di tesoreria

Richieste di pagamenti diretti in caso di tfr

già conguagliato

Se c’è irregolarità nel comportamento dell’azienda, il datore di lavoro ha 30 giorni per la regolarizzazione, ed è sottoposto ad accertamenti ispettivo

Richieste di pagamenti diretti in presenza

di omissionicontributive

In presenza di Uniemens, c’è la liquidazione del tfr in os-sequio al principio di automaticità delle prestazioni (art. 2116 codice civile). Se manca l’Uniemens, invece, scatta l’ispezione a carico dell’azienda per la quantii cazione dei contributi non versati

Sono le richieste di liquidazione del tfr che i lavoratori possono

LA LOTTA AI FURBETTI DEL TFR

alla pensione «solo» contributiva. fessionista (iscritto dal 2004) avrebbe

DATI COMUNI AGLI ESEMPI

Fatturato annuo 70.000 euro Periodo di attività 38 anni

Reddito annuo 50.000 euro Età alla pensione 62 anni

ESEMPI

Contributi i no al 2003 1 anno 5 anni 10 anni 20 anni

Contributi dopo il 2003 37 anni 33 anni 28 anni 18 anni

Se il professionista versa la contribuzione minima

Pensione annua 13.730 euro 19.700 euro 18.000 euro 22.850 euro

Pensione solo reddituale 33.250 euro

Differenza – 19.520 euro – 13.550 euro – 15.250 euro – 10.400 euro

Pensione solo contributiva 13.300 euro

Differenza + 430 euro + 6.400 euro + 4.700 euro + 9.550 euro

Se il professionista versa la contribuzione superiore al minimo (17%)

Pensione annua 19.500 euro 24.700 euro 22.500 euro 25.700 euro

Pensione solo reddituale 33.250 euro

Differenza – 13.750 euro – 8.550 euro – 10.750 euro – 7.550 euro

Pensione solo contributiva 19.300 euro

Differenza + 200 euro +5.400 euro +3.200 euro + 6.400 euro

DATI COMUNI AGLI ESEMPI

COME CAMBIANO LE PENSIONI

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34 Sabato 11 Febbraio 2012

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NTV È IL primo operatore privato italiano sulla

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BEACHOTELS MILANO MARITTIMA. Per la prossi-ma stagione estiva seleziona: RESPONSABILE DI SALA – CAMERIERE/A – BARISTA; CHEF - CAPO PARTITA – AIUTO CUOCO – PASTIC-CERE; CAPO RICEVIMENTO - SEGRETARI DI RICEVIMENTO (CONOSCENZA LINGUA TEDESCA - INGLESE); BAGNINO/A PER PI-SCINA. Offriamo possibilità d’alloggio. Inviare curriculum vitae dettagliato con foto in “OG-GETTO” specifi care la MANSIONE. BeacHotels - Direzione Risorse Umane. Fax 0544.994336. e-mail: [email protected]

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LEFAY RESORT & Spa Lago di Garda ricerca: RECEPTIONIST. Il candidato ideale deve ave-re un’ottima predisposizione al Cliente, deve saper trasmettere il piacere dell’accoglienza, anticipando e superando le aspettative dei clienti. Desideriamo incontrare persone moti-vate e professionali, con esperienza nel settore degli alberghi di lusso con un’attitudine positiva e cultura del sorriso, buone doti relazionali con il Cliente così come con i colleghi e lo staff al-berghiero. Aspetto curato e buona presenza. E’ fondamentale una buona conoscenza della lin-gua tedesca e inglese. ADDETTO BOOKING. Il candidato ideale ha consolidato un’esperienza nel settore degli alberghi di lusso, ha un ottima conoscenza della lingua tedesca e inglese è in grado di gestire più situazioni contempora-neamente grazie alle capacità organizzative, metodicità. COMMIS DE CUISINE / COMMIS DI SALA. Il candidato ideale vuole maturare una signifi cativa esperienza ma ha le basi delle

competenze tecniche e operative. È richiesta aderenza agli standard qualitativi e di servizio, predisposizione al lavoro in team, creatività, ambizione e fl essibilità. BARMAN. Il candida-to ideale possiede ottima dialettica, cordialità, eleganza oltre alla capacità di relazionarsi con ospiti esigenti e di provenienza internazionale. È fondamentale una buona conoscenza del-la lingua tedesca e inglese. Costituisce titolo preferenziale una precedente esperienza la-vorativa in hotel di lusso. Completano il profi lo la capacità di lavorare in gruppo, fl essibilità e dedizione al lavoro. L’azienda incontrerà i candidati con i requisiti indicati al Tfp Summit 2012. Per partecipare alla selezione iscriversi su www.tfpsummit.it

JFC - SOCIETÀ di Consulenza Turistica - ricerca per proprio Cliente con Hotel 4 Stelle a Milano Marittima (Ravenna) le seguenti fi gure profes-sionali: N. 1 ASSISTENTE DI DIREZIONE; N. 1 ADDETTO ALLA SEGRETERIA. Si intendono condizioni essenziali per la selezione: un’espe-rienza consona alle responsabilità attribuite; co-noscenza di inglese, tedesco e francese per la fi gura dell’Assistente di Direzione e di almeno 2 lingue straniere per la fi gura di Addetto alla Segreteria; buona presenza. Verranno inoltre favoriti i candidati residenti in zona che non ne-cessitano di alloggio. Si offrono: inquadramento coerente con le reali capacità; contratto stagio-nale. Si prega di inviare dettagliato Cv, corre-dato di foto e di autorizzazione al trattamento dei dati personali, all’indirizzo e-mail [email protected] o al numero di fax 0546.663448, specifi cando nell’oggetto “Selezione 1”.

PALACE MERANO – Espace Henri Chenot Ri-cerca la seguente fi gura professionale CHEF DE PARTIE/CUCINA DIETETICA. Si richiede: Conoscenza lingua inglese; Comprovata espe-rienza nel settore e qualifi ca professionale; Mo-tivazione nel lavoro, Integrazione nel team. Gli interessati sono invitati ad inviare curriculum con foto a: Palace Merano – Espace Henri Che-not, via Cavour n. 2/4 – 39012 Merano (Bz), Tel. 0473 271 520 – Fax.0473 271 502 / 271 100, e-mail: uffi [email protected]

ROYAL HOTEL SANREMO – Leading Hotels. Cer-casi PIZZAIOLO esperto per stagione estiva; sarà titolo preferenziale la buona conoscenza della lingua inglese. Inviare curriculum vitae a [email protected]

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RISTORANTE IN LOCARNO/SVIZZERA RICERCA per la corrente stagione le seguenti fi gure pro-fessionali: 2 CUOCHI, 5 CAMERIERI, 2 PIZZA-IOLI, 1 AIUTO CUCINA, 1 BARMAN, 1 MANA-GER. Possibilità di alloggio. Gli interessati/e sono pregati/e di inviare il loro cv corredato di foto con autorizzazione al trattamento dei dati sensibili ed indirizzo e-mail a: [email protected]

SOCIETÀ DI GESTIONE Alberghiera Internaziona-le Ricerca per proprio Resort 4/5 stelle a Marsa Alam/Egitto VICE-DIRETTORE/DIRETTRICE. Il candidato ideale deve aver maturato anni di esperienza in analoga posizione nel settore Hotel Club ed avere una buona conoscenza dei reparti Housekeeping e Food & Beverage. Dovrà avere ottime capacità organizzative e co-municative nonché un’ottima conoscenza della lingua inglese. Disponibilità a lunghi soggiorni all’estero. Si offrono ottime prospettive di cre-scita. Gli interessati sono pregati di inviare un dettagliato Cv corredato da una foto ed auto-rizzazione al trattamento dei dati personali ex L. 196/2003 a: headoffi ce@fl orianahotels.com

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OFFERTE DI LAVORO

In questa pagina pubblichiamo i testi degli annunci contenuti nel numero di venerdì 10 febbraio di Turismo Oggi / Job in Tourism, il quotidiano delle oppor-

tunità di lavoro nel campo del turismo, in Italia e all’estero. La rubrica «Domande di lavoro» non viene inserita in questa pagina perché gli interlocutori interessati ricevo-

no già il quotidiano per abbonamento.

TurismoOggi, via Marco Burigozzo 5, 20122 Milano, tel. 02/582191, fax 02/58317559

Job in Tourism, via F. Carcano 4, 20149 Milano, tel. 02/48519477 - 43980431,

fax 02/48025154, e-mail: [email protected], www.jobintourism.it

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35Sabato 11 Febbraio 2012Sabato 11 FebbrP R O F E S S I O N I

Egregio Direttore,sono un affezionato lettore del Suo

giornale che acquisto sin da quando non era ancora «in giallo» e che da tanti anni rappresenta quindi il mio «breviario» mattutino.

Sembra che le manovre che si sono succedute abbiano semplificato il compito degli «affossatori» delle professioni «regolate» italiane, complice anche so-stanzialmente tutta l’altra stampa (Il Sole 24 Ore in te-sta) che, soprattutto nel cor-so del 2011 ha operato come una vera e propria corazzata per mettere i professionisti in cattiva luce nei confronti dell’opinione pubblica, dipin-gendoli a torto come un freno allo sviluppo dell’economia e diffondendo dati di dubbia ve-rifi cabilità o previsioni delle quali si ignorano i dettagli (si vedano le dichiarazioni di Burria dell’Ocse che stima che entro dieci anni il pil au-menterà dell’8% anche grazie alla liberalizzazione dei «ser-vizi professionali»).

Per arrivare ora al merito della que-stione che intendo sottoporLe, debbo rilevare che nel Suo articolo sulla edi-zione di lunedì 30 gennaio Lei però commette a mio parere un’impreci-sione. Lei dice dunque che Confi ndu-stria (che a mio parere ha «ispirato» la normativa sulle professioni, di cui il Governo Le ha poi fatto «omaggio» – copio dalla gustosa vignetta sul Suo giornale) avrebbe messo nel mirino particolarmente gli Avvocati sotto il profi lo tariffario, sulla base dell’opi-nione che «gli Avvocati tenderebbero a moltiplicare le cause e i tempi delle stesse anche per gonfi are le parcelle»; imponendo l’eliminazione delle tarif-fe, anche come mero riferimento, e consigliando ai clienti di farsi fare un preventivo si vorrebbe costringere la classe forense dentro binari di effi cien-za e tempestività nella gestione delle controversie (una volta consegnato il preventivo tanto vale sbrigarsela pri-ma possibile)».

In primis, nel settore giudiziario, a

volte, il prima possibile è nemico del bene e questa considerazione, da parte dei meno scrupolosi, potrebbe indurre ad «abbreviazioni» non consone al buon esito della vertenza.

In secondo luogo occorre considerare che spesso, nel processo, l’assistenza del cliente (sovente, soprattutto di

questi tempi, imprenditore) che non ha particolare fretta o addirittura che vede con assoluto disfavore l’avvicinar-si di un provvedimento giurisdizionale a sé probabilmente sfavorevole, sicu-ramente non induce il difensore a pre-mere sull’acceleratore della defi nizione del giudizio.

Forse anche per evitare simili even-tualità, il «provvido legislatore», a partire dal 1990 (legge 353/90), ha introdotto una serie di reiterate (par-ziali) riforme del Codice di procedura civile, fi nalizzate a impedire l’abuso delle parti in ordine alla dilatazione dei tempi del processo. Il processo ci-vile, dunque, salvo che non ricorrano particolari complicazioni sotto il profi lo istruttorio, è destinato a defi nirsi in un massimo di quattro–cinque udienze, la cui scansione è rimessa esclusiva-mente alla signoria del Giudice sul processo. Gli avvocati da tempo, direi almeno dalla seconda metà degli anni 90, hanno ridottissime (per non dire nulle) possibilità di dilatare i tempi del processo, salvo che non si intenda

come dilatazione l’essenziale esercizio dell’attività difensionale consentita dalle norme vigenti. Se dunque ciò non è più possibile, come ho appena dimostrato, le ragioni per le quali Con-fi ndustria si accanisce con particolare impegno nei confronti delle professioni intellettuali e segnatamente nei con-

fronti dell’avvocatura, sono da individuarsi in altre motivazioni, forse meno commendevoli.

Avv. Claudio Massa

Basta con il Sole24Ore

Egregio Direttore,Mi complimento per

il lodevole sostegno ai porfessionisti e per la corretta informazione che contraddistingue la vostra testata. Perso-nalmente ho già prov-veduto a non avere più alcun rapporto con le pubblicazioni del Sole-24Ore e ad evidenziare

al massimo fra i 5.000 nostri colleghi (sono consigliere segretario dell’Ordine degli ingegneri di Bologna) la sciagura-ta campagna che sta facendo il vostro concorrente contro noi tutti.

dott. ing. Giovanni Gasparini

Tariffe professionali da ripristinare

Egregio Direttore,ritenere che l’abolizione delle tariffe

professionali sia questione essenziale per il rilancio dell’economia del nostro Paese, è del tutto infondato e privo co-munque di effetti pratici positivi. Non è un caso che le prime diffi coltà inter-pretative e applicative abbiano già motivato l’interessamento della Corte costituzionale, né è un caso l’unanime dissenso che è stato rappresentato dal-le diversifi cate categorie professionali. Anche l’ultima formulazione della nor-mativa, per la quale sussiste l’obbliga-torietà di un preventivo a richiesta del cliente, appare quanto mai incoerente,

stante la fi siologica approssimazione dei contenuti di un preventivo di mas-sima, rispetto poi alla specifi cità delle prestazione professionale dovuta o ul-teriormente richiesta.

L’abolizione delle tariffe, peraltro, muove decisamente in senso contrario al sostegno dei giovani professionisti, che ovviamente – all’inizio della pro-pria attività ed allo scopo di reperire clientela sul mercato – offriranno ser-vizi di consulenza a prezzi sempre più inferiori, così incidendo sulla propria qualità dei servizi resi, in contrasto alle garanzie di affi dabilità che invece la Categoria vuole sempre maggior-mente offrire.

Un mercato senza regole, non è sempre un mercato liberalizzato. Un mercato senza regole, non è mai un mercato affi dabile. Le tariffe profes-sionali rappresentano quella parte di regole comuni che tutti i Colleghi pro-fessionisti devono rispettare, e ciò, per la fondamentale garanzia degli utenti, consumatori e cittadini.

Grande preoccupazione è anche il capitolo delle società tra professioni-sti: ben vengano, a parere dell’Ancl, se con questa formulazione si am-pliano le opportunità professionali e le opportunità di mercato: ma sono e siamo preoccupati sulla possibilità di ingresso di soci di solo capitale che a mio avviso andranno a snaturare le nostre fi nalità professionali con altre fi nalità lucrative. Naturalmente, in tali società, verranno anteposti interessi di profi tto rispetto al più alto obietti-vo della eccellenza della prestazione professionale.

Un solo accenno alla liberalizzazione degli orari negli esercizi commerciali, paventata come incentivo all’aumento dei consumi nonché riduzione dei prez-zi. Il tutto si tradurrà invece in aumen-to dei prezzi connesso all’aumento del costo del lavoro e alla crisi dei piccoli esercizi commerciali in favore delle grande imprese della distribuzione.

Francesco Longobardipresidente nazionale Ancl

Lettere e contributi potranno essere inviati all’indirizzo [email protected]

VERSO IL PROFESSIONAL DAY

Le vere ragioni dell’accanimento di Confindustria

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36 Sabato 11 Febbraio 2012 I N G E G N E R I

Parla il vicepresidente del Cni, Fabio Bonfà: serve collaborazione tra ordini e ministeri

Riforma, opportunità da cogliereGli ingegneri dicono di accelerare per arrivare pronti al 13/8

Riforma delle profes-sioni: gli ingegneri dicono di fare presto. Perché da anni la ca-

tegoria chiede il riordino e, se si opera in collaborazione tra consigli nazionali e ministeri, la data ultima del 13 agosto può essere rispettata. Questo il punto di vista del vicepresi-dente del Consiglio nazionale degli ingegneri, Fabio Bonfà.

Domanda. Gli ingegneri dicono di fare presto sulla ri-forma delle professioni. Non temete la data del 13 agosto quando entrerà in vigore il dl 138?

Risposta. Da anni chie-diamo questa riforma perché il ruolo e l’importanza delle professioni intellettuali, in particolare quelle regolamen-tate, impongono una normati-va adeguata ai tempi, effi cace e moderna che superi quella esistente, risalente agli inizi del ’900. Se si opera in collabo-razione tra consigli nazionali e ministeri la data del 13 agosto può essere rispettata. Noi au-spichiamo che la riforma possa davvero rappresentare sia una opportunità per le professioni, sia uno strumento di crescita per il Paese. Gli ingegneri non possono che vederla favorevol-mente, a patto che si crei un mercato «libero» in cui emer-gano capacità, professionalità e competenze.

D. Si invocano tanto le li-beralizzazioni. Ma la vostra professione non è già libera-lizzata?

R. Siamo favorevoli alle «li-beralizzazioni», nella loro vera «accezione», quella volta a ot-tenere un mercato veramente libero, in cui sia premiato il va-lore tecnico e scientifi co della prestazione professionale. Pre-stazione che andrebbe sempre più svincolata da adempimenti burocratici privi di utilità, che non fanno altro che appesan-tire l’iter e aumentare i costi della realizzazione dell’opera. Un mercato in cui il commit-tente pubblico e privato possa scegliere il professionista sul-la base delle competenze, della professionalità e dell’etica.

D. Tra le decisioni del Go-verno anche l’abolizione della tariffa di riferimento. Cosa cambierà per le offerte econo-miche nelle gare pubbliche? E senza tariffe di riferimento su quali basi gli ingegneri po-tranno formulare un compenso congruo rispetto al tipo di ser-vizio offerto? E i cittadini come potranno effettuare la scelta giusta senza compromettere la qualità della prestazione?

R. Chiediamo, sulle tariffe, come su ogni altro tema di non enunciare slogan, ma entrare nel merito delle cose. Pensia-mo che le tariffe siano un uti-le riferimento, non solo per i professionisti, ma per tutti gli operatori, le amministrazioni

pubbliche in primis. Ritenia-mo, inoltre, che esse non osta-colino in alcun modo la libera concorrenza. Teniamo a pre-cisare Faccio presente che le tariffe minime, per la nostra categoria, non sono in vigore già da anni, dall’approvazio-ne del decreto Bersani e quelle di riferimento attualmente in essere non sono certo decise dagli ordini, ma sono provvedi-menti legislativi emanati dal parlamento.

D. Società di capitali: «Non si possono appaltare agli indu-striali i servizi intellettuali». Che cosa intendete con questa affermazione?

R. Senza posizioni precon-cette, se il fi ne è quello di ave-re studi professionali sempre più effi cienti, moderni, rispon-denti alle esigenze di mercato e affi nché ciò avvenga c’è biso-gno di «capitale», allora siamo favorevoli alla norma prevista dal Governo Monti. Ma la re-altà dimostra il contrario. Gli studi professionali esistenti, infatti, non risultano affatto sotto capitalizzati. Per questa ragione, dunque, non ritenia-mo necessario questo provve-dimento. Ma se non serve un soggetto economico, diverso dal professionista, perché spingere così tanto sulle so-cietà di capitale con soci terzi? Il dubbio permane. Ovvero che ci siano altri in-teressi rispetto a quelli apertamente dichiara-ti. A nostro avviso sono necessarie società che

coinvolgano sempre più pro-fessioni, che trovino un ruolo per i giovani, moderne ed ef-fi cienti.

D . C o s a pensano g l i

ingegneri del tirocinio?R. È un argomento molto

delicato in relazione al quale non possiamo non evidenzia-re come vi sia una contraddi-zione tra «liberalizzazione» e «tirocinio», cioè inserire tra la conclusione del ciclo di studi e l’attività professionale un «im-pedimento», per di più retri-buito con congruo compenso. A nostro avviso andrebbe ar-ticolato molto bene per evitare che diventi un ostacolo per le nuove generazioni di profes-sionisti.

D. Perché sostenete che l’ingegnere ha un ruolo «so-ciale»?

R. Le professioni tutte, e quella dell’ingegnere

in particolare, h a n n o

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ruolo sociale. Pensiamo alla s i curezza , a l l ’ ambiente, all’energia, alla salvaguardia del territorio. L’ingegnere nel-lo svolgimento della sua pro-fessione è «garante» di uno sviluppo eco sostenibile. Da sempre riteniamo che la «ter-zietà» del professionista sia una tutela per il cittadino e le istituzioni.

D. Quali sono i profi li degli ingegneri maggiormente ri-chiesti dal mercato?

R. Il mercato vede confer-mata l’importanza dei profi li tradizionali, sicurezza, ener-gia, ambiente, infrastrutture, ma contestualmente richie-de nuove professionalità nei campi dell’elettronica, dell’in-formatica, dell ’ingegneria medicale. Queste nuove fi gu-re devono vedere riconosciuto il loro ruolo con un’adeguata normativa.

D. Quale sarà il futuro dell’ingegneria in una società sempre più condizionata da una pesante congiuntura eco-nomica internazionale?

R. Siamo convinti che la crisi sia sostanzialmente fi-nanziaria. La soluzione sta nell’investire nella moderniz-zazione del paese, in infra-strutture materiali e imma-teriali, nella salvaguardia del territorio, nella conservazione e valorizzazione del patrimo-nio culturale, nell’informatiz-zazione dell’Amministrazione pubblica. In sintesi, «investire nell’ingegneria».

© Riproduzione riservataFabio Bonfà

pubbliche in primis Ritenia coinvolgano sempre più pro ingegneri del tirocinio? ruolo sociale Pensiamo alla

Categorie Ingegneria civile e

ambientale

Ingegneria elettronica e dell'infor-

mazione

Ingegneria industriale

Altri indirizzi di ingegneria

TOTALE

V.A. %

Informatici e telematici - 3.620 - - 820 4.440 21,2

Ingegneri meccanici 70 50 1.990 290 2.390 11,4

Tecnici informatici - 1.900 - - 260 2.170 10,4

Disegnatori industriali e assimilati 110 400 1.180 300 1.990 9,5

Tecnici addetti all’organizzazione e al controllo della produzione

20 340 550 390 1.300 6,2

Ingegneri elettronici e delle telecomunicazioni - 820 120 180 1.120 5,3

Tecnici delle costruzioni civili e assimilati 910 - 10 - 920 4,4

Altri ingegneri e assimilati 90 150 170 360 770 3,7

Tecnici della vendita e della distribuzione 90 200 220 140 650 3,1

Ingegneri elettrotecnici - - 280 220 - - 510 2,4

Spedizionieri e tecnici della distribuzione 50 - 200 250 500 2,4

Tecnici meccanici - - 40 360 60 470 2,2

Operatori di app. per la trasmiss. radio–televisiva e telecomunicaz.

- 380 - - 380 1,8

Specialisti nei rapporti con il mercato - - 20 50 260 330 1,6

Altre categorie 560 890 1.020 550 3.020 14,4

TOTALE 1.910 9.090 6.090 3.860 20.950 100,0

Ingegneria

ASSUNZIONI PREVISTE DALLE IMPRESE PER IL 2011DI PERSONALE CON LAUREA IN INGEGNERIA (*)

(*) valori arrotondati alle decine. A causa degli arrotondamenti, i totali possono non coincidere con la somma dei singoli valori.Il segno "--" indica un valore statisticamente non signii cativo. I totali comprendono comunque i dati non esposti.

Fonte: Unioncamere-Ministero del lavoro, Sistema Informativo Excelsior 2011.

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37Sabato 11 Febbraio 2012SabatTRIBUTARISTI - LAPET

Il commento del presidente Falcone: premiato l’impegno dell’associazione

Punto Inail per tributaristiUna corsia preferenziale per gli iscritti alla Lapet

DI LUCIA BASILE

Il 16 febbraio 2012 scade il termine per l’autoliquida-zione dei premi assicurativi Inail. La Lapet ci aveva già

pensato. «Tale scadenza non ci ha colti impreparati, in quan-to, nell’ottica di una reciproca collaborazione, abbiamo già preliminarmente sottoscritto con l’Inail un apposito proto-collo di intesa, grazie al quale, accedendo al sito www.inail.it - sezione “Punto cliente”, regi-strandosi nel profilo “Tributari-sti revisori e altri professionisti per imprese senza dipendenti”, i nostri iscritti possono accede-re a diversi servizi online», ha spiegato il presidente naziona-le tributaristi Lapet Roberto Falcone.

La lungimiranza della Lapet è dunque dimostrata non solo dallo spostamento di tutte le procedure sul web, ma anche da anni di forte pressing politico. A

tal proposito occorre ricordare il forte dissenso mostrato dai tributaristi in merito alle ri-serve introdotte dalla circolare 52/2009 dell’Inail. In particola-re, ha spiegato Falcone: «Con raccomandata al direttore cen-trale di Roma del 2010, abbiamo avuto modo di sottolineare che, per le ipotesi per le quali non è prevista una riserva di legge, come per le denunce d’iscrizio-ne, variazione e cancellazione di amministratori e revisori delle società di capitale, lavoratori parasubordinati, titolari e soci di imprese artigiane o commer-ciali senza lavoratori dipenden-ti, i tributaristi, grazie al pro-tocollo d’intesa del 2005, erano già autorizzati all’accesso alle procedure tematiche Inail».

Da qui in poi una serie di profi cui incontri si sono succe-duti con la dirigenza Inail, fi no a giungere alla circolare del 3 agosto 2010, protocollo n.101914 con cui il Mise, Ministero dello

sviluppo economico, è interve-nuto a chiarire che, per la tra-smissione di ComUnica è neces-saria l’apposizione della doppia fi rma digitale (dell’obbligato e dell’intermediario), per imprese con o senza dipendenti. «Siamo stati concordi con quanto dispo-sto dal Mise in quanto la chia-rifi cazione va nella direzione di separare le responsabilità fra i distinti ruoli del professionista intermediario e dell’obbligato alle comunicazioni del registro delle imprese», ha commentato il presidente.

Dal 2011 infine, il profilo dedicato è l’ulteriore riconosci-mento che viene direttamente dall’Inail.

Per i tributaristi ora, l’intro-duzione di questo nuovo profi lo sicuramente giunge a dare ri-sposta a quella richiesta di sem-plifi cazione di un sistema, che sia privo di riserve o esclusività indebitamente e inutilmente attribuite ad alcune categorie

di professionisti. Peraltro uti-le e importante questo nuovo profi lo per il presidente dell’as-sociazione Lapet, per diverse e altrettanto signifi cative ragioni. «Grazie al nuovo profi lo dedicato, saranno più facilmente accessi-bili e fruibili i servizi telemati-ci riguardanti la gestione dei rapporti assicurativi, obiettivo primario dell’Inail. La nostra lungimiranza ha permesso ai no-stri tributaristi di poter accedere oggi anche ai servizi telematici di autoliquidazione, una ulterio-re agevolazione nell’espletamen-to delle operazioni. E non solo. Il profi lo dedicato rappresenta un importante riconoscimento per i tributaristi Lapet, in quanto contribuisce a diffondere l’iden-tità della nostra professione e ad accrescerne il prestigio e la professionalità. Se l’Inail ha av-vertito l’esigenza di assegnare uno specifi co profi lo online ai tri-butaristi, è perché sempre più la nostra categoria va affermandosi

nel panorama delle professioni apprezzate e richieste dal mer-cato dell’utenza per competenza e qualifi cazione di chi la esercita, pur non appartenendo ad alcun ordine professionale», ha conclu-so il presidente. Tutta la modu-listica relativa alla convenzione Lapet-Inail e il relativo manua-le utente per l’accesso ai servizi telematici è disponibile sul sito nazionale www.iltributarista.it nell’area convenzioni.

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Giustizia è fatta: dall’1 gennaio 2012 i pro-fessionisti senza cassa sono maggiormente tutelati. Lo ha sempre sostenuto la Lapet e ora la novella normativa, già autorizzata in via amministrativa dal Ministero del lavo-ro con l’interpello n. 42/2011 giunge a con-fermare che la tutela della malattia, della maternità e dell’assegno al nucleo familiare deve intendersi estesa a tutti gli iscritti alla gestione separata, con la sola esclusione di coloro i quali siano iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria e dei pensionati. Facciamo un po’ di storia. Fino al 31 dicem-bre 2006 a parità di contribuzione, erano previste, per tutti, identiche prestazioni. La situazione è cambiata con la legge fi nan-ziaria del 2007, secondo cui i professionisti iscritti alla gestione separata e non assi-curati presso altra forma obbligatoria, non solo erano tenuti a pagare l’aumento con-tributivo ma, venivano addirittura esclusi dai benefi ci assistenziali quali congedi pa-rentali, maternità, malattia e assegni fami-liari di cui godevano invece i collaboratori iscritti alla medesima gestione. «Abbiamo sempre sostenuto che tale provvedimento rappresentava un’ingiustizia, in quanto, a parità di contribuzione, tutti devono poter usufruire delle identiche prestazioni», ha ricordato il presidente nazionale Lapet Ro-berto Falcone. Fin da allora la Lapet si era espressa in modo negativo sui provvedimenti previ-sti dalla legge fi nanziaria del 2007, tanto sull’aumento ingiustifi cato delle aliquote, quanto per l’iniqua esclusione dei profes-sionisti. Infatti, proprio in quell’anno, l’as-sociazione presieduta da Roberto Falcone aveva presentato un’istanza di interpello all’allora ministro del Lavoro Cesare Da-miano, affi nché si adoperasse per rimediare a tale sopruso.Per altro, anche lo stesso Istituto di pre-videnza negava l’estensione della tutela ad alcune categorie di lavoratori, tra cui i professionisti senza cassa. Oggi, il nuovo provvedimento normativo, va a riformare l’indirizzo n. 12768/2007 con cui l’Inps negava l’estensione della tutela ad alcune categorie di lavoratori, tra cui i professionisti senza cassa, che ora invece,

pagando il contributo pieno alla gestione separata, non possono essere esclusi dal novero dei benefi ciari delle tutele di ma-ternità, malattia, congedo parentale e as-segno familiare.«Alla luce del principio secondo cui tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, a parità di contribuzione devono tutti po-ter usufruire delle identiche prestazioni. Per questo l’esclusione dei professioni-sti iscritti alla gestione separata ex lege 335/95 e non assicurati presso altre forme di previdenza obbligatoria, era senza ombra di dubbio una misura incostituzionale per violazione dell’art. 3 della Costituzione sot-to il profi lo della irragionevolezza e della ingiustifi cata disparità di trattamento nei confronti di alcune categorie di professio-nisti di fatto sottoposte all’aumento delle aliquote ma escluse da benefi ci e agevola-zioni», ha aggiunto Falcone.Per dimostrare che tali norme costituivano una palese violazione dei principi costitu-zionali di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge il presidente, avviò una perso-nale protesta autoriducendosi le aliquote contributive, con conseguente ricorso alla Magistratura, convinto che, in determina-te situazioni, non sono i numeri a dettare legge ma è suffi ciente un caso pilota per raggiungere l’obiettivo. «Oggi fi nalmente il legislatore è intervenuto a darci ragio-ne», ha commentato il presidente. «Non solo, la violazione è stata così palese che, per estensione delle tutele di cui all’art 1 c.788 legge del 27 dicembre 2006 n 296, il giudizio sul mio ricorso è stato superato per cessata materia del contendere. Pertanto, sebbene l’articolo 22, comma 1 della legge di stabilità (legge n. 183 del 12 novembre 2011) ha previsto che dal 1° gennaio 2012 l’aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla Gestione separata, di cui all’art. 2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335, e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche sono aumentate di un punto percentuale, pur rappresentando questo un onere molto gravoso, quantomeno oggi tutti possono go-dere degli stessi benefi ci assistenziali».

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Previdenza, una tutela in più per i senza albo

A curadell’Uffi cio Stampa della ASSOCIAZIONE NAZIONALE

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38 Sabato 11 Febbraio 2012 L’EDITORIALE DI PAOLO PANERAI

concessionario, le aziende automo-bilistiche operanti in Italia, con in testa la Ford che è terza dopo Fiat e Volkswagen, stanno pre-mendo sul governo perché vari una nuova tornata di incentivi, anche se di natura diversa dal passato. «In Usa la Ford ce l’ha fatta con i propri mezzi. Delle tre big è l’unica che non ha avuto denari dallo Stato», dice Thorel. «Allo scoppiare della crisi aveva 33 miliardi di dollari di debiti, oggi ha 30 miliardi di liquidità e profitti per circa 10 miliardi. Non siamo quindi un’azienda che per-segue la filosofia del sussidio di Stato, ma la situazione italiana è davvero disperata, il segno della crisi di consumi e di sfiducia degli italiani. Senza interventi, l’Italia per l’auto diventerà un mercato marginale sia per la produzione, con non più di 600-700 mila vettu-re, sia per un mercato totale di un milione di vetture inferiore a quel-lo di alcuni anni fa. Siamo tornati al 1990».L’idea degli incentivi è di legarli esclusivamente all’emissione di CO

2: 700 euro per ogni auto acqui-

stata, tenuto conto che il parco di 36 milioni di vetture circolanti in Italia è composto da 14 milioni di auto con dieci e più anni di vita, quindi con una emissione di CO

2

che è 10-20 volte superiore a quel-le dei nuovi modelli.Thorel sostiene che concedendo un incentivo di 700 euro, l’operazione sarà per lo Stato a costo zero, poi-ché provocherà un aumento delle vendite tale da ripagare l’incenti-vo con il maggiore incasso di Iva rispetto a quello con il trend in corso.Ovviamente, il settore delle auto non è l’unico in una crisi così pro-fonda e molti altri settori avrebbe-ro uguale diritto a chiedere aiuti per la rottamazione e per il rinno-vo del parco macchine. Ma in effet-ti l’auto è sempre stata il secondo settore dopo l’edilizia a muovere la ripresa. E nella sua storia recente e più vecchia si sintetizza-no molti dei problemi italiani che il governo non potrà ignorare nel momento in cui affronterà real-mente la questione fondamentale dello sviluppo economico. Anche perché, se la situazione è di così grave crisi per l’auto in Italia, completamente diverso è lo scena-rio a livello globale. Nel mondo si vendono, infatti, 75 milioni di vet-ture all’anno. Nel 2012 se ne ven-deranno 80-82 milioni e fra quat-tro o cinque anni si supereranno i 100 milioni. L’industria automobi-listica americana si è già ristrut-turata e guarda sempre più il mondo intero, dovendo motorizza-re l’Asia. E dopo l’Asia arriverà l’Africa.Ben diversa è la s ituazione dell’Europa, con 22 milioni di auto vendute, dove la competizione è fortissima, e soprattutto dell’Ita-lia. Per più motivi fra i quali quel-li che Sergio Marchionne non cessa di ricordare, ma anche per funeste scelte del passato di cui

ora occorre tenere conto. Il caso significativo è ancora la Ford: voleva comprare l’Alfa Romeo certamente per il valore del mar-chio, ma anche per avere una fab-brica in Italia. L’Iri guidata da Romano Prodi e il governo di allora finirono per subire le pres-sioni della Fiat, a cui l’Alfa fu pas-

sata per poche lenticchie. La Ford ha costruito una fabbrica a Valencia, in Spagna, che con un milione di vetture all’anno oggi produce da sola più auto di quanto la Fiat ne produca in Italia. Anche la Toyota avrebbe voluto costrui-re una fabbrica in Italia, invece fu spinta a scegliere altri siti in Europa.La lezione è chiara: allora non si capì che l’occupazione e lo svilup-po potevano essere garantiti solo da visioni più globali che italocen-triche e che assecondando la casa di Torino non si faceva il bene dell’Italia e della stessa Fiat. Una lezione che sta per tornare di attualità per le prossime prospet-tive che offrirà il continente afri-cano, al quale l’Italia è il Paese più vicino. Naturalmente occorre, c ome r i ch iede a g ran voce Marchionne, recuperare efficienza e produttività, condizioni ritenute impossibili a Termini Imerese, che pure era lo stabilimento più vicino a l l ’Afr ica e anche al Medio Oriente.Senza risvegliare gli acquisti e senza intervenire sul punto cru-ciale della flessibilità del lavoro (leggi articolo 18), veramente andranno a pallino tutte le risorse di competenza e oltre 100 anni di storia che la Fiat ha. Basterebbe che Susanna Camusso e la Fiom ascoltassero per un’ora il racconto dell’avventura Ford degli ultimi cinque anni per capire che la stra-da che hanno imboccato porta ine-vitabilmente a un’ulteriore perdi-ta di chance da parte dell’Italia. Ma è anche il governo presieduto da Mario Monti che deve tenere conto di questa realtà e, dopo le brillanti performance sul piano dell’immagine, deve andare molto di più al cuore dei problemi del sistema economico italiano, non cedendo di un millimetro sull’idea del ministro Elsa Fornero.Un risveglio dell’industria e della vendita di automobili in Italia sarà il segnale della vera ripresa

come sta avvenendo negli Stati Uniti, dove, è bene dirlo, le auto costano quasi la metà che in Italia, come illustra il caso della Thema prodotta sul modello Chrysler. È appunto un problema di efficienza e di produttività che dà la misura di quanto l’Italia ha da recupera-re. Sia per quanto i lavoratori

devono dare e per quanto devono ricevere, che oggi è troppo poco in tutte e due le direzioni.In questi anni per pagare gli oneri del debito, il sistema Italia ha con-sumato tutto il plusvalore creato, finito in buona parte all’estero ai detentori di circa il 60% dei titoli di Stato. È come un corpo, l’Italia, che progressivamente si è avvizzi-to, andando tutto al ribasso, per il cancro dello stock di debito pubbli-co oltre che per alcuni macigni sulla strada della modernità e dell’efficienza, come dimostra il settore dell’auto.Per abbattere di colpo lo stock di debito pubblico, nel governo si fa strada l’antico convincimento che basti pensare ai flussi, cioè al saldo di bilancio annuale, per far ripartire anche la macchina dello sviluppo. Portatore di questa tesi è soprattutto i l ministro dei Rapport i con i l Parlamento, Pietro Giarda, che per molti anni è stato già, nei governi Dini e successivi, il grande manovrato-re del bilancio. Ora le sue speran-ze sono tutte affidate alla cosid-detta spending review, cioè all’esa-me dettagliato delle voci della spesa dello Stato per tagliare quelle improduttive. Operazione sicuramente indispensabile, ma tutt’altro che sufficiente, come dimostra l’esercizio econometrico fatto dall ’ex Ragioniere dello Stato, Andrea Monorchio, di cui qui viene pubblicata una tabella riassuntiva. Senza tagliare drasti-camente il debito, che comunque va tagliato di 1/20 all’anno secon-do gli accordi europei per la parte eccedente il 60% del pil, e contan-do soltanto sul pareggio di bilan-cio, il massimo che si ottiene è di passare dal 120% attuale del pil al 116%. Ma in questo modo si con-suma anche tutto il plusvalore che il sistema economico potrebbe pro-durre, perseverando quindi nella spirale recessiva.Signor Presidente del Consiglio, mentre la ringraziamo per aver

accettato di parlare attraverso Cnbc a tutto il mondo del busi-ness, in Italia e nel globo, con l’in-t e r v i s t a c o n c e s s a a M aria Bartiromo, in onda sul sito www.milanofinanza.it e sul canale tv Class Cnbc (507 Sky) per tutto il fine settimana, non possiamo non rivolgerLe ancora l’accorato appel-lo di oltre 15 mila italiani che con-tano a non indugiare oltre nell’or-ganizzare il taglio dello stock di debito con la vendita di almeno 300 miliardi di asset dello Stato,

da offrire agli italiani. Per questo mi permetto di invitarLa a legge-re, fra gli altri, il parere del Suo illustre collega, Alberto Quadro Curzio, rilasciato nel corso del forum del Tagliadebito day orga-nizzato due settimane fa da que-sto giornale e dagli altri media di Class Editori. Signor Presidente, il clima e la fiducia che Lei ha ricreato verso l’Italia sono una performance straordinaria, ma come sa meglio di me la fiducia è una componente importante, anzi fondamentale, ma non basta: deve essere accompagnata da fatti con-creti su quello che è il cancro del Paese, quello stock di debito così alto che differenzia l’Italia da qualsiasi Paese europeo. Può darsi che ci siano altre ricette che nes-suno finora ha individuato per abbatterlo drasticamente, al di là della vendita, dolorosa, di asset dello Stato. Se ci sono ricette vali-de, La invitiamo a renderle pub-bliche, altrimenti non resta che la vendita, per altro di una porzione non enorme del patrimonio pubbli-co, e peraltro da vendere agli ita-liani, evitando così di disperderlo all’estero. Da dove, invece, devono arrivare investimenti diretti, come quelli che sarebbero avvenuti se, per esempio, l’Alfa Romeo non fosse stata regalata alla Fiat. Siamo sicuri che se fosse stato lei al governo non avrebbe mai com-messo un simile errore, nonostan-te i suoi eccellenti rapporti perso-nali con gli Agnelli, essendo stato anche consigliere d’amministra-zione della Fiat. Per questo, siamo anche sicuri che sull’articolo 18 non mollerà. Con questa riforma strutturale del lavoro e l’abbatti-mento drastico del debito, l’Italia diventerà il Paese più forte in Europa, se non per il totale pro-dotto interno lordo sicuramente per l’autorevolezza e il peso nelle decisioni per creare dell’Europa un vero Stato federale. (riprodu-zione riservata)

Paolo Panerai

ORSI & TORISegue dalla prima pagina

SCENARI DI MODIFICA DEL RAPPORTO DEBITO/PIL IN ASSENZA DI TAGLIO STRAORDINARIOIpotesi 1 Ipotesi 2 Ipotesi 3 Ipotesi 4 Ipotesi 5 Ipotesi 6

Debito/pil nel 2011

Tasso di crescita pil reale

Tasso di inflazione

Avanzo primario/pil

Tasso di interesse sul debito

Debito/pil anno successivo

121%

1%

2%

5%

4%

117,2%

120%

1%

2%

4,5%

4%

117,7%

121%

0,5%

2%

5%

4%

117,9%

121%

0,5%

2%

4%

4%

118,8%

121%

-1%

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116,6%

GRAFICA MF-MILANO FINANZA

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39Sabato 11 Febbraio 2012

Contro le norme Ue anticrisi. Torna a salire lo spread Btp-Bund, che chiude a 369 pb

Le borse europee in fibrillazioneDopo le dimissioni di cinque esponenti del governo greco

L’improvviso e inatteso acuirsi della crisi in Grecia, con le dimis-sioni di ben cinque

ministri, ha riportato nel panico i mercati, già in fi brillazione da giovedì, per il mancato, defi nitivo accordo con la Ue per il fondo da 130 mld necessario per salvare, almeno momentaneamente, Ate-ne. I listini, partiti cauti, hanno presto virato in negativo e hanno accelerato nel pomeriggio sull’on-da delle notizie che arrivavano da Atene. A risentire pesante-mente della situazione anche i differenziali tra le obbligazioni nazionali e il Bund tedesco; il Btp decennale, partito a 348 pb, siè presto portato fi no a un mas-simo di 370 pb, poi ha oscillato e infi ne ha chiuso sui massimi a 369 pb, con un rendimento ria-slito al 5,61%.

A piazza Affari il Ftse Mib ha chiuso in calo dell’1,76% a 16.361 punti, il Ftse All share dell’1,57% a 17.348 punti, il Ftse Mid cap a -0,79%, il Ftse Star a -0,59%. In Europa, il Dax tedesco ha cedu-to l’1,41%, il Ftse 100 inglese lo 0,73% e il Cac 40 francese l’1,51%. Deboli anche i listini americani: a metà seduta, il Dow Jones se-gnava -0,94%, l’S&P 500 -0,81%, il Nasdaq Composite -0,71%.

I listini americani non sono sta-ti aiutati dai dati macro: l’indice preliminare di fi ducia dei consu-matori statunitensi dell’universi-tà del Michigan a febbraio è sceso a 72,5 punti dai 75 di dicembre (74 punti il consenso); inoltre il deficit commerciale è salito a 48,8 miliardi di dollari a dicem-bre, contro i 47,1 di novembre e oltre gli attesi 48.

A Milano, in ribasso gli istituti di credito fi niti sotto la lente di alcuni analisti. In rosso soprat-tutto Unicredit (-4,74%), su cui

Exane ha riavviato la copertura con rating neutral, Intesa San-paolo (-3,55%), penalizzata dal downgrade di Intermonte, Ban-co popolare (-2,16%) e Popolare Milano (-2,35%). In calo anche Ubi banca (-4,77%), Credem (-4,96%), Popolare Emilia Ro-magna (-4,08%). Segno positivo, invece, per Banca Mps (+0,32%).Tra le altre blue chip, bene Impre-gilo (+2,18%), Luxottica (+1,21%) e Diasorin (+1,79%). Rialzi più contenuti per A2A (+0,32%).Nel resto del listino, denaro su FonSai (+10,12%) dopo la no-tizia che Palladio finanziaria detiene il 2,25% circa del capi-tale della compagnia dei Ligre-sti, mentre hanno perso terre-

no Premafin (-0,39%), Milano ass. (-2,42%) e Unipol (-3,32%).In evidenza Tbs (+5,66%) che ha accelerato dopo la notizia che è stato sottoscritto e versato l’aumento di capitale da 10 mln euro e il prestito obbligazionario convertibile da ulteriori 10 mln. Sia l’aumento di capitale che il prestito obbligazionario sono ri-servati al Fondo italiano d’inve-stimento sgr. Bene Antichi pellet-tieri (+17,22%) e Pms (+9,22%).

Giù Indesit (-6,14%) dopo la pub-blicazione dei conti.

Quanto all’euro, ha chiuso in calo sulla scia del caso Grecia. La moneta comune è passata di mano per 1,3188 dollari e 102,30 yen. Dollaro-yen a 77,58.

Infi ne il petrolio, anch’esso in leggera flessione, con il Wti a New York quotato a 98,60 dollari al barile, contro i 117,51 dollari del Brent a Londra.

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C’erano i se e i ma di Germania, Commissione Ue e Fmi, ma la strada della Grecia sembrava in discesa, dopo l’accordo in extremis, giovedì, con i privati e con la Troika (Bce, Ue, Fmi) sulle dure condizioni che Atene avrebbe dovuto accettare per ricevere i tanto attesi 130 mld che le permetterebbero di restare a galla. E tutto sembrava rinviato al nuovo vertice dell’Eurogruppo, mercoledì a Bruxelles. Ma l’improvvisa raffi ca di dimissioni dal governo greco (quattro esponenti del partito di destra Laos, il mi-nistro dei trasporti, il viceministro della difesa, i sot-tosegretari all’agricoltura e alla marina mercantile oltre al viceministro degli affari europei, esponente socialista), ha riportato nel caos l’esecutivo di Atene e i mercati. Quest’ultima ha accusato apertamen-te la troika di «non tener conto delle conseguenze dell’applicazione del primo piano di austerità» e di voler imporre nuove misure che «aggraveranno la recessione e aumenteranno la rabbia sociale», in violazione del Trattato di Lisbona che «salvaguarda la coesione sociale e l’autonomia delle parti sociali». Dopo il primo sconcerto, il governo del premier, Lucas Papademos, ha già annunciato di voler «sostituire» i ministri dimissionari, ma il rimpasto non avverrà prima di lunedì. L’esecutivo ha ancora una salda maggioranza, ma questa si sta sfaldando e le pros-

sime ore saranno cruciali. Se l’esecutivo non riusci-rà a varare la legge, che impone gli ulteriori sacrifi ci (tra gli altri, tagli alle pensioni e riduzione degli or-ganici della p.a.) non arriveranno i soldi. Dal canto loro, non fi dandosi di Atene, i ministri delle fi nanze dell’Eurozona hanno posticipato l’approvazione del secondo piano di aiuti e hanno avanzato una nuo-va richiesta ai leader politici ellenici di tener fede alle promesse fatte già dalla prossima settimana.Ieri erano previsti due summit, uno del Pasok e uno di Nuova Democrazia e il problema ora è capire se i parlamentari sosterranno il governo nel voto di domani. Ma per capire quanto sia teso il clima in Grecia, vanno ricordati due fatti: i nuovi, violenti incidenti ieri ad Atene, nel corso dello sciopero ge-nerale e la provocazione del principale sindacato di polizia greca, che ha minacciato di emettere un mandato di arresto per gli ispettori dell’Unione europea e del Fmi. In una lettera, il sindacato di polizia accusa gli ispettori di «ricatto» e di «aver clandestinamente abolito la democrazia e la sovra-nità nazionale». È una minaccia puramente simbo-lica, perché la polizia non può emettere mandati di arresto senza l’autorizzazione di un magistrato, ma è un segnale del clima di rabbia e di frustrazione che serpeggia nel paese.

Caos Atene: voto austerity appeso a un fi lo

La produzione industriale a dicembre è aumentata dell’1,4% rispetto a novem-bre, ma, corretto per gli ef-fetti di calendario, l’indice è diminuito in termini ten-denziali dell’1,7%. Secondo l’Istat, nella media del tri-mestre ottobre-dicembre l’indice è sceso del 2,1% rispetto al trimestre pre-cedente.

A dicembre l’indice desta-gionalizzato ha registrato un incremento congiuntu-rale per i beni strumentali (+3,6%) e per i beni di con-sumo (+1,8%), mentre ha se-gnato una diminuzione per l’energia (-2,0%); invariati i beni intermedi. Nella media dell’intero 2011 la produzio-ne ha segnato una variazio-ne nulla rispetto al 2010.

Intanto, secondo l’indagi-ne rapida di Confi ndustria, anche in gennaio la produ-zione industriale è calata dell’1,8% rispetto a dicem-bre (+1,4% mensile). Per il primo trimestre, quindi, «si delinea una sostanziale de-bolezza dell’attività, dopo il -2,1% nel quarto trimestre 2011: la variazione congiun-turale acquisita è di -0,8% fi no a gennaio e gli indicatori qualitativi anticipano ulte-riori diffi coltà per i prossimi mesi». Si attesta al -20,2% «la distanza dal picco precri-si (aprile 2008) e al +7,9% il recupero dell’attività dai minimi della recessione (marzo 2009)».

Produzioneancora giù

CambiDivisa Valuta/ U.i.c. Var. Cross Euro prec. ass. su $

Quotazioni indicative rilevate dalle banche centrali

LEGENDA TASSI Prime rate. Il prime rate Abi è la media dei tassi ai migliori clienti rilevati tra gli istituti bancari. È rilevato ogni quindici giorni, all’inizio e alla metà del mese. Pil. I tassi di crescita del prodotto interno lordo riportati nella tabella sopra sono rilevati con periodicità trimestrale. Infl azione. È la variazione dell’indice dei prezzi al consumo rilevato ogni mese dall’Istat.

Tassi e dati macro Ultima Prece- Variaz. rilevazione dente assoluta

Tassi EuroE.O.N.I.A. E.O.N.I.A. Scadenza Scadenza

Preziosi e metalli Den. Let. Den. Let.

EuriborEuribor Euribor Scadenza Scad. Euro $ Usa Sterl. Fr. sviz. Yen

IrsInt. Rate Swap (Euro) Scad. Denaro Lettera

Il primo quotidianoi nanziario italiano

Corona Ceca 25,245 24,985 0,2600 19,1410

Corona Danese 7,4322 7,432 0,0002 5,6352

Corona Norvegese 7,618 7,63 -0,0120 5,7760

Corona Svedese 8,8065 8,8045 0,0020 6,6772

Dollaro Australiano 1,2381 1,2295 0,0086 0,9387

Dollaro Canadese 1,3225 1,3219 0,0006 1,0027

Dollaro N Zelanda 1,5948 1,5896 0,0052 1,2092

Dollaro USA 1,3189 1,3288 -0,0099 -

Fiorino Ungherese 293,58 290,9 2,6800 222,5946

Franco Svizzero 1,2098 1,2103 -0,0005 0,9173

Rand Sudafricano 10,19 10,0959 0,0941 7,7261

Sterlina 0,8363 0,83665 -0,0004 0,6341

Yen 102,43 102,63 -0,2000 77,6632

Zloty Polacco 4,2188 4,1971 0,0217 3,1987

Tasso uffi ciale di riferimento 1,00 1,25 -0,25

Rendistato Bankitalia(lordi) 4,70 4,70 0,00

Tasso Infl azione ITA 3,20 3,30 -0,10

Tasso Infl azione EU 2,70 3,00 -0,30

Indice HICP EU-12 114,20 116,30 -2,10

HICP area EURO ex tobacco 113,91 113,54 0,37

Tasso annuo crescita PIL ITA 0,20 0,70 -0,50

Tasso di disoccupazione ITA 7,65 7,78 -0,13

1 sett 0,371

1 mese 0,356

2 mesi 0,354

3 mesi 0,347

4 mesi 0,343

5 mesi 0,342

6 mesi 0,343

7 mesi 0,343

8 mesi 0,346

9 mesi 0,347

10 mesi 0,349

12 mesi 0,356

Preziosi ($ per oncia)Oro 1721,37 1721,82Argento 33,61 33,67Palladio 699 705Platino 1653 1663Metalli ($ per tonn.)Alluminio 2218 2219Rame 8590 8591Piombo 2168 2169Nichel 21025 21050

Stagno 25495 25500Zinco 2112 2113Monete e Preziosi (quote in €)Sterlina (v.c.) 312,51 340,35Sterlina (n.c.) 312,97 342,21Sterlina (post 74) 312,97 342,21Marengo Italiano 230,86 252,03Marengo Svizzero 230,29 250,50Marengo Francese 229,82 250,51Marengo Belga 229,82 250,51

1 Sett. 0,373

2 Sett. 0,440

3 Sett. 0,533

1 M 0,641

2 M 0,850

3 M 1,063

4 M 1,162

5 M 1,256

6 M 1,365

7 M 1,433

8 M 1,493

9 M 1,550

10 M 1,597

11 M 1,646

12 M 1,697

S/N - O/N 0,281 0,142 0,563 0,043 0,107

1 sett 0,321 0,191 0,612 0,047 0,118

2 sett 0,363 0,219 0,643 0,048 0,124

1 mese 0,575 0,251 0,761 0,059 0,144

2 mesi 0,756 0,371 0,877 0,068 0,159

3 mesi 0,992 0,506 1,077 0,083 0,196

4 mesi 1,107 0,600 1,176 0,095 0,241

5 mesi 1,204 0,678 1,282 0,108 0,293

6 mesi 1,318 0,758 1,392 0,134 0,336

7 mesi 1,384 0,809 1,479 0,162 0,386

8 mesi 1,445 0,856 1,566 0,193 0,431

9 mesi 1,503 0,903 1,655 0,230 0,474

10 mesi 1,559 0,954 1,737 0,272 0,504

11 mesi 1,617 1,009 1,813 0,315 0,529

12 mesi 1,671 1,070 1,892 0,356 0,554

1 anno 1,224 1,264

2 anni 1,149 1,189

3 anni 1,224 1,264

4 anni 1,386 1,426

5 anni 1,583 1,623

6 anni 1,780 1,820

7 anni 1,954 1,994

8 anni 2,099 2,139

9 anni 2,220 2,260

10 anni 2,324 2,364

12 anni 2,497 2,537

15 anni 2,650 2,690

20 anni 2,694 2,734

25 anni 2,639 2,679

30 anni 2,578 2,618

Fonte: Icap

TA S S I E VA L U T E

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40 Sabato 11 Febbraio 2012 MERCATI E FINANZA

PREMAFIN/ Manovre in vista della fusione con Unipol

Codice disapplicatoNorma su consiglieri indipendenti

Premafin ha costituito un comitato di ammi-nistratori non esecuti-vi indipendenti e non

correlati che «sarà chiamato a esprimersi, in applicazione del-le procedure per le operazioni con parti correlate della società, in relazione al prospettato pro-getto di integrazione attraverso la fusione per incorporazione in Fondiaria-Sai di Unipol assicu-razioni, Premafi n e Milano assi-curazioni». La società ha quindi annunciato la nomina di Filippo Garbagnati Lo Iacono, Luigi Re-ale ed Ernesto Vitiello.

Premafin ha anche verifi-cato la sussistenza, per gli amministratori non esecuti-vi, dei requisiti di indipen-denza dichiarati. Il cda ha deciso di «disapplicare», tra i criteri enunciati dal Codice di autodisciplina delle società quotate, approvato da Borsa italiana, quello che prevede che non possa essere conside-rato indipendente il soggetto che sia stato amministratore della società per più di nove anni negli ultimi 12, «rite-nendo che la semplice durata

dell`incarico, disgiunta da ul-teriori elementi di valutazione nel caso concreto, non costitu-isca elemento idoneo di per sé a inficiare l`indipendenza di professionisti qualificati». Per la società, sono risultati indi-pendenti gli amministratori Carlo Ciani, Beniamino Ciot-ti e Giuseppe Lazzaroni, oltre agli amministratori recente-mente cooptati: Carlo Ami-sano, Ricardo Flora, Filippo Garbagnati Lo Iacono, Luigi

Reale ed Ernesto Vitiello.Intanto ieri Unipol ha annun-

ciato che sottoporrà all’assem-blea straordinaria l’attribuzione al cda della delega all’aumento di capitale per 1.100 milioni con l’emissione di azioni ordinarie e privilegiate, funzionale a dotare Ugf delle risorse per sottoscri-vere l’aumento di capitale riser-vato a Ugf e quello Premafi n. L’assemblea è stata convocata per il 19 marzo.

© Riproduzione riservata

La Fiat ribadisce l’impegno e il legame con Torino: lo ha ribadito ieri l’a.d., Sergio Marchionne, in

occasione dell’inaugurazione della nuova sede del Centro me-dico diagnostico Sepin Fiat nel capoluogo piemontese, unica realtà italiana di questo tipo di proprietà e gestita direttamen-te da un’impresa industriale.«Questo progetto», ha detto Marchionne, «è un chiaro se-gnale dell’impegno della Fiat a

Torino, che non si limita al pia-no industriale. La scorsa setti-mana», ha aggiunto, «abbiamo confermato gli investimenti per Mirafiori e la produzione di al-meno due nuovi modelli. Essere qui, oggi, a inaugurare questa struttura, è un altro esempio di una Fiat che, mentre cresce e si rafforza nel mondo, resta legata alla sua città e crede in questa comunità».

«In un paese che spesso fi nisce sui giornali, italiani e stranieri, a causa delle ineffi cienze e del-le sue leggerezze, dove anche la sanità pubblica è talvolta al centro delle polemiche, questo è un esempio, come tanti altri, di un’Italia che funziona» ha conti-nuato l’a.d., che ha parlato insie-me al presidente John Elkann.

«La salute come l’istruzione», ha continuato, «sono valori fon-damentali nella nostra Costitu-zione. E sono due indicatori delle prospettive di un paese. Investire sulla sanità e sull’istruzione si-gnifi ca porre le basi del benes-sere e dello sviluppo. La Fiat ha sempre cercato di fare la sua parte su entrambi i fronti».

© Riproduzione riservata

Inaugurato il centro medico Sepin

Fiat ribadiscelegame con Torino

Si è chiuso con l’integrale sottoscrizione l’au-mento di capitale da 7,5 miliardi di euro di Unicre-dit. Lo ha confermato uffi cialmente l’istituto dopo che, l’1 febbraio, aveva già comunicato la chiusura anticipata dell’offerta in borsa dei diritti inoptati.Secondo Unicredit, Allianz, Carimonte holding, Fondazione Cassa di risparmio di Modena, Fon-dazione Cassa di risparmio di Torino, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e il consigliere di amministrazione Luigi Maramotti, vale a dire un nucleo di soci storici dell’istituto, hanno sot-toscritto, direttamente o indirettamente, «circa il 10,7% delle azioni ordinarie oggetto dell’au-mento di capitale», in linea con l’impegno preso

con il mercato il 4 gennaio. Intanto ieri è stato reso noto che è scesa dallo

0,79 allo 0,51% del capitale la partecipazione della Fondazione Manodori in Unicredit. L’in-vestimento, per la fondazione emiliana, che ha sottoscritto «solo» il 47% della sua quota, è stato di 27,97 mln, 15,2 reperiti con la dismissione di fondi e obbligazioni e 12,7 con la vendita dei diritti di opzione.

Attualmente la fondazione Manodori possie-de 29.600.834 azioni Unicredit, con un prezzo medio di carico diminuito a 4,688 euro e vicino all’attuale prezzo di mercato.

© Riproduzione riservata

Soci storici presenti nell’aumento Unicredit

Borsa italiana, Abi e Confindustria han-no firmato un’intesa per sostenere con-

cretamente le piccole e medie imprese italiane che parteci-peranno al progetto Elite di Borsa italiana e che si basa sui singoli accordi già stipulati nel corso degli anni tra le parti.Il progetto Elite è uno stru-mento di potenziamento e training dedicato alle pmi che desiderano strutturarsi per ac-cedere al mercato dei capitali, facilitandone i processi di pa-trimonializzazione, crescita e internazionalizzazione. Punto di forza dell’intesa sarà quello di agevolare le condizioni di accesso al credito, soprattutto individuando alcuni elementi qualitativi che potranno essere considerati nella valutazione del merito creditizio delle so-cietà del circuito Elite.

«Siamo convinti che la cresci-ta delle pmi richieda uno sforzo sinergico e di sistema», ha com-mentato Raffaele Jerusalmi, a.d. di Borsa italiana. «Questo accor-do, all’interno del nostro progetto Elite, conferma l’impegno e l’at-tenzione di Borsa italiana per lo sviluppo del tessuto imprendi-toriale made in Italy e il nostro ruolo di coordinamento e incenti-vazione di progetti concreti».

«In questo momento non fa-

cile», ha sottolineato Giovanni Sabatini, d.g. dell’Abi, «le banche e le imprese stanno mettendo a fattor comune il proprio impe-gno, lavorando insieme per so-stenersi e dare risposte concrete ai problemi del paese. In questo contesto, è importante mettere in campo iniziative che favoriscano lo sviluppo culturale e la cresci-ta complessiva della dimensione delle imprese italiane».

Vincenzo Boccia, presidente di Piccola industria, ha dichia-rato: «Il protocollo che abbiamo fi rmato è un importante tassel-lo che completa il quadro delle iniziative avviate con Borsa italiana e Abi, che mirano a fa-vorire la crescita delle impre-se. Elite prevede un percorso di formazione e fi ssa obiettivi di trasparenza e governance che faranno emergere le imprese con potenzialità di sviluppo, in-tenzionate ad avviare processi di crescita. Per queste imprese si aprono nuove opportunità di fi nanziamento e anche la pos-sibilità di un migliore rapporto con il sistema bancario. La cre-scita del nostro sistema econo-mico e’ un obiettivo prioritario di Piccola industria: crediamo che sia una via obbligata per creare valore e per affrontare una competizione sempre più complessa».

© Riproduzione riservata

Borsa italiana, Abi, Confindustria

Progetto di Eliteper le pmi

CEDOLA A 0,23 €

Anno difficileper i conti della Indesit

Indesit ha registrato nel 2011 un utile di 58,8 milioni, in calo rispetto agli 89,7 milioni del 2010, e ricavi per 2.825,3 milioni (-1,8%). Nel solo quarto trime-stre i ricavi sono scesi dell’8,6%.L’indebitamento fi nanziario net-to è stato di 218 milioni rispetto ai 179 milioni di fi ne 2010. Al cda convocato per il 21 marzo verrà sottoposta la proposta di distribuire un dividendo di 0,23 euro per azione ordinaria.

«È stato ancora un anno di mercato difficile, iniziato con prospettive di sviluppo e chiuso con una domanda in calo», ha di-chiarato l’a.d., Marco Milani. «In questo contesto non favorevole e nonostante l’aumento del costo delle materie prime, la nostra redditività si mantiene sui mi-gliori livelli del settore e la posi-zione fi nanziaria sostanzialmen-te in linea con l’anno precedente. Il 2012 si presenta altrettanto diffi coltoso, ma tutti i nuovi pro-dotti Hotpoint sono ora nei punti vendita e nel corso dell’anno ne vedremo i benefi ci».

Secondo Milani, «c’è bisogno di consolidamento nel settore», che è troppo frammentato e dà così spazio a concorrenti inter-nazionali di entrare sul merca-to. «Mi aspetto qualche cosa di importante e non un consolida-mento a piccoli passi».

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SCADENZA 2014

Atlantia riacquistaazioni proprieAtlantia ha accettato le of-ferte di riacquisto parziale di obbligazioni emesse per un controvalore nominale di 532,1 mln euro. L’offer-ta riguarda le obbligazioni emesse il 9 giugno 2004, con scadenza 9 giugno 2014, per un controvalore nominale di 2,75 mld di euro e con va-lore nominale di 100 mila. Lo spread di acquisto de-terminato dalla società è di 160 pb e l’interpolated mid-swap rate è dell’1,193%. Al termine del periodo di offerta risultavano porta-te in adesione obbligazioni per un controvalore nomi-nale complessivo di 587,6 mln euro. Il prezzo di acquisto delle obbligazioni è quindi del 104,865% del valore no-minale delle obbligazioni, per uno yield del 2,793%. Intanto la società ha smen-tito voci di stampa secondo cui era stato raggiunto un accordo con il gruppo Gavio per la cessione della quota in Impregilo. «Nessun ac-cordo è stato raggiunto con il gruppo Gavio e una deci-sione verrà presa comunque entro il 2 marzo», afferma Atlantia.

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CONTI 2011

Tengonoutili ed ebitda di BasicnetBasicnet ha chiuso il 2011 con un fatturato consolidato pre-liminare di 160 mln euro (164 nel 2010), un ebitda superiore a 20 mln (23) e un utile netto atteso superiore a 8 mln (8,5). La società ha segnalato di aver avuto un buono sviluppo nei mercati internazionali, in particolare in Asia e Oceania (+78%) e Medio oriente e Africa (+22%). Le vendite aggregate effettuate dai licenziatari nel mondo sono state pari a 422 mln (+14,8%) e le royalties atti-ve e le commissioni dei sourcing sono state di 38 mln (+17,2%).L’indebitamento finanziario netto è sceso di 7,6 mln, con un miglioramento del 9,6%.Secondo l’a.d., Franco Spalla, «si è chiuso un esercizio di straordi-naria attività; il gruppo ha pro-seguito l’espansione sui mercati internazionali e ha conseguito importanti risultati sia in ter-mini commerciali che reddituali e soprattutto ha consolidato la posizione anche per gli esercizi a venire. Sul mercato italiano, che ha risentito in modo particolare della grave crisi fi nanziaria e dei consumi, abbiamo perseguito il progetto di apertura di negozi a insegne del gruppo, con 78 nuove aperture, fi nanziando tali inve-stimenti attraverso l’autonoma generazione di cassa».

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41Sabato 11 Febbraio 2012Sabato 1MERCATI E FINANZA

Intesa Sanpaolo. «Non ho assolutamente detto che bisogna rivedere il piano in-dustriale. Ho detto che in un nuovo scenario in costante mutamento i piani devono essere aggiornati proprio per assicurare che si possa-no cogliere tutte le opportu-nità e si possano mitigare le insidie e i problemi che si possono palesare», ha pre-cisato ieri l’a.d. del gruppo, Enrico Cucchiani.

Bankia, terza maggiore banca spagnola, nel 2011 ha registrato un utile netto di 309 mln euro e una spesa di 1,14 mld euro per aumentare la copertura sulle perdite legate alle proprietà immobiliari. Ac-cantonerà ulteriori 3,93 mld euro quest’anno, in seguito all’introduzione di nuovi re-golamenti bancari che hanno alzato notevolmente la soglia di liquidità che le banche de-vono garantire a fronte dei loro prestiti immobiliari.

Tirrenia è di nuovo «in alto mare» e sulla compa-gnia riappare lo spettro dello spezzatino. Lo ha affermato il segretario generale della Uiltrasporti, Luigi Simeone, secondo cui «da Bruxelles ar-rivano segnali preoccupanti, confermati dall’a.d. della

Cin, sull’assegnazione di Tir-renia alla società creata allo scopo da Marinvest, Onorato e Grimaldi». Il commissario europeo per la concorrenza, Joaquin Almunia, «ha rile-vato un eccesso di concentra-zione del cabotaggio italiano, che rischia di far saltare l’unica ipotesi di salvataggio di Tirrenia, determinatasi a seguito della disastrosa ge-stione della privatizzazione della fl otta pubblica operata dal governo precedente con l’ex ministro Altero Matteoli».

Michelin. Nel 2011 ha regi-strato un incremento dell’uti-le netto del 39% a 1,46 mld euro, a fronte degli 1,05 del 2010. L’utile operativo è pro-gredito del 14,7% a 1,94 mld euro (1,70 ). L’ebitda è sceso al 9,4% dal 9,5%. I ricavi sono migliorati del 15,8% a 20,72 mld. I volumi delle vendite sono aumentati del 6,7%.

De Beers. Nel 2011 ha registrato un incremento dell’ebitda a 1,72 mld usd dagli 1,43 mld usd dello stes-so periodo dello scorso anno. Il dato è legato alla forza dei prezzi dei diamanti. Le vendite sono progredite a 7,4 mld usd. Le vendite dei dia-manti grezzi sono aumentate del 27% a 6,5 mld usd.

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Unidesio 760125 10,642 03/02/2012

Unidesio 760126 10,332 03/02/2012

Unidesio 760129 11,228 03/02/2012

Unidesio 760130 10,563 03/02/2012

Unidesio 760133 10,636 03/02/2012

Unidesio 760137 10,438 03/02/2012

Unidesio 760138 10,744 03/02/2012

Unidesio 760139 11,126 03/02/2012

Unidesio 760140 11,022 03/02/2012

Unidesio 760141 10,1950 03/02/2012

Unidesio 760143 10,072 03/02/2012

Unidesio 760145 10,581 03/02/2012

Unidesio 760147 10,665 03/02/2012

Unidesio 760149 10,657 03/02/2012

Unidesio 760150 10,714 03/02/2012

Unidesio 760156 9,992 03/02/2012

Unidesio 760157 10,746 03/02/2012

Unidesio 760158 10,001 03/02/2012

Unidesio 760159 10,351 03/02/2012

Unidesio 760160 10,042 03/02/2012

Unidesio 760163 10,013 03/02/2012

Unidesio 760167 10,253 03/02/2012

Unidesio 760168 10,437 03/02/2012

Unidesio 760169 10,593 03/02/2012

Unidesio 760170 10,340 03/02/2012

Unidesio 760171 10,184 03/02/2012

Unidesio 760173 10,1270 03/02/2012

Unidesio 760174 10,3500 03/02/2012

Unidesio 760179 10,074 03/02/2012

Unidesio 760180 10,184 03/02/2012

Unidesio 760181 10,091 03/02/2012

Unidesio 760182 9,410 03/02/2012

Unidesio 760183 10,429 03/02/2012

Unidesio 760184 10,316 20/01/2012

Unidesio 760185 10,313 20/01/2012

Unidesio 760186 10,245 20/01/2012

Unidesio 760187 10,282 20/01/2012

Unidesio 760188 10,218 20/01/2012

Unidesio 760189 10,300 20/01/2012

Unidesio 760191 10,033 20/01/2012

Unidesio 760192 10,228 20/01/2012

Unidesio 760193 10,303 20/01/2012

Unidesio 760198 8,6300 20/01/2012

Unidesio 760201 10,249 20/01/2012

Unidesio 760202 10,160 20/01/2012

Unidesio 760203 10,5640 20/01/2012

Unidesio 760205 10,015 20/01/2012

Unidesio 760206 10,011 20/01/2012

Unidesio Obblig.

Breve Termine 9,991 20/01/2012

Unidesio Obblig.

Medio Termine 10,178 20/01/2012

Unidesio Azionario

Area Euro 8,389 20/01/2012

Unidesio Azionario

Internazionale 10,146 20/01/2012

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VALORI AL 31/01/2012

Adesso Index Aprile '07 93,330 MERRILL LYNCH & CO. INC. Baa1 | A- | A BANCA ALETTI & C. S.p.A. - | BBB | BBB+

Adesso Index Febbraio '07 99,253 B.CA POPOLARE DI VERONA NOVARA Scarl Baa2 | BBB | BBB+ * BANCA ALETTI & C. S.p.A. - | BBB | BBB+

Alba Carim Index 08/07 100,765 CASSA DI RISPARMIO DI RIMINI S.p.A. - ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

Alti Percorsi Index 1 – 2007 99,477 BANCA POPOLARE DI CIVIDALE SCPA Baa1 | - | - UBS Ltd Aa3 | A | A

Carichieti Index Linked 2007 97,001 INTESA SANPAOLO S.p.A. A2 | A | A BANCO SANTANDER S.A. Aa3 | AA- | AA-

Creberg altiplano marzo 07 98,636 CREDITO BERGAMASCO S.p.A. - | BBB | BBB+ BANCA ALETTI & C. S.p.A. - | BBB | BBB+

Creberg Altiplano Aprile '07 90,330 BANCA ITALEASE S.p.A. Baa3 | - | BBB+ BANCA ALETTI & C. S.p.A. - | BBB | BBB+

Creberg Polar Aprile '07 90,130 BANCA ITALEASE S.p.A. Baa3 | - | BBB+ BANCA ALETTI & C. S.p.A. - | BBB | BBB+

Derby Index Linked Dicembre 2006 86,470 BANCA ITALEASE S.p.A. Baa3 | - | BBB+ UNICREDIT S.p.A. A2 | A | A- ****

Derby Index Linked Ottobre 2006 94,840 BANCA POPOLARE DI BARI Scrl - | (1) | - BANCA ALETTI & C. S.p.A. - | BBB | BBB+

Duomo Index Nuove Frontiere III serie 94,770 BANCA POPOLARE DI VICENZA - | BBB | BBB BANCO BILBAO SA Aa3 | A+ | A+

Duomo Index Nuove Frontiere IV serie 96,010 INTESA SANPAOLO S.p.A. A2 | A | A DEUTSCHE BANK AG Aa3 | A+ | A+

Futuro Forte 1 - 2006 100,750 GOLDMAN SACHS GROUP, INC. A1 | A- | A SOCIETÉ GENERALE A1 | A+ | A+

Index Scatto piu' Persona Life 98,480 SOCIETÉ GENERALE A1 | A+ | A+

Index Up 1-2008 89,000 MORGAN STANLEY A2 | A- | A SOCIETÉ GENERALE A1 | A+ | A+

Scelgo Index 10 99,640 CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA S.p.A. Ba3 | - | - ROYAL BANK OF SCOTLAND PLC A3 | A | A

Scelgo Index 11 99,405 CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA S.p.A. Ba3 | - | - CITIBANK N.A. A1 | A | A

Scelgo index 12 99,760 CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA S.p.A. Ba3 | - | - BANCO SANTANDER S.A. Aa3 | AA- | AA-

Scelgo Index 13 99,352 CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA S.p.A. Ba3 | - | - BARCLAYS BANK PLC Aa3 | A | A

Scelgo Index 14 98,510 CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA S.p.A. Ba3 | - | - JP MORGAN CHASE BANK Aa3 | A | AA-

Treviso Index 2007 99,477 BANCA POPOLARE DI CIVIDALE SCPA Baa1 | - | - UBS Ltd Aa3 | A | A

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4,30% International Index Serie V Marzo 2007 92,010 ANGLO IRISH BANK PLC Caa2 | CCC+ | BB- UBS Ltd Aa3 | A | A

4,30% International Index Serie VIII Maggio 2007 98,350 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A DEUTSCHE BANK AG Aa3 | A+ | A+

4,30% International Index Serie XV Settembre 2007 98,270 HBOS Treasury Services Plc A1 | - | - CREDIT SUISSE INTERNATIONAL Aa1 | A+ | A

4,30% International Serie VI Aprile 2007 93,000 ANGLO IRISH BANK PLC Caa2 | CCC+ | BB- CREDIT SUISSE INTERNATIONAL Aa1 | A+ | A

4,30% International Serie VII Aprile 2007 93,000 ANGLO IRISH BANK PLC Caa2 | CCC+ | BB- CREDIT SUISSE INTERNATIONAL Aa1 | A+ | A

4,30% International Serie X Giugno 2007 96,861 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A BANCO SANTANDER S.A. Aa3 | AA- | AA-

AUSTRALIAN & SWISS INDEX SERIE VIII GIUGNO 2006 98,500 MORGAN STANLEY A2 | A- | A UBS Ltd Aa3 | A | A

Convergence Serie IX 2007 93,000 ANGLO IRISH BANK PLC Caa2 | CCC+ | BB- CREDIT SUISSE INTERNATIONAL Aa1 | A+ | A

Convergence Serie VIII 2007 92,010 ANGLO IRISH BANK PLC Caa2 | CCC+ | BB- UBS Ltd Aa3 | A | A

Convergence Serie XI 2007 98,350 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A DEUTSCHE BANK AG Aa3 | A+ | A+

Convergence Serie XII 2007 96,861 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A BANCO SANTANDER S.A. Aa3 | AA- | AA-

Convergence serie XIV 2007 98,270 HBOS Treasury Services Plc A1 | - | - CREDIT SUISSE INTERNATIONAL Aa1 | A+ | A

CRESCITA SICURA SERIE  VI  2006 100,128 MORGAN STANLEY A2 | A- | A BANCA IMI S.p.A. A2 | A | A

CRESCITA SICURA SERIE I 2007 98,870 ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

CRESCITA SICURA SERIE II 2007 94,160 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A COMMERZBANK AG A2 | A | A+

CRESCITA SICURA SERIE II/2006 101,550 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A SOCIETÉ GENERALE A1 | A+ | A+

CRESCITA SICURA SERIE III 2006 98,550 SNS BANK NV Baa1 | A- | BBB+ CREDIT SUISSE INTERNATIONAL Aa1 | A+ | A

Crescita Sicura Serie III 2007 96,960 C.SSE CENTR.DU CREDIT IMM. DE FRANCE A1 | NR | A ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

CRESCITA SICURA SERIE IV 2006 98,210 C.SSE CENTR.DU CREDIT IMM. DE FRANCE A1 | NR | A COMMERZBANK AG A2 | A | A+

Crescita Sicura Serie IV 2007 93,190 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A BANCO SANTANDER S.A. Aa3 | AA- | AA-

CRESCITA SICURA SERIE IX 2006 99,510 ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

CRESCITA SICURA SERIE V 2006 98,110 GOLDMAN SACHS GROUP, INC. A1 | A- | A ROYAL BANK OF SCOTLAND PLC A3 | A | A

Crescita Sicura Serie V 2007 98,350 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A DEUTSCHE BANK AG Aa3 | A+ | A+

Crescita Sicura Serie VI 2007 96,861 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A BANCO SANTANDER S.A. Aa3 | AA- | AA-

CRESCITA SICURA SERIE VII 2006 99,390 BNP PARIBAS Aa3 | AA- | A+

Crescita Sicura Serie VII 2007 98,270 HBOS Treasury Services Plc A1 | - | - CREDIT SUISSE INTERNATIONAL Aa1 | A+ | A

CRESCITA SICURA SERIE VIII 2006 100,110 ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

Crescita Sicura Serie VIII 2007 93,250 NIBC Bank NV Baa3 | BBB- | BBB CREDIT SUISSE INTERNATIONAL Aa1 | A+ | A

CRESCITA SICURA SERIE X 2006 98,850 BNP PARIBAS Aa3 | AA- | A+

CRESCITA SICURA SERIE XI 2006 99,130 ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

DJ EUROSTOXX CRESCITA EUROPA SERIE II FEBBRAIO 2006 101,550 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A SOCIETÉ GENERALE A1 | A+ | A+

Euramerica 87 Index Linked Serie IX Maggio 2007 98,030 C.SSE CENTR.DU CREDIT IMM. DE FRANCE A1 | NR | A HVB HYPO-UND EREINSBANK AG A2 | A | A+

EUROSTOXX 3,75% SERIE VII MAGGIO 2006 98,210 C.SSE CENTR.DU CREDIT IMM. DE FRANCE A1 | NR | A COMMERZBANK AG A2 | A | A+

EUROSTOXX 4% PIU' INDEX LINKED SERIE XII AGOSTO 200699,390 BNP PARIBAS Aa3 | AA- | A+

EUROSTOXX 4% PIU' SERIE XIV OTTOBRE 2006 99,510 ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

EUROSTOXX 4% PIU' SERIE XV NOVEMBRE 2006 98,850 BNP PARIBAS Aa3 | AA- | A+

EUROSTOXX 4% PIU' SERIE XVI DICEMBRE 2006 99,130 ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

EUROSTOXX 4% PIU'SERIE XIII SETTEMBRE 2006 100,110 ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

EUROSTOXX 4% SERIE I GENNAIO 2007 98,870 ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

EUROSTOXX 4% SERIE IX GIUGNO 2006 98,110 GOLDMAN SACHS GROUP, INC. A1 | A- | A ROYAL BANK OF SCOTLAND PLC A3 | A | A

EUROSTOXX 4% SERIE XI LUGLIO 2006 100,128 MORGAN STANLEY A2 | A- | A BANCA IMI S.p.A. A2 | A | A

EUROSTOXX 4,20% SERIE III FEBBRAIO 2007 94,160 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A COMMERZBANK AG A2 | A | A+

EUROSTOXX CRESCITA SICURA SERIE III 2006 101,550 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A SOCIETÉ GENERALE A1 | A+ | A+

Global Alternative Energy & Water Serie XIII Settembre 2007 91,590 C.SSE CENTR.DU CREDIT IMM. DE FRANCE A1 | NR | A CREDIT SUISSE INTERNATIONAL Aa1 | A+ | A

INDEX "€uro/Dollaro" BSG 2006/2012 SERIE IV 98,550 SNS BANK NV Baa1 | A- | BBB+ CREDIT SUISSE INTERNATIONAL Aa1 | A+ | A

INDEX "DJ EUROSTOXX 50" BSG 2006/2012 SERIE IX 100,128 MORGAN STANLEY A2 | A- | A BANCA IMI S.p.A. A2 | A | A

INDEX "DJ EUROSTOXX 50" BSG 2006/2012 SERIE V 98,210 C.SSE CENTR.DU CREDIT IMM. DE FRANCE A1 | NR | A COMMERZBANK AG A2 | A | A+

INDEX "DJ EUROSTOXX 50" BSG 2006/2012 SERIE VI 98,110 GOLDMAN SACHS GROUP, INC. A1 | A- | A ROYAL BANK OF SCOTLAND PLC A3 | A | A

INDEX "DJ EUROSTOXX 50" BSG 2006/2012 SERIE X 99,390 BNP PARIBAS Aa3 | AA- | A+

INDEX "DJ EUROSTOXX 50" BSG 2006/2012 SERIE XI 100,110 ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

INDEX "DJ EUROSTOXX 50" BSG 2006/2012 SERIE XII 99,510 ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

INDEX "DJ EUROSTOXX 50" BSG 2006/2012 SERIE XIII 98,850 BNP PARIBAS Aa3 | AA- | A+

INDEX "DJ EUROSTOXX 50" BSG 2006/2012 SERIE XIV 99,130 ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

INDEX "DJ EUROSTOXX 6Y" BSG 2007/2013 SERIE V 94,160 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A COMMERZBANK AG A2 | A | A+

INDEX "EUROSTOXX50 - SWING 6Y" BSG-2007/2013 SERIE II98,870 ABN AMRO BANK NV A2 | A | A

Index “Alternative Basket 5Y” BSG 2007/2012 Serie XI 93,250 NIBC Bank NV Baa3 | BBB- | BBB CREDIT SUISSE INTERNATIONAL Aa1 | A+ | A

Index “Convergence 5Y” BSG 2007/2012 Serie IX 96,861 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A BANCO SANTANDER S.A. Aa3 | AA- | AA-

Index “Convergence 5Y” BSG 2007/2012 Serie VIII 98,350 BANK AUSTRIA CREDITANSTALT AG A2 | A | A DEUTSCHE BANK AG Aa3 | A+ | A+

Index “Convergence 5Y” BSG 2007/2012 Serie X 98,270 HBOS Treasury Services Plc A1 | - | - CREDIT SUISSE INTERNATIONAL Aa1 | A+ | A

VALORI AL 31/01/2012

Prospetto dei valori correnti delle polizze index linked

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VALORI AL 31/01/2012

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VALORI AL 31/01/2012

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VALORI AL 31/01/2012

PRODOTTO VALORE EMITTENTE ZCB RATING Z.C.B. / TITOLO EMITTENTE OPZIONE RATING OPZIONE

TITOLO STRUTTURATO STRUTT. MOODY’S/S&P/FITCH MOODY’S/S&P/FITCH

Previsioni nelle città d’Italia

min max S D L

PIEMONTE Alessandria -5 0 Asti -6 -1 Cuneo -7 0 Novara -7 2 Torino -6 0 Verbania -5 2 Vercelli -6 2 VALLE D’AOSTA

Aosta -12 -6 LOMBARDIA

Bergamo -7 -1 Brescia -7 -1 Como -6 1 Cremona -6 0 Lecco -7 1 Lodi -6 0 Mantova -5 0 Milano -6 0 Pavia -6 0 Sondrio -7 -1 Varese -7 1 TRENTINO-ALTO ADIGE

Bolzano -8 2 Trento -1 1 VENETO

Belluno -5 0 Padova -5 0 Rovigo -5 0 Treviso -4 2 Venezia -5 0 Verona -5 0 Vicenza -5 1 FRIULI-VENEZIA GIULIA

Gorizia -3 1 Pordenone -5 3 Trieste -4 -2 Udine -5 1 LIGURIA

Genova -2 3 Imperia 0 3 La Spezia -1 0 Savona -3 3 EMILIA-ROMAGNA

Bologna -5 -2 Ferrara -5 -2 Forlì -2 -1 Modena -3 -1 Parma -4 -1 Piacenza -7 -1 Ravenna -3 -2 Reggio Emilia -3 0 Rimini -1 0 TOSCANA

Arezzo -3 -1 Firenze -3 0 Grosseto -2 4 Livorno -2 1 Lucca -1 1 Massa Carrara -1 0 Pisa -2 1 Pistoia -1 0 Prato -1 0

min max S D L

Siena -3 0 UMBRIA

Perugia -2 1 Terni 1 4 MARCHE

Ancona -2 1 Ascoli Piceno -1 3 Macerata -3 0 Pesaro -2 -1 Urbino -3 -2 LAZIO

Frosinone -1 5 Latina 0 6 Rieti 0 3 Roma 0 6 Viterbo -2 3 ABRUZZO

Chieti -2 3 L’Aquila -3 2 Pescara -1 4 Teramo -1 4 MOLISE

Campobasso -2 1 Isernia -2 2 CAMPANIA

Avellino 1 6 Benevento 1 6 Caserta 1 7 Napoli 2 7 Salerno 1 7 PUGLIA

Bari 1 8 Brindisi 5 12 Foggia 0 7 Lecce 5 10 Taranto 3 11 BASILICATA

Matera 0 6 Potenza -2 2 CALABRIA

Catanzaro 5 9 Cosenza 6 10 Crotone 5 9 Lamezia Terme 5 12 Reggio Calabria 7 11 Vibo Valentia 2 7 SICILIA

Agrigento 2 8 Caltanissetta 2 8 Catania 2 13 Enna -1 5 Messina 8 12 Palermo 7 10 Ragusa 0 9 Siracusa 4 12 Trapani 5 10 SARDEGNA

Cagliari 1 8 Nuoro 0 3 Olbia 0 6 Oristano 1 7 Sassari 0 6

Canale 27 digitale terrestre

• Aosta

• Torino • Milano

• Trieste

• Venezia

• Genova

• Bologna

• Firenze

• Ancona

• Perugia

• ROMA

• L’Aquila

• Campobasso

• Napoli

• Bari

• Potenza

• Catanzaro

Palermo•

• Cagliari

• Trento

AGLI ESTREMI

Catania +13Aosta -12

Domani

POCO NUVOLOSO NUVOLOSONEBBIASERENO VARIABILE

®

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PIOGGIA INTENSA

PIOGGIA MODERATA

NEVE PIOGGIA

NEVETEMPORALI

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MARE

Calmo

QuasicalmoPoco

mosso

Mosso

Moltomosso

Agitato

Moltoagitato

Grosso

VENTO

Debole

Moderato

Forte

Molto forte

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