DDAI

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di Enza Palombo 7 cultura e natura CN n. 1 2010

Transcript of DDAI

cultura e natura

Circa il 4% della popolazione pediatrica è af-fetta dalla "Sindrome da deficit di atten-zione e iperattività" (DDAI). L’ADHD(dall’inglese Attention-Deficit/Hyperacti-

vity Disorder), non è una normale fase di crescita cheogni bambino deve superare, non è nemmeno il risul-tato di una disciplina educativa inefficace, e tantomeno non è un problema dovuto alla “cattiveria” delbambino. Il disturbo di ADHD viene nominato spessoper bambini molto attivi o che non stanno seduti tran-quilli, ma il più delle voltequesti bambini sono asso-lutamente normali. È facileetichettare un bambino conquesto disturbo, ma spessoegli necessita solo di mag-giori attenzioni, magariperchè più intelligente, siannoia e ha bisogno dinuovi stimoli. Da diversianni, i ricercatori che si oc-cupano di ADHD hannoiniziato a metterne in lucesintomi e cause e hannotrovato che il disturbo puòavere una causa genetica.Attualmente, le teorie inproposito sono molto di-verse da quelle che anda-vano per la maggioreanche solo pochi anni fa. I ricercatori stanno chiarendoche l’ADHD non è un disturbo dell’attenzione in sé -come si era a lungo ritenuto - ma nasce da un difettoevolutivo nei circuiti cerebrali che stanno alla basedell’inibizione e dell’autocontrollo. A sua volta, questamancanza di autocontrollo pregiudica altre importantifunzioni cerebrali necessarie per il mantenimento

dell’attenzione, tra cui la capacità di posticipare le gra-tificazioni immediate in vista di un successivo e mag-giore vantaggio. La modulazione del livello di“eccitazione”, il controllo delle emozioni, la motiva-zione o l’attenzione sono tutte funzioni collegate allosviluppo delle aree pre- frontali e frontali del cervellodeputate alla progettazione e alla decisionalità. Nellafascia di età scolare fino circa ai 10 anni, l’attività dielaborazione e controllo delle funzioni cognitive quali(l’attenzione, motivazione, progettazione, problem

solving, autodetermina-zione) non è ancora benstrutturata in quanto lestrutture cerebrali depu-tate a queste funzionisono in fase di matura-zione. Emergono gra-dualmente forme diorganizzazione cognitivache dipendono dall’inte-razione sempre più com-plessa con l’ambiente. Ibambini affetti da ADHDnon riescono a controllarele loro risposte all’am-biente. E' come se in que-sto momento che stateleggendo veniste bombar-dati da tanti altri eventidisturbanti, come la tele-

visione accesa, i vostri figli che gridano fuori lastanza, il telefono che squilla e voi non riusciste ad an-nullare tutti questi stimoli per focalizzare la vostra at-tenzione solo su quello che state facendo e che viinteressa tanto. Se non aveste questa capacità di "fil-trare" gli stimoli e "prestare attenzione" comincerestea sentirvi agitati perché vi rendereste conto di non riu-

Disturbo Deficit di Attenzione

e Iperattività

DDAI “Cattiveria” del bambino e disciplina educativa inefficace oppure mancanza di

auto controllo?

di Enza Palombo

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scire nel vostro intento. Pensate se poi l'attenzione vivenisse richiesta per cose non tanto gradite, come stu-diare una pagina di storia medioevale, cosa fareste?Ebbene, questa mancanza di controllo rende i bambiniADHD: disattenti, iperattivi e impulsivi. I sintomicentrali dell’ADHD, quindi, sono essenzialmente ca-ratterizzati da un marcato livello di disattenzione euna serie di comportamenti secondari che denotanoiperattività e impulsività.

DEFINIZIONE

Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, oADHD, è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo.Esso include difficoltà di attenzione e con-centrazione, di controllo degli impulsi edel livello di attività. Questi problemi de-rivano sostanzialmente dall’incapacità delbambino di regolare il proprio comporta-mento in funzione del trascorrere deltempo, degli obiettivi da raggiungere edelle richieste dell’ambiente. (DSMIV) IlDSM-IV (manuale diagnostico statisticodei disturbi della sfera mentale) nel descri-vere il bambino iperattivo sottolinea che isintomi devono comparire prima dei setteanni e interessare più aree. Esistono infatti diversiquadri clinici, più o meno complessi, dove spesso pre-domina il sesso maschile. E’ importante poter ricono-scere e intervenire appropriatamente su tale disturboper scongiurare future condotte antisociali e varie pro-blematiche psicologiche: va detto , infatti, che, a di-spetto delle difficoltà che l’adulto incontra a trattarequeste “piccole pesti”, i bambini che mostrano talidifficoltà di comportamento vanno seguiti con amore,dedizione, attenzione, generosità e pazienza, nonchécon grande competenza e, quando necessario, conl’ausilio di esperti psicologi e medici.

LE CARATTERISTICHE DEL DISTURBO

A SCUOLA

Alcuni autori (Standford e Hynd, 1994) hanno riscon-trato delle differenze significative nelle valutazionidegli insegnanti: il sottotipo disattento è più isolato,più “sognatore ad occhi aperti”, più timido, maggior-mente “sottoattivato”.I bambini con iperattività manifestano maggiormentealcuni sintomi tra cui: “agire prima di pensare”, “cam-biare spesso attività”, “non attendere il proprio turno”e “gridare in classe”.Il bambino che in classe rivolge l’attenzione a stimolidiversi da ciò che vorrebbe l’insegnante non è sempre

da considerarsi iperattivo: ad es. un bambino chesegue il volo degli uccelli mentre l’insegnante spiegacon molta probabilità orienta l’attenzione in manieradiversa rispetto alle aspettative dell’insegnante (atten-zione selettiva).Il difetto attentivo che più colpisce in questi bambiniè rappresentato dalla mancanza di concentrazione,cioè dalla incapacità di focalizzarsi su un contenuto edi mantenere l’attenzione su di esso.

Iniziando dalla scuola materna, è importante ricono-scere il bambino iperattivo che, oltre ad essere costan-temente in movimento, appare più immaturo rispettoai coetanei, non rispetta le regole, è insofferente,

spesso ha atteggiamenti provocatori e,quando gli si parla, sembra non ascoltare.A scuola elementare il comportamentotende a peggiorare per effetto dell’au-mento di regole e di richieste cui il bam-bino è sottoposto. Aumenta altresì ilrischio che questi bambini vengano “eti-chettati” perché disturbano, fino alla ri-chiesta di un insegnante di sostegno.Questo atteggiamento extra-familiare in-fluisce negativamente sulla stima che il

bambino ha di sé, peggiorando la situazione: il bam-bino, infatti, sentendosi più insicuro, non potrà cheaumentare la sua iperattività, con comportamenti disfida e di totale disinteresse verso le punizioni. E’ op-portuno sottolineare che un bambino problematiconon lo è in quanto malato o incapace, ma ha appresoun dato comportamento come metodo per risolvere iproblemi. I comportamenti apparentemente asocialinon sono altro che la difesa continua e costante datutto ciò che lo disarmonizza.

E’ fondamentale dimostrargli che con altre strategie iproblemi trovano delle soluzioni adeguate che gliconsentono di essere sereno e relazionarsi con l’am-biente.Dal punto di vista delle capacità cognitive, il bambinoiperattivo ha un’intelligenza nella norma o superiore:gli apprendimenti e le relazioni sociali, infatti, sonoscarsi perché è il comportamento a comprometterli,non le potenzialità.Tra i fattori di rischio vi sono:- familiarità per la sindrome da deficit di attenzionecon iperattività;- storia familiare di alcoolismo;- presenza di una madre con problematiche depres-sive;- sovraffollamento familiare;- conflitti tra genitori e conseguente incapacità a sta-

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bilire regole di comportamento.

DISATTENZIONE

I sintomi relativi alla disattenzione si riscontrano so-prattutto in bambini che, rispetto ai loro coetanei, pre-sentano un’evidente difficoltà a rimanere attenti o alavorare su unostesso compitoper un periododi tempo suffi-c i e n t emen t eprolungato. Diversi autorisostengono cheil deficit princi-pale della sin-drome siarappresentatodalle difficoltàd’attenzione, che si manifestano sia in situazioni sco-lastiche/lavorative, che in quelle sociali. Dato che il costrutto di attenzione è multidimensionale(selettiva, mantenuta, focalizzata, divisa), le ultime ri-cerche sembrano concordi nello stabilire che il pro-blema maggiormente evidente nel DDAI sia ilmantenimento dell’attenzione, soprattutto durante at-tività ripetitive o noiose. (Dogulas, 1983; Robertsonet al., 1999).

IPERATTIVITA’

La seconda caratteristica del DDAI è l’iperattività, ov-vero un eccessivo livello di attività motoria o vocale.Il bambino iperattivo manifesta continua agitazione,difficoltà a rimanere seduto e fermo al proprio posto.Secondo i racconti di genitori e insegnanti i bambinicon DDAI sembrano “guidati da un motorino”: sem-pre in movimento sia a scuola che a casa, durante icompiti e il gioco. Molto spesso i movimenti di tuttele parti del corpo (gambe, braccia e tronco) non sonoarmonicamente diretti al raggiungimento di unoscopo.

IMPULSIVITA’

Secondo alcuni autori l’impulsività è la caratteristicadistintiva del DDAI, rispetto ai bambini dicontrollo e rispetto agli altri disordini psicologici(Barkley,1997). L’impulsività si manifesta nella diffi-coltà a dilazionare una risposta, ad inibire un compor-tamento inappropriato, ad attendere una

gratificazione. I bambini impulsivi rispondono troppovelocemente (a scapito dell’accuratezza delle loro ri-sposte), interrompono frequentemente gli altri quandostanno parlando, non riescono a stare in fila e atten-dere il proprio turno. Oltre ad una persistente impa-zienza, l’impulsività si manifesta anchenell’intraprendere azioni pericolose senza considerarele possibili conseguenze negative.

DISTURBI ASSOCIATI

Spesso queste caratteristiche sono accompagnate dadisturbi di tipo emozionale e comportamentale quali:- instabilità emozionale: difficile controllo delle emo-zioni.Problemi sociali: difficoltà a stabilire il contatto congli altri e ad avere relazioni durature con uno o piùcompagni; il bambino si sente isolato sul piano so-ciale, può reagire con un atteggiamento aggressivo odi bravate.Depressione: facilmente il bambino iperattivo difronte al fallimento scolastico, al rifiuto dei compagni,può diventare preda dello scoraggiamento.Disturbi del sonno: l’agitazione motoria, che spessopersiste anche durante la notte, perturba il riposo ecompromette anche le prestazioni diurne.Disturbi dell’apprendimento: dovuti alla difficoltà diattenzione e concentrazione del bambino.Disturbi d’ansia: spesso l’ansia può rappresentare unadelle concause per lo sviluppo di difficoltà di atten-zione.

PROBLEMI RELAZIONALI

Per quanto riguarda i problemi relazionali, i genitori,gli insegnanti e gli stessi coetanei concordano che ibambini con ADHD hanno anche problemi nelle rela-zioni interpersonali (Pelham e Millich 1984). Varistudi di tipo sociometrico hanno confermato che bam-bini affetti da deficit di attenzione con o senza iperat-tività: -ricevono minori apprezzamenti e maggiori rifiuti dailoro compagni di scuola o di gioco (Carlson et al,1987);-pronunciano un numero di frasi negative nei con-fronti dei loro compagni dieci volte superiori rispettoagli altri;-presentano un comportamento aggressivo tre voltesuperiore (Pelham e Bender, 1982);-non rispettano o non riescono a rispettare le regole dicomportamento in gruppo e nel gioco;-laddove il bambino con ADHD assume un ruolo at-tivo riesce ad essere collaborante, cooperativo e volto

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al mantenimento delle relazioni di amicizia;-laddove, invece, il loro ruolo diventa passivo e nonben definito, essi diventano più contestatori e incapacidi comunicare proficuamente con i coetanei.Da un punto di vista relazionale i bambini con ADHDcercano con ansia e frequenza il rapporto privilegiatocon un’altra persona, sia perché avvertono il bisognodi interazione, sia perché in questo modo possono es-sere facilitati a procedere nei momenti di difficoltà(eteroregolazione - persona esterna che ci guida e re-gola il comportamento).

COME SI CURA

La terapia dei bambini affetti da ADHD è quasi sem-pre esito di un percorso interdisciplinare, che uniscele figure del Neuropsichiatra Infantile, del Pediatra edello Psicologo dello Sviluppo da un punto di vistaclinico, e di pedagogisti, educatori ed insegnanti daun punto di vista formativo. Fondamentale è sempreil coinvolgimento attivo della famiglia.Sia per quanto riguarda la riduzione dei sintomi cheper l’attenuazione dei sintomi associati attualmente laterapia più applicata risulta essere il trattamento far-macologico combinato all’intervento psico - educa-tivo che coinvolge il bambino, la famiglia e la scuola.

L’APPROCCIO PSICO- EDUCATIVO

L’Approccio psico - educativo consiste nel creare nel-l’ambiente significativo per il bambino (la scuola e lafamiglia) le condizioni che facilitano lo sviluppo dellecapacità e l’espressione delle potenzialità del bam-bino attraverso risposte comportamentali più struttu-rate e adeguate.La “semplice” osservazione del bambino permette dirilevare gli elementi caratterizzanti il disturbo:- entra nella stanza (irruente);- investe lo spazio (caotico);- si rapporta agli oggetti (frenetico);- aderisce alle proposte degli insegnanti (superficiale);- resiste alle distrazioni (inadeguato).Occorre in pratica osservare il bambino non solo negliaspetti formali della sua espressione (cosa sta facendoun bambino in un determinato momento, come va ascuola, se segue e ascolta ciò che i genitori e gli inse-gnanti dicono…etc.), ma più a fondo negli aspetti so-stanziali (qual è il suo stato d’animo mentre svolgeun compito, le motivazioni per cui l’andamento sco-lastico è poco soddisfacente, che cosa percepisce dellarealtà che lo circonda….etc.); identificare il problemache il bambino sta cercando di risolvere e generaresoluzioni per uscire dal problema; elaborare strategie

di intervento che abbiano come obiettivo, la cura, losviluppo dell’autonomia, l’espressione delle poten-zialità cognitive, socio affettive e relazionali; elabo-rare una metodologia educativa che preveda lacooperazione del bambino (in coppia o in un piccologruppo) nello svolgimento dei compiti; progettare ingruppo ed attuare interventi in collaborazione con lefigure professionali coinvolte e con la famiglia; veri-ficare costantemente la propria attività al fine di mo-dificare le modalità di intervento; fornire un supportoadeguato alle famiglie in situazione di disagio.

LA RELAZIONE CON LA FAMIGLIA E LINEE

EDUCATIVE PER LA PREVENZIONE DEL DI-

SAGIO

Nella gestione quotidiana di un bambino con ADHDi genitori possono sviluppare sentimenti di inadegua-tezza (legati alla percezione di non poter gestire icomportamenti del bambino), di colpa (pensano di es-sere responsabili del comportamento del bambino) edi angoscia (legati alla paura che lo sviluppo del bam-bino possa essere irrimediabilmente compromesso).Questi vissuti possono tradursi in atteggiamenti pe-dagogici non adeguati.Nel bambino con adhd è fondamentale far svilupparefin dalle prime fasi di età la capacità di guidare l’at-tenzione alla scoperta del mondo circostante attra-verso un processo di analisi delle caratteristiche

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sostanziali e formali degli oggetti intorno a sé.Stimolare nel bambino la volitività, progettazione,autodeterminazione e perseveranza (lobi frontali) èimportante al fine di poter agire sui comportamentiautomatici di reazione, stimolo/risposta, (emisfero si-nistro), schemi psicomotori patologici. Per esempli-ficare in pratica si stimola il bambino a procedere daciò che viene in mente spontaneamente a ciò che ilbambino decide sia utile e giusto pensare.Ricordiamo che tutto ciò che rappresenta un co-mando, un dictat “è così e basta” non può svilupparela capacità critica del bambino, che apprende la no-zione senza possibilità di valutazione.Tutto ciò che rende passivi non stimola la capacità de-cisionale, il pensiero originale, ma allena il bambinoverso la ripetizione di schemi e azioni.Il bambino con ADHD non è in grado di inibire pen-sieri e comportamenti, così come non è in grado divalutarne i contenuti e sceglierne le modalità di ese-cuzione.Occorre motivare il bambino a decidere in proprioogni atto motorio o pensiero mettendolo in condizionedi percepire e valutare le conseguenze delle proprieazioni evitando di colpevolizzare i comportamenti er-rati.

—————————————————————Enza Palombo, Psicologa, docente in corsi e seminari per le at-

tività di formazione e aggiornamento in campo psicologico con

particolare attenzione all’età evolutiva e all’adolescenza.

Membro del Comitato Esecutivo dell’Associazione Internazio-

nale I.P.V.- Ius Primi Viri con Statuto Consultivo presso l’ECO-

SOC dell’ONU.

+ [email protected]

BIBLIOGRAFIA

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