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1 / 5 Data Pagina Foglio 11-03-2020 IV IL FOGLIO UNA FOGLIATA DI LIBRI E mily Dickinson visse la sua inte- ra vita in una tipica villetta ame- ricana ad Amherst, cittadina non troppo lontana da Boston. Da quel luogo protetto e rassicurante, la grande poetessa scrisse di e del mondo. Da un'angolatura precisa, personale e piena di senso, disse la sua verità "obliqua" su quello che accadeva e la trasformò in poesia. La sua stanza da letto era una finestra spalancata sul mondo benché, in senso stretto, la Dickinson il mondo esterno lo frequentasse ben poco. Ma l'intensità della sua scrittura, la sua capacità di vedere in profondità, di squarciare il velo delle cose, la rese una poetessa in grado di raccon- tare l'esistente, rimanendo seduta nella sua stanza, allo scrittoio di le- gno della sua camera con la tappez- zeria a fiori. Benedetta Centovalli, editor e agente letterario, compie un viaggio fisico fino a quella stanza, al- la stanza di Emily. E lo fa nel modo più bello e vero che le persone han- no di viaggiare ovvero portando den- Benedetta Centovalli Nella stanza di Emily Mattioli 1885, 124 pp., 14 euro i vuole del coraggio, oltre a una notevole dose di spavalderia let- teraria, per cominciare al giorno d'og- gi un romanzo di quasi novecento pa- gine con la parola "issatosi". Lo fa Giorgio Fontana in Prima di noi, appe- na pubblicato da Sellerio. Il giovane scrittore non ancora quarantenne - ma già Premio Campiello nel 2014 con Morte di un uomo felice - racconta, at- traverso la storia di una famiglia, tut- to il Novecento italiano. Si parte nar- rando le vicende di Maurizio, il capo- stipite dei Sartori. Si comincia così con la storia di un soldato disertore che dopo la sconfitta di Caporetto tro- va rifugio in un paesino del Friuli e :l ciRGlDllV4aTT'F.UA1:i7'/.[ï9.%1 tro di una domanda, che diventa il viatico per incontrare davvero Emi- ly. "Credo che ad Amherst ho cercato di capire se abitare quella parte del- l'ombra dentro la letteratura che mi ero ritagliata nella mia vita editoria- le era stata una buona ragione di esi- stenza. Lo era stata? Lo era anco- ra?". La risposta viene cercata nei dettagli minimi della vita della poe- tessa, tra i versi di Emily, nel suo amore per le piante e per gli anima- li, nella compilazione di erbari, nel- la scrittura di innumerevoli lettere e poesie che la Dickinson, dopo un pri- mo rifiuto, non tentò mai più di pub- blicare. Ma la possibile risposta rac- contata al lettore anche tramite l'os- servazione delle fotografie della ca- sa di Emily, immersa nel verde e con una torretta dalla quale filtra una luce diffusa che illuminava le sue giornate, solo apparentemente sem- pre uguali. Ciò che dava senso e va- rietà al trascorrere dei giorni era la scrittura, a volte nella sua forma più contemplativa, altre in forme mette incinta la figlia del fattore che lo sta ospitando, Nadia Tassan. E' lui il fondatore di questa stirpe di cui se- guiremo le vicissitudini, fino ad arri- vare al tempo abitato da Letizia, lau- reata precaria del nuovo millennio, vittima di violentissimi attacchi di pa- nico, residente nella periferia est mi- lanese. Dal Friuli a Milano, dal 1917 al 2012. In mezzo: due guerre, Mussoli- ni e il fascismo. La Resistenza e la lotta partigiana. Gli scioperi nelle fabbriche e le rivolte studentesche. Gli anni del terrorismo, il sogno anar- chico e le stragi. "Per decenni, per quasi un secolo la famiglia Sartori aveva costruito una nave partendo dal più analitiche, descrittive ed epi- stolari. Scrivere come forma di pos- sibilità, dove la vita è "allargare le mie piccole mani per accogliervi il Paradiso". Ogni gesto quotidiano, come fare il pane o occuparsi del giardino, erano per Emily occasio- ne di meraviglia e quindi potenzia- le innesco poetico. E Benedetta Centovalli ripercorre i passi della minuta vita della Dickinson, ne os- serva gli orizzonti, ne racconta gli squarci. In un viaggio che è insieme personale e collettivo, letterario e poetico. E che la spinge fino alla soglia. "La soglia è la letteratura, la soglia è quel e quel no che la letteratura contiene, la sua obliqui- tà, a cui Dickinson fa chiaro riferi- mento, la sua ambiguità, l'angolo da cui guardare le cose. La soglia è ciò che sono e ciò in cui mi riconosco". La soglia è forse stare sempre sul limitare di una domanda, di una ricerca di senso, di un luogo che possa dirsi casa. "Ogni vita conver- ge a qualche centro, dichiarato o taciuto; esiste in ogni cuore umano una mèta". (Gaia Montanaro) poco legno disponibile: di generazio- ne in generazione era uscita dal fango e dall'oscurità alzando alberi, tessen- do vele, rinforzando lo scafo e accu- mulando cordame", scrive Fontana quasi alla fine del libro. Attraverso la vita degli altri sette discendenti, Ga- briele e Renzo, Eloisa e Davide, Dia- na, Libero e Dario, vivremo assieme all'epopea di questa famiglia bizzarra anche la storia di un paese che cam- bia. La scrittura è fluente e rapida e particolarmente sagaci sono i tratti del romanzo dove viene fatta letteral- mente a pezzi la campagna lombarda e l'hinterland milanese "dal cielo sempre bianco", con paesi con nomi così ridicoli come Cesate, Abbiate- Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. 098157 Quotidiano Sellerio

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UNA FOGLIATA DI LIBRIEmily Dickinson visse la sua inte-

ra vita in una tipica villetta ame-ricana ad Amherst, cittadina nontroppo lontana da Boston. Da quelluogo protetto e rassicurante, lagrande poetessa scrisse di sé e delmondo. Da un'angolatura precisa,personale e piena di senso, disse lasua verità "obliqua" su quello cheaccadeva e la trasformò in poesia. Lasua stanza da letto era una finestraspalancata sul mondo benché, insenso stretto, la Dickinson il mondoesterno lo frequentasse ben poco.Ma l'intensità della sua scrittura, lasua capacità di vedere in profondità,di squarciare il velo delle cose, larese una poetessa in grado di raccon-tare l'esistente, rimanendo sedutanella sua stanza, allo scrittoio di le-gno della sua camera con la tappez-zeria a fiori. Benedetta Centovalli,editor e agente letterario, compie unviaggio fisico fino a quella stanza, al-la stanza di Emily. E lo fa nel modopiù bello e vero che le persone han-no di viaggiare ovvero portando den-

Benedetta Centovalli

Nella stanza di EmilyMattioli 1885, 124 pp., 14 euro

i vuole del coraggio, oltre a unanotevole dose di spavalderia let-

teraria, per cominciare al giorno d'og-gi un romanzo di quasi novecento pa-gine con la parola "issatosi". Lo faGiorgio Fontana in Prima di noi, appe-na pubblicato da Sellerio. Il giovanescrittore non ancora quarantenne -ma già Premio Campiello nel 2014 conMorte di un uomo felice - racconta, at-traverso la storia di una famiglia, tut-to il Novecento italiano. Si parte nar-rando le vicende di Maurizio, il capo-stipite dei Sartori. Si comincia cosìcon la storia di un soldato disertoreche dopo la sconfitta di Caporetto tro-va rifugio in un paesino del Friuli e

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tro di sé una domanda, che diventa ilviatico per incontrare davvero Emi-ly. "Credo che ad Amherst ho cercatodi capire se abitare quella parte del-l'ombra dentro la letteratura che miero ritagliata nella mia vita editoria-le era stata una buona ragione di esi-stenza. Lo era stata? Lo era anco-ra?". La risposta viene cercata neidettagli minimi della vita della poe-tessa, tra i versi di Emily, nel suoamore per le piante e per gli anima-li, nella compilazione di erbari, nel-la scrittura di innumerevoli lettere epoesie che la Dickinson, dopo un pri-mo rifiuto, non tentò mai più di pub-blicare. Ma la possibile risposta rac-contata al lettore anche tramite l'os-servazione delle fotografie della ca-sa di Emily, immersa nel verde e conuna torretta dalla quale filtra unaluce diffusa che illuminava le suegiornate, solo apparentemente sem-pre uguali. Ciò che dava senso e va-rietà al trascorrere dei giorni era lascrittura, a volte nella sua formapiù contemplativa, altre in forme

mette incinta la figlia del fattore chelo sta ospitando, Nadia Tassan. E' luiil fondatore di questa stirpe di cui se-guiremo le vicissitudini, fino ad arri-vare al tempo abitato da Letizia, lau-reata precaria del nuovo millennio,vittima di violentissimi attacchi di pa-nico, residente nella periferia est mi-lanese. Dal Friuli a Milano, dal 1917al 2012. In mezzo: due guerre, Mussoli-ni e il fascismo. La Resistenza e lalotta partigiana. Gli scioperi nellefabbriche e le rivolte studentesche.Gli anni del terrorismo, il sogno anar-chico e le stragi. "Per decenni, perquasi un secolo la famiglia Sartoriaveva costruito una nave partendo dal

più analitiche, descrittive ed epi-stolari. Scrivere come forma di pos-sibilità, dove la vita è "allargare lemie piccole mani per accogliervi ilParadiso". Ogni gesto quotidiano,come fare il pane o occuparsi delgiardino, erano per Emily occasio-ne di meraviglia e quindi potenzia-le innesco poetico. E BenedettaCentovalli ripercorre i passi dellaminuta vita della Dickinson, ne os-serva gli orizzonti, ne racconta glisquarci. In un viaggio che è insiemepersonale e collettivo, letterario epoetico. E che la spinge fino allasoglia. "La soglia è la letteratura, lasoglia è quel sì e quel no che laletteratura contiene, la sua obliqui-tà, a cui Dickinson fa chiaro riferi-mento, la sua ambiguità, l'angolo dacui guardare le cose. La soglia è ciòche sono e ciò in cui mi riconosco".La soglia è forse stare sempre sullimitare di una domanda, di unaricerca di senso, di un luogo chepossa dirsi casa. "Ogni vita conver-ge a qualche centro, dichiarato otaciuto; esiste in ogni cuore umanouna mèta". (Gaia Montanaro)

poco legno disponibile: di generazio-ne in generazione era uscita dal fangoe dall'oscurità alzando alberi, tessen-do vele, rinforzando lo scafo e accu-mulando cordame", scrive Fontanaquasi alla fine del libro. Attraverso lavita degli altri sette discendenti, Ga-briele e Renzo, Eloisa e Davide, Dia-na, Libero e Dario, vivremo assiemeall'epopea di questa famiglia bizzarraanche la storia di un paese che cam-bia. La scrittura è fluente e rapida eparticolarmente sagaci sono i trattidel romanzo dove viene fatta letteral-mente a pezzi la campagna lombardae l'hinterland milanese "dal cielosempre bianco", con paesi con nomicosì ridicoli come Cesate, Abbiate-

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grasso, Caronno Pertusella, Crescen-zago se paragonati al suono dei nomialtisonanti della provincia friulanacome Collalto, Rive d'Arcano, Spilim-bergo, Maniago, Istrago.

Il romanzo è torrenziale, ma Fonta-na non perde un colpo e il suo lavororicorda per risolutezza sia il De Lillodi Underworld che lo Scibona de IlSopravvissuto, che in questo caso ven-

i a,rgi,, rrt.t...a

Rima c$ mi

Giorgio Fontana

Prima di noiSellerio, 896 pp., 22 curo

gono mixati con maestria al Fenogliodi Una questione privata e ai Budden-brook di Thomas Mann. Con Prima dinoi Fontana riesce, in un momentostorico dove il massimo sforzo chefacciamo è scorrere la timeline diTwitter, a vincere una ambiziosissi-ma sfida: quella di tenere l'attenzionedel lettore vigile fino alla conclusionedel romanzo.

Particolarmente adatte per descri-vere il lavoro di Fontana risultano in-fine essere le parole di Claudia Du-rastanti riportate in quarta di coper-tina: "Questo romanzo è un proiettileche entra nel Novecento italiano,passa la storia da parte a parte e fuo-riesce dal presente trasformando illettore dopo essergli entrato nellatesta, quanto nel cuore". Insomma,un cannonata. (Andrea Frateff-Gianni)

Samuel Johnson e la scritturacome forma di riparazione

Afare da sfondo a questa vicenda letteraria c'è una città,Londra. Samuel Johnson vi giunge nel marzo del 1737.Lascia il suo borgo natio, Lichfield, con la guglia gotica

della cattedrale a fungere da faro spirituale. Sente di non avernulla a che fare con quel luogo provinciale, ottuso, pettegolo.Quando vi farà ritorno nel 1762, per pochi giorni, avrà l'impres-sione nitida che le strade siano ancora più strette e anguste diquanto ricordasse, abitate da gente che lo considera un alieno.Londra permetteva un diverso approccio alla vita, alla morali-tà e ai rapporti umani: metro di giudizio, questo, che Johnsonfarà suo - a modo suo - per tutta la sua vita. Da Lichtfzeld erapartito insieme a un altro giovane in cerca di un avveniremigliore, David Garrick, mandato dai genitori nella capitale invista di una carriera da avvocato. Diventerà invece uno dei piùgrandi attori teatrali mai esistiti. In ricordo di quel viaggioverso Londra, metterà in scena nel 1749, ormai, famoso, la tra-gedia che all'epoca Johnson stava componendo, Irene. Ma co-m'è Londra nel 1737? Vitale. fascinosa, il, luogo adatto per ini-ziare una nuova vita. Conta già circa mezzo milione di abitanti,ma è anche sporca, male illuminata, con le fogne a vista, senzaalcun marciapiede. Le strade non sono pavimentate. E' abitatada gente rissosa, manesca, villana, litigiosa; ladri e prostituteravvivano i bassifandi. Giorgio Manganelli. che, come Thomasde Quincey con Immanuel Kant, ha composto un ritratto diJohnson "alla seconda potenza", glossando la mirabile biogra-fia di James Boswell, tanto da sceglierne il medesimo titolo,"Vita di Samuel Johnson", dona una magnifica descrizionedella città: "La Moll Flanders di Defoe, di circa vent'anni pri-ma, ci mostra una città di piccoli delinquenti, miserabili e sven-turati, che la gremivano in ogni suo quartiere, illustre o pove-ro". Questo è lo sfondo della città in cui Johnson visse per unacinquantina di anni, in maniera disordinata, irrequieta. Nep-pure le cure della moglie. di vent'anni più anziana, riuscirono aintrodurvi compostezza. Cambierà una ventina di domicili eviene il dubbio che il titolo del periodico The Rambler, cioèViandante, Girovago, abbia paradossalmente a che fare un po'con questo. Uscì ogni martedì e sabato per due anni, tra il 1750e 11 1752. 1208 articoli che lo compongono sono ora disponibiliin lingua italiana, grazie alla lungimiranza dell'editore NinoAragno. Curati e introdotti autorevolmente da Daniele Savino,permettono di cogliere Samuel Johnson nel pieno della sua

attività di scrittore. All'epoca stava ancora lavorando alacre-mente al suo monumentale Dizionario della lingua inglese (checoncluse nel 1955).Sembra che nella sua vita Johnson non abbia fatto altro che

fissare inchiostro su pagine. La scrittura. il lavorio continuo,erano forse l'unico rimedio in grado di dare equilibrio al suoumore perennemente melancolico. Buffo a vedersi, segnato dal-la "scrofolosi", e pieno di tic, tanto che dalle descrizioni di Bo-swell sembra quasi di scorgere in lui una forma di tourettisnw,lo affliggono pure disturbi ossessivi, compulsivi (ancora Boswellricorda che per uscire di casa doveva compiere ogni volta, esat-tamente, lo stesso numero di passi). Sir Joshua Reynolds. unodei .suoi più cari amici, lo ritrae in alcuni dipinti. In uno di,questi, del 1775. lo vediamo di tre quarti, tutto assorbito nellalettura di un un libro, con foga tale da stropicciare le pagine.Scrivere, leggere, prendere appunti (girava sempre con un tac-cuino, facendo suo un metodo di notazione che aveva appresoleggendo il famoso testo di Locke, ̀ A New Method of MakingCommon-Place-Books"): non esisteva probabilmente altro mo-do per tenere a bada ciò che egli aveva soprannominato "blackdog". quel suo umore bilioso, depressiva che non gli dava tre-gua. Impossibile combatterlo, meglio eluderlo con diversivi Macome? Scrivendo, leggendo, dandosi scadenze impossibili. Po-tremmo affermare che per Samuel Johnson la scrittura incarniuna 'forma di riparazione". Una sorta di "esercizio spirituale''.Nel corso della sua esistenza, egli ha sempre fatto suo il piaceresocratico della conversazione, senza mancare di pungere conrimarchevole sarcasmo i suoi avversari. A sostegno ci sono iclassici: Epicuro, Plutarco, Epitteto, Marco Aurelio, DiogeneLaerzio. C'è posto anche per Bacone, Montaigne. I numeri diThe Rambler, pubblicato anonimo a due pesce, risentono diqueste tensioni, quelle di uno scrittore "moralista", irrequieto, acui non manca il gusto della satira. Ispirato dal metodo diJoseph Addison, messo a punto nel suo The Spectator, gli arti-coli de Il Viandante, senza eccedere in erudizione, tra racconti,fervida immaginazione, critiche letterarie, sguardi psicologici,riflessioni filosofiche, mostrano in filigrana un prontuario diprecetti e consigli, dedicati spesso al decorum. Idealmente indi-rizzate a tutti, siano questi aristocratici, o gente comune, questepagine sono in fondo un autoritratto.

Rinaldo Censi

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"La scrittura, il lavorio continuo, erano forse l'unico rimedio in grado di dare equilibrio al suo umore perennemente melancolico"

All'inizio della sua sfolgorantecarriera, a Cadice, il giovane

Giulio Cesare si ritrova ai piedi diuna statua di Alessandro Magno. Ilcondottiero piange e neanche siprende la briga di dissimulare l'emo-zione. Si dispera al pensiero di nonaver ancora compiuto gesta degnedel suo modello. Le sue lacrime sonopolitiche: rientrano nello schemadell'aemulatio Alexandri. E' un pianto"alla greca", lecito nel contesto del-l'evocazione delle glorie elleniche,di cui i romani si sentono essere ere-di e continuatori. Quindi le lacrime aRoma scorrevano anche su gote ma-schili, purché lo facessero al momen-to opportuno. Un conto è infatti pati-re perché non si è pari ad Alessan-dro, un altro è disperarsi per amore.Perciò si critica l'imperatore Adria-no quando versa lacrime - di granlunga più sincere - per la morte diAntinoo, il giovane amante greco. Lelacrime seguono un copione precisonell'Urbe perché la civiltà romana èvirile e guerriera: il pianto libero è

L.ilmr d, ;—_

cosa da donne, tutt'altra storia, peresempio, è piangere per la distruzio-ne di Veio. Nel 396 a. C., tempo auste-ro della repubblica, Furio Camilloosservando i romani darsi al sac-cheggio non trattiene le lacrime, poispende parole in cui sottolinea la ne-cessità dell'azione. Il pianto e l'arteoratoria, che a Roma ha vissuto ilmassimo splendore, vanno di paripasso. Il politico è oratore per defini-zione: deve motivare e commuoverele masse e il pianto fa parte dellastrategia. "Il buon uso delle lacrimein politica" è il capitolo in cui l'autri-ce colleziona pianti teatrali, in cui igrandi del mondo antico somiglianoad attori e, perché no, a registi diottime rappresentazioni. "A Roma ilpiù eloquente è anche il più poten-te", spiega l'autrice. Si dice che Ne-rone abbia deciso di uccidere Britan-nico dopo averlo sentito declamare iversi di Ennio, perché era troppobravo: un rivale da eliminare. Leg-genda o meno che sia, dà la misuradi quanto importante fosse, anchein tempi di potere assoluto, il favore

Sarah Rey

Le lacrime di RomaEi7uxudz, XII-164 pp., 24 curo

del popolo. Se il potere e il piantosono rappresentazione, il culto del-l'imperatore è anche funerario.Quando muore va in scena la suadivinizzazione. Di quest'usanza, chefaceva sorridere i più smaliziati, ciha lasciato un capolavoro di satirail grande Seneca con l'Apokolokÿn-tosis, la divinizzazione di una zucca,ossia dell'imperatore Claudio, chenon era particolarmente stimato.Per il resto, le lacrime erano cosa difamiglia, in cui la pietas e il cultodegli antenati la facevano da padro-ni. Doveroso era piangere i proprimorti, come accade anche ora. Soloche adesso le lacrime esibite nonsono apprezzate: le si chiama vol-garmente "sceneggiate", perché ildolore è questione personale. Non aquei tempi. Una donna che nonpiangesse il marito era sospettatadel peggio, se poi i famigli, ossiaservi e schiavi, non si fossero dispe-rati per il caro estinto sarebbe statauna tragedia. Non c'è da stupirsi: ilteatro nella Roma antica era una que-stione di stato. (Claudia Gualdana)

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pecialmente nell'ultimo mezzo se-5.3 colo si sono intensificati gli studiriguardanti il cristianesimo primiti-vo, soprattutto perché si è ritenutoche fosse di grande importanza risali-re alle origini degli usi e dei costumidei credenti dei primi secoli, al finedi ricavare indicazioni utili per vive-re la fede nel tempo presente consempre maggiore purezza e coerenza.Si sono pertanto moltiplicate anchele ricerche tendenti a ricostruire leforme e i modi con i quali i seguaci diGesù di Nazaret ritennero di render-gli onore e di seguirne fedelmente icomandi. Fra tali numerosi lavori, sicolloca con notevole autorevolezzaquesto corposo volume di AndrewBrian McGowan, presbitero dellachiesa anglicana australiana, il qualeintende chiarire quali furono le prati-che comunitarie, cioè le preghiere e iriti, che caratterizzarono l'atteggia-mento religioso degli antichi discepo-li di Gesù fino agli inizi del V secolo.McGowan si sofferma soprattutto astudiare il banchetto eucaristico, lalettura e la predicazione, la musica e

Andrew Primi !uleGunvuau

{ iTü1I,4NoDEI PRIMI SEMIi«.r,~~.+1.3

il canto, il battesimo, la lavanda deipiedi, gli orari, le forme e i testi dellapreghiera, le festività e i digiuni. Ilquadro che scaturisce da queste am-pie indagini si presenta assai variega-to e testimonia quanto sia stato riccoe complesso l'itinerario che ha con-dotto i cristiani dei primi secoli a si-stemare ed esprimere il loro credoreligioso. "La storia del culto cristia-no - afferma l'autore - è fatta sia dicontinuità sia di cambiamenti. Questolibro non si propone di mostrare cheil cambiamento è irrilevante... tutta-via esso non dimostra neppure che ilcambiamento è tanto radicale daequivalere a una discontinuità, comese la svolta costantiniana avesse im-posto una prassi rituale a un gruppoprima caratterizzato soltanto da spon-taneità e libertà di azione". Dunque,conservazione e mutamento hannoconvissuto sin dalle origini: si sonomantenuti inalterati elementi ritenu-ti basilari e irrinunciabili e, nel me-desimo tempo, si è accettato che vifosse uno sviluppo di questi stessielementi. Certamente, in tutto ciò,

Andrew Brian McGowan

II culto cristiano dei primi secoliEcdtó, 400 pp., 42 duro

come sostiene McGowan, è reperibi-le un filo conduttore che non è maivenuto meno: "Lo sforzo dei cristianinel cercare, servire e lodare il Crea-tore di tutte le cose come si è rivela-to in Gesù Cristo". Alcune compo-nenti del libro, apparentemente se-condarie, meritano una segnalazio-

ne particolare. Innanzituttol'appendice iconografica che, comeil volume nella sua interezza, è statacurata dal sacerdote della diocesibolognese Francesco Pieri, che inse-gna alla Facoltà teologica dell'Emi-lia-Romagna e all'Istituto di liturgiapastorale di Padova. Sono meritevolidi una menzione speciale la biblio-grafia e l'indice: attraverso un attentoesame di essi è possibile ricostruirein tutta la sua complessità il percor-so che la comunità cristiana dei pri-mi secoli seguì nel dare vita al pro-prio culto, un percorso che, comemostra bene McGowan, giunge sinoa noi e appare ancora in grado dioffrirci contenuti e significati digrande valore. (Maurizio Schoepflin)

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Cos'è la Variazione? "Un'invenzione in-finita che crea da sé la propria forma perdarle, infine, un senso". Con queste paroleil pianista Massimo Giuseppe Bianchi pre-ARTE

di Luca Fiore

Quando il gioco si fa duro, i duri inco-minciano a giocare. E James Bradburne, ildirettore di Brera, è un duro. Sembra chetra chi ha dichiarato la #resistenzacultu-raie, il simpatico dandy inglese sia traquelli che la stanno interpretando meglio.Noi vi segnaliamo, col permesso del maestro Mario Leone, il video del pianista Cli-ve Britton che interpreta "Lo sposalizio"di Franz Liszt di fronte a "Lo sposaliziodella vergine" di Raffaello, per il quale il

senta il suo ultimo disco "The Art of Varia-tion". Un'ora e trenta minuti di musica inun viaggio che unisce compositori distantiper epoca e stile ma accomunati da suggesuoni e ricerca del bello. Una perla rara inuna discografia appiattita sui "soliti" auto-ri e artisti dove Bianchi si impone per laprofondità del pensiero e l'originale sceltainterpretativa.a Massimo Giuseppe Bianchi, pianoforte,"The art of Variation"a Decca, 20,90 euro

brano è stato composto. Un virtuoso musi-cista romantico che interpreta un geniodella pittura rinascimentale. Aprite gli oc-chi e le orecchie contemporaneamente.Siete capaci?

Clive Britton suona "Lo sposalizio" diFranz Liszto youtube.com/pinacotecabrera

Ci sono grandissimi capolavori e operemeno note tra quelle su cui si china Agam-ben in questa breve raccolta di scritti. Si vada "L'ebrezza di Noè" di Giovanni Bellini aun quadro di Gianfranco Ferroni. Ci sonosquarci di grande chiarezza e poesia, comequando - per capire il Marsia di Tiziano -Agamben usa Dante o quando per entrarein Cy Twombly si fa aiutare da SimoneWeil. Per il "Cristo morto" di Holbein, poi,più che a Dostoevskij (che in realtà nonsembra cogliere nel segno) è Florenskij acui bisogna aggrapparsi. Sono brani brevi,ma intensi. Che danno la misura della ri-sorsa di conoscenza che può essere l'artequando la si sa interrogare. Leggetelo.a Giorgio Agamben, Studioloa Einaudi, X-126 pp., 20 euro

TEATROdi Eugenio Murrali

Oltre nove ore di registrazione, un con-certo di voci di noti nomi dello spettacolo(Paolo Cresta, Fabrizio Falco, Milena Man-tini, Giorgio Marchesi, Vinicio Marchioni,Lucia Mascino, Lino Musella, Paolo Piero-bon, Elena Radonicich, Tommaso Ragno) ciportano dentro le emozioni del radiodram-ma. L'audiolibro dei racconti di David Fo-ster Wallace, raccolti sotto il titolo "La ra-gazza dai capelli strani", è online da qual-che giorno e il 19 marzo arriverà nelle li-brerie. Questo classico della letteraturaamericana, uscito nel 1989, è un affrescodella società statunitense nella sua com-plessità inafferrabile.a David Foster Wallace, "La ragazza dai ca-pelli strani".a Emons, audiolibro, 15,90 euro

* * *

Anche il Novecento ha avuto la sua Com-media dell'arte. Grazie a documenti ritrovatinel 2011, una studiosa italiana attiva inFrancia, Giulia Filacanapa, ha ricostruitol'esperienza di Giovanni Poli, artista d'avan-guardia del secondo Dopoguerra. Attingen-do alla Commedia dell'arte, oscurata per dueMUSICA

di Mario Leone

In questi giorni di blocco delle attivitàmusicali riprendere il libro "Una vita per

secoli dalla riforma goldoniana, quest'atto-re, autore e pedagogo ha dato il suo contribu-to per rinnovare il teatro a lui contempora-neo. L'autrice analizza il percorso dell'arti-sta, capace di elaborare uno stile e una poeti-ca come dimostra "La commediala musica"di Enrico Castiglione è di gran-

personali,

de conforto. II testo raccoglie una lungade li Zanni".Tg

"AllaUNA FOGLI, A D I LIBRI

chiacchierata tra l'autore e un LeonardBernstein ormai prossimo alla morte. Un

a Giulia Filacanapa, ricerca di un tea-tro perduto. Giovanni Poli e la neo-Comme-dia dell'arte".

testamento musicale e spirituale dove ilmaestro si racconta in maniera schietta,

Titivillus, 328 pp., 18 euro

simpatica e senza infingimenti. Lui che èstato il grande musicista del XX seco I "'°'"I'piùlo, "il musicista più entusiasmante delmondo", come amava definirlo Stravinsky.Un uomo in cui si sono incarnati talento,

-ti

passione e dedizione tutti a servizio dellamusica. liaiera Errico Castiglione, "Una vita per b musica"a Pantheon, 224 pp., 22 euro

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