Assemblea e amministratori - Cavalli Gino - Libri - Utet ... · Colombo, Portale, IV, Torino, 1991;...

62

Transcript of Assemblea e amministratori - Cavalli Gino - Libri - Utet ... · Colombo, Portale, IV, Torino, 1991;...

Capitolo Primo

Le competenzedi Angelo Bertolotti

Sommario: 1. Premessa. – 2. La distinzione tra assemblea ordinaria e assemblea straor di-naria. – 3. Le assemblee speciali. – 4. Le competenze dell’assemblea ordinaria nelle società prive di consiglio di sorveglianza. Con qualche cenno alle quotate. – 4.1. L’inter-vento dell’assemblea ordinaria in relazione ad atti degli amministratori. La disciplina vigente prima della riforma del 2003. – 4.2. La disciplina introdotta dalla riforma del 2003. La concessione di autorizzazioni per il compimento di atti degli ammini stra-tori. – 4.2.1. I caratteri dell’autorizzazione e l’incidenza del provvedimento sull’operato degli amministratori. – 4.2.2. Le decisioni “d’interesse primordiale” per i soci. Le com-petenze “implicite” dell’assemblea. – 4.3. L’approvazione dell’eventuale regolamento dei lavori assembleari. – 5. Le competenze dell’assemblea ordinaria nelle società dotate di consiglio di sorveglianza. – 6. Le competenze dell’assemblea straordinaria.

Bibliografia: Abbadessa, L’assemblea: competenza, in Tratt. Colombo, Portale, 3, 1, Torino, 1994;

Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, in Cagnasso, Panzani (diretto da), Le nuove s.p.a., Bologna, 2010; Abriani, L’assemblea, in Abriani, Ambrosini, Cagnasso, Montalenti, Le società per azioni, in Tratt. Cottino, Padova, 2010; Angelici, La riforma delle società di capitali. Lezioni di diritto commerciale, Padova, 2003; Associazione Preite, Il nuovo diritto delle società

a cura di Olivieri, Presti, Vella, Bologna, 2003; Blandini, sub art. 2376, in Fauceglia, Schiano

di Pepe (diretto da), Codice commentato delle s.p.a., Torino, 2007; Borgioli, I direttori generali di società per azioni, Milano, 1975; Breida, sub art. 2409 decies, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004; Calandra Buonaura, Gestione dell’impresa e competenze dell’assem-blea nella società per azioni, Milano, 1985; Id., Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, in Tratt. Colombo, Portale, IV, Torino, 1991; Campobasso, Diritto commerciale, 2,

Diritto delle società, Torino, 2003; Cariello, Il sistema dualistico. Vincoli tipologici e autonomia statutaria, Milano, 2009; Cavalli, I sindaci, in Tratt. Colombo, Portale, V, Torino, 1988; Cerrato,

sub art. 2376, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004; Id., Le deleghe di competenze assembleari nelle società per azioni, Milano, 2009; Costa, Le assemblee speciali, in Tratt. Colombo, Portale, II, 1, Torino, 1991; Corapi, Gli statuti delle società per azioni, Milano,

1971; Cottino, Le società. Diritto commerciale, Padova, 1999; Id., Diritto societario, Padova, 2011;

Di Amato, in La riforma del diritto societario. Società per azioni. Azioni, società collegate e con-trollate, assemblee (artt. 2346-2379-ter c.c.) a cura di Lo Cascio, Milano, 2003; Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1995; Ferrara, Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano, 2006; Fiorio, sub

art. 2363, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004; Frè, Sbisà, Società per azioni, in Comm. Scialoja, Branca, Bologna-Roma, 1997; Galgano, Il nuovo diritto societario,

in Tratt. Galgano, XXIX, Padova, 2003; Id., La società per azioni, in Tratt. Galgano, VII, Padova,

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 3141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 3 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

4 Parte Prima – Assemblea

1998; Graziani, Diritto delle società, Napoli, 1963; Graziani, Minervini, Belviso, Manuale di diritto commerciale, Padova, 2004; Grippo, L’assemblea nella società per azioni, in Tratt. Rescigno,

16, Torino, 1985; Grosso P., Caratteri fondamentali delle azioni, in Sarale, Cottino (a cura di),

Società per azioni. Costituzione e finanziamento, in Nuova giurisprudenza di diritto civile e com-merciale, Torino, 2013; Id., Categorie speciali di azioni ed assemblee speciali, Milano, 1999; Id., Le categorie di azioni e gli strumenti finanziari non azionari, in Ambrosini (a cura di), La riforma delle società. Profili della nuova disciplina, Torino, 2003; Lener, Tucci, Società per azioni. L’assemblea,

Torino, 2012; Libonati, Assemblea e patti parasociali, in AA.VV., La riforma del diritto societario (atti del convegno: Courmayeur, 27-28 settembre 2012), Milano, 2003; Maffezzoni, sub art. 2364,

in Picciau (a cura di), Assemblea, Milano, 2008; Minervini, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1965; Massa Felsani, Il ruolo del presidente nell’assemblea della s.p.a., Milano,

2004; Mignoli, Le assemblee speciali, Milano, 1960; Meloncelli, sub art. 2363, in Comm. Sandulli, Santoro, Torino, 2003; Montagnani, sub artt. 2363-2364/II, in Comm. Niccolini, Stagno D’Alcon-tres, Napoli, 2004; Pasquariello, sub artt. 2364-2366, in Maffei Alberti (a cura di), Commento sistematico al d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 aggiornato al d.lg. 28 dicembre 2004, n. 310, Padova, 2005;

Petrazzini, sub art. 2364-2364 bis, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna,

2004; Portale, Rapporti fra assemblea e organo gestorio nei sistemi di amministrazione, in Abba-

dessa, Portale (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campo-basso, II, Torino, 2007; Rescio, in AA.VV., Diritto delle società, Milano, 2008; Id., L’assemblea nel progetto di riforma delle società di capitali, in Verso il nuovo diritto societario. Dubbi ed attese, Atti

del Convegno, Firenze, 16.11.2002, in www.associazionepreite.it; Id., Assemblea dei soci e patti para-sociali, in AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2006; Sanfilippo, Il presidente del consiglio di amministrazione nelle società per azioni, in Abbadessa, Portale (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, II, Torino, 2007; Santosuosso, La riforma del diritto societario. Autonomia privata e norme imperative nei dd.lg. 17 gennaio 2003, nn. 5 e 6, Milano, 2003; Sarale, Il nuovo volto dell’assemblea sociale, in Ambrosini (a cura di), La riforma delle società. Profili della nuova disciplina, Torino, 2003; Serra, L’assemblea: procedimento,

in Tratt. Colombo, Portale, 3, 1, Torino, 1994; Spagnuolo, sub art. 2371, in Comm. Sandulli, Santoro,

Torino, 2003; Ventoruzzo, sub art. 2388, in Ghezzi (a cura di), Amministratori. Artt. 2380-2396 c.c., in Comm. Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2005; Weigmann, Responsabilità e potere legittimo degli amministratori, Torino, 1974.

1. Premessa

«L’assemblea, si diceva un tempo, è l’organo sovrano della società, il suo

supremo presidio deliberativo. In realtà è l’organo cui sono attribuiti alcuni, e non tutti, i poteri deliberativi»1.

In sede ordinaria, se la società sia priva di consiglio di sorveglianza (nel

qual caso quei poteri subiscono un ulteriore “dimagrimento”), l’assemblea è

competente per la nomina, la revoca delle cariche sociali e la deliberazione

1 Cottino, Diritto societario, Padova, 2011, 337; Abriani, L’assemblea, in Abriani, Ambrosini, Cagnasso, Montalenti, Le società per azioni, in Tratt. Cottino, Padova, 2010, 433 ss.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 4141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 4 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 5

sulla responsabilità di chi le ricopre, nonché per l’approvazione del bilancio

e l’eventuale distribuzione degli utili; in sede straordinaria spicca l’attribu-

zione in tema di modifiche dello statuto: tutte facoltà che, nel loro insieme,

le conferiscono una posizione eminente, per alcuni aspetti determinante,

all’interno dell’ente2. In particolare, proprio il poter incidere sulle cariche

sociali e la possibilità di modificare lo statuto consente di affermare che essa

conservi ancor’oggi il ruolo di decisore d’ultima istanza quale organo rap-

presentativo degli azionisti, almeno quando sia caratterizzata da salde mag-

gioranze di riferimento, tali cioè da consentire di fatto ai soci di condizionare

in modo netto la gestione3, mentre la competenza in tema di distribuzione

degli utili permette loro di stabilire la misura dell’autofinanziamento.

Il tutto, però, è lungi dall’accreditare l’idea di una sorta di sua onnipoten-

za4. Ciò va detto, in primis, per le società ad azionariato diffuso, nelle quali

più evidente e frequente è un quadro caratterizzato dal voto per procura,

dalle manovre sui riporti, dal dilagare dei sindacati azionari, dalla presenza

di solidi vincoli di gruppo, dall’affievolimento dello stesso principio di col-

legialità con l’apertura legislativa al voto per corrispondenza. Ma si può

ripetere anche nelle società medie o medio-grandi, nelle quali è normale

che, rimanendo ai margini eventuali azionisti minori e minimi, il capitale

sia in maggioranza diviso tra pochi soci; rispetto ai quali l’assemblea finisce

con l’essere la cassa di risonanza di combinazioni ed intese che si svolgono

fuori di essa e che si traducono in accordi parasociali ed in patti di sindacato.

Pure nelle società di dimensioni minime o piccole, comunque, si pro-

duce un fenomeno di smagliatura dello strumento e del metodo collegiale,

sebbene diverso, ma non dissimile nei risultati, da quello che caratterizza le

maggiori. Esse, talora, rappresentano l’inserimento di un’impresa collettiva

personalizzata – che avrebbe potuto adeguatamente utilizzare il modello

di una società di persone – in un organismo a struttura fondamentalmente

rigida, quale la società per azioni, scelto per ragioni fiscali o comunque di

limitazione di responsabilità; è quasi inevitabile, allora, che l’ossequio alle

2 Abbadessa, L’assemblea: competenza, in Tratt. Colombo, Portale, III, 1, Torino, 1994, 3.

3 Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, in Cagnasso, Panzani (a cura di), Le nuove s.p.a., Bologna, 2010, 565 ss.; ed anche Libertini, Scelte fondamentali di politica legislativa e indicazioni di principio nella riforma del diritto societario del 2003. Appunti per un corso di diritto commerciale, in Riv. dir. soc., 2008, 221.

4 Cottino, Diritto societario, cit., 337.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 5141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 5 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

6 Parte Prima – Assemblea

regole di funzionamento risulti protocollare, quasi esteriore, in quanto qui

gli schemi dell’assemblea e della sua sovranità peccano per eccesso rispetto

alle reali esigenze perseguite dai soci: gli organi esistono come semplice eti-

chetta e funzionano per lo più solo simbolicamente5.

Neppure si può dimenticare che la gestione dell’impresa – lo afferma

il testo novellato dell’art. 2380 bis, 1° co., c.c. – spetta esclusivamente agli

amministratori. Vi è bensì l’eccezione (art. 2364, 1° co., n. 5), poiché l’assem-

blea può essere chiamata a deliberare «sulle autorizzazioni eventualmente

richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma

in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti», ma si tratta

di una deminutio rispetto alla previgente facoltà degli amministratori di

sottoporre alla deliberazione dell’assemblea oggetti attinenti alla gestione

sociale (art. 2364, n. 4, vecchio testo).

Esiste tuttora la riserva d’interloquire su temi cruciali della vita societaria,

quali (ma non sono certo delle novità) l’approvazione dell’acquisto di azioni

proprie (art. 2357 c.c.) e la transazione dell’azione di responsabilità (art. 2393,

5° co., c.c.); peraltro alcuni nuovi istituti, frutto della novella del 2003, pre-

vedono un ruolo significativo in capo ai gestori: è il caso dell’istituzione di

patrimoni separati (art. 2447 ter, 2° co.) e dell’emissione di strumenti finan-

ziari partecipativi (art. 2346, 6° co.). Un ulteriore depotenziamento delle pre-

rogative dell’assemblea è inoltre riscontrabile, a seguito delle riforme che si

sono succedute negli ultimi anni, in relazione ad alcune particolari decisioni,

per le quali il potere deliberativo è ora rimesso agli amministratori, salva

diversa disposizione dello statuto: l’emissione delle obbligazioni (art. 2410

c.c.)6 e le proposte di concordato fallimentare e preventivo (artt. 152, 2° co., e

161, 4° co., come modificati dal d.lgs. 9.1.2006, n. 5)7. Ed ancor più quando la

società adotti, in luogo di quello tradizionale, i sistemi dualistico o monistico

di governance: il primo le sottrae la nomina dei gestori e l’approvazione del

5 L’analisi a tutto campo è di Cottino, Diritto societario, cit., 339 ss.; come pure di Abriani, L’assemblea, cit., 433.

6 Sull’interpretazione della norma nel senso che l’inciso «salva diversa disposizione dello statuto» vada riferito non alla sola possibilità di derogare al quorum deliberativo rafforzato che vi è previsto, ma anche di riservare la relativa competenza all’organo assem-bleare, Abbadessa, Mirone, L’assemblea, cit., 591 ed ivi, in nt. 85, le posizioni della dot-trina, favorevoli e contrarie.

7 Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 566 s. e 591.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 6141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 6 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 7

bilancio, il secondo riserva di regola agli amministratori la designazione di

quelli, tra gli stessi, cui sono demandate le funzioni di controllo.

In questa prospettiva si può continuare ad affermare che anche dopo

la riforma del 2003 risultano rispettati i principi c.d. corporativi, in partico-

lare quello della competenza, in ossequio alla fondamentale esigenza che

ciascun organo abbia uno specifico settore di intervento ed una correla-

tiva responsabilità, in relazione ai propri effettivi poteri8 (che, per l’assem-

blea, risultano ora maggiormente compressi). Ed allora, riprendendo una

risalente definizione della dottrina9, l’assemblea può definirsi come la riu-

nione dei soci svolta nei modi di legge al fine di deliberare sugli argomenti

(che possono essere) sottoposti al suo esame: essa ha, dunque, la funzione

di manifestare la volontà sociale nelle materie riservate alla sua compe-

tenza dalla legge o dall’atto costitutivo, secondo il principio maggioritario

che assoggetta il singolo socio, anche se assente o dissenziente, alla volontà

espressa dalla maggioranza (di capitale)10. Si tratta di un principio sottratto

all’autonomia negoziale11, al pari della possibilità di adottare procedimenti

decisionali non coerenti con il metodo assembleare, neppure di fronte a

decisioni che incontrino il consenso unanime.

Più in generale è possibile affermare, in sintesi, che l’art. 2363 ha natura

costitutiva dell’organo assembleare, è caratterizzato da principi di ordine

pubblico e, come tale, è inderogabile: nel senso che, ancora a seguito del

d.lgs. n. 6/2003, è sottratta all’autonomia dei soci la possibilità di creare una

società per azioni priva di assemblea12. Se ne ha conferma in giurisprudenza,

ove, decidendo in tema di unico azionista, in tempi non recenti (dunque in

relazione al previgente art. 2362), tra i giudici di merito l’organo assembleare

è stato comunque ritenuto operativo13 (una decisione di legittimità, sia pure

8 Santosuosso, La riforma del diritto societario. Autonomia privata e norme imperative nei dd.lg. 17 gennaio 2003, nn. 5 e 6, Milano, 2003, 101.

9 Graziani, Diritto delle società, Napoli, 1963, 315.

10 Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Torino, 2003, 310.

11 Turelli, Assemblea di società per azioni e nuove tecnologie, in Riv. società, 2004, I, 150, nt. 108.

12 Fiorio, sub art. 2363, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004, 464 ss.; Meloncelli, in Comm. Sandulli, Santoro, Torino, 2003, 247 ss.; Pasquariello, in Maffei Alberti (a cura di), Il nuovo diritto delle società. Commento sistematico al d. lg. 28 dicembre 2004, n. 310, Padova, 2005, I, 441.

13 App. Napoli, 23.4.1982, in Vita notarile, 1982, 1299; Id. Firenze, 24.1.1955, ivi, 1956, 271.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 7141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 7 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

8 Parte Prima – Assemblea

in un obiter, nell’ammettere la sopravvivenza della struttura organizzativa

sociale, ha però precisato che «l’organo assembleare è evidentemente non

funzionante per la mancanza di pluralità dei soci»14); e, nel contesto di una

società a responsabilità limitata (cui l’art.  2363 si applicava prima della

riforma), si è negato che la mancanza di pluralità dei soci renda superfluo il

metodo collegiale, proprio delle assemblee, aggiungendo, tuttavia, «almeno

nei casi in cui vi siano anche aventi diritto a titolo diverso (usufruttuari,

custodi, creditori pignoratizi) legittimati ad intervenire»15.

Da tempo, del resto, si è ritenuto che le norme che definiscono la strut-

tura delle società aventi personalità giuridica e quelle che disciplinano le

relative attribuzioni, il funzionamento ed i reciproci rapporti rispondano ad

un interesse pubblico, in quanto espressione di principi assiomatici e perciò

dotati di cogenza superiore16. Per quanto concerne l’art. 2363, la sua natura

di norma di ordine pubblico deriva, in particolare, dal collegamento con gli

artt. 2379 (nella parte in cui si prevede, inserendo un’ipotesi non contem-

plata prima del 2003, che la mancanza assoluta di convocazione sia causa di

nullità delle deliberazioni prese) e 2366 c.c.17

Già da queste brevi premesse emerge con chiarezza come l’argomento

“assemblea” si riveli complesso e ricco di possibili sfaccettature: ne sono

eloquente dimostrazione sia le indagini, accurate, della dottrina, che ha

spaziato (e spazia) a tutto campo nel valutarne ogni possibile aspetto, sia

i numerosi interventi della giurisprudenza, più facilmente rivolti alle que-

stioni suscettibili di determinare difficoltà interpretative, e dunque applica-

tive, nella concretezza dei rapporti sociali.

2. La distinzione tra assemblea ordinaria e assemblea straordinaria.

L’assemblea – recita il 2° co. dell’art. 2363 – è ordinaria o straordinaria.

La distinzione non incide sull’unitarietà dell’organo, ma concerne la

diversa competenza in ragione delle materie cui di volta in volta esso è

14 Cass. civ., 9.3.1984, n. 1636, in Giur. comm., 1984, II, 694.

15 App. Roma, 12.11.1998 (decr,), in Giur. it., 1999, 1251.

16 App. Roma, 24.1.1991, in Giur. it., 1991, I, 2, 241.

17 Abriani, Stella Richter M., Codice commentato delle società, Banca dati iperte-stuale, sub art. 2363, Torino, 2010.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 8141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 8 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 9

chiamato a deliberare e, correlativamente, i differenti quorum costitutivi e

deliberativi previsti dagli artt. 2368 e 2369, mentre sul piano formale essa si

limita al fatto che il verbale dell’assemblea straordinaria deve essere redatto

dal notaio18.

Con maggiore esattezza, dunque, si potrebbe semmai parlare da un lato

di assemblea (deliberante) in sede ordinaria e, dall’altro, di assemblea (deli-

berante) in sede straordinaria19. Ne consegue – la giurisprudenza di legitti-

mità lo ha da tempo sottolineato – che, se più deliberazioni vengono adottate

nel corso di un’unica adunanza e verbalizzate in un unico atto, esse conser-

vano la loro autonomia e danno luogo a distinti provvedimenti, ciascuno

dei quali esige, per la sua validità, il concorso dei soci e le maggioranze che

sono rispettivamente richieste per le assemblee ordinarie e straordinarie

(nel rispetto pure dei relativi requisiti di forma), a seconda che riguardino

materie riservate all’una od all’altra20.

Le principali competenze dell’assemblea ordinaria sono menzionate

nell’art.  2364, mentre quelle della straordinaria trovano espressione nel

successivo art. 2365, anche se ulteriori indicazioni compaiono in altre parti

del codice civile e nelle leggi speciali21. Vi è, comunque, una norma di chiu-

sura nell’art. 2364, 1° co., n. 5: affermare, dopo aver indicato talune speci-

fiche attribuzioni di carattere ordinario, che «l’assemblea ordinaria (…)

delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell’assem-

blea» significa, infatti, che, ogniqualvolta una disposizione assegni gene-

ricamente una determinata materia “all’assemblea”, senza ulteriormente

specificare, è quella “ordinaria” a dover deliberare22. In questa prospettiva

non pare condivisibile un orientamento della giurisprudenza, a dire il vero

18 Ferrara, Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano, 2006, 535; in giurisprudenza già Trib. Torino, 6.10.1980, in Giur. comm., 1981, II, 635.

19 Associazione Preite, Il nuovo diritto delle società, a cura di Olivieri, Presti, Vella, Bologna, 2003, 112.

20 Cass. civ., 18.4.1961, n. 853, in Giur. it., 1961, I, 1, 788.

21 Una specifica elencazione delle une e delle altre in Abbadessa, Mirone, L’assem-blea. Le competenze, cit., 570 s.

22 Sarale, Il nuovo volto dell’assemblea sociale, in Ambrosini (a cura di), La riforma delle società. Profili della nuova disciplina, Torino, 2003, 170 s. Nello stesso senso Graziani, Minervini, Belviso, Manuale di diritto commerciale, Padova, 2004; Pasquariello, sub artt. 2364-2366, in Maffei Alberti (a cura di), cit., 442 s.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 9141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 9 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

10 Parte Prima – Assemblea

risalente23, secondo cui lo statuto potrebbe prescrivere una deliberazione

di assemblea straordinaria in materie riservate dalla legge all’ordinaria, tesi

che, come ha rilevato la dottrina24, sembra ora puntualmente contraddetta

dal 4° co. dell’art. 2369, con l’inibire l’introduzione di quorum più elevati

per l’assunzione delle deliberazioni concernenti la nomina e la revoca delle

cariche sociali e l’approvazione del bilancio.

A questo punto s’impone, però, una precisazione. Si è appena detto che

l’assemblea, pur nella distinzione tra ordinaria e straordinaria, è, in linea

di principio, unica. Ma ciò è vero soltanto quando la società abbia emesso

esclusivamente azioni ordinarie. Qualora, invece, le categorie azionarie

siano più d’una, oppure esistano strumenti finanziari che conferiscano

diritti amministrativi, all’assemblea (generale) dei soci si affiancano, paral-

lelamente, quelle speciali, disciplinate, in mancanza di diverse disposizioni,

dalle norme dettate per le assemblee straordinarie. L’argomento forma

oggetto del paragrafo che segue.

3. Le assemblee speciali.

La possibile esistenza di assemblee speciali era già presente nell’origi-

naria stesura del codice (art.  2376), in quanto collegata alla creazione di

«diverse categorie di azioni» (art. 2348); la riforma del 2003, nel prevedere

la possibilità di emettere strumenti finanziari forniti anche di diritti ammi-

nistrativi, escluso il voto nell’assemblea generale degli azionisti (art. 2346,

6° co.), ha determinato l’estensione ai loro titolari del diritto di avere pro-

prie assemblee di categoria, attuata con la modifica del 1° co. dell’art. 237625.

23 Cass. civ., 30.11.1959, n. 3486, in Giur. it., 1960, I, 1, 527; Id., 14.10.1988, n. 5595, ivi, 1989, I, 1, 672.

24 Abriani, L’assemblea, cit., 452 s.

25 Un’ampia disamina delle assemblee speciali compare in Sarale, Cottino (a cura di), Società per azioni. Costituzione e finanziamento, in Nuova giurisprudenza di diritto civile e commerciale, 2013, più precisamente nella Parte II, Cap. I, Caratteri fondamentali delle azioni, ad opera di Grosso P., § 11 ss.: in particolare il § 11.7., avente ad oggetto l’art. 2376, il pregiudizio alle categorie di azioni e agli strumenti finanziari e la natura dell’assemblea speciale, il § 11.8., che tratta dei rapporti con le delibere dell’assemblea generale, ed il § 11.9., ove si prendono in esame le regole di funzionamento della riunione, a partire dalla sua convocazione. Tra gli altri Autori, per tutti, recentemente, Lener, Tucci, Società per azioni. L’assemblea, Torino, 2012, 54 ss. Qualche cenno anche alle quotate, settore nel quale l’argo-

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 10141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 10 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 11

Esse – si tocca però una questione riconducibile a un problema più ampio –

paiono rappresentare la sede deliberativa nei casi in cui lo statuto attribuisca

agli strumenti finanziari o a loro determinate categorie il voto su «argomenti

specificamente indicati» o la competenza alla nomina di un componente

dell’organo di amministrazione o di controllo, ex art.  2351, 5°  co.; norma,

quest’ultima, ove però non viene specificato in quale contesto il diritto possa

essere esercitato26, il che determina, come si vedrà (Cap. III, § 1), non poche

incertezze.

Tornando alle azioni, è evidente – anzi, è espressamente stabilito

dall’art. 2376 – che vi possono essere assemblee speciali soltanto in presenza

di almeno due categorie, o di una categoria di azioni speciali che si affian-

chi alle ordinarie27. Ci s’interroga, poi, sulla possibilità che, per configurare

una categoria, sia sufficiente un’unica azione, o ne sia invece necessaria una

pluralità. Nel primo senso – che sembra oggi trovare conforto anche dalla

possibile esistenza di una società per azioni unipersonale, nella quale sfuma

la funzione dell’azione (ordinaria) come misura della partecipazione – si è

espressa parte della dottrina già prima della riforma28, ma non senza con-

trasti29. Né lumi provengono dalla giurisprudenza, per la quale l’argomento

rappresenta un terreno inesplorato.

Va però precisato che la nozione di «categoria di azioni» non deve

essere confusa con quella di «tipo di azioni». I tipi, infatti, a differenza delle

mento è stato in origine disciplinato a proposito delle azioni di risparmio. Già la l. 7.6.1974, n. 216, all’art. 16, n. 2, prevedeva la competenza dell’assemblea speciale dei loro possessori a deliberare sull’approvazione delle decisioni dell’assemblea della società pregiudizievoli dei diritti della categoria. Il t.u.f. ha ripreso la disposizione nell’art. 146, 1° co., lett. b), ove si pre-cisa che l’approvazione è subordinata al voto favorevole di tante azioni che rappresentino almeno il 20% delle azioni della categoria (in deroga alle maggioranze previste nel succes-sivo 3° co.); l’art 147 bis, introdotto dall’art. 3 del d.lgs. 6.2.2004, n. 37, ha completato il quadro normativo (altrimenti limitato alle sole azioni di risparmio) con lo statuire che gli artt. 146 e 147 (quest’ultimo disciplina il rappresentante comune) si applichino alle assemblee speciali previste dall’art. 2376, 1° co., qualora le azioni siano quotate in mercati regolamentati italiani o di altri Paesi dell’Unione europea. In argomento Cerrato, sub art. 2376, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, cit, 600 ss.

26 Cerrato, sub art. 2376, cit., 598.

27 Blandini, sub art. 2376, in Fauceglia, Schiano di Pepe (diretto da), Codice commen-tato delle s.p.a., Torino 2007, 496.

28 Costa, Le assemblee speciali, in Tratt. Colombo, Portale, III, 2, Torino, 1993, 523, nt. 83; concorda, oggi, Blandini, sub art. 2376, cit., 496.

29 Bione, Le azioni, in Tratt. Colombo, Portale, II, 1, Torino, 1991, 45, nt. 4.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 11141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 11 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

12 Parte Prima – Assemblea

categorie, si differenziano tra loro non per la diversità del diritto incorpo-

rato, ma per caratteristiche esteriori (in genere, del documento). Così, sono

tipi diversi, e non categorie, le azioni nominative e quelle al portatore, le

azioni liberate in denaro e quelle liberate in natura, le azioni interamente e

quelle solo parzialmente liberate; come pure, secondo l’opinione dottrinale

più persuasiva, le azioni la cui alienazione sia sottoposta dall’atto costitu-

tivo a particolari condizioni, sul riflesso che «non ogni disuguaglianza fra le

azioni fonda una categoria, ma solo la disuguaglianza che attenga al diritto

ad esse collegato»30.

La presenza di categorie speciali di azioni comporta una modifica

nell’organizzazione interna della società, per la presenza di diversi gruppi

di azionisti dotati di diritti, e portatori d’interessi, non totalmente coinci-

denti. In questa prospettiva, l’art. 2376 dispone che in tal caso (ed altret-

tanto è a dirsi, come si è visto, per gli strumenti finanziari partecipativi)

«le deliberazioni dell’assemblea, che pregiudicano i diritti di una di esse,

devono essere approvate anche dall’assemblea speciale degli appartenenti

alla categoria interessata». Il potere in tal modo attribuito a quest’ultima

non consiste tanto nel paralizzare col dissenso l’efficacia di deliberazioni

della prima (esito comunque ineludibile quando dissenso vi sia), quanto

piuttosto nel collaborare con la stessa al fine d’individuare con maggiore

rapidità quali deliberazioni siano effettivamente pregiudizievoli per i diritti

speciali attribuiti, opponendosi legittimamente a tale pregiudizio (o accet-

tandolo, eventualmente, in nome dell’interesse superiore della società). Lo

strumento predisposto dal legislatore, dunque, se costituisce una delle sva-

riate forme di controllo sulla gestione sociale accordate a gruppi di soci o

perché rappresentanti una minoranza o perché titolari di uguali diritti spe-

ciali31, al tempo stesso consente alla società di avere un unico interlocutore,

l’assemblea speciale appunto, che delibera a maggioranza, condizione ben

più favorevole rispetto alla necessità, altrimenti insuperabile, di ottenere il

consenso unanime dei singoli interessati32.

30 Cottino, Diritto societario, cit., 296; Abriani, Le azioni e gli altri strumenti finanziari, cit., 268 s.; la citazione riportata tra virgolette è di Mignoli, Le assemblee speciali, Milano, 1960, 63.

31 In tal senso Grosso P., Osservazioni in tema di categorie di azioni e assemblee spe-ciali, nota a Trib. Milano, 26.5.1990, in Giur. it., 1991, I, 2, 590.

32 In argomento Costa, Le assemblee speciali, cit., 503.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 12141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 12 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 13

Alle assemblee speciali disciplinate dal codice civile – recita il 2° co. – si

applicano le disposizioni relative alle assemblee straordinarie33. Il pregiudi-

zio sul quale esse sono chiamate a deliberare, dopo averne valutata la sussi-

stenza, deve esistere – la giurisprudenza di merito è chiara al riguardo – non

in fatto (come nel caso di lesione di un’aspettativa), bensì in diritto, quando

cioè la delibera dell’assemblea generale, avendo ad oggetto un diritto spe-

ciale fra quelli che sono propri delle singole categorie, ne determini una

compressione od una limitazione, alterando il rapporto esistente tra di esse

e menomando la posizione di vantaggio precedentemente attribuita collet-

tivamente alla singola categoria interessata34.

Forma oggetto di discussione l’esistenza, in capo agli azionisti di catego-

ria, di un “diritto al rango”, cioè a mantenere la stessa incidenza percentuale

sul capitale rispetto agli azionisti ordinari: argomento sul quale dottrina e

giurisprudenza appaiono divise. In proposito un Tribunale ha affermato che

l’alterazione del rapporto non troverebbe riscontro nel testo dell’art. 237635,

sebbene quest’ultimo derivi dal modello tedesco, ove quel presupposto

è presente; nel nostro ordinamento, invece – la puntualizzazione è di un

Autore – la norma sarebbe applicabile solo se venisse menomato un diritto,

e tale non potrebbe essere qualificato il “rango”36. In dottrina l’assolutezza

della tesi è stata in seguito messa in forse di fronte al dubbio che il pregiu-

dizio tutelato sia non solo quello “diretto”, ma anche quello “indiretto”37;

l’“apertura” al secondo potrebbe infatti portare ad ammettere una prote-

zione del “diritto” al “rango”. Protezione che, invece, viene senz’altro accor-

data da chi sostiene che la legge riconosce alle diverse categorie il diritto di

mantenere il rapporto reciprocamente intercorrente, diritto che l’assemblea

33 Altra la regola del t.u.f., come si è già visto in nt. 25.

34 Trib. Milano, 9.10.2002, in Soc., 2003, 863, con nota di Civerra; Id. Milano, 26.5.1990, in Giur. it., 1991, I, 2, 590, con la già citata nota di Grosso P. E v. anche Trib. Roma, 20.3.1995, in Riv. dir. fall., 1995, II, 910.

35 Trib. Milano, 8.7.2004, in Giur. it., 2005, 307.

36 Grosso P., Categorie di azioni ed assemblee speciali, Milano, 1999, 193 ss.

37 Grosso P., Le categorie di azioni e gli strumenti finanziari non azionari, in Ambrosini (a cura di), La riforma delle società. Profili della nuova disciplina, Torino, 2003, 129 s., ove si ipotizza di sostituire all’alternativa tra pregiudizio “diretto” e pregiudizio “indiretto” la distinzione, mutuata dal diritto della concorrenza, tra delibere che hanno per “oggetto” il pregiudizio e delibere che lo hanno per “effetto”: con la conseguenza di porre sullo stesso piano, ai fini della tutela, le due eventualità.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 13141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 13 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

14 Parte Prima – Assemblea

non potrebbe, con le proprie deliberazioni, pregiudicare senza l’approva-

zione delle categorie interessate38.

Il tema è stato approfondito in modo particolare a proposito delle azioni

di risparmio (si entra nel campo delle società quotate, ove l’argomento trova

la sua completa trattazione) e la discussione si è incentrata sulla possibilità

di una conversione forzata di una categoria di azioni o di una percentuale

di azioni in azioni di risparmio o viceversa39, ipotesi sulle quali i Tribunali

hanno avuto occasione di intervenire.

E così, il rischio che, in caso di una conversione di azioni ordinarie in

azioni di risparmio, l’aumento di queste ultime possa determinare la futura

insufficienza dell’utile ai fini della distribuzione del dividendo privilegiato ai

soci di risparmio è stato ritenuto integrare un nocumento eventuale di mero

fatto, come tale inidoneo a radicare la competenza dell’assemblea speciale di

categoria40. Per contro, in precedenza (ci si ricollega, infatti, all’art. 16, 1° co.,

n. 2, l. n. 216/1974) si era deciso che il pregiudizio di cui all’art. 2376 sarebbe

ravvisabile tutte le volte in cui la delibera dell’assemblea straordinaria apporti

modifiche alla struttura dell’azionariato tali da alterare in maniera qualita-

tiva oppure (ecco il punto) quantitativa il rapporto tra le categorie esistenti41.

In linea con la seconda posizione, si è ammessa (questa volta in dottrina) la

possibilità di aumentare il capitale con emissione di sole azioni ordinarie,

e/o di altre privilegiate, e/o di altre azioni di risparmio, purché sia garan-

tita ai possessori delle azioni di risparmio esistenti la facoltà di esercitare il

diritto di opzione anche su altre categorie di azioni42; o si è ritenuta legittima

(da parte del Tribunale di Torino) la conversione di azioni di risparmio in

azioni ordinarie, purché non imposta, ma solo quale (eventuale) effetto di

un’apposita manifestazione di volontà degli azionisti di risparmio interessati

a divenire azionisti ordinari: in tal caso, infatti, conseguenze di carattere pre-

giudizievole che avessero a prodursi sarebbero imputabili esclusivamente ad

una loro libera ed autonoma determinazione, avendo essi deciso di avvalersi

del diritto loro concesso dalla delibera degli azionisti ordinari43.

38 Galgano, Il nuovo diritto societario, cit., 133.

39 Un giro d’orizzonte sull’argomento in Blandini, sub art. 2376, cit., 498 s.

40 Trib. Vicenza, 10.2.2003, in Banca borsa, 2004, II, 574, con nota di Purpura.

41 Trib. Roma, 20.3.1995, in Dir. fall., 1995, II, 910.

42 Grosso P., Categorie di azioni ed assemblee speciali, cit., 198.

43 Trib. Torino, 24.11.2000, in Soc., 2001, 991, con nota di Funari.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 14141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 14 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 15

4. Le competenze dell’assemblea ordinaria nelle società prive di consiglio

di sorveglianza. Con qualche cenno alle quotate.

Il presente volume – come ben sa il lettore – non ha ad oggetto le società

quotate; di conseguenza, la trattazione delle competenze dell’assemblea

ordinaria nelle società per azioni prive del consiglio di sorveglianza (al pari

di ogni altro argomento) viene sviluppata nella prospettiva, tendenzial-

mente esclusiva, dell’art. 2364.

Con questa necessaria premessa, va sottolineato che, con la riforma del

2003, la rubrica dell’articolo appena citato è stata adattata all’introduzione

dei due sistemi alternativi, dualistico e monistico: si è infatti passati da un

semplice “Assemblea ordinaria”, necessario punto di riferimento per ogni

società che avesse adottato il tipo azionario, al più articolato “Assemblea

ordinaria nelle società prive di consiglio di sorveglianza”. Il che impone di

anticipare sin d’ora quanto meglio si dirà più oltre, e cioè che quelle che

adottano il sistema dualistico sono invece disciplinate dall’art. 2364 bis, il

quale richiama il precedente nel solo suo 2°  co.; ed aggiungere, per com-

pletezza, che le società regolamentate dal d.lgs. 24.2.1998, n.  58 (t.u.f.) si

rifanno, almeno in parte, all’uno ed all’altro dei due articoli, integrati dalle

specifiche disposizioni contenute nel testo unico.

L’elencazione dei poteri conferiti all’assemblea ordinaria dall’art. 2364

non è – non occorrerebbe neppure precisarlo – esaustiva, come ha pun-

tualmente confermato il Tribunale di Milano44. Recentemente la dottrina

ha inteso darne una sintesi, ribadendo che ad essa spettano in primo luogo

le decisioni relative al concreto funzionamento dell’organizzazione socie-

taria45, quali la determinazione del numero degli amministratori, se lo sta-

tuto si limita ad indicare il massimo ed il minimo (art. 2380 bis, 4° co.), la

nomina e la revoca degli stessi (artt. 2364, n. 2, e 2383, 1° e 3° co.), dei sindaci

(artt. 2364, n. 2, e 2400, 1° e 2° co.) e del direttore generale.

44 Trib. Milano, 5.11.2005, in Soc., 2006, 1412, con nota di Fontana.

45 Lener, Tucci, Società per azioni. L’assemblea, cit., 21 ss.; Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 570, ed ivi il richiamo a Pavone La Rosa, Le attribuzioni dell’assemblea della società per azioni in ordine al compimento di atti inerenti alla gestione sociale, in Riv. società, 1997, 1 ss., sul collegamento tra la competenza assembleare in mate-ria di distribuzione di utili ed altre competenze dell’assemblea ordinaria, fra cui l’autoriz-zazione all’acquisto di azioni proprie.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 15141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 15 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

16 Parte Prima – Assemblea

Ci si deve soffermare, sia pur brevemente, sulla nomina degli ammini-

stratori e dei sindaci. Infatti il richiamo, testé fatto, agli artt. 2383, 1° e 3° co.

e 2400, 1° e 2° co. rispettivamente, rivela che non si tratta di un potere esclu-

sivo. Esso cede, infatti, di fronte alla designazione dei primi componenti di

entrambi gli organi contenuta nell’atto costitutivo; all’eventuale esistenza

di «portatori degli strumenti finanziari» di cui agli artt. 2346, 6° co., e 2349,

2°  co., cui può essere statutariamente riservata «la nomina di un compo-

nente indipendente del consiglio di amministrazione (o del consiglio di sor-

veglianza) o di un sindaco», secondo quanto dispone l’art. 2351, 5° co.; come

pure alla presenza nella compagine sociale (di una società che non faccia

ricorso al mercato del capitale di rischio) dello Stato o di enti pubblici: eve-

nienza cui l’art. 2449 ricollega la facoltà, quando prevista statutariamente,

di designare un numero di amministratori e sindaci, ovvero componenti del

consiglio di sorveglianza, proporzionale alla partecipazione al capitale socia-

le46. A queste deroghe può ancora aggiungersi quella presente nell’art. 2386,

1° co.: se nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più amministra-

tori, gli altri provvedono a sostituirli con deliberazione approvata dal colle-

gio sindacale, purché la maggioranza (l’inciso è stato inserito dalla riforma)

sia sempre costituita da amministratori nominati dall’assemblea. Tolte que-

ste pur numerose eccezioni, la competenza in questione è esclusiva e persi-

ste anche quando – come ha avuto cura di precisare la giurisprudenza – la

deroga negoziale fosse diretta a realizzare un fine meritevole di tutela da

parte dell’ordinamento, per cui non si potrebbe dubitare della nullità di una

clausola statutaria che sottraesse alla competenza dell’assemblea la nomina

degli amministratori che le competa per legge47.

A proposito del direttore generale, va poi ricordato che il tenore

dell’art. 2396 (“Direttori generali nominati dall’assemblea o per disposizione

dell’atto costitutivo”) pare consentire – come si è già osservato da tempo –

«che trovino cittadinanza nel nostro sistema normativo anche direttori gene-

rali diversamente nominati»48, dunque anche dall’organo amministrativo;

laddove può essere controverso se un analogo potere sia configurabile nel

46 L’art. 2383, 1° co., richiama, in realtà, anche l’art. 2450, però abrogato dall’art. 3.1, d.lgs. 15.1.2007, n. 10, convertito nella l. 6.4.2007, n. 46.

47 Trib. Monza, 29.1.1982, in Giur. comm., 1983, II, 125.

48 Borgioli, I direttori generali di società per azioni, Milano, 1975, 165. La dottrina pre-valente è in tal senso.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 16141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 16 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 17

silenzio dello statuto e, di fronte ad una risposta positiva, come si atteggi la

responsabilità di chi sia in tal modo designato49.

Spetta all’assemblea anche la nomina del soggetto incaricato di effet-

tuare la revisione legale dei conti (art. 2364, n. 2, come riformato dall’art. 37,

d.lgs. n. 39/2010: la formulazione previgente faceva riferimento al «soggetto

al quale è demandato il controllo contabile»), del presidente del consiglio di

amministrazione (art. 2380 bis, 5° co.) e del presidente del collegio sindacale

(art. 2398).

Ci si è chiesti se l’assembla abbia anche il potere di revocare i presidenti

dei due organi collegiali appena citati. La risposta positiva è certa – si è

detto50 – per quello del collegio sindacale (che potrebbe, a certe condizioni,

mantenere la carica di sindaco51), se non altro per mancanza di alternative.

Alle stesse conclusioni potrebbe giungersi, però, anche per il presidente

del consiglio di amministrazione, a prescindere da chi lo abbia nominato

(potrebbe essere stato anche il consiglio di amministrazione); e non solo in

forza di un’estensione analogica sufficientemente piana dell’art. 2380 bis,

4° co., ma anche in considerazione del fatto che l’assemblea ha certamente

il potere di revocare il presidente dall’ufficio di amministratore, facendolo

con ciò cessare automaticamente dalla carica. Dunque, la revoca assem-

bleare dalla sola carica presidenziale – si è concluso – non potrebbe essere

considerata una soluzione d’irragionevole frattura nell’equilibrio dei poteri

fra gli organi societari52, restando ovviamente salva la facoltà del consi-

glio di amministrazione di revocare il proprio presidente, quando lo abbia

nominato.

Sono inoltre di competenza dell’assemblea ordinaria la fissazione del

compenso degli amministratori, dei sindaci (artt.  2364, n.  3, 2389, 1°  co.,

2402), se non è stabilita dallo statuto, e dei liquidatori (art. 2448); in rela-

zione ai primi, un arresto di legittimità ha precisato che, se è determinato

statutariamente, l’assemblea non ha la competenza per modificarlo o inte-

grarlo, quand’anche consista in una partecipazione agli utili ed abbia quindi

49 Questioni su cui si rimanda il lettore alla trattazione concernente il direttore generale.

50 Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 571, nt. 22.

51 Cavalli, I sindaci, in Tratt. Colombo, Portale, V, Torino, 1988, 80.

52 In argomento Sanfilippo, Il presidente del consiglio di amministrazione nelle società per azioni, in Abbadessa, Portale (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amico-rum Gian Franco Campobasso, II, Torino, 2007, 479, nt. 148.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 17141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 17 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

18 Parte Prima – Assemblea

natura aleatoria53. Ancora a proposito degli amministratori, l’assemblea è

chiamata ad autorizzarli a svolgere attività concorrenziali (art. 2390, 1° co.)

e a delegare le proprie attribuzioni. In relazione a quest’ultima ipotesi, pre-

vista dall’art. 2381, 2° co., si discute in dottrina sulla validità di clausole sta-

tutarie che prevedano una maggiore incidenza dell’assemblea nella materia

della delega amministrativa, che si concretizzi, cioè, in forme diverse e più

penetranti della semplice autorizzazione; si controverte, ad esempio, se lo

statuto possa riservarle la nomina dell’amministratore delegato o asse-

gnarle il potere d’imporre al consiglio il rilascio delle deleghe: l’incertezza

è strettamente connessa al dubbio se la materia della delega di funzioni

amministrative attenga alla sfera gestionale od a quella organizzativa54.

Di particolare rilievo, ancora tra le competenze dell’assemblea ordi-

naria, è l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità contro gli ammini-

stratori (art. 2393, 1° co.), i sindaci (art. 2407, ult. co.), il direttore generale

(art. 2396) e i liquidatori (art. 2489, 2° co.), nonché la rinuncia e la transa-

zione delle medesime azioni (art. 2393, ult. co.): tutti argomenti ampiamente

trattati in altre parti dell’opera. Basti qui ricordare, da un lato, che la com-

petenza assembleare non sussiste se il comportamento lesivo sia estraneo

(o si trovi in rapporto meramente occasionale) rispetto all’esercizio delle

funzioni societarie del soggetto agente55; e, dall’altro, che il riconoscimento

53 Cass. civ., 7.4.2006, n. 8230, in Foro it., 2007, I, 207.

54 Cagnasso, Nomina dei delegati e «interferenze» di organi o soggetti esterni al consiglio, in Riv. società, 2007, 1071 ss., nega la liceità di clausole di tal genere: l’art. 2364, n. 5, consente solo autorizzazioni statutarie, non decisioni, in materia di atti degli amministratori. Liberale è la posizione di Sanfilippo, Riforma della società e interpreti in controtendenza: il caso della delega amministrativa “obbligatoria”, in Banca borsa, 2007, I, 349, ad avviso del quale «gli interessi in gioco corrono invero sullo stesso piano della scelta fra i diversi modelli di amministrazione e controllo ora offerti dai soci e, all’interno di quello tradizionale, dell’alternativa tra amministrazione unipersonale e collegiale». I dubbi, che non paiono sciolti nella visuale sistematica ora riportata, trovano ulteriore linfa in Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 608, nt. 123: la materia è indubbiamente al confine tra le due sfere, organizzativa e gestionale e, in un simile contesto, pare legata principalmente alla possibilità che clausole del genere possano precludere al consiglio di amministrazione la facoltà di revocare il delegato e la delega e che una simile evenienza contrasti in modo determinante con la funzionalità dello strumento. E proprio alla luce delle incertezze di fondo e dei rischi connessi ad un’interpretazione che privilegi l’assemblea pare di poter affermare che miglior soluzione sia quella che non forzi la lettera della norma.

55 V. Scognamiglio, Osservazioni in tema di illecito dell’amministratore ed azione sociale di responsabilità, in Giur. comm., 1989, II, 208.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 18141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 18 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 19

del potere di transigere costituisce una conferma alla tesi, espressa anche

in giurisprudenza, che attribuisce all’assemblea ordinaria la competenza di

compromettere in arbitri l’azione di responsabilità56.

Determinano conseguenze rilevanti sulla stessa gestione della società

l’approvazione del bilancio di esercizio (art.  2364, 1°  co., n.  1) e di liqui-

dazione (art.  2490, norma introdotta dalla riforma; anche in precedenza,

tuttavia, si riteneva che i liquidatori fossero tenuti a predisporre il bilan-

cio annuale da sottoporre all’approvazione dell’assemblea) e le determina-

zioni circa la destinazione degli utili (art. 2433, 1° co.), argomento sul quale

l’assemblea mantiene la propria sovranità pure nell’ipotesi di adozione

del sistema dualistico. Ed ancora: l’acquisto e la vendita di azioni proprie

(art. 2357, 2° e 4° co.) o della società controllante (artt. 2359 bis, 2° co., e

2359 ter, 1° co.); l’acquisto di beni o di crediti dei promotori, fondatori, soci

ed amministratori nei due anni dall’iscrizione della società nel registro delle

imprese (i c.d. «acquisti pericolosi»: art. 2343 bis, 1° co.); la riduzione obbli-

gatoria del capitale sociale per perdite superiori ad un terzo, che non ne

determinino però la diminuzione al di sotto del minimo legale (art. 2446,

2°  co.)57; l’assunzione di partecipazioni in altra società comportante una

responsabilità illimitata per le sue obbligazioni (arg. ex artt. 2361, 2° co., e

2364, n. 5).

L’assemblea ordinaria, al pari di quella straordinaria, è competente ad

eleggere il presidente ed il segretario che non siano già indicati nello statuto

(art. 2371, 1° co.) ed a revocarli per giusta causa, sempre, anche qui, che la

carica non sia stata loro attribuita in via statutaria58. La soluzione della revo-

cabilità non appare contraddetta dall’avvenuto rafforzamento dei poteri del

presidente, circostanza che esige, anzi, di trovare un efficace contrappeso

56 Frè, Sbisà, Della società per azioni, cit., 856; App. Milano, 14.1.1992, in Soc., 1992, 655.

57 La deliberazione è «verbalizzata ed iscritta nel registro delle imprese a norma dell’art. 2436 del codice», dunque è soggetta al controllo notarile, in quanto ha per oggetto una modificazione statutaria (art. 111 terdecies disp. att. trans. c.c.). È sostanzialmente priva di rilievo pratico la questione se essa debba ritenersi una delibera dell’assemblea ordina-ria, soggetta al controllo notarile in virtù del suo contenuto, oppure una deliberazione straordinaria, eccezionalmente adottata con le maggioranze dell’assemblea ordinaria (in argomento Montagnani, sub artt.  2364-2364/II, in Comm. Niccolini, Stagno d’Alcontres, Napoli, 2004, 448).

58 Montagnani, sub artt. 2364-2364/II, cit., 501; propende per una generale revocabilità del presidente, Massa Felsani, Il ruolo del presidente nell’assemblea della s.p.a., Milano, 2004, 157.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 19141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 19 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

20 Parte Prima – Assemblea

in caso di esercizio abusivo e scorretto delle prerogative legali. La delibera

assunta sotto la presidenza di un soggetto revocato dalla carica, il quale non

abbia materialmente consentito la propria sostituzione con la persona desi-

gnata dall’assemblea, deve considerarsi annullabile.

Si discute, infine, su quale tipo di assemblea sia competente ad autoriz-

zare l’esercizio del diritto di opzione spettante alle azioni proprie detenute

dalla società (art. 2537 ter, 2° co.): in assenza di ogni indicazione, non rinve-

nibile neppure nella Relazione, si è ritenuto essere la straordinaria, doven-

dosi ragionevolmente reputare che l’autorizzazione venga data in occasione

della delibera di aumento di capitale59.

Prima di passare alle disposizioni contenute nei nn. 5 e 6 dell’art. 2364,

1°  co. (che rappresentano altrettante novità introdotte dalla riforma del

2003), esigenze di completezza consigliano un rapido cenno alle società

quotate, settore nel quale le competenze dell’organo assembleare risultano

arricchite. Spettano infatti all’assemblea ordinaria, se ciò previsto dallo sta-

tuto, l’autorizzazione per gli atti o le operazioni che possono contrastare il

conseguimento degli obiettivi di un’offerta pubblica d’acquisto delle azioni

(art. 104, t.u.f., come recentemente modificato dall’art. 13, d.l. 29.11.2008,

n. 185, convertito con l. 28.1.2009, n. 2, in forza del quale il regime in que-

stione non è più regola legale inderogabile, bensì eventuale, di tipo statu-

tario, appunto), salvo si tratti di delibere per cui è competente l’assemblea

straordinaria; l’elevazione al 5% della soglia legale del 2%, a proposito del

divieto di partecipazioni reciproche (art. 121, 2° co., t.u.f.); e ancora l’appro-

vazione dei piani di compensi basati su strumenti finanziari ad amministra-

tori, dipendenti e collaboratori della società e delle società controllate o

controllanti (art. 114 bis, 1° co., t.u.f., norma applicabile anche alle società

con strumenti finanziari diffusi fra il pubblico).

4.1. L’intervento dell’assemblea ordinaria in relazione ad atti degli ammini-

stratori. La disciplina vigente prima della riforma del 2003.

La riforma del 2003 ha inciso sull’art. 2364 con il prevedere la compe-

tenza dell’assemblea ordinaria ad autorizzare, nei casi previsti dallo statuto,

59 Sarale, Il nuovo volto dell’assemblea sociale, in Ambrosini (a cura di), Il nuovo diritto societario. Profili civilistici, processuali, concorsuali, fiscali e penali, I, Torino, 2005, 165.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 20141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 20 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 21

il compimento di atti degli amministratori (n. 5) e ad approvare il regola-

mento dei lavori assembleari (n. 6).

Più precisamente, la prima delle due disposizioni si riferisce alle «auto-

rizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti

degli amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli

atti compiuti». La trascrizione letterale ne consente un più facile raffronto

con la norma previgente (art. 2364, 1° co., n. 4), frutto dell’originaria codi-

ficazione del 1942, ai sensi della quale l’assemblea ordinaria era chiamata

a deliberare, tra l’altro, su quegli oggetti attinenti alla gestione della società

che fossero «sottoposti al suo esame dagli amministratori».

Le differenze sono evidenti ed emergono in modo anche più netto se ci

si sofferma sulla disposizione abrogata.

In dottrina si era affermato come quest’ultima, nell’individuare a favore

dell’assemblea una facoltà deliberativa su atti di gestione (che, proprio

in quanto tali, sarebbero stati di competenza degli amministratori), non

potesse comunque legittimare clausole dell’atto costitutivo che le attri-

buissero in toto la gestione dell’ente, da reputare inammissibili perché in

contrasto con il sistema di organizzazione della società per azioni; ma, nel

contempo, si era sostenuto che essa consentisse agli amministratori, «a sca-

rico della propria responsabilità», di sottoporre all’organo assembleare atti

di loro spettanza, sui quali, per le possibili conseguenze, o anche in presenza

di opposte posizioni delineatesi all’interno del consiglio di amministrazione,

i gestori avessero ritenuto opportuno conoscere preventivamente l’avviso

dei soci: le deliberazioni assunte si sarebbero dunque tradotte, di volta in

volta, nell’anticipata approvazione del loro operato, oppure nello strumento

di risoluzione di contrasti insorti tra di essi60.

Affermazioni nette, come si vede, a proposito di profili sui quali, però, le

posizioni degli studiosi erano tutt’altro che univoche; anche perché le solu-

zioni offerte parevano muovere da presupposti (quale la vincolatività delle

delibere assembleari) sui quali non vi era parimenti unanimità di vedute.

I dubbi sussistevano già a proposito dell’ampiezza dei poteri attribuiti

all’assemblea. La tesi che la riserva a suo favore non potesse essere totale

godeva, in effetti, di largo credito: in proposito si sottolineava come la “riabi-

litazione” dell’organo, attuata dall’allora vigente art. 2364, n. 4, non potesse

spingersi sino a scardinare la distribuzione istituzionale di compiti su cui si

60 Frè, Sbisà, Della società per azioni, cit., 592 s.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 21141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 21 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

22 Parte Prima – Assemblea

basava (e si basa) l’organizzazione della società per azioni; e, nel richiamo

agli esiti delle indagini di Calandra Buonaura e di Corsi in particolare, si

concludeva per l’estrapolabilità dalla gestione sia ordinaria che straordina-

ria, altrimenti spettante agli amministratori, solo di operazioni determinate

(individuate in relazione alla realtà dinamica della singola impresa), non di

un insieme preordinato e finalizzato di atti gestori, comunque catalogati61.

La giurisprudenza di merito si era posta su questa linea di pensiero allor-

ché, decidendo a proposito di una società a responsabilità limitata uniper-

sonale (si era prima della riforma, con l’art. 2364 richiamato dall’art. 2486),

aveva giudicato illegittima una clausola statutaria che prevedeva la generica

necessità di autorizzazione dell’assemblea rispetto alla conclusione di con-

tratti da parte dell’organo amministrativo concernenti l’oggetto principale

della società (nella specie, la costruzione e la compravendita di immobili)62;

mentre aveva mostrato di largheggiare maggiormente quando, anche in que-

sto caso in relazione ad una società a responsabilità limitata, aveva invece

reputato legittima la clausola con cui l’atto costitutivo riservava all’assem-

blea l’approvazione degli atti di disposizione del patrimonio superiori a

dieci milioni di lire (importo pari nella specie alla metà del capitale sociale,

corrispondente al minimo legale di venti milioni di lire)63. Di incerta lettura

un’altra decisione, ancora di merito, che aveva ritenuto omologabile l’atto

costitutivo di una società a responsabilità limitata che consentiva all’assem-

blea di assumere decisioni sulla gestione sociale ai sensi e nei limiti di cui

all’art. 2364, n. 4, in quanto esse non avrebbero mai potuto incidere sull’ope-

rato dell’organo amministrativo64.

In dottrina non era mancato, tuttavia, chi contrastava le tesi restrittive,

ammettendo, all’opposto, una massima possibile apertura65; in tale prospet-

tiva si affermava che, anche qualora l’atto costitutivo avesse statuito che ogni

61 Cottino, Diritto commerciale, I, 2, Padova, 1994, 443 ss.; Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1992, 424 s.; ed anche Ferrara jr., Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano, 1999, 559.

62 App. Roma, 2.9.1999, in Soc., 2000, 585.

63 App. Roma, 6.6.1997, in Giur. it., 1998, 293: la Corte ha richiamato l’allora vigente art.  2475 (cui oggi corrisponde l’art.  2463), senza però far menzione alcuna del rinvio operato dall’art. 2486 (anch’esso nella formulazione precedente la riforma), tra gli altri, all’art. 2364.

64 App. Bologna, 13.5.1997, in Riv. notariato, 1998, 327.

65 Minervini, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1956, 224.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 22141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 22 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 23

atto di gestione dovesse essere preventivamente deliberato dall’assemblea,

nessun pregiudizio ne sarebbe potuto derivare ai creditori sociali, nei con-

fronti dei quali non sarebbe comunque venuta meno la responsabilità degli

amministratori per l’esecuzione data a delibere assembleari lesive dell’inte-

grità del patrimonio sociale66. O, in modo analogo, si sosteneva che gli statuti

sarebbero stati liberi di riservare all’assemblea qualsiasi oggetto attinente

alla gestione dell’impresa, con le sole eccezioni rappresentate dall’attività

esecutiva e dalla gestione corrente, e le delibere così assunte sarebbero state

vincolanti per gli amministratori, tenuti dunque a darvi esecuzione, salvo

che da ciò potesse scaturire una loro responsabilità verso l’esterno67.

Le tesi liberali ora citate rivelano che la questione si poneva (e si pone)

inevitabilmente in stretta correlazione con il valore e l’efficacia delle deli-

bere assembleari in tema di gestione, cioè sulla loro vincolatività; tema sul

quale altra parte della dottrina poneva l’accento, in qualche misura “neutra-

lizzando” i dubbi sull’ampiezza del trasferimento di poteri deliberativi, con

il risolverlo nel senso che l’asserita inidoneità dell’assemblea a partecipare

al processo decisorio dell’impresa – argomento che stava (e sta) alla base

di ogni discussione concernente le sue “intrusioni” in tale ambito – avrebbe

fatto sì che le deliberazioni assunte in materia, pur se consentite dell’atto

costitutivo, sarebbero state prive di efficacia vincolante, dovendo essere

intese alla stregua di semplici pareri68. In sostanza, l’organo assembleare

avrebbe esplicato una “funzione ponderatoria” su materie attinenti alla

gestione normalmente sottratte alla sua competenza, ma nulla di più, senza,

cioè, che le conseguenti deliberazioni potessero rappresentare altrettanti

ordini cui gli amministratori non avrebbero potuto sottrarsi69. Questi ultimi,

dunque, avrebbero comunque mantenuto la libertà di decidere se dar corso

66 Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Torino, 1995, 326.

67 È la posizione di Abbadessa, L’assemblea: competenza, cit., 43.

68 V. Galgano, La società per azioni, in Tratt. Galgano, VII, Padova, 1998, 200 ss.; Bonelli, Le direttive dell’assemblea agli amministratori di società per azioni (art.  2364, n. 4, c.c.), in Giur. comm, 1984, 1, 5 ss.; Id., Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1985, 5 ss.; Partesotti, Recensione a Weigmann, in Riv. dir. civ., 1976, I, 318.

69 Grippo, L’assemblea nella società per azioni, in Tratt. Rescigno, 16, Torino, 1985, 362. In questa prospettiva il Tribunale di Torino, con sentenza 10.8.1988, in Giust. civ., 1989, I, 703, aveva ritenuto che un’apposita clausola statutaria potesse prevedere che le decisioni aventi ad oggetto atti amministrativi (quali il trasferimento della sede sociale) dovessero essere prese a seguito di un parere, comunque non vincolante, dell’assemblea.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 23141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 23 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

24 Parte Prima – Assemblea

o meno a un certo atto di gestione, assumendosene la responsabilità (in ogni

caso verso l’esterno). In altre parole – come anche recentemente è stato

affermato dal Tribunale di Milano, con riferimento alle disposizioni ante-

riori alla riforma70 – il consenso assembleare, pur suscettibile di escludere

una responsabilità verso la società, non sarebbe stato comunque preclusivo

di un’azione ai sensi degli artt. 2394 e 2395, essendo gli amministratori tenuti

ad agire, in particolare sotto il profilo della conservazione del patrimonio

sociale, a tutela non dei soli soci, ma anche dei creditori, all’uopo adottando

comportamenti coerenti quali la non esecuzione di delibere illegittime o

lesive degli interessi ora ricordati, la segnalazione delle conseguenze deri-

vanti dalla decisione dell’assemblea, la sollecitazione ad una nuova valuta-

zione da parte della stessa e quant’altro inerente ai poteri ed agli obblighi

propri della carica sociale rivestita.

Si tratta di affermazioni condivisibili, alle quali va tuttavia accompagnata

un’avvertenza: un comportamento contrario al “parere” dell’assemblea, se

ingiustificato (quando, ad esempio, non accompagnato dalla constatazione

di possibili profili di illegittimità della deliberazione, talora di non facile

percezione, o di mutate situazioni di merito, anch’esse talvolta opinabili),

avrebbe significato disattendere la volontà dei soci, in ultima analisi incri-

nare il rapporto fiduciario tra soci e gestori, rendendo questi ultimi suscetti-

bili di un’eventuale revoca, se non di un’azione di responsabilità, quando ne

fossero esistiti i presupposti.

L’ampiezza dei poteri statutariamente concessi riprendeva rilievo per chi

riteneva che le deliberazioni in questione si traducessero in altrettante autoriz-

zazioni71. Ciò in quanto si opinasse che almeno la mancanza di autorizzazione

dovesse ritenersi vincolante; mentre la sua concessione avrebbe potuto essere

intesa come semplice rimozione di un ostacolo alla fattibilità dell’atto, ferma

restando la doverosa valutazione degli amministratori e la loro decisione finale.

Ma – sembra possibile aggiungere – ogni loro responsabilità verso la società

avrebbe potuto considerarsi scriminata quando il loro agire fosse stato in linea

con la volontà espressa dall’assemblea. Non però, neppure in questo caso, nei

confronti dei creditori e dei terzi in generale: l’essere stati autorizzati, infatti,

70 Trib. Milano, 2.10.2006, in Giur. it., 2007, 382, con nota di Iozzo.

71 Corapi, Gli statuti delle società per azioni, Milano, 1971, 321, nt. 103; Weigmann, Responsabilità e potere legittimo degli amministratori, Torino, 1974, 86 ss. Nel senso dell’autorizzazione anche Ferrara jr., Corsi, Gli imprenditori e le società, cit., 561, nt. (3).

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 24141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 24 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 25

non avrebbe potuto escludere il loro potere-dovere di decidere diversamente

ogniqualvolta seguire le determinazioni dei soci avrebbe comportato pregiu-

dizi all’integrità patrimoniale.

Sin qui sugli «oggetti attinenti alla gestione della società riservati» alla

competenza dell’assemblea «dall’atto costitutivo»; ma che dire di quelli «sot-

toposti al suo esame dagli amministratori»? Era la prospettiva di partenza

a cambiare: non più una specifica previsione contenuta nell’atto genetico,

bensì valutazioni di volta in volta maturate dall’organo di gestione. Si tratta

di un profilo – occorre ricordarlo – espunto dalla vigente formulazione della

norma, ma sul quale qualche riflessione appare opportuna.

Esso coinvolgeva, infatti, anche l’ipotesi limite dell’atto estraneo

all’oggetto sociale, su cui la giurisprudenza di merito si divideva. Da un

lato, il superamento dei limiti posti dall’oggetto era ritenuto possibile solo

a seguito della modifica dello statuto, cosicché un’eventuale autorizzazione

assembleare non avrebbe potuto in ogni caso sanare il vizio72; o, con mag-

giore apertura, l’approvazione unanime da parte dell’assemblea totalitaria

non avrebbe impedito alla società di opporre al terzo di mala fede l’estra-

neità, potendo al più la volontà dei soci porre l’amministratore al riparo

da una eventuale azione di responsabilità73. Dall’altro, si affermava l’inci-

denza dell’oggetto sociale sui poteri di rappresentanza degli amministratori,

non sulla capacità giuridica e di agire della società: dal che si deduceva la

ratificabilità di un atto che vi fosse estraneo e, a maggior ragione, la possi-

bilità di una sua preventiva autorizzazione ad opera di una deliberazione

dell’assemblea ordinaria (nella specie decisa, l’atto consisteva nell’iscri-

zione di un’ipoteca sugli immobili appartenenti ad una società per azioni,

a favore di un banca creditrice di una terza società, ed era stato autorizzato

da un’assemblea totalitaria)74.

Più in generale, ci si poteva domandare a quali parametri si sareb-

bero dovute attenere le valutazioni cui si è fatto cenno poco sopra; ed

in particolare se la previgente normativa attribuisse agli amministra-

tori una totale discrezionalità nel coinvolgere l’assemblea, ovvero se, di

fronte a talune fattispecie, la loro stessa competenza potesse considerarsi

72 Trib. Treviso, 20.6.2002, in Giur. it., 2003, 2118: non è consentito ai soci vanificare il limite posto dall’oggetto alla legittimità dell’attività.

73 Trib. Roma, 10.1.2001, in Giur. it., 2001, 1431, con nota di Weigmann.

74 App. Milano, 20.2.2001, anch’essa in Giur. it., 2001, 1431, con nota di Weigmann.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 25141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 25 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

26 Parte Prima – Assemblea

intaccata. Ritenere corretto il secondo termine del dilemma (al quale

si sarebbe dovuta ricondurre l’ipotesi concernente l’oggetto) avrebbe

posto il diverso problema della distinzione tra atti di ordinaria ed atti

di straordinaria amministrazione, intesa non nel senso tradizionale della

ripartizione tra atti conservativi ed atti dispositivi del patrimonio, bensì in

quello, più aderente alla realtà dinamica dell’impresa, della separazione

tra gli atti che non modificano e quelli che, al contrario, cambiano le strut-

ture organizzative dell’impresa e ne coinvolgono, sul piano del mercato,

finanziario o produttivo, le scelte strategiche di fondo; e, in ultima analisi,

avrebbe condotto a riconoscere implicitamente all’assemblea la preroga-

tiva dell’esercizio di una vera e propria attività gestoria, sia pure ad un

livello elevato75. Prospettiva resa ancor più delicata nel constatare che

tale attività si sarebbe esplicata non su specifici oggetti riservati alla sua

competenza dall’atto costitutivo, ma su tutto quanto fosse riconducibile a

quell’ambito. S’incrociava così la posizione espressa da quella parte della

dottrina che ravvisava la possibilità d’individuare ipotesi di necessario

coinvolgimento dei soci, pur in assenza di previsione legislativa, di fronte

a decisioni gestionali «d’interesse primordiale», tali, cioè, da poter inci-

dere sulle stesse caratteristiche strutturali dell’iniziativa imprenditoriale.

L’argomento, sostanzialmente coincidente, almeno nel suo concreto

estrinsecarsi, con la tesi che l’assemblea sia dotata (anche) di «competenze

implicite», forma oggetto di un breve, successivo paragrafo.

4.2. La disciplina introdotta dalla riforma del 2003. La concessione di auto-

rizzazioni per il compimento di atti degli amministratori.

Come si è avvertito, il vigente art. 2364, 1° co., n. 5 statuisce che l’assem-

blea ordinaria delibera non solo sugli oggetti attribuiti dalla legge alla

sua competenza, ma anche «sulle autorizzazioni eventualmente richie-

ste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori»; salvo

subito precisare – lo si è già sottolineato – che resta «ferma in ogni caso la

responsabilità di questi per gli atti compiuti».

La nuova disposizione (in relazione alla quale non parrebbero ancora

edite decisioni giurisprudenziali) ha inteso delineare in modo netto il

75 Come ha osservato Cottino, Le società. Diritto commerciale, Padova, 1999, 336 s.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 26141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 26 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 27

riparto di competenze tra assemblea ed amministratori, riducendo le pos-

sibilità d’intervento della prima, col definire quali mere autorizzazioni le

sue delibere sugli oggetti statutariamente indicati e nel non far più cenno

alla possibilità per i secondi di ottenerne una pronuncia su altre questioni.

Il carattere autorizzativo delle delibere, nell’escluderne implicitamente la

vincolatività – almeno nel caso di concessione – ha contribuito a chiarire la

posizione dei gestori che ne sono destinatari, non a caso dichiarati «in ogni

caso» responsabili.

Il tenore letterale della norma, anche in quanto confrontato con il testo

precedente, pare poi consentire la soluzione di un altro problema, poiché

l’avverbio «eventualmente» e la preposizione semplice «di» sembrano eli-

minare, in effetti, la possibilità di una clausola statutaria che preveda l’inter-

vento assembleare (nei limiti dell’autorizzazione, ovviamente) su ogni atto

altrimenti di competenza degli amministratori76: ipotesi che, invece, era

ammessa da una parte, minoritaria ma autorevole, della dottrina sulla base

della previgente normativa; e che, non sconosciuta alla pratica77, era però

tale da poter determinare, anche nelle società di piccole dimensioni, un

serio ostacolo allo svolgimento di una normale gestione.

A questo proposito può tornare utile ricordare quanto si è scritto nel

paragrafo che precede sulle decisioni suscettibili d’incidere sugli stessi carat-

teri strutturali dell’ente, non per rinvenirvi un limite sostanziale alla sfera

decisionale degli amministratori (che, alla luce della riforma, non parrebbe

comunque più ipotizzabile), bensì per individuare in tale ambito gli specifici

atti sui quali l’assemblea può avere un naturale interesse ad interloquire,

interesse che si traduce in un diritto-dovere se ed in quanto essi trovino

specificazione nello statuto.

76 In tal senso Sarale, Il nuovo volto dell’assemblea sociale, cit., 167, che osserva come la scelta restrittiva del legislatore riveli la volontà di porre fine agli abusi che la pre-cedente formulazione aveva prodotto nella prassi, dove l’ampiezza della riserva finiva spesso per svuotare completamente la funzione degli amministratori, relegati al rango di meri esecutori.

77 Galgano, Il nuovo diritto societario, in Tratt. Galgano, cit., 201, ricorda come, prima della riforma, ampie deleghe non fossero inusuali, se non nelle grandi o medio-grandi società per azioni, in quelle di piccole o medio-piccole dimensioni (oltre che nelle società a responsabilità limitata): e come fosse frequente, in queste, la previsione di clausole che richiedevano una deliberazione dell’assemblea per le operazioni che superassero un certo ammontare o per gli acquisti e le vendite immobiliari o, addirittura, per tutti gli atti ecce-denti l’ordinaria amministrazione.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 27141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 27 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

28 Parte Prima – Assemblea

La norma – si è detto78 – ha introdotto una «disposizione assai rigida

e rigidamente limitativa», che determina un chiaro depotenziamento delle

prerogative assembleari: i soci, in altri termini, hanno minor voce in capitolo

sulle decisioni dei gestori79. E, in effetti, il suo tenore da un lato ribadisce il

principio della riserva di competenza in tema di gestione in capo agli ammi-

nistratori, sulla scorta di quanto disposto dall’art. 2380 bis, 1° co. (e, per i

sistemi alternativi, dagli artt. 2409 novies, 1° co., e 2409 septiesdecies, 1° co.),

e, dall’altro lato, sancisce anche la loro esclusiva responsabilità rispetto ad

ogni atto compiuto80. I due aspetti si rivelano reciprocamente condizionanti

in quanto, di regola, si è soli responsabili nella misura in cui si sia gli unici

soggetti cui sia possibile riferire talune funzioni ed i corrispondenti atti, in

merito ai quali sia possibile decidere indipendentemente da un’autorizza-

zione ricevuta, anche se non vincolante.

Si tratta però di una soluzione che – si è obiettato81 – non sembra cogliere

il giusto punto di equilibrio tra autonomia statutaria e responsabilità degli

amministratori: meglio sarebbe stato non escludere la possibilità di riser-

vare all’assemblea la decisione su determinati atti di gestione, ma prevedere

il diritto-dovere degli amministratori di disapplicarne le delibere contrarie

alle regole imposte a tutela della società, dei creditori e dei terzi.

Il riferimento alle sole «autorizzazioni eventualmente richieste dallo sta-

tuto» parrebbe inoltre escludere la possibilità per l’organo gestorio d’investire

l’assemblea di problemi diversi e ulteriori, come del resto conferma la peren-

torietà della Relazione: «Gli amministratori non possono, di propria iniziativa,

sottoporre all’assemblea operazioni attinenti alla gestione sociale». Per altro

verso, venuta ormai meno la funzione di consentire loro il “discarico” dalla

78 Cottino, Diritto societario, cit., 322.

79 La riforma ha tuttavia ammesso una loro impugnativa delle deliberazioni del con-siglio di amministrazione «lesive dei loro diritti» (art.  2388, 4°  co.), ed in tal modo ha dato dignità legislativa ad un orientamento giurisprudenziale risalente al 1988, più pre-cisamente a Cass. civ., 21.5.1988, n.  3544, in Giust. civ., 1988, I, 1979, ma definendone i confini; così realizzando una qualche ingerenza dei soci che travalica la distinzione di competenze. In argomento Irrera, sub art. 2388, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, cit., 730 ss.

80 Petrazzini, sub artt. 2364-2364 bis, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Monta-lenti, cit., 474.

81 Come ha rilevato Abbadessa, L’assemblea nella s.p.a.: competenza e procedimento nella legge di riforma, in Giur. comm., supplemento al n. 3/2004, Contributo alla riforma delle società di capitali, 542 s.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 28141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 28 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 29

responsabilità (verso la società) riconducibile, almeno sulla base di taluna

interpretazione, al previgente sistema di approvazione assembleare, si è soste-

nuto che, anzi, sarebbe priva di utilità ogni ricerca di supporto presso i soci82.

La tesi, tuttavia, è stata oggetto di critiche: da un lato, l’invalicabile cri-

stallizzazione di competenze che ne sarebbe conseguenza concretizzerebbe

una soluzione difficile da comprendere in un regime normativo impron-

tato ad un’ampia autonomia contrattuale83; dall’altro, specie nelle società

di ridotte dimensioni, la discussione in assemblea di certe operazioni sociali

parrebbe strumento atto a garantire agli azionisti una corretta informazione

ed offrire loro, anche indirettamente, un’occasione per valutare il compor-

tamento dei soggetti chiamati ad amministrare, non sulla base dei soli conti,

ma anche della professionalità che emerge dai loro comportamenti: non

si può dimenticare, in altri termini, che tra amministratori e soci vi è pur

sempre un legame fiduciario che dovrebbe indurre i primi a cercare di sol-

lecitare il consenso dei secondi, interpretandone il più possibile interessi

ed inclinazioni84. Quanto, poi, alla giustificazione presente nella Relazio-ne85, essa è stata ritenuta non del tutto coerente con quanto stabilisce pro-

prio il n. 5, che elimina ogni dubbio in punto responsabilità: cosicché non

vi sarebbe ragione per precludere agli amministratori la facoltà di richie-

dere il parere dei soci su determinati argomenti o su di una certa opera-

zione, quando essi lo ritengano utile o necessario, indipendentemente da

ogni previsione statutaria86. Si tratterebbe dell’espressione di quel più gene-

rale principio dell’autonomia che la riforma ha inteso sottolineare, da non

intendere, però, nel senso di un’apertura ulteriore ad un intervento gestorio

82 In questo senso Galgano, Il nuovo diritto societario, cit., 203; Campobasso, Manuale di Diritto Commerciale, Torino, 2003, 227, ove si pone l’accento in particolare sul tenore dell’art. 2380 bis, 1° co.

83 Petrazzini, sub artt. 2364-2364 bis, in Il nuovo diritto societario, cit., 474.

84 Sarale, Il nuovo volto dell’assemblea sociale, cit., 166; sulla stessa linea Pasqua-riello, sub artt. 2364-2366, in Maffei Alberti (a cura di), cit., 446.

85 Si è voluto evitare che «come in passato poteva accadere, nessuno risponda di una data operazione, né l’assemblea che è per definizione irresponsabile, né gli amministratori che a discarico di responsabilità abbiano sottoposto l’operazione» al suo vaglio.

86 La tesi è sostenuta anche da Abbadessa, in Parere dei componenti del Collegio dei docenti del Dottorato di ricerca in Diritto commerciale interno ed internazionale, Università Cattolica di Milano, in Riv. società, 2002, 1472; e da Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 580 s., come già anticipato in Id., Le competenze dell’assemblea nelle s.p.a., in Riv. società, 2010, 288 s.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 29141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 29 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

30 Parte Prima – Assemblea

dell’assemblea (ipotesi che sarebbe semmai prospettabile nel contesto della

società a responsabilità limitata, per la sua più accentuata natura “persona-

listica”87). Né, d’altra parte, per superare il problema si potrebbe pretendere

che chi si accinge a scrivere uno statuto abbia presenti tutti i futuri punti

critici dell’attività dell’impresa societaria, sì da essere in grado d’individuare

a priori i momenti nei quali potrebbe rivelarsi opportuno un intervento

autorizzativo assembleare: per quanto scrupolosi e professionalmente pre-

parati, i redattori non potrebbero mai prevedere tutto, sì che, prima o poi,

gli amministratori rischierebbero di trovarsi nella ragionevole condizione

d’interpellare l’assemblea, ma di non trovare, nelle pieghe dello statuto, una

clausola che lo consenta.

Di fronte a questo irrisolto dibattito, si può tentare di porre a raffronto il

testo previgente e quello attuale, per le parti che qui interessano.

Il primo, al n. 4 dell’art. 2364, 1° co., individuava un vero e proprio potere

deliberativo dell’assemblea su oggetti attinenti alla gestione dell’impresa

indicati nell’atto costitutivo o sottoposti al suo esame dagli amministra-

tori; laddove il secondo ammette un intervento di tale natura sotto il solo

profilo dell’autorizzazione per il compimento di (determinati) atti degli

amministratori e, nel contempo, fa venir meno, su tutta la linea (se non per

quanto previsto dalla legge) ogni possibilità d’incidere sulla responsabilità

dei gestori: infatti l’autorizzazione – come meglio si dirà infra – rimuove

semplicemente un ostacolo al compimento di un atto, ma non determina, di

per sé, la loro irresponsabilità, neppure sul versante interno della società. Le

reciproche competenze sono in tal modo fatte salve.

In tale contesto, ci si deve allora domandare se sia incompatibile un

intervento assembleare che si limiti ad esprimere un parere: che, cioè, indi-

chi quale sia l’atteggiamento (della maggioranza) dei soci su di un certo

argomento. Non si tratterebbe di una «deliberazione» (come invece recitava

la norma anteriore alla riforma), bensì, molto più semplicemente, di un’opi-

nione, priva di qualsiasi effetto se non quello di esteriorizzare il pensiero dei

soci. Il codice non la prevede, è vero: ma perché individua soltanto ciò su cui

87 Cottino, Diritto societario, cit., 338. Dalla mancata riproposizione della relativa facoltà, in connessione con quanto disposto dall’art. 2380 bis sull’esclusività dei compiti gestori degli amministratori, Meloncelli, in Comm. Sandulli, Santoro, cit., 255, esclude che questi ultimi abbiano comunque conservato la facoltà di investire l’assemblea della gestione societaria di investire l’assemblea della gestione societaria.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 30141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 30 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 31

l’assemblea “delibera”, senza però escludere, forse, ciò che delibera non è88;

il che, nonostante il silenzio del legislatore, potrebbe consentire di configu-

rare in capo agli azionisti l’esistenza di una funzione meramente consultiva.

La risposta positiva sembra preferibile, proprio in virtù di quel rap-

porto fiduciario che – come la dottrina ha avuto modo di rilevare –

intercorre necessariamente tra assemblea e gestori, che di quella sono

espressione; rapporto che dovrebbe avere in sé la possibilità di un dialogo

al di fuori di ogni «deliberazione», dunque senza incidere in alcun modo

sul riparto di competenze. Con effetti in nessun caso vincolanti, neppure

se il parere espresso a proposito di un atto di gestione fosse di segno

negativo: il che non esclude, ovviamente, che un comportamento degli

amministratori non in linea con l’opinione espressa dall’assemblea possa

assumere qualche rilievo allorché si debba accertare la diligenza della

loro condotta, almeno sul piano dei principi che disciplinano la prova in

un contesto processuale.

Di fronte ad un parere che si traducesse, invece, in una formale delibe-

razione, ci si è del resto domandati89 quale tipo d’invalidità affetterebbe il

decisum che, su iniziativa degli amministratori, fornisse loro istruzioni e

quale specifica censura potrebbe loro essere mossa per il fatto di esservisi

conformati, dal momento che ciò sarebbe comunque avvenuto sotto la loro

responsabilità: domanda sostanzialmente retorica in un sistema nel quale

«ci si picca di aver formulato il principio di tassatività delle ipotesi di inva-

lidità delle deliberazioni assembleari previste dalla legge». Se ne è concluso

che nella fattispecie sarebbero carenti le sanzioni, e questo farebbe venir

meno ogni discussione. Ma, a voler distinguere, si potrebbe forse eccepire

che una simile «deliberazione» potrebbe essere impugnata sotto il profilo

della non conformità alla legge (che, appunto, non prevede deliberazioni

se non autorizzative): comunque senza concrete ricadute risarcitorie, atteso

il suo carattere sicuramente non vincolante e – si tratta dell’elemento diri-

mente – l’esclusiva responsabilità degli amministratori che ne avessero

seguito i suggerimenti.

88 In proposito v., tra gli altri, Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 581; Calandra Buonaura, I modelli di amministrazione e controllo nella riforma del diritto societario, in Giur comm., 2003, I, 541.

89 Montagnani, sub artt. 2364-2364/II, cit., 455.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 31141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 31 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

32 Parte Prima – Assemblea

4.2.1. I caratteri dell’autorizzazione e l’incidenza del provvedimento

sull’operato degli amministratori.

L’autorizzazione, si diceva, rimuove un ostacolo al compimento di un

atto, ma non è vincolante, al contrario della deliberazione assembleare di un

atto di amministrazione assunta in conformità ad una delle ipotesi previste

dalla legge, che obbliga gli amministratori alla sua esecuzione, salvo che essi

la impugnino o rifiutino di eseguirla dimettendosi. L’autorizzazione, in altre

parole, li lascia liberi di rispettarne o meno il contenuto e di valutare in con-

creto il da farsi90; tuttavia, se decidono di disattendere la volontà espressa dai

soci, devono motivare adeguatamente la loro scelta, a meno che l’assemblea

abbia concesso preventivamente la facoltà di effettuare o meno l’operazione.

Possono essere intervenute, nel frattempo, circostanze nuove, tali da imporre

una modifica nel merito della decisione che si era chiesto di autorizzare;

oppure un più approfondito esame della fattispecie può far emergere rischi

di pregiudizio per la società prima non colti. Non a caso si è detto che «la

valenza del principio di esclusiva responsabilità consiste proprio nell’amplia-

mento dell’area dei doveri e delle responsabilità degli amministratori “indi-

sponibile” per i soci», dunque «nella maggiore estensione del potere-dovere

di rifiuto» dei primi. Ciò è coerente con una responsabilità che è, in base

alla riforma, «ferma in ogni caso» anche verso la società (non essendosi

comunque mai dubitato che l’aver eseguito una delibera assembleare fosse

inidoneo ad esonerarne l’organo amministrativo nei confronti dei creditori

sociali)91. Il meccanismo autorizzativo contempla, infatti, nel disegno del

codice, una terza fase, successiva alla proposta ed all’autorizzazione, in cui gli

amministratori valutano in via definitiva il compimento dell’operazione, per

ponderare ancora una volta la sua conformità all’interesse sociale92.

Diversa è la situazione nell’ipotesi in cui l’assemblea non autorizzi.

La dottrina, sul punto, è divisa. Da un lato si è affermato che il diniego non

costituisce un vincolo al comportamento degli amministratori, comunque

90 Tra i tanti, Galgano, Il nuovo diritto societario, cit., 203; Petrazzini, sub artt. 2364-2364 bis, in Il nuovo diritto societario, cit., 474; Salafia, L’assemblea della società per azioni secondo la recente riforma societaria, in Soc., 2003, 1054; Santosuosso, La riforma del diritto societario…, cit., 102 s.

91 Pinto V., Brevi osservazioni in tema di deliberazioni assembleari e gestione dell’impresa nella società per azioni, in Riv. dir. impresa, 2004, 443.

92 Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 588.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 32141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 32 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 33

liberi di compiere le operazioni sottoposte ai soci e da questi non gradite93;

dall’altro si è invece sostenuto che essi sarebbero carenti di legittimazione

a darvi corso: dunque, l’aver agito in difformità sarebbe circostanza idonea

ad integrare una giusta causa di revoca o il presupposto per una denuncia

al collegio sindacale o al Tribunale (artt. 2408 e 2409) o ancora, qualora ne

derivasse un danno per la società, un’ipotesi di responsabilità94.

In effetti, pare corretto affermare, anche prescindendo dal significato

lessicale della norma (di per sé sufficientemente chiaro), che se i patti

sociali prevedono la preventiva autorizzazione dell’assemblea per certe

operazioni, il porle in essere quando i soci si siano espressi in senso negativo

rappresenta, per un verso, violare una norma statutaria e, per altro verso,

dar esecuzione ad atti che non possono definirsi il risultato di un corretto

procedimento formativo.

A identiche conclusioni si deve pervenire qualora l’autorizzazione

non sia nemmeno chiesta. Ma con un’eccezione, perché quando ragioni di

urgenza non consentano di rispettare il percorso imposto dallo statuto, si

può fondatamente ritenere che gli amministratori siano legittimati ad ese-

guire immediatamente l’atto che dovrebbe essere previamente sottoposto

al vaglio assembleare. Questa conclusione è giustificata non solo da ragioni

logiche, ma appare corretta anche sotto il profilo normativo, dovendosi rite-

nere che l’art. 2258, 3° co., pur se dettato per le società di persone, esprima

in realtà un principio generale nell’intero diritto societario95. È tuttavia

legittimo chiedersi se l’organo di gestione debba comunque sottoporre ai

soci la decisione presa ed attuata, per riceverne l’approvazione o, se si vuole,

la ratifica. La risposta positiva pare trovar conforto in una constatazione

di fondo: se lo statuto prevede che determinati «atti degli amministratori»

93 Libonati, Assemblea e patti parasociali, in AA.VV., La riforma del diritto societario (atti del convegno: Courmayeur, 27-28 settembre 2002), Milano, 2003, 468; Maffezzoni, sub art. 2364, in Picciau (a cura di), Assemblea, Milano, 2008, 205.

94 Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 583 s.; Galgano, Il nuovo diritto societario, cit., 203; Petrazzini, sub artt. 2364-2364 bis, in Il nuovo diritto societario, cit., 474; categorico Portale, Rapporti tra assemblea e organo gestorio nei sistemi di ammi-nistrazione, cit., 26: la negazione dell’autorizzazione «corrisponde, in realtà, ad un Vetore-cht (come dicono gli scrittori svizzeri e tedeschi) che comporta una penetrante ingerenza in senso ostativo al potere gestorio dell’organo amministrativo: (…) la negazione equivale ad un divieto».

95 Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 587; Petrazzini, sub artt. 2364-2364 bis, in Il nuovo diritto societario, cit.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 33141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 33 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

34 Parte Prima – Assemblea

debbano essere autorizzati prima di essere posti in esecuzione, ne conse-

gue che l’assemblea abbia il potere di controllarli anche quando ragioni di

urgenza ne abbiano imposto, invece, l’immediata attuazione96. Il controllo,

in tal caso, sarà duplice, poiché avrà ad oggetto sia l’atto in sé, sia la deroga

all’obbligo statutario, che dovrà essere motivato in modo adeguato; ovvia-

mente, il rischio di non veder approvato il proprio comportamento renderà

gli amministratori particolarmente cauti nel deliberare e nell’attuare senza

indugio la decisione presa, senza che ciò possa essere considerato un aggra-

vio ai loro doveri.

In tutti i casi in cui l’autorizzazione sia negata e l’atto venga tuttavia

eseguito, al pari di quelli (appena accennati) di mancata approvazione

o ratifica, la posizione dei terzi che siano stati coinvolti è fatta salva ai

sensi del novellato art.  2384, 2°  co., esclusa soltanto l’ipotesi dell’excep-tio doli. Una diversa soluzione risulterebbe in contrasto non solo con la

Prima Direttiva, che ha imposto regole volte a salvaguardare la certezza

del traffico giuridico e dei rapporti societari, ma anche con l’elaborazione

giurisprudenziale e dottrinale successiva, che ha sempre letto nella neces-

sità dell’assenso assembleare un limite al potere degli amministratori; se

così è – si è detto97 –, le operazioni in questione rientrano inevitabilmente

nell’ambito della disposizione citata, che concerne in modo espresso «le

limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dallo statuto». La

conclusione è che nei rapporti esterni gli atti compiuti restano validi ed

impegnativi, salvo che si provi che i terzi abbiano agito intenzionalmente

a danno della società; ben diversa – come si è già detto – è la prospettiva

nei rapporti interni.

Un recente intervento giurisprudenziale98 consente ulteriori considera-

zioni sulla norma, in una visuale in qualche misura diversa.

96 Come forse si potrebbe dedurre anche da Meloncelli, sub art. 2364, in Comm. San-dulli, Santoro cit., 255, nt. 7, ove si nega la possibilità di ratifica da parte dell’assemblea, ma con espresso riferimento ad un atto estraneo all’oggetto sociale posto in essere dagli amministratori (e si dà conto delle posizioni espresse in giurisprudenza al riguardo).

97 Sarale, Il nuovo volto dell’assemblea sociale, cit., 167, ove anche si commenta che tutto ciò avviene «con buona pace di chi ha creduto che la scelta di partecipare al rischio d’impresa, sottoscrivendo azioni e subordinando così il suo investimento alle istanze dei creditori e dei meri finanziatori, potesse assicurargli qualche prerogativa in più, almeno al livello di partecipazione ai processi decisionali in ordine alle scelte più rilevanti».

98 Trib. Milano, 19.9.2007, in Giur. it., 2008, 371, con nota di Spiotta.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 34141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 34 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 35

Nella fattispecie decisa dal Tribunale, si discuteva della validità di una

clausola statutaria che imponeva di demandare all’assemblea le decisioni

non approvate all’unanimità dai consiglieri in carica: dunque, ogniqualvolta

il consiglio di amministrazione si fosse espresso in un certo senso, ma senza

raggiungere l’unanimità dei consensi, la palla sarebbe passata all’assemblea

per l’“autorizzazione”. Il Tribunale ha ritenuto il patto perfettamente legit-

timo, trattandosi «comunque di una competenza decisionale che per sta-

tuto è ripartita tra organo amministrativo e assembleare, sulla scorta della

facoltà indicata nell’art.  2364.5 c.c.»; nel caso, la competenza dell’assem-

blea non sostituiva quella del consiglio, la cui deliberazione era pur sempre

destinata a rimanere sua propria, quale unico responsabile nonostante il

placet assembleare, semplicemente volto, quest’ultimo, ad introdurre una

garanzia di vaglio ulteriore di una decisione consiliare. La sentenza – si è

osservato nella nota che l’accompagna – ha (anche) risolto il problema,

dibattuto in dottrina, della legittimità di una clausola che impone il voto

unanime dei componenti il consiglio di amministrazione per l’approva-

zione di una delibera99 (che, nella specie, concerneva un piano industriale),

utilizzando però il possibile intervento dell’assemblea e così evitando di

prendere posizione sull’aspetto più discutibile della questione, il vulnus al

principio maggioritario.

Il percorso logico seguito potrebbe rivelare una qualche forzatura del

riparto di competenze tra i due organi, riparto che la riforma ha fissato in

modo ben più netto di prima, in quanto nella fattispecie decisa l’ “autoriz-

zazione” parrebbe non già espressione della volontà non vincolante dei

soci, bensì condizione al cui verificarsi la decisione consiliare acquisterebbe

senz’altro efficacia, sì da dover essere eseguita. In sostanza a dire l’ultima

parola sarebbe l’assemblea, travalicando la semplice funzione autorizza-

tiva, dunque non definitiva, che il codice le assegna. L’obbiezione, tuttavia,

potrebbe essere ritenuta eccessivamente formalistica: si potrebbe dire, cioè,

99 Lasciando ad altra parte dell’opera la più analitica disamina della questione, basti qui ricordare che parte della dottrina ritiene inammissibili clausole di tal genere,che potreb-bero paralizzare l’attività della società e risulterebbero contrarie al principio maggiorita-rio: cosí Bianchi, Gli amministratori di società di capitali, Padova, 2006, 560; Ventoruzzo, sub art. 2388, in Ghezzi (a cura di), Amministratori. Artt. 2380-2396 c.c., in Comm. Mar-chetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2005, 306. Un’opinione parzialmente permissiva per i quorum deliberativi all’unanimità è espressa da Sanfilippo, Funzione amministrativa e autonomia statutaria nelle società per azioni, Torino, 2000, 193 ss.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 35141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 35 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

36 Parte Prima – Assemblea

che, di fronte alla delibera assunta dal consiglio di amministrazione a mag-

gioranza, l’intervento successivo dei soci rimuove semplicemente un osta-

colo alla perfezione dell’atto, realizzando una pura e semplice inversione

nell’ordine temporale indicato dal codice (prima l’autorizzazione, poi la

delibera). La situazione, oltre tutto, è ben diversa – nel senso di meno diver-

gente dalle regole – da quella, esaminata poco sopra, dell’assenso assem-

bleare successivo allo stesso compimento dell’atto deciso dal consiglio di

amministrazione, che si è ritenuto legittimo (e doveroso). D’altra parte, in

dottrina si è anche affermato che il modello codicistico non pare escludere

che l’operazione sia approvata in tutti i suoi aspetti dall’organo ammini-

strativo e venga nel contempo espressamente subordinata alla sola auto-

rizzazione assembleare, «senza necessità di ulteriori passaggi in consiglio di

amministrazione» e con immediato potere-dovere di esecuzione da parte

dei titolari del potere rappresentativo, una volta autorizzata100.

4.2.2. Le decisioni “d’interesse primordiale” per i soci. Le competenze

“implicite” dell’assemblea.

L’aver esaminato il tenore del previgente art.  2364, 1°  co., n.  4 e

dell’attuale art.  2364, 1°  co., n. 5 consente ora di dedicare qualche cenno

alla tesi, espressa in dottrina già prima della riforma ma priva – per quanto

risulta – di riscontri giurisprudenziali, secondo cui, indipendentemente da

ogni espressa previsione statutaria, l’assemblea dovrebbe essere chiamata

a pronunciarsi ogni qual volta gli amministratori si trovino di fronte a deci-

sioni definite “d’interesse primordiale”, perché suscettibili d’incidere sulle

caratteristiche strutturali, dunque essenziali, dell’impresa; impostazione cui

è possibile accostare quella che individua nell’organo ipotesi di competenza

“implicita”101.

Si sosteneva che l’interpretazione della norma in vigore prima del d.lgs.

17.1.2003, n. 6 – secondo la quale la facoltà degli amministratori di sottoporre

all’assemblea oggetti attinenti alla gestione della società non poteva tradursi

in un loro dovere – dovesse cedere di fronte a decisioni che, pur ricadendo

formalmente nella categoria degli atti di gestione, incidessero gravemente su

100 Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 588 e s.

101 Per una più ampia trattazione, Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 592 ss.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 36141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 36 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 37

interessi e situazioni giuridiche riferibili alla collettività dei soci, in quanto

volte ad alterare radicalmente la struttura patrimoniale ed organizzativa della

società o ad esporne il patrimonio a rischi atipici o difformi da quelli assunti

in origine; cosicché il comportamento degli amministratori che avessero

adottato le relative decisioni in totale autonomia, senza consultare l’assem-

blea, non avrebbe potuto trovare giustificazione102. «Potrebbero gli ammini-

stratori – ci si chiedeva103 – alienare l’unico stabilimento sociale, sia pure per

acquistarne un altro, senza l’autorizzazione dell’assemblea? Potrebbero, se

la società ha un oggetto composito, dimettere un’attività ed intraprenderne

un’altra?»104. Nel dare risposta negativa, si concludeva che, se era vero che la

competenza esclusiva dei gestori poteva non avere limiti formali (in assenza,

cioè, di deroghe dell’atto costitutivo), era altrettanto vero che essa ne incon-

trava uno sostanziale, non predefinibile in astratto, consistente «nel fatto che

ad essi è demandata la gestione non di un’impresa, ma della specifica impresa

di cui la società è titolare, onde essi non possono intaccarne l’identità sostan-

ziale ed i caratteri essenziali». Il fondamento giuridico della tesi era indivi-

duato nel previgente art. 2364, n. 4: non si trattava di una sorta di competenza

“naturale” dell’assemblea di fronte a certe decisioni, bensì dell’implicita esi-

stenza di una regola di comportamento in capo agli amministratori, tale da

far ritenere doverosa sul piano dei loro doveri la rimessione della decisione

ai soci, interpretando in termini di “obbligo” quella che la legge prevedeva

come semplice “facoltà”. Come conseguenza, essi sarebbero stati al riparo da

un’eventuale azione di responsabilità; non, però, quando il comportamento

102 Situazione destinata a verificarsi più facilmente nelle imprese medio-piccole, meno in quelle di grandi dimensioni.

103 Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1992, 423 s.; la tesi era propugnata anche da Calandra Buonaura, Gestione dell’impresa e competenze dell’assemblea nella società per azioni, Milano, 1985, 129 ss.; Id., Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, in Tratt. Colombo, Portale, IV, Torino, 1991, 116; Abbadessa, L’assemblea: competenza, cit., 20.

104 Altre ipotesi, ricordate da Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 594, sono il conferimento dell’intera azienda o di sue parti essenziali in altra società; la cessione dell’intera azienda, se finalizzata alla messa “in sonno” della società od alla liquidazione del patrimonio sociale; la dismissione del controllo delle società operative che rappresentino la totalità o quasi del patrimonio sociale; le operazioni d’investimento delle disponibilità societarie in iniziative atipiche; il radicale e brusco abbandono di mer-cati consolidati.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 37141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 37 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

38 Parte Prima – Assemblea

tenuto, benché approvato preventivamente dai soci, si fosse tradotto in abusi

e distrazioni, come ha puntualmente deciso la Corte di appello di Milano105.

La riforma del diritto societario ha abrogato la disposizione in parola,

cosicché la teoria delle «decisioni d’interesse primordiale» si è vista privata

del suo asserito, specifico fondamento normativo. Tuttavia, se è vero che,

nonostante la nuova disciplina, nulla può impedire agli amministratori di

sottoporre comunque all’assemblea operazioni per le quali lo statuto non

ne imponga la preventiva autorizzazione (ma con il più blando risultato

di raccogliere solo opinioni non vincolanti)106, sarebbe allora la necessaria

osservanza dei principi di correttezza e buona fede – si è sottolineato107 – a

rendere “imprescindibile” il mantenimento di un dovere formale di raccordo,

solo così potendo essere garantito il rispetto delle posizioni d’interesse che

si appuntano naturalmente sui soci, destinatari ultimi dei risultati gestionali.

Non ne sortirebbe, si badi, un’autorizzazione o un suo dirimente diniego, ma

l’assemblea avrebbe comunque modo di esprimere i propri convincimenti.

Una certa qual fragilità della tesi appena esposta, unita ai limiti intrin-

seci alla pronuncia dei soci, ha dato impulso ad un’impostazione più radi-

cale, che individua competenze legali implicite proprie dell’assemblea.

Essa muove da alcune norme (artt. 2361, 2° co., 2446, 1° co., e 2409, 4° co.)

che, nel riconoscere più o meno espressamente un sua competenza gestio-

nale in fattispecie di particolare importanza, dovrebbero essere intese non

come eccezionali ma, al contrario, quali espressioni di un principio generale

o, almeno, essere suscettibili di applicazione analogica in casi simili108.

L’art. 2361, 2° co., riserva all’assemblea, escludendo gli amministratori,

l’assunzione di partecipazioni in altre imprese tale da determinare una

105 App. Milano, 20.1.1998, in Giur. it., 1998, 1431: pur in presenza del divieto di venire contra factum proprium, il principio che ne risulta espresso non è applicabile quando il factum proprium sia un atto invalido (Abbadessa, L’assemblea: competenza, cit., 39).

106 V., in proposito, il § 4.2. di questo capitolo.

107 Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 597.

108 Angelici, La riforma delle società di capitali. Lezioni di diritto commerciale, Padova, 2003, 93 ss.; Portale, Rapporti tra assemblea e organo gestorio nei sistemi di amministra-zione, in Abbadessa, Portale (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum G.F. Campobasso, Torino, 2006, 27 ss.; Calandra Buonaura, I modelli di amministrazione e controllo nella riforma del diritto societario, in Giur. comm., 2003, I, 543; Cerrato, Le deleghe di competenze assembleari nelle società per azioni, Milano, 2009, 157 ss. Ed anche le considerazioni di Lener, Tucci, Società per azioni. L’assemblea, cit., 37 ss.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 38141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 38 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 39

responsabilità illimitata per le loro obbligazioni; l’art. 2446, 1° co., statuisce

l’obbligo della convocazione, «per gli opportuni provvedimenti», quando

consta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite;

e l’art. 2409, 4° co., prevede la facoltà di sostituire amministratori e sindaci

quando sia stata presentata denunzia per il sospetto di gravi irregolarità e

si voglia evitare il rischio dell’ispezione giudiziale109. Emergerebbe, dunque,

una competenza gestoria non scritta, e tuttavia presente in ogni operazione

in grado d’incidere in profondità sulla struttura organizzativa dell’impresa,

o tale da presentare un rischio non controllabile o potenzialmente suscetti-

bile di esporre a perdite pressoché l’intero patrimonio sociale.

Si è tuttavia obbiettato che le norme in questione hanno tutte una por-

tata circoscritta e, soprattutto, contemplano fattispecie caratterizzate da

elementi certi e ben definiti sul piano formale, sicché predicare una loro

valenza sintomatica del principio generale indicato significherebbe ricono-

scere in capo all’assemblea un ruolo che mai è stato ipotizzato, neanche

dalle posizioni dottrinali anteriori la riforma più sensibili alle esigenze di

coinvolgimento decisionale dei soci110.

Può forse essere utile osservare, a ulteriore conforto, che solo una speci-

fica disposizione di legge, integrativa dell’art. 2409 terdecies111, ha attribuito

al consiglio di sorveglianza, nell’ambito del sistema dualistico, la compe-

tenza, purché prevista dallo statuto, di deliberare in ordine alle “operazioni

strategiche” (assimilabili, tutto sommato, alle decisioni “d’interesse pri-

mordiale”) ed ai piani, industriali e finanziari predisposti dal consiglio di

gestione (anch’essi, talora, di decisiva importanza per la società, con le ine-

vitabili conseguenze per i soci), ferma restando in ogni caso la responsabi-

lità di questo per gli atti compiuti (formula che riprende, alla lettera, quella

presente nell’art. 2364, 5° co.). Che al consiglio di sorveglianza (il quale, non

va dimenticato, è espressione dell’assemblea) potessero essere riconosciuti

anche interventi di “alta amministrazione”, era stato sostenuto anche prima

dell’integrazione in sede di “correttivi”, ma solo un espresso intervento del

109 Sono gli organi rinnovati ad eliminare le violazioni, se esistenti: dunque, in questo caso l’intervento dei soci sulla gestione si rivela, a tutto concedere, indiretto.

110 Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 600 ss.

111 Si tratta della norma di cui alla lett. f bis, introdotta dall’art. 5, d.lgs. 6.2.2004, n. 37 (“Correttivo riforma delle società”), poi modificata dall’art. 14, d.lgs. 28.12.2004, n. 310 (“Nuovo correttivo riforma società”).

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 39141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 39 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

40 Parte Prima – Assemblea

legislatore ha consentito di ritenerli sicuramente ammissibili; il che non è

invece avvenuto a proposito delle deliberazioni “d’interesse primordiale”,

nonostante la contiguità concettuale. Anche queste ultime considerazioni

paiono confermare come il sistema delineato dal legislatore non presenti

alcuna lacuna in tema di competenza nella gestione e non necessiti, dunque,

di essere completato con l’ausilio d’ipotesi implicite. Sì da poter ribadire la

convinzione che, in ultima analisi, la riforma si sia mossa nel senso del depo-

tenziamento delle funzioni dell’assemblea.

4.3. L’approvazione dell’eventuale regolamento dei lavori assembleari.

Rappresenta una novità della riforma anche la disposizione contenuta

nel n. 6 dell’art. 2364, 1° co., il quale affida all’assemblea ordinaria il com-

pito di approvare l’eventuale regolamento dei lavori assembleari. Novità

normativa, però, trattandosi di una prassi non ignota sotto il vigore della

previgente disciplina, soprattutto presso alcune grandi società quotate e non

a caso da tempo raccomandata dal codice di autodisciplina approvato da

Borsa s.p.a. Nella versione oggi vigente112, il codice, trattando (artt. 9.P.1 e

9.P.2) dei rapporti con gli azionisti con lo scopo di favorirne la partecipazione

alle assemblee, rendere agevole l’esercizio dei loro diritti e la comprensione

dei loro ruoli, ribadisce il suggerimento (art. 9.C.3) che il consiglio di ammi-

nistrazione proponga all’approvazione dell’assemblea un regolamento che

ne disciplini l’ordinato e funzionale svolgimento in sede sia ordinaria che

straordinaria, garantendo il diritto di ciascun socio di prendere la parola

sugli argomenti posti in discussione113. Specifica inoltre che vi potranno

essere precisati, tra l’altro, «la durata massima dei singoli interventi, il loro

ordine, (…) le modalità di votazione, gli interventi degli amministratori e

dei sindaci, nonché i poteri del presidente anche per comporre o impedire il

verificarsi di situazioni di conflitto all’interno dell’assemblea».

In ogni caso, già prima dell’entrata in vigore della riforma nulla impe-

diva alle società per azioni di diritto comune di dotarsi di un regolamento.

112 Ci si riferisce all’ultima edizione del codice, del marzo 2006, modificata nel marzo 2010 ed aggiornata nel dicembre 2011.

113 Per favorire l’applicazione del suggerimento, Assonime ed Abi hanno predisposto uno schema di regolamento al fine di fornire una traccia utilizzabile dalle società tutte, anche non quotate.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 40141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 40 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 41

Si tratta di una facoltà di cui esiste traccia anche nella giurisprudenza di

legittimità, allorché, con riferimento all’art. 2518 nel testo anteriore al d.lgs.

n. 6/2003, si è deciso che, sebbene lo statuto delle società di capitali rechi

le norme relative al funzionamento della società e formi parte integrante

dell’atto costitutivo, non per questo possono ritenersi in contrasto con la

disciplina statutaria disposizioni organizzative interne che l’ente si sia dato,

purché non confliggenti con norme di legge o pattizie114.

All’epoca, nell’interrogarsi sulla natura e sull’efficacia del regolamen-

to115, la dottrina distingueva a seconda che esso fosse stato approvato

dall’assemblea straordinaria o da quella ordinaria.

Nel primo caso esso sarebbe assurto, ad avviso di alcuni, al rango di norma

statutaria, con la conseguenza, tra l’altro, di rendere potenzialmente illegit-

time tutte le deliberazioni assembleari che si fossero discostate dalle sue

disposizioni116; questa tesi era però contrastata da chi sosteneva che la pecu-

liare identità dell’atto in questione portava ad escludere che un simile rango

potesse essergli attribuito per effetto della sua semplice adozione ad opera

dell’assemblea straordinaria117. Ed in proposito è possibile osservare che la

soluzione si sarebbe potuta e dovuta trovare, forse, nella volontà espressa dai

soci, nell’averlo cioè deliberato quale parte integrante o meno dello statuto.

Nel secondo caso, il regolamento era dotato di una maggiore “elasti-

cità”, sia per la possibilità di modificarlo più agevolmente od anche di

discostarsene occasionalmente (essendo a tal fine sufficiente una delibe-

razione adottata a maggioranza, preceduta però da una specifica indica-

zione nell’ordine del giorno), sia per le conseguenze di una sua eventuale

violazione che, concernendo norme procedimentali interne, non avrebbe

potuto dar luogo a illegittimità della delibera118.

114 Cass. civ., 26.6.2007, n. 14791, in Giust. civ., 2008, I, 2923.

115 In argomento Marchetti, In tema di funzionamento dell’assemblea: problemi e pro-spettive, in Riv. società, 2001, 126 ss.

116 Petrazzini, sub artt.  2364-2364 bis, in Il nuovo diritto societario, cit., 476; ed anche Rescio, L’assemblea nel progetto di riforma delle società di capitali, in Verso il nuovo diritto societario. Dubbi ed attese, in Atti del Convegno, Firenze, 16.11.2002, in www.associazionepreite.it.

117 Di Amato, in Lo Cascio (a cura di), La riforma del diritto societario. Società per azioni. Azioni, società collegate e controllate, assemblee (artt. 236-2379 ter c.c.), Milano, 2003, 275.

118 Così Petrazzini, sub artt. 2364-2364 bis, in Il nuovo diritto societario, cit., 476; ed in precedenza, sull’argomento, Serra, L’assemblea: procedimento. Costituzione e svolgimento dell’assemblea, in Tratt. Colombo, Portale, III, 1, Torino, 1994, 148, nt. 52.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 41141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 41 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

42 Parte Prima – Assemblea

Quello delle conseguenze scaturenti dalla violazione del regolamento

è, in realtà, un problema tuttora aperto (su cui si tornerà subito dopo) di

fronte alla scelta del legislatore della riforma di affidare all’assemblea ordi-

naria l’adozione, eventuale, del regolamento stesso quale «norma interna»,

espressione del potere di autorganizzazione che è tipico di ogni organo

collegiale. Il che comporta l’inesistenza di una forma di pubblicità legale

dell’atto, in quanto per le società quotate la trasparenza viene garantita

dalle istruzioni Consob sulle comunicazioni da dare al pubblico ai sensi

dell’art. 114 t.u.f., laddove per le non quotate essa resta affidata al principio

di buona fede, che obbliga la società ad assicurarne la conoscibilità con

mezzi idonei119.

La lettera della legge parrebbe non escludere, però, una soluzione più

rigorosa, ancora indipendentemente dal sistema di governance adottato, e

cioè che la volontà delle parti, nel costituire la società, possa demandare

allo statuto e alle successive deliberazioni dell’assemblea straordinaria che

eventualmente lo modifichino, la definizione e la conseguente pubblicità

delle regole procedimentali. Oppure che esse siano adottate successiva-

mente, ma quali parti integranti o meno dello statuto, dall’assemblea straor-

dinaria, con le medesime conseguenze quanto a pubblicità e modificabilità.

Né potrebbe escludersi una soluzione intermedia, nella quale l’obbligo di

dotarsi di un regolamento sia sancito dallo statuto, ma la sua approvazione

sia demandata all’assemblea ordinaria120.

Vi è dunque, di fondo, un problema di rapporto tra regolamento e sta-

tuto: che non va tuttavia assimilato alla (e condizionato dalla) individua-

zione dell’organo destinato ad adottarlo e modificarlo, cioè l’assemblea

straordinaria anziché l’ordinaria.

In una visuale che tendenzialmente abbraccia ogni possibile ipotesi,

ancora in dottrina si è rilevato121 che appare determinante “dove” le regole di

funzionamento dell’organo deliberativo vengano collocate per decisione dei

soci. Essi, in fase di costituzione o di modifica statutaria, possono disciplinare

l’intero svolgimento dei lavori assembleari in quella sede (direttamente od

attraverso il rinvio ad un atto, allegato però allo statuto per formarne parte

119 Di Amato, in Lo Cascio (a cura di), La riforma del diritto societario, cit., 276.

120 Carbonetti, Il regolamento di assemblea, in Riv. società, 2001, 157, con cui concorda Petrazzini, sub artt. 2364-2364 bis, in Il nuovo diritto societario, cit., 476.

121 Montagnani, sub artt. 2364-2364/II, in Comm. Niccolini, Stagno d’Alcontres, cit., 459.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 42141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 42 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 43

integrante, dunque soggetto alla stessa disciplina), oppure graduare l’impor-

tanza di quelle regole, inserendole parte nello statuto e parte in un regola-

mento formalmente separato, queste ultime da approvarsi e modificarsi in

sede ordinaria. I soci potrebbero certo optare, anche in quest’ultimo caso, per

tutte od alcune delle formalità dell’assemblea straordinaria, ma ciò non attri-

buirebbe al regolamento natura statutaria, né comporterebbe l’applicazione

dell’art. 2436. Unica procedura che parrebbe non ammissibile sarebbe quella

che ne rimettesse la predisposizione agli amministratori, secondo una prassi

ritenuta legittima prima della riforma, ma ora non prevista da un impianto

normativo che pure consente di delegare competenze ben più delicate.

La stessa dottrina si è anche interrogata sulla possibilità che trovino col-

locazione nel regolamento (e non solo conferma ai meri fini di completezza

dell’articolato, come spesso accade) quelle “porzioni” di disciplina procedi-

mentale che il legislatore rimette allo statuto: come l’indicazione del presi-

dente dell’assemblea (art. 2371, 1° co.) o delle formalità che legittimano ad

intervenire alla riunione l’azionista dotato del diritto di voto (art. 2370). Ma

la risposta è stata negativa: ed è proprio la collocazione, con le conseguenze

in termini di pubblicità che ne derivano, a convincere in tal senso122.

Si è fatto cenno poco sopra alle conseguenze che scaturiscono dalla viola-

zione delle norme regolamentari, rilevando che, nonostante l’indicazione del

legislatore, la società non sembra avere vincoli nel decidere le modalità con-

cernenti la sua adozione e, quindi, indirettamente, la valenza delle disposizioni

che lo compongono. Il problema di quale sia la sorte di una deliberazione

assunta violandone le regole si ripresenta, dunque, nel suo spettro più ampio.

Muovendo dall’attribuzione all’assemblea ordinaria della competenza

sul punto, non è parsa dubbia123, pur nel silenzio della legge, l’irrilevanza

di un’eventuale inosservanza del regolamento sotto il profilo della validità

122 Spagnuolo, sub art. 2371, in Comm. Sandulli, Santoro, cit., 315, esclude espressa-mente la legittimità della designazione del presidente espressa nel regolamento adottato dall’assemblea ordinaria. Soluzione che, all’evidenza, lascia aperta l’eventualità che essa avvenga in un regolamento che l’assemblea straordinaria configuri quale parte integrante dello statuto.

123 Abbadessa, L’assemblea nella s.p.a.: competenza e procedimento nella legge di riforma, in Giur. comm., supplemento al n. 3/2004, Contributo alla riforma delle società di capitali, 545. Conforme Pasquariello, sub artt. 2364-2366, in Maffei Alberti (a cura di), cit., 444. Si riferisce al concetto di autoregolamentazione interna dell’organo anche Rescio, Assemblea dei soci e patti parasociali, in AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2006, 183, nel qualificare l’intervento dell’assemblea ordinaria.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 43141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 43 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

44 Parte Prima – Assemblea

delle deliberazioni, trattandosi di una disciplina interna di carattere substa-

tutario. La soluzione, già certa per il diritto vigente prima della riforma, lo

sarebbe a maggior ragione nel nuovo sistema, che è ispirato al contenimento

delle sanzioni invalidative, anche se in taluni casi la violazione potrebbe

assumere rilievo sotto il diverso profilo della contrarietà a correttezza e

buona fede, sì da condurre all’annullabilità della deliberazione per abuso

del diritto ed all’insorgere di una tutela risarcitoria. Al contrario, quando le

norme regolamentari abbiano rango statutario, la loro violazione determina

fatalmente l’applicabilità dell’art. 2377.

Curiosamente – si è osservato124 – la facoltà contemplata dall’art. 2364

non è riprodotta nell’art. 2364 bis, quasi che nelle società che scelgono il

modello dualistico (che potrebbe invece risultare appetibile soprattutto

quando vi sia un azionariato diffuso) il regolamento assembleare non possa

essere adottato. Una simile soluzione, basata semplicemente sulla lettera

della legge o, meglio, sul silenzio del legislatore, sarebbe però palesemente

illogica e non può essere condivisa. Pure le società dotate di consiglio di sor-

veglianza, dunque, possono adottare un regolamento assembleare, anch’esse

con deliberazione dell’assemblea ordinaria o straordinaria, con le diverse

conseguenze in tema di modificabilità o possibilità di disattenderne il con-

tenuto appena viste per le società che ne sono prive125.

5. Le competenze dell’assemblea ordinaria nelle società dotate di consi-

glio di sorveglianza.

Le regole dettate nei paragrafi che precedono trovano applicazione nel

sistema tradizionale e nel monistico; ma non per le società che adottano il

sistema dualistico, nelle quali l’art. 2409 terdecies devolve alcune competenze

altrimenti appartenenti all’assemblea ordinaria al consiglio di sorveglianza,

che si frappone, per un verso, con funzione di collegamento e, per l’altro, di

diaframma tra l’assemblea e il consiglio di gestione: l’assemblea ha il potere

di nominare i componenti del consiglio di sorveglianza che, a sua volta, desi-

gna i membri del consiglio di gestione (fatta eccezione per i primi, individuati

nell’atto costitutivo). Il consiglio di sorveglianza esercita non solo il controllo

124 Sarale, Il nuovo diritto societario, cit., 165.

125 Petrazzini, sub artt. 2364-2364 bis, in Il nuovo diritto societario, cit., 476.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 44141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 44 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 45

di legalità sostanziale e di corretta amministrazione, tipico del collegio sin-

dacale, ma anche quello di merito, che si esprime, appunto, nella scelta dei

gestori e nella verifica dei loro risultati (tramite l’approvazione del bilancio,

la revoca e l’esercizio dell’azione di responsabilità); lo statuto può ulterior-

mente incrementarne le funzioni sino a coinvolgerlo nella c.d. alta ammini-

strazione, prevedendo (art. 2409 terdecies, 1° co., lett. f bis) che esso deliberi

anche «in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari

della società predisposti dal consiglio di gestione»126.

È dunque facile constatare un vero e proprio “dimagrimento” delle attri-

buzioni dell’organo assembleare delineate dall’art. 2364 bis127, poiché esse si

riducono alla già ricordata nomina dei consiglieri di sorveglianza, alla loro

revoca, alla determinazione del loro compenso (quando non sia stabilito

nello statuto) e alla proposizione dell’azione di responsabilità; ad esse si

aggiungono la delibera sulla distribuzione degli utili, prerogativa che il legi-

slatore ha comunque mantenuto in suo capo, e la nomina del soggetto inca-

ricato di effettuare la revisione legale dei conti.

L’analisi del sistema dualistico esorbita dal presente lavoro; tuttavia non

è possibile prescindere da alcune pur rapide osservazioni su quanto si è

appena esposto.

Occorre allora precisare subito che l’elencazione contenuta nell’art.

2364 bis (terra nondum cognita nei repertori giurisprudenziali) non può

ritenersi esaustiva e va dunque integrata indagando tra le norme del codice

civile, nel costante confronto con l’art. 2409 terdecies, che individua le attri-

buzioni del consiglio di sorveglianza; avendo chiaro, nel contempo, che né

l’art. 2364 bis, né l’art. 2409 terdecies contengono una disposizione “di chiu-

sura” che chiarisca la sorte di tutte quelle competenze che, assegnate dal

codice all’assemblea, non sono però richiamate né dall’uno né dall’altro.

Ma andiamo con ordine, cominciando dalle attribuzioni espressamente

indicate qua e là128.

126 La lett. f bis è stata introdotta dall’art. 5, d.lgs. 6.2.2004, n. 37 (“Correttivo riforma delle società”), quindi modificata nel testo attuale dall’art.  14, d.lgs. 28.12.2004, n.  310 (“Nuovo correttivo riforma società”).

127 Ne dà conto la Relazione, nel § 5: «Si è ristretta la competenza dell’assemblea ordina-ria nelle società che optino per il sistema dualistico, interponendo fra assemblea e organo amministrativo un consiglio di sorveglianza (art. 4, 8° comma, lett. d, della legge delega)».

128 Petrazzini, sub artt. 2364-2364 bis, in Il nuovo diritto societario, cit., 479 s.; Sarale, Il nuovo diritto societario, cit., 169.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 45141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 45 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

46 Parte Prima – Assemblea

Alcune attengono al soggetto incaricato della revisione legale dei conti:

l’assemblea ordinaria delibera il suo compenso (ora in forza dell’art.  13,

1° co., d.lgs. 23.1.2010, n. 39, che ha sostituito la disposizione in precedenza

contenuta nell’art. 2409 quater, 1° co.), la sua revoca in presenza di giusta

causa, previo parere, non vincolante, dell’organo di controllo (art. 13, 3° co.,

d.lgs. n. 39/2010: si tratta di una decisione che, a differenza del previgente

art.  2409 quater, 3°  co., non è più sottoposta all’approvazione del Tribu-

nale) e l’azione di responsabilità nei suoi confronti (art.  15, 1°  co., d.lgs.

n. 39/2010, essendo stato abrogato l’art. 2409 sexies, 1° co.). Altre compe-

tenze consistono nel determinare il numero dei consiglieri di sorveglianza,

nei limiti fissati dallo statuto (art. 2409 duodecies, 2° co.) e, in concorrenza

con il consiglio di sorveglianza stesso, nel deliberare l’azione di responsa-

bilità a carico dei consiglieri di gestione (art. 2409 decies)129. La “concor-

renza” di cui si è appena detto richiede però una spiegazione: la delibera

dell’azione è sì attribuita al consiglio di sorveglianza dall’art. 2409 terdecies,

ma può tuttavia essere assunta dall’assemblea in quanto l’art. 2409 decies

ribadisce che essa è «promossa dalla società (…) ai sensi dell’art. 2393»130.

129 L’azione del consiglio di sorveglianza avrebbe natura lato sensu surrogatoria rispetto a quella della società ad avviso di Abbadessa, Assemblea, Amministrazione e con-trollo, in Parere dei Componenti del Collegio dei Docenti…, cit., 1478; ed anche Breida, sub art. 2409 decies, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, cit., 1145 s.; tesi contestata da Rufini, sub art. 2409 decies, in Maffei Alberti (a cura di), Il nuovo diritto delle società, cit., 1143 s.

130 È stata ipotizzata la possibilità che il consiglio di sorveglianza deliberi l’esercizio dell’azione e l’assemblea lo neghi, o viceversa (Rescio, L’assemblea nel progetto di riforma delle società di capitali, in Verso il nuovo diritto societario. Dubbi ed attese, Atti del Con-vegno, Firenze, 16.11.2002, in www.associazionepreite.it), rischio ritenuto superabile da una scelta di attribuzione in sede statutaria [Pasquariello, sub artt. 2364-2366, in Maffei Alberti (a cura di), cit., 450], scelta che – va forse aggiunto – parrebbe poter consistere solo nel senso di escludere la competenza del consiglio di sorveglianza, alla luce della disposizione contenuta nel 2°  co. dell’art.  2409 decies: «L’azione di responsabilità può anche essere proposta a seguito di deliberazione del consiglio di sorveglianza». Ma, prima ancora, è la stessa possibilità di compiere una scelta nell’ambito dello statuto a destare perplessità. Nella prospettiva di evitarla, l’ultimo comma dell’art. 2409 decies – nello stabi-lire che la rinuncia all’azione da parte della società, cioè dell’assemblea, o del consiglio di sorveglianza non impedisce l’esercizio delle azioni previste dagli artt. 2393 bis, 2394 e 2394 bis, dunque nell’affermare, implicitamente, un effetto preclusivo all’esercizio dell’azione sociale a seguito della conforme decisione assunta da uno solo dei due organi (per quanto concerne il consiglio di sorveglianza, nel rispetto delle condizioni poste dall’art.  2409 decies, 4° co.) – potrebbe forse esprimere un principio generale, applicabile anche quando uno di essi, autonomamente, decida di promuoverla; cosicché all’altro non sarebbe con-

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 46141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 46 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 47

Analogamente l’assemblea dovrebbe condividere con il consiglio di sorve-

glianza l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei liquidatori,

che in base all’art. 2489 è «disciplinata secondo le norme in tema di respon-

sabilità degli amministratori».

Ancora, se lo statuto lo prevede (la facoltà è dunque lasciata all’auto-

nomia privata), è riconosciuta all’assemblea l’approvazione del bilancio (in

deroga a quanto stabilito dall’art. 2409, 1° co., lett. b) qualora non vi prov-

veda il consiglio di gestione, oppure quando essa sia richiesta da almeno un

terzo dei componenti del consiglio di gestione o di sorveglianza (art. 2409

terdecies, 2° co.).

Per quanto concerne la determinazione del compenso dei consiglieri di

gestione, la relativa competenza è di regola attribuita al consiglio di sorve-

glianza, ai sensi dell’art. 2409 terdecies, 1° co., lett. a), salvo, anche qui, che lo

statuto ritenga legittimata l’assemblea.

A questo proposito in dottrina si è affermato che, pur in mancanza della

riserva statutaria, sia l’assemblea a dover fissare la remunerazione quando

questa sia rappresentata in tutto od in parte da partecipazione agli utili o

dall’attribuzione di opzioni di sottoscrizione di azioni della società131. Una

simile ipotesi parrebbe da escludere in radice, nel senso, cioè, che nel sistema

dualistico i gestori non potrebbero essere compensati secondo tali modalità: a

ciò condurrebbe, in effetti, la lettura dell’art. 2409 undecies, che (a differenza

dell’art.  2409 noviesdecies, dettato per il sistema monistico) non richiama

l’art. 2389 nella sua interezza, dunque anche nel suo 2° co. (che le prevede).

Ma – si è eccepito – ciò sarebbe irragionevole, pur nella condivisa preoccu-

pazione di non lasciare al consiglio di sorveglianza una decisione che influi-

sce sulla destinazione degli utili. Ritenere invece che, nonostante il silenzio

della legge, le società che adottano il modello dualistico possano comunque

compensare i loro gestori sulla base del 2° co. dell’art. 2389 (via che sarebbe

sentito deliberare, nel contempo, di non darvi corso. È ovvio che non ne sarebbe impedita una rinuncia successiva, che potrebbe essere deliberata dall’assemblea o, in alternativa, dal consiglio di sorveglianza, in conformità al disposto dell’art. 2393, 6° co., e – per quanto qui rileva – dell’art. 2409 decies, 4°  co., norma, quest’ultima, che, nel far salva l’opposi-zione della «percentuale di soci indicata nell’ultimo comma dell’art.  2393», pare, a sua volta, strumento idoneo ad evitare posizioni contrastanti, essendo evidente che l’opposi-zione sarebbe inevitabile qualora l’assemblea avesse appena deliberato la proposizione dell’azione o comunque la maggioranza dei soci non condividesse l’idea di abbandonarla.

131 Sarale, Il nuovo diritto societario, cit., 169 s.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 47141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 47 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

48 Parte Prima – Assemblea

altrimenti preclusa), da un lato darebbe risposta positiva ad un’esigenza

ampiamente conosciuta nella prassi e anzi espressamente raccomandata da

Borsa s.p.a. nel codice di autodisciplina delle quotate (ambito nel quale il

modello dualistico ha maggiori possibilità di applicazione) e, dall’altro, par-

rebbe coerente con il considerare il mancato richiamo del comma in que-

stione quale semplice effetto di una troppo affrettata e radicale correzione

apportata al testo dell’art. 2409 undecies, il quale in un primo tempo richia-

mava l’intero art. 2389, determinando così incertezze sulla stessa definizione

della competenza. Se così è – se, in altri termini, anche nel contesto dualistico

gli amministratori possono essere compensati in tutto od in parte con par-

tecipazioni agli utili o con l’attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo

predeterminato azioni di futura emissione – e se, sotto altro profilo, si deve

escludere che una simile decisione possa essere assunta dal consiglio di sor-

veglianza, non resta che concludere nel senso di riconoscere la relativa com-

petenza all’assemblea ordinaria.

Si diceva poco sopra che sia nell’art. 2364 bis che nell’art. 2409 terdecies

manca una norma “di chiusura”. Il dilemma che si pone attiene alla sorte di

tutte quelle competenze che la legge affida all’assemblea ordinaria senza

operare distinzioni tra i possibili modelli di amministrazione; si tratta, in

altri termini, delle delibere «sugli altri oggetti» di cui all’art.  2364, 1°  co.,

n. 5), prima parte, argomento sul quale la disciplina dettata per il modello

dualistico tace completamente.

Al riguardo, assenti indicazioni giurisprudenziali, si è affermato che

dovrebbe riconoscersi in capo al consiglio di sorveglianza una competenza

residuale: l’organo, quindi, accentrerebbe su di sé tutte le attribuzioni che

nel sistema tradizionale spettano all’assemblea ordinaria, salvo quelle ad

essa espressamente attribuite132; o, al più, quest’ultima conserverebbe le

decisioni che impingono sulle regole strutturali dell’organo di sorveglianza

o sulla distribuzione di utili. Altra dottrina133, forse più condivisibilmente,

ha però osservato come dal sistema delineato dal legislatore non possano

trarsi elementi utili a sostenere che nel modello dualistico siano trasferite

al consiglio di sorveglianza attribuzioni ulteriori rispetto a quelle indicate

132 Rescio, L’assemblea nel progetto di riforma delle società di capitali, cit.

133 Petrazzini, sub artt. 2364-2364 bis, in Il nuovo diritto societario, cit., 480; Sarale, Il nuovo diritto societario, cit., 171; Abbadessa, L’assemblea nella s.p.a.: competenza e proce-dimento nella legge di riforma, cit., 547.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 48141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 48 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 49

nell’art. 2409 terdecies, il cui tenore sembrerebbe tassativo: a titolo di esem-

pio, competenze quali «l’autorizzazione all’acquisto di azioni proprie e di

azioni della controllante, al compimento di “acquisti pericolosi”, all’assun-

zione di partecipazioni in altre imprese che comporti una responsabilità

illimitata per le obbligazioni delle medesime» dovrebbero rimanere in

capo all’assemblea ordinaria, non essendovi alcuna contraria disposizione

nell’articolo del codice da ultimo citato; né le menzionate competenze par-

rebbero riferibili al consiglio di sorveglianza per volontà statutaria, posto

che nessun elemento consente di ritenere che le disposizioni ora citate siano

disponibili dalle parti134.

Com’è noto, l’art. 2364, 1° co., n. 5 attiene anche alle autorizzazioni, che

in base allo statuto, siano eventualmente richieste all’assemblea per il com-

pimento di atti degli amministratori, sulle quali pure l’art. 2364 bis tace.

Anche su questo argomento la dottrina è divisa. Per un verso si è sotto-

lineato il tenore della Relazione al d.lgs. n. 37/2004 (cioè il primo decreto

correttivo della riforma, introduttivo della disposizione contenuta nella lett.

f bis dell’art. 2409 terdecies, 1° co.), nella parte in cui afferma essere stata

«riconosciuta, da un lato, al consiglio di sorveglianza una competenza che

anche nel sistema tradizionale può essere attribuita all’assemblea, (…)»:

da questo passaggio si è ritenuta emergere, in modo abbastanza esplicito,

l’applicabilità della riserva autorizzativa a favore dell’assemblea anche al

sistema dualistico, almeno «per il caso di mancata approvazione dei piani»

strategici di cui alla appena citata lett. f bis, «in analogia con quanto è pre-

visto per l’approvazione del bilancio ex art.  2409 terdecies, 2° comma»135.

Si tratterebbe di una soluzione di maggior tutela delle minoranze: infatti,

per quanto il consiglio di sorveglianza costituisca formalmente espressione

dell’intera base sociale, è indiscutibile che esso, almeno nel modello legale,

promani dalla sola maggioranza.

Per altro verso si è rilevato, a ragione, che la riserva statutaria di cui

all’art. 2364, 1° co., n. 5 ha un ambito più vasto rispetto alle operazioni stra-

tegiche e ai piani, potendo riguardare qualunque atto degli amministratori:

134 Anzi, in tema di competenze assembleari, l’autonomia statutaria va semmai nell’opposta direzione a proposito della stessa approvazione del bilancio, come dimostra l’art. 2409 terdecies, 2° co. (Sarale, Il nuovo diritto societario, cit., 172).

135 Portale, Rapporti fra assemblea e organo gestorio nei sistemi di amministrazione, in Abbadessa, Portale (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum G.F. Campobasso, II, Torino, 2007, 28 s.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 49141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 49 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

50 Parte Prima – Assemblea

applicarla al modello dualistico porterebbe a possibili conflitti con la facoltà

concessa dalla lett. f bis. Il silenzio del legislatore, pertanto, dovrebbe essere

interpretato quale volontà di evitare il prodursi di assetti statutari ibridi e

confusi, nei quali possano convivere un potere deliberativo del consiglio

di sorveglianza per determinate operazioni strategiche e un contempora-

neo potere autorizzatorio dell’assemblea per una sfera, almeno in parte

sovrapponibile, di atti amministrativi. In sostanza, escludere la possibilità

di prevedere statutariamente autorizzazioni assembleari per atti dei gestori

significherebbe evitare «il rischio di una confusione di ruoli, di possibili

incertezze in merito all’organo competente a rendere l’autorizzazione qua-

lora l’atto possa rientrare in entrambe le riserve statutarie e perfino della

necessità di una doppia autorizzazione da parte del consiglio di sorveglianza

e dell’assemblea dei soci»136.

L’argomento della tutela delle minoranze rappresenta però – ad avviso

di chi scrive – un dato che non può essere trascurato. E se è vero che esse,

in quanto organizzate, possono anche ottenere che lo statuto preveda una

loro necessaria rappresentanza nel consiglio di sorveglianza, è altrettanto

vero che potrebbe forse riuscire più facile, nel contesto delle trattative per

la costituzione della società, soprattutto quando le minoranze non fossero

strutturate, giungere semmai all’introduzione di entrambe le riserve, ex

art. 2409 terdecies, 1° co., lett. f bis, ed ex art. 2364, 1° co., n. 5, distinguendo

nel modo più preciso l’ambito della seconda, cioè gli specifici atti di gestione

che necessitino dell’autorizzazione assembleare, e stabilendo altresì, con

una norma di chiusura, quale sia l’organo competente a dirimere eventuali

conflitti di competenza, sì da evitare il rischio di una doppia delibera, con

possibili esiti non convergenti. Organo che potrebbe essere, sulla base del

principio di terzietà, il consiglio di gestione, con una scelta di fatto suscetti-

bile di essere sindacata dal solo consiglio di sorveglianza.

In dottrina si è posto anche il problema della legittimità di una clausola

statutaria che, ancora in ossequio al principio di terzietà, assegni all’assem-

blea un ruolo arbitrale in caso di contrasto fra consiglio di gestione e consi-

glio di sorveglianza; contrasto che potrebbe tipicamente prodursi allorché

il secondo si esprimesse negativamente su di un’operazione strategica od

un piano industriale o finanziario predisposto dal primo. Si tratterebbe – si

136 Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 633.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 50141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 50 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 51

è detto137– di un patto che finirebbe per realizzare l’attribuzione all’assem-

blea di una competenza a carattere gestorio; al che si è però obbiettato (con

osservazioni che paiono condivisibili) che, a parte l’eccezionalità dell’inter-

vento, vi troverebbe semmai espressione una logica tutt’altro che estranea

al sistema di organizzazione delle competenze organiche, che si tradurrebbe

in un elemento di equilibrio e di rifinitura del modello in questione, come

tale sicuramente definibile in termini di “meritevolezza”138.

Qualche considerazione ancora a proposito di un’ultima lacuna. L’art.

2364 bis, infatti, non detta disposizioni analoghe a quelle espresse nel n. 6

dell’art. 2364, 1° co. Tuttavia – si veda anche la parte conclusiva del § 4.3. –

la mancata attribuzione del potere di approvare un eventuale regolamento

dei lavori assembleari è stata ritenuta più che altro una mera dimenticanza,

non essendovi ragione apprezzabile, né alcun impatto nella caratterizza-

zione del modello organizzativo, tale da impedire all’assemblea ordinaria di

una società che ha scelto il sistema dualistico di autoregolamentare i propri

lavori139.

6. Le competenze dell’assemblea straordinaria.

Come si è efficacemente osservato in dottrina140, il filo conduttore che

segna la riforma delle competenze dell’assemblea, ordinaria e straordinaria,

è rappresentato dalla volontà del legislatore di ridisegnare i rapporti tra

questa e l’organo gestorio. Finalità peraltro perseguita in modo differente

nei due tipi di assemblea: mentre in relazione alla prima la riforma ha inciso

soprattutto sotto il profilo della responsabilità dell’organo amministrativo

col determinare un rafforzamento dell’autonomia decisionale dei suoi com-

ponenti ed un irrigidimento della divisione dei poteri tra gli organi, per la

seconda è intervenuta direttamente sulle materie tradizionalmente riservate

137 Cariello, Il sistema dualistico. Vincoli tipologici e autonomia statutaria, Milano, 2009, 129.

138 Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 628 ss., e in particolare 630, nt. 192.

139 Ancora Abbadessa, Mirone, L’assemblea. Le competenze, cit., 632.

140 Petrazzini, sub art. 2365, in Il nuovo diritto societario, cit., 483 ss.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 51141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 51 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

52 Parte Prima – Assemblea

ai soci, consentendo all’autonomia statutaria di ampliare l’area d’intervento

dei gestori con riferimento alle modifiche dello statuto.

L’art.  2365, nel testo precedente la riforma, aveva una formulazione

quanto mai sintetica: esso attribuiva all’assemblea straordinaria il potere di

deliberare sulle modificazioni dell’atto costitutivo (dunque su tutte, come

pacificamente registrato in giurisprudenza141, con la possibile deroga con-

sentita dall’art. 2443142), sull’emissione delle obbligazioni (salvo il disposto

dell’art. 2420 ter) e sulla nomina e sui poteri dei liquidatori, ai sensi degli

allora vigenti artt. 2450 e 2452.

Ben più articolato è il testo introdotto dal d.lgs. n. 6/2003143. Dopo un

1° co. che in parte ricalca la norma sostituita, il 2°, fermo quanto disposto

dagli artt. 2420 ter e 2443 (che hanno a loro volta subito modifiche), consente

che lo statuto attribuisca alla competenza dell’organo amministrativo o del

consiglio di sorveglianza o del consiglio di gestione – qui stanno le novità –

le deliberazioni concernenti la fusione nei casi previsti dagli artt. 2505 e 2505

bis (incorporazione di società possedute interamente od almeno al 90%),

l’istituzione o la soppressione di sedi secondarie, l’indicazione di quali tra

gli amministratori hanno la rappresentanza della società, la riduzione del

capitale in caso di recesso del socio, gli adeguamenti dello statuto a disposi-

zioni normative e il trasferimento della sede sociale nel territorio nazionale.

Il comma si chiude richiamando «in ogni caso» l’art. 2436, che disciplina il

deposito, l’iscrizione e la pubblicazione delle modificazioni. Così facendo,

il legislatore ha inteso dare attuazione ad un’indicazione contenuta nella

legge delega, secondo cui l’autonomia statutaria avrebbe dovuto poter

«demandare alla competenza dell’organo amministrativo modifiche statu-

tarie attinenti alla struttura gestionale della società», a condizione che esse

non incidessero «sulle posizioni soggettive dei soci» (art.  4, 9°  co., lett. a,

l. n. 366/2001).

141 Cass. civ., 26.11.1998, n. 12012, in Giur. it., 1999, 1436, con nota di Irrera; Id., 27.4.1982, n. 2622, in Rep. Foro It., 1982, voce “Società”, n. 222; Trib. Genova, 1.3.2001, in Foro it., 2001, I, 3000; Id. Napoli, 13.10.1994, in Soc., 1995, 814, con nota di Montesano; Id. Milano, 9.11.1992, in Giur. It., 1993, I, 2, 568, con nota di Ntuk; Id. Torino, 8.6.1990, ivi, 1990, I, 2, 560; Id. Milano, 4.5.1990, ibidem, 555; Id. Ascoli Piceno, 9.1.1990, in Soc., 1990, 523, con nota di Ambrosini; Id. Cassino, 26.6.1989, in Nuovo dir., 1990, 491, con nota di Giannitti; Id. Lucera, 11.1.1989, in Nuova giur. comm., 1989, I, 910, con nota di Antonucci.

142 Ma v. Trib. Padova, 24.11.2005, in Soc., 2007, con nota di Platania.

143 Lener, Tucci, Società per azioni. L’assemblea, cit., 25 ss.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 52141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 52 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 53

L’analisi delle nuove disposizioni rivela ancor più le differenze rispetto

alle precedenti, già quando ci si sofferma (1° co.) sull’espressione «ogni altra

materia attribuita dalla legge alla competenza» dell’assemblea straordinaria

(avendo ben chiaro che il potere di deliberare le modificazioni dello statuto

può subire tutte le compressioni consentite dal 2° co.).

Così è per la revoca dello stato di liquidazione che, ai sensi dell’art. 2487

ter (introdotto dalla riforma del 2003), può essere deliberata dall’assemblea

(necessariamente straordinaria) «in ogni momento», inciso con il quale si è

posto fine alle discussioni nate a proposito alla disponibilità da parte della

maggioranza del diritto alla quota di liquidazione. Un’applicazione della

norma si è avuta con una sentenza del Tribunale di Napoli144, la quale ha

negato, nella fattispecie, l’esistenza dell’abuso di potere che era stato invo-

cato da un socio di minoranza.

Ci si è chiesti, invece, quale assemblea sia competente ad autorizzare

l’esercizio del diritto di opzione spettante alle azioni proprie detenute dalla

società (art. 2537 ter, 2° co.): mancando ogni indicazione, assente anche nella

Relazione, si è ritenuto corretto individuarla nella straordinaria, essendo

ragionevole che l’autorizzazione sia data in occasione della delibera di

aumento di capitale145.

Passando alle leggi speciali, si constata, invece, il venir meno delle com-

petenze in materia fallimentare, per effetto delle modifiche apportate

all’art. 152 del r.d. n. 267/1942, il cui testo anteriore alla riforma imponeva

che proposta e condizioni del concordato fallimentare di una società per

azioni fossero approvate dall’assemblea straordinaria, salvo che tali poteri

fossero stati delegati agli amministratori; laddove, sulla base del testo

vigente la delibera è senz’altro rimessa a questi ultimi. La norma era ed

è richiamata dall’art.  161, 4°  co., a proposito del concordato preventivo:

anche in questo caso, dunque, l’assemblea si è vista esautorata delle sue

prerogative. Per quanto concerne la liquidazione coatta amministrativa, poi,

l’autorità che vigila sulla procedura – recita l’art. 214 l. fall. – su parere del

commissario liquidatore e sentito il comitato di sorveglianza, può autoriz-

zare la presentazione di un concordato, ma quando l’impresa abbia forma

144 Trib. Napoli, 16.6.2006, in Foro it., 2007, I, 2951.

145 Sarale, Il nuovo volto dell’assemblea sociale, in Ambrosini (a cura di), Il nuovo diritto societario. Profili civilistici, processuali, concorsuali, fiscali e penali, Torino, 2005, I, 165.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 53141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 53 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

54 Parte Prima – Assemblea

societaria si osservano le disposizioni dell’art. 152, cosicché l’assemblea è,

ancora una volta, fuori gioco.

Tornando alle “altre materie”, vanno ricordate le disposizioni contenute

nel “nuovo” art. 2349, che attribuiscono all’assemblea la competenza a deli-

berare l’assegnazione di utili, a favore di dipendenti della società o di sue

controllate (1°  co.), mediante l’emissione di speciali categorie di azioni o

(2°  co.) di strumenti finanziari diversi dalle azioni, forniti di diritti patri-

moniali o anche amministrativi, in entrambi i casi con una specifica rego-

lamentazione. L’odierna formulazione ha non soltanto arricchito il testo

previgente (sotto il profilo degli strumenti finanziari, prima non previsti),

ma ha anche reso indiscutibile e inderogabile la competenza dell’assem-

blea straordinaria, codificando una soluzione alla quale si perveniva, in

precedenza, solo in via interpretativa, alla luce dell’allora vigente 2°  co.,

che imponeva l’aumento del capitale sociale in misura corrispondente alle

azioni emesse a favore dei dipendenti.

Può rientrare ora tra le “altre materie”, ma con limiti ben precisi, l’emis-

sione delle obbligazioni che, invece, prima della riforma, era di sua esclusiva

competenza. Infatti l’art.  2410, 1°  co., fissa una regola generale che indi-

vidua negli amministratori (e quindi, nel sistema dualistico, nel consiglio

di gestione) i soggetti legittimati a deliberarla, salva diversa disposizione

di legge o di statuto: nell’ultimo caso è dunque la volontà dei soci a poter

“reintegrare” l’assemblea, in favore della quale residua, tuttavia, una com-

petenza legale primaria (residuale, se confrontata con la previgente disci-

plina), ai sensi dell’art.  2420 bis, che le attribuisce il potere di deliberare

l’emissione di obbligazioni convertibili in azioni, determinando il rapporto

di cambio ed il periodo e le modalità della conversione.

A questa ipotesi la dottrina ha accostato quella concernente obbligazioni

cum warrant in azioni della società stessa, trattandosi pur sempre di una

decisione che impegna ad un eventuale aumento di capitale o a disporre di

azioni proprie146. Non va però dimenticato l’art. 2420 ter, ai sensi del quale

lo statuto può attribuire agli amministratori la facoltà di emettere in una

o più volte obbligazioni convertibili, fino ad un ammontare determinato e

per il periodo massimo di cinque anni dalla data di iscrizione della società

nel registro delle imprese. In tal caso – aggiunge la norma – la delega com-

prende anche quella relativa al corrispondente aumento del capitale sociale.

146 Sarale, Il nuovo diritto societario, cit., 172.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 54141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 54 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 55

La facoltà può essere originaria, scritta, cioè, con la redazione dello statuto,

ovvero effetto di una sua successiva modificazione: nella seconda ipotesi il

periodo quinquennale, che è e rimane invalicabile, decorre dalla data della

deliberazione.

Resta da dire, per concludere il tema “obbligazioni”, che la delega agli

amministratori può avere ad oggetto anche l’emissione delle ordinarie,

qualora per volontà statutaria i soci abbiano inteso conformarsi all’assetto

disciplinare precedente la riforma147.

Su tutte queste ipotesi non consta che la giurisprudenza abbia ancora

avuto occasione di pronunciarsi.

Prima di passare al 2° co. dell’art. 2365, è il caso di ricordare che, come

già accadeva prima della riforma, continuano a sussistere ipotesi nelle quali

la modificazione dello statuto – la relativa competenza di massima appar-

tiene, come si è detto, all’assemblea straordinaria – è affidata ad un sog-

getto diverso. È il caso, ad esempio148, della riduzione di capitale, che può

essere disposta dal Tribunale qualora la società non abbia provveduto ad

alienare le azioni proprie o della controllante, acquistate in violazione dei

limiti di legge (artt.  2357, 4°  co., e 2359 ter, 2°  co.); oppure quando si sia

verificata una perdita superiore al terzo del capitale (non sceso, però, al di

sotto del minimo legale), non riassorbita nell’esercizio successivo, e l’assem-

blea abbia omesso di ridurlo in proporzione alle perdite accertate (art. 2446,

2° co.)149. A quest’ultimo proposito, la riforma ha chiarito che la competenza

per la riduzione appartiene, in deroga all’art. 2365, all’assemblea ordinaria

che approva il bilancio [e, nel sistema dualistico, al consiglio di sorveglianza

(ancora il 2° co. dell’art. 2446)], nei termini, cioè, enunciati dalla Cassazione

in anni recenti, ma in relazione ad una fattispecie verificatasi prima della

riforma150.

Il 2° co. dell’art. 2365 – lo si è già anticipato – consente che, fatto salvo

il disposto dagli artt. 2420 ter e 2443 (modificati a seguito della riforma), lo

147 Una rapida incursione nel campo delle quotate: ai sensi dell’art. 133, d.lgs. n. 58/1998, spetta all’assemblea straordinaria la delibera di esclusione su richiesta dalla negoziazione dei propri strumenti finanziari in un mercato regolamentato nazionale, quando la società ottenga l’ammissione dei propri strumenti finanziari in un altro mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione Europea.

148 Come annota Petrazzini, sub art. 2365, in Il nuovo diritto societario, cit., 485 s.

149 In argomento App. Milano, 23.12.1993, in Gius, 1994, 5, 107.

150 Cass. civ., 8.6.2007, n. 13503, in Foro it., 2008, I, 206.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 55141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 55 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

56 Parte Prima – Assemblea

statuto attribuisca alcune deliberazioni alla competenza dell’organo ammi-

nistrativo o del consiglio di sorveglianza o di gestione.

È immediato chiedersi se l’autonomia statutaria possa ampliare la rosa

delle competenze delegabili.

Occorre aver chiaro, in proposito, che con la norma di cui si sta trattando

il legislatore ha inteso semplificare la vita societaria, affidando un ruolo più

importante agli organi di amministrazione (o di controllo, nel sistema dua-

listico) e, dunque, implicitamente, alla maggioranza: essi vengono a rappre-

sentare il vero e proprio momento propulsivo dell’iniziativa societaria, ben

al di là dello scenario per così dire classico che, forse un po’ ipocritamente,

definiva l’assemblea «organo sovrano», e rivelano semmai una visuale assai

più vicina al considerare la riunione assembleare un puro e semplice peso,

attesi gli inevitabili rapporti tra management e soci di controllo151.

Sulla base di queste considerazioni, la risposta al quesito non può che

essere negativa: la disposizione, in quanto suscettibile di modificare l’equi-

librio delle competenze presente nel modello legale e per le evidenti, possi-

bili ricadute nei confronti dei soci di minoranza, deve ritenersi eccezionale

e l’elencazione in essa contenuta va considerata tassativa, secondo quanto

sostiene la dottrina prevalente152. Anzi, come si vedrà poco più avanti, alcune

facoltà da essa consentite destano già, di per sé sole, non lievi perplessità.

Si deve tuttavia segnalare che una tesi minoritaria, muovendo dal principio

che la delega realizzerebbe una riallocazione temporanea, non definitiva,

non esclusiva e sempre revocabile di competenze deliberative, ne ammette

un uso anche al di fuori delle materie espressamente indicate nell’articolo

in commento, nella prospettiva di un rafforzamento della funzionalità ed

efficienza decisionale, attraverso una riduzione dei costi, dei tempi e delle

formalità altrimenti necessari per il passaggio in assemblea: sarebbe dunque

legittimo ipotizzare fattispecie atipiche153.

Quanto si è appena osservato solleva un ulteriore interrogativo, con-

cernente il possibile perdurare in capo all’assemblea straordinaria di una

151 In argomento Libonati, Assemblea e patti parasociali, in Riv. dir. comm., 2002, I, 468; ed anche Meloncelli sub art. 2363, in Comm. Sandulli, Santoro, cit., 268.

152 Santosuosso, La riforma del diritto societario…, cit., 105; Pasquariello, sub artt. 2364-2366, in Maffei Alberti (a cura di), cit., 451; Petrazzini, sub art. 2365, in Il nuovo diritto societario, cit., 487.

153 Cerrato, Le deleghe di competenze assembleari nelle società per azioni, cit., 86.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 56141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 56 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 57

competenza concorrente sulle materie che fossero statutariamente attri-

buite all’organo amministrativo o al consiglio di sorveglianza o di gestione

ai sensi del 2° co. dell’art. 2365: ammettendo ciò, l’assemblea straordinaria,

pur in mancanza di precisazioni in tal senso, potrebbe legittimamente deci-

dere su di esse, ostandovi soltanto un’espressa disposizione statutaria154. In

questa prospettiva un giudice di merito, nel riferirsi all’art. 2443, ha deciso

che la delibera di aumento del capitale assunta dall’organo amministrativo

in forza della delega prevista dalla norma può essere legittimamente revo-

cata anche dall’assemblea straordinaria della società155. Sembra però pre-

feribile la posizione negativa: non solo perché troppo evidenti sarebbero i

rischi di deliberazioni contraddittorie, ma anche perché, su un piano mera-

mente logico, l’attribuire ad un organo competenze deliberative altrimenti

appartenenti ad un altro sembra, senza necessità di alcuna precisazione al

riguardo, riconoscergli un potere esclusivo di esprimersi in materia: cosicché

solo una successiva modifica dello statuto parrebbe consentire al secondo di

potersene riappropriare156. Se queste considerazioni sono corrette, forse non

sarebbe ipotizzabile neppure una clausola che, nel configurare una compe-

tenza concorrente, si facesse carico di fornire un criterio per dirimere even-

tuali situazioni di conflitto.

Prima di passare all’esame delle singole ipotesi consentite dal legisla-

tore, occorre volgere lo sguardo ancora una volta al modello dualistico: se,

infatti, il riferimento all’“organo amministrativo” è chiaro ed univoco sia

per il sistema tradizionale che per quello monistico, il richiamo, alternativo,

al consiglio di sorveglianza e al consiglio di gestione, riferito appunto al

dualistico, suscita inevitabili perplessità, in quanto i due organi non appa-

iono fungibili, né svolgono funzioni analoghe157. Ma tant’è, il tenore della

154 Oltre all’appena ricordato Cerrato, Le deleghe di competenze assembleari nelle società per azioni, cit., 86, anche Pasquariello, sub artt. 2364-2366, in Maffei Alberti (a cura di), cit., 451; e Maffezzoni, sub art. 2365, in Picciau (a cura di), in Comm. Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2008, 56; ed inoltre la massima n. 47 del Consiglio notarile di Milano, pubblicata in data 19.11.2004.

155 Trib. Padova, 24.11.2005, in Soc., 2007, 325, con nota di Platania, ed in Riv. dir. comm., 2008, II, 83, con nota di Cerrato.

156 Petrazzini, sub art.  2365, in Il nuovo diritto societario, cit., 487, nt. 14; Sarale, Il nuovo diritto societario, cit., 174.

157 Salafia, L’assemblea della società per azioni secondo la recente riforma societaria, in Soc., 2003, 1054, è invece dell’avviso che la disposizione non sia così paradossale, non

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 57141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 57 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

58 Parte Prima – Assemblea

norma è inequivoco e non pare offrire spunti per una (parziale) interpreta-tio abrogans; non resta dunque che «evitare i rischi di appannamento e di

sovrapposizione dei ruoli dei due organi» ed all’uopo gli statuti delle società

che intendono avvalersi in tutto od in parte delle facoltà concesse dal 2° co.

dovranno alternativamente compiere una scelta univoca in favore di uno

solo dei due, oppure stabilire caso per caso quali tra le competenze in que-

stione siano delegate al consiglio di sorveglianza e quali, invece, al consiglio

di gestione158.

Come si è già ricordato, la facoltà concessa dal 2° co. dell’art. 2365 è la

risposta del legislatore ad una spinta di semplificazione, non priva, però, nei

suoi risultati, di risvolti potenzialmente inquietanti per la maggior facilità

che deriva alle maggioranze di sottrarsi al controllo dei soci di minoranza,

né sempre condivisibile all’esame delle singole fattispecie. Ben maggiori,

comunque, sarebbero stati i pericoli se, in aggiunta alle facoltà indicate nella

norma di cui si tratta, fosse stato concesso d’inserire negli statuti clausole

che genericamente permettessero di delegare agli amministratori modifiche

statutarie attinenti alla struttura gestionale, con il solo limite – come posto

dall’art. 4, 9° co., della legge delega – di non incidere sulle posizioni sogget-

tive dei soci: sia per l’ampio spettro di modificazioni statutarie che possono

attenere direttamente od indirettamente alla gestione della società, sia per

la difficoltà di individuare un criterio atto a stabilire quali modifiche sareb-

bero suscettibili di violare il limite159.

Venendo ora alle singole ipotesi delineate nella norma, nulla vi è da dire,

di massima, per la facoltà che sia l’organo amministrativo a deliberare la

esistendo una rigorosa distinzione fra funzione amministrativa e funzione di controllo tra i due organi, in quanto i sorveglianti hanno anche il controllo del merito della gestione.

158 Petrazzini, sub art. 2365, in Il nuovo diritto societario, cit., 487.

159 Petrazzini, sub art.  2365, in Il nuovo diritto societario, cit., 489: di conseguenza, la possibilità che lo statuto rimetta all’organo amministrativo la competenza in tema di riduzione di capitale a seguito del recesso dovrebbe di fatto essere limitata ai casi in cui tale decisione sia obbligata ovvero, ad esempio, in quello disciplinato dall’art. 2343, 4° co. Altra dottrina (Bracciodieta, La nuova società per azioni, Milano, 2006, 250, nt. 54) ha eccepito che una simile deroga statutaria potrebbe essere intesa quale espressione di una scelta “a monte”, cioè di non accedere, presentandosene la possibilità, allo scioglimento; ma con la via d’uscita rappresentata dalla facoltà, per gli amministratori che comunque ne constatassero la necessità, di convocare l’assemblea straordinaria, chiamandola a delibe-rare sul punto specifico. Sull’argomento, si vedano le considerazioni formulate nel testo immediatamente seguente.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 58141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 58 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 59

riduzione del capitale a seguito del recesso; anche se, si è avvertito, qualche

cautela non parrebbe fuori luogo se si considera che la riduzione potrebbe

rendere preferibile lo scioglimento anticipato della società (v. l’art.  2437

quater, 6° co.): si sarebbe in presenza, in tal caso, di un’incongruenza legisla-

tiva, consistente nella prospettiva di due strade fra loro alternative, affidate

una ad un organo sociale e l’altra, per effetto di una previsione statutaria,

ad un altro160.

Impingono sulla struttura decisionale le deliberazioni sull’istituzione o

la soppressione di sedi secondarie. Si discuteva, prima della riforma, se la

relativa competenza spettasse all’assemblea straordinaria o agli ammini-

stratori e, nel primo caso, se fosse legittima una delega statutaria ai secondi.

Il d.lgs. n. 6/2003 ha dunque chiarito161 (e la riprova sta nell’assenza, ad oggi,

di sentenze in argomento) che istituzione e soppressione di sedi secondarie

costituiscono modifiche dello statuto (l’art. 2328, infatti, esige l’indicazione

del Comune ove esse sono situate): ne consegue in prima battuta la com-

petenza dell’assemblea straordinaria, anche per l’indirizzo (via e numero

civico), salva la delega all’organo amministrativo (che parrebbe comunque

competente per la variazione di quest’ultimo, applicando analogicamente

l’art. 111, disp. att. c.c.). Altra cosa è il trasferimento di una sede secondaria,

cioè la variazione del Comune ove essa opera; ma, a ben vedere, la vicenda

può trovare la propria soluzione, più condivisibile sul piano razionale ed

implicita nell’art.  2365, in una soppressione seguita immediatamente da

un’istituzione, come la dottrina ha avuto modo di osservare162, dunque senza

necessità di un’esplicita delega in tal senso (delega che, in quanto atipica,

sarebbe almeno discutibile).

Non parrebbe priva di pericoli163, soprattutto nelle società di ridotte

dimensioni, la libertà di spostare la sede sociale, sia pure all’interno del

territorio nazionale. Infatti nel caso in cui non fosse consentito il voto per

corrispondenza o l’intervento mediante mezzi di telecomunicazione, il tra-

sferimento potrebbe rendere anche molto difficoltoso per il socio, soprat-

tutto se di minoranza, l’esercizio dei suoi diritti, in particolare quello di

160 Sarale, Il nuovo diritto societario, cit., 173.

161 Cerrato, Le deleghe di competenze assembleari nelle società per azioni, cit., 406.

162 Ancora Cerrato, Le deleghe di competenze assembleari nelle società per azioni, cit., 406 s.

163 Afferma Sarale, Il nuovo diritto societario, cit., 174.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 59141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 59 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

60 Parte Prima – Assemblea

partecipare alle assemblee: la clausola finirebbe per fornire agli ammini-

stratori (e, dunque, ai soci di maggioranza) uno strumento per “obbligare”

il socio all’assenteismo e, sotto diverso profilo, potrebbe agevolare il cosid-

detto forum shopping, radicando la competenza presso sedi giudiziarie

più benevole. Queste preoccupazioni sono state talora ritenute eccessive

e, dunque, da ridimensionare, anche perché la protezione della minoranza

pare comunque assicurata, quando si possa dimostrare l’esclusiva volontà

di recarle danno, dalla facoltà d’impugnare per abuso la deliberazione di

trasferimento della sede assunta dall’organo amministrativo164. È noto, tut-

tavia, come la prova, in casi del genere, sia tutt’altro che agevole: e questa

constatazione rafforza le perplessità.

Per quanto attiene alle scelte in ordine al potere rappresentativo, ci si

chiede se la locuzione si riferisca all’individuazione della sola funzione (ad

esempio: il presidente del consiglio di amministrazione o l’amministratore

delegato) o anche a quella della persona fisica cui spetta la rappresentanza165;

chi, pur con qualche incertezza, propende per l’interpretazione estensiva,

rileva come sia facile prevedere che nella pratica la frequenza di un’indica-

zione nominativa sia destinata ad essere piuttosto modesta166. In ogni caso,

la competenza dell’organo amministrativo sembrerebbe limitata alle ipotesi

in cui il potere di rappresentanza sia attribuito dallo statuto e non dall’atto

di nomina (art. 2384, 1°  co.), visto che nel secondo caso la decisione è di

competenza dell’assemblea ordinaria (artt. 2364, 1° co., n. 2, e 2383)167. Alla

luce della nuova normativa, perciò, sarebbe tuttora invalida una clausola

statutaria ai sensi della quale un amministratore, cui lo statuto riconosca

i poteri di rappresentanza della società, possa delegarli ad un altro, come

deciso, in epoca ormai risalente, dal Tribunale di Cassino168: sarebbe infatti

l’organo, nella sua collegialità, a poter semmai disporre in proposito.

Indubbiamente rilevante è la facoltà di attribuire all’organo di gestione

la competenza ad adeguare lo statuto a “disposizioni normative” che

abbiano natura inderogabile: pur nella delicatezza dell’argomento, si tratta

164 Cerrato, Le deleghe di competenze assembleari nelle società per azioni, cit., 404.

165 Il dubbio è espresso da Sarale, Il nuovo diritto societario, cit., 173; e da Petrazzini, sub art. 2365, in Il nuovo diritto societario, cit., 488.

166 Cerrato, Le deleghe di competenze assembleari nelle società per azioni, cit., 410.

167 Petrazzini, sub art. 2365, in Il nuovo diritto societario, cit., 488.

168 Trib. Cassino, 21.1.1988, in Giur. di Merito, 1989, 573.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 60141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 60 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

Capitolo Primo – Le competenze 61

di un’apprezzabile risposta del legislatore di fronte ad oggettive esigenze di

semplificazione169. Sennonché la formulazione adottata, per la sua indub-

bia genericità, lascia spazio ad un possibile spostamento di competenze

in relazione ad adeguamenti statutari non imposti da norme inderogabili.

Certo, non ci si trova in presenza dei rischi lucidamente espressi in dottri-

na170 di fronte alla prima stesura dell’art. 223 bis disp. att. (dei quali si è dato

conto in nota), non a caso riscritto all’inizio del 2004; ma resta comunque

l’inopportunità d’interpretazioni che troppo disinvoltamente si concretiz-

zino nel sottrarre all’assemblea deliberazioni non obbligate, suscettibili,

purché assunte nella loro sede naturale, di formare oggetto d’impugnazione

da parte di chi vi dissenta; dunque ad opera di quelle minoranze che, nel

rispetto della condizione posta dall’art. 2377, 3° co., ritengano illegittima la

decisione, indipendentemente dalla diretta lesione di diritti loro spettanti

(come invece richiesto dall’art. 2388, 4° co.).

Resta da dire delle due ipotesi di fusione semplificata disciplinate dagli

artt. 2505 e 2505 bis, oggetto, nel loro insieme, di ampio interesse della dot-

trina ma prive, sul punto oggetto di esame, di applicazioni giurisprudenziali.

169 Notari, Stella Richter jr., Adeguamenti statutari e voto a scrutinio segreto nella legge sul risparmio, in Soc., 2006, 533; Spada, Riflessioni sul regime transitorio del nuovo diritto delle società di capitali, in Riv. notariato, 2003, 638; Abriani, Gli adeguamenti obbli-gatori degli statuti delle società di capitali alla riforma del diritto societario, in Soc., 2003, 1301. Numerosi dubbi interpretativi e problemi di coordinamento sono però insorti in relazione all’art. 223 bis disp. att. c.c., che, nella sua prima versione, consentiva di attribuire all’assemblea straordinaria il potere di assumere, a maggioranza semplice, indipendente-mente dalla parte di capitale rappresentata dai soci partecipanti, le deliberazioni necessa-rie sia ad adeguare l’atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni introdotte dalla riforma del diritto societario, anche non inderogabili, sia ad adottare le modifiche statutarie ai sensi dell’art. 2365, 2° co. Rischiavano in tal modo di venir stravolti gli equilibri dei rap-porti tra soci di maggioranza e azionisti estranei al gruppo di comando. Il d.lgs. 6.2.2004, n. 37, ha riscritto il 2° co. dell’art. 223 bis, prevedendo che entro il 30.9.2004 l’assemblea straordinaria avrebbe potuto, a maggioranza semplice e qualunque fosse la parte di capi-tale rappresentata in assemblea, sia adottare deliberazioni di mero adattamento dell’atto costitutivo e dello statuto a nuove disposizioni inderogabili, sia introdurre nello statuto clausole che avrebbero escluso l’applicazione di nuove disposizioni di legge previste dalla riforma, derogabili però con specifica clausola quante volte i soci avessero preferito conti-nuare a regolare la fattispecie sulla base della disciplina previgente. In argomento, diffusa-mente, Petrazzini, sub art. 2365, in Il nuovo diritto societario, cit., 490 ss.

170 Ci si riferisce in particolare a Petrazzini, sub art. 2365, in Il nuovo diritto societario, cit., 491, ed a Sarale, Il nuovo diritto societario, cit., 174.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 61141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 61 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM

62 Parte Prima – Assemblea

È condivisibile la scelta che la decisione (di regola soggetta all’art. 2502)

venga delegata ai rispettivi organi amministrativi171 nel caso d’incorpora-

zione di società totalmente posseduta, proprio perché nell’incorporata non

esistono soci di minoranza; e, d’altra parte, quelli che siano tali nell’incor-

porante e detengano almeno il 5% del capitale hanno pur sempre facoltà di

richiedere la decisione assembleare.

Qualche perplessità sorge, invece, nell’ipotesi d’incorporazione di

società posseduta non totalitariamente, pur se in percentuale non inferiore

al 90%. Ferma restando, per l’incorporante, la facoltà da ultimo citata, la

presenza, per quanto ridotta, di soci di minoranza dell’incorporata com-

porta, infatti, la necessità di valutare e determinare il rapporto di cambio

e la sua incidenza sull’assetto proprietario dell’incorporante. È ben vero

che, in questo caso, la possibilità per l’organo amministrativo di sostituirsi

all’assemblea straordinaria è concessa soltanto all’incorporante; ma non

per questo è meno discutibile il fatto che questo tipo di previsione statuta-

ria possa ritenersi rispettoso delle indicazioni contenute nella legge delega

e possa rientrare tra le «decisioni attinenti alla struttura gestionale della

società che non incidono sulle posizioni soggettive dei soci»172. Certo, resta

pur sempre la possibilità d’impugnare le delibere consiliari lesive dei diritti

di questi ultimi: ma, considerando le limitazioni all’impugnazione (prima

tra tutte, in difetto di diversa disposizione nei patti sociali, la necessità, per

i soci impugnanti di società che non fanno ricorso al capitale di rischio, di

detenere una percentuale del 5% del capitale sociale) e, aspetto tutt’altro

che secondario, le probabili difficoltà a dimostrare in concreto la lesione del

diritto, il rimedio pare di scarsa efficacia.

171 Fermo restando che la circostanza che una delle società partecipanti all’operazione sia nelle condizioni statutarie di avvalersi della delega di competenza all’organo ammini-strativo non potrebbe produrre conseguenza alcuna nei confronti di un’altra che invece non lo sia: Cerrato, Le deleghe di competenze assembleari nelle società per azioni, cit., 388.

172 Ancora Petrazzini, sub art. 2365, in Il nuovo diritto societario, cit., 488, e Sarale, Il nuovo diritto societario, cit., 173 s.

141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 62141103_01_CAVALLI_PART1_CH01.indd 62 18/01/13 10:54 AM18/01/13 10:54 AM