Dante,il linguaggioDante e il umano e la lingua...

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IL NOSTRO DANTE Prof.ssa Patrizia Danzè IL GIORNALE DELL’I.I.S. “LA FARINA - BASILE” - MESSINA Direttore: Prof.ssa Patrizia Danzè Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016 continua a pag. 16 SPECIALE CONVEGNO DANTE Dante,il linguaggio umano e la lingua d’Italia Il processo di costituzione di una società che si organizza politicamente, socialmente e istituzionalmente è un tema centrale per la coscienza di cittadini e nell’ opera di Dan- te, data la centralità della polis comunale nella sua vita, nell’attività pubblica e nella riflessione teorica, grande spazio fu dedicato al tema politico. E la lectio del professore Fran- cesco Sabatini, linguista, filo- logo, lessicografo, presidente onorario dell’Accademia del- la Crusca, che ha avviato le relazioni del nostro Convegno su Dante, salutandolo come felice sintesi di interesse cul- turale, fervida attività didat- tica del liceo ed anche accat- tivante sede di “rendiconto” in cui il mondo accademico ospite viene chiamato a testi- mone della scientificità di studio, ha connotato Dante come “profeta dell’Unità po- Dante profeta dell’Unità politica e linguistica d’Italia nella lectio di Sabatini Prof.ssa Rosa Maria Abbadessa continua a pag. 4 Dante e il riassunto del mondo Giunti alla conclusione del canto XXXIII del Paradiso, Dante riflette sul proprio cammino e dichiara “La for- ma universal di questo nodo credo ch’i vidi, perché di più largo, dicendo questo, mi sento ch’io godo”: questa terzina è stata la matrice da cui il professore Boncinelli ha preso ispirazione per il suo libro La forma universal di questo nodo (Le Monnier - Mondadori Education) scrit- to in collaborazione con Mas- simo Arcangeli. Il libro è im- postato in maniera “bislac- ca”, stando alla definizione del prof. Boncinelli: non ha un filo conduttore. Vari ver- si della Divina Commedia sono estratti, presi in esame, com- mentati e collegati ad argo- menti inerenti il campo del- la scienza o della lingua.La lectio tenuta dal prof. Bon- cinelli giorno 15 gennaio presso il Palacultura di Mes- sina ha avuto come oggetto di discussione la necessaria contiguità tra sapere umani- stico e scientifico. Nel 1985 il prof. Boncinelli scoprì l’esistenza di alcuni geni deputati al controllo di determinate parti del corpo: ebbe modo di constatare che tali geni, nell’uomo e nel moscerino, sono uguali. Gra- zie a ulteriori studi scientifi- ci oggi sappiamo che questa corrispondenza non esiste solo tra uomo e moscerino, ma comprende anche tutti gli animali. Il professore ha trovato conferma a questa sua scoperta in una terzina del canto X del Purgatorio “Non v’accorgete voi che noi siam vermi nati a formar l’angelica farfalla che vola a la giustizia senza schermi?”: con quest’immagine già Ago- stino esprimeva l’idea cristia- na dell’uomo mortale desti- nato a trasformarsi in esse- re divino. Secondo Dante, noi umani siamo solo una fase di qualcosa che va oltre noi stessi: la figura angelica. Allo stesso modo certi insetti detti “olometaboli” attraver- sano diverse fasi: sono inizial- mente larve, poi bozzoli e in- fine volano. Quest’immagine analizzata da Boncinelli, checontinua di- cendo che gli esseri umani sono entomata in difetto (es- seri non completamente svi- luppati), si accosta perfet- tamente alla scoperta se- condo cui tra uomo e inset- to c’è una somiglianza im- pressionante, somiglianza che oggi può essere estesa a tutti gli animali superiori. Anche se sarebbe eccessivo credere che Dante avesse avuto una premonizione o che avesse scoperto i geni architetto del corpo e del cervello ante litteram. Lezione magistrale di Edoardo Boncinelli Silvia Fava III C Palacultura: Edoardo Boncinelli continua a pag. 4 litica italiana, come auspice e operatore primo capace di in- dicare le vie della cultura, della consapevolezza, della responsabilità civile per rag- giungere l’Unità d’Italia”. L’opposizione ad alcuni pote- ri del suo tempo nella città di Firenze, allora emergente come uno dei principali poli d’Europa, costò a Dante la semiprigionia a Roma, la con- danna, l’esilio. L’opposizione di Dante era rivolta ad un pre- ciso schieramento di poteri, che ancora per cinque seco- li, impedì il raggiungimento del- l’Unità d’Italia. La partecipazione ai fatti po- litici in Dante si nutrì costan- temente della riflessione sul- l’indagine scientifica della lin- gua e dei suoi valori. L’idea di una lingua letteraria italiana, la lingua di sì, era già pre- sente nella mente di Dante giovanissimo: è enunciata chia- ramente nella Vita Nova (XXV,4), opera ormai compiu- ta nel 1293; dopo un decen- nio viene elaborata con par- ticolare nitidezza e incisività nel Convivio e soprattutto, nel quadro di una visione geolin- guistica dell’intera Europa, nel De Vulgari Eloquentia”. Come afferma il professore “Dante si ricongiunge forte- mente a noi oggi per ciò che ha detto, anche in sede di teoresi, su quello che è la lin- gua per l’essere umano. Ha lanciato molto lontano il pen- siero, il passo, la parola, arri- vando fino a posizioni che solo nel ventesimo secolo sono sta- te chiarite e, in alcuni casi, solo negli ultimi decenni del- la ricerca scientifica sono sta- te raggiunte”. In Dante l’acuta riflessione sulla lingua emerge anche in alcune osservazioni che sem- brano marginali o isolate. Ne è esempio è il dialogo con Ada- mo: “Opera naturale è ch’uom favella; / ma così o così, na- tura lascia /poi fare a voi se- condo che v’abbella” (Pd 130- 132),terzina che racchiude principi che solo la ricerca lin- guistica e neuro-antropologi- ca di oggi hanno messo in evi- denza. “È la natura”-ha detto Sabatini - “che ci dà la facol- tà di linguaggio, mentre le sin- gole lingue sono opera stori- ca, che dipende dall’ambien- te. In tale terzina sono pre- senti i termini dell’innatismo e dell’ambientalismo riferiti al concetto di linguaggio verba- le umano. Anche in quel così o così na- tura lascia poi fare a voi se- condo che v’abbellaè sottin- teso il tema della relatività del segno linguistico, messa a punto da De Saussure da ap- pena cento anni”. Se la facoltà di connettere suono e significato è data al- l’uomo dalla natura, l’attua- zione e la modalità di tale connessione è ad arbitrio de- gli uomini, cioè della libertà che è inerente alla loro ratio come afferma lo stesso Dante nel De Vulgari Eloquentia.A questa capacità e ricchezza fonico semantica, corrispon- de una grande varietà di lin- gue diverse. A pochi giorni dalla fine di que- sto anno scolastico abbiamo intervistato la nostra dirigen- te scolastica, dottoressa Puc- ci Prestipino, per chiederle un bilancio complessivo di que- sti mesi di impegno e di lavo- ro. Preside Prestipino, qual è il bilancio dell’anno scolastico che sta per concludersi? È stato per me un anno pe- santissimo, per certi versi do- loroso, e con tanti problemi. Forse l’anno scolastico più pesante della mia vita per una serie di circostanze che tut- tavia non hanno niente a che fare con l’organizzazione sco- lastica. Dal punto di vista in- terno, infatti, non ho nessun problema: la scuola funziona bene, cresce, il prossimo anno avremo la ventiseiesima clas- se, quaranta alunni in più, ed inoltre ci sarà un aumento di organico a riprova che è una scuola che va bene. Inoltre il convegno su Dante è stato se- guito da un folto pubblico, la giornata dello sport è stata gradita da tutti e il certamen Zanklaios ha registrato un’at- tenta partecipazione. Tra le altre cose vantiamo quattro ragazzi che sono andati alle olimpiadi classiche nazionali, uno dei quali ha ricevuto una menzione d’onore a livello na- zionale. I problemi sono nati da fattori “esogeni”: si sono verificate delle situazioni che mi hanno fatto vivere l’anno con una certa ansia. continua a pag. 15 Un anno impegnativo D.S. Pucci Prestipino Sofia Bernava Sabrina Demana Ilaria Maiorana III C Francesco Salmeri III C menzione d’onore alle Olimpiadi classiche Nazionali 2016 Roberto D’Andrea III A vincitore II premio Certamen Ciceronianum Palacultura: da sin. Danzè, Sabatini, Boncinelli, Prestipino, Leto Come vedeva Dante il trion- falistico Giubileo del 1300? Cosa pensava dell’Islam? E degli eretici? E quel “male- detto fiore”, il fiorino di al- lora, che parentela ha con l’euro di oggi? Si è compiu- ta quella svolta epocale della società i cui segni Dante vide prima di altri? Ma quando si parla di at- tualità di Dante, a cosa ci si riferisce, dato che il Vel- tro non è arrivato, l’ordi- ne della società è cambia- to e il mondo continua a esistere? È un azzardo o, peggio, uno stereotipo, dire che Dante è un profe- ta? Forse no, era avanti su tutti,il suo “antivedere” leggeva i segni dei tempi, il futuro, il presente e il pas- sato di corruzione, malaf- fare, menzogna, crimini. Ma forse, come diceva Ezra Pound, il più bell’omaggio che potremmo fare alla sua Commedia è il silenzio. Ep- pure Dante ha scelto di rac- contare e raccontare si- gnifica cercare l’altro. E così pensiamo che Dante ci abbia cercato nel 750° anno così tanto celebrato della sua nascita ed è per questo che il liceo La Fari- na ha voluto onorarlo con un Convegno di studi, “Le cose tutte quante hanno ordine tra loro”, svoltosi al Palacultura”Antonello” il 15 e il 16 gennaio 2016, convegno che ha riunito il- lustri studiosi da ogni par- te d’Italia, tutti insieme con Dante e per Dante: Francesco Sabatini e Car- melo Scavuzzo hanno par- lato di Dante padre della lingua italiana, Edoardo Boncinelli di Dante genio della poesia e della scien- za, Marco Santagata della mente di Dante talmente innamorata della sua Firen- ze da riproporre nel Para- diso liturgie battesimali fio- rentine, Gianfranco Fiora- vanti della tensione etico- politica del Convivio, Mat- teo Durante dell’epistola XI di Dante ai cardinali italia- ni, Luigi Giacobbe di un

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IL NOSTRODANTE

Prof.ssa Patrizia Danzè

IL GIORNALE DELL’I.I.S. “LA FARINA - BASILE” - MESSINA

Direttore: Prof.ssa Patrizia Danzè

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016

continua a pag. 16

SPECIALE CONVEGNO DANTE

Dante,il linguaggioumano e la lingua d’Italia

Il processo di costituzione diuna società che si organizzapoliticamente, socialmente eistituzionalmente è un temacentrale per la coscienza dicittadini e nell’ opera di Dan-te, data la centralità dellapolis comunale nella sua vita,nell’attività pubblica e nellariflessione teorica, grandespazio fu dedicato al temapolitico.E la lectio del professore Fran-cesco Sabatini, linguista, filo-logo, lessicografo, presidenteonorario dell’Accademia del-la Crusca, che ha avviato lerelazioni del nostro Convegnosu Dante, salutandolo comefelice sintesi di interesse cul-turale, fervida attività didat-tica del liceo ed anche accat-tivante sede di “rendiconto”in cui il mondo accademicoospite viene chiamato a testi-mone della scientificità distudio, ha connotato Dantecome “profeta dell’Unità po-

Dante profeta dell’Unità politica e linguistica d’Italia nella lectio di Sabatini

Prof.ssa Rosa Maria Abbadessa

continua a pag. 4

Dante e ilriassuntodel mondo

Giunti alla conclusione delcanto XXXIII del Paradiso,Dante riflette sul propriocammino e dichiara “La for-ma universal di questo nodocredo ch’i vidi, perché di piùlargo, dicendo questo, misento ch’io godo”: questaterzina è stata la matrice dacui il professore Boncinelli hapreso ispirazione per il suolibro La forma universal diquesto nodo (Le Monnier -Mondadori Education) scrit-to in collaborazione con Mas-simo Arcangeli. Il libro è im-postato in maniera “bislac-ca”, stando alla definizionedel prof. Boncinelli: non haun filo conduttore. Vari ver-si della Divina Commedia sonoestratti, presi in esame, com-mentati e collegati ad argo-menti inerenti il campo del-la scienza o della lingua.Lalectio tenuta dal prof. Bon-cinelli giorno 15 gennaiopresso il Palacultura di Mes-sina ha avuto come oggettodi discussione la necessariacontiguità tra sapere umani-stico e scientifico.Nel 1985 il prof. Boncinelliscoprì l’esistenza di alcunigeni deputati al controllo dideterminate parti del corpo:ebbe modo di constatareche tali geni, nell’uomo e nelmoscerino, sono uguali. Gra-zie a ulteriori studi scientifi-ci oggi sappiamo che questa

corrispondenza non esistesolo tra uomo e moscerino,ma comprende anche tuttigli animali. Il professore hatrovato conferma a questasua scoperta in una terzinadel canto X del Purgatorio“Non v’accorgete voi che noisiam vermi nati a formarl’angelica farfalla che vola ala giustizia senza schermi?”:con quest’immagine già Ago-stino esprimeva l’idea cristia-na dell’uomo mortale desti-nato a trasformarsi in esse-re divino. Secondo Dante,noi umani siamo solo una fasedi qualcosa che va oltre noistessi: la figura angelica. Allostesso modo certi insettidetti “olometaboli” attraver-sano diverse fasi: sono inizial-mente larve, poi bozzoli e in-fine volano.Quest’immagine analizzata daBoncinelli, checontinua di-cendo che gli esseri umanisono entomata in difetto (es-seri non completamente svi-luppati), si accosta perfet-tamente alla scoperta se-condo cui tra uomo e inset-to c’è una somiglianza im-pressionante, somiglianzache oggi può essere estesaa tutti gli animali superiori.Anche se sarebbe eccessivocredere che Dante avesseavuto una premonizione oche avesse scoperto i geniarchitetto del corpo e delcervello ante litteram.

Lezione magistraledi Edoardo Boncinelli

Silvia Fava III C

Palacultura: Edoardo Boncinelli

continua a pag. 4

litica italiana, come auspice eoperatore primo capace di in-dicare le vie della cultura,della consapevolezza, dellaresponsabilità civile per rag-giungere l’Unità d’Italia”.L’opposizione ad alcuni pote-ri del suo tempo nella città diFirenze, allora emergentecome uno dei principali polid’Europa, costò a Dante lasemiprigionia a Roma, la con-danna, l’esilio. L’opposizionedi Dante era rivolta ad un pre-ciso schieramento di poteri,che ancora per cinque seco-li, impedì il raggiungimento del-l’Unità d’Italia.La partecipazione ai fatti po-litici in Dante si nutrì costan-temente della riflessione sul-l’indagine scientifica della lin-gua e dei suoi valori. L’idea diuna lingua letteraria italiana,‘la lingua di sì’, era già pre-sente nella mente di Dantegiovanissimo: è enunciata chia-ramente nella Vita Nova(XXV,4), opera ormai compiu-ta nel 1293; dopo un decen-nio viene elaborata con par-

ticolare nitidezza e incisivitànel Convivio e soprattutto, nelquadro di una visione geolin-guistica dell’intera Europa, nelDe Vulgari Eloquentia”.Come afferma il professore“Dante si ricongiunge forte-mente a noi oggi per ciò cheha detto, anche in sede diteoresi, su quello che è la lin-gua per l’essere umano. Halanciato molto lontano il pen-siero, il passo, la parola, arri-vando fino a posizioni che solonel ventesimo secolo sono sta-te chiarite e, in alcuni casi,solo negli ultimi decenni del-la ricerca scientifica sono sta-te raggiunte”.In Dante l’acuta riflessionesulla lingua emerge anche inalcune osservazioni che sem-brano marginali o isolate. Neè esempio è il dialogo con Ada-mo: “Opera naturale è ch’uomfavella; / ma così o così, na-tura lascia /poi fare a voi se-condo che v’abbella” (Pd 130-132),terzina che racchiudeprincipi che solo la ricerca lin-guistica e neuro-antropologi-ca di oggi hanno messo in evi-denza. “È la natura”-ha dettoSabatini - “che ci dà la facol-tà di linguaggio, mentre le sin-gole lingue sono opera stori-ca, che dipende dall’ambien-te. In tale terzina sono pre-senti i termini dell’innatismoe dell’ambientalismo riferiti alconcetto di linguaggio verba-le umano.Anche in quel “così o così na-tura lascia poi fare a voi se-condo che v’abbella” è sottin-teso il tema della relatività delsegno linguistico, messa apunto da De Saussure da ap-pena cento anni”.Se la facoltà di connetteresuono e significato è data al-l’uomo dalla natura, l’attua-zione e la modalità di taleconnessione è ad arbitrio de-gli uomini, cioè della libertàche è inerente alla loro ratiocome afferma lo stesso Dantenel De Vulgari Eloquentia.Aquesta capacità e ricchezzafonico semantica, corrispon-de una grande varietà di lin-gue diverse.

A pochi giorni dalla fine di que-sto anno scolastico abbiamointervistato la nostra dirigen-te scolastica, dottoressa Puc-ci Prestipino, per chiederle unbilancio complessivo di que-sti mesi di impegno e di lavo-ro.

Preside Prestipino, qual è ilbilancio dell’anno scolasticoche sta per concludersi?È stato per me un anno pe-santissimo, per certi versi do-loroso, e con tanti problemi.Forse l’anno scolastico piùpesante della mia vita per unaserie di circostanze che tut-tavia non hanno niente a chefare con l’organizzazione sco-lastica. Dal punto di vista in-terno, infatti, non ho nessunproblema: la scuola funzionabene, cresce, il prossimo annoavremo la ventiseiesima clas-se, quaranta alunni in più, edinoltre ci sarà un aumento diorganico a riprova che è unascuola che va bene. Inoltre ilconvegno su Dante è stato se-guito da un folto pubblico, lagiornata dello sport è statagradita da tutti e il certamenZanklaios ha registrato un’at-tenta partecipazione. Tra lealtre cose vantiamo quattroragazzi che sono andati alleolimpiadi classiche nazionali,uno dei quali ha ricevuto unamenzione d’onore a livello na-zionale. I problemi sono natida fattori “esogeni”: si sonoverificate delle situazioni chemi hanno fatto vivere l’annocon una certa ansia.

continua a pag. 15

Un annoimpegnativo

D.S. Pucci Prestipino

Sofia BernavaSabrina DemanaIlaria Maiorana III C

Francesco Salmeri III C

menzione d’onore alle Olimpiadiclassiche Nazionali 2016

Roberto D’Andrea III A

vincitore II premioCertamen Ciceronianum

Palacultura: da sin. Danzè, Sabatini, Boncinelli, Prestipino, Leto

Come vedeva Dante il trion-falistico Giubileo del 1300?Cosa pensava dell’Islam? Edegli eretici? E quel “male-detto fiore”, il fiorino di al-lora, che parentela ha conl’euro di oggi? Si è compiu-ta quella svolta epocaledella società i cui segniDante vide prima di altri?Ma quando si parla di at-tualità di Dante, a cosa cisi riferisce, dato che il Vel-tro non è arrivato, l’ordi-ne della società è cambia-to e il mondo continua aesistere? È un azzardo o,peggio, uno stereotipo,dire che Dante è un profe-ta? Forse no, era avanti sututti,il suo “antivedere”leggeva i segni dei tempi, ilfuturo, il presente e il pas-sato di corruzione, malaf-fare, menzogna, crimini. Maforse, come diceva EzraPound, il più bell’omaggioche potremmo fare alla suaCommedia è il silenzio. Ep-pure Dante ha scelto di rac-contare e raccontare si-gnifica cercare l’altro. Ecosì pensiamo che Dante ciabbia cercato nel 750°anno così tanto celebratodella sua nascita ed è perquesto che il liceo La Fari-na ha voluto onorarlo conun Convegno di studi, “Lecose tutte quante hannoordine tra loro”, svoltosi alPalacultura”Antonello” il15 e il 16 gennaio 2016,convegno che ha riunito il-lustri studiosi da ogni par-te d’Italia, tutti insiemecon Dante e per Dante:Francesco Sabatini e Car-melo Scavuzzo hanno par-lato di Dante padre dellalingua italiana, EdoardoBoncinelli di Dante geniodella poesia e della scien-za, Marco Santagata dellamente di Dante talmenteinnamorata della sua Firen-ze da riproporre nel Para-diso liturgie battesimali fio-rentine, Gianfranco Fiora-vanti della tensione etico-politica del Convivio, Mat-teo Durante dell’epistola XIdi Dante ai cardinali italia-ni, Luigi Giacobbe di un

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II Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016Migranti

Filologo raffinato, studioso diletteratura neogreca (ha cu-rato e tradotto numerose pub-blicazioni dal neogreco tra cuispiccano i Meridiani “PoetiGreci del Novecento” eun’edizione delle Questioninaturali dello Pseudo-Plutar-co; e ha dato un lungo con-tributo sulla versificazione gre-ca in Italia, nel quale si parlafra l’altro del poeta Diego Vi-trioli), poliglotta, docente uni-versitario alla Ca’ Foscari, Fi-lippomaria Pontani, oltre adessere impegnato a far passa-

donia).-Cosa significa per un filolo-go aver visto Idomeni?“Chi è abituato a lavorare traaule e biblioteche spesso igno-ra cosa voglia dire il drammaumano di masse di uomini, one ha una dimensione lette-raria o iconografica (le Sup-plici di Eschilo, i rilievi di Ni-mrud...): le scene dantescheche ho viste coi miei occhi,all’indomani di una settimanadi pioggia e nel momento delmassimo affollamento del cam-po, danno l’idea della cata-strofe meglio di qualunquedescrizione a parole. Anche i

prevede il respingimento inquel Paese, per esempio, deitantissimi Curdi che sono ar-rivati da Siria e Iraq, e che puòimmaginare quale accoglienzariceveranno.Se penso al dolore che ho vi-sto, e all’idea che quelle per-sone saranno (alcune anzi si-ano già state) rimandate indie-tro dopo aver rischiato la vitaper attraversare un braccio dimare, mi vergogno profonda-mente di essere Europeo.L’unica cosa da fare sarebbeaprire corridoi umanitari dal-l’Africa e dal Vicino Oriente,ma invece abbiamo perfinodeciso di depotenziare “MareNostrum”.-Qual è stata la cosa che l’ hamaggiormente colpito?“La massiccia presenza di bam-bini. Pensavo fosse un effettodistorto dei servizi giornalisti-ci: invece no, i bambini sonotantissimi, e cercano una loronormalità anche in una situa-zione così disperata; sono loroche inconsapevolmente (di-segnando, giocando a palloneo semplicemente correndo)suscitano le immagini più com-moventi. Perché non c’è nes-suna ragione per cui un bim-bo di 7, 8, 9 anni abbia giàdovuto vivere il male del mon-do così in profondità. Nonpochi sono arrivati coi nonni,senza nemmeno sapere cosane sia stato dei loro genitori,coinvolti in guerre o repres-sioni”.-E la Grecia? Come sta viven-do la Grecia? In quale situa-zione è?“La Grecia è in una situazio-ne critica: sul piano econo-mico, la trojka le chiede sem-pre nuovi sacrifici, e il gover-no Tsipras (ormai minoritarionel Paese) deve inventarsi deitrucchi per camuffare la su-pina adesione a quelle mede-sime politiche contro le qualisi era battuto nella prima cam-pagna elettorale del 2015: la

TRAGEDIA UMANITARIA ETRAGEDIA DELLA POLITICA

Intervista a Filippomaria Pontani testimone della tragedia di Idomeni

Prof.ssa Patrizia Danzè

re “il messaggio che i classicie gli studi classici possono edevono essere il nostro ciboquotidiano, evitando ipocriteglorificazioni e inconsistentisincronie”, scrive di attualitàsul giornale online Il Postsul quale nel marzo scorso hapubblicato un lungor e p o r t a g e ( h t t p : / /www.ilpost.it/ 2016/03/21/storie-da-idomeni-in-europa)su Idomeni, la “Dachau deivivi”, così vicina e così lonta-na, dove si è recato per os-servare e testimoniare. Così,lo sguardo del filologo, cono-scitore come pochi di Greciaantica e contemporanea,studioso di Omero, si è allun-gato su un’Odissea modernainaccettabile, perché quel-l’umanità offesa accusa tutti noiche erriamo e mendichiamonella civile Europa, dove persi-no il nostos è scomparso.

-Professore Pontani, comemai si è ritrovato ad Idome-ni?“Ero a Salonicco per un con-vegno sulla presenza della let-teratura neogreca in Italia, esono rimasto un paio di giorniin più proprio per potermirendere conto della situazio-ne dei migranti, sia in città siaal confine con la FYROM(acronimo di Former YugoslavRepublic of Macedonia, ExRepubblica Jugoslava di Mace-

concetti di xenía e di huma-nitas prendono così uno spes-sore affatto diverso.-E perché la decisione di rac-contare ciò che ha visto?“Corrispondenze da Idomenice ne sono state molte, alcu-ne indubbiamente pregevoli.Ma la grande maggioranza de-gli inviati stranieri hanno unavaga idea della realtà greca,nessuna della lingua.Ecco, io sono andato assiemea dei volontari greci proprioper farmi spiegare dall’inter-no come funziona quel campo,e come reagisce la Grecia nonsolo a livello di Stato, ma so-prattutto come popolo”.-Qual è, Professore, la Suaidea su questa doppia trage-dia, umanitaria e della poli-tica europea?“Basta osservare il quadro: a)il Paese più indebitato e bi-strattato, tuttora ostaggiodelle politiche di austerità,viene lasciato per mesi da solocon il problema, anche se tut-ti sanno che non può farvifronte; b) dinanzi all’assenzadello Stato, e alla continuaerezione di muri in tutta Eu-ropa, l’unica scintilla di uma-nità viene dai volontari chesilenziosamente aiutano e dal-le poche ONG che s’impegna-no davvero sul terreno (anzi-tutto MSF); c) l’Unione euro-pea celebra come un trionfol’accordo con la Turchia che

gente è estremamente disillu-sa, e la credibilità dei politiciè bassissima (fatta salva, ahi-mè, quella di Alba Dorata).D’altra parte, la mobilitazionedi solidarietà in un popolo purcosì provato è assolutamentestraordinaria: anziani che han-no perso il 25% della loro pen-sione, o giovani che sono di-soccupati da mesi, non esita-no a lasciare alle organizzazioniuova, frutta, vestiti, e ognicosa che possa lenire le sof-ferenze dei profughi. Mi halasciato senza parole l’umani-tà che ho toccato con manoa Salonicco, soprattutto al difuori delle ONG, nella gentecomune che dedica a questaattività il tempo libero (comeDimitris Papagheorghíu, checoordina l’associazione Volon-tari per Idomeni). È evidenteche in una città che ha co-nosciuto per secoli migrazio-ni, deportazioni e tragedie, lamemoria e il senso delle prio-rità non sono ancora andatiperduti.-In questi ultimi giorni tutta-via di Idomeni non si parlapiù. Come mai? È caduta l’at-tenzione dei media?“Si pensa che l’accordo conla Turchia abbia risolto il pro-blema: in effetti gli sbarchisulle isole greche sono dimi-nuiti, ma in realtà essi dipen-dono molto da quante imbar-cazioni le autorità turche fan-no finta di non veder salparedalle loro coste.Peraltro nell’accordo non sicapisce bene cosa debba ac-cadere dei profughi attual-mente su suolo greco: alcunivengono riallocati nelle caser-me della Macedonia, ma molticontinuano a restare al con-fine ormai da mesi, nell’illusio-ne che mamma Merkel torniad accogliere tutti come ac-cadde l’autunno scorso.La realtà è che l’Europa nonha una politica unitaria sul-l’immigrazione, e ciascun Pa-ese preferisce barricarsi die-tro muri e fili spinati facendofinta di non vedere cosa ac-cade dall’altra parte.Per l’Italia - che per ragionigeografiche, esattamentecome la Grecia, non può adot-tare questa tattica - rischiadi aprirsi un’estate moltodura: parlando con gli amicidei centri di accoglienza di Ve-rona, si capisce bene comeormai dal Brennero non si pas-si più. Pensare che “noi nonsiamo la Grecia”, una volta dipiù, non pagherà.

Intervista al Professore Filip-pomaria Pontani pubblicatasulla Gazzetta del Sud il27/04/16

Foto realizzateda Filippomaria Pontani

As-salam alaykum

una lucertola nel deserto porta con sé

tutte le sfumature della foresta.

si stagliano dal campo profughi

delle tende

colore della seta.

bombe a grappolo.

il pallone si incendia e vola

verso la porta

la stella cadente dell’imperialismo

“Yankees go home”

nasini tagliati dalla kefiah

pietre in volo

- subito abbattute-

ancora vergini-

droni nemici

non è il fumo dell’hashish

persiano quel che vedi

alzarsi solitario

una fuga disordinata

verso il mare

-la sorte non porge la mano

agli Ulisse in vendita

si apriranno

grembi materni

-sussurrando

“Yankees, get away!”

le eruzioni vulcaniche della vecchia industria

il canto di Sherazade si è dileguato

-le orecchie assordate

dal rumore sporco dei… fuochi artificiali

made in U.S.A.

il vento del mare

ti scava le guance

Padre ‘Ntoni

le reti sollevano

braccia senza vita

Wa alaykumu s-salam

ORATORIO MEDIORIENTALEFrancesco Salmeri III C

Il Professore Filippomaria Pontani a Idomeni

La tendopoli di Idomeni

I diritti umani sono più importanti dei passaporti

Bambini a Idomeni

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Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016 III

Palacultura, da sin. Crapanzano, D’Avenia, Strano, Pollicino

TRAGEDIA UMANITARIA E TRAGEDIA DELLA POLITICA

La crisi dei profughi ha avutoil discutibile merito di getta-re una luce più chiara sullostato effettivo in cui versa la“fortezza Europa”, come èstato ribattezzato il nostrocontinente peninsulare. Ciòche ci troviamo a diagnosti-care è la realtà di una crisiverticale delle strutture vitalidell’Occidente, che è primadi tutto una crisi economicama che ha come conseguen-za diretta la totale paralisipolitica dei governi europei.L’impressione che un qualun-que osservatore riceve dallasituazione attuale è quella diuna vischiosità stagnante: sem-bra quasi che in qualunquedirezione si agisca si vada in-contro al destino di una im-passe inevitabile, un vicolo cie-co da cui è difficile tirarsi fuo-ri.Gli scontri alle frontiere, labrutalità ingiustificata e col-pevole della polizia e dell’ap-parato degli Stati europei,l’esistenza miserabile e disu-mana che i profughi in fuga daguerra e disperazione sonocostretti a condurre nelletendopoli di Calais, Idomeni etutte le altre bidonville d’Eu-ropa sono la fotografia piùveritiera della senilità marce-scente della nostra civiltàche, basandosi unicamentesul profitto individuale, si di-mostra incapace di scioglierei fili che ha prima ingarbuglia-to.L’ipocrisia, contrassegno im-mancabile della propaganda edelle politiche dei nostri go-verni sul tema migranti comesul resto, non è altro chel’espressione concreta di que-sto scenario; il che non assol-ve nessuno madi certotraccial’anamnesi del morbo di cuivogliamo liberarci. L’accordocon la Turchia è solo l’esem-pio più eclatante. Esso si in-scrive, in realtà, in una vec-chia tradizione di accordi trai paesi europei e i più squalli-di satrapi mediorientali ed haun precedente illustre negliaccordi tra Berlusconi eGheddafi.La borghesia europea, dopoessersi presentata a taschevuote davanti alle grida degli

uomini che rigetta in mare,mentre spara proiettili di gom-ma su chi cerca salvezza sullecoste, accorda 6 miliardi dieuro di aiuti economici e unpiù stretto dialogo politico algoverno di Erdogan, l’autori-tario presidente della Turchiacolluso con il terrorismo isla-mico, le mani ancora grondantidel sangue del popolo curdo.Il fine dell’accordo è di spe-dire i profughi siriani che sbar-cano in Grecia nei famigeraticampi di concentramento tur-chi, in attesa di un tutt’altroche ameno ritorno in patria.L’accordo qui citato non stu-pisce certo nel contesto didisgregazione etica in cui vi-viamo, dove anche paesi di tra-dizione socialdemocraticacome la Svezia e la Danimarcahanno approvato nel giro di

Roberto D’Andrea III A

M i g r a n t i

Un problema pressoché ende-mico come quello dell’immi-grazione si fa oggi sempre piùdrammatico e, se è vero cheha ormai assunto una dimen-sione planetaria, sembra co-munque strettamente legatoalla sorte dell’Europa, in quan-to proprio quest’ultima è chia-mata a risolverlo. Non si trat-ta certo dell’unica difficoltàche il Vecchio Continente staattraversando, ma sicuramen-te deve essere consideratauna indifferibile priorità. IlMediterraneo continua ad ac-cogliere (più di ogni altro Pa-ese dell’Ue…) migliaia di pro-fughi caduti dai loro fatiscen-ti barconi, mentre nessunodei Paesi membri sembra espe-rire una strategia di interven-

to risolutiva, per non parlaredelle istituzioni europee. Ma,quel che è peggio, quanto si-nora scritto potrebbe fedel-mente descrivere anche la si-tuazione di undici mesi fa. Ilpiano Mogherini, infatti, pre-sentato nel maggio dello scor-so anno, non ha trovato an-cora attuazione, e neppure sene discute più. In compenso,qualcosa si è mossa, poiché loscenario internazionale è ognigiorno più cupo: la Gran Bre-tagna ostenta l’opzione“Brexit” per strapparsi in Eu-ropa una posizione di favore,e del resto la prima preoccu-pazione del primo ministro in-glese concerne il benesseredella propria nazione; la Spa-gna è dilaniata da questioni dipolitica interna e non può per-mettersi di concentrarsi sualtre problematiche; la Gre-cia, che pur si dimostra, an-che in virtù della sua posizio-ne geografica, relativamentedisponibile, affronta enormiostacoli finanziari; la Franciaoscilla fra il populismo lepe-niano e la sua goffa emulazio-ne da parte di Hollande; ilBelgio si è dato pena più persciogliere la matassa delle di-suguaglianze interne, e, nellesue piccole dimensioni, si ri-trova frammentato in ben set-

te governi; in Austria e Olan-da incombe la minaccia delledestre populiste che fan caporispettivamente a NorbertHofer e Geert Wilders; la Ger-mania invece sembra non vo-lersi sobbarcare, in quantoPaese più stabile, l’onere diprendere in mano le redinidell’Unione, e anzi la Merkelsta visibilmente perdendo ilproprio consenso; i paesi del-l’Est dell’Europa procedonosempre più verso una derivadestrorsa; l’Italia, in ultimo, sidimena fra atteggiamenti so-vente contraddittori, ora dizelo collaborativo, ora di si-mulati vocioni, ora, infine, diaperta sfida (non tuttavia re-frattaria ad una pronta ricon-ciliazione!). Data una simile di-sorganicità di situazioni, ci sipotrebbe a buon diritto do-

la questione dell’immigrazionepuò essere gestita soltanto inprospettiva sovranazionale,dunque europea.Essenziale risulta pertantofare perlomeno dei passi inavanti verso i cosiddetti “Sta-ti Uniti d’Europa”, anzichéperseverare nel sollevare muridestinati ad essere abbattutio in qualche modo aggirati;non sfuggono di certo a chiscrive gli ostacoli che si frap-pongono alla realizzazione diun tale progetto: è difficilescuotere meccanismi plurise-colari come quello della ormaisolo nominale sovranità nazio-nale, e sembrerebbe più op-portuno rimediare prima allevexatae quaestiones interne aivari paesi che cimentarsi inqualcosa che ne trascendal’angusto orizzonte.Ma, quanto alla prima “onda-ta”, superarla è, come si èdetto, “difficile, ma non im-possibile”, e si son visti in pas-sato panorami assai simili (daisingoli Stati nordamericani aigoverni italiani regionali otto-centeschi); e, in secondo luo-go, rovesciando la prospetti-va, la nascita o almeno l’avvi-cinamento verso il “sogno diVentotene” potrebbe dimo-strarsi utile a smorzare criti-cità interne ai singoli Statinazionali. Un’Unione, d’altron-de, non può essere solo unio-ne monetaria… Tra i “passiavanti” in tal senso si può an-noverare una certosina orga-nizzazione sulla ripartizionedegli immigrati nei Paesi eu-ropei, attraverso una quotadeterminata sia dalla dimen-sione del Paese in questionesia dalla sua disponibilità ef-fettiva sia, magari, in base aiservizi precedentemente of-ferti.Quel che è certo è che sa-rebbe inutile e nocivo avvaler-si ulteriormente dell’attuale(per così dire) strategia, percui ad accogliere i migrantidebba essere il primo Paesecui essi pervengano! Tanto piùspaventosa è la sperequazio-ne numerica fra cittadini eu-ropei e immigrati da accoglie-re, quanto più doveroso è fa-vorire un’integrazione armo-niosa: e non occorre solo so-lidarietà (termine ormai infla-zionato e perciò fuorviante,che denota quasi una formadi schifiltoso assistenzialismo),bensì anche rispetto, ricor-dandosi che sono in gioco viteumane.Poi, chiaramente, che una si-mile integrazione abbia luogosarà comunque anche respon-sabilità delle diverse nazionicui i migranti saranno desti-nati (e di sicuro non aiutereb-be il “piano Cameron” all’in-segna del “tutti a scuola aimparare l’inglese”!).

darietà hanno un ruolo insi-gnificante nella risoluzione deldramma dell’immigrazione nelMediterraneo. I tentativi dichiudere la rotta che passadalla Turchia per mezzo del-l’accordo con Erdogan, inol-tre, non farà che aprire nuo-ve rotte- tutto grasso checola per i trafficanti e solonuovi ostacoli per chi affidaloro la propria vita. Rotte cheper lo più avranno come metal’Italia e che, nell’opinione dichi scrive, spiegano in tal sen-so il particolare zelo del no-stro primo ministro nel dibat-tito europeo.Non è un caso infatti che siapassato così poco tempo tral’accordo Europa-Turchia e il“migrant compact”, la propo-sta del governo italiano per ri-solvere la questione dei mi-granti.L’idea di Renzi è quella diestendere il modello dell’ac-cordo su citato a tutti i paesiche subiscono l’emigrazione:i fondi già stanziati per diver-se forme di aiuto nel NordAfrica sarebbero dirottati perfinanziare un’intensificazionedelle misure poliziesche inloco; come si suol dire, pre-venire è meglio che curare...Questi fondi avrebbero inol-tre la funzione di stimolarel’economia dei suddetti pae-si.È difficile non pensare a talriguardo agli interessi dell’Eniin Libia e all’esigenza del ca-pitale italiano di espandersi innuovi mercati. La realtà, tut-tavia, è che l’Europa non puòospitare tutti i migranti chevi giungono. No che non po-

mandare come sia possibiledipanare il nodo sempre piùstretto.

Francesco Salmeri IIIC

Migranti

pochi giorni inaccettabili re-strizioni dei diritti umani deimigranti; è però molto elo-quente sulla psicologia deiservi che governano l’Europa.Ma se è vero che tra bravi cisi intende, numerosi tra i gio-vani, i lavoratori e gli intellet-tuali europei hanno dato pro-va di una forte solidarietà ver-so i migranti, anche attraver-so aiuti materiale.Tutto ciò è estremamente lo-devole e ci permette di dise-gnare un quadro più realisti-co rispetto al petulante allar-mismo di certa sinistra che alloscadere di ogni mese annun-cia nuove apocalittiche recru-descenze di destra (sebbeneovviamente le formazioni fasci-ste e della destra populistasfruttino ogni occasione perla loro propaganda oscuranti-sta). Tuttavia, è evidente chequeste manifestazioni di soli-

trebbe… ma non può nel suoattuale assetto politico edeconomico. I soldi per darecasa e lavoro a tutti i profu-ghi e i migranti ci sarebbero,ma sono nei conti off-shoredei super-ricchi, che non han-no nessuna intenzione di de-volverli a scopi “umanitari”. Lepolitiche d’austerity hannocome obiettivo quello di ridur-re il costo del lavoro e otti-mizzare i profitti e l’immissio-ne nel mercato di simili nu-meri di manodopera è tolle-rabile solo per i paesi conl’economia più forte, comequella tedesca.Questo sistema non ha biso-gno dei milioni di disoccupatiche premono al suo portonee ugualmente non ha bisognodei disperati che assediano lesue coste.Ma proprio questa consape-volezza ci permette di elabo-rare le armi ideologiche perrespingere la propaganda ve-lenosa del sistema che vuolecreare una guerra tra poveri,dopo aver devastato l’econo-mia del Medioriente e delNord Africa. Contro il razzismo è necessa-rio alzare la bandiera della so-lidarietà internazionale deglisfruttati e degli oppressi: solocon la distruzione delle cate-ne del profitto e della pro-prietà privata è possibile pen-sare ad una soluzione dellatragedia politica e umana del-la crisi economica, della mi-grazione di massa, del terro-rismo, della barbarie fonda-mentalista.

Avevamo molta stradadinanzi a noi / ed etta-ri di terra da sanare / ilpunto era che non sa-pevamo / se ci trovava-mo nella notte dell’Eu-ropa / o sul finto tap-peto persiano del sog-giorno (G. Alisanoglou,Sentieri delle analogie, inParco giochi, 2016)

Il mondo che sta in untesto,gli Stati // rac-chiusi in un muro di cin-ta – le vene / dei fiumiche sono poco più cherogge, / specchianti tragaggìe supreme // – i ru-deri, consumati da rusti-che piogge / e liturgicisoli, alla cui luce / l’Eu-ropa è così piccola, nonpoggia // che sulla ra-gione dell’uomo, e con-duce / una vita fatta persé, per l’abitudine, / perle sue classicità sparute.(P.P. Pasolini, La Guinea)

Eppure, proprio siffatte circo-stanze dovrebbero piuttostoindurre a riflettere, e si rive-lano, in fondo, quasi d’aiutoper capire bene e la naturadel problema e l’unica via per-corribile per porvi fine. Nes-suna nazione, è vero, soprat-tutto in uno stato pietosocome quelli suaccennati, po-trà mai da sola “arginare ilmare”, ma proprio in quanto

Il campo profughi di Idomeni

Il campo profughi di Idomeni

Il campo profughi di Idomeni

Le “cucine” di Idomeni

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IV

Intervista a Francesco Sabatini

Francesco Salmeri III CSara Fontanelli II D

Incontro con Sabatini e Boncinelli

In che modo la speculazionelinguistica, come quella cheritroviamo nel trattato diDante De Vulgari eloquentia,può influire sugli sviluppispontanei della lingua?La speculazione linguisticanon guida l’evoluzione profon-da della lingua. Può, in qual-che modo, attraverso la rifles-sione attenta dell’individuoregolare il suo comportamen-to [linguistico] e quindi, in unacerta misura, la consapevolez-za dell’importanza e del valo-re della lingua è un fattoreche guida il comportamento,ma di una parte numerica-mente minore, per quanto im-portante, della società. Lascuola, allora, non servirebbea nulla se tutto fosse affidatoall’impulso e alle esigenzeistantanee.Vi è dunque un rapporto trateoria e prassi linguistica…Certo, consapevolezza, chepoi nasce da studio e teore-si, riflessione sull’importanzadella lingua.In che modo la pratica dellamimesi linguistica, ad esem-pio nella “lingua petrosa” diDante, si coniuga con l’istan-za di una lingua alta e lette-raria?È una delle scoperte di Dan-te, quella di rendersi contoche la lingua deve risponderea tutte le istanze espressive,a tutte le esperienze che l’in-dividuo fa nella vita senza ti-rarsi indietro davanti a nessu-na forma o vocabolo, per duro

che sia. Nel caso delle [Rime]Petrose, c’è un’esperienzaamorosa dura e contrastata,non di facile estasi e quindi ilPoeta ha bisogno di una lin-gua pungente e aspra, comedice egli stesso.Posto che tradurre è sempreun tradire, come vede le tra-duzioni delle opere di Dan-te?La traduzione serve, senz’al-tro, a comunicare ad altri ilcontenuto. Se il traduttore èabile e molto compenetratonei valori linguistici dell’origi-nale può rendere qualcosa.Altrimenti, dovremmo cono-scere almeno quindici lingueper conoscere quindici capo-lavori? Non siamo così drasti-ci, la traduzione serve e, ap-

pena è possibile, bisogna av-vicinarsi all’originale almeno inparte.La tensione verso una linguaunitaria può essere letta, piùche in chiave speculativa, inchiave religiosa come esigen-za di un intellettuale cristia-no che aspira al superamen-to della confusione babelicae ad un rapporto armonicocol creatore?L’ “unità” della lingua non èmai esistita e mai esisterà, finquando l’umanità sarà fatta diindividui. L’origine, comun-que, è stato un processo lun-ghissimo (chissà, di 50.000anni) come tutti i processi dievoluzione della specie, equindi con varietà da gruppoa gruppo. La fine: non la sap-

piamo. Ognuno può immagi-narla a modo suo, con una fi-nalità o senza (un’interessan-te ipotesi di alcuni scienziati

è la seguente: prima o poi,anche se fra qualche miliardodi anni, ci sarà certamente uncataclisma che spegnerà lavita umana su questa Terra; sispera che nel frattempo si si-ano create delle colonie sualtri pianeti: per questo ènata l’astronautica!).È assodato che le spinte del-la lingua dantesca abbianoinciso in maniera radicalesulla formazione dell’italianomoderno, sia letterario cheparlato. Nella nostra lingua haavuto un’incidenza anche illatino di Dante?Dal latino di Dante non abbia-mo ereditato peculiarità:qualche citazione di frase dal-la Commedia (O sanguis meus,… ) oppure qualche latinismofatto volgare, come il velle “lavolontà”, e quisquilia “im-mondezza” (poi passato a si-gnificare “minuzie)”.Comunque attraverso il suovolgare.

DANTE MAESTRO DELLA LINGUA ITALIANA

Sabatini e la IV C del La Farina

Francesco Sabatini

Dante, il linguaggio ......

Per molti aspetti, ha dettoBoncinelli, Dante, per lapeculiarità del suo caratte-re, irascibile, accusatore,uomo di parte, non equa-nime nei suoi ragionamen-ti, potrebbe essere consi-derato nostro contempora-neo.Dante conobbe tutte lebassezze e tutte le contor-sioni tipiche dell’essereumano e le trasfigurò inuna creazione che coinci-de con l’universo stesso.Nel canto XXIII del Paradi-so si serve di una vigorosaimmagine per rappresenta-re l’unità divina in cui siconciliano e unificano tut-te le antinomie dell’univer-so: “Nel suo profondo vidiche si interna, legato conamore in un volume, ciò cheper l’universo si squader-na”. Dante può qui vedereriassunto e trasfigurato inun simbolo superiore tuttociò che nell’universo è di-viso: allo stesso modo variquaderni sparsi si unisco-no a formare un solo volu-me.La prima cosa che Dante ri-leva in Dio è il mistero del-l’unità del molteplice, cheraffigura con l’immagine dellibro: nel mondo vediamo infogli sparsi, “squadernati”ciò che in Dio è unito inun unico volume.Alla fine del suo percorso,

Dante vede coi suoi stessiocchi di uomo il riassunto delmondo: ritiene che tale rias-sunto sia possibile. Nel suocammino è stato accompagna-to e aiutato da diverse perso-nalità: ma la percezione e lamemoria erano facoltà esclu-sivamente sue, applicate atale visione dell’universo. Inparticolar modo, è alla memo-ria che Dante si rivolge spes-so per la paura di non riusci-re nell’intento di rappresen-tare tutto il mondo.Grande è il desiderio di con-cretezza, misto a trascenden-za: ammesso che l’uomo pos-sa concepire la trascenden-za, cosa che lascia scetticolo stesso Boncinelli, l’unicomodo che esiste per conce-pirla è guardare ciò che ve-diamo, sentiamo, tocchiamoed elaborarlo in maniera su-periore.La Divina Commedia è dunqueuna rappresentazione del mon-do in tutti i suoi pregi e difet-ti che non si ferma a nessunpunto. Non esiste argomentoche Dante ignori, nonostantel’esiguità delle fonti da cuipotesse attingere: secondoBoncinelli, se Dante non fos-se stato poeta, avrebbe scrit-to numerose enciclopedie.Nell’ultimo canto del Paradi-so Dante parla addirittura diun geometra che vuole trova-re la “quadratura del cer-chio”: vuole cioè costruireun quadrato di superficieidentica a quella del cerchiodato per inscrivere la figuradell’uomo in un’immagine cir-colare come l’universo. Dan-te si pone questo problemachiamando a testimone unpossibile risolutore di equazio-ni che, attraverso la quadra-tura del cerchio, possa risol-

vere il problema.Dante è riuscito a “vedere” ilmondo dell’aldilà e a sintetiz-zarlo in una serie di afferma-zioni eterne. Ma il mondo dan-tesco è molto diverso dal no-stro: in Dante non è presen-te né il mondo degli atomi conle sue leggi, né il mondo degliastri in cui lo spazio-tempo sicurva. L’opera di Dante rap-presenta l’ultima volta in cuiun essere umano può ragio-nevolmente rappresentareuna realtà fisica come unica.Riuscire ad avere una rappre-sentazione unitaria e totaliz-zante del mondo è certamen-te un sollievo per l’essereumano: la relatività e la mec-canica quantistica hanno in-trodotto scoperte che perl’uomo sono “di disturbo” .Con l’introduzione della rela-tività si può parlare del mon-do come di una “torta a di-versi strati” di cui l’uomo puòoccuparsi di un solo strato.Invece Dante vede ancora ilmondo come qualcosa che sipuò comprendere in manieratotale: è talmente innamora-to delle descrizioni di questomondo da ritenere che lespiegazioni superiori ne pos-sano far parte.Il folle volo di cui si parla aproposito di Ulisse è applica-bile a Dante stesso, il qualeriuscì a mettere su carta que-st’affresco incredibile. Non èsemplice rimanere coerentinella stesura di un romanzo,ammette lo stesso Boncinelli.Eppure una grandissima coe-renza è ravvisabile nell’operadantesca. Come abbia fatto il“sommo poeta” a mantenerela coerenza attingendo siadalla cultura, sia dalla sua eru-dizione, sia dalle sue passio-ni, è un mistero.

Il professore Boncinelli haportato avanti uno studio sul-lo sviluppo dell’embrione. A talproposito, uno dei passi dan-teschi che più lo ha colpito sitrova nel XXV canto del Pur-gatorio: in esso è presente ladescrizione dell’embrione edel feto.Descrizione interessante, no-nostante sia ben lontana dal-le conoscenze contempora-nee, che si conclude dicen-do che a un certo punto ilcervello raggiunge l’autoco-scienza. Anche qui Dante èsublime: ma si tratta di un su-blime a noi comprensibile. Ilconcetto che vuole esprime-re è che la coscienza, la ri-flessione, l’autocoscienza al-tro non sono se non la capa-cità della mente di rifletterese stessa.Secondo il prof.Boncinelli, trai versi più significativi dellaDivina Commedia vi sono quel-li del canto XXXIII dell’Infer-no: “parlar e lacrimar vedraiinsieme” . Qui il Conte Ugoli-no ammette che è disposto araccontare la sua storia all’in-terlocutore, ma allo stessotempo è consapevole di nonpoter interrompere il suo do-lore.Proprio due anni fa, il lingui-sta Andrea Moro ha dimostra-to che, quando diciamo unadeterminata frase, nel cervel-lo si accendono delle aree.Anche quando ci limitiamo apensarla, quindi a dirla solo anoi stessi,le stesse aree si ac-cendono.Si può giungere alla conclu-sione che, per la maggior par-te della sua giornata, l’uomoparla con se stesso e siascolta.Il cervello è fatto perascoltare e per seguire ciòche diciamo senza emetteresuono: parlare è, intrinseca-mente, emettere suono.Lo studio del linguaggio ha

appassionato Boncinelli inpassato: gli piacerebbe po-tervisi dedicare nuovamen-te, poiché nulla esiste dipiù interessante che sco-prire come e quando il lin-guaggio è nato, in chemodo si articola e si rela-ziona col pensiero. Nume-rose sono state le scoper-te in quest’ambito, ma il lin-guaggio rimane sempre unpunto interrogativo inquanto è in costanteevoluzione.I nomi, il lin-guaggio, la poesia sono l’ar-matura sulla quale si erigeil mondo.Gli ultimi versi che il pro-fessore ha voluto menzio-nare sono tratti dal III can-to del Paradiso: “Quali per

vetri trasparenti e tersi, o

ver per acque nitide e tran-quille, non sì profonde che

i fondi sien persi tornan d’i

nostri visi le postille debi-li sì, che perla in bianca

fronte non vien men forte

a le nostre pupille”. Dantevede dei visi così pallidi chegli sembrano un’immaginespecchiata: sono i volti deibeati del Paradiso, consu-matisi a forza di pregare edi adorare l’universo.L’ immagine della “perla in

bianca fronte” sta a signifi-care la difficoltà nel distin-guere un colore da un al-tro: il biancore della simili-tudine suggerisce l’aspet-to perlaceo di quei voltisullo sfondo lunare, non di-stinguibili gli uni dagli altri.Ilparadiso è il trionfo dellagloria, della musica, deicori, della luce perlaceache trapassa tutto.Il professore ha concluso lalectio affermando che, inquesta luce, Dante si per-de: e anche noi lettori ciperdiamo in essa.

segue da pag. 1

Per spiegare la formazione dicomunità linguistiche distin-te, Dante ricorre alla tradizio-ne biblica della confusionebabelica, interpretandola informa nuova e originale. Gliuomini che erano intenti allacostruzione della torre, per lanecessità del loro lavoro, crea-rono tante lingue speciali inconformità alle singole attivi-tà comuni.Tale eccezionale intelligenzalinguistica di Dante deve es-sere valorizzata e ben studia-ta nei licei; la lingua deve con-quistare, in via permanente eapprofondita, un proprio spa-zio di riflessione scientifica suitesti, autonoma dalla storialetteraria.Così raccomanda FrancescoSabatini, che, instancabile di-vulgatore della nostra linguavisita innumerevoli scuole divario ordine e grado, ancheper approfondire il metododella Grammatica Valenziale(recentemente introdottonel nostro Liceo).Sabatini sta per ultimare altripreziosi scritti sulla lingua (dicui ci fa cenno in anteprima),ma si spende con passione an-che su argomenti di emergen-za culturale e sociale, comeil problema della rinascita del-le aree montane dopo i disa-stri naturali, in nome della sal-vaguardia del territorio, del-l’arte e della storia (“ReteMontagna”- sezione Abruzzo,sostenuta da specialisti e stu-diosi italiani e stranieri; inconvegno a L’Aquila il 26- 28maggio).Ma torniamo a Dante lingui-sta: il Poeta si muove sul pia-no antropologico per ribadi-re l’appartenenza del linguag-gio verbale alla sola specieumana e associarlo alla suaevoluzione; sul piano geo-lin-guistico europeo per afferma-re a grandi linee il profilo et-nico linguistico del continen-te nella ripartizione dellearee linguistiche d’Europa;sul piano geo-linguistico eculturale neo-latino per foca-lizzare la comune discenden-za delle tre lingue, d’oc, d’oil,di sì. Si muove sul piano strut-turale-funzionale perché sipone i problemi del diversouso, del diverso valore, delladiversa funzione del latino edel volgare.Quella dei rapporti tra idio-mi locali e lingua nazionale èuna realtà più che storicamen-te definibile di cui il SommoPoeta traccia le linee nel DeVulgari Eloquentia.Se alcuni stimoli poteva Dan-te aver derivato dalla letturadi poche opere precedenti,come la Chronica di Salimbe-ne da Parma, scritta in latinodopo il 1283, in cui il frate ave-va parlato degli idiomi regio-nali ma in maniera casuale,Dante lega questo dato a unavisione complessiva di tuttociò che è il linguaggio: le re-lazioni umane, la comunica-zione, lo stato politico e ilcostituirsi di una società.Dante attesta “l’esistenza”dell’italiano in vari punti delConvivio e del De Vulgari Elo-quentia: lo chiama “il volgare

d’Italia”, “volgare latium”, “ita-lica loquela” , “lingua del sì”ma il concetto storico-lingui-stico è quello che noi a po-steriori definiamo lingua ita-liana.E veniamo all’idioma siciliano:Sabatini afferma che i Sicilia-ni sono giustamente orgogliosiper le affermazioni di Dante,ma sarà necessario analizzaremeglio la realtà storico-lingui-stica: Dante poteva credereche effettivamente i poeti si-ciliani avessero scritto in quelvolgare illustre (diverso dallavariante regionale, come di-stingue lo stesso Dante), pri-mo esempio di lingua nazio-nale che ancora oggi può fardire che l’italiano esisteva giàalla corte di Federico II in Si-cilia.Ma noi da almeno un secolosappiamo che le fonti di docu-mentazione dei poeti sicilianialle quali attingeva Dante era-no codici compilati in Toscanache avevano “toscaneggiato”profondamente la lingua origi-nale di questi poeti.Non compare correzione to-scana solo in due codici difondamentale importanza:una trascrizione cinquecente-sca di brani e poesia in sici-liano autentico, studiato e ri-scoperto solo negli ultimi annidell’800 (canzone di StefanoProtonotaro trascritta dal filo-logo G. M. Barbieri); e un fram-mento di una poesia siciliana diGiacomino Pugliese (scopertoda Giuseppina Brunetti in uncodice ora a Zurigo) che vienedall’ambiente della corte tede-scofona di Federico, ma che èin siciliano privo di tratti tosca-nizzanti.Ma Dante-ha detto Sabatini-realmente non sapeva che iSiciliani avevano scritto inmodo diverso da quello chelui presenta come “l’italianovolgare illustre” e che queitesti fossero toscaneggiati?È improbabile, forse giocavaun po’ sull’equivoco, ha ag-giunto il professore; o forsequel processo di toscaneggia-mento potrebbe essere av-venuto abbastanza presto,magari per il gusto dello stes-so Federico, per cui all’epo-ca di Dante tutti credevanoche i Siciliani avessero scrit-to così.“L’importante acquisizione diDante” – ha concluso France-sco Sabatini- “è l’avere stabi-lito, con le sue riflessioni, cheesisteva uno spazio linguisti-co italiano; che l’insieme deivolgari municipali, pur tantodiversi, formava una famiglia,la famiglia di quelli che oggichiamiamo i “dialetti d’Italia”:quindi c’è un’unità culturale,territoriale e linguistica dibase propria dell’Italia.Questo è il dato a cui Dantetiene: avere individuato unospazio linguistico italiano sen-za che vi fosse un potere po-litico, una capitale, un’aula euna sola curia che unificassequesto spazio, ma c’era unacultura, una letteratura cheDante dà per già nata”.

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016

Palacultura: da sinistra Greco, Natoli (IV C) e Sabatini

segue da pag. 1 Dante e il riassunto del mondo

Palacultura: da sin. Danzè,Sabatini e Boncinelli

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Incontro con Edoardo Boncinelli V

Silvia FavaIlaria Maiorana III C

“L’essenza dell’uomo non èmai cambiata e pochi autorice lo mostrano come Dante,poeta eterno”.Questo il motivo dell’attuali-tà di Dante secondo il profes-sore Edoardo Boncinelli, per-sonalità di spicco nel panora-ma scientifico italiano che illiceo Classico G. La Farina haavuto l’onore di incontraregiorno 15 gennaio presso il Pa-lacultura di Messina, in occa-sione del Convegno su Dantenel 750° anno dalla sua nasci-ta, dove è intervenuto con lalezione “La forma universal diquesto nodo”.Conversare con il professoreè stata occasione di una ri-flessione sulla necessità di ali-mentare gli scambi tra sapere

definizione sottintende chenulla dovrebbe essere esclu-so dal campo del conoscibi-le. Eppure oggi verso la scien-za si è sviluppato un atteg-giamento di insofferenza etalvolta avversione nei suoiconfronti. Secondo lei, talivoci critiche possono genera-re, nella pratica, la mancan-za di investimenti che so-stengano l’evoluzione scien-tifica e tecnologica?Purtroppo sì. L’Italia è giusta-mente orgogliosa della suacultura letteraria: ma nel ter-zo millennio non vedo ragionivalide per le quali la culturascientifica dovrebbe esseredisprezzata, dal momento cheviviamo in un mondo in cuilascienza acquista sempre mag-gior terreno.Ritengo che l’Italia dovrebbeincrementare i suoi investi-

maturando un atteggiamentodi negligenza nei confrontidella scienza nella sfera delquotidiano: ho notato che lamancata conoscenza o com-prensione di materie come lafisica e la chimica ha assuntoi connotati di un vanto.Eppure nessuno si vanta dinon conoscere l’Iliade o Leo-pardi! Innegabile è l’esisten-za una differenza: le discipli-ne umanistiche sono portatea rivolgersi al passato; mentrequelle scientifiche, per lorodefinizione, devono guardareal presente e al futuro.Personalmente, ho sempreamato sia la scienza sia la let-teratura e sono profondamen-te convinto che si possanoconiugare le due parti, guar-dando al futuro per quel checoncerne il progresso tecni-co-scientifico e rivolgendouno sguardo al passato perammirare le bellezze traman-dateci da Dante e dal restodel nostro patrimonio lette-rario.La Divina Commedia è unasintesi poderosa di tutto ciòche il mondo precedente aDante aveva prodotto. Ritie-ne che Dante abbia voluto,con la sua opera, andare aldi là di ogni orizzonte di tipocronologico?Dante è un’enciclopedia vi-vente: non esiste argomentodel suo tempo che egli nonconoscesse.Non trascurando nulla, nono-stante le fonti a sua disposi-zioni fossero esigue, ci forni-sce una lezione importante: laconoscenzaanche del passatopiù remoto può essere unostimolo per il futuro.Per Dante non esistono oriz-zonti cronologici in campoconoscitivo e non esiste unasostanziale differenza tra pas-sato e futuro.Una delle numerose lezioniche gli italiani dovrebberodedurne riguarda la compati-bilità della natura “bifronte”dell’essere umano, capace diguardare avanti come indie-tro, ma mantenendo un’uni-cità sostanziale della culturae della mente.Da dove ritiene derivi l’inte-resse di Dante per questionibioetiche?Egli segue la filosofia del tem-po, che conosceva e com-prendeva piuttosto bene.Ci fornisce persino una mera-vigliosa spiegazione su comesi forma il corpo umano e lacoscienza: una scoperta rag-giunta in termini scientificisolo intorno al 2003.Naturalmente, nella formula-zione di Dante mancava qual-che nozione specifica, ma daun punto di vista dell’intuizio-ne tale spiegazione era giàcompleta.Secondo alcuni studiosi Dan-

menti in ogni ambito scienti-fico: mentre la scienza è piut-tosto sviluppata, la biologia,principalmente a causa di ra-gioni storiche, è rimasta indie-tro.Eppure, se vi fosse una realevolontà di cambiamento, sa-rebbe sufficiente poco tem-po per colmare tale lacuna.Non solo la cultura scientifi-ca non è un frequente argo-mento di discussione, ma qua-lora se ne parli si ricade spes-so nella diffidenza e nella sva-lutazione.Si è arrivati persino a definirela cultura scientifica una“pseudo cultura”.Una diffusa convinzione è cheil sapere umanistico, l’arte ela letteratura debbano obbli-gatoriamente rivolgersi alpassato, mentre la scienza alfuturo. Ma lo scopo dell’ope-ra di Dante è andare oltreogni stereotipata divisioneaccademica. Ritiene che taleintento sia adeguatamentecompreso dall’odierno letto-re della Divina Commedia? Equal è l’approccio alla cultu-ra che la separazione dei sa-peri ha determinato?Questo nobile intento puòessere percepito solo dal let-tore che si approccia conreale interesse alla Divina Com-media.La separazione tra sapereumanistico e scientifico èdovuta prevalentemente a ra-gioni accademiche. Però sta

scientifico e umanistico: d’al-tronde l’ambizioso intentoprogrammatico di Dante è sta-to proprio segnare la stradaverso un incontro tra cono-scenze diverse.Il prof. Edoardo Boncinelli hainsegnato genetica e neuro-scienze all’Università Vita-Sa-lute di Milano. Fisico, biologoe genetista, ha individuatouna famiglia di geni, detti ome-ogeni, che controllano lo svi-luppo del corpo.La ricerca dello scienziato siunisce all’impegno dello scrit-tore nel divulgare questioni dietica e scienza, natura ed evo-luzione, anima e libertà e nelcoltivare passioni artistiche eletterarie.Appassionato grecista, ha tra-dotto i lirici greci classici etragedie.Autore di numerosi libri divul-gativi, ha dedicato un volumeai personaggi di Shakespearee nel 2015 ha pubblicato conMassimo Arcangeli La formauniversal di questo nodo(Mondadori Education). Dagennaio ad oggi ha pubblica-to altri tre libri: Contro il sa-cro. Perché le fedi ci rendonostupidi (Rizzoli), Gli enigmi deltempo (Castelvecchi), Godoquindi sono (Imprimatur).

In “Noi siamo cultura” leicita la definizione che Sene-ca dà del bene: “scientiarerum”,ovvero la conoscen-za delle cose del mondo. Tale

“LA FORMA UNIVERSAL DI QUESTO NODO”Intervista a Edoardo Boncinelli

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016

Sara FontanelliSimona Lo Vecchio II D

Palacultura: Boncinelli tra Fava (a sinistra) e Maiorana (a destra)

Una giornata dedicata allascoperta dei preziosi rap-porti tra Dante e il nostroterritorio. Quando abbiamosaputo della presenza di unarchivio di pubblicazioni dan-tesche al Palacultura, aqualche passo dal nostro li-ceo, abbiamo voluto incon-trare il “custode” delle me-morie storiche della città,dottor Giovanni Molonia,che da anni si occupa delrecupero, dello studio edella valorizzazione di patri-moni legati alla nostra real-tà locale e ci ha permessodi accostarci al “Dante mes-sinese” attraverso mano-scritti, lettere, codici minia-ti, e la conoscenza di Tom-maso Cannizzaro, proprieta-rio dell’archivio e persona-lità trainante nella diffusio-ne della Divina Commedia nelmondo, con le relative tra-duzioni oggi in circolazione.Nella biblioteca “Cannizza-ro” sita nel Palacultura “An-tonello”, tra i volumi poli-cromi ben esposti e il mez-zobusto del Cannizzaro, Mo-lonia ha inquadrato la per-sonalità del poeta e scritto-re, in rapporto privilegiatocon le lingue, appassionatodi tipografia e filologia, conun occhio alla circolazionedei codici nelle varie realtànazionali e “il cuore a Mes-sina e al suo dialetto”. Pocoprima della morte, avvenutanel 1921, nel 1917 il lettera-to dona la sua intera biblio-

A ‘cento passi’ dal patrimoniodantesco peloritano

teca alla città; in essa sonocompresi “testi preziosissimi”,ci ha detto Molonia, la cuiesistenza è legata in certosenso all’operato del Canniz-zaro: amante della Commediae intellettuale affacciato sulmondo grazie alle sue molte-plici conoscenze linguistiche,provvide a divulgarla, non pri-ma di aver invogliato gli amicieuropei a realizzarne una tra-duzione. Abbiamo toccato esfogliato manoscritti del poe-ma in spagnolo (edizioni valen-ciane e catalane), inglese, te-desco, praghese, a caratteri

l’Umanesimo prima e il petrar-chismo dopo affievolirono que-st’entusiasmo ma nel Cinque-cento riesplode con forza aMessina il culto per Dante”.Ma l’approdo simbolico diDante a Messina è da colloca-re nel 1367 poiché è docu-mentato l’arrivo di un codicedella Commedia per mano diNicolò Gallo, dignitario dellacorte di Federico III d’Arago-na. Il dottor Molonia, sullabase di conoscenze archivisti-che, ci fa notare che anchenel corso del Quattrocentopersonaggi quali Stefano De

gotici, preceduti da dediche“all’insigne traduttore e poe-ta Tommaso Cannizzaro”, co-stellati di incisioni e illustra-zioni (esemplare la Commediaillustrata da John Flaxman). “LaDivina Commedia ebbe una for-tuna critica inesprimibile” haaggiunto Molonia “certo,

Avillino, Virgilio Giordano e Ni-coletta De Pirrone, secondogli inventari registrati daglieredi, disponevano del poemadantesco. Innegabile il cultodel genio cittadino FrancescoMaurolico per Dante, menzio-nato dallo scienziato in un elo-gio biografico del 1555: la Com-

media è un “egregiumopus” e il suo autore “mo-destus, sobrius, facetus etrerum indagator”. Consul-tando ora una “Vita di Dan-te” ad uso scolastico, orauna “Divina Commedia indialetto napolitano”, oraun’edizione del Principatoo del De Stefano, vediamoampliarsi la prospettiva espostarsi nei secoli, e se ilSeicento italiano fu per laCommedia un terreno so-stanzialmente arido, marca-to di incomprensione escarsa valorizzazione del ca-polavoro, a Messina, fervi-da di tipografi-librai, gli ac-cademici della Fucina nonmancarono di ammirarlo edivulgarlo: la nobildonnaCamilla Bonfiglio ricordavaa memoria le tre cantichenella loro integralità.Tra ipersonaggi di spicco del-l’ambito locale dediti al-l’esegesi dantesca il nostroGiuseppe La Farina, impe-gnato nel chiarire le cele-bri allegorie delle tre fie-re, di Lucifero e del Vegliodi Creta. E non dimenti-chiamo che Giovanni Pasco-

Palacultura: intervento di Giovanni Molonia al Convegno su Dante (a destra E. Arena)

li compose a Messina i suoistudi danteschi: “Sotto ilvelame”, “Minerva oscura”,e in parte “La mirabile visio-ne”. Un percorso “emotivo”tra i testi condotto con pi-glio leggero ci ha dischiusoil fascino del “nostro” Dan-te messinese.

Palacultura, Biblioteca Cannizzaro, la classe II D con Danzè e Molonia

Palacultura: Pulejo, Mantarro, Strano con il Prof. Boncinelli

te anticipa le teorie postula-te da Einstein. Possiamo par-lare di un concreto contribu-to di Dante in area scientifi-ca?Sono certo che se ne possaparlare da un punto di vistabiologico: in quanto biologoho avuto la fortuna e l’onoredi scoprire che i moscerini el’uomo possiedono gli stessigeni portanti.Dante, nel canto X del Purga-torio, dice “O superbi cristia-ni(..) non v’accorgete voi chenoi siam vermi nati a formarl’angelica farfalla?”.La caratteristica più interes-sante dei geni omeogeni stanel fatto che essi sono pre-senti in tutte le specie.È chiaro che per Dante si trat-ta di un’intuizione poetica, maè un’intuizione brillante.

Palacultura: intermezzo conTripoli (arpa) e Ceraulo (lettura)

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Incontro con Marco SantagataVI

Docente ordinario di Lettera-tura italiana all’Università diPisa, tra i più grandi dantistid’Italia, Marco Santagata harisposto alle nostre domandedegli studenti del liceo La Fa-rina descrivendo un Danteconservatore e reazionario,spaziando dal rapporto conl’amico/nemico di sempreGuido Cavalcanti all’attualizza-zione dei principi morali e re-ligiosi del poema eterno.

Dante, poeta eterno, ha affa-scinato ed appassionato mol-tissimi studiosi: lei come siavvicinato alla sua figura?Pensa che il metodo di stu-dio della Commedia e dellealtre opere dantesche nellascuola italiana spinga i giova-ni oggi a studiare Dante inmaniera approfondita?Ero ancora uno studentequando ho cominciato ad ap-profondire Dante, il mio pri-mo lavoro risale al secondoanno di università. Mi sonoavvicinato allo studio di Dan-te studiando Petrarca, sicco-me quest’ultimo teneva mol-to presente Dante era inevi-

tabile arrivare a lui. Ci ho mes-so parecchio, però: alla finemi sono deciso ad affrontareDante in prima persona anche,forse, per fare dispetto a Pe-trarca, che, come voi sapete,soffriva molto della presenzadi questo suo conterraneo,concittadino, si fa per dire,dato che con Firenze Petrar-ca non aveva poi molto a chefare. Per quanto riguarda lascuola italiana: pensate chedisastro sarebbe se tutti quan-ti si mettessero a studiareDante! Che Dio ce ne scampi!La scuola italiana non deveaddestrare a questo, dovreb-be aiutare a far sì che si formiil desiderio di leggere e chequesto desiderio si mantenga,Dante o non Dante: purtrop-po ho l’impressione che ci rie-sca poco, se stiamo ai datisulla lettura degli italiani. Nes-suno sa cosa ci vuole per ri-mediare a questo, nessuno hauna ricetta: secondo me l’im-portante è non esagerare. “Ilmito della lettura”, come sela lettura potesse far tutto:dipende anche da cosa si leg-ge, non solo se si legge, e giàquesto fa la differenza. Inol-tre non è così obbligatoriocome vogliono fare credere,ci sono altre cose: anche an-

dare ai concerti è una buo-na cosa, non solo leggere.Nel XXVIII canto dell’InfernoDante incontra Maomettonell’ottavo cerchio, tra i se-minatori di discordie. Pertale motivo la Divina Comme-dia è stata accusata da alcunistudiosi di islamofobia.Beh, apprezzata da noi, se siva a parlare con i musulmanila apprezzano meno. Ciò det-to, il problema di tutti i fon-damentalismi è quello di ragio-nare come se la storia nonesistesse, senza mai richiamar-si alle reali condizioni stori-che, culturali e sociali del-l’epoca, in cui certe afferma-zioni sono state fatte, biso-gnerebbe un po’ storicizzare:non è che Dante ce l’avessecon i musulmani, ma quella erala cultura di allora. Che que-sto possa offuscare no, fran-camente: bisogna capire ciòche si pensava allora, qualierano gli indirizzi culturali erapportare certe prese diposizione di Dante a quel-l’epoca e a quel tempo.In un passo del suo romanzo“Come donna innamorata” sirimarca l’acceso astio cheDante, alla luce degli avve-nimenti che l’hanno portatoalla contesa con Cavalcanti,

cova dentro di sé: questa suaminaccia di condannare ilvecchio amico Guido allefiamme ereticali si basa suuna questione di caratterereligioso o è un pretesto pervendicarsi in qualche mododell’amico che contribuì amandare in esilio?Se parliamo del personaggiodel mio romanzo, è evidenteche dietro ci sia un insiemedi difficili rapporti di ammira-zione e di rivalità che nasco-no anche dalle differenze so-ciali e culturali, dove c’entrapoco il dato religioso. Se par-liamo del Dante reale, anchelì noi cogliamo delle difficol-tà di rapporto tra i due: nellaVita Nova, che viene dedica-ta a Guido Cavalcanti, Danteafferma di essere lui miglioredi Guido come poeta; anchenella vita reale c’è stato que-sto contrasto che ha porta-to molto probabilmente a unarottura tra i due, anche se larottura è stata sul piano poli-tico, non sul piano della poe-sia o della poetica: insomma,Dante ha votato perché Gui-do se ne andasse in esilio,che non è un dato da poco.Quindi sì, ci sono delle sovrap-posizioni, ma non mescolia-mo il personaggio che mi sonoquasi totalmente inventatocon il personaggio reale. “Il solito Alighieri, avrannopensato gli altri: cosa vuoldimostrare?” è un passaggiodel romanzo. Disprezzato dal-la società del tempo e anchelui disprezzante, dai grandiprogetti politici universalisti-ci più che municipalistici,possiamo affermare che Dan-te non fosse un uomo del suotempo? C’è forse un’epocastorica in cui poter giusta-mente collocare una perso-nalità così illustre ed esigen-te?Dante non era un uomo delsuo tempo perché era un granreazionario: non credete aqueste favole che descrivo-no Dante come un uomo cheguarda al futuro, no, lui guar-dava all’indietro. Dante era un

vero prototipo di reazionario:la società che aveva intornonon gli andava bene perchéera quella che noi oggi chia-meremmo una società moder-na, dinamica, che tendeva allosviluppo, che mescolava leclassi sociali: Dante voleva tor-nare indietro, voleva tornarealla bella società ordinata conl’imperatore, i nobili che co-mandano, tutti al loro posto,una bella gerarchia, e chenulla si muovesse. Oggi sareb-be nella categoria di quelli chelottano contro il progresso,contro la civiltà: il Dante veronon è quello su cui si sonocostruite queste immagini mi-tiche, il Dante vero era unpersonaggio con il quale oggiavremmo grosse difficoltà aconvivere.E qual è l’eternità della Di-vina Commedia?Il fatto che piace. Perché pia-ce? Bella domanda: se sapessirispondere vincerei il Nobel,ma per sapere rispondere aquesta domanda bisognereb-be conoscere tante cose. Incosa consiste l’emozione este-tica? Non lo sappiamo: sonosecoli che ce lo chiediamo, manon lo sappiamo. Probabilmen-te gli studi di neurobiologia equelli che si stanno facendosulla conformazione e sul fun-zionamento del cervello ungiorno ci daranno una rispo-sta, ma finora procediamo atentoni e in maniera un po’tautologica. È vero che cisono dei libri che restano piùdi altri, la Commedia è uno diquesti. Perché piace ancoraDante, credo che il segretonon sia in ciò che dice, di cuia noi non interessa più nien-te, persino l’impostazione re-ligiosa è ormai superata, main come scrive: ha un modo discrivere molto moderno, cosìframmentato, per illuminazio-ni, non dice mai come le cosesono andate realmente, è unmodo di scrivere molto vicinoalla nostra sensibilità, credoche il perpetuo interesse perla Divina Commedia dipendada questo.

Intervista a Marco SantagataDANTE POETA ETERNO

Marco Santagata ha insegna-to in tutto il mondo, ha scrit-to saggi, romanzi, ha vintonumerosi premi letterari, dalPremio Luigi Russo al SuperCampiello, è stato membro del-la commissione nazionale ita-liana dell’UNESCO. Il professo-re Santagata ha recentemen-te pubblicato il volume “Dan-te: il romanzo della sua vita”(Mondadori) e quindi l’ultimoromanzo, con cui è entratonella cinquina del Premio Stre-ga 2015, “Come donna inna-morata” (Guanda).Nel suo intervento al Conve-gno su Dante, dal titolo “Li-turgie battesimali fiorentinenel Paradiso Terrestre”, citan-do gli eventi relativi agli ultimicapitoli del Purgatorio, il pro-fessore Santagata ha fatto ri-ferimento all’incontro conMatelda e all’apparizione diBeatrice, a seguito dei quali

Da sinistra: Strano, Santagata, Mantarro, Mesiti

Dante giunge nel Paradiso Ter-restre.Il poeta, pentitosi a causadelle accuse rivoltegli da Be-atrice, accompagnato daMatelda e da Stazio, segue ladonna in processione versouna purificazione incastonatain avvenimenti da leggereprettamente in chiave allego-rica. L’azione allegorica si svol-ge in un ambiente di duplicenatura: troviamo infatti unachiara geografia terrestre re-golata da una fisica ultrater-rena, composta da elementiche sono insieme naturali esimbolici.Dante è circondato da ele-menti fisici reali (guada fiumiche nascono da una concre-ta sorgente) e l’inquadraturaallegorica nella quale sonoinseriti non deve travalicarela loro naturale fisicità.Il professore sottolinea che al-l’interno del codice narrati-vo dantesco è normale inseri-re elementi sovrannaturali al-l’interno di contesti reali, manon è normale che interagi-

scano con raffigurazioni ditipo allegorico; fa inoltre no-tare come la narrazione dan-tesca si allinei perfettamentecon il vissuto del poeta e congli spazi della sua Firenze, nona caso gli spostamenti di Dan-te personaggio nella selva tro-vano dei parallelismi nelle co-noscenze di Dante autore.Lo schema illustrativo del tra-gitto che Dante compie co-steggiando il fiume Lete cor-risponde infatti con i movi-menti dei neobattezzati all’in-terno del complesso cattedra-le-battistero di San Giovannia Firenze: tale disposizione ècarica di riferimenti ideologi-ci e dottrinali e riflette i ritid’iniziazione dei neobattezza-ti, che compiono un percor-so equivalente al passaggiodalla Gerusalemme terrestrealla sua corrispondente cele-ste.I catecumeni infatti, entran-do in San Giovanni, si muove-vano da nord a sud, così comeil corso del Lete, e, dopo es-sere stati battezzati, viravano

verso la cattedrale, proce-dendo ad angolo retto, cosìcome avrebbe fatto Dante co-steggiando il fiume.Le analogie tra la Commediae il capoluogo fiorentino in-teressano anche il ParadisoTerrestre stesso, in quantoesso, come il portico dellachiesa di Santa Riparata a Fi-renze, ha funzione di purifi-cazione: infatti i neobattez-zati dovevano transitare attra-verso l’entrata per raggiunge-re l’abside, ovvero il ParadisoCeleste.Procedendo con il suo inter-vento Santagata ha sottoline-ato la valenza prevalentemen-te simbolica dei due fiumi(Lete ed Eunoè), data la vagacollocazione geografica delParadiso Terrestre: Dante co-munque considera le zonedelimitate dal Lete più sacredi quelle delimitate dall’Eu-noè, di conseguenza Virgilio,che non è battezzato, nonpuò passare al di là del fiu-me, che viene attraversatosolo da Dante e Stazio.

L’Eunoè, a differenza del Lete,è un’invenzione dantesca madi forte valenza simbolica, inquanto solo dopo aver bevu-to le sue acque è possibileascendere alle stelle.“Il Lete cancella il ricordo delmale compiuto, l’Eunoè rav-viva quello del bene fatto”,dice il professore Santagata,evidenziando che l’azione del-l’uno dev’essere necessaria-mente completata dall’azionedell’altro.Infine il professore, ripercor-rendo l’amministrazione deisacramenti ai tempi di Dante,battesimo, confermazione edeucarestia, che venivano im-partiti durante la stessa ceri-monia, ha associato la purifi-cazione e l’elevazione delbene eseguita dall’Eunoè allacorrelazione tra battesimo econfermazione, in quantocome questi due sacramentipermettono di accedere al-l’eucarestia, così il bagno nelLete e nell’Eunoè fanno sì cheil pellegrino Dante raggiungail Paradiso.

Giusy MantarroAlessia MesitiDiana Strano IC

Giusy MantarroAlessia MesitiDiana Strano IC

Liturgie battesimali fiorentinenel Paradiso Terrestre

Riflessione sulla lezione magistrale di Marco Santagata

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016

Dante è un sognatore, unamico e un innamorato i cuipensieri recitano sul palcodella sua anima complessa esilenziosa. Marco Santagatanel romanzo “Come donna in-namorata’’ (Guanda) fa dellafantasia un tutt’uno con larazionalità, creando un qua-dro dove emerge un Dantecon un lato più‘ “umano’’,alle prese con i problemi del-la vita quotidiana e soprat-tutto vittima di una cittàcorrotta e manipolatrice.Appare fragile, solitario, in-compreso, ma allo stessotempo orgoglioso e ambizio-so. Un pensatore che già dafanciullo risulta determina-to e ribelle tanto da rinun-ciare a quel fruttuoso cam-mino, ben voluto dal padre,che lo avrebbe condotto adivenire un ricco banchiereo, come auspicava il nonno,un rispettato avvocato. Unmarito “tra le nuvole” Dan-te, mentre la moglie Gemmagli sta accanto presa dallaquotidianità,immerso in que-gli stessi versi che scandiran-no le note della sua vita: unuomo pregno di emozioni esensibilità. Ora vicino oradistante dalla realtà, Dante,vede ed esalta l’amore intutte le sue sfaccettature,materiali ed immateriali, ef-fimere ed eterne. Cerca etrova il mediatore tra la po-tenza divina e la fallacia del-l’essere umano, un angelocontraddistinto non da avve-nenza fisica ma da una pro-fondità interiore capace dirisvegliare ciò che di buonoè nell’animo. “Chi sarebbestato l’angelo da celebrarein versi, lui l’aveva giàdeciso.Non poteva essereche Beatrice Portinari, ladama dagli occhi di smeral-do, la signora triste che ca-lamitava l’attenzione dei pre-senti e li rendeva più genti-li, più affabili.” Occhi chequietano, ma allo stesso tem-po scuotono le membra, pro-vocando in Dante desideriodi conoscenza più alta. Ep-pure tale Musa, ispiratrice

del suo intelletto, si dissol-verà ben presto dal presen-te statico per raggiungerel’infinita eternità del Padreceleste, liberandosi così dal-le catene della materialità eabbracciando liberamentel’immortalità. “La luce istan-tanea di un lampo illuminòuna nuvola bianca candido:il vento la stava spingendo inalto, in mezzo alle nuvolenere”, durante un tempora-le, una breve luce guizzò nelciel, e rese nota la verità.Beatrice spinta da una forzasovrumana toccava adessol’irraggiungibile, illuminandocol fuoco sacro dello spiritole tenebre della corruzione.Beatrice risulta quindi fonda-mentale per fare compren-dere il concetto di luce, l’im-magine di Dio, di creazionecome processo emanatistico,di universalità dell’amore edella contemplazione del-l’anima di tutte le cose nellavisione finale di Dio. Ora Dan-te poteva intraprendere ilsentiero, che Beatrice inquanto angelo, messaggero eguida umana, aveva traccia-to. Passerà attraverso la ne-gazione di sé stesso, poichésolo con la sua uccisionemorale e dell’amico Cavalcan-ti, entrambi il fiore della cit-tà, Firenze, nonché la vitaseconda, si sarebbe potutarinnovare, concedendo l’im-mortalità. ‘’Avrebbero datofrutto, soltanto dopo la ge-lata dell’inverno’’. La purifi-cazione, da cui scaturiva l’il-luminazione, conduce al-l’unione eterna.

COME DONNA INNAMORATA

Natale Miduri I C

Simone Parisi III D

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VII

Intervista a Gianfranco FioravantiIl Convivio: un nuovo compito per la Filosofia

Gianfranco Fioravanti, uno deipiù autorevoli studiosi di Sto-ria di filosofia medievale, èintervenuto al Convegno conla relazione “ Il Convivio: unnuovo compito per la filoso-fia”. Al Convivio si è intensa-mente dedicato curando peri Meridiani l’impegnativo stu-dio. Fioravanti, formatosi aPisa, si è laureato con una tesiin Storia della filosofia medie-vale. Nel 1967 ha conseguitoil diploma di perfezionamentoin Filosofia presso la scuolaNormale. Dal 1986 al 1989 hainsegnato presso la Facoltà diLettere dell’Università di Mes-sina. Le sue ricerche concer-nono principalmente le diver-se forme di aristotelismo del-le università medievali, ed egliha condotto altresì ricerchesignificative sul pensiero poli-tico e scientifico medievale,fino ad arrivare agli studi dan-teschi summenzionati.

Professore Fioravanti, dalConvivio emergono in Dan-te tematiche assai differenti

da quelle che predominanonelle sue opere poetiche; viè infatti un sentito elogioalla Ragione, l’unica, in uncerto senso, a rendere l’uo-mo tale. Si potrebbe forseparlare, sotto questo profilo,di un Dante “illuminista”ante litteram?Non occorre certamente mi-sinterpretare il pensiero dan-tesco, poiché non bisognadimenticare che “Ragione” èscritto con la maiuscola edunque si tratta di una “Ra-gione” derivata e donata dal-la divinità, congiunta alla divi-nità (“Cognoscere”, “amare”etc., attenendosi al lessicodantesco). Senza l’ispirazionedivina non è in alcun modopossibile pervenire alla veritàultima delle cose. L’intelligen-za è in prima istanza quella diDio; segue quella angelica, einfine vi è l’intelligenza uma-na, che delle prime due nonpuò assolutamente fare ameno.È possibile considerare Dan-te un personaggio originaleanche dal punto di vista filo-sofico, o è più corretto rite-nere il Fiorentino un perfet-

to figlio del suo tempo, e in-terpretare pertanto la suaopera come una pura summadella filosofia dell’epoca incui visse?Dante non fu, francamente,particolarmente originale dalpunto di vista contenutistico,perché nel Convivio non si tro-va in fondo che una summadelle dottrine del suo tempo.La sua vera originalità consi-ste tanto nel modo di espri-mere i contenuti assimilatiquanto nello stesso apparato

Incontro con Gianfranco Fioravanti

Roberto D’AndreaJacopo Burgio III A

formale di cui egli si serve. Lafase rielaborativa fu in Dantedi certo il più rilevante ele-mento innovatore e, osereidire, senza tempo, che nontrova precedenti né seguen-ti. Fu infatti la sua capacità diamalgamare la foltissima mol-teplicità del reale di cui si eranutrito, e quindi di divulgarlapresso i più, a determinare ilsuo straordinario successonon solo poetico, ma anchepropriamente filosofico e dot-trinario.

Si è sviluppato da pochi anniun intenso dibattito attornoalla figura complessiva di Dan-te. Il profondo e pressochéirrisolto interrogativo di fon-do è il seguente: la sua ope-ra è da giudicare interamen-te radicata ed alimentata nelMedioevo, o preconizza for-se, per certi aspetti, già l’etàdel Rinascimento?Per certi versi, ovviamenteperiferici, prelude effettiva-mente a degli sviluppi: nelleEcloghe, la corrispondenza

con Virgilio apre un capitolodi storia letteraria italiana chesi protrarrà fino al Cinque-cento. Paradossalmente, alcontrario di quanto si possapensare, Dante fece scuolamolto di più con il Convivioche con la Commedia, cui te-neva maggiormente: dal pun-to di vista linguistico, fu pre-so molto più ad esempio il belperiodo latineggiante del Boc-caccio, con il risultato che lalingua scritta italiana ha poiacquisito quasi una vena ci-

ceroniana. D’altronde il Con-vivio non è solo una mera sum-ma del pensiero precedente,ma, lungi dal sembrare un la-voro di raccolta, compilazio-ne e sintesi di esso, è qualco-sa di decisamente originale,che non avrà seguito nella sto-ria della letteratura. La Com-media, d’altro canto, è statasempre più oggetto di vene-razione che di imitazione,come è giusto che sia: forse,proprio perché Dante è inimi-tabile.

Professore di Letteratura ita-liana all’Università di Bolognadove insegna “Letteratura ecritica dantesca” e “Filologiadantesca”, Giuseppe Leddanato in Sardegna, ha studia-to filosofia all’Università di Fi-renze. Poi a Bologna, si è lau-reato in Lettere classiche conuna tesi su “Dante e i tópoidell’indicibilità”, scritta sottola direzione di Ezio Raimondie Andrea Battistini. Ha tenu-to corsi su Dante presso lesedi bolognesi di universitàamericane, la University of Ca-lifornia e il Dickinson College.Dopo la pubblicazione del sag-gio “Verità e poesia nella Po-etica di Aristotele”, si è dedi-cato agli studi letterari con-centrando la sua attività di ri-cerca su Dante e sulla lette-ratura medievale. Oltre a nu-merosi articoli, relazioni peratti di convegni, rassegne bi-bliografiche, ha scritto libri diargomento dantesco tra cui“La guerra della lingua. Ineffa-bilità, retorica e narrativa nel-la Commedia di Dante”, e unamonografia di carattere divul-gativo, “Dante”. La sua lezio-ne magistrale al Convegno si èincentrata su i “Modelli biblicinella Commedia di Dante”.

Professore,il motivo del viag-gio e del viaggiatore è sem-pre stato al centro della let-teratura, sia classica che mo-derna e contemporanea. Agliocchi di Dante veniva cosìprofilandosi un parallelismo

tra il viaggio dell’Ulisse ome-rico e quello da lui narrato.Come si pongono rispetto aquesto tema i due “viaggia-tori”? In che cosa si assomi-gliano e in cosa si differen-ziano i loro itinerari?Il confronto fra Dante e Ulis-se è un tema classico neglistudi danteschi. Fin dall’iniziodel poema (Inf. II) si costrui-sce l’identità di Dante perso-naggio come viaggiatore del-l’aldilà investito di una missio-ne provvidenziale, i cui modellisono Enea e san Paolo. Maattraverso alcune spie lingui-stiche si annuncia anche unmodello negativo, che assu-merà più avanti la fisionomiadi Ulisse. Il timore che Dantemanifesta a Virgilio potrebbeessere sintetizzato così: temodi essere non un nuovo Eneao un nuovo Paolo, ma un nuo-vo Ulisse, uno che sfida i con-fini posti dalla divinità e va in-contro alla morte. In partico-lare l’espressione «l’alto pas-so» (Inf. II 12) indica il passag-gio pericoloso che segna l’ini-zio del viaggio oltremondano.E la stessa espressione saràusata da Ulisse per ricordareil momento in cui la sua im-presa ha inizio con l’attraver-samento delle colonne d’Er-cole (Inf. XXVI 133). Al termi-ne del lungo discorso con ilquale Dante espone i suoidubbi, si trova invece l’agget-tivo folle: «temo che la venu-ta non sia folle». Dante ètranquillizzato da Virgilio chegli racconta come il suo viag-gio nell’aldilà sia voluto in cie-lo. Ulisse invece non ha taleautorizzazione, egli oltrepas-sa il limite contro il divietodivino, e per questo la suaimpresa è folle: «de’ remi fa-cemmo ali al folle volo» (Inf.XXVI 125); «il varco / folled’Ulisse» (Par. XXVII 82-83).Ma c’è un’ulteriore dimensio-ne del rapporto fra Dante eUlisse. Il racconto del viaggiodi Ulisse è preceduto da unadichiarazione proemiale pro-nunciata da Dante poeta: «Al-lor mi dolsi, e ora mi ridoglio/ quando drizzo la mente a ciò

ch’io vidi, / e più lo ’ngegnoaffreno ch’i’ non soglio, //perché non corra che virtù nolguidi» (Inf. XXVI 19-22). SiaDante personaggio che Dantepoeta sono dunque coinvoltie addolorati dalla vicenda diUlisse. Dante poeta, in parti-colare, ne trae un insegna-mento che sembra coinvolge-re l’intero campo della suavita intellettuale.In tutta la produzione dante-sca, soprattutto all’internodella Commedia, la figura diBeatrice assume un ruolo fon-damentale. Circondata daun’aurea cristologica e reden-trice, viene riconosciuta,come anche Lei scrive nel suolibro, nella preghiera finaleche Dante le rivolgerà nel-l’Empireo. Come avvieneesattamente questo passaggiodi Beatrice da figura terrenaa creatura evangelica inviatada Dio?Credo che questo passaggiosia già presente nella Vitanova. Qui Beatrice è fin dal-l’inizio una creatura celeste,ma è Dante a essere inizial-mente legato a una dimensio-ne terrena. Quando finalmen-te attua la svolta decisiva estraordinaria che lo porta aun amore che ha il suo fine

non in qualcosa che si chie-de alla persona amata, ma inqualcosa che si dà, e in parti-colare nelle parole poetichein lode di Beatrice, può final-mente capire che ella è «unacosa venuta di cielo in terra amiracol mostrare». A quel pun-to può iniziare un percorso incui l’amore promuove davve-ro un processo di nobilitazio-ne morale e spirituale del-l’amante.Dante si allontana da questopercorso dopo la morte diBeatrice e dopo la Vitanova.Nel momento in cuiscende nel limbo,la funzionedi Beatrice si fa esplicitamen-te salvifica, e la sua discesanel Limbo per salvare Dante èparagonabile alla discesa diCristo risorto agli Inferi perportare in cielo i giusti cre-denti del tempo precristiano.Già nella Vita nova Beatriceera circondata da un’aura cri-stologica. Il vero ritorno di Be-atrice, dopo l’antefatto delladiscesa nel Limbo, si svolge nelParadiso terrestre, e anche lìBeatrice appare subito con-notata da elementi cristolo-gici, in quanto dotata di fun-zioni salvifiche e simbolismoresurrezionale. L’altro aspet-to fondamentale assunto da

Beatrice è quello di essereguida verso la conoscenza deldivino. Questa capacità di ri-flessione e mediazione del di-vino trova il suo momento piùimportante all’inizio del Para-diso mentre questa funzionedi guida e di motore dell’asce-sa paradisiaca prosegue lun-go tutto il paradiso.In tutte le opere di Dante,l’autore attinge a fonti comel’Apocalisse e libri profetici.(Già dal celebre incipit dellaCommedia si riscontra la ri-presa dei uno dei versetti delprofeta Isaia). Il linguaggioprofetico svolge poi anche lafunzione di sostenere la de-nuncia vigorosa della corru-zione del mondo attuale. Daqui le molte invettive e apo-strofi rivolte a principi, im-peratori e pontefici. Secon-do Lei il rapporto ostile conBonifacio VIII quanto ha influ-ito negli scritti del poeta?È certamente utile conosce-re le circostanze storiche percomprendere le allusioni sot-tese al testo. Ma vedo oggirisorgere una tendenza al bio-grafismo come spiegazioneesclusiva della poesia: ten-denza in sé legittima ma perme personalmente non moltointeressante. Se la vita di un

autore è sufficiente a spiega-re la sua poesia, vuol dire chequesta poesia vale ben poco.Per fortuna non è il caso delnostro autore. Nel caso spe-cifico, è evidente che l’espe-rienza della situazione politi-ca del suo tempo è stata de-cisiva per far maturare in Dan-te risposte a questa situazio-ne, per spingerlo a elaborareprospettive politiche che po-tessero superare i problemiche vedeva davanti a sé. LaChiesa di Bonifacio con la suapesante ingerenza nella poli-tica italiana e fiorentina hacertamente costretto Dantea elaborare un giudizio su que-sta situazione e un progettoalternativo.In numerosi canti del poema,Dante affronta diverse que-stioni dottrinali. Ad esempionel dialogo con Marco Lom-bardo nel XVI canto del Pur-gatorio, affronta il tema dellibero arbitrio e cerca unaspiegazione riguardo la mal-vagità intrisa nel mondo.Nel dialogo con Marco Lom-bardo, Dante personaggio rac-coglie il riferimento dell’ani-ma alla decadenza del mondoe al venire meno del valore ein più gli chiede di indicarglila causa di tutto ciò, in modoche egli possa a sua volta mo-strarla ad altri, in quanto al-cuni attribuiscono la causa diciò al cielo, altri al mondoterreno. Marco Lombardocontesta il meccanicismoastrologico volgare secondocui appunto la ragione deicomportamenti umani sareb-be causato meccanicamentedalle influenze dei cieli e sot-tolinea energicamente chel’uomo ha la libertà di agirenonostante e anche controqueste influenze. Inoltre gli èdato il libero arbitrio che,benché all’inizio possa esse-re soggiogato dalla forza del-le influenze astrali, se vienerafforzato e nutrito delle buo-ne consuetudini diventa capa-ce di vincere gli eventuali in-flussi negativi. Dio, che pureè infinitamente potente, gliconcede la libertà perfino da

IL VIAGGIO DI DANTEIntervista a Giuseppe Ledda

Sabrina DemanaMariasmeralda CannistraciDaria Denaro III C

tale sua potenza. Perciò, con-clude Marco, se il mondo vain rovina e domina l’ingiusti-zia e l’infelicità la colpa nonè certo delle influenze deicieli, ma degli uomini che usa-no la libertà per scegliere ilmale anziché il bene.Un po’ tutti leggendo la com-media restano colpiti da unoo più versi. Anche Lei haqualche verso che sente piùvicino, che l’ha accompagna-ta nella Sua formazione e alquale è particolarmente le-gato?Di fronte ad un’opera tantovasta quanto ricca come laDivina Commedia è difficilenon restare colpiti dai versidel poeta. Infatti, all’internodelle tre cantiche mi è capi-tato di imbattermi in delleterzine a cui, tuttora, sonoprofondamente legato. In par-ticolare sono i primi versi delParadiso quelli che mi hannointrodotto nel mondo di Dan-te e per questo li reputofondamentali:«Nel ciel che piùde la sua luce prende / fu’ ioe vidi cose che ridire / né sané può chi di là su discende».(Pd I, 4-6)Mentre studiavo Lettere aBologna, raccoglievo le sche-de per fare una tesi sull’inef-fabilità, cioè sull’impossibilitàdi dire. Volevo studiare que-sto fenomeno come un topos,cioè uno schema ricorrentenella letteratura, ma anchecome uno spazio di riflessio-ne sul potere e sui limiti dellaparola. Non pensavo a Dante,e invece quando sono andatoa “chiedere la tesi” a Ezio Ra-imondi, uno dei massimi ita-lianisti del Novecento, mi dis-se: «Benissimo l’ineffabilità, maallora deve farla su Dante...».Aveva ragione lui, come dimo-stra la straordinaria terzina inapertura del Paradiso e le tan-te occorrenze in tutta la Com-media. Da lì è nata la mia tesidi laurea in Lettere, poi quel-la di dottorato e il mio primolibro, La guerra della lingua.Così sono entrato negli studidanteschi, e non ne sono piùuscito.

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016

Palacultura: Gianfranco Fioravanti

Palacultura: a sin. D’Andrea e Fioravanti

Giuseppe Ledda

Palacultura Antonello: Platea

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VIII Incontro con Matteo Durante

Matteo Durante, docente or-dinario di Letteratura italia-na della Facoltà di Lettere eFilosofia dell’Università deglistudi di Messina, ha curato gliassetti filologici dell’indaginesu Dante e di recente ha pub-blicato un volume su Pascoli“lettore di Dante”. Nel suointervento sull’epistola XI diDante, “Cardinalibus ytalicisDantes de Florentia”, si èmosso su due piani: proporreda un lato la ricostruzionedella tradizione in cui si col-loca la copia del Boccaccio,dall’altro sostenere la rilettu-ra complessiva dell’epistolache può ragionevolmente le-gittimare una sua compostadiacronia.

Quale ruolo ebbe, nel per-corso intellettuale dell’Ali-ghieri, l’attività epistolare?Un ruolo importante. Ma solole tredici che noi possedia-mo, anche se non sono soloquelle. Ne avrà scritte sicu-

uno dei peggiori copisti. Noiabbiamo quindi uno spaccatodi queste operazioni dante-sche, scritte per sé o a nomedi altri addirittura, uno spac-cato minimo. Ci rimane assaipoco, e quello che ci rimanenon sappiamo se sia tutto suo.Ad esempio, non si sa se tuttala Commedia così come è ar-rivata sia tutta parola per pa-rola opera di Dante.Infatti si sta preparando unanuova edizione critica dellaCommedia, fatta soprattuttoda storici della lingua, che siinterrogano su quale sia la lin-gua di Dante; laddove per Pe-trarca o Boccaccio abbiamogli autografi, per Dante non ècosì.Dante fa ancora parte di que-sta realtà in cui le cose rima-nevano private, ma chissàquante ne avrà scritte di let-tere!Quale fu la posizione del po-eta rispetto all’Ars dictami-nis e quale eredità si può ap-prezzare nella tradizione suc-cessiva?Dunque, come sapete, l’epi-

ni, dicendo che “era di altodittato” e “commendata daisavi”. Quindi Dante, quandocomincia a scrivere, sa già didover rispettare un canone,un criterio che prevede tut-ta una serie di scansioni del-l’epistola: la salutatio, la nar-ratio, la petitio, la conclusio,con la data e la firma. Danterispetta perfettamente le re-gole, in tutte, anche in quel-le agli amici.Per esempio ad un tale “pa-ter florentinus”, che non sap-piamo chi sia. Ovviamente piùalta è la dignità della lettera –pensate a quella ad Arrigo VII,a quella ai cardinali italiani, allaprima delle lettere a Niccolòda Prato - meglio essa rispet-ta le regole.Dante è un letterato prima ditutto, tutto ciò che scrivescaturisce dalla sua idea diletteratura. Pensate alla Divi-na Commedia: se leggete unverso di Dante, riuscite asmontarlo e ne capite gli in-granaggi, voi siete in grado dicapire cosa significa lettera-tura per Dante.”

espressioni?Qui entra tutto il sistema del-la costruzione della lettera,molto complicata:la letterastava lì nello “Zibaldone” diBoccaccio e nessuno avevacapito che era di Dante, sidava da anonimo addirittura,fino a quando poi è pubbli-cata nel 1828 e gli è ricono-sciuta la paternità. QuandoDante scrive questa lettera,forse nel ’14, forse nel ’16,quando inizia il conclave oquando, dopo due anni dichiusura, viene ripreso il con-clave. E quando la scrive lamanda ai cardinali italiani “etcetera”.La manda innanzitutto a dueitaliani, Napoleone Orsini e uncerto “transtiberino”: Mor-gen ha ipotizzato che sia Ja-copo Caetani, a cui poi miseanche il cognome Stefane-schi, parente di Bonifacio.La manda perché questi duecardinali italiani –ce n’era an-che un terzo- avevano parte-cipato al conclave di Perugia,che si era tenuto nel 1304-1305 e aveva eletto papa Cle-mente V, voluto da Filippo ilBello, re di Francia.Questo aveva tutto l’ interes-se, dopo la battaglia controBonifacio, di mettere sottotutela la Chiesa, e quindi èchiaro che un papa Guasco-ne addirittura avrebbe anco-ra di più favorito questa suaoperazione. Questi due car-dinali, uno è il capo della cor-

rente bonifaciana (Stefane-schi), l’altro capo della cor-rente anti-bonifaciana, tutti edue per varie ragioni, alla fineaderiscono all’ipotesi di fareun compromesso, che sareb-be Clemente V.Dante la manda nella speran-za di non ripetere l’errore giàcommesso, perché attraversoquell’errore la sede apostoli-ca era transitata da Roma pri-ma a Lione e poi nel 1309 adAvignone. Li invita, in quel loroscontro all’interno del con-clave, a stare attenti: “l’oc-chio dell’intelligenza guardiRoma, che è rimasta vedova esola, figlia spuria ormai dei duelumi, Papa e Imperatore”.Fino a che punto, la letteradi Dante avrebbe potuto in-cidere sull’esito degli even-ti, che di fatto non andaronocome egli voleva? In chemodo per il poeta, avrebbepotuto influire l’elezione diun papa italiano e il conse-guente ritorno di Roma comesede pontificia?Assolutamente nulla, bisognatener conto che quando icardinali italiani vengonoespulsi nel luglio del ‘14 dalconclave da una masnada diGuasconi finanziata da Filippoil Bello, lo stesso NapoleoneOrsini, leader della correnteanti-bonifaciana, che avevavotato a favore di Clemente Vmanda una dura lettera a Fi-lippo il Bello, facendo notarela profonda crisi di Roma e

Giada Tortora II ASimona Ceraulo II B

AI CARDINALI ITALIANI, EPISTOLA XI DI DANTE

che era utile il fatto che ilpapato tornasse nella suasede, come direbbe Dante,“naturale”.Quindi questa situazione erainsita già tra gli stessi anti-bonifaciani, il cui unico pro-blema era stata l’espulsionedei due cardinali Colonna, ri-tenuti peccaminosi dal colle-gio cardinalizio per opera diBonifacio.È un po’ complicata da spie-gare la vicenda nella logicache è tipica dei conclavi delbasso Medioevo.Ritiene che tutt’ora, in qual-che modo, i cardinali italia-ni stiano conducendo il car-ro della Chiesa fuori dalla viatracciata da Cristo?Bisognerebbe dire tantecose. Io sono cattolico pra-ticante, quindi sento su di mel’esigenza di una Chiesa chesia profondamente rinnovata.Ho grande fiducia in questopapa, però la Chiesa e la mag-gior parte dei cardinali nonitaliani non seguono l’itinera-rio che in qualche modo èprogettato da papa France-sco.Bisognerebbe mandare unanuova lettera, per mandarevia o ignorarli quei cardinaliche tuttavia occupano sediimportanti.Sia Dante che Petrarca, nel-le loro epistole riversano idubbi e le passioni del pro-prio animo tormentato.L’uno esule dall’amata Firen-

ze avverte personalmente glieffetti della tragica crisi cheattanaglia l’Italia; l’altro fa diqueste uno specchio del dis-sidio interiore che lo afflig-ge. In questo senso, in chemodo le lettere possono di-ventare espressione dell’in-quietudine dell’animo uma-no?Sono modi diversi di intende-re l’epistolografia. Intanto perPetrarca abbiamo una serienutritissima di lettere che simuovono dalla filologia all’ana-lisi storica- pensate ai rapporticon Cola di Rienzo - . Sono duemondi diversi, quelli di Dantee di Petrarca.Le lettere stanno a testimo-niarlo anche se sono in en-trambi i casi espressione del-la loro inquietudine, espres-sione di una mentalità e am-biente culturale.Tolgo dalla lista quella a Can-grande della Scala su cui il di-battito è ancora aperto, inquanto non si sa se sia tuttadi Dante o se ci siano delleintromissioni dopo la morte diDante; si discute se solo laprima parte con dedica a Can-grande sia dantesca, sulla se-conda la discussione tra i fi-lologi dura da vari secoli.Però le due lettere, quella adArrigo e questa ai cardinali,sono lettere ideologiche an-che sul versante dello stile edella retorica.

ramente molte di più. Quelleche noi possediamo, non di-mentichiamolo, sono soltan-to delle trascrizioni che sonovenute dopo la morte del po-eta e sono arrivate anche inmaniera avventurosa tra lenostre mani.Tre di queste lettere ci sonogiunte attraverso la mano diBoccaccio, persona straordi-nariamente geniale che, tut-tavia, quando copiava, era

stolografia ha delle regole chesono ben codificate e parti-vano dalla cancelleria papale;e Dante le rispetta perfetta-mente in quanto parte delleartes dictaminis. Del resto,guai se non avesse fatto que-sto! Nella sua cronaca Giovan-ni Villani parla delle “pistole”che Dante ha scritto dopol’esilio. Ne cita solo tre e una di que-ste è quella ai cardinali italia-

Nell’epistola XI ai cardinaliitaliani Dante insiste su alcu-ni concetti nel delineare lasituazione in cui versa Roma,“vedova, deserta, infestatada eresie, divisa e lontana daCristo, il cui corso del carrodella Sposa è deragliato”, elo fa utilizzando un linguag-gio biblico-profetico abba-stanza forte. Secondo lei, acosa è dovuta l’asprezza chesi può cogliere in queste

Intervista a Matteo Durante

Il professore Matteo Duran-te nella sua lectio al Conve-gno su Dante ha illustratol’epistola indirizzata ai Car-dinali italiani riuniti nel con-clave di Carpentras, dopo lamorte del papa guasconeClemente V: è una delle treepistole dantesche giunte anoi in una copia di mano delBoccaccio; accolta, insie-me all’epistola a Cino da Pi-stoia e ad un, a noi ignoto,«pater» fiorentino, tra lecarte di un suo zibaldoneautografo ora conservatonella Biblioteca Laurenzia-na di Firenze, unico super-stite testimone di una tra-dizione purtroppo dispersa.L’intervento, ha propostoda un lato, una ricostruzio-ne della tradizione entrocui si colloca la copia delBoccaccio; e, dall’altro, hainteso sostenere una rilet-tura complessiva dell’epi-

stola che può ragionevolmen-te legittimare una sua compo-sita diacronia.Un documento del SommoPoeta molto spesso dimenti-cato, tralasciato, ma che te-stimonia il grande impegno po-litico di Dante, profondamen-te interessato ai continui mu-tamenti sociali cui era sotto-posta l’Italia: l’XI epistola “Car-dinalibus ytalicis Dantes de Flo-rentia”, iniziata nel 1305, piùvolte interrotta e infine com-pletata nel 1309 e indirizzataai cardinali italiani.Dopo la morte del papa Boni-facio VIII, figura centrale del-la corruzione della Chiesa e“bersaglio” ricorrente delleinvettive dantesche, la Curiaera stata spostata ad Avigno-ne, dove i cardinali francesiavevano di fatto imposto laloro volontà sulla minoranzaitaliana. Dante, per nulla inti-morito dall’autorità papale,scrisse una violenta invettiva

contro la Chiesa, denuncian-do la sua corruzione e spe-cialmente il trasferimento del-la sede del pontefice, spro-nando i suoi compatrioti a ri-prendere in mano la guidadella Chiesa e far tornare ilpapa a Roma in modo da po-ter riprendere il Conclave,che tuttavia avrebbe eletto,poco tempo dopo la morte diClemente V, il francese Giovan-ni XXII, già arcivescovo di Avi-gnone e anche cardinale ti-tolare di San Vitale.L’epistola, che allude anchealla disastrosa elezione di Cle-mente V nel conclave del1305, è arricchita dal ricordodi illustri figure bibliche, sul-le quali primeggia il profetaGeremia, modello di forza e ditenacia che non teme il po-tere delle autorità.In questo senso Dante, cosìcome nella “Comedia”, dimo-stra la sua profonda vena“profetica”.

paternità di Dante, per cui lalettera avrebbe conservato lasua forma originaria salvoqualche modifica da parte diun ignoto copista.Mediante questa approfondi-ta analisi il professore Duran-te ha tracciato l’immagine diun poeta attivamente impe-gnato in politica, un attentoosservatore dei dettami del-le epistole medievali che esi-gevano un’organizzazione in-terna rigorosa e priva di er-rori, e soprattutto un uomoche per aiutare il proprio Pa-ese e per indicargli la stradadella salvezza non ha mai co-nosciuto momenti di debolez-za o di sconforto, ma al con-trario ha trasmesso vigore aisuoi contemporanei.I secoli trascorreranno, ma ilcontributo offerto da Danteall’Italia non sarà mai dimen-ticato.

L’exul immeritus ai cardinali italianiIl professore Durante, dopoaver illustrato il contenuto del-l’epistola, ne ha analizzato gliaspetti storici e filologici, ilcui originale manoscritto è an-dato quasi certamente perdu-to; il testo pervenuto a noioggi, secondo alcune ipotesi,riprende la copia trascritta inseguito da Giovanni Boccac-cio, il quale avrebbe tuttaviainserito numerose formule ca-ratteristiche del proprio stileper sostituire parti a suo giu-dizio superflue, come avevafatto anche con le lettere III(un’epistola inviata a Cino diPistoia) e XII (all’amico fioren-tino che si adoperava per ilritorno dall’esilio).La lettera fu citata nella Cro-nica di Giovanni Villani con al-tre due nobili epistole, l’unaal Reggimento di Firenze e l’al-tra all’imperatore Arrigo VIIquando assediava Brescia.Ma la tesi più convincentesembrerebbe confermare la

Roberto Tomasello II B

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016

Palacultura: Matteo Durante

Palacultura: da sin. Durante, Arena, Abbadessa

Valerio Pettinato II C

Lezione magistrale di Matteo Durante

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IX

Intervista a Carmelo Scavuzzo

Incontro con Carmelo Scavuzzo

Anna FilocamoSara Fontanelli IID

Il parlato nella Commedia di Dante

Una riflessione su Dante e noimoderni dalla prospettiva dellalingua italiana: è quanto ab-biamo fatto insieme al profes-sore Carmelo Scavuzzo, ordi-nario di Storia della lingua ita-liana al Dicam di Messina e re-latore al nostro convegno suDante. Punto d’interesse fon-damentale, la fortuna di Dan-te nella cultura contempora-nea, sia sul piano della gran-dezza poetica che su quellodella modernità speculativa.

Secondo Lei, Professore, ache livello Dante ha incisosulla formazione della linguaitaliana così come oggi la par-liamo, sia nell’ambito dellacomunicazione orale che inquello letterario, consideran-do che gran parte del lessicooggi usato si trovava già nel-la Commedia? Pensa che po-tremmo citare qualche altropersonaggio nel panoramaletterario per il contributodato all’assetto moderno del-la lingua?Che Dante abbia nobilitato la

Il ruolo di Dante padre dellalingua è stato ed è tuttorariconosciuto, ma è applica-bile tanto alla lingua lettera-ria quanto al codice di co-municazione orale, al parla-to? Tema focale della lingui-stica moderna, è stato vaglia-to a fondo dal professor Car-melo Scavuzzo, con una re-lazione dal titolo “Il parlatonella Commedia”. Tra gli am-biti dominanti delle sue ri-cerche l’evoluzione di ideelinguistiche e grammaticali,l’analisti linguistica di testiletterari e non letterari, lalingua della prosa d’arte pri-mo-novecentesca: il campod’interesse è vasto e spaziadal Medioevo al Novecentocon studi su Machiavelli,Goldoni, Parini.La relazione sul parlato nellaCommedia, in particolarenella prima cantica, si è oc-cupata di rilevare gli elementidi innovazione ascrivibili aDante e le tracce nel nostromoderno parlato. Non pos-sedendo sino ad oggi mano-scritti autografi dell’opera,permangono alcuni interro-gativi sugli usi del poeta,come il possibile ricorso aldittongo o al monottongo; latradizione indiretta è altresìricca e variegata ma conta-minata in quanto risente deicondizionamenti mnemonicidei copisti. Al di là di ciò, èlegittimo e comprovato par-lare di Dante come modellolinguistico, perché decisivesono le spinte impresse alnostro parlato.Scavuzzo parte dall’immaginedi un Dante che, dopo esserandato “peregrino, quasimendicando, per le partiquasi tutte a le quali questalingua di estende”, sulla basedi intuizioni e innovazioni, lanobilita. Ma in che misura èpadre della lingua, addirittu-ra padre della patria? Prima

lingua è un fatto ormai scon-tato. Forse appare meno scon-tato che sia l’inventore dellalingua parlata. Alcuni istitutidi lingua parlata sono attua-lissimi, del tipo “se sapevo,venivo”, cosa che le gramma-tiche tradizionali hanno con-siderato errore e che in real-tà è presente sia in Dante chenel raffinatissimo Petrarca. Misembra significativo per dimo-strare che l’antico è presen-te nel moderno. Il vocabola-rio fondamentale è presentein Dante, che gli ha dato unaspinta decisiva, ma altrettan-to forte è stato il contributodato da Petrarca,anche se inun settore più circoscritto,che è quello della lirica.La suggestione provocata dal-le immagini e la forza delregistro linguistico presentinell’Inferno possono rappre-sentare una causa per cuiquesta cantica della Comme-dia sembra ricevere più con-sensi rispetto agli altri?Sì, l’Inferno è sicuramente lacantica più popolare. La cosache trovo molto significativaè che venga anche citato dapersone che non hanno fami-

liarità con la Divina Comme-dia o con gli studi umanisticiin genere. Si tratta spesso dicitazioni anche errate, alte-rate nella fruizione popolare.Per portare un esempio, Dan-te dice: “non ragioniam diloro, ma guarda e passa”, men-tre comunemente capita disentire “non ti curar di loro,

ma guarda e passa”. Sono pre-senti segmenti linguistici diDante ma non è presente lasua lingua. In sostanza la diffi-coltà che noi abbiamo nel leg-gere l’antico è una difficoltàlinguistica.Possiamo paragonare l’esigen-za del Trecento di una linguasovraregionale che superi i

tica: Dante non ha una rego-la, essa è introduzione e in-venzione dei grammatici, inparticolare di Bembo. La lin-gua di Dante senza ombra didubbio è più libera di quellache gli è stata successivamen-te attribuita.Dante sul piano della linguaappare quasi come un fiorenel deserto. Al di là della ri-conosciuta genialità, su cosapuò edificarsi un complessodi innovazioni così forti? Qua-le retroterra linguistico sicela alle spalle del poeta?Parlare della cultura di Danteè un’operazione delicata,come lo è parlare della linguadi Dante. Alla base c’è unapochezza di materiale: nonabbiamo manoscritti autogra-fi della Commedia.E sul piano della cultura ècomplesso stabilire tutte lefonti a cui ha attinto, tuttociò che sapeva (parliamo di unsapere di enorme vastità), tut-to ciò a cui ha alluso.La cultura di Dante e la suacapacità di innovare sono stra-ordinarie.

particolarismi municipali aquella di una lingua sovrana-zionale oggi, in una realtàglobalizzata e di abbattimen-to dei confini? C’è insommauna modernità della specula-zione linguistica dantesca?Senz’altro c’è una modernità.Dante si è posto il problemadel superamento dei vari dia-

letti, dando ‘promozioni’ e‘bocciature’: ha promosso ilsiciliano, ne ha bocciati altricome il romanesco. L’italianocoincide in realtà col dialet-to del poeta, il fiorentino, masaranno le spinte dei lettera-ti, in particolare Dante e Pe-trarca, a renderlo lingua a pie-no titolo.Questo dimostra che, diffe-rentemente dal francese o daltedesco, la nostra lingua hauna patente di letterarietà. Ilmoderno sta nel fatto cheDante, pur non essendo dia-lettologo o linguista, ha ap-portato innovazioni e invenzio-ni fondamentali.L’altra faccia della medagliarispetto all’esigenza di unalingua sovraregionale è il su-peramento dei particolarismi:quanto, a suo avviso, le real-tà linguistiche locali sonostate sacrificate?Sì, sono state sacrificate e sedovessimo individuare un re-sponsabile sarebbe PietroBembo poiché ha ostacolatola libertà linguistica e l’ha cir-coscritta alle grammatiche.Teniamo presente che la lin-gua nasce prima della gramma-

Sara Fontanelli Anna Maria Filocamo II D

Lezione magistrale di Carmelo Scavuzzo

Dallo sperimentalismo di Dantele origini del nostro parlato

di lui non troviamo già in for-ma embrionale, nei vari filoniletterari che hanno attraver-sato l’Italia, la nostra linguaodierna? Basti prendere inesame alcune battute del con-trasto di Cecco Angiolieri“Becchin’amor. Che vuo’, fal-so tradito”: un filone, quellocomico-realistico, che pur suDante deve aver esercitato lesue influenze, ma che è benlungi dai “meccanismi pragma-tici” del parlato autentico.I dialoghi in Cecco Angiolieri,fa notare Scavuzzo, hanno unche di recalcitrante, di inges-sato e artificiale, perché lon-tani da quelle necessità di co-municazione legate a una con-tingenza. Nella Commedia ilparlato ha invece una credi-bilità totale perché si spogliadella finzione e si lega alla si-tuazione: così quando Danteusa le formule “dirotti lieve-mente”, “se ho ben la tua pa-rola intesa”, l’impressione èquella di un dialogo reale, nonfittizio, con inserti fatici. Trat-ti ben visibili sono le false ipo-tetiche. “Se ben ricordo, ti hogià visto coi capelli asciutti”dice Dante nel XVIII canto del-l’Inferno al dannato AlessioInterminelli.O ancora l’uso del periodoipotetico misto: “Che se po-tuto aveste veder tutto/ me-stier non era parturir Maria”(Pg. III).L’imperfetto, e non il condi-zionale, nell’apodosi non hacome giustificazione le pre-sunte esigenze metriche: l’in-serimento di “fora” non avreb-be minimamente compromes-so la metrica del canto, lo te-

stimonia il fatto che Dante usiforain altri luoghi del poema.Da cosa deriva questo distac-co dalla sintassi canonica senon da un’esigenza di mimesidel parlato? La forma collo-quiale “se sapevo venivo”, conimperfetto in protasi e apo-dosi, non è solo una “sgram-maticatura” dei nostri giorni:di essa, ancora una volta, ab-biamo traccia nel poema. Inparticolare nel XXXIII cantodell’Inferno, il ben noto can-to di Ugolino, troviamo la for-ma oggi tanto deprecata: “Chese ‘l conte Ugolino aveva voce/d’aver tradita te de le castel-la/ non dovei tu i figliuoliporre a tal croce”. Forme si-mili, seppur sporadicamente,sono presenti anche nel raffi-natissimo Petrarca. Scavuzzoentra poi nel merito della que-stione del “che” dantesco, lacui interpretazione è tutt’al-tro che univoca.Studiosi e commentatori tra iquali Petrocchi considerano il“che” causale o, in altri casi,polivalente. Scavuzzo parlapiuttosto di “relativa generi-ca” con uso colloquiale, chepertanto può assumere valoremodale, temporale, spaziale.L’uso del futuro epistemico,non posteriore ma suppositi-vo, o dell’espressione “tetra-gono a” è indice di un ritor-no della realtà contempora-nea a quella dantesca, dellasopravvivenza di un modelloche di essa è sostrato e partecostitutiva.Quel che senza dubbio è sta-to trasmesso, attraverso unarelazione significativa e riccadi riferimenti testuali, è l’ideadi un continuum del passatonel nostro presente linguisti-co, di una naturale “costanzadell’antico nel moderno”, checonferma, anche da questaprospettiva, il senso dellastraordinaria contemporanei-tà di Dante: ignorare taleaspetto significherebbe tra-scurare le dinamiche a cui lanostra lingua deve la sua for-mazione.

Anna FilocamoSara Fontanelli IID

La suggestiva relazione dal ti-tolo “Iconografia e rappresen-tazione della Commedia”dello storico dell’arte LuigiGiacobbe ha avuto inizio conuna simpatica digressione sulpresunto naso aquilino di Dan-te: l’iconografia classica, in-fatti, ha attribuito al poetaquesta particolare caratteri-stica, con la quale apparerappresentato a partire dal‘500.L’erroneità di questa conce-zione dell’aspetto dantescoviene però smentita da unasua rappresentazione in unframmento di affresco di fine‘300, che si trova nel Palazzodei Giudici e dei Notai di Fi-renze, riscoperto e restau-rato nel 2005, che ritrae unDante dal naso pronunciatoma certamente non aquilino.A seguito di questa breve pre-cisazione il professore ha esa-minato l’aspetto immaginificodella Commedia, descriven-dola come una “macchina diimmagini” e sottolineando

come il “visibile parlare” diDante abbia prodotto l’inte-resse di numerosi storici d’ar-te su due questioni fondamen-tali: in primo luogo, l’indagi-ne sul bacino iconografico alquale Dante poté attingeredurante la redazione dellaCommedia e d’altra parte gliesiti che il poema ha prodot-to in campo figurativo dal ‘300fino ai giorni nostri.Per quanto concerne le co-noscenze di Dante in campoartistico gli studiosi hannoavanzato numerose teorie chericonducono le presunte com-petenze dantesche a diversipassi della Commedia, nellequali il poeta di mostra di averappreso i meccanismi e gliutilizzi degli attrezzi propridelle botteghe dei pittori e iprocessi di formazione deicolori.Nel XII canto del Purgatorioai versi 64-66 Dante sembra ad-dirittura anticipare un’impor-tante questione artistica cheinteresserà Firenze nei secolisuccessivi e di cui discuteràanche Brunelleschi: la diffe-renza tra disegno come pro-

getto e velatura.Ipotizzando che Dante fosseanche un appassionato osser-vatore di opere d’arte, si puònotare l’influenza che eglitrasse da alcune opere dellasua città, tra cui in particola-re il mosaico della volta delBattistero di San Giovanni,rappresentante il mondo ul-traterreno, certa suggestionedella descrizione del suo in-ferno.In riferimento a Dante criticod’arte il dottore Giacobbe hasottolineato il probabile in-contro tra il sommo poeta eOderisi da Gubbio, il più gran-de miniatore del tempo e unodei primi a incarnare il model-lo di artista auctor: la figuradi Oderisi viene ricordata nel-l’XI canto del Purgatorio, doveDante lo definisce “l’onord’Agobbio”, riconoscendonecosì l’autorità artistica.Per quanto concerne la rap-presentazione postera di Dan-te il dottore Giacobbe ha il-lustrato un dipinto del roman-tico pittore Friedrich Lei-ghton, il quale ritrae il som-mo poeta durante la proces-

DANTE A COLORI

sione dalla casa dell’artistaCimabue a Santa Trinita: Dan-te, assorto, riconosce du-rante la processione chel’arte può parlare un lin-guaggio moderno e forse vie-ne raffigurato mentre medi-ta una terzina.Il multiforme ingegno di Dan-te si ripercuote anche incampo raffigurativo: la visio-narietà della Divina Comme-dia l’avrebbe indotto infat-ti, secondo alcuni studi, arappresentare graficamentealcune scene prima di ripor-tarle a parole, non a casonel XXXIV capitolo della VitaNova il poeta afferma di es-sere appassionato al disegnodegli angeli, raffigurazioneeterea della personalità diBeatrice.Grazie all’interessante inter-vento del professore Gia-cobbe è stato possibile con-statare come la personalitàe l’operato dantesco nonabbiano avuto ripercussionisoltanto nel campo lettera-rio e linguistico, ma ancheartistico e iconografico.

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016

Palacultura: da sin. Scavuzzo e Strano

Palacultura: da sin. Danzè, Giacobbe, Scavuzzo

Carmelo Scavuzzo

Giusy MantarroDiana Strano I C

Lezione magistrale di Luigi Giacobbe

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L’iconografia dantesca è unodegli aspetti più interessantidella Divina Commedia, operache durante la lettura si rive-la macchina produttrice diimmagini, un vero e propriopoema immaginifico; produzio-ne poetica e produzione ico-nografica sono infatti stretta-mente correlate. Ed è statoLuigi Giacobbe, dirigente sto-rico dell’arte presso la Soprin-tendenza dei beni culturali eambientali di Messina, specia-lizzatosi in Archeologia e Sto-ria dell’Arte presso l’Univer-sità degli Studi di Siena e au-tore di numerosi saggi sul pa-trimonio artistico siciliano, aparlare dell’iconografia dellaDivina Commedia, nel suo in-tervento che ha chiuso i lavo-ri del convegno su Dante.Come ha messo in evidenza ilprofessore Giacobbe, l’inda-gine degli storici si è rivolta adue temi in particolare: Dan-te di fronte alle arti e le artidi fronte a Dante, ossia il ba-cino iconografico cui ha at-tinto il Poeta, e gli esiti arti-stici che la Divina Commediaha prodotto dal ‘300 in poi.Dante mostra in più passi delpoema la sua competenza inambito artistico, dichiarandoegli stesso nell’ XI canto delPurgatorio di conoscere benel’arte francese. Molti storicidell’arte ritengono inoltreche Dante non fosse estraneoa manoscritti artistici come il“Liber Figurarum” di Gioacchi-no da Fiore, le cui figure ven-gono riprese in diverse descri-zioni. Così come è stata mes-sa in evidenza la forte sinto-nia di pensiero tra Giotto eDante: sappiamo infatti chefurono contemporanei, ed èprobabile che Dante fu sug-gestionato dagli affreschi di

Incontro con Giacobbe e Urso

L’ICONOGRAFIA DELLA DIVINA COMMEDIAIntervista a Luigi Giacobbe

Giotto nella Cappella degliScrovegni, così come da altrimosaici o affreschi presentinelle Chiese fiorentine; lostesso Giotto a sua volta sem-bra aver tratto ispirazione daalcuni versi del XXVII cantodel Purgatorio per la raffigu-razione del sonno di San Gio-acchino. Attraverso l’analisi diulteriori passaggi, apparechiaro come il poeta fioren-tino fosse al corrente del fun-zionamento della bottega del-l’artista medievale,il che faconsiderare l’ipotesi, ha det-to Giacobbe, che lo stessoDante si cimentasse nell’artepittorica. Forse, infatti, in unpoema così complesso e arti-colato come la Divina Com-media, l’autore si serviva dischizzi e bozze preliminari allastesura del testo. Tracce chesupporterebbero questa ipo-tesi si trovano anche nellaVita Nova: Dante, in occasio-ne del trentaquattresimo an-niversario della morte di Bea-trice, avrebbe disegnato unangelo sopra alcune tavolet-te.

Sappiamo che William Blakerappresentò la Divina Com-media in un ciclo pittorico.Secondo lei, cosa condivide-va Blake dello spirito dante-sco? Da che cosa possono es-sere accomunati questi dueautori?William Blake (Londra, 1757 –1827) cominciò la sua attivitàpittorica a dieci anni pressola scuola di disegno di HenryPars. Poco dopo, adolescen-te, assieme alla Bibbia, aShakespeare e a John Miltonavviene l’incontro con la Com-media di Dante che sembraessere fra le letture da lui pre-ferite. Il poeta e pittore in-glese afferma la sua fama didisegnatore, sia pure pressoun ristretto gruppo di inten-

ditori, con le prime esposizio-ni alla Royal Academy londine-se. Fra il 1784 e il 1787 mettea punto tecniche incisorie arilievo particolarmente elabo-rate, producendo esemplariunici di pregio frutto di un al-tissimo artigianato. La moder-nità di Blake che introduce alSimbolismo ed il suo slanciovisionario si colgono soprat-tutto nei suoi scritti, a parti-re da The marriage of Heavenand Hell (1793). La lettura deiProverbi dell’inferno all’inter-no di questo poema vale dasola per comprendere lo spi-rito profetico del poeta ingle-se e la sua vicinanza alle spe-culazioni filosofiche del mo-mento. Illustratore delle ope-re di Edward Young, John Mil-ton, e di molti altri autori in-glesi, Blake si misura con laDivina Commedia in tarda età,alla fine della carriera, impa-rando l’italiano a sessant’an-ni insoddisfatto delle banalitraduzioni del poema dante-sco che riprende a leggere in

lingua originale. È nel 1818 cheJohn Linnell gli commissionale illustrazioni per la Comme-dia, frutto di un intenso lavo-ro che non verrà mai ultimatoal quale Blake lavorerà fino inpunto di morte. Si tratta dicirca cento schizzi a penna,disegni e acquarelli, oggi con-servati presso varie istituzio-ni: Tate Gallery e British Mu-seum di Londra, a Cambridge,a Birmingham e negli StatiUniti. Il termine “illustrazione”per Blake è certamente ridut-tivo. Non si tratta di una sem-plice visualizzazione delle sce-ne descritte nel testo, quan-to piuttosto di una reinter-pretazione simbolica, comedimostrano le didascalie che,talvolta, Blake pone a com-mento dei disegni. Più che diillustrazioni si è parlato di “vi-sioni” dello stesso Blake, cir-costanza che evidentementerimanda alla potenza immagi-nifica del poeta fiorentinocon il quale, l’artista ottocen-tesco, condivide la “visione ci-

clica” come la forma d’artepiù completa. L’interesse diBlake per Dante è filtrato at-traverso la Bibbia e si fondasu una visione del mondo,come ha scritto NorthropFrye, “tra i due poli della ca-duta e della redenzione”.Blake, come Dante, è interpre-te della “parola visiva”, ma lasua pittura è letteraria e con-cettuale, scevra da ogni ideadi ornamento. L’approccio delpittore inglese al testo dan-tesco è autonomo, talvoltacritico e in certi casi oscuroe indecifrabile. Si può notareper esempio nella resa delXXX canto del Paradiso conl’incontro di Beatrice conDante, nel quale Blake, secon-do alcune interpretazioni, havoluto sottolineare simbolica-mente “la soggezione del ge-nio poetico alle distorte dot-trine della Chiesa”. Allo stes-so modo le visioni di Blakeappaiono segnate da un misti-cismo enigmatico, come inuno dei disegni più noti che

rappresenta l’incontro di Pa-olo e Francesca. Qui “la bu-fera infernal, che mai non re-sta”, “mena li spirti” come al-l’interno di inquietante ser-pente spiraliforme. Se la poe-sia dantesca dal punto di vi-sta stilistico e metrico osser-va un’architettura geometri-ca e rigorosamente logica,William Blake poeta si mostraindifferente alle esigenze sin-tattiche e grammaticali cosìcome all’ordine della punteg-giatura allo scopo di accen-tuare la forza visiva della pa-rola e la sua articolazione fo-nica.Ritiene che l’ateismo o ladiversa religione di un pitto-re possa inficiare il suo mododi approcciarsi e di rappre-sentare un’opera pervasa daun così forte sentimento re-ligioso come la Divina Com-media?L’elenco degli illustratori del-la Commedia, dalla metà del‘300 fino ai nostri giorni, daNardo di Cione a Guttuso, èsterminato. Ciascuno ha af-frontato il racconto dantescocon un atteggiamento spiritua-le e tecnico dettato dall’epo-ca in cui è vissuto. L’univer-salità della Divina Commedia hafatto sì che molti artisti si ac-costassero al poema secondodiverse prospettive e ben ol-tre il tema strettamente reli-gioso. Il “delirio di interpre-tazione” di Salvador Dalì, peresempio, spinge l’artista spa-gnolo nei 102 acquerelli rea-lizzati fra il 1950 e il 1951, aduna visione provocatoria emanifestamente surrealista.La posizione laica di Dalì loporta a dire, a proposito del-l’incontro con Dante: «In que-st’epoca di decadenza dell’ar-te religiosa che stiamo attra-versando, è più auspicabilesollecitare geni non credentiche i credenti sprovvisti di

genio».Quale ritiene che sia stato ilperiodo storico più attentoall’iconografia dantesca? Èpossibile, oggi, parlare di in-teresse da parte dei contem-poranei per questo argomen-to?L’interesse per Dante in cam-po filosofico, letterario e nel-le arti figurative è notoria-mente trasversale e senzatempo. Il poema ha “resisti-to” nei secoli per i contenutiuniversali che lo caratterizza-no. Forse anche per la ricor-renza dei 750 anni dalla nasci-ta di Dante, l’attenzione de-gli artisti contemporanei perla Divina Commedia come fon-te di ispirazione è più che maiviva. Nella “rete” sono tutt’og-gi reperibili molte informazio-ni circa la produzione artisti-ca contemporanea legata alpoema dantesco. Segnalo aquesto proposito la monu-mentale esposizione intitola-ta La Divina Commedia: Para-diso, Purgatorio e Inferno ri-visitata da artisti africani con-temporanei” realizzata con leopere di oltre 40 artisti pro-venienti da 19 paesi africani,presentata nel 2014 al Museu-mfür Moderne Kunst di Fran-coforte, e successivamente alMuseo SCAD (Savannah Colle-ge of Art and Design Museumof Art di Savannah, Georgia,U.S.A.) e al Museo Nazionaledi arte africana presso la Smi-thsonian Institution di Washin-gton, DC. Altra importante ini-ziativa dedicata alla Commediaè l’esposizione di opere diartisti appartenenti ai movi-menti della Transavanguardia,dell’Anacronismo e dell’Iper-manierismo, presso il CIAC(Centro Italiano Arte Contem-poranea) di Foligno dedicataall’editio princeps della Com-media stampata proprio nellacittadina umbra nel 1472.

Maria DonatoBianca Fusco III C

Carmelina Urso è docenteordinario di Storia medieva-le all’Università di Catania ela sua attività di ricercascientifica si svolge in ambi-to altomedievale, con lo stu-dio delle istituzioni e dellacultura materiale d’epocamerovingia e d’età carolin-gia e dell’attività politica diGregorio Magno.Studia la storia del territo-rio catanese e l’evoluzionedella storia della donna nelMedioevo. Tra le pubblicazio-ni va ricordata Tra essere eapparire. Il corpo femmini-le nel mondo medievale (Bo-nanno).Il suo intervento al Conve-gno, “La «mala segnoria» e«l’avara povertà di Catalo-gna» la Sicilia e il Mediterra-neo al tempo di Dante” muo-ve dalle celebri frasi sulla«mala segnoria» angioina e su«l’avara povertà di Catalo-gna», pronunciate dal prin-cipe angioino Carlo Martellodurante la sua dolente con-versazione con Dante, che locolloca nel cielo di Venerein Paradiso, là dove sono glispiriti disposti all’amore (Pd.VIII), per ricostruire il pano-

Intervista a Carmelina Urso

Attualità di Dante

rama politico dell’Italia e del-l’intera area mediterranea neidecenni che vanno dalla mor-te del sovrano svevo di Sicilia,Manfredi, all’insurrezione eagli sviluppi del Vespro sicilia-no.La Commedia risulta essere,d’altronde, un punto privile-giato d’osservazione delle vi-

cende del tempo e in quantotale, “riassume in una sintesisuprema tutta la civiltà delMediterraneo”. Attorno allesue rive si andavano, infatti,coagulando le esperienze po-litiche delle grandi potenze:quelle ormai consolidatecome la monarchia capetingiadi Francia e l’impero bizanti-

no in Oriente, e quelle di piùrecente formazione come, inSpagna, la Castiglia e special-mente, proprio per le sueopzioni mediterranee, l’Ara-gona.Al centro – geografico, politi-co, economico e strategico –sono l’Italia dei comuni e del-le signorie e soprattutto la

Alessandra Papale, Alessandra Pollicino III B

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016

Sicilia: terre di conquista, te-atri di scontri continui, polidi interesse in cui si confron-tavano con risultati alterniforze guelfe e forze ghibelli-ne.In un siffatto contesto, emer-gono prepotentemente le im-magini di un’Italia “lacerata eriottosa”, di una Chiesa “cor-rotta e degenerata”, ostaggiodi preti e papi simoniaci, pron-ti a ingannarla e a “farne stra-zio”.Emergono soprattutto le uto-pistiche illusioni del poeta fio-rentino che continua a colti-vare un sogno imperiale desti-nato a spegnersi assieme adArrigo VII, l’imperatore nelquale egli aveva riposto le sueultime speranze.Dante ha ancora molto da in-segnare ai giovani d’oggi chetutti i giorni lo affrontanonelle scuole italiane. Perchédeve essere considerato at-tuale dopo settecentocin-quanta anni?Giacché mi occupo distoriamedievale, Dante è un autorein cui mi imbatto spesso.Per rispondere a tale doman-da mi baso sui miei ricordidegli insegnamenti di Dante,

tutt’ora validissimi. Per esem-pio, nell’VIII canto del Paradi-so, Dante fa tutto un lungo in-tervento che fa pronunciarea Carlo Martello l’Angioino,laddove praticamente ricordal’importanza per ciascuno dinoi tutti di seguire la propriavocazione. Lui parte da Rober-to D’Angiò, dicendo che è sta-to “torto” a fare il re.E infatti è importante per tut-ti i giovani cercare di trovarei propri interessi, individuareil percorso migliore cercandodi imboccare la via giusta.Attraverso la finzione lette-raria della descrizione di Be-atrice, a suo parere possia-mo cogliere una figura con-creta di donna? Oppure sicoglie una descrizione trasfi-gurata?Per quanto riguarda la “don-na vera” in Dante preferiscoFrancesca a Beatrice, in quan-to esprime i sentimenti e lepassioni della donna vera, lasua capacità di reagire alle in-giustizie, di perdonare ma diricordare e portarsi dietroquesto ricordo straziante delvissuto. Beatrice, è invece,la donna ideale, “l’Angelo”,caratteristica senza dubbio

importante con la famiglia,con i figli. Però io preferi-sco la donna vera.La Sicilia ai tempi di Dan-te: quale pensa potrebbeessere la reazione del som-mo poeta alla visione deiproblemi gravi che affliggo-no attualmente questa re-gione?Dante usa in maniera straor-dinaria l’arma dell’invettiva,e ci vorrebbe un Dante oggiin Sicilia.Perché la situazione è vera-mente degenerata in manie-ra pericolosa, dà all’osserva-tore, sia esso interno oesterno, la sensazione chesiamo ormai in una derivainarrestabile.Colpa di chi? Dei politici? No-stra? Io penso che sia un po’colpa di tutti, è certo che ul-timamente il mondo politiconon sta dando il meglio di sé.

Palacultura: da sin. Arena e Urso

Luigi Giacobbe e sullo sfondo ritratto di Dante

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Incontro con Carmelina Urso XI

La “mala signoria” e “l’avara povertà” di Catalogna:la Sicilia e il Mediterraneo al tempo di Dante

Alessandra PapaleAlessandra Pollicino III B

L’intervento di CarmelinaUrso, docente di Storia me-dievale all’Università diCatania,ha preso l’avvio daalcuni versi del Paradiso diDante sulla “mala signoria” e“l’avara povertà” di Catalo-gna (Pd., VIII, vv. 73, 77) e siè mossotra i vari personaggiprotagonisti nello stesso can-to per tratteggiare il pano-rama politico dell’area medi-terranea tra il XIV e il XVsecolo. Un Mediterraneo inpiena evoluzione, attorno alquale si andavano coagulan-do le grandi esperienze poli-tiche delle grandi potenzemonarchiche, quelle conso-lidate come la Castiglia el’Aragona. In questo conte-sto emergono le immagini diun’Italia lacerata sotto unaChiesa corrotta, ostaggio dipreti e papi simoniaci prontia farne strazio, come Boni-facio VIII e Clemente V.A Firenze lo stesso Dante spe-rimentava la difficile situazio-ne. La sua visione scontrosaverso la contemporanea si-tuazione politica non favori-va una sua presenza fruttuo-sa nel contributo alla cosapubblica. Egli era un grandeappassionato di politica e ri-mase coinvolto nella politi-ca interventistica della cu-ria pontificia, che guidata daBonifacio VIII propiziò a Firen-ze la vittoria dei guelfi neri.Il poeta fu esiliato e se spe-rava in un ritorno al poteredi Enrico, il sogno svanì pro-prio alla morte di quest’ulti-mo nel 1313. Dante rimaseescluso da tutto e continuòil suo esilio. In questi decen-ni il Regnum Siciliae avevaconservato un notevole va-lore per fini militari e eco-nomici, l’isola era molto con-siderata per progetti espan-sionistici, era infatti una trale tante mire degli Aragona.La scomparsa nel 1250 del-l’imperatore Federico II (stu-por mundi per alcuni o anti-cristo per altri) aveva lascia-to una situazione aperta adiverse soluzioni tanto piùche l’unico figlio legittimo

Corrado IV era stato fino aquel momento confinato, sep-pure come rex, in Germania.Per scongiurare vuoti di po-tere in attesa del ritorno diCorrado, il Regnum Siciliae fuaffidato al figlio naturale Man-fredi. Da questa anomalia di-scende l’intervento in Sicilia,nel 1266, del capetingio Carlod’Angiò. Egli era stato infattiinvitato a occupare il suolosiciliano dalla curia romana,per l’illegittimità di Manfredi(ilquale nel frattempo si fecedichiarare Re di Sicilia) natodal rapporto tra Federico eBianca Lancia e per questoimpossibilitato secondo laChiesa a succedere al padre.Come sostituto che rispondes-se all’esigenza pontificia direndere effettivo il legamevassallatico del Regnum neiconfronti della Chiesa e dicoordinare col papato le for-ze guelfe della penisola erastato individuato Carlo d’An-giò, l’ambiziosissimo fratellodel re di Francia Luigi IX “IlSanto”, che aveva volentieriaccolto l’invito romano. Lasua venuta in Italia, provviden-ziale per i guelfi italiani, erastata però un’illusione infrantadalle ambigue azioni di Carlo,evidentemente contrarie aipatti concordati con Roma. Ilprogetto di Carlo andava benoltre il dominio della Sicilia;col sostegno del papato riu-scì a controllare il principatodi Acaia nel Peloponneso.L’occupazione strategica diquesti territori rafforzava ildisegno angioino di ricostrui-re l’impero latino in oriente.Dietro questi avvenimenti siintravedono le due grandi re-pubbliche marinare: Venezia eGenova. Al Mediterraneo siinteressavano però le mireespansionistiche del regnod’Aragona, cui proprio l’an-gioino aveva precluso ognipossibilità di espandersi alnord dei Pirenei. Era stato,infatti, il matrimonio fra Carloe Beatrice di Provenza a con-sentire ai francesi di comple-tare la conquista del Mediter-raneo. Ormai tutti le potenzedel Mediterraneo puntavanoal dominio della Sicilia. Il so-vrano aragonese Pietro III, per

legittimare la sua ingerenza inSicilia poteva fare valere ilmatrimonio con Costanza, fi-glia di Manfredi di Svevia, eporsi come il continuatoredella casa Sveva. Contava pe-raltro sul sostegno degli ingle-si e di Genova, nonché suifuoriusciti filosvevi siciliani lacui aggregazione presso lacorte di Barcellona fu inco-raggiata proprio da Costanza,presente a Messina dal 1283al 1295, anni cruciali della svol-ta aragonese del Vespro. IlVespro, appunto quella guer-ra che dalla primavera del1282 infiammò la Sicilia e cheriproponeva lo scontro traguelfi e ghibellini, tra il cam-pione del guelfismo europeoCarlo D’Angiòe il campione delghibellinismo Pietro III. Gli an-gioini furono cacciati dall’isolae la Sicilia entrò così nell’or-bita dell’influenza aragonese,la cui monarchia si sarebbetrasformata in una potenzamediterranea. Anche dopo lamorte di Pietro III e Carlo I el’avvento dei successori con-tinuava la guerra tra angioinie aragonesi per recuperareposizioni nell’isola. Il succes-so più eclatante lo ottenne,nel giugno del 1284, Ruggerodi Lauria che sconfisse nelporto di Napoli la flotta an-gioina e catturò re Carlo lozoppo, allora principe di Sa-lerno, e lo tenne prigionieroper ben quattro anni. La re-

gina Costanza ne avrebbe po-tuto approfittare per rivendi-care la morte del padre Man-fredi, ma decise diversamen-te, dimostrando la sua pietas.Intanto alla morte di Pietro edel figlio Alfonso, Giacomo di-venuto re d’Aragona, si disin-teressava dell’isola e si accor-dava con la corte pontificiadi Bonifacio VIII per ristabilirela restituzione dell’isola agliangioini, in riferimento al trat-tato di Anagni del 1295. Fu lareazione dei sostenitori di Pie-tro III, esponenti della nuovaclasse politica aragonese adare una svolta diversa agliavvenimenti favorendo l’ele-zione di Federico III, un altrodei figli di re Pietro. In tuttiquesti snodi storici un ruolodi primo piano lo conquistaCostanza, fu lei infatti ad eser-citare la reggenza dell’isola inassenza del marito, fu lei acontrollare l’operato dei figli,prima Giacomo e poi Federi-co. Erano gli anni della sco-munica lanciata contro l’isolada Bonifacio VIII per punire isiciliani per il ritorno degliangioini in Sicilia. I siciliani in-fatti furono ritenuti infedelie traditori della Chiesa, per-tanto nel 1296 fu concessal’indulgenza plenaria a chifosse morto in guerra controi siciliani, i quali furono ancheesclusi dai benefici del Giubi-leo del 1300. La religiosissimaCostanza mal sopportava que-

sti avvenimenti, decise così diaderire al progetto di Bonifa-cio, abbandonando al propriodestino i figli. Salpò da Messi-na, accompagnata dalla figliaViolante, promessa sposa diRoberto d’Angiò, erede al tro-no di Napoli. A parere di Co-stanza, dal matrimonio di Vio-lante doveva discendere la ri-composizione delle due partidel Regnum Siciliae. Ma ciònon avvenne, perché l’erededella coppia, Carlo, morì la-sciando solo due figlie: Gio-vanna, la quale divenne regi-na di Napoli, e Maria. Si giun-geva intanto alla pace di Cal-tabellotta nel 1302 che rico-nosceva lo stato di fatto. AFederico III era attribuito iltitolo Rex Trinacriae, titoloche egli nei documenti sosti-tuiva con quello di dei gratiarex Siciliae, suscitando la re-azione del papato. Erano tut-tavia concessioni a tempo per-ché dopo la morte dell’arago-nese il suolo doveva essererestituito agli angioini, ma laclausola non fu rispettata ela guerra andò avanti fino al1372, anno della Pace di Cata-nia, sottoscritta dal Giovannadi Napoli e da Federico IV diSicilia. L’accordo segnava la di-visione tra il meridione penin-sulare e l’isola, destinate apercorrere strade diverse.I personaggi fino ad ora citatisono nominati da Dante nellaCommedia. Carlo Martello, in

qualità di primogenito, eradestinato a succedere al pa-dre. Nel 1292, la corona d’Un-gheria per eredità della ma-dre Maria Arpad d’Ungheria,spettava a Carlo che aveva spo-sato la figlia di Rodolfod’Asburgo. Dante lo aveva in-contrato a Firenze nel 1294,quando era stato tra i cava-lieri scelti dal comune fioren-tino per accogliere l’illustreospite che giungeva per riab-bracciare il padre di ritornodalla Francia. Si era instaura-to tra i due un delicato rap-porto amicale interrotto ap-pena un anno dopo alla mor-te prematura dell’erede altrono di Napoli. Lo incontradi nuovo, nella finzione lette-raria della Commedia, nel Pa-radiso, ospite del Cielo di Ve-nere, laddove si trovano glispiriti disposti all’amore. Ro-berto d’Angiò, nonostante fos-se il terzogenito maschio, di-venne re nel 1309. Quandoscese in Italia Enrico VII Ro-berto iniziò una politica am-bigua che gli procurò, nel1313, la messa al bando cometraditore e la condanna amorte da parte dell’imperato-re. Si rinvigorirono, di conse-guenza, i rapporti con il par-tito guelfo. Roberto accettòdi essere il capitano della fa-zione guelfa e di diventare si-gnore di Firenze. Morto Enri-co VII, Clemente V il 15 apriledel 1314 lo nominò vicariodell’impero d’Italia. La que-stione siciliana tuttavia gli im-pedì di agire con efficacia tan-to da essere accusato di viltàe avarizia, ciononostante riu-sciva a prendere iniziative pertentare di recuperare l’isola. Ma il fallimento dell’impresadel 1324 e la sconfitta subitadai fiorentini complicò ulte-riormente la situazione. Intan-to la nipote Giovanna sposavail re d’Ungheria, e lo stessoRoberto sul letto di morte larestituiva come erede univer-sale. Si sanciva così il fallimen-to del progetto della reginaCostanza.Su Roberto e sui sovrani ara-gonesi di Sicilia pesa la valu-tazione espressa da Dante. Ilpoeta, che aveva ammirato inFederico II la capacità di pre-

ferire lo stacco fra i duepoli universali e dunquel’autonomia dell’impero,aveva maturato sui perso-naggi sopracitati un giudiziofortemente negativo.Su Carlo d’Angiò fu semprespietato e sprezzante. Nelprincipe angioino aveva in-dividuato l’energico oppo-sitore della restaurazionedell’impero d’Italia, coluiche aveva impedito il rea-lizzarsi di una monarchia uni-versale. Nei confronti di Ro-berto d’Angiò Dante mani-festò sentimenti di ostilità,non ne apprezzò neppure ledoti di letterato perché lovalutò buono solo a fare ilpredicatore. Anche con Pie-tro III d’Aragona Dante nonfu tenero, gli rimproveravainfatti di aver vanificato irisvolti positivi della politi-ca sveva. Le considerazionipolitiche di questi decenninella Commedia sono affida-te a Carlo Martello che in-fatti denuncia la mala signo-ria. Roberto, fratello di Car-lo, pareva non curarsi dellegravi conseguenze che sulsuo regno poteva averel’avara povertà di Catalogna,un’avarizia fatta propria daRoberto la cui natura se-condo Dante era meschinae priva di liberalità regale.Gli eventi a cui si riferiva l’in-vettiva di Dante avevanocambiato l’assetto politiconel Meridione d’Italia, inizia-va nel ‘300 una storia sici-liana diversa.Lo scontro fra la parzialitàlatina e quella catalana siaccentuò pesantemente neidecenni finché, fallito ilprogetto di collegare la mo-narchia siciliana con la si-gnoria milanese dei Viscon-ti facendo sposare la figliadell’erede di Federico IV,Maria con Giangaleazzo Vi-sconti, l’iniziativa fu presada Pietro d’Aragona che riu-scì a far rapire dal CastelloUrsino Maria, a farla giun-gere in terra di Spagna e aunirla in matrimonio con unsuo nipote. La Sicilia fu cosìriunita alla corona d’Arago-na, iniziando l’età dei Vice-ré.

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016

Uno dei quesiti più spinosiquando si parla di Dante- e ilpiù irrilevante, potrebbe direqualcuno, oltre che il più tri-to e retorico- è se si possaconsiderare Dante attuale.Anche perché la questionecomincia a prendere una pie-ga composita: si deve parlare

DANTE O IL PARADISO DELLA PAROLAdi attualità di Dante pensato-re, uomo o poeta- che poiinclude anche le prime due,almeno trasversalmente? E nonsi può neanche essere certidella legittimità di una taledivisione, e allora si parleràdell’opera dantesca comeestrinsecazione sintetica,come unica realtà e oggettodi esame considerabile. Ma ènecessario allora chiedersianche se possiamo conside-rare Saffo attuale, o Catulloo Tasso, se possiamo insommaconsiderare attuale tutta lagrande arte, che sarà cosìattuale per non esserlo maistata, per il suo essere sovra-temporale ed eterna. Eppurequesto approccio appare unpo’ idealista e per niente uti-le a comprendere Dante, cheviene infatti messo da parte,e con lui la sua opera, dal di-scorso stesso mentre è la “Po-esia” ad essere protagonista.Se si può parlare di un’attua-lità di Dante, questa deve ri-siedere nel modo in cui egliha pensato il suo tempo e in

quello che fu effettivamenteil suo tempo, elemento checoncorre a determinare inmaniera decisiva l’innalzarsioriginario della poesia. Se in-fatti la filosofia è il propriotempo appreso nel pensiero,solo un tempo originario po-trà originare una filosofia ori-ginaria. Dante non è filosofo,o non primariamente, ma l’al-tezza e la vastità della suaopera fa sì che il suo tempopotesse in essa rispecchiarsi,almeno nel suo significato pro-fondo, e che noi in essa pos-siamo trovare un senso piùautentico di ogni speculazio-ne filosofica coeva, perché ènella poesia che vive il pen-siero di Dante, come nella dia-lettica quello di Platone, edè in Dante che il suo tempo sirealizza nella sua più compiu-ta idealità. Perché abbiamodefinito il suo tempo origina-rio? Perché in esso si incon-trano passato e futuro, e per-tanto in questo crocevia esi-ste il presente, nella sua di-mensione vitale e spirituale,

agostinianamente come esse-re presente della coscienza asé. Sebbene Dante sia medie-vale in tutto ciò che scrive,con lui il Medioevo finisce, edè una fine che perciò è an-che un inizio. Quando si diceche Dante condanna e assol-ve, significa che è il mondo diDante che condanna, ovveroil suo essere nell’inautentici-tà uomo del suo tempo, ma èla parola dantesca che assol-ve, parola come evento del-l’essere, poesia come rifonda-zione dei valori, quantunqueper il poeta sia sempre piùimportante la verità dell’arte,o meglio, queste coincidano.Dante è l’uomo della crisi del-la società comunale, ma è pro-prio la crisi che lo costringea ripensare a fondo il propriotempo e spingerne i presup-posti alle estreme conseguen-ze, cosa che farà nel Paradi-so. Eliot fu infatti dantescoquando evocò la sterilità, nelsenso di una mancata rigene-razione, della sua Terra deso-lata, che rimane però al mo-

mento della tragedia, dellascissione, dell’Inferno; ma larigenerazione avviene appun-to in Dante nella realizzazio-ne in Dio, una soluzione nichi-listica, direbbe Nietzsche. Ilviaggio dantesco è per suanatura esistenziale, in esso viè la possibilità di scegliersi, equesto vale per Dante prota-gonista, come per tutti i per-sonaggi del poema. Ma, comein Kierkegaard, l’angoscia del-l’essere uomo come possibili-tà può essere dissolta solocon l’aiuto della fede. Se tut-tavia è sempre il soggetto,l’uomo che compie il viaggio,e lo fa donandosi a Dio(comeè esplicito nel Purgatorio), laforza dell’idea dantesca stanell’intendere, in maniera noninnovativa ma originaria, lafede come amore; in questosenso Dante è umanista edanti-umanista insieme. Èl’Amore che muove il cosmoe le azioni umane, Amore cheè teleologicamente in Dio,come Motore immobile, mache si caratterizza nel signifi-

cato platonico di eros. Que-sto amore esiste come tensio-ne- verso l’amore stesso, chesia pure, amore di amore equindi desiderio di desiderio.Il viaggio verso Dio, il percor-so dell’Amore, è preso moltoseriamente da Dante: quandoscrive la Commedia è già “inparadiso” e tuttavia è appun-to attraverso la parola che vigiunge veramente, attraversoil cammino poetico della scrit-tura. La parola dantesca do-vrà allora sempre corrispon-dere all’oggetto, la verità do-vrà corrispondere all’arte,dovrà presentarsi l’aderenzadi logos e on non aveva Aristo-tele definito l’uomo per l’ap-punto zoon logon echon? Se,infatti, nell’Inferno Dante èspesso comico-realistico, tut-ta la Commedia è realistica,nel senso dell’adesione di pen-siero-parola-verità; anchel’epoché del linguaggio nel Pa-radiso (“Transumanar signifi-car per verba/non si poria…”),non fa che confermare que-sto fatto per eccezione. An-

che qui Dante è infatti plato-nico: se infatti l’essenza dellaverità è corrisponde al pen-siero come logos, pensiero eparola(“ti esti tode? ” chiede-va Socrate), la contemplazio-ne della verità/Dio, la noesisè sempre superiore all’episte-me, e per questo ineffabile.L’attualità di Dante, per comel’abbiamo intesa finora, risie-de dunque nella sua tensioneerotica(è inoltre Beatrice chelo conduce in Paradiso, amo-re terreno figura dell’amoreceleste) esistenziale e dunquepoetica e il suo situarsi comeevento originario nella storiadel pensiero occidentale. Mala tensione del pensiero diDante non ha ancora una for-ma che la possa fondare, cosìfilosoficamente si realizza inDio, politicamente in una mo-narchia universale di stampotardo feudale. Eppure in que-sta tensione noi possiamo av-vertire l’umanismo più auten-tico di Dante, che è il pro-dotto originale del pensierocristiano quando viene messoin crisi, e che preannuncial’Umanesimo e il Rinascimen-to, ovvero l’età dell’uomomoderno.

Francesco Salmeri III C

Palacultura: da sin. Arena, Urso, Sbacchi

Palacultura: lectura Dantis

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Incontro con Diego SbacchiXII

Diego Sbacchi, dottore di ri-cerca in letteratura medieva-le, docente di Materie lette-rarie e latino in un liceo diMacerata, si occupa di lette-ratura bizantina e medievale.Tra le sue tante pubblicazionisu Dante, Petrarca, Boiardo eAriosto, ricordiamo che il pro-fessore Sbacchi è autore del-la monografia “La presenza diDionigi Areopagita nel Para-diso di Dante” (Olschki).Il suo intervento al Convegnosi è concentrato sull’espres-sione “lo gran mar dell’esse-re” che Dante usa in Pd I, 113per definire Dio: l’origine ditale metafora non sembra es-sere dantesca ma greca, co-niata da Gregorio di Nazianzoe poi giunta in Occidente peril tramite del Damasceno.

Come sappiamo, Dante ha usu-fruito di svariate fonti nelcomporre la Commedia, mol-te delle quali filosofiche ereligiose. La speculazione fi-losofica di Tommaso d’Aqui-no, ad esempio, sembra sor-reggere buona parte dell’im-palcatura dottrinale e astro-nomica dell’opera. A tal pro-

posito, ritiene che, senza ilrichiamo alla mistica dionisia-na, sarebbe stata comunquepossibile la stesura del Para-diso?Vi ringrazio per la domanda,tra l’altro molto mirata, quin-di qualcuno vi avrà fatto stu-diare tante cose. Forse senzala mistica dionisiana il Paradi-so così come l’ha scritto Dan-te non sarebbe stato possibi-le. È vero quello che avetedetto, cioè che c’è una fit-tissima rete di rimandi e di ri-chiami, è vero anche che mol-te opere, come quella di Tom-maso, funzionano a carattereenciclopedico quindi lì den-tro si trovano tanti altri filo-sofi (Dionigi l’Areopagita, San-t’Agostino…), però è anchevero che all’interno di que-sta fitta rete di rimandi si pos-sono a volte distinguere benele diverse fonti, e quella chehai citato è una per esempio.Il chiarimento dato da Beatri-ce nel canto XXVIII del Para-diso, rende nota la conoscen-za di Dante in campo angelo-logico, ricavata dallo studiodei testi di Dionigi l’Aeropa-gita. Esistono nella canticaaltri riferimenti alle teoriedionisiane?Sì, ne esistono parecchi altri,

c’è uno studioso, il professorMarco Ariani, che ha studiatoper esempio in maniera moltoapprofondita tutta la questio-ne della “luce”, che Dantenon potrebbe concepire cosìcome la conosciamo senza l’in-flusso di Dionigi quindi sì, de-cisamente si, l’angelologia for-se è un aspetto strutturalema ce ne sono altri non menoimportanti.“Ne l’ordine ch’io dico sonoaccline tutte nature, per di-verse sorti, più al principioloro e men vicine”. Tuttotende ad arrivare a Dio, fon-te e causa prima, secondo unviaggio da compiere che con-cerne la propria natura. El’uomo, dovendo viaggiare“ne lo gran mar dell’essere”per arrivare alla conoscenzadivina, deve intendere que-sto essere come la propriaessenza o come la moltepli-ce realtà del mondo? E devequindi compiere il proprioiter dentro di sé o attraver-so la conoscenza universale? “Lo gran mar dell’essere” nonsono io, non siamo noi, ma èDio, e quindi siamo noi, con inostri difetti e con quello chesiamo, che possiamo e anzi,Dante ci dice, o meglio Dantese lo fa dire da Beatrice, che

dobbiamo andare a Dio, que-sto sì, e poi, il resto, lo dire-mo dopo. La metafora di Diocome mare –la critica dante-sca del gran mar dell’essereidentifica il creato, mentrepotrebbe essere individuatoanche il creatore- porta consé quella della navigazione aidiversi “porti”, nel rispetto diuna gerarchia ontologica.Questo mare non è dunqueun mare incognito come quel-lo affrontato da Ulisse, ma unmare in cui le rotte sono bentracciate e non c’è possibili-tà di naufragare. In questomare calmo e navigabile, ogniistinto può e deve trovare ilsuo porto.Qual è, secondo lei, il fineultimo dello studio della Di-vina Commedia al giorno d’og-gi per i ragazzi?Questa è una bella domandain effetti ma la risposta tendead essere banale, nel sensoche, dire che Dante va stu-diato perché è Dante, o per-ché è il nostro Omero, o per-ché è un classico, è dire tut-to e dire niente. Io direi, piùche altro, che conviene, for-se, data la giovane età, che viaffidiate ai vostri insegnantiche hanno già fatto un per-corso, e se dicono che maga-ri Dante può essere interes-sante, per ora prendetelocome un “credo” di fiducianei confronti di persone piùgrandi che hanno già affron-tato un certo tipo di percor-so. Poi magari lo scoprirete dasoli quando maturerete unpo’, per cui avrete voi le vo-stre ragioni per cui leggereDante. Si vive anche senza,per carità, però conoscerlo èsicuramente un aiuto in più.

Il mare, similitudine e metafo-ra millenaria di immensità, mi-sticità e calma, vien presa inanalisi dalle massime autoritàfilosofiche e letterarie deisecoli passati che ne traspon-gono un’analisi alta e contem-plativa tutt’oggi discussa, stu-diata e apprezzata. In relazio-ne a ciò, il professore DiegoSbacchi, ha esposto la propriarelazione relativa al “Lo granmar de l’essere” dantesco(Pd. I, v. 112).La presenza di Dionigi l’Areo-pagita nel Paradiso di Dante èancora circondata da tantomistero ma indispensabile peril poeta durante la parte piùimpegnativa del suo viaggio dipellegrino celeste. Grande,come ci tramanda la storia, ful’importanza attribuita a taleuomo, i cui scritti vennerocommentati e tradotti più vol-te dai contemporanei e po-steri. Fu infatti uno scrittoreampiamente riconosciuto estudiato dagli autori ecclesia-stici, e certamente Dante nonpoteva non conoscerlo attra-verso la conoscenza direttadei suoi elaborati, sia indiret-tamente mediante la letturadi scritti intrisi di spiritualitàquali, per esempio, Bonaven-tura. L’influenza di Dante chenasce con l’incontro intellet-tuale con Dionigi è da riassu-mere in alcuni concetti chia-ve: la concezione della luce,la via mistica di unione a Dio ela gerarchia angelica.Citando i passi del I canto del

Paradiso, il professore Sbac-chi inizia ad esplicare la sim-bologia del mare all’internodel quale ogni cosa, vicina olontana che sia dal suo prin-cipio divino, si muove in unaprecisa collocazione natura-le che la guida. Ciò vien fattopronunciare all’angelica se-conda guida di Dante, Beatri-ce, alla domanda del poeta sucome potesse ascendere alregno celeste dato il suo cor-po grave. Vien subito fattonotare come l’ “essere”, lamente onnipotente di Dio as-sociata alla vastità del mare,appaia nei commenti dellagrande figura di Gregorio diNazianzo sull’Esodo in cui,presso il Monte Sinai, vien sti-pulata l’alleanza tra Mosè,reincarnazione dell’umanità, el’Altissimo. Gregorio utilizzeràalmeno due volte questaespressione per sottolinearel’immensità e l’inconoscibilitàdi Dio ed in seguito inseren-do il mare all’interno di unasimbologia cristiana che eglirivede a seguito di dibattititeologici: la vasta distesa d’ac-qua, originariamente interpre-tata come simbolo di caos,con una risemantizzazione dicarattere positivo, vien oraaccostata all’immagine di Dio.Tutto ciò basandosi sulla tesiellenistica che definisce il mardi bellezza infinita ed illimita-ta all’interno del Simposio diPlatone, che delimita essocome punto d’arrivo per laricchezza massima dell’animo.Tutto ciò verrà ripreso ancheda Giovanni Damasceno, verae propria autorità teologica e

da altri autori riportati da Dan-te all’interno della XI epistolaai Cardinali italiani.“Questa metafora del mare,nel quale tra l’altro dalla cri-tica dantesca viene tenden-zialmente individuato il Crea-to, mentre nell’essere vieneindividuato il Creatore, portacon sé quella navigazione com-piuta secondo una certa ge-rarchia ontologica: non è unmare capace di assorbire, èun qualcosa d’indistinto e diconfuso, non è un brodo pri-mordiale, né il mare incogni-to affrontato da Ulisse, è in-vece un Oceano in cui le rot-te sono ben tracciate, nonc’è possibilità o paura di nau-fragare.” spiega il professorSbacchi e continua,” InfattiDante con la sua metafora delmare non pone al centro d’es-so la pericolosità della navi-gazione, non l’affronta secon-do le sue capacità, ma sullacertezza e la sicurezza dell’ap-prodo finale. E’ un mare cal-mo, sempre uguale a sé stes-so, in cui ogni istinto non puònon trovare la sua piena sod-disfazione”. Dante inoltre pro-porrà l’inizio di tutte e tre leproprie cantiche tramite im-magini marittime proposte in“una sorta di climax ontologi-co”, così definito dal profes-sore: nel I canto dell’Inferno,nel momento d’uscita dallaselva il mare è qualcosa di osti-le, mentre nella protasi delproemio del Purgatorio l’In-ferno vien paragonato ad unmare burrascoso da cui si èfinalmente riemersi.

LO GRAN MAR DELL’ESSEREIntervista a Diego Sbacchi

Adriana La FauciClaudia MassarottiCarlotta Villari II A

DIONIGI AREOPAGITA NEL PARADISO DI DANTE

Un filosofo neoplatonico dicultura greca e di probabileorigine siriana, il cui nome ciè ignoto, nelle sue opere sivolle identificare come il di-scepolo di Paolo convertitosull’Areopago (cfr. At 17:16-34). La critica più autorevole,superata tale leggenda (da ciòla dizione Pseudo-Dionigi’),tende a situarlo tra la fine delV e l’inizio del VI secolo.Nei suoi quattro trattati (Lagerarchia ecclesiastica, La ge-rarchia celeste, La teologiamistica, I nomi di Dio) egli sipresenta come testimone di-retto dell’insegnamento del-l’apostolo. Ciò conferì alla suaopera il peso di un’autorità,per alcuni (Scoto Eriugena adesempio) addirittura pari aquella scritturale. Nel Medio-

evo, al ‘divinus Dionysius’ sa-ranno ispirati alcuni temi fon-damentali del misticismo edella teologia speculativa.Dante lo colloca nel cielo delSole, nella prima ghirlanda lu-minosa degli spiriti sapienti(Pd X, 115-117).L’opera di Dionigi rappresen-ta nel suo complesso la con-fluenza di motivi neoplatonicinel corpo della teologia cri-stiana, così da esaltarne ilcarattere mistico-speculativo:egli fa propria la teoria ploti-niana di Dio che, per la suainfinità, è al di sopra dell’es-sere e di ogni realtà compren-sibile nelle categorie dellaragione discorsiva. A Dio, quin-di, più che tramite la teologiapositiva (kataphatike: la qualeattribuisce a Dio in modo emi-

nente tutte le perfezioni del-le creature), ci si può avvici-nare tramite la teologia nega-tiva (apophatike), negandocioè di lui tutto quanto si pre-dica delle creature: in tal sen-so di Dio si dice che egli nonè essere, ma super-essere,non è bontà ma super-bontà,non è unità ma super-unità,ecc. Secondo questa direzio-ne è orientata la ricerca deinomi divini, che culmina nel-la teologia mistica, dove tro-va il suo sviluppo la teoria del-l’assoluta ineffabilità divina,per cui la più alta forma diconoscenza è quella che sirisolve nel superamento dellecategorie logiche per giunge-re a un tipo di visione, supe-riore a ogni conoscenza di-scorsiva, che si realizza nelle

«tenebre» e nell’«ignoranza»:con ciò intendendo lo sforzoe la tensione senza fine versociò che è assolutamente al dilà di ogni determinazione (Dioè quindi coincidenza di con-trari in quanto in lui si annul-lano, essendo trascese, tuttele distinzioni categoriali). Dioè così il centro delle specu-lazioni di Dionigi: le personedella Trinità sono le proces-sioni divine interne (proodoi);le processioni esterne(ekphanseis) rappresentanoinvece il processo creativo diDio. Anche la dottrina dioni-siana della creazione è chia-ramente influenzata da ele-menti neoplatonici: Dio èbene, anzi super-bene e lacreazione è l’espressione, ladiffusione della sua bontà;tutto ciò che è, in quanto è,è bene, e il male non ha posi-tività, ma è solo privazione dibene. E come bene Dio non èsolo il creatore, ma anche ilfine che richiama a sé tutto ilcreato che anela a ricongiun-gersi con lui (theosis, deifica-tio). Tutto l’Universo – gerar-chicamente strutturato – siscandisce così secondo unduplice processo di discesa e

di ascesa, da Dio in Dio.Secondo gli schemi dell’ulti-mo neoplatonismo (Proclo so-prattutto) la gerarchia an-gelica, che nel sistema dioni-siano è manifestazione(ekphansis) dell’Uno inacces-sibile e modello della gerar-chia ecclesiastica sottostan-te, si ripartisce in tre triadirigorosamente subordinate daun’inderogabile legge divina(thesmothesia). I Serafini (‘co-loro che bruciano’, secondoun’etimologia più o meno fan-tasiosa), i Cherubini (‘effusio-ne di conoscenza’) e i Troniformano la prima triade, cuiseguono le Dominazioni, le Vir-tù, le Potestà e infine, a for-mare l’ultima triade, gli ordinidei Principati, degli Arcangelie degli Angeli.Per Dionigi il mondo sensibilee intelligibile si giustificano inquanto immagine (eikon) diuna realtà che trascende sen-so e intelletto; unico e ina-deguato tramite, attraversocui, al di là dell’immagine,come della più astratta defi-nizione, l’unità divina si mani-festa in dono alle creature pergrazia sovrabbondante. Il sim-bolismo (essenziale all’inse-

gnamento ecclesiastico escritturale) è tratto dal mon-do sensibile nei suoi aspetti -come la bellezza e la luce -più degni di esprimere la re-altà divina, ma deve sottopor-si a una continua critica in-terna che riveli quanto le im-magini siano difformi, dissimilidal loro oggetto. In tale pro-cesso di purificazione pro-gressiva dalla materialità dellarappresentazione (anagogia),Dionigi predilige il simbolo ispi-rato alle realtà più umili (ani-mali, o addirittura mostri, im-magini inorganiche), più dissi-mile dal suo oggetto, perchéevita i rischi di una contem-plazione limitata alla bellezzasensibile. Se l’immagine anti-ca della luce esprime positi-vamente’ l’idea divina, l’espe-rienza mistica, vertice cui ten-de tutta la gnosi dionisiana, sicompie nella ‘tenebra supe-ressenziale’, nella ‘caliginesuperlucente’ (in obscurissi-mo, quod est supermanifestis-simum, come traduce ScotoEriugena).Per l’Areopagita la dialetticanegativa investe anche la te-ologia’ come effettivascienza’ degli attributi positi-

Bellezza e luce nel divino Dionigivi di Dio, dei nomi divini, chesi esprime attraverso i puriconcetti intellettuali: an-ch’essa tuttavia è inadeguataa significare l’idea dell’unitàsuperessenziale’ di Dio. Ancorpiù la negazione è presenteal vertice dell’espressionemistica, che è l’ultimo stadiodi un processo di conoscen-za e di salvezza.L’influenza dionisiana nel Me-dioevo latino fu vasta eprofonda. Ne curò una fortu-nata traduzione latina ScotoEriugena (metà del IX sec.):attraverso questa versionel’opera dionisiana esercitò unenorme influsso su Giovanni diSalisbury e Ugo di San Vittoree poi su Alberto Magno e i suoidiscepoli (tra i quali natural-mente spicca Tommasod’Aquino); determinante fuanche l’influsso sulla misticadel XIV secolo (MeisterEckhart, Jean Gerson). Né fumeno significativa l’influenzasul primo Umanesimo, da Cu-sano a Ficino, che ne diedeuna traduzione stilisticamen-te più elegante, e ancora sul-la mistica posteriore.

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016

Prof. Lorenzo Sciajno

Da sin. La Fauci, Massarotti, Villari, Sbacchi

Palacultura: da sin. Arena, Sciajno, Fioravanti

Natale MiduriAlessia Mesiti I C

Diego Sbacchi

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AGON ZANKLAIOS e CERTAMINA XIII

La stagionedei certamina2016 volge altermine. Gior-no 11 maggioa Torino l’ulti-mo grandeevento del-l’anno : leOlimpiadi clas-siche, l’agònn a z i o n a l e

principe. La prestigiosa competizione ha visto in lizza quat-tro allievi del nostro liceo, Alessandro Sturniolo, RobertoD’Andrea, Francesco Salmeri, Noemi Bonfiglio (vedi foto dasin.) vincitori del primo premio in certamina che dannotitolo per l’ammissione alle Olimpiadi nazionali, o classifica-ti alle Olimpiadi regionali.Mai come quest’anno un record di vittorie per il liceo laFarina, inanellate sul fronte del greco e del latino. I giova-ni Gabriele Gemelli, Roberto D’Andrea, Noemi Bonfiglio,Alessandro Sturniolo, Francesco Salmeri, campioni di bra-vura e di modestia si sono affermati al Ciceronianum, alPeloritanum, al Patristicum, al Syracusanum, al Vibonense,al Certamen di letteratura scientifica e tecnica organizza-to dal liceo classico Marchesi di Mascalucia, al Certamen“Magni animi memoria sempervivit “ del liceo scientifico diSpadafora, al Certamen Graecum reggino, al Sallustianum,al Placidianum. Molti si chiederanno il perché di tantisuccessi.Non è difficile rispondere: tenacia inossidabile nello stu-dio e nell’esercizio sono gli ingredienti di un’antica ricet-ta sapientemente usata dai nostri ragazzi, guidati dai loroinsegnanti preparatori che con entusiasmo li accompagna-no in una splendida sfida che anche quest’anno ha riser-vato alla nostra scuola una messe copiosa di successi!

Il 12 marzo, alle9.30, si è svoltapresso i locali delLiceo “G. La Farina”di Messina la III edi-zione dell’AgonZanklaios (Certa-men GraecumMes-sanense), gara ditraduzione dal gre-co accreditata dalMiur tra i certami-na nazionali. I 77 stu-denti partecipantisi sono cimentatinella traduzione diun brano tratto daSenofonte (Ierone osulla tirannide) perla sezione iuniores,e da Platone (Re-

pubblica) per la sezione seniores. La commissione giudi-catrice era così composta: presidente Renzo Tosi, Uni-versità di Bologna, Claudio Meliadò, Università di Messi-na, Giuseppe Ucciardello, Università di Messina, NicolaBellitto già docente del liceo La Farina, Liliana Barberagià docente del liceo Maurolico. Il comitato organizzato-re era composto dal dirigente scolastico Pucci Prestipi-no e dai professori Emiliano Arena, Patrizia Danzè e Fau-sto Savasta del liceo La Farina. Il 12 marzo, mentre glistudenti affrontavano la prova di traduzione, per i do-centi accompagnatori è stata prevista una visita guidatadal professore Emiliano Arena presso Villa Pace della mo-stra archeologica a cura della Soprintendenza di Messina“Da Zankle a Messana, 2016” . Per la sezione iuniores il Ipremio è stato assegnato a Maria Carla Merlo del liceoclassico “M. Cutelli” di Catania, il II a Emanuele Garsia delliceo classico “Corbino-Gargallo” di Siracusa, il III a Giu-seppe Sorbello del liceo classico “L. Nostro” di Villa S.Giovanni (RC). Menzione d’onore a Daniele Sesto del li-ceo classico “Corbino-Gargallo” di Siracusa.Per la sezio-ne seniores il I premio è stato assegnato il Roberto D’An-drea del liceo “G. La Farina” di Messina, il II ad Alessan-dro Sturniolo del liceo classico “G. La Farina” di Messinae il III a Noemi Bonfiglio del liceo “G. La Farina” di Messi-na. Menzione d’onore a Giovanni D’Amico del liceo clas-sico “F. Maurolico” di Messina.IL 12 marzo la prof.ssa Paola Radici Colace (Università diMessina) ha tenuto presso il Salone degli Specchi dellaProvincia Regionale di Messina la lectio magistralis “Il po-eta e l’officina dei saperi. Tecniche, attrezzi, metafore.La cerimonia di premiazione del 13 marzo, avvenuta pres-so l’Auditorium Fasola di Messina, è stata preceduta dal-la lectio magistralis “Per una lettura delle Baccanti diEuripide” svolta dal professore Renzo Tosi (Università diBologna).La realizzazione del certamen (con il supporto di DanielaUrsino, D’aRteventi) è stata possibile anche grazie al ge-neroso sostegno della Fondazione Bonino Pulejo, del Ro-tary Club di Messina, della Raffineria di Milazzo, dell’Ho-tel Royal. Ringraziamenti alle famiglie Cavallari-Risicato,Danzè, Falzea, Gazzara, Di Marco di Iniziativa Viaggi, e alLiceo La Farina che hanno offerto i premi dei vincitoridelle due sezioni Iuniores e Seniores.

PD

III Edizione AGON ZANKLAIOS

È intervenuto con la sua le-zione in occasione della III edi-zione del Certamen GraecumMessanense il professor Ren-zo Tosi, ordinario di lettera-tura greca presso l’Universitàdi Bologna, tra i cui principalistudi vi sono la tradizione pro-verbiale antica e moderna,l’esegesi antica e la tradizio-ne indiretta dei classici. Tra isuoi interessi si annovera-nol’attenzione al classicismodi fine Settecento, a Eschilo,al mondo bizantino e a Tucidi-de, argomenti di cui il profes-sore si è ampiamente occupa-to in diversi saggi.Ammette di essere imbarazza-to Renzo Tosi (vedi al centronella foto) all’inizio della sualectio magistralis dal titolo“Per una lettura delle Baccan-ti di Euripide”, una delle piùgrandi opere teatrali di tutti itempi, che fin dall’antichitàha conosciuto ampia diffusio-ne grazie al notevole fascinocapace di esercitare e deri-vante in primo luogo dalla

grande ambiguità di tale tra-gedia. A rappresentarla è il pro-tagonista stesso, Dioniso, il diodel vino e del teatro che sipresenta paradossalmente investi umane e in cui Euripideincarna la verità, mettendo inluce la duplice possibilità cheegli sia il vero Dioniso o sem-plicemente un suo sacerdo-te. Il tragediografo riprendecosì un vero e proprio tòposdel teatro greco consistentenel “giocare su ciò che sa ilpubblico e ciò che sa un per-sonaggio”, espediente di cuiera maestro il noto Sofocleche ne fa ampio uso nell’ope-ra “Edipo Re”. Ma Euripide famolto di più: mette in scenalo scontro tra razionalità e ir-razionalità, rappresentate ri-spettivamente dal campionepolitico Penteo e dalla nuovarealtà dionisiaca, caratterizza-ta da culti estranei al mondogreco ma insiti al tempo in al-tre culture. È interessantel’interpretazione proposta al-lora dal professore Tosi, cheevidenzia la chiarezza e la co-erenza del progetto di Dioni-so che si contrappone alla

Lectio Magistralis di Renzo TosiIlaria Maiorana III CGiusy Mantarro I C

vergogna provata da Penteoche, a causa della hybris, per-de pubblicamente il proprioonore, valore considerato im-prescindibile fin dalla forma-zione dell’antica società del-la vergogna omerica. Ma qualè il vero messaggio di questatragedia? Il professore Tosi sisofferma su quello religioso:un monito a tutti gli uominiad adorare sempre gli dei e anon mettersi contro di essi,ma molte sono le discordanze

che anche la critica ha rile-vato negli ultimi anni, in pri-mo luogo la brutalità di Dioni-so che non esita a trattare gliuomini come fossero dei bu-rattini; ma allo stesso modonumerosi sono i parallelismirilevabili tra i termini utilizzatiall’interno delle Baccanti equelli presenti nell’AnticoTestamento sebbene talvolta isignificati attribuiti da Euripi-de siano ben lontani dai suc-cessivi riferimenti cristiani.

Per una lettura delle Baccanti di Euripide

Difatti l’interpretazione deiposteri, sottolinea il profes-sore Tosi, non potrà mai ris-pecchiare quella originale,condizionata da contesti sto-rico-sociali fin troppo diffe-renti che non devono peròinfluenzare la vitalità diun’opera, misurata non sem-plicemente in base a ciò cheessa ha trasmesso nell’anti-chità, ma anche all’influenzae al peso rivestiti nei secolisuccessivi.

Litterarum radices amaras,fructus dulcesProf. Fausto Savasta

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016

IL POETA E L’OFFICINA DEI SAPERILezione magistrale di Paola Radici Colace

Silvia Fava III C

Un percorso dentro le paroledel fare poetico è quello svoltoda Paola Radici Colace nellasua lezione magistrale, “Il po-eta e l’officina dei saperi. Tec-niche, attrezzi, metafore” te-nutasi il 12 marzo presso ilSalone degli Specchi della Pro-vincia Regionale di Messina.Docente ordinario di FilologiaClassica all’Università di Mes-sina, autrice di pubblicazionidi ambito classico, tardoanti-co, medievale, umanistico, hacondotto ricerche sulla lessi-cografia greca e latina, conattenzione alle lingue setto-riali della scienza e della tec-nica antica, alle metafore del-la lingua comune. È responsa-bile del progetto “Realtà lin-guistiche calabresi” nel con-testo europeo relativo allasalvaguardia e alla custodiadelle minoranze linguistiche inCalabria. Il poeta- ha detto laprofessoressa Colace- ha avu-to la necessità nel tempo didefinire la sua “officina”, dichiarire a se stesso e al letto-re quali sono gli attrezzi e letecniche del suo lavoro. E l’ar-te, intesa come mestiere, èancora oggi un tema proble-matico per chi “manipola leparole”. Attuando un percor-so attraverso le parole delfare poetico, ha reso ogget-to di riflessione il titolo diun’opera di Gian Franco Gia-notti “Il mestiere di poeta”. EPavese, oltre al “Mestiere divivere” scrisse anche un ro-manzo dal titolo “Mestiere dipoeta”: dove si parla dell’ar-te come mestiere e della tec-nica come autodisciplina pernon ricadere nel semplice

istinto narrativo e fare unascelta che risponde a canonietici oltre che estetici. No-nostante la complessità delsuo compito, il poeta ha unnome che lo caratterizza inmodo poco specifico: poietesderiva dal greco poiein, ver-bo che significa semplicemen-te “fare” e che, privo di com-plemento, diventa quasi uncopulativo. Il poeta è dunqueun “facitore”, ma non è spe-cificato quale sia il prodottodel suo poiein. Le categoriedi tekne in Grecia e di ars aRoma comprendevano l’artedell’architetto, dello sculto-re, del fabbro, dello strate-ga, del retore: nell’attuazio-ne di queste arti la capacitàera intesa come conoscenzadelle regole.Il concetto di regola rientrain quello di arte nella suastessa definizione: non vi eraars senza norme.Lo stesso Platone, per distin-guere una recitazione rapso-dica legata alla tekne da unalegata all’invasamento, affer-mava “Non chiamo arte un’at-tività irrazionale”: l’invasamen-to non può rientrare tra leregole dell’ars. È evidentedunque come l’arte in Greciaavesse un ambito ben più am-pio di quello che oggi le attri-buiamo: per noi l’arte corri-sponde alle “belle arti” comela poesia, la musica, la pittu-

ra, l’architettura.Mentre per i Greci anche l’ar-tigianato rientrava tra le arti:il poeta era considerato unartigiano al pari del sarto, delcarpentiere, del medico.Appartenevano tutti a unostesso ambito in quanto pos-sessori di una sofia, intesa noncome saggezza ma come com-petenza in una determinatadisciplina. Nel Dizionario discienze e delle tecniche cu-rato dalla professoressa Cola-ce sono individuate le ventu-no aree disciplinari più spes-so fatte oggetto di studio: ilcriterio dell’inclusione nelDizionario è stato che, perogni disciplina inclusa, i Gre-ci scrissero un manuale conle tecniche con cui avevanoorganizzato un sistema di for-mazione e trasmissibilità. Arteè infatti anche la capacità diprodurre la conoscenza diregole e di trasmetterle.L’analogia fra la poesia e letecniche della costruzionerisale alle origini della lette-ratura greca. E i procedimen-ti della poesia sono definitimediante verbi che fanno ri-ferimento alla nozione di “pre-disporre con arte” (teukein,costruire; entunein, prepara-re acconciamente; ormozein,adattare; daidallein, lavorareartisticamente; ergazesthai,fabbricare; pithesthai, siste-mare; kosmein, mettere in

bell’ordine) tutti riconducibilialla costante della costruzio-ne.Oltre alla figura del poeta co-struttore, significativa è an-che quella del “poeta carpen-tiere”: nell’Iliade s’incontraun personaggio di nome Ték-ton, propriamente “Carpentie-re”, il cui patronimico è Har-monídes, “figlio di Hármôn”(cioè figlio di “colui che met-te insieme”). I poeti sono “co-struttori”, tektones sofoi: nonperché sapienti, ma perchécapaci nella loro arte. La ra-dice verbale *tek si ritrova neitermini italiani architetto, tet-to, architettura.D’altra parte, in Omero, i po-eti sono ravvicinati agli archi-tetti e sono inseriti nella clas-se dei demioergoi, cioè degli“artigiani”, nel senso di «la-voratori per il popolo», deten-tori di una tekne di pubblicautilità. Tali sono, oltre al can-tore, l’indovino, il medico,l’araldo, l’artigiano. Vi è poila metafora del “poeta tessi-tore”. Il poeta produce untesto: textus è il participioperfetto di textere. Quindi iltesto è già di per sé “un tes-suto”, un incrocio di orditi edi trame.Non a caso la tela di Penelo-pe è metafora del lavoro del-l’aedo e del rapsodo.L’aedo non cantava l’Iliade inun continuum ma era solito

Salone delle Bandiere: cerimonia di premiazione

giustapporre un episodio a unaltro: il suo canto si presen-tava come un insieme di pezzidi stoffa, tanti quanti gli epi-sodi che, su ordinazione(“Adesso cantami”) gli si chie-deva di cantare. In un fram-mento di Pindaro il canto èinfatti definito poikilon: lapoikilia fa parte della tessitu-ra poiché un canto è policro-mo in base alla disposizionedei suoi “fili”.Nel De vulgari eloquentia,Dante confronta il caratterecomposito della poesia conl’arte della tessitura e dellacostruzione. Designa il “fare”proprio della poesia median-te verbi che esprimono l’ideadell’“allacciare” o del-l’”annodare”, del «compor-re», coartare, «restringere»,«annodare».Per classificare i termini piùconvenienti allo stile elevato,conia definizioni modellatesulle proprietà del filo dellatessitura: vocabula pexa, “pa-role pettinate”, vocabula lu-brica, “parole lisce”, vocabu-la yrsuta, “parole irsute” evocabula reburra, “parole ispi-de”. Dante usa infine la me-tafora della tessitura nel can-to XXXII del Paradiso, quasi altermine del poema: “ma poi-ché il tempo fugge che t’as-sonna, qui farem punto, comebuon sartore fa che, com’egliha del panno, fa la gonna”.

Salone delle Bandiere: foto di gruppo

Paola Radici Colace

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Cultura e TerritorioXIV

Come ogni anno, il nostroliceo ha coinvolto gli stu-denti del triennio in unworkshop archeologico cheli ha portati a cimentarsidirettamente sul campo al-l’interno del parco archeo-logico di Occhiolà (Grammi-chele, CT), in un sito nonancora del tutto scavato:“Poggio del Rullo”. Prima diprocedere all’attività di sca-vo gli studenti hanno par-tecipato a una serie di visi-te guidate, fra cui quelladell’Antiquarium di Grammi-chele, da cui hanno appre-so lastoria della ricerca ar-cheologica nel territorio

La mostra “Da Zancle a Mes-sina. 2016”, inaugurata il 5febbraio scorso, è fruttodella collaborazione tra laSoprintendenza Regionale aiBeni Culturali e Ambientali diMessina e l’Ateneo pelorita-no. La prima ha messo a di-sposizione i reperti prove-nienti dagli scavi condottinegli ultimi decenni nell’areadella città dello Stretto - trai quali figurano anche le piùrecenti e sorprendenti sco-perte - nonché la professio-nalità dell’équipe dell’UnitàOperativa Archeologica, allacui guida è la dottoressa Ga-briella Tigano. L’Università diMessina ha offerto invece iprestigiosi locali della VillaPace Bosurgi sulla litoraneanord, la collaborazione scien-tifica dei docenti di archeo-logia del Dipartimento di Ci-viltà antiche e moderne, esoprattutto il servizio di gui-de al percorso espositivo as-sicurato da studenti e giova-ni laureati del corso di lau-rea in Archeologia del Medi-terraneo.Nella mattinata dello scorso19 febbraio, una delegazio-ne di alunni del Liceo La Fa-rina, accompagnata dal pro-fessore Emiliano Arena, havisitato l’esposizione, usu-fruendo del supporto infor-

Diana Strano IC

CAMPUS DI ARCHEOLOGIA 2016

Da Zancle a Messina. 2016

Jacopo BurgioChiara TringaliAlessia Vaccarella III A

Messina. Il percorso si è con-cluso infine con la sala con-tenente alcuni prestigiosi vasifigurati e le monete, e con lasala riguardante i rinvenimen-ti di epoca medievale, i più an-tichi dei quali, di epoca nor-manna, provengono dagli sca-vi eseguiti nell’isolato del no-stro Liceo tra il 1985 e il 1997.Nell’ambito della visita abbia-mo avuto anche la possibilitàdi rivolgere alcune domandealla dottoressa Gabriella Tiga-no, responsabile dell’UnitàOperativa Archeologica dellaSoprintendenza, ideatrice ecoordinatrice dell’allestimen-to; all’architetto Rocco Bur-gio, curatore della grafica edel percorso espositivo; e in-fine ad una giovane laureatain Archeologia presso l’Ate-neo peloritano, Valentina Ca-sella, che fa parte del gruppodei ragazzi che hanno svoltoil servizio di guide alla mostra.

Dottoressa Tigano, come ènata l’idea della mostra? Qua-le obiettivo si prefigge?La Soprintendenza ai BeniCulturali e Ambientali di Mes-sina, attiva dal 1987 e, percompetenza specifica, il Ser-vizio Archeologico, ha semprepromosso negli anni, sia aMessina che in provincia, larealizzazione di mostre chemettessero a parte il grandepubblico dei progressi dellericerche sul campo, special-mente nel caso dei centri acontinuità di vita (Messina, maanche Milazzo, Giardini Naxos,Taormina, Caronia….), ove l’at-tività di scavo è strettamente

legata ai lavori edili e spessoè stata vista come una vessa-zione nei confronti delprivato.La mostra di Villa Paceè nata quindi sulla falsariga diprecedenti iniziative (esposi-zioni allestite all’interno delTeatro Vittorio Emanuele nel1997-98 e nel 2011) allo scopodi far conoscere, di sensibi-lizzare e di far capire l’impor-tanza della nostra attività.C’erano poi anche altre moti-vazioni: la consapevolezza chedati scientifici di rilievo era-no stati acquisiti in alcuni can-tieri “chiave” (palazzo Colape-sce; Duomo; Gazzi) e che bi-sognava segnalare di nuovo ein maniera più forte la neces-sità di poter disporre di unospazio espositivo per garanti-re la fruizione dei molti reper-ti archeologici, alcuni dei qua-li di particolare pregio, con-servati nei nostri depositi, maanche e soprattutto per darecontinuità, con costi limitati,all’attività di valorizzazione delpatrimonio sempre persegui-ta negli anni.Un bilancio dell’iniziativa?Il successo della manifestazio-ne è andato ben oltre le no-stre aspettative. La risposta inpositivo è stata corale e que-sto ci ha ripagato delle fati-che! In generale, abbiamol’impressione che la città siapiù sensibile e che i giovanisoprattutto abbiano voglia diconoscere e di riappropriarsidel passato della nostra cit-tà. Sono venute tutte le scuo-le di ogni ordine e grado nonera mai successo in passato,nonostante la dislocazione

della mostra in un edificio digrande prestigio, ma certa-mente fuori centro.Architetto Burgio, ci parlidella progettazione dellamostra e del percorso espo-sitivo?Il percorso si snoda in cinquesale arredate con una serie divetrine e di pannelli didatticiche seguono un ordine cro-nologico e topografico insie-me.All’ingresso della mostra, confunzione introduttiva, è col-locata una grande pianta del-la città di Messina, che ripor-ta la localizzazione di tutti irinvenimenti - ora casuali oraprogrammati - che si sono sus-seguiti nel sito dal Cinquecen-to ai giorni nostri. All’internodelle vetrine i reperti sonoesposti in sequenza cronolo-gica, ma sempre secondo rag-gruppamenti corrispondenti aisingoli contesti archeologicidi provenienza, e sono ac-compagnati da didascalie coni dati di scavo e la datazione.Aggiungo una notazione ri-guardante il logo della mostra:apparentemente sembra ilprofilo di un vaso, invece rap-presenta graficamente la lineadella costa messinese con l’in-dicazione della falce del por-to e del Capo Peloro.Dottoressa Casella, sappiamoche il contributo delle gio-vani guide è stato determi-nante per la riuscita del-l’evento: qual è stata la suaesperienza?Un’esperienza fantastica datanti punti di vista. In primoluogo la mostra ospita reperti

di grande bellezza e valorestorico, che ci permettonodi dare un fugace quantoprezioso sguardo al passatodella nostra città e all’impor-tanza che essa ricopriva nelMediterraneo. Per quanto ilmio campo di studi mi portispesso in contatto con con-testisimili, posso assicurarviche l’emozione è ancora piùgrande quando, come in que-sto caso,si tratta di contestidella mia città. Ma uno degliaspetti a mio avviso più ap-paganti è stato poter avvici-nare a questo “mondo” so-prattutto le nuove generazio-ni. Vedere i bambini incollatialle vetrine con lo sguardocolmo di curiosità mi ha emo-zionata e mi ha riportata in-dietro a quando, a otto anniammiravo le teche del MuseoEgizio di Torino. A tal propo-sito, fare da guida ad un bam-bino di sette anni che dagrande vuole fare l’archeo-logo è stato impagabile! Hoguidato diversi studenti del-le scuole superiori interes-sati e desiderosi di capireperché questi reperti debba-no, al temine della Mostra,tornare nei magazzini dellaSoprintendenza. Ad oggi Mes-sina, infatti, non dispone diun museo archeologico.

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016

grammichelese e hanno po-tuto ammirare alcuni dei re-perti recuperati nell’area,fra cui tre importanti tom-be ad enchytrismos (entropithos) della Tarda età delBronzo perfettamente re-staurate.

A seguito del terremoto del1693, che distrusse il borgomedievale di Occhiolà, l’abi-tatovenne trasferito poco lon-tano, sull’altopiano dove ilprincipe di Butera Carlo Ma-ria Carafa fondò la città diGrammichele, perseguendol’ambizione di creare una “cit-tà ideale” perfettamente sim-metrica e a pianta esagonale(caratteristiche proprie tut-t’oggi della città). L’assenza disuccessivi insediamenti sulterritorio ha fatto sì che l’areadi Occhiolà restasse a lungointatta, e, in seguito a variecampagne di scavi, è statopossibile rinvenire resti nonsolo risalenti all’epoca in cuiil borgo venne distrutto dal

Campagne di scavo più recen-ti, condotte su un crinalecollinare poco lontano dalborgo medievale,hanno ripor-tato alla luce il sito di “Poggiode Rullo”, che ha visto al-l’opera i nostri studenti: nel2007, in seguito a uno studiotopografico, erano stati indi-viduati dei resti in un primomomento identificati cometombe, dal momento chel’azione predatoria di tomba-roli nel corso della storia (an-che recente) aveva suggeritola possibile presenza diunanecropoli. Procedendo nelloscavo sono però state rinve-nute delle evidenze archeo-logiche, che hanno escluso lapresenza di sepolture, in fa-vore di un centro abitato,oggi datato, grazie alle eviden-zearcheologiche e alcuni pre-ziosi ritrovamenti numismatici,tra il IV e gli ultimi decennidel III secolo a.C. Gli ambientiattualmente in luce si dispon-gono in due distinte aree condifferenti quote altimetriche:gli ambienti della parte più altaconservano una porzione diquello che è stato interpre-tato come un santuario dedi-cato a Demetra e Kore, men-tre la natura degli ambientidella terrazza inferiore non èancora stata identificata acausa dell’azione distruttivadei tombaroli.Giunti sul sito gli studenti, di-visi in due squadre, in un pri-mo momento operano unascerbatura delle aree da sca-vare; in seguito, sotto la gui-da delle archeologhe,Dott.sseSimona Barberi e Maria Ran-dazzo, cominciano a rimuove-re delicatamente la terra insuperficie secondo un crite-rio stratigrafico. Vengono allaluce molte tegole e frammen-

ti di ceramica comune e avernice nera di IV-III sec. a.C.Se la prima mattina delworkshop è interamente de-dicata all’attività di scavo,durante la seconda gli studen-ti si occupano della lavatura/pulitura dei reperti (per lo piùceramici) rinvenuti, alla loroclassificazione tipologica e al-l’assemblaggio dei frammenti;al contempo le archeologheillustrano i principali elemen-ti di metodologia dello scavoarcheologico, fondato sullaidentificazione delle unitàstratigrafiche, nonché le va-rie fasi di vita del sito archeo-logico sede del nostroworkshop.I pomeriggi, come di consue-to, sono stati dedicati ad ul-teriori visite in siti di rilevan-za archeologica del compren-soriocalatino. Guidati dallearcheologhe, Dott.sse LauraSapuppo e Gisella Verde, del-la società ArcheoRama, i no-stri alunni hanno visitato ilparco archeologico della“Montagna di Ramacca”, sitodi altura occupato da un in-sediamento indigeno della pri-ma età del ferro (850-730 a.C.)successivamente ellenizzatodal contatto con i Greci di Le-ontinoi. Le diverse fasi di vitadell’insediamento sono testi-moniate da tre tipi diverse disepolture attestate nelle ne-cropoli disposte intorno al-l’abitato: numerose sono letombe a camera rettangolaretipiche delle culture siculedall’Età del Ferro al V secoloa.C. circa, ma si trovano an-che tombe di tipo greco afossa litica, a vasca litica, aenchytrismos (dentro vasi oanfore) e sepolture seconda-rie in urna cinerararia. Moltointeressanti anche gli ampi

edifici N e NA,forse di funzio-ne pubblica,e la casa RM,tuttidi VII-VI sec. a.C. Gradevoleanche la visita al piccolo, maben curato, Museo archeolo-gico di Ramacca.Suggestiva è stata anche lavisita a Rocchicella dei Palici,guidata dal prof. Emiliano Are-na, sito in cui sorgeva la cittàdi Paliké, in prossimità di duelaghetti ribollenti, oggi scom-parsi, che avevano da sempreattratto popolazioni locali findalla preistoria. Ai laghi, diven-tati luoghi di culto delle po-polazioni sicule, veniva asso-ciata in epoca storica la pre-senza degli dei Palici, figli diZeus e della ninfa Thalia (o diAdranos ed Aitna nella versio-ne “sicula” del mito), i qualisarebbero stati nascosti dallamadre nel sottosuolo per na-sconderli a Era, e che tente-rebbero di tornare in super-ficie, provocando il fenome-no della ribollizione. Il cultodi questi dei Palici avvenivaall’interno di un santuario (almomento non visitabile, le cuistrutture più antiche sonodatabili tra la fine del VII e l’ini-

terremoto, ma anche anterio-ri: numerosi sono i reperti dietà medievale e rinascimenta-le, che costituiscono una ra-rità nell’ambito di una Siciliaconosciuta spesso solo edesclusivamente per la sua sto-ria greco-romana.

zio del VI sec. a.C.) in prossi-mità della parete di rocciaospitante una necropoli ditombe a grotticella della Tar-da Età del Bronzo. In cima aquesta roccia sorge la cittàdi Paliké, di cui parla DiodoroSiculo, il quale pone la sua fon-dazione nel 453 a.C., grazieall’iniziativa di Ducezio, nobi-le dell’élite sicula di Mineoche diede impulso a una cam-pagna per liberare l’elemen-to siculo dal controllo siracu-sano, creando una synteleia(alleanza) centrata su Palikéedil suo santuario, luogo ricono-sciuto da tutti i centri indi-geni della Sicilia orientale.L’edificio principale del san-tuario, provvisto di ben duegrandi stoai, è l’hestiaterion,della metà del V sec. a. C.,adibito al consumo di pasticomuni e alla pratica simpo-siale. L’adozione del simposio,di tipica derivazione greca,adopera delle aristocrazie sicu-le fin dall’epoca arcaica mo-stra come queste fossero par-te di un processo di progres-siva acculturazione in chiaveellenizzante.

Questo particolare tipo diviaggio d’istruzione, che illiceo La Farina propone or-mai da alcuni anni, riescea coniugare la consueta fi-nalità culturale della visi-ta di musei e siti archeo-logici con l’esperienza sulcampo, che coinvolge glistudenti direttamente,rendendoli componenteattiva e partecipe del loroapprendimento, introdu-cendoli in un mondo,quello dell’archeologia,che in Italia costituisceancora un tabù, e chespesso non riesce a sod-disfare le esigenze, sem-pre crescenti, del patri-monio artistico-culturalenazionale. Anche grazie aquesta prima presa di co-scienza e interessamentoda parte degli studenti siformeranno, forse, nel fu-turo, individui che deci-deranno di intraprendereuna strada ancora nonmolto battuta, ma che di-mostra sempre più di ave-re potenzialità enormi.

Attività di scavo

Occhiolà (Grammichele, Ct): il gruppo del workshop di archeologia

mativo di alcuni degli archeo-logi curatori dell’evento. Nellaprima sala abbiamo avutomodo di conoscere i risultatidegli scavi riguardanti la pri-ma fase di frequentazionedell’area di Messina, ovveroquella di età preistorica, e lescoperte relative ai primi tresecoli di vita della colonia gre-ca di Zancle. Nella secondasala ci sono stati illustrati i

reperti provenienti dalle ne-cropoli della città fra l’etàgreca e quella romana. La vi-sita è continuata poi nellasala successiva con l’esposi-zione delle epigrafi (funerariee non), tra le quali figura l’ec-cezionale iscrizione prove-niente da Via Geraci, con untesto poetico dedicato forsead Orione, che descrive le ca-ratteristiche del territorio di

Ceramiche da corredi tombali del III sec. a.C.

La mostra archeologica di Villa Pace

Ceramica araba dell’XI sec.:scavi all’interno dell’edifi-cio del Liceo La Farina

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Intervista al Dirigente Scolastico XV

Il clima non è stato dei piùbelli, forse il più duro di tut-ta la mia carriera, a causa dialcune dinamiche che si sonoinstaurate con voi ragazzi chemi hanno fatto soffrire. E tut-to è dipeso dall’occupazio-ne e dalle modalità con cuici siamo mossi. Ho voluto af-fermare a tutti i costi la miaposizione da pedagogo e nonda demagogo.Potrebbe riassumere que-st’anno in una parola?In una parola? Ansiogeno.Com’è cambiato secondo Leiil concetto di classicità neltempo e come giustifica l’in-cremento di iscrizioni chec’è stato negli ultimi anni ri-spetto al passato?È bene chiarire che l’incre-mento è minimo: siamo pas-sati dal 6% al 6,1%, quindiqualcosa di impercettibile.Lo giustifico soprattutto nel-la presa di coscienza deglioperatori della scuola dellanecessità di difendere unasituazione a rischio. Quandoil liceo La Farina aveva vissu-to un momento di crisi i pro-fessori si erano dati da farecon tante iniziative che han-no portato ad un grosso in-cremento. Ciò, quindi, è sta-to determinato non da unamaggiore voglia di classico daparte dei ragazzi, i quali ve-dono nel liceo classico solouna scuola dove si deve fati-care molto, ma da un fatto-re interno, dovuto ad alcu-ne preoccupazioni relativeall’organico. Invece sonoconvinta che occorrerebbeprendere maggiore coscien-za. E siccome oggi per farloci vogliono forti stimoli, chevengano dall’esterno, avevoproposto anche uno spot cheandasse sulle emittenti nazio-nali: sicuramente sentire unavoce che ti rassicura sullafunzione del classico puòdare una spinta propulsiva.Oggi c’è una grande crisi divalori e per questo io mi au-guro che il classico cresca.Essendo consapevole che nonsi tratta di un incremento li-neare ho una preoccupazio-ne di carattere sociale, per-ché vedo che il mondo sta per-dendo punti di riferimento.Lei è dirigente sia del La Fa-rina che del Basile. Quali

sono i punti di contatto trai due istituti e quali potreb-bero essere in futuro?I punti di contatto non sonomolti, perché noi purtroppotendiamo ad essere individua-listi, anche se sono convin-ta che insieme si potrebbe-ro fare tante cose e che ac-costare la cultura classica aquella artistica potrebbe of-frire molte opportunità. Lepossibilità al liceo Basile, amio avviso, sono enormi, diecivolte superiori a quelle checi sono qui, poiché l’istitu-to è dotato di uno spazio bel-lissimo e strumentazioni ec-cezionali. Ad esempio, a bre-ve verrà presentato un anel-lo molto bello, creato dai ra-gazzi di oreficeria, che ver-rà indossato dal direttoregenerale del Miur Sicilia. Ciòsicuramente porterà una cer-ta notorietà all’istituto, cosìcome è di prestigio la men-zione d’onore ottenuta dal-lo studente del La Farina alleOlimpiadi Classiche Naziona-li: sicuramente una bella vi-sibilità e ritengo che anchequeste cose contino. Oggi,una cosa diventa bella se havisibilità, se non ha visibilitàper gli altri non è bella. Unconcetto legato ai tempi, macon il quale purtroppo biso-gna fare i conti.Si è già posta degli obietti-vi per il futuro del nostroistituto? Cosa si potrebbefare per migliorarlo?Sì, ho degli obiettivi. Intan-to, l’inaugurazione dell’annoscolastico avverrà con unagiornata dello sport che sisvolgerà alla cittadella dellosport, evento che comince-rà alle nove del mattino epotrà essere protratta an-che nel pomeriggio, in mododa vivere un momento aggre-gante importante. In secon-do luogo, ho stipulato unprotocollo d’intesa conl’istituto privato Empedocle,dotato di belle strumentazio-ni e bei laboratori e soprat-tutto spazi e personale ade-guati per dare ai ragazzi unamaggiore apertura nell’ambi-to scientifico. A nostra voltamanderemo i professori piùbravi a fare lezione ai ragaz-zi per una formazione relati-va alla terminologia scienti-fica e alla sua derivazione dallatino e dal greco. Inoltre,poiché avremo l’organico po-tenziato, durante i primi dueanni si farà un’ora in più diitaliano, un’ora in più di ma-tematica (specificamenteprobabilità, logica e statisti-ca), storia dell’arte greco-romana (per il quarto ginna-sio) e materie giuridiche (peril quinto ginnasio). In segui-to si potrà pensare ad orga-nizzare corsi pomeridiani direcupero o di potenziamen-to per preparazioni più siste-matiche.

Un anno impegnativoal Liceo La Farina

segue da pag. 1

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016 Cultura, Attualità e Viaggio

È giunta ormai alla terza edi-zione -e si è conclusa in apri-le- l’esperienza di scambiotra il Liceo Classico La Fari-na di Messina e il LiceoScientifico Righi di Bologna,che ha coinvolto nel trien-nio circa 150 studenti delledue scuole.Dall’idea di una giovane ti-rocinante calabrese, inna-morata della Sicilia e di Mes-sina, dove ha conseguito lalaurea per poi trasferirsi aBologna, è nato il progettoScambio tra scuole-scambiodi saperi, portato avanti daiDirigenti e dai molti inse-gnanti dei due istituti chein esso hanno creduto. Ano-malo rispetto ai progetti discambio con scuole stranie-re già consolidati a livello eu-ropeo, questo gemellaggio siè rivelato di non minore ef-ficacia. Gli studenti hannosperimentato il significatodell’accoglienza e dell’ospi-talità vincendo le iniziali ti-tubanze, hanno vissuto -sep-pur per breve tempo- in unafamiglia, in una città, in uncontesto diverso dal loro,hanno vissuto il loro terri-torio in maniera più consa-pevole, dovendo fare da ci-ceroni agli ospiti. Si sonoconfrontati sui loro differen-ti percorsi scolastici e sulleloro aspirazioni future. Sononate amicizie. Non meno si-gnificativa è stata l’esperien-za per gli insegnanti coinvol-ti: un’esperienza di cresci-ta professionale per l’occa-sione che si è loro offertadi confrontare diverse orga-nizzazioni e impostazioni dellavoro, di acquisire nuoveconoscenze attraverso i per-corsi didattici organizzati;un’esperienza umana, per lanaturale empatia scaturita alivello personale. Sono ugual-mente nate amicizie. Un ca-loroso grazie, perciò, a tut-ti coloro che hanno resopossibile la realizzazione delprogetto.

Scambio tra scuole - scambio di saperiProf. ssa Monica BiniLiceo Scientifico Statale“A.Righi”- Bologna

Difficile capire un Paese dove la stessa cosa è chiamata al Nord “uccello” e al Sud “pesce”: così Enzo Biagi parla dell’Italiae delle incomprensioni che dividono settentrione e meridione. Eppure ogni regione ha le sue peculiarità, i suoi luoghicomuni, il suo accento; questo, gli studenti, lo sanno bene. Proprio per favorire il rapporto tra di essi in diverse parti delBel Paese, i licei La Farina di Messina e Righi di Bologna collaborano ormai da anni a un progetto di scambio fra gli alunni,grazie al quale alcuni ragazzi dell’istituto classico hanno trascorso cinque giorni a Bologna, ospiti delle famiglie di unaclasse del liceo locale, e a loro volta hanno ricambiato l’ospitalità in aprile. Giorno 22 febbraio, infatti, il nostro gruppo,accompagnato dal prof. Carabellò è arrivato nella città emiliana ed ha potuto subito interagire con l’ambiente scolastico,gli studenti e la docente referente, prof.ssa Liliana Bianchi, per poi proseguire con l’itinerario prestabilito. Bologna ci èsubito apparsa una città interessante, “viva”, internazionale sotto diversi punti di vista pur essendo ricca di riferimentistorici e culturali tipicamente italiani. Il soggiorno è stato reso piacevole e costruttivo da diverse visite guidate: Bibliote-ca Universitaria, Museo del Patrimonio Industriale, Museo Civico Medievale, Musei Universitari di Palazzo Poggi, Museo diarte moderna (MAMbo). A queste attività si sono aggiunte la visione dello spettacolo in lingua inglese “A midsummernight’s dream” e la lezione tenuta dal professore Renzo Tosi dell’Università di Bologna su “Teatro antico e tradizioneeuropea”. Gli impegni quotidiani sono stati allietati da una buona dose di tortellini, tagliatelle e “tigelle” e dalla simpaticaaccoglienza dei ragazzi e dei loro genitori, con i quali ben presto è stato instaurato un bellissimo rapporto. Possiamoaffermare senza timore di smentita che in breve semplici conoscenze si siano trasformate in vere e proprie amicizie chetutti speriamo durature.

Messinesi ospitidel liceo Righi di Bologna

Il liceo scientifico Righi diBologna da tre anni ha aderi-to al progetto di scambio cul-turale con il liceo classico LaFarina di Messina. Ma perchéaderire a uno scambio con unaltro liceo italiano? Che valo-re aggiunto può dare questaesperienza? Condizioni simili,ma anche realtà profonda-mente diverse, nella storia,nella cultura, nelle abitudinie quindi anche nella vita ditutti i giorni. Questa espe-rienza ha permesso agli stu-denti di Messina e di Bolognadi vedere da vicino realtà di-verse da quelle proprie, quin-di non in veste di turisti, maben calati nelle realtà quoti-diane di città differenti: Bo-logna, la grassa, la dotta, conle sue torri e i vicoli medieva-li, l’inconfondibile parlata deisuoi abitanti, accoglienti, maanche riservati come un po’tutti gli abitanti del nord.Messina dal mitico Stretto:città dove ti avvolge il profu-mo delle focacce e quando ilcaldo diventa troppo, non cisi rifugia sotto i portici, mabasta andare al mare o gusta-re una granita. Messina, no-bile città della Sicilia, dal pas-sato glorioso con il suo portonaturale; città che molti sici-liani dall’ inizio del secolo

hanno lasciato alle spalle perun futuro diverso, ma oggi arenderla grande, bella e di va-lore sono i suoi abitanti chesi sono mostrati calorosi, an-che verso ragazzi che cono-scevano solo da così pocotempo.Ci hanno insegnato adare importanza ai gesti, a nontemere il contatto umano, cihanno insegnato a “rallenta-re”. La Sicilia è un po’ la ter-ra degli eccessi: troppo soleche a volte stordiva, troppastoria, troppa bellezza. È piùuna nazione che una regione,tante sono le identità in ognisua provincia, perché sonostati tanti i popoli che l’han-no conquistata e tanti quelliche l’hanno amata. Abbiamo vi-sitato solo una piccola partedel patrimonio siciliano, testi-mone di un passato che nonsi può né si deve dimentica-re. Chi resta sogna di andar-sene, ma chi è andato sognadi tornare.Lo scambio conMessina ci ha regalato momen-ti indimenticabili, i pomeriggisulla spiaggia e la festa per undiciottesimo alla siciliana, intutta la sua grandezza. Ricor-di e legami distanti 1.049,9 km,ma che non si scioglierannofacilmente.Se oggi, mi chiedessero: “tiandrebbe di tornare?” Io ri-sponderei: “sì me l’accollo”.

Tra Bologna e MessinaProf.ssa Liliana BianchiLiceo “A. Righi” di Bologna

Ma a cosa serve il liceoclassico? Una domanda chetorna nel tempo e insidia esembra spaventare, ha det-to Luciano Canfora nellagiornata di premiazionedelle Olimpiadi NazionaliClassiche svoltasi lo scorso13 maggio al Salone del li-bro di Torino. Centotren-tatré eccellenti studentiprovenienti da ogni parted’Italia si sono sfidati nellagara di traduzione da Pla-tone per il greco e da Se-neca per il latino, un ‘oc-casione che-come ha ri-cordato Carmela Palumbo,direttore generale per gliordinamenti scolastici - im-pone una riflessione su untema fondamentale: il liceoclassico non affonda le sueradici solo nel passato male estende al futuro. E met-tiamo da parte gli studi dieconometria scolastica,che spostano la questionesu piste non praticabili, sesi vuole affrontare un di-battito serio. Ma quando èsorta quella domanda? si èchiesto Canfora. Ben primadella quérelle secentesca,uno snodo importantissimodella storia intellettualeoccidentale; anzi, parados-

Elogio della traduzione

salmente l’Umanesimo si posecontro il Medioevo proprio nelnome degli antichi. Avevanoragione entrambi perché lanostra cultura, la nostra men-talità, la religione e la politi-ca di oggi nascono attraversoil contrasto, attraverso la fa-scinazione e il desiderio di co-noscere il mondo antico so-pravvissuto fino a noi in formascritta. E quei testi erano og-getto di una battaglia costan-te. Il mondo che chiamiamoclassico non è un empireo divalori armonici ma un campodi battaglia di orientamentiche si sono scontrati in ma-niera drammatica, che hannoposto problemi che non sonomai stati risolti e persistonoancora oggi. Nel primo nume-ro del Corriere della Sera, nel1876, apparve un articolo incui si poneva la domanda: “gliantichi sono in pericolo?”. EGiosuè Carducci che svolgeval’attività di ispettore scolasti-co per conto del Ministerodell’Istruzione incontravaspesso insegnanti e ne segna-lava impietosamente, anno-tando nomi e cognomi, le “de-bolezze”: un tale preveniva lerisposte degli alunni, un altroera troppo giovane e amava leidee generali, mentre Carduc-ci invitava a occuparsi delconcreto e cioè a tradurre.

“Ora” - ha ricordato Can-fora - “tradurre è sempreun’operazione provvisoria elo sappiamo bene noivegliardi…ma come dicevaGramsci tradurre servenon per parlare latino ogreco ma per imparare astudiare”.E Carlo Ossola ha aggiuntoche la filosofia classica hacercato di scongiurare ilterrore di infinito. Ma oggisi cerca di sostituire il ter-rore di infinito con un’estre-ma comunicazione di sé. Iclassici servono proprio atenere viva questa secondapelle che ci portiamo addos-so. Fondamentale poi è lafunzione delle traduzioni sul-le quali non abbiamo fattoaltro che chiosare per mil-lenni. Ma il paradosso è chesi pensa sempre alla linguadi partenza, e non alla lin-gua di arrivo. Invece la tra-duzione è il modo stessocon cui l’uomo ha creato lapropria società: interpre-tando e traducendo.

Prof.ssa Patrizia Danzè

Menzione d’onore a Francesco Salmeri alleOlimpiadi classiche nazionali di Torino

Da sin. Canfora e Salmeri

Giada Tortora II A

Bologna: gruppo con i professori, da sin. Bianchi, Bini, Carabellò

D.S. Pucci Prestipino

tra Messina e Bologna

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Liceo Classico Statale GIUSEPPE LA FARINAVia Oratorio della Pace, 5 - 98122 Messina - Tel. 090 44910

e-mail: [email protected]: www.iislafarinabasile.it/lafarina/

redazione Stoá: [email protected]

Cultura e AttualitàXVI

Il nostro Dante

segue da pag. 1

DirezionePatrizia Danzè

Hanno collaborato:

R.M. Abbadessa, S. Bernava,L. Bianchi, M. Bini, J. Burgio, M. Cannistraci,

S. Ceraulo, P. Danzè, R. D’Andrea,S. Demana, D. Denaro, M. Donato, S. Fava,

A. Filocamo, S. Fontanelli, B. Fusco, A. La Fauci, S. Lo Vecchio,

I. Maiorana, G. Mantarro, C. Massarotti,A. Mesiti, N. Miduri, A. Papale, A. Pollicino,F. Salmeri, F. Savasta, L. Sciajno, D. Strano,

G. Tortora, R. Tomasello, C. Tringali,A. Vaccarella, C. Villari

Grafica

S. Forestieri S. Parisi, V. Pettinato

Foto e VideoR.M. Abbadessa, M. L. Cucinotta, C. Puleo,

C.Foti, L. Giacobbe, R. Monteleone, A. Saccà

GALLER IA FOTO

Gazzetta del Sud, mercoledì 25 maggio 2016

Dante a colori nell’icono-grafia e nella rappresenta-zione della Commedia, Giu-seppe Ledda dei modelli bi-blici nella Commedia, Car-melina Urso della Sicilia edel Mediterraneo al tempodi Dante e Diego Sbacchidella presenza di DionigiAreopagita in Dante. La stra-ordinaria tensione del mon-do dantesco che si alimen-ta della dialettica tra il tem-po terreno e storico e ladimensione ultraterrena inuna perfetta circolarità traassoluto e relativo, la suaesperienza unica e irripeti-bile di discesa nell’abisso,di ascensione della monta-gna sacra e di illuminante“transumanar”, esperienzala cui ineffabile bellezzaDante ha voluto condivide-re con gli uomini di tuttele epoche, è stata oggettodi riflessione anche perRosa Gazzara Siciliano, po-etessa e traduttrice in lin-gua siciliana della Comme-dia, per Giuseppe Ramirescon il suggestivo saggio“Quella ‘difficile’ diPenelope”nel cantoXXVIdell’Inferno, e per Giovan-ni Molonia con un resocon-to della presenza di studidanteschi messinesi pressol’Archivio della BibliotecaCannizzaro.Dante, l’homo viator dellatradizione cristiana, ha poiispirato le suggestioni dan-tesche per pianoforte delmaestro David Carfì con ilsuo “Preludio, Fantasia e Im-provviso sull’Inferno diDante”.I nostri studenti poi hannocondiviso questo nostro in-contro innamorato conDante collaborando comegiornalisti, come attori (lec-

tura Dantis a cura del La-boratorio teatrale e musi-cale del La Farina), comemusicisti (arpa e flauto),come voci del Coro del li-ceo diretto dal maestro Gio-vanni Mundo e come acco-glienti hostess e stewarddella manifestazione. Pertutti è stata un’esperienzaavvincente ed emozionanteaver potuto dedicare par-te del proprio tempo a ri-sentire la voce del sommopoeta.Una voce che piace sempreperché Dante si difende dasolo con disperazione atti-va mai rinunciataria e fug-ge dal pericolo della sem-plificazione della realtà. Inlui sappiamo di poter tro-vare quel che ci serve percapirci e aver pietà di noistessi. Di lui amiamo la suafelice invenzione, la subli-me fantasia dei dettagli enon solo il carattere univer-sale della sua poesia.E con lui osiamo spingere losguardo nei nostri infernima poi alziamo gli occhi eci lasciamo incuriosire dalcielo stellato e guardiamoil mondo al di là del mondo.È proprio vero quel che hascritto il grande poeta OsipMandel’štam “La Divina Com-media non tanto sottraetempo al lettore, quantopiuttosto gliene fa dono, alpari di una composizionemusicale mentre viene ese-guita. Nel suo allungarsi, ilpoema si va allontanandodalla propria fine, e la suastessa fine sopraggiunge ina-spettata, e suona come uninizio”.(Conversazione su

Dante)

STOÀ

Grazie alla Gazzetta del Sud, in particolare al direttore editoriale Lino Morgante,al direttore responsabile Alessandro Notarstefano, alla dott.ssa Daniela Cacciola, al protoMaurizio Novarese e al Sig. Gaetano Borzì per la loro disponibilità.

Buona Estate