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Danilo Mazzoleni L’era dei Seleucidi in un’iscrizione di una porta basaltica di Maarat an-Numan. Maarat an-Numan (questo toponimo è trascritto anche come Ma’arrat en No’man) è un’antica città carovaniera della Siria, ubicata lungo la strada che porta da Aleppo ad Hama e posta sul versante orientale del Gebel-Riha. Fig. 1 – Maarat an-Numan, Museo Archeologico – Particolare del cortile interno (Foto D. Renzulli). Nel cortile principale del Museo di questo centro (Fig. 1), ricco soprattutto di magnifici tappeti musivi di varia provenienza, sono esposte anche alcune porte di basalto grigio scuro, che seguono una tipologia ampiamente attestata in territorio siriano e di cui è possibile vedere una vasta campionatura anche nel Museo Archeologico di Damasco e in quello di Hama 1 . Nel corso di un breve viaggio di studio in Siria, organizzato nel mese di settembre 2003 con alcuni colleghi dell’Università di Roma Tre da Silvana Casartelli Novelli, già titolare della Cattedra di Storia dell’Arte Medievale in quell’Ateneo, proprio visitando la struttura museale di Maarat an-Numan attirò subito la mia attenzione una di queste porte (Fig. 2), che recava una breve iscrizione in greco 2 , cosa piuttosto rara in questo tipo di manufatti. Fig. 2 – Maarat an-Numan, Museo Archeologico – Porta basaltica con iscrizione greca (Foto D. Renzulli). Fra i pochi altri esemplari noti recanti un’epigrafe, si può ricordare quello edito nel 1955 nel IV volume delle Inscriptiones grecques et latines de la Syrie 3 , trovato proprio nel medesimo sito, ma conservato al Museo di Damasco, in cui si legge superiormente e a destra il nome di 'Is£kij figlio di Zarèga, con l’aggiunta di una data, il 19 maggio (senza la specificazione dell’anno, però), evidentemente corrispondente al dies natalis del defunto. A sinistra, invece, ricorre solo il nome di un klhrikÒj, ossia di un “chierico”, di un “ecclesiastico”, 'Abr£mhj. Un’altra iscrizione si legge su una porta proveniente da Jabal el Arabe, ora conservata al Museo archeologico di Sweida 4 , ma 1 Il testo di questo intervento è stato pubblicato sul volume LXXXII (2006) della “Rivista di Archeologia Cristiana”. 2 Cfr. Scheda n. 112 del Catalogo (numero d’inventario del Museo 100). Il manufatto misura cm 85 x 125 x 17 e proviene dal territorio della città, mentre fu acquisito dal Museo il 5 novembre 1983. Cfr. anche S. CASARTELLI NOVELLI, Introduzione, in Segni e codici della figurazione altomedievale, Spoleto 1996, p. 32, tav. XVI. 3 L. JALABERT-R. MOUTERDE-C. MONDÉSERT, Inscriptions grecques et latnes de la Syrie (=IGLS), IV, Paris 1955, 1546, pp. 174-175. Questa porta basaltica, che si diceva conservata al Museo di Damasco, non figura nel Catalogo, forse perché non più reperibile o ricoverata in qualche deposito. 4 Cfr. scheda n. 155 del Catalogo. Questa porta, però, fu probabilmente riutilizzata da un frammento architettonico, poiché la tabella ansata (priva dell’ansa sinistra) contenente il testo iscritto è disposta verticalmente rispetto alla porta stessa.

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Danilo Mazzoleni L’era dei Seleucidi in un’iscrizione di una porta basaltica di Maarat an-Numan.

Maarat an-Numan (questo toponimo è trascritto anche come Ma’arrat en No’man) è un’antica città carovaniera della Siria, ubicata lungo la strada che porta da Aleppo ad Hama e posta sul versante orientale del Gebel-Riha.

Fig. 1 – Maarat an-Numan, Museo Archeologico – Particolare del cortile interno (Foto D. Renzulli).

Nel cortile principale del Museo di questo centro (Fig. 1), ricco soprattutto di magnifici tappeti musivi di varia provenienza, sono esposte anche alcune porte di basalto grigio scuro, che seguono una tipologia ampiamente attestata in territorio siriano e di cui è possibile vedere una vasta campionatura anche nel Museo Archeologico di Damasco e in quello di Hama1.

Nel corso di un breve viaggio di studio in Siria, organizzato nel mese di settembre 2003 con alcuni colleghi dell’Università di Roma Tre da Silvana Casartelli Novelli, già titolare della Cattedra di Storia dell’Arte Medievale in quell’Ateneo, proprio visitando la struttura museale di Maarat an-Numan attirò subito la mia attenzione una di queste porte (Fig. 2), che recava una breve iscrizione in greco2, cosa piuttosto rara in questo tipo di manufatti.

Fig. 2 – Maarat an-Numan, Museo Archeologico – Porta basaltica con iscrizione greca (Foto D. Renzulli).

Fra i pochi altri esemplari noti recanti un’epigrafe, si può

ricordare quello edito nel 1955 nel IV volume delle Inscriptiones grecques et latines de la Syrie3, trovato proprio nel medesimo sito, ma conservato al Museo di Damasco, in cui si legge superiormente e a destra il nome di 'Is£kij figlio di Zarèga, con l’aggiunta di una data, il 19 maggio (senza la specificazione dell’anno, però), evidentemente corrispondente al dies natalis del defunto. A sinistra, invece, ricorre solo il nome di un klhrikÒj, ossia di un “chierico”, di un “ecclesiastico”, 'Abr£mhj.

Un’altra iscrizione si legge su una porta proveniente da Jabal el Arabe, ora conservata al Museo archeologico di Sweida4, ma

1 Il testo di questo intervento è stato pubblicato sul volume LXXXII (2006) della “Rivista di Archeologia Cristiana”. 2 Cfr. Scheda n. 112 del Catalogo (numero d’inventario del Museo 100). Il manufatto misura cm 85 x 125 x 17 e proviene dal territorio della città, mentre fu acquisito dal Museo il 5 novembre 1983. Cfr. anche S. CASARTELLI NOVELLI, Introduzione, in Segni e codici della figurazione altomedievale, Spoleto 1996, p. 32, tav. XVI. 3 L. JALABERT-R. MOUTERDE-C. MONDÉSERT, Inscriptions grecques et latnes de la Syrie (=IGLS), IV, Paris 1955, 1546, pp. 174-175. Questa porta basaltica, che si diceva conservata al Museo di Damasco, non figura nel Catalogo, forse perché non più reperibile o ricoverata in qualche deposito. 4 Cfr. scheda n. 155 del Catalogo. Questa porta, però, fu probabilmente riutilizzata da un frammento architettonico, poiché la tabella ansata (priva dell’ansa sinistra) contenente il testo iscritto è disposta verticalmente rispetto alla porta stessa.

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si tratta verosimilmente di un caso di reimpiego e il testo dev’essere pertinente ad un precedente manufatto5.

In molte altre di quelle singolari e massicce porta basaltiche si nota, invece, la presenza di croci monogrammatiche6 (Figg. 3-4), con puro valore simbolico, che ponevano quindi i sepolcri, dei quali essi costituivano l’accesso, sotto l’ideale protezione di Cristo; in quei casi non si tratta, perciò, di compendia scripturae, inseriti in un determinato contesto epigrafico.

Fig. 3 – Damasco, Museo Archeologico – Porta basaltica ad unico battente con staurogramma (n. inv. 14107) (Foto D. Renzulli).

Fig. 4 – Damasco, Museo Archeologico – Porta basaltica con staurogramma (n. inv. 19792) (Foto D. Renzulli).

L’epigrafe di Maarat an-Numan (Fig. 2) è a rilievo, come il resto della decorazione, essenzialmente

geometrica, del manufatto, che mostra, all’interno di due coppie di formelle, un grande motivo romboidale centrale, che ne racchiude a sua volta uno a croce, due colonnine nel pannello superiore sinistro, una losanga fra triangoli in quello opposto e una croce gammata in quello inferiore destro, entrambi delimitati da cornici concentriche7.

Il breve testo, che presenta lettere alte da 3 a 6,5 cm, è suddiviso in due parti: la prima di esse è inserita nel triangolo di risulta superiore del terzo riquadro, al di sopra della cavità ovale, pertinente all’originaria maniglia ad anello della porta, mentre la parte terminale è posta simmetricamente nel triangolo superiore destro del quarto riquadro.

Le lettere mostrano un ductus sicuro, ma rivelano, oltre alle già evidenziate diversità di modulo, anche un andamento sensibilmente irregolare, che tende verso l’alto a sinistra e verso il basso a destra, probabilmente influenzato dal profilo esterno della cornice romboidale. Inoltre, fra la sesta e la settima

5 J. M. DENTZER-J.DENTZER FEYDY, Le djebel al-Arab. Histoire et Patrimoine au Musée de Suweida, Paris 1991, p. 133: Abeib£th M<s>ogaišrou toà 'Asšdou ñkodÒmhsen tÕn t£fon ˜autÍ kaˆ T…tw. 6 Gli staurogrammi vengono spesso definiti “croci con ricciolo di Horus”, poiché gli occhielli superiori sono spesso aperti e hanno una forma ad S. Cfr. schede nn. 26, 30, 38, 46, 80, 81,83, 84, 86, 89, 93 (cristogramma composito), 98, 103,105, 107, 109, 114, 115, 118, 120, 122, 126, 159, 164 del Catalogo. 7 La porta è ad unico battente e presenta il cardine a destra. Nella seconda formella a sinistra si trova un foro allungato, in cui in origine era alloggiata la maniglia ad anello bronzeo, in altri casi conservata.

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lettera (ossia fra le due cifre pertinenti alla data, come si vedrà fra breve) si nota un intervallo maggiore rispetto a quelli ricorrenti precedentemente.

La lettura dell’iscrizione non offre alcuna difficoltà: ETOUS BY, ossia ”œtouj by/ (= dÚo kaˆ ™ptakos…ouj), riferendosi all’anno 702. Si tratta, evidentemente, di una data, espressa secondo un’èra molto comune in Siria, la cosiddetta “èra dei Seleucidi”, che si faceva iniziare dal 1° ottobre del 312 a.C., per cui si può calcolare facilmente la corrispondenza con il 390 d.C.

Sorte già nel mondo greco (basti ricordare l’èra olimpica, usata dal IV secolo a.C. e l’èra troiana, legata alla data leggendaria del 1183/2 a.C.8), le indicazioni cronologiche rese tramite la menzione di ère sono adoperate piuttosto spesso anche in tante regioni del mondo cristiano antico. Per èra si intende, quindi, un’epoca, definita da un punto preciso, legato ad un evento significativo per un determinato territorio, a partire dal quale si cominciano a contare gli anni9.

Mentre sono relativamente poche le ère che furono usate in Occidente, molte altre furono invece in vigore in Oriente, anche in aree geografiche piuttosto ridotte. Fra le prime, si può ricordare in primo luogo l’èra spagnola, o iberica, che ricorre soprattutto nella parte occidentale della Spagna e inizia dal 38 a.C., ma non si sa ancora con certezza per quale motivo, dato che le ipotesi avanzate finora dagli studiosi non sembrano pienamente convincenti, nell’assenza di una fonte che ci illumini più chiaramente in questo senso10.

Usata sporadicamente nei primi tre secoli dell’impero (il Vives ne contò in quest’arco cronologico meno di dieci esempi), essa diventa invece molto più frequente dalla metà del V secolo in poi, fino al pieno Medioevo.

Nel 1976 si trovò anche un’iscrizione giudaica del 520 con l’indicazione dell’èra iberica11, per cui si deduce che questo tipo di cronologia non era usata solo in ambito pagano12 e cristiano, ma anche ebraico.

Nel mondo occidentale si può citare ancora, sulla sponda opposta del Mediterraneo, l’èra di Mauretania (Cesariense), che iniziò dal 1° gennaio del 40 d.C. e che è indicata con anno provinciae, o anno (variamente abbreviato)13. La data coincide con quella di costituzione definitiva della provincia nell’ambito dell’impero romano, evento ritenuto un fatto amministrativo importante.

Quest’èra fu adoperata soprattutto fino alla fine del III secolo e ai primi decenni del IV secolo, mentre circa un secolo dopo, sempre in Africa, ebbe una certa diffusione anche l’èra vandalica, iniziata dal 19 ottobre 43914.

Come si è già accennato, le ère orientali sono molto più numerose e talora non semplici da identificare, visto che per lo più sono introdotte solo dal termine œtouj, o œtei, senza ulteriori indicazioni: in ogni modo, si possono ricordare, fra di esse, l’èra dei martiri, calcolata dall’avvento di Diocleziano (29 agosto 284), usata prevalentemente in Egitto (e in Etiopia), ma solo dal VI secolo; l’èra di Gaza, in vigore dal 28 ottobre 61 a.C., nella zona costiera siro-palestinese; e l’èra di Arabia, o di Bostra, che partiva dal 22 marzo 106 d.C., data di costituzione dell’omonima provincia romana.

Quest’ultima ricorre almeno fino alla seconda metà dell’VIII secolo, come prova, ad esempio, un’iscrizione musiva dedicatoria della basilica di S. Stefano a Umm-al Rasas, in Giordania, che riporta

8 M. GUARDUCCI, L’Epigrafia greca dalle origini al tardo impero, Roma 1987, pp. 448-449. 9 PW, s.v. Aera, I, cc. 606-666; C.M. KAUFMANN, Handbuch der altchristlichen Epigraphik, Freiburg i.B. 1917, p. 49; P. TESTINI, Archeologia cristiana, Bari2 1980, pp. 403-404; W. LESCHHORN, Antike Ären. Zeitrechnung, Politik und Geschichte im Schwarzmeerraum und Kleinasien Nördlich des Tauros, Stuttgart 1993; J.M. LASSÈRE, Manuel d’épigraphie romaine, Paris 2005, pp. 908-910. 10 J. VIVES, Inscripciones cristianas de la España romana y visigoda, Barcelona2 1969, pp. 177-190. 11 Ficheiro epigrafico, 21 (1987), n. 93. 12 L’esempio più antico sarebbe CIL II, 5683. 13 E. DE RUGGIERO, s.v. Annus, in Dizionario Epigrafico e di Antichità Romane, I, Roma 1886, p. 488 ; J. MARCILLET-JAUBERT, Les inscriptions d’Altava, Aix-en-Provence 1968, n. 27 ; G. DI VITA-ÈVRARD, La dédicace des horrea de Tubusuctu et l’ère de Maurétanie, in A. MASTINO (ed.), « L’Africa Romana ». Atti del IX Convegno di Studio, Nuoro, 13-15 dicembre 1991, Sassari 1992, pp. 843-864.. 14 LASSÈRE, (op. cit. alla nota 9), p. 909.

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l’anno 650 dell’èra di Arabia (ETOUC CN), ossia il 756 d.C. e il riferimento ad un vescovo dell’epoca, Giobbe15.

Nelle regioni interne dell’Asia Minore si adoperò invece l’èra della Frigia, iniziata dall’84 a.C., mentre in Cilicia ricorreva l’èra di Anazarbus, vigente dal 19 a.C.; nella provincia di Asia è attestata un’èra omonima, che partì dal 134-133 a.C. e l’èra di Silla (dal 24 settembre dell’85 a.C.), mentre in Fenicia si trova l’èra di Tiro, dal 126 a.C. e nel territorio della città episcopale palestinese di Eleuteropoli è documentata l’omonima èra, originata dal 199 d.C. ed attestata, ad esempio, in un’interessante iscrizione di Gerusalemme di un bambino, Teodoro, in cui si legge (alle righe 7-8), “nell’anno 389 secondo gli Eleuteropoliti”, œtouj kat¦ 'Eleuqerop(ol…taj) qpt’16. Fortunatamente, in questo caso viene specificato di quale èra si tratta.

L’èra più singolare è forse quella chiamata “bizantina”, o ab origine mundi, che si faceva iniziare dal 5508 a. C.17 e che si ritrova, ad esempio, nelle tarde epigrafi funerarie del sepolcreto di En-Ngila, in Tripolitania, risalenti al X e all’XI secolo18. Simile nella denominazione, ma sensibilmente diversa nel computo degli anni è poi l’èra di Bisanzio, che si iniziò a contare dal 526 d.C.19

In ambito siriano, specificamente, fu molto adoperata l’èra cesariana di Antiochia, dal 49/48 a.C. (il 6 giugno del 48 è la data della battaglia di Farsalo), diffusa soprattutto nella Siria antiochena20. Si possono citare ancora l’èra di Pompeo (diffusa anche in Giudea e in Arabia, che iniziò dal 63 a.C.) e, appunto, la nostra èra dei Seleucidi, dal 312 a.C., così denominata della dinastia allora regnante21.

Dopo la riconquista di Babilonia, nell’agosto del 312 a.C., Seleuco I, quando la sua potenza toccò l’apice, cominciò a contare i suoi anni come satrapo e tale sistema di datazione rimase in uso in diverse parti del Medio Oriente per molto tempo. Ancora nel 979 un’iscrizione di Qala’at Sem’ân riporta la data secondo l’èra dei Seleucidi in siriano e quella dalla nascita di Cristo in greco22.

Certo, bisogna ribadire che –come si è anticipato- tutte le ère orientali solitamente sono introdotte dai generici termini œtouj, o œtei, senza ulteriori precisazioni, per cui non è sempre facile capire quale èra sia adoperata, visto che in alcune zone limitrofe (come, ad esempio, in taluni territori della Siria) vigevano sistemi di datazione diversi. Non è questo, però, il caso dell’èra dei Seleucidi, per cui la presenza di numerali molto alti (essa, appunto, iniziava dal 312 a.C.), certo peculiari di questo sistema cronologico in epoca paleocristiana, rende sicura l’identificazione23.

L’èra dei Seleucidi è usata di frequente, ma si può ricordare che in un’epigrafe musiva della cosiddetta “Chiesa dell’iscrizione” di Hâs, che ricorda il presbitero Barbšousoj e tre diaconi, si trova l’indicazione di una data vicina alla nostra, ossia l’anno 700 dell’èra, corrispondente al 388 d.C., ETOUC Y. Si specifica anche l’anno indizionale, il secondo, che effettivamente corrisponde al 388, ma è notevole che si tratti di uno dei più antichi esempi di indizione usati in epigrafia, dove in genere essa appare solo a partire dal V secolo24.

15 M. PICCIRILLO, Le iscrizioni di Kastron Mefaa, in M. PICCIRILLO-E. ALLIATA (ed.), Umm al-Rasas Mayfa’ah. Gli scavi del complesso di S. Stefano, Jerusalem 1994, pp. 242-243, iscrizione 1 (datata al 650 dell’èra di Arabia). Rimane dubbia, invece, la lettura del numerale nell’iscrizione n. 2, interessata da un restauro antico, in cui peraltro si è proposto di vedere l’anno 680 dell’èra (= 786) (nell’opera ora citata, pp. 244-246). 16 M. GUARDUCCI, Epigrafia greca, IV, Roma 1978, p. 452. 17 E.J. BICKERMAN, Chronology of the ancient World, London 1980, p. 74. Secondo il cosiddetto “computo alessandrino”, in un primo tempo quest’èra si faceva iniziare dal 25 marzo 5493 a.C., mentre successivamente, dal VII secolo, si posticipò la “data della creazione” al 5508 a.C. 18 R. BARTOCCINI-D. MAZZOLENI, Le iscrizioni del cimitero di En-Ngila, in RAC 53 (1977), IV, pp. 157-198. 19 LASSÈRE, (op. cit. alla nota 9), p. 909. 20 H. SEYRIG, Antiquités syriennes. Sur les ères de quelques villes de Syrie, in “Syria”, 27 (1950), pp. 5-56. 21 BICKERMAN, (op. cit. alla nota 17), pp. 71-72. 22 P. DONCEEL-VOÛTE, Les pavements des églises byzantines de Syrie et de Liban. Décor, archéologie, liturgie, Louvain-la-neuve 1988, pp. 234, 467. Nelle epigrafi dei pavimenti analizzati vengono citate diverse ère, oltre a quella dei Seleucidi, ossia quelle di Antiochia, di Sidone, di Berytos, di Tiro, di Bosra, della provincia di Arabia (ibid., p. 467). 23 GUARDUCCI, (op. cit. alla nota 16), p. 448. 24 P. DONCEEL- VOÛTE, (op. cit. alla nota 22), p. 117. Sull’uso dell’indizione, cfr. infra nota 27.

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Nello stesso Museo di Maarat an-Numan, poi, in alcuni mosaici pavimentali si possono leggere altre indicazioni cronologiche –anche se più tarde-, espresse sempre mediante l’èra dei Seleucidi.

Ciò accade, ad esempio (Fig. 5), per il mosaico proveniente da Ferkya al-Zaniyah, datato all’822 dell’èra dei Seleucidi, ossia al 510 d.C.25, oppure in quello pertinente alla chiesa di S. Giorgio di Houad (Fig. 6), datato all’880 dell’èra, cioè al 568 d.C.26.

Quest’ultima iscrizione, collocata nel settore orientale della navata mediana, è inserita in una tabella e si estende per otto righe, con lettere rosse su fondo bianco. Il mese di XanqikÒj (facente

parte del cosiddetto calendario macedone) dell’anno 879, indicato all’inizio, corrisponde proprio al mese di marzo (non si precisa il giorno) del 568, durante il vescovado di Giuliano, ma viene citato anche un periodeuta, ossia una sorta di vescovo ausiliare, Tommaso.

Fig. 5 – Maarat an-Numan, Museo Archeologico – Particolare di pavimento musivo dall’ospizio per pellegrini di Ferkya al-Zaniyah con iscrizione dedicatoria, datata al 510 d.C. (Foto D. Mazzoleni).

25 Questo mosaico pavimentale, conservato sempre nel Museo di Maarat an-Numan, è pertinente ad un ospizio per pellegrini e non compare nel già citato corpus dei mosaici siriani e libanesi della Donceel-Voûte, edito nel 1988. Il testo, contornato da girali di vite contenenti animali, dice: 'En ÑnÒmati Kur…ou | ™pˆ toà qeoseb(est£tou) kaˆ ¡giot£(tou) | PaÚlou p[r]e(s)b(utšrou) kaˆ | ¢rcima(ndr…tou) ™yifèqh Ð xene‹on oâtoj | ™n mh(nˆ) Panemoà prÒth toà bkw/ œtouj | „nd(iktiînoj) d/. C(rist)š fÚlaxon a[[Ù]]tÒn. La traduzione non presenta difficoltà: “Nel nome del Signore sotto il piissimo e santissimo presbitero ed archimandrita Paolo quest’ospizio fu mosaicato il primo (giorno) del mese di Panemos (= 12 giugno) dell’anno 822 (= 510 d.C.) nel quarto anno indizionale. Cristo, custodiscilo”. 26 DONCEEL- VOÛTE, (op. cit. alla nota 22), pp. 138-141.

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Anche in questo caso, come nei due sopra citati, all’èra dei Seleucidi è aggiunto l’anno indizionale, ma è noto che quest’ultimo sistema di datazione da solo non è sufficiente a determinare una data esatta, ma può solo confermarne una, già espressa mediante un altro sistema cronologico27. E qui, infatti, il 568 corrisponde proprio al primo anno indizionale28.

Tornando alla nostra iscrizione (Fig. 2), la data del 390 indica certamente l’anno, in cui fu portata a compimento non solo la porta basaltica, ma anche la tomba che essa chiudeva ed è un punto di riferimento davvero importante –e finora, per

quanto si sa, unico- per determinare la cronologia di altri manufatti simili, in cui ricorrano elementi decorativi affini.

Fig. 6 – Maarat an-Numan, Museo Archeologico – Particolare di pavimento musivo proveniente dalla chiesa di S. Giorgio ad Houad con iscrizione dedicatoria, datata al 568 d.C. (Foto D. Mazzoleni).

L’iscrizione qui analizzata attesta senza alcuna possibilità di dubbio che nell’ultimo decennio del IV secolo questo particolare tipo di monumenti funerari era già diffuso in ambito siriano. Resta solo il rammarico che, oltre alla data, pure preziosa, non compaiano altri elementi, relativi, ad esempio, all’identità del defunto che era sepolto in quel luogo, al suo stato civile, all’età da lui vissuta.

In ogni modo, la giornata di studi che tenutasi il 15 dicembre 2005 all’Università di Roma Tre, dedicata a “Porte basaltiche della Siria bizantina. L’eminenza monumentale e l’emergenza quantitativa”, in cui fu presentata questa relazione, ha avuto indubbiamente il merito di aver attirato l’attenzione degli specialisti su una tipologia di monumenti, estremamente peculiari, che in precedenza non erano stati complessivamente oggetto di approfondimenti e di ricerche specifiche dal punto di vista tipologico e del repertorio decorativo, che essi offrono.

27 Sull’argomento, cfr., fra l’altro, E. DE RUGGIERO, s.v. indictio, in Dizionario epigrafico di antichità romane, IV, fasc. II, Roma 1942, p. 49; A. SILVAGNI, L’indizione nell’epigrafia medievale di Roma e l’origine dell’indizione romana, in Scritti di paleografia e diplomatica in onore di V. Federici, Firenze 1944, pp. 3-18; D. FEISSEL, La réforme chronologique de 537 et son application dans l’épigraphie grecque: années de règne et dates consulaires de Justinien à Héraclius, in “Ktema”, 18 (1993), pp. 171-188; LASSÈRE, (op. cit. alla nota 9), pp. 910-912. 28 DONCEEL- VOÛTE, (op. cit. alla nota 22), p. 140.