Le porte della Collezione Igliori -...

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Le porte della Collezione Igliori (Schede Catalogo nn. 165 – 172) Le porte in esame, frutto di un lascito ereditario, non dispongono di una adeguata documentazione circa provenienza e modalità di acquisizione: le notizie in possesso della proprietaria, Signora Gaia Igliori, si limitano alla generica attribuzione alla Siria come luogo di provenienza e alla metà degli anni ’60 del secolo scorso come periodo di acquisizione. I pezzi sono attualmente custoditi in un’abitazione privata, affissi con grappe di ferro su pareti lisce di colore neutro e ricevono illuminazione diretta dall’alto, in un allestimento che ne esalta le caratteristiche del rilievo, fortemente chiaroscurali. Le otto porte, se da un lato confermano la loro appartenenza a questo genere di manufatti grazie alla puntuale corrispondenza dei caratteri generali, dall’altro aggiungono nuovi elementi al campionario figurativo censito e offrono interessanti spunti di riflessione per la presenza di alcuni elementi decorativi rari o addirittura mai attestati fino ad oggi. Le porte in oggetto, tutte ad anta singola, hanno una larghezza di 70-80 cm e un’altezza di 100-150 cm; lo spessore è ridotto a 5-7 cm. Il cardine, segato in alto e in basso, è a destra; in alto a sinistra è il foro con perno metallico relativo all’alloggiamento della maniglia (solitamente un anello di ferro) e, poco più in basso, è il foro passante, circolare o rettangolare, per il sistema di chiusura: con corda o catena ancorata allo stipite nel caso del foro circolare, con serratura a chiavistello o paletto nel caso di foro rettangolare, orizzontale o verticale. La presenza di questi fori ci aiuta a stabilire quali porte fossero destinate ad essere chiuse dall’esterno e quali dall’interno, fornendo un valido elemento di valutazione sul tipo di edificio al quale potevano essere destinate (tomba, abitazione, edificio di culto); la presenza di questi fori, inoltre, ha evidenziato in un caso l’errore dello scalpellino nel decorare la porta capovolta (cfr. Scheda Catalogo n. 172). La decorazione presente sulla facciata esterna di ciascuna porta ricalca la tipologia della porta lignea, costituita da formelle quadrangolari o rettangolari montate su un’intelaiatura e fissate con chiodi metallici dalla testa borchiata, una struttura che in pietra è resa con campi quadrangolari o rettangolari in sottosquadro, circondati da cornici e boules a rilievo poste a distanze regolari. Una sola porta (Scheda Catalogo n. 165) presenta questa struttura di base, con boules usate come unico elemento decorativo. Tranne una porta (Scheda Catalogo n. 172), inoltre, tutte presentano un finto battente, realizzato decorando la fascia longitudinale centrale tra le formelle con vari motivi:

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Le porte della Collezione Igliori (Schede Catalogo nn. 165 – 172)

Le porte in esame, frutto di un lascito ereditario, non dispongono di una adeguata

documentazione circa provenienza e modalità di acquisizione: le notizie in possesso della

proprietaria, Signora Gaia Igliori, si limitano alla generica attribuzione alla Siria come luogo

di provenienza e alla metà degli anni ’60 del secolo scorso come periodo di acquisizione.

I pezzi sono attualmente custoditi in un’abitazione privata, affissi con grappe di ferro su

pareti lisce di colore neutro e ricevono illuminazione diretta dall’alto, in un allestimento che

ne esalta le caratteristiche del rilievo, fortemente chiaroscurali.

Le otto porte, se da un lato confermano la loro appartenenza a questo genere di manufatti

grazie alla puntuale corrispondenza dei caratteri generali, dall’altro aggiungono nuovi

elementi al campionario figurativo censito e offrono interessanti spunti di riflessione per la

presenza di alcuni elementi decorativi rari o addirittura mai attestati fino ad oggi.

Le porte in oggetto, tutte ad anta singola, hanno una larghezza di 70-80 cm e un’altezza

di 100-150 cm; lo spessore è ridotto a 5-7 cm.

Il cardine, segato in alto e in basso, è a destra; in alto a sinistra è il foro con perno

metallico relativo all’alloggiamento della maniglia (solitamente un anello di ferro) e, poco

più in basso, è il foro passante, circolare o rettangolare, per il sistema di chiusura: con corda

o catena ancorata allo stipite nel caso del foro circolare, con serratura a chiavistello o paletto

nel caso di foro rettangolare, orizzontale o verticale. La presenza di questi fori ci aiuta a

stabilire quali porte fossero destinate ad essere chiuse dall’esterno e quali dall’interno,

fornendo un valido elemento di valutazione sul tipo di edificio al quale potevano essere

destinate (tomba, abitazione, edificio di culto); la presenza di questi fori, inoltre, ha

evidenziato in un caso l’errore dello scalpellino nel decorare la porta capovolta (cfr. Scheda

Catalogo n. 172).

La decorazione presente sulla facciata esterna di ciascuna porta ricalca la tipologia della

porta lignea, costituita da formelle quadrangolari o rettangolari montate su un’intelaiatura e

fissate con chiodi metallici dalla testa borchiata, una struttura che in pietra è resa con campi

quadrangolari o rettangolari in sottosquadro, circondati da cornici e boules a rilievo poste a

distanze regolari. Una sola porta (Scheda Catalogo n. 165) presenta questa struttura di base,

con boules usate come unico elemento decorativo.

Tranne una porta (Scheda Catalogo n. 172), inoltre, tutte presentano un finto battente,

realizzato decorando la fascia longitudinale centrale tra le formelle con vari motivi:

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geometrici, incisi o a rilievo (Schede Catalogo nn. 165, 169, 170), con un listello decorato

col motivo della “corda tesa” (Schede Catalogo nn. 167, 168), con un tralcio vegetale

(Scheda Catalogo n. 171), con un colonna (Scheda Catalogo n. 166)1.

All’interno delle formelle trova posto un vasto campionario di figure prevalentemente

geometriche, semplici o intersecate, arricchite di volute o boules, mentre i motivi vegetali

sono limitati all’impiego della foglia (Scheda Catalogo n. 170), della rosetta (Scheda

Catalogo n. 166), della margherita a quattro o sei petali (Schede Catalogo nn. 166, 168, 169,

172). A questi motivi si aggiungono la colonna, singola o a sostegno di arcata, la stella e

alcuni elementi decorativi piuttosto rari, se non addirittura unici.

Primo fra tutti il recluso, attestato fino a questo momento solo in due esemplari, in cui è

reso attraverso la rappresentazione simbolica della cella o della grotta e in un solo esemplare

con la figura umana inserita all’interno di una struttura architettonica. A questi tre esempi si

aggiunge ora (Scheda Catalogo n. 169) una figura appena sbozzata, inserita all’interno di

una struttura architettonica molto simile al tipo precedentemente descritto (Fig. 1).

Fig. 1. In alto: il recluso inserito all’interno di una cornice architettonica, o rappresentato simbolicamente mediante la cella o la grotta (Schede Catalogo nn. 33, 106, 70). A sin.: struttura architettonica con probabile figura appena sbozzata (recluso?) della Scheda Catalogo n. 169.

Altrettanto rara è la lampada sospesa entro l’arcata su colonne (Scheda Catalogo n. 166),

attestata però ampiamente in svariati contesti coevi (Fig. 2).

                                                                                                               1 Nel catalogo si è scelto di definire la colonna che campeggia sul finto battente centrale “colonna dello stilita”,

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a)

b)

Fig. 2. La lampada sospesa al centro dell’arco. a) Bosra, Museo archeologico, mosaico; b) Gerasa, Chiesa di S. Giovanni, mosaico; c) Damasco. Museo archeologico, elemento architettonico.

c)

Un unicum è invece rappresentato dallo scarabeo con disco solare (Scheda Catalogo n.

172), uno dei simboli più sacri dell'antico Egitto trasmigrato nel cristianesimo delle origini

per indicare “ciò che è unigenito”, ma anche “colui che purifica”, il Redentore2 (Fig. 3).

Fig. 3. Lo scarabeo che spinge il disco solare.

Il richiamo all’antico Egitto non deve stupire, poiché nel vasto campionario di croci

censite nel catalogo, libere o iscritte entro figure geometriche, frequentemente appare la

                                                                                                               2 Le testimonianze dei Padri della Chiesa in tal senso sono innumerevoli: Clem. Aless. (J. P. MIGNE, Patrologiae Cursus Completus. Series Graeca (PG) IX, 421 A; 424 D) Euseb. (PG XX, 1389 B); Atanas. (PG XXV, 81 C ; XXVI, 708 A, 721 B); Basil. (PG XXIX, 500 A, 645 A); Greg. Naz. (PG XXXVII, 333 A); Epif. (PG XLI, 1084 A); Greg. Niss. (PG XLV, 9 B); Ambr., in Luc. X, 113 (PG XV, 1925): et bomus scarabaeus, qui lutum corporis nostri ante informe ac pigrum virtutum versabat vestigiis; bonus scarabeus, qui de stercore erigit pauperem.

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croce con il “ricciolo di Horus”, il “segno del figlio” dell’iconografia egizia ripreso dall’arte

copta per indicare Cristo Figlio di Dio (Fig. 4). E il “ricciolo di Horus” è presente anche qui

su due porte (Schede Catalogo. nn. 170, 171), sulla croce del tipo ad estremità espanse

(croce maltese).

Fig. 4. Il “ricciolo” dell’occhio di Horus.

Oltre agli elementi decorativi originali, va sottolineata la presenza di schemi compositivi

ricorrenti, riconducibili senz’altro a particolari aree geografiche di produzione o, meglio, a

specifiche officine scultoree. E’ il caso delle porte alle Schede Catalogo nn. 166, 167 e 168

che, oltre ad avere dimensioni uniformi, mostrano un repertorio figurativo pressoché

identico; tale elemento, se da un lato potrebbe indicare la pertinenza delle tre porte ad un

medesimo edificio, dall’altro è indicativo della provenienza di queste dalla stessa officina.

Infine, qualche breve considerazione sul nono pezzo della collezione (Fig. 5): un rilievo

in basalto certamente proveniente da un elemento architettonico, ma di difficile attribuzione

poiché non sono note le dimensioni originarie3. La lastra mostra il campo figurato delimitato

da una cornice liscia e occupato al centro da una croce a rilievo circondata da boules e

inserita entro una doppia cornice costituita da una losanga e un quadrato intrecciati. Attorno

alla croce si dispongono, senza uno schema organico, alcuni animali ed elementi

paesaggistici: a destra un volatile e un quadrupede (forse una lepre); a sinistra un leone sotto

una palma e, in alto, un pesce che sembra guizzare dalle onde del mare, rese

schematicamente, sia in alto che in basso, con un motivo di triangoli a rilievo.

                                                                                                               3 Dimensioni attuali: cm 147 x 91 x 6.

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Fig. 5. Rilievo in basalto dalla Collezione Igliori (foto dell’Autore)..

Un’iscrizione in lingua greca è incisa sulla cornice, in alto e a destra. Il testo, in caratteri

capitali incisi poco accuratamente, è preceduto da una croce incisa ed è leggibile unicamente

nella parte finale.

+ Ε[---] Υ [---] ΝΗΣ ΚΑΙ ΜΑΡΙΑ

Non conoscendo le dimensioni originarie del pezzo, è difficile stabilirne la funzione

architettonica, sebbene tipo di decorazione e presenza di un’iscrizione, per quanto

parzialmente leggibile, suggeriscono una collocazione all’interno di un edificio di culto.

La croce centrale è un elemento decorativo di matrice cristologica piuttosto comune su

sarcofagi, capitelli e, soprattutto, stipiti di porta, tanto in edifici religiosi pubblici quanto in

case private.

La composizione generale, con figure zoomorfe che si dispongono attorno al simbolo

cristologico, ricalca uno schema piuttosto comune negli apparati decorativi di edifici di

culto e santuari della Siria cristiana. Le figure che popolano la nostra composizione, in

particolare, ripropongono cartoni piuttosto frequenti nei mosaici pavimentali di Siria,

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Giordania e Palestina del V e VI secolo, periodo al quale può dunque essere datato

genericamente anche il nostro pezzo.

Il tema raffigurato – Cristo al centro, simboleggiato dalla croce, circondato da alcune

delle creature che popolano l’orbe terracqueo – ci rimanda ad un repertorio piuttosto

ricorrente nelle decorazioni scultoree, pittoriche e musive dell’arte cristiana, repertorio che

assume connotazioni particolari soprattutto in ambiente mediorientale (Siria, Giordania,

Palestina) 4, dove il grande retaggio dell’arte ellenistica di tradizione aulica si arricchisce di

nuova vitalità attraverso l’uso di elementi geometrici e astratti, propri dell’arte pre-romana

(Fig. 6).

a)

b)

c)

d)

e)

f)

Fig. 6. Figure e zoomorfe nel repertorio musivo di V e VI secolo in Siria e Giordania: a) Monte Nebo (Giordania), Chiesa dei SS. Lot e Procopio (557 d.C.); b), f) Esbus (Giordania), Chiesa Nord; c) Uyun Musa (Giordania), Chiesa del prete Giovanni; d) Damasco (Siria), Museo Archeologico. Mosaico proveniente dalla chiesa superiore di Huarte (V secolo); e) Chiesa del diacono Tommaso;

                                                                                                               4 Cfr. R. FERNANDEZ FERRERA, Sìmbolos Cristianos en la Antigu Siria, Patrimoine Syriaque 4, Kaslik (Libano) 2004, p. 105; M. PICCIRILLO, The Mosaic of Jordan, Amman 1992 ; J. BALTY, Mosaiques antiques de Syrie, Bruxelles 1977.

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Per un inquadramento cronologico oltre che geografico dei pezzi si deve far ricorso a

considerazioni di carattere più generale, a causa della perdita di qualsiasi riferimento circa i

contesti architettonici di provenienza.

Come affermato in precedenza, siamo certi di poter circoscrivere la produzione dei nove

rilievi all’area del Massiccio Calcareo siriano, territorio in cui la spiritualità cristiana trova le

sue espressioni più vive nel fenomeno del monachesimo anacoretico e cenobitico e della

quale i rilievi in questione costituiscono una delle espressioni più rappresentative.

Il carattere prevalentemente desertico di questa regione e il suo isolamento dal territorio

circostante contrasta con il numero delle evidenze archeologiche relative a città, villaggi e

complessi cultuali di epoca classica e post-classica: le cosiddette “città morte” del Massiccio

Calcareo, infatti, costituiscono per noi il “fossile guida” di una situazione ambientale,

economica e politica in epoca antica decisamente diversa dall’attuale.

Grazie a situazioni climatiche senza dubbio diverse dalle attuali e allo sviluppo di una

fiorente economia agricola, la regione andò popolandosi tra IV e VI secolo, come

testimoniato dal proliferare di villaggi agricoli, santuari, monasteri e da uno sviluppo

urbanistico e architettonico che è indizio di una comunità economicamente fiorente e

culturalmente vivace, produttrice di pregevoli opere artistiche, delle quali i rilievi in esame

costituiscono un valido esempio.

E’ dunque entro quest’arco cronologico che possiamo collocare la produzione dei

manufatti in questione, tenendo conto dei radicali mutamenti che, dalla metà del VI secolo e,

ancor di più, dopo la conquista araba del VII secolo, intervengono a generare una situazione

del tutto nuova: una serie di disastri naturali (maremoti, terremoti, epidemie), la conseguente

crisi dell’economia agricola, aggravata dalle difficoltà dei trasporti e dalla massiccia

diminuzione dei prodotti coltivati, sono fattori che determineranno il progressivo

spopolamento e la conseguente desertificazione della regione 5 , cause dell’inevitabile

abbandono dei centri abitati.

Francesca Severini

                                                                                                               5 GEORGE TATE, La Syrie à l’époque byzantine: Essai de synthése, in J.M. DENTZER – W. ORTHMANN (a cura di), Archéologie et histoire de la Syrie II. La Syrie de l’époque achéménide à l’avénement de l’Islam, Saarbrucken 1989, pp. 97-115.