Daniel Quinn - Proteggere l'ambiente: a chi spetta? (saggio)

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Daniel Quinn Proteggere l'ambiente: a chi spetta? Traduzione di Dr-Jackal ([email protected] ) Originale tratto da: www.ishmael.org Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili in italiano nel sito: NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com Discorso tenuto alla Sesta Conferenza Annuale Ambientalista della Rice University, Houston, Texas, 14 febbraio 1998. Ogni volta che ricevo un invito per parlare in occasioni come questa, una delle domande decisive che mi faccio è se ho qualcosa da dire che sia rilevante per il tema dell'evento. Se sento di non avere niente di rilevante da dire, rifiuto l'invito. Seguendo questa procedura, quando sono stato invitato a tenere un discorso in questa conferenza mi sono chiesto se avessi qualcosa di rilevante da dire riguardo il suo argomento, che, come sapete, è: "Proteggere l'ambiente: a chi spetta?" Ho scoperto di avere effettivamente qualcosa da dire, e il modo migliore che ho trovato di esprimerlo è stato sotto forma di parabola, che ho scritto prima di accettare formalmente l'invito. Eccola. Un tempo, in una certa città, si notò che i ragazzi preadolescenti stavano cominciando a gettarsi dai tetti degli edifici con una frequenza allarmante. Nessuno si chiese per un attimo a chi spettasse gestire questo allarmante fenomeno. Il consiglio cittadino si riunì e progettò rapidamente dei regolamenti che richiedevano l'erezione di ringhiere metalliche sui tetti degli edifici oltre una certa altezza. Vistosi negato questo modo di

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Daniel Quinn

Proteggere l'ambiente: a chi spetta?

Traduzione di Dr-Jackal ([email protected])Originale tratto da: www.ishmael.org

Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili in italiano nel sito:NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com

Discorso tenuto alla Sesta Conferenza Annuale Ambientalista della Rice University, Houston, Texas, 14 febbraio 1998.

Ogni volta che ricevo un invito per parlare in occasioni come questa, una delle domande decisive che mi faccio è se ho qualcosa da dire che sia rilevante per il tema dell'evento. Se sento di non avere niente di rilevante da dire, rifiuto l'invito. Seguendo questa procedura, quando sono stato invitato a tenere un discorso in questa conferenza mi sono chiesto se avessi qualcosa di rilevante da dire riguardo il suo argomento, che, come sapete, è: "Proteggere l'ambiente: a chi spetta?" Ho scoperto di avere effettivamente qualcosa da dire, e il modo migliore che ho trovato di esprimerlo è stato sotto forma di parabola, che ho scritto prima di accettare formalmente l'invito. Eccola.

Un tempo, in una certa città, si notò che i ragazzi preadolescenti stavano cominciando a gettarsi dai tetti degli edifici con una frequenza allarmante. Nessuno si chiese per un attimo a chi spettasse gestire questo allarmante fenomeno. Il consiglio cittadino si riunì e progettò rapidamente dei regolamenti che richiedevano l'erezione di ringhiere metalliche sui tetti degli edifici oltre una certa altezza. Vistosi negato questo modo di

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suicidarsi, comunque, i ragazzi cominciarono a gettarsi dai tetti di edifici più bassi, e presto tutti gli edifici oltre i tre piani dovettero installare ringhiere o bloccare l'accesso al tetto. La spesa fu enorme, ma naturalmente la perdita di una persona è il guadagno di un'altra, quindi l'economia continuò a fiorire come prima.

Sfortunatamente, comunque, il tasso di suicidi tra i preadolescenti non calò. Anziché gettarsi dagli edifici, i ragazzi ora si stavano annegando nei fiumi che attraversavano la città. Questo fu ancora più sconcertante, perché nessuno riusciva a pensare ad alcun modo pratico di rendere i fiumi inaccessibili agli aspiranti suicidi. Allo stesso tempo, nessuno si chiese a chi spettasse fermare questi annegamenti. Il consiglio cittadino si riunì e alla fine decise di erigere torri di guardia ogni cinquecento metri sulle rive dei fiumi. Sfortunatamente, questo ebbe come unico effetto quello di posticipare i suicidi dal giorno alla notte, quando le guardie erano accecate dal buio. Naturalmente, installare riflettori per illuminare un'area così vasta era fuori discussione. Invece, sembrò sensato istituire un coprifuoco per i ragazzi sotto i quindici anni. Così, tra le torri di guardia presidiate di giorno e il coprifuoco mantenuto di notte, gli annegamenti cessarono - ma, ahimé, non i suicidi in generale. I ragazzi cominciarono a impiccarsi. I capi cittadini videro immediatamente di aver bisogno dell'aiuto dei genitori per controllare questo nuovo sviluppo, e quindi iniziarono un vasto programma educativo per mostrare ai genitori come ridurre le opportunità di impiccagione nelle case e nei quartieri. Le funi vennero messe sotto chiave. Cinture, cravatte e bretelle scomparvero. Le camere da letto venivano regolarmente ispezionate per scoprire tentativi di tessitura.

Man mano che le opportunità di impiccagione calavano, comunque, i ragazzi trovarono altre opportunità in bottiglie, vasetti e scatole in armadietti medicinali, capanni degli attrezzi e garage. Con questi strumenti, riuscirono a rendersi malati, ciechi, comatosi, cerebrolesi e, in effetti, spesso completamente morti.

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Nuovi programmi educativi vennero attuati, e la città espanse l'attività dei propri centri di controllo veleni per includere visite e ispezioni domiciliari. Gli ospedali presto notarono un calo nel numero di pazienti preadolescenti semplicemente malati, ciechi, comatosi o cerebrolesi - ma un aumento notevole del numero di quelli morti per avvelenamento. Un giornalista del giornale locale presto scoprì la

spiegazione. Man mano che i veleni divenivano irreperibili nelle case, degli imprenditori adolescenti avevano cominciato a colmare il vuoto nelle scuole. Lì non solo i veleni erano facilmente reperibili, ma la pressione competitiva del mercato assicurava che fossero di alta qualità, ossia che, a differenza dei prodotti trovati casualmente in casa, questi fossero affidabilmente letali.

Naturalmente le forze dell'ordine ordinarono lo smantellamento di questo traffico di veleni. E naturalmente questo non fermò il traffico, fece solo aumentare i prezzi. L'incidenza dei crimini tra i preadolescenti si impennò mentre i ragazzi cercavano dei fondi con cui finanziare la propria ricerca dell'oblio. Poi, un giorno, un undicenne armato venne ucciso a colpi d'arma da fuoco dalle forze dell'ordine sul luogo di una rapina. Questa fu una rivelazione per gli aspiranti suicidi, che improvvisamente realizzarono di poter trovare la morte molto più facilmente grazie al proiettile di un poliziotto piuttosto che grazie ai metodi convenzionali, che la città si era tanto sforzata di rendere inaccessibili. Da un giorno all'altro, un quinto di tutti i preadolescenti della città stavano imperversando senza freni per rendersi bersagli allettanti per l'uso di forza letale.

Il consiglio cittadino si affrettò a riunirsi per discutere della crisi. Il commissario chiese sicurezza per il pubblico. Il capo del sindacato della polizia chiese sicurezza per i poliziotti. Il tesoriere spiegò che non c'erano fondi rimanenti nel budget da investire in questo problema. Il sovrintendente scolastico volle speciali

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pattuglie per aule e corridoi. Il capo del sindatato degli insegnanti, d'altro canto, chiese di anticipare la chiusura delle scuole. Il procuratore cittadino propose di sviluppare un sistema di allerta precoce in modo da individuare e rinchiudere gli aspiranti suicidi per il loro stesso bene. Il capo del dipartimento carcerario lo informò che le prigioni traboccavano già di aspiranti suicidi, e un numero sconcertante di essi ormai era costretto a dormire sul pavimento.

Un membro del pubblico - una normale cittadina - alla fine riuscì a ottenere la parola per fare un'affermazione. "Invece di spendere tutto questo tempo, energia e denaro per impedire ai ragazzi di fare ciò che vogliono", disse, "perché non ne spendiamo un po' per scoprire PERCHE' vogliono farlo? Cosa li sta SPINGENDO al suicidio? Dobbiamo trovare la risposta a questa domanda, e una volta trovatala, dobbiamo fare qualcosa a riguardo. Allora non DOVREMO pattugliare i fiumi, presidiare i tetti, chiudere sotto chiave le nostre cravatte e tutto il resto." Be', quest'affermazione sconcertò l'assemblea e la fece precipitare in un lungo momento di silenzio. Poi un'ondata di sguardi perplessi e di alzate di spalle attraversò la stanza, e i membri del consiglio ripresero la loro conversazione dal punto esatto in cui era stata interrotta.

La domanda è: perché? Perché questa cittadina venne ignorata? Fu perché non condivideva l'idea che il suicidio dei preadolescenti sia un affare del governo. Sappiamo tutti qual è il compito del governo. Il governo deve creare e far rispettare delle regole. I governi considerano ogni problema come la manifestazione del bisogno di creare e far rispettare delle regole. Riducono ogni problema a delle cose riguardo cui poter creare e far rispettare regole. Questa cittadina stava cercando di proporre un approccio al problema che non aveva nulla a che vedere con una regolamentazione, quindi è stata ignorata - e giustamente, dal punto di vista del consiglio.

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Questo ci porta, chiaramente, al tema di questa conferenza: proteggere l'ambiente: a chi spetta? Be', per rispondere a questa domanda, dobbiamo naturalmente cominciare con il chiederci che cos'è questa cosa chiamata "ambiente". Potete aiutarmi indicandola. Qualcuno qui sa dove trovare questa cosa chiamata "ambiente"? Non è una domanda trabocchetto. Dov'è "l'ambiente"? Per favore, aiutatemi indicandomelo. Esatto, "l'ambiente" è qualcosa LI' FUORI. Si estende profondamente nella terra e in alto nel cielo. Comprende trilioni di chilometri cubici di terra, aria e acqua.

Ora, se definiamo il nostro problema come "proteggere" trilioni di chilometri cubici di terra, aria e acqua, a chi spetterà questo compito? Quale organizzazione potrebbe concepibilmente affrontare una simile missione? O forse potrebbe essere d'aiuto descrivere i mezzi con cui sarebbe possibile proteggere trilioni di chilometri cubici di terra, aria e acqua. Comincerò con un suggerimento. L'unico modo concepibile di proteggere trilioni di chilometri cubici di terra, aria e acqua è di CREARE REGOLAMENTAZIONI e di FARLE RISPETTARE. Quindi ora provate a indovinare a chi spetta "proteggere l'ambiente". Per quanto mi riguarda, proteggere l'ambiente è concettualmente equivalente a regolare QUALUNQUE ALTRA COSA. E a chi spetta regolare qualunque cosa? Quelli di voi che hanno risposto "al governo", si assegnino il punteggio pieno.

La cittadina che ha interrotto l'assemblea cittadina si è rifiutata di definire il problema della città come uno che solo il governo poteva gestire. E io rifiuto di definire il problema che NOI affrontiamo come un problema che solo i governi possono gestire. E' vero che solo i governi possono realisticamente "proteggere l'ambiente" (e queste tre parole sono tra virgolette). Ma mi rifiuto di accettare "proteggere l'ambiente" come una descrizione significativa del nostro problema. In effetti, penso sia una

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descrizione scadente. In effetti, penso che "proteggere l'ambiente" sia probabilmente una descrizione coniata da un burocrate in modo da far sapere subito a tutti che si tratta di una questione governativa, e che i cittadini normali dovrebbero farsi da parte.

Il mio libro Ishmael comincia con un celebre annuncio che dice: "Maestro cerca allievo. E' richiesto un sincero desiderio di salvare il mondo." L'annuncio NON dice: "E' richiesto un sincero desiderio di proteggere l'ambiente."

Ridete perché vedete che c'è una differenza semplicemente titanica tra questi due modi di percepire il nostro problema. Proteggere l'ambiente non è neanche lontanamente abbastanza. Proteggere l'ambiente è solo qualcosa di cui possono occuparsi i burocrati. Quello che NOI vogliamo è ciò che voleva quella cittadina all'assemblea. Non voleva rendere difficile ai ragazzi suicidarsi. Questo è qualcosa di cui possono occuparsi i burocrati. Lei voleva impedire che i ragazzi volessero suicidarsi!

La nostra situazione è identica. Personalmente, non sono innamorato dell'ambiente. L'ambiente è solo una COSA. E' un insieme di COSE, un conglomerato di processi fisici e chimici. Qualcuno si è mai innamorato di trilioni di chilometri cubici di cose? Qualcuno ha mai avuto un'esperienza estatica con "l'ambiente"? Qualcuno ha mai fatto un picnic nell'"ambiente"? Qualcuno ha mai portato i bambini a passare un pomeriggio nell'"ambiente"? No, sono convinto che l'unica persona che potrebbe davvero AMARE qualcosa chiamato "ambiente" dovrebbe avere il cuore di un legislatore.

Ma io amo il mondo. E ho un sincero desiderio di salvare il mondo, e questo è qualcosa che condivido con centinaia di migliaia (e probabilmente milioni) di altre persone. La gente sembra condividere una comprensione istintiva di cosa significa "salvare il mondo". Il mondo è la nostra CASA. Non è solo

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"l'ambiente". Salvare il mondo significa che i nostri figli - e i loro figli, e i loro figli - avranno un posto in cui crescere. Fallire nel salvare il mondo significa che i nostri figli cresceranno in una terra di incubi e catastrofi (o non cresceranno proprio).

La favola con cui ho cominciato questo discorso ha un secondo significato. Ciò che la dissidente ha detto al consiglio cittadino è stato: "Perché lavorare solo per PROTEGGERE i nostri figli dai loro impulsi suicidi? Perché non scoprire cosa c'è DIETRO i loro impulsi suicidi e affrontare QUELLO? In altre parole, perché non affrontare la CAUSA del problema, invece di affrontare perennemente solo i suoi effetti?"

Adottando la strategia del "proteggere l'ambiente", i nostri capi stanno adottando la stessa strategia reazionaria dei capi cittadini della mia favola - ma per ragioni leggermente diverse. Gli ufficiali della mia favola erano semplicemente stupidi. I nostri capi non sono stupidi, agiscono solo in accordo con la mitologia basilare della nostra cultura, che descrive gli umani come intrinsecamente e inevitabilmente distruttivi. Stando così le cose, l'unica linea d'azione concepibile a loro disposizione è di (cito) "proteggere l'ambiente" - da noi, naturalmente. Da chi altri? L'ambiente non deve essere protetto dalle vongole, dai gufi, dai serpenti a sonagli o dagli olmi. Dev'essere protetto da quegli esseri intrinsecamente e inevitabilmente distruttivi che siamo NOI. I preadolescenti della mia favola sembravano sentirsi obbligati a suicidarsi, ma ai capi cittadini non venne mai in mente di chiedersi PERCHE'. Noi sembriamo sentirci obbligati a distruggere il mondo, e ai nostri protettori governativi non viene mai in mente di chiedersi PERCHE'. Ciò che hanno imparato fin dall'infanzia è semplicemente che gli umani sono distruttivi PER NATURA. Quindi, per chiunque sotto l'incantesimo della nostra mitologia culturale, tutto ciò che CHIUNQUE può fare è... "proteggere l'ambiente".

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In The Story of B ho fatto la seguente affermazione: "Se il mondo verrà salvato, non lo sarà da vecchie menti con nuovi programmi, ma da nuove menti con nessun programma". Con queste parole, ho ridefinito il nostro compito. Il nostro compito (se vogliamo evitare l'estinzione) non è di "proteggere l'ambiente" ma piuttosto di cambiare menti. "Proteggere l'ambiente" non è abbastanza e non lo sarà mai, perché è essenzialmente reazionario, essenzialmente difensivo. ASPETTA che avvengano cose negative. Si ASPETTA la nostra distruttività - e DIPENDE da essa. "Proteggere l'ambiente" è un invito a sviluppare programmi, uno dopo l'altro, PER SEMPRE, per combattere la nostra distruttività - così come il "prevenire i suicidi" nella mia favola era un invito agli ufficiali cittadini di sviluppare programmi, uno dopo l'altro, PER SEMPRE, per combattere l'autodistruttività dei loro figli.

"Proteggere l'ambiente" è il compito di quelli tra noi che non si aspettano di riuscire a ottenere di più di uno stallo con le forze che stanno rendendo il nostro pianeta inabitabile. Ci serve qualcosa di più. Uno stallo non è sufficiente. E questo è il primo vero cambiamento di mentalità che dobbiamo apportare - liberarci della credenza che "proteggere l'ambiente" sia il massimo a cui possiamo aspirare.

Proteggere l'ambiente è roba per burocrati e cacciatori di voti. Possiamo tranquillamente lasciarlo nelle loro mani, perché falliscano come al solito. Ma salvare il mondo è diverso. Qualcuno qui sta aspettando che Bill Clinton o Al Gore salvino il mondo? No, salvare il mondo è troppo importante per lasciarlo a loro. Salvare il mondo è per gli ultimi arrivati e per gli amanti. Salvare il mondo è per il resto di noi.

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Nota finale

Alcune domande da un membro del pubblico mi obbligano ad aggiungere questa nota.

"Salvare il mondo" è un concetto difficile da afferrare, questo è sicuro. Come ho detto altrove, non è in nostro potere di rendere questo pianeta privo di vita. La vita è al sicuro da noi, quindi non dobbiamo salvare il mondo nel senso della biosfera. Ho definito salvare il mondo altrove come un'impresa che miri a preservare (per quanto possibile) il mondo com'è oggi. Naturalmente non possiamo conservare il mondo com'è oggi in senso letterale, dato che fino a duecento specie al giorno stanno scomparendo come diretto risultato della nostra invasione delle zone selvagge che ancora rimangono sul pianeta. La domanda che ho ricevuto dal pubblico alla Conferenza Ambientalista della Rice University stava mirando a qualcos'altro che ho capito solo dopo.

Proprio come non è in nostro potere distruggere tutta la vita su questo pianeta, non è in nostro potere preservare tutta la vita su questo pianeta proprio nello stato in cui è oggi (o domani, o qualunque altro giorno), neanche se smettessimo completamente di coltivare, neanche se cessassimo completamente di inquinare l'ambiente e riducessimo la nostra popolazione a un centesimo o a un millesimo di quella attuale. In altre parole, l'evoluzione è completamente al di là del controllo umano e lo sarà sempre. Non possiamo dire: "Ci piace il mondo esattamente com'è ora" e poi COSTRINGERLO a restare in quel modo. Pensare di poterlo fare sarebbe completamente assurdo - e completamente arrogante. Con o senza di noi, il mondo della vita è in COSTANTE cambiamento e non smetterà mai di cambiare solo per far piacere a noi.

Stando così le cose, cosa diamine può significare "salvare il mondo"? Posso tentare di fornire una definizione solo in questa

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maniera: salvare il mondo significa smettere di renderci la causa diretta di estinzioni di massa per via di pura irresponsabilità. Non importa cosa facciamo (anche se scompariamo completamente!), le estinzioni continueranno ad avvenire su questo pianeta - proprio come hanno sempre fatto. Ma non devono continuare come un diretto risultato della nostra espansione e del nostro inquinamento dell'ambiente. Potreste dire, quindi, che "salvare il mondo" equivale a "renderci innocui quanto qualunque altra specie".

Le parole chiave in questa frase sono "quanto qualunque altra specie". Ogni volta che compare una nuova specie, devono inevitabilmente avvenire degli aggiustamenti nel resto della comunità, e alcuni di questi aggiustamenti possono anche risultare in delle estinzioni. E' in questo che consiste l'evoluzione. Questo non è una misura della ferocia o dell'avidità di una specie. Per quanto ne sappiamo, l'emergere delle farfalle potrebbe aver provocato un'intera cascata di estinzioni. In altre parole, "renderci innocui quanto qualunque altra specie" non significa renderci gentili, adorabili o dolci. Proprio come è vero che le farfalle potrebbero aver causato innumerevoli estinzioni, gli squali potrebbero non averne mai causata una.

Per favore, notate che non sto "cambiando idea", qui. Ishmael ha chiesto ad Alan Lomax: "Essere civilizzati... vi rende forse incapaci di vivere innocuamente quanto squali, tarantole o serpenti a sonagli?" Charles Atterley in The Story of B ha detto: "L'Uomo è vissuto in pace con il mondo... per milioni di anni. Questo non significa che fosse un santo. Non significa che camminasse sul mondo come un Budda. Significa che viveva innocuamente quanto una iena, uno squalo o un serpente a sonagli." Quindi, per riassumere: salvare il mondo di sicuro non significa congelarlo com'è ora - o ritornare a un qualche presunto stato evolutivo ideale (ugualmente impossibile). Ciò che significa è imparare a vivere in modo innocuo nel mondo - innocuo quanto squali, tarantole e serpenti a sonagli.

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Traduzione di Dr-Jackal ([email protected])Originale tratto da: www.ishmael.org

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