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Diritto Canonico Obiettivo / Contenuti / Testi legislativi / Bibliografia Lo specifico di una disciplina giuridica è l’oggetto che va a normare. Per cui diritto canonico sarebbe tautologico (canon in greco indica la canna di misura) poiché canoni (ecclesiali) e nòmoi (civili) sono comunque norme e diritti. Il diritto ecclesiastico disciplina i rapporti tra Chiesa/Confessioni religiose e comunità politiche . Dal pv storico e contenutistico la disciplina ha avuto sviluppo in Italia patria del diritto romano e sede di Roma come centro della Chiesa Cattolica (sede apostolica). Ma anche le altre confessioni religiose, sia cristiane (ad esempio i fedeli valdesi-metodisti) sia non cristiane (ebrei, unione buddista, federazione induista…). Il principio della libertà religiosa ispira tali intese, come pure il fatto che quella cattolica NON è più religione di stato e ogni confessione religiosa riceve pari trattamento. Prima, quella cattolica era confessione di stato, poi, con l’accordo di revisione del concordato del 1929, nel 1984, la situazione è cambiata e gli altri da “culti ammessi” sono diventati “culti liberi”. Obiettivo Il corso di introduzione al DC si inserisce nel quadro delle discipline dell’ISSR. “L’istituto propone l’approfondimento e la trattazione sistematica con metodo scientifico della dottrina cattolica attinta alla divina Rivelazione e promuove la ricerca delle risposte agli interrogativi umani, alla luce della stessa Rivelazione, con l’ausilio delle scienze filosofiche, delle scienze umane e delle scienze della religione” (Statuto ISSR) metodo scientifico: si potrebbero usare altri metodi, ma siamo all’ISScienzeR interrogativi umani: chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? – Quella cattolica non è una filosofia né una morale né una religione del libro

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Diritto Canonico

Obiettivo / Contenuti / Testi legislativi / Bibliografia

Lo specifico di una disciplina giuridica è l’oggetto che va a normare. Per cui diritto canonico sarebbe tautologico (canon in greco indica la canna di misura) poiché canoni (ecclesiali) e nòmoi (civili) sono comunque norme e diritti.Il diritto ecclesiastico disciplina i rapporti tra Chiesa/Confessioni religiose e comunità politiche. Dal pv storico e contenutistico la disciplina ha avuto sviluppo in Italia patria del diritto romano e sede di Roma come centro della Chiesa Cattolica (sede apostolica). Ma anche le altre confessioni religiose, sia cristiane (ad esempio i fedeli valdesi-metodisti) sia non cristiane (ebrei, unione buddista, federazione induista…). Il principio della libertà religiosa ispira tali intese, come pure il fatto che quella cattolica NON è più religione di stato e ogni confessione religiosa riceve pari trattamento. Prima, quella cattolica era confessione di stato, poi, con l’accordo di revisione del concordato del 1929, nel 1984, la situazione è cambiata e gli altri da “culti ammessi” sono diventati “culti liberi”.

Obiettivo

Il corso di introduzione al DC si inserisce nel quadro delle discipline dell’ISSR.

“L’istituto propone l’approfondimento e la trattazione sistematica con metodo scientifico della dottrina cattolica attinta alla divina Rivelazione e promuove la ricerca delle risposte agli interrogativi umani, alla luce della stessa Rivelazione, con l’ausilio delle scienze filosofiche, delle scienze umane e delle scienze della religione” (Statuto ISSR)

metodo scientifico: si potrebbero usare altri metodi, ma siamo all’ISScienzeRinterrogativi umani: chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? – Quella cattolica non è una filosofia né una morale né una religione del libro

“Nel primo ciclo o triennio, vengono trattate tutte le fondamentali discipline filosofiche e teologiche, in modo che al titolo conclusivo di Diploma in Scienze Religiose corrisponda una sufficiente completezza di formazione filosofica-teologica, vale a dire “un’introduzione pensata e critica alla Fede cristiana”” (Statuto ISSR)

Una fede pensata, adulta, matura, che si interroga. L’indirizzo didattico o pastorale mira a questo obiettivo, fondamentale anche per la crescita personale nella fede cristiana, evitando gli eccessi (atei devoti o devozionalismi da una parte, razionalisti dall’altra) e puntando a sistematicità per evitare la frammentarietà tipica della cultura del nostro tempo.Ad es. sul matrimonio qualcuno ritiene ancora che ci sia il fine primario della riproduzione e fine secondario l’unione tra i coniugi. Dopo la GS il matrimonio è stato fatto oggetto di una riflessione approfondita, che ha posto sullo stesso piano e unificato la duplice finalità. Occorre dunque essere consapevoli e aggiornati. Mantenendo ognuno la propria identità e missione specifica nella più ampia identità e missione della Chiesa cui ogni fedele appartiene in forza del Battesimo.

Il DC è scienza teologica con metodo giuridico o viceversa o scienza giuridica con metodo giuridico?Da qui si è sviluppato l’insegnamento del diritto canonico nelle facoltà civili di Giurisprudenza usando categorie logiche proprie di qualsiasi disciplina giuridica. Ma il diritto canonico, che dovrebbe essere anzitutto Diritto Ecclesiale, ha un oggetto specifico. E occorre possedere l’humus teologico della normativa.

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Vedremo dunque i fondamenti filosofici e antropologici del diritto. Poi quelli teologici propri del DC. Ci collegheremo alla riflessione sulla Chiesa attuata dal CVII riflettendo sul mistero della Chiesa (LG) e sulla sua azione nel mondo (GS). A differenza degli altri Concili, il CVII non condanna nessuno (mentre il CVI aveva reagito alla questione romana con la proclamazione del dogma della infallibilità pontificia).Oltre all’ecclesiologia, ci riferiremo alla liturgia e alla celebrazione dei sacramenti, che sono regolati dalla normativa canonica, la quale non definisce i riti, ma stabilisce i criteri per la validità (parole e segni come definiti dalla Chiesa sull’esempio di Cristo: ad es. l’acqua per il battesimo) e la liceità (chi e quando può celebrare…)

Il CJC del 25/01/1983 (in vigore dal 27/11/1983) è il frutto di un cammino storico di 20 secoli, scandito da tappe diverse. Papa Giovanni XXIII nel discorso del 25/01/58 espresse la volontà di aprire il CVII, indire il Sinodo Romano e rivedere il codice. Solo al termine del CVII la commissione iniziò la revisione del codice, lavorando dal 1964 al 1983. Si tratta della Chiesa Latina. Perché le Chiese orientali cattoliche (che NON sono da confondere con le chiese ortodosse) hanno un altro testo comune. Grottaferrata (Roma) ospita una abazia con monaci basiliani di rito greco-bizantino; Lungro (Calabria) e Piana degli Albanesi sono le altre due circoscrizioni di rito orientale.Gerusalemme, Antiochia, Alessandria, Bisanzio (Costantinopoli), ma anche Mosca e l’Armenia: chiese patriarcali che hanno poi originato ricche tradizioni di Chiese e teologia orientali.

Dei 7 libri del CJC, esamineremo soprattutto il secondo, “Il popolo di Dio” (titolo del cap II della Lumen Gentium), con l’esame di alcuni canoni in dettaglio: 204-231.I membri di questo popolo sono tutti i fedeli, cioè i battezzati. Non si parla più di laici e ordinati, bensì di fedeli, rinunciando a partire dalla gerarchia per affermare l’eguaglianza in dignità dei figli di Dio tramite il Battesimo. Tra i fedeli laici, alcuni vivono lo stato matrimoniale.Quindi si vedranno i rapporti Stato/Chiesa.Laico si distingue da ordinato e religioso nell’ambito ecclesiale, con significato diverso da quello proprio del linguaggio comune del mondo.

RICORDA: il popolo di Dio = fedeli = battezzati = LAICI (fedeli con indole secolare, cioè impegno nel mondo) + ORDINATI (con sacerdozio ministeriale) + RELIGIOSI (speciale consacrazione perfezionatrice del Battesimo con i voti evangelici).Libertà religiosa: di credere, di professarsi atei, di professarsi agnostici

Quelli del TERZO ANNO avranno anche la parte sul DC del matrimonio. Il Matrimonio come sacramento (insieme all’Ordine) al servizio della comunione e della missione della Chiesa. I requisiti del celebrante matrimoni od ordinazioni. Il munus della madre, cioè il perpetuarsi della generazione, è lo specifico del matrimonio, vs i teorici del gender che sostengono che la cultura prevalga sulla natura. Gli ordinati nella Chiesa sono rappresentanti del Pastore che guida, mentre gli sposi sono riflesso dell’amore di Cristo-sposo per la Chiesa-sposa. Il matrimonio è uno stato di vita, non una cerimonia. È punto di arrivo e di partenza. Poi faremo qualche accenno ai processi matrimoniali: la separazione. I processi canonici sono dichiarazioni di nullità, NON annullamento degli stessi. Il divorzio è invece lo scioglimento civile di un vincolo valido.

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1. FONDAMENTI FILOSOFICI E ANTROPOLOGICI DEL DIRITTO

Siamo immersi nel diritto, anche perché sono oltre 230.000 le leggi vigenti in Italia!La filosofia del diritto studia le questioni fondamentali della legge e dei sistemi legali. Che cos’è il diritto? Quali i criteri per definirlo? Etc…La filosofia ricerca le cause prime e ultime della realtà. Nell’Illuminismo si parla di diritto naturale o giusnaturalismo: dualismo tra ordinamento statale positivo e ordinamento naturale o razionale che pretende che il diritto positivo o scritto debba tendere a sé come ideale.Fare il bene ed evitare il male: principio astratto. Ma quali azioni diciamo buone o cattive?

Padre del giusnaturalismo è Grozio (giurista olandese), insieme a Rousseau (il contratto sociale) e Kant (rigorismo). Si cercava il diritto naturale con prospettiva assolutista, con due dogmi del razionalismo etico: (1) i valori umani si possono dimostrare come teoremi e (2) una volta dimostrati inconfutabili non potranno che essere attuati. Postulati teorici la cui applicazione ha portato conseguenze terribili. La Santa Inquisizione difendeva l’oggettività della fede, senza considerare la persona umana, per cui anche nell’iter processuale il metodo inquisitorio per accertare la verità. Si partiva dal presupposto che la persona non aveva rispettato la verità. Ad esempio il processo dei due untori riportato nella manzoniana “Colonna infame”. Era lecito estorcere le prove mediante tortura. Anche nei processi alle streghe. La prospettiva personalistica dell’Illuminismo (Cesare Beccaria scrive “Dei delitti e delle pene”) porta a partire dalla presunzione di innocenza, tipica dell’odierno stato di diritto. Nella Quaresima del Duemila il Papa ha chiesto perdono anche per i metodi violenti e antievangelici seguiti nella ricerca ideologica della “verità”.La pena ha valore retributivo, ma la dignità della persona non viene mai meno. Possiamo perdere la somiglianza di Dio a causa del peccato, mentre non perdiamo mai l’esser immagine di Dio, poiché è impresso in noi. È lecita la pena di morte? È lecito l’ergastolo? La Chiesa ha fatto una sorta di rivoluzione copernicana sulla questione, rigettando la pena di morte dopo averla giustificata per secoli. Se la pena deve essere medicinale, come si può accettare l’ergastolo? Ancor più l’ergastolo ostativo che non prevede alcuna concessione (uscite, permessi…).La riflessione sul diritto naturale è stata indotta anche dal confronto con le altre culture seguito alle scoperte geografiche del Cinquecento nelle quali ci si accorse che interi popoli non avevano mai ricevuto il vangelo eppure erano persone.

Altra corrente di riflessione è il positivismo giuridico che, all’opposto del giusnaturalismo, affermava che se è naturale non è diritto, poiché iscritto nella natura dell’uomo; se è diritto, non è naturale, poiché il diritto per natura sua è positivo.Le due correnti si possono riassumere nei motti latini:IUS QUIA IUSTUM per il giusnaturalismo (diritto perché giusto)IUS QUIA IUSSUM per il positivismo giuridico (giusto/di diritto perché comandato)

La dottrina pura del diritto, soprattutto per opera di Kelsen, continua nel XIX secolo. Kelsen elimina tutti i dualismi in nome di stretto immanentismo. Vuol ridurre a unità le diverse opposizioni, liberandolo dallo spirito e dalla morale, riducendolo al suo proprium normativo.Come diceva il Machiavelli: il fine (buono) giustifica i mezzi.A questa concezione si oppone l’idea per cui la persona precede il diritto. Solo con Montesquieu si avrà la tripartizione organica dei tre poteri: legislativo (parlamento), esecutivo (governo), giudiziario (magistratura).Nell’ordinamento ecclesiastico si ha un principio egualitario-gerarchico, non vige cioè la democrazia. Ogni potestà (sacra) è per il servizio. Non è potere fine a se stesso. E non esiste la tripartizione dei poteri: il governo della Chiesa distingue le funzioni, ma non separa i poteri. La funzione legislativa compete al vescovo che ha potestà ordinaria nell’emanare disposizioni locali.

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Può poi delegare la potestà esecutiva (di governo) e giudiziaria. Ad esempio il vicario (vices agens = che agisce in nome di un altro) che opera in nome del vescovo. Così pure c’è il vicario giudiziale. La norma può generare ingiustizia: summus ius fit summa iniuria.Lo stato etico, tipico dei regimi totalitari del XX secolo, pretende che la norma di comportamento definita dal potere sia fonte del diritto e di valore (è bene ciò che lo Stato definisce tale).L’aborto in Italia è regolato dalla legge 178. Ma questo non significa che sia anche lecito.

Altra corrente ancora è il realismo giuridico americano/scandinavo: valida è la norma retta dalla pressione psico-sociologica all’intero ordinamento. Il diritto vale perché effettivamente applicato nelle sue norme, sia perché i cittadini le rispettano, sia perché i giudici hanno potere di farle rispettare. Il sistema romano-germanico vede il giudice basarsi sulla legge scritta (codici di diritto civile e penale con le rispettive procedure civili e penali) e quindi pronunciarsi sul reato da giudicare, raccordando reato, imputato e legge. E il reato deve essere ben definito da una apposita legge, diversamente non può esser condannato. La complessità delle situazioni e l’evolversi della società non rende però sempre facile o univoca l’applicazione della norma. All’opposto, il sistema di common law anglo-americano si basa sul caso precedente, che fa scuola, per cui la giurisprudenza dipende dalla storia delle cause precedenti. Questo sistema dietro di sé cela una base di stampo realista-giuridico. L’esemplarità della punizione (valenza di deterrente) ad esempio per la pena di morte si è visto che non vale più. La Chiesa di fatto praticamente esclude la pena di morte, rendendo di fatto rarissime le condizioni alle quali essa sarebbe comminabile (cfr Catechismo)Valgono invece la funzione redentiva e medicinale della pena.

Il DIRITTO NATURALE fa riferimento alla lex naturalis. Un concetto oggi difficilmente comprensibile in un contesto in cui “natura” è inteso in senso puramente empirico (lo sperimentabile) e non metafisico (natura come essenza nell’atto del suo operare). Questo porta confusione e smarrimento, soprattutto nelle giovani generazioni. Occorre ritrovare una legge (Rom 2, 14-15) scritta nel cuore dell’uomo, dunque non inaccessibile. Il primo principio di tale legge dice che il bene va fatto e il male va evitato. Da essa derivano i principi più particolari: il rispetto della vita umana, dal concepimento alla sua fine naturale; il dovere di cercare la verità, presupposto necessario di ogni maturazione della persona; la libertà. La verità dell’essere umano o fa riferimento alla legge naturale, o non è verità.

Noi creatura umane siamo “esseri in relazione” e dunque soprattutto la dimensione sociale e pubblica della nostra esistenza vede radicarsi il diritto. Nel febbraio 2007 B XVI diceva che “il concetto di legge morale naturale oggi è quasi incomprensibile per la mancanza di un concetto metafisico di natura”. Nella storia della filosofia dall’ontologia (l’essere) si è passati alla gnoseologia (il conoscere) che ha caratterizzato la modernità, soprattutto con lo sviluppo delle scienze umane. Il concetto odierno di natura è essenzialmente empirico: esiste o sussiste solo ciò che è sperimentabile e quantificabile. Si crea un senso di disorientamento che rende precarie e incerte le scelte della vita di ogni giorno. Soprattutto per i giovani che devono fare scelte per la vita e rispondere ai quesiti di sempre: chi sono? Da dove vengo? Dove vado? – passato, presente e futuro dell’io devono integrarsi armonicamente. Ma oggi non è così, con il risultato che si esalta il presente, si censura il passato e si trascura il futuro. Si rinuncia ai progetti a lungo termine, non si ha il senso del passaggio di generazione, diventa difficile prevedere che sarà del mondo anche solo in 5 anni… Questa crisi coinvolge le relazioni tra individui, ma anche tra stati e sistemi culturali ed economici.

Diventa quindi urgente riscoprire la legge naturale. La prima evidenza sta nel “fai il bene, evita il male” da cui scaturiscono i principi particolari che regolano i diversi giudizi morali. Poi segue il precetto di cercare la verità e di salvaguardare la libertà come una delle caratteristiche fondamentali

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della persona umana. Il 10.12.1948 viene firmata la Dichiarazione Universale sui diritti dell’uomo per fissare alcune prerogative inviolabili della persona. L’armonia delle libertà si trova solo nella verità comune a tutti gli esseri umani, cioè in quella LM che è scritta nella persona, senza essere diritto positivo (scritto dall’uomo) bensì intrinseca alla natura umana stessa.Altra esigenza è quella di giustizia (unicuique suum – dare a ciascuno il suo)

Verità, giustizia e libertà sono dunque norme che vengono prima di ogni pronunciamento del legislatore. La LN diventa così sorgente dei diritti fondamentali e degli imperativi etici che è doveroso onerare.Largamente diffusi sono i postulati del positivismo giuridico: è giusto ciò che è definito come tale dal legislatore. Ma a ciò si oppone la LN, che è ben oltre il semplice compromesso tra interessi configgenti. Esempio: i beni hanno destinazione originaria universale, per cui la proprietà privata vale come diritto naturale secondario, non primario. Non sono cioè principi facili, perché rimandano a valori inderogabili e validi per tutti. Non sono norme che dipendono dalla volontà del legislatore né dal consenso degli stati. Precedono ogni legge umana e non prevedono deroghe. Dalla LN derivano diritti fondamentali ma anche doveri. È l’unico baluardo contro la manipolazione del potere e delle ideologia. Su essa si fonda l’obiezione di coscienza (vs aborto, etc.). Già don Milani diceva che l’obbedienza non è più una virtù, sostenendo l’obiezione di coscienza vs servizio militare (subì un processo, venne assolto post mortem). Non è solo cattolico il pensiero che ha sostenuto il diritto all’obiezione, ma anche laico (pacifisti…). Vedi il dibattito sul concetto di “guerra giusta”: quando è lecito il tirannicidio? Quando la guerra preventiva? Don Milani nella scuola di Barbiana vedeva che neppure nella storia dell’Unità italiana si potevano ravvisare “guerre giuste” poiché sempre c’erano interessi politici, economici o ideologici. Compromesso costituzionale: nel 1948 si arriva a un testo che esprime le correnti cattolica, liberale e socialista.

La conoscenza della LN aumenta con la crescita della coscienza morale. La cui maturazione dovrebbe esser curata – a livello individuale e sociale – dalle istituzioni. Oggi manca la coscienza morale, ma anche la coscienza civica. L’immigrazione verrebbe così inserita in accoglienza e integrazione, invece di suscitare anzitutto respingimento. Ancora: pensiamo alla famiglia, cioè a quell’intima comunione di vita fondata dal creatore e strutturata con leggi proprie (GS 48) per vedere quanto si possa riscontrare l’esistenza di una LN.

Nel giugno 2009 la Commissione Teologica Internazionale pubblica “Alla ricerca di una morale universale”, esprimendo la necessità di un consenso sui valori condivisi e oggettivi. Sono valori che darebbero ai diritti dell’uomo una base più solida della semplice base del positivismo giuridico. È un documento stilato dalla Commissione che Paolo VI volle formare in seno alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Non c’è solo un compito apologetico (difesa della ortodossia della fede) bensì la promozione dell’approfondimento dei contenuti della fede. Il documento vuol combattere la separazione tra ordine etico e ordine socio-politico-giuridico. Due sono le alternative: (a) o la mondializzazione avanza regolata da un quadro puramente positivo, incapace di arginare a lungo termine arbitrio e diritto del più forte; ma come regolare la globalizzazione odierna? Come impedire che semplicemente si affermi il diritto del più forte? (b) Oppure gli uomini prendono in mano il processo per orientarlo secondo finalità puramente umane. Occorre orientare il cammino dell’umanità riferendosi dunque a una morale universale. D’altra parte la ragione dell’uomo è in grado di riconoscere i precetti fondamentali, oggettivi e universali, chiamati poi a regolare la vita morale e sociale dell’uomo.Per proporre la LN “oggi”, occorre liberarla dalla caricature del passato, utilizzando ogni positiva innovazione a tal fine. La svolta antropologica della legge morale consiste nel ritenere al servizio della persona tutto quanto viene stabilito dall’etica. Il patrimonio comune già esiste, come

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dimostrano le convergenze tra i diversi sistemi morali, e pure lo “spirito di Assisi” (1986) secondo l’ideale di Giovanni Paolo II che non ebbe timore di invitare a pregare insieme per la pace fedi e confessioni diverse. Non è sincretismo: unica intenzione, ma diverse manifestazioni, a seconda della propria fede.

2. RAPPORTO TRA ORDINE ETICO E ORDINE GIURIDICO

1. Ordine: retta disposizione delle azioni umane2. Le autorità di Stato e Chiesa – secondo i 3 poteri – devono emanare norme giuridiche per stabilire diritti e doveri per i propri membri e utili al conseguimento dei rispettivi fini (natura, finalità e mezzi diversi tra Stato e Chiesa); dichiarare quali azioni siano conformi o meno all’ordine e indicare le conseguenze di eventuali difformità (se non c’è norma, non c’è reato – il diritto penale e le relative procedure), sul presupposto della presunzione d’innocenza della persona – fino alla condanna in duplice grado di giudizio; esigere l’esecuzione delle norme giuridiche mediante governo delle persone e delle cose, rimozione degli ostacoli.

L’ordine è duplice nello Stato e nella Chiesa: etico e giuridico. Quello etico concerne tutta l’attività umana, interna ed esterna, individuale e sociale. Le norme dell’ordine etico sono divine (naturali o positive), obbligano in coscienza e vengono rafforzate con timore e speranza; se ne risponde solo in foro interno: “foro” è dove si vive, si praticano i commerci e si applica la giustizia (ESTERNO) oppure riguarda l’intimo e la coscienza della persona (INTERNO). Si risponde dunque davanti a Dio (anche se ci si dichiara atei, agnostici o razionalisti) e alla propria coscienza. Papa Francesco: anche chi dice di non credere in Dio, ha comunque la coscienza cui rispondere.L’ordine giuridico comprende invece le azioni sociali, pubbliche, visibile. Il peccato ha anche e sempre un carattere sociale, perché tocca la Chiesa intera, cioè la comunità, impoverendola con i suoi vizi, così come la arricchisce con le proprie virtù. Le norme dell’ordine giuridico sono solitamente positive, espresse dal legislatore. Che può essere Dio stesso o l’uomo. Ad esempio, il sacramento dell’ordine è di disposizione e diritto divino; mentre il cardinalato è di diritto positivo ecclesiastico. E come tale può esser riformato. Le norme di diritto giuridico vengono rafforzate con sanzione esterna, e non se ne risponde solo in foro esterno.

I due ordini convergono: l’ordine etico comprende quello giuridico, come una propria parte. Ma vi sono azioni che appartengono solo all’ordine etico e possono esser contrarie all’ordine giuridico. Non ci possono invece essere azioni dell’OG che non siano anche dell’OE. Ancora: alcune azioni giuridicamente “non esistono” (omicidio stradale) pur avendo consistenza etica.Il soggetto è sempre la persona umana, che è capace di porre in essere determinati atti.Dio è fonte diretta dell’OE, indiretta dell’OG.

Le diversità: l’estensione, l’OE comprende tutte le azioni umane, mentre l’OG comprende solo le azioni tra soggetti con rilevanza pubblica. Il fine: l’OE riguarda il bene individuale, l’OG il bene sociale. La coattività: interna per l’OE, esterna per l’OG (foro interno / esterno). La perfezione: l’azione etica deve esser conforme allo spirito della norma (bonum ex integra causa) mentre l’azione giuridica deve esser conforme alla norma (basta fermarsi al semaforo, non importa perché o come).

Ordine dice “retta disposizione” delle azioni umane, quindi non comprende (secondo me) quelle norme giuridiche che comandano contro l’ordine etico e, in quanto tali, non sono espressione di “ordine” ma solo di norma. Conseguentemente, tutto l’ordine giuridico come tale ricade sotto l’ordine morale, ma alcune norme giuridiche possono cadere al di fuori di esso - NdA

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Concetto di societas perfecta per la Chiesa: “perfetta” non dal pv morale, ma dal pv giuridico. “Un gruppo o società ha in sé i mezzi per raggiungere i fini per i quali è stata fondata”. Essendo istituzione teandrica (divino-umana), il mistero della Chiesa è assai più ampio di quanto le immagini possano trasmettere (campo, vigna, famiglia, edificio, tempio, sposa, arca, luna…).Legame tra legge canonica e vita della Chiesa (B XVI, 25/01/2008): lo ius ecclesiae (diritto canonico) non è solo insieme di norme prodotte dal legislatore ecclesiale per il nuovo popolo di Dio (chiesa di Cristo / Laos tou Theou) – il nuovo Israele, che non deve sostituire ma dare compimento al popolo eletto che è Israele: continuità ebraica e novità del xsimo. È anzitutto la legislazione autorevole su diritti e doveri fondati sui sacramenti e dunque nati dalla istituzione di Cristo stesso. Cita Rosmini, “La filosofia del diritto”: la persona umana è l’essenza del diritto. BXVI: quello che con profonda intuizione si affermava per il diritto umano vale ancor più per quello canonico, la cui essenza è dunque la persona del cristiano nella Chiesa. Nell’ordinamento canonico l’atto giuridico che costituisce persona della Chiesa è il Battesimo con cui diventiamo Figli di Dio e membri della Chiesa.

Personalismo giuridico: primato della persona, che diventa partecipe dell’infinito. Essendo ai comandi dell’infinito, niente può stare sopra il principio personale. La persona è immune da ogni altra soggezione. La persona ha così il diritto di esistere, agire, sviluppare se stessa. Prima ancora di “avere” diritti, è essa stessa essenza del diritto. Il diritto prima ancora che nei codici è scritto nella natura della persona (LN). La riflessione di teologia morale e di dottrina sociale della Chiesa sulla illegittimità della pena di morte deriva dal principio di rispetto della persona. Non sarebbe una punizione medicinale ma unicamente giustizia retributiva. Per le stesse ragioni, bisognerebbe valutare se e quando comminare l’ergastolo (se mi redimo, perché restare ancora in carcere?). Il prof. Francesco D’Agostino, riflettendo sulla questione di Callisto Tanzi / Parmalat indicava la necessità di pene alternative con una sorta di contrappasso rieducativo. Ad esempio facendolo lavorare come addetto alle pulizie nell’azienda da lui messa in crisi economica.

Il CJC contiene le norme per il bene della persona e della comunità.GPII – discorso di promulgazione, 1983 – vede la Chiesa come compagine sociale e visibile, bisognosa di norme in quanto gerarchica e chiamata a esprimere i tria munera (docendi, sanctificandi, gubernandi).La Chiesa riconosce alle sue leggi la natura e la funzione sacramentale e pastorale per conseguire il fine suo proprio: la salus animarum (Chiesa come sacramento – segno e strumento – di salvezza) è il primo fine, da cui gli altri discendono. La salvezza non riguarda solo se stessi, in maniera autoreferenziale, ma ci si salva insieme, poiché la Chiesa è una comunione. Dio è Padre e tutti gli uomini in Lui sono fratelli.

Il diritto canonico si collega dunque alla stessa esistenza della Chiesa: il buon ordine della vita della Chiesa riguarda tutti i soggetti che compongono la Chiesa stessa. Secondo il principio egualitario e gerarchico: la Chiesa “non è una democrazia” nel senso che non tutti partecipano allo stesso modo a deliberare a maggioranza assoluta, ma è vero che la Chiesa è comunione per cui ogni potestà è per il servizio. Autorità: auctoritas – augere = crescere: il potere serve per far crescere il popolo.Le norme canoniche non sono dunque “contro” la vita e la pastorale della Chiesa, né in antitesi alla carità che sempre deve animarla, né si deve contrapporre istituzione e carisma… Certo, esistono salutari tensioni tra le due realtà, ma l’istituzione ha il compito di giudicare e regolare ogni carisma. Né si devono opporre pastorale (compromissoria) e diritto (rigido). Il diritto ecclesiale ha una sua ragion d’essere teologica. La legge canonica è chiamata a esser chiara e in armonia con le altre leggi della Chiesa: ecco perché alcune norme possono esser abrogate, altre interpretate, altre introdotte.

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Es.: interdetto, una delle pene ecclesiastiche. Riguardava sia i singoli battezzati sia le comunità. Per cui poteva accadere che il popolo e il vescovo si contrapponessero rispetto a un parroco e veniva comminato un interdetto locale: chiesa chiusa, campane legate, i sacramenti tolti. Poteva durare anche settimane o mesi. La pena estesa a tutta la comunità a ragione di pochi fedeli ribelli sembrò ingiusto e venne ritenuta una norma sorpassata. La flessibilità pastorale non contraddice il diritto canonico, ma sono due volti chiamati a integrarsi.Il diritto universale riguarda tutta la Chiesa cattolica latina, poi il diritto particolare per le conferenze episcopali, regionali o nazionali, e infine il diritto proprio per congregazioni e istituti.Tale diritto deve essere amato e osservato da tutti i fedeli, ma questo comporta la necessità di conoscerlo. Cosa che ha reso necessario scrivere in italiano il CJC che fino alla riforma del 1983 era in latino.Lex ecclesiae come lex libertatis: occorre saper presentare al popolo di Dio tale valenza del diritto canonico. Il dono della fede e della grazia di Dio non possono restare senza adeguata protezione da parte del diritto. Fede, sacramenti e governo ecclesiastico sono elementi di comunione piena con la Chiesa universale.

Congregazione della Dottrina della Fede, “Risposte ad alcuni quesiti riguardanti alcuni aspetti sulla dottrina della Chiesa” (2007)

1. Il CVII ha forse cambiato la precedente dottrina sulla Chiesa?Il CVII né ha voluto cambiare né ha cambiato tale dottrina ma solo l’ha esposta più chiaramente e approfondita (il CVII è il primo concilio che non deve essere “contro” qualche eresia, ma semplicemente riflette sulla natura e missione della Chiesa). GvXXIII e PVI ribadirono che le promulgazioni dei documenti conciliari non cambiano nulla nella dottrina, ma solo esprimono quanto già si viveva; ciò che era incerto, è chiarito; ciò che era discusso viene formulato.

2. Come dev’essere intesa l’affermazione che la Chiesa di Cristo “sussiste nella” Chiesa cattolica?Inizialmente si diceva “è la Chiesa cattolica”, poi si fece un passo indietro per il dialogo ecumenico. La Chiesa ritiene che solo in sé si trovi l’unica vera Chiesa di Cristo, in virtù della coscienza della volontà fondativa di Cristo. Ma riconosce che anche nelle chiese cristiane non in comunione (separate: protestanti e ortodossi) ci sono elementi di verità e azione dello Spirito Santo. L’ecumenismo come cammino verso l’unità della Chiesa di Cristo non dev’esser visto come una discussione sulle origini della scissione per far tornare i separati nella Chiesa cattolica, bensì camminare nella verità e nella carità verso la Chiesa fondata da Gesù Cristo. Unità non è uniformità. Anzi: unità nella pluralità e diversità. Diverse storie, doni, teologie…Cristo ha costituito la Chiesa come unica comunità storica e spirituale, visibile e invisibile, secondo le 4 note del Credo (una, santa, cattolica, apostolica). Questa Chiesa, costituita nel mondo come società (dimensione giuridica della società visibile fondata sui due principi dell’uguaglianza – di dignità dei battezzati – e dell’ordine gerarchico – il successore di Pietro governa con il collegio episcopale “cum et sub Petro”; Sant’Ignazio d’Antiochia: Roma presiede alle altre chiese nella carità). In LG si dice “sussiste” perché per la dottrina cattolica si può affermare che la Chiesa di Cristo è anche presente nelle chiese non in piena comunione con quella cattolica, per elementi di santificazione, tuttavia la Chiesa di Cristo sussiste come “una” solo in quella cattolica.

CJC 205 – Sono in piena comunione con la Chiesa su questa terra quei battezzati che sono congiunti con Cristo nella Chiesa visibile mediante i vincoli di fede, sacramenti e governo ecclesiastico.

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3. Perché non si dice semplicemente “è”?“Sussiste” esprime chiaramente che al di fuori della Chiesa cattolica, nelle altre chiese cristiane non cattoliche, si possono trovare numerosi elementi di santificazione e verità che, in quanto doni propri della Chiesa di Cristo, spingono all’unità propria della Chiesa cattolica. Da qui il dialogo ecumenico nella verità e nella carità. La verità è Cristo e la Chiesa ne è il prolungamento, come sacramento di salvezza (anche se Cristo è il solo vero sacramento, segno e strumento, mentre la Chiesa lo è “per una non debole analogia” – LG 7). Nelle altre Chiese potrebbe mancare un elemento di comunione ad esempio il governo della Chiesa, tuttavia lo Spirito non ricusa di servirsi di esse come strumento di salvezza, poiché lo Spirito “soffia dove vuole”. Il dialogo con altre chiese stimola il chiarimento della propria identità, dunque spiritualmente ha un grande valore. Ecumenismo autentico è quello che riconoscere come interlocutore la chiesa non cattolica, a dispetto della mancanza di alcuni elementi di comunione, valorizzando la prospettiva comune (ad esempio il valore della santità, a dispetto dei diversi modi di intendere la devozione ai santi). Permettere il dialogo è richiesto anche dalla missione della Chiesa cattolica chiamata a operare per la salvezza delle anime e la santificazione altrui. Dialogo dunque nella carità. Sulla base del comandamento nuovo di Gesù: amarsi come Lui ci ha amati, amando anche i nemici. La Chiesa di Cristo “sussiste” in quella cattolica poiché questa è chiamata a diventare pienamente “una”, raccogliendo in unità anche le Chiese che attualmente non sono nella piena comunione con essa. Tuttavia non si tratta di chiedere semplicemente il rientro di quanti sono separati, ma concorrere insieme all’unità nella unica vera Chiesa di Cristo. È un cammino di conversione, che non porta a una (sola) chiesa ma a una chiesa “una”, cioè unita nel persistere della pluralità (coerente con la vocazione cattolica della chiesa stessa). Per cui bisogna guardarsi del voler imporre un rito unico alle chiese che desiderano riconoscersi in comunione con la chiesa cattolica.

4. Perché si chiamano “chiese” anche le altre non pienamente in comunione?Perché originate dal progetto di Cristo, benché la mancanza del terzo vincolo di comunione (governo della Chiesa) non sia di secondaria importanza. Il mondo missionario ha sentito con più urgenza il problema della divisione dei cristiani poiché si andava a presentare un “Cristo diviso”. Questo ha favorito la nascita del movimento ecumenico. Si tratta quindi di una piena comunione ancora da realizzare.

5. Perché non si chiamano chiese quelle nate dal XVI secolo?Perché non c’è la successione apostolica: non c’è l’ordine, dunque mancano di un elemento costitutivo dell’essere chiesa.La mancanza del sacerdozio sacerdotale porta anche alla assenza del mistero eucaristico per cui non possono essere chiamate “chiese” in senso proprio.

QUALE RAPPORTO TRA CHIESA UNIVERSALE E CHIESE PARTICOLARI?

Nella Chiesa di Cristo c’è rapporto di mutua immanenza tra Chiesa universale e chiese particolari. LG 23: la vera Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica e nelle chiese particolari in comunione con essa. Il tutto (chiesa universale) e la parte (la chiesa particolare): nel tutto è presente la chiesa particolare, e viceversa. Dal sec. XI al CVII si è evidenziato il centralismo della chiesa universale, mettendo in ombra la chiesa particolare, quasi fosse un mero distretto amministrativo.La chiesa particolare/diocesi viene dal diritto romano: la diocesi era infatti una unità amministrativa del diritto romano. La chiesa universale rischia di esser ridotta a rete di chiese particolari, dimenticando la reciproca immanenza. Il vescovo è capo della chiesa particolare ma al tempo stesso fa parte del collegio episcopale della chiesa universale. Azione collegiale dei vescovi sparsi nel mondo o nel concilio ecumenico Cfr LG III (la gerarchia).

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3. LE FONTI DEL DIRITTO CANONICO

Fonti di produzione- Materiali: romano pontefice, vescovi, concili, sinodi (continentali o diocesani). Il sinodo si

deve celebrare ogni 3 anni (da Trento, vs riforma protestante)- formali

Fonti di cognizione (documenti da cui risultano i contenuti)diritto divino - naturale (Dio come creatore) o positivo (Dio come legislatore) - fonti: Antico o Primo Testamento e Nuovo Testamento; la tradizione.

- diritto ecclesiale o umano ecclesiastico

La cultura ebraica e aramaica (concreta), quella greca (raffinata, filosofica, con ampio sviluppo storico e linguistico). Paolo, ebreo della tribù di Beniamino, fariseo in quanto alla legge, scriveva in greco: il vocabolario teologico cristiano viene da lui, capace di creare neologismi e parole composte. Il greco della koiné, del NT.Poi, il mondo latino: del regno, della monarchia, dell’impero. Eccellenti giuristi, senza esser stati filosofi, hanno reso il latino la lingua giuridica per eccellenza. Nel suo strutturarsi, la chiesa ha attinto dalle diverse lingue e culture.La Legge per la cultura ebraica (Torah) comprende gli insegnamenti del Signore più che la norma in senso giuridico.

Percorso storico di diritto canonico

Diritto canonico o ecclesiale: la disciplina in quanto tale o la scienza teologica che studia la dimensione giuridico-istituzionale di questa società visibile che è la chiesa. Consta di 3 dimensioni: la dottrina giuridica (mediante la quale i canonisti o gli esperti studiano i vari istituti giuridici nel loro sviluppo), la legge positiva (le norme poste dal legislatore poste dinanzi al popolo mediante la promulgazione cioè il “ponere pro vulgo”), l’applicazione della legge (unire la prudenza al diritto, la cosiddetta giurisprudenza che guida l’applicazione della legge universale al caso particolare).

Codex Juris Canonici: il primo codice (una legge unica e sintetica) per la chiesa latina viene promulgato da Benedetto XV il 27 maggio 1917. Il secondo è quello frutto della riforma post CVII e promulgato da GPII il 25 gennaio 1983. Qualsiasi legge conosce tre fasi: la promulgazione della legge o pubblicazione (sulla gazzetta ufficiale per la Repubblica), la vacatio legis (periodo in cui la legge non è ancora obbligante ma viene fatta conoscere), l’entrata in vigore (stabilita in modo preciso).

Per la storia, abbiamo 5 grandi periodi:

1. fino all’opera di Graziano, monaco camaldolese che origina il diritto canonico come scienza con metodo proprio (XI-XII sec)

2. dal decreto di Graziano al concilio di Trento (1545-1563)3. da Trento al CJC del 19174. dal CJC del 1917 (Piano-Benedettino: cominciato con Pio X, promulgato da B XV) a quello

del 1983 (GPII), detto anche ultimo documento del CVII (a 18 anni dalla fine)5. dal 1983 a oggi

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1. PERIODO DELLE COLLEZIONI PARZIALI (primo millennio)

Le norme canoniche inizialmente sono contenute in altre opere. Ad esempio in opere di natura teologica o spirituale. Così pure gli insegnamenti degli apostoli (Didaskalion), o canone degli apostoli. Siamo sempre nel primo millennio: compaiono anche collezioni apocrife attribuite ad autori precedenti e illustri, tra cui per Decretales pseudoisidoriane

2. DA GRAZIANO A TRENTO

Corpus Juris Canonici: un insieme di collezioni, di decretali, etc.Alcune sono opere di privati, altre sono collezioni autentiche con approvazione del papa.Anzitutto il Decreto di Graziano: opera fondamentale per l’inizio della scienza del diritto canonico. Titolo originale: concordantia discordantia canonum. La concordanza della discordanza dei canoni.L’obiettivo di questa monumentale opera privata era di riordinare una grande mole di norme. Nell’XI-XII nascono le università (dalla chiesa), la più antica delle quali nasce a Bologna verso il 1090. Subito dopo, Parigi.Distinzioni, Cause, Consacrazione. 3 parti per l’operaLa seconda opera sono i Decretali di Papa Gregorio IX (card. Ugolino), redatti da San Raimondo di Penafort.La terza opera del CorpusJC è il libro VI delle Decretali di Bonifacio VIII: succede a Celestino V (che fece il gran rifiuto nel 1298 – con B XVI sono in tutto 4 i papi ad aver rinunciato), istituì l’anno santo del 1300. Collezione autentica, promulgata nel 1298 da Papa Bonifacio VIII.La quarta opera sono le Costituzioni Clementine, preparate da Clemente V e promulgate da Giovanni XXII nel 1317.Infine la quinta opera del CorpusJC sono le Decretali extra vagantes, cioè raccolte al di fuori o successivamente, di Giovanni XXII e quelle comuni. Le due collezioni vengono poi fuse insieme, ma quelle “comuni” potrebbero esser considerate una sesta opera del Corpus JC.Tale Corpus JC oteva esser affiancato al Corpus Juris Civilis giustinianeo per la mole e l’importanza.

3. DA TRENTO AL 1917

Vengono pubblicate le collezioni dei Concili (86 volumi)I Bullarii, che raccolgono le bolle pontificie sigillate dall’anello del papa. Ricordiamo soprattutto il Bollario di Papa Benedetto XIV, grande canonista, studia tutta la normativa sulle cause di beatificazione (metà del ‘700)I regesta o gli atti dei romani pontefici.Atti di congregazioni e tribunali della Santa Sede e soprattutto della Sacra Romana Rota che oggi è semplicemente della “Rota romana”, tribunale apostolico di appello la cui maggior attività oggi consiste nel riconoscimento di nullità dei matrimoni.La Chiesa è arrivata così alla decisione di redigere un testo unico: una collezione autentica, sistematica, esclusiva, autentica di tutte le norme essenziali. Serviva un testo unico facile da consultare.

Il primo codice civile è quello napoleonico del 1804: anticlericale (impone la sepoltura fuori dai luoghi abitati e non nelle città, nelle chiese, con motivazioni igieniche e pratiche, poiché assai alta era la mortalità nei secoli passati). Dall’epoca illuministica (regime assolutista e unione dei poteri nelle mani del re, quasi per investitura divina: “per grazia di Dio…”) si passa all’epoca moderna

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con la divisione dei poteri e la nascita del “cittadino” quale soggetto di diritti e doveri regolati da un testo unico che è il codice civile o dalla costituzione. In questo scenario, la Chiesa è stata l’ultima a realizzare un testo unico e sistematico, promulgato dal romano pontefice, conciso (come deve essere un testo legislativo). Uno sforzo enorme (2400 canoni, con una decina di volumi di fonti), realizzato da Benedetto XV con la promulgazione del CJC del 1917, riconosciuto come monumento più perenne del bronzo, così perfetta da non necessitare altre riforme o adattamenti.

4. DAL 1917 AL 1983

Nel 1918 entra in vigore il CJC del 1917Giovanni XXIII – 25/01/1959: davanti ai Cardinali nella basilica di San Paolo fuori le mura annuncia l’intenzione di indire un concilio ecumenico (il precedente era il CVI, sospeso nel 1870 con la presa di Roma del 20 settembre), il sinodo dei vescovi romani e il sinodi generale dei vescovi. Nell’ottobre 1962 si inaugura il CVII e si conclude nel dicembre 1965, in 4 sessioni di lavoro dei padri conciliari. Giovanni Paolo II promulga il CJC rivisto secondo i decreti e i principi del CVII il 25/01/1983 (esattamente 24 anni dopo il discorso di G XXIIII). Si passa da oltre 2400 canoni agli attuali 1752. Dopo un periodo di vacatio legis necessario per conoscerlo, il 27/11/1983 entra in vigore il CJC.

5. DAL 1983 A OGGI

Si compila il moderno Corpus Juris Canonici, composto da 3 documenti fondamentali. 1. il CIC2. il CCEO (1990, Codice dei Canoni delle Chiese Orientali – quelle 23 cattoliche che sono in

piena comunione con quella Cattolica Romana di Rito Latino – conta circa 20 mln di fedeli, contro il miliardo di fedeli di Roma)

3. la costituzione apostolica PASTOR BONUS – (PB, 1988) – oggetto di revisione in questo tempo e riguarda la Curia Romana, cioè l’organi di governo della Chiesa universale.

PRINCIPI DEL CIC - criteri fissati nel Sinodo del 1967 per la revisione

a) Il CIC è un testo a carattere legislativo, quindi un codice di diritto e tale carattere giuridico va conservato

b) Stretto coordinamento tra foro interno ed esterno. Solitamente l’ordinamento giuridico riguarda il foro esterno, ma data la peculiare natura della Chiesa, esiste un ambito di applicazione delle norme canoniche nella coscienza (foro interno) e nel sacramento della penitenza.Ad es in seminario per l’ammissione agli ordini, diaconato o presbiterato, esiste una commissione che giudica i requisiti di liceità e validità. Tra questi, la salute fisica e psichica, oltre agli studi e le qualità umane. La norma canonica proibisce ai formatori di interpellare il direttore spirituale e il confessore il parere sulla ammissione all’ordine dell’interessato. E si chiederà solo a un perito medico o psichiatrico una diagnosi, riservandosi però la commissione il giudizio finale di ammissione. La vita dei fedeli ha un carattere visibile (foro esterno) e spirituale (foro interno o sacramentale)

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c) Oltre alla giustizia, si considerino la carità, la temperanza, l’umanità e la moderazione per realizzare la cosiddetta equità canonica, cioè giustizia temperata da dolcezza e misericordia. Al fine di realizzare ordinata e armoniosa convivenza, lontani dagli estremi del lassismo e del rigorismo.

d) Superare la centralizzazione romana/universale. Divenga ordinaria la facoltà di dispensa dalle leggi generali senza ricorrere sempre a Roma

e) Si favorisca la sussidiarietà nella Chiesa, creando la legislazione particolare delle singole conferenze episcopali. Non tutto deve esser governato dalla legge generale, ma in alcune disposizioni e adattamenti (un centinaio circa) il CIC rimanda alla conferenza episcopale (nazionale, regionale, internazionale). Si parla quindi di diritto universale, di diritto universale speciale (per temi specifici) e il diritto particolare (che ha fonte di produzione nei singoli vescovi e conferenze episcopali), diverso dal diritto proprio (per istituti di vita consacrata e società di vita apostolica: ordini, religiosi, consacrati, istituti secolari…)

f) Per meglio tutelare l’uguaglianza dei fedeli e la diversità di uffici e persone, siano definiti e tutelati i diritti delle persone, non solo i doveri, a seconda della diversità degli incarichi (ufficio ecclesiastico – qualsiasi incarico che per diritto divino o ecclesiastico abilita nella Chiesa con un fine spirituale, CIC 145) – ad es i lettori, i consiglieri pastorali/economici parrocchiali, gli insegnanti di religione. I beni ecclesiastici sono mobili o immobili di proprietà della persona giuridica nella Chiesa, ad es i beni della parrocchia, della diocesi o di un ordine. La titolarità della proprietà si distingue dall’amministrazione dei beni: il parroco amministra, non possiede. È bene che i laici partecipino all’amministrazione dei beni della parrocchia, cioè della comunità dei fedeli con il parroco che è pastore proprio. La persona giuridica agisce mediante il legale rappresentante, quindi la parrocchia agisce tramite il parroco.

g) Maggior tutela dei diritti soggettivi anche mediante i ricorsi amministrativi e distinguendo chiaramente le varie funzioni della potestà ecclesiastica. Quando un provvedimento è ritenuto gravoso o illecito si può ricorrere all’autorità superiore. Le funzioni della potestà ecclesiastica sono 3: legislativa (non delegabile) esecutiva (delegabile) e giudiziaria (delegabile). Evitando abusi di potere o autorità. La tripartizione non è organica, come nello stato in cui invece ci sono tre organi che svolgono le 3 diverse funzioni. Nel diritto ecclesiale la tripartizione non è organica, per cui non ci sono 3 soggetti distinti ma un unico soggetto: il vescovo è legislatore, governatore e giudice nella propria diocesi. La tripartizione è funzionale, cioè ci sono funzioni diverse, persone che agiscono in nome e per conto della potestà. La potestà è ordinaria, connessa all’incarico. I ricorsi amministrativi sono strumenti giuridici a tutela dei singoli contro atti compiuti dall’autorità eventualmente in maniera illecita. Delle funzioni, quella esecutiva e giudiziaria è delegabile. Vicario = vice agens. Il vicario ha funzione ordinaria, connessa alla sua nomina, ma non agisce in nome suo bensì del vescovo.

h) il territorio non è più elemento fondamentale ma complementare. La parrocchia è comunità di fedeli con pastore proprio che è il parroco. È una persona giuridica pubblica, soggetto di diritti e di doveri. È anzitutto una comunità di fedeli, prima ancora che un confine territoriale. Si possono costituire parrocchie personale, cioè interessanti determinate categorie di fedeli. Ad esempio ci possono esser minoranze di rito o di lingua su un certo territorio (ladini, sloveni, occitani) e un vescovo potrebbe costituire una parrocchia apposita per tutelare tale minoranza. Prelatura territoriale e personale: di prelature personale ne esiste solo una, cioè l’Opus Dei. La diocesi era una entità territoriale dell’impero romano e il termine da quel contesto deriva. Si chiede la revisione della territorialità delle diocesi. Territoriale è invece una circoscrizione ecclesiastica assai vicina alla diocesi, con particolare rapporto con la Santa Sede (San Marino, Pompei…)

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i) relativo al diritto penale e all’applicazione delle sanzioni. Le pene siano ferendae sententiae, riducendo ai casi grave le latae sententiae. Nell’ordinamento canonico bisogna dire che ogni delitto canonico è sempre peccato mortale, ma non tutti i peccati mortali sono anche delitti canonici perché potrebbero non essere stati espressamente previsti. Se non c’è la legge penale che fissa il comportamento delinquente, la sanzione e la pena, non si può esser condannati. Oltre alla responsabilità morale, in caso di certi peccati mortali si incorre nella sanzione canonica. Nel codice del 1917 i casi di scomunica “latae sententiae” erano 32, nell’attuale sono ridotte a 7, cioè ai casi dei reati più gravi. La gravità della sanzione è commisurata alla gravità del delitto. Ad es. la profanazione dell’eucarestia, la violenza fisica contro il Papa, la violazione diretta del sigillo sacramentale della penitenza.“Ferendae sententiae” sono invece le sanzioni collegate a una sentenza “da portarsi”, cioè una sentenza che viene pronunciata esplicitamente. Nelle “latae sententiae” ci sono invece sanzioni e pene in cui si incorre per il semplice fatto di commettere un certo delitto, anche senza esplicita sentenza.

l) ultimo principio. Il codice del 1917 era in 5 libri sulla base del diritto romano ripartito in persone, azioni e cose. Invece quello del 1983 è strutturato in 7 libri: (1) le norme generali, con le regole giuridiche per interpretare e applicare il codice; (2) “Il popolo di Dio” – rimanda a LG II; (3) “La funzione dell’insegnare nella Chiesa” – il munus docendi; (4) uno dei libri più vasti, sul munus sanctificandi, comprende la legislazione canonica sui sacramenti - tra cui circa 100 dei 400 canoni sono dedicati al matrimonio -, sui sacramenti, sui luoghi e tempi sacri; (5) uno dei libri più brevi, sui beni della Chiesa: la Chiesa, come società visibile, pur avendo missione religiosa – salvezza delle anime – ha anche bisogno di beni temporali mobili o immobili. Poche decine di canoni perché la Chiesa recepisce nel suo ordinamento moltissime norme civili cui rimanda, ad esempio per i contratti d’affitto… Si tratta di “canonizzazione” delle leggi civili: se non sono contrarie al diritto divino, vengono rese valide anche per il CJC; (6) tratta della natura giuridica della Chiesa e le sanzioni: le sanzioni sono state ridotte, ma non abolite. Se si deve seguire anzitutto la via del dialogo e del confronto, tuttavia restano le sanzioni come extrema ratio. Anche per impedire lo scandalo dei fedeli. Ad esempio per i funerali di Priebke, boia SS, proibiti dal vicariato di Roma proprio per evitare lo scandalo: peccatore manifesto, non ha mai dato segno di pentimento. Quindi: niente funerali. Ma questo non significa non poter pregare per lui. Solo la tutela del buon ordine della vita ecclesiale; (7) i processi canonici.

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STORIA DEL DIRITTO CANONICO

Canonista e teologo francescano, del XVIII secolo, Lucio Ferraris da Solero, dei frati minori osservanti, docente dei novizi nel convento di San Bernardino in Alessandria. Compose un’opera, in 8 volume, in ordine alfabetico, di dottrina giuridica-canonica. Ristampata fino all’inizio del XX secolo, pubblicata per la prima volta nel 1746. Esaminò oltre 700 autori per la bibliografia.

Il CIC viene anche definito l’ultimo documento del CVII. Il CVII fu annunciato col discorso del 25/01/1959 di GvXXIII in cui disse di voler indire il concilio (1962-1965) e il sinodo per la diocesi di Roma (fatto nel 1960, con la sola partecipazione del clero) e di rivedere il CIC.

Nel 1964 viene istituita la commissione di revisione; (I FASE) essa redige gli schemi del nuovo codice dal 1966 al 1977; ( II FASE) questi schemi vengono inviati a vescovi, conferenze episcopali, facoltà teologiche che replicano con osservazioni e note in base alle quali (III FASE) vengono rivisti gli schemi; quindi (IV FASE) si presenta al Papa (GP II) lo schema che infine (V FASE) fa un’ultima revisione con un teologo e 7 canonisti, prima di pubblicarlo (fase legislativa).Essendo una legge essa esiste quando è promulgata ovvero posta “pro vulgo”: Costituzione “Sacrae disciplinae leges” (25/01/1983 – anniversario discorso di GvXXXIII). Il 3 febbraio viene presentato alla Curia Romana. Esiste quindi un tempo di vacatio legis, nel quale la legge va conosciuta, prima di entrare in vigore (I domenica di Avvento, 27/11/1983). La vacatio legis delle leggi canoniche di solito è di 3 mesi, ma trattandosi dell’intero CIC si arriva a circa un anno. Viene quindi tradotto in una decina di lingue, sapendo però che il testo ufficiale è quello latino pubblicato sugli Acta Apostolicae Saedis (AAS), la Gazzetta Ufficiale della Santa Sede.

Nell’epoca di profonda contestazione antigiuridica degli anni ’70, si voleva una lex Ecclesiae fundamentalis, cioè una legge di base per tutta la Chiesa. Un po’ come i primi 12 articoli della Costituzione (principi fondamentali). Nozioni sintetiche di storia della redazione del CIC si trovano nella stessa prefazione del CIC.

Costituzione di promulgazione del CIC “Sacrae Disciplinae Leges”.È il codice del concilio, l’ultimo documento del CVII – disse GPII. Atto primaziale del Papa che lo promulga quale legislatore supremo della Chiesa, ma anche espressione del carattere collegiale manifestato dalla partecipazione dei vescovi sparsi nel mondo alle diverse fasi di revisione del CIC.Gesù non è venuto per abolire, ma dare compimento (Mt 5, 17).

SACRAE DISCIPLINAE LEGESPER LA PROMULGAZIONE DEL NUOVO CODICE DI DIRITTO CANONICO Lungo il corso dei secoli la Chiesa cattolica ha di solito riformato e rinnovato le leggi della sacra disciplina, affinché, in costante fedeltà al suo divino Fondatore, esse ben si adattassero alla missione salvifica, che a lei è affidata. Mosso da questo stesso proposito e dando finalmente compimento all'attesa di tutto quanto il mondo cattolico, dispongo quest'oggi, 25 gennaio dell'anno 1983, la pubblicazione del Codice di diritto canonico dopo la sua revisione. Ciò facendo, il mio pensiero si porta al medesimo giorno dell'anno 1959, allorché il mio predecessore Giovanni XXIII di felice memoria diede per la prima volta il pubblico annuncio di aver deciso la riforma del vigente «corpus» delle leggi canoniche, che era stato promulgato nella solennità di Pentecoste dell'anno 1917.Una tale decisione della riforma del Codice fu presa insieme con altre due decisioni, di cui quel pontefice parlò nello stesso giorno, concernenti l'intenzione di celebrare il sinodo della diocesi di Roma e di convocare il Concilio ecumenico. Di questi due eventi, anche se il primo non ha uno stretto riferimento alla riforma del

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Codice, l'altro tuttavia, cioè il Concilio, è di somma importanza in ordine al nostro argomento e si collega intimamente con esso.E se ci si domanda perché Giovanni XXIII abbia avvertito la necessità di riformare il Codice vigente, la risposta si può forse trovare nello stesso Codice, promulgato nell'anno 1917. Peraltro, esiste anche una diversa risposta, ed è quella decisiva: cioè che la riforma del Codice di diritto canonico appariva nettamente voluta e richiesta dallo stesso Concilio, il quale aveva rivolto la massima attenzione alla Chiesa.Com'è evidente, quando fu dato il primo annuncio della revisione del Codice, il Concilio era un'impresa del tutto futura. Si aggiunga che gli atti del suo magistero e, segnatamente, la sua dottrina intorno alla Chiesa sarebbero stati messi a punto negli anni 1962-1965; tuttavia non è chi non veda come l'intuizione di Giovanni XXIII sia stata esattissima, e bisogna dire a ragione che la sua decisione provvide in prospettiva al bene della Chiesa.Pertanto, il nuovo Codice, che oggi viene pubblicato, ha necessariamente richiesto la precedente opera del Concilio; e benché sia stato preannunciato insieme con l'assise ecumenica, tuttavia esso cronologicamente la segue, perché i lavori intrapresi per prepararlo, dovendosi basare sul Concilio, non poterono aver inizio se non dopo la sua conclusione.Volgendo oggi il pensiero all'inizio del lungo cammino, ossia a quel 25 gennaio dell'anno 1959, e alla stessa persona di Giovanni XXIII, promotore della revisione del Codice, debbo riconoscere che questo Codice è scaturito da un'unica e medesima intenzione, che è quella di restaurare la vita cristiana. Da una tale intenzione, in effetti, tutta l'opera del Concilio ha tratto le sue norme e il suo orientamento.Se ora passiamo a considerare la natura dei lavori, che hanno preceduto la promulgazione del Codice, come pure la maniera con cui essi sono stati condotti, specialmente durante i pontificati di Paolo VI e di Giovanni Paolo I e di poi fino al giorno d'oggi, è assolutamente necessario rilevare in tutta chiarezza che tali lavori furono portati a termine in uno spirito squisitamente collegiale. E ciò non soltanto si riferisce alla redazione materiale dell'opera, ma tocca altresì in profondo la sostanza stessa delle leggi elaborate.Ora, questa nota della collegialità, che caratterizza e distingue il processo di origine del presente Codice, corrisponde perfettamente al magistero e all'indole del Concilio Vaticano II. Perciò, il Codice, non soltanto per il suo contenuto, ma già anche nel suo primo inizio, dimostra lo spirito di questo Concilio, nei cui documenti la Chiesa, universale «sacramento di salvezza» (cf. «Lumen Gentium», 1.9.48), viene presentata come popolo di Dio e la sua costituzione gerarchica appare fondata sul collegio dei vescovi unitamente al suo capo.Per questo motivo, dunque, i vescovi e gli episcopati furono invitati a prestare la loro collaborazione nella preparazione del nuovo Codice, affinché attraverso un così lungo cammino, con un metodo per quanto possibile collegiale, maturassero, a poco a poco, le formule giuridiche, che in seguito dovevano servire per l'uso di tutta quanta la Chiesa. In tutte le fasi, poi, di tale impresa parteciparono ai lavori anche degli esperti, cioè uomini specializzati nella dottrina teologica, nella storia e soprattutto nel diritto canonico, i quali furono chiamati da tutte le parti del mondo.A tutti e a ciascuno di loro desidero oggi manifestare i sentimenti della mia viva gratitudine. Innanzitutto si presentano ai miei occhi le figure dei cardinali defunti, che presiedettero la commissione preparatoria: il cardinale Pietro Ciriaci, il quale iniziò l'opera, e il cardinale Pericle Felici, il quale per molti anni guidò l'iter dei lavori fin quasi al loro termine. Penso, poi, ai segretari della medesima commissione: il reverendissimo monsignor Giacomo Violardo, poi cardinale, e il padre Raimondo Bidagor, della Compagnia di Gesù, entrambi i quali nell'assolvere questo compito vi profusero i doni della loro dottrina e sapienza. Insieme con essi ricordo i cardinali, gli arcivescovi, i vescovi e tutti coloro che sono stati membri di quella commissione, nonché i consultori dei singoli gruppi di studio impiegati, durante questi anni, in un'opera tanto difficile, e che Dio nel frattempo ha chiamato al premio eterno. Per tutti loro sale a Dio la mia preghiera di suffragio.Mi è caro però anche ricordare le persone viventi, a cominciare dall'attuale propresidente della commissione, il venerabile fratello monsignor Rosalío Castillo Lara, che per lunghissimo tempo ha egregiamente lavorato in un'impresa di tanta responsabilità, per passare poi al diletto figlio monsignor Guglielmo Onclin, la cui assiduità e diligenza ha grandemente contribuito alla felice conclusione dell'opera, fino a tutti gli altri che nella commissione stessa, sia come membri cardinali, sia come officiali, consultori e collaboratori nei vari gruppi di studio o in altri uffici, hanno dato il loro apprezzato apporto alla elaborazione e al completamento di un'opera tanto ponderosa e complessa.Pertanto, promulgando oggi il Codice, sono pienamente consapevole che questo atto è espressione dell'autorità pontificia, perciò riveste un carattere primaziale. Ma sono parimenti consapevole che questo Codice, nel suo oggettivo contenuto, rispecchia la sollecitudine collegiale per la Chiesa di tutti i miei fratelli

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nell'episcopato. Anzi, per una certa analogia con il Concilio, esso deve essere considerato come il frutto di una collaborazione collegiale scaturita dal confluire di energie da parte di persone e istituzioni specializzate sparse in tutta la Chiesa.

Si pone ora una seconda questione circa la natura stessa del Codice di diritto canonico. Per rispondere bene a questa domanda, bisogna riandare con la mente al lontano patrimonio di diritto contenuto nei libri del Vecchio e Nuovo Testamento dal quale, come dalla sua prima sorgente, proviene tutta la tradizione giuridico-legislativa della Chiesa.Cristo Signore, infatti, non ha voluto affatto distruggere il ricchissimo retaggio della legge e dei profeti, che si era venuto man mano formando dalla storia e dall'esperienza del popolo di Dio nell'Antico Testamento, ma gli ha dato compimento (cf. Mt 5, 17), così che esso in modo nuovo e più elevato entrò a far parte dell'eredità del Nuovo Testamento. Perciò, quantunque san Paolo nell'esporre il mistero pasquale insegni che la giustificazione non si ottiene con le opere della legge, ma per mezzo della fede (cf. Rm 3, 28; Gal 2, 16), con ciò tuttavia né annulla l'obbligatorietà del decalogo (cf. Rm 13, 8-10; Gal 5, 13-25; 6, 2), né nega l'importanza della disciplina nella Chiesa di Dio (cf. 1 Cor cap. 5 e 6). In tal modo gli scritti del Nuovo Testamento ci consentono di percepire ancor più l'importanza stessa della disciplina e ci fanno meglio comprendere come essa sia più strettamente congiunta con il carattere salvifico dello stesso messaggio evangelico.Stando così le cose, appare abbastanza chiaramente che il Codice non ha come scopo in nessun modo di sostituire la fede, la grazia, i carismi e soprattutto la carità dei fedeli nella vita della Chiesa . Al contrario, il suo fine è piuttosto di creare tale ordine nella società ecclesiale che, assegnando il primato all'amore, alla grazia e al carisma, rende più agevole contemporaneamente il loro organico sviluppo nella vita sia della società ecclesiale, sia anche delle singole persone che ad essa appartengono.

C’è una tensione sempre all’opera tra istituzione e carisma. Francesco voleva una fraternità e la regola non era altro che vivere radicalmente il Vangelo senza alcuna glossa. Mentre il papa Gregorio IX lo spinge a una regola più articolata. I veri riformatori sono quelli che innovano ma restano all’interno della Chiesa stessa. Come ha fatto Francesco d’Assisi. Ordine: ubi societas, ibi ius. Il diritto è dunque imprescindibile dalla vita della Chiesa che non è fede individualista ma comunitaria.

Il Codice, dal momento che è il principale documento legislativo della Chiesa, fondato nell'eredità giuridico-legislativa della rivelazione e della tradizione, va riguardato come lo strumento indispensabile per assicurare il debito ordine sia nella vita individuale e sociale, sia nell'attività stessa della Chiesa. Perciò, oltre a contenere gli elementi fondamentali della struttura gerarchica e organica della Chiesa quali furono stabiliti dal suo divin Fondatore oppure radicati nella tradizione apostolica, o in ogni caso antichissima, e oltre alle principali norme concernenti l'esercizio del triplice ufficio affidato alla stessa Chiesa, il Codice deve definire anche alcune regole e norme di comportamento.Lo strumento, che è il Codice, corrisponde in pieno alla natura della Chiesa, specialmente come viene proposta dal magistero del Concilio Vaticano II in genere, e in particolar modo dalla sua dottrina ecclesiologica. Anzi, in un certo senso, questo nuovo Codice potrebbe intendersi come un grande sforzo di tradurre in linguaggio canonistico questa stessa dottrina, cioè la ecclesiologia conciliare.

Nella LG prima si presenta la natura della Chiesa secondo il principio egualitario del “Popolo di Dio”, a differenza della gerarchia piramidale propria del pre-CVII. La ekklesia è anzitutto assemblea di adunati e da qui deriva il nome del luogo, cioè la “chiesa” come tempio. La chiesa come edificio spirituale rimanda proprio alla vera natura del corpo mistico di Cristo, in cui i fedeli sono parte organica e integrante.

Se poi è impossibile tradurre perfettamente in linguaggio «canonistico» l'immagine della Chiesa, tuttavia a questa immagine il Codice deve sempre riferirsi, come a esempio primario, i cui lineamenti esso deve esprimere in se stesso, per quanto è possibile, per sua natura.

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Da qui derivano alcuni criteri fondamentali, che reggono tutto il nuovo Codice, nell'ambito della sua specifica materia, come pure nel linguaggio collegato con essa. Si potrebbe anzi affermare che da qui proviene anche quel carattere di complementarietà che il Codice presenta in relazione all'insegnamento del Concilio Vaticano II, con particolare riguardo alle due costituzioni, dogmatica «Lumen Gentium» e pastorale «Gaudium et Spes».Ne risulta che ciò che costituisce la «novità» fondamentale del Concilio Vaticano II, in linea di continuità con la tradizione legislativa della Chiesa, per quanto riguarda specialmente l'ecclesiologia, costituisce altresì la «novità» del nuovo Codice.

Emerge una ermeneutica della continuità che lega il CIC con la storia che lo precede, come lo stesso CVII si lega alla Tradizione, pur esprimendo in modo nuovo e approfondito la dottrina di sempre.

Fra gli elementi che caratterizzano l'immagine vera e genuina della Chiesa, dobbiamo mettere in rilievo soprattutto questi: la dottrina, secondo la quale la Chiesa viene presentata come il popolo di Dio e l'autorità gerarchica viene proposta come servizio (cf. «Lumen Gentium», 2.3); la dottrina per cui la Chiesa è vista come «comunione», e che, quindi, determina le relazioni che devono intercorrere fra le chiese particolari e quella universale, e fra la collegialità e il primato; la dottrina, inoltre, per la quale tutti i membri del popolo di Dio, nel modo proprio a ciascuno, sono partecipi del triplice ufficio di Cristo: sacerdotale, profetico e regale. A questa dottrina si riconnette anche quella che riguarda i doveri e i diritti dei fedeli, e particolarmente dei laici; e, finalmente, l'impegno che la Chiesa deve porre nell'ecumenismo.Se, quindi, il Concilio Vaticano II ha tratto dal tesoro della tradizione elementi vecchi e nuovi, e il nuovo consiste proprio in questi e in altri elementi, allora è chiaro che anche il Codice debba rispecchiare la stessa nota di fedeltà nella novità, e di novità nella fedeltà, e conformarsi ad essa nel proprio campo e nel suo particolare modo di esprimersi.Il nuovo Codice di diritto canonico vede la luce in un tempo in cui i Vescovi di tutta la Chiesa non solo chiedono la sua promulgazione, ma la sollecitano con insistenza e quasi con impazienza.E in realtà il Codice di diritto canonico è estremamente necessario alla Chiesa. Poiché, infatti, è costituita come una compagine sociale e visibile, essa ha bisogno di norme: sia perché la sua struttura gerarchica e organica sia visibile; sia perché l'esercizio delle funzioni a lei divinamente affidate, specialmente quella della sacra potestà e dell'amministrazione dei sacramenti, possa essere adeguatamente organizzato; sia perché le scambievoli relazioni dei fedeli possano essere regolate secondo giustizia, basata sulla carità, garantiti e ben definiti i diritti dei singoli; sia, finalmente, perché le iniziative comuni, intraprese per una vita cristiana sempre più perfetta, attraverso le leggi canoniche vengano sostenute, rafforzate e promosse.

Il CIC esce dopo un periodo di grandi incertezze e instabilità, laddove alcune facoltà e seminari avevano autonomamente sospeso l’insegnamento di un codice che ormai ritenevano superato e dunque era necessario promulgare quello nuovo.

Finalmente, le leggi canoniche, per loro stessa natura, esigono l'osservanza. E' stata usata, quindi, la massima diligenza, perché nella lunga preparazione del Codice l'espressione delle norme fosse accurata, e perché esse risultassero basate su un solido fondamento giuridico, canonico e teologico.Dopo tutte queste considerazioni, è da augurarsi che la nuova legislazione canonica risulti un mezzo efficace perché la Chiesa possa progredire, conforme allo spirito del Vaticano II, e si renda ogni giorno sempre più adatta ad assolvere la sua missione di salvezza in questo mondo.Mi è caro affidare a tutti con animo fiducioso queste mie considerazioni, nel momento in cui promulgo questo corpo principale di leggi ecclesiastiche per la Chiesa latina.Voglia Dio che la gioia, la pace, la giustizia e l'obbedienza raccomandino questo Codice; e che quanto viene comandato dal Capo venga osservato nelle membra.Fiducioso, quindi, nell'aiuto della grazia divina, sostenuto dall'autorità dei santi apostoli Pietro e Paolo, ben consapevole di ciò che compio, accogliendo i voti dei vescovi di tutto il mondo, che con animo collegiale hanno collaborato con me; con quella suprema autorità di cui sono rivestito, per mezzo di questa costituzione, da valere per sempre in futuro, promulgo il presente Codice, così com'è stato ordinato e rivisto.

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Comando che in avvenire abbia forza di legge per tutta la Chiesa latina, e l'affido alla vigile custodia di tutti quelli cui spetta, perché venga osservato.Affinché poi tutti possano più agevolmente informarsi e conoscere a fondo queste disposizioni, prima che esse abbiano effetto giuridico, dichiaro e dispongo che esse abbiano forza obbligante a partire dal primo giorno di avvento di quest'anno 1983. Ciò, naturalmente, anche se vi fossero disposizioni, costituzioni, privilegi, anche degni di speciale e singolare menzione, e consuetudini in contrario.Esorto, quindi, tutti i fedeli a voler osservare le norme proposte con animo sincero e buona volontà, nella speranza che rifiorisca nella Chiesa una rinnovata disciplina; e che, di conseguenza, sia sempre più favorita con l'aiuto della beatissima Vergine Maria, madre della Chiesa, la salvezza delle anime.Roma, dal Palazzo Apostolico, 25 gennaio 1983, anno quinto del mio Pontificato. GIOVANNI PAOLO II Dalla promulgazione (25/01/1983) all’effettiva entrata in vigore (27/11/1983, I domenica di Avvento) intercorre la vacatio legis come tempo di conoscenza della legge (quasi un anno).Si parla di atto primaziale del papa come supremo legislatore della Chiesa ma anche di atto collegiale (coinvolgimento e collaborazione con vescovi, conferenze episcopali, centri di studio), fino all’ultima revisione curata dallo stesso GPII. Duplice atto come specchio della natura della Chiesa.

Quindi GPII spiega la necessità del codice come mezzo per garantire il buon ordine all’interno della Chiesa. Il diritto non vuole sostituirsi ai carismi e alla grazia, bensì armonizzare la vita della Chiesa, l’esercizio della potestà (insegnare, santificare, governare), l’amministrazione dei sacramenti e ogni altro atto di culto. Fine ultimo è quello della legge suprema della Chiesa, cioè la salvezza delle anime. Il CIC vuol regolare la dimensione pubblica e visibile, comunitaria e globale. E contrastare la tendenza a vivere la fede in maniera individualistica (in questa direzione va il precetto ecclesiale della messa domenicale quale necessaria espressione comunitaria della fede dei credenti).Non si tratta però solo di norme che regolano il foro esterno, bensì anche il foro interno (la coscienza del singolo fedele).

Ordo rationis ad bonum commune, ab eo qui communitatis curam habet, promulgata = legge

Le leggi vanno rispettate. E a tal fine sono state elaborate le diverse nome del CIC con grande cura (termini equivalenti in tutto il testo, etc…).

È corpo di leggi per la Chiesa latina: non valgono per la Chiesa orientale (cattolica, di rito bizantino, non gli ortodossi!!).

Quindi dispone la vacatio legis fino alla prima domenica di Avvento 1983, affinché si possa conoscere la legge della Chiesa come richiesto dai diversi stati di vita e compiti.

Si conclude così un lavoro di revisione durato circa 20 anni… Il diritto canonico è sì scienza giuridica, ma poiché inerisce a uno speciale organismo, la Chiesa, che è teandrico (divino-umano), va considerata scienza giuridica con metodo teologico (oppure, diranno altri, scienza teologica con metodo giuridico).

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CODICE DI DIRITTO CANONICOCOSTITUZIONE APOSTOLICA - Sacrae Disciplinae Leges

LIBRO I NORME GENERALI (Cann. 1 – 6) TITOLO I LE LEGGI ECCLESIASTICHE (Cann. 7 – 22) - TITOLO II LA CONSUETUDINE (Cann. 23 – 28) - TITOLO III DECRETI GENERALI E ISTRUZIONI (Cann. 29 – 34) - TITOLO IV GLI ATTI AMMINISTRATIVI SINGOLARI (Cann. 35 – 93) - TITOLO V GLI STATUTI E GLI ORDINAMENTI (Cann. 94 – 95) - TITOLO VI LE PERSONE FISICHE E GIURIDICHE (Cann. 96 – 123) - TITOLO VII GLI ATTI GIURIDICI (Cann. 124 – 128) - TITOLO VIII LA POTESTÀ DI GOVERNO (Cann. 129 – 144) - TITOLO IX GLI UFFICI ECCLESIASTICI (Cann. 145 – 196) - TITOLO X LA PRESCRIZIONE (Cann. 197 – 199) - TITOLO XI IL COMPUTO DEL TEMPO (Cann. 200 – 203)

LIBRO II IL POPOLO DI DIO PARTE PRIMA I FEDELI (Cann. 204 – 207) TITOLO I OBBLIGHI E DIRITTI DI TUTTI I FEDELI (Cann. 208 – 223) - TITOLO II OBBLIGHI E DIRITTI DEI FEDELI LAICI (Cann. 224 – 231) - TITOLO III I MINISTRI SACRI O CHIERICI (Cann. 232 – 293) - TITOLO IV LE PRELATURE PERSONALI (Cann. 294 – 297) - TITOLO V LE ASSOCIAZIONI DEI FEDELI (Cann. 298 – 329) PARTE SECONDA LA COSTITUZIONE GERARCHICA DELLA CHIESA SEZIONE I LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA (Cann. 330 – 367) - CAPITOLO I IL ROMANO PONTEFICE E IL COLLEGIO DEI VESCOVI - CAPITOLO II IL SINODO DEI VESCOVI - CAPITOLO III I CARDINALI DI SANTA ROMANA CHIESA - CAPITOLO IV LA CURIA ROMANA - CAPITOLO V I LEGATI DEL ROMANO PONTEFICESEZIONE II LE CHIESE PARTICOLARI E I LORO RAGGRUPPAMENTI CAPITOLO I IL SINODO DIOCESANO - CAPITOLO II LA CURIA DIOCESANA - CAPITOLO III IL CONSIGLIO PRESBITERALE E IL COLLEGIO DEI CONSULTORI - CAPITOLO IV I CAPITOLI DEI CANONICI - CAPITOLO V IL CONSIGLIO PASTORALE - CAPITOLO VI LE PARROCCHIE, I PARROCI E I VICARI PARROCCHIALI - CAPITOLO VII I VICARI FORANEI - CAPITOLO VIII I RETTORI DELLE CHIESE E I CAPELLANI PARTE TERZA GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA SEZIONE I GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA TITOLO I NORME COMUNI A TUTTI GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA (Cann. 573 – 607) - TITOLO II GLI ISTITUTI RELIGIOSI (Cann. 608 – 709) - TITOLO III GLI ISTITUTI SECOLARI (Cann. 710 – 730)SEZIONE II LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA (Cann. 731 – 746)

LIBRO TERZO LA FUNZIONE DI INSEGNARE DELLA CHIESA (Cann. 747 – 755) TITOLO I IL MINISTERO DELLA PAROLA DIVINA (Cann. 756 – 780) - TITOLO II L'AZIONE MISSIONARIA DELLA CHIESA (Cann. 781 – 792) - TITOLO III L'EDUCAZIONE CATTOLICA (Cann. 793 – 821) - TITOLO IV GLI STRUMENTI DI COMUNICAZIONE SOCIALE E IN SPECIE I LIBRI (Cann. 822 – 832) - TITOLO V LA PROFESSIONE DI FEDE (Can. 833)

LIBRO QUARTO LA FUNZIONE DI SANTIFICARE DELLA CHIESA PARTE PRIMA I SACRAMENTI TITOLO I IL BATTESIMO (Cann. 834 – 878) - TITOLO II IL SACRAMENTO DELLA CONFERMAZIONE (Cann. 879 – 896) - TITOLO III LA SANTISSIMA EUCARESTIA (Cann. 897 – 958) - TITOLO IV IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA (Cann. 959 – 997) - TITOLO V IL SACRAMENTO DELL'UNZIONE DEGLI INFERMI (Cann. 998 – 1007) - TITOLO VI ORDINE (Cann. 1008 – 1054) - TITOLO VII IL MATRIMONIO (Cann. 1055 – 1165) PARTE SECONDA GLI ALTRI ATTI DEL CULTO DIVINO TITOLO I I SACRAMENTALI (Cann. 1166 – 1172) - TITOLO II LA LITURGIA DELLE ORE (Cann. 1173 – 1175) - TITOLO III LE ESEQUIE ECCLESIASTICHE (Cann. 1176 – 1785) - TITOLO IV IL CULTO DEI SANTI, DELLE SACRE IMMAGINI E DELLE RELIQUIE (Cann. 1186 – 1190) - TITOLO V IL VOTO E IL GIURAMENTO (Cann. 11191 – 1204) PARTE TERZA I LUOGHI E I TEMPI SACRI TITOLO I I LUOGHI SACRI (Cann. 1205 – 1243) - TITOLO II I TEMPI SACRI (Cann. 1244 – 1253)

LIBRO QUINTO I BENI TEMPORALI DELLA CHIESA (Cann. 1254 – 1258) TITOLO I L'ACQUISTO DEI BENI (Cann. 1259 – 1272) (è un libro breve, il quinto, perché accoglie molti articoli delle leggi civili, ad esempio sui contratti di acquisto o affitto etc…; il bene ecclesiastico è un bene mobile o immobile che appartiene a una persona giuridica della chiesa, ad esempio la parrocchia; un conto è la proprietà dei beni e altro è l’amministrazione… )TITOLO II L'AMMINISTRAZIONE DEI BENI (Cann. 1273 – 1289) - TITOLO III I CONTRATTI E SPECIALMENTE L'ALIENAZIONE (Cann. 1290 – 1298) - TITOLO IV PIE VOLONTÀ IN GENERE E PIE FONDAZIONI (Cann. 1299 – 1310)

LIBRO SESTO LE SANZIONI NELLA CHIESA PARTE PRIMA DELITTI E PENE IN GENERE (comprende pene latae sententiae, in cui si incorre per il solo fatto di compiere un certo delitto; ogni delitto è peccato grave, ma non ogni peccato è anche un delitto canonico; altra tipoligia: ferendae sententiae: quando bisogna portare la sentenza; ad es l’aborto porta la scomunica latae sententiae)PARTE SECONDA LE PENE PER I SINGOLI DELITTI TITOLO I DELITTI CONTRO LA RELIGIONE E L'UNITÀ DELLA CHIESA (Cann. 1364 – 1369) - TITOLO II DELITTI CONTRO LE AUTORITÀ ECCLESIASTICHE E LA LIBERTÀ DELLA CHIESA (Cann. 1370 – 1377) - TITOLO III USURPAZIONE DEGLI UFFICI ECCLESIASTICI E DELITTI NEL LORO ESERCIZIO (Cann. 1378 – 1389) - TITOLO IV IL DELITTO DI FALSO (Cann. 1390 – 1391) - TITOLO V DELITTI CONTRO OBBLIGHI SPECIALI (Cann. 1392 – 1396) - TITOLO VI DELITTI CONTRO LA VITA E LA LIBERTÀ DELL'UOMO (Cann. 1397 – 1398) - TITOLO VII NORME GENERALI (Can. 1399)

LIBRO SETTIMO I PROCESSI PARTE PRIMA I GIUDIZI IN GENERALE (Cann. 1400 - 1403) - PARTE SECONDA IL GIUDIZIO CONTENZIOSO - PARTE TERZA ALCUNI PROCESSI SPECIALI - PARTE QUARTA IL PROCESSO PENALE (Cann. 1717 – 1731) - PARTE QUINTA IL MODO DI PROCEDERE NEI RICORSI AMMINISTRATIVI E NELLA RIMOZIONE O NEL TRASFERIMENTO DEI PARROCI

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Il II libro “IL POPOLO DI DIO” consta di due parti:

1. i fedeli di Cristo – tutti i battezzati, cioè laici e ordinati; si parla delle prelature personali e del diritto di associazione dei fedeli, prendendo dal diritto civile la distinzione tra associazione privata di fedeli e pubblica. A differenza del diritto civile, che separa nettamente la dimensione pubblica e quella privata, nel diritto canonico le associazioni non si separano così nettamente, benché abbiano ovviamente ordinamenti giuridici diversi. “Privata” è l’associazione al primo gradino, i cui beni non sono sottoposti a norme di diritto canonico, mentre nel caso dell’associazione “pubblica” i beni sono sottoposti alle norme della Chiesa.

2. la costituzione gerarchica della Chiesa – un tempo la gerarchia era la Chiesa, che viene invece intesa come “popolo di Dio” a partire dal CVII (Lumen Gentium). Si specificano i caratteri dell’ordine. I due soggetti dell’autorità suprema della Chiesa sono (a) il romano pontefice e (b) il collegio dei vescovi che si esprime nei concili ecumenici (cui partecipano il Papa – uno! Con - tutti i vescovi del mondo, che sono circa 5000, a fronte dei 400.000 sacerdoti e 1.000.000 circa di consacrati, mentre oltre 1 miliardo sono i fedeli laici…). Da non confondersi col Sinodo dei Vescovi, riunioni plenarie che trattano tematiche rilevanti per la vita della Chiesa: gli stati di vita, la Parola di Dio, l’Eucaristia, la nuova evangelizzazione… Nel 2014 ci sarà il Sinodo dei vescovi sulla pastorale della famiglia. Si tratta quindi di cardinali, curia romana (regolata dalla Costituzione Apostolica “Pastor Bonus” di GPII del 1988, alla cui riforma sta lavorando la commissione nominata di recente da papa Francesco), i legati del romano pontefice (ovvero la rappresentanza diplomatica della Santa Sede).Un conto è la Santa Sede, un altro la Chiesa Cattolica, un altro ancora lo Stato del Vaticano… Vedi la questione romana e l’evoluzione della storia dello Stato della Chiesa. L’11 febbraio 1929 è stato costituito lo Stato della Città del Vaticano, che ha nominato legati per i rapporti con gli stati del mondo. Ad oggi ha legati con 178 Stati su 192 Paesi dell’ONU: nunzi (per Stati) o delegati (per comunità ecclesiale) apostolici. A questi si aggiungono gli osservatori presso le grandi organizzazioni (ONU, FAO, etc).La più normale circoscrizione ecclesiastica è la diocesi, guidata dai vescovi diocesani, dai vescovi coadiutori (con diritto di successione), dai vescovi ausiliari (per diocesi di grandi dimensioni).Sede impedita: quando il vescovo non può nemmeno comunicare con i suoi diocesani, ad esempio in regime di persecuzione (come in Albania, dopo la II guerra mondiale), mentre è sede vacante quando il vescovo è trasferito in altra diocesi o altro incarico. Più diocesi insieme danno origine alla provincia ecclesiastica, ad esempio Vercelli e Torino per il Piemonte. Poi ci sono le conferenze episcopali, che a differenza dei concili sono permanenti.Quindi si tratta della struttura interna delle chiese particolari. I fedeli in ospedale, carcere o caserma hanno diritto a specifica cura pastorale (cappellani). Per i cappellani militari esiste un ordinariato militare come Chiesa particolare. I militari professionisti sono i “fedeli” di questo particolare popolo di Dio sparso nelle diverse caserme.

3. istituti di vita consacrata e società di vita apostolica – sono religiosi, divisi in istituti diversi: congregazioni, ordini. Esistono anche istituti i cui membri sono consacrati ma vivono nel mondo, in forma discreta: istituti secolari approvati da Pio XII nel 1947 e sono per lo più femminili.Diverso caso sono le società di vita apostolica: ad es le figlie della carità di s Vincenzo de’ Paoli, che addirittura non hanno i voti perpetui; o ancora quelle nate per le missioni, come il PIME. Negli istituti il fondamento sono i voti perpetui, mentre nelle società non si fa professione dei consigli evangelici ma si vive in comunità.Il CIC ha ripristinato forme di consacrazione individuali: eremiti, vergini consacrate, vedove (C 603-604). Già Paolo parlava delle vedove che potevano permanere in questa particolare condizione al servizio della Chiesa. Esistono itinerari di formazione. In Francia ci sono circa 2000 eremiti. Che vivono secondo modalità diverse, stando anche nella città, in mezzo alla gente, lavorando.

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LIBRO SECONDO – IL POPOLO DI DIO

LIBRO IIIL POPOLO DI DIO  PARTE PRIMAI FEDELI (Cann. 204 – 207)

Can. 204 - §1. I fedeli sono coloro che, essendo stati incorporati a Cristo mediante il battesimo, sono costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo loro proprio dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo.§2. Questa Chiesa, costituita e ordinata nel mondo come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui.

Questo canone riprende testualmente LG e indica nei Christifideles coloro che sono incorporati a Cristo mediante il Battesimo e resi partecipi della sua triplice funzione.

Can. 205 - Su questa terra sono nella piena comunione della Chiesa cattolica quei battezzati che sono congiunti con Cristo nella sua compagine visibile, ossia mediante i vincoli della professione di fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico.

Can. 206 - §1. Per un titolo particolare sono legati alla Chiesa i catecumeni, coloro cioè che, mossi dallo Spirito Santo, chiedono con intenzione esplicita di essere incorporati ad essa e di conseguenza, per questo desiderio, come pure per la vita di fede, di speranza e di carità che essi conducono, sono congiunti alla Chiesa, che già ne ha cura come suoi.§2. La Chiesa dedica una cura particolare ai catecumeni, e mentre li invita a condurre una vita evangelica e li introduce alla celebrazione dei riti sacri, già ad essi elargisce diverse prerogative che sono proprie dei cristiani.

Can. 207 - §1. Per istituzione divina vi sono nella Chiesa tra i fedeli i ministri sacri, che nel diritto sono chiamati anche chierici; gli altri fedeli poi sono chiamati anche laici.§2. Dagli uni e dagli altri provengono fedeli i quali, con la professione dei consigli evangelici mediante voti o altri vincoli sacri, riconosciuti e sanciti dalla Chiesa, sono consacrati in modo speciale a Dio e danno incremento alla missione salvifica della Chiesa; il loro stato, quantunque non riguardi la struttura gerarchica della Chiesa, appartiene tuttavia alla sua vita e alla sua santità.

TITOLO IOBBLIGHI E DIRITTI DI TUTTI I FEDELI (Cann. 208 – 223) Can. 208 - Fra tutti i fedeli, in forza della loro rigenerazione in Cristo, sussiste una vera uguaglianza nella dignità e nell'agire, e per tale uguaglianza tutti cooperano all'edificazione del Corpo di Cristo, secondo la condizione e i compiti propri di ciascuno.

Can. 209 - §1. I fedeli sono tenuti all'obbligo di conservare sempre, anche nel loro modo di agire, la comunione con la Chiesa.§2. Adempiano con grande diligenza i doveri cui sono tenuti sia nei confronti della Chiesa universale, sia nei confronti della Chiesa particolare alla quale appartengono, secondo le disposizioni del diritto.

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Can. 210 - Tutti i fedeli, secondo la propria condizione, devono dedicare le proprie energie al fine di condurre una vita santa e di promuovere la crescita della Chiesa e la sua continua santificazione.

Can. 211 - Tutti i fedeli hanno il dovere e il diritto di impegnarsi perché l'annuncio divino della salvezza si diffonda sempre più fra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo.

Can. 212 - §1. I fedeli, consapevoli della propria responsabilità, sono tenuti ad osservare con cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori, in quanto rappresentano Cristo, dichiarano come maestri della fede o dispongono come capi della Chiesa.§2. I fedeli hanno il diritto di manifestare ai Pastori della Chiesa le proprie necessità, soprattutto spirituali, e i propri desideri.§3. In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l'integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l'utilità comune e la dignità della persona.

Can. 213 - I fedeli hanno il diritto di ricevere dai sacri Pastori gli aiuti derivanti dai beni spirituali della Chiesa, soprattutto dalla parola di Dio e dai sacramenti.

Can. 214 - I fedeli hanno il diritto di rendere culto a Dio secondo le disposizioni del proprio rito approvato dai legittimi Pastori della Chiesa e di seguire un proprio metodo di vita spirituale, che sia però conforme alla dottrina della Chiesa.

Can. 215 - I fedeli hanno il diritto di fondare e di dirigere liberamente associazioni che si propongano un fine di carità o di pietà, oppure l'incremento della vocazione cristiana nel mondo; hanno anche il diritto di tenere riunioni per il raggiungimento comune di tali finalità.

Can. 216 - Tutti i fedeli, in quanto partecipano alla missione della Chiesa, hanno il diritto, secondo lo stato e la condizione di ciascuno, di promuovere o di sostenere l'attività apostolica anche con proprie iniziative; tuttavia nessuna iniziativa rivendichi per se stessa il nome di cattolica, senza il consenso dell'autorità ecclesiastica competente.

Can. 217 - I fedeli, in quanto sono chiamati mediante il battesimo a condurre una vita conforme alla dottrina evangelica, hanno diritto all'educazione cristiana, con cui possano essere formati a conseguire la maturità della persona umana e contemporaneamente a conoscere e a vivere il mistero della salvezza.

Can. 218 - Coloro che si dedicano alle scienze sacre godono della giusta libertà di investigare e di manifestare con prudenza il loro pensiero su ciò di cui sono esperti, conservando il dovuto ossequio nei confronti del magistero della Chiesa.

Can. 219 - Tutti i fedeli hanno il diritto di essere immuni da qualsiasi costrizione nella scelta dello stato di vita.

Can. 220 - Non è lecito ad alcuno ledere illegittimamente la buona fama di cui uno gode, o violare il diritto di ogni persona a difendere la propria intimità.

Can. 221 - §1. Compete ai fedeli rivendicare e difendere legittimamente i diritti di cui godono nella Chiesa presso il foro ecclesiastico competente a norma del diritto.§2. I fedeli hanno anche il diritto, se sono chiamati in giudizio dall'autorità competente, di essere giudicati secondo le disposizioni di legge, da applicare con equità.§3. I fedeli hanno il diritto di non essere colpiti da pene canoniche, se non a norma di legge.

Ci sono pene latae sententiae e ferendae sententiae: alcune incorrono nelle pene senza esplicito intervento dell’autorità ecclesiastica.Ordine di gravità: scomunica, interdetto, sospensione (solo per ordinati), ammonizioni

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È un principio giuridico generale: se non c’è la norma, non si può essere puniti. E così pure sussiste il diritto alla difesa.

Can. 222 - §1. I fedeli sono tenuti all'obbligo di sovvenire alle necessità della Chiesa, affinché essa possa disporre di quanto è necessario per il culto divino, per le opere di apostolato e di carità e per l'onesto sostentamento dei ministri.§2. Sono anche tenuti all'obbligo di promuovere la giustizia sociale, come pure, memori del comandamento del Signore, di soccorrere i poveri coi propri redditi.

È uno dei 5 precetti generali della Chiesa. Che ha un fine spirituale, ma ha anche natura visibile e concreta. Dunque esige risorse.I beni temporali (mobili e immobili) sono amministrati per:(1) il culto divino: quindi per i luoghi sacri e opere annesse (canonica, oratorio, sale di catechesi…)(2) l’apostolato, cioè il munus docendi della Chiesa(3) per il sostentamento dei ministri che deve essere “onesto” – anzitutto è sostentamento, non retribuzione, come se venisse pagato un lavoro svolto. È esercizio del ministero che deve avere quanto è necessario per realizzare la propria missione. “Onesto”, cioè rapportato al tenore di vita della società in cui si opera, né miseri né arricchiti, ma secondo sobrietà e condivisione dei beni.

I fedeli hanno poi l’obbligo – non è dunque una scelta a loro discrezione – di promuovere la giustizia sociale e soccorrere i bisognosi con i propri redditi. Quindi non si può pensare di fare beneficenza con i soldi altrui, ad esempio con la politica oppure evadendo le tasse. Ricordandosi di San Giovanni che scrive che non si può dire di amare Dio che non si vede se non si ama il fratello che si vede. Tutto questo nell’orizzonte del fine della Chiesa che mira alla salvezza delle anime.

Can. 223 - §1. Nell'esercizio dei propri diritti i fedeli, sia come singoli sia riuniti in associazioni, devono tener conto del bene comune della Chiesa, dei diritti altrui e dei propri doveri nei confronti degli altri.§2. Spetta all'autorità ecclesiastica, in vista del bene comune, regolare l'esercizio dei diritti che sono propri dei fedeli.

I diritti non sono dunque qualcosa di assoluto, ma hanno dei limiti o meglio un fine: favorire il bene comune della Chiesa; rispettare i diritti altrui; adempiere ai propri doveri.“Chiesa” come Chiesa universale ma anche particolare.È l’autorità ecclesiastica che deve regolare i diritti, laddove regolare non significa reprimere o non riconoscere, bensì accogliere e valorizzare, pena la caduta negli abusi.

TITOLO IIOBBLIGHI E DIRITTI DEI FEDELI LAICI (Cann. 224 – 231) Can. 224 - I fedeli laici, oltre agli obblighi e ai diritti che sono comuni a tutti i fedeli e oltre a quelli che sono stabiliti negli altri canoni, sono tenuti agli obblighi e godono dei diritti elencati nei canoni del presente titolo.

I laici sono porzione del popolo di Dio, cioè dei fedeli uniti nel Battesimo.Già il can 207 parla dei laici. E si capisce che il laicato può esser inteso come stato di vita nella Chiesa. Qui si tratta di considerare quei fedeli che sono chiamati a compiere la missione secondo il carattere secolare che gli è proprio (qui riprende pari pari LG parte IV), cioè i LAICI che devono portare il Vangelo nel mondo. Si parla di un proprium dei laici. Un termine che ha letture diverse a seconda dei contesti di uso. Il laico è un fedele impegnato a vivere la sua missione di battezzato, diverso dagli ordinati. Nel mondo secolare invece laico indica colui che non è cattolico, o non è cristiano, o in generale non crede.

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Can. 225 - §1. I laici, dal momento che, come tutti i fedeli, sono deputati da Dio all'apostolato mediante il battesimo e la confermazione, sono tenuti all'obbligo generale e hanno il diritto di impegnarsi, sia come singoli sia riuniti in associazioni, perché l'annuncio della salvezza venga conosciuto e accolto da ogni uomo in ogni luogo; tale obbligo li vincola ancora maggiormente in quelle situazioni in cui gli uomini non possono ascoltare il Vangelo e conoscere Cristo se non per mezzo loro.

I laici sono chiamati a impegnarsi per evangelizzare (secondo il triplice munus assunto col Battesimo che ci ha resi come Cristo Re/Sacerdoti/Profeti) nel mondo. In modo particolare rivolgendosi a quanti non credono. Anche in questo caso si parla di “obbligo”, non certo di scelta facoltativa.Nota positiva: a differenza del vecchio codice, non definisce in negativo i laici (i “non ordinati”) ma in positivo (fedeli chiamati nello specifico a esercitare l’indole secolare). È un obbligo ancor più vincolante per quelle “periferie” dove giungono più facilmente i laici (o addirittura solo loro possono giungere). Non si tratta di assumere atteggiamenti clericali bensì di testimoniare concretamente la fede. Rispondendo alla missione, alla chiamata loro propria.

§2. Sono tenuti anche al dovere specifico, ciascuno secondo la propria condizione, di animare e perfezionare l'ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico e in tal modo di rendere testimonianza a Cristo, particolarmente nel trattare tali realtà e nell'esercizio dei compiti secolari.

Questo è il proprium dei laici, impegnati nelle realtà secolari e temporali. Ognuno secondo la propria attività o condizione di vita. Come diceva Paolo VI, il mondo di oggi ha più bisogno di testimoni (martyres) più che di maestri.

Can. 226 - §1. I laici che vivono nello stato coniugale, secondo la propria vocazione, sono tenuti al dovere specifico di impegnarsi, mediante il matrimonio e la famiglia, nell'edificazione del popolo di Dio.§2. I genitori, poiché hanno dato ai figli la vita, hanno l'obbligo gravissimo e il diritto di educarli; perciò spetta primariamente ai genitori cristiani curare l'educazione cristiana dei figli secondo la dottrina insegnata dalla Chiesa.

Lo stato di vita del cristiano in cui si entra celebrando il matrimonio come sacramento cristiano è lo stato coniugale. Il cui valore è stato riscoperto in modo speciale dopo il CVII. Il matrimonio concorre infatti a edificare il popolo di Dio. Non è una cerimonia che resta alle spalle, bensì un impegno che resta davanti a noi come testimonianza. Il matrimonio rende una carne sola (Gen 2, 24) e costituisce autentica via alla santificazione personale. Contribuendo altresì a edificare il popolo di Dio. Sia il matrimonio sia l’ordine sono sacramenti per il servizio, con i quali si risponde alla propria vocazione servendo la Chiesa in modo diverso.

I genitori devono e possono educare cristianamente i figli. Sono i primi educatori.Il PARAGRAFO 2 potrebbe essere base per obiezione di coscienza dei genitori in caso di insegnamenti impartiti dalla scuola statale ai figli contro i principi cattolici (es. ideologia del gender). O meglio ancora appellarsi alla costituzione (art. 26) per rigettare eventuali insegnamenti obbligatori in aperto contrasto con la libertà di opinione e di educazione.

Can. 227 - E diritto dei fedeli laici che venga loro riconosciuta nella realtà della città terrena quella libertà che compete ad ogni cittadino; usufruendo tuttavia di tale libertà, facciano in modo che le loro azioni siano animate dallo spirito evangelico e prestino attenzione alla dottrina proposta dal magistero della Chiesa, evitando però di presentare nelle questioni opinabili la propria tesi come dottrina della Chiesa.

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Il rischio odierno è che lo “stato etico” si riconosca come fonte di diritti umani invece che riconoscere i diritti naturali della persona. E, come nel caso dell’aborto, un delitto si trasforma in diritto.Si tratta di vivere nella società civile ancorandosi al Vangelo e alla dottrina sociale della Chiesa, distinguendo però il Magistero dalle personali opinioni. E cercando di proporre i valori del Vangelo come valore per l’uomo, non per il cristiano. Idem dicasi per la politica: chi vi si impegna, deve farne lavoro di ogni giorno, non solo secondo le scadenze elettorali. Bisogna pensare alle prossime generazioni, non alle prossime elezioni (De Gasperi).Le questioni opinabili non possono impegnare la Chiesa, nel senso che ci possono essere proposte o ipotesi diverse per realizzare gli stessi obiettivi. Non si deve strumentalizzare la Chiesa o la propria appartenenza per catturare consensi.

Can. 228 - §1. I laici che risultano idonei, sono giuridicamente abili ad essere assunti dai sacri Pastori in quegli uffici ecclesiastici e in quegli incarichi che sono in grado di esercitare secondo le disposizioni del diritto.§2. I laici che si distinguono per scienza adeguata, per prudenza e per onestà, sono idonei a prestare aiuto ai Pastori della Chiesa come esperti o consiglieri, anche nei consigli a norma del diritto.

I laici possono collaborare avendo idoneità culturale, umana, spirituale. L’ufficio ecclesiastico (can 145) è qualsiasi incarico che per disposizione divina o ecclesiastica sia esercitato per il bene della Chiesa. I laici non possono esercitare quegli uffici che richiedono l’ordine. Ad esempio un laico non può essere parroco. La potestà di governo nella Chiesa, ad esempio quella giudiziaria nei tribunali, può invece essere acquisita dai laici, che possono dunque essere giudici ecclesiastici, economi diocesani, cancellieri diocesani… e per laico si intende uomo o donna…Le disposizioni del diritto sono quelle universali del diritto naturale ma anche del Codice.Così pure, possono essere laici i consulenti ad esempio nel consiglio pastorale diocesano (ma non in quello presbiterale!, cui non sono ammessi neppure i diaconi). A livello parrocchiale i due organismi di partecipazione dei laici sono (cann. 536-537) il consiglio pastorale parrocchiale e il consiglio parrocchiale per gli affari economici:

Can. 536 - §1. Se risulta opportuno a giudizio del Vescovo diocesano, dopo aver sentito il consiglio presbiterale, in ogni parrocchia venga costituito il consiglio pastorale, che è presieduto dal parroco e nel quale i fedeli, insieme con coloro che partecipano alla cura pastorale della parrocchia in forza del proprio ufficio, prestano il loro aiuto nel promuovere l'attività pastorale.§2. Il consiglio pastorale ha solamente voto consultivo ed è retto dalle norme stabilite dal Vescovo diocesano.Can. 537 - In ogni parrocchia vi sia il consiglio per gli affari economici che è retto, oltre che dal diritto universale, dalle norme date dal Vescovo diocesano; in esso i fedeli, scelti secondo le medesime norme, aiutino il parroco nell'amministrazione dei beni della parrocchia, fermo restando il disposto del ⇒ can. 532

Can. 229 - §1. I laici, per essere in grado di vivere la dottrina cristiana, per poterla annunciare essi stessi e, se necessario, difenderla, e per potere inoltre partecipare all'esercizio dell'apostolato, sono tenuti all'obbligo e hanno il diritto di acquisire la conoscenza di tale dottrina, in modo adeguato alla capacità e alla condizione di ciascuno.§2. Hanno anche il diritto di acquisire quella conoscenza più piena delle scienze sacre che viene data nelle università e facoltà ecclesiastiche o nelle scuole di scienze religiose, frequentandovi le lezioni e conseguendovi i gradi accademici.§3. Così pure, osservate le disposizioni stabilite in ordine alla idoneità richiesta, hanno la capacità di ricevere dalla legittima autorità ecclesiastica il mandato di insegnare le scienze sacre.

Ogni laico è tenuto all’annuncio, dunque alla formazione nelle scienze che è chiamato ad annunciare, a testimoniare. Non si può far conoscere ciò che non si conosce in prima persona. E se

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si ignorano le Scritture si ignora Gesù (San Gerolamo). Non è una formazione permanente che mira a trascinare adolescenti e giovani in prolungamenti del catechismo bensì un percorso di educazione che incontra le esigenze dei laici chiamati ad annunciare il Vangelo.Se i laici hanno il diritto di essere responsabilizzati, hanno altresì il dovere di essere formati adeguatamente. Si devono frequentare le lezioni: non basta iscriversi, poiché la lezione è momento di confronto e di crescita. E aiuta a entrare nella teologia come orizzonte complessivo e non a comparti stagni e discipline diverse e incomunicabili. Manca la consapevolezza del bisogno di formazione per i laici: è facile attivare un biennio didattico perché si vuol andare a insegnare religione (per lavorare, NdA) ma è difficile vedere laici interessati alla formazione pastorale aldilà della ricaduta professionale. Se poi la formazione è così necessaria, si potrebbero attivare corsi di catechesi ed educazione fin dal dopo Cresima, non preoccupandosi più di ritardare questo sacramento (che invece è parte della iniziazione cristiana) per il timore di perdere i ragazzi dalla frequenza e dalla messa… (NdA)

Can. 230 - §1. I laici di sesso maschile che abbiano l'età e le doti determinate con decreto dalla Conferenza Episcopale, possono essere assunti stabilmente, mediante il rito liturgico stabilito, ai ministeri di lettori e di accoliti; tuttavia tale conferimento non attribuisce loro il diritto al sostentamento o alla rimunerazione da parte della Chiesa.§2. I laici possono assolvere per incarico temporaneo la funzione di lettore nelle azioni liturgiche; così pure tutti i laici godono della facoltà di esercitare le funzioni di commentatore, cantore o altre ancora a norma del diritto.§3. Ove le necessità della Chiesa lo suggeriscano, in mancanza di ministri, anche i laici, pur senza essere lettori o accoliti, possono supplire alcuni dei loro uffici, cioè esercitare il ministero della parola, presiedere alle preghiere liturgiche, amministrare il battesimo e distribuire la sacra Comunione, secondo le disposizioni del diritto.

I laici possono svolgere alcune funzioni nell’ambito delle celebrazioni liturgiche, purché in modo idoneo e opportuno. Un laico non può tenere l’omelia, poiché essa è azione liturgica. Mentre un laico può intervenire nella celebrazione della parola, oppure nella catechesi. Ma occorre la formazione per distinguere le diverse celebrazioni e forme di preghiera della Chiesa. Occorre poi lo spirito di servizio autenticamente cristiano. Si fanno le cose non per mettersi in mostra bensì per servire. Questo canone 230 è uno dei pochi in cui si dice espressamente che solo i MASCHI possono essere assunti stabilmente come lettori (ministero istituito), mentre sia M sia F possono assolvere provvisoriamente a tale incarico (ministero di fatto). Il lettore è al servizio della Parola, l’accolito invece dell’Eucaristia. Ancora nel 1985 venne chiesto di superare la preclusione dell’accesso delle donne a lettorato e accolitato, venne istituita una commissione e si disse che si ossequiavano le norme di Paolo VI del 1972 oltre che alla tradizione ortodossa. La donna era vista come strumento di vita (procreazione) e la si riteneva estranea a questi compiti propri dell’uomo. Ma si tratta di una norma ecclesiastica: potrebbe essere riformata. Come pure non è chiuso il discorso sulle diaconesse (!!).Qualsiasi compito non dà comunque diritto a lettori o accoliti per il sostentamento, poiché non sono compiti a tempo pieno.

Can. 231 - §1. I laici, designati in modo permanente o temporaneo ad un particolare servizio della Chiesa, sono tenuti all'obbligo di acquisire una adeguata formazione, richiesta per adempiere nel modo dovuto il proprio incarico e per esercitarlo consapevolmente, assiduamente e diligentemente.§2. Fermo restando il disposto del ⇒ can. 230, §1, essi hanno diritto ad una onesta rimunerazione adeguata alla loro condizione, per poter provvedere decorosamente, anche nel rispetto delle disposizioni del diritto civile, alle proprie necessità e a quelle della famiglia; hanno inoltre il diritto che si garantiscano la previdenza sociale, le assicurazioni sociali e l'assistenza sanitaria.

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IL MATRIMONIO

Gesù viene messo alla prova dagli avversari con la domanda sulla donna che sposa 7 fratelli successivamente ed Egli risponde che la condizione dell’uomo nella vita eterna mette insieme due realtà nell’ordine della natura solitamente separate. Ci sarà una prossimità nella coppia ma altresì a livello comunitario e universale. Il CCC quando presenta la vocazione del matrimonio lo fa illustrando anche quella della verginità e del celibato, presentando come complementari le due vocazioni: al matrimonio e al celibato.

Parleremo del diritto sostantivo del matrimonio, soprattutto del matrimonium in fieri, con la preparazione prossima e remota, e poi lo stato coniugale e gli effetti del matrimonio in facto esse (che tra loro sono in rapporto come la ordinazione e la vita ordinata).

Il matrimonio è una realtà umana che Gesù ha elevato a dignità di sacramento. Vedremo anche il diritto processuale relativo al matrimonio (Sacra Rota, etc…) per superare disinformazione e luoghi comuni oggi così diffusi.

MATRIMONIO: matris munus = il compito della madre – dunque la generazione della prolePATRIMONIO: patris munus = il compito del padre – dunque il mantenimento della prole con sostanze materiali (e spirituali)

CJC - LIBRO IV - TITOLO VIIIL MATRIMONIO (Cann. 1055 – 1165)

 Can. 1055 - §1. Il patto matrimoniale con cui l'uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento.§2. Pertanto tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento.

Patto, contratto, alleanza rimandano a categorie bibliche-teologiche prima ancora che giuridiche.È chiaro che l’aspetto giuridico ha una sua importanza. Ma evidentemente non è il tutto. Si può esaminare il matrimonio dal pv dogmatico/sistematico, liturgico, morale, sociale, psicologico, sessuologico, giuridico… molte facce di uno stesso prisma. Non si deve invadere il campo altrui (se si fa morale, non si deve andare in ambito giuridico…). Ogni disciplina richiede il suo spazio, con evidenza dei diversi metodi, contenuti e finalità.

Quattro condizioni per vivere il matrimonio (4 pilastri):- libertà dei fidanzati- fedeltà come fonte di reciproco affidamento (io accolgo te)- indissolubilità (per tutta la vita, con legame sacro)- fecondità (aperti alla vita)

Questi 4 pilastri evidenziano i 2 fini del matrimonio, vale a dire il procreativo e l’unitivo.

Come ogni canone iniziale del titolo, anche questo esprime le coordinate teologiche. Il matrimonio come patto naturale (diritto romano) viene elevato a dignità di sacramento (“Questo mistero è grande. Lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa” – Ef 5, 32).

Can. 1056 - Le proprietà essenziali del matrimonio sono l'unità e l'indissolubilità, che nel matrimonio cristiano conseguono una peculiare stabilità in ragione del sacramento.

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Il matrimonio (o connubio: da nubis, la nube che velava la donna; coniugio: sotto lo stesso giogo; oppure consortio: con la stessa sorte) è

- iscritto nella natura dell’uomo, cioè ha valore naturale, dunque precede qualsiasi riconoscimento di ordinamento positivo (lo Stato)

- dotato di valore sociale, e per la sua importanza per la società viene tutelato- ha infine una connotazione personale poiché crea intima comunione di vita tra i due coniugi:

“i due saranno una carne sola” (Gen 2, 24) – differenza e complementarietà- tra battezzati, ha anche valore sacramentale perché a ciò elevato da Cristo (è uno dei sette

sacramenti) e dunque ci si santifica “nel” matrimonio, non nonostante esso.

Il Cantico dei Cantico, Osea, Ezechiele, le nozze di Cana (Giovanni)… pagine bibliche in cui emerge il rapporto tra Dio e il popolo come legame nuziale.

FINI PROPRI del matrimonio:1. il bene dei coniugi che si danno e accettano reciprocamente2. la procreazione e il bene dei figli

E’ un patto solenne (solus annus), che avviene ogni tanto, non sempre (linguaggio giuridico), tutelato dalla società e giuridicamente vincolante. Da una sessualità funzionale (per procreare) a una relazionale (per l’unione tra i coniugi). Giovanni Paolo II e la visione della sessualità nel matrimonio: cfr le prime 140 udienze del suo pontificato.Anche le scienze umane possono contribuire a illuminare le caratteristiche della duplice finalità del matrimonio.Il diritto fa sintesi, poi altre discipline possono scandagliare la stessa realtà e offrire analisi complementari (ad esempio la morale può ribadire la gerarchia tra i fini…)

Contratto e sacramento vengono strettamente legati tra loro dal can. 1056.

Si tratta di un contratto singolare, con caratteristiche sue proprie:- si radica nel diritto naturale positivo, con origine divina (la creazione)- singolare è l’oggetto: darsi e riceversi reciprocamente- singolari le proprietà essenziali: sono sottratte ai coniugi e alla cultura. Non si può dire ciò

che si vuole della famiglia (gender)- per i suoi fini estrinseci- per il carattere personale: riguarda l’uomo e la donna, e il loro consenso (can 1057)

Il matrimonio come tale non è la celebrazione del sacramento (punto di arrivo del fidanzamento) bensì un sacramento permanente. Can 1134: opera negli sposi una consacrazione permanente. Da qui si sviluppa la spiritualità coniugale del matrimonio in facto esse

Can. 1057 - §1. L'atto che costituisce il matrimonio è il consenso delle parti manifestato legittimamente tra persone giuridicamente abili; esso non può essere supplito da nessuna potestà umana.§2. Il consenso matrimoniale è l'atto della volontà con cui l'uomo e la donna, con patto irrevocabile, dànno e accettano reciprocamente se stessi per costituire il matrimonio.

L’ATTO matrimoniale è il consenso. È l’elemento costitutivo del matrimonio. La benedizione sugli sposi è elemento della forma liturgica, non di quella canonica. Non può esser supplito… ma si può dare procura a un terzo (ma chi la dà è uno dei due nubendi).L’affetto/amore non è regolato dal diritto.

Can. 1058 - Tutti possono contrarre il matrimonio, se non ne hanno la proibizione dal diritto.

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Tutti hanno diritto a sposarsi salvo diversa proibizione. Ogni uomo o donna può contrarre matrimonio scegliendo liberamente il proprio coniuge. Ma la pubblica autorità può intervenire per disciplinare il matrimonio – che ha valore sociale – in vista del bene comune.Altra questione: il valore civile del matrimonio (can 1059)

Can. 1059 - Il matrimonio dei cattolici, anche quando sia cattolica una sola delle parti, è retto non soltanto dal diritto divino, ma anche da quello canonico, salva la competenza dell'autorità civile circa gli effetti puramente civili del medesimo matrimonio.

Il matrimonio civile nasce nel 1791, dopo la rivoluzione francese, secolarizzando il dettato matrimoniale tipico della Chiesa.La validità civile deriva dalla stretta unione tra contratto e sacramento. E la Chiesa stessa riconosce la rilevanza pubblica e sociale del matrimonio. E ha diritto di disciplinarlo.

Can. 1060 - Il matrimonio ha il favore del diritto; pertanto nel dubbio si deve ritenere valido il matrimonio fino a che non sia provato il contrario.

È una sorta di “presunzione” del legislatore: è vero fino a prova contraria. Dal pv giuridico la presunzione est rei certe probabilis coniectura – da una cosa certa (il matrimonio celebrato) ne ricaviamo una probabile (sarà valido). In altri casi non si ammette la prova contraria. Ad esempio sulla violenza sessuale commessa su minore di 12 anni non c’è spazio per la prova contraria, poiché non c’è spazio per il consenso (che invece potrebbe esserci nel caso di presunta violenza su maggiorenne…).

Can. 1061 - §1. Il matrimonio valido tra battezzati si dice solamente rato, se non è stato consumato; rato e consumato se i coniugi hanno compiuto tra loro, in modo umano, l'atto per sé idoneo alla generazione della prole, al quale il matrimonio è ordinato per sua natura, e per il quale i coniugi divengono una sola carne.§2. Celebrato il matrimonio, se i coniugi hanno coabitato, se ne presume la consumazione, fino a che non sia provato il contrario.§3. Il matrimonio invalido si dice putativo, se fu celebrato in buona fede da almeno una delle parti, fino a tanto che entrambe le parti non divengano consapevoli della sua nullità.

Diversi tipi di matrimonioReligioso o canonico – è quello celebrato nella forma canonica prescritta dalla Chiesa Cattolica con gesti, parole come richiesto. Civile – è quello contratto dinanzi al pubblico ufficiale. Naturale – è quello civile tra non battezzatiIllegittimo – è quello civile tra battezzati (che dovrebbero ricorrere al matrimonio canonico)

La Repubblica ha stipulato un concordato con la Santa Sede secondo cui il matrimonio concordatario ha anche valore civile (e il celebrante deve leggere gli artt. del codice civile); diversamente, è detto religioso se non comporta ricaduta in termini civili. Nel 1984 (Casaroli – Craxi) si è rinnovato quello dell’11 febbraio 1929 (Gasparri – Mussolini). Il Trattato dei Patti Lateranensi regolava la “Questione romana” (aperta con Roma capitale, nel 1870) e l’istituzione dello stato Città del Vaticano. Valido – libertà dei coniugi, espressione del consenso, osservanza di forma canonica.Invalido – il matrimonio cui osta un impedimento dirimente: mancanza di libertà, difetto di consenso (non libero), difetto di forma canonica (senza i due testimoni richiesti).Putativo – quello invalido celebrato in buona fede da almeno una delle due parti; ha parvenza di validità (presunto) ma è nullo per impedimento dirimente o vizio di consenso. Le sue conseguenze: sono legittimi i figli concepiti in esso

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Attentato – si oppone a quello putativo; si tenta in malafede da ambedue i coniugi o da chi di essi è vincolato da impedimento dirimente (ad esempio nubendo con ordine, voto di castità, uccisione del coniuge o di altra persona per contrarre matrimonio).Solo Rato – solamente sancito se non consumatoRato e consumato – sancito e compiuto, cioè con l’atto coniugale compiuto. Ma in modo umano, dunque senza violenza, o in stato di ubriachezza o dipendenza da droga. Occorre che la sessualità sia esercitata in modo complementare. Modo umano: cioè secondo la dignità dell’uomo.Sciolto – con la morteIn fieri – atto celebrativo che dà inizio alla vita coniugale. Il CJC gli dedica il maggior numero dei canoni sul matrimonio.In facto esse – la vita coniugale che comincia dalla celebrazione sacramentale. Misto o interconfessionale – tra un cattolico e un cristiano non cattolico (ortodosso o protestante, quando manca la comunione di fede, tradizione e autorità del papa)Con disparità di culto – un cattolico e un ebreo, o musulmano, o un non battezzato

Can. 1062 - §1. La promessa di matrimonio, sia unilaterale sia bilaterale, detta fidanzamento, è regolata dal diritto particolare stabilito dalla Conferenza Episcopale, nel rispetto delle eventuali consuetudini e leggi civili.§2. Dalla promessa di matrimonio non consegue l'azione per esigerne la celebrazione; consegue, invece, quella per la riparazione dei danni, se dovuta.

Il matrimonio porta con sé la possibilità di generare la vita, dunque uomo e donna insieme. Altre unioni (omosessuali) NON sono matrimonio perché non portano con sé alcun compito materno di generazione della prole.L’unione naturale tra U e D è stata elevata da Cristo a dignità di sacramento, anche in virtù del suo essere lo Sposo che ristabilisce il legame nuziale tra Dio e il suo popolo/Chiesa.

Nella revisione del codice del 1917 si sono apportate modifiche divenute poi legge con il CIC del 1983 (che dunque ormai non è più così nuovo…).

- stabilire una età diversa da quella del diritto universale (16 anni per U e 14 per la D) per il matrimonio: si è fissata in 18 anni per entrambi (salvo dispensa dell’autorità)

- impedimento per voto – ma quale voto? Quelli religiosi sono povertà, castità, obbedienza. Ma i monaci aggiungono la stabilitas loci. Per impedire il matrimonio deve essere voto pubblico (accettato in nome della Chiesa da parte di una autorità), perpetuo (“temporaneo” un voto non potrebbe essere per sua natura).

- Impedimento per crimine, consanguineità-affinità, pubblica onestà- Il diacono può assistere al matrimonio, come pure un laico

IL LUOGO del MATRIMONIOIl domicilio – dove si ha intenzione di rimanere o si permane da almeno 5 anniIl Quasi domicilio – si è da almeno 3 mesiLa dimora – 1 meseNel 1917 si celebrava nella parrocchia della sposa, nel 1983 nella parrocchia di uno dei due

- non si può contrarre matrimonio se gravemente infermo mentalmente, ingannato dolosamente (in mala fede) ad es. sulla malattia o la sterilità, se agisce per timore

Queste le principali innovazioni dal 1917 al 1983

Questa è la fisiologia del matrimonio (in facto esse). Poi c’è la patologia, ovvero quanto riguarda i processi matrimoniali.

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SPOSI = ministri del sacramento – giuridicamente abili e liberi da impedimentiFORMA CANONICA = gli elementi richiesti (parole, gesti) che costituiscono validamente e lecitamente il matrimonio (contratto tra due battezzati – infatti nella riforma del rito si è introdotta la memoria del Battesimo con il rinnovo delle promesse battesimali)FORMA LITURGICA = parole e gesti si inseriscono in un contesto di grazia e di fruttuosità spirituale (sacramento)TESTIMONI = devono essere almeno 2 ed è sufficiente che siano in grado di attestare che l’ASSISTENS (ministro sacro, o i laici in mancanza di sacerdoti o diaconi - can 1112 – con liturgia della parola) ha ricevuto il consenso degli sposi e ha letto gli articoli civili avendo il matrimonio concordatario anche valore civile.

RITO ESSENZIALE = il consenso (basta perché sia valido)RITO ESPLICATIVO = scambio delle fedi, incoronazione degli sposi

Il consenso deve essere espresso e il nome va detto pubblicamente sapendo che nella Sacra Scrittura il nome non identifica solo la persona ma anche la missione. Il codice suggerisce di non dare nomi di battesimo che siano alieni dal senso cristiano.

I PROCESSI ECCLESIASTICI

Si parla di “dichiarazione di nullità” del matrimonio per- venir meno di una delle persone- impedimento- difetto di forma

Non è detto che ogni matrimonio fallito sia nullo. Ad esempio si dice che se ci sono figli non può esser dichiarato nullo, o ancora che va detto nullo perché c’è stato un tradimento, oppure quando uno dei coniugi non voleva sposarsi in chiesa… i luoghi comuni sono tanti e bisogna fare chiarezza.

Il questionario ai coniugi va rivolto sulle questioni relative alle eventuale nullità; è un atto gratuito e preliminare, cui si giunge tramite la cancelleria diocesana. Il tribunale in prima istanza e in appello è su base regionale.Patroni stabili: sono avvocati creati per dare consulenza ai quanti si chiedono se poter iniziare un itinerario di riconoscimento di nullità matrimoniale. Offrono consulenza. Sono gli avvocati d’ufficio, nel gergo giuridico. Perché offrono tutela gratuita al cliente. Non è vero che le dichiarazioni di nullità siano solo a portata di mano di chi abbia i mezzi economici.Ogni tribunale ha un suo regolamento e un albo di avvocati iscritti. Occorre una licenza in diritto canonico, il dottorato e i tre anni presso la Rota Romana. Spesso si tratta di avvocati che sono anche civili. Spetta al cliente onorare le spettanze dell’avvocato di fiducia.

QUANDO UN MATRIMONIO E’ NULLO

Al momento di celebrare le nozze, uno dei due nubendi non vuol dare il consenso da cui nasca il matrimonio valido

- consenso difettoso- assenza di formalità necessarie- impedimenti oggettivi

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1. DIFETTO DI CONSENSOChi si sposa deve avere una volontà sufficientemente libera e consapevole, non deve escludere le finalità del matrimonio, l’indissolubilità, la fedeltà, la disponibilità alla prole

2. VIZIO DI FORMA

3. IMPEDIMENTO OGGETTIVOSe c’è un precedente legame non ancora sciolto dalla morte del coniuge; il legame di sangue tra fratello e sorella o tra genitori e figlio/a.Altre impedimenti sono invece scioglibili: ordine sacro, voti religiosi. È vero che l’ordine non viene meno, ma si perde lo stato clericale e si è spogliati degli oneri religiosi e dell’impegno al celibato; ma potrebbe anche accadere che si certifica la nullità dell’ordine sacro. A volte si deve, altre volte si può esser dimessi dallo stato clericale.

Chi sa che il matrimonio sia nullo può chiedere di rinnovarlo. In modo semplice o con la sanatio in radice.Il 98% delle cause nei tribunali sono cause di nullità.Nell’ambito dell’attività giudiziaria, il tribunale diocesano può eseguire le cosiddette rogatorie cioè sentire testimoni, etc. per conto di altri tribunaliPer i procedimenti amministrativi, rientra la dispensa per i matrimoni rati ma non consumati, con fase diocesana e una romana. Così pure per i matrimoni sciolti in favore della fede, secondo il cosiddetto privilegio paolino: se uno di due non battezzati si converte dopo il matrimonio. Il privilegio petrino è lo scioglimento quando ci sono casi di poligamia (e bisogna decidere quale moglie tenere) o prigionia, etc…

DINAMICA PROCESSUALE DI NULLITA’ MATRIMONIALEOggetto: il matrimonio – la consulenza specialista deve indicare i possibili capi di nullitàGiudice collegiale: una terna di giudici, che può comprendere anche un laico (ma essendo di competenza di potestà ecclesiastica dovrebbe ricadere sugli ordinati) – si stabilisce il tribunale competente a seconda dei casi, per evitare sentenze nulle o annullabiliLe parti:

- l’attore o parte attrice, che agisce chiedendo la dichiarazione di nullità- la parte convenuta in giudizio

Accusa / difesa sull’oggetto (matrimonio) – il difensore del vincolo matrimonialeTestimoniProve documentali (diari, lettere) e perizie (d’ufficio, cioè ordinate dal giudice, e di parte: dell’accusa o della difesa) per provare gli argomenti.

FASI DEL PROCESSOIl vicario giudiziale che agisce in nome del vescovo costituisce il collegio giudicante e nomina un difensore del vincolo.Il presidente del collegio convoca le parti.La parte convenuta richiede il libello/la domanda corredata dai documenti stabiliti dal tribunale.Si definisce il motivo di nullitàNella fase istruttoria si raccolgono le prove, con interrogazioni e documentiI testimoni vengono selezionati tra parenti, amici, mediciPubblicazione degli atti: si dà alle parti la possibilità di esaminare tutto il fascicolo che non può esser pubblico ma è riservato agli avvocati incaricati.Con il decreto di conclusione in causa si dà il via al dibattito.Solo dopo una duplice decisione conforme (due sentenze affermative sulla nullità) chi ne ha interesse potrà attivarsi per le conseguenze religiose e civili.

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COSTI E DURATAI motivi economici non devono essere di ostacolo per chiedere la nullità.I costi dei tribunali devono essere quasi interamente a carico della CEI salvo la tassa giudiziaria.Ci sono tariffe con range predeterminato per giudici, avvocati, etc…Tariffa di 525 euro per la tassa giudiziariaLa parte convenuta non ha alcun esborso, a meno che voglia agire con un proprio avvocato 8e versa metà della tariffa su indicata)All’avvocato di fiducia (scelto dalla parte) va da 1500 a 2992 euro maxSi può essere esentati dalla tassa giudiziaria in caso di difficoltà, come pure si può richiedere l’avvocato d’ufficio che lavora gratuitamente

1 anno in primo grado6 mesi in secondo gradoMa la causa in realtà dura circa due anni (a seconda dei casi, della difficoltà, etc…)

EFFETTI- civili- religiosi- sui figli

Le parti acquisiscono lo stato “libero” da vincolo coniugale. Se viene aggiunto il divieto di accedere a nuove nozze, questo deve essere rimosso prima di eventuale matrimonio. Il divieto può aver lo scopo di evitare che rimangano le stesse motivazioni di nullità. Lo Stato recepisce nel proprio ordinamento una sentenza emessa in altro ordinamento (delibazione della sentenza) ma non è automatico: una delle due parti deve attivare tale processo. La delibazione può sostituire la sentenza di divorzio. Gli effetti economici sono legati all’assegno di mantenimento che non si è più tenuti a versare. Stato e Chiesa hanno concordato una intesa sugli aspetti di reciproca competenza.Non si discriminano per la legge italiana i figli nati fuori dal matrimonio o figli di separati o divorziati. Anche nella Chiesa i figli restano tali per sempre e rimangono tutti gli obblighi educativi ed economici a essi relativi.

“Studium codici schola concilii”: la revisione del codice del 1917 è stato il tentativo di tradurre in linguaggio canonistico la dottrina del CVII e in primis la LG.

Questo porta il diritto canonico a toccare tematiche ecclesiologiche e sacramentali. Nello specifico, il sacramento del Matrimonio, sia nel diritto sostantivo (che cos’è e come ci si prepara – matrimonium in fieri) e il diritto processuale (l’azione giuridica per cui si chiede la dichiarazione di nullità: la consulenza gratuita presso la curia diocesana per chi nutrisse seri dubbi sul proprio matrimonio; nei testi troveremo questionari indicativi di tale pratica, utili per superare luoghi comuni e falsità sulla materia; il processo deve concludersi con doppia sentenza conforme sulla eventuale nullità; tempi e costi del processo; effetti civili o delibazione della sentenza)

NB: il divorzio non comporta necessariamente la nullità, anzi, poiché la legge civile crea il costume/comportamento, la legge divina stabilisce il bene e il dover essere: ordine etico ed ordine giuridico sono separati, per cui anche se la legge riconoscesse come “matrimonio” le unioni omosessuali, questo non comporterebbe alcun effetto etico né modificherebbe la natura del matrimonio.

Alcuni riferimenti statistici relativi al matrimonio…

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2012 – 207.000 matrimoni, cioè 3,5 / 1.000 abitantiTendenza al calo dei matrimoni dal 1972, tra la legge sul divorzio e il referendum del 1974. La legge infatti incide sul costume più di quanto si pensiAumentano le nozze di cui 1 o 2 sono cittadini stranieri: 15% nel 2012 (di cui 70% con 1 straniero)Prime nozze tra 2 italiani: 153.311 (sempre nel 2012) con flessione di 39.000 unità dal 2008, calati in tutto del 91% dal 2008 al 2012.Separazione dei beni: 2/3 dei matrimoniISTAT dice che aumentano i matrimoni, ma solo in relazione all’aumento di quelli con gli stranieri. Luglio 2011 sentenza della corte costituzionale che boccia legge del 2009 che imponeva l’obbligo del permesso di soggiorno per sposarsi (e acquisire così la cittadinanza).¾ si sposano in chiesa, ma diminuiscono i matrimoni religiosile seconde nozze sono il 15,7% del totale53% del totale sono le unioni civili al nord, mentre il dato nazionale del matrimonio civile è 41%più difficilmente rilevabili le unioni di fatto che per l’ISTAT sarebbero oltre 1 milione, del quale il 60% circa tra partner liberi e celibi/nubilietà media delle nozze: 34 M e 31 F – dati spiegabili con le convivenze prematrimoniali, con la sempre più prolungata permanenza in famiglia dei figlinel 2011 ci sono stati 88.697 separazioni e 53.000 divorzi con un trend in continua crescita nel rapporto con i matrimoni – oggi ci vanno 3 anni dalla separazione al divorzio, ma ci sono proposte per ridurre tale tempisticaalla separazione si arriva in media dopo i 15 anni di matrimonio (quindi tanti si separano dopo 20, 25 anni di matrimonio!!)separazioni consensuali nell’85% dei casi (70% per i divorzi)il 70% circa delle separazioni/divorzio contempla dei figli, che nella maggior parte dei casi sono in affido congiunto

CAPITOLO I - LA CURA PASTORALE E GLI ATTI DA PREMETTERE ALLA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO Can. 1063 - I pastori d'anime sono tenuti all'obbligo di provvedere che la propria comunità ecclesiastica presti ai fedeli quell'assistenza mediante la quale lo stato matrimoniale perseveri nello spirito cristiano e progredisca in perfezione. Tale assistenza va prestata innanzitutto: 1) con la predicazione, con una adeguata catechesi ai minori, ai giovani e agli adulti, e anche con l'uso dei mezzi di comunicazione sociale, mediante i quali i fedeli vengano istruiti sul significato del matrimonio cristiano e sul compito dei coniugi e genitori cristiani; 2) con la preparazione personale alla celebrazione del matrimonio, per cui gli sposi si dispongano alla santità e ai doveri del loro nuovo stato; 3) con una fruttuosa celebrazione liturgica del matrimonio, in cui appaia manifesto che i coniugi significano e partecipano al mistero di unione e di amore fecondo tra Cristo e la Chiesa; 4) offrendo aiuto agli sposi perché questi, osservando e custodendo con fedeltà il patto coniugale, giungano a condurre una vita familiare ogni giorno più santa e più intensa.Can. 1065 - §1. I cattolici che non hanno ancora ricevuto il sacramento della confermazione, lo ricevano prima di essere ammessi al matrimonio, se è possibile farlo senza grave incomodo.§2. Si raccomanda vivamente agli sposi che, per ricevere fruttuosamente il sacramento del matrimonio, si accostino ai sacramenti della penitenza e della santissima Eucaristia.Can. 1066 - Prima di celebrare il matrimonio, deve constare che nulla si oppone alla sua celebrazione valida e lecita.Can. 1069 - Prima della celebrazione di un matrimonio, tutti i fedeli sono tenuti all'obbligo di rivelare al parroco o all'Ordinario del luogo, gli impedimenti di cui fossero a conoscenza.

CAPITOLO II - GLI IMPEDIMENTI DIRIMENTI IN GENERE Can. 1073 - L'impedimento dirimente rende la persona inabile a contrarre validamente il matrimonio.Can. 1074 - L'impedimento si ritiene pubblico se può essere provato in foro esterno; altrimenti è occulto.

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CAPITOLO III - GLI IMPEDIMENTI DIRIMENTI IN SPECIE Can. 1083 - §1. L'uomo prima dei sedici anni compiuti, la donna prima dei quattordici pure compiuti, non possono celebrare un valido matrimonio.§2. È diritto della Conferenza Episcopale fissare una età maggiore per la lecita celebrazione del matrimonio.Can. 1084 - §1. L'impotenza copulativa antecedente e perpetua, sia da parte dell'uomo sia da parte della donna, assoluta o relativa, per sua stessa natura rende nullo il matrimonio.§2. Se l'impedimento di impotenza è dubbio, sia per dubbio di diritto sia per dubbio di fatto, il matrimonio non deve essere impedito né, stante il dubbio, dichiarato nullo.§3. La sterilità né proibisce né dirime il matrimonio, fermo restando il disposto del ⇒ can. 1098.Can. 1085 - §1. Attenta invalidamente al matrimonio chi è legato dal vincolo di un matrimonio precedente, anche se non consumato.§2. Quantunque il matrimonio precedente sia, per qualunque causa, nullo o sciolto, non per questo è lecito contrarne un altro prima che si sia constatata legittimamente e con certezza la nullità o lo scioglimento del precedente.Can. 1086 - §1. È invalido il matrimonio tra due persone, di cui una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta e non separata dalla medesima con atto formale, e l'altra non battezzata.Can. 1087 - Attentano invalidamente al matrimonio coloro che sono costituiti nei sacri ordini.Can. 1088 - Attentano invalidamente il matrimonio coloro che sono vincolati dal voto pubblico perpetuo di castità emesso in un istituto religioso.Can. 1091 - §1. Nella linea retta della consanguineità è nullo il matrimonio tra tutti gli ascendenti e i discendenti, sia legittimi sia naturali.§2. Nella linea collaterale il matrimonio è nullo fino al quarto grado incluso.§3. L'impedimento di consanguineità non si moltiplica.§4. Non si permetta mai il matrimonio, se sussiste qualche dubbio che le parti siano consanguinee in qualunque grado della linea retta o nel secondo grado della linea collaterale.

CAPITOLO IV - IL CONSENSO MATRIMONIALE Can. 1095 - Sono incapaci a contrarre matrimonio: 1) coloro che mancano di sufficiente uso di ragione; 2) coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente; 3) coloro che per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio.Can. 1096 - §1. Perché possa esserci il consenso matrimoniale, è necessario che i contraenti almeno non ignorino che il matrimonio è la comunità permanente tra l'uomo e la donna, ordinata alla procreazione della prole mediante una qualche cooperazione sessuale.§2. Tale ignoranza non si presume dopo la pubertà.Can. 1101 - §1. Il consenso interno dell'animo si presume conforme alle parole o ai segni adoperati nel celebrare il matrimonio.§2. Ma se una o entrambe le parti escludono con un positivo atto di volontà il matrimonio stesso, oppure un suo elemento essenziale o una sua proprietà essenziale, contraggono invalidamente.Can. 1103 - E invalido il matrimonio celebrato per violenza o timore grave incusso dall'esterno, anche non intenzionalmente, per liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il matrimonio.Can. 1104 - §1. Per contrarre validamente il matrimonio è necessario che i contraenti siano presenti contemporaneamente, sia di persona sia tramite procuratore.§2. Gli sposi manifestino il consenso matrimoniale con le parole; se però non possono parlare, lo facciano con segni equivalenti.

CAPITOLO V - LA FORMA DELLA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO Can. 1108 - §1. Sono validi soltanto i matrimoni che si contraggono alla presenza dell'Ordinario del luogo o del parroco o del sacerdote oppure diacono delegato da uno di essi che sono assistenti, nonché alla presenza di due testimoni, conformemente, tuttavia, alle norme stabilite nei canoni seguenti, e salve le eccezioni di cui ai cann. ⇒ 144, ⇒ 1112, §1, ⇒ 1116 e ⇒ 1127, §§2-3.§2. Si intende assistente al matrimonio soltanto colui che, di persona, chiede la manifestazione del consenso dei contraenti e la riceve in nome della Chiesa.

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Can. 1112 - §1. Dove mancano sacerdoti e diaconi, il Vescovo diocesano, previo il voto favorevole della Conferenza Episcopale e ottenuta la facoltà dalla Santa Sede, può delegare dei laici perché assistano ai matrimoni.§2. Si scelga un laico idoneo, capace di istruire gli sposi e preparato a compiere nel debito modo la liturgia del matrimonio.Can. 1115 - I matrimoni siano celebrati nella parrocchia in cui l'una o l'altra parte contraente ha il domicilio o il quasi-domicilio o la dimora protratta per un mese, oppure, se si tratta di girovaghi, nella parrocchia in cui dimorano attualmente; con il permesso del proprio Ordinario o del proprio parroco, il matrimonio può essere celebrato altrove.

CAPITOLO VI - I MATRIMONI MISTI Can. 1124 - Il matrimonio fra due persone battezzate, delle quali una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta dopo il battesimo e non separata dalla medesima con atto formale, l'altra invece sia iscritta a una Chiesa o comunità ecclesiale non in piena comunione con la Chiesa cattolica, non può essere celebrato senza espressa licenza della competente autorità.Can. 1125 - L'Ordinario del luogo, se vi è una causa giusta e ragionevole, può concedere tale licenza; ma non la conceda se non dopo il compimento delle seguenti condizioni: 1) la parte cattolica si dichiari pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e prometta sinceramente di fare quanto è in suo potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica; 2) di queste promesse che deve fare la parte cattolica, sia tempestivamente informata l'altra parte, così che consti che questa è realmente consapevole della promessa e dell'obbligo della parte cattolica; 3) entrambe le parti siano istruite sui fini e le proprietà essenziali del matrimonio, che non devono essere esclusi da nessuno dei due contraenti.Can. 1128 - Gli Ordinari del luogo e gli altri pastori d'anime facciano in modo che al coniuge cattolico e ai figli nati da matrimonio misto non manchi l'aiuto spirituale per adempiere i loro obblighi, e aiutino i coniugi ad accrescere l'unione della vita coniugale e familiare.

CAPITOLO VII - LA CELEBRAZIONE SEGRETA DEL MATRIMONIO Can. 1130 - Per una grave e urgente causa l'Ordinario del luogo può permettere che il matrimonio sia celebrato in segreto.

CAPITOLO VIII - EFFETTI DEL MATRIMONIO Can. 1134 - Dalla valida celebrazione del matrimonio sorge tra i coniugi un vincolo di sua natura perpetuo ed esclusivo; inoltre nel matrimonio cristiano i coniugi, per i compiti e la dignità del loro stato, vengono corroborati e come consacrati da uno speciale sacramento.Can. 1135 - Entrambi i coniugi hanno pari dovere e diritto per quanto riguarda la comunità di vita coniugale.Can. 1136 - I genitori hanno il dovere gravissimo e il diritto primario di curare secondo le proprie forze, l'educazione della prole, sia fisica, sociale e culturale, sia morale e religiosa.Can. 1137 - Sono legittimi i figli concepiti o nati da matrimonio valido o putativo.

CAPITOLO IX - LA SEPARAZIONE DEI CONIUGI Articolo 1 - Lo scioglimento del vincolo Can. 1141 - Il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte.Can. 1142 - Il matrimonio non consumato fra battezzati o tra una parte battezzata e una non battezzata, per una giusta causa può essere sciolto dal Romano Pontefice, su richiesta di entrambe le parti o di una delle due, anche se l'altra fosse contraria.Can. 1143 - §1. Il matrimonio celebrato tra due non battezzati, per il privilegio paolino si scioglie in favore della fede della parte che ha ricevuto il battesimo, per lo stesso fatto che questa contrae un nuovo matrimonio, purché si separi la parte non battezzata.§2. Si ritiene che la parte non battezzata si separa se non vuol coabitare con la parte battezzata o non vuol coabitare pacificamente senza offesa al Creatore, eccetto che sia stata questa a darle, dopo il battesimo, una giusta causa per separarsi.Can. 1144 - §1. Perché la parte battezzata possa contrarre validamente un nuovo matrimonio, si deve sempre interpellare la parte non battezzata: 1) se voglia essa pure ricevere il battesimo; 2) se almeno voglia coabitare con la parte battezzata pacificamente, senza offesa al Creatore.

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§2. Detta interpellazione deve essere fatta dopo il battesimo; tuttavia l'Ordinario del luogo può, per una grave causa, permettere che l'interpellazione sia fatta prima del battesimo; anzi può anche dispensare da essa, sia prima sia dopo il battesimo, purché da un procedimento almeno sommario ed extragiudiziale risulti che non è possibile o che sarebbe inutile farla.Can. 1146 - La parte battezzata ha diritto a contrarre nuove nozze con una parte cattolica: 1) se l'altra parte rispose negativamente all'interpellazione, o se questa fu legittimamente omessa; 2) se la parte non battezzata, già interpellata o no, prima perseverante nella pacifica coabitazione senza offesa al Creatore, in seguito si sia separata senza una giusta causa, ferme restando le disposizioni dei cann. ⇒ 1144 e ⇒ 1145.Can. 1148 - §1. Il non battezzato che abbia contemporaneamente più mogli non battezzate, ricevuto il battesimo nella Chiesa cattolica, se per lui è gravoso rimanere con la prima di esse, può ritenerne una qualsiasi licenziando le altre. Lo stesso vale per la moglie non battezzata che abbia contemporaneamente più mariti non battezzati.Articolo 2 - La separazione con permanenza del vincolo Can. 1151 - I coniugi hanno il dovere e il diritto di osservare la convivenza coniugale, eccetto che ne siano scusati da causa legittima.Can. 1152 - §1. Per quanto si raccomandi vivamente che ciascun coniuge, mosso da carità cristiana e premuroso per il bene della famiglia, non rifiuti il perdono alla comparte adultera e non interrompa la vita coniugale, tuttavia se non le ha condonato la colpa espressamente o tacitamente, ha il diritto di sciogliere la convivenza coniugale, a meno che non abbia acconsentito all'adulterio, o non ne abbia dato il motivo, o non abbia egli pure commesso adulterio.§3. Se il coniuge innocente avesse sciolto di propria iniziativa la convivenza coniugale, deferisca entro sei mesi la causa di separazione alla competente autorità ecclesiastica; e questa, esaminate tutte le circostanze, valuti se non sia possibile indurre il coniuge innocente a condonare la colpa e a non protrarre in perpetuo la separazione.Can. 1153 - §1. Se uno dei coniugi compromette gravemente il bene sia spirituale sia corporale dell'altro o della prole, oppure rende altrimenti troppo dura la vita comune, dà all'altro una causa legittima per separarsi, per decreto dell'Ordinario del luogo e anche per decisione propria, se vi è pericolo nell'attesa.§2. In tutti i casi, cessata la causa della separazione, si deve ricostituire la convivenza coniugale, a meno che non sia stabilito diversamente dall'autorità ecclesiastica.Can. 1154 - Effettuata la separazione dei coniugi, si deve sempre provvedere opportunamente al debito sostentamento e educazione dei figli.Can. 1155 - Il coniuge innocente, con atto degno di lode, può ammettere nuovamente l'altro coniuge alla vita coniugale: nel qual caso rinuncia al diritto di separazione.

CAPITOLO X - CONVALIDAZIONE DEL MATRIMONIO Articolo 1 - La convalidazione semplice Can. 1156 - §1. Per la convalidazione di un matrimonio nullo a causa di un impedimento dirimente, si richiede che l'impedimento cessi o che si dispensi da esso, e che rinnovi il consenso almeno la parte che è consapevole dell'impedimento.Can. 1159 - §1. Il matrimonio nullo a causa di un vizio di consenso, si convalida se dà il consenso la parte che non lo aveva dato, purché perseveri il consenso dell'altra.Can. 1160 - Il matrimonio nullo a causa di un vizio di forma, per diventare valido deve essere nuovamente contratto secondo la forma canonica, salvo il disposto del ⇒ can. 1127, §2.Articolo 2 - La sanazione in radice Can. 1161 - §1. La sanazione in radice di un matrimonio nullo consiste nella sua convalidazione senza rinnovazione del consenso, concessa dalla competente autorità; essa comporta la dispensa dall'impedimento, se c'è, e dalla forma canonica se non fu osservata, nonché la retroazione al passato degli effetti canonici.§2. La convalidazione avviene al momento della concessione della grazia; la retroazione, invece, la si intende fatta al momento della celebrazione del matrimonio, se non è stabilito altro espressamente.Can. 1162 - §1. Se difetta il consenso in entrambe le parti o in una delle parti, il matrimonio non può essere sanato in radice, sia che il consenso manchi fin dall'inizio, sia che, dato all'inizio, sia stato revocato in seguito.Can. 1163 - §1. Il matrimonio nullo a causa di un impedimento o di un vizio della forma legittima, può essere sanato, purché perseveri il consenso di entrambe le parti.Can. 1165 - §1. La sanazione in radice può essere concessa dalla Sede Apostolica.

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SINODO SULLA FAMIGLIA 2015

Nel preparare il Sinodo in oggetto, il Papa ha sottolineato la sinodalità e corresponsabilità della organizzazione del sinodo sulla famiglia. In concreto, questo passa per il questionario rivolto a tutte le chiese particolari.Tre istituzioni:

- collegio dei vescovi: cioè tutti i vescovi successori degli apostoli, rappresentanti il secondo soggetto della sacra potestà dopo il Papa (ma sempre cum Petro e sub Petro)

- concilio: indetto dal Romano Pontefice, che pure ne indica lo svolgimento e ne chiude i lavori, chiamando tutti i vescovi del mondo a riunirsi; a oggi si sono celebrati 20 concili ecumenici (fino al 1054, con lo scisma con gli Orientali, erano davvero ecumenici; 1535-1540 scisma d’Occidente con i Riformati)

- sinodo: riunione dei vescovi eletti dalle conferenze episcopali – con oltre 100 vescovi, se ne eleggono 4 a rappresentanza; ci sono poi assemblee ordinarie o straordinarie o speciali, inerenti alcune particolari chiese; le ordinarie trattano temi universali, ad esempio degli stati di vita del cristiano: sacerdoti e diaconi, laici, consacrati, vescovi; poi sui due tesori della Chiesa: la eucaristia e la parola di Dio; l’ultimo è stato sulla nuova evangelizzazione; papa Francesco ha voluto due momenti distinti per le sfide pastorali sulla famiglia: nel settembre 2014 si raccoglieranno esperienze e informazioni relative alle chiese particolari; nel 2015 ci sarà invece l’assemblea ordinaria per tracciare linee operative per la pastorale per la persona umana e la famiglia. Il Sinodo ha avuto finora valore consultiva, per quanto a termini di diritto possa ricevere anche dal papa il valore deliberativo. Solitamente il Sinodo presenta delle propositiones che poi diventano spunto perché il papa pubblichi una esortazione apostolica.

LE SFIDE PASTORALI SULLA FAMIGLIA NEL CONTESTO DELLA EVANGELIZZAZIONEDocumento preparatorio - Città del Vaticano, 2013  I - Il Sinodo: famiglia ed evangelizzazione La missione di predicare il Vangelo a ogni creatura è stata affidata direttamente dal Signore ai suoi discepoli e di essa la Chiesa è portatrice nella storia. Nel tempo che stiamo vivendo l’evidente crisi sociale e spirituale diventa una sfida pastorale, che interpella la missione evangelizzatrice della Chiesa per la famiglia, nucleo vitale della società e della comunità ecclesiale. Proporre il Vangelo sulla famiglia in questo contesto risulta quanto mai urgente e necessario. L’importanza del tema emerge dal fatto che il Santo Padre ha deciso di stabilire per il Sinodo dei Vescovi un itinerario di lavoro in due tappe: la prima, l’Assemblea Generale Straordinaria del 2014, volto a precisare lo “status quaestionis” e a raccogliere testimonianze e proposte dei Vescovi per annunciare e vivere credibilmente il Vangelo per la famiglia; la seconda, l’Assemblea Generale Ordinaria del 2015, per cercare linee operative per la pastorale della persona umana e della famiglia.Si profilano oggi problematiche inedite fino a pochi anni fa, dalla diffusione delle coppie di fatto, che non accedono al matrimonio e a volte ne escludono l’idea, alle unioni fra persone dello stesso sesso, cui non di rado è consentita l’adozione di figli. Fra le numerose nuove situazioni che richiedono l’attenzione e l’impegno pastorale della Chiesa basterà ricordare: matrimoni misti o inter-religiosi; famiglia monoparentale; poligamia; matrimoni combinati con la conseguente problematica della dote, a volte intesa come prezzo di acquisto della donna; sistema delle caste; cultura del non-impegno e della presupposta instabilità del vincolo; forme di femminismo ostile alla Chiesa; fenomeni migratori e riformulazione dell’idea stessa di famiglia; pluralismo relativista nella concezione del matrimonio; influenza dei media sulla cultura popolare nella comprensione delle nozze e della vita familiare; tendenze di pensiero sottese a proposte legislative che svalutano la permanenza e la fedeltà del patto matrimoniale; diffondersi del fenomeno delle madri surrogate (utero in affitto); nuove interpretazioni dei diritti umani. Ma soprattutto in ambito più strettamente ecclesiale,

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indebolimento o abbandono della fede nella sacramentalità del matrimonio e nel potere terapeutico della penitenza sacramentale.

Difficoltà delle unioni tra coniugi di religione diversa; poligamia con problema della dote: cfr. libertà del consenso nel matrimonio; il sistema delle caste (India, ma non solo) che de jure sono state abolite ma de facto sussistono ancora; instabilità del vincolo per cui ci si rassegna ad alta fallibilità con cultura divorzista; pluralismo e relativismo; madri surrogate

Da tutto questo si comprende quanto urgente sia che l’attenzione dell’episcopato mondiale “cum et sub Petro” si rivolga a queste sfide. Se ad esempio si pensa al solo fatto che nell’attuale contesto molti ragazzi e giovani, nati da matrimoni irregolari, potranno non vedere mai i loro genitori accostarsi ai sacramenti, si comprende quanto urgenti siano le sfide poste all’evangelizzazione dalla situazione attuale, peraltro diffusa in ogni parte del “villaggio globale”. Questa realtà ha una singolare rispondenza nella vasta accoglienza che sta avendo ai nostri giorni l’insegnamento sulla misericordia divina e sulla tenerezza nei confronti delle persone ferite, nelle periferie geografiche ed esistenziali: le attese che ne conseguono circa le scelte pastorali riguardo alla famiglia sono amplissime. Una riflessione del Sinodo dei Vescovi su questi temi appare perciò tanto necessaria e urgente, quanto doverosa come espressione di carità dei Pastori nei confronti di quanti sono a loro affidati e dell’intera famiglia umana. II - La Chiesa e il vangelo sulla famigliaLa buona novella dell’amore divino va proclamata a quanti vivono questa fondamentale esperienza umana personale, di coppia e di comunione aperta al dono dei figli, che è la comunità familiare. La dottrina della fede sul matrimonio va presentata in modo comunicativo ed efficace, perché essa sia in grado di raggiungere i cuori e di trasformarli secondo la volontà di Dio manifestata in Cristo Gesù.

Le verità della fede vanno presentate sapendo che Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre (Ebr) e tuttavia con modo efficace, illustrando la grandezza del progetto originario sulla famiglia prima ancora che esponendo divieti e lamentazioni. Occorre presentare prima la fisiologia, poi la patologia.

Circa il richiamo delle fonti bibliche su matrimonio e famiglia, in questa sede si riportano solo i riferimenti essenziali. Così pure per i documenti del Magistero sembra opportuno limitarsi ai documenti del Magistero universale della Chiesa, integrandoli con alcuni testi del Pontificio Consiglio della Famiglia e rimandando ai Vescovi partecipanti al Sinodo il compito di dar voce ai documenti dei loro rispettivi organismi episcopali.In ogni tempo e nelle più diverse culture non è mai mancato né l’insegnamento chiaro dei pastori né la testimonianza concreta dei credenti, uomini e donne, che in circostanze molto differenti hanno vissuto il Vangelo sulla famiglia come un dono incommensurabile per la vita loro e dei loro figli. L’impegno per il prossimo Sinodo Straordinario è mosso e sostenuto dal desiderio di comunicare a tutti, con incisività maggiore, questo messaggio, sperando così che «il tesoro della rivelazione, affidato alla Chiesa, riempia sempre più il cuore degli uomini» (DV 26).

La dottrina resta quella, ma va comunicata con passione evangelica sempre maggiore.

Il progetto di Dio Creatore e Redentore La bellezza del messaggio biblico sulla famiglia ha la sua radice nella creazione dell’uomo e della donna fatti entrambi a immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1,24-31; 2, 4b-25). Legati da un vincolo sacramentale indissolubile, gli sposi vivono la bellezza dell’amore, della paternità, della maternità e della dignità suprema di partecipare così alla opera creatrice di Dio. Nel dono del frutto della loro unione assumono la responsabilità della crescita e dell’educazione di altre persone per il futuro del genere umano. Attraverso la procreazione l’uomo e la donna compiono nella fede la vocazione all’essere collaboratori di Dio nella custodia del creato e nella crescita della famiglia umana.

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A partire da questo progetto originario si motiva il no ai matrimoni omosessuali che, di per sé, non potrebbero essere matrimoni (manca il matris munus, cioè il compito della madre: generazione ed educazione)

Il Beato Giovanni Paolo II ha commentato quest’aspetto nella Familiaris Consortio: «Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (cf. Gen 1,26s): chiamandolo all’esistenza per amore, l’ha chiamato nello stesso tempo all’amore. Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in se stesso un mistero di comunione personale d’amore. Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell’essere, Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione (cf. Gaudium et Spes, 12). L’amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano» (FC, n. 11). Questo progetto di Dio creatore, che il peccato originale ha sconvolto (cf. Gn 3, 1-24), si è manifestato nella storia attraverso le vicende del popolo eletto fino alla pienezza dei tempi, allorché, con l’incarnazione il Figlio di Dio non solo confermò la volontà divina di salvezza, ma con la redenzione offrì la grazia di obbedire a questa medesima volontà.Il Figlio di Dio, Verbo fatto carne (cf. Gv 1,14) nel grembo della Vergine Madre è vissuto e cresciuto nella famiglia di Nazaret, e ha partecipato alle nozze di Cana di cui ha arricchito la festa con il primo dei suoi “segni” (cf. Gv 2,1-11). Egli ha accettato con gioia l’accoglienza familiare dei suoi primi discepoli (cf. Mc 1,29-31; 2,13-17) e ha consolato il lutto della famiglia dei suoi amici a Betania (cf. Lc 10,38-42; Gv 11,1-44). Gesù Cristo ha ristabilito la bellezza del matrimonio riproponendo il progetto unitario di Dio , che era stato abbandonato per la durezza del cuore umano persino all’interno della tradizione del popolo di Israele (cf. Mt 5,31-32; 19.3-12; Mc 10,1-12; Lc 16,18). Tornando all’origine Gesù ha insegnato l’unità e la fedeltà degli sposi, rifiutando il ripudio e l’adulterio.

Quando Gesù viene interrogato sull’adulterio, richiama il principio delle origini dell’indissolubilità del matrimonio.

Proprio attraverso la straordinaria bellezza dell’amore umano – già celebrata con accenti ispirati nel Cantico dei Cantici, e del legame sponsale richiesto e difeso da Profeti come Osea (cf. Os 1,2-3,3) e Malachia (cf. Ml 2,13-16) –, Gesù ha affermato l’originaria dignità dell’amore dell’uomo e della donna.

L’insegnamento della Chiesa sulla famigliaAnche nella comunità cristiana primitiva la famiglia apparve come la «Chiesa domestica» (cf. CCC ,1655 ): Nei cosiddetti “codici familiari” delle Lettere apostoliche neotestamentarie, la grande famiglia del mondo antico è identificata come il luogo della solidarietà più profonda tra mogli e mariti, tra genitori e figli, tra ricchi e poveri (cf. Ef 5,21-6,9; Col 3,18-4,1; 1Tm 2,8-15; Tt 2,1-10; 1Pt 2,13-3,7; cf. inoltre anche la Lettera a Filemone). In particolare, la Lettera agli Efesini ha individuato nell’amore nuziale tra l’uomo e la donna «il mistero grande», che rende presente nel mondo l’amore di Cristo e della Chiesa (cf. Ef 5,31-32). Nel corso dei secoli, soprattutto nell’epoca moderna fino ai nostri giorni, la Chiesa non ha fatto mancare un suo costante e crescente insegnamento sulla famiglia e sul matrimonio che la fonda. Una delle espressioni più alte è stata proposta dal Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes, che trattando alcuni dei problemi più urgenti dedica un intero capitolo alla promozione della dignità del matrimonio e della famiglia, come appare nella descrizione del suo valore per la costituzione della società: «la famiglia, nella quale le diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa e ad armonizzare i diritti della persona con le altre esigenze della vita sociale, è veramente il fondamento della società» (GS 52). Di speciale intensità è l’appello a una spiritualità cristocentrica per gli sposi credenti: «i coniugi stessi, creati ad immagine del Dio vivente e muniti di un’autentica dignità personale, siano uniti da un uguale mutuo affetto, dallo stesso modo di sentire, da comune santità, così che, seguendo Cristo principio di vita nelle gioie e nei sacrifici della loro vocazione, attraverso il loro amore fedele possano diventare testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con la sua morte e la sua risurrezione» (GS 52).

GS 52 va richiamato ogni volta che si presenta la realtà del matrimonio come sacramento.Dopo il CVII ci sono movimenti ecclesiali che aiutano a vivere il sacramento “in facto esse” che conferisce la grazia sacramentale, cioè quella necessaria a realizzare il fine proprio del matrimonio

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Anche i Successori di Pietro dopo il Concilio Vaticano II hanno arricchito con il loro Magistero la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia, in particolare Paolo VI con la Enciclica Humanae vitae, che offre specifici insegnamenti di principio e di prassi. Successivamente il Papa Giovanni Paolo II nella Esortazione Apostolica Familiaris Consortio volle insistere nel proporre il disegno divino circa la verità originaria dell’amore sponsale e della famiglia: «Il “luogo” unico, che rende possibile questa donazione secondo l’intera sua verità, è il matrimonio, ossia il patto di amore coniugale o scelta cosciente e libera, con la quale l’uomo e la donna accolgono l’intima comunità di vita e d’amore, voluta da Dio stesso (cfr. Gaudium et Spes, 48), che solo in questa luce manifesta il suo vero significato. L’istituzione matrimoniale non è una indebita ingerenza della società o dell’autorità, né l’imposizione estrinseca di una forma, ma esigenza interiore del patto d’amore coniugale che pubblicamente si afferma come unico ed esclusivo perché sia vissuta così la piena fedeltà al disegno di Dio Creatore. Questa fedeltà, lungi dal mortificare la libertà della persona, la pone al sicuro da ogni soggettivismo e relativismo, la fa partecipe della Sapienza creatrice»(FC 11).Il Catechismo della Chiesa Cattolica raccoglie questi dati fondamentali: «L’alleanza matrimoniale, mediante la quale un uomo e una donna costituiscono fra loro un’intima comunione di vita e di amore, è stata fondata e dotata di sue proprie leggi dal Creatore. Per sua natura è ordinata al bene dei coniugi così come alla generazione e all’educazione della prole. Tra battezzati essa è stata elevata da Cristo Signore alla dignità di sacramento [cf. Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et Spes, 48; Codice di Diritto Canonico, 1055, 1]» (CCC 1660). La dottrina esposta nel Catechismo tocca sia i principi teologici sia i comportamenti morali, trattati sotto due titoli distinti: Il sacramento del matrimonio (nn. 1601-1658) e Il sesto comandamento (nn. 2331-2391). L’attenta lettura di queste parti del Catechismo procura una comprensione aggiornata della dottrina della fede a sostegno dell’azione della Chiesa davanti alle sfide odierne. La sua pastorale trova ispirazione nella verità del matrimonio visto nel disegno di Dio che ha creato maschio e femmina e nella pienezza del tempo ha rivelato in Gesù anche la pienezza dell’amore sponsale elevato a sacramento. Il matrimonio cristiano fondato sul consenso è anche dotato di propri effetti quali sono i beni e i compiti degli sposi, tuttavia non è sottratto al regime del peccato (cfr. Gen 3,1-24) che può procurare ferite profonde e anche offese alla dignità stessa del sacramento.La recente Enciclica di Papa Francesco, Lumen Fidei, parla della famiglia nel suo legame con la fede che rivela «quanto possono essere saldi i vincoli tra gli uomini quando Dio si rende presente in mezzo ad essi» (LF 50). «Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia. Penso anzitutto all’unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio. Essa nasce dal loro amore, segno e presenza dell’amore di Dio, dal riconoscimento e dall’accettazione della bontà della differenza sessuale, per cui i coniugi possono unirsi in una sola carne (cf. Gn 2,24) e sono capaci di generare una nuova vita, manifestazione della bontà del Creatore, della sua saggezza e del suo disegno di amore. Fondati su quest’amore, uomo e donna possono promettersi l’amore mutuo con un gesto che coinvolge tutta la vita e che ricorda tanti tratti della fede. Promettere un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre un disegno più grande dei propri progetti, che ci sostiene e ci permette di donare l’intero futuro alla persona amata» (LF 52). «La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità» (LF 53).  III - QuestionarioLe seguenti domande permettono alle Chiese particolari di partecipare attivamente alla preparazione del Sinodo Straordinario, che ha lo scopo di annunciare il Vangelo nelle sfide pastorali di oggi circa la famiglia.1 - Sulla diffusione della Sacra Scrittura e del Magistero della Chiesa riguardante la famigliaa) Qual è la reale conoscenza degli insegnamenti della Bibbia, della “Gaudium et Spes”, della “Familiaris Consortio” e di altri documenti del Magistero postconciliare sul valore della famiglia secondo la Chiesa Cattolica? Come i nostri fedeli vengono formati alla vita familiare secondo l’insegnamento della Chiesa?

Oggi si dà per scontato di saper amare, senza considerare che occorre una educazione all’amore. I corsi pre-matrimoniali dovrebbero illuminare le coscienze sulla reale consistenza del sacramento.

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Magari con testimonianze di famiglie credibili. La gente non conosce quasi l’insegnamento della Chiesa, figuriamoci a pensare di metterlo in pratica!Quale catechesi sulla famiglia? Bisogna avere momenti di incontro e sapere che si ha a che fare con situazioni irregolari verso le quali occorre muoversi con circospezione e prudenza. Spesso dall’esterno si critica la dottrina della Chiesa senza conoscerne neppure l’insegnamento…

Il questionario è destinato alle diocesi cui spetta di farlo arrivare alla segreteria del sinodo per la famiglia, eventualmente attivando modalità di rapporto con gli organi sottostanti (consiglio pastorale, organi consultori, movimenti, etc…). Solitamente è la conferenza episcopale nazionale che deve dare indicazioni preparatorie, ma questa volta sembra che la volontà del papa sia stata di coinvolgere direttamente le chiese particolari, cioè le diocesi.

b) Dove l’insegnamento della Chiesa è conosciuto, è integralmente accettato? Si verificano difficoltà nel metterlo in pratica? Quali?c) Come l’insegnamento della Chiesa viene diffuso nel contesto dei programmi pastorali a livello nazionale, diocesano e parrocchiale? Quale catechesi si fa sulla famiglia?d) In quale misura – e in particolari su quali aspetti – tale insegnamento è realmente conosciuto, accettato, rifiutato e/o criticato in ambienti extra ecclesiali? Quali sono i fattori culturali che ostacolano la piena ricezione dell’insegnamento della Chiesa sulla famiglia?

2 - Sul matrimonio secondo la legge naturalea) Quale posto occupa il concetto di legge naturale nella cultura civile, sia a livello istituzionale, educativo e accademico, sia a livello popolare? Quali visioni dell’antropologia sono sottese a questo dibattito sul fondamento naturale della famiglia? b) Il concetto di legge naturale in relazione all’unione tra l’uomo e la donna è comunemente accettato in quanto tale da parte dei battezzati in generale? c) Come viene contestata nella prassi e nella teoria la legge naturale sull’unione tra l’uomo e la donna in vista della formazione di una famiglia? Come viene proposta e approfondita negli organismi civili ed ecclesiali?d) Se richiedono la celebrazione del matrimonio battezzati non praticanti o che si dichiarino non credenti, come affrontare le sfide pastorali che ne conseguono?

Facilmente si rinuncia alla legge naturale in favore del positivismo giuridico per cui è lecito e buono quanto legalmente ammesso. La dottrina cattolica in ambito di morale riconosce che ci sono invece dei valori anteriori a qualsiasi determinazione del diritto positivo, ad esempio il valore della vita e del patto coniugale. Emerge una visione della famiglia e del mondo sottesa alle diverse prese di posizione in merito a matrimonio, etc…Si fa riferimento alla natura, non alla fede, per ricusare le unioni omosessuali quali “matrimoni”. La natura non cambia, la cultura sì. Occorre distinguere quanto appartiene a un ambito e quanto all’altro.

3 - La pastorale della famiglia nel contesto dell’evangelizzazionea) Quali sono le esperienze nate negli ultimi decenni in ordine alla preparazione al matrimonio? Come si è cercato di stimolare il compito di evangelizzazione degli sposi e della famiglia? Come promuovere la coscienza della famiglia come “Chiesa domestica”?b) Si è riusciti a proporre stili di preghiera in famiglia che riescano a resistere alla complessità della vita e della cultura attuale?c) Nell’attuale situazione di crisi tra le generazioni, come le famiglie cristiane hanno saputo realizzare la propria vocazione di trasmissione della fede?d) In che modo le Chiese locali e i movimenti di spiritualità familiare hanno saputo creare percorsi esemplari?

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e) Qual è l’apporto specifico che coppie e famiglie sono riuscite a dare in ordine alla diffusione di una visione integrale della coppia e della famiglia cristiana credibile oggi?f) Quale attenzione pastorale la Chiesa ha mostrato per sostenere il cammino delle coppie in formazione e delle coppie in crisi?

Se la famiglia è chiesa domestica, i primi educatori dei figli sono i genitori che nel giorno del matrimonio hanno promesso di assumersi l’impegno di trasmettere la fede alla prole. Medesimo discorso vale per la preghiera: se i genitori non pregano, come possono insegnare la preghiera ai figli? Occorre rivedere i tempi della vita famigliare per educarsi alla fede condivisa. Il corso sul matrimonio (teologia dell’amore umano) costituisce l’humus della dottrina canonica.La famiglia come Chiesa domestica: negli anni ’60 Carlo Carretto, presidente AC, propone un tale orizzonte per la famiglia e non viene compreso. Si pensava che la spiritualità fosse riservata ai chierici, mentre i laici dovessero limitarsi all’osservanza dei comandamenti.In tempi più recenti, si è invece scoperto che anche il matrimonio è una via per la santificazione. Già Francesco di Sales nella Filotea individuava nel matrimonio una via autentica di santificazione. Non unione di single, bensì realtà umana duale, dove maschio e femmina si integrano e completano a vicenda in una donazione reciproca aperta alla vita.Art. 29 della Costituzione Italiana afferma che la famiglia è cellula fondamentale della società, per cui la famiglia precede lo stato, a differenza dello stato etico (totalitarismo di destra e di sinistra). La preghiera in famiglia: un tempo era normale radunarsi alla sera per pregare insieme, ma oggi le cose sono cambiate… Un tempo la liturgia era appannaggio del clero, e le novene erano riservate al popolo. La SC – approvata nel 1963 – ha reso la liturgia disponibile per il popolo dei credenti. Essa è fonte di spiritualità.La trasmissione della fede: benché da 40 anni si dica che ogni età della vita è soggetto di catechesi, resta ancora l’idea che la catechesi sia una preparazione riservata ai sacramenti della iniziazione cristiana. Ragion per cui dopo la Cresima si assiste a un abbandono di massa. E i ventenni di oggi sono una generazione di increduli, mentre le donne di 40 anni sempre più abbandonano la fede.I movimenti ecclesiali devono suscitare percorsi spirituali esemplari, poiché il parroco è un mediatore di queste esperienze e non l’unico soggetto propositivo né deve ridursi a protagonista unico o accentratore.La visione del matrimonio, incentrata sui due fini del sacramento, è andata smarrendosi in questo tempo più recente. Occorre recuperare la teologia del matrimonio nella sua integralità, rileggendo San Paolo in modo intelligente, profondo. Senza tralasciare, ad esempio, il fine unitivo del matrimonio accanto a quello procreativo. La consumazione è completamento di quanto iniziato con il consenso sacramentale. Bonomi (sessuologo, con propria casa editrice specifica): dalla sessualità funzionale (procreativo) a quella relazionale (unitivo). La verginità di Maria ante, in et post partum, è dato di fede. Ma questo non significa che si escludano tutti gli aspetti di concreta e reale maternità di Maria, sempre Vergine e vera Madre di Dio. Gesù ha assunto uno sguardo originale e aperto sulla umanità femminile, smascherando le falsità e le convenzioni del tempo. Sostegno alle coppie in formazione e in crisi: occorrono aiuti per la preparazione prossima al matrimonio, per far emergere il piano di Dio sui nubendi, tenendo presenti condizioni di vita, cultura, mentalità. Nei consultori familiari c’è la figura del mediatore che concorre alla ricomposizione dei conflitti. A volte aiutando con temporanea separazione, che non è sempre preludio di separazione bensì a volte di riconciliazione. Oggi però si cerca addirittura di ridurre il tempo che dovrebbe intercorrere tra separazione e divorzio, per rendere tutto più “facile”. Non sempre occorre scomodare la fede, ma è sufficiente l’appello al buon senso e a una corretta visione antropologica per ribattere ai tentativi di quanti vogliono riformare la famiglia in senso “gender” e affini.

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Alla cultura occorre ribattere con la natura: il matrimonio è tale perché trasmette la vita (matris munus).

4 - Sulla pastorale per far fronte ad alcune situazioni matrimoniali difficilia) La convivenza ad experimentum è una realtà pastorale rilevante nella Chiesa particolare? In quale percentuale si potrebbe stimare numericamente?b) Esistono unioni libere di fatto, senza riconoscimento né religioso né civile? Vi sono dati statistici affidabili?c) I separati e i divorziati risposati sono una realtà pastorale rilevante nella Chiesa particolare? In quale percentuale si potrebbe stimare numericamente? Come si fa fronte a questa realtà attraverso programmi pastorali adatti?d) In tutti questi casi: come vivono i battezzati la loro irregolarità? Ne sono consapevoli? Manifestano semplicemente indifferenza? Si sentono emarginati e vivono con sofferenza l’impossibilità di ricevere i sacramenti?e) Quali sono le richieste che le persone divorziate e risposate rivolgono alla Chiesa a proposito dei sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione? Tra le persone che si trovano in queste situazioni, quante chiedono questi sacramenti?f) Lo snellimento della prassi canonica in ordine al riconoscimento della dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale potrebbe offrire un reale contributo positivo alla soluzione delle problematiche delle persone coinvolte? Se sì, in quali forme?g) Esiste una pastorale per venire incontro a questi casi? Come si svolge tale attività pastorale? Esistono programmi al riguardo a livello nazionale e diocesano? Come viene annunciata a separati e divorziati risposati la misericordia di Dio e come viene messo in atto il sostegno della Chiesa al loro cammino di fede?

Alcune domande sulle situazioni difficili tendono a individuare indicazioni quantitative. Ma si tratta spesso di stime, difficilmente risolvibili in dati esatti.Le relazioni tra separati e divorziati con la Chiesa sono mute invece che mutue… e spesso di incomprensione reciproca. È una realtà della quale spesso non si parla. E per la quale sovente non ci sono iniziative organizzate o ben definite. Bisognerebbe favorire l’inserimento di queste persone nella comunità cristiana, puntando nel tempo al raggiungimento della comunione eucaristica. Alcuni propongono la comunione spirituale: sarebbe forse contraddittorio, se si pensa che quanti non possono fare la comunione si trovano in una situazione di peccato più o meno consapevolmente scelto.Occorrono riforme nella pastorale per trovare un modo nuovo di parlare a queste persone, sapendo che la verità della dottrina non muta ma si può dire in maniera nuova. Così, ad esempio, la riforma della curia romana è stata iniziata da papa Francesco cominciando col dire messa nella cappella di Santa Marta: la preghiera precede ogni altra iniziativa.Adozione da parte di genitori omosessuali: è il massimo del consumismo, laddove anche il figlio diventa un bene che deve essere dato a chi ne fa domanda per soddisfare una propria esigenza, senza considerare i diritti della persona più indifesa, ovvero il bambino. Ma questo è normale in un mondo in cui l’individuo, senza Dio, pretende di essere dio, scegliendo e modificando il proprio orientamento sessuale a piacere, a dispetto della natura. Si assiste a un regresso dell’umanità, dove la persona non conta più nulla. Occorre mettersi in ascolto delle persone in situazioni difficili.Lo snellimento della procedura di nullità potrebbe essere di aiuto? Ora anche i laici possono partecipare come periti e avvocati; qualcuno chiede di istituire commissioni diocesane allargate a laici competenti sulle differenti dimensioni della vita: teologica, psicologica, famigliare…Il giorno delle dimissioni di BXVI il papa ha firmato un atto con cui si dice che non servono ulteriori gradi per la sentenza finale della Rota Romana, tribunale di appello per la Chiesa universale.

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5 - Sulle unioni di persone della stesso sessoa) Esiste nel vostro paese una legge civile di riconoscimento delle unioni di persone dello stesso sesso equiparate in qualche modo al matrimonio?b) Quale è l’atteggiamento delle Chiese particolari e locali sia di fronte allo Stato civile promotore di unioni civili tra persone dello stesso sesso, sia di fronte alle persone coinvolte in questo tipo di unione? c) Quale attenzione pastorale è possibile avere nei confronti delle persone che hanno scelto di vivere secondo questo tipo di unioni? d) Nel caso di unioni di persone dello stesso sesso che abbiano adottato bambini come comportarsi pastoralmente in vista della trasmissione della fede?

L’Italia è uno degli ultimi Paesi in cui ancora non sono legali tali unioni.

6 - Sull’educazione dei figli in seno alle situazioni di matrimoni irregolaria) Qual è in questi casi la proporzione stimata di bambini e adolescenti in relazione ai bambini nati e cresciuti in famiglie regolarmente costituite?b) Con quale atteggiamento i genitori si rivolgono alla Chiesa? Che cosa chiedono? Solo i sacramenti o anche la catechesi e l’insegnamento in generale della religione?c) Come le Chiese particolari vanno incontro alla necessità dei genitori di questi bambini di offrire un’educazione cristiana ai propri figli?d) Come si svolge la pratica sacramentale in questi casi: la preparazione, l’amministrazione del sacramento e l’accompagnamento?

I cristiani della linfa sono pochi, la maggior parte sono i cristiani della corteccia (Card. Martini).

7 - Sull’apertura degli sposi alla vitaa) Qual è la reale conoscenza che i cristiani hanno della dottrina della Humanae vitae sulla paternità responsabile? Quale coscienza si ha della valutazione morale dei differenti metodi di regolazione delle nascite? Quali approfondimenti potrebbero essere suggeriti in materia dal punto di vista pastorale? b) È accettata tale dottrina morale? Quali sono gli aspetti più problematici che rendono difficoltosa l’accettazione nella grande maggioranza delle coppie? c) Quali metodi naturali vengono promossi da parte delle Chiese particolari per aiutare i coniugi a mettere in pratica la dottrina dell’Humanae vitae? d) Qual è l’esperienza riguardo a questo tema nella prassi del sacramento della penitenza e nella partecipazione all’eucaristia?e) Quali contrasti si evidenziano tra la dottrina della Chiesa e l’educazione civile al riguardo?f) Come promuovere una mentalità maggiormente aperta alla natalità? Come favorire la crescita delle nascite?

Enciclica di Paolo VI “Humanae Vitae” – dal 1967 a oggi si è perso il nesso tra il significato unitivo e quello procreativo del matrimonio, riducendo l’amore al sesso.Si dovrebbe avere una paternità responsabile, mentre per molte donne la poliabortività è il mezzo più ricercato come controllo delle nascite. Casi complessi: una volta abortito, resta la donna da accompagnare nel percorso di perdono. Oggi sono rarissimi gli interventi in favore dei metodi naturali e di conseguenza è altrettanto raro che si portino in confessione peccati ad essi relativi. Mancano una catechesi e una pastorale adeguate… e in Italia si assiste ormai al diffondersi della famiglia-fobia…

8 - Sul rapporto tra la famiglia e personaa) Gesù Cristo rivela il mistero e la vocazione dell’uomo: la famiglia è un luogo privilegiato perché questo avvenga? b) Quali situazioni critiche della famiglia nel mondo odierno possono diventare un ostacolo all’incontro della persona con Cristo?c) In quale misura le crisi di fede che le persone possono attraversare incidono nella vita familiare?

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La famiglia dovrebbe essere il luogo privilegiato in cui si svela la vocazione dell’uomo chiamato a diventare per grazia ciò che Cristo è per natura, cioè Figlio di Dio.Situazioni critiche: la mancanza di lavoro, le separazioni, una visione della religione come opzionale, legata al sentimento o alla simpatia del parroco, senza arrivare all’incontro vivo e vitale con Gesù Cristo. A ciò si aggiungono anche situazioni di scandalo da parte del clero e quanto può diventare un ostacolo all’adesione alla fede delle persone.

9 - Altre sfide e proposteCi sono altre sfide e proposte riguardo ai temi trattati in questo questionario, avvertite come urgenti o utili da parte dei destinatari?