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Padre Elia CITTERIO – dogmatico monografico F. Hadjadj, Il Paradiso alla porta. Saggio su una gioia scomoda (Lindau) Dante, Il Paradiso Articolo della Civiltà Cattolica sulla silenziosa scomparsa dell’escatologia TESTI ARTE - VERDON, Cristo nell'arte europea, Electa ed. - MARC CHAGALL (mi servo, tra l'altro, del volume pubblicato da ed. Gribaudo) - La cappella Redemtoris Mater del papa Giovanni Paolo II, Libreria Editrice Vaticana TESTI EFREM SIRO, Inni sul paradiso, ed. PAOLINE SCHMEMANN, Liturgia e tradizione. per una cultura della vita nuova, ed. LIPA DURRWELL, La parola di Dio e l'Aldilà, Cittadella editrice HADJADJ, Il paradiso alla porta. Saggio su una gioia scomoda, ed Lindau NB. Se poteste leggere i volumi di SCHMEMANN, DURRWELL e HADJADJ sarebbe ideale per il corso. Per gli altri ed altri ancora fornirò io stesso qualche fotocopia quando sarà necessario. “Convertitevi e credete al Vangelo. Il Regno di Dio è vicino” Vicino: indica la dimensione escatologica La dimensione escatologica è quella che ci permette di considerare ogni evento della nostra vita come aperto al Regno di Dio. Dio è “colui che era, che è e che viene” – ma come si fa a seguire uno che viene? Gesù è uno che viene incontro a noi a mano a mano che ci apriamo alla sua Parola, quindi in misura di quanto lo seguiamo. Diversamente, rischia di essere una fede ridotta al moralismo. Il rischio è quello di (1) ridurre la fede alla dimensione puramente intramondana (dunque un’etica…) oppure (2) ammettere una dimensione escatologica ma intesa come un “futuro” indeterminato che non avrebbe alcuna relazione col mio presente.

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Padre Elia CITTERIO – dogmatico monografico

F. Hadjadj, Il Paradiso alla porta. Saggio su una gioia scomoda (Lindau)Dante, Il ParadisoArticolo della Civiltà Cattolica sulla silenziosa scomparsa dell’escatologia

TESTI ARTE- VERDON, Cristo nell'arte europea, Electa ed.- MARC CHAGALL (mi servo, tra l'altro, del volume pubblicato da ed. Gribaudo)- La cappella Redemtoris Mater del papa Giovanni Paolo II, Libreria EditriceVaticana

TESTIEFREM SIRO, Inni sul paradiso, ed. PAOLINESCHMEMANN, Liturgia e tradizione. per una cultura della vita nuova, ed. LIPADURRWELL, La parola di Dio e l'Aldilà, Cittadella editriceHADJADJ, Il paradiso alla porta. Saggio su una gioia scomoda, ed Lindau

NB.  Se poteste leggere i volumi di SCHMEMANN, DURRWELL e HADJADJ sarebbeideale per il corso. Per gli altri ed altri ancora fornirò io stesso qualchefotocopia quando sarà necessario. “Convertitevi e credete al Vangelo. Il Regno di Dio è vicino”Vicino: indica la dimensione escatologica

La dimensione escatologica è quella che ci permette di considerare ogni evento della nostra vita come aperto al Regno di Dio.Dio è “colui che era, che è e che viene” – ma come si fa a seguire uno che viene?Gesù è uno che viene incontro a noi a mano a mano che ci apriamo alla sua Parola, quindi in misura di quanto lo seguiamo.Diversamente, rischia di essere una fede ridotta al moralismo.Il rischio è quello di (1) ridurre la fede alla dimensione puramente intramondana (dunque un’etica…) oppure (2) ammettere una dimensione escatologica ma intesa come un “futuro” indeterminato che non avrebbe alcuna relazione col mio presente.

Gesù si presenta ai suoi risorto, con un corpo glorificato (e infatti non lo riconoscono) e in un incontro (non una semplice visione).Ancora: quando Gesù ascende al Cielo, gli apostoli sono pieni di gioia. Eppure li sta lasciando. Ma capiscono che la presenza fisica di Gesù non solo non è necessaria ma addirittura un limite (se è qui, non è là…). Mentre il risorto è ovunque e sempre (“Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”).

Il caso del Canada e delle madri lesbiche col figlio da far crescere come “bambina”Idem dicasi per liturgia, alimentazione, etc… Un conto è bloccare e vietare, altro è reindirizzare.La fede si fa crescere attraverso il confronto e il riorientamento delle posizioni avverse, in dialogo. Attenzione pure allo stile con cui si compiono le opere di misericordia (digiunare senza farsi accorgere, pregare in silenzio). La leggerezza permette alla verità di emergere più di una certa gravità o seriosità.Le opere buone risplendono se attraverso di noi passa qualcosa più grande di noi.

Le tentazioni di Gesù – Il demonio sa come tentarlo e su cosa. Riconosce che è Figlio di Dio e sa che è mandato dal Padre per conquistare il cuore degli uomini. Ma il demonio – che conosce il cuore dell’uomo – gli suggerisce un modo più diretto per ottenere lo stesso scopo, cioè conquistare l’umanità. Mostrando la sua potenza avrebbe conquistato il cuore degli uomini. Bisogna ritornare alle parole che il demonio fa dire a chi è sotto la croce- Ha salvato altri e non può salvare se stesso- Scenda dalla croce, e gli crederemo- Ha confidato in Dio, lo liberi Lui ora dalla croceSono le obiezioni di ognuno di noi nella prova e nella sofferenza, quando rinfacciamo a Dio di aver confidato invano in Lui. Il demonio vuol dunque infiltrarsi nel compito messianico di Gesù. Il settimo giorno della creazione Dio si riposa. Non perché fosse stanco. E neppure per godere di quanto creato, poiché al termine di ogni giorno contemplava la realtà creata.Nella miniatura esaminata in classe si vede Dio che si riposa appoggiando il piede alla croce di Cristo, come a dire che fin dal settimo giorno Dio pensava di manifestare il suo amore con la missione del Figlio. Il Padre e il Figlio hanno lo stesso volto (in fondo il Figlio è immagine di Dio, mentre l’uomo è creato “ad” immagine, dunque con la vocazione/tensione a realizzare in sé la divina figliolanza).

La silenziosa rivoluzione antiescatologica (Baumann, sociologo, sulla Civiltà Cattolica )

Oggi non c’è vocazione – sacerdotale o famigliare – che non sia assillata dal problema del “domani”: ci si chiede se quanto scelgo oggi possa valere anche domani. Una tendenza alla reversibilità che deriva dalle mutate condizioni sociali e di cui occorre tener conto.Esempi delle giornate festive trascorse all’Outlet e del centro sportivo concorrente all’oratorio (invece di contrastare/fotocopiare in malo modo). Bisogna andare al fondo delle ragioni che ci guidano nelle scelte, per sapere se facciamo bene o male. O meglio: per scoprire quale relazione ci sia in questa o quella scelta con la fede che dico di avere.

Problema della identità – la società odierna preferisce l’impostazione giovanilistica. Ma chi definisce questo modello o standard è vecchio. Mentre il giovane non si pone il problema. E quando se lo pone è perché i giovani stessi cominciano a pensare come i vecchi vogliono che si pensi. In Kenya il 50% della popolazione ha meno di 16 anni. Per cui c’è il divieto di emigrazione, per il timore di perdere le migliori risorse umane.Nei Paesi vecchi ci si preoccupa per mantenere quanto già c’è, così ad esempio chi si interessa del lavoro per i giovani è anzitutto chi teme che, non lavorando essi, i più anziani di oggi non avranno la pensione pagata (dai contributi dei più giovani) in futuro.

In una società come quella odierna che ignora completamente la fede o la irride, vale ancora la pena di volerne mostrare la bellezza? Quando ascoltiamo il Vangelo, sento che la mia vita è toccata da esso, oppure è semplicemente una bella parola che mi scivola via?Se non incide, la fede è semplicemente un vestito che, col passar del tempo, si logora.

La dinamica della parabola del Padre misericordioso che deve giungere a noi è quella del Padre buono che corre incontro al figliol prodigo e va a chiamare il figlio maggiore. Si tratta di godere e riconoscere nella nostra vita questo amore del Padre. Un amore che non si deve “sentire” ma anzitutto va accolto, riconosciuto, scelto…

***

Visione del filmato-testimonianza di Beshir, fratello di due dei 21 cristiani copti uccisi dall’ISIS in Egitto nel febbraio 2015.Se la fede non ingloba la vita in tutti i suoi aspetti, noi non crediamo veramente nella vita eterna. La madre dei due fratelli uccisi inviterebbe a casa i loro carnefici per offrire loro la possibilità di pentirsi. Che accada un simile atteggiamento è una grazia di Dio. Non bisogna presumere di esserne capaci.

Il brano della liturgia odierna riporta il Vangelo del povero Lazzaro e del ricco epulone.Prima della vita il povero ha il nome, il ricco no.Il povero va nell’aldilà, in cielo, “nel seno di Abramo”; il ricco va negli inferi, tra le fiamme e i tormenti.I due luoghi sono separati, non si può andare di qui a là e viceversa.

Queste parabole vogliono descrivere come sia l’aldilà o no? L’aldilà è uno spazio? È in alto o in basso? Ci sono diverse immagini dell’aldilà, ma se dovessimo descrivere l’aldilà brancoleremmo un po’ nel buio.La dimensione ultraterrena non è descritta ma indicata, non spiegata ma presentata.

Andiamo a rileggere il sacrificio di Isacco (Gen 22).

Gen 22, 1 Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». 2 Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va' nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». 3 Abramo si alzò di buon mattino, sellò l'asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l'olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. 4 Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. 5 Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». 6 Abramo prese la legna dell'olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutt'e due insieme. 7 Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov'è l'agnello per l'olocausto?». 8 Abramo rispose: «Dio stesso provvederà l'agnello per l'olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutt'e due insieme; 9 così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l'altare, collocò la legna, legò il figlio Isacco e lo depose sull'altare, sopra la legna. 10 Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. 11 Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». 12 L'angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio». 13 Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. 14 Abramo chiamò quel luogo: «Il Signore provvede», perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore provvede». 15 Poi l'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta 16 e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto

questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, 17 io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. 18 Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

Nel libro di Giobbe si legge che Satana si presenta davanti a Dio dopo aver percorso la terra, tra gli uomini. Un racconto ebraico (midrash) - in Ginzberg, “Le leggende degli Ebrei” - dice che anche nell’episodio di Abramo è Satana che “provoca” Dio, dopo aver notato che Abramo non ha accolto un povero alla sua mensa, impegnato com’è nella festa per lo svezzamento di Isacco. E Satana incalza: vedi? Adesso che ha il figlio desiderato, non ti considera più! – E Dio dice: tu non conosci Abramo! Potrei chiedergli persino il figlio in sacrificio e me lo darebbe…Isacco (37enne) e Ismaele discutono sulla circoncisione e Isacco afferma che sarebbe disposto a dare la sua carne per il padre, cui Ismaele ha obbedito facendosi circoncidere.

Abramo e Isacco vanno sul monte Moria. Prendi il tuo unico figlio, che ami: quindi Isacco, non Ismaele. Sacrificamelo! – Ma non sono sacerdote? – Ti farò sacerdote prima del momento opportuno!E come fa a dirlo a Sara?Isacco è grande, ma non conosce tutte le leggi rituali. Così Abramo dice: lo portiamo da un sacerdote a imparare, poi tornerà. Quindi la mamma si convince e lasciarli partire.Ismaele e Eliezer (servo) li accompagnano. Sanno che Isacco verrà offerto e litigano su chi verrà scelto, ma una voce esterna dice “non tocca a nessuno dei due”.Ricompare Satana. Come un vecchio, sfida Abramo: ma vuoi davvero che Dio ti chieda una assurdità così? – Abramo riconosce l’inganno. Isacco viene messo in guardia da Satana, e Isacco parla con Abramo (non con Satana!) e quegli lo rassicura: è un inganno, dobbiamo proseguire. Quindi Satana va da Sara e le svela tutto il piano. Sviene dal dolore.

Giunti sul luogo, Isacco rincuora Abramo: sono pronto a osservare il comando di Dio.Abramo lo lega e Isacco lo esorta a ucciderlo al primo colpo, perché se fosse ferito non sarebbe più offerta per il sacrificio (si poteva solo offrire un animale integro).Ripensa alla mamma, ma Abramo lo rassicura: il Signore ci sosterrà.

Dio e gli angeli assistono alla scena. Gli angeli “rimproverano” Dio. Il quale manda Michele a fermare la mano di Abramo. Ma Abramo dubita: può fermarsi per ordine di un servitore, per quanto celeste? Ma giunge una voce dal cielo: ora so che tu temi Dio…

Un altro racconto descrive la benedizione di Isacco sciolto dai lacci: benedetto sii tu Signore nostro Dio, che fai resuscitare i morti…

L’ariete “sostitutivo” Satana fa in modo che non arrivi, ma Abramo lo vide impigliato nei rovi e lo sacrificò. Il luogo di quel sacrificio è stato decisivo per la storia successiva dell’umanità. Noi dipendiamo dalla fede di Abramo.

Nulla andò sprecato dell’ariete. Le ceneri del corpo formarono la base per costruire l’altare del tempio dove ogni anno nel giorno del digiuno di espiazione (yom kippur) si celebrava con un sacrificio il ricordo del legamento di Isacco.I nervi divengono corde dell’arpa di Davide (il salterio rimanda alla lode al Dio della vita).La pelle servì al profeta Elia da cintura.Un corno annunciò la rivelazione del monte Sinai, dove – 600 anni dopo Abramo, che ebbe fede – venne data la Legge. L’altro proclamerà la fine dell’esilio e l’arrivo del Messia, cioè la fine dei tempi.

Dopo tutto questo Abramo si riferisce al Signore chiedendogli perché lo abbia messo alla prova, Lui che conosce i cuori. E Dio: era mio desiderio che il mondo ti conoscesse e si convincesse che non senza ragione avevo scelto te tra tutte le generazioni.Ma – dice Abramo – visto che io non mi sono ribellato dinanzi alla paradossalità di questa richiesta (cfr. Kierkegaard) in futuro ricordati, o Dio, dei miei figli e perdona i loro peccati.

E Sara? Aveva cercato padre e figlio senza trovarli. E quando si presentano vivi, per l’emozione muore.

Il racconto si comprende solo alzandosi dalla prospettiva individuale di Abramo a quella universalistica del popolo e dell’umanità futura (mentre Kierkegard interpreta il sacrificio come modo per offrire conferma allo stesso Abramo di quanto ami il Signore). Solo in quest’ottica possiamo cogliere tutto il valore della storia.

Una delle contraddizioni di fondo del Paradiso è sapere che non lo possiamo “guadagnare” e al tempo stesso esser certi che verremo ricompensati delle opere buone. Solo nella prospettiva della solidarietà universale possiamo risolvere queste (apparenti) aporie.

Più sei te stesso, più sei solidale. Se non sei solidale, non sei neppure te stesso. Alla fine non ti si chiederà: perché non sei stato come Mosé / Elia / xxx, ma: “perché non sei stato tu?”.

Altro racconto – in sogno, un rabbino è portato in paradiso, in mezzo ai maestri della legge. Ma nulla accade. E si chiede: tutto qua il paradiso? I maestri non sono in Paradiso, ma il Paradiso è nei maestri nella legge (quindi non è un “luogo”).

Perché l’uomo ha paura di morire? Non è tornare al Padre dei Cieli? Ma nel mondo futuro si vedono tutti gli errori compiuti in vita, e da essi non può nascondersi (questo è il purgatorio, che non è prima ma insieme al Paradiso).

La tragedia nella fede non è un evento ma la chiusura del cuore. “Aveva lo spirito così abbattuto che gli sembrava di non aver parte di un mondo futuro. Ma se amo Dio – pensava – potrei fare a meno di un mondo futuro/aldilà”.

La paga degli operai è la comunione in amore di fronte alla quale non conta null’altro (stare con Dio è più di tutto, anche più del Paradiso!).

Ebr 6, 4 Quelli infatti che sono stati una volta illuminati (battesimo), che hanno gustato il dono celeste (eucaristia), sono diventati partecipi dello Spirito Santo (cresima) 5 e hanno gustato la buona parola di Dio (Parola base dei sacramenti) e le meraviglie (energie) del mondo futuro. 6 Tuttavia se sono caduti, è impossibile rinnovarli una seconda volta portandoli alla conversione, dal momento che per loro conto crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all'infamia. 7 Infatti una terra imbevuta della pioggia che spesso cade su di essa, se produce erbe utili a quanti la coltivano, riceve benedizione da Dio; 8 ma se produce pruni e spine, non ha alcun valore ed è vicina alla maledizione: sarà infine arsa dal fuoco!

Quello che a noi manca è il gusto delle energie future. Noi al più ci serviamo della rivelazione di Dio per sistemare le nostre cose. Ma a volte le cose non si possono sistemare (cfr. la madre dei due fratelli copti uccisi dall’ISIS).

Prendere dal NT tre passi che annunciano il Regno di Dio e tre passi che annunciano le contraddizioni, provare a risolverle per iscritto e questo vale – per chi vuole – come esame.

Ad esempio: l’ascensione e la promessa “sono con voi tutti i giorni”.

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Un’altra questione importante è quella del tempo. I torti subiti hanno una rilevanza diversa a seconda di quanto ci toccano, come pure nei sogni non esistono confini tra presente e futuro. Anche in Chagall il tempo è eterno, come una globalità.A livello di cuore il tempo ha una sua dimensione. Cfr. durata e tempo spazializzato in Bergson.Solitamente pensiamo al tempo in senso lineare. Ma le grandi civiltà passate intendevano il tempo in senso ciclico (“niente di nuovo sotto il sole”). La percezione cristiana del tempo è qualcosa di specifico e spesso non teniamo conto di quanto originale sia questa visione.La cronaca non dà la verità, per cui i Vangeli non raccontano cronaca ma il tempo abitato da Cristo nella sua specificità.

Al tempo si lega la questione del soggetto. Il tempo lo vivo “io”. La visione della realtà varia dall’osservatore. Cosa ancor più evidente nel vivere gli affetti, oltre che nel descrivere la stessa scena di un incidente che appare secondo dinamiche diverse in base agli osservatori.Il soggetto è aperto, per cui i beati sono non “massa indistinta” o “individualità mescolate” bensì comunione di persone.A questo tema si collega l’unità di corpo e anima, come pure la condizione della persona “risorta”.

***Secondo una antica tradizione ebraica il Golgota è luogo di sepoltura di Adamo: la crocifissione di Gesù esprime dunque una solidarietà nella morte. Contro la prospettiva individualistica oggi dominante in chi pretende invano di comprendere da solo il mistero della vita.

In tutto il NT l’unica volta che si parla del Paradiso è nel racconto della crocifissione quando Gesù dice al “buon ladrone”: “Oggi sarai con me in paradiso”. L’unica volta: perché proprio lì?

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Prima premessa - Come arrivare all’intelligenza del “racconto” della Scrittura? Solitamente riduciamo la comprensione alla intellezione: chi ha fatto cosa? Chi ha detto cosa e perché?Ma l’intelligenza è legata al fatto che si tratta di un dramma, al di fuori del quale non si pone la domanda nella sua correttezza. La domanda non è: questo racconto è vero? – come se fosse cronaca. Invece il racconto risponde a un altro livello, oltre la pura intellezione.

Dobbiamo cercare di contemplare il dramma del crocifisso dal pv del dramma che noi viviamo. Quando le sofferenze sono così intense, non si può che avvicinarsi a Dio. In “Dio è rosso”, un autore non credente condivide la prospettiva dei cristiani che danno testimonianza nei lager. E si chiede: che cosa accade nel cuore dell’uomo che crede? Perché questi cristiani non sono arrabbiati come io sarei?

La seconda premessa. Solitamente ci avviciniamo al dato della Scrittura in ottica individualistica. Mentre il brano della Scrittura mi offre una chiave per una comprensione solidale con chi mi ha preceduto. Eb 4, 2 – “Poiché anche noi, come quelli, abbiamo ricevuto il Vangelo, ma a loro la Parola udita non giovò affatto perché non sono rimasti uniti a quelli che avevano ascoltato con fede”.

Si corre il rischio di separare il proprio rapporto con Gesù dalla relazione con la Chiesa, come se si potesse accogliere il primo (in ottica individualistica) e fare a meno della seconda (in prospettiva comunitaria). Ma senza questo orizzonte non si arriva alla comprensione profonda della Scrittura. Occorre dunque una dimensione ecclesiale.

Il libro del Deuteronomio è la sintesi degli ultimi 4 giorni di vita di Mosé che, non potendo entrare nella terra promessa, ricorda al popolo tutto quello che ha vissuto.Dt 4, 9 – Guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutta la tua vita, le insegnerai ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli.Quelli che ascoltano sono figli degli Israeliti scappati dall’Egitto e non hanno “visto” ciò di cui Mosé parla, anche se Mosé si rivolge a loro come se avessero vissuto tutto (solidarietà).In realtà il testo originario dice di non dimenticare “le parole” che hanno visto. In ebraico, parola ed evento si dice con lo stesso termine. In greco, no.

Nella vita viviamo continuamente eventi: cronaca (la superficie) o storia (eventi colti in una parola che ne svela il senso). Nella fede dobbiamo dunque cogliere gli eventi nel loro significato di rivelazione che solo la Parola di Dio offre. Collegare la cronaca alla Parola diviene significativo per entrambi i termini della relazione.

Maria “serbava tutte queste cose (parole) meditandole nel suo cuore” (Lc 2, 19). Espressione breve ma assai densa di significato.

Le parole ascoltate, gli eventi visti, i dubbi sorti messi tutti insieme devono produrre senso.

Forse che Maria non capiva? Aveva ancora domande? Chi è più dentro al Mistero, meno dà le cose per scontate. Mentre chi è al di fuori pensa di dominare e conoscere già tutto. Allora le domande di Maria sono segno del suo esser immersa nel Mistero.

Il senso è cogliere il segreto di Dio per te. Chi non vorrebbe intuirlo? Maria – rispetto a Marta - viene elogiata da Gesù in funzione della domanda: che cosa è necessario? Ciò che resterà per sempre è quanto rivela la cosa necessaria. E questa è l’esser per sempre col Signore (come Gesù promette al buon ladrone). Ecco perché Gesù elogia Maria, ma questo non significa che Marta, nel suo darsi da fare, non possa anche stare col Signore. Quindi: ciò che alimenta la vita eterna è retto per la mia vita.

Date le due premesse – il DRAMMA e la SOLIDARIETA’ ECCLESIALE – proseguiamo il discorso.

In Giovanni non si trova il racconto della istituzione eucaristica. Ma si può leggere il cap. 6 da ebrei (non da cattolici!) e leggerne il senso. Diverse domande gli vengono poste, ma quando dice che viene dal Cielo, non lo accettano più. Questo perché del messia non si sapeva l’origine e se Gesù dice da dove viene, allora non può esser Lui il messia.È disceso – facendosi uomo, servo, schiavo, schiavo degli schiavi… - affinché gli uomini potessero comprenderlo. Lo schiavo ebreo è esentato dal lavare i piedi ai padroni, ma nell’ultima cena Gesù lava persino i piedi ai suoi discepoli.Facciamo fatica ad accettare questa prospettiva, e quando Gesù pare “subire” – insulti, passione, croce – vorremmo vederlo agire con la forza del messia vittorioso. Ma Dio ha un’altra prospettiva. E se non vogliamo accettarla, facciamo come quei discepoli che se ne vanno. Allora Gesù si rivolge loro: volete andarvene anche voi? E Pietro: Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna (Gv 6, 68). Non che Pietro abbia capito tutto. Gesù non ha fatto sconti, neppure nella difficoltà, ma rimane vicino ai suoi, continuando a proporre tutta la verità. Pietro ribadisce la volontà di seguire Gesù perché ha già provato altrove senza trovare ciò che cercava, ma adesso ha incontrato Gesù e anche se non capisce non intende lasciarlo. Non capisce, capirà. Il dramma non viene diminuito, eppure la parola – benché non compresa – risuona come potente invito alla sequela.

Sullo sfondo, la chiesa propone nella liturgia la domanda fatta da Giosué ai suoi entrando nella terra promessa: voi, chi volete servire? – Servire non è diminuire il proprio essere bensì realizzarlo. La scelta radicale è servire Dio o il diavolo. “Servire” riferito a Dio nella Bibbia ha un clima gioioso e di libertà, mentre in riferimento al demonio sa di oppressione e schiavitù. Anche noi facciamo fatica a capire che solo servendo Gesù possiamo esser noi stessi.

La dinamica tracciata dalla croce è quella della discesa, non della salita. Noi diciamo “ascendere” al Cielo per liberarsi dal Male, ma nei mistici non troviamo mai questo, bensì inviti a “scendere” (e infatti in Giovanni Gesù “sale” in croce che è il punto più basso della discesa) secondo la dinamica della rivelazione di Dio.

Guai a noi se ignoriamo il desiderio del nostro Creatore su di noi, mentre ci perdiamo nella miseria e corruzione delle cose della terra. Primo contrasto che risalta come lo stare sulla cima di due montagne: il Tabor e il Calvario.Sul Tabor il dialogo con Mosé ed Elia di Gesù trasfigurato verte sulla morte del Signore. Mentre sul Calvario, in cima alla croce, si parla del Paradiso (al buon ladrone).

Sal 45, 3 – “Sei il più bello tra i figli dell’uomo” – sempre riferito a Gesù, ma anche collegato a Is 53, 3 – “Uomo dei dolori, davanti al quale ci si copre la faccia”: sintesi del bello e del brutto.

La dinamica dei racconti della resurrezione è tale che non possono esser assolutamente oggetto di elaborazione redazionale. La vera differenza tra cristianesimo e altre religioni è nella resurrezione. Da cui deriva una luce di fede che permette l’intelligenza del mistero di Dio e dell’uomo.

“Il figlio dell’uomo” è consegnato, mentre il “figlio unico” risorge. Non si può cogliere pienamente l’umanità di Gesù se non a partire di quell’“unico”. A livello morale, le diverse religioni non si distanziano così essenzialmente, ma la differenza è nella relazione con Gesù figlio dell’uomo e figlio unico.La dinamica della rivelazione non contempla il trionfo in terra del Cristo, poiché la via al Paradiso è la croce. E quella via tutti dobbiamo seguire. La resurrezione di Cristo risponde alle intuizioni di un destino umano aperto al futuro, viene incontro al nostro desiderio che la morte non sia l’ultima parola della vita.

Secondo la tradizione ebraica, il sacrificio di Isacco si sarebbe compiuto nell’ora del successivo sacrificio degli agnelli. Ormai lui è il tempio e non occorrono animali (ecco perché caccia tutti fuori, Gv 2). Non si arriva più a Dio secondo la legge (sacrifici) ma secondo la grazia (cfr. prologo giovanneo), cioè accogliendo il dono del Figlio. Solo accogliendo questa grazia si può vivere in libertà, sperimentando quella misericordia universale nei confronti dell’umanità che tanti santi hanno testimoniato.

Le ferite restano, ma se mi apro all’amore di Dio esse sono guarite. Come per il buon ladrone, cui Gesù promette di esser con Lui in paradiso. L’apertura è di Dio, non dall’uomo.Più un cuore è libero dinanzi a Dio e più ha paura del Paradiso perché si rende conto dell’indegnità dinanzi a questo dono. Voler invece chiedere a Dio di intervenire nella propria vita secondo la nostra misura significa non riconoscergli la misericordia che lo caratterizza nel profondo.

Gesù verrà nella sua gloria – noi pensiamo a scene di trionfo e dimostrazioni di forza. La intendiamo come un esercizio di potere. Ma questa è la gloria che appartiene al demonio (e che la offre a Gesù nelle tentazioni nel deserto). Dobbiamo aprirci alla rivelazione di Dio, non secondo la nostra misura e modalità.In Paradiso, ad esempio, secondo la dimensione evangelica chi ha più meriti serve chi ne ha meno (come Gesù coi suoi discepoli). Se manca tale dimensione, non siamo nello spirito del vangelo. Anche se riesco a farmi riconoscere la ragione e le cose vanno “come dico io”.L’immagine più straordinaria del cristianesimo è quella di Dio che tornando a casa, si metterà a servire i servi rimasti ad attenderlo. Dio che serve l’uomo… e noi, pensiamo

forse di esser chiamati a servire i più piccoli?

Davanti al crocifisso non dobbiamo solo pensare a quanto ha sopportato per me, ma riflettere su quanto ha fatto risplendere l’umanità nella drammaticità della sofferenza e della morte.Dopo lo Tsunami del 2004 molti islamici non hanno voluto aiuti cristiani perché temevano fossero strumento di plagio. Ma questa era piuttosto l’intenzione degli islamici, non dei cristiani. Nei lager non importava a nessuno la religione, ma bastava aprirsi radicalmente alle domande sollecitate dalla sofferenza estrema. Gesù è colui che esprime queste domande in maniera assoluta, potendo giungere a qualsiasi dramma senza esercizio di potere od oppressione. Questa è la forza del vangelo.

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F. Hadjadj, “Il paradiso alla porta”, pp. 213-262 – IL BUON LADRONE

La crocifissione di Gesù con due malfattori è descritta dai sinottici, ma solo Luca distingue il buon ladrone dal cattivo.E questo non è un caso, perché sempre il mistero sfugge alla pura intellezione.

È l’unica volta che nei Vangeli si usa “Paradiso”, termine che nella Scrittura compare nel Cantico dei cantici (paradiso è amare una donna), in Luca, in san Paolo (fui rapito in Paradiso…), nell’Apocalisse (al vincitore darò da mangiare dell’albero della vita che sta nel paradiso di Dio).

È il momento più tragico della vita di Gesù eppure si parla di Paradiso. E subito dopo Gesù dice “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”.Quindi si tratta di un paradiso che esula dalle nostre abituali rappresentazioni.Gesta e Dima sono i nomi tradizionali del cattivo e del buon ladrone.

Gesù è in mezzo per via del titulus che lo indica come “Re dei Giudei”, con sarcasmo e massimo di disprezzo, ma con risvolto ben diverso in chiave profetica. Come pure si possono rileggere le parole di Caifa quando dice che è bene che muoia un uomo solo per salvare la nazione… e l’evangelista coglie il senso profetico di quelle parole dal sapore universalistico. C’è una logica segreta che si coglie aprendo il cuore prima della testa. E questo vale soprattutto per questa pagina evangelica.

Prima entra in scena Gesta che apostrofa Gesù: “non sei tu il Messia? Salva te stesso e anche noi!”.La dimensione di rivelazione è contro ogni dolorismo: non basta la sofferenza per aprirsi al mistero! Infatti Gesta soffre come un cane… ma bestemmia!Non possiamo dunque pensare che nella vita sia sufficiente soffrire per meritarsi il Paradiso. Il dolore come tale non apre alcuna porta.

Quella di Gesta è sofferenza che non è attesa di Dio. Le frasi pronunciate dal ladrone non sono in sé bestemmie, perché potrebbero “suonare bene” in altro contesto, come

invocazioni di salvezza… Spesso agiamo con Dio come clienti: ho fatto questa cosa e tu dovresti fare quest’altra per me.La bestemmia di Gesta è in realtà ripetizione di quanto già detto sotto la croce: “scendi dalla croce!”. Quando si usa sarcasmo, non si sta dicendo qualcosa di nostro ma si ripete qualcosa già detto in negativo prima di noi…

Ambivalenza del termine “salvarsi”: esser salvato da qualcuno oppure salvarsi da una situazione ingarbugliata, scappando… In questa ambiguità si collocano le parole sarcastiche dette sotto la croce. Che non corrispondono ad alcuna verità del cuore.“Se tu sei il Cristo” lo aveva già detto il diavolo nel deserto, tentando Gesù, e dunque torna come bestemmia, come verità strumentalizzata da satana.

I due peccati che sostengono il sarcasmo sono quelli contro la speranza (disperazione) e la presunzione. Due opposti. Che però convivono. Nella ribellione possiamo rileggere alcune parole di Giobbe e di Geremia e suonerebbero ben più dure, ma la disperazione è peggiore perché disprezza volontariamente la misericordia divina e si condanna alla solitudine. Quindi Gesta si esprime con Gesù come se in Lui vedesse Satana, cioè secondo la logica del potere: se Gesù ce l’ha, che lo usi!Che è quello che facciamo noi, quando subendo una ingiustizia pensiamo che la nostra salvezza consista nell’esserne liberati (come se Dio fosse un vendicatore o un supereroe).Ma da nessuna parte c’è scritto che i guai passeranno, bensì che nei guai sperimenteremo la misericordia di Dio.

Polo opposto è la presunzione: sperare di ottenere il perdono di Dio senza penitenza (S. Tommaso). Cioè è una falsa speranza. Mentre dobbiamo avere una speranza più alta e più lunga. Il presuntuoso non si fida, non accoglie. E così mette un muro tra sé e i fratelli, non solo con Dio. Satana non ha accettato che Dio riversasse il suo amore su una creatura più bassa, cioè sull’uomo. E pensava di avere il potere della sua felicità. Ma solo Dio ha la chiave della felicità, poiché essa è la piena comunione con Lui (come lo è per i due figli del padre misericordioso che solo in armonia col padre potrebbero essere anche in comunione tra loro; idem dicasi per Caino e Abele…).

“Salva te stesso e anche noi” non è una supplica, ma una sfida o una provocazione. Provare a leggere i Vangeli immaginando parole diverse – se avesse detto “Salvaci!”, sarebbe stato tutto diverso.Mentre Dima si rivolge al suo compagno, prima, per richiamarlo, e poi chiede a Gesù di ricordarsi anche di lui… Senza questa solidarietà, il “ricordati di me” suonerebbe come egoismo.

Gesta è lo specchio dei nostri desideri quando siamo nel bisogno e vorremmo una facile soluzione.Il paradiso emergente in questa pagina non corrisponde al nostro immaginario.

Dima secondo Mc/Mt bestemmia. Ma questa notazione è fatta prima che Gesù dica dei

suoi crocifissori “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno”. Quindi dopo Dima potrebbe aver cambiato prospettiva, riprendendo il suo compagno che bestemmia Gesù. Dima riconosce che la loro punizione è giusta, per Gesù no, eppure Gesù è lì, con loro. Non chiede che gli sia tolta quella croce, ma di poter esser unito a Gesù anche dopo la morte (ricordati di me…). Quando il male imperversa e ti viene contro e non ti senti autorizzato a esser vendicativo ma solo aspetti la grazia, la visione dell’umanità cambia completamente. È una realtà che va sperimentata prima ancora che “capita”.In Pakistan i cristiani sono detti “perdonanti”, per questa loro specifica caratteristica. Quest’altra logica – così paradossale e poco praticata – corrisponde in profondità e maggiormente al nostro cuore di ogni altro pensiero.

Dima non svolge meditazione trascendentale né auto-convincimento. All’opposto: deve partire dal dato reale per cogliere la logica evangelica. Prendere il paradiso significa esser solidali con tutti (e infatti Dima si rivolge a Gesta, senza fargli la morale ma esprimendo vicinanza) e solo dopo si può aprire il cuore alla comunione con Dio.

Dima non chiede salvezza ma solo “ricordati”, come segno di una triplice umiltà: (1) non sei come noi, porti qualcosa di così grande che io non ne sono degno, ma ricordati di me, ovunque tu vada; questa disponibilità a perdere diventa ottenimento: oggi sarai con me, in Paradiso. È dono, non ricompensa; gratuità, non giustizia; (2) neppure dice “subito” ma “quando entrerai nel tuo regno”, cioè quando Dio vorrà, non quando vogliamo noi. Esigere nel tempo significa che non ci si sta fidando di Dio.

“Oggi” indica l’attualità che è possibile da vivere anche quando la cronaca non corrisponde. Dopo le parole di Gesù infatti non pare accadere nulla di significativo. Anzi Gesù aggiunge la nota drammatica del “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. Il paradosso che segna la logica evangelica.

“Eterna è la tua misericordia” non significa che da oggi non verrà meno, bensì che fin dal principio essa segna la storia del mondo, e non avrà mai fine.

1Pt 1, 20 – Predestinato già prima della fondazione del mondoEbr 4, 3 – opere compiute fin dalla fondazione del mondoMt 13 – cose nascoste fin dalla fondazione del mondoAp 13, 8 – (Agnello come figura del mistero pasquale) L’agnello immolato fin dalla fondazione del mondo

Perché quando soffriamo abbiamo la percezione che la sofferenza sia legata al peccato? Se l’agnello è immolato fin dalla fondazione del mondo, il soffrire non è legato al peccato. Ma potrebbe essere l’orizzonte in cui vivere l’amore di Dio per noi. E Dio ha già fatto quello che chiede a noi (chiede ad Abramo il figlio Isacco, poi lo risparmia, mentre non risparmia il proprio Figlio offerto sulla croce).La parabola dei vignaioli omicidi esprime quanto amore Dio abbia per noi (manda il Figlio, che i vignaioli uccidono…).

Il peccato originale ha reso difficile trovare quella purezza del cuore che apre alla comunione con Dio. Ma questa purezza non è sforzo, bensì grazia.

La cacciata dal paradiso appare un castigo, ma se così fosse ridurremmo Dio alle logiche puramente umane. I padri hanno esaminato le conseguenze del peccato originale come provvidenza divina affinché l’uomo potesse riscoprire la misericordia. Visto che la realtà adesso è questa – il peccato originale -, desidero darti una modalità affinché tu possa ancora trovare quella comunione che da sempre ho pensato per te. Tutti i peccati di tutti gli uomini di tutti i tempi non sono che una scintilla in un oceano in tempesta, dicono i padri antichi. E in quest’ottica il peccato non può che essere occasione per sperimentare la misericordia di Dio.

Quello che Dio vuol donarci non è una promessa futura, ma un premio presente che semplicemente si manifesterà nel futuro.

Maria e Giovanni ai piedi della croce (Gv 19, 25-27) – i discepoli sono scappati, restano gli sbeffeggiatori. Gesù si rivolge alla madre chiamandola “donna”, cosa strana per l’antichità, e le affida come nuovo figlio Giovanni, in cui è rappresentata tutta l’umanità. La Chiesa porterà in grembo l’umanità per rigenerarla, come Maria ha generato Gesù.Ma non è un colloquio che si possa mettere in parallelo col buon ladrone, secondo Citterio.

“Oggi… sarai” – la realtà che ci riguarda è attuale, ma il compimento è sempre sotto la cifra della promessa. Non fosse così, si avrebbe il compimento determinato del Regno e si potrebbe dire “è qui”, mentre Gesù ha detto che non si può. Come Gesù al buon ladrone, così a noi viene detto che il premio è il “già e non ancora”.

***

IL GIUDIZIO FINALE

I crocifissi sulla testa di Gesù riportano il titulus, cioè la ragione della condanna: INRI. La scritta era in greco, latino ed ebraico. La raffigurazione del crocifisso (non della croce) è venuta molti secoli dopo, quando si è superata l’idea della croce come ignominia. Verso il IV sec hanno rappresentato Gesù in croce, non però per esprimere il dolore e l’immedesimazione col crocifisso sofferente – come dal XIII secolo, bensì trionfante.Tibie incrociate e teschio ai piedi della croce rappresentano la sconfitta della morte, sulla quale cola il sangue del crocifisso per ridare nuova vita (ricorda: lì era sepolto Adamo, quindi le ossa indicano tutta l’umanità).

1Cor 2

1 Anch'io, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. 2 Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. 3 Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; 4 e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, 5 perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.

Non è venuto con sapienza umana, ma annunciando il crocifisso, secondo una sapienza nuova.

6 Tra i perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo che vengono ridotti al nulla; 7 parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria. 8 Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla; se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. 

Le parole di Paolo valgono per tutti i tempi in cui si diffonde la fede e per ciascuno nel modo di vivere la fede. La fede non si fonda sulla sapienza del mondo, bensì su una sapienza divina che rifulge, ad esempio, nel sacrificio paziente dei martiri di ogni tempo.La croce indica quindi il giudizio che attende il mondo.

9 Sta scritto infatti: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano.10 Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. 11 Chi conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. 12 Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. 13 Di queste cose noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. 14 L'uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. 15 L'uomo spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno.16 Chi infatti ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo dirigere? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo.

Ripartiamo da Luca e dal buon ladrone che si sente dire da Gesù: “Oggi sarai con me, in paradiso” – il paradiso è stare con Gesù.Gv 12, 26 – “Se uno mi vuol servire, mi segua. E dove sarò io, là sarà anche il mio servo”Gv 14, 3 – “Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto verrò di nuovo e vi prenderò con me perché dove sarò io, là siate anche voi”.

Ci viene da pensare a un “luogo” ma non è così

Gv 5, 28-79 – “Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna”.

Dov’è dunque Gesù? Che cosa significa resurrezione di vita? In che senso ci ha preparato un posto?

Usare le immagini dell’arte ha lo scopo di andare in profondità, aldilà del semplice concetto, per cogliere la realtà più profonda, indefinibile ma più importante per noi di ogni umana comprensione.

Giardino e Gerusalemme celeste insieme ci dicono la realtà del Paradiso (Liturgia Celeste conservata a Gand, Belgio), con elementi “eccessivi” (Agnello in piedi sull’altare) ma espressivi.

Il Giudice si presenta come “antico di giorni”, uomo anziano con la corona ancora in testa.

Nel “Prognosticon futuri saeculi” di Giuliano di Toledo per la prima volta emerge la nudità delle persone, come metafora per indicare la interiore spogliazione delle coscienze dinnanzi a Gesù giudice.

Lo stato celeste è presentato nella dimensione della nuzialità: Dio è lo sposo, Israele la sposa. Nozze, banchetto, festa sono elementi che indicano la dimensione di comunione tra Dio e l’umanità. Le nozze dell’Agnello con l’umanità sono proiettate nella Gerusalemme celeste.

I quadri sono dipinti in funzione della collocazione pensata per essi, elemento che contribuisce a far emergere il dato rivelativo contenuto in essi.

San Bonaventura è contrapposto a San Tommaso come un conservatore opposto a un progressista. Dice Bonaventura: “Per vedere e possedere Cristo veramente dobbiamo interrogare Dio, non l’uomo; la fede, non la scienza”.

GIUDIZIO DI VORONETZ (Romania)

Dipinto sopra l’ingresso della chiesa (esonartece). A seconda dell’orario la diversa luce stimola attenzione a particolari diversi, a sottolineare la prospettiva personale di entrata nel giudizio.

La nudità di Adamo ed Eva dice la vergogna nel sostenere lo sguardo di Dio dopo la colpa originaria. Tutto dice del tentativo di recuperare la luminosità originaria.

Il primo e l’ottavo giorno si ricollegano tra loro nell’elemento della luce.Gv 1, “3 tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. 4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” – questa luce corrisponde alla luce delle origini: Gen 1, “3 Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. 4 Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre 5 e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno”.

La lingua di fuoco scende da Dio/Giudice, ma in essa non vi sono persone, ma solo il Leviatano, immagine del diavolo. Nel livello più alto ci sono gli angeli che arrotolano e srotolano lo svolgersi della storia. Per il greco “mondo” è lo spazio, per il semita è il tempo. Il mondo è quindi lo svolgersi del tempo (“per i secoli dei secoli”) in modo ordinato (kosmos).Subito sotto, il trono del Giudice, con gli apostoli a destra e sinistra. Accanto al Giudice, la Madre di Dio e il Battista in atteggiamento di supplica per noi: è la scena solenne del giudizio, ma nulla si dice del giudizio emesso, che resta segreto (è come se fossimo un attimo prima).

Sotto il Giudice, c’è un altare con una colomba e una mano che regge la bilancia. Non appaiono iniqui già condannati. Gli angeli premono per far pendere a destra la bilancia, in favore di un giudizio positivo. Sono elementi diversi dalla nostra immaginazione: non si parla di condanna, ma della misericordia del Giudice.

A sinistra ci sono sacerdoti, vescovi, etc… Mentre a destra ci sono armeni, latini e turchi che sono ritenuti infedeli. Paolo e Mosé presentano davanti al trono tutti i convenuti con una certa solennità, con eguale incedere, a dire che non si può anticipare il giudizio di condanna per alcuno, e per far risaltare la grandezza dell’amore di Dio.

Nel settore sottostante, altri santi a sinistra e terra e mare a destra. Chi guida è Pietro, con le chiavi, dinanzi alla porta stretta che è Gesù stesso. Non significa che sia difficile passarvi, ma è stretta perché preferita da Dio e non dal mondo, senza riletture moralistiche. Ha un senso rivelativo. Ancor più sotto, l’immagine tradizionale del paradiso, con il buon ladrone riconoscibile perché porta la croce.

La porta si apre dalla parte di chi entra. È simbolo della porta della chiesa, dalla quale si accede alla liturgia del Regno.

Anche la messa spesso risente delle immagini che di essa ci siamo fatti. Prendiamo ad esempio il sacrificio eucaristico: sulle migliaia di altari dove si ripete il sacrificio dell’Agnello si rivive la morte e la resurrezione del Signore, non solo la morte. Quindi è già partecipazione alla liturgia celeste.Se si visita una comunità recente oppure sottopressione per persecuzioni si coglie una liturgia profondamente vissuta, senza la quale non si potrebbe vivere la fede. Per noi, oggi, è forse il contrario: la fede è qualcosa di mio e della messa potrei (pensare di) farne a meno.Se la vita è precaria o minacciata, la tensione è rivolta al Regno. Se invece si vive sicuri e comodi, l’orizzonte escatologico è assai meno presente. E la liturgia rischia di ridursi a un dovere mal sopportato.

Così pure è difficile aprire l’orizzonte del proprio sguardo sulla Chiesa. Viviamo nel nostro piccolo orticello, invasi dalle tante (brutte) notizie veicolate dai mass-media. Ma laddove i fedeli rischiano il martirio, quando ci si riunisce si percepisce una gioia vera. Che oggi si è praticamente persa. Gesti, canti e parole devono esser simbolo del mistero, altrimenti perdono di valore e divengono elementi sentimentali incapaci di comunicare ciò che dovrebbero significare.Ad esempio: lo scambio della pace. Se diventa un gesto ostentato o sentimentale, si perde il rapporto di tale gesto liturgico che dovrebbe essere non la riproposizione di un gesto comune ma un atto unico e singolare, da non confondersi con nulla di simile che si potrebbe anche compiere fuori dalla chiesa.

Dobbiam tentare di recuperare una reale tensione escatologica che permetta di vivere la gioia vera. La liturgia che non ha tale allargamento di orizzonti, rimane aldiqua di una attesa fondata del Regno.Ad esempio nel matrimonio il momento più solenne della celebrazione non è lo scambio degli anelli o delle promesse, ma quando, prima della comunione, si invoca la benedizione di Dio sugli sposi. Che non è un di più, ma il momento essenziale del rito. Si può fare con il telo steso sulla testa degli sposi, senza tenderlo ma muovendolo un po’, come simbolo dello Spirito Santo che scende sui coniugi per l’invocazione di tutti i presenti. Per l’unica volta, nella comunione salgono all’altare e prendono la comunione; inoltre, nello scambio degli anelli usano la stessa formula del sacerdote poiché la promessa di fedeltà non si fonda sulla mia fedeltà umana ma sull’impegno che Dio stesso si assume nel custodire l’amore degli sposi. O tutto questo si coglie in orizzonte escatologico, o si compiono gesti di cui non si coglie poi il senso vero.

La liturgia, vissuta consapevolemente e partecipata, apre sempre alla GIOIA e all’attesa del REGNO.

Così pure, la fede non può esser vissuta come i bambini cui si dice “se state bravi, avrete poi il premio” (frase che incita alla fiducia, ma non dice come la vita vada realmente).

La croce che sovrasta l’ingresso della cappella è retta da due angeli ma ancor più da un Uomo che regge la croce, minuscola figura quasi nascosta da essa. L’immagine non trasmette timore ma quasi sollievo al pensiero che il giudizio avvenga sotto il segno della misericordia di Cristo.

Dinanzi a questo viene da chiedersi come fare i conti con il “Via da me, maledetti, nel fuoco eterno…” (Mt 25, 41). L’inferno non è un modo di dire, è una realtà. Come ha detto Gesù. Ma occorre aprirsi al giudizio con l’ottica che Gesù ha avuto nel parlarne, senza lasciare che l’inferno occupi tutta la scena. Tanto che lo stesso Rupnik nella cappella “Redemptoris Mater” realizzata per l’80mo anno di Giovanni Paolo II (cappella privata) relega l’inferno a una nota di rosso in basso a destra nell’immagine del giudizio.

Quello che gli apostoli hanno intuito nella trasfigurazione è la luce dell’ottavo giorno. Nel “DIES IRAE” quello che prevale è il DIES (attualità dell’amore di Dio) più che l’ira del giudizio.

Ai lati la Madonna e il Battista, ma molto a lato, come a dire che possono osservare tutta la storia con gli occhi di Dio. Da una parte Noé con l’arca, dall’altra Mosé che apre il mar Rosso come invito a tutti a poter finalmente entrare nella luce di Dio. Entrambi sono figure di Gesù, che porta ed è la luce vera.In basso, Giona col pesce e l’angelo con la bilancia, unico elemento che sa di giudizio. Tutto questo movimento converge verso Gesù che viene per celebrare il sacrificio affinché tutti possano godere di quanto ha portato. Ai lati, Adamo ed Eva che sono venuti a raccogliere tutta l’umanità.

Occorre tenere insieme entrambi gli estremi del dramma, cioè “tutti persi” e “tutti salvi”, cercando di dire la verità: Gesù è giudice misericordioso: misericordioso, sì, ma anche giudice, e dunque non posso dirti che qualsiasi cosa tu faccia, va bene, perché non sarebbe valorizzare adeguatamente la tua umanità. Come, all’opposto, dirti “devi fare come dico io”, significa non rispettare la libertà dell’altro. Cfr. la parabola della zizzania che dice come la pazienza sia radice del vero amore.Non si deve diminuire il dramma, né rinunciare all’intelligenza profonda.L’apertura sta nel dire che il giudizio appartiene sempre a Dio e non dobbiamo essere né indifferenti né giudici. O meglio: giudicare spiritualmente, senza condannare.

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Liturgia e tradizione. Per una cultura della vita nuova (cap. 6)Liturgia ed escatologia (pp. 109-122).

Si riferisce alla tradizione come a ciò che di “perennemente fresco” si trova nella vita della Chiesa. Non è qualcosa di stantio, di cristallizzato, ma è viva.Noi che diciamo di credere, potremmo dire che la nostra FEDE ha impatto culturale, cioè è criterio di giudizio.Noi viviamo in un’epoca post-cristiana, benché linguaggio e immagini cristiani abbondino ovunque, ma senza esser più capaci di definire il nostro immaginario interiore.Il discorso della fede incide nella vita concreta nostra e altrui?

Fede e cultura si vanno sempre più allontanando. Ci sono due tendenze di fondo. Parto dalla mia cultura e cerco di accordarla con la fede (“voi siete nel mondo, ma non del mondo”); oppure, all’opposto, mi distacco dalla cultura e dal mondo perché “cattivi”, rifugiandomi nella spiritualità disincarnata. Immersione nel mondo o fuga dal mondo: nessuna di queste due tendenze è propria del cristianesimo.Unica soluzione: il recupero della dimensione escatologica cristiana.

La rivoluione francese cercò di creare una visione del mondo che non incidesse sulla vita. La reazione fu di cercare un fondamento razionale alla fede, così che gli illuministi dovessero accoglierla. Ma se è così, a che cosa servirebbe ancora la fede?Si possono spiegare la sofferenza, l’ingiustizia, la morte con la ragione, allora la fede non serve a nulla.

La dimensione escatologica – assente nell’Islam e nell’Ebrismo – è tipica del cristianesimo. Il REGNO annunciato da Gesù “è vicino”, cioè è “già e non ancora”. Non è ancora instaurato, ma ne percepiamo la presenza. Qui si colloca la dimensione escatologica, che nella comunità ecclesiale si ritrova in primis nella liturgia.Se la Bibbia è un libro, allora non è Parola di Dio, ma contiene la Parola di Dio. Come si è formata la scrittura? Come memoriale, cioè celebrazione degli eventi di Dio nell’assemblea. Non bisogna leggerla dimenticandosi che è nata per la comunità e nella liturgia è quanto mai Parola di Dio. La Bibbia parla se è proclamata all’interno della celebrazione. Per cui quando si legge la Bibbia bisognerebbe chiedersi in quale contesto liturgico quei brani vengono proclamati.

L’atto penitenziale è il primo gesto di colui che è consapevole di essere alla presenza di Dio.Se non sono pentito, come posso comprendere davvero la Parola di Dio? Prima della comunione si chiede ancora a Dio di non guardare ai nostri peccati ma alla fede della Chiesa. Questo significa allargarsi alla dimensione universale della chiesa, fatta dei miei fratelli lì presenti, ma altresì di chi mi ha preceduto o seguito. Il primo atto penitenziale è fatto per aprirsi all’intelligenza della Parola di Dio, il secondo per accedere al Corpo e al Sangue di Gesù. “Andate in pace”: avendo ascoltato il mistero della Parola di Dio che ci introduce al mistero della vita di Gesù che nella comunione abbiamo accolto, siamo ripieni della pace di Cristo e chiamati a portarla nel mondo. Testimoniare la pace ricevuta nella messa significa restare nella fede nonostante la cultura del mondo. Questo è l’impegno, senza vani illusioni di cambiare il mondo.

Come capire che il bene fatto è gradito a Dio?Quando resta il desiderio del bene anche se qualcuno mi viene contro (come la perfetta letizia di cui parla San Francesco). Il male resta, ma se rimango nella pace e desiderando il bene, capisco che il mio agire è ispirato da Dio.Diversamente, ci serviremmo di Dio per sistemare le cose.

Se amate i vostri amici, quale grazia ne avete? … Ma io vi dico: amate i vostri nemici.Seguono poi frasi in crescente intensità (calunniati, perseguitati…). Il punto è che siamo lodati noi, non è esperienza cristiana; solo il bene mostrato in ragione di Cristo permette di far cogliere il senso del mistero.Anche Gesù non viene lodato per come è Lui, ma per come presenta il Padre di cui parla. Fino al culmine della croce, un amore che umanamente non è comprensibile.Gesù non loda alcuna virtù se non la fede.

Lavorare nel mondo non è per guarirlo (il male resta) ma per far ritrovare la dignità e la gioia a quanti sono nel bisogno. Solo così si testimonia la bellezza della rivelazione cristiana.

Se non c’è una dimensione ecclesiale della fede, non ci sarà neppure la tensione escatologica per il Regno. La chiesa è fatta di uomini ma nonostante questo può comunicare la rivelazione in tutta la sua bellezza poiché l’annuncio e la testimonianza non dipendono dalle fragilità umane.Non si chiede di non vedere quello che non va, bensì di oltrepassarlo, andando al valore di quanto Gesù ha chiamato a servirlo. Non possiamo guardare solo gli uomini ma andare al mistero della chiesa. Solo così si può cogliere la bellezza della rivelazione, della Chiesa e della testimonianza che possiamo dare aldilà dei nostri limiti. Solo così si apre una visione + larga della Chiesa.

Lo splendore dell’umanità nuova si mostra quando si amano i nemici.La fede si fa cultura: la vecchia che tira fuori una carota dal suolo e ne riconosce il mistero e la gratuità.La lettura della Parola di Dio anche individuale deve tener presente il contesto liturgico in cui tale Parola è stata rivelata. Questo perché la rivelazione è per il popolo, per tutti i suoi figli.Cultura = cultus – qualcosa di coltivato

BOSELLI, “Il senso spirituale della liturgia”, QiqaionHADJADJ, “Come parlare di Dio oggi?”, Messaggero

Con l’episodio dei discepoli di Emmaus Luca vuol suggerire l’ipotetico incontro di Gesù in ciascuno di noi.Mentre si domandavano: che senso avesse tutto questo? Lo hanno portato via: non esiste la possibilità di altro. Come esser in un “vicolo cieco”: bloccato.“noi speravamo che fosse colui”: la delusione è cifra del cammino: tornano a casa, dopo esser partiti con entusiasmo (aspettavano il messia e il Regno di Dio).Ma quello che Gesù ha fatto (morte in +) non corrisponde alle loro attese e non lasciano spazio alla speranza, per cui tornano indietro…: è la FEDE che genera la SPERANZA

Non sono le parole di Gesù che aprono loro gli occhi, ma un GESTO. Quando si aprono gli occhi, vanno poi al sentimento: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto?”.Senso del leggere le SCRITTURE: collegare le cose in modo da riconoscerlo.Cambiamento: volti luminosi, non sono più stanchi, tornano non solo a comunicare le loro esperienze ma a rinsaldare la fede: la FEDE si consolida nella comunicazione, se non si esaurisce in fantasia personale.

La comunicazione avviene in dimensione ECCLESIALE: ho visto ciò che altri hanno visto (come esperienza di fede).La CHIESA è il luogo di questa circolarità della fede: comunicarsi l’un l’altro l’esperienza vera dell’incontro con Gesù. Esperienza di comunicare con Gesù e con i fratelli.Anche se dopo Gesù scompare alla vista, ne percepiscono però la presenza DENTRO DI LORO che si traduce in radice di vita.

I cristiani sono dunque chiamati a essere cittadini del CIELO e stranieri al MONDO. Solo chi non è DEL mondo può agire senza interesse. Ma l’unico modo per fare concreta esperienza di Gesù è essere IN questo mondo, sperimentando che esso non ha in sé la capacità di compiere i desideri che abbiamo in noi.Chiesa e mondo son una realtà unica con una tensione dentro: per far arrivare il Vangelo ai fratelli devi AMARE il mondo.La CHIESA è fatta di coloro che “sanno” che Dio è DI questo mondo nel senso che IN questo mondo lo puoi incontrare, sentire, godere. La CHIESA è dunque il luogo dell’esperienza dei due diseguali.I discepoli hanno VISTO, vanno a CONDIVIDERE e poi ad ANNUNCIARE.

Credo… nella COMUNIONE DEI SANTI.

La professione di fede più antica riporta lo schema trinitario (P, F, SS)La redazione romana del III sec aggiunge la CHIESANel IV-IX sec si forma il textus receptus occidentalis con la formulazione odierna.Alla CHIESA si associa il termine SANTA, per indicare che è la comunità dei SANTI in cui opera lo SPIRITO SANTO.Se tolgo il termine SANTO perdo l’inclusione luminosa della chiesa.È UNA perché è SANTACATTOLICA cioè secondo il tutto e la pienezza della umanità

Gesù ha elevato la chiesa a dignità di sposa e reginaChiesa MADRE, vita feconda, invece della grandezza e del dominio occorre guardare alla CROCE e non cedere al trionfalismoSi annuncia qualcuno più grande di noi, in cui siamo già inglobatiNel Battesimo si chiede la fede, cioè di aggregarsi alla vita nuova della Chiesa

“Non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua chiesa”: noi viviamo del suo amore, del dono di Dio all’umanità“Comunione dei santi”: coloro che si cibano delle cose sante, cercano di vivere come Colui che si è fatto cibo per loroPer seguire questa via di santità si succhia il LATTE della Chiesa (Fede) e si trova in lei rifugio (vs dubbio), guardando alla esperienza di altri e ampliando così il mio orizzonte.

LA RESURREZIONE

Credo di Nicea-Cost.:“… il terzo giorno è resuscitato secondo le Scritture, è salito al Cielo e siede alla destra del Padre”

- Il contenuto della resurrezione è duplice: SALIRE e SEDERE.Si collega a quanto segue: “di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine”Il ritorno è dunque atteso nell’ottica del giudizio.“Credo nello Spirito Santo… credo la Chiesa… aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”.Il collegamento tra le due resurrezioni (Cristo e noi) si fonda in Gesù ma passa tramite lo Spirito.

Nel simbolo apostolico:“Salì al Cielo, siede alla destra… di là verrà a giudicare i vivi e i morti”

- DI LA’“La resurrezione della carne, la vita eterna”

Paolo dice che se Cristo non fosse risorto, la nostra fede sarebbe vana. Ma oggi non tutti credono davvero nella resurrezione.Il linguaggio sembra mitico (il Cielo), privo di riferimenti concreti. Ma si riferisce alla natura del linguaggio umano che non può formularsi se non attraverso spazio e tempo. Con la morte si esce dal tempo ma si entra in una dimensione senza tempo.

Le preghiere del tempo di Pasqua fanno riferimento a qualche aspetto della resurrezione di Gesù. Ancora: la prima lettura del tempo liturgico pasquale non è dall’AT bensì dagli Atti.L’AT annunciava il NT, il NT si è compiuto. Verrebbe da chiedersi se valga la pena di riprendere in mano l’AT… e Marcione pensava infatti (eresia!) che si potesse abbandonare l’AT.Ancora oggi abbiamo bisogno delle Scritture, anche dell’AT, per scorgere il compimento delle profezie e vedere come esse si siano compiute.La chiesa dei primi tempi si afferma nella persecuzione e nella fatica, in modo ben diverso da come potremmo attenderci. È chiesa pellegrina, non chiesa trionfante. Come pure il Messia non avrebbe dovuto – secondo le attese più umane – morire in croce.Così pure la Chiesa apostolica è quella descritta da Pietro:

1Pt 3 13 E chi vi potrà fare del male, se sarete ferventi nel bene? 14 E se anche doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomentate per paura di loro, né vi turbate, 15 ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, 16 con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. 17 È meglio infatti, se così vuole Dio, soffrire operando il bene che facendo il male.18 Anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito. 19 E in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione; 20 essi avevano un tempo rifiutato di credere quando la magnanimità di Dio pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua. 21 Figura, questa, del battesimo, che ora salva voi; esso non è rimozione di sporcizia del corpo, ma invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo, 22 il quale è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.

La speranza è nella vita eterna. E se ne rende ragione non a parole ma con la testimonianza della vita. Con dolcezza e rispetto (in greco si usa l’aggettivo che Gesù usa per sé dicendo “sono mite e umile di cuore”) in ragione della profondità da cui attingiamo le ragioni del nostro vivere. Se è davvero così, nemmeno l’evento più tragico ci rovescia. Ma questo non toglie che il male si senta, e che spesso ci costringa a passare anche per il cimitero…Usare timore: (cfr. anche “Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore”, Fil 2, 12) cioè non fare violenza agli altri mentre siamo protesi a raggiungere la nostra meta. Se Gesù è vivo con noi, la vita che da Lui deriva non è mortificabile né fallibile, neppure attraverso dolore e morte.

Negli Atti si vede il giorno ultimo (“Questo è il giorno fatto dal Signore”) che in Cristo è già compiuto e che per noi si andrà compiendo sempre più (già e non ancora).

Ireneo (“Contro le eresie”) parla della perenne giovinezza della Chiesa: più passano gli anni e più la vita della Chiesa si rinnova (“Ecco, faccio nuove tutte le cose” – Ap 21, 5).Il “Nuovo” per eccellenza è il risorto. Che non era mai apparso prima né mai più apparirà prima (poiché il mistero è compiuto).L’Apocalisse descrive la condizione delle comunità cristiane che vivono il suo Mistero nell’attesa del suo compimento. In questa condizione, la nostra vita non è più mortificabile.Il Signore è colui che ha il potere assoluto sul dolore e sulla morte. A noi può non sembrare così, perché soffriamo e moriamo, ma dolore e morte NON sono più l’ultima parola.

1Pt 1, 17 E se pregando chiamate Padre colui che senza riguardi personali giudica ciascuno secondo le sue opere, comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio. 18 Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, 19 ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia. 20 Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per voi. 21 E voi per opera sua credete in Dio, che l'ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria e così la vostra fede e la vostra speranza sono fisse in Dio.22 Dopo aver santificato le vostre anime con l'obbedienza alla verità, per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, 23 essendo stati rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna. 24 Poiché tutti i mortali sono come l'erba e ogni loro splendore è come fiore d'erba. L'erba inaridisce, i fiori cadono, 25 ma la parola del Signore rimane in eterno. E questa è la parola del vangelo che vi è stato annunziato

La vita che viene da Gesù risorto non è più mortificabile dal dolore e dalla morte perché queste realtà non possono distruggere la vita di amore tra i fratelli. Mostrando le conseguenze in atto della resurrezione di Cristo – nella cui vita nuova la nostra stessa vita è rinnovata, divenendo più forte di dolore e morte – ne fondo tutta la credibilità. Non si può dimostrare infatti con un ragionamento, bensì solo mostrarne gli effetti.

Se il regno di Dio appartenesse a questo mondo, non sarebbe più “di Dio”, ecco perché non può darsi il compimento in questo mondo (quindi restano morte e dolore!) bensì va crescendo nella scena del mondo, che calchiamo come ospiti e passanti… TEMPORANEAMENTE ci muoviamo, di PASSAGGIO, come STRANIERI e PELLEGRINI.

Se davvero crediamo al Risorto non possiamo concepire la nostra vita in un orizzonte intra-mondano. Anzi: per la qualità di vita-nella-fede non contano le condizioni di partenza (Pietro: senza fare preferenze), cioè la qualità-sulla-terra della nostra vita.Dal punto di vista sindacale, Dio non è giusto nella paga agli operai dell’ultima ora.

Quando un asceta attirava questi e quelli, vedendosi impedito nel cammino spirituale, allora sceglieva un posto straniero affinché nessuno guardasse i suoi doni e carismi e anzi l’ultimo dei monaci nel nuovo posto potesse disprezzarlo (pratica della XENITÌA).Ancora: si sceglieva di apparire folli agli occhi del mondo per non esser ricercati e importunati. Spesso a rischio della vita, a causa della eccessiva libertà nei confronti dello zar.

Esser straniero significa star bene ovunque perché in nessun posto si è radicati (cfr. Lettera a Diogneto).Ancora: esser ospite significa non imporre nulla ad alcuno (come quando si è ospiti a cena da amici e si mangia quanto è posto innanzi).

Tutto questo significa pescare nella vita di Cristo, andando aldilà del contesto storico e terreno.La fede non serve a coprire le ingiustizie o a sopportare la miseria di questa vita in vista di una beata vita eterna. Perché GIA’ ORA si può godere di quella gioia che sarà piena solo nella vita beata.

Cfr. il centuplo promesso da Gesù (centuplo qui, vita eterna poi).Cfr. la promessa dell’Immacolata a Bernadette: non ti prometto di farti felice (come) in questo mondo, ma (come) nell’altro.

Ef 2, 19 – “Non siete più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e famigliari di Dio”San Paolo indica la dignità della vita umana che si vuol vivere ORA nella fede e nella speranza della VITA FUTURA.

Insomma: la speranza cristiana è autentica se GIA’ ORA trasfigura la qualità della vita terrena.

Tra gli indiani, i ruoli erano assegnati in base a una visione che era da seguire “come un’aquila segue il blu del cielo” (Cavallo Pazzo). Così non si può accedere a un compito per la propria gente senza che uno spirito dall’alto non ti abbia rivelato come. È una energia che viene donata non per le capacità umane ma per l’apertura del cuore. Così è per la fede. Che ci aiuta a comprendere che quello che si fa (qui) rimanda sempre ad altro (oltre).

“Salì al Cielo e siede alla destra del Padre”SALIRE e SEDERE sono immagini che indicano la totale comunione di Gesù Risorto con Dio Padre nel dono fatto a noi. Salire al Cielo come capo di un corpo, come corpo risorto, dunque è come se quella creazione che da Dio era uscita può tornare, compiuta, dentro la comunione di Dio che ama gli uomini.

La Scrittura non descrive con le sua narrazioni la successione meramente cronologica degli eventi.Se Cristo era predestinato da prima della creazione del mondo, significa che Gesù era previsto come rivelazione dell’amore di Dio anche prima dell’accadere storico del peccato.SALIRE al Cielo allude al fatto che è DISCESO

Cfr Gv 3, 13 “Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo”.

La nascita a Betlemme è il Figlio di Dio che si fa uomoL’apostolato di Gesù (la vita pubblica) lo rivela come Cristo che si fa servo, anzi meno: “servus servorum”, mettendosi in mano dell’uomo fino al punto di lasciarsi crocifiggere. Dopo aver lavato i piedi, gesto del giovedì santo che allude al servizio dello schiavo, cioè quel “lavare i piedi al padrone” che un ebreo avrebbe potuto rifiutarsi di compiere. E gli apostoli capiscono che non c’è solo l’umiltà del Maestro, ma lo splendore dell’umanità nuova che si rivela anche in quel gesto così umile.La DISCESA è dunque la manifestazione dell’amore di Dio per noi fino a farsi schiavo, consegnandosi sulla croce.

Il criterio del BENE è quello della CARITÀ: se quella cosa resta nell’eternità, allora è bene. Come BXVI che diventa Papa e rinuncia a scrivere libri per scrivere “nelle anime”, per sempre.Ciò che permane in eterno e non viene meno fa vedere se una cosa è buona o no.

KEHL, E cosa viene dopo la fine? (Queriniana)

Kehl parla della fine del mondo e della fine individuale per illustrare le attese del cuore dell’uomo.

La liturgia di questi giorni ripropone la vicenda di Stefano, primo martire.In un versetto degli Atti Stefano, dopo aver riassunto la storia della salvezza, ha una visione e dice “ecco contemplo i cieli aperti e il figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio” (At 7, 56).È l’espressione che si riferisce al dato di fede che Gesù il risorto è il Signore, intronizzato nella sua divina signoria.È l’unica volta che una tale espressione si trova (1) fuori dai Vangeli, (2) in bocca a uno che non sia Gesù, (3) in un contesto glorioso (non la passione, il processo…).

Due capitoli prima, in At 5, 31 si spiega dicendo di Gesù glorioso “Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore per dare a Israele la conversione e il perdono dei peccati”.CAPO va inteso come capo del corpo (archigon = il primo che tira gli altri).

Un capitolo ancora prima, At 4, 12 Pietro commenta la fede nel Signore Gesù che ha guarito il paralitico e dice “in nessun altro c’è salvezza, non vi è infatti sotto il cielo altro nome dato agli uomini nel quale è stabilito che siano salvati”.Solo Lui è salvatore. E siamo tentati di pensare che chi non crede in Lui, per ciò stesso non sia salvato.Invece le espressioni bibliche sono da intendersi non in senso esclusivista bensì inglobante: nel mondo chiunque si salva, si salva per (tramite di) Gesù.Dio ha creato il mondo e Lui solo può salvarlo. Anche nel Giudizio è Lui che giudica, anche per persone che non lo hanno mai conosciuto direttamente poiché se tutto da Lui deriva, tutto e tutti a Lui devono fare riferimento. (E questa prospettiva permette di impostare un corretto discorso sul valore salvifico delle altre religioni). Se è vero quanto premesso, allora non sono MAI diviso dagli uomini che hanno fedi e percorsi di vita diversi da quello cristiano.La divisione del giudizio (Mt 25) non dice tanto divisione di persone, quanto serietà della situazione. Quello che conta è che TUTTI possono ritrovare speranza solo nel Salvatore Gesù.

Gv 10 – è il capitolo del buon pastore. Afferma che è conosciuto dal guardiano è quindi può avvicinarsi alle pecore.Poi aggiunge che Lui stesso è la porta.Solo in terza battuta dice di esser il pastore delle pecore.

Se tutti gli uomini sono (chiamati a diventare) figli (adottivi) di Dio, Gesù media per tutti.Chi entra per Gesù può uscire carico del suo spirito per vivere in pienezza la sua vita (troverà pascolo). Se non si entra per questa porta (stretta), non si trova la vera vita: questa è l’illusione del peccato, che porta a presupporre che ciò che ci piace siamo abilitati a viverlo come fosse il modo più giusto di trovare la nostra felicità. Mai troveremo chi voglia esser felice per conto suo e sia parimenti aperto ai fratelli.

Tutti si rendono conto che prima o poi si muore. Come reagire? Pensate a tutte le elaborazioni apocalittiche (Mc 13, Mt 24) anche evangeliche. La Scrittura non dà informazioni, ma offre una prospettiva di senso. Tutto quello che si dice mi aiuta a capire che c’è una FINE e bisogna trovarne il SENSO.La fine del mondo – in queste prospettive - è concepita in termini storici: avviene in questo

mondo. Se avverrà la fine del mondo, a che pro occuparsi delle cose del mondo? Cfr. suicidi collettivi delle sette.

Invece la prospettiva cristiana non dice che la FINE avviene “nel” mondo ma “sul confine” del mondo, cosa che richiama il concetto di creazione. La Scrittura non dice infatti come il mondo sia cominciato, ma che è iniziato dall’amore di Dio. La Scienza invece ricerca la modalità generativa del mondo stesso, cosa che non è oggetto della Scrittura. Che non vuol stare “nel” mondo ma andare oltre.INIZIO e FINE sono prima e dopo il mondo stesso, come origine e compimento.

Inoltre, di Salvatore ce n’è uno solo: Gesù. La prospettiva apocalittica mira a sottolineare la prospettiva della FINE oltre il mondo per stimolare però l’IMPEGNO nel mondo, orizzonte in cui si gioca la nostra salvezza.

Altri dicono che la fine non è la fine ma l’inizio di qualcosa d’altro: la reincarnazione.A ogni passaggio culturale questo concetto si rinnova e si fa presente. Come reazione alla consapevolezza della morte individuale e della fine del mondo.Anche sedicenti cristiani dicono di credere nella reincarnazione, come se la scintilla divina che è in noi non dovesse andar persa con la morte fisica, bensì dovessero dilatarsi spazi e tempi per permettere, attraverso corpi diversi (individuali/umanitari), di giungere al compimento dell’anelito di vita che è in noi.Chi pure avesse perso la fede, non può dire di aver perso la consapevolezza della fine.Il rischio è che per esaltare lo spirituale umano si debba svalutare la materialità/corporeità della creatura. Ma NON è così. Anzi. Oggi non ci sono più gli strumenti – propri della cultura cristiana un tempo diffusa – per concepire l’amore assoluto di Dio per una persona unica e irripetibile nel suo essere corpo-e-anima. L’ateismo oggi diffuso non parte dal negare Dio, bensì dalla dignità della creatura.

Il principio della reincarnazione non è che la spiritualizzazione del principio di progresso inarrestabile e costante, principio positivista e scientista che oggi è franata miseramente. Nessuno si sente più di condividere prospettive ingenuamente ottimistiche dopo le bombe atomiche della II guerra mondiale: oggi sappiamo che il progresso può distrugger il mondo.Bikini è l’isola in cui i francesi hanno testato la bomba atomica dopo Hiroshima. Se la bomba può distruggere tutto, meglio tornare a una vitalità estrema, incarnata da una donna in “bikini” che fosse la nuova “bomba” capace di esplodere in modo dirompente.Ancora: quando nella moda è nato l’unisex, questo ha favorito l’insorgere del gender.

Tutto questo per dire che le cose di sempre vanno presentate secondo la sensibilità odierna dell’umanità. La fede è eterna, ma la sua spiegazione va attualizzata.L’uomo non cerca mai il male. C’è sempre un anelito nel cuore dell’uomo, anelito che va ricercato per indirizzarlo al reale compimento.

La percezione cristiana della fine è dunque la stessa dell’inizio.Così possiamo vedere la figura di Gesù come base/inizio della storia, non solo come compimento.“Eterna è la tua misericordia”: se è ETERNA, non ha inizio con la resurrezione di Gesù (momento da cui, solitamente, facciamo iniziare l’amore di Dio che non avrà mai fine) ma DA

SEMPRE. Il mondo è stato creato IN questo amore e siamo stati predestinati prima della creazione del mondo (quindi: non l’amore di Dio entra nel mondo, ma il mondo è nell’amore di Dio – sì, però “il Verbo si è fatto carne”…).Ecco perché la misericordia è così essenziale per l’esperienza religiosa cristiana. È espressione in termini umani di un amore condivisibile, cioè un amore di misericordia che, in quanto eterno, esprime l’essenza di Dio, ci permette di toccare Dio.GLORIA è un termine che colleghiamo alla potenza di Dio, mentre dice il trionfo del suo AMORE MISERICORDIOSO.L’atto di misericordia scatena una umanità che rende la vita vivibile. L’atto di forza/potenza scatena invece una paura che rende la vita temibile.Così Gesù afferma la salvezza per quanti gli hanno “dato da mangiare” (Mt 25), perché questa carità è l’unica cosa che rimane.Così il pane disceso dal Cielo non è solo Gesù incarnato, sceso dal Cielo per noi, ma è un “discendere” nel senso di abbassarsi per rivelare l’amore di Dio. Accogliere la GLORIA di Dio è accoglierne la DISCESA.Le cose più profonde della vita non si attingono con ragionamenti ma con scelte di campo.

Nei ritorni “in vita” dopo (temporanee) morti cerebrali e stati vegetativi – quali che siano le condizioni, le età delle persone, le cause del trauma… - si hanno sempre gli stessi racconti: una luce al fondo di un tunnel, un ambiente positivo, esser richiamati (controvoglia) indietro…È nata così la THANATOLOGIA che descrive queste esperienze “pre-morte”.

Rispetto alla fine, quanto essi vedono e la mente percepisce corrisponde alla fine oppure no.Si può conoscere o si può solo sperare, rispetto alla FINE.

Alcuni pensano che si possa conoscere, tramite queste esperienze, la FINE. Ma questo passaggio non è scientifico. Possiamo leggere la struttura del nostro animo, ma non rintracciare la dimensione “oltre”. Oltre il limite permangono le relazioni, che sono essenziali alla vita. Resta solo un linguaggio di speranza. Kierkegaard: la passione per il possibile. Senza la pretesa di “conoscere” quanto è OLTRE, si possono però accogliere le esperienze di pre-morte etc. come simboli e figure che aiutano a vivere meglio la vita QUI nel mondo.Il LIMITE non è valicabile, quindi NO alla comunicazione con i defunti. Anche se il dolore eccessivo rende più fragili rispetto a queste possibilità.Anche le visioni dei mistici e dei santi valgono come FIGURE ma non dicono la conoscenza della verità dell’OLTRE che, come tale, rimane aldilà della conoscenza umana.

DI LA’ VERRA’ A GIUDICARE

Quali immagini abbiamo del giudizio?Nei crocifissi bizantini il primo braccio della croce reca il titolo, poi c’è il braccio più lungo, per le braccia, e infine il terzo braccio un po’ obliquo (a scendere verso sinistra) a indicare il valore della croce rispetto al peccato.

Ripensiamo a Mt 25 – il giudizio. L’immagine non ha i contenuti del messaggio. Gesù parla di

un giudice e di pecore e capri. Pensiamo che tale scena descriva ciò che avverrà. Ma l’immagine non è il messaggio poiché questo sta nei particolari del racconto stesso.Chi emette il giudizio è l’insieme di tre figure: il figlio dell’uomo, il re e il pastore. Il giudice è dunque colui che è diventato figlio dell’uomo, ha portato il regno di Dio e guida i figli degli uomini al suo regno. Il giudizio esprime dunque la rivelazione che avviene con Gesù.

Il tono con cui Gesù racconta questa immagine e con cui conclude “Venite benedetti dal Padre mio” nel regno preparato fin dalla fondazione del mondo. È una esortazione, non un comando: “Venite!”. Ricorda il Cantico dei Cantici: “Vieni!” – è la stessa tonalità.Nei racconti si attende sempre lo sposo (Gesù). Il giudizio è che il regno è totalmente aperto a noi che siamo suoi figli. Il clima è quello suggerito dal Cantico, cioè di uno sposalizio.“Prima della fondazione del mondo” – da prima della creazione Dio ha preparato il Paradiso, per cui tutta la nostra storia va riletta in quest’ottica. La cattiveria e il male presenti nella nostra vita sembrano impedire questa rivelazione che invece in Gesù è evidente.

“Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (1Gv 3, 2).“Lo vedremo” – non ci sarà ombra alcuna a partire dalla nostra storia personale e vedremo tutto l’amore di Dio per noi.Il giudizio dice quindi che non c’è peccato che non possa esser perdonato, il peccato non è più grande dell’amore…

Il giudizio ha una dimensione universale. Se uno fa esperienza della grandezza di questo amore, lo vedremo continuamente condiviso con tutti gli altri e non potremo pensare a un paradiso in chiave individualistica.

Nelle descrizioni dell’inferno dantesco, per quanto vi siano fuoco e fiamme, la scena è descritta nella totale immobilità. Mentre nel paradiso il movimento è continuo. Con apparente contrasto rispetto alla comune immaginazione. (Legge una poesia sull’inferno di autrice rumena, tale Latcu, e rileva la descrizione segnata da silenzio, immobilità, vuoto…).

Possiamo chiederci: l’amore può giudicare?Dio è amore. Non è un giudice che giudica. Dobbiamo rifarci ai rapporti interpersonali. Se faccio male a qualcuno, la persona danneggiata non ama di meno, ma chi ha danneggiato sente la sofferenza per aver amato di meno.

Gv 3, 19 - E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagieNon è giustizia remunerativa (hai fatto bene e ti do xxx) né retributiva (non hai fatto e quindi non ti do xxx).

Il giudizio sta sotto il segno della paura o della speranza?Se siamo nella paura, non rendiamo onore alla dignità di Dio.

Quando Abramo intercede per Sodoma si ferma a 10 giusti, sapendo che 8 non bastavano (i salvati dal diluvio, sull’arca di Noè). Mentre con Gesù ne basta uno. Le 99 pecorelle: sono gli

angeli, mentre la pecorella che rischia di perdersi e che Gesù va a cercare è l’uomo (ogni uomo). Se non vi aprite all’amore di Dio – espresso al massimo nel sacrificio della croce – non avrete parte del regno di Dio. Non possiamo negare di avere peccato, altrimenti daremmo del bugiardo a Dio stesso che ha inviato suo Figlio per riscattarci.

L’eternità dell’inferno – 10 punti da un testo di Isacco il Siro (IX sec.).

1<<Che si possa attribuire alla natura divina qualcosa come collera, gelosia, rabbia… sarebbe un grande orrore ai nostri occhi. 2<<Neanche possiamo dire che Dio si comporta come se si trattasse di dare una retribuzione anche se ciò è messo per iscritto nelle Scritture: sarebbe un abominio pensare di Dio che possa far pagare qualcuno per il male commesso.3<<(Dio cura tutte le creature, amandole e considerandole in maniera incondizionata). Dio non si è incaponito a rifiutare loro le cure e le premure, neanche per un solo istante. Se qualcuno pretende che Dio abbia voluto così manifestare la pazienza nel sopportarli in questa vita per castigarli poi nell’altro mondo, dice una bestemmia.4<<Neanche verso i demoni Dio custodisce rancore od odio, sarebbe blasfemo attribuire alla sua natura gloriosa qualcuno dei nostri stati passionali o pretendere che così agirebbe per il male fatto, mentre Dio agisce sempre secondo quanto ci è più utile, sia nella gioia sia nell’afflizione, nelle inezie come nelle cose decisive. Ma tutto tende unicamente verso il bene eterno.

5<<Il peccato è fonte di morte, non come morte fisica ma nel senso che esclude dalla vita piena che è la comunione con Dio (cfr. anche Agostino e Giovanni Paolo II). L’angelo con la spada davanti all’albero della vita non è un castigo, ma un impedire che Adamo ed Eva, mangiando dell’albero della vita eterna, restino per sempre in questa condizione. “Cacciati” dall’Eden, i nostri progenitori avranno invece la possibilità di redimersi. Usciti dall’Eden, i due son rivestiti di tuniche di pelle che esprimono la fragilità di cui si rivestono i nostri progenitori dopo il peccato originale. La debolezza umana in sé non è una condanna ma l’occasione di rialzarsi e fare esperienza dell’amore di Dio. Dio non si fa mai sorprendere da noi quando sbagliamo, ma sempre sfrutta ogni nostri errore per richiamarci al suo amore.È naturale che l’uomo arrivi al paradiso, innaturale che non lo raggiunga.

6<<Queste intuizioni appartengono alla tradizione della chiesa e riguardano l’avvenire del disegno della salvezza, la grandezza della sua clemenza, la cui bontà sorpassa infinitamente la cattiveria delle creature. Questo scaccia dalla nostra coscienza la concezione infantile di un Dio a immagine e somiglianza dell’uomo, con passioni e vizi, sbalzi di umore e voglia di vendetta.Il male è sempre inserito in un rapporto: chi pecca, offende Dio. Non perché Dio possa offendersi, ma nel senso che si sfregia il rapporto con Dio. Per cui provo vergogna per me stesso, per essermi allontanato da un simile amore. Dobbiamo aver sempre la speranza che ci sarà una fine del male che ci circonda poiché tale male è per la nostra correzione e per aprirci alla beatitudine preparata da Dio.

Un accademico di Francia, scienziato e paleontologo, ha scoperto che un elemento essenziale per identificare gli ominidi e distinguerli dalle scimmie, oltre all’usanza di seppellire i morti, sta nell’umanità per cui – ad esempio – si trasportavano persone gravemente menomate (secondo i ritrovamenti ossei) con gravi rischi e fatiche. Questa esplosione di umanità è l’essenziale che

distingue gli uomini dalle scimmie.

Senza questa umanità, odiando i nostri carnefici ci renderemmo simili a loro.La giustizia non compare se non in un contesto di ingiustizia, come l’amore non appare se non in un contesto d’odio. Guai a dimenticare che questo orizzonte dipende da Dio ed è sottratto alle dinamiche puramente umane. Ogni male è dunque per un bene maggiore. Anche il castigo dell’inferno.

7<<Dio non può far pagare per il male ma lo volge al bene. Far pagare a qualcuno il male commesso è proprio di un cattivo, mentre volgerlo al bene è tipico di un padre.Si tratta di rimettere in discussione tutte le immagini che abbiamo dell’inferno in cui il giudizio sarebbe un atto arbitrario di Dio.

8<<Anche dire che Dio ci consegna al fuoco e alle pene sarebbe attribuire voglia di vendetta e risentimento a Dio, ma Dio non fa così.

… e via così, fino a dire (Isacco il Siro) che l’inferno non è eterno (trascurando però così la Parola di Dio e il Magistero, NdR).

ATTENZIONE – dire che Dio non condanna all’inferno come un sadico punitore NON significa che le anime non possano andare all’inferno. Altrimenti si darebbe del bugiardo a Gesù quando parla delle anime che si perdono e così pure alla Vergine che da Fatima a Medjugorje ha detto che innumerevoli anime vanno all’inferno. Se scelgo di interpretare tutto in senso allegorico, rischio di perdere la verità della rivelazione.Un conto è dire “vattene”, altro è dire “se vuoi andartene, vai” (vedi il figliol prodigo).

Se poi è uno stato di definitiva auto-esclusione dell’anima da Dio, come dice il CCC, allora se devo credere che esiste, significa che esiste questo stato dell’anima separata irrevocabilmente da Dio. Quindi almeno un’anima c’è. Anche se – ovviamente – non posso dire di chi si tratti. NdR

Gli angeli hanno strumenti musicali in mano per esprimere il canto dell’amore eterno, fonte di gioia e di beatitudine.

Chagall, il trionfo della musica

Questo trionfo della musica può ben esprimere la mobilità del paradiso e la sua beatitudine.

Ancora: la Maestà di Duccio di Buoninsegna.

È il Paradiso. E al centro c’è la Madonna, non come persona ma come umanità che loda Dio. Il tempio è la gloria di Dio, che a sua volta è l’uomo. Ecco perché al centro c’è la Madonna come segno dell’amore di Dio. E da qui dobbiamo chiederci quanto i cristiani testimonino la luminosità dell’amore di Dio. Esaltare davvero l’umanità comporta il rifiuto dell’appiattimento dell’uomo sulla natura e la valorizzazione di ogni singolo volto.

ESAME

Dà 4/5 temi scritti. Ne scegliamo uno e lo svolgiamo a casa, in 3/4 paginette.Entro il giorno prima della data d’esame, lo si manda per iscritto al prof, per mostrare se si riesce ad argomentare in maniera bella il dato della fede.All’esame, ci farà una domanda relativa al nostro elaborato + un’altra domanda.LEGGERE almeno Hadjadj, Il paradiso alla porta.Il voto dipenderà dalla capacità di elaborare.

La volta scorsa siamo partiti da un autore ecclesiastico, un mistico, che presenta il tema dell’inferno in maniera non ortodossa – rifiutandone l’eternità. Abbiamo fatto così perché l’obiettivo non era di fermarsi sui contenuti, bensì cogliere il “bello” della fede espresso dalle sue tesi. Cioè: prima ancora della discussione sull’eternità dell’inferno, occorre evidenziare l’amore di Dio che fa da sfondo a tutto questo…Non ci si può fermare alle tesi, perché spesso sono antinomiche: ad es. il fatto che il paradiso sia un dono di Dio e al tempo stesso un merito dell’uomo, un premio per lui. Due termini antitetici, che non vanno presi nella loro opposizione letteraria, ma occorre individuare la verità che sta alla confluenza di queste due realtà antinomiche.

PURGATORIOSecondo santa Caterina da GenovaNasce nel 1447, muore nel 1510. Caterina Fieschi Adorno, dopo anni di vita mondana si converte, poi seguita dal marito, e ha forti percezioni del mondo dell’aldilà, in particolare il purgatorio. Diventa direttrice dell’ospedale di Genova dove si curano malati gravi.Canonizzata nel ‘700, la sua memoria liturgica ricorre il 15 settembre.

Leggiamo alcuni brani del suo Trattato sul Purgatorio.Da viva, viene catapultata in un contesto di purgatorio e intuisce in che cosa consiste la pena.

Si trova nel purgatorio dell’infuocato amore che purificava quanto in lei ancora mancava affinché si presentasse degnamente dinanzi a Dio, una volta che avesse tolto ogni ruggine di peccato.Se si tralascia l’infuocato-amore-Dio, tutto questo non ha senso.

Le anime che sono lì, non possono scegliere altro, secondo la volontà di Dio. Né possono più voltarsi verso se stesse, considerando i loro peccati. Né possono dire: vorrei non averli fatti, così andrei presto in paradiso. Né possono fare paragoni con le altre anime. Non hanno memoria propria in bene o in male, ma sono nella gioia di esser lì secondo la volontà di Dio.Vedono l’operazione della divina bontà in esse, così che nulla di bene si attribuiscano.Non hanno coscienza diretta dei propri peccati.

Gioia maggiore si trova solo tra i beati.Gioia dell’incontro prossimo e dolore per l’attesa di incontrare Dio.

A differenza dei dannati, la cui pena è eterna – ma persiste la misericordia, poiché eterno è il tempo, ma non l’intensità della pena, che invece resta finita – la pena purgatoria è temporanea.

In amore non si può godere comunione fintanto che ancora resta qualcosa che ostacoli questo amore stesso.Dopo la morte, per noi finisce il tempo. Eppure resta la nostra storia personale, il nostro vissuto… Si può dire che resta il tempo della concretezza personale, il tempo della relazione, mentre viene meno il tempo della corruzione, della fine.D’altronde nelle diverse religioni è presente l’elemento del viaggio da questa vita all’altra, come segno del “tempo” necessario affinché sia purificato quanto impedisce la piena comunione d’amore con l’Amore-Dio.

Anche se resta questa gioia per l’incontro prossimo con Dio, non viene meno la pena, anzi: proprio la comunione ritardata è la pena stessa.Gioia e pena non si impediscono a vicenda. Occorre partire dall’affocato amore Iddio, per comprendere questa realtà.

Se le anime di purgatorio potessero purgarsi per contrizione, si purificherebbero in un istante, poiché hanno chiaro lume dell’impedimento (la ruggine, le macchie) che le impediscono la comunione con l’amore. La purificazione vuol togliere il minimo impedimento per l’incontro con Dio. Nulla viene scontato, per divina giustizia. Né le anime vorrebbero altro da quanto vivono, poiché nella volontà di Dio è la loro pace (cfr. Piccarda Donati).Non possono più voltarsi per vedere le altre anime, salvo lasciare fare alla bontà di Dio che a loro mostra quanto a Lui piace. Così non possono vedere le indulgenze fatte in loro favore, perché questo sarebbe meno dell’esser fisse nella volontà di Dio. Né possono volgersi a se stesse. Ma sono fissate in Dio, compiutamente.

Il corpo della chiesa è unico. Per cui pregare per i defunti significa mettere in circolo quella carità che davanti a Dio ha valore perché riflesso e indizio della Sua eterna Carità.

Non preghiamo per le anime “abbandonate” perché altrimenti povere loro… (come se Dio non riversasse Amore su di esse!). Tuttavia, preghiamo per le anime abbandonate dagli uomini perché desideriamo noi pure associarci all’amore di Dio che di quelle anime si cura.

Le anime in purgatorio patiscono volentieri quelle pene e pare loro una grande misericordia la pena ricevuta, considerando il male commesso. È come in un rapporto amoroso: se ami l’altro, per quanto dai, ti senti sempre indegno e inferiore rispetto a quanto ricevi e vorresti dare.L’amore non è un diritto di chi si sente giusto, ma dono gratuito.Tanto che si capisce che quello che di buono si è fatto, è sempre poco rispetto a quello che si dovrebbe fare per “meritare” l’amore di Dio. In questo senso, l’indegnità è positiva nella misura in cui fa risaltare la grandezza della carità divina.Noi pensiamo che l’amore ci sia dovuto quando siamo innocenti. Ma poiché nessuno è innocente, nessuno potrebbe amare ed essere amato davvero. Ma non è così: nel perdono (unica cosa che ci viene chiesta nel “Padre nostro”) possiamo vivere l’amore. Ci si libera dal principio di affermare se stessi. Per essere amati, basta riconoscersi indegni e peccatori. Non siamo amati perché puri, ma giustificati/purificati perché amati.

Se avessimo consapevolezza del peccato, capiremmo che un solo peccato vale mille inferni. Ma chi può dire così? Chi vive l’amore di Dio, davvero.Ecco perché le anime del purgatorio non desiderano uscire anzitempo.

Oltre a patire volentieri, le anime sono contente per quanto Dio opera in sé e negli altri perché vedono che così si realizza la volontà di Dio.Questa gioia per l’incontro ormai prossimo cresce nella misura in cui cresce anche la pena di non poter esser già nella tradizione.

Il purgatorio non è presente nel Credo (anche se forse c’è un’allusione nel “verrà a giudicare i vivi e i morti”). Quindi si tratta di mettere in rilievo gli elementi positivi, prima ancora che di parlare dell’inferno o del purgatorio.

IL PARADISOPenultimo capitolo del libro di Hadjadj

Paradiso come termine significa “Giardino”. Nell’annuncio delle Scritture c’è un paradiso terrestre – il giardino dell’Eden – e un paradiso celeste – simboleggiato dalla città: la Gerusalemme celeste.

Gn 2, 7-9.15 allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente.Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.

Ap 21, 1-2 Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal

cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 

La città – urbs – porta in sé la virtù della urbanitas.Caino è il primo costruttore di città. La prima città fondata è Enoch, nel paese di Nod (“erranza”), a oriente di Eden (Gn 4, 16).

Nell’apocalisse la prima città nominata (Ap 17, 5) è Babilonia, simbolo della opposizione a Dio. Mentre la città santa, la Gerusalemme celeste, è l’anti-Babilonia e l’anti-Babele.Viene meno la diversità/opposizione e resta la diversità/comunione (ognuno parla la propria lingua ma la comprende secondo la propria).

Oggi le difficoltà di convivenza derivano anche dalla fatica di accogliere la diversità come fonte di ricchezza, poiché si ignora quanto resta in comune al di sotto delle differenze.

Quando il popolo d’Israele entrerà nella terra promessa, Dio dice che abiteranno città che loro non hanno costruito (Gs 24, 13; Dt 6, 10).Anche quando viene creato l’uomo, si dice che Adamo viene plasmato, mentre Eva viene “costruita” cioè fatta come una meraviglia di complessità ancor più stupefacente dell’intero universo. Tanto che Dio stesso presenta il popolo eletto come oggetto di amore quale “sposa” desiderata dallo Sposo divino.La vita ricevuta è costruita in funzione di una persona che apre al mondo di Dio in quanto diviene immagine della capacità stessa di Dio di “dare la vita”.Così si usano le nozze come immagine della comunione d’amore tra Dio e l’uomo.Non è che tale termine sia usato come analogia a partire dalla nostra vita comune, bensì è la nostra vita che si plasma – nelle nozze – a immagine del rapporto con Dio.Questo giustifica il passaggio dal giardino alla città

Cfr. Hadjadj, pp. 419 ss.

Anzitutto, non siamo definiti dalla nostra natura, ma dalla nostra storia.La beatitudine non si trova in una restaurazione de-responsabilizzante dello stato originario. Il cristianesimo insiste sul valore della storia.La città celeste ha come basamento gli apostoli, e dodici porte come 12 sono le tribù, segno che ingloba la storia del popolo eletto.Così il corpo di Gesù mantiene nella gloria le sue cicatrici, come memoria eterna del punto più concreto della sua storia d’amore personale. Così sarà per noi. Se restasse il giardino, sarebbe un tornare indietro, azzerando la dimensione storica. Invece, la città include questo “andare oltre” lo status originario.

Al centro c’è l’uomo, non la natura. Se dicessi che ci sono luoghi più sacri di mio fratello, vorrebbe dire dimenticare la grandezza dell’uomo.Dire “città” invece di “giardino” significa dire “uomo” invece di “terra”.Il prossimo diventa così il luogo più sacro. Ecco perché il corpo glorificato di Cristo Risorto resta per sempre alla destra del padre. Se resta il volto dell’uomo, resta pure la storia di ognuno.

Il PARADISO per essere goduto come comunione con Dio deve anche vivere della comunione con i fratelli, come serie ininterrotta di nuovi incontri.

La città è abitata da peccatori redenti: la redenzione è avvenuta, non si tratta di perdersi in una beatitudine edenica che dimentica tutto, bensì valorizzare la redenzione avvenuta e il perdono donato.

La città celeste non ha più il tempio. Per una visione ebraica, questo è rivoluzionario. La comunione ormai realizzata fa sì che il tempio non sia più necessario. È l’Agnello il nuovo tempio in cui tutti i fedeli sono accolti.

La città ha 12 porte – 12 tribù di Israele.Da qualsiasi parte si può entrare. Ma così pure si può uscire da essa. Non è un luogo immobile. Ma sempre si può entrare e uscire da un luogo per entrare in una comunione più ampia. Come già Gesù ha detto in Gv 10: Io sono la porta… chi mi segue potrà entrare e uscire per trovare un pascolo più abbondante…

Guardando ciò che saremo, capiamo meglio chi siamo. La meta verso cui tendiamo ci dice chi siamo. È un principio di discernimento per valutare il bene qui e oggi: come sarà questo bene nella eternità di Dio?

Temi per i quali svolgere a casa uno   scritto   da inviare al docente prima dell'esame.

La mail del docente in modo che possiate mandare il testo elaborato prima dell'esame è la seguente:[email protected]

I   temi   da elaborare sono questi:

1) Cosa intendiamo quando proclamiamo nella liturgia eucaristica: "Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta"? Come la nostra confessione di fede attinge e si nutre di quella proclamazione?

Quale rapporto tra la nostra fede e questa proclamazione? Che cosa significa attendere al Signore.

2) Provate a illustrare la discriminante tra la visione cristiana e la visione religiosa o culturale odierna partendo dalla dimensione escatologica.

Una analisi critica che indichi che cosa distingue la visione cristiana da altre visioni che pur ammettendo un “oltre”, si differenziano per come esso viene definito. Ad esempio si parla di reincarnazione; si nasconde l’evento della morte…

3) Fede e escatologia. Come declineresti i termini per illustrare l'esperienza cristiana?

È il senso del corso. Che rapporto tra la fede e l’attesa, la fede e l’orizzonte dell’eternità?

4) Quale comprensione della morte in croce di Gesù in rapporto alla rivelazione di Apocalisse 13,8 che l'Agnello è immolato fin dalla fondazione del mondo?

Quale rapporto tra l’evento nel tempo della morte di Gesù e l’affermazione di Apocalisse.

Quello che conta non è il taglio né l’esplicitare le fonti, ma come si ARGOMENTA e si ELABORA in merito.

Se iniziamo a pensare sul serio come rispondere a queste domande, capiamo che non possiamo dare per scontato nulla. E quindi non si temono le domande perché si cercano le risposte. Diversamente, ci si chiude nel silenzio, temendo di mettersi in discussione, senza rispondere oppure “alzando la voce” per ribadire la propria posizione.

NB – manda per email il Credo in poesia, appendice al testo utilizzato durante il corso. È un modo per presentare il dato di fede in un orizzonte più ampio.

Io credo che la chiesa sia comunione di fede, speranza e amore col fratelloDi quanti in comunione sono del pane sacro e in lode si radunano al Dio TrinoCredo nell’ecclesiale serva del Signore, che gli uomini serve qui sulla terraE li sala, li illumina e li fermentaCredo nel perdono dei peccati che Cristo in questo mondo ha inauguratoE alla sua chiesa divino potere ha dato di cancellare agli uomini quanto da loro dovuto

Credo che il peccatore pentito e contrito è perdonato con la mediazione della chiesaCredo nella final resurrezione dei corpi corrotti dalla morte vivificati dallo spirito potente per comparire dinanzi al tribunale di Dio…

Aiutano a entrare nel dato di fede in modo più concreto. De Trinitate di s. Ilario scrive la preghiera che lo conclude

Ti prego Signore conserva intatto l’ardore della mia fedeE donami di conformare fino alla fine la mia voce alla mia convenzioneChe io conservi quanto ricevuto nel Battesimo…

Hadjadj – Il Paradiso alla porta

Arriverà un’ora in cui non canterò come prima, ma fate allora mio Dio che strappato come le corde di un violino e svuotato come la sua cassa di risonanza, io divenga la vostra musicaPer quanto descriviamo le cose di Dio, non riusciamo a distinguere se ciò di cui parliamo è un dono di Dio o qualcosa di nostro, che proviamo noi.Tra gli autori moderni ben pochi si leggono senza filtri. La maggior parte vanno filtrati, per non rischiare di respingerli senza perderne il messaggio. Ad esempio, nell’antichità Ignazio di Antiochia è un autore che si può leggere senza filtri. Tra i moderni, uno di questi è Francesco di Sales. Che si premura di estendere alla cristianità quanto allora era riservato ai conventi. Ma se Gesù annuncia il regno, esso è per tutti. Nessuno può avere di meno, dunque, rispetto ai consacrati.

Scrive san Francesco di Sales…

Trattato dell’amore divino – Si interroga: quando si vuol servire Dio, si vuol servire davvero Lui o ci si muove per il piacere che si prova servendolo?Così quando si decide di pregare si prova fervore. Ma poi vien meno. È lì che si vede se si è fedeli per amore di Dio o per il piacere che si sente.

… “Uno dei più celebri musici del mondo, suonatore eccelso di liuto, divenne così sordo che perse l’udito. Tuttavia continuò a cantare e suonare benissimo, per la grande abitudine che aveva e la sordità non aveva (anche Beethoven scrive le ultime sinfonie da sordo). Non potendo sentire la melodia, suonava solo per il piacere di un principe a cui voleva piacere. E quando il principe gli dava segno di gradire il suo canto, era fuor di sé dalla gioia. Ma a volte il principe, per mettere alla prova l’amore del musico, gli ordinava di cantare e poi andava a caccia, lasciandolo solo. Ma tale era il desiderio di compiacere il principe che il musico cantava lo stesso, pur di compiacerlo. Dunque non suonava né per il piacere di sentire la musica (era sordo) né per compiacersi della presenza del principe (uscito a caccia) ma solo per soddisfare la sua volontà”…

Un conto è amare Dio per l’amore a Lui, altro è servirlo per il piacere che si prova nel farlo.Così adesso: è arduo vivere per AMORE DI DIO e non invece per il piacere che tale vita comporta. Quando viene meno il piacere in una certa attività, solitamente cessiamo di seguirla. Invece dovremmo continuare ad agire per amore di Colui nel cui nome agiamo.

Quello che siamo è che siamo Figli di Dio e lo siamo realmente. Quello che saremo, non è stato ancora rivelato.

Quanti aspetti della nostra vita oggi non sono segno del bene di una vita pienamente in Dio. Solo dopo la vita vedremo quanto bene ha attraversato sempre la nostro vita. La nostra beatitudine risulta dal contemplare la presenza di Dio nelle pieghe della nostra vita. In Paradiso ci saremo noi con tutta la nostra vita, niente andrà perso. Quindi conviene già ora purificare la nostra vita, muovendoci per l’amore di Dio.

Ecco dunque il rapporto tra fede ed escatologia: quello che apparirà alla fine sarà quello che oggi già c’è ma in modo completo ed autentico. Se è così, anche in mezzo alle persecuzioni posso credere, con speranza e gioia. Molti dei giudizi sulla nostra esperienza sono fuori luogo perché non illuminati dalla fede escatologica.

INFERNO

Pavel Floresnkij, La colonna e il fondamento della verità . Sono 12 lettere sulla teodicea ortodossa.

A livello razionale la pena, l’eternità e la realtà dell’inferno non sarebbe definibile perché esprimibile in termini antinomici.Bisogna invece rifarsi a certe esperienze che illuminano un senso diverso.

Per tre giorni sente un fuoco senza luce, arde senza bruciare, si riempie di fuliggine ogni giorno. Dopo la confessione e la comunione, tale fenomeno cessa.

“La mia vita è un inferno”: avvertiamo che non è tanto un luogo ma uno stato, una condizione che si può sperimentare.

Oggi (inizio ’900) si è insinuato un origenismo più o meno volgare per cui alla fine tutti saranno perdonati. Se Dio è amore, l’amore non può trovare soddisfazione nel castigare. Quindi non si può accettare una pena eterna. È impossibile l’impossibilità della salvezza universale.

Se invece parto dal pv della coscienza – come io rispondo all’amore di Dio – non posso che giungere alla concezione opposta: non ci può esser salvezza senza risposta amorosa e libera della creatura verso Dio.

Se la libertà è autentica, la cattiva volontà non si può perdonare, perché se è autentica, allora è cattiva, quindi imperdonabile. Se invece non è veramente cattiva, neppure è autenticamente libera.

Fratelli Karamazov: per chi compie il male, compiendolo consapevolmente, l’inferno è volontario e non li sazia. Hanno maledetto se stessi, Dio e la vita e si nutrono della propria superbia rabbiosa, ma sono insaziabili e maledicono Dio per sempre. I dannati arderanno eternamente nel fuoco della propria ira, agognando il non-essere ma non lo avranno mai.

L’inferno non è una condanna che non viene da Dio ma frutto della SCELTA dell’uomo.Se l’uomo è fatto ad immagine di Dio, questa non va mai persa. Ma la mia libertà è la dinamica di realizzazione compiuta di questa meta (“ad” immagine indica che tendo ad assumerla nella mia vita). Mentre Gesù è l’immagine di Dio (2Cor 4, 4).

L’inferno è dunque la scissione tra questo essere “immagine” di Dio e il contenuto empirico della mia vita. Abbiamo una “aseità” che mi definisce come creatura di Dio, ma dobbiamo realizzarla nella nostra vita empirica.

1Cor 3, 10-1510 Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce. 11 Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. 12 E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, 13 l'opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno. 14 Se l'opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; 15 ma se l'opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco.

NON SONO CONVINTO: questi versetti finali non parlano dell’inferno, ma del purgatorio (in linea con Santa Caterina da Genova, ma soprattutto col CCC!) - NdR

Origene riporta un apocrifo attribuito come detto a Gesù: “Chi è vicino a me, è vicino alla salvezza come vicino al fuoco; e chi ascolta me e deforma quanto ascoltato, diviene un vaso preparato per la perdizione; e chi si allontana da me per allontanarsi dal fuoco, per timore del fuoco, si allontana dal Regno”.Chi si allontana per timore del giudizio, si allontana dal Regno. Mentre va accettato il fuoco della

sua Parola che brucia in noi perché purifica quello che in noi si oppone alla piena comunione con Dio. È come il fuoco purgatorio che brucia quanto impedisce l’unione con Dio. Per Origene l’uomo si condanna al nulla, neppure ha la percezione di sé, perché smarrisce la sua immagine di Dio e dunque si perde nel nulla. Nell’antichità l’inferno è rappresentato come regno delle ombre, dell’inconsistenza. L’uomo si perde come se non lo sapesse neppure, come se diventasse “vuotaggine” che non ha percezione di sé né degli altri (DA SPECIFICARE: vuotaggine come senso di vuoto o assoluta perdita di identità? - NdR ).Questa sarebbe l’unica soluzione per evitare l’eternità dell’inferno, posto che questa possa contrastare con la bontà di Dio.

Al fondo, dobbiamo svestirci di ogni immagine umana proiettata su Dio.

Lo Spirito Santo è inviato per consolare donando l’esperienza dell’amore di Dio che in Gesù si è manifestato. È lo Spirito della Verità che egli manda che vi guiderà a tutta la verità…

Gv 16, 13 – “Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future”.

Lo Spirito Santo guida nella Verità (secondo il greco).Dirà ciò che ha udito: lo Spirito che cosa ha udito? Se la verità è l’amore di Dio per noi, che è eterno, cioè da sempre, allora tale verità è udita da sempre. Di che cosa parla Dio in se stesso se non del desiderio di renderlo partecipe della comunione con sé?Lo Spirito ci ricorderà che le parole di Dio sono aperte ad accogliere questo desiderio del Padre (1Tim 2, 4).

Lo Spirito vuol farci vivere nella volontà di Dio che è la grandezza del Suo Amore per noi. Ma noi spesso ci inganniamo e vediamo Dio come lo vede il serpente (Gen 3).Lo Spirito nella Pentecoste è lingua di fuoco.FUOCO perché Gesù porta l’amore e lo Spirito lo rende vivibile e possibile per noi. Ma è Gesù che rivela la grandezza dell’amore del Padre per noi. La lingua rimanda a questo dire eterno di Dio che è il suo amore per noi. Quindi la LINGUA rimanda all’amore eterno.Dopo questo coloro su cui è sceso il fuoco parlano nelle diverse lingue e tutti i presenti li sentono parlare nel loro idioma.Il testo (At 2) dice che lo Spirito dà loro il potere di parlare lingue diverse. E gli astanti dicono che li sentono parlare “la propria lingua”. Probabilmente parlavano le lingue delle persone presenti. Ma il docente afferma che invece il segno vero è che ognuno li sentiva parlare nella propria lingua, a prescindere dalla lingua con cui questo si esprimeva… (BOH? Ma perché non stare semplicemente al testo??)

Comunque, capirsi ed essere in comunione nel permanere delle diversità si oppone alla divisione di Babele.L’unica cosa che resta è la grandezza dell’amore di Dio per tutti. Dove questo “per tutti” non va letto come fonte di divisione ma dono di comunione. Quello che viene dato a uno non viene tolto a un altro…

Si tratta di entrare nella rivelazione cristiana con uno sguardo diverso per cogliere la ricchezza della novità degli eventi che si succedono e che influiscono profondamente nella nostra vita. Senza paura, poiché lo Spirito guida nella verità.