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DELLO STESSO AUTORE

AVVENTO DELL'UOMO INTERIORELineamenti di una tecnica dell'esperienza sovrasensibile

(SANSONI – Firenze, 1959)

TRATTATO DEL PENSIERO VI VENTEUna Via oltre le filosofie occidentali, oltre lo Yoga, oltre lo Zen

(Presso Libreria Tombolini – Roma, Via IV Novembre)

LA VIA DELLA VOLONTÀ SOLAREFenomenologia dell'Uomo Interiore

(Presso Libreria Tombolini – Roma, 1962)

DELL'AMORE IMMORTALE(TILOPA – Roma, 1963)

SEGRETI DELLO SPAZIO E DEL TEMPO(TILOPA – Roma, 1963)

LA LUCEIntroduzione all'imaginazione creatrice

(TILOPA – Roma, 1964)

IL MARXISMO ACCUSA IL MONDO(TILOPA – Roma, 1964)

MAGIA SACRAUna via per la reintegrazione dell'uomo

(TILOPA – Roma, 1966)

LA LOGICA CONTRO L'UOMOIl mito della scienza e la via del pensiero

(TILOPA – Roma, 1967)

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HEGEL, MARCUSE, MAO. MARXISMO O RIVOLUZIONE(Volpe – Roma, 1968)

RIVOLUZIONEDiscorso ai giovani

(Perseo – Roma, 1969)

GRAALSaggio sul Mistero del Sacro Amore

(Perseo – Roma, 1969)

LOTTA DI CLASSE E KARMA(Perseo – Roma, 1970)

YOGA, MEDITAZIONE, MAGIA(Teseo – Roma, 1971)

LA TRADIZIONE SOLARE(Teseo – Roma, 1971)

Per informazioni Bibliografiche, rivolgersial Dott. Alfredo Rubino, Via Rubicone 42 – Roma

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MASSIMO SCALIGERO

Dallo Yogaalla Rosacroce

PERSEO - ROMA1972

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Folgore-luce del Sacro Amore è il tuo continuorisorgere, la risposta degli Dei alla tua donazione

senza fine. Ma solo oltre l'antico cerchioclaustrale della natura e della psiche, il tuo essere

libero può conoscere il linguaggio degli Dei,il pensiero che fa di sé folgore-luce.

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INDICE

1 - La mediazione originaria 9

2 - Seminario solare 15

3 - J. Evola 29

4 - Il sentiero della Rosacroce 39

5 - Essenza dello Yoga 47

6 - Antroposofia 57

7 - Giovanni Colazza 75

8 - La “maya” politica 87

9 - “Regina Coeli” 97

10 - Hegel, Gentile, Aurobindoe la “Filosofia della Libertà” 107

11 - Shakti e Logos 121

12 - Del comunicare la Scienza dello Spirito 129

13 - Yoga e Rosacroce 139

14 - Deità ostacolatrici 161

15 - Magia sexualis 189

16 - Secretum inviolabile 201

Indice dei nomi 229

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1 - LA MEDIAZIONE ORIGINARIA

Della serie degli stadi che si seguono nel tempo a costituirela storia umana dello Spirito, l'ultimo è quello nel quale loSpirito si manifesta come coscienza di sé, e può perciò a talelivello costruire la propria storia. La quale non necessitaall'uomo spirituale, bensì all'uomo inserito nella corrente deltempo, epperò bisognoso di consapevolezza entro il propriolimite. In tal senso la coscienza degli stadi seguentisi neltempo, dà allo Spirito la possibilità di ripercorrere laconnessione dell'uno con l'altro: di riconoscersi Soggetto delmovimento.

Senza l'ultimo stadio, rispondente all'epoca della razionalità,la connessione esisterebbe, ma come valore trascendente. nonsperimentabile dal Soggetto: come non esistesse. Il difetto ditale connessione, tuttavia, è il non trarre coscienza dalfondamento sovrarazionale, bensì dal livello sensibile chesuscita la forma razionale, e il suo proiettare il limite di questaagli stadi precedenti: che è appunto il limite dell'attuale ricercadel “sacro” e della sua storia umana. La storia dello Spiritopuò invece venir ripercorsa dal Soggetto, ove esso traggacoscienza dal fondamento sovrarazionale. La connessivitàrazionale, come forma logica del pensiero, infatti, non èfondata su sé, ma appartiene a tale fondamento, ossia a una piùelevata virtù di connessione.

Senza la possibilità di connettere forma a forma, momento amomento, epoca a epoca, la storia dello Spirito esisterebbecome connessione metafisica fuori della coscienza:giustificatamente negabile dalla cultura razionalistica ecollettivistica. Non potrebbe congiungersi con il Soggettoumano. il quale dovrebbe rassegnarsi a una mediazione a luiesteriore, ossia rinunciare a essere Soggetto, non riconoscersi

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per quello che è: vivere di una “Luce” riflessa, o lunare, siapure inesauribile, ma non conoscibile alla sua fonte e perciò dicontinuo implicante l'assenso impotente di lui al proprio oall'altrui deterioramento della Luce.

Cercare peraltro l'elemento spirituale nella “storia”tradizionale sagacemente allestita, e nel correlativo sistemarituale, è parimenti rinunciare alla mediazione originaria etuttavia servirsi delle forze del conoscere che lapresuppongono. Queste vengono usate in modo che siaignorato il loro potere “attuale” di afferrare sé stesse epperòsia sempre meno possibile mediante esse giungere al soggettooperante, detentore della storia umana dello Spirito.

Eppure, soltanto la coscienza di una perenne trasmissione daforza a forza, da maestro a maestro, da comunità a comunità,dà modo di riconoscere nell'anima la presenza del Principio cheunifica secondo perennità, recando in sé la virtù dellariconnessione. La presenza segreta di tale Principio nell'anima,epperò nel mondo, si riflette nella Tradizione: la quale, comeconcatenazione intemporale nel tempo, è forma di un processotrascendente, cosmicamente preparato, grazie alla cooperazionedegli Iniziati con le Gerarchie operanti nelle strutturedell'anima e del suo veicolo vitale sulla Terra. La Tradizioneriflette un processo cosmico: al quale l'asceta antico potevaelevarsi, sciogliendosi dalla coscienza individuale, mentrel'asceta moderno può accedere. aprendosi alle forze radicalidella individualità: alle forze basali dell'Io nell'anima.

La presenza dell'elemento solare nell'anima, rende possibilela congiunzione individuale con quel processo, ondel'individuale ricapitola la connessione cosmica, ma la riconoscedapprima come connessione di pensieri, in quanto il pensierocosciente, come ultimo anello della catena, ripercorre ognipassaggio e lo riassume in sé. La presenza attuale di questo

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1 - La Mediazione Originaria

pensiero può dar conto di una continuità sovrasensibile, ometafisica, che permarrebbe altrimenti inconoscibile.

La Scienza di questo pensiero e della sua ricongiunzionecon la corrente cosmica da cui scaturisce come continuità pura,e parimenti la storia essenziale dell'anima umana e della suavicenda terrestre in rapporto al Cosmo sovrasensibile,implicante il passaggio dalla Tradizione come contenuto diconoscenza al suo processo cosmico, è la Scienza dello Spiritodi Rudolf Steiner. Come sia possibile giungere ad essa, grazieallo svolgimento rigoroso dei temi della Tradizione epperò deisistemi orientali, “consumando” di questi l'elemento formale-dialettico, per ritrovare l'essenza perenne, e come questogiungere ad essa per iniziativa cosciente, superando le barrieredell'autorità del passato, sia diverso che accettarla perimmediata consonanza mentale, senza termini di confronto chediano la coscienza della sua unicità: è argomento del presentelibro.

Poiché all'autore è necessaria talora come testimonianzal'esemplificazione dell'esperienza e in qualche modo gli èindispensabile il testimone da lui più direttamente controllabile,la trattazione dovrà necessariamente, per taluni aspetti, servirsidella forma autobiografica.

* * *

Altro è giungere alla Scienza dello Spirito, essendo passatiattraverso l'esperienza della “Tradizione” e dei metodiorientali, altro è pervenirvi attraverso i sentieri della medianità.Se si è stati spiritisti, è difficile cessare di esserlo nellamedesima vita: è un 'impronta che nella medesima vita puòessere cancellata soltanto dalla decisione dell'assoluta fedeltàall'ascesi solare, epperò dalla capacità di superare in sé

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l'impulso a deviare in ogni punto del sentiero, o a tradire ilproprio Maestro. Mentre l'esperienza della Tradizione e inparticolare dello Yoga, rigorosamente svolta, non può nonsboccare io una “coscienza” della mediazione originaria, o delmoto noetico che veicola l'operare interiore, quale che ne sia laforma: con ciò divenendo premessa alla Scienza dello Spirito.

Il puro moto noetico viene avvertito come dynamis di tuttal'Opera: a un dato momento si sa che la scienza di questadynamis è tutto· senza essa, la Tradizione è nulla, lo Yoga ènulla. Per la scienza di questa dynamis, non v'è testotradizionale o metodo yoghico che aiuti, perché si tratta diquella presenza dell'Io nella corrente del pensiero, che l'ascetatradizionale attingeva, piuttosto che alla propria anima, alleforze del Cosmo operanti nelle strutture corporee, mentrel'asceta del presente tempo, ove non desti in sé il puro motonoetico, in tali strutture non può che incontrare le correntiinferiori dell'umano: dalla cui elaborazione può anche trarreenergie; ma energie dell'Io degradate. Queste energie dell'Io,invece, egli oggi ha la possibilità di sperimentare là dovesorgono come pure forze della coscienza: per mediazioneoriginaria.

Il cercatore di questo tempo può trarre la pura dynamisnoetica unicamente dalla propria interiorità cosciente, cioèdalla propria individualità. Può trarla dalla essenza di sé etuttavia inizialmente non conoscerla e, per via di questo nonconoscerla, contraddirla, sino a perderla: che è respingere conle forze dell'antica interiorità lunare l'elemento solare affiorantein lui come impulso d'Autocoscienza.

L'interiorità lunare è l'anima che si schiudeva un tempoall'elemento solare per via rituale contemplativa, sino allaestasi o al samadhi, grazie alla “mediazione” di entità solarioperanti nella sfera lunare della Terra, per necessità di

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1 - La Mediazione Originaria

connessione con il livello umano.Oggi nei cercatori dello Spirito l'antica anima lunare è

quella che si oppone all'elemento solare nascente come intimaforza dell'individualità: si oppone con l'impulso a ripeterel'antico movimento di ricerca dell'elemento solare fuori di sé:perciò nell'attitudine spiritistica inconscia, come nell'attitudine“tradizionale”.

L'asceta di questo tempo può riconoscere l'elemento solarenella corrente della volontà mediante cui normalmente forma ilconcetto. Questa corrente della volontà gli è normalmenteinconscia, perché gli diviene cosciente soltanto nella formadialettica, nella quale si annienta ogni volto il suo potere divita. Nella dialettica la sua dynamis non si attua, mentre nelconcetto si dà unicamente per divenire atto e di questo attoinvece di continuo si priva per farsi coscienza: onde il concettonon è mai vivente, bensì astratto, o morto: che è la vera ragionedell'errore umano.

Se l'asceta intende giungere a quel mondo che cercamediante la Tradizione e lo Yoga, e perciò svolge le istanze diquesti sino alla coscienza della mediazione originaria, comedell'assoluto immediato dell'anima, allora egli avverte lo statodi morte dei concetti e scorge nella mediazione originaria lamagia mediante cui essi invece sorgono viventi nell'anima eperciò può ridestarli dalla dialettica, come dalla loro tomba. Pertale via incontra le reali forze dell'Io. Se questo avviene, eglinon può non incontrare il Maestro il cui compito è stato donareal cercatore di questo tempo la scienza della mediazione pura,ossia della via diretta, o dello presa diretta, per latrasformazione dell'errore umano in verità.

Si schiude allora a lui la possibilità di sperimentare senzalimiti lo Spirituale, di là dal nome e dalla forma, epperò dicomprendere in una visione unitaria della storia dello Spirito, le

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sue passate esperienze: il passaggio dalla rappresentazionedella Tradizione alla sua perennità indipendente dalle forme delpassato, ossia indipendente dalle rappresentazioni attuali, o“moderne”, di tali forme.

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2 - SEMINARIO SOLARE

Non posso dire che in qualche momento della mia vita ilretroscena sovrasensibile sia mancato all'esperienza sensibile,come complemento immediato: che pertanto non mi impediva divivere quella nella sua obiettiva naturalezza. Il fondamentosovrasensibile del reale, durante la fanciullezza poté essermifamiliare quanto il sensibile medesimo, nella fascinosa veste dellafavola e del mito, per poi grado a grado trasformarsi e sorgerecome genesi dei concetti: nella quale, in realtà, dalle profonditàdell'anima doveva riaffiorare architettonica, epperò logica, la lucedella favola. Cominciai presto a sentire più verità che non nellatrama analitica della storia, in questa luce, movente dall'anima deifatti, meglio che dal loro apparire.

Risparmio al lettore la serie dei segni di una disposizione alSoprannaturale, comunque inseparabile da una vocazione dichiarezza e di sanità dell'esperienza quotidiana, che caratterizzò lamia adolescenza, naturalmente nella forma relativa all'età. Mi èinfatti necessario utilizzare l'elemento autobiografico unicamenteai fini descrittivi del processo spirituale l'elemento che costituisceil tema del presente libro: processo proprio al passaggio da unostato di coscienza yoghico ad uno stato di autocoscienza delleforze per quello evocate, epperò ad un'esperienza dell'attivitàbasale della coscienza, oltre il limite dell'antico Yoga.

Il sospetto che il succo ultimo delle ascesi orientali fosserisorto in Occidente, come potenza del tipico pensiero logico,affiorò in me sin da quando fanciullo potevo essere testimone dilunghe conversazioni sul sovrasensibile, sul magico, sull'occulto,nell'ambito familiare in cui vivevo presso mio zio, PietroScabelloni, studioso di dottrine esoteriche, asceticamenteadamantino come un «patriarca» Zen, umanista e poeta, a cuidovetti la mia prima formazione interiore. Mi era sufficienteascoltare quei discorsi, senza capirvi molto, ma avendo la

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sensazione della grandiosità del loro contenuto dalla ricchezza disentimento e d'imaginazione di cui erano capaci quei cercatori.

* * *

Tra il 1919 e il '20, si riuniva a casa di questo mio zio, a Roma,in via Porto di Ripagrande 8, ultimo piano, un gruppo di settecultori di Esoterismo. Di essi ricordo in particolare: DanieleAmati, un ebreo aitante, biondo-rossiccio, con un bel voltocordiale e una particolare carica di simpatia; Argo Secondari, ex-ufficiale degli Arditi della Ia Guerra mondiale e fondatore ditruppe di assalto comuniste chiamate “Arditi del Popolo”,simpaticissimo, di piccola statura ma tutto scatto e fuoco; il prof.Umberto (?) Nigrone, un giovane grande invalido dell'allorarecente Guerra mondiale, maestro d'ipno-magnetismo, del qualemio zio mi disse, additandomelo come un raro esempio di auto-dominio, che era stato dilaniato da 14 schegge di granata e,malgrado fosse stato spacciato dai medici, era riuscito a guariremediante la forza della volontà: era pieno di cicatrici sotto ilvestito, ma, dritto come un fuso, si moveva con evidente agilità.Mi pare di ricordare anche un giornalista, Anacleto Maccari,collega di mio zio, mentre ho solo un vago ricordo degli altri.

Al gruppo si aggiunse dopo qualche tempo, introdottodall'Amati, un personaggio notevole, Alessandro Becciani,seguace di Rudolf Steiner, una figura piuttosto ieratica: alto conbarba e luoghi capelli fluenti sulle spalle, intenso sguardoascetico, egli era era tenuto in grande considerazione dagli altri:parlava con solennità, come se conoscesse molti segreti: eraautore di un grosso libro intitolato “La salute è un fatto morale”,di contenuto autobiografico, ma non riesco a precisare se a queltempo egli lo avesse già pubblicato.

Il gruppo discuteva di Occultismo nello Studio di mio zioPietro: io, che avevo poco più di 12 anni, sgattaiolavo in quellastanza e me ne stavo in un angolo affascinato ad ascoltare i loro

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2 - Seminario Solare

discorsi, che avevano per me il potere di trarmi nello stessomondo in cui vivevo mediante le favole: quegli uomini non eranointellettualisti astratti, ossia dei dialettici, ma personalità chedavano la sensazione di possedere viventi i contenuti cheevocavano. Questo io percepivo con nettezza e sentivo come unaforza magica: me ne stavo immobile e silenzioso nel mio angolo,cercando di non farmi notare, per non rischiare di essereallontanato. Vivevo a mio modo, come un tessuto di fiaba, per meinimitabile, il contenuto dei loro discorsi sull'Occulto. Gli autori acui essi facevano riferimento, oltre a Rudolf Steiner erano EliphasLevi, Stanislao de Guaita, Saint Martin, Papus, Ramacharaka.

La consuetudine delle riunioni si protrasse regolarmente ingiorni fissi della settimana, di pomeriggio, per mesi e credo poterdire per anni: nei tardi pomeriggi estivi, poi il gruppo - al quale ioavevo acquisito il diritto di unirmi - usciva di casa e, passeggiandoper le vie del vecchio Trastevere, allora silenziose e libere ditraffico, continuava la conversazione, sino a che giungeva al Bardi Saro Damiani all'inizio di Viale del Re: qui si prendeva unosquisito mantecato di crema con panna, che per me era il logicocoronamento sensibile di tanta gioia extrasensibile. Invero, diqueste passeggiate approfittavo io, che sottoponevo il Nigrone aun fuoco di fila di domande su come si rafforza la volontà, comediviene potente il pensiero ecc. Il Nigrone rispondeva comepoteva, ma a un certo punto doveva essere stanco dell'incalzaredelle mie questioni e un giorno si lasciò sfuggire che mi avrebbeportato un libro. Non lo avesse mai fatto: da quel momento non gliun detti più pace. Mi sentivo spinto da un anelito verso qualcosache mi si prospettava come un dono magico, e ogni volta che ilNigrone veniva alle riunioni io gli andavo incontro chiedendogli:“E il libro?”: finché fu costretto a portarmelo.

Il libro era “L'igiene dell'anima” di Feuchtersleben, chedivenne la mia lettura aurea, il testo prediletto, la meditazioned'ogni giorno, su cui lavorai per lungo tempo, ricevendone unaiuto prezioso. Ripenso con gratitudine a quel libro. A distanza di

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anni, dovevo apprendere dalla lettura di una conferenza di Steinerche egli considerava Feuchtersleben un mirabile educatore dellavita dell'anima. Ricordo che il libro era scritto con chiarezza e conl'arte di un'armonica semplificazione dei problemi interiori: il fattoche lo leggessi senza sforzo, anzi con gioia e che ne ricevessi unasorta di euritmia di tutta la vita, mi fa considerare che si trattassedi una opera non disadatta alla mia età: dovevo allora avere tra iquattordici e i quindici anni.

Gli autori che più tardi per mc si aggiunsero a fiancheggiare iltesto dominante, e di cui ho un ricordo che potrei dire beatifico,tanto era il calore che ne ricevevo, furono Emerson - ricordo congratitudine una sua opera “L'energia morale”, della quale alcuniinsegnamenti e persino talune frasi risonarono nella mia anima pertutta la vita. - Smiles, di cui ricordo l'aureo libro “Il dovere”, ePascal. A questi si dovevano aggiungere più tardi Nietzsche eRamacharaka.

Già fin d'allora avevo intorno a me discepoli, che eranocompagni di scuola o amici di gaia compagnia, facenti capo al Bardi Nello Dominici a Viale del Re in Trastevere.

Avere discepoli per me ere una disposizione naturale: persino a8-10 anni, avevo qualcosa da insegnare ai fanciulli della mia età:regole, o regolette di vita o nozioni che apprendevo dalleconversazioni dei grandi. Ma ricordo che alla mia disposizione ainsegnare rispondeva normalmente la disposizione degli altri ariunirsi presso di me.

* * *

Verso i quindici anni cominciai a interessarmi dello Yoga,appunto grazie ai libri di Ramacharaka, che per merito deglieditori Bocca e Carabba, erano in buona parte tradotti in italiano.Il Ramacharaka (in realtà l'americano W.W. Atkinson) era unpersonaggio notevole, perché aveva presentato le dottrine

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2 - Seminario Solare

orientali, mediante un'elaborazione e una capacità disemplificazione che rendevano accessibili al moderno occidentalealcuni principi dello Yoga. Era evidente che egli aveva convertitoin “idee” le dottrine dello Yoga, in Idee di conio occidentale,tuttavia non astratte. La sua non era una trasmissione esatta - delresto impossibile – ma una mediazione fedele, non in quanto fossefedele a un contenuto originario della Yoga, ben difficile aidentificare, ma in quanto lo interpretava mediante unaprospezione moderna che, per la sua dominante moralità, nonpoteva essere in contrasto con lo spirito delle origini. Ciò erapossibile al Ramacharaka, in quanto era uno studioso persuaso delcontenuto metafisico evocato, un indicatore responsabile e unteosofo sano, indipendente dal formalismo teosofico.

Del Ramacharaka devo ricordare un libro che ancor oggisarebbe prezioso per la gioventù, “La legge del Nuovo Pensiero”- pubblicato sotto il nome di Atkinson - in cui egli tenta tracciareun metodo per l'esperienza sovrasensibile mediante disciplina delpensiero: una via che io sentivo essenzialmente vera, ma che daquell'autore non era portata a compimento, in quanto gli mancavala percezione più rara, quella dell'immediatezza originaria delpensiero: immediatezza, che indipendentemente dalla coscienzadialettica, io percepivo già come moto primo dell'imaginare e benpresto avrei riconosciuto come il filone aureo dell'esperienzasovrasensibile: essa mi avrebbe condotto più tardi allo Steiner enel cuore stesso del suo insegnamento, essendo il motivo centraledella Scienza dello Spirito.

Nella sua opera, lo Atkinson poteva suggerire soltanto l'arte delpotenziamento di determinati pensieri o di determinati contenutidi pensiero, ma non il modo di afferrare il potere d'identità delpensiero con sé: esigenza questa che io cominciai ben presto asentire come presupposto all'inverarsi di una sconosciuta “vita”del pensiero, senza cui il pensiero è una irrealtà, la continua fontedell'errore umano. Più tardi avrei compreso che si trattava disuperare il limite proprio alla dialettica, ossia un limite intimo

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all'essere animico, identificabile unicamente, ove nella dialettica siriesca a ravvisare non solo la forma discorsiva, ma anche lastruttura del rappresentare che si estrinseca in tale forma. Ilrappresentare, infatti, anche quando è libero dalla strutturadiscorsiva, rimane improntato alla forma sensibile. Avrei più tardicompreso che l'esperienza interiore esige la radicale conversione(metànoia) del rappresentare, ma altresì che tale esigenza non puòessere sentita se non da una minima parte di cultori delloSpirituale, né può evitare di essere respinta come irreale da chinon disponga di un adeguato organo di percezione metafisica.

Il credere ingenuamente che un tale organo fosse normale aogni cercatore del Sovrasensibile, mi doveva procurarenell'avvenire non pochi equivoci e interminabili polemiche conamici loquaci, capaci di scrivere lunghe lettere in cui parlavanodel Sovrasensibile, in modo da trarmi in inganno, facendomicredere a effettive esperienze, che da essi erano semplicementeimaginate: in realtà essi parlavano dottamente del Sovrasensibile,in quanto si limitavano alla sua rappresentazione: non losperimentavano. Attraverso una serie di disinganni, avrei capitoche taluni di costoro erano portati all'argomentare spiritualisticodall'inconscio impulso a evitare l'esperienza interiore:simultaneamente avevano bisogno di operare nel mondo mediantela forma spirituale, ossia mediante proiezione o imitazione, peravere dalla manifestazione esteriore la conferma della lororappresentazione spirituale: non potevano percepire lo Spiritualeoltre quanto consentiva loro il limite dialettico: che è dire il limitesensibile.

* * *

Al Rarnacharaka debbo aggiungere un autore, IsvaraBrahmachary, anch'egli teosofo e occidentale, di cui un libro ditecnica dello Yoga mi fu particolarmente utile, soprattutto per unameditazione poetica su “Maya, l'angelo dello abisso”, che dava

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2 - Seminario Solare

efficacemente l'idea dell'inganno da cui è mosso radicalmentel'uomo, di continuo scambiante per autonoma scelta cosciente unaserie di esigenze e di impulsi radicalmente determinati dallabrama.

La ricca e qualitativa biblioteca di mio zio Pietro era per me unmondo di magiche meraviglie al quale guardavo sempreaffascinato, finché cominciai ad attingere ad essa anchenascostamente, io quanto lo zio esigeva da me un ordinato sistemadi letture e di volta in volta mi forniva lui i libri, secondogradualità di contenuto in relazione alla mia età. Così ben prestosorse il mio contatto con Nietzsche, che divenne il mio autorepreferito: Feuchtersleben e Ramacharaka rimanevano gli ispiratoridella disciplina interiore, ma da Nietzsche attingevo una visionedel mondo e il senso del valore ultimo della cultura. A Nietzschenaturalmente, per connessione qualitativa, dopo qualche tempo siaggiunse Stirner, il quale a sua volta mi introdusse a un contattocon autori della sinistra hegeliana, come Feuerbach e Bauer: manon fui preso da questi ultimi, anche se sentivo fortemente ilfascino delle loro posizioni anti-mistiche e anti-mitiche.

Nietzsche e Stirner divennero per me confortatori di uno spiritoal tempo stesso epico e filosofico: riesaminando il mio rapportocon essi, debbo dire che non era il contenuto della loro filosofia adattirarmi, bensì la sensazione di incontrare in essa entità viventi dipensiero: diveniva in me una forza ogni volta l'intuire che questiautori vivevano internamente quanto affermavano, e dalla magiadel pensiero destato, ricevevo un senso di grandiosità, di cui lamia anima necessitava come di un alimento. Alla licenza liceale,con la prima applicazione della Riforma Gentile, l'aver portatoNietzsche e Stirner come miei autori preferiti - era facoltà delcandidato scegliere due opere filosofiche, come riferimenti dellapropria preparazione - mi valse la bocciatura all'esame di filosofia,mentre venivano brillantemente promossi miei compagni cheavevo preparato io a tale esame.

In realtà afferravo con facilità i temi della filosofia: trovavo la

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Dallo Yoga alla Rosacroce

filosofia un fascinoso giuoco della ragione, al qua-le mi dedicavovolentieri: ciò mi consentiva di insegnare i sistemi più complessi,come quelli di Kant e di Hegel, ai miei compagni che nonriuscivano a capirli dai professori. Avevo invece un'avversioneistintiva verso la matematica, non perché non la comprendessi,bensì perché sentivo in essa qualcosa di monco: ne avevol'impressione come di una presa in giro nei confronti delloSpirituale, in quanto mi appariva un meccanismo di misurazioneincompleto, ossia privo del soggetto misurante e della coscienzadelle forze misuratrici e di ciò che deve essere misurato. Me nedifendevo non studiandola, ma alla fine dell'anno, per non esserebocciato, mi era giocoforza apprenderla e allora la trovavoqualcosa di estremamente facile, ma al tempo stesso disemplicistico, come un'azione per ingenui: francamente mirespingeva tutto quel giuoco di equivalenze formali, fascinoso perl'ingegnosità dei suoi nessi, ma manchevole di qualcosa come un“valore” che pur veniva presupposto. Più tardi avrei compresoche questo valore sarebbe dovuto essere un contenuto interioreindipendente dalla forma matematica stessa e assumere questacome suo veicolo: mediante un simile contenuto, il docenteavrebbe dovuto accompagnare il suo insegnamento dellamatematica: un contenuto che egli avrebbe dovuto attingere allapropria interiorità. La matematica mancava - e manca oggi più chemai - del suo venir presentata come simbologia di una inizialepenetrazione nei segreti della matematica dell'Universo: qualcosapiù che la numerazione astratta.

* * *

Sino ai quattordici anni ero stato un ragazzo singolarmentemite, invero incapace di ira o di cattiveria. Alla scuola elementaredei Salesiani presso la Chiesa di Santa Maria Liberatrice, aTestaccio, ricordo che i miei compagni erano ragazzi vivacissimi,simpatici ma pericolosi: fui subito il bersaglio dei prepotenti, non

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2 - Seminario Solare

perché fossi pauroso, ma perché ero incapace di adirarmi: in mec'era una impossibilità alla violenza. Tuttavia, simultaneamenteper simpatia si formò intorno a me un corpo di guardia dialtrettanti prepotenti generosi, pronti a difendermi da qualsiasiattacco.

Ma il ricordo aureo che serbo di quel periodo è connesso allafigura di un sacerdote. Don Torello, tutto semplicità e fervore didevozione, dotato di una particolare intuizione del cuore nelrapporto con il singolo scolaro, Capace con l'insegnamento e lapaziente amorevolezza di suscitare il sentimento della religiositàinnato nel fanciullo: l'impressione che di lui mi ha accompagnatotutta la vita è stata la potenza della bontà, come realtà basaledell'anima: realtà senza la quale l'anima è come un corpo mutilato.

A quattordici anni, si verificò per me un mutamento:l'incapacità ad adirarmi e a reagire con la violenza, mi si presentòd'un tratto come una manchevolezza, sul piano della realtà praticaquotidiana e nei rapporti con i ragazzi della mia età. Scoprii cosìche per me la cosa più facile era agire come se la violenza altruinon potesse comunque nulla su me: mi accorsi che bastava unacalma opposizione, per bloccare immediatamente l'altruiaggressività. Divenni così con facilità un disarmatore di prepotentie a buon mercato mi feci la fama di coraggioso rispettabile: altempo stesso cominciai a praticare scherma, corsa e nuoto. Ma leesperienze più rispondenti alla mia richiesta interiore in taleperiodo dovevano essere quelle della montagna, dell'ascesa e dellasolitudine tra le vette.

Il terzo settennio inserì nella mia vita un elemento che potreidire epico: la montagna, la disciplina fisica, l'affermazione di unaautonomia rispetto a certe forme di collettivismo cui erainevitabile partecipare, erano modi di misurare la presenza dellavita interiore, presso alla capacità di adattazione al giuocoesistenziale e alle mutevolezze di esso: costituivano per me unafascinosa polarità esteriore, mentre silenziosamente coltivavo lapreliminare ascesi del pensiero e leggevo Nietzsche e Platone.

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Fu un periodo movimentato della mia vita, talora agitato, maricco di intuizioni preparatorie: un carattere particolare ne fu lapresenza di un senso superiore della fatalità per cui mi sentivoinesauribile e invulnerabile: mi donavo alle imprese più rischiose,esigendo dalle mie resistenze vitali molto più di ciò che essenormalmente mi accordassero. Questo “in più” sapevo che miveniva da una immediata sorgente metafisica, con la quale potevoa volontà entrare in contatto, grazie alla disciplina interiore.

* * *

Malgrado l'adolescenza, si andava formando in me, perintuizione spontanea, il quadro di un'impresa interiore necessariaall'uomo moderno d'Occidente. Sentivo il pericolo deldeterioramento di un simile uomo, ove non riconoscesse in sé lavocazione della propria impresa. Non era tanto la lettura meditatadell'aureo libro del Feuchtersleben e della “Nascita dellaTragedia” di Nietzsche, a sollecitare in me tale quadro, quantol'immediato avvertire nella natura un elemento originario dellavita interiore, propria all'uomo e al mondo, che sentivo sfuggirealla Scienza e alla Cultura. Ancora non studiavo sistematicamentela filosofia, ma avevo un rapporto immediato con il reale, che mirendeva insofferente di ogni dialettica che non recasse l'ecodell'elemento originario della natura. Questa insofferenza micondusse spesso a situazioni difficili, che resero drammatico inqualche modo il mio terzo settennio.

A quindici anni ebbi una singolare esperienza della dimensioneeterica, trovandomi in Sardegna. Mi ero recato per una breve giraa Tempio Pausania ed essendo rimasto senza denaro, mi risolsi apercorrere a piedi i 45 e più chilometri della strada veno Palau, perrecarmi a uno ”stazzo” in vetta a un colle detto Barrabisa, alcospetto del mare, presso una patriarcale famiglia di amici pastori,il cui capo era una sorta di gigante tranquillo e generoso, Ciboddo,detto Bioddo, del quale ero ospite. I 45 chilometri dovevano

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divenire più di 50 allorché, lasciata la strada maestra dovevanoqualche chilometro prima di Palau e, infilato il sentiero perBarrabisa, mi smarrii nella boscaglia: era caduta la notte e ilpercorso divenuto irriconoscibile.

Ero partito da Tempio nelle prime ore del pomeriggio, avendole ali ai piedi: volevo la sera essere a ogni costo a Barrabisa,perché ero intellettualmente legato a una ragazza - con la qualeavevo un colloquio puro e poetico - della famiglia Ciboddo.Percorsi i primi chilometri di corsa, trotterellando, essendo lastrada in discesa: poi cominciò la pianura, ed io nel ritmo delcammino e nell'incanto della solitudine della Gallura, entrai in unostato di particolare armonia dello spirito con il corpo.

Grazie al ritmo del camminare e all'ambito di primordialitàpura delle forze, in cui movevo, grazie al silenzio e alla pace,possenti sino alla solennità, ebbi d'un tratto, nella forma possibilealla struttura interiore propria alla mia età, la prima esperienza delpensiero vivente. Procedendo a passo veloce ma uguale e lieve,andavo facendo una sintesi della mia vita e del suo significato,quando sentii al centro di essa, resasi quasi visibile, la forza delpensiero come una luce che tendeva a penetrare nell'anima e chemi avrebbe rivelato nel tempo il senso di tutto ciò che per orasemplicemente mi appariva: percepii la connessione di questa lucecon l'essenza delle cose, dell'uomo e dell'Universo. Guardandomiintorno, vedevo la realtà segreta della natura, magica nella suapurezza, che mi veniva incontro: mi appariva tutto connesso daun'unica animazione, come una sinfonia, essendo le forzemolteplici e diverse.

Ricordo nettamente che le impressioni interiori destantisi in menon erano soltanto imagini, ma simultaneamente percezioni diforze. Non ne ero però sorpreso: sapevo benissimo che quella erala realtà. Vi fu un momento in cui, guardandomi intorno, mi parvedi essere circondato da entità e da archetipi: sentii la gioia diravvisare in me il fluire della Luce, come una forza operante intutto l'essere, e di un tratto constatai che il mio corpo perdeva

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peso. Non osai forzare l'esperienza, una prudenza mi tratteneva,ma sapevo bene che, se avessi insistito nella percezione dellaforza-luce, avrei potuto sollevarmi da terra: il mio passo divenneveloce e privo di sforzo: quasi correndo percorsi i rimanentichilometri di quella solitaria strada della Gallura. Dovevo poipassare diverse ore difficili nella boscaglia, privo di luce e diorientamento, avendo smarrito il sentiero verso Barrabisa, finchésulla vetta di una collina lo ritrovai, vedendo dalla Corsica ilraggio del lontano ma nitido faro di Bonifacio.

Qualche anno dopo, ancora in Sardegna, una terra meravigliosain cui lo Spirito sembra presentarsi nella sua immediatezzacreatrice, là dove non è ancora intervenuto l'artifizio astrattodell'uomo, mi trovai ad affrontate una situazione pericolosa conuna barca carica di reti da pesca, nel tratto di mare tra Porto SanPaolo, presso Terranova Pausania, e l'Isola di Tavolara. Le retiappartenevano ai pescatori, che le avevano accumulate su quellabarca come su un appoggio provvisorio.

Io e un mio coetaneo avevamo preso la barca, senza togliere lereti, essendo un'operazione delicata e difficile, e ci eravamo recatia remi verso il largo lungo la costa per approdare a un'insenaturaall'altezza dello stazzo di Vaccileddi, dove era l'ufficio postale.

Tutto era andato regolarmente: avvenuto il breve sbarco, io erosalito sulla collina di Vaccileddi e avevo ritirato la posta. Rimessala barca in acqua e ripreso il mare, però, il ritorno di colpo sirivelò impossibile, perché si era levato fortissimo un vento daterra e il mare era agitato. Dopo vani tentativi di fronteggiare lafuria delle onde, e qualche momento di pericolo, decidemmo ditirare a terra la barca in un'insenatura irta di scogli, tutta pietre elastroni: faticosamente togliemmo le reti, le raccogliemmo entroun cavo di roccia, nascondemmo i remi e poi tornammo a piedilungo una costa interrotta da scogliere, foci di torrenti, boscaglieecc .. A piedi, a guado, a nuoto, infine giungemmo a Porto SanPaolo, dove trovammo i pescatori infuriati per le reti portate via.

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Il mio amico mangiò e poi si buttò inerte su una branda e nonvolle più sapere di muoversi: io, non potendo sopportare l'accusadi aver perduto le reti, decisi a un tratto di ritornare da solo. Ipescatori mi guardarono increduli, perché, dato il mare agitato,essi avevano rinunciato a uscire, ma non mi impedirono diripartire solo a tentare un'impresa impossibile. Era l'“impossibile”che sempre dovevo poi constatare che mi sollecitava. Ripercorsi iltragitto guadi, boscaglie ecc., confidando nel calmarsi del vento edel moto ondoso verso le ore della sera. Ma proprio quella sera ciònon avvenne, anzi, il vento andò sempre più rafforzandosi intantoera sceso il crepuscolo.

Ritrovai l'insenatura, disseppellii i remi, rifeci l'operazionepaziente del trasferimento delle reti sulla poppa della barca, poimisi la barca in mare, compiendo un'operazione che era stata giàfaticosa in due. Comunque, uscii dall'insenatura e subito mi trovaiin una situazione disperata: era calata la notte e il vento eraaumentato d'intensità, le onde erano altissime e a mala penariuscivo a tenere la prua di contro ad esse: ci fu un momento in cuinon vidi intorno a me che buio e onde, che da un momentoall'altro mi avrebbero sommerso: tendevo con tutte le forze i remiper mantenere l'equilibrio, ma le loro pale al vertice delle onde,che non vedevo più, ormai incontravano il vuoto: mi trovavo io unvortice buio entro un immane boato, di momento in momento sulpunto d'inghiottirmi.

Né avanzavo di un centimetro, né sapevo dove ero e che cosadovessi ancora fare, mentre intorno a me il muggito si accrescevacon la furia dei flutti. Capii che non avrei potuto resistere a lungo,in quello sforzo senza senso, e quando cominciai a provare lasensazione che stavano per abbandonarmi le forze, ebbi d'un trattola sintesi della mia vita e il monito di non aver ancora compiutociò che essa chiedeva. Allora sentii me stesso, come un altroessere, sorgere dal profondo con impeto primordiale: raccolsi leforze e lanciai un grido o una parola, come una invocazioneassoluta. Avvenne un mutamento fulmineo: di colpo vidi

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lampeggiare una forza immensa, da cui fui investito come fosse lamia forza, capii i movimenti che dovevo fare, i remi miobbedirono. Sorse in me un senso di sicurezza, ebbi l'intuizione diuna Potenza che dominava le acque e comandava ai venti: d'untratto prodigiosamente mi ritrovai all'imboccatura dell'insenatura,in un attimo di mare calmo: non sapendo come vi fossi rientrato.

Ero salvo: anche se qui fui sbalzato in acqua nel tentativo diimanovrare la barca tra gli scogli dell'approdo, tutto massi eoscurità e rigurgito di flutti. Furono ancora abrasioni,ammaccature: nuovamente il lavoro di tirare la barca a terra,nascondere i remi, togliere le reti e collocarle pazientemente, capoper capo, nel cavo della roccia, in una oscurità quasi capo fitta. Inme c'era però qualcosa di nuovo: sapevo ormai che esisteva ungrido, o una parola, che partendo dalle radici profonde dell'anima,ha il potere di evocare le Potenze dell'Universo.

Ho riferito questi due episodi, per caratterizzare il mio terzosettennio, alquanto movimentato, ma sempre accompagnato da unimpulso radicale, mediante cui sentivo la direzione di qualcosaoltre l'ambito dell'ordinario esistere. Perciò potevo abbandonarmia questo esistere. La mia persuasione era che potevo immergermiin tutto senza perdermi, se potevo avere la consapevolezza dimuovere dalla Forza che domina tutto. Questa era per meun'Essenza amica che sentivo di poter incontrareconfidenzialmente nel segreto di me. Le situazioni problematichesorgevano quando dimenticavo la mia connessione con l'Essenzaamica: ma indubbiamente mi sorgevano situazioni ancor piùsevere, quando abusavo della connessione stessa.

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3 - EVOLA

Volli conoscere J. Evola, avendo sentito parlare di lui come diun pensatore coraggioso, capace di mettersi contro tutti e diattaccare la cultura corrente, con argomentazioni decisive:un'indicazione vaga, ma a me sufficiente per muovermi verso dilui. Senza preavviso, mi recai un giorno a trovarlo - avevo pocopiù di venti anni - e ne ebbi una accoglienza simpaticissima.

Non avevo letto di lui una riga, e per qualche tempo anchedopo averlo conosciuto, non lessi nulla di suo, essendomisufficiente l'averlo incontrato e d'un subito aver avuto lasensazione di trovarmi di fronte a una personalità eccezionale. Lafigura di Evola era la più ideale che io avessi fino allora incontrataegli mi si presentava come un modello di potere interiore, dicoraggio e di capacità di sottile umorismo: perciò gli fui amico eper diversi anni poi lo seguii come discepolo. Con il susseguirsidegli anni, dovevo scoprire in lui come valore lo splendore dellaforza che, incarnandosi in una determinata natura, a questa avevapotuto sottomettere l'espressione medesima della conoscenza.Mentre il mio impulso gradualmente doveva rivelarsi l'opposto:trovare la conoscenza che mi superasse e mediante questasuperare la mia personale natura, ossia realizzare l'essere interiore.

Strada facendo capii che di Evola ce ne poteva essere uno solovalido, e non delle copie: tutto il suo insegnamento, il suo yoga, ilsuo Tantrismo, il suo “Grande Veicolo” presuppongono la qualitàinteriore originaria, la magia imaginativa, che per il cercatoremoderno è un punto d'arrivo. Anche se questa qualità interiore èpresente prenatalmente, o karmicamente, nel cercatore, per potersiestrinsecare e realizzare, le occorre la conoscenza, ossia unmetodo noetico. A me, invero, la facoltà imaginativa era familiare:su essa avevo sin allora fondato il mio lavoro interiore, perimpulso spontaneo, ma strada facendo dovevo rendermi conto chequesta facoltà, come fulcro dell'opera, andava conquistata

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mediante un metodo preciso. Essendo la coscienza imaginativa lacondizione per la coscienza magica, l'arte del discepolo è ritrovaredietro il pensiero riflesso la luce imaginativa. Questa soprattuttofu la mia esigenza e la ragione per cui a un certo momento seguiialtri sentieri, mantenendo intatta per Evola la deferenza el'amicizia, nonché la gratitudine per gli impulsi accolti da lui:soprattutto per quelli che, come accennerò tra breve, mi avrebberocollegato con la “via rosicruciana”.

Si trattò per me di necessità interiore· qualsiasi impulsocreativo prenatale, ove non trovi il veicolo noetico che glinecessita, in un'epoca come la presente, è costretto a seguire le viepiù lunghe del karma: comincia a esprimersi distruttivamente,come inversione di sé, ossia come vita oscura degli istinti, invanoinfrenata dalle remore etiche della Tradizione, in quanto tradizionemetafisica inafferrabile a chi sia privo del potere noeticoaccennato, ossia della conversione del pensiero riflesso inpensiero vivente: che è appunto la “via rosicruciana”.

Della conversione del pensiero riflesso, invero, Evola non si èmai dovuto preoccupare, perché non ne ha avuto bisogno, fruendoegli del pensiero in movimento, come di una forza congeniale allasua personalità: capace di concepire la liberazione, ma non ilproprio moto autonomo come inizio della liberazione medesima,in quanto identico con la propria forma dialettica: dialetticaeccezionale, ma non per questo capace di essere pensiero fuoridella sua imperiosa forma. In Evola ha agito un sagace istinto diconservazione della dynamis pensante, o di una non messa inquestione del valore metafisico di essa, essendogli sufficiente ilsuo uso per la sua peculiare dialettica e, dal punto di vista noetico-ascetico, essendo essa per lui perfettamente funzionante: unostrumento che non era il caso di rapportare alla ricerca,rispondendo perfettamente alla funzione richiestagli. Il non valeredi tale pensiero in sé, come universale contemplabile, ma solocome espressione di un potere personale, è in sostanza il sensoultimo della Teoria e della Fenomenologia dell'individuo Assoluto.

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3 - Evola

Non ha senso una critica della figura di Evola, perché nonesistono persone per le quali una tale critica abbia senso, inrelazione appunto a quella dimensione del pensiero che decide delvalore di un orientamento. Per me l'esperienza del pensiero vivonon si era mai identificata con la espressione dialettica: il sistemadell'Evola mi parlava secondo il mondo di forze a cui attingeva equesto mondo di forze era importante per me realizzare, di là dallavisione delle cose che la sua dialettica come espressione personalecomportava, ossia di là dal valore dialettico della Tradizione a cuifaceva riferimento: valore che per gli evoliani - non per Evola - ètutto, e per cui essi trovano serie difficoltà a realizzare quel mondodi forze.

A me in realtà importava tale mondo di forze, ossia laTradizione, non la sua dialettica: il suo tessuto di vita, piuttostoche il suo nome e la sua forma. Sul piano dialettico la Tradizionepuò anche essere presentata come anti-moderna: ma è una dellesue interpretazioni possibili. Sul piano dialettico ne è possibileuna opposta. Oltre la dialettica, la Tradizione dovrebbe esserel'impulso più moderno, perché il più antico. In verità ciò che èdecadente del mondo moderno appartiene al passato, ossia a ciòche è morto, disanimato, inattuale, del passato.

Ove si ammetta una direzione discendente, o di “caduta”, sidovrebbe avere la saggezza di non identificare la Tradizione conla spiritualità incapace di arrestare il decorso verso l'“età oscura”.Un Potere che sia veramente originario non decade, non può nondominare il proprio processo, anche quando questo assume laforma di “mondo moderno”: non può non volere ancora se stessomediante tale mondo. Perciò un cercatore dell'Originario nonrifiuta il mondo moderno, ma cerca come mediante questo operiancora l'Originario: che cosa veramente l'Originario abbia volutoattraverso la più bassa esperienza del sensibile. Il vero elemento di“caduta” o di “oscurità”, è la rinuncia a tale compito, in nomedell'assunto tradizionale.

Tuttavia, quando Evola e Guénon parlano della Tradizione, si

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riferiscono a un mondo ben diverso da quello che diviene laromantica o cavalleresca idolatria dei tradizionalisti: i qualiconsumano gli anni migliori della loro vita a inseguire l'ideale“tradizionale”, senza minimamente sospettare che con ciò essisfuggono al compito di realizzare la Potenza allusa: la sognano, laamano, ma non la realizzano. Per realizzarla, dovrebbero afferrarele forze del mito di cui vivono, l'imagine della Tradizione: ma ciònon possono, perché segretamente non le vogliono; non scorgonole forze che vivono nei pensieri la cui espressione dialettica liavvince.

È difficile per i tradizionalisti uscire da un simile miraggio, ecomprendere il meccanismo delle idee-forza a cui si legano senzasperanza di possederlo: che è un compito più importante che ilmuoversi secondo il suo significato dialettico. Al livello del“significato”, un mito dialettico ne vale un altro: tutti, sia a destrache a sinistra o al centro, subiscono lo stesso limite, e il mondodelle delle idee-forza sfugge all'asceta incapace di scorgerlo di làdal discorso tradizionale. Mentre questo discorso per gli evoliani,come per i guénoniani, è tutto. E ciò spiega il loro atteggiamentodi irrilevanza o di sufficienza, se non di compatimento, per la Viadel Pensiero a cui io mi riferisco.

L'opera di Evola è uno stimolante energico del meta- fisico;suscita l'esigenza della correlazione dell'Io con sé. Ma una simileesigenza, nei discepoli, non va oltre il limite di un sentimentoingenuo, anche se eroico o epico, dell'Io. Non può divenire istanzadella volontà, per l'ostacolo che ad essa costituisce proprio lacorrelazione con l'opera di lui: espressione vivida dell'Io cheaffascina l'Io altrui e lo arresta in una sorta di incantesimo dellaPotenza, ossia in una imaginazione di cui non potrà che cibarsimisticamente piuttosto che magicamente. Non vale osservare cheEvola fornisce abbondantemente il metodo dallo Yoga Tantrico,alla “Magia come Scienza dell'Io”: quello che invero egli non puòdare, in quanto a lui non necessita, è la connessione dell'Io con ilmetodo. Non si può con l'Io dialettico e astratto saltare dentro il

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metodo della Potenza: occorre una preventiva messa a punto ditale Io, sì che si costituisca come centro della propria azione: maquesto è uno “yoga” che non può venite dall'Oriente. È unatecnica che, ove si realizzi come Scienza dell'Io, riassume in sétutti gli yoga, e va oltre . È una Scienza della Libertà: chi la cercaveramente la troverà nella Filosofia della Libertà di Steiner.

Gli evoliani fanno subito propria la critica della civiltà diEvola, alla quale egli è pervenuto attraverso elaborazione diintuizioni e di forze personali: essi si trovano bella e fatta talecritica e se ne appropriano, senza aver nulla mutato in sé, senzaaver in qualche modo conquistato la propria via interiore, così dapotersi con un minimo di legittimità erigere a giudici del mondomoderno e a erigere una Tradizione.

In un tale fenomeno, onde si assiste non ad una scuola bensì aun meccanicismo ripetitivo della dialettica evoliana, priva delmordente originario, si può scorgere un tiepido amore per laverità, una tenuità di dedizione e dii volontà sacrificale,un'indecisione a porsi, come cercatori rigorosi, in relazione con il“metafisico” a cui la dialettica evoliana in definitiva rimanda.

Chi riesca veramente a sviluppare l'amore per la verità, nonpuò a un determinato momento non passare all'azione interiore,come alla pratica sostanzialmente presupposta: ma proprio taleazione, ove sia condotta innanzi con decisione, portainevitabilmente fuori della dialettica mediante cui è sorta: delineaun'esperienza dello Spirito, che non può non lasciare dietro di séle rappresentazioni che l'hanno stimolata: le rappresentazionitradizionali risultano come la barca del discorso di Buddha, chenon ha senso che l'asceta rechi in sé sulle spalle, una voltaattraversato il fiume. Quella barca, invero, è utile solo a tornareindietro.

Riguardo a tali discepoli, tiepido amore per la verità, si è detto,ma si deve aggiungere insufficiente slancio di generosità verso gliesseri travolti dall'errore, ossia insufficiente slancio metafisico dilà dalla maya delle contese, ai fini di un'azione dello Spirito e non

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contro questo o quello. Non v'è da combattere contro uomini, macontro Dei inferi. Questa azione pura, invero, è inconsciamenterifiutata da chi perviene al sistema di Evola come a un fortiliziosicuro, per convivervi con la propria immutata personalità: che èin definitiva un tradire lo stesso Evola.

È comprensibile l'animus della delusione, sia pureimperturbabile, che Evola manifesta quando parla di coloro che sidicono suoi seguaci. In verità questi non sono consapevoli dirivere nel “sentimento” del suo sistema della Potenza. la qualeinvece fa appello ad una scienza della “volontà”, che non puòmuovere dal sentimento, bensì dal pensiero, ma non dal pensierodialettico, sia pure esoterico o magico o yoghico, bensì dalpensiero liberato, liberato dalla forma medesima della suadialettica: secondo un canone che in Evola, come si è detto, non sitrova. Non si trova, perché egli personalmente non ne ha bisognoriguardo all'essere in cui si individua per la presente vita: ma ciòsimultaneamente spiega perché Evola non percepisce l'elementosolare dell'insegnamento dello Steiner e, come può, volge ad essouna critica che, da un punto di vista essenziale, ha solo unaconnessione discorsiva con il suo oggetto, e sembra volerlorendere valutabile secondo significazione meramente psicologica,eludendone il contenuto metafisico: contenuto la cui esperienzanon può essere garantita da un sistema logico: ove questo non siaLa filosofia della Libertà. Ma non è detto che sia sufficienteessere steineriani per afferrare simile elemento solare.

I seguaci della Scienza dello Spirito, che non giungano asuperare l'univoca dimensione dell'anima razionale, e a questainconsciamente riducano l'insegnamento e da essa, per quantoelaborata e filosofizzata, non escono, movendo perciò con mererappresentazioni in un mondo di forze che permane loroimpenetrabile: non sono dissimili agli evoliani che si muovonoentro l'anima razionale-affettiva, non andando oltre lerappresentazioni o le imagini della Potenza, non disponendo delcanone della liberazione del loro rappresentare: il cui vincolo alla

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3 - Evola

cerebralità è l'impedimento reale alla Potenza.L'avvicinamento tra le due posizioni può sembrare paradossale,

eppure, se si osserva, riguarda l'identico limite interiore: limiteinconscio, che nell'avvenire provocherà alleanze inaspettate, cheappariranno assurde, ma saranno le più logiche. Nell'imminentefuturo, il dominio dell'anima razionale creerà il vero fronte delleforze contro lo Spirito, in nome della Tradizione comedell'Antitradizione, della Religiosità come dell'Ateismo, delloSpiritualismo come del Materialismo: un fronte vasto checongiungerà molti, il suo vero livello essendo politico.

* * *

Si dire che un essere così eccezionalmente autentico e fortecome J. Evola, abbia trovato la sua connessione radicale conl'Occulto? Deve averla trovata in alcuni momenti, eliminati ognivolta da un oblio a lui necessario, probabilmente in funzione dellasua missione terrena, secondo quella economia trascendentale concui il Mondo Spirituale amministra i singoli apporti esoterici.Certo, l'attacco che Evola muove contro Steiner e l'Antroposofianon appare facilmente spiegabile, anche se non riguarda Steiner,bensì il lettore che possa venirne influenzato. Contro l'ImpulsoSolare di questa epoca, è prevista una serie di attacchi, da quellifrontali a quelli insidiosi e inconsci (ho persino accennato adattacchi dall'interno medesimo della cittadella, ad opera deglizelatori discorsivi delle dottrine), perciò si può ravvisare quello diEvola come il più frontale, anche se sostanzialmente dialettico,epperò dialetticamente reversibile. Ma una replica dialettica èproprio ciò di cui Steiner non ha bisogno.

Per accostare veramente il proprio Maestro, in questo tempo, ildiscepolo deve anch'egli nella forma attuale superare le sue prove:forse per Evola la prova specifica è appunto l'Antroposofia,mentre per altri è la critica di Evola nei confronti di Steiner. In talsenso essa è invero utile: io personalmente, come ho già accennato

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sono grato ad Evola di tale critica, perché mi ha stimolato ad uncontrollo dei punti che appaiono essenziali quanto a una presuntavulnerabilità del sistema steineriano. Essendo in giuoco una sceltainteriore, determinante per l'intera vita, la critica di Evola puòdivenire strumento di una tale scelta.

Chi si lascia impressionare dalla critica di Evola formulata inparticolare in Maschera e volto dello Spiritualismocontemporaneo, non è maturo per conoscere l'insegnamento delloSteiner e da tale opera in realtà può venir aiutato ad aspettare: ladestata avversione per Steiner può essere appena l'inizio di unarelazione con lui, che avrà un seguito indubbiamente positivo,talora in questa medesima vita.

Il segreto sovrasensibile si difende da sé, attraverso ladiscorsivizzazione degli zelatori formali dell'insegnamento, comeattraverso l'accettazione della critica evoliana. La dialettica ècomunque il veicolo dell'alterazione di ogni impresa dello Spirito,ma non in quanto una determinata dialettica possa provocarel'atteggiamento spirituale irregolare, bensì in quanto questo trovain quella il proprio veicolo formale. Ciò avviene anche all'internodi una comunità spirituale, quando vi si associano esseri capacisolo di relazione medianica, e tuttavia assumenti il linguaggiodell'anima cosciente: allorché il numero di costoro divienepreponderante, sarà proprio un medium a prendere la parola e adinsegnare la dottrina polarizzando il consenso di tutti i vocati alloSpiritismo, ai quali sostanzialmente occorre non tanto riconoscereil contenuto della Scienza dello Spirito e chi ne sia reale portatore,quanto realizzare il livello della loro necessità psichica. Come sivede, un risultato non molto diverso da quello derivantedall'accettazione della critica evoliana, e riconoscibile comefenomeno che lo stesso Evolismo patisce, allorché la popolazionedegli incapaci di anima cosciente, epperò popolazione medianica,s'infatua, come si è visto, sentimentalmente delle sue dottrinedella Potenza e il proprio “sentimento” scambia per volontà oforza.

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3 - Evola

In Evola viene prima la forza e poi la conoscenza: realmente inlui la conoscenza è espressione della forza. Questa forza èindubbiamente una forza dello Spirito, ma dello Spirito che si èmodellato secondo una determinata natura. È questa natura che siesprime quale forza spirituale ma, come natura personale, in realtàquale è opposta alla direzione originaria. Perciò l'esperienza diEvola non è ripetibile: quella forza fa appello ad uno Spiritualecon il quale nessun discepolo potrebbe avere collegamento in basealle dottrine.

La via dello Spirito non è l'espressione della forza che si reca insé come forza della natura, bensì la consacrazione o latrasformazione di questa. Prima viene la conoscenza, la quale, se èautentica, diviene poi trasformazione della forza secondo la suaorigine, e persino lotta contro la propria forza in quanto impulsodella natura.

L'ovvia obiezione che la conoscenza non può non essereespressione della forza, non contraddice quanto è affermato sopra,perché si tratta di una forza che va fatta scaturire, o a cui occorreaprire noeticamente il varco, come a qualcosa di superioreall'abituale natura. Parimenti, l'obiettare che tale conoscenza non èpossibile se non in base a un superamento della personale natura odella medianità, cade dinanzi alla Via del Pensiero data dalloSteiner: la cui peculiarità consiste nel suo potersi realizzare comeesperienza indipendente dalle condizioni della natura, o dellanecessità psichica. II punto di partenza modello è appunto quellodella sfera matematico-fisica, al cui livello non è richiesta qualitàinteriore, o moto psichico, per afferrare teoremi o principi, masolo astratto pensiero· su questo, nella concentrazione, si insistenon intensificando l'impersonale suo movimento fluente, nonveduto, dalla sfera indipendente dalla natura. La via verso laliberazione, la via verso l'equilibrio e l'espansione del più elevatosentire, muove da questo punto: dal quale chiunque può volgerealla redenzione della propria natura, al superamento del propriokarma. Ma gli occorre conoscere prima se stesso, “volere” la

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conoscenza di sé: non mettere in moto mediante tecnichepsichiche la propria natura, prima di conoscerla.

L'esperienza che deve precedere il conoscere è in realtà quelladel conoscere stesso, ma è appunto esperienza della volontà.Certo, il mistero di questo iniziale volere rimanda ad un quidmetafisico, che si ha o non si ha: tuttavia l'iniziale moto dellaconoscenza, nel senso della prima e più corretta coerenza delpensiero con sé, malgrado gli ostacoli e le resistenze della natura,è il germe di una volontà che, comunque, sollecitata, si moverà emostrerà la sua obiettiva forza. Anche l'uomo più debole e piùsopraffatto dagli istinti può, volendo, ricongiungersi, in relazioneal proprio livello, con il filo della originaria Forza: l'impedimentopiù serio a questo è invero la mancanza della consapevolezza dellapropria debolezza. Lo sprezzo per il debole, per colui che errarecita, tradisce, è esso stesso una debolezza: esso stessosentimentalismo.

Chi fa suo il “nobile sentiero” del Buddha, non può ignorare lamissione del Bodhisattva Maitreya, che è accompagnare gliuomini nella sfera della maya, prendendo parte alle loro debolezzee alle loro prove, per recare ad essi l'illuminazione nel mezzo dellaloro oscurità. Il futuro Buddha è invero il Bodhisattva dellacompassione. La via che il Buddha addita verso l'alta liberazioneall'uomo futuro, è appunto la compassione: che è espressione didebolezza, solo se è recitazione politica o mollezza etica, mentre,pura di recitazione e mollezza, è la vera forza dell'Io.

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4 - IL SENTIERO DELLA ROSACROCE

Tra le diverse vie, a un dato momento, mi apparve riconoscibilequella del Pensiero Solare, perché in realtà la perseguivo sin dalleprime ricerche: ancor prima che incontrassi tale via, infatti, mi erafamiliare l'esperienza della dimensione eterica del pensiero, comedi una luce mentale, percepibile grazie alla sintesi elaborata dellediscipline d'Oriente e d'Occidente. In effetto, movevoregolarmente da un'esigenza di sintesi essenziale dei metodi,mentre la pratica mi appariva l'obiettivo finale di essi: ma lapratica, come senso ultimo delle dottrine, non poteva essere chesintesi essa stessa. Quello a cui in definitiva tendevo eral'esperienza della sintesi medesima.

Il pensare sino in fondo i temi della Yoga, accolto non come unsistema a cui mi dovessi affidare passivamente, ma come uncontenuto metafisico che mi era chiaro di assumere mediantepotenziale di idee, persino riguardo alle tecniche psicofisiche, midava modo di intendere il senso ultimo del Jnana-yoga: scorgevoin esso una disciplina antica del mentale inteso a organizzare in séle radicali forze cosmiche, in senso strutturale, piuttosto cheintellettuale, per poter un giorno sostenere spiritualmente il pesodel Materialismo: una preparazione delle potenze del conoscere,che si sarebbero dovute esprimere nel futuro come forze dellaindividualità.

Chi mediti il contenuto originario dello Yoga, in quanto Raia-yoga avverte che ha realmente tale senso. Non v'è conoscere chenon si attui come determinazione: ma la determinazione, al livellodella coscienza raziocinante, a un dato momento, non può averealtra misura che il dato sensibile. Quell'originario conosceredoveva un giorno misurarsi con la bruta materia fisica del mondo,assunta come realtà misurabile piuttosto che come maya, perdiventare azione dell'essere interiore nell'umano. La nascita dellafilosofia greca non ebbe altro senso. Molti secoli dopo, la

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Filosofia della Libertà di Rudolf Steiner avrebbe indicato il realeoggetto della determinazione: non l'oggetto fisico, ma il pensierostesso determinatosi mediante l'oggettività fisica. Del resto, quelloche dallo Yogadarshana di Patanjali sarebbe dovuto derivare comeuna sorta di dottrina organica, non era lo Yoga originario cheaffiora nei Brahmana, nel Veda, nelle Upanishad. Il presentiredietro quell'insegnamento uno Spirito indicatore, volto verso ilfuturo, grazie a una elaborazione cosciente delle tecniche, mifaceva intravvedere un rapporto dell'uomo moderno con lo Yoga,che non poteva essere una ripetizione dell'antico.

Mi era chiaro che l'“uomo tradizionale” poteva accogliere loYoga e donarsi alle sue discipline con una immediatezza nonripetibile nell'uomo moderno, se non a condizione di un ulterioremovimento puramente “volitivo”, riguardante la sua attualecostituzione e non attingibile allo Yoga, bensì a un'attualerelazione con sé del pensiero, sconosciuta allo Yoga. Un cercatoremoderno che potesse sprofondarsi nelle pratiche dello Yoga con lastessa immediatezza dell'antico yogi, svilupperebbe senz'altrotalune forze, ma al di sotto del livello della coscienza: queste forzeastrali-vitali, evocate e tuttavia estraniate all'Io, creerebbero in luicondizioni patologiche in rapporto al suo stato presente:fornendogli sensazioni ed energia extranormali, farebbero di luiun medium.

In realtà, lo Yoga a cui si dedica il moderno occidentale passaper la trafila del suo pensiero: come contenuto originario, nonconsente presa diretta. Oggi, solo il conseguimento dellaintuizione sovrasensibile - di cui si accennerà - può dar modo almoderno sperimentatore di percepire che cosa doveva essere lapresa diretta per lo yogi tradizionale: una comunione innata, recatada lui, in quanto posseduta come una natura spirituale. Era per luiun punto di partenza immediato, una potenza che tendeva al suoatto e giungeva a realizzarsi per via dello Yoga. Tale potenza inrealtà voleva se stessa mediante lo yogi, il cui Io (purusha)ascendeva alle sfere sovrasensibili, in quanto diveniva strumento

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di essa, sino a una identificazione con essa fuori della sferaindividuale.

Nel moderno sperimentatore, invece, occorre vedereun'autocoscienza realizzata al livello individuale, ma senzacoscienza delle forze messe in atto: onde il suo assuntosovrasensibile risulta l'inverso di quello dello yogi: dall'attocompiuto, il moderno deve passare alla esperienza dellacorrelativa “potenza”, come alla conquista delle forze a cui devela sua individualità. In altre parole, quella presa diretta, che per loyogi era un punto di partenza immediato epperò non cosciente, perlo sperimentatore moderno è un punto di arrivo dellaautocoscienza.

L'autocoscienza dell'uomo moderno che non conquisti talepresa diretta, non può non divenire distruttiva nel mondosensibile, in quanto a tale livello muove presupponendola e altempo stesso contraddicendola. Né lo Yoga può darle modo direalizzarla, perché essa riduce lo Voga a sé, ossia al proprio livellosensibile, mancando della presa diretta: la quale in sostanza è lapresa di cui essa rispetto alla coscienza è l'atto realizzato, comeautocoscienza. In effetto lo sperimentatore moderno puòperseguire lo Yoga, in quanto lo assume non con la presa diretta,bensì mediante la trafila del pensiero: ma non ne è consapevole. Ilmoderno yoghista non si accorge di ridurre anzitutto lo Yoga a unsuo sistema di concetti, che poi traduce in una attività yogica.Questa naturalmente ha ben poco a che fare con ciò cheintendevano gli antichi Maestri dello Yoga: i quali si rivolgevanonon a un tipo umano concettuale e raziocinante, ma al tipooriginario, non moderno, ancora spontaneamente dotato dellapresa diretta.

Gradualmente mi diveniva chiaro che questa presa diretta è ciòche il moderno occidentale porta già in sé come possibilità insitanell'autocoscienza, ossia come possibilità di presa della coscienzasu sé: riconoscevo in ciò un potere, una siddhi pura, o unapresenza più profonda della Shakti superiore nell'uomo: della

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quale egli però non ha coscienza. in quanto la volge al sensibile: ladualizza, in quanto la esplica nel sensibile, identificandola tantocon questo da ritenere realtà il suo apparire. Lo Steiner mi avrebbefornito la chiave di questo processo dell'autocoscienza nelsensibile, producente dapprima la Scienza e in un secondo tempola civiltà tecnologica, sostanzialmente portata a realizzare, nel suoiniziale oscuro moto, un inferiore mondo magico, persino con isuoi miti e le sue superstizioni. Nel frattempo mi era possibileelaborare una sintesi di quanto mi veniva dallo Yoga, così daridurre il metodo a un'esperienza delle potenze del pensiero, comeun'esperienza della Luce originaria dell'intelletto, o della Shaktimentale.

* * *

Ravvisare il potere originario della mediazione pensante,riguardo a ogni determinazione interiore e in particolare riguardoai processi dell'ascesi, i quali proprio nella forma pura dellamediazione conseguono il loro reale contenuto, sia che volganoalla conoscenza, sia che volgano alla devozione, o si esprimanocome essenziale attività magico-imaginativa, in sostanza era perme già un seguire la via dell'Io. Mi occorreva però riconoscere il“valore” di tale orientamento.

Non v'è asceta d'Oriente o d'Occidente che, nel suo operareinteriore, quale che sia la via, tradizionale o non tradizionale,facente appello all'anima senziente, o all'anima razionale, oall'anima cosciente, non presupponga la “mediazione pura”. Ilproblema reale è il rapporto del suo grado di veglia con talemediazione. Poiché il grado di veglia più elevato nel tipo umanoattuale è quello dell'auto-coscienza razionale, mi era chiaro chel'istanza ultima dello del Raja-yoga , riguardo a tale tipo umano, èil superamento dello Yoga tradizionale medesimo, in rapporto allanecessità attuale della mediazione, cioè in rapporto al suopresentarsi come puro pensiero astratto.

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Questa conversione noetica dello Yoga, onde dello Yoga nonrimane che l'intento primo, o il presupposto metafisico, insostanza la sentivo come forma di una fedeltà a ciò da cui lo Yogaoriginario mosse. Nella forma tradizionale lo Yoga non ha piùnulla da dare all'uomo veramente moderno, ma solo ai ritardatari.Come esperienza ascetica, per me esso diveniva la negazione disé, ossia della propria forma, risorgendo metafisicamente, rispettoalla situazione attuale della coscienza, come impulso di ricercadell'Io lungo la serie inversa del pensiero, o la percezione diquello che, molti anni dopo, nel mio libro La Tradizione Solareavrei chiamato “continuità pura”.

Indagatori dell'aspetto storico dello Yoga, come J.Evola,Mircea Eliade, Jaçques Masui, André Migot ecc., hanno serieragioni di ritenere che il filone originario dello Yoga sia unelemento pre-ario e pre-brahmanico. A me invece apparivaevidente che si trattava dell'elemento ario originario, ossiadell'autentico elemento ario, di cui i Veda e i Brahmana sono tardesegnature in un'epoca in cui l'elemento originario già patisce lapropria alterazione dialettica. Comprendevo che andava fatta,meglio che una distinzione di strati diversi, la distinzionetemporale del processo di un medesimo strato.

Riconoscevo come essenza originaria dello Yoga l'esigenza diun'operazione radicale del mentale, volta al superamento dellimite individuale: limite che si andava formando nell'uomotendente alla propria integrale umanizzazione, e che l'ascetaavvertiva drammaticamente, come inizio di un deterioramento,anche se si presentava come veicolo necessario all'esperienzasensibile. La concentrazione aveva senso in rapporto a un simileassunto: nei nuovi tempi la forma dell'assunto non poteva nonmutare del tutto, dal momento che l'elemento individuale avevafinito col prevalere. Nei nuovi tempi l'elemento individualeconsegue la propria redenzione, divenendo il supporto stessodell'operazione mentale su sé.

La percezione della essenza informale dello Yoga, mi avrebbe

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condotto un giorno direttamente nel cuore della noesisrosicruciana. Rispetto all'assunto antico, intatta permanendo la“fedeltà” originaria, l'identico opus interiore del mentale inrelazione a sé, non avrebbe avuto come entelécheia latrascendenza, bensì l'immanenza: l'identico atto avrebbeincontrato il Logos nel moto del puro pensiero, sperimentato inun'ottava più alta, laddove l'antico yogi doveva eliminare ognideterminazione pensante, ricorrendo al più potente tapas, perfondersi fuori dell'individuale con il Logos, o con la Shakti o conBrahman.

L'unione con il Logos, un vero asceta oggi, può realizzarlagrazie a volontà sacrale, entro la propria individualità, utilizzandole pure forze del pensiero astratto, ossia mediante forze che loyogi non conosceva: deve bensì realizzare la direzione originariache a quel tempo dette luogo allo Yoga, ma secondo una tecnica eun sadhana che lo Yoga non può contenere. Lo Yoga tradizionale,anzi, rispetto all'attuale esigenza del pensiero astratto, diviene unimpedimento. L'asceta deve giungere a costruirsi lui, con le forzeautonome di tale pensiero, l'oggetto della propria concentrazione,come una sintesi dinamica, con la quale identificarsi: egli puòrealizzare una identificazione con sé fuori del sensibile, ossia fuoridell'individuale, proprio in quanto voluta mediante le pure forzedella individualità. L'oggetto sensibile in tal modo cessa dicondizionare la coscienza formatasi appunto mediante l'oggettivitàsensibile.

Finché appare esteriore al pensiero, il dato, come immediato,non può non essere il simbolo della derealizzazione del pensiero:l'alterità del dato, proiettandosi all'interno, diviene oggetto delsapere, che perciò non può non arrestarsi a un limite dialettico. Allivello dialettico, l'oggetto è invero inconoscibile, permanendocome oggetto di contro al soggetto, dalla sua analisi filosofica aquella nucleare, finché il pensiero non scopre che tale processocognitivo è irreale: reale essendo anzitutto il suo movimento,come correlazione di un momento con l'altro del proprio

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determinarsi, ma simultaneamente come identità con il dato. Ditale identità con la facies minerale dell'oggetto, nella percezione,gli sfugge la forza, come sua primordiale forza. Ma è l'identità chel'asceta antico non conosceva, in quanto l'attuava di là dalsensibile, e l'asceta moderno ha il compito di realizzare, medianteil sensibile, grazie a più profonde forze della individualità: cheattendono affiorare in lui in conseguenza del contatto della suainteriorità con la sfera minerale.

Occorre che il pensiero abbia se stesso come dato puro: maperché possa questo, deve prima avere come dato ciò che gli sicontrappone, l'oggetto, interiore o esteriore, in cui articolarsi, sinoa scoprire il suo presupporre come “essere” il proprio stessoessere, che non è se non pensando. Il pensiero si dà sempre, senzanecessità di presupporre un essere fuori di sé, ma per riconoscersicome dato, deve prima sperimentare che cosa è il darsi fuori di sé.Il suo provvisorio identificarsi con il dato, il trarre il senso di sé daesso e tuttavia non saperlo e fissare il dato come esistente in sé econtrapposto, appunto produce l'essere. Ma il dato cessa di essereil limite onde si costituisce l'essere, allorché viene esso stessocostruito mediante il pensiero, come pensiero: questa è la noesiliberatrice del pensiero indicata da Rudolf Steiner: grazie allaquale viene conquistato come superiore forza della coscienza ciòche per ora si manifesta inconscio potere d'identità dell'Io con ildato sensibile: con il grado più basso del dominio fisico, lamineralità.

Viene per tale via penetrato il magico mondo della percezionesensoria. Ove si abbia allo stato puro, come stato dicontemplazione profonda, la percezione sensoria rivela l'unitàdell'Io con il mondo, antecedente ogni coscienza cognitiva. L'unitàdell'Io con il mondo è già realizzata nel percepire, ma rispetto adessa la coscienza ordinaria è in stato di sonno, onde la potenzamagica dell'atto percettivo le sfugge. Di questo ogni volta lacoscienza ordinaria accoglie unicamente l'impressione sensoriacoincidentale con il correlativo rappresentare: il quale in realtà

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dualizza ciò che segretamente essa accoglie in sé come uno. La via rosicruciana conduce il discepolo al segreto della

volontà magica afferrabile nel percepire sensorio: il massimo dellasagacia di lui viene sollecitato dal suo venir portato alla coscienzadelle naturali funzioni sensibili, mediante l'osservazione intensivaassurgente a contempla:z:ione. Il segreto della volontà magica nelpercepire diviene a lui contemplabile in quanto la corrente dell'Iofluente nel “vuoto” delle condutture nervose incontra e trasformain vita del volere l'ètere deteriorantesi come ètere elettrico, chenormalmente, mediante quelle condutture, lo congiunge con latenebra della Materia.

Come “luogo”, di neutralizzazione delle forze etericheconvergenti nello spazio, la Materia è sostanzialmente un vuoto. Ilsentiero della Rosacroce in effetto conduce il discepolo allapenetrazione del mistero della Materia, come di una condizione dimorte dello Spirito, che funzionando come un vuoto di vita, puòlasciar fluire la corrente trascendente dell'Io quale volontà magica,secondo una ricongiunzione che reca in sé il potere dellaresurrezione: l'intimo impulso del Logos.

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5 - ESSENZA DELLO YOGA

La contemplazione del senso centrale dello Yoga, a undeterminato momento, mi rimandava al còmpito originario dellecomunità spirituali dell'Asia protostorica. La visione di questocòmpito metafisico mi forniva una preziosa autonomia rispettoalle discipline formali dello Yoga. Vedevo questo còmpitoaffacciarsi attraverso le prime esperienze del mentale umano,come iniziale virtù avviatrice della formazione del pensiero,tendendo a un suo preciso compimento: si trattava invero dellatecnica propria a un particolare tipo umano, le cui tracce nonpossono non essere ritrovate come fenomeno popolare e magico:questo però filiava dall'azione centrale e tuttavia non conosciuta,di una precedente comunità di asceti o di iniziati: la cui influenzagiungerà più tardi a essere allusa nel primi testi tramandati.

L'esigenza originaria dello Yoga, che mi era dato scorgere,risultava tuttavia postulare un compimento del pensiero, rispetto acui lo stesso Raja-yoga non poteva essere che un sadhanaprovvisorio. Per il ricercatore è importante oggi riconoscere ladiversità sostanziale della corrente iniziatica dell'Estremo Orienteda quella dell'Asia Centrale: si tratta di sfumature metafisiche, maesse hanno un valore profondo, correlativo a una sensibilitàattuale che può decidere della scelta di una determinata via alSovrasensibile.

Chi non riesce a percepire la diversità essenziale tra l'elementoyoghico che nasce nell'ambito della Mongolia e della Cina, e loYoga la cui presenza sacrale affiora appena nel Brahamanesimo ecome una sorta di retaggio dell'ethnos indo-ario, non puòcomprendere il senso di questo periodo. In _realtà, non fu unoyoga pre-ario a brahmanizzarsi, ma fu il Brahmanesimo ad agirecome veicolo dello Yoga originariamente ario, ben diverso daquello dell'Estremo Oriente, anche se discendente da unamedesima scaturigine.

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Si trattò di due filiazioni reciprocamente recanti da unmedesimo ceppo il senso di una “occulta opposizione”, infunzione del còmpito asiatico di ciascuna, in rapporto allaincedente esperienza mentale dell'uomo. Si possono riconosceredue forme di tale esperienza mentale: una avrà il còmpito dipreparare, mediante la millenaria elaborazione yoghica, la nascitadel concetto in Occidente, epperò la presenza concreta dell'Io nelpensiero; l'altra avrà il còmpito di contraddire la prima, soprattuttonei tempi moderni, come alterazione dello Yoga e degenerazionedello spirito del Buddhismo e dello dello Zen.

Si può comprendere questa diversità profonda, se si tiene contodi ciò che è l'assunto originario definito dallo Yoga medesimo,“l'arresto delle attività della sostanza mentale”, come inparticolare fa osservare F. Schuon. È chiaro che l'arresto delleattività non significa eliminazione della sostanza mentale, bensìpossibilità dell'esperienza diretta di essa. Ma un simile assuntonon può riguardare il mentale dell'uomo proto-ario, che non si èancora individualizzato, in quanto il pensiero non si è ancoradeterminato per l'oggetto, bensì riguarda il mentale che possederàl'oggetto come astratta sintesi quantitativa.

In sostanza il Raja-yoga, mentre sviluppa le forze dell'ideaindeterminata, occultamente ne prepara la capacità dideterminazione. È vero che la contemplazione per i nobili ascetidei Brahmana, come dello Yoga Darshana, è il mezzo per liberarelo Spirito dalla Natura, in quanto Prakriti inferiore, ondel'indagine razionale della Natura verrà normalmente rifuggita, maproprio una simile contemplazione elabora sul piano delle “purecause” le forze del mentale, il cui còmpito sarà congiungersi conla Natura, in Occidente: prepara metafisicamente l'esperienza delpensiero che si determinerà per l'oggetto e perciò esprimerà laconcreta attività della sostanza mentale: certo, la forma più bassa,quella dell'astratta quantità.

È importante scoprire che l'assumo originario dello Yoga -l'accennato arresto delle attività della sostanza mentale – soltanto

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5 - Essenza dello Yoga

nei tempi moderni ha il suo compimento: può essere realizzatoriguardo a un'effettiva determinazione del mentale.L'estrinsecazione può essere ripercorsa, ascendendo dallaobiettivazione del pensiero alla sua scaturigine. Quando unasimile possibilità si dà, tuttavia, il còmpito preparatorio del Raja-yoga, cui si è accennato, è esaurito: lo Yoga ormai sopravvive,come sistema formale, solo per un tipo umano ritardatario eritardante: che si presenta come tradizionalista, o comeavvenirista, in ogni caso incapace di relazione con lo Spirito delTempo, o con ciò che esige lo Spirito nel presente tempo.

Nel mondo antico, come espressione del mentale yoghico, ineffetto, il pensiero evita la determinazione per l'oggetto: il mondooggettivo, sensibile, non può essere incontrato dall'“idea”, ossiadal pensiero che a quegli asceti si dà solo in quanto s'impegna nelSovrasensibile. Nella cultura indiana tradizionale, per esempio,anche le espressioni più determinate, dialettiche logiche escientifiche, risentono della inconcretezza di tale pensiero, comedi un'incapacità di sintesi. Né il pensiero ha un vero problemadella libertà: questo problema sorgerà soltanto quando il pensiero,per determinarsi, si vincolerà al sensibile. In realtà il pensieroyoghico, che oggi viene coltivato come misura dell'esperienzainteriore, è il germe del Materialismo.

Fino a che il pensiero umano non venga occultamentepreparato come veicolo dello Spirito volto a congiungersicognitivamente con la Natura fisica, il còmpito dello Yoga èfornire una conoscenza sovrasensibile capace di evitare all'uomol'indagine del mondo fisico, per la quale egli in realtà non è ancorapronto. Ma quando sarà pronto, egli cesserà di essere “uomoasiatico”: si incarnerà in Occidente. Nell'Ambito ellenico-mediterraneo nascerà il pensiero individuale, la scienza dclconcetto. Così, quando nella determinazione concettuale le attivitàreali del mentale umano si saranno estrinsecate, allora soltantosarà possibile realizzare l'assunto originario dello Yoga: percepireciò che si è determinato, sino a poter afferrare la dynamis della

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determinazione: ma le tecniche dello Yoga a ciò non servirannopiù, occorrendo soltanto una scienza della relazione dell'Io con lefacoltà dell'anima. Il discepolo potrà giungere mediante forzedell'Io all'origine dell'anima: manas sarà da lui conseguito, lasostanza mentale sperimentata. Ma è l'assunto di un'ascesi chemetodologicamente va oltre quella dell'antico Yoga, proprio inquanto in origine mosse da essa.

Questo trapasso mi era chiaro come una percezione obiettiva:più tardi avrei capito che la Scienza dello Spirito di Steiner avevail còmpito di condurre a compimento la missione del pensiero, ilcui preliminare movimento era stato appunto lo Yoga originario, alcui livello in Occidente si dovevano svolgere le forme tradizionalidella Gnosi: mentre l'assunto della determinazione del pensierodoveva divenire contenuto della filosofia. Quando il processo diuna simile direzione è entrato nella sua fase conclusiva, il tempoera maturo per l'entrata in azione della Scienza dello Spirito. Midovevo rendere conto più tardi perché lo Steiner, nel suocommento al Vangelo di Giovanni, afferma che esoterista deinuovi tempi è colui che riesce a ricongiungere la storia delloSpirito che ha come scena l'Occidente, con quella che ebbe comescena l'Oriente, sì da compiere una sintesi delle vie.

L'aver percorso una simile via è ciò che per anni mi haprocurato una sorta di messa all'indice da parte di una inattesacentrale formalistica. Solo contraddicendo il Maestro a cui siappellano, taluni studiosi possono contrapporre la presenteScienza dello Spirito a quella antica: come chi volesse ignorare orinnegare le prime tappe di un cammino percorso.

* * *

Questa in breve era la mia connessione con lo Yoga: la ripresadi un sentiero che in definitiva menava dalle discipline dellacoscienza magica all'esperienza delle forze di coscienza messe inatto. Sostanzialmente realizzavo i presupposti della Scienza dello

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5 - Essenza dello Yoga

Spirito occidentale, senza ancora conoscerla come dottrinaformulata, in quanto agivo con la massima autonomia noeticarispetto alle pratiche. In tale direzione ebbi un notevole aiutodall'idea centrale di Ramana Maharshi: la riduzione di ogni ascesialla ricerca dell'Io, mediante la risalita assoluta delledeterminazioni mentali: peraltro mi era chiaro che il tessuto diogni determinazione è comunque il pensiero. Né v'è pensierodietro cui non sia ritrovabile il Soggetto, l'Io, o il Sopramentale.

Mi accorsi che ancor più radicalmente che Aurobindo, RamanaMaharshi rappresenta in Oriente una via attuale e una rotturapositiva con la tradizione, che è in sostanza una resurrezionemetafisica della sua perennità. Egli viveva questa nuova via nellaforma contemplativa, ossia nella forma che gli era richiesta dallaconsuetudine della sua tradizione: ma per me il riferimentoassoluto al Soggetto dell'ascesi, da lui affermato, e riassumentetutti i processi della elevazione interiore, era la via del pensieroall'Io, ossia la via pura dell'azione, necessaria all'uomo occidentalecome redenzione della sua azione tesa unicamente versol'organizzazione dell'effimero.

La pratica interiore mi aveva portato a concludere che ilpranayama, l'apertura alla Shakti, la connessione con la correntedi Kundalini, il contenuto ultimo dei vari Yoga, si potevanoriassumere in un solo sintetico movimento: la apertura alle forzedell'Io. Vedevo questa possibilità come un “potenziale” privilegiodell'uomo occidentale, in quanto possibilità di possedere in ununico movimento la sintesi dei movimenti che l'uomo tradizionaleanaliticamente conseguiva mediante questa o quella forma delloYoga, questo o quel sadhana: solo nel Raja-yoga conseguendo laessenzialità dell'ascesi. Ma rari o sconosciuti erano i reali ascetidel Raja-yoga: in India e nei dintorni si sono sempre incontratiasceti che seguivano una particolare, o mediata, via della Yoga:quella della Gnosi, o della Devozione, o del Potere (siddhi).

Sapevo che nella interna corrente del pensiero cosciente erapossibile sperimentare la sintesi delle forze originarie del sentire e

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del volere, purché il pensiero afferrasse il suo articolarsi nellaprakriti inferiore, ossia nella natura fisica, psichica e mentale, sinoa sciogliersi da essa, per intensificazione del proprio movimento.In questo scioglimento sentivo che la corrente del pensiero sicongiungeva con una scaturugine originaria, vasta e di una talepotenza, per cui, rispetto ad essa, il reale sforzo consisteva nelconseguire nell'intimo un'immobilità radicale, così da non veniretravolto: a questo “in più” della forza individuale davo il nome diIo Superiore, o di Shakti. Più tardi lo Steiner mi avrebbe aiutato ariconoscere la reale natura di essa e il nome che potevocoscientemente darle.

Avrei potuto altresì comprendere l'attuale funzione dell'anticacorrente occulta estremo-orientale operante come alterazionemoderna dello Yoga, del Buddhismo e dello Zen, più che nellaforma dottrinaria, soprattutto come “occulta opposizione” alla viasolare d'Occidente, e in tal senso tendendo a operare come forza dicoalizione di ciò che, in quanto anima razionale, sul pianoreligioso, etico, politico, sociale, contrasta l'incedere dell'animacosciente. In sostanza il potere dell'attuale caos sorge comedeviazione delle forze dell'anima cosciente.

L'“essenza” dell'antico Yoga era invero una comunione con leGerarchie, come con le Potenze dell'Ordine cosmico sostenente lestrutture del terrestre e dell'umano. La funzione reale dei grandiasceti dello Yoga era la mediazione occulta dell'Ordine cosmicoper l'Ordine umano, quale preparazione dell'epocadell'Autocoscienza. L'avvento dell'Autocoscienza implica unacrisi della struttura formale di tale mediazione, in quanto questa sirende necessaria al discepolo come esperienza cosciente di unaidentità sperimentabile mediante pensiero individuale liberato: cheimplica non un'attenuazione, ma una intensificazione dellacomunione con le Gerarchie.

Il pericolo della presente civiltà è la perdita della conoscenzadell'“Ordine Gerarchico”, che è condizione della restituzionedella realtà umana: tutti gli attuali problemi umani vi sono

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connessi, dallo spirituale all'economico. Non v'è costruzione chenon implichi l'obbedienza di un elemento inferiore a un elementosuperiore, in quanto il superiore è lo stato potenziale di elevazionedell'inferiore, la cui correlazione è l'intelligenza del valore delladipendenza e dell'obbedienza, come di un veicolo del fluire dellaforza, onde si attua la vera uguaglianza di tutti dinanzi a unaLegge più alta, superiore al semplicemente umano: i segni dellaquale si colgono, come in simboli, nei fenomeni di ciò cheobbiettivamente trascende l'attuale umano: la nascita, la vita, ilsonno, il dolore, la morte.

La correlazione con le Gerarchie, che un tempo fu missionedello Yoga, oggi è missione degli asceti della Rosacroce,avversata dall'attuale funzione occulta dello Yoga e in particolaredalle deviazioni delle correnti estremo-orientali, Taoismo eBuddhismo Zen. Ogni opposizione al sentiero della Rosacroce,opera indirettamente come un'apertura al potere del Caos, i cuisegni terrestri sono la rivolta contro ogni forma di ordine e digerarchia, onde con tragica ottusità viene scambiato per potered'oppressione il potere dello Spirito che organizza la Materia. Inquesta organizzazione che patentemente va dal minerale, al'vegetale, all'animale, sino all'umano, si coglie l'azione delleGerarchie, la presenza della forza ordinatrice che dall'alto agisceverso il basso, onde la redenzione e la elevazione di ciò che è inbasso viene da sua dipendenza ed obbedienza.

Lo disciplina, come azione dello Spirito sull'elemento istintivo,prepara il destarsi di una coscienza più alta: la “libertà” consistenel conseguimento di una tale coscienza. La dipendenza el'obbedienza sono funzioni dello Spirito libero: sono un dipenderedal proprio Io, un obbedire al proprio Io. Esse divengono creative,in quanto giungano ad essere espressione dell'atto libero di chiriconosca il proprio grado e la necessità del grado che lo sovrasta.Tale sovrastare non è un opprimere, perché lo Spirito non habisogno di opprimere ma di essere, non è costrizione ma presenzastrutturante. Certo il caos è necessario al cosmos, in quanto serve

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al suo giuoco ordinatore, ma in tal senso non può esso determinarele forze della coscienza.

L'epoca reale del male umano è quella in cui le forzedell'Autocoscienza cominciano a operare contro l'ordine cosmicoservendo il caos. Il vero male umano è la dipendenza artificiosa diciò che è in alto da ciò che è in basso, l'inversione della gerarchiarealizzata mediante le forze deviate dell'Autocoscienza: lo spiritolibero che venga sopraffatto dall'anima, l'anima che vengasopraffatta dagli istinti, l'Io afferrato al livello sensibile dallepotenze ahrimaniche che gli conferiscono una forza di rivoltacontro l'Io Superiore. In tale forza di rivolta di ciò che è in bassocontro ciò che è in alto, tutti i deboli di volontà e i decadentipsichici trovano a buon mercato un'energia esaltante, chescambiano per il potere dell'Io, mentre è l'inizio dell'ossessioneahrimanica contro l'Io, ossia contro il vero essere libero. La rivoltadel basso contro l'alto, come fenomeno collettivistico, ha solotemporanei momenti di accordo, perché è inevitabile che lacontinua insorgenza dal basso trovi oppressiva la strutturaformatasi con l'insorgenza precedente, onde finisce col divorare sestessa, sino all'organizzazione ferrea del suo potere di gerarchiacapovolta, onde il peggiore assume il comando sugli altri,imponendo la costrizione assoluta in nome di quella eliminazionedella costrizione da cui aveva preso le mosse.

La degenerazione dello Yoga sino alle forme moderne,gradualmente si verificò, allorché esso, obliando l'assunto sacraleoriginario, cominciò a funzionare come una tecnica per ilconseguimento dei poteri extranormali, secondo l'esigenza di uneccentrico egoismo. In realtà l'assunto dello Yoga originario, inquanto “congiungimento” dell'umano con il Superumano, avevaoccultamente la funzione di accordo dell'ordine umano conl'Ordine Cosmico tenuto dalle Gerarchie, alla cui forza fluente sideve la gerarchia onde esistono le strutture terrestri, per cui inqualsiasi operare umano, per esempio, lo Spirito dirige ilmovimento del tronco e delle membra, e solo nel pazzo questi

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possono insorgere contro lo Spirito. Ritmo e gerarchia tengonol'ordine della natura, in quanto l'uomo mantenga l'accordo con leGerarchie. Della crisi dell'ordine della natura i segni, di aumentatafrequenza, sono le catastrofi naturali, i terremoti, le bufere, leinondazioni, lo scompaginamento del ritmo delle stagioni, masimultaneamente, su un altro piano, la marcia universale dellanevrosi, della criminalità, della schizofrenia ideologica, deimonoideismi ossessivi, della incoercibilità attivistico-eversiva edella necessità di un correlativo incessante drogaggio politico,erotico, dialettico.

Ove un simile caos prevalga, occorre dubitare che la missionedell'antico da Yoga, di congiungimento dell'umano con leGerarchie, da secoli entrata in crisi, abbia trovato nei tempimoderni il corrispettivo di una continuità. Esiste bensì la Scienzadel Sacro dei nuovi tempi, sia pure non riconosciuta da coloro checredono seguire la Tradizione, ma probabilmente essa non trovagli operatori rituali qualificati per il congiungimento dell'umanocon le Gerarchie che sostengono l'intima architettura dell'umano.Tale congiungimento infatti non è decisione umana, ma ciò cheviene accordato dai Maestri della Rosacroce ai discepolirealmente consacrati.

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6 – ANTROPOSOFIA

Nella direzione dell'accennata sintesi dei metodi, mi sidelinearono esperienze interiori concrete e lucide, di unaobiettività matematica: si cominciò a dischiudere un sentiero diluce e di illimitata forza, dinanzi a cui a un determinato momentosentii il bisogno di essere prudente, non frettoloso. In realtàaffiorava imperiosa in me l'esigenza di penetrare noeticamentequanto mi stava accadendo, prima di procedere oltre: intuivopreferibile contentarmi, di stare sulla soglia di questo mondo dipotenze, piuttosto che penetrarvi privo della conoscenza di ciò cheesso voleva da me. Mi trovavo presso le forze, la visione, iretroscena delle cose visibili, ma sentivo che mi mancavaqualcosa di essenziale rispetto ad essi: il loro senso per me.

Cominciai a consultare personalità che ritenevo autorevoli, nelcampo delle scienze esoteriche, ma ben presto mi accorsi che nonriuscivano a capire l'esperienza da me descritta e che esse,tentando di interpretarla, ricadevano negli schemi esplicativi deinoti libri d'Occultismo: percepivo la loro incapacità a capirequello di cui parlavo. Cominciai a sentirmi a disagio perché,mentre ero certo di sperimentate qualcosa che rappresentava lanuova via spirituale d'Occidente, al tempo stesso avevo lasensazione di essere solo e di seguire un cammino senzapossibilità di ausilii da altre direzioni.

Rilessi Evola, Guenon, Aurobindo, Ramana: cominciai arichiedere libri a destra e a manca, e non solo a leggere, ma altresìa praticare quanto mi era ulteriormente possibile penetrare delloYoga tibetano, come del Taoismo e dello Zen: ricominciai asondare la Magia e l'Alchimia occidentali. Ricordo d'averelaborato in imagini riga per riga il De signatura rerum di JacobBoheme: nulla. Soprattutto l'ascesi Zen mi si dischiuse nella suatrascendente compiutezza, come qualcosa di familiare già presentein me, svelandomi un segreto sostanzialmente rispondente al

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principio del puro moto noetico del pensiero occidentale, ma in séermetico e al massimo sollecitante l'originario informaleimaginare. Questo “imaginare”, ove sia sperimentato in sé,secondo un metodo che lo Zen però non può conoscere, è insostanza il filo conduttore verso l'ascesi solare.

È stato questo il periodo della mia vita in cui io, che sono unparsimonioso lettore, ho letto come non mai, con l'ansia crescentedi trovare il significato di ciò che sperimentavo e che cosa essochiedesse a me. Intanto continuavano ancora più intense leesperienze: erano percezioni di mondi e di gradualità di forze chemi sovrastavano: che mi suggerivano persino qualcosa, che io noncapivo, o meglio capivo, ma senza possibilità di tradurre inorganico sistema cognitivo, malgrado seguissi una via delpensiero, attingendo il sopraindividuale appunto col risalire lacorrente del pensiero. In questa operazione avevo conseguitoparticolare sagacia, anche perché ne ricevevo energie vitaliinesauribili e guaritrici: la fenomenologia in cui ciò si manifestaval'avrei trovata descritta molti anni dopo, con una somiglianzaimpressionante, nelle cosiddette “Lezioni di Classe”, con cuiRudolf Steiner aveva impartito alcuni suoi insegnamenti esotericia particolari gruppi di discepoli.

Non mancai di consultare ancora una volta i “maestri”, chedominavano la piazza: primo fra tutti Evola, il quale con cordialecorrettezza e distacco, mi indirizzò a Colazza e a Bonabitacola:quest'ultimo già lo conoscevo per la mia precedente appartenenzaalla Myriam. Da Colazza sarei andato più tardi. Riaccostai GiulioParise, Anuro Reghini, taluni valorosi amici della Myriam, comeCiccio Modugno e Salvatore Mergé, ebbi una corrispondenza conGuénon, che a quel tempo si trovava in Egitto, scrissi adAurobindo, ma già si era nel clima della IIa Guerra Mondiale enon so se la mia lettera gli sia mai pervenuta o la sua eventualerisposta sia andata perduta. Comunque io tendevo a conseguirecoscienza di non trascurare alcun possibile ammaestramento.Simultaneamente passavo di lettura in lettura.

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6 - Antroposofia

Un combaciamento con la mia esperienza, come accennavo,l'avrei trovato nello Zen, onde non per velleità spiritualistica maper urgenza pratica, conobbi a fondo quelle fascinose dottrine,scoprendone l'originario elemento aureo e quello attualeingannevole da esso difficilmente distinguibile e operante comeun sottile potere di opposizione alle nascenti forze dell'animacosciente. Nel momento in cui lo Zen mi fu chiaro esperimentabile sino al satori, di là da esso potei scorgere lapotenza luminosa di un dio caduto, che attendeva la sua“redenzione” dall'uomo capace di vivere il principio dell'Io, o ilLogos, nella imaginazione liberata, ossia nella redenzione delpensiero determinatosi per il sensibile. Lo Zen invero potenzia, orarefa questo imaginare, ma non ne conosce la liberazione, perchénon può svolgersi fuori di esso. Più tardi avrei compreso che, fuoridi un'assunzione imaginativa di tipo solare, lo Zen, nelle formeattuali, ha il còmpito, come altre seducenti dottrine, di impedireche il cercatore moderno riconosca i segni attuali della presenzadel Logos Solare sulla Terra.

In realtà non c'erano libri che rispondessero alla mia esigenza:né antichi né moderni, né tradizionali né extratradizionali: né tantomeno amici con cui potessi confidarmi.

Minimamente che ebbi ancora l'ingenuità di farlo, ne ricevettinuovamente la reazione di una incapacità a intendere oltre ilmentale abituale o di un culturalismo esoterico, tendente ainquadrare la mia esperienza secondo schemi gnostici in voga:niente altro che un apporto dialettico.

Nessuno meglio di me sentiva il rispetto per le grandi correntidella Gnosi, indo-aria, iranica, egizia, ebraica, islamica, maproprio il senso della maestà della Tradizione che sentivo affiorarein me, quasi come un organo di conoscenza, mi rendevainsofferente per tutti gli schemi logici e filologici chepresumevano inquadrarla e distinguere criticamente in essa - maad uso di chi? - l'essenziale dall'inessenziale: soprattutto nonpotevo sopportare certi pigri cercatori, incapaci di disciplina

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operante, che tendevano a compensare la loro inerzia, infarcendosidi considerazioni critiche e di interpretazioni attinte alle opere diEvola e di Guénon.

Sentivo che alla gran parte dei seguaci di Evola e di Guénonera sufficiente il sapere esoterico, piuttosto che l'operare: in fondotemevano l'agire metafisico implicito nelle opere dei maestri, enon potevano ammettere che uno agisse, o che non agisse secondogli schemi previsti nel libri letti. Di continuo mi sorgevano controavversari, non perché vi fossero reali ragioni di dissenso, ma inquanto ero veduto da costoro come uno che non si comportasecondo il catechismo tradizionale. Io, peraltro, amavo troppo laTradizione per rinunciare a quella libertà metafisica che ogni voltami dava la percezione del contatto con essa: l'amavo troppo perconsentirmi di avere, nei confronti di essa, identità diriconoscimento con coloro che la riducevano a formalismocerimoniale e filologico: e se più tardi nei miei libri ho avutoespressioni critiche riguardo a tale atteggiamento, esse in sostanzanon si riferivano alla Tradizione, ma alla astrattezza dei suoieruditi riesumatori, ed ai loro gratuiti attacchi alla Scienza delloSpirito.

Così vi fu un momento in cui ebbi la persuasione di doverprocedere solo. Secondo la correlazione in atto, tuttavia, taleprocedere mi era possibile nella misura io cui dalla sferasovrasensibile mi giungessero impulsi di conoscenza riguardo alleForze affioranti nelle accennate esperienze: sentivo che nonpotevo far nulla con tali Forze, senza che io conoscessi la loroentità. Più tardi avrei capito che sostanzialmente mi mancava lapercezione del rapporto dell'Io con esse: rapporto che inconseguenza dell'operare Interiore, si realizzava, ma senza che iopotessi afferrare il suo contenuto. Mi mancava ciò che soprattuttocercavo: la via solare della presente epoca: via al cui accesso eranecessario l'insegnamento dell'Iniziato solare dei nuovi tempi:perciò dell'Iniziato più difficile ad accostare, più difficile ariconoscere.

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Decisi dunque di procedere solo: avevo letto rutto ciò che miera accessibile, senza trovare nulla che somigliasse a quel chesperimentavo. Negli ultimi mesi di quell'anno, ricordo che mirecavo alla Posta di San Silvestro a Roma, per ritirare l'ulteriorelibro ordinato, con lo stato d'animo di chi si trova allo vigilia di unevento decisivo della sua vita.

Questa risposta mi doveva venire dalla direzione che menosupponevo. A un determinato momento, ero entrato nellapersuasione che solo attingendo a me stesso avrei avuto larisposta: perciò cominciai o organizzare un metodo a mio uso econsumo: cominciai una descrizione delle esperienze, in modo dapoter in qualche modo farle entrare nella veste del pensiero egiungere così minimamente a obiettivarle: pensavo che, dinotazione in notazione quotidiana, avrei piano piano tracciatoqualcosa di riconoscibile, come mettendo insieme dei caratteri,per poter leggere ciò che essi volevano unitamente significare.Cominciai così, di pari passo con lo sperimentare interiore, ariempire pagine e pagine, quaderni di appunti, descrizioni einterpretazioni, cercando di percepire un filo unitario: mi avvidiben presto che tale filo esisteva e talora riuscivo a intravvederlo,ma esigeva ulteriore paziente lavoro.

Così avvenne che un giorno io avessi la risposta dalla direzioneche meno mi aspettavo. Era un pomeriggio di primavera e stavoseduto su una comoda sedia per leggere qualcosa di semplice -giornale o rivista - prima di rimettermi al lavoro, quando,mancandomi un qualsiasi foglio o libro di leggera lettura, allungaila mano verso un reparto della mia libreria in cui raccoglievo ivolumi di scarso interesse o di frivola lettura, e ne trassi LaScienza occulta di Rudolf Steiner. L'opera mi era stata donatadall'amico prof. Gislero Flesch, psicologo e criminologo, in unmomento in cui egli si andava disfacendo, per un trasloco, dei librinon direttamente connessi con il suo ordine di studi.

Trassi dunque dalla libreria La Scienza occulta, proprio perleggere qualcosa di semplice come una favoletta o un racconto

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sensazionale, dato che non avevo altro sotto mano. Aprii a caso illibro verso la metà e il mio occhio andò su una frase cheimmediatamente mi colpì: mi parve dirmi qualcosa di moltofamiliare: lessi e rilessi il periodo, lo meditai alquanto, el'impressione di trovarmi dinanzi a qualcosa di essenzialegradualmente si accrebbe in me. Lessi ciò che veniva prima diquel punto e quello che veniva dopo, e mano a mano avevo lacertezza di trovarmi dinanzi a quello che mi attendevo da tempo.Sulla scorta di UR, avevo bensì già letto e apprezzato volumidello Steiner come Iniziazione e Coscienza d'iniziato, ma inquanto seguivo fedelmente Evola e Guénon, avevo accettato daquesti autori una critica severa e riserve riguardo all'insegnamentodello Steiner. Da anni conosco serie di ricercatori che, in base atale critica, hanno rifiutato l'Antroposofia di Rudolf Steiner: nonconosco nessuno che, dopo aver accertato tale critica, abbia poiavuto la forza di ricredersi e di riconoscere nello Steiner, per“autonoma” revisione critica, qualcosa di più che un Maestro, ilMaestro.

Capii dunque d'un tratto che forse mi attendeva un lavoronuovo di verifica dei valori sui quali mi ero sino ad alloraappoggiato. Mi sprofondai nella lettura della Scienza occulta, peravere conferma di una precisa impressione interiore: di pagina inpagina cominciai a riconoscere il paesaggio a me familiare: daquella esposizione però balzava un significato, come la relazioneinterna, o l'essenza, che dava senso al tutto: era la relazioneinterna che io cercavo: la idea di cui la serie delle imagini era illinguaggio o l'alfabeto: e tale significato, nel libro medesimo,rimandava a un metodo di conoscenza, il contatto con il qualecominciò parimenti per mc a essere come un “riconoscere”, o un“ricordare”, qualcosa che già avevo realizzato con i miei mezzi,facendo dello yoga il mio yoga.

Ricordo che quel giorno, chiudendo il libro, ebbi per la primavolto l'idea che dietro la figura e l'opera di Rudolf Steiner sicelasse lo personalità del Maestro che molti affannosamente

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cercano in Oriente o nei recessi della Tradizione. Mi trovavodinanzi a una prova decisiva: lo Steiner rispondeva a interrogativiradicali dell'esperienza dell'anima, riguardo ai quali a me risultavaper constatazione diretta non esservi conoscitori esotericiadeguati, né in Asia né in Europa. Della materia di cui io avevotentato con i miei mezzi una penetrazione, giovandomi dei diversiinsegnamenti, con appena affioranti risultati, egli era l'assolutopadrone: gli altri la ignoravano, anzi mostravano sprezzare peresempio quell'esperienza dell'“ètere” mentale, a cui lo Steinerconnette il destarsi della coscienza imaginativa, e proprio inquanto egli nel parlare di tale esperienza talora si serve di terminiricorrenti nella moderna letteratura teosofica, tendevano aconfondere questo suo insegnamento con i contenuti di quellaletteratura. A pag. 131 il lettore può trovare la spiegazione delperché la terminologia sanscrito-teosofica venisse minimamenteadottata dallo Steiner, del resto obiettivamente riguardando i temia cui si riferiva, di là dal loro peculiare uso teosofico: in tutto setteo otto termini: manas, buddhi, atman, akasha, maya, karma,chakra.

In effetti a me risultava che di quel grado di coscienza potevaparlare con tanta sicurezza soltanto qualcuno che movesse condimestichezza nella sfera di forze operanti a tale grado: a unlivello invero superumano. Nel leggere le pagine dello Steiner, perme era chiaro che il problema di lui non era stato la penetrazionedel Sovrasensibile, nel quale invero moveva come in un mondofamiliare e al tempo stesso con autorità, bensì il mettere ladescrizione di tale penetrazione in linguaggio accessibile al tipoumano il cui male endemico è l 'intellettualismo.

L'espressione dello Steiner mi risultava un sacrificio compiutosul piano del linguaggio, non per brillare o persuadere mediante leparole, ma per aiutare il discepolo a superare la barriera delleparole, la dialettica. Mentre gli autori esoterici normalmente siriferiscono all'altrui esperienza sovrasensibile, o alla Tradizione,Steiner si riferisce alla propria esperienza. Gli altri comunque si

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appellano ai Maestri del passato, Egli invece si presenta come ilMaestro: ma, appunto come dicevo, il più difficile ad accostare.

* * *

Mi resi conto quanto fosse difficile riconoscere un Maestro equale positiva funzione in fondo esercitassero due poderosepersonalità come Evola e Guénon, erigendo barriere critiche allaScienza dello Spirito dello Steiner e credendo identificare inquesta una variazione della teosofia anglo-indiana. Il Guénongiunge a parlare di “teosofismo”. Ma quelle barriere, se da unaparre scoraggiano il cercatore superficiale, dall'altra sonoveramente ciò che deve superare chi svolge la propria ricerca,curando che il pensiero non accetti contenuti senza propria direttapenetrazione.

L'interpretazione di Steiner data da Guénon ed Evola è il loropensiero, non il mio pensiero, non la mia “esperienza diretta”. Iopenso il loro pensiero, che diviene mio pensiero, ma mio in realtàè il movimento, non il contenuto. La identificazione di movimentoe contenuto è lo errore di pensiero. È l'errore in cui oggi cadequalunque inconscio realista ingenuo, che accetti il contenuto diuna dottrina, perché è la dottrina che gli da modo per la primavolta di attivare il più sottile pensiero logico di cui sia capace: cheè come un minimo sadhana donantegli senso di sicurezza o diforza, forse mai prima d'allora sperimentato: onde eglierroneamente ritiene vero il contenuto, mentre la verità di cui siavviva è il movimento del pensiero, che sarebbe identico e persinosuperiore mediante un altro contenuto.

Sono stato sempre grato a Evola e a Guénon di avermi datomodo di superare la barriera critica da loro eretta riguardo alledottrine dello Steiner. Invero, superando simili barriere, io avreipotuto nell'avvenire riconoscerle quando mi sarebbero stateprospettate da altri e dar modo loro di superarle, in quanto costorosi rivolgessero a me: e ciò mi sembrava un dovere, soprattutto

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trattandosi di giovani. Del resto, non avrei mai polemizzato sullaTradizione, se da parte dei tradizionalisti non avessi incontratoattacchi gratuiti contro Steiner.

Ho sempre pensato che sia ingiusto far accettare ai giovanidelle dottrine, implicanti una scelta, materialista o spiritualista, disinistra o di destra, tradizionalista o anti-tradizionalista, prima chesi sia formato il loro organo di pensiero e sia costituita quellaautocoscienza che possa decidere liberamente da sé.

Non ho mai propagandato Steiner - che sarebbe un non senso -ma specialmente ai giovani che si rivolgevano a me, tendevo afornire un metodo di conoscenza e di formazione etica, perché inseguito potessero scegliere liberamente. Non ho mai propagandatolo Steiner, perché ciò contrasta con lo spirito della sua dottrina,che non ha bisogno di propaganda, bensì di azione interiore.Questa azione interiore stabilisce i collegamenti: solo quando si èsicuri che l'insegnamento da noi dato non sia un'alterazione delladottrina del Maestro, possiamo fare il nome di lui e promuovereun collegamento che risponda a verità.

Molti cercatori fuggono non dinanzi allo Steiner, ma dinanzi aquello che il discepolo zelante presenta come Steiner: il catechistavuole essere in regola con la norma presa alla lettera: tiene a nonseparare il nome dall'opera. Ma in realtà proprio con il presumeredi attenersi alla regola, egli separa il nome dall'opera, presentandoun'opera che non è quella autentica, ma ciò che egli ha fatto diessa: la sua alterazione personale.

Di là da regole, accorgimenti, formalismi, l'uomo libero devepotersi assumere la responsabilità di un pensiero immediato, cheagisca con il potere della norma vera, perché scaturiscedirettamente dallo Spirito: ciò può essere da lui realizzato nellamisura in cui avverta in sé il punto da cui muove lo Spirito,secondo un volere che non ha presupposti e con cui il pensiero èuno, attingendo ad esso piuttosto che a regole, suggerimenti,piccoli segreti per la riuscita, di cui gli “anziani”, talora mostranodi essere privilegiati custodi, per esercitare un maestrato che

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conforti la coscienza di una loro attuale funzione spirituale. Quellache Invece dovrebbe scaturire dal rango della meditazione.

* * *

Come il lettore avrà notato, vado narrando eventi della miavita, utili a ravvisare sin dai primi settenni, nella vocazione“naturale”, o prenatale, al Sovrasensibile, presso la regolarità dellavita sensibile, ossia secondo immunità assoluta rispetto afenomenismi psichici, una disposizione originaria verso il tipo“solare” di Scienza dello Spirito. In relazione a tale disposizione,soprattutto caratterizzata dal senso dell'animazione dei ritmi dellasegreta luce della natura, e da una rispondente formazione dellaideazione imaginativa, mi è dato parlare delle esperienze interioriche in seguito si sono svolte come momenti sopramentali dellaliberazione del pensiero. Lo stesso però è comprensibile non misia dato rispetto alle esperienze sovrasensibili medesime chehanno orientato la mia vita e che si collegano bensì a un principiodi libertà e di volontà messo in atto appunto mediante la via delpensiero, ma hanno un carattere intimamente indicibile, epperònon ha senso parlarne. Il cercatore dello Spirito, quando abbiadeterminate esperienze, ha il còmpito di dare i prodotti pratici oformativi di esse e di fornire il metodo che conduce a produrle.

In una di queste esperienze mi doveva venir reso evidente.mediante precisa comunicazione, la traccia del lavoro avvenire: uncòmpito veniva indicato, il cui realizzarsi si sarebbe verificatoattraverso una concatenazione obiettiva di eventi; si trattò di unadirettiva trascendente e tuttavia inequivocabile, sotto il segno delGraal. Quanto avrei accolto più tardi dal discepolo che lo Steineraveva più caro, Giovanni Colazza, per trasmissione orale, comecontenuto esoterico esigente in tal senso uno specifico còmpito,avrebbe coinciso pienamente con tale direttiva e, quale retroscenaocculto della storia di Rudolf Steiner, della connessione di lui coni Rosacroce e in un'altra direzione con il Movimento

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6 - Antroposofia

Antroposofico, sarebbe stato confermato e integrato di ulteriorielementi dalla esperienza trascendente di una elevata personalitàoperante nel mio gruppo, a me connessa da intangibile concordia eda identità di dedizione alla perenne religiosità della conoscenza.Dello spirito di tali diverse forme della donazione del MondoSovrasensibile, verificatesi secondo tipici caratteri preannunciatidallo Steiner e da me rigorosamente controllate, si è avvivato ilnostro lavoro.

La serie di tali elementi trascendenti accolti per viasovrasensibile riguardo al senso del còmpito assunto, del resto,confermava una profezia dello Steiner riguardante una rinascitadel suo Movimento esoterico in Italia, ad opera di una correntenuova e non scolastica, in un momento di generale attenuazionespirituale. Da allora ho sempre saputo che è così. Ed è stato unvero peccato che taluni responsabili dell'orientamento non solonon abbiano riconosciuto i segni di una precisa revivificazionedell'elemento solare insito nell'insegnamento dello Steiner, masiano stati presi dallo spirito dell'alterazione della verità neiconfronti di essa.

* * *

Dopo una connessione non semplicemente dialettica con la viadel Graal, e un'annosa elaborazione delle tecniche orientali edoccidentali, presso al regolare superamento volitivo dell'elementoinconscio insito nella loro pratica e una correlativa alchimiainteriore volta alla percezione dell'elemento solare del pensiero,epperò a preparare la conoscenza della direzione metafisica diMichele: dopo il convergere verso l'insegnamento dello Steinergrazie ad autonoma determinazione, e in seguito alriconoscimento di identità delle accennate esperienze con lafenomenologia sovrasensibile da lui descritta: il mio primocontatto con gli Antroposofi doveva fornirmi importanti elementidi orientamento.

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Dallo Yoga alla Rosacroce

Ero persuaso di incontrare discepoli di tanto Maestro: in effettomi trovai in mezzo a ottime persone, dotate di sincera volontà dicomprendere una materia così vasta: tuttavia appariva giustificatocurare che questa, con la sua vastità, non le sopraffacesse o learrestasse a una elaborazione discorsiva dell'insegnamento: dietrola quale tuttavia operasse a sostegno la carica psichica, ricavatanaturalmente dagli esercizi praticati, e una consonanzasentimentale tendente ad assurgete a Esoterismo. Forse coningenuità e presunzione, io credetti possibile suscitare da fuori laconsapevolezza di tale elaborazione discorsiva e della correlativamistica esegesi, perché quegli amici se ne giovassero.

I primi incontri furono per me significativi, perché potevo viavia afferrare la relazione tra la materia assunta e la condizioneinteriore, non quanto a posizione dialettica - che per me non hamai deciso del valore degli individui - ma quanto a climaspirituale, o a correlazione ieratica con i temi. Capii che anche intale ambiente si verificavano invisibilmente gradazioni diverse diconoscenza, rispetto all'insegnamento, per cui ciascuno assimilavaquel che rispondeva al proprio dharma, ossia alla propria leggeinteriore e non poteva andare oltre un determinato limite, salvo ilcaso in cui assurgesse all'esperienza dell'Io, ossia all'assuntocentrale della Scienza dello Spirito: di cui però era importante siavvertisse qualche segno. A me sembrava in tal senso necessariovenisse evitato che l'identico limite accomunasse la maggioranza,sì da costituire un livello tendente a divenire misura della verità.

In un gruppo che cominciai a frequentare, sulla via Aurelia, unsimile lavoro veniva guidato da una dirigente nord-europea diindubbio valore e da altre persone parimenti qualificate intorno alei, che svolgevano un'organica opera di chiarimento spirituale.Tra esse circolavano tuttavia idee che nella formulazionediscorsiva probabilmente si discostavano dal contenuto originarioa cui si appellavano. Per esempio, sulla base di una tipologiainteriore data dallo Steiner riguardo ai valori dell'anima,correlativa alle missioni dei singoli popoli e riferentesi a una

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6 - Antroposofia

struttura di fondamento che pone all'Io individuale compitidiversi, a seconda che caratteriologicamente prevalga l'animasenziente, o l'anima razionale affettiva, o l'anima cosciente, masenza essere una condizione trascendente per l'Io - altrimenti tuttoil lavoro interiore, la Filosofia della Libertà e la liberazione delpensiero, sarebbero una contraddizione - queste personetendevano alla determinazione categoriale del rapportodell'individuo con la propria “anima di popolo”: rapporto in veritàin sé metafisico, che risponde a una specifica natura, solo inrelazione all'individuale còmpito spirituale.

La tipologia interiore dci popoli data dallo Steiner è una veritàsovrasensibile, e in tal senso è un germe della esperienza solare,che non può essere utilizzato sul piano umano come criterio di ungiudizio particolare, inevitabilmente espressione di stato d'animo,riguardo a valori individuali correlati in ciascuno col mistero delproprio Io, ossia con la “zona” solare o cui ciascuno può elevarsisino ad attuare il proprio essere “senza patria”, “senza stirpe”,“senza nazione”, perché gli è dato superare il suo innato modo disperimentare la Soglia del Mondo Spirituale. A me sembravaimportante evitare la cristallizzazione ideologica di uninsegnamento dotato di ben altro senso, riferendosi esso a unagerarchia di gradi di coscienza, che esige l'auto-conoscenza perdivenire presupposto di una determinazione della disciplina, inrapporto alle esigenze individuali della anima, cosciente orazionale o senziente. Vedevo la pericolosità di un simileprocedimento di valutazione delle persone, soprattutto per il suoalibi metafisico.

Io osservavo e tacevo: ero grato a quegli amici per gli spunti dimeditazione che ogni volta mi fornivano: anche se spesso daquelle riunioni uscivo con la necessità di una rigorosa verificainteriore. Le cose però si deteriorarono quando assistetti a unalettura con commento orale di Filosofia della Libertà: ascoltaiinterpretazioni che, malgrado la loro regolarità, esigevano unaintegrazione d'ordine noetico: a un determinato momento,

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soprattutto perché consigliato da persona di rango spirituale,Marco Spaini, che lo riteneva un dovere, decisi di intervenire. Maavvenne che, mentre alcuni giovani mostravano genuino consensoai miei chiarimenti, altri e in particolare taluni “ottimati”, nonriuscissero a dissimulare un forte disappunto. Non avevano torto:solo dei santi potevano ammettere di ricevere chiarimenti da unoche riassumeva tre condizioni negative: conoscere una certaterminologia sanscrita, appartenere al tipo previsto dell'animasenziente ed essere uno appena entrato nel gruppo. Ma io,purtroppo, ho sempre presuntuosamente creduto realizzabile lasantità da parte di chi ritiene reale, non astratto, lo Spirito.

Ne nacquero discussioni, che si complicarono per il fatto chenon potevo non sentire risorgere l'originario impulso a nonadirarmi e a lasciar correre: purtroppo, però, dinanzi a unaopposizione che tendeva a divenire regolare, medianteaffermazioni categoriche, non riuscivo a rinunciare a un certospiritello umoristico, anche se dietro ad esso in verità agivasoltanto una tendenza conciliativa. Ma questa probabilmente ionon riuscivo a renderla operante, malgrado la migliore volontà.Quelle brave persone non abbondavano appunto del sensodell'umorismo, onde il loro giudizio nei miei confronti raggiunseil massimo della severità quando, in altra occasione, presero pervere alcune facezie da me narrate, ancora per disincantare il tonodi diffidenza drammatica con cui ogni volta mi accoglievano: peresempio, credettero vero che io ipnotizzassi i fattorini del tram pernon pagare il biglietto e che mi dilettassi a fare l'incantatore diserpenti. (Questa era l'eco di un modo monellesco a cuisoggiacevo quando, recandomi a studiare alla Sala B dellaBiblioteca Vittorio Emanuele II, nel registro delle generalità allavoce “professione”, talora non resistevo appunto all'impulso diregistrarmi come “incantatore di serpenti”). Cominciarono così acredere che io fossi Lucifero, altri Ahrimane: ma ne avevano piùdi una ragione, ed io invero li giustificavo, dal loro punto di vista.

Si formarono così due partiti: quello che mi riteneva Lucifero,

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6 - Antroposofia

e quello che mi riteneva Ahrimane: confesso che io dapprima nefui sorpreso, ma subito dopo decisi di prenderla allegramente: a uncerto punto, intuita la situazione, non facevo nulla perdisingannarli, fiducioso in uno spirito di verità e di cordialità cheavrebbe finito col trionfare delle parvenze. Le quali purtroppo,invece, non cessarono di concatenarsi ferreamente contro di me.Quando entravo nella saletta, notavo ammiccamenti e colpetti digomito di talune signore, tra loro seriamente discordi circa la miaidentità luciferica, o ahrimanica. Nemmeno i miei atteggiamenti diremissività e di pacifica ascoltazione riuscivano ormai a farmutare il parere di quegli amici: ero stato giudicato una volta pertutte. E da questo giudizio doveva scaturire, come tradizione. unacategoria nella quale sarei stato immesso definitivamente, senzapossibilità di appello: secondo uno spirito di necessità che nonpuò non essere riconosciuto come confluenza di impulsi prenatali.Quelli operanti come natura e come karma e rispetto ai quali hasenso soltanto il conseguimento dell'esperienza dell'atto interiorelibero.

* * *

Tutto questo, che al momento non veniva da me preso moltosul serio, somigliando molto a un equivoco che già mi ero abituatoa giustificare negli ambienti intellettuali del tempo: qualcosa comela normale opposizione a un tipo di pensiero, giudicato,indubbiamente a ragione, contro corrente, o intransigente, e perciòregolarmente riesaminato da me, che ero ogni volta disposto adimenticare e a riproporre di nuovo il colloquio: era invece daquelle persone preso molto sul serio e andò gradualmente aformare un complesso di giudizi, che, venendo trasmessoregolarmente ai dirigenti, divenne ben presto il contenuto di una“centrale” della informazione nei miei riguardi: che per annidoveva funzionare e funziona tuttora, come una vera e propriatradizione, non verificata da chi la accetta, salvo rari casi di

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studiosi autonomi che, intendendo direttamente controllare laverità, mi hanno incontrato personalmente e hanno finito coldiventare miei amici. Questi ultimi in sostanza si sono attenuti allalogica dello Spirito, perché non hanno voluto giudicarmi in base a“informazioni” - secondo il decadente costume dell'epoca - bensìper conoscenza diretta, secondo autonomia di pensiero.

La mia colpa riguardo a quell'ambiente fu non adeguarmi a ciòche la Scienza dello Spirito diveniva nel pensiero e nella parola ditaluni espositori: i quali non ammettevano che si intervenisse conuna interpretazione formalmente diversa da quella convenuta.Purtroppo oggi io rievocando quella situazione con serenità,ritengo poter scorgere quale fosse l'interpretazione giusta: ma laquestione vera non era quella della giustezza, bensì quella di unasituazione animica precisa. Tutte le informazioni che da anni dallacentrale accennata dovevano muovere nei miei riguardi, non sonostate altro che successivi veicoli dello stato d'animo che si creòallora. Tuttavia io continuavo a recarmi alle riunioni, sempre conlo spirito pronto a intessere daccapo il rapporto, ben sapendo, dalpunto di vista più valido, che dietro un simile giuoco di parvenzemi si poneva il còmpito di ravvisare le forze reali, sino alla visionedi una metafisica fraternità: perciò realmente non avevorisentimento, solo un minimo umorismo, mentre effettivamente misentivo circondato da un'atmosfera di disapprovazione, purvenendo ricevuto con sorrisi ed effusioni, che percepivo come unanatura etica di tipo spiritualistico, aggiunta alla natura reale:comunque un segno di buona volontà.

Quando capii che era soltanto laborioso frequentarequell'ambiente, e non fondata la speranza di giungere a unchiarimento o a un contrasto cordiale, sospesi le mie visite.Tuttavia, perché il mio atteggiamento non influisse sulle decisionidegli amici che mi accompagnavano, comunicai loro che perragioni personali cessavo di frequentare il gruppo, ma cheritenevo utile per la loro formazione interiore la continuazionedella frequenza. Ciononostante, quei giovani, che conoscevano il

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6 - Antroposofia

gusto di un'atmosfera di chiara coscienza e libertà, pian pianocessarono di recarvisi, con qualche mio disappunto. Si verificòallora che alle note accuse se ne aggiungesse un'altra: che dietromia influenza i ragazzi avevano deciso di non frequentare più ilgruppo: ancora una volta il contrario del vero. Risaputo dairagazzi, ciò valse per essi come elemento definitivo di giudizioriguardo allo spirito di verità di quegli amici.

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7 - GIOVANNI COLAZZA

Debbo l'incontro con Giovanni Colazza a Evola, che aveva perlui particolare stima, certamente la più elevata che egli accordassea un valore altrui Questo è per me un consapevole ricordo. Adistanza di anni, manifestando io gratitudine a Evola per avermiprocurato un simile incontro, egli ebbe umoristicamente a dire:“Bell'affare che ho fatto!”.

Per Evola giustamente io ero una promessa mancata: ero undecaduto, non perché mi collegassi con Colazza, ma perché mivedeva congiunto con l'Antroposofia. In realtà io mi sono sempresentito congiunto con Steiner e con il suo insegnamento esoterico,proprio con il tendere a portare a istanza realizzativa la noesisdell'Antroposofia, perciò con una indipendenza sostanziale daessa, in quanto essa s'identifichi con un organismo formalecomportante una determinata dialettica. In tal senso, Steiner insostanza non è l'Antroposofia, è qualcosa di più che essa, eproprio essa dà modo di riconoscerlo, in ciò rispondendo alla suanobile funzione. La forma dicibile di un contenuto indicibile, nonè tale contenuto, ma soltanto un simbolo: che occorre perciòdestare a vita, perché sia legittimo l'assumerlo.

La relazione in atto, per la sua trascendenza e la sua simultaneaesigenza di divenire vita, a me si dava come qualcosanecessariamente indipendente dal cliché formale: essendo ciò, conriferimento lato, la ragione stessa per cui non può esservi ancoraorganizzazione visibile talmente evoluta da poter incarnare lafraternitas dei Rosacroce. Ove infatti nell'Antroposofia si intendavedere qualcosa di più che l'organismo formale-dialettico, occorreavere la saggezza di riconoscerla come un archetipo metafisico,non costretto a coincidere necessariamente con una formasoggetta a deterioramento. L'umano deve conformarsi a ciò che lotrascende: l'inverso è appunto il deterioramento dell'umano.

Tuttavia, per il problema postomi da Colazza, circa un atto

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rituale che nella sua esteriorità valesse come veicolo di uncontenuto metafisico, vi fu un momento in cui, superando la miaincompatibilità con tutto ciò che è aggruppamento organizzato, miiscrissi alla Società Antroposofica: fu la determinazione simbolicadi una deferenza essenziale verso Rudolf Steiner: un atto diconnessione con lui, valido come sacrificio del mio impulso asfuggire il formalismo associativo.

Nei tempi moderni, una comunità spirituale che esista inocculto, solo eccezionalmente è riconoscibile mediante segniesteriori o la forma che le venga fatta corrispondere: ma taleeccezionalità non è gratuita, in quanto non riguarda la forma. Unaeccezione del genere ormai è difficile che si dia. Né di me possodire di non essere socievole, essendo spontaneamente portato alcordiale rapporto con tutti, e parimenti a riconoscereun'associazione in quanto un valore spirituale in atto giustifichi ilsuo organismo, secondo la rispondenza della forma all'assuntoimplicito nel valore. Nelle associazioni spirituali di questo tempo,ove manchi simile valore, la forza sovrasensibile che muovel'aggruppamento è sempre un'entità di dubbio splendore.

L'Antroposofia ha in sé la sua perenne ragione di essere anchenella forma di Società Antroposofica. L'associarsi, oltre alcòmpito della continuità sovrasensibile, può essere l'esercizio a farrispondere l'atto alla sua originaria intenzione spirituale: taleintenzione tuttavia esige per non alterarsi una costante verificasovrasensibile, ma altresì la fiducia verso chi abbia la capacitàdella verifica: fiducia che presuppone un riconoscimento.Condizioni, come si vede, non facili. Vero discepolo è colui cherealizza liberamente il riconoscimento di un modello della verificaspirituale. Il mio rispetto per Colazza si doveva a questo: il farparte del suo gruppo non mi costava, anzi lo ritenevo un dono,perché in lui riconoscevo la presenza dello Spirito, secondo laascesi dell'iniziato Solare. Non sono un inassociabile perinsofferenza di regolarità o di norme statuarie, ma perché questeposso accettarle solo come veicoli di un valore che si sia concordi

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7 - Giovanni Colazza

a far vivere. Perciò, di là dalla mia iscrizione alla SocietàAntroposofica, mi sentivo associato alla comunità spirituale diRudolf Steiner, aspirando a servirla, mediante ordine interiore.Quando il destino, senza che io facessi determinatamente nullaperché ciò si verificasse come mia volontà, mi collegò con unaserie di giovani volenterosi, ho costituito io il gruppo che potevoconcepire come guidato da Rudolf Steiner medesimo: secondo ilsuo Spirito e la sua regola.

Che io fossi un uomo libero, Julius Evola lo sapeva e perciò lanostra amicizia, e al tempo stesso la mia considerazione per luicome personalità eccezionale, malgrado la mia adesione alloSteiner, continuò intatta, per me spiritualmente doverosa, dato chetra l'altro egli era stato il primo mediatore del mio contatto conRudolf Steiner: nella Ia edizione di UR (“Introduzione alla Magiacome Scienza dell'Io”) la figura di Steiner era stata presentata conqualche fedeltà alla sua grandezza: vari brani che si riferivano aun tale apprezzamento dovevano venir tolti nelle edizionisuccessive e parimenti modificate talune parti degli articoli dicollaboratori che erano discepoli dello Steiner: in sostanza imassimi calibri di UR: Leo, Oso, Krur, ecc.

Negli ultimi miei incontri con Evola, il dissenso non affioravase non in battute umoristiche. Una capacità profonda di umorismo,oltre tutto, manteneva intatto un rapporto interiore, che del restopermane tuttora, malgrado da tempo sia entrato in fase di silenzio.La discordanza tra noi e il mio rifiuto di sue posizioni difondamento, però, non hanno a che vedere con questo. Dietro lastoria di Evola c'è un enigma spirituale, che solo Colazzaconosceva, ma di cui non ha senso parlare, avendo un significatopuramente metafisico, non riducibile in termini di comprensionerazionale senza rischiare di ingenerare equivoci, invero nonnecessari in epoca in cui già ve n'è a sufficienza.

Chi possa comprendere in profondità la figura di Giulianoimperatore, può afferrare il senso della figura di Evola. Giuliano,in realtà, anelava a ciò contro il cui “apparire” umano

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inadeguato, violentemente combatteva: il Logos Cosmico. Quelloche un giorno riunirà i veri combattenti dello Spirito.

* * *

Nell'intento della fedeltà all'insegnamento di Rudolf Steiner,l'appartenenza al suo Movimento diviene reale, proprio grazieall'autonomia nel collegamento con la Società, che è in definitivala forza della Società, essendo l'appartenenza l'atto interiore. Sipossono tuttavia invocare norme, statuti, direttive, chegiustamente esigano una determinata regolarità: occorre nondimenticare però che quelle norme sono espressione di unparticolare periodo, dal quale è trascorso oltre mezzo secolo.

L 'aspetto positivo del prevalere formale, tuttavia, è ciò checontinua a essere forma invero necessaria: edizioni di libri,manifestazioni artistiche e culturali, attività didattiche escientifiche. Ma è diverso che l'edizione di un libro sia curata daun reale esoterista pervaso dalla sacralità del proprio impegnointeriore epperò indipendente da miti dialettici o politici, o da unosemplicemente animato di buona volontà e dotato di mestiere.Così l'iscador può guarire il cancro, se la sua preparazione e la suamanipolazione passano attraverso l'opera di illuminati offerenti lapropria vita a tale còmpito, non condizionando all'elementoeconomico o tecnologico la realizzazione di esso. Così lapedagogia, così l'euritmia, Così il recupero dei bambinipsichicamente minorati non deve lasciar fuori i casi gravi cherichiedono la dedizione: sacrificale dei terapeuti e dei loroassistenti: dedizione che è la reale misura del contenuto spirituale,di cui sono quotidianamente capaci, ad esempio, le suore di caritào i missionari che curano i lebbrosi: in omaggio al principio che laScienza dello Spirito dovrebbe essere l'arte di far rivivere nellasua potenza creatrice la religiosità e qualcosa più che essa.

La forma, la regola, lo statuto ecc. debbono essere laconseguenza della dedizione alla Scienza dello Spirito, ossia alla

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7 - Giovanni Colazza

Societas come ente sovrasensibile, secondo il canone indicato perquesti secoli da Elias Artista. Non possono venire prima: debbonoessere la modalità formale necessaria al lavoro spirituale, nonessere la condizione per questo. Viene prima l'uomo, poi la suaSocietà, allo stesso modo che viene prima la Società occulta e poiquella esteriore. Così occorre che esistano i componenti spirituali,gli individui, sia pure non pronti, ma aspiranti a esserlo, performare un gruppo spirituale. Ed è plausibile che a ciò siasufficiente una percentuale minima di “persuasi coscienti” purchésiano essi a ispirare o guidare il lavoro.

La Società deve esistere come realtà oltre che come simbolo.Ma se esiste solo come organismo esteriore, con l'astrattoriferimento alla Società occulta, ossia senza reale relazione conessa, epperò forte del retaggio formale e di tutta la suaorganizzazione, necessitante del continuo riferimento allaregolarità tradizionale, per possedere la persuasione di unelemento iniziatico che è sfuggito, coloro che vanno ad abitarequesto edificio vuoto del suo contenuto originario e vi si trovano aloro agio e sentono che la loro fedeltà si invera nella regolaritàformale-tradizionale, - che è la massima forma possibile della lorofedeltà e in tal senso indubbiamente positiva per la loro futuraevoluzione - non possono non considerare pericolosi coloro chenon rinunciano alla connessione metafisicamente primaria epperòalla dimora sacra originaria: possono rivolgere a costoro la facileaccusa di essere contro la Società, contro il suo spirito, possono,per esempio, giungere ad accusare costoro di essere “orientalisti”di appartenete a una corrente politica (che naturalmente sia la piùinvisa del tempo: altrimenti, un'altra non conseguirebbe l'effettovoluto).

In quanto sopra considerato, non si deve ravvisare una criticaall'edificio formale della Società, che deve rimanere intatto, masolo l'esigenza di una “circolazione della Luce”: la circolazioneinterrotta. Un simile concetto sembrerebbe suggerire, come èavvenuto da parte di amici dirigenti, rinuncia a posizioni per così

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dire eretiche e connessione collaboratrice con la Società. Questaconnessione invero, secondo lo spirito di circolazione della luce,non può mancare. Ma, in realtà, la sostituzione o il mutamento diun contenuto non può essere esso stesso un fatto formale: è unevento metafisico, che non può essere misurato da manifestazioniesteriori: riguardando anzitutto ciò che deve essere mutato, esigeesso stesso la propria forma. Se si ammette l'efficacia dell'azione,come azione pura, allora il concerto di forma viene nuovamentead assumere la sua funzione.

* * *

Ho conosciuto figure luminose appartenenti alla SocietàAntroposofica. Cito solo gli scomparsi: indimenticabile MarcoSpaini, personalità molto più elevata di quello che apparve ai suoibeneficati delusi, quando cessò di dare loro aiuti e sembrò seguireuna via mitica, che fu soltanto la forma ingenuamente fiabesca diuna devozione senza pari, la cui pura fiamma di continuoconsumò l'eventuale errore: chi lo osservasse alla lucedell'insegnamento dello Steiner, poteva invero scorgete in lui larealtà luminosa di là dalla parvenza. Così indimenticabili sonoMario Viezzoli, il cui fervore scientifico e l'abnegazione diorientatore hanno lasciato un'impronta duratura nel nostro gruppodi studio; Peppino Federici, saggio sperimentatore dell'agricolturabio-dinamica e animatore di studi e dibattiti sulla Tripartizionedell'organismo sociale; Paolo Gentilli, con cui ho avuto solo breviincontri, ma sufficienti a farmi comprendere la vasta apertura dellasua anima e la saldezza della sua fedeltà al Dottore; la baronessade Grünewald, Vero Lamarque, Vittoria Wollisch, ecc.

Secondo la testimonianza di Olga de Grünewald, GiovanniColazza non solo era il discepolo più caro a Rudolf Steiner, ma lafigura più elevata dopo di lui. La de Grünewald, sin dall'infanziaamica di Maria von Sivers - che doveva divenire più tardi mogliedello Steiner - era discepola strettamente connessa con il

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7 - Giovanni Colazza

“Dottore”. La testimonianza di lei è fondamentale: ella mi narravache la evidente fiducia di Steiner in Colazza, suscitava a questinon poche invidie, perché la sua figura non rispondeva al clichédel discepolo compìto, dotato della conformità richiesta, ondegiungevano a Dornach contro di lui accuse di vario genere: cheperseguiva lo Yoga e la Magia, che non brillava per regolaritàorganizzativa, ecc., ma soprattutto si consentiva un tipo nonplatonico di relazioni femminili. Coloro che lo accusavano, siaspettavano di vederlo escludere dalla cerchia intima del Dottore:perciò rimanevano sconcertati ogni volta che, recandosi Colazza aDornach a visitare lo Steiner, questi allorché lo vedeva, lasciavatutti per andargli incontro ed evidentemente lo accoglieva congioia, come qualcuno a cui tenesse in particolare. Ciònaturalmente accresceva la serie delle ostilità nei confronti diColazza.

Una delle rotture più sensibili che io avrei avuto in tutt'altroperiodo, con un certo ambiente di studio, si dovette al fatto che ladirigente del gruppo più rappresentativo di quel tempo, in unincontro avuto con me al Gianicolo - incontro che sarebbe dovutoessere di riconciliazione - tra l'altro tentò di scuotere la mia fiduciain Colazza, movendo contro di lui le solite accuse: di essere“orientalista”, di perseguire la “potenza magica”, e di essere undonnaiolo: al che io reagii non tanto per un sentimento di fedeltàall'amico e al maestro, quanto perché sapevo che tutte quelleaccuse non rispondevano a verità e la loro non verità per me eratanto più inaccettabile, in quanto sapevo derivare da fatti, il cui“apparire” poteva giustificarle, ma aveva ben altro contenuto, etale contenuto non doveva sfuggire a chi presume distinguere larealtà dalla parvenza. Il diverbio appunto degenerò, provocandonel personaggio femminile un questione un tale concitatosentimento nei miei riguardi, che essa, tornando n casa, lo sfogòdipingendo il mio volto come quello di Lucifero. Al quadro poi fulegata un'interpretazione della mia storia e della mia persona, che,come ho accennato, doveva diventare tradizione. Con l'andare del

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tempo, la tradizione si perfezionò e da parte dei custodi di essa,per anni, io sarei stato bersaglio delle stesse accuse mosse aColazza.

Secondo la citata testimonianza della Grünewald, lo Steiner aun certo momento (1911) sarebbe venuto in Italia a conoscereColazza, perché “gli era stato indicato dal Mondo Spirituale”.Mediante altri elementi derivantimi dai colloqui personali conColazza, da mie dirette esperienze extradialettiche e per ultimodall'evento sovrasensibile verificatosi alla persona più rilevantedel mio gruppo, cui accenno a pag. 67, potei accertare che loSteiner era venuto in Italia, tra l'altro, per incontrare Colazza,previa conoscenza del grado della sua personalità, in previsione diuna opera da compiere in senso rituale e trascendente, con unristretto numero di discepoli esotericamente qualificati. La operaavrebbe avuto funzione simultaneamente cosmica, umana estorica, epperò sì sarebbe svolta grazie al concorso di Guideinvisibili e visibili dell'umanità, in una città dell'Europa centrale.

Doveva essere il compimento di un rito, la cui entelécheianecessaria al fatidico momento della storia umana, esigeva daidiscepoli partecipi un trascendimento assoluto dell'elementoumano, epperò un atto di coraggio per superare la Soglia delMondo Spirituale e stabilire un incontro là dove è instaurabile,come veicolo di visione, la pax profunda. Erano gli anni 1913-14.Che l'insufficienza di uno dei Dodici abbia causato il fallimentodel rito e che da tale fallimento sin nata, come diversa ratio di unmedesimo decorso karmico, la Ia Guerra mondiale, con tutte leconseguenze che, non essendo state rimosse determinate cause,avrebbero operato come premesse per la IIa Guerra: tutto ciò nonba senso che venga narrato neppure in forma mitica, rimanendocomunque incompletabile, per la serie degli elementi non dialetticie indicibili di cui dovrebbe inevitabilmente mancare.

Se ne può trarre solo un insegnamento: cerci limiti della naturamentale, epperò della civiltà umana, non possono essere superatise non da rappresentanti dell'umanità capaci della dedizione

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7 - Giovanni Colazza

assoluta al còmpito, e del sacrificio di sé, non semplicemente allivello in cui è possibile in rapporto ai valori vigenti, bensì piùprofondamente, là dove il superamento dell'umano si attua comefronteggiamento di una prova equivalente all'esperienza dellaMorte: la reale Iniziazione.

Colazza apparteneva appunto alla minima schiera di questirappresentanti dell'umanità: perciò era naturale che il suo realevalore sfuggisse ai soci della comunità, anzi fosse da essiavversato nelle forme non convenzionali in cui si presentava:forme nelle quali era attaccabile secondo le regole invalenti comeortodossia formale, ossia come ciò che diviene sempre veicolodella disanimazione del movimento spirituale.

In uno dei primi colloqui avuti con lui, dopo l'avvenutaconoscenza grazie ad Evola, ebbi a dirgli, parlando di me - con ladeterminazione di comunicargli soprattutto ciò che ritenevo unamia vocazione personale, probabilmente esigente rettificazione -che ero portato al Sovraensibile per via di rituale ascesi noetica,secondo una interna conversione del pensiero nella propria luce.Ricordo che Colazza ebbe un momento di gioia e mi disse: “Maquesta è la via!”. Mi chiarì qualcosa di cui ero intimamenteconvinto, ma rispetto a cui mi erano rimaste minime riserveautocritiche, che egli mi dette modo di dissipare. Cominciò cosìun colloquio tra noi, per me prezioso, non tanto perchéapprendessi qualcosa di nuovo, quanto per la forza che da luiemanava: non come forza psichica, che so in quale conto tenere,essendo sempre qualcosa di colludente con la natura fisica, macome capacità di suscitare nell'incontro il livello sacrale, che è ilsegno della presenza interiore.

Andare a trovare Colazza da allora fu per me recarmi adattingere il livello che mi era più caro ed edificante: quello dellapurificazione del pensiero, rispondente sul piano sensibile a unincontro con la musica della luce, nella luce medesima del Sole:pensiero con pensiero universo.

Quando si stabilì una sorta di ritmico incontro personale,

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cominciai anche a frequentare le sue riunioni, alle quali mi recavocon un gruppo di giovanissimi amici a me connessi, la cuipresenza rallegrava Colazza: che ebbe poi a conoscerli uno peruno. Le riunioni avvenivano dapprima in una saletta al pianterrenodella sua abitazione in Corso di Italia, a Roma, indi si trasferironoa via Boncompagni e presso la costituita Sede del Gruppo“Novalis” a via Tevere.

I miei incontri con Colazza subirono, dopo qualche anno, unainterruzione di diversi mesi, per causa mia. Era l'autunno del1946: Colazza, prima di cominciare un nuovo corso di studio,chiese a me il parere circa il tema da trattare, ed io gli suggerii la“Fisiologia Occulta” secondo Steiner, ossia l'argomento che eglipoteva svolgere con la prerogativa di un sondaggio essenziale.Egli accettò e cominciò questo corso, che durò quasi un anno eche io disertai completamente, perchè proprio in quel tempo fuiassorbito del tutto da un 'esperienza interiore d'ordine eccezionale,che mi impegnò ogni giorno senza soluzione di continuità.Colazza fu alquanto amareggiato da questa mia assenza, ognivolta vedendo vuoto il mio posto di ascoltatore riguardo a un temadi cui io stesso avevo sollecitato la trattazione: né ricevette da mealcuna giustificazione. Egli già recentemente aveva subito undisinganno non lieve dalla defezione di un discepolo, che per unmomento egli aveva creduto possibile continuatore della sua operae su cui aveva riposto tutta la sua fiducia: probabilmente pensòche con me si stesse per ripetere la stessa spiacevole esperienza.Qualche giudizio che in proposito egli dovette pronunciare inquella occasione nei miei riguardi, fu fissato da qualcuno che piùtardi lo avrebbe reso utilizzabile da elementi collegati con la“centrale” di cui a pag.71. A un anno di distanza, io decisi diriprendere contatto con Colazza e da quel momento feci del tuttoper fargli dimenticare quella pausa, superando un primo clima difreddezza nei miei riguardi. Non aveva torto, ma da quel momento- era il 1947 - sino al giorno della sua morte nel 1954 io fui l'unicodiscepolo e amico con cui egli si aprisse: dalla serie di incontri

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che ritmicamente avvenivano tra noi, nacque oltre che l'intesa peril lavoro avvenire, la possibilità che egli trasmettesse unaconnessione non dialettica con l'intimo contenuto della missionedel Dottore sulla Terra, che altrimenti non avrebbe avuto una suaparticolare forma necessaria al presente tempo.

La sera della morte di Colazza, fui presente in un ambienteportato a lasciarsi prendere da eccessi di cordoglio e didisperazione: trovai la forza di instaurare in tale ambiente unclima di serenità, che ebbe la sua importanza. Nei giornisuccessivi avvenne il fatto strano che malgrado unanimemente siriconoscesse a me il còmpito di riordinare le carte e i libri diColazza, fui misteriosamente estromesso, e di tale còmpito sioccupassero persone talmente poco adatte, che lasciarono finiresui carrettini non solo libri esoterici e personali di lui e cicli diconferenze dello Steiner, ma persino la copia del LibroL'Initiation - l'edizione francese dell'analoga opera tradotta contale titolo in italiano - rilegato in pergamena, che il Dottore avevadonato a Colazza il giorno del loro incontro a Roma nel 1911. Perfortuna questo libro venne recuperato sul carrettino da un miodiscepolo. L'influenza della “centrale” in tal senso continuò,perché, qualche settimana dopo, fui officiato dal maestro RobertoLupi, noto musicista e direttore di orchestra, allora dirigenteantroposofico, a commemorare Colazza alla sede del Gruppo“Novalis”: io tentai di schermirmi, ma Lupi ebbe il potere diconvincermi dicendo: “Lo devi, perché tu sei l'unico che puòveramente parlare di Colazza”. Mi disponevo ad andare alla sede,quando per telefono fui avvertito che alla commemorazione daparte mia si era opposta, e aveva ottenuto che fosse fatta da altri,la persona che meno avrebbe dovuto: non avrebbe dovuto, perserie di motivi obiettivi, non esclusa la gratitudine verso di me.Quando Roberto Lupi apprese da me ciò, si amareggiò al puntoche dovetti io confortare lui, perché la sua salute non ne soffrisse.Vidi come l'avversione metafisica ancora una volta circolasseattraverso la “mala informazione”, prendendo chiunque non fosse

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capace di un rapporto di verità con me. Narro questa minimacronistoria, non tanto per ristabilire la verità, la quale camminaper propria virtù trascendente, quanto per un dovere verso igiovani che cercano con slancio puro e hanno diritto a non esserefuorviati da propagande, nel processo del loro orientamento.

In fondo, le calunnie di cui sono stato oggetto el'interpretazione del contenuto capovolto dei miei libri, onde mi sifaceva dire il contrario di quello che dicevo - per esempio un miolibro contenente una serrata critica del moderno spiritualismo“orientale” e usante per necessità di argomentazione una minimaterminologia sanscrita, veniva giudicato in base alla primaocchiata gettata su simile terminologia e consideratoun'espressione della mia presunta vocazione “orientale” - mi sonosempre apparse una fatalità naturale, come produzione inevitabilea un tipo umano che assume lo spirito sul piano delle parole edella regolarità razionale, ma in realtà vive nella specie, secondoimpulsi che difficilmente la dimostrazione, l'evidenza dei fatti, ilcorretto pensiero, possono modificare, appartenendo essi aldominio meno differenziato del karma.

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8 - LA “MAYA” POLITICA

Non sono un politico, non sono mai stato un politico: pertemperamento, per costituzione interiore, per vocazione, nonpotrei esserlo. Se dovessi definire me steso mediante un opposto,potrei dire che sono il contrario di quel che è un uomo politico.Perciò ho sempre ammirato coloro che sono capaci di donarsi allapolitica, di esaurire se stessi come politici: sono persuaso che essiassumono su sé la parte più grave del peso umano, compiendo unsacrificio che divora la loro esistenza, insieme con la loro stessavanità e la relativa sete di vita. Strada facendo, salvo rareeccezioni, per essi l'apparire finisce sempre con l'identificarsi conl'essere.

Peraltro sono convinto, con lo Steiner, epperò con MarioViezzoli, autore di un saggio inedito sull'argomento, che l'era dellapolitica è finita e che ha inizio, facendosi faticosamente stradaattraverso la scorza degli impulsi politici esauriti, l'era sociale, ol'era dell'impulso morale. Sono convinto che la politica è lasopravvivenza di un autentico “oscurantismo” mentale, cheimpedisce di prendere contatto con il contenuto obiettivo deiproblemi umani: impedisce per via di precostituita assunzioneideologica, di ravvisare nei problemi situazioni che non esigonointerpretazione secondo colore politico o teorie di partito, masoluzioni logiche, tecniche, essenzialmente morali.

Non politico, anzi apolitico per temperamento, tuttavia,giovanissimo, nel periodo fascista credetti poter immettere nellaforma politica la mia visione del mondo: questo spiega lacategoria in cui qualcuno ancora oggi tenta recludermi: categoriache io non rinnega per debito di lealtà e di verità, ma che non miha mai contenuto, né mi ha mai impedito di essere quello cherealmente volevo. Tanto è vero che sono stato sempre un isolato,ospitato dalla stampa del tempo solo grazie alla validità etica degliargomenti che proponevo. Quello che ho scritto in quel periodo lo

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potrei ripubblicare oggi su qualsiasi giornale, di sinistra, di destra,o di centro, solo sostituendo alla parola “Fascismo”, per esempio,l'espressione “visione sociale” o “istanza morale”. Se invece chein regime fascista mi fossi trovato in regime sovietico, ilcontenuto delle mie idee sarebbe stato identico: avrei soltantodovuto trovargli un'altra forma. I miei scritti del tempo stanno lì atestimoniare che io volevo allora quello che voglio tuttora:sottolineare, come senso ultimo dei problemi, l'esigenza della“reintegrazione” dell'uomo. Soltanto una via morale può garantireuna via sociale: solo l'individuo libero che rechi in sé la moralitàcome forza, o come una seconda natura, è garanzia della giustagestione di un organismo sociale e del suo stato di diritto: questo èstato sempre il senso dell'aspetto “politico” dei miei scritti: unpensiero d'una semplicità da parere ingenuo, e tuttavia concretachiave del problema.

Così, per potermi dedicare ai miei studi extrapolitici,sostanzialmente metafisici - rifiutando più di una volta brillanticarriere presso quotidiani autorevoli del tempo, con sbalordimentodi chi me ne offriva la rara occasione, onde cominciai a essereconsiderato “un po' strano” - attesi al varco una rivista che miimpegnasse per poche ore al giorno; e questa fu L'Italia Marinara,organo della Lega Navale Italiana, di cui fui redattore-capo perdodici anni, ossia dal 1932 al 1944. Si dava il caso che la LegaNavale fosse un ente del Partito fascista a che a quell'epoca ilsegretario del Partito fosse Achille Starace. Così, automaticamenteAchille Starace era Presidente della Lega Navale e Direttoredell'Italia Marinara: onde, senza minimamente provocarlo, ioapparvi un personaggio di rilievo: ma non lo ero affatto in quelsenso, perché in realtà non ho mai partecipato a una cerimoniaufficiale, non ho mai accostato personalmente Starace, non hoavuto il minimo rapporto con lui, anche se io avevo per lui unaparticolare ammirazione, in quanto, oltre taluni suoi limitiintellettuali - che per me non hanno mai deciso del valore di unindividuo - presentivo in lui la presenza di una rara virtù dello

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Spirito: la rettitudine, il potere di una adamantina fedeltà alproprio ideale.

L'arte nella quale io ritengo di aver conseguito una eccellenzarara, è quella di evitare le adunate, le ufficialità, le cerimonie, leretoriche dei riti, i congressi, i simposii, le conferenzeaccademiche: non per spirito di non cooperazione umana, maperché ho sempre percepito il senso ultimo di certe messe inscena, in relazione al dovere di non perdere tempo ed energie, peressere più utile al prossimo in altra sede. Le messe in scena dellecerimonie politiche le conosco bene, oltre i legittimi motivi nobilie sacri a cui si riferiscono: avendole riconosciute allora, non possonon riconoscerle ora, identiche, anche se di segno mutato: sempreobbedienti a manovre obbliganti, che con il contenutoideologicamente presupposto hanno ben poco a che fare.

La stanza di redazione dell'Italia Marinara, al III° piano diPalazzo Giustiniani, a Roma - una bella stanza isolata, conun'ampia terrazza che dava sul Pantheon - attraverso la funzioneche regolarmente disimpegnavo, divenne via via un luogo diritrovo di amici esoteristi e un centro di attività spirituali: ognivolta esaurito il minimo lavoro per la rivista, mi dedicavo aglistudi che soprattutto mi interessavano: ricevevo amici, presiedevoriunioni che quasi sempre si formavano spontaneamente.

Quel luogo divenne ben presto mèta di incontri intellettuali chenon avevano a che vedere con la politica del tempo. Inoltre,poiché disponevo di una carta intestata della rivista, in cuirisaltava il nome del suo Direttore, Achille Starace, io essendoredattore-capo, per via delle lettere di raccomandazione di cuicominciai a essere richiesto, quella stanza in breve divenne ancheuna sorta di ufficio di collocamento. Per molti anni, poi, avreiincontrato amici che mi avrebbero manifestato gratitudine, perl'aiuto ricevuto, la sistemazione conseguita, grazie alle lettere chepotevo allora indirizzare a destra e a manca forte di quella cartaintestata. Essendosi sparsa la voce, si può dire che quella carta nonservisse ad altro: aiutare disinteressatamente un bisognoso, trovare

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il posto a un disoccupato, perorare una giusta causa. Avvennepersino che qualcuno mi sottraesse una certa quantità di quellacarta e che a mio nome circolassero raccomandazioni fasulle.Superai tuttavia facilmente i fastidi che me ne derivarono.

Quando scoppiò il razzismo, non nego che fui preoccupato,perché intravvidi subito gli sviluppi assurdi di simile presa diposizione: data una certa apertura della stampa alla miacollaborazione, sentii il dovere di intervenire, perché quel grossoerrore fosse il meno nocivo possibile. In tal senso feci uno sforzoinvero immediato ed energico, tentando di dare a quell'iniziativaun contenuto che la dominasse, un contenuto etico e simbolico,capace di far sfociare il tutto in serie di provvedimenti educativi eformativi della gioventù. Ma il mio tentativo venne sopraffatto dalsolito politicismo fanatico: lo stesso che sotto altro segno e altreforme oggi impedisce le iniziative libere in ogni zona della Terra.Tuttavia, chi possa leggere i miei scritti pubblicati sull'argomentoa quel tempo, non può non avvertire il contenuto che io intendevosostanzialmente far valere. Avvenne persino che un osservatoreassai fine, sulla rivista Augustea, analizzasse le mie tesi e miaccusasse di “anti-razzismo mascherato”.

Quello che pensavo allora del razzismo, lo penso tuttora: loritengo un errore mentale dovuto alla incapacità di distinguerenella coscienza l'elemento interiore indipendente dalla razza. Chesiano razzisti inconsapevoli, popoli ancora immersi nel proprioelemento etnico, non è grave quanto il razzismo dei popoli cherecano le forze dell'anima cosciente. Razzismo insidioso è peraltroquello a cui si dà altro nome, per inconsapevolezza della sua realenatura: in verità veicolo di un impulso più profondo, dotato diradici nella demonicità della psiche collettiva e giustificante sestesso mediante ideologia politica e persino religiosa.

Nelle linee dominanti il vasto contrasto attuale delle potenzepolitico-militari sulla Terra, si può ravvisare un grande scontro dirazzismi: le sottili alleanze sono tra razzismo e razzismo, cosìcome gli scontri. L'equivoco è alimentato dagli astratti

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intellettualismi, incapaci di penetrare il fenomeno e dicomprendere il senso delle diversità delle razze e di trovare checosa veramente unisca gli uomini malgrado le diversità: còmpitoquesto a cui sono venute meno le religioni e le Chiese, di cuitalora l'anti-razzismo è la forma necessaria agli impulsi di unrazzismo inconscio. Nel mio libro Lotta di Classe e Karma, insostanza ho tentato mostrare come, dietro il fenomeno della lottadi classe, si celi un razzismo trasposto politicamente: l'impulsopsichico, come impulso psicosomatico, diviene il veicolo diun'idea-forza scaturente dalla specie, piuttosto che dall'individuolibero. In definitiva, viene costruita, come controparte ideologica,una facies sociale a esigenze estranee alla realtà dell'uomo: taliesigenze però vengono rese plausibili mediante il coincidere diun'astratta dialettica con effettivi problemi economici: problemi lacui origine è sconosciuta alle correlative ideologie, e che nonvengono risolti, in quanto permangono necessari alla politica,come strumenti di potere.

Il materialista conseguente non può non essere razzista, inquanto non vive fuori della categoria biologica, non va oltre illimite della specie: perciò gli è inevitabile altresì credere alleorigini animali dell'uomo e di conseguenza non poter concepire lamoralità come valore indipendente dalle strutture fisiologiche. Ilmaterialista finisce necessariamente con l'essere razzista,malgrado le premesse antirazziste, in quanto inconsciamente siidentifica con gli impulsi della razza a cui appartiene. Cooperacosì al formarsi di una situazione contraddittoria, dalla qualesempre meno i politici sapranno districarsi, essendo essi costretti asviluppare forme sempre più complicate di strategia che con l'ideapartitica originaria non hanno a che fare: presi da unmeccanicismo della lotta, di cui non riescono più ad avere il sensoe a scorgere chi tenga veramente le fila.

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La stanza redazionale dell'Italia Marinara funzionò veramenteper anni come un centro di studi e incontri spirituali: AdrianoTilgher, J. Evola, Marco Spaini, Gislero Flesch, P. M. Virio,Francesco Modugno, Domenico Scifoni, Oreste Guido, EleuterioStrifizza, Edoardo Anton, Piero Scanziani, Gigetto Piergentili,Mario Varagnoli, ecc. vi si succedevano, dando luogo a riunioniche talora raggiungevano un plenum inaspettato.

Tra i colleghi dell'Italia Marinara, ebbi la ventura dellavicinanza di una figura di eccezionale elevatezza, GiovanniSavelli, scrittore di una tale virtù di stile e di pensiero, di talefinezza critica, cui si accompagnava l'ala di una puraimaginazione poetica, che io per anni ho atteso di vederloemergere obiettivamente riconosciuto, come uno dei massimivalori della letteratura italiana contemporanea: invano,indubbiamente a causa della sua assoluta indipendenza da gruppio correnti.

Veniva tra gli altri a trovarmi un simpatico scavezzacollo,Guglielmo Longo, ex-ardito della 1a Guerra Mondiale generoso,poeta, inventore, sempre pronto a una sonora risata e sul punto diproporre uno spuntino, o una allegra gita in comitiva. Egli miparlò un giorno di un suo proposito di mutare corso al Regime,non per instaurare qualcosa di opposto, ma per rimettere al centrole forze superpolitiche del Paese, sciogliendo il Partito fascista e,mediante l'intesa di personalità qualificate, facendo in modo che ilsistema sociale su basi spirituali, di cui io gli parlavo, divenisseuna realtà organica.

Come altre volte, io considerai ciò una platonica fantasia delLongo e non feci nulla per contraddirla: normalmente mi limitavoa suggerirgli una disciplina interiore e dargli modo di portare a untenore morale la sua personalità: non potevo imaginare che, dopoqualche giorno, egli avrebbe punto per punto cominciato arealizzare i primi lineamenti del suo programma, accostandopersonaggi-chiave e proponendo a ciascuno una parte. Ciascunoaveva risposto positivamente, come io avevo teoricamente

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previsto. Ne nacque tra noi un singolare scambio di idee: avendoio percepito che comunque il Longo avrebbe fatto quello cheaveva in mente, mi sentivo moralmente obbligato a farglielo farenella maniera meno distruttiva possibile. Riuscii così a fargliintendere l'importanza della esclusione assoluta della violenza, edel porre al suo luogo l'obiettivo funzionamento della legge,l'uguaglianza di tutti rispetto ad essa.

Il Longo aveva una fiducia assoluta in quanto io glicomunicavo come dottrina dello Spirito: ciò mi dava la possibilitàdi guidarlo in modo che egli, comunque preso dal suo obiettivo,sostanzialmente si regolasse secondo principi di equità e umanità.Egli era dotato di una memoria ferrea che gli consentiva di nonportare con sé alcun taccuino - ciò che si sarebbe rivelato inseguire sommamente provvidenziale - inoltre credeva alle forzemagiche: elementarmente io gli avevo parlato delle forze spiritualidel Sole, ed egli era convinto di ricevere ogni giorno una carica diforza dal Sole, solo con il contemplarlo: un'ingenuità in cuituttavia affiorava una intuizione per lui difficile ad afferrarecoscientemente. Identificando la realtà con il simbolo, secondomens primitiva, egli si allenava a fissare il Sole sin oltre ventiminuti. Realizzando punto per punto il suo programma, ebbemodo di accostare personaggi-chiave della Cultura e delle ForzeArmate: alcuni di loro aderirono “intenzionalmente”, ossiarifiutando una partecipazione diretta all'azione, ma accertando diassumerla, ove altri fossero capaci di realizzarla.

Nel tracciare il quadro dei dirigenti extra-politici del nuovoregime, che avrebbe dovuto realizzare la tripartizionedell'organismo sociale, ossia l'assoluta autonomia della cultura,del corpo giuridico e dell'autorità economica dalla politica e ilpotere dello Stato come garanzia dell'autonomia delle tre forze edella loro obiettiva correlazione, il Longo e i suoi collaboratoriprogettarono l'assegnazione di còmpiti di responsabilità adeterminate personalità della Scienza e della Cultura, valide di làda qualsiasi tendenza di parte, le quali, invero, ignare di tutto,

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vennero coinvolte, ma senza conseguenze. Il movimentocospiratorio raggiunse una tale perfetta organizzazione di capicivili e militari, che avrebbe certamente conseguito il suo scopo,se non si fosse inceppato nella più volgare delle difficoltà: quelladei mezzi finanziari. Fino al momento dell'iniziativa per ilfinanziamento della cospirazione, io sentivo che essa si svolgevasecondo un'interna coerenza, così come un'idea che domini lapropria espressione logica: ma nel momento in cui il Longo - vistifallire taluni tentativi - decise di seguire una sua pista, nonostanteche essa apparisse fortemente sospetta, sentii che il movimento glisfuggiva e cominciai ad avvenire una sensazione di pericolo.

Dopo qualche tempo, infatti, il Longo veniva arrestato, e sidovette alla saggezza con cui sino a quel momento era statacondona l'operazione, al passato di combattente del Longo e allasua capacità di sdrammatizzare tutto prorompendo in sonorerisate, con la sua arte di comunicare un'ilarità contagiosa, durantegli interrogatori, se gli arresti furono limitati ed io, riconosciutocome consigliere assolutamente disinteressato, come può esserloun medico agli affari di un suo cliente, ebbi soltanto unpedinamento di qualche mese da parte della Polizia. Negli archividella Questura di Roma c'è un grosso incartamento su questastoria: quando, a distanza di qualche anno, caduto il Fascismo, iofui imprigionato dagli Alleati, avrei potuto giovarmi di taleprecedente per uscire facilmente da quella situazione, ma preferiinon farlo perché un alibi del genere, rispetto ad accuse che in sédovevano risultare insostenibili, come del resto avvenne, mirepugnava.

Dagli Alleati fui infatti arrestato il 10 giugno del 1944 erinchiuso a Regina Coeli, terzo braccio, cella 322, e rilasciato conscuse e riaccompagnamento in macchina a casa il 16 novembredello stesso anno, dopo che gli ufficiali inquirenti dell'IntelligentService avevano sondato minutamente la mia vita, trovandosidinanzi a qualcosa che disorientava i loro schemi: una vastaattività mistico-esoterica extra fascista, una nutrita collaborazione

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alla stampa del Regime, e uno stipendio che non superava leottocento lire mensili, peraltro nessuna traccia di un qualsiasiassegno dal Ministero della Cultura o da enti affini: una vita cheper qualche tempo, come ebbe amichevolmente a confidarmi unufficiale inglese che mi era divenuto amico appunto in seguito allaconoscenza del retroscena interiore della mia esistenza, fu perquegli inquirenti inspiegabile, sì da destare il sospetto che io fossiun abilissimo agente segreto di chissà quale Potenza: nonriuscivano a capacitarsi della modestia del mio tenore di vita inrapporto a un'attività culturale privata, che risultò vasta.

La vera ragione per cui io venni arrestato dagli Alleati fu ilritrovamento di tracce di due mie visite all'Ambasciata tedescanegli ultimi mesi: in realtà io mi ero recato come giornalistapresso personaggi dell'Ambasciata, ambedue le voltesostanzialmente per perorare il rilascio rispettivamente di dueAntroposofi fermati dalla Polizia: il primo era un giovane checonoscevo. Ero riuscito, grazie a slancio immediato e ad un'azionediplomatica ad hoc presso quei personaggi, a farlo rilasciare dopouna “retata”: ne avevo avuto ringraziamenti e benedizioni daidirigenti il gruppo di via Aurelia. Dopo qualche giorno questistessi mi implorarono perché intervenissi per uno di loro, che ionon conoscevo, arrestato per accertamenti: anche qui io, nonbadando a prudenze, mi mossi e l'amico venne liberato. A ciò sidovette l'occasione del mio arresto, cui seguì l'accennatacomplessa indagine su rutta la mia vita: all'aver io operato asottrarre a una pericolosa situazione due personaggi, di cui uno ame sconosciuto, del gruppo antroposofico romano.

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9 - “REGINA COELI”

Naturalmente la mia detenzione nel braccio politico di “ReginaCoeli”, le circostanze che mi vi condussero, la labile gratitudinedegli amici “spirituali” a cui tali circostanze erano stateumanamente utili, potei subito considerarle come già mi era statopossibile per altri avvenimenti di rilievo della vita, forme delkarma, o del “destino”, ossia di una direzione prenatale,identificabile come decisione dell'Io e mutabile solo per suaradicale azione: direzione che, perciò, è gran ventura perl'individuo intravvedere oltre le parvenze, soprattutto riguardo adeventi risolutivi dell'esistenza.

Debbo a quella detenzione la messa a punto di una disciplinafunzionale della meditazione, che trasformò profondamente la miavita: fu soprattutto la possibilità di giungere mediante pureconnessioni di pensiero, o di forze- pensiero, alle radicidell'insegnamento dello Steiner, secondo il metodo insito nellastrutturo medesima di tale insegnamento. Allorché conseguii unminimo di sopportazione di quello che di spiacevole imponeva lachiusura in quella cella (pareti con incrostazioni decennali dicatarri umani, migliaia di cimici, “bujolo”, ecc.), la mia salvezzafisica si dovette al fatto che la singolarità della mia personalità,quale appariva al punto di vista inquirente, consigliò il mioisolamento: perciò ebbi tutta la cella 322 del terzo braccio a miadisposizione. Potei cominciare ad attingere alle forze dellasolitudine e del silenzio, per ritrovarmi, come raramente mi erastato possibile prima, con il mio vero essere.

Ravvisando in quella prigionia formalmente un soprusopolitico, ma in realtà un'occasione spirituale, decisi di non perderetempo. Raccolsi tutte le mie esperienze esoteriche trascorse, che èdire il senso finale, in quanto sintesi, della meditazione secondo laScienza dello Spirito, e passai alla azione. Decisi di nonconcedermi la minima distrazione, o fantasticheria, nelle lunghe

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ore solitarie che seguirono: solo così sentivo di poterpositivamente rispondere alla occasione in quel modo offertamidal “destino”.

In tale direzione, nei primi giorni fui soccorso, in un momentodi serie difficoltà fisiche, da qualcosa che potrei chiamare unaradicale esperienza dell'Io: qualcosa che, come una forza difolgore, di colpo mi tolse febbre, dolor di gola, sfinimento.L'essere solo, senza programmi umani, senza limitazione di orari,mi dava la sensazione di potermi abbandonare a un'esperienza“assoluta” delle forze. Mi resi conto dell'importanza delladiscriminazione sottile e tuttavia pragmatica onde l'Io distingue sestesso dalle forze dell'anima, normalmente prendenti il luogodell'Io. Tutta l'opera spagirica è una chiave per mettere al centro ilvero dominatore delle forze: il Logos interno all'Io, il liberatoredell'anima.

Guarito e fortificato, continuai a operare nella stessa direzione:mi fu dato afferrare ulteriori connessioni, inespresse e tuttaviafondamentali dell'opera gnoseologica dello Steiner: taliconnessioni finiscono con l'esprimersi nel pensiero logico, maessenzialmente muovono da un livello superiore a quello logico,afferrabili dalla logica solo astrattamente. Queste connessionisono il senso segreto di tale opera. Capii che la penetrazionelogica di Filosofia della Libertà, anche la più esatta, è un primopasso, indubbia-mente utile, ma non conduce oltre il mentale, anzipuò divenire paralisi razionalistica di tutto il lavoro, se non sitrasforma in un'esperienza metafisica del pensiero chiamato incausa: appunto secondo l'iniziale correlazione dell'Io con il primosuo contenuto cosciente: esigenza sostanziale dell'opera.

Per anni ho notato che, per quanto sia regolare l'interpretazionedi tale opera, sino alla evidenza delle connessioni sovrarazionali,non passa al mentale altrui che come mero costrutto razionale, conla serie non pertinente di implicazioni discorsive, se ilcommentatore non abbia in sé desto il potere delle connessioni,capace di stabilire la correlazione con il mentale altrui

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simultaneamente a ciascun livello. Questo potere non è lo studiodella Filosofia della Libertà a destarlo, ma qualcosa a cui lostudio è semplicemente un'introduzione e si traduce in un ostacolointeriore quando si creda di poterlo afferrare medianteelaborazione dialettica.

Niente paralizza la possibilità di articolare il pensiero secondoil suo movimento, quanto tale studio astratto, che congela incorrelazioni di proposizioni l'organicità del costrutto originale delpensiero. Che ha bisogno di essere ripercorso, più che spiegato, ocommentato. Per anni avrei tentato di far capire l'ottusità diquell'assunto, ossia della comprensione dell'opera strutturalmentefilosofica ed esigente essere liberata da tale forma come dalla suanecessità naturale, piuttosto che proiettata in una nuova strutturafilosofica, inevitabilmente inferiore all'originale.

Salvo che non sia il commento di un iniziato - possibilità rara edifficile a identificare - ogni spiegazione è in definivaun'ingenuità, perché non risponde a ciò che veramente esige laFilosofia della Libertà, a ogni livello di pensiero, ossia lacoerenza del pensiero con il proprio movimento scaturente comemomentanea connessione individuale con il processo obiettivodell'opera. La connessione suscita l'elemento libero del pensiero: èl'inizio di una partecipazione cosciente della volontà alla vitadell'anima. In tal senso è un fatto assolutamente individuale,realizzante un tema sostanziale della Filosofia della Libertà,secondo il quale non ha senso porre in questione se un pensierosia giusto o no, in quanto la sua realtà non è il suo significato,bensì il suo essere attivo, e tale suo essere attivo, per via di unaserie fitta di gradi di coscienza, varia da individuo a individuo.Onde l'assunto è per ciascuno, a ciascun grado, porre in relazioneil pensiero con sé, così da muovere dal punto in cui ha inizio laintensività della sua Autocoscienza.

Si tratta di un'attività che non può essere suscitata dal dialetticolavoro in comune, collegante a un sistema di proposizioni quelpensiero, che invece chiede essere svincolato dalla forma in cui si

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presenta: esige l'iniziativa intuitiva del lettore. Ogni studioillustrativo in comune di tale opera, come di ogni altra opera dicontenuto logico-intuitivo, è il segno di un discostamento dalsenso originario di essa, rispondente a una solidarietà nelladebolezza del pensiero, secondo la persuasione di poter possedere,a tale livello, quel contenuto. Non deve trarre in inganno lasoddisfazione interiore suscitata dalle spiegazioni, dovendosi essaal pensiero che comunque si muove dal suo stato d'inerzia e simoverebbe ugualmente per spiegazioni del tutto diverse.

Un simile tentativo non è l'aspirazione di uomini liberi, il cuilavoro in comune sia consentito solo a patto di essere un apportoessenzialmente individuale, ma di personaggi che non voglionocompiere da sé il lavoro occorrente alla liberazione del pensiero.Certo, gli aspiranti si aggruppano secondo affinità di intenti e digradi e necessitano in tal senso di un orientatore capace delcollegamento adeguato, ma riguardo allo studio accennato puòavvenire che proprio le spiegazioni dell'orientatore paralizzino peranni in determinati nodi di pensiero la capacità noetica deidiscepoli. Ma, come dicevo, appunto questo essi provvisoriamentecercano, secondo un'occulta economia interiore; acquisire nozionifisse, mediante altrui pensiero, prima di imparare a muovere con ilproprio pensiero.

Invero il lavoro in comune è un meditare insiemeindividualmente: ma occorre che il tema di questo meditare siaposto soltanto in quanto venga in qualche modo “suscitato” aogni livello, in ordine alla singola correlazione intuitiva. Il lavorodi gruppo è reale, solo se muove dalla responsabilità dello Spirito,come da un “superiore” centro del suo costituirsi come gruppo.Ma è difficile che un reale istruttore assuma la responsabilità diinterpretare razionalmente l'opera la cui istanza ultima èl'esperienza del pensiero come extrarazionale. Lo potrebbesoltanto a un patto: di farne non uno studio didascalico, ma uncommento esoterico per pochi qualificati: un esercizio dimeditazione in comune.

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* * *

Tra le esperienze che io debbo a quel periodo di detenzione,decisiva per la penetrazione dei contenuti della Scienza delloSpirito, fu la connessione tra l'ascesi del pensiero e la percezionedel mondo eterico. Questa percezione appunto mi risultò possibilecome moto intuitivo scaturente dall'incontro del puro elementoimaginativo-spaziale insito nel percepire, con le forme spazialimedesime, secondo una relazione indicata dallo Steiner nellaFilosofia della Libertà. Nello scorgere contemplativamentel'elemento interiore che connette l'atto percettivo con la coscienza,grazie alla presenza dell'Io nel dato, precedente l'atto medesimo esenza il quale quello non potrebbe darsi, di colpo come per untrapasso logico fui immesso dal puro moto del pensiero in unmondo vasto di forze fuori di me, a cui tuttavia partecipavatotalmente l'essere interiore in me.

Fu per me come un articolarmi nella trama delle forze-pensierodello spazio: l'imagine che mi venne subito dopo fu: “come se sisciogliesse dalla forma spettrale, la luce dello spazio fisico”. Ful'impressione di un'autocoscienza vasta che si estendeva da me almondo e dal mondo a me, in cui vedevo contenuti, comenell'identica trama di forze, tutti gli esseri. Tutti gli esseri viapparivano fisicamente trasparenti, ciascuno al centro di unapluralità di forze convergenti secondo una organicità trascendenteche si estendeva all'intero Cosmo.

Cercai con tutte le forze di non essere abbandonato subito datale percezione, anche se essa si svolgeva su un fondo digrandiosità di cui si sentiva severa e quasi tragicamente esigentel'assolutezza, ma con ciò facendo appello a una potenza radicale dieroicità dell'anima. Di questa eroicità sentii il potere solare el'urgenza: che da quel momento non mi avrebbe più abbandonato.Capii che se nell'esperienza quotidiana avessi di continuo potutoriferirmi ad essa come a un contenuto segreto e ultimo, tutto in mesarebbe mutato: la vita con tutte le sue contraddizioni, i suoi mali

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e le sue gioie, sarebbe divenuta un prodigio di conversionedell'elemento inferiore in un elemento di comunione con l'essenza.Non avrei dovuto dimenticare, però, che una simile possibilità erascaturita da una serie di prove pesanti, tra cui quella presente inquel momento.

Mi levai per dare un'occhiata al mio dirimpettaio di cella e lovidi attraverso il finestrino come un essere contenuto in quel maredi vita e tuttavia operante in esso secondo la centralità di una forzadi cui non era consapevole e che percepivo identica a quella delmio Io: come se il mio stesso Io si movesse in essa. Ne ebbi undecisivo orientamento, perché capii la fraternità come realtàscaturente da una percezione di fatto, non sostituibile daatteggiamenti etici o politici. Taccio la serie di percezioni cui siaccompagnò quello stato interiore, che riuscii a far durare intattodiverse ore, potendo riprodurlo con lo stesso movimento dipensiero con cui lo avevo iniziato. Un particolare degno di nota:chiesi alla guardia di turno qualcosa che in quel periodo era deltutto vietato, dato un rigore straordinario per incidenti avvenutinei pressi del carcere: uscire di cella per andare a rifornirmi diacqua potabile. La guardia acconsentì e senza minimamenteesitare mi aprì la cella. Ricordo che lungo il corridoio, passandodavanti a ogni cella, ebbi la percezione di accogliere unosplendore dall'interno di ciascuna di esse, come se la luce dellostesso Io nel quale in quel momento vivevo con trascendentepienezza, emanasse da ciascuna di esse.

Capii che chi consegue quello stato di coscienza, può tutto sulpiano fisico: ma il suo potere è privo di senso, se egli non loconnette con il suo Principio, per trarne il senso umano. Egli puòdivenire un pericoloso egoista se si ferma a metà strada, là dovepuò cogliere le manifestazioni vitali della forza. Allorché sboccanella percezione dell'Io, gli si delinea il còmpito vero della Forza,che è operare come veicolo di ciò che la irradia, per la redenzionedell'umano: ma ciò che la irradia e redime l'umano, non edifical'umano secondo gli impulsi che ora lo sostengono, bensì come

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tale lo distrugge ogni volta, per riedificarlo. La perfezione delleforze più elevate è distruttiva per l'organizzazione della inferiorenatura umana: perciò le occorre la mediazione delle correntiindividuali del pensiero del sentimento e della volontà: questepossono ricevere le forze edificatrici della vita, a condizione dicompiere in sé, per via meditativa, il processo di distruzione c!ellanatura egoica normalmente affidato al karma. È affidato al karmacome a una mediazione trascendente, rigorosamente obiettiva:perciò l'ascesi delle tre forze dovrebbe poter condurre a unapurificazione identica a quella cui conduce ogni volta la catastrofedell'“umano”.

Il metodo del pensiero posto dallo Steiner al centro del suoinsegnamento e tuttavia non tanto dialetticamente definito, quantoaffidato a un polivalente contesto gnoseologico, fondato nelleopere filosofiche, ove sia integrato dagli esercizi di Iniziazione ein seguito della Scuola Esoterica, è in sostanza la via per unadistruzione-riedifìcazione che si svolga come evento dellacoscienza di un discepolo moderno, consapevole di sperimentarele forze già in atto nella sua correlazione con il mondo,indipendentemente da metodi rispondenti alla struttura spiritualedell'uomo antico. I

libri che in seguito avrei scritto, avrebbero avuto il senso diuna esemplificazione obiettivamente necessaria, non tanto comecommento, invero non necessario, all'insegnamento, quanto comedelineazione pratica del metodo del pensiero implicito, onde nonvada perduta la più preziosa essenzialità d'ordine operativo, ossiail potenziale del pensiero, come continuum non dialettico, anzimeta-dialettico, dal più moderno sperimentatore che, senzasaperlo, vada appunto alla ricerca di tale essenzialità e daprincipio ritenga ritrovarla nei metodi orientali. I miei libri perciòcostituiscono dapprima un ponte tra il cercatore moderno e laScienza dello Spirito: in un secondo tempo sono una chiave dellafedeltà al senso originario dell'insegnamento: sostanzialmente,una chiave del suo contenuto esoterico, per l'epoca in cui l'abuso

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del discorso logico, ossia della forma razionale vuota di vitainteriore, rende difficile, se non impossibile, il moto intuitivonecessario alla penetrazione di tale contenuto.

Nell'attuale epoca, dell'anima cosciente, si può dire che ilpensiero logico ha esaurito la sua funzione spirituale: esso valesolo per la vita fisica. A evitare di divenire veicolo dell'errore edell'involuzione dell'uomo, il pensiero logico deve farsi veicolodella sua più intima forza, di cui non è che la proiezione astratta.Ma proprio ciò viene impedito, mediante il potenziamento dellestrutture formali della logica scientifica, la quale, se èindubbiamente utile sul piano delle quantità fisiche, non afferrapiù del mondo l'organica realtà, ma solo connessioni esteriori e almassimo connessioni di connessioni, per provvedimenti inveroignoranti la dimensione di profondità. Sul piano sociale, si tenta disupplire a tale assenza di profondità, programmando iprovvedimenti secondo una loro portata avvenire, che nonriguarda affatto il presunto avvenire, ma solo l'esigenza dellapresente immediatezza logica proiettata nel tempo.L'immediatezza della ottusità logica, divenendo ideologia, dàl'illusione dell'intelligenza e della mobilità dell'intelligenza, mapreclude la penetrazione intuitiva.

Dietro la connessione con gli ambienti di studio della Scienzadello Spirito, avendo avuto la sensazione dell'atrofia di questapenetrazione e persino di una compensazione dell'atrofia in chiavedialettica, con espressioni tipologicamente politiche, a un certomomento della mia vita avrei trovato doveroso dedicarmi alladisciplina restitutiva della penetrazione, sulla base dellaesperienza diretta, non senza tuttavia obbedire a una obiettivanecessità trascendente, come a un'esigenza superiore alla miapersona, presentatasi con l'autorità dello Spirito.

Non v'è esperienza impersonale dello Spirito che non debbadarsi nella forma personale, la cui arte è perciò permanere,attraverso il proprio regolare trascendimento. L'altrui elementopersonale inferiore è quello che si scatena contro tale forma

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personale. vista nella sua astratta parvenza: in cui la presenzadello Spirito non è riconosciuta, perché preventivamente negata. Iltradursi di un tale irriconoscimento - in sé giustificabile - inavversione, è ciò che la mia personale esperienza avrebbe dovutoaffrontare incessantemente ad opera dei custodi dell'ortodossiaformale, tesi invero alla conservazione di qualcosa che appare uncontenuto, ma è in realtà il limite mentale.

L'ulteriore esperienza di “Regina Coeli” fu per me, in unmomento di serie difficoltà inerenti alla mia detenzione, laconoscenza del capitolo centrale della Scienza Occulta di Steiner:quello riguardante l'evoluzione dell'uomo e del cosmo. Da diversianni conoscevo questi temi della Scienza dello Spirito: il calmoisolamento della cella mi dette modo di collegarmisilenziosamente con essi come con germi di forze originarie.Sapevo che l'arte è far schiudere tali germi nella contemplazione,così che le forze manifestino nell'anima la virtù della loroautonomia. Ne ebbi un aiuto radicale, perché in imagini, da quellalettura, mi sorse dinanzi il mondo in cui la vita è un'immortalerealtà cosmica: la sfera in cui l'uomo elevandosi diviene realmenteinattaccabile alla natura inferiore, poiché accoglie senza sforzo gliimpulsi che fanno di questa lo strumento dello Spirito. Poteiintendere quale tipo di forza rechi spontaneamente la virtù deltrascendimento, che dà alla concentrazione e alla meditazione illoro reale compimento, mediante il semplice contemplare leimagini della “storia” dello Spirito.

Quando un'apertura in tal senso si determinò in me, con unsenso preciso per i còmpiti dell'avvenire, la detenzione di colpocessò. Venni riaccompagnato cordialmente a casa dagli stessi chemi avevano arrestato, essendo caduta ogni imputazione, in seguitoa un indagine minuziosa durata sei mesi. Era il novembre 1944.

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10 - HEGEL, GENTILE, AUROBINDOE LA “FILOSOFIA DELLA LIBERTÀ”

A un giovane amico, indagatore autonomo, che mi seguiva confiducia, avevo narrato taluni risultati dell'esperienza interiore, tracui la percezione della struttura eterica del reale, conseguitamediante l'animazione intensiva del pensiero e la correlativaidentità con forze radicali dell'Io: identità naturalmentepreliminare, contatto iniziale con quel “fondamento”, chenormalmente è nominalistico oggetto del filosofare, o deldisquisire esoterico. L'amico fu colpito dal carattere pragmaticoepperò dinamico di tale esperienza, della quale ioconfidenzialmente potevo parlargli, essendo egli una personalitàparticolarmente consapevole e integra: veniva scossa in luil'abitudine alla rappresentazione speculativa dell'Io, ma eraevidente che tale scossa agiva in lui beneficamente.

Avvenne dunque che, avendo egli fondato un settimanale “dipensiero e d'azione” - che doveva avere breve vita, proprio per ilsuo carattere autonomo - mi pregasse di parlare della miaesperienza in un articolo: il che dapprima mi sembrò non lecito néattuabile, dato il carattere di ineffabilità del tema. Ma egli miconvinse con una considerazione inoppugnabile: che ognicostruttiva esperienza si ha il dovere di consegnarla agli altri, e seil suo contenuto è trascendente, l'arte dell'espositore è diesprimerlo in un linguaggio che lo renda simultaneamentericonoscibile a chi aspira alla stessa esperienza, esoterica, eaccessibile agli altri invece nella forma essoterica.

Non nascondo che mi costò una certa fatica chiudere in unsistema di parole quella esperienza, che era anzitutto a-dialettica,tutta forza, chiarore, palpito di vita. Avrei potuto ricorrere allinguaggio delle imagini e dei simboli, ma sentivo che ne sarebbevenuto fuori qualcosa di mitico, inadatto alla sede in cui vedeva laluce. Ricorsi perciò al linguaggio speculativo: per un sentimento

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di riservatezza, preferii quest'ultimo. Combinai così una sorta dicomponimento filosofico, dotato indubbiamente di organicità e diuna sua dinamica, ma a base di termini come Io, non-Io, soggetto,oggetto, alterità, identità, immanenza, trascendenza, ecc. Il titolofu “Appunti per una ricerca dell'Io”. Il mio amico lo lesse, ne fusoddisfatto e lo pubblicò.

Non è che io fossi entusiasta del mio articolo, ma avevo laconsapevolezza di aver fatto in modo di lanciare un richiamo utilea qualcuno che cercasse seriamente in quella direzione: comunquenon potevo non provare un sentimento di pena rispetto aquell'arida astrattezza in cui si smorzava il palpitare di vita dellamia esperienza. Dopo qualche giorno, giungeva al mio amico unritaglio, tra altri, dell'Eco della Stampa, in cui una rivista milanesesi occupava del mio articolo. Era la breve nota di un apprezzatopsicanalista, che sostanzialmente elogiava la mia trattazione, perl'abilità dialettica con cui aveva affrontato un vecchio epermanente problema della filosofia, ma insinuava che questaabilità non era sufficiente a dissimulare la mia posizioneidealistica, un'astuta forma di revivescenza della filosofiaidealistica.

Confesso che, al leggere quella nota caddi dalle nuvole: da anniavevo dimenticato persino l'esistenza dell'Idealismo, delloHegelismo, del Neo-hegelismo: lo sentivo ormai come un mondolontano e diverso. Mi chiesi: “Che cosa ho a che fare io conl'Idealismo?” Ma, subito dopo, pensandoci bene, mi resi contoche l'uso del linguaggio speculativo per l'espressionedell'esperienza spirituale, non può non ingenerare un equivoco delgenere.

Un simile pensiero lavorò ulteriormente in me, finché decisi diriprendere la lettura di Hegel, soprattutto per controllare qualeesperienza interiore eventualmente si celasse dietro l'apparatodella sua dialettica. E qui mi occorse di fare una singolarescoperta: che gettava una luce inattesa, almeno per me, su tutto ilproblema della filosofia moderna.

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10 - La Filosofia della Libertà

Dietro le strutture della dialettica hegeliana, mi avvenne discorgere un movimento del pensiero che riconoscevo, senzaombra di dubbio, come una esperienza eterica del tessuto pensantedel mondo, una effettiva visione sovrasensibile in forme-pensiero,ma incapace di scindersi dalla forma dialettica in cuiimmediatamente si presentava. Ciò mi poneva il problema dicomprendere se egli fosse cosciente della sua facoltà e in tal casose giungesse a distinguere l'ètere mentale, dagli èteri costituenti ilvivente della natura.

Ma il problema soprattutto era: perché Hegel, percependoetericamente, in puri concetti e archetipi, il mondo, non avevaritenuto più imporrante descrivere una simile esperienza elavorare alla formulazione di un metodo per realizzarla, piuttostoche servirsi di essa per costruire una interpretazione filosofica delmondo? Qualche tempo dopo, mi sarei dato ragione di taleproblema. La percezione eterica di Hegel non andava oltre il“mentale” e probabilmente la paura di un ignoto metafisico lotratteneva nella sfera di sicurezza dei pensieri noetici e della lororigorosa connessione: perciò Egli non vide il rapporto ereticodell'Io con il pensiero, né distinse la corrente informale e tuttaviaformatrice di pensiero, dalle idee e dai concetti.

Per il momento, per me era importante aver scoperto che lafilosofia di Hegel era il prodotto della sua personale facoltà dipercezione eterica del mondo: facoltà di cui naturalmente non vifu alcuno dei discepoli che fosse dotato, onde ciascuno di essi indefinitiva ereditò dal maestro il frutto delle parole, ossia il sistemadialettico, il guscio vuoto in cui poteva immettere qualsiasicontenuto, anche l'opposto, come doveva fare Marx. Ciò spiega ilformarsi della sinistra, della destra, e di tutte le particolarizzazioniintermedie della corrente hegeliana.

Naturalmente passai alla revisione degli altri idealisti sino aGentile, che mi apparve il filosofo più vivo dopo Hegel, presotuttavia dalla necessità di tutelare dialetticamente contro lamareggiante opposizione “realistica” - dallo pseudo spiritualismo,

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o dal misticismo, al materialismo - la sua intuizione del “pensieropensante”: intuizione che, come fulcro del suo sistema, dovevadare modo a lui di lasciare nella filosofia l'impronta più nobile:quella della dignità del pensiero. Impronta destinata a essereignorata dalla serie sopravveniente delle dialettiche, soloformalmente filosofiche, prive persino della supposizione dimancare del moto della dialettica a cui si appellano,inconsciamente identificandosi con il suo esanime riflesso: con illivello della smarrita dignità del pensiero.

* * *

La scoperta del retroscena del sistema hegeliano, per medoveva gettare luce su una serie di distorsioni sul piano dellafilosofia, dovute all'equivoco onde dalle espressioni razionali,assunte fuori dell'esperienza interiore, base della loro connessioneformale, si deduce un valore.

A proposito di Hegel, fu per me importante in seguito ritrovarenello Steiner un mio intimo pensiero: che il sistema hegeliano è insostanza il Vedanta in termini di filosofia occidentale. Non a casoaltra volta lo Steiner aveva accennato a lui come al “più grandefilosofo del mondo”. Purtroppo la forma filosofica, separatadall'esperienza interiore che la giustifica, per il razionalistaincapace di muovere nell'anima oltre il limite razionale-senziente,è la forma dell'equivoco dialetticamente necessario a confermaretale limite, riguardo alla ricerca della verità.

Invero, il tema della liberazione del pensiero e della tecnica daesso richiesta non come uno yoga, ma come una esigenza trattadall'osservazione del processo pensante medesimo, non può essereaffrontato senza che venga posto in questione il valore delladialettica. Né la trattazione dottrinaria può evitare di incorrere incoincidenze con il linguaggio della filosofia, epperòdell'Idealismo, pur contemplando un contenuto assolutamentediverso.

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10 - La Filosofia della Libertà

Nelle trattazioni teoretiche del tema esoterico, oggi loosservatore superficiale può credere di ravvisare, da assonanzeterminologiche, contenuti affini allo Hegelismo o al Neo-hegelismo. A tale equivoco, del resto, non si era sottratto lo stessoSteiner, che in Filosofia della Libertà dà modo, tra l'altro, diafferrare obiettivamente la distinzione tra lui e Hegel, sul piano incui unicamente è possibile lo equivoco: appunto il piano logico-gnoseologico.

Quando poi è toccato a me patire un simile equivoco, mi sonoconfortato non solo col pensiero di Rudolf Steiner, ma ancheperché mi sono riconosciuto in un ancora più attuale compagnia,constatando che un “orientalista”, invero radicalmente estraneonon solo alla tematica, ma all'anima stessa dell'Oriente, e tuttaviaautoritario nello stabilire categorie di valori, filiazioni mistiche ognoseologiche, riguardo alle dottrine e ai Maestri dell'Oriente, eraarrivato nientemeno a spiegare lo Yoga di Shri Aurobindo con ilpresupposto hegeliano.

In un'epoca di confusione come la presente, ormai tutto èpossibile, acciocché sia deviata la ricerca spirituale. Qualcunoritiene che Aurobindo sia un sannyasin, ossia un anacoreta devotoe rinunciatario: in realtà Aurobindo, malgrado le forme bhaktichedel suo insegnamento, è uno yogi nel senso originario del termine,epperò uno yogi che può parlare ad asceti di questo tempo mossida genuina vocazione e tuttavia ancora incapaci di percepire ilmessaggio esoterico dell'Occidente. A un dato momento, ilpresentarsi della sua dottrina sotto forma di una sintesi dello Yoga,all'occhio attento non sfugge come un affiorare moderno delRajayoga. In ciò la originalità di Aurobindo: riconoscendo aHegel la sua solitaria grandezza, si può guardare a un'altra a zonadell'orizzonte dello Spirito e scorgere l'intoccabile luminosità diShri Aurobindo, che ricongiunge il perenne yoga con la richiestaattuale della coscienza yoghica, in una sintesi moderna.

Proprio in ordine allo Spirito di Verità, che è a fondamentodella Scienza dello Spirito, si può dare a Cesare quel che è di

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Cesare: riconoscere ciò che spetta a Hegel e quello che spetta aGentile, o a Shri Aurobindo, e rischiare di essere accusati dideviazionismo dai rigorosi custodi del formalismo gnostico.

* * *

Così, riguardo alla dynamis del pensiero e della sualiberazione, per prevenire la confusione con i temi delloIdealismo, nei miei libri ho quasi sempre curato la distinzione traprocesso dialettico, che è quello entro cui muove l'Idealismo, pre-hegeliano, hegeliano e neo-hegeliano, e processo vivente delpensiero, che ho caratterizzato con l'attributo di pre-dialettico, o a-dialettico, o meta-dialettico.

Nel Trattato del pensiero vivente, prospettando una minimafenomenologia dell'ascesi noetica insita nella Filosofia dellaLibertà, ho precisato come la positiva intuizione del “pensieropensante” di Gentile non abbia a che vedere con l'esperienzaliberatrice del pensiero, anzi, per la sua assonanza dialettica,potrebbe costituire un impedimento ad essa. Avevo infatti notatospesso come della disciplina della concentrazione e dellameditazione s'impossessassero meglio individui del tutto digiunidi filosofia. In particolare, nel Trattato del pensiero, per prevenirel'equivoco, facevo notare: “Il vero pensare non può essere ilpensiero riflesso, fissato in parole, ma neppure il pensieroriflettentesi, o pensante, comunque condizionato dalla forma delsuo esprimersi”. La forma del suo esprimersi è naturalmentel'oggetto, o il tema.

Successivamente nel volume La luce in un capitoloappositamente dedicato al “pensiero pensante”, scrivevo:“(Dall'idealista) il momento del pensiero pensante non è maisperimentato se non a posteriori, quando è già pensato, in quantosi attua non per il proprio movimento, bensì per l'oggetto pensato.Importa l'oggetto, non il pensiero nel momento pensante. Delpensiero in “atto” l'idealista sa soltanto, in quanto lo ha come

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10 - La Filosofia della Libertà

pensato, non mentre pensa: il pensiero essendo pensiero di uncontenuto, non possesso del pensiero che pensa. Mentre, perl'ascesi del pensiero, ciò che importa non è l'oggetto, bensì ilpensiero. Si tratta di capire che v'è un autentico salto, un autenticotrapasso qualitativo dallo speculare - sia pure il più esatto e onesto- all'esperienza vivente del pensiero. [ ... ] Chi crede chedall'idealismo, o da un qualsiasi filosofare, si possa passareall'esperienza interiore, sbaglia: può ritardare la propriaformazione interiore, se filosofa su essa [ ... ] Il presunto attopensante è di continuo l'esperienza per cui non si dà mai ilpensante, bensì il pensato. [ .. .] Per l'oggetto ogni volta siestingue il pensiero, e questo estinguersi viene chiamato pensieropensante. Mentre l'arte dell'uomo è estinguere ciò per cui la vitadel pensiero si estingue: la dialettica”.

Indubbiamente il “concetto puro” per Hegel e il “pensieropensante” per Gentile furono positive intuizioni; anche se affettedal limite speculativo, esse furono essenzialmente esperienzepersonali dei loro autori: divenute poi retorica argomentazione pergli idealisti e gli studiosi di filosofia in genere, nonché l'equivocodelle assonanze terminologiche per esoteristi poco desti nelpensiero, ma svegli come dialettici.

Qualsiasi connessione tra Idealismo e Scienza dello Spirito èequivoca, anzi destituita di realtà. Il pensiero pensante o èun'“esperienza”, o è un nulla. Per l'idealista il pensiero pensante èsoltanto una rappresentazione che, in quanto pensata, divieneastratta, ossia, secondo lo schema idealistico, cessa di essere vera:perciò un miraggio speculativo, mai afferrato, e pretesto perulteriori astratte rappresentazioni. D'altro canto, ancora una voltami appariva in tutta la sua pesantezza l'impotenza del razionalista,filosofo o esoterico, a cogliere fuori delle categorie del dialettismola dynamis del pensiero: soprattutto l'impossibilità a penetrare lospirito della Filosofia della Libertà.

Nell'esperienza del reale, l'Io muove secondo un primo nessocon l'alterità, ma questa è già tacitamente il concetto: l'immediato

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moto del pensiero che esige essere riconosciuto anzi veduto. Laconnessività logica e le penetrazione della relazione conduconol'essere autocosciente alla legittimità del “porre”, che nella nuovaconnessione attua sinteticamente l'estinzione del primo momentoaffermativo del pensiero, onde all'Io si dà come veicolo originarioun'attività mediatrice, immediata. Questa attività mediatrice, però,solo teoreticamente s'intuisce come “puro pensiero”: non vienerealizzata come tale, perché non percepita. Non viene percepitaper quello che realmente è: una forza primordiale. Intuirla non èrealizzarla: il perenne equivoco di spiritualisti e filosofi è crederedi realizzare qualcosa solo per il fatto di capirla.

Nella Filosofia della Libertà, lo Steiner rileva che il pensieronon si può dire né soggettivo, né oggettivo, essendo ambeduequeste categorie forme della sua mediazione: la presenza dell'Ionon va cercata nella distinzione formale, ma nell'attività stessa deldistinguere, la quale sta prima di quelle, come la forza di unasintesi trascendente. Tale trascendenza ha senso solo se vengasperimentata come l'originaria presenza dell'Io nel pensiero, ossiacome l'attività che dalla profonda interiorità giunge sino al fisico.La sintesi, infarti, esige essere realizzata sul piano delle potenzedell'esistere, in quanto l'attività del puro mediare sia portataincontro al puro percepire: puro mediare e puro percepireconseguibili nella misura in cui l'Io realizzi l'indipendenza dallapropria mediazione medesima: dal percepire, dal pensare.

In tale direzione l'esistenza della “realtà” si presenta comepotenza dell'Io, che nella nuova sintesi va oltre le categorieformali dell'essere, attuando il trasferimento del valore di esso alsuo Principio, che è il principio stesso della mediazione. A questolivello, la conoscenza è azione: l'azione più essenziale, penetrantenel sensibile dal Sovrasensibile. L'intuizione dello Steiner apre ilvarco a un “conoscere”, che è operare nel mondo, secondo lasintesi originaria, non più soltanto intuita, bensì sperimentalmenterealizzata. Il conoscere si dà simultaneamente come un potered'identità e come impulso d'azione, secondo il primordiale moto

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del mondo: un impulso morale. Questo è commisurato dallaassoluta indipendenza dell'Io dall'iniziale atto con cui pone ilmondo e in quanto sperimenti obiettivamente tale atto: chedall'idealista in realtà viene soltanto rappresentato, in quanto a luiinteressa il processo formale del porre, onde il porre stessos'identifica col rappresentare: dalla cui soggettività non ha poteredi uscire, anzi “non intende affatto uscire”, perché vi si trovabene.

Ben altra è la via dinamica del pensiero. Con l'indicare ilpensiero come attività indipendente da soggetto e da oggetto, loSteiner rileva la realtà di una sfera originaria verso la qualeoccorre che il cercatore trovi il potere del pensiero: tale sferaoriginaria è oltre la soggettività e l'oggettività, le quali, comecategorie formulate dal pensiero, sono relazioni provvisoriamentespeculative, e in tal senso indecisive ai fini della conoscenza. Adesse si arresta normalmente il pensiero rinunciante a superare illimite formale della mediazione, epperò incapace di realizzarsicome dynamis dell'Io. La quale appunto esso potrebbesperimentare, ove uscisse dal filosofare, o dall'argomentareidealistico.

L'assoluta soggettività del reale, intuita dall'Idealismo, è unbrillante pensiero, che non va oltre l'espressione speculativa:connesso è tutto lì. In effetto cela un grande segreto, cui èconnesso il còmpito dell'ascesi reintegratrice, o di ciò chel'Alchimia chiama “Grande Opera”. Un abisso con la astrattaspeculazione idealistica: che tuttavia ancora ieri, attraverso ladirittura interiore di docenti ormai sempre più rari, aveva ilcòmpito di offrire ai giovani delle oneste lezioni di filosofia.

Il segreto è dunque l'“apparire” del pensiero come mediazionepura: che è in realtà una maya da superare: ma si tratta di unsuperare, come di un impugnare direttamente la mediazione. Se ilpensiero è di là da soggetto e oggetto, perché esso appunto liqualifica, il còmpito non è speculare mediante il pensiero sullacorrelazione tra soggetto e oggetto, ma entrare nella corrente

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dinamica della correlazione: percepire ciò che il pensiero reca insé in quanto sintesi originaria, o unità primordiale: attuare ciò chela mediazione è oltre il suo apparire come pensiero dialettico, ilfilo causale di una Forza che è “tutto”, perché come pensieroassume il mondo che già possiede in sé, negato, essendo in sé piùconcreto della forma in cui si presenta come negazione: inanimatoe astratto come discorso, ma animato e potente come forza dellasopranatura, prima di cadere nell'“atto” onde si qualificadialetticamente per il soggetto o l'oggetto.

Nella corrente di questo pensiero si incontra l'Io, detentore diogni relazione con sé e con il mondo, come di ogni posizione onegazione di sé o del mondo: di ogni percezione di sé e delmondo, come dell'identità con ogni altro Io o centro del mondo. Siincontra il Principio di sé che è “altro”, trascendente, assoluto, etuttavia nostro, come scaturigine dell'Io: portatore dell'identitàonde nella consacrazione di sé si è uni con Esso, esimultaneamente con la pluralità delle forze in cui Esso si articolanei mondi.

* * *

Le similarità preliminari o dialettiche riguardo alla Via delPensiero non possono trarre in inganno il cercatore sagace, masolo colui che ancora ha bisogno dell'effimero mondo delladialettica, sia pure della più nobile, la idealistica, per giustificarel'incapacità a passare all'azione, ossia all'esperienza della dynamisdel pensiero.

L'Idealismo non esce dalla dialettica, anzi ritiene di non averebisogno di uscirne, in quanto consegua la persuasione di attuarel'interezza del processo dialettico. L'ascesi del pensiero, invece, sipone unicamente come esperienza fondata sull'annientamentodella dialettica.

Similarità di posizioni preliminari e di terminologia si possonotrovare con innumerevoli dottrine, ma ciò che conta in realtà è la

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“distinzione”. Ogni analogia può essere utile, solo se è stata primaoperata la distinzione, o lo prospezione gerarchica dei valori.Così, allorché l'Idealismo afferma l'assoluta soggettivitàdell'esperienza del reale, di cui sopra si è detto, onde anchel'obiettività in definitiva è sperimentabile solo da un Soggetto,come evento della soggettività, dice qualcosa di esatto, ma, all'attopratico, utilizzabile “solo” esotericamente. Fuori dell'esperienzasovrasensibile, un tale concetto diviene patologico.

L'Idealismo non esce dal Soggettivismo: l'ascesi del pensierousa il potere della soggettività. per giungere al Soggetto e porlo alcentro della coscienza. Il discepolo sa che il male dell'uomo èl'uso delle forze della soggettività da parte di ciò che nell'anima,non essendo il Soggetto, opera come se lo fosse, in realtà agendocontro il Soggetto. L'“egoismo è carenza di reale soggettività”.L'ascesi rosicruciana potenzia l'elemento soggettivo, facendoloesprimere nel puro pensiero, mediante la concentrazione, così chesia l'intensificazione interiore dell'ego a superare l'ego. La forzadell'ego, portata fuori della sfera sensibile, si rivela il reale poteredello Spirito.

L'assoluta soggettività del reale, per l'asceta dei nuovi tempi, èun pensiero come un altro: egli considera il pensiero un'attività,data a lui come Soggetto, allo stesso titolo che ogni altro ente delmondo, o attività interiore. Di questo essere dato del mondo,esteriore o interiore, in rapporto alla esperienza sovrasensibile nonha senso decretare che è soggettivo, come non ha senso decretareche è oggettivo. Si deve invece convergere verso quella delleattività date, che si presenta come originaria, il decretaremedesimo, risultando esso un dato che non sta inerte innanzi a noiin attesa di essere conosciuto, ma muove direttamente da noi come“relazione prima” con ogni altro dato e anche con sé: tale attivitàè il pensiero.

L'Io muove nel pensiero e mediante il pensiero stabilisce ilrapporto con ogni altro dato interiore o esteriore: con il pensiero,l'Io sa di se stesso, o dubita di sé, o si ravvisa centro del mondo.

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L'idealista è capace di riconoscere dialetticamente questaessenzialità del pensiero, ma non va oltre, non entra nel Sistema diforze del pensiero. In sostanza non distingue il pensiero dall'Io,epperò non vede nel pensiero un dato percepibile, ossia pari,quanto al darsi, ad ogni altro ente del mondo, e tuttavia essenzialerispetto a tutti, in quanto assoluto immediato, non necessitante dimediazione, essendo la mediazione stessa: recante in séunivocamente la correlazione con ogni altro dato.

In quanto unico dato immediato all'Io, non necessitante dimediazione, la correlazione deve essere posseduta nella suadinamica unitiva, per poter dar conto del conoscere e introdurrenel suo sistema di forze. Ove nella correlazione l'Io giunga asperimentare l'immediatezza pura, infatti, coglie il primo propriomovimento, comincia a trovare se stesso: grazie all'atto ascetico,può sperimentarla come il darsi stesso del contenuto del mondo,che gli è invero interiore: privo del quale, appunto, il mondo gli sipresenta come dato, o come oggettività. Certo, va sottolineato chealtra è l'immediatezza spontanea, altra l'immediatezza possedutavolitivamente.

L'idealista non va oltre il pensiero riflesso: giunge bensì arappresentarsi le idee come se fossero vive, ma in realtà egli nonle vive: sperimenta le idee come rappresentazioni, ma lo ignora.Hegel riesce a descrivere il movimento della idea, con evidenzasenza precedenti, ma identificandolo con la dialettica: onde èinevitabilmente il movimento riflesso, già sfuggito all'Io: obiettivosolo in quanto riflesso, non in quanto percepito.

In realtà il movimento è vero prima dell'essere riflesso comepensiero: perché non perda la sua verità, deve essere sperimentatocome dynamis. E questa dynamis è il mondo eterico, “non è unmondo filosofico”. Filosoficamente possiamo impostare ediscutere il metodo della sperimentazione noetica, ovvero latecnica della percezione interiore: se possediamo il movimento,possiamo indicare dialetticamente l'idea di esso e fare di questaindicazione la forma dialettica del movimento medesimo, ma non

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possiamo evitare che la descrizione del movimento appaiaastrazione, capace di parlare solo a chi abbia la corrispondenteesperienza interiore, o le premesse sia pure ancora non coscientiper questa. Infatti, della spettacolare astrazione che è il sistemahegeliano, ciascun discepolo capì quello che credette trovarvi eche era necessario alla propria posizione mentale.

In realtà una teoretica esoterica, ove sia possibile, rischia diessere confusa con l'Idealismo solo da ottusi ricercatori, dovendoessa necessariamente essere l'unica immune da astrattezza, inquanto forma della concretezza sperimentale a cui si riferisce.Teorerica della concretezza e concretezza sono inscindibili.L'idealismo potrebbe avere giustificazione spirituale solo come“idealismo magico”, secondo la felice intuizione di Novalis.

Così il “pensiero pensante” di Gentile non è il pensiero vivente,bensì l'intuizione del momento dinamico della riflessività: non è ilpensiero puro, perché è il pensiero che non viene concepito fuoridel suo muoversi per l'oggetto: mentre la via del pensiero indicatadalla Scienza dello Spirito ha come scopo l'esperienza delpensiero in sé, in quanto dynamis pura, indipendente dall'oggetto.In quanto sottratta all'oggetto contingente, la relazione dinamicatrova il suo vero oggetto: diviene relazione del pensiero puro consé. ossia con il proprio moto vivente: ma tale tessuto è identico aquello onde è strutturato etericamente il mondo. Onde il pensieropuro è il ricostitutore del rapporto dell'uomo con il reale. Ilpensiero pensante di Gentile è il momento del riflettersi delpensiero, positivamente intuito, che autorizza il suo Autore acontrapporgli tutto il mondo della razionalità astratta, ma questopensiero pensante, per quanto felicemente intuito, non si sottraeesso stesso alla sfera astratta perché non esce dalla dialettica,venendo semplicemente supposto, considerato a posteriori:rimane inconcepito che esso possa essere sperimentatodirettamente e che tale esperienza sia possibile come percezione diuna dimensione non filosofica del pensiero: la “dimensioneeterica”.

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È un'esperienza confermata da serie di casi, il fatto chel'esercizio della dialettica indebolisce il pensiero. Colui chepersegue l'ascesi del pensiero, ossia l'esperienza delle forzecosmiche fluenti alla base del pensiero, può avere un aiutolimitato dalla filosofia e questo minimo aiuto può utilizzare, acondizione che egli giunga o vedere il piano della concettualitàastratta come un livello estraneo, se non avverso, a quello delloSpirito. Ma più probabile è che il suo sviluppo spirituale vengabloccato dallo studio della filosofia, in quanto questo risponda aun'esigenza della natura mentale, legata alla psiche, in profonditàrespingente i mutamenti richiesti dalla reale ascesi del pensiero.

In fondo, i sistemi filosofici - salvo il caso di pensatori isolaticome solitarie vette - sono stati sempre codificazioni di posizionidi una personale natura umana, in quanto natura mentale.Indubbiamente in tale codificazione si esprime lo Spirito, comeUniversale che ad ogni livello opera a superare la natura mentale,onde i livelli, come espressioni delle rispettive verità particolariassolutizzate, sembrano negarsi reciprocamente.

La ribellione a una simile codificazione spiega Nietzche, spiegaStirner: i quali, come Hegel e come Gentile, tuttavia, non attuanoil trascendimento dei livelli, ossia il sopramentale a cui fannoindirettamente riferimento, perché essi stessi identificati mediantela ribellione - Nietzsche e Stirner - o mediante la ideificazione delmondo - Hegel e Gentile - alla natura mentale.

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11 - SHAKTI E LOGOS

La mia simpatia per Shri Aurobindo si dovette soprattuttoall'essermi egli apparso uno sperimentatore della “presa diretta”,sia pure entro il limite della forma tradizionale indù: presa direttada cui egli fa scaturire una direzione univoca vedico-vedantico-tantrica dell'ascesi, implicante l'apertura integrale dell'asceta allaShakti divina: apertura perciò anche del mentale. Ma questa delmentale è un'apertura che viene alquanto messa in rilievo daAurobindo nel suo insegnamento, non posta al centro. L'elementopositivo della presa diretta affiora, anche se nondeterminatamente, nella funzione metafisica del mentale: maAurobindo non l'assume come coscienza della propria sintesi, né idiscepoli l'avvertono. In realtà il valore di un determinato livello èspiegabile con quello ad esso superiore, ma è saggio non accederead esso prima del tempo.

Ed è comprensibile: Aurobindo ha studiato a Oxford, conoscela filosofia e i classici d'Occidente, ha un'esperienza modernadell'intelletto razionale e tuttavia un'intatta vita interiore, propriaalla sua razza d'asceta antico. Il suo Yoga, come sintesi dellediverse vie dello Yoga tradizionale, è invero, radicalmente,un'elaborazione di pensiero: Aurobindo stesso non può nonavvertire, a un è determinato momento, che il suo apporto in talsenso è mediato da uno Yoga del pensiero: giunge alle altezzedella devozione, mediante pensieri e disciplina del pensiero. Manon può che accennare appena a un tale sentiero: pervaso com'èdalla luce del paesaggio cui esso conduce. La via che egli tracciamediante la sua sintesi dello Yoga, è una via della devozione edell'azione, della consacrazione totale, secondo lo schema dellaBhagavadgita: sostanzialmente un'apertura alla Luce dellaPotenza originaria, o della Shakti divina, non ascendente dai centriinferiori (muladhara chakra), bensì scendente da altezze celestinell'adhar, attraverso i centri superiori della coscienza (sahasrara,

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Dallo Yoga alla Rosacroce

ajna).La mediazione del pensiero qui è il suo silenzio, ma tale

silenzio è ancora il suo esserci: il còmpito è afferrare all'originequesto suo esserci. Nella via “occidentale” o “rosicruciana” laliberazione viene rappresentata come un evento che riguarda latesta dell'uomo, ossia il rapporto del pensiero con l'organocerebrale: ha inizio in tale sede ed esige la coscienza dellamediazione originaria. Aurobindo vede tale mediazione, ma noncome moto essenziale del Purusha: per l'inevitabile naturayoghica, egli non rimanda al valore originario di quella, anzi laidentifica con il moto senziente-volitivo della donazione, o dellasottomissione, samarpana: non può metterla al centro del suosistema, per impossibilità costituzionale, ma soprattutto in ordinealla necessaria funzione occulta del suo insegnamento. Laconcentrazione nel centro del cuore o nei centri della testa, da luiconsigliato, postula la corrente del sentimento, piuttosto che delpensiero liberato: non muove dall'“essenza” indipendentedell'anima, ma dall'anima, anche se a tale essenza fa appello: essainfatti è al vertice della Via del Pensiero, in una sfera più “pura”che quella del più regolare Yoga.

Il ricercatore occidentale che riconosca intuitivamente la virtùdella concentrazione devota suggerita da Aurobindo,legittimamente tende a realizzarla come una dedizione delsentimento, cui cooperino il pensiero e la volontà: accetta il suoYoga, senza avvertire la priorità della più sottile forza dellaShakti: quella appunto della mediazione pura. Che esigerebbeessere identificata e resa cosciente, acciocché la disciplina delladevozione si svolga indipendente dall'insidia del sensualismoprendente il luogo della conoscenza. Ma, come opus di essenzialepurificazione mentale, un simile identificare e rendere cosciente lamediazione, condurrebbe il discepolo all'ascesi del PensieroSolare, che schiude il sentiero alla reale esperienza del sentire edel volere cosmico. Lo stesso Aurobindo sente il richiamo di taleascesi e compone un inno al Pensiero-Paracleto. Nella lettera a un

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11 - Shakti e Logos

discepolo si esprime in questi termini: “...L'Io è separato dalmentale pensante. In tal senso, il sentimento “io sono” è unasopravvivenza dell'antica coscienza. Nel pieno silenzio, ciò che sisente è “il pensiero si produce in me”. Ma questa animadversio èappunto pensiero puro: l'impersonalità del pensiero presupponeinvero la centrale potenza dell'individualità: l'Io sono.

La consapevolezza della priorità della mediazione originaria el'importanza che essa ha per il moderno occidentale, nons'incontrano nel sistema di Aurobindo, indubbiamente in quanto lamediazione in lui opera spontaneamente. D'altro canto la suafunzione, yoghica e orientale, non ha senso che sia diversa,essendo destinata ad una vasta famiglia di spiriti, che in Oriente ein Occidente muove a tale grado. Certamente qualcuno deveconoscere tale grado per superarlo, ma ciò gli è possibile nellamisura in cui il superarlo sia possederlo come forza per l'ulterioregrado.

La funzione di maestro di Shri Aurobindo è per discepoli cheancora non riescano a scorgere la luce del Logos e l'“evento”terrestre che le corrisponde: essi possono essere avviati ascorgerla, ma più facilmente a operare inconsciamente inopposizione ad essa. L'insegnamento di Aurobindo è per cercatoriche tendano a uno Yoga implicante la responsabilità consapevole euna continua scelta secondo l'aspirazione alla sfera della libertà,della vastità e della beatitudine, ma che ancora non abbiano mododi operare direttamente secondo il Principio medesimo dellaresponsabilità e della libertà, che affiora nell'Io ed è presuppostodal pensiero: cioè secondo l'istanza specifica dell'epoca dell'animacosciente, la quale, in quanto priva dell'azione del Principiospirituale dell'Io, è l'epoca della confusione dei valori. Laesperienza della Shakti, priva del riferimento centrale dell'Io,rischia di divenire un misticismo sensitivo: non conseguecoscienza del suo svolgersi al livello della corporeità.

La discriminazione noetica in tale direzione dà modo diavvertire che, al centro dell'essere interiore che si dona, conosce

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vastità e beatitudine, calma e distacco, v'è un Soggetto conoscenteo percipiente, l'essere che può veramente donarsi, libero nella suaazione, libero di perfezionarla o di corromperla, capace didecisione, in quanto fondato su sé mediante coscienza di sé,epperò di continuo ricorrente alla propria originaria attività, lamediazione di sé: l'essere che alla scaturigine pura di sé trova ilDivino.

La devozione pura è indubbiamente il più alto conseguimentodell'asceta, la forza di tutta l'Opera, ma per il moderno occidentalenon può essere il conseguimento diretto del sentire. Il limite cuiinevitabilmente si arresta l'occidentale, è il suo non poter usciredalla immediatezza ordinaria del sentire, per quanto volto allacomunione con il Divino, grazie a subitanea persuasione: il suopermanete inconsciamente vincolato alla prakriti inferiore per viadel pensiero, la cui liberazione dalla cerebralità non può veniredalla bhakti. Tale seguace è sulla buona strada, ma sempre sulpunto di lasciarla. per i sentieri di un sentire, epperò di una vitaistintiva, che non conoscono l'elemento della distinzione dellaluce incorporea da quella riflessa, dotata essa medesima delle suebeatitudini. Tali beatitudini rischiano di essere sensuali, per ladifficoltà della purificazione radicale del sentire, possibileunicamente mediante ascesi del pensiero. Il sentire, per quantosublimato, non va oltre la corporeità, salvo il caso di unoscioglimento consapevole del vincolo cerebrale: che è appunto laVia del Pensiero. Ma, come si accennava, questa risponde alconseguimento di un grado che esige non venga saltato quello chelo precede, si sia seguaci di Aurobindo, o di altro insegnamento.

Che, senza l'azione universa del Logos sulla Terra, non sarebbestata possibile in Asia una restituzione dell'originario senso sacraledello Yoga, soprattutto mediante il sentiero della bhakti, né ilriconoscimento della Shakti divina, né il Tantrismo epperò ilfiorire di figure come Ramakrishna, Vivekananda, Aurobindo,Ramana Maharshi, Yogananda Paramahamsa, è un'intuizione rara,rispondente a una effettiva realtà sovrasensibile: una intuizione

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11 - Shakti e Logos

possibile al limite della forma tradizionale che quelle dottrine equegli asceti, malgrado l'originalità del loro impulso, hanno ilcòmpito di mantenere.

Tale retroscena metafisico tuttavia costituisce non tanto ilproblema dell'attuale seguace dello Yoga, quanto del discepolodella Scienza dello Spirito che deve poter riconoscere le forzedietro i nomi, ossia i contenuti spirituali dei fenomeni, secondo ilsenso della indagine appresa; non arrestarsi ai confini di unmondo su cui pone un'etichetta ed evita di gettare lo sguardo pertimore di errare. Certo, questo non è còmpito del discepolo informazione, ma per il discepolo che presume possedere i pensieri-chiave, è un dovere conoscere le situazioni attuali dello Spiritosulla Terra: conseguire coscienza dell'Impulso da cui muove,comprendendo le contrapposizioni, le alterazioni e il loro sensopresso alle nascoste, anche se rare, consonanze. Arrestarsipolemicamente ai confini di mondi ritenuti altri, o diversi, oopposti è per lui il fallimento dello spirito scientifico-spirituale dacui ritiene muovere, in quanto viene da lui assunto come reale unopposto che è solo una categoria del pensiero, un limite delpensiero alla propria libertà.

L'ascesi che io perseguivo, in base alla sintesi delle diversetecniche, orientali ed occidentali, e la conseguente percezionedella mediazione originaria, mi faceva scorgere la reale posizionedi Aurobindo e mi confermava come la apertura al Sopramentalenon possa non passare per il puro mentale. Una scelta autonoma intal senso, appunto, mi avrebbe congiunto con il Maestro cheesprime la sintesi originaria nella forma richiesta dal tempo:perciò da quel momento avrei avuto spesso occasione di collegareun cercatore dello Yoga con la via che conduce dal mentale al suotrascendimento, ossia oltre lo Yoga.

Sono stato sempre persuaso che non ha senso consigliarequesto o quell'autore a chi cerca orientamento, ma occorreanzitutto comprendere che cosa egli realmente chieda l'animus dacui muove, per stabilire un rapporto con il suo Io: così da fornirgli

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Dallo Yoga alla Rosacroce

il metodo per rendere funzionanti i mezzi di conoscenza di cuidispone per nascita, per costituzione interiore, per karma. Tuttaviasì è dato il caso che qualcuno scartasse qualsiasi suggerimento delgenere e non volesse saperne affatto di Scienza dello Spirito einsistesse con me perché io suggerissi una via yoghica: nel qualcaso sentivo che l'unico mezzo per rendere innocuo l'usomoderno, inevitabilmente non pertinente, dello Yoga, era quello disuggerire Shri Aurobindo, come il più attuale rettificatore delloYoga e possibile introduttore a un presentimento del Logos,proprio in virtù della sua via della pura devozione. Mi è statotalora possibile suggerire Aurobindo grazie a un atto di “fantasiamorale”, ossia alla intuizione di una necessità spirituale esigentela sua forma, solo in apparenza contrastante con il suo contenuto.

Ma ancora una volta dai miei osservatori questo veniva presoper un deviazionismo in senso orientalistico: si sussurrava circal'ulteriore mia infrazione alle regole. Quando uno studente miscrive: “Va bene quanto lei mi dice riguardo alla Scienza delloSpirito e ai pericoli dello Yoga: sto leggendo lo Steiner, ma per orainsisto acciocché lei mi suggerisca qualche espositore autenticodello Yoga, in quanto intendo rendermi conto di che cosa è loYoga”, secondo miei osservatori io dovrei farisaicamente esagrestanamente risentito, rispondere: “Vade retro, Satana”, oqualcosa di simile: che sarebbe l'abdicazione all'atto interioreessenziale di cui tutta la Scienza dello Spirito non è che unarichiesta: l'atto della responsabilità e della libertà, la cui forma èinfinitamente mutevole: ora ha una determinazione, ora un'altra,secondo la correlazione con l'oggetto, non obbediente alla fissitàdi una regola.

La paralisi c la decadenza di tutti i movimenti spirituali è statasempre, invero, l'avvento dei rigorosi custodi della forma, ossiadci portatori della serie di nozioni, norme, regolette e analisiprefabbricate dell'insegnamento, tendente a sostituire l'atto dellospirito, anzi a escludere come pericolosa la libera creatività. È lalibera creatività che non risponde alla lettera, ai dettami

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11 - Shakti e Logos

tramandati, alla normazione avuta per retaggio, con cui taluniistruttori, o “anziani” o oratori ufficiali, tendono ad assumere unascendente naturalmente sui più deboli. È appunto questa la provadei deboli: essere dominati da un medium inconsapevolemascherante la propria inadeguatezza con la serie delle nozioniregolamentari, o delle nozioni rare, o con una specifica dialetticadella ricerca spirituale.

Tenendo conto della personalità, della costituzione interiore edel retroscena karmico di colui che ci diede orientamento, ilmetodo dello Steiner risponde simultaneamente alla richiestametafisica, non sempre cosciente, del ricercatore, e alla suaesigenza intellettuale in senso dialettico. Ma, come si è visto, noncon l'automatico suggerire il nome di un simile Autore, sistabilisce il contatto del cercatore con lui. Occorre amarel'insegnamento e assimilarlo realmente, per apprendere da essoche nessun meccanismo e nessuna osservanza formale possonosostituire la conquista individuale della Verità che esso addita,epperò la possibilità dell'effettiva comunicazione di essa: laconnessione nostra ed altrui con la sua fonte.

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12 - DEL COMUNICARELA SCIENZA DELLO SPIRITO

Mi avviene di continuo da allora di dover rispondere allarichiesta di questo o quel cercatore, soprattutto di giovani chenecessitano di orientamento: essi vengono talora da scuole dicui sentono insufficiente il contenuto noetico, o da ambientidello Spiritismo, o dello Yoga, o del Freudismo. Ho potutocomprendere che in tal caso non si tratta di contraddirel'eventuale errore, ma di fornire al giovane mezzi di auto-conoscenza che gli consentano di preparare la propria“autonomia” rispetto alle dottrine e ai sentieri pre-tracciati,così che egli a un determinato momento scelga da sé la propriavia. Se il discepolo è capace di afferrare il senso di questometodo e di giovarsene, egli stesso comincerà a liberarsidell'errore in cui eventualmente procedeva e chiederà ulterioreorientamento.

Non mi sono mai sottratto a un simile còmpito, per un sensodi “dovere” verso generazioni a cui gli educatori superiorihanno fatto ben poco per schiudere il varco verso gli idealisuperiori della vita, il disinteresse e la possibilità di concepireun mondo valido oltre quello della necessità quotidiana. Nénell'aderire a questo dialogo con i giovani, ho mai fattodistinzione tra corrente e corrente, tra una vocazione politica el'altra, non interessandomi la forma della loro ricerca bensì laverità di questa. Sono stato sempre consapevole che laprofessione politica dei giovani non risponde a una persuasionecosciente, ma semplicemente a impulsi di dedizione a ideali, lacui immediatezza dà ad essi la illusione della loro verità e dellaloro immediata realizzazione.

Così ad esempio, un pomeriggio, sul finire dell'estate del

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1949, ebbi modo di incontrare un gruppo di “tradizionalisti”convenuti a Roma da varie città d'Italia per un loro congresso:malgrado mi considerassero un “avversario”, questo incontroera stato sollecitato da alcuni di loro ed io avevo aderitovolentieri. Sotto il bel pergolato del Bar Gianicolo, presso laPorta di San Pancrazio (a quel tempo il Bar Gianicolo ospitavaregolarmente le mie riunioni, grazie a un antico vincolod'amicizia con il suo gestore, Giovanni De Plano, e con i suoifigli Arnaldo, Dante, Ugo, anch'essi interessati alla Scienzadello Spirito) parlai per due ore a quei giovani, esortandoli aridurre l'attivismo, quale che fosse, se non ad eliminarlo, e acurare soprattutto la formazione interiore, in omaggio alprincipio che solo l'uomo dotato di forze morali viventi puòessere utile a sé e alla Società, piuttosto che l'attivista dialetticoo politico. Chiesi ad essi se praticassero l'ascesi contenuta nelleopere esoteriche ad essi note e poiché, come appuntosupponevo, nessuno di loro la praticava, il mio discorso fu insostanza un rimprovero e un invito alla pratica della disciplina:mostrai ad essi come ogni testo della Gnosi tradizionale a cuierano devoti in definitiva rimandasse a tale ascesi e non fosseconcepibile una loro azione che la presupponesse e al tempostesso la trascurasse.

Sapevo bene che la disciplina interiore, quale che sia,yoghica o gnostica, se determinatamente praticata, finisce coldestare comunque latenti forze della volontà, che a undeterminato momento conducono lo sperimentatore a un “a tuper tu” con se stesso, come a un'alternativa radicale, da cuiscaturisce per lui la possibilità di una revisione che investe tuttala vita, epperò anche il metodo, suscitando lo impulso di unascelta cosciente, ove egli ne rechi minimamente in sé lavocazione. Accade raramente, ma, a chi deve accadere, accade.In effetto, un errore, ove sia pensato intensamente con l'intento

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della verità, sviluppa forze che in un secondo tempo hanno ilpotere di superare l'errore. Fu nel chiarimento di questo sensodel metodo che sostanzialmente io consegnai loro un contenutodella Scienza dello Spirito, di cui qualcuno di loro, come inseguito dovevo constatare, poté giovarsi: un contenutosperimentato ed elaborato, che potevo comunicare comequalcosa di verificabile praticamente.

Mediante questo contenuto verificabile, mi è stato possibilecollegare molti giovani con la Scienza dello Spirito di Steiner.Mi rendevo conto che l'arte dell'occultista non è di farepropaganda, obbedendo a regolette della comunicazioneesoterica, ma di stabilire anzitutto un contatto della anima conl'anima, lasciandosi suggerire dall'ascoltatore ciò che dalprofondo richiede, e la forma che gli è necessaria. La formapuò essere yoghica, filosofica, psicologica, mistica, ecc., ma,appunto, esige nell'istruttore il possesso informale, delcontenuto che deve rivestire.

Questo mi dà occasione di chiarire un aspetto del rapportoche lo Steiner ebbe, in un certo momento della sua vita, con iseguaci della Teosofia blavatskiana: rapporto che fudottrinariamente una breve coincidenza formale,sostanzialmente un apporto radicale da parte di lui allaformazione interiore di molti fra quegli ascoltatori. Sollecitatoa parlare nelle sedi della Società Teosofica, egli aveva accettatoa condizione di esporre, riguardo ai temi dello Spirito,unicamente i risultati della propria personale esperienza, il cuicontenuto in verità recava diversità assolute rispetto a quellodella dottrina teosofica. Nelle sedi della Società Teosofica, loSteiner si trovò dinanzi a un pubblico il cui orecchio si eraformato secondo il linguaggio blavatskiano e una ricorrenteterminologia sanscrita ad hoc: egli si servì di questolinguaggio, rivestendone il “proprio” contenuto: sapeva che

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soltanto in tal modo poteva stabilire un rapporto con coloro chein quell'ambito erano per sostanziale vocazione suoi discepoli.

Un maestro usa il linguaggio dell'ambiente in cui èsollecitato ad esprimersi: non ha un contenuto stereotipato daestrarre meccanicamente da sé e obiettivare, perché ilcontenuto gli nasce dal vivente rapporto dell'anima con l'animaed esige perciò il linguaggio che gli è conforme. Sono convintoche se Rudolf Steiner, invece che dinanzi a un pubblico diteosofi, si fosse trovato dinanzi a gruppi di cultori dello Yoga, oad induisti, avrebbe usato il linguaggio dello Yoga odell'Induismo.

Lo Steiner, dunque, nelle conferenze e lezioni tenute aimembri della Società Teosofica, fornì a costoro conoscenze ilcui contenuto implicava nei più consapevoli la revisione deipresupposti della Teosofia. Osservatori superficiali in seguitoper anni avrebbero potuto opinare, in base alle parvenze dellarelazione di lui con quegli ambienti, che egli fosse teosofo:nulla di più contrastante con la verità. Lo Steiner sapeva chemolti ricercatori, per personale predestinazione - ossia perkarma - chiamati ad essere suoi discepoli, erano, grazie ad unatemporanea interpretazione della propria vocazione, entrati afar parte della Società Teosofica: egli non poteva non parlareper questi. Furono gli stessi che, quando egli ebbe a lasciare laSocietà Teosofica, lo seguirono deliberatamente. Ad uso deicercatori volti al perenne contenuto dello Spirituale, - detto“occulto” perché celato all'ordinaria conoscenza razionale -egli pubblicò una delle prime opere-chiave del suoinsegnamento sotto il titolo Teosofia, intendendo fornirel'essenza dottrinaria rispondente a tale nome, ove sia usatonell'originario senso metafisico, di “sapienza delle cosedivine”, in relazione alle esigenze attuali di tale sapienza: cosìcome in relazione alle esigenze del tempo essa ebbe vita tra i

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Neo-platonici.Quando, dopo qualche anno, dietro personale esperienza

delle discipline, io ebbi a parlare del metodo dello Steiner, inparticolare rivolgendomi a giovani già dello edotti delle vieorientali, per superare le loro eventuali difficoltà, parlai ad essinel linguaggio che era loro familiare: così nei miei libri hospesso fatto ricorso, ai fini di una pratica intesa, allaterminologia sanscrita, del resto spesso usata dallo stessoSteiner, a cominciare da termini frequentissimi nella sua opera,come karma, maya, mantram, chakra, ecc.

Nessun antroposofo si sognerebbe di recludere lo Steinernella categoria dell'“orientalismo”, per il fatto che egli ha usatoil termine akasha come titolo di un suo libro, o ha suggeritocome mantram in uno dei Quaderni della Scuola Esoterica, deiversetti delle Upanishad. Eppure un simile sofisma è statousato nei miei riguardi, in omaggio ai noti presupposti e, ciòche è più curioso, con particolare impegno da parte di discepoliche, dopo anni di tirocinio formativo, ignorando l'operaIniziazione dello Steiner e le relative discipline, avevano per laprima volta appreso da mie comunicazioni l'esistenza di queste,e il correlativo chiarimento circa l'arte del meditare data dalloSteiner: essi medesimi me ne avevano dato atto, assicurandomidi ciò perenne gratitudine. Certo, l'allenamento interiore rendepiù autocoscienti e più forti, ma diviene un pericolo, se non siaccompagna alla moralità, che consiste, tra l'altro, nel giustosentimento verso chi ha orientato il nostro cammino.

* * *

Mi avveniva dunque di incontrare cercatori che michiedevano orientamento e verso i quali sentivo laresponsabilità di porgere i risultati di una personale esperienza,

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come trapasso da una scienza gnostico-tradizionale allaScienza dell'Autocoscienza. Il mio colloquio si svolgeva, e sisvolge tuttora - non più al Bar Gianicolo, ma sempre nella zonagianicolense, che una tradizione vuole sia “custodia” di unantico tempio di Mitra, presso via Cadolini, dove frattanto un“angelo” in veste umana aveva preparato una nuova sede per imiei incontri - con cercatori liberi e che in quanto liberi sonogià edotti della letteratura esoterica che è sulla piazza: mi èstato sempre agevole un rapporto con costoro, proprio per ilfatto che avevo sperimentato le posizioni da cui essi movevanoe conoscevo il loro linguaggio, la dialettica “tradizionale” e laspecifica terminologia.

Ma non soltanto dagli ambienti spiritualistici provenivanocoloro che si rivolgevano a me: è stato inevitabile che sirivolgessero o me anche giovani il cui interesse spiritualisticocolludeva stranamente con un attivismo politico di sinistra o didestra, talora a carattere eversivo, esigente invero unchiarimento cosciente, per non rischiare di essere patologico. Inrealtà, sia che assuma una forma o l'altra, un tale attivismo celasovente in sé un identico movente interiore: cui urge un attochiarificatore della coscienza. Ove manchi di tale atto, esso nonsoltanto rende il giovane pedina di un giuoco privo dirispondenza agli ideali che egli ritiene perseguire, ma loconduce a situazioni psichiche difficilmente rimediabili, ove ilprocesso distruttivo giunga ad alterare le basi corporee.

Cominciai a capire che v'è tra i giovani un impulso allaricerca spirituale non ravvisato dalla coscienza ed esprimentesicome insofferenza delle condizioni attuali della civiltà e cometendenza a liberarsi dal meccanicismo che questa impone:donde il loro credere ingenuamente di poter identificare in undeterminato attivismo la forma rispondente al loro impulso:perciò, talora, accettazione della forma eversiva e delle sue

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regole. Proprio avvertendo le estreme conseguenze di un taleattivismo, nei più consapevoli sorge il dubbio circa larispondenza di questo all'ideale da cui muovono: donde le crisie la sana tendenza a riconquistare la normalità: che essi nonavrebbero mai perduta, se avessero avuto educatori, piuttostoche caricature di educatori.

L'incontrarsi di taluni di costoro con me, certamente noncasuale, né mai provocato da me, determinava il compimentodella crisi e l'iniziale conversione del loro attivismo in attivitàinteriore formatrice della personalità: donde la ripresa regolaredegli studi, la normalizzazione della vita etico-sociale, appunto,in relazione all'ideale di rinnovazione da cui avevano preso lemosse, reso puro e autonomo, onde essi potevano ormairiconoscerlo come esigenza di un'opera di autoformazionemorale. Così, in un periodo in cui intensamente la gioventùsarebbe stata presa dall'idea di “rivoluzione” - quale che nefosse il colore - io scrissi il volumetto Rivoluzione, colsottotitolo “Discorso ai giovani”, per un senso di dovere neiloro riguardi: di orientamento cognitivo della loro vocazione.

Non sono mai stato un politico, non potrei esserlo mai, percostituzione, per visione delle cose, per aspirazione etica espirituale: tuttavia qualche volta mi è stato necessarioimmettere nella forma discorsiva politica il contenuto di ideeextrapolitico, anzi decisamente anti-politico, compiendo unvero e proprio sacrificio, in omaggio al senso del dovereaccennato, soprattutto nei riguardi dei giovani: che oggivengono assediati dovunque, nelle fabbriche e nelle scuole, dailoro persuasori ideologici, che, anche se in buona fede, sono inrealtà gli attentatori della loro libertà. Contrasta infatti conl'ideale di libertà, il far accertare al giovane un'ideologia, primache egli si sia formato l'organo del pensiero che gli consenta discegliere da sé: soprattutto in un'epoca in cui il sentimento non

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è più il sentimento della verità, come ancora all'epoca deivolontari garibaldini. Non sono possibili ormai manifestazioni“politiche” giovanili, che non siano manovrate. Il ragazzo, inverità, non ha bisogno di ideologie, ma solo di preparazionealla disciplina delle pure idee: proprio ciò che le ideologieinculcate anzitempo rendono impossibile.

Nel libretto Rivoluzione, il cui titolo talora inizialmenteallarma l'eventuale lettore, io riconducevo l'impulsorivoluzionario all'“idea”, extrapolitica ed extrarivoluzionaria,che esso presuppone, ma ignora, ossia all'idea come principioinformale che esso necessariamente cela in sé: invitavo igiovani a ritrovare questa idea, a penetrarla intuitivamente, conpurità interiore, a muovere con essa, sino a viverla come unaforza in sé, fuori della sua proiezione dialettica epperò politica,sino a ritrovarla come slancio di generosità e fraternità.Dimostravo come sia possibile ritrovare l'idea quale potereinteriore vivente, e sperimentarla, sì da avere in essa la forzache realmente rinnova il mondo, essendo la forza smarrita dellamoralità e della religiosità.

Per il discepolo, la Rivoluzione è in realtà un intimo eventodell'anima individuale, un processo ascetico, che si rifletteall'esterno anzitutto come rispetto delle leggi, quale che sia ilgiudizio su esse, epperò come attività edificatrice, non comelotta, o incomposta distruzione. Le leggi sono la espressionedel livello della moralità di un popolo: occorre mutare livello,non abbattere le leggi. Occorre meritare che nuove leggi sianoconcepibili ed enunciabili, così che aiutino il camminodell'uomo. Mi risulta che questo libretto ha avuto il potere diraddrizzare più di un giovane e di restituirgli la “retta via”: cheè dire la forza di procedere coraggiosamente secondo lo Spiritoin un mondo organicamente rifiutante lo Spirito.

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Ma una simile opera di bonifica e di ri-orientamento dellagioventù, secondo le forze morali e cognitive di cui essanecessita, come di un ossigeno spirituale, fuori delle seduzioniideologiche miranti a fare di essa lo strumento di predisposteeversioni, mi doveva costare non pochi equivoci, non pocheaccuse e più di un evento spiacevole, non escluse denunceanonime volte a mettermi in difficoltà e a far cadere una falsaluce sulla mia attività, né la solita correlativa vociferazione daparte della “centrale” accennata, ben lieta di disporre di nuovomateriale utilizzabile nei miei confronti.

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13 - YOGA E ROSACROCE

Spesso avviene che cercatori autonomi, desiderosi diafferrare il senso della tipica via del pensiero, mi chiedano se visia differenza sostanziale tra la concentrazione dello Yoga,ossia l'ekagrata, o il tapasya, e la concentrazione propostadalla Scienza dello Spirito, alla quale io mi riferisco. Ladifferenza invero c'è ed è determinante: chi la ravvisa, è salvo.

Comprendere questa distinzione, è un evento decisivo: peròè difficile che la comprenda chi non conosce ambedue le formedi concentrazione, in quanto consegua lo vera e comprendacome sia possibile la sua alterazione. Altrimenti può avvenireche incorra nella concentrazione “di tipo asiatico”, propriocolui che per diffidenza catechistica riguardo a tutto ciò cheviene dall'Oriente, non dispone di un termine di confronto peril proprio tipo di “concentrazione statica”.

L'inerzia attraverso cui deve aprirsi la strada la veraconcentrazione, appartiene in sostanza all'“uomo asiatico”, checiascuno oggi reca subconscio in sé, come un doppio. È ilsubconscio uomo asiatico che trova nel tipo di concentrazionedello Yoga la sua naturale espressione. Parimenti l'occulto“uomo asiatico”, può divenire nello pseudo-esoteristaoccidentale l'avversario delle dottrine orientali, in nome di unapresunzione di averne superato il limite: limite che egli inrealtà non conosce.

La concentrazione pertinente al tipo umano moderno, cheprocede nella “via” come un'avanguardia spirituale, aprescindere dalle catastrofi che la mancata coscienza di talefunzione provoca, è una “concentrazione dinamica”. Letecniche indiane, tibetane ed estremo-orientali, invece,giustamente esigevano una concentrazione di tipo statico,

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esprimente la saggezza di un'epoca in cui il reale sforzointeriore consisteva nel traferire in senso di sé in un puntometafisico in cui nel s'incontrava la Forza, Brahman, o Shakti,o Tao, per essere investiti dalla sua corrente creatrice.

L'essere concentratamente inerti innanzi alla Forza, era ilsegreto per raccoglierla. Nell'epoca dell'anima cosciente, ilfluire della Forza è interno all'anima: attuare nuovamente iltipo antico di concentrazione, significa aprirsi non alla correntebrahamica o shaktica della Forza, ma alla sua forma alterata,divenuta subconscia corrente psicofisica, ovvero personalenatura. Il fatto che l'uomo sia divenuto un essere individuale,significa soltanto che deve ritrovare lo Spirito, disidentificandol'individualità dalla natura inferiore che le ha consentitoattuarsi. Lo Spirito è il Soggetto che così entra in azione,recando all'umano la possibilità della Forza originaria.

Nell'epoca dell'anima cosciente, la concentrazione rispondeal suo assunto, solo se attua come propria dynamis la“continuità pura” della Forza: che non implica arresto in alcunpunto, anzi esige ininterrotta fluenza del movimento. Laproiezione inferiore di tale continuità del fluire è riconoscibilenel pensiero ordinario, che non cessa mai di pensare: onde,quando il suo fluire non è controllato, diviene ossessivo epatologico.

Il pensiero non cessa mai di pensare, ma appunto il metodorecato da Rudolf Steiner ai cercatori di questo tempo, consistenel liberare lo continuità scorrente del pensiero dal vincoloall'oggettività sensibile o alla sua eco astratta, così che torni adessere il fluire della Luce: recante l'iniziale presenza delPrincipio della Luce. La quale ha bensì la forma del fluireininterrotto, in quanto scaturisce da un mondo di incessantecreatività, ma è profondamente posante in sé: ha in sé la paceabissale del fondamento, la scaturigine della calma inalterabile.

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13 – Yoga e Rosacroce

Come essere extraspaziale e intemporale, essa viene accolta daun Soggetto che, al livello sensibile, misura l'“essere” secondola puntualità spazio-temporale, da momento a momento deltempo, da punto a punto dello spazio.

È sperimentalmente accertabile che l'ekagrata tradizionaleporta il soggetto moderno alla fissità in un punto, che oggi soloillusoriamente è metafisico come in antico, in quantol'elemento volitivo dell'anima con cui si congiunge, mancadella originaria indipendenza dalla corporeità, epperò èincapace di esercitare azione che non appartenga alla naturacorporea: la quale non è la pura natura fisica, cooperatrice delloSpirito, bensì quella psicosomatica, dominata dagli Osta-colatori.

La concentrazione tradizionale, oggi, malgrado le tensionimetafisiche, diviene inevitabilmente medianica: ma di tipomedianico può essere anche la concentrazione del discepolodella Scienza dello Spirito, che non consegua come intimolivello la “relazione pura” del pensiero con sé, epperò nonmuova dall'elemento originario della coscienza, ossiadall'elemento di distinzione noetica indicato nell'ascesisteineriana come “pensiero puro”: onde si dà il caso che egliavversi il tipo interiore asiatico, proprio perché egli lo reca insé, ed essendo identico ad esso, non ha possibilità di vederlo. Inrealtà la relazione pura non è tanto un conseguimento tecnico,quanto un'attitudine intuitiva fondata sul puro sentimento delSacro: possibile perciò a un'intelligenza del cuore, meglio che aun'intelligenza inconsciamente dialettica. Perciò, al discepolonon ancora capace direttamente della relazione pura, è data lapossibilità dell'adesione imaginativa dell'anima ai contenutidella Scienza dello Spirito: l'imaginare viene destato dal suorivivere come movimento nelle imagini silenziosamenteaccolte, come nel meditare: sino alla contemplazione.

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Dallo Yoga alla Rosacroce

Allorché si parla di relazione pura, si allude a un elementoessenziale dell'Opera: a un elemento individuale che si esprimepraticamente come lealtà e fedeltà, coraggio della verità: a unaqualità interiore essenzialmente morale, che giustifichi con ilsuo slancio la stessa ricerca interiore e nella sua semplicità simanifesti come un'attitudine, che è l'assoluto opposto di quelladominante: l'attitudine “politica”, necessitante di finzione, ditattiche, di machiavellismi, per il proprio quotidianoestrinsecarsi. Colui che, per vocazione e “semplicità”, traducala relazione pura in spontaneità umana, deve aspettarsi chequesta venga presa per questo raffinato machiavellismo orecitazione. Il tipico uomo di questo tempo, istintivamentepolitico, può anche eccezionalmente, nel contatto personalecon colui che reca la pura lealtà, sentire la dimensione che lorichiama a un genere obliato di rapporto umano, ma ciò durabrevemente, solo in tale contatto, pronto a spegnersi e a darluogo persino a reazioni, non trovando nell'anima l'alimentoche gli è necessario. Non v'è Cristianesimo, né Cattolicesimo,non v'è Tradizione, né Gnosi, non v'è Esoterismo, che possavalere senza la dimensione di vita di tale correlazione, l'unicapossibile allo Spirito: non ritrovabile mediante le sapientidistinzioni terminologiche tra metafisico e anti-metafisico.

* * *

Il senso ultimo dell'ascesi mentale è la liberazione delpensiero dalla sua necessità di operare come mera relazione deisensi. Come tale, non è la reale relazione dell'Io, non è ancorala relazione cosmica, ma solo la forma preparatoria: forma chedeve estrinsecarsi nel sensibile: per essere posseduta, sino apoter stare obiettiva dinanzi alla coscienza meditante, nella suadinamica pura, come connessività di una unità originaria,

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fluente dal Cosmo, da fuori del tempo nel tempo, perciò maiarrestantesi: mentre l'attuale asceta tradizionale, ligio alletecniche del passato, in sostanza vuole un punto immobile sucui fissarsi, su cui sostare, per avere la sensazione di estraniarsial tempo. Ma vi rimane con il suo insistere meccanicamente suun tema: vuole evitare lo sforzo di essere di attimo in attimovivo, di attimo in attimo nuovo, fuori del tempo, ossiapuntualmente perenne. La fissità sovrasensibile dell'ascetaantico era invece giustificata dal fatto che in un punto l'uomointeriore si ricongiungeva con l'Universale, e dalla suaimmobilità conseguita sino alla tangenza intemporale, derivavache l'Universale strutturalmente operante in lui fluisserealmente nella sua interiorità.

La tangenza intemporale all'uomo di questo tempo èpossibile per virtù di un rapporto diverso: l'immobilità è unaconquista di chi riesce ad afferrare il fluire superiore dellaLuce, di cui l'incessante corso del pensare, da pensiero apensiero, è una proiezione inferiore, o una degradazione.Fissarsi in un punto, è bloccare la dynamis fluente della Luce,cadere nell'automatismo inerte del corpo, che puòindubbiamente giungere a dare le sue sensazioni extranormali,la sua medianica fenomenologia, allo stesso modo che la drogaintroduce in un mondo di spettri dello Spirituale.

In realtà l'immobilità è la conquista dell'Io, che giunga aconseguire quella coincidenza con sé, capace di dargli il sensodi essere al centro del giuoco delle forze. Tale coincidenzaviene ogni volta inconsciamente attuata e simultaneamentesmarrita dall'Io, nella percezione sensoria: l'ascesi rosicrucianadà modo al discepolo di sperimentarla nel percepire, mediantepotere d'imagine, o di puro pensiero. Nel puro percepire ha ilmodello originario del contemplare.

Il discepolo può scoprire che nella percezione sensoria ha il

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germe della percezione sovrasensibile, ove dalla propriaessenziale immobilità giunga a contemplare il moto etericospontaneamente compenetrante il dato fisico: può contemplarloin quanto egli muove dal fondamento di sé, attuando una“relazione diretta” con il percepire, che lo rende indipendentedalla zona dell'anima usa a fare suo il percepire, secondo unairregolare ma costituzionale “dipendenza” dai sensi,normalmente coinvolgente tutta la vita interiore: questo ilsegreto del contemplare.

Normalmente l'Io non realizza il fondamento da cui muove:giunge persino a dubitare dell'esistenza di tale fondamento. Maanche quando giunge a porsi il problema, ancora non conosce ilpunto di sé da cui muove, né il suo muovere può afferrare talepunto, perché sempre estraniato a esso. L'Io può invececontemplare il fluire della Luce come proprio movimento, seriesce a scorgerlo nella pura percezione sensoria, ove il suopotere originario è presente come identità con l'essere:apprende da esso la potenza spontanea della concentrazione,che gli è innata, in quanto incontra il moto puntuale della Luce,donantesi come tangenza continua dell'attimo intemporale conil sensibile. In sostanza la concentrazione è la “spontanea”presenza dell'Io realizzata. Nella percezione sensoria, l'Ioincontra una primordialità intatta che l'anima, usa a risponderemediante sensazione e rappresentazione, non conosce.

Quella continuità identica a sé, malgrado il suo apparentedivenire, realizza l'immobilità trascendente dell'Io: immobilitàocculta, potere originario di ogni movimento. Nellaconcentrazione fissa, di tipo yoghico, o gnostico, invece,illudendosi di ripetere l'antico moto puro dell'ascesi Zen, omahayanica, o vedantica, l'Io invero è preso, tende esso amuovere qualcosa fuori di sé - come chi tentasse spingere unveicolo dall'interno - secondo un'artificiosa identità con sé,

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mediata dall'inerzia del corpo: è meno che lo stato di veglianormale, quanto a livello di coscienza: come il sonnecchiaredell'Io in un punto di riferimento inferiore. È certamente laconcentrazione o la meditazione più facile, perciò più attraente,perché può alimentarsi di simbolismi tradizionali e condurre auna fenomenologia psicosomatica appagante la brama disensazioni extranormali. Ma è in definitiva un ingannare sestessi yoghicamente, o gnosticamente.

Sia per la concentrazione, come per la contemplazione,come per la percezione del differenziato moto eterico delmondo dei minerali e delle piante, le tecniche rosicrucianeimplicano la realizzazione della immobilità metafisica dell'Iorispetto alla mobilità dei regni che esso contempla e con i qualiè inconsciamente identificato. Lo Steiner determinatamentenon parla di tale immobilità - almeno da quello che di lui mi èstato possibile leggere - ma fornisce un metodo che conduceinevitabilmente a un tale conseguimento. Naturalmente taleimmobilità non ha nulla a vedete con quella propria alla sferafisica: non è inerzia, bensì essenziale creatività, “origine” diogni movimento.

Finché l'Io s'identifica con la natura eterica, non puòcontemplarla obiettivamente, fuori di sé: gli occorre scindersida essa, e questa scissione è inizialmente la reale funzionedell'atto razionale, che però si produce a condizione diestinguere l'elemento eterico del pensiero e di escluderlo dalcircuito dell'identità cosciente: onde la scissione dà luogo alladualità e all'alterità, ossia alla visione di un mondoobiettivamente fisico, assurgente illegittimamente a realtà. Lariconquista cosciente dell'elemento eterico è il primo grado delsuperamento della dualità: essa viene realizzata per il fatto chel'Io conquista l'identità con sé rispetto alla “mobilità” del corpoeterico. In sostanza l'Io scorre in tutte le forze dell'Universo,

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ma finché si limita a essere presente in esse solo dell'Universo,dall'altezza della sua trascendenza, è immerso come Ioimmanente nella natura, appena distinguendosi da essa comeastratto Io razionale: che assume come reale la dualitàprovocata dalla sua limitatezza. Rispetto a questo astratto Iorazionale, le rimanenti forze inconsce dell'Io sono orientatedall'attività di Lucifero e Ahrimane: perciò sono di continuoportate a identificarsi con il pensare, con il sentire e con ilvolere, improntati all'illusoria visione duale. In tal senso l'Ionon può nulla mediante il pensare, il sentire e il volere, che nonsia influenzato dagli Ostacolatori.

* * *

Perché l'Io possa essere autonomo sperimentatore delleforze, deve realizzare la propria “immobilità” rispetto ad esse,ossia rispetto al proprio inconscio fluire in esse. L'Io nonavverte il proprio muovere continuo con le forze astrali-eteriche: finché fluisce in esse, identico a esse, non puòdominarle entro la sfera della natura, ed esso stesso, là dove lasua indipendenza è solo astratta e dialettica, subisce la naturaossia l'inconsapevole servaggio ai Dominatori della natura; laquale è bensì dominata dallo Spirito, ma in quanto questo, pernecessità strutturale, consente un margine di autorità a quelli:Lucifero e Ahrimane. Dei quali si può dire che sono deitàdominanti ciò che è già compiuto della sfera umana, il passato,l'inerte e automatico, ciò che sfugge all'autocoscienza sul pianoanimico-spirituale e animico-fisico. Questo dominio del giàcompiuto, del passato, del caduto nella correlazione inconscia,è ciò che normalmente chiamiamo “natura”.

Di qui è riconoscibile l'importanza del tipo di ascesirosicruciana, che dà modo all'Io di realizzare l'indipendenza

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delle sue pure forze dalla natura animico-fisica, che è diredall'influenza degli Ostacolatori. Perché l'Io conquisti lapropria autonomia rispetto ad Essi, deve realizzare la propriaimmobilità di fondamento rispetto al fluire delle forze astrali-eteriche. Ove attui la propria immobilità metafisica, l'Io haetericamente dinanzi a sé questo fluire nella sua ininterrottamobilità: non può averlo in una concentrazione fissa, cheritenga di arrestarlo in un punto. Nel fluire della forza, l'Io vedefuori di sé la propria forza, ma, essendo al centro di essa, larealizza differenziata ad ogni grado dell'umano.

L'Io comincia a percepire la propria trascendente presenzanell'anima, col realizzare la impuntualità della corrente delpensiero liberato: comincia così a vedere l'anima nella qualeprima era ottusamente immedesimato: cessa di essere mossodagli Ostacolatori manovranti l'anima e scorge di questa lelibere forze delle quali egli è stato sempre al centro, senzaavvertirlo. Ora può ritrovare nel profondo di sé la scaturiginedelle forze e contemplarne l'Ordine gerarchico: può conoscereil segreto della devozione, come correlazione con l'Ordine,conoscendo la proprio immobilità rispetto alla mobilitàdell'anima. Ogni correlazione in tal senso, per una determinatafase dello via iniziatica, gli è mediata dal fluire della Luce, cheè la vita del pensiero. La “prima immobilità” invero l'Io larealizza rispetto alla mobilità del pensiero. Questo pensiero l'Iodeve cominciare con lo svincolare dalla mobilità della natura,ossia dai dinamismi cerebrali: deve anzitutto possederlo:mediante la concentrazione.

In sostanza tende a evitare il tipo di concentrazionerosicruciano, indicato dalla Scienza dello Spirito, e scegliequella dello Yoga o dei moderni occultismi, chi in profonditàteme mutare qualcosa di essenziale della propria natura ed èpago del livello in cui esiste: rifiuta ascendere al livello in cui

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l'agire dell'Io è invero il suo “non agire”, che si pone al centrodella corrente eterica creatrice: inizialmente sperimentabileappunto come fluire del pensiero liberato. È la corrente chefornisce al mentale l'elemento vivente, il cui mancare fa dellaCultura, della Scienza, dell'Etica, altrettanti sepolcreti delpensiero. (Esse mancano invero drammaticamente di taleelemento vivente: l'esperimentatore oggi sa che non vi puòessere socialità, né economia restitutiva delle forze presentinella produzione, né intesa tra i popoli, né moralità senza laresurrezione eterica del pensiero, ad opera delle comunitàspirituali dei singoli popoli).

Avere dinanzi a sé fluente la corrente di vita, è l'esperienza acui introduce il pensiero liberato, in quanto pensiero donantealla immobile centralità dell'Io la propria mobilità pura, epperòl'essenza della mobilità della natura, o dell'organismo mentale-cerebrale. È l'esperienza che dà modo alle pure Forzeextracorporee di essere trasformatrici piuttosto che distruttricidell'inferiore natura. Esse infatti distruggono sempre ciò chenell'umano si organizza secondo la natura animale giovantesidella funzione mentale.

La natura individuale può essere educata, mediante lediscipline, a non intervenire nei processi dello Spirito: puòessere condotta a una positiva identificazione con sé che nonostacoli tali processi, sino a che essa medesima divenga veicolodi questi. La natura inferiore può venir educata a risonare nelsuo ambito secondo il Soggetto del movimento, ossia secondociò che in esso è più che individuale, più che l'elementopersonale capace di esprimersi umanamente. Il Superumanointimo all'Io ha il potere di manifestarsi come Forzanell'umano: la sua autenticità è il suo non subire l'opposizionedalla natura inferiore, operando come se non esistesse, qualeche sia la situazione animico-corporea dell'asceta, quale che sia

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l'asperità delle difficoltà. L'azione del Superumano intimoall'Io, in quanto dinamicamente incorporea, svincola dicontinuo il proprio movimento dall'ostacolo: lascia agire ilcorporeo secondo la sua metafisica autonomia, che è diresecondo la sua illimitata spontaneità: ignora le barriere, qualiche siano, della inferiore natura. La sua presenza comunque èriconoscibile nei momenti tragici, quando la maya dellebarriere sembra chiudergli il varco.

La natura inferiore ha il potere di opporsi all'Io soltantonella misura in cui partecipi alla vita animica giungendo asuggerire gli atteggiamenti interiori. In una delle ultime lettereai discepoli lo Steiner scrive: “Se la libertà deve vivereveramente nell'azione umana, ciò che nella luce della libertàviene attuato, non deve affatto dipendere dall'organismo fisicoed eterico dell'uomo. L'azione “libera” può compiersi solomovendo dall'Io, e il corpo astrale deve poter vibrareall'unisono con il libero agire dell'Io, per poterlo trasmettereal corpo fisico e al corpo eterico. Questo però è un soloaspetto dell'evento. L'altro aspetto diviene trasparente inconnessione con la missione di Michele. Ciò che nella libertàl'uomo sperimenta, non deve agire in alcun modo sul suocorpo fisico, né sul suo corpo eterico. Se ciò si verificasse,l'uomo dovrebbe completamente deviare da quel che è divenutolungo le fasi della sua evoluzione, sotto l'influsso dell'Entitàdivino-spirituale e della “manifestazione” del Divino-spirituale. Quello che l'uomo sperimenta attraverso ciò che èmeramente “creato” divino-spirituale intorno a lui, deveesercitare un influsso solamente sul suo spirito (il suo Io). Sulsuo organismo fisico ed eterico può esercitare un influssosoltanto ciò che, di quanto ha avuto il suo principio nell'Entitàe nella manifestazione del Divino-spirituale, non si continua,nella corrente evolutiva, nel mondo che circonda l'uomo, ma

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entro la sua stessa entità. E, nell'entità umana, questo nondeve affatto collaborare con quello che vive nell'elemento dellalibertà”.

Nella imagine di questo trascendente equilibrio diconnessioni umano-cosmiche, il cui mantenimento o la cuirottura dipendono dall'atto libero dell'uomo, è il segreto di tuttala vicenda terrestre e dell'impresa iniziatica. Come sì è potutochiarire negli ultimi capitoli del libro La Tradizione Solare,l'elemento interiore dell'uomo, per quanto liberato, non esce dallimite mentale, ove non venga investito da una Forza più alta,d'ordine extraumano. Il discepolo può subire la illusione diessere nello Spirituale, mentre sperimenta solo il mentale puro,grazie al pensiero dinamizzato dalla concentrazione. Questonon è ancora il pensiero vivente: non può esercitare un'azionediretta sull'essere animico-corporeo, bensì un 'azione mediatadalla Gerarchia portatrice del Principio Solare. Peraltro quellimite gli occorre come misura della sua liberazione dallanatura, la quale, come si è accennato, può venir restituita allasua funzione di veicolo di una immanente spontaneità.

La direzione rosicruciana non è tanto una tecnica, quanto unelemento qualitativo, che non si afferra solo per il fatto che sianela alla connessione con i Rosacroce e si cerca nell'operadello Steiner il filone centrale del loro insegnamento. Il sensodi questo insegnamento sfugge anche quando ne è conosciutal'espressione dottrinaria, grazie all'invisibile potere deiRosacroce di donare la conoscenza solo a chi abbia realizzatola fedeltà e la continuità.

L'insufficienza della fedeltà non riguarda la forma, bensì ilcontenuto: la relazione con l'impegno assunto e tuttavia come“Mneme” non riconosciuta. Essa porta lucifericamente ildiscepolo a proiettare l'imagine del proprio essere libero nellastruttura eterico-fisica, per insufficiente coscienza

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dell'elemento sopraindividuale individuantesi nell'atto interiorelibero: la forma di questo, nell'essere individuale e mentale,appartiene a un livello gerarchicamente inferiore a quello delleForze da cui scaturisce. In realtà l'anima tende a congiungersidal profondo con Esse, ossia con il moto sopra-individualedell'atto libero. Tale congiungimento però viene ostacolatodall'assunzione “mentale” dell'atto libero, come dall'usoegoistico delle forze della concentrazione. Ove invece esso sicompia nella sua purità, è il rinnovarsi di una correlazioneoriginaria con le Gerarchie, mediata da quella tra Esse recanteall'intelligenza umana, come misura e come impulsoprimordiale, la virtù dell'Intelligenza Celeste: alla qualel'intelligenza umana nasce opponendosi, secondo unacontraddizione la cui serie di effetti distruttivi ha comeconseguenza finale la morte.

La correlazione originaria con le Gerarchie non patisce lacontaminazione dell'elemento luciferico proprio all'attitudineindividuale, ma simultaneamente fa appello alla mediazionedell'atto individuale libero. Sotto tale apparente contraddizione,opera la sintesi del Principio solare che per virtù della suaattuata congiunzione con il terrestre, ha il potere di muovere dilà dall'antica mediazione lunare, un tempo necessaria all'uomoper accogliere le forze solari, o forze superiori dell'Io. Il valoreultimo dell'atto libero non è in se stesso, ma essenzialmente nelsuo determinare la schiusura dell'individuale al Potereoriginario. La connessione cosmica è opera dell'ArcangeloSolare, la cui mediazione è possibile unicamente in quanto ilpensiero liberato, nel suo momento dinamico, muove neldominio solare della Terra: in una zona dove solo purità, lealtàe fedeltà possono elevare le oltre forze dell'animo. L'impulsodei Rosacroce conduce a compimento la mediazione in talezona, ove l'anima si lasci permeare dalle forze superindividuali

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dell'Io, grazie al giusto uso, o all'atto libero, delle forzeindividuali.

L'elemento che esigerebbe il continuarsi dell'atto interiorenell'eterico-fisico, è sostanzialmente quell'elemento personale,che nei momenti dell'ascesi viene tacitato ma non ancoratrasformato dalla operazione del pensiero liberato.Nell'attitudine a imprimere questo direttamente nell'organismoeterico-fisico riaffiora l'atteggiamento dell'antico Yoga, senzapossibilità di realizzazione somatica, appartenendo talepossibilità alle Gerarchie evocate nell'atto libero. Per via diquesto atto, Esse possono fluire secondo la loro virtù nelprofondo dell'anima, immettendo un potere originario dellavolontà nel volere, capace di giungere sino alla mineralitàfisica: così da preparare come trasformazione dell'umananatura qualcosa che va oltre gli intenti dell'antico Yoga.

L'atteggiamento dell'originario Yoga, anche se esprime unanelito metafisico con cui non hanno nulla in comune letecniche attuali dello Yoga, guscio veicolante al livellorazionale-senziente la corrente luciferico-ahrimanica, è in realtàun impedimento: esso viene superato dall'impulso rosicrucianovolto a realizzare il principio solare dell'intima mineralità dellaTerra nella segreta struttura delle ossa. Tuttavia taleatteggiamento e il suo movimento legato al sistema del respiroepperò allo corporeità fisica, può riaffiorare naturalmenteinconscio.

* * *

Riguardo alla possibilità di una utilizzazione attuale delletecniche respiratorie tradizionali, occorre dire che oggi esseconseguono l'effetto opposto a quello perseguito un tempodallo yogi. Questi, in realtà, mediante il pranayama, provocava

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un'azione della corrente del sangue sulla corrente nervosa nelmomento dell'inspiro, e della corrente nervosa sul sangue nelmomento dell'espiro. Ciò gli era possibile perché egli movevanaturalmente dall'elemento metafisico del sangue: gli erasufficiente assumere mediante esso il ritmo della volontà nelrespiro. Una simile possibilità non esiste più per il discepolomoderno, data la sua mutata costituzione: allorché egli praticale tecniche respiratorie, agisce bensì mediante la corrente delsangue su quella nervosa, ma movendo non dal sanguemetafisico, bensì da quello fisico: in sostanza egli consegue unminimo di meccanica energizzazione psicofisica a prezzo di unpotenziamento degli istinti fluenti indiscriminatamente nelsangue, ma altresì di una serie di guasti del sistema nervoso edel suo rapporto col sistema sanguigno.

L'elemento spirituale con cui lo yogi moveva dal sangue,epperò poteva agire sull'elemento spirituale del sistemanervoso e attraverso questo sul sangue fisico, oggi l'ascetaoperante secondo la disciplina rosicruciana, lo ritrovadirettamente nel moto del pensiero, rivivendo di questol'originario potere imaginativo, ma parimenti lo ritrova nellacorrente interiore del percepire. Il percepire sensorio,contemplato, gli si rivela come un processo musicale,normalmente inconscio, che armonizza i due sistemi, nervoso esanguigno, e dal quale egli può apprendere il segreto rapportotra la coscienza e il respiro.

Normalmente nella percezione sensoria un contenutointeriore si presenta come dato fisico: dapprima v'è un'azionedominante del dato fisico sull'elemento eterico dell'organosensorio, cui risponde un moto eterico assumente epperòdominante l'elemento sensibile, che viene inconsciamentespiritualizzato, ossia restituito del suo contenuto interiore:questo però come tale sfugge alla coscienza ordinaria, che

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soltanto ove sia etericamente rafforzata può riconoscerlo. Iltragitto inconscio del percepire è un momento musicale,tendente a riarmonizzare secondo cosmos il caos dellaterrestrità: esso viene percorso dal moto del pensiero solare:che restituisce il contenuto interiore del dato fisico, nell'attopercettivo.

Le vie dello Yoga oggi non portano allo Spirito, bensì alcorpo, perché non muovono più dallo Spirito, bensì dal corpo.Non è lo Yoga che va ritrovato, bensì lo Spirito: del quale loyogi non aveva da preoccuparsi, perché lo aveva già: dovevasolo giungere a servirsene. Il discepolo moderno muove dagliimpulsi morti dello Spirito: muove dal pensiero, che nella suariflessità è opposto allo Spirito e ha vita solo corporea, ossiaistintiva e materialistica. anche quando egli si pone con essoobiettivi spirituali. Non può conseguirli, se non conseguecoscienza della mediazione originaria che gli consente pensare,se non ritrova dietro il pensiero morto, il pensiero vivo. Così undiscepolo della Scienza dello Spirito può teoricamente rifiutarele tecniche del passato, ovvero i morti impulsi dell'anima etuttavia coltivarli in sé, per insufficiente coscienza dellamediazione originaria: la cui esperienza per via dellaconcentrazione e della meditazione, è il senso ultimo dellaScienza dello Spirito.

Non è difficile rendersi conto che, se nella Scienza delloSpirito di Steiner si esprime l'Impulso Solare del tempo, gliautentici attacchi degli Ostacolatori non sono tanto quelli chevengono da fuori, quanto quelli che muovono dall'interno dellacittadella, epperò difficilmente identificabili. In ognimovimento spirituale, i portatori dell'impulso luciferico-ahrimanico finiscono quasi sempre col prevalere come attivistio dialettici della organizzazione esteriore. Essi sonoriconoscibili dalla solerzia con cui intendono applicare la teoria

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dello Spirito al mondo, secondo un trapasso invero impossibileal pensiero meramente razionale: trapasso di cui, peraltro, ilpensiero vivente non ha bisogno, essendo esso già operanteoltre il limite razionale, per il solo fatto di esserci. Onde iltrapasso dei solerti zelatori non può evitare di essere strategico,ossia politico, in quanto preoccupato unicamente delprocedimento esteriore, ossia del dimostrare che l'idealesovrasensibile si realizza: dimostrazione di cui lo Spirito nonha invero bisogno, essendo essa una forma possibile soltanto alprincipio che si realizzi. È l'attivismo tendente a sostituire, senon ad impedire l'“azione pura”, ossia l'operare sul piano dellecause: l'attivismo vuoto di anima, in cui si esplica l'azione degliOstacolatori, malgrado le spirituali intenzioni degli zelatori.

* * *

Questa situazione è connessa con la perdita dell'arte veradella concentrazione. Né più né meno che come nello Yogariesumato, la concentrazione che permanga esercizio mentale,al mentale circoscrivendo le forze del pensiero, attua il poteredel pensiero non diversamente da come è possibile a unqualsiasi intellettuale che ad esempio intensifichi la propriaattività mentale, concentrandola sull'ideologia marxista, o sulleoperazioni della logica matematica.

Certo, l'intensificazione della forza-pensiero è ilpresupposto, che a un determinato momento giova separaredall'oggetto mediante cui si è manifestato. L'operazioneessenziale tuttavia è separare la forza-pensiero dalla personalenatura, mediante un atto di connessione impersonale con laSorgente della forza, onde sia essa a condurre a compimento ilmovimento: evitando naturalmente la coscienza di questo,perché esso si realizzi nella sua pienezza, là dove la coscienza

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congelatrice non giunge. Non è sufficiente disporredell'insegnamento giusto: occorre farlo risorgere dalla formadialettica in cui si dà, ossia meritare l'averlo avuto, per nonrischiare di operare come avversari di Colui di cui si presumedi essere discepoli: per esempio, col suscitare mediante lapropria insufficienza il giudizio del mondo su di lui.

L'arte donata dallo Steiner è la concentrazione che, mediantel'atto libero del pensiero nel pensiero, supera l'ambito mentaleper attingere alle forze profonde che sorreggono l'organismocorporeo, fluendo come archetipi dall'Universo. Il senso ultimodella concentrazione è ricostituire la sintesi delle formearchetipe nella sfera dell'immanenza, ove normalmente gliarchetipi operano come forze trascendenti. Il pensiero è in sé,come pensiero solare, il primo tracciato, o archetipo, del karmafuturo, contenendo in germe tutte le forze dell'anima. Occorreosservare che anche Lucifero nell'uomo dà un potere diconcentrazione e un'euforia mentale e uno sguardo scintillantedi luce che non sorge dal segreto della profondità, ma dallasuperficie cerebrale. Questi bagliori che si vedono brillare dasguardi spirituali e dolciastri, più che da calmi sguardispirituali, in realtà sono ingannevoli, non vengono dalla realtàdell'anima, o dalla correlazione con gli archetipi dell'Universo.

È fondamentale una distinzione metafisica riguardo alvalore delle cariche psichiche conseguenti agli esercizi. Non èsufficiente la serie delle nozioni riguardanti il Misterodell'Arcangelo Solare, per donare al pensiero la dimensionesopramentale, che, come da una pace profonda, sorge dallacoscienza della struttura cosmica dell'umano: nella qualel'anima, ritrovando l'elemento solare, ritrova se medesima.

Liberandosi dalla cerebralità, la corrente astrale-etericaattinge alla potenze radicali della vita: scende nella profonditàminerale, per ascendere come pensiero che muove oltre il

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limite individuale, non per sforzo, ma per qualità e risonanza,libero di velleità umane, capace di immergersi nelle essenzeper tranquilla donazione di sé, epperò capace della correlazioneimpersonale dell'anima con l'anima. Certo, un pensiero cheviene donato dagli Dei, ma in quanto il discepolo aspiri adesso, secondo la logica della fedeltà e della gratitudine: unpensiero che non ha bisogno del circoscritto potere mentale,per essere potere della volontà, secondo l'ascesa mentale delvolere corporeo in profondità. In realtà è questo volerecosmico, fluente come oscura potenza di movimento dellanatura, che risorge cosciente come potere di ascesi delpensiero.

Accostare lo Steiner, riconoscerlo Maestro dei nuovi tempi,di là dalla barriera delle parvenze, dei pregiudizi, delle infideinformazioni, ma soprattutto di là dall'assunzione discorsivadell'insegnamento, è impresa rara. Altra è la relazione dialetticacon il suo insegnamento, altra la correlazione con la sua forzavivente: che non può essere decisa dal fatto che si disponga delmaximum quantitativo delle sue opere pubblicate. Può essereestremamente lontano da Lui proprio colui che sembra esserglipiù vicino e fedele, e viceversa. La gioiosa fiducia nelloSpirituale è la sicurezza che esso non sottostà a tattiche o avalutazioni umane: non si sottomette ad accademie, o apreferenze, o a velleità dialettiche, né ad opinione pubblica, oad opinione di maggioranze: non obbedisce alla decisione dellegerarchie formali della Terra, ma coincide solo con gli intentidi verità e con gli impulsi di moralità degli esseri: mediante iquali costruisce la essenziale trama della storia umana.

* * *

L'insegnamento dello Steiner presenta due aspetti: l'uno

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“antroposofico”, l'altro “rosicruciano”. Nella sua opera questidue aspetti non vengono formalmente separati, essendo l'uno lacontinuazione dell'altro, o l'uno la preparazione per l'altro: mala loro distinzione esiste ed è riconoscibile mediante le forzedell'ascesi medesima. Lo Steiner lascia libero il discepolo diintuire la “via rosicruciana”, in base alla personalerealizzazione delle tecniche preparatorie. Gli esercizifondamentali acquisiscono valore diverso a seconda del gradodi coscienza conseguito: una determinata tecnica, pur essendosperimentabile da ogni tipo di discepolo, rivela il suo realecontenuto soltanto a un determinato grado.

La via rosicruciana si attua come passaggio dalla fase dipreparazione mediante imagini del Sovrasensibile,all'esperienza diretta delle forze evocate per le struttureimaginative. Allorché tale passaggio è possibile al discepolo,per lui muta la fisionomia di tutto l'insegnamento: questo vienepercorso da un significato univoco, che opera come forzaorientatrice. La connessione con la corrente dei Rosacroce nonè la conseguenza di tale passaggio, bensì ne è la causa. Laconnessione non è decisa dal discepolo, ma dai Maestri dellaRosacroce; essi conoscono il reale grado di lui, di là dai clichésculturali e dalle terrestri valutazioni esoteriche, epperòstabiliscono con lui una connessione che egli a un determinatomomento avverte e sa che non gli rende più agevole ilcammino: ne riceve un aiuto puramente metafisico, che lo portaa uno stato di definitiva responsabilità di tutta la vita. Ilcapitolo del libro Iniziazione, dedicato al Guardiano dellaSoglia, può dare l'idea del senso di un simile stato diresponsabilità definitiva dinanzi al Sovrasensibile.

La connessione con la Rosacroce è la connessione con ilMistero cosmico del Cristo, ossia con ciò che il Cristo è oltreognì rappresentazione o sentimento umano: il senso ultimo

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della Iniziazione solare. Esistono sentieri che si ritengono“cosmici”, o solari, o iniziatici, ma in realtà hanno il còmpito dicondurre lontano dalla connessione accennata. Allo stessomodo che l'insegnamento dello Steiner può essere annientato,quando sia abbassato al livello politico o medianico, cosìavviene che attuali sentieri gnostici sedicenti cristiani, abbianosolo il còmpito di condurre in zone di opposizione allaIniziazione solare.

Per quanto cabalista cristiano e cultore della Gnositradizionale, un tipo attuale di espositore delle dottrine e di unaloro possibile schematologia, appare pervaso dall'aspirazione aessere esotericamente cristiano, ma è proprio questo che nonpuò riuscirgli, essendo egli chiuso non solo nel clichétradizionalista, ma soprattutto nella problematica dellamorfologia comparata delle mistiche di cui è pedante studioso.Egli è avverso a Evola a a Guénon, ma specialmente diquest'ultimo subisce il paradigma morfologico-metafisico, peruna carenza di vita del pensiero. Si crede indipendente daisistemi di Evola e di Guénon, ma io realtà ne è improntato inprofondità: non riesce a vedere nel Cristo qualcosa di più di ciòche è imposto dallo schema gnostico e della misticatradizionale: ossia vede ciò che il Cristo non è più, o non è maistato, e che va superato come una medianità di cui il cristianotradizionale aveva bisogno, non avendo egli altro modo peraccogliere forze che trascendevano la sua coscienza. Quelrapporto antico invero non ha più nulla da dare all'uomo: ilrevivificarlo nei tempi attuali non può che dare luogo aintroversione sensuale-mistica, e a una mania del“nominalismo sacrale”, mentre nuove forze si affaccianonell'uomo che hanno il còmpito di incontrare viventemente ilCristo: un vero esoterista sa che le nuove forze della volontà edell'autocoscienza dell'uomo moderno non hanno altro senso, e

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che tali forze, prive del loro vero soggetto, ossia prive di Io,diventano distruttrici.

L'autentico male dell'uomo di questo tempo è la corruzionedelle forze del volere che i vecchi esoterismi, lo Yogatradizionale, gli schemi della Gnosi non riescono ad afferrare eperciò neppure a orientare. Il fallimento dell'Esoterismo è unappuntamento mancato con il Logos, ossia con il fulcrotrascendente di tutto ciò che si presenta come dynamisspirituale dell'uomo moderno. All'egoismo mistico e allamancanza del coraggio di uscire dal guscio della propria naturaconservatrice spirituale, si deve questa incapacità diriconoscere il Logos vivente. Allo gnostico cristiano interessatrovare il Logos nelle meditazioni oranti, nelle giaculatorie enelle letture tradizionali: rigorosamente talora seguel'osservanza cattolica, la Comunione, la Messa,ecc. Tutto ciò,per quanto religiosamente nobile, non è realmente vivo nelloSpirito, non è più sufficiente ad afferrare il Cristo: il cercatoredel Logos oggi deve superare i vecchi limiti, anzi i temporaneilimiti, che sembrano ma non sono la Tradizione perenne.

Nelle forze sovrasensibili del Sole che splende, dei ritmidell'Universo, della natura che crea, del pensiero che pensa, delsentire che sente, del volere che vuole, va incontrata lapresenza del Logos, perché tale presenza possa divenirecomunione dell'anima con il proprio Principio e perché l'animaconseguendo in tal modo la sua reale luce, divenga forzaoperante nel mondo. Altrimenti essa si sottrae alla sua correntedi vita, e nella funzione che le viene imposta dall'umanoattuale, coopera alla corruzione di tale vita. Così lo gnostico fal'asceta tradizionale e si orna di modi santi, accusando il mondomoderno - secondo la moda esoterica del tempo - della cuidegradazione egli senza saperlo è uno dei solerti artefici.

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14 - DEITA' OSTACOLATRICI

Il cercatore spirituale di questo tempo non può superare ilimiti della personale natura, ossia i limiti di ciò checostituzionalmente è, senza la conoscenza data dallo Steinercirca la natura dei due Ostacolatori, Lucifero e Ahrimane: nonpuò uscire dal guscio della soggettività, finché la funzioneumana della soggettività gli è mediata dai Due. Così, quandoegli comincia a operare al superamento della soggettività,riconoscendone la forma egoistica, senza avvertirlo muovemediante le forze stesse che lo vincolano alla soggettività. Solose non si lascia paralizzare dai disastri a cui periodicamentetale contraddizione lo conduce, anzi ne cerca il senso celato,può scoprire il retroscena delle forze e operare in accordo conesse: realizzare il senso reale della soggettività.

Se volge allo Spirituale, il primo suo moto gli è dato daLucifero, se volge alla Forza o all'acquisizione dei Poteri, il suomoto appartiene ad Ahrimane. Ma dire che l'influenza èluciferica o ahrimanica, è come dire ogni volta che èsimultaneamente luciferico-ahrimanica, con prevalenza di unodei Due. In origine avversi l'uno all'altro, l'uno operando dallospirituale, l'altro dal sensibile, ma ambedue nell'intimo del-l'anima umana, essi sono uniti in un patto contro l'uomo,dall'epoca della formazione originaria dell'anima cosciente,ossia da quando avvertirono nella nascita dell'AutocoscienzaIndividuale, la possibilità della liberazione dell'Io dell'uomo edel suo affermarsi come centro interiore della terrestrità.

Conoscendo le leggi che occultamente vincolano l'uomo agliOstacolatori, la religione tradizionale ha sempre consideratodemoniache le pratiche magiche o esoteriche, e sempre tenutoin sospetto le forme individuali dell'ascesi in seno al culto: si

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tratta tuttavia di una conoscenza che, quando cessa di avere ilcontenuto metafisico che la giustifica, degenera in una sorta diortodossia in continua tensione legalistica e persecutoria controle eresie, nella forma delle quali in realtà il più delle volte tentariaffiorare l'autentico Spirituale. In tale tensione già agisceAhrimane, l'Ostacolatore mirante a ridurre ogni valoremetafisico al livello dell'anima razionale, normativa,conservatrice, ligia al verdetto teologico. Ma quando allo stessolivello si manifestano movimenti opposti, che si ritengonoinnovatori in quanto combattono la rigida ortodossia, secondouna rottura formale, ma senza reale rimozione del limite, che èinvero limite interiore, allora è Lucifero che assume l'iniziativa,il dominatore dell'anima senziente.

I Due alla superficie sembrano combattersi e in verità sonoradicalmente opposti l'uno all'altro, in una sfera per così direpre-umana, dove la lotta tra Essi è immane. Ma nella sferaumana un patto originario li unisce: praticamente essi sonoconcordi in funzione di una comune meta: possedere l'uomo:concedergli tutto, spiritualità, religiosità, socialità, gerarchia,purché dipenda da loro, non sia libero: ché solo nell'elementodella libertà Essi sentono fluire lo Spirito, ossia il Principio cheli domina.

Le forme dello Yoga e della Gnosi tradizionale erano viemediante cui lo yogi, o il mystes, si sottraeva all'influenza degliOstacolatori, in un'epoca in cui l'Io era ancora per lui un'entitàrealizzabile nel samadhi o nell'estasi, ossia grazie altrascendimento del limite individuale: onde egli attingeva ilSuperindividuale non per virtù di forze individuali, bensìmediante specifiche tecniche di annientamento dell'elementoindividuale, nel quale appunto operava l'influenza delle Forzevincolanti alla terrestrità.

Quando, mediante l'elaborazione ellenica del concetto, ha

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14 - Deità Ostacolatrici

inizio la prima esperienza dell'Io nel pensiero e l'elementoindividuale si prepara ad essere portatore dello Spirito, siprepara parimenti un'epoca in cui ogni operazione yoghica oascetica che non impegni il principio individuale comeelemento centrale della coscienza, diviene veicolo dell'azionedegli Ostacolatori, i quali non hanno più limite: la tensioneyoghica e ascetica, scindendo la ricerca dei poteri e delle gioiedello Spirito dal presupposto sacrale originario, ossia dalla“offerta” al Divino, diviene subconsciamente il veicolomedesimo delle correnti luciferica e ahrimanica. Nellacontinuità delle pratiche dello Yoga o dell'ascesi gnostica,tuttavia, il reale protagonista comincia a essere l'Io individuale:che, in realtà, mediante tali pratiche, rispondenti a unanecessità interiore trascorsa, inavvertitamente compie qualcosache si attua bensì come un volere più profondo, ma contro ilproprio reale dominio su sé: a beneficio dell'uomo istintivo.

Questo contrasto occulto nel tempo attuale viene condottodall'azione sintonica dei due Ostacolatori, che impegnasimultaneamente l'iniziativa dell'Io, la corrente della volontà,una vocazione sottilmente mistica e una minima attività delpensiero, ma tutto sotto l'ispirazione di una “brama” chevincola pensiero, sentimento e volontà ai valori corporei e aicorrispettivi riferimenti spirituali.

La conseguenza ultima di ciò è naturalmente unrafforzamento dell'appena nascente Io, ma è un rafforzamentoche l'Io non possiede, venendo sempre afferrato dalla psiche edal corpo, secondo una sottile opposizione all'Io. Il contrastodiviene distruttivo in varie forme: dalla forma di un pacificorafforzamento della individualità inferiore, a quella di undrammatico combinarsi di stati di forza e di debolezza, disalute e di malattia, a seconda della vocazione sostanziale delsoggetto: la cui salvezza, dal punto di vista sovrasensibile, è

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appunto il costituirsi di situazioni per lui insostenibili che loportino a chiedersi che cosa di radicalmente sbagliato c'è nellasua vita.

La conoscenza della tecnica dei due Ostacolatori, per laprima volta donata da Rudolf Steiner, si rivela, con il potere diuna realtà cosmica, presupposto della reale liberazionedell'uomo. Normalmente l'Io opera, credendo di muovere ex se:in realtà è mosso dagli Ostacolatori. Ma l'Io può giungere adafferrare le proprie segrete forze, se riconosce come glivengono sottratte da Essi: può parimenti riconoscere il puntodella sua presenza nell'anima, in cui la loro influenza nongiunge.

La sottrazione delle forze è possibile in quanto i Duerealmente abitano nell'anima e la loro azione è talmenteinerente al pensare, al sentire e al volere, che l'uomo crede diessere lui a pensare, a sentire e a volere, mentre in realtà Essisvolgono la loro azione. Non v'è per lui possibilità di scorgerla:l'osservare, il percepire, l'agire interiore, sono veicolati da Essi,epperò identificati con la loro ispirazione: solo nelleconseguenze degli atteggiamenti interiori e delle azioni èreperibile l'elemento dell'errore sottile, ma non senza radicaleintenzione di ravvisarlo e di risalire alle sue reali cause. Ma,anche in tale caso, si può al massimo scoprire il tipo di errore,non superarlo, in quanto non se ne ravvisa l'origine nellainerenza profonda degli Ostacolatori alla vita dell'anima.

Nel migliore dei casi, si è capaci di riconoscere il proprio“egoismo”, la propria discontinuità, la serie delle delledeficienze interiori, e si prende la risoluzione di un mutamentodella propria vita, di una lotta contro se stessi, o contro undeterminato tenore di esistenza. Ma il sentimento, o lo statod'animo, che ispirano tale risoluzione sono essi stessiradicalmente dominati dalla identica sete di vita: mediante essi,

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in realtà riprende rinnovellata forza l'azione di Lucifero e, nellatematica dei correlativi valori pratici, quella di Ahrimane. Dacui risulta chiara l'indispensabilità che l'Io si porti a quella sedepura di sé nell'anima, in cui il suo pensare-sentire-volere non èafferrato dagli Ostacolatori.

Ne è ulteriormente riconoscibile l'importanza dell'ascesipreparatoria data da Rudolf Steiner, mediante l'eserciziodell'“azione pura”, del pensiero puro, del sentire puro, ossia dimomenti volitivi della vita dell'anima in cui la relazioneappartiene all'Io, fuori dell'influenza degli Ostacolatori. Ladisciplina della ripetizione e del ritmo di tali esercizi porta losperimentatore a familiarizzare con la zona sconosciuta in cuil'anima è una con l'Io, come con la sorgente della sua forza, edalla quale scaturisce la relazione di verità con il mondo e congli esseri. Tale relazione è simultaneamente cognitiva e morale:a tale livello, infatti, non v'è conoscenza che non siasimultaneamente forza morale. La conoscenza scissa dallamoralità è il dominio di Ahrimane, la moralità perseguita fuoridella conoscenza è il dominio di Lucifero.

Tuttavia la tecnica dell'azione pura ha valore semplicementepreparatorio: non può condurre molto in là il discepolo, se eglinon la converte in facoltà di percezione diretta dell'azione deiDue nell'anima: anzi può sviluppare forze dell'Io, la cuideviazione in senso luciferico o in senso ahrimanico divieneancora più grave, col rivestire persuasiva regolarità esoterica,in quanto abbia come veicolo l'acquisito gruppo di forze sottili,dovuto alla concentrazione. In verità il periodo del pericolo peril discepolo comincia quando ha inizio in lui il rafforzamentodel corpo eterico-astrale.

Se l'ingiusto, o il malvagio, non avesse la possibilità diimpossessarsi di forze spirituali, le Potenze del male nonpotrebbero contrastare la nascita dell'uomo interiore sulla

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Terra. Il vero male è appunto il potere spirituale in mano a chinon serve lo Spirito. che Questo potere naturalmente sfuggeall'Io del prevaricante, che tuttavia continua a provocarlo e aprodurlo a beneficio degli Ostacolatori, i quali in realtà lousano mediante lui: che crede di esserne il possessore.

Perciò la lotta contro il male, non può essere lotta controuomini, bensì contro limiti dell'anima: contro pregiudizi esuperstizioni in veste etica, contro idolatrie ideologiche, controforze trascendenti: in definitiva, contro Entità spirituali: maqueste non si combattono fuori della propria anima, perché nonsi incontrano se non nella scena di essa. Nella scena dell'animaindividuale, ha inizio la redenzione del mondo: la realizzazionedi ciò che è stato germinalmente donato dal Redentore.

Questo dono oggi viene respinto con inusitata virulenzadall'umanità, in quanto le anime possedute dagli Ostacolatoridivengono ulteriori forze avverse al Logos, dopo la morte. Nonimmediatamente collegabili con il Logos dopo la morte, essesono costrette a permanere per lungo tempo nella sfera dellaTerra, legate allo terrestrità, prima di ascendere al MondoSpirituale, onde vengono utilizzate dalle Potenze demoniachecome veicoli diretti delle ossessioni materialistiche e deimonoideismi sociali privi di dimensione spirituale, epperò dimoralità. Esse agiscono direttamente come impulsi lucifero-ahrimanici dotati di anti-solarità già organizzata, mediante lecorrenti occulte gnostiche, spiritualistiche e neo-spiritualistiche, il cui scopo inconscio è far ignorare la missioneattuale del Cristo sulla Terra e il Suo rapporto guaritivo conl'anima umana. La quale invero oggi necessita della ispirazionedell'Io Cosmico, o della forza centrale dell'Io, per fronteggiare iDegradatori e non fare propri i loro scopi: per non cedere allatentazione della brama del terrestre, dell'odio e dellaperversione etica della verità.

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* * *

Chi riesca minimamente a gettare lo sguardo nel retroscenasovrasensibile degli eventi, s'avvede che è inevitabile ladeviazione continua dell'operare dell'uomo, in senso luciferico-ahrimanico, perché le due Potenze veicolano il pensare, ilsentire e il volere: i quali scaturiscono bensì come forzeimpersonali da metafisiche Potenze cosmiche, mas'individuano nella coscienza per il determinarsi dell'Io e in talsenso si particolarizzano mediante il concorso dei Due. Questotuttavia entro un certo limite è necessario, anzi prezioso, perl'uomo: senza l'azione di Lucifero nell'anima, l'uomo nonpotrebbe avere l'esperienza riflessa del pensiero, né la capacitàdi accogliere in sentimenti di gioia o di dolore il risonare delmondo, o di accendersi di entusiasmo per qualche cosa: senzala presenza di Ahrimane non potrebbe avere in percezionisensibili il mondo. L'aspetto alterante è l'azione dei due oltre illimite della loro funzione mediatrice razionale-affettiva efisico-sensibile. Nel fornire all'uomo la mediazione dialetticariflessa e del sentimento, e quella della visione fisico-quantitativa del mondo, i Due afferrano la vita interioredell'uomo. Però possono afferrare l'anima e la parte dell'Iovincolata all'anima, non l'Io: nel quale è la Forza che li vince epuò asservirli allo Spirito: che sarà un giorno la via della lororedenzione ad opera dell'uomo.

Lo Steiner fornisce al moderno ricercatore simultaneamentela descrizione della funzione dei due Ostacolatori e il metodoperché sia egli a scoprirla in sé. Lo scoprirlo e il ritrovare in séil punto in cui non soggiace alla loro influenza, anzi può fare diessa un veicolo dell'Io libero, è l'inizio del reale camminospirituale: fino alla identificazione di quel punto, ogniprocedere manca della sicurezza di procedere verso la Verità.

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La scienza di questa identificazione è la via rosicruciana.Fino a che non scorga l'identità dei moti dell'anima con l'azionedi Lucifero, in sostanza il discepolo persegue uno sviluppospirituale, non per lo Spirito ma secondo l'impulso di Lucifero.Ma può scoprire che questo è introduttivamente inevitabile eche egli non avrebbe intrapreso il cammino, se inizialmentenon avesse obbedito a un moto interiore di natura luciferica,ossia alla “brama” del miglioramento interiore, della luce,della forza: dei massimi ideali terrestri. Tutto ciò cheterrestramente riluce non è lo Spirito, ma il dominio diLucifero.

Il desiderio delle facoltà spirituali viene da Lucifero, ma lefacoltà spirituali, ove realmente si attuino, finiscono coldominare Lucifero: perciò questa entità tende a svilupparenell'uomo le facoltà spirituali nella misura in cui obbediscano aLei: naturalmente mediante il concorso di Ahrimane. Il qualepermane in basso l'ispiratore della fondamentalità dei valorifisici, riguardo alla legittimità degli ideali perseguiti, epperò ilsuggeritore della organizzazione di tali valori nella forma delprogresso e della instaurazione di un dominio “terrestre” dellasocialità e della religiosità.

La descrizione data dallo Steiner, risponde all'istanza ultimadella via dei Rosacroce, nella essenzialità delle sue assunzionicognitive: implicando il riconoscimento degli innumerevolisurrogati del cammino spirituale nell'epoca dell'Io. È vero cheesistono diversi gradi della verità, epperò serie di vienecessariamente erronee verso lo Spirito, comunque volgentiad Esso, ma una simile pluralità genera la confusione globaledell'umano, ove non sia dominato da una invisibile correzionegerarchica ad opera dei cercatori capaci di realizzarel'univocità, grazie all'assoluta indipendenza dall'azione deiTentatori: che è il segno del destarsi dell'Io Superiore

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nell'anima. L'opera di reintegrazione è commisurata dallaconoscenza della natura dei Due e dalla capacità di attuarerispetto ad essi la Forza trascendente dell'Io che, come Forza-Cristo, cosmicamente li ha già vinti. L'uomo reca invero in sétrascendente la Forza che vince Lucifero, la Forza che vinceAhrimane, ma perché questa non entri in azione, esistono le viesimilari verso lo Spirito, le imitazioni, le riduzionirazionalistiche e accademiche delle varie ascesi e persino dellaScienza dello Spirito.

La meditazione rosicruciana, come la più alta che operi sullaTerra, porta il discepolo a scoprire che non nell'anima, manell'intimo Io, egli reca il Principio che vince i dueOstacolatori: in sostanza la loro presenza nell'anima ha comesenso ultimo la sollecitazione di tale Principio vincitore. Madire questo è facile: è un retroterra metafisico teoricamenteconosciuto da tutti i lettori di Rudolf Steiner. La reale difficoltàè tradurre questa nozione in “conoscenza”, ossia in azioneinteriore.

La reale azione interiore, come si è accennato, è anzitutto lapercezione della inerenza delle Potenze deviatrici a ogni motodel pensare, del sentire e del volere. Il disporre di questo datoiniziale, consente al discepolo còmpiti che esigono bensì lainerente attività dei Due, ma secondo un obiettivo posto, fuoridel loro influsso, da una pura determinazione volitiva: indi gliaccennati esercizi del pensare puro, del percepire puro, delsentire puro. Da una simile ascesi preparatoria scaturisce unacorrente di autonomia dell'Io, che stabilisce con il mondorelazioni indipendenti dall'influsso luciferico-ahrimanico.

Ai fini della connessione con la presenza dai Rosacroce,l'indagine che necessita a un determinato momento di questaascesi, è chiarire con sé stessi che cosa veramente si vuole:occorre scoprire che si sollecita lo Spirituale e si lavora a una

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organizzazione etica della propria vita, con l'intento profondodi star meglio nella vita. Certo, occorre stare il meglio possibilenella vita, ma non per sete di vita, bensì per consacrazione diessa. Occorre scoprire la verità dell'intento profondo da cui simuove: che non è la ricerca dello Spirito, bensì la spiritualeespressione del proprio ego legato alla Terra fisica e vogliosodi forma metafisica. Tuttavia questa fase preliminare delprevalere dell'“apparire” spirituale sull'“essere”, è necessariae inevitabile, per un tempo più o meno lungo. Dalla conquistadi un più elevato grado di coscienza, dipende l'uscita deldiscepolo da tale fase di approssimazione o di finzionespirituale.

Non v'è movimento dell'anima che non sia dominato dagliOstacolatori; ma questa è la via perché il discepolo giunga adominarli. La conoscenza pratica della loro azione gli dà mododi non cadere nell'illusione di un'acquisita indipendenza daEssi: una simile illusione è essa stessa posizione luciferica. Inrealtà l'uomo volge alla ricerca dello Spirito, perché mosso daLucifero: volge alla ricerca del potere magico, dell'efficienzafisica, della sicurezza psichica, perché mosso da Ahrimane.Ahrimane e Lucifero, attraverso la ricerca spirituale, tendonoad “afferrare lo spirito”. Perciò oggi v'è un sovrabbondare divie verso l'extrasensibile. L'unicità della via dello Steinerconsiste nel fatto che egli dà una descrizione dell'azione degliOstacolatori, da cui il discepolo può trarre il pensiero-forza delPrincipio che in lui li domina. Tale pensiero-forza penetra ilsenso della loro presenza in lui, soprattutto riguardo alpercepire sensorio e al suo risonare nell'anima.

In ogni atto della coscienza le due influenze manifestano laloro presenza: che tuttavia è possibile unicamente in relazionealla presenza centrale dell'Io. Occorre realizzare tale presenza.Normalmente, l'Io, pur essendo al centro del movimento,

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ignora se stesso, in quanto s'identifica con il proprio spuriomovimento e crede di essere libero, perché pensa e vuole, manon avverte che nel pensiero già subisce l'influenza degliOstacolatori. Mentre crede di scegliere da sé, in sostanzasceglie secondo la spinta di quelli: tuttavia è sempre lui l'autoredel movimento. Non ha che a prendere coscienza delle forzeche usa: deve scoprire di averne l'originario dominio in quellaparte di sé alla quale non ha l'abitudine di volgere lo sguardo.

* * *

Quando l'anima s'esalta per gioia o dolore, attrazione orepulsione, entusiasmo o malinconia, subisce il dominio diLucifero. Quando un essere viene preso da tragicadisperazione, perché si sente venir meno l'amore della creaturaamata, è l'inganno di Lucifero che muove il suo sentire, comese ad esso corrispondesse la comunione con l'essere eternodell'altro, che invece non c'è. È questa la causa delladisperazione, non l'assenza dell'altro: che è invece perennepresenza, ove sia acceso in segreto il Sacro Amore.

In realtà, se si trattasse dell'essere eterno, epperò fosseacceso il Sacro Amore, l'Amore che “fa di se stesso fiamma”,non potrebbe essete questione di perdita o di conquista, né diesaltazione o di depressione: le quali intervengono in quantoinvero manca al centro il moto dall'eterno, ossia dall'Io, perciòparimenti manca la comunione con l'essere eterno dell'altro:che appunto è soltanto il simbolo della manchevolezza interioredel soggetto sofferente, un venir meno in lui della realtàsuperiore del sentire, il non rispondere del reale sentire a ciòche lucifericamente si costruisce del valore dell'altro. Laragione vera della disperazione è il sentire che non ha in sé loSpirito e, non avendo lo Spirito, non lo avrebbe neppure se

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l'essere amato non lo abbandonasse. Se l'essere amato non loabbandonasse, l'illusione luciferica, data la collusioneaccennata e la non conoscenza che essa comporla dell'elementod'eternità, verrebbe delusa gradualmente dalla routine a due,matrimoniale o similare. Perciò quel dolore senza fine hasoltanto un valore indicativo: il mancare del Sacro Amore,ossia del presupposto d'eternità, che all'esperienza binomialesolo il Graal accende. La deficienza profonda del sentiredominato da Lucifero, si rivela mediante un simbolo:l'abbandono dell'altro, onde si ha il senso di un venir menodell'essere eterno dell'altro, che si riteneva avere con sé unito eamante, mentre in realtà non viene meno, in quanto invero nonc'è né per lui né per l'altro.

Ciò, ben inteso, non è identificabile con il caso,simboleggiato dal mito di Orfeo ed Euridice, di un momento diseparazione necessario all'esperienza del Sacro Amore: per ilquale non ha senso parlare di perdita o di abbandono. Nel casodell'abbandono, l'elemento eterno è indubbiamente nell'uno enell'altro, come possibilità , ma assente nella correlazione delsentire, in quanto questa è tessuta da Lucifero. Che, se siguarda, è in tal senso l'avvisatore del proprio inganno:mediante l'acuto dolore dell'anima. Questo acuto dolore è ildolore dell'anima che manca del proprio elemento d'eternità elo cerca disperatamente, ma ancora illusoriamente, fuori di sé:se lo avesse in sé, il suo rapporto sarebbe con un essere amatoche non potrebbe mai perdere.

Questa situazione del sentire preso da Lucifero ha l'altroaspetto similare: quello della gioia dell'appagamento, che verràmeno per autoestinzione, mancando comunque di contenuto dieternità, epperò cercherà ogni volta nuovamente l'appagamentoin altre esperienze, ripetendo l'effimero rapporto, sino allaprova del dolore, in cui affiora ogni volta la possibilità della

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rivelazione dell'inganno luciferico.Qualsiasi forma dell'alternanza umana esaltazione-

depressione, gioia-dolore, ha internamente il tipico processodell'azione di Lucifero nell'anima: ma per verificarsi habisogno del concorso dell'elemento ahrimanico, che alimenta laserie delle parvenze del sensibile e la suggestione della assolutavalenza fisica del reale, necessarie ad alimentare il poterespirituale dello scenario materiale dell'esistere.

Parimenti la delusione derivante dall'inganno del prevalereahrimanico nell'anima, necessita del concorso luciferico, pertradursi in sensazione di conquista o di perdita: disoddisfazione o di compiacimento per il potere acquisito, o diodio, ira, angoscia, paura, per il bene fisico perduto.

Affrontando di continuo l'inganno dei Due, l'uomo divieneconsapevole di sé e gradualmente apprende che invano cerca lasostanza dell'essere, seguendo la propria natura e ignorandol'“essere puro” da cui originariamente muove: il propriocentrale essere. Ahrimane e Lucifero cessano di esseresuscitatori dell'errore, anzi divengono mediatori dellaestrinsecazione della “vita” dell'anima, se l'anima attua la suareale natura, attingendo in sé al Principio che li domina, inquanto li riconosce e ne riconosce la funzione.

La ricerca spirituale muove occultamente ispirata dalloelemento luciferico e ahrimanico. Indubbiamente la ricercamuove sono la direzione radicale dell'Io, ma tale direzione deveconquistarsi come autocoscienza, per non risolversi in unrisultato opposto a quello che essa si propone. È importanterendersi conto come del Sovrasensibile non sia possibile realeesperienza, senza la radicale distinzione di sé dell'Io, dallafunzione degli Ostacolatoti, nel contesto della esperienza.

Non è facile riconoscere nella via di Steiner il primorivelarsi dell'insegnamento dei Rosacroce: occorre dire che in

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tal senso il segreto si difende da sé, dal razionalismo imbelle.La meditazione sulla Rosacroce, contenuta nella ScienzaOcculta di Steiner, è il segreto di cui vanno affannosamente incerca gli esoteristi occidentali: lo cercano per tutta la vita mararamente qualcuno di essi lo riconosce, essendo mirabilmentenascosto in un libro alla portata di tutti, mediante imagini diun'assoluta semplicità. Certo, il còmpito è operare mediante taliimagini, così che esse siano un'esperienza dell'Io piuttosto chedell'anima razionale-affettiva, sottilmente manovrata dagliOstacolatori: onde nell'operazione venga evocato comeprincipio il Logos, l'apice dell'Opus rosicruciano. Non è facilericonoscere la via centrale della Iniziazione, nellareintegrazione secondo il Mistero del Logos divenuto uomo;ma parimenti non è sufficiente aderire alla corrente delloSteiner, o coltivare lo studio della sua opera, per afferrare ilsegreto di tale via: che è appunto la consapevolezza dellaindipendenza dell'essere originario dell'anima dall'influenzadegli Ostacolatori.

In realtà nella conoscenza dell'azione dei Due, si ha unachiave graduale, che funziona secondo la verità della ascesicorrispettiva: opera liberatoriamente a ogni livello, epperò digrado in grado, sì da far ravvisare l'azione dei Due nella formaindividuale, collettiva e mondiale: che è la chiave delretroscena della storia presente dell'uomo, altrimentiincomprensibile. Il discepolo apprende come le vie diverseverso lo Spirito, dalle più elementari e oscure alle piùorganizzate e sapienti, siano altrettanti livelli di coscienza, incui si esplica il dominio dei due Ostacolatori fornentil'Occultismo, lo Yoga, o la Magia, necessari ad appagare labrama spirituale dell'ego.

Chi riconosca l'azione degli Ostacolatori in sé, la riconoscenella storia quotidiana dei popoli: soprattutto nella politica.

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Riconosce l'ispirazione di Lucifero e di Ahrimane neiprovvedimenti che, sotto forma etico-sociale, determinano unasempre più costruttiva dipendenza dell'individualità singola dalmeccanismo di norme prodotte in nome di un astratto benecollettivo: in cui da una parte Lucifero opera attraverso ilmessianismo sociale - la realizzazione del bene collettivosempre rimandata al futuro - Ahrimane attraverso lapersuasione di un progresso umano attuabile mediante ildominio matematico-fisico, numerico-quantitativo del reale.

Ahrimane ispira l'idea di un progresso fisico che provvedadefinitivamente ai bisogni esteriori e interiori dell'uomo:Lucifero suscita l'imagine di una integrazione spirituale di talemondo, in quanto provvede alla controparte etica, religiosa,sociale, della situazione materialistica o ahrimanica. Ambedueoperano acciocché né il progresso né l'attività interiore sianoespressione dell'uomo libero, o dell'uomo reale, in quantoentità sovrasensibile.

* * *

Lucifero viene superato dalla capacità del discepolo divivere etericamente il concetto, ossia il concetto nella suaessenziale purità: la luminosa geometria dei pensieri chefugano le nebbie retoriche dell'anima. Ahrimane viene fugatodalla capacità dell'uomo di sentire il dolore, di essere veritierocon sé, di intuire il senso della Morte: subisce l'insopportabilitàdell'esperienza umana della Morte e fugge dallo uomo che staper essere abbandonato dalla vita, perché di tale vita a spesedell'uomo esso si alimenta. La paura della Morte viene daAhrimane, perché esso teme l'esperienza umana della Morte.

Occorre dire che vincere radicalmente uno degliOstacolatori, significa vincere anche l'altro. Chi abbia

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l'esperienza del concetto articolantesi dall'essenza, vinceLucifero, ma con ciò anche Ahrimane: perché i Due manovranol'uomo mediante il guscio astratto del concetto. Altro, infatti, èil concetto astratto della bontà, o della giustizia, o della fede, odella pace, o della fraternità, altro il concetto vivente. Ladifferenza è come tra tenebra e luce.

Così vince ambedue gli Ostacolatori, chi conosca in séun'esperienza che equivalga alla morte di sé. L'alimento diAhrimane infatti è bensì la vita, ma nel veicolo dell'ego. L'egoè l'Io che si vincola con l'assoluta forza dello Spirito allastruttura della terrestrità, opponendosi allo Spirito che sorreggela terrestrità.

Nella mia non breve esperienza di ambienti e tendenzeall'esoterismo, ho conosciuto serie di personaggi elettrizzatidall'imagine tratta dal Taoismo e dallo Zen, “lasciare la presa”:imagine che si può dire riassuma il senso di tutta l'ascesiestremo-orientale e delle sue combinazioni con il Mahayana.Io stesso, prima del mio concreto incontro con l'insegnamentodello Steiner, avevo sondato tutto il sondabile di quelledottrine, ma con il risultato di trarne un còmpito di metafisicaliberazione non dissimile a quello di altre ascesi, anche sepoeticamente e aforisticamente più essenziale.

Qualche anno più tardi, nel mio reincontrare questi cercatoripercepivo la potenza dell'elemento luciferico della loroispirazione riguardo a uno Spirituale “sentito”, emotivamenterappresentato, ma noeticamente non percepito, perchéinavvertita l'essenzialità del tessuto del pensiero che pensa il“lasciare la presa”, o il satori, o la bodhi luminosa. Sentivo ladifficoltà a far intendere, a questi cercatori, l'inerenza delgiuoco luciferico-ahrimanico alla loro operazione: la qualeimplicava bensì indirettamente l'attività del principio centraledell'anima, ma di questa, all'atto pratico, veniva privata per

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effetto di quel giuoco, sfuggente alla coscienza. Mi era difficilefar intendere che in realtà la presa appartiene agli Ostacolatorie che solo la forza impegnata in essa appartiene all'uomo: ilquale tuttavia non la possiede, non avendo connessionecosciente con essa: se la possedesse, non avrebbe bisogno dilasciare la presa. Il mantenere o il lasciare la presa non mutanulla, se non si riconosce in essa il giuoco dei Due. La presa diLucifero e di Ahrimane sull'uomo, deve bensì essere lasciata dalui, ma a condizione che egli conosca come veramente la tengae mediante quali forze e chi sia il Soggetto che può realmentelasciarla.

Non v'è possibilità di lasciare la presa senza losvincolamento del pensiero dall'organo mediante cui dicontinuo esso assume come proprio il contenuto luciferico-ahrimanico di cui si fa forma la presa. Il còmpito, è appuntosperimentare il pensiero come forma pura, estinguendo ciò cheappare contenuto ed è invero nulla. Dinanzi a questo nulla,sorge la pura forza della forma-pensiero, creatrice di un nuovoessere.

Il discepolo, mediante l'ascesi rosicruciana, conosce lamorte del pensiero, in quanto pensiero astratto: con questoconoscere già muove al livello vivente della Luce. Egli realizzal'elemento di purità insito in quella astrattezza, in quantosperimenta la sua positiva funzione negativa: di produzione diun “vuoto” necessario all'elemento spirituale nel mentale,epperò non si lascia ingannare dalle sue parvenze dialettiche divita.

L'ordinario pensiero razionale è pensiero concretamentemorto, in quanto astratto: è il segno del pensiero, non ilpensiero. Il discepolo utilizza questa dimensione di morte, inquanto la realizza come tale, riportandola al limite della vita,con l'afferrare il “puro pensiero” astratto: giovandosi della sua

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a-psichica, a-mistica e impersonale dimensione, acquisisce ilpotere di sperimentare la vita dell'anima. Sperimenta uno zerodella tensione psichica, una sorta di morte di tutto ciò che èsuperfluo, retorico, esaltato o depresso, inessenziale, bramoso orepulsivo. Entra in una zona di “alto silenzio” e d'assolutaassenza di psichismi, in una zona di morte di tutto ciò che èdialettica o eretismo mentale: conosce una pace abissale in cuinon deve temere di sprofondare, “superando l'iniziale sensodel morire”, che è semplicemente morire della retoricainteriore.

Tale dimensione metafisica egli consegue, in quanto realizzal'elemento di morte del pensiero astratto, che è il pensieroahrimanico, temporaneamente annientatore del pensieroluciferico: è il pensiero di tipo matematico-fisico, il cui realecòmpito è condurre l'uomo fuori delle nebbie della interioritàvincolata alla psiche, o alla cerebralità. Tale elemento di morteviene utilizzato come veicolo di purità, dalla metafisica forzadell'Io, presso la soglia mentale: come veicolo delle potenzeincorporee, o non cerebrali, del pensiero. Il discepolo cheattraversi la zona dell'alto silenzio e della estinzione delletensioni mentali, in sostanza sperimenta come “atarassiacristica” l'iniziale vita dell'Io indipendente dall'influsso dei dueOstacolatori.

Ahrimane è in profondità opposto a Lucifero, e viceversa:còmpito spagirico e micaelita, epperò insegnamento degliistruttori della Rosacroce, è rendere funzionante questaopposizione basale, quale varco dinamico allo Spiritonell'anima. I Due agiscono simultaneamente concordi, secondoil loro Patto contro l'uomo: l'iniziato è colui che sa scorgere taleconcordia, epperò la scompagina: utilizza la forza dell'uno perneutralizzare l'eccesso dell'incalzare dell'altro, restaurando ilvalore dinamico della opposizione originaria. Questa, invero,

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non può essere sperimentata, senza la percezione dell'attualesimultaneità concorde dei Due.

L'ermetico solve et coagula, il dosaggio alchemico e laspagiria si rivelano allo sperimentatore rosicruciano formesimboliche di operazioni volte ad un'impresa iniziatica, cheoggi egli può realizzare mediante la spagiria del pensierovivente: onde nell'anima l'elemento solare (Logos) separa loelemento lunare (Lucifero) dall'elemento terrestre (Ahrimane),per operare su essi secondo il Potere originario: sorgente dalsegreto essere della Terra, come dall'essenziale scaturiginesolare.

In tal modo egli attua la via dei nuovi tempi, o viarosicruciana: grazie al “pensiero libero dai sensi”, sospendel'adesione dell'anima al sistema nervoso, dovuta aquell'influenza di Lucifero di cui l'anima attende essereliberata: ma con ciò Ahrimane viene “isolato” nel sistemanervoso che è la sua legittima sede, onde la sua azione non puòpiù nulla sull'anima. La via rosicruciana insegna che l'animadeve sperimentare il mondo sensibile mediante il sistemanervoso, ma non lasciarsi afferrare dalle forze strumentali delsistema nervoso. I disastri dell'anima dipendono sempre dal suolasciarsi afferrare da tali forze che da strumentali, divenendodominatrici in funzione ahrimanica, sovvertono l'interno ordinegerarchico dell'anima e il suo rapporto con la corporeità.

* * *

Questi brevi accenni alla funzione dei due Ostacolatori nonpossono che essere allusivi È impossibile che lo sperimentatorefaccia molta strada, ove non si liberi dell'illusione di avercompreso tale funzione in base a semplice apprendimento oriflessione, sia pure attenta, dei contenuti della Scienza dello

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Spirito. V'è in questa molto più di ciò che può esservi appreso eimmediatamente intuito. Occorre liberarsi dell'idea che il capiresia l'operazione fondamentale: è indubbiamente fondamentale:ma in quanto si attui come un superiore volere. Riguardo allafunzione degli Ostacolatori, giova andare oltre i preliminari e leovvie interpretazioni: che si tratti in fondo di aiutatori, o distimolatori dell'uomo; che siano al servizio del Divino; cheinfine l'uomo stesso li redimerà. Tutto questo su un certo pianoè senz'altro vero, ma non è che una preliminare interpretazionedella reale verità. La quale invero non può essere espressadialetticamente, se non a condizione di ingenerare equivoci.Ma ciò che non può essere detto, è contenuto come “pensierodi fondo”, attraverso la diversità dei suoi aspetti,nell'insegnamento dello Steiner: la meditazione fedele soltantopuò condurre alla percezione di tale pensiero.

Allo stesso modo che una sostanza come la dinamite oun'energia come l'elettricità possono essere pericolose nellemani di chi non le conosca, ma divengono preziose per chi nepossegga le leggi fisiche e la loro pratica utilizzazione: così leforze di Lucifero e di Ahrimane un giorno potranno esserepossedute e usate dall'uomo. In realtà, il senso del male non èla lotta contro il male la quale da principio è inevitabile, madarà sempre luogo all'equivoco di considerare male tutto ciòche contraddica la propria posizione personale: il senso ultimodel male è il suo venir trasformato nella forza di cui esso è ladistorsione.

Né si deve credere che i produttori del male siano Lucifero oAhrimane: in tal senso essi sono davvero innocenti. L'autenticoproduttore del male è l'uomo, per il fatto che inconsciamente faun uso errato delle forze di Lucifero e di Ahrimane, nondistinguendo da esse la propria inalterabile forza: quella insitanell'Io. Posso rimandare il lettore a un chiaro discorso di Marco

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Spaini, pubblicato sulla rivista Antroposofia (I, 1946, p. 195)con il titolo “La funzione del male nel problema della libertà”,dove il profilo dei Due viene tratteggiato con linearità limpida,di particolare efficacia, dovuta alla personalità dell'Autore,eccezionalmente caratterizzata da uno spirito di pura praticitàdell'ascesi: ma anche qui è inevitabile che rimanga fuoril'essenziale.

Questo essenziale viene di continuo indicato dallo Steiner informe diverse, epperò non risulta dialetticamente definito:viene indicato in modo che il sagace ricercatore possaafferrarlo da sé. Se egli in tal senso lo afferra, non solo ha lachiave centrale della Scienza dello Spirito, ma della propriavita e di tutto il suo lavoro avvenire. La via iniziatica vienerealmente percorsa dal discepolo che comprenda il senso della“simultanea” azione in lui delle due Forze. Esse lo traggono dicontinuo nella loro sfera d'azione, di continuo tendendo asottrarlo alla direzione di centro che gli è propria: onde egliscambia per propri i loro impulsi. In tal modo, però, egli le hasempre a portata di mano e proprio per questo ha la facoltà di“capovolgere la situazione” e di usare lui la loro azione,secondo il proprio essere autonomo da esse.

La via rosicruciana è appunto questa: una sorta di judo, manon fisico, e non in rapporto ad avversari visibili, bensìinvisibili. Le forze del Buddha preparano sempre la via alLogos: così anche nei nuovi tempi. Ma perciò oggi invale comeBuddhismo, Mahayanismo, via dello Zen, qualcosa che è lacorruzione delle originarie forze del Buddha: originarie epperòoggi più che mai essenziali all'esperienza della liberazione.Naturalmente, parliamo di forze del Buddha o del Buddhismo,non del Buddhismo in quanto specifica corrente ascetica, oreligiosa.

V'è un'intima Forza nell'Io, non afferrabile dalla influenza

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dei Due: Forza che tuttavia necessita dell'azione di Essi perestrinsecarsi e attuare la propria profondità nello umano. È laforza mediante cui egli può fare di ciò che di continuo preparale sue catastrofi, il veicolo della sua ascesa spirituale, il veicolodell'Alta Magia, o Magia Divina. Questo è il sensodell'insegnamento rosicruciano: le Entità che riescono a indurrel'uomo alla perpetrazione dei massimi abusi e del massimomale, sono le stesse mediante cui egli può realizzare il più altoideale umano: creare secondo lo Spirito. A ciò il discepolo -anche se non sa nulla del Buddha - evoca in sé le forze delBuddha, che gli consentono il più sottile svincolamento dallapresa dei Due.

La via dello Spirito non appartiene a chi cautamente siguarda dall'essere afferrato dagli Ostacolatori, e in tal modo neè veramente afferrato, senza saperlo, bensì a colui che scopre laparte di sé che si lascia afferrare da Essi e affranca in tal modouna Forza che di continuo gli sfugge: tale Forza è indipendenteda Essi ed è capace di dominarli, e così, dominandoli, puòrestituire all'uomo la centralità della sua funzione, essendo lasua intima Forza. In tale tecnica opera la corrente prenatale delBuddha, come facoltà di affrancamento dai più sottili vincolidella brama, mediante cui gli Ostacolatori tengono l'uomo.L'essere che si svincola è l'Io: il “perfetto svegliato” è l'“Iosono” nell'anima. In tal senso la corrente del Buddha, preparala via al Logos nell'anima dell'uomo. Ma dovrebbe essere benchiaro che non si tratta del Buddhismo o delle sue tecnicheascetiche, bensì del suo “impulso cosmico”.

Non v'è via tantrica, o Zen, o Magia spagirica, che uguaglila grandezza di una simile possibilità. Si tratta di comprendereperché lo Steiner descrive in modi diversi la duplice azionedegli Ostacolatori e la loro relazione con l'Evento del Golgotha,posto da Lui al centro dell'evoluzione dell'uomo. Non v'è

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bisogno di contrapporsi a Lucifero e ad Ahrimane: è sufficientecontemplarne la presenza. Non ha senso combatterli: essenzialeè sorprendere in sé la loro forza, distinguendo da questa laForza dell'Io: ma ciò esige quella conoscenza della lororadicale inerenza alla vita dell'Io, che sola può dare modo all'Iodi operare secondo la propria autonomia buddhica rispetto adEssi e perciò di articolarsi negli istinti come nelle “proprie”essenziali forze alterate.

Si tratta di essere nell'Io, prima che nell'anima: allora si puòrealmente agire nell'anima, perché in verità l'Io “non puòessere afferrato” né da Ahrimane né da Lucifero: l'Io è in realtàil loro dominatore. L'Io deve soltanto essere capace diconoscersi per attuare un dominio che già possiede, ma non sadi possedere, comportandosi come se ne fosse privo. L'Io nonha che a essere: non deve compiere sforzi, solo essere sémedesimo, secondo un movimento che già possiede, perchè è ilsuo originario movimento. Gli Ostacolatori, in definitiva,stanno lì a sollecitare tale movimento: l'essere dell'Io, l'Io sono.

Chi intenda questa possibilità, ha il principio reale dellaForza, la più alta impresa dello Spirito innanzi a sé, la via dellaliberazione e l'arte di trasformare il male in bene. Subitoincontra come prima materia da elaborare il karma, il proprio el'altrui, dei suoi fratelli umani. Si avvede che sono statiaccumulati debiti a non finire e che non ce n'è uno che nondebba essere pagato: la remissione dei debiti è bensì possibile,ma in quanto vi sia qualcuno che se li accolli. Una voltascoperta la Forza, la via della liberazione e della Magia Solare,il credere di pensare a sé stessi è un non senso: unacontraddizione in cui può cadere solo chi non ha compreso lavia e ancora la concepisce sotto l'influsso luciferico-ahrimanico.

Come sorge la Forza, ci si trova bensì sul sentiero della

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liberazione, ma dinanzi a un immenso mondo di mine spiritualie a un immane mondo di entità demoniache prodotte dall'uomo,esigenti da lui il loro sussistere. Comincia un'opera dipreparazione dei còmpiti interiori necessari al futuro, primo frai quali quello che dia modo all'uomo di cessare di produrre ildemoniaco. È vero che i due Ostacolatori portano l'uomo allaproduzione dei massimi mali, ma in ciò va riconosciuta l'azionedi un potere progressivo dell'Io, che, corrompendosi in rapportoal proprio processo, sollecita ulteriori forme del demoniaco:qualcosa che va oltre la corruzione possibile ai Due, onde,come è preannunciato dall'Apocalisse, altri Demoniintervengono a sedurre l'Io dell'uomo, fortificato ma nonliberato. L'arte dell'Io è la coerenza profonda con l'intima ForzaSolare, la decisione secondo l'assoluta connessione conl'essenza del mondo: ancora una volta l'arte dell'Io è afferrare eusare il potere dell'Impeditore, per operare all'estinzioneulteriore della produzione demoniaca, il debito karmico umano.

Il potere dell'Impeditore è in realtà il simbolo del potere chel'Io possiede, ma non avverte epperò non usa: onde quello lousa contro di lui.

È importante percepire il carattere dinamico dellarivelazione dello Steiner: una rivelazione vasta come ununiversale, in cui c'è lavoro per tutti, a ogni grado: onde aciascuno è possibile la propria correlazione, come un personalearrangiamento con la Verità. Ma al centro v'è l'asse di questaVerità, la cui conoscenza è l'esperienza di pochi, anzi di rariuomini: ai quali essenzialmente si rivolge il messaggio diSteiner, come a coloro il cui còmpito è unificare i gradi,impliciti nella necessaria pluralità dei gruppi, secondoinvisibile gerarchia.

Questa gerarchia esiste nella sfera astrale superiore, ed è ilrapporto vero tra i singoli e tra gruppo e gruppo ma può essere

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contraddetta nella sfera fisica, anzi, avversata, proprio dacoloro che sono i solerti custodi della regolarità cultuale. Puòaccadere che da costoro, i portatori della gerarchia invisibilesiano veduti come scompaginatori dell'ordine “giuridicamente”costituito: e che perciò vengano avversati senza esclusione dicolpi, resi plausibili dalla più sottile funzione luciferico-ahrimanica sollecitata: la regolarità della nozione di talefunzione generando nei detti custodi uno smorzamento dicoscienza della effettiva dipendenza dalla azione degliOstacolatori.

Ma tale situazione ha il suo rovescio: che l'attacco in nomedella regolarità offesa, è un aiuto per i portatori della gerarchiainvisibile, ai fini di una conoscenza più esatta della tecnicadegli Ostacolatori e del processo della reale regolarità, cheesige bensì una sua forma esteriore, ma a condizione chequesta nella sua vuota fisicità non assurga a presuppostometafisico: l'inverso della gerarchia. Onde per i portatori dellagerarchia, ispirati dalla invisibile fraternitas dei Rosacroce,l'attacco da parre dei cultori della parvenza, non ha altro sensoche di istanza all'azione rettificatrice, grazie alla conoscenzadelle forme sottili dell'influenza degli Ostacolatori.

Questa conoscenza è in realtà esperienza individuale: sisvolge nella scena dell'anima. Il raddrizzamento di ciò che èdistorto, la restituzione della gerarchia, sono eventi cui l'adeptoattende in sé, mediante l'infima Forza dell'Io: secondo la lucedel Logos, può scorgere nell'anima l'azione radicale degliOstacolatori, che sembra giungere da fuori. Tutto ciò chegiunge da fuori non è che simbolo di tale azione: nell'animaprofonda, in quanto sia sperimentata la azione radicale degliOstacolatori, viene liberata l'azione umana: sorge l'“azionepura”. Gli istinti risorgono come forze pure: l'Ordinatoreinteriore riassume ciò che è suo all'origine.

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A conclusione di queste considerazioni sulla funzione degliOstacolatori, resta a dire che l'assunto della compassione,dell'amore per il prossimo, della comprensione dell'altro, dellafraternità, può uscire infine dal limite della recitazioneconvenzionale, o della esaltazione sentimentalistica, o dellastrumentazione politica, per divenire forza operante, in quantomuova dalla percezione del retroscena occulto dell'egoismoumano.

Lo sperimentatore che riesca a intuire la funzione degliOstacolatori, nella cattiveria umana non vede qualcosa controcui debba erompere l'accusa, non reagisce contro essa con lostato d'animo della condanna, non risponde con ulteriorecattiveria, sia pure giustificata, non viene afferrato darisentimento: egli contempla e comprende, non in base a unmistico sentimento non sempre chiaro e inalterabile, o a regoleetiche, ma soltanto per il fatto che il risentimento o lacondanna, secondo la noesis del pensiero liberato, non hannosenso in sé, ma solo come veicoli di conoscenza. Sul pianoformale, etico, giuridico, la condanna ha i suoi motivi peresserci e deve esserci, ma, intatta lasciando la necessità di taledharma, lo sperimentatore si regola secondo la sua libertà e larichiesta specifica delle situazioni: “interiormente” eglirealizza la comprensione del colpevole, perché si sentecorresponsabile della sua situazione: vede l'azione malvagiamuovere bensì da lui, ma dalla sfera in cui il suo Io, nonconsapevole, viene mosso dagli Ostacolatori.

La saggezza a tale livello porta l'operatore bensì a separarel'Io del colpevole dalla influenza che lo induce nello errore, masimultaneamente a separare questo atto interiore dalla obiettivanecessità del suo aspetto etico, giuridico, politico. Non v'èequivoco più grave che il confondere i piani e dare in pasto aimanovratori politici un principio da essi temporaneamente

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irrealizzabile come valore interiore, e usabile solo comestrumento tattico o propagandistico.

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15 - MAGIA SEXUALIS

La conoscenza, non semplicemente informativa, dellafunzione degli Ostacolatori nell'uomo, in relazione a esperienzeche presentino carattere di “destino” piuttosto che di formedella iniziativa individuale, suggerisce considerazioni pratichesul senso ultimo della spagiria, epperò in particolare inrapporto al sesso. La più sottile forza, la più elevata, mediantecui Essi operano nell'uomo, risulta appunto il sesso, la cuisublimazione, per quanto assurga a rarefazioni platoniche, nonesce dal dominio di Lucifero: al quale, in tal senso, èinseparabile quello di Ahrimane, vincolante il corrispettivosentire-rappresentare all'apparire sensibile.

Dalla meditazione sulla relazione tra le Gerarchie e lecorrenti pure del pensare, del sentire e del volere, secondo ilcanone rosicruciano, si può muovere per distinguere nellacorrente dell'eros la potenza che appartiene all'Io, da quelladegli Ostacolatori. Ma si tratta di una tecnica assolutamentediversa da quella che ritiene poter “sorprendere” gli impulsiradicali dell'eros, sollecitando di proposito i processi dellabrama e della voluttà.

L'ambiguità dell'eros e la sua inafferrabilità dipendono dalsuo presentarsi come una potenza unitaria: dinanzi alla qualeinvano l'Io tenta porsi come dominatore ed esercitare ildistacco, perché si trova dinanzi a una forza soloapparentemente obiettiva: in realtà si trova dinanzi alla propriaforza coinvolta, e coinvolta in modo da non potersi come talescorgere. Il fallimento di tutte le magie sessuali si deveall'equivoco di questa radicale e non posseduta identificazionedell'Io con la natura, onde la natura comunque coinvolge l'Io:cui viene tolta la possibilità del “non agire”, l'azione pura,

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ammesso che in qualche modo abbia cominciato asperimentarla.

La radicale identificazione esige una spagiria, che non puòvenire dai ragionamenti o dai sentimenti coltivati in base allenozioni ermetico-alchemiche, né dagli atteggiamentioccultistici e dal fatto che ci si ritiene maestri perché taluniascoltano il nostro sapere affascinati e talora al loro livelloinvero aiutati, epperò inclini a proclamarsi guide spirituali.Malgrado i conseguimenti, il principio che nell'eros manifestala più alta potenza dell'uomo, permane gravido di possibilità,come una chiave rara a far funzionare, perché in realtà chiavedi tutta l'impresa spirituale.

Nei libri Dell'Amore Immortale e Graal, quest'ultimo colsottotitolo “Saggio sul Mistero del Sacro Amore”, inconformità a un obiettiva ispirazione, rispetto alla quale ilGraal è più che un simbolo, ho tentato tracciare un sentieroverso la spagiria solare: ma, riguardo all'uso magico delle forzedell'eros, che è in sostanza la sua redenzione, tutto quantopossa essere detto o alluso, ove si prescinda dalla chiaveessenziale del pensiero liberato, si aggira attorno alla istanza diun'azione indicibile epperò realmente incomunicabile: ondeogni discorso sull'argomento rischia di essere equivoco.

Di sostanziale può essere detto questo: riconoscerecontemplativamente l'azione delle Gerarchie nelle correntiliberate del pensare sentire volere, è la prima fase di unaelevazione che dipende solo in parte dal discepolo. Una voltapercepita ciascuna corrente allo staro puro, egli può esercitarsia distinguere la superiore corrente unitaria del pensare-sentire-volere dalla sfera in cui entra in collusione con le influenze diLucifero e Ahrimane, per la sua determinazione egoica. Eglipuò iniziare un opus spagirico, dapprima mediante attivitàimaginativa volta ai moti dell'eros, che si presentano con

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sollecitati: per lui il còmpito è separare, mediante imagini,l'elemento aureo-solare del volere vitale dalla sua alterazionebramosa. La brama è una continua formazione dell'animadominata dagli Ostacolatori. L'opus procede, appunto, inquanto il suo ulteriore svolgimento, permanendo necessari losforzo e la disciplina, viene accordato dal mondo Spirituale.

Non si tratta di distacco né di rifiuto, ma di qualcosa di piùsottile, di azione pura nell'azione, grazie alla tecnicadell'imaginare liberato: un intervenire nel movimento inferiore,così da incorporare solo il suo darsi originario, là dove sipresenta istintivo, e da condurlo oltre, sollecitandone la forzaradicale: perciò è simultaneamente un distacco e un atto piùprofondo, sino a una comunione pura con quella forza, chenormalmente si altera come brama, non avendo altro veicolorispetto alla coscienza. In sostanza il moto originario proprio alsoggetto, si congiunge volitivamente con il movimentospontaneo dominato dagli Ostacolatori e lo assume, ponendooccultamente la premessa di un diverso rapporto con l'azione diEssi. Di questo, un giorno, l'uomo che si congiunga con ilproprio Principio Solare, o con il Cristo, determinerà lafunzione. Sin dall'inizio, tale Principio opera come un poterepiù alto e assolutamente impersonale, che, sia pure non ancorariconosciuto, s'impossessa del movimento inferiore e se neserve come di un veicolo per penetrare in profondità la strutturaumana: a ciò, tuttavia, necessitando dell'atto libero dell'Io.

La meditazione della Rosacroce, data dallo Steiner nellaScienza Occulta, ove sia integrata da esercizi contenuti nei“Quaderni esoterici”, conduce a una simile possibilità: essacomunque fa appello a una volontà centrale che sin dall'iniziorechi in sé un'esigenza di assoluto e la consacrazione che lecorrisponde. Del resto, la funzione sostanziale di una similetecnica è il senso ultimo della disciplina rosicruciana: non la

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lotta contro gli istinti, ma la loro penetrazione etrasformazione. La misura della coscienza iniziatica sarà lavocazione radicale del Logos nell'anima, come persuasione dipoter trasformare in bene il male del mondo.

È difficile trovare in Steiner chiarimenti sul problema delsesso: né mi risulta esistere una sua specifica trattazionesull'argomento. Tuttavia, se si osserva, tutto il suoinsegnamento è un indicazione dell'opus spagirico, come diimpresa non prospettabile in uno schema determinatopsicologicamente e secondo tecniche di tipo tradizionale, bensìrealizzabile dall'individuo libero, in quanto sia capace diimpossessarsi da sé delle iniziali forze di coscienza richieste aintuire via via sperimentalmente il còmpito.

È decisivo in tal senso il retroscena cosmico della dinamicadelle forze in atto: in alto le Gerarchie regolari governanti tuttociò che strutturalmente e funzionalmente è ritmiconell'Universo e in particolare sulla Terra: in basso, presso ladeterminazione individuale, l'azione delle Entità cosmicheostacolatrici, operanti mediante rutto ciò che si sottrae a taleritmo, epperò è compiuto come natura, come passato eludentel'attualità dello Spirito. Al centro l'Io con il suo poteretrascendente e immanente, articolantesi attraverso il pensare, ilsentire e il volere, in una ininterrotta azione di equilibramento,di coscienza e di vaglio, mediante cui di continuo è sollecitatoa convertire secondo il suo originario essere le forze alterateaffioranti come personale natura: nella quale appunto operanole Potenze oppositrici.

Onde egli può scoprire che una stessa forza in lui sorgecome coraggio, mentre, alienata, gli ritorna contro come paura:così l'ira, così l'eros, così ogni altro istinto: con cui il rapportoordinario, etico, mentale, scientifico, in particolarepsicanalitico, non è che soggezione traslata dialetticamente.

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Gli istinti debbono bensì avere il loro trattamento etico,psichico, dialettico, sino alla loro circoscrizione cognitivaumana, ma da un punto di vista essenziale essi sono la richiestadella magia trasmutatrice, ossia l'istanza ultima dell'uomo vero.Così, al centro della vita degli istinti, la richiesta ultimadell'eros è la via del Graal, in quanto opera radicale diredenzione della brama e di restituzione della sintesi originaria,ossia della natura androginica dell'anima.

In realtà l'uomo caduto è l'uomo scisso: che si presentacome una dualità dominata dalle forze della scissione, ossiasecondo una unità che non appartiene all'uomo, bensì agliOstacolatori: “gli istinti sono la sintesi recostituita control'uomo”, perciò il simbolo della sua reale impresa. Solo l'uomospirituale può affrontare radicalmente gli istinti: non l'ego, mal'Io Superiore.

Al riconoscimento della unicità dello missione iniziaticadello Steiner, per me fu decisivo scorgere il senso reale etuttavia non esplicitamente enunciato, dell'ascesi data da lui: laredenzione dell'eros come restituzione della sua dynamis pura.L'impresa spagirica, di cui conoscevo la fondamentalitàattraverso le varie indagini alchemiche, mi risultava connessacon l'esperienza del principio centrale della coscienza, attuantel'indipendenza non solo dalla sintesi inferiore, dovuta alconcorso con gli Ostacolatori, ma anche dalla scissionemedesima, grazie alla redenzione del pensiero. La redenzionedel pensiero e la redenzione dell'eros sono lo stesso sentiero,per l'ascesi rosicruciana.

Perché divenga potenza di sé, l'indipendenza del principiosoggettivo deve anzitutto divenire coscienza di sé. Lo Steinerinfatti dà come primo orientamento dell'ascesi la Filosofiadella Libertà: ma tutta la sua opera verge alla spagiria solarecome al suo coronamento. La storia cosmica è un'alta traccia

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siderea dell'impresa restauratrice dell'androgine metafisico.Come dalla sintesi originaria Sole-Terra-Luna, dapprima il Solesi scinde dalla Terra-Luna, indi la Luna dalla Terra, onde èpossibile l'opera solare direttamente verso la Terra eindirettamente mediante la Luna: così il principio solaredell'anima, l'Io, deve scindersi dall'elemento terrestre-lunare,nella corporeità, per operare redentoriamente nella profonditàdi esso, sino alla ricongiunzione radicale con esso. Il sensoultimo dell'opera, infatti, è la recostituzione della sintesioriginaria sotto il segno del principio solare.

Paura, odio, brama, ira, eros, sono espressioni della sintesiinversa: occorre che l'Io dapprima separi alchemicamente glielementi innaturalmente mescolati, indi ne ricostituisca lasintesi. Questa operazione è inizialmente l'evento del pensieroliberato. Nel mentale, costituzionalmente generatore dellascissione, l'Io deve dapprima ricostituire il potere puro dellasintesi, che è il senso del superamento della dualità concetto-oggetto mediante la concentrazione, secondo la tecnica datadallo Steiner, per la cui chiave rimando al libro La Tradizionesolare. Posseduto l'elemento originario della sintesi, questo,come si è accennato, non lotta contro l'istinto, ma lo assumecome veicolo: simultaneamente si identifica con la suadirezione e lo supera temporalmente, da fuori del tempo, ossialo supera in “rapidità”, portandosi oltre il suo oggettomedesimo, che è sostanzialmente una “rappresentazioneahrimanica”: il cui contenuto emotivo però è fornito daLucifero. Con ciò l'istinto diviene veicolo della liberazione, madi una liberazione che è radicale, in quanto entra nella sferasegreta dei dinamismi corporei. In sostanza l'elemento sinteticooriginario, in quanto recostituito fuori dell'influenza dell'istinto,in assoluta indipendenza da esso, può operare in esso.

Per realizzare se stesso in profondità, ossia per attuare la

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propria reale forza, l'elemento sintetico originario devediscendere nella profondità dell'organizzazione corporea. Loiniziale veicolo di tale discesa è il pensiero razionale cheinconsciamente si vincola al sensibile: è questo pensiero che,liberandosi dal sensibile e afferrando la forza della propriaimmanenza, secondo la tecnica rosicruciana, dischiude nellaanima il varco di profondità al Principio risolutore della brama.L'elemento solare, divenuto essenza di quello terrestre, grazieal sacrificio del Logos, può, nel veicolo di questo pensiero,operare redentoriamente sull'elemento lunare-terrestredell'anima. Questa è la via alla reintegrazione della sublimestruttura perduta: sostanzialmente è la possibilità che l'Iniziatotrasformi in bene il male della Terra, restaurando la sintesiprimordiale. Perciò, a conclusione della Scienza Occulta, loSteiner indica l'impresa del Graal come la via iniziatica deldiscepolo dei nuovi tempi, in quanto via dell'Io nel cuore dellaterrestrità.

Il senso ultimo dell'insegnamento è la spagiria micaelita.Questo il discepolo può scoprire, ove tenda alla Iniziazione,piuttosto che alla dialettica delle cose iniziatiche. RudolfSteiner non parla del sesso e tanto meno di tecniche del sesso,nella sua opera: ma tutto il suo insegnamento è un'istanzaall'“azione pura”, come all'azione reintegratrice, il cuicorollario finale è la redenzione dell'impulso radicale dellanatura animale dell'uomo, ossia dell'eros. La coppia iniziaticaha le chiavi di una simile possibilità: la via del Sacro Amore, ilcui procedimento assume le forze radicali dell'eros, comportauna tecnica che si svolge unicamente sulla base dell'assolutaindipendenza dall'eros. La reale relazione d'amore, prima cheall'anima senziente, appartiene all'Io, secondo la virtù di unoriginario accordo cosmico.

L'esperienza del Sacro Amore è il paradigma metafisico

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della coppia umana percorrente le vie della Iniziazione, ma èparimenti, verso la realizzazione androginica, l'ascesiimaginativa del singolo, capace di attuare nell'anima la sintesidella dualità: sintesi costituzionalmente potenziale in essa,indipendentemente dalla possibilità dell'incontro con l'altrocomponente la coppia. Il singolo asceta può preparareimaginativamente l'esperienza del Sacro Amore, epperò ilpresupposto della restaurazione androginica, per la quale nonv'è elemento che manchi alla sua anima; da essa è comunqueevocabile il Principio intimo all'Io, generante la correlazioned'Amore estranea al sensibile, epperò capace di sacrificare lacorrelazione dei sensi. L'incontro con l'altro termine dellacoppia, viene da lui già realizzato nell'ascesi imaginativa,metafisicamente, e non ha senso la subordinazione di questaalla sua realizzazione esistenziale in un determinato spazio-tempo. Ogni singolo uomo reca potenzialmente in sé nellaStruttura androginica dell'anima, la relazione sovrasensibilecon l'altro termine binomiale. L'incantesimo ahrimanico nonpuò nulla su simile relazione, quando essa si svolga secondo laregola del Sacro Amore: l'Ostacolatore ne viene soggiogato, ilsuo potere d'incantamento, non trovando presa, ritorna magicaforza del volere impegnato nell'opera.

La ricostituzione della sintesi nell'anima è l'inizialesuperamento della scissione originaria. L'“androgine”, infatti,è il simbolo della primordiale integrità dell'uomo, recante ilgerme dell'Amore creatore: che per attuarsi deve alterarsi.Deve perdere il proprio stato originario, per divenire potereindividuale, onde esige dapprima la scissione dell'uno in due,indi la serie delle alterazioni della correlazione, sino alcostituirsi della coscienza egoica. Da allora, a ogni livello dellacaduta, l'eros è l'anelito profondo a ritrovare il Paradisoperduto: che non ha nulla a che vedere con l'atto sessuale,

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anche se questo, su un certo piano, vale come simbolo eveicolo del ritrovamento. Fuori di questa sacra funzione, divalere come simbolo, che è l'esaurimento del suo servire allaesaltazione della brama, l'atto sessuale è concepibile solo comeveicolo della continuità della specie, ossia degli esseri cherecheranno il segno dell'identica scissione e dell'identicadeficienza, oscuramente tendenti alla reintegrazione.

Proprio perchè l'atto sessuale è estraneo al contenutooriginario dell'anelito che si esprime come eros, questocontenuto può essere ritrovato fuori dell'eros e perciò, ove sirenda necessario, può venir ricongiunto con l'atto medesimo,sperimentato come un trascendente volere, capace di liberare lavita del sentire in profondità.

La spagiria solare porta e una relazione dinamica con ilsentire, che prepara la redenzione degli istinti e la lororesurrezione quali forze dell'originaria luce astrale. Ogni sentireè una sterile soggettività: è la parvenza dotata d'un potereimpersonale di realtà, che dal di fuori non offre presa all'Io:solo il pensiero liberato può divenire il veicolo dell'Ioall'interno del sentire. Il còmpito dell'Io è entrare nel sentire inquanto parvenza: nella pienezza di un sentimento, quale cheesso sia, l'Io deve “tuffarsi”: immergersi nella sede mediana,come in un ambito acqueo: realizzare la propria forza con losprofondarsi in esso, come in un vortice da cui attingere la virtùdel risorgere. L'aurea forza dell'Io si congiunge in tal modo conl'astrale profondo, le cui correnti originarie, o edeniche,ridestate, divengono liberatrici del cuore eterico: al cui centrodorme l'essenza spirituale del Sole. La via rosicruciana è la solache dia modo al discepolo di sperimentare il contenuto realedelle emozioni e di riassumere il sentire come un potereoriginario di ritmo della Vita della Luce, perduto.

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La resurrezione del sentire affranca la corrente dell'eros dalcalore bramoso, che ritorna così vita autonoma del volere,fluendo verso il centro del cuore. Da tale centro solare, essapuò venir nuovamente collegata, ove sia necessario, con l'attosessuale medesimo: che ne viene penetrato sino al livellofisiologico. L'atto può essere restituito alla sua originariapurità, in quanto viene sottratto alla corrente luciferico-ahrimanica, normalmente dominante il suo processo. L'anelitoche si esprime come eros può essere trasformato, per virtù dellaLuce discendente, nella forza da cui ha origine, con ciòtornando impulso creativo dell'Io: impulso essenziale che,come viene mostrato nel Graal, oggi l'uomo ha la possibilità disperimentare bensì individualmente, ma con le forzericonsacrate della individualità.

Sostanzialmente, in alto come in basso, ciò che muovespagiricamente è l'“attività pura” della coscienza, liberatadall'elemento luciferico-ahrimanico. Il pensiero scorrenormalmente in un puro elemento eterico, “immune dallacorruzione” luciferico-ahrimanica, ma non ha coscienza di sé atale livello, onde perde l'immunità là dove, per farsi cosciente,diviene dialettico e razionale. L'arte del discepolo è conquistareil livello reale del pensiero come pensiero solare, o vivente: ladimensione della purità originaria, o della castità creatrice. Aquesto livello, infatti, oltre la sfera delle sterili emozioni,incontra la corrente impersonale del sentire, che reca comepotere universo l'impulso del Sacro Amore. Egli incontra lazona segreta dell'anima in cui splende come Sole il Logos:prima di questo incontro, ogni luce, ogni forza, ogni ispirazionevengono sempre alteratamente mediate dallo sforzo, dallediscipline, dalla tensione morale.

Lo purità assoluta, come veicolo della “castità originariadel sesso”, è la condizione della magia sexualis connessa alla

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impresa solare: sostanzialmente è la purità del pensieroliberato, la corrente eterica in cui, mediante virtù cosciente, ildiscepolo realizza l'indipendenza dagli influssi di Lucifero eAhrimane. È la purità di cui egli può rispondere come di unatto assolutamente individuale: di cui gli è dato sperimentare laprodigiosità, in quanto può realizzarlo come un fluire dellavolontà cosmica nella corrente del pensiero liberato, uno con ilsentire, epperò nella radicale struttura eterico-fisica.

Dalle considerazioni precedenti, è comprensibile perché loSteiner accenni alla via del Graal come alla direzione attualedell'impresa iniziatica, e perché la “via diretta” da lui data eposta al centro della sua opera, senza che appaiadeterminatamente, sia l'ascesi del pensiero. Questa non è certol'elaborazione concettuale della Filosofia della Libertà, bensì ildisincantamento del concetto dalla forma che gli è immediataepperò apparentemente legittima, sino al suo accedersi comepotere di vita indipendente da tale forma, ossia come dynamisdella libertà, di cui quella “filosofia” è l'istanza.

Senza una simile ascesi, qualsiasi elevazione alla coscienzaeterica mediante la serie dei motivi esoterici, delleimaginazioni cosmiche e delle discipline, è destinata acorrompersi, mancando della integrazione noetica indipendentedal rappresentare sensibile. L'esperienza finisce con lo scaderein un medianismo raffinato: soprattutto in relazione ai tempi, lacui oscurità sotto taluni aspetti supera ciò che era statopossibile prevedere nel periodo in cui la Filosofia della Libertàvenne scritta. Di una simile corruzione, del resto, necessitanogli Ostacolatori per paralizzare il contenuto vivente dell'opera,onde sagaci espositori, come al servizio di tale piano, si fannointerpreti di essa presso discepoli avidi di dipendenzadialettica, piuttosto che di conoscenza. Ciò spiega l'attuale statodi pericolo del mondo: in realtà viene resa inefficiente l'unica

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conoscenza che può restituirgli l'orientamento: la conoscenzache appunto dovrebbe risorgere per virtù di discepoli chiamatiad operare sacralmente nel mondo.

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Sembra che questa epoca abbia rotto le dighe con loSpirituale, come non mai: si cerca ad ogni livello e in tutte ledirezioni qualcosa oltre il limite: che è l'identico limite, etuttavia quello relativo a ciascuno.

I sentieri, le scuole, i metodi, gli Yoga, sono innumerevoli.Ma non si può dire che ciò che si riversa dalle dighe rotte sia loSpirituale. Come gli animosi magliari napoletani partonoancora alla conquista del mondo e tra l'altro giungono adaffibbiare partite di seta fasulla ai tradizionali produttori dellaseta, ai Cinesi, considerati peraltro commercialmente i più“dritti” del mondo: nello stesso modo partono come yogidall'India personaggi che forse sono meno estrosi dei magliarinapoletani e tuttavia riescono a diventare maestri di moltidiscepoli in America e in Occidente. Non è escluso tuttaviache, se si grattasse la scorza di qualcuno dei più famosi swamiin circolazione, con rispettabile seguito di discepoli, sigiungerebbe a identificare un ex-scugnizzo napoletano. Delresto non è la prima volta che un caso del genere si verifica. Unsimile swami merita veramente avere discepoli, perché haqualcosa da trasmettere, per esempio un suono ancestrale,esprimente la perennità partenopea.

Che questa sia l'epoca della ripresa dello Spirito, èpreveduto da tradizioni e da remote profezie. La pericolositàdella presente epoca consiste appunto nel fatto che lo Spirito sirisveglia “cosciente”, dopo una millenaria conformità allaregola della propria trascendenza. Ma si risveglia dove ècaduto, ossia molto in basso: al livello in cui soltanto potevaacquisire forze individuali di autocoscienza.

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L'epoca è un'epoca di pericolo, perché allo Spirito che sirisveglia manca l'appoggio della Tradizione, ossia di ciò chefino a ieri era la sua forza, ma parimenti la condizione del suosonno. Che oggi siano ripercorribili i sentieri della Tradizione,per il fatto che si possano studiare e intuire e persino meditarele antiche vie, non significa che si realizzi il contatto con laTradizione. Il cercatore sagace avverte che in tale attività è soloil nome o la forma di essa: egli può scoprire che, in sostanza,quello che minimamente si muove è dentro di lui e chiede diessete afferrato “direttamente” secondo le proprie leggi: lì laTradizione può cominciare a rivivere.

I testi tradizionali in realtà sono uno spunto, ma non si fache una preliminare strada e questa preliminare strada divienel'immobilità, o il guasto, di tutta la vita, se non si avverte lanecessità di una Scienza cosciente dello Spirituale, secondol'esperienza attuale delle forze immediate della coscienzasollecitate nella ricerca: forze esprimentisi nel pensare, nelsentire, nel volere, nel percepire, prima che nella dialetticadella Tradizione.

Indubbiamente a un'attuale capacità di visione, che ai finidella Tradizione vada oltre il tradizionale, per avvertire ciò dicui essa è portatrice come “negazione”, perciò di là dai suoinomi e dalle sue forme, occorre un anelito spirituale capace divolere lo Spirito bensì con la potenza dell'individualità, maoltre l'individuale. Chi sia privo di tale anelito, amagnosticamente rappresentarsi il superamento dell'individuale,conoscendolo sotto le dizioni tradizionali, pur di evitare direalizzarlo, perché realizzarlo implica la presa diretta delleforze del rappresentare, del sentire e del volere, chiamate incausa: un lavoro invero faticoso. Ai calligrafi della Tradizionepiace muovere in un mondo di distinzioni formali, nell'analisiraffinata della ortodossia, riducente tutto a una metodologia

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terminologica, persino con il suo lessico sacrale, che autorizzaa giudicare ciò che è fuori o dentro la Tradizione, come unamisura per la realtà sovrasensibile.

Occorre dire tuttavia che quell'anelito è una virtù pre-natale,ossia un impulso del karma: chi ama rimuginare l'antico con leforze attuali, affissandosi al contenuto antico e ignorando leforze che gli danno vita, in sostanza manca di tale impulso:perciò è giustificabile. In definitiva, tutti sono giustificabili. Gliunici a non essere giustificabili sono coloro che recano in sél'impulso a uscire dal sonno tradizionale, per ritrovarel'elemento reale della perennità, e tuttavia non sono capaci dicoscienza del loro impulso.

La pluralità delle vie è giusta: ogni individuo è una via a sé.Le vie affini determinano gli aggruppamenti, secondo livellinecessariamente diversi, occultamente rispondenti a gradidiversi. Ma a questa smisurata varietà di gruppi viene amancare sulla scena il filo che li congiunga gerarchicamente, semanca l'azione invisibile degli operatori essenziali: subentra intal caso la presenza di guide comunque permanenti dietro lascena, e assistenti l'uomo mediante l'elaborazione intensiva delkarma.

In quanto lo Spirito va destandosi dal sonno millenario sututta la Terra, privo di coscienza del livello perduto, i Deviatorisono all'opera perché la ricerca spirituale sia deviata, venendoasservita, al livello attuale, all'uomo dominato dalla terrestrità,ossia dal mondo finito, quantitativo, al quale egli si è abbassatounicamente per uscire da tale millenario sonno.

Se questo sonno persiste, vestendosi tuttavia di attualitàspirituale e in tal senso assumendo le sue persuasive forme, èinevitabile che chi si desta e, afferrando il senso del propriodestarsi, intende comunicarlo ai fratelli dormienti, sia dacostoro considerato privo di connessione con la realtà, e che

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essi, come per un'occulta intesa, giungano a solidarizzarecontro di lui, malgrado i loro dissensi di superficie. Il verooccultista conosce questa situazione: la sua arte è muovere nelretroscena di essa, perché questo gli rivela ciò che gli vieneessenzialmente richiesto. La visione di tale retroscena è per luiun aiuto, quella solidarietà è un fenomeno che esige esserecompenetrato di pensiero. Essa non è cosciente nei soggettisolidali, la cui intesa è il potere di una “anima di gruppo”: eglipuò invero muovere mediante la forza che emana da essa, sinoa riconsacrarla.

Gli attacchi contro la Via Solare si susseguiranno da ogniparte, nessuna esclusa, compresovi perciò anche quello dicoloro che da essa hanno avuto sostegno e aiuto.

Questa situazione, intensificandosi, chiarisce al discepolo ilsenso del sacrificio mondiale convergente nell'individuoumano, secondo l'imagine della Bhagavadgita.

Riconoscere il centro delle forze di sacrificio emanate dagliapparenti avversari, che appunto partecipano al sacrificio, è perlui riconoscere la via all'esperienza del Principio cosmico. Ilconvergere verso di lui, come per una serie di raggi,dell'avversione umana, secondo l'inconscio sacrificio di coloroche la alimentano, è in sostanza una fase dell'Iniziazionecristiana, rispondente ai momenti che vanno dalla Corona diSpine alla flagellazione: così assunta, può a un determinatogrado divenire la Forza che libera dal male.

Il discepolo a questo punto può intendere il senso del Batkol- di cui lo Steiner parla nel “Quinto Vangelo” - in quantoriconosce l'anima come sintesi di forze cosmiche, a cui egli puòelevarsi grazie a un'analisi superiore evocante il Principio dellasintesi: realizza l'anima come la struttura in cui confluiscono leforze delle Gerarchie: egli sa che è suo còmpito costituirel'accordo di esse nell'umano, avvertendo in tale atto l'unica

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attitudine vera dinanzi all'incalzare convergente delle formedell'avversione.

Questo incalzare è cosmicamente previsto: una simileavversione è il necessario rivelarsi di una forza: in definitiva èun aiuto, in quanto veicolo di conoscenza, per il fatto che nonv'è essere che si sottragga all'impulso dell'odio privo di ragionee perciò in cerca di ragioni. È per il discepolo la sorgentedell'amicizia e della salute, ossia dell'iniziale azione disostanziale che sorge in lui come risposta a una richiestasostanziale dell'ego: ove in egli lui stesso non reagisca secondole leggi dell'ego.

Quella solidarietà è occulta, ancora non ha l'infero poteremagico di essere una solidarietà sul piano cosciente eoperativo. In determinate circostanze, e quando rispondaall'assunto rosicruciano, al discepolo è consentito regolarsirispetto ad essa secondo il senso segreto della opposizioneradicale tra i due Ostacolatori, Lucifero e Ahrimane, la cuiazione contro l'uomo è la conseguenza di un accordo pattuitotra Essi, di là dal loro reciproco conflitto originario. Egli sa chenon ha senso dolersi dell'avversione del mondo o di lottarecontro di essa: la sua azione è semplicemente la realizzazionedel contenuto del Batkol, integrata ogni volta dalla imaginedella sua controparte cosmica, ossia del suo rovesciamento,veicolo della comunione con il coro delle Gerarchie operantidalle altezze sideree sino alle strutture animico-fisiche.

Egli comprende la necessità di essere grato ai fratelli umani,che gli consentono assumere positivamente l'avversione: graziealla quale può evocare in sé, come controparte cosmicarestitutrice dell'Ordine originario, la sintonia delle Gerarchie. Ecomprende l'importanza della serie delle “imaginazioni” datedallo Steiner, perché sorga nell'anima vivente l'imagine dellaloro azione. “L'uomo è la meta delle Gerarchie”: questo è il

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pensiero-forza da Lui enunciato in una delle Lettere indirizzateai discepoli, negli ultimi mesi della sua comparsa terrena.

Se si vuole trovare dove si affaccia una verità nuova per ilmondo, occorre guardare contro che cosa, coloro che sonoaccaniti avversari tra loro, riescono ad andare d'accordo. Laconsiderazione del senso occulto dell'avversione solidale delmondo contro la Scienza dello Spirito, è il contenutomeditativo che conduce dal senso metafisico del Batkol, allavisione della convergenza dell'azione delle Gerarchie nell'entitàumana. Questa convergenza viene realizzata come“contemplazione”: gli esercizi di meditazione e diconcentrazione di profondità dati dallo Steiner hanno comesenso ultimo la realizzazione rituale di una similecontemplazione.

Le forme dell'avversione di cui il discepolo divienetestimone, sono il contributo recato dai fratelli umani alcòmpito della contemplazione. Questa avversione si presentaper essere conosciuta: essa esige come terapia l'azione delleforze intatte della coscienza. Chi risponde con lacontemplazione all'odio convergente, risponde con le forzespirituali richieste dal sacrificio offerto dai fratelli umani. Eglipuò a questo punto intendere il senso ultimo del Pater Noster,che è il rovesciamento del Batkol pronunciabile come il poterecosmico della preghiera. Il senso del “Rimetti a noi i nostridebiti, così come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, è larisposta spirituale all'avversione umana, che non è avversionecontro determinate personalità, bensì contro il contenuto delrito solare della Comunità Spirituale.

Il contenuto solare è naturalmente il contenuto cristico, chepuò essere presente nell'anima del cercatore, per virtù interiorediretta, anche se non sa nulla del Cristo cosmico. La lotta vieneperpetrata nell'occulto, perché dalle comunità spirituali non sia

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conosciuto il Sentiero della Rosacroce, la reale via del Cristo: eperché le anime oltre misura legate ai valori fisici, dopo lamorte permangano nell'aura della Terra, per lungo tempoutilizzabili come forze anti-cristiche, come forze dellaossessione ideologica estranea alla realtà umana, e della rivoltasistematica contro l'Ordine cosmico.

È importante sottolineare che l'avversione non appartiene acolui che la professa, ma agli Ostacolatori che lo manovrano: èun evento positivo per colui che la professa, perché prepara ladeterminazione del suo debito, o del sacrificio, ch'egli inprofondità vuole offrire, ma ancora non sa come offrire. Percontro, come si è visto, nel discepolo che la contempla,sollecita la visione della convergenza delle forze delleGerarchie: l'elevazione decisiva per l'anima di lui. L'uomo è lameta delle Gerarchie: la potenza di queste trascendeillimitatamente il debole e incerto volere individuale dell'uomo:che tuttavia reca in sé celata la virtù di fare sua tale potenza, inquanto gli è originaria. In essa urge l'Universo.

In una minima vittoria dell'uomo su sé, si celebra laconvergenza delle Forze possenti dell'Universo. Ma perchéquesta minima vittoria su sé sin autentica, occorre che non siaespressione della manovra degli Ostacolatori in lui, ossia dellasua recitazione, o della sua vanità, o della sua brama di vita. Èdifficile che il discepolo conosca il reale contenuto di una suaoperazione interiore, prima della pratica conoscenza dellamanovra degli Ostacolatori: conoscenza che è una tappainoltrata del cammino.

Qui si può comprendere ancora una volta il senso della Viadel Pensiero data dallo Steiner e indicata teoreticamente nellaFilosofia della Libertà: l'anima può essere presacompiutamente dagli Ostacolatori, - che è del resto lasituazione normale dell'uomo di questo tempo - e tuttavia il

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discepolo può avvertire di disporre di un pensieropotenzialmente libero, il pensiero razionale. Egli può fare inmodo che tale pensiero, indipendentemente dalla situazionepsichica, realizzi l'identità con il proprio momento potenzialedi libertà sempre comunque presente e sempre smarrito nelladeterminazione dialettica e perciò ritrovabile come motopredialettico grazie alla tecnica della concentrazione. Glidiviene anzitutto trasparente la ragione per cui nessunadialettica può condurre allo Spirito.

Il momento potenziale della libertà viene realizzato in sénella consumazione del pensiero dialettico. Nell'esperienzadiretta del pensiero, in quanto pura dynamis, la dialettica vienecostretta a lasciar libero il contenuto originario: il pensierorealizza in tal modo una coerenza pura con sé, operantemagicamente a rendere viva la “zona pura” in cui l'Io incontral'anima. A tale livello l'anima è libera di sé medesima, ossiadella parte di sé consonante con la corporeità: può decidere conla massima autonomia, perciò con essenziale moralitàindipendentemente dalle deficienze morali costituzionali:normali a ogni essere umano. Nell'operazione accennata hainizio la conoscenza reale di tali deficienze: viene preparata laseparazione della forza autonoma dell'Io dalla sfera in cui sicorrompe. È la sfera degli impulsi profondi, della quale soloper tale via è possibile la trasformazione.

La percezione di essere al centro dell'avversione da unaparre e della convergenza delle Gerarchie dall'altra, porta ildiscepolo a una pace profonda con l'umano, per cui non puònon rispondere alle avversioni, calunnie, aggressioni, con unsentimento di amore verso i loro autori: amore vero, che nonpuò essere recitazione sentimentalistica o mistica, ma fruttodella conoscenza. Chi giunga a questo amore, fondato sullaconoscenza e sulla pace con gli esseri, può tutto: non ha nulla

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da bramare, perché ha tutto e dinanzi a sé il cammino delSuperumano, implicante l'assumere come materia prima daelaborare, gli strati profondi dell'umano.

L'avversione umana è, da parte di colui che la emana epperòin sostanza la patisce, realmente, un sacrificio, cui deverispondere come terapia, da parte dell'asceta, la conoscenza ditale retroscena sacrificale. A un determinato momento, egliconosce la prova dell'essere al centro delle varie umane lotte,come veicolo di rettificazione e di equilibrio: con ciòconseguendo una trascendente invulnerabilità, che non glitoglie il venir colpito o ferito: gli dà modo, invece, dirispondere col sentimento dell'amore. Egli supera la necessitàdi rispondere egli stesso con l'avversione: il combattimentoappartiene alla sfera dell'anima, non alla sfera dello Spirito, chenon ha bisogno di combattere. Stando al centro, l'asceta nonpuò essere toccato, malgrado l'inevitabile alleanza di profonditàdegli ingiusti. La sua forza è non considerarli ingiusti, masoccorrerli senza essere afferrato, non offrendo presa: che è infondo non offrire presa a ciò che non è, allo natura. Con ciò, aun determinato momento, la parvenza dell'avversione cessa diessergli necessaria.

Allorché egli può rispondere con la pace profonda,suggerisce la sostanziale correlazione degli esseri tra loro.Nell'occulto, l'imagine della correlazione rompe l'alleanzainferiore, che può evolvere in una lotta degli ingiusti tra loro,oltre la loro finzione della pace a tutti i costi Questa finzioneorchestrata in retoriche diverse, presso una sottile volontà diguerra, impedisce che l'impulso dell'avversione sia affrontatonella sua vera sede, ossia nella scena della coscienza:impedisce che la coscienza individuale scopra e affrontil'avversione in se stessa: perciò, dal punto di vista delladirezione cosmica, le è necessaria la guerra.

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La guerra ha sempre come positiva occasione antecedente lapossibilità che l'avversione venga afferrata in pensieri-forzatrasformatori, dalle personalità responsabili. Allorché una talepossibilità viene meno, la guerra diventa inevitabile. Essapotrebbe essere evitata, ove fosse convertita in confronto realedi conoscenze, ossia di forze della saggezza extrapolitica, odell'ascesi. Tale confronto non avrebbe nulla di comune con unevento politico o della cultura. Un evento politico risolutore, semai, si verifica sempre come conseguenza di una tale azioneascetica: non visibile però sulla scena. Il confronto interiore,come incontro di forze di conoscenza, è un eventosovrasensibile: come tale, esso viene avversato con tutti imezzi, senza esclusione di colpi, dai Poteri che necessitano del“sistema dell'avversione” per dominare l'uomo. L'uomo,invero, dovrebbe poter fare i conti nella propria interiorità conl'impulso dell'avversione, di là da ogni demoniaca recitazionedi alleanza, o finzione di pace.

L'evento più funesto per la collettività umana è l'alleanza deiPoteri che costituzionalmente e cosmicamente sono avversi traloro. In quanto sorreggentisi su una sorta di vampirismospirituale dei singoli, ossia nutrentisi della soppressa libertàdell'uomo, tali Poteri hanno nella loro finzione della moralità,della giuridicità e della democrazia, il mezzo per evitare loscontro tra loro. Il loro impulso anti-umano è già pago dellapossibilità di estrinsecazione totale in un sistema organico,politicamente soggiogante i singoli mediante la sottile e semprepiù fitta rete degli obblighi civici. In tal caso, Lucifero eAhrimane giungono a realizzare mondialmente la loro alleanzasotto l'egida della pace tra i popoli: che diviene l'idealepredicato simultaneamente in chiave chiesastica e in chiavelaica, mediante identica affermazione di giuridicità e dinecessità. Ideale intoccabile, esso diviene il mito che può

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costituire all'organismo formalmente religioso la base dellabuona coscienza: di aver infine attuato la missione della pacesulla terra: sostanzialmente vendendo l'Uomo all'oscuro poteredella politica: incatenando i singoli al sistema astratto dellasocietà senza Spirito: riducendo tutto, né più né meno checome il Materialismo, a una visione economica del problemadell'uomo.

Visione economica, però, senza possibilità di percezionedell'elemento interiore dell'economia, o del retroscenasovrasensibile del processo economico, che non può avveniredall'attuale scienza del fatto economico: ove si coglie l'animusdel sistema che, pur di respingere la conoscenza dellatripartizione dell'organismo sociale, recata dalla Scienza delloSpirito - che è la via dell'avvenire, in quanto soluzione reale delproblema - preferisce accordarsi con il Materialismo.

* * *

La terapia recata da colui che riesca a portarsi al centro delleforme dell'avversione, secondo un rito che ogni giorno esigeessere rinnovato, è appunto il suo esprimere come virtù diriconciliazione originaria, indipendente dai contrasti terreni,l'impulso dell'anima a muovere dalla essenza di sé: è lapossibilità di dominare radicalmente quello che ostacolal'espressione di tale essenza, l'avversione.

La comprensione di tale retroscena è già un agire spiritualein esso. La serie dei pensieri delle precedenti pagine scaturiscedall'osservare non solo la storia terrena di Rudolf Steiner, maanche il tipo attuale di reazione riguardo alla sua figura, o allasua opera: istintivamente detestate da personaggi che sembranobene informati su esse e in realtà, nella maggior parte dei casi,non ne conoscono nulla.

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Non una sola opera, o un minimo numero di opere, del resto,è sufficiente a dare l'idea della vastità e della unicità di uninsegnamento che non riguarda una corrente in particolare ouno specifico aspetto della cultura, ma tutto l'essere umano,epperò il presupposto superumano: insegnamento del quale, chil'abbia conosciuto dopo aver praticamente sperimentato le vied'Oriente e d'Occidente, può dire che è la via diretta, o la viadel Logos per i nuovi tempi, riassumendo in sé tutte le vie,epperò recando la direzione unica, che attua la virtù originariadel pensiero e la sottrae all'errore. Ma è l'insegnamento nelquale occorre entrare per degnità e volontà: non è sufficiente,per possederlo, il semplice accettarlo, o l'appartenereall'associazione di coloro che ritengono esserne i depositari. E,una volta accettato, occorre comprendere l'inevitabilitàdell'avversione umana nei suoi confronti.

Quando un simile fenomeno di non conoscenza giudicante siverifica nei miei riguardi, mi conforto al pensiero di essere in sìnobile compagnia: ricordando appunto la storia dello Steiner.Quando mi accade di sapere che intellettuali di questo temposprezzano o detestano la mia opera senza averne letto una riga,o avendo letto le ultime tre righe di un capitolo, trovo ciònaturale. Dubiterei di me, se costoro in coro mi elogiassero,come fanno ogni giorno per gli Autori più letti. D'altro canto, ligiustifico volentieri, anzi sento per loro simpatia, pensando chetaluni cultori di Scienze Spirituali, moralmente impegnati consé a formulare giudizi solo in base a obiettiva conoscenza, sicomportano allo stesso modo: mi giudicano senza leggermi oleggendo solo quattro righe - una più degli altri - dominati daun giudizio di seconda mano, accettato secondo laconcatenazione trasmissiva di pensieri pensati in unadeterminata occasione, secondo un determinato stato d'animo.

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Il caso in cui il pensiero si comporta come un cagnolino alguinzaglio di uno stato d'animo, non si dovrebbe verificare inchi presume conoscere la Filosofia della Libertà, o l'eserciziodella spregiudicatezza, o l'assunto del pensiero vivente. Certiamici dello Spirito dovrebbero chiudere per un momento i libridi saggezza di continuo compulsati, e realizzare, sia pure perpochi minuti, un minimo di ciò che leggono: mettere in moto ilpensiero, oltre il pensato: pensare da sé, oltre l'abitudinecerebrale, e il giudizio accolto. Pochi minuti di correttezzamentale, almeno una volta la settimana, potrebbero cambiare inessi molte cose.

Caso tipico, tuttavia, è quello dell'avversione karmica, ondenon si può non essere contro il portatore di un determinatoimpulso, in quanto si è prenatalmente portatori dell'impulsoopposto. In altre pagine, appunto, ho potuto accennare al fattoche l'Ostacolatore, per scardinare un movimento spirituale, nonha mezzo più idoneo che penetrarvi come organizzatore, ocome assertore di intransigenze formali.

Per quanto si possa venir colpiti da certe deformazioni dellaverità e dalla loro persistente trasmissione, sotto il segno dellaScienza dello Spirito, è imporrante riuscire a vedere lastrumentalità delle difficoltà che da esse derivano, né mancaredi gratitudine per chi fornisce elementi di conoscenza del“retroscena” spirituale di determinati ambienti: elementipreziosi al lavoro interiore, ma non per questo meno inquietantirispetto al loro senso finale: soprattutto in relazione allo stato diemergenza delle situazioni umane e alla urgenza della giustaispirazione attesa da coloro che operano sulla scena: il cuierrore invero solo in parte è imputabile ad essi.

Nei momenti della meditazione, può apparireparticolarmente chiaro come la percezione dell'elementopersonale inferiore che reagisce, sia lo scopo vero di simili

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esperienze, in quanto possono condurre, così come l'intensasofferenza trasfigurante o la meditazione stessa, a intravvederele forze della reintegrazione dietro lo scatenamentodell'avversione, come dietro l'attuale rottura delle dighe delloSpirituale: la convergenza delle Forze delle Gerarchienell'anima umana, per virtù di una mediazione nonsemplicemente umana, ritualmente evocata.

Il segreto di questa mediazione sorge: come senso diprofondità della visione cosmologica rosicruciana. È unamediazione che non può svolgersi fuori dell'anima deldiscepolo, perché non può attuarsi senza la partecipazione delsuo essere libero: al tempo stesso deve svolgersi come eventosuperindividuale, in quanto azione delle Gerarchie. Lamediazione è tale in quanto si svolge simultaneamentenell'umano e nel Superumano, non avendo altra funzione che lacongiunzione originaria dai due mondi.

Se non ci fosse un'attività metafisica intima all'uomo, nellaquale l'elemento superumano sia presente, o immanente, nonavrebbe una stessa senso parlare di mediazione. Deve potersiidentificare una stessa forza, che si svolge in basso come inalto: deve essere riconosciuta un'attività che appartienesimultaneamente all'individuale essenza dell'uomo eall'impersonale mondo delle Gerarchie. Comprendere chequesta attività è il pensiero, è appena un piccolo passo innanzi,ma permane un tepido moto dell'intelletto oltre il quale non siva, malgrado i minimi poteri della concentrazione, e al quale cisi arresta, se non si comprende che l'elemento solare intimo alpensiero non ha nulla a che vedere con la testa dell'uomo, maesprime l'essere suo originario e profondo. Tale pensiero nonpuò muovere nell'anima, se simultaneamente non muove nellasfera superiore dell'anima, nella corrente di Vita creante dellaLuce: che è il suo recare le forze di profondità del sentire e del

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volere.Mediante la logica umana, questo pensiero muove

regolarmente a un determinato livello, ma al tempo stesso,rispetto ai livelli superiori contraddice normalmente la logicadel Logos: soltanto ove sia logico secondo il reale, ossia formadi un contenuto interiore, esso risuona simultaneamentenell'animico e nello spirituale. La logica umana deveapprendere il pensiero dal Logos, per essere realmente rigorosae conoscere vincoli o limiti su tale piano, che appartengono allanecessità dialettica, piuttosto che al pensiero in sé. Va trovato ilpensiero in sé, ma questo, nel suo moto libero dal sistema dellatesta, reca una potenza d'impersonalità che, a sua volta evocata,scopre gli ostacoli della natura personale. Tale potenzad'impersonalità appartiene all'Io vero.

Tutta una prima fase della disciplina rosicruciana consistenel realizzare il potere, insito nel pensiero, di manifestarsisecondo proprie leggi, malgrado i limiti dell'umana personalenatura. In sostanza questo potere d'impersonalità vieneinizialmente realizzato dalla Scienza, a un gradino elementare,in quanto l'indagatore deve dimenticare se stesso, mettereveramente da parte l'ambigua psiche, per l'obiettiva ricerca,onde il pensiero impersonalmente ponga i fenomeni inrelazione tra loro e in sé identifichi le loro cause. Questo motodel pensiero è l'inizio dell'esperienza dell'elementod'impersonalità dell'anima. La Scienza andrebbe riconosciutacome disciplina il cui vero senso è l'iniziale formazione dellacoscienza di tale impersonalità.

La via del Pensiero porta il discepolo a una zona in cuil'elemento solare - come viene mostrato nel volume LaTradizione Solare - esige accordarsi col proprio originariomovimento, indipendente dalle forme luciferichedell'intelligenza sia pure abbagliante della testa, per non essere

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paralizzato dai vincoli o dalle barriere personali. Questoaccordo il pensiero, in quanto in sé solare, lo recaoriginariamente, ma è di continuo smarrito dal discepolo che sene serve bensì per la concentrazione, ma non lo possiede. Inrealtà, al sistema della testa, è legato il pensiero dell'ego:pensiero che non si libera solo per il fatto che si rafforzi.

A questo ha inizio l'impulso rosicruciano dell'ascesi. La puracontinuità del moto-pensiero, accordando il mentale con il suoelemento originario, tende a divenire nell'anima continuità delLogos Solare. Il pensiero puro è la forma di cui si riveste ilLogos costituzionalmente operante nell'anima. Ma è il pensierocosciente nella testa, dove normalmente, come moto dialettico,perde la connessione con il Logos: il ricostituiredeliberatamente questa connessione, realizzando il motoformale, è l'esperienza del pensiero astratto come pensieropuro. Il veicolo mediante cui il pensiero originarioordinariamente muore, diviene veicolo della vita: la via piùlucida allo Spirituale.

L'accordo dell'elemento solare del pensiero con sé,utilizzante il moto della dialettica, dà modo alla coscienza disuperare direttamente il proprio limite verso il Logos: non v'èimpresa superiore dell'uomo, come non v'è sofferenza, o provatragica che non tenda al trascendimento di tale limite. Il segretodella via rosicruciana è il riconoscimento e la volontà delsuperamento di questo limite: la possibilità del pensiero diattingere, di là dal mentale cerebrale, alle forze profondesorreggenti dal Cosmo la vita fisica. Dal superamento dellimite fluisce nell'umano la Forza attesa: che può tutto. Laconnessione della corrente pura del pensiero con la suascaturigine cosmica è un evento iniziatico: viene accordata dalMondo Spirituale. Prima di tale evento, il discepolo giungespesso a un “a tu per tu” con sé medesimo, che lo prepara: può

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contemplarlo, può sperimentarne la Forza salvatrice neimomenti elevati della meditazione, come nel momenti severidelle prove.

In tali momenti il discepolo sa che il contatto con quellaForza è tutto: senza quella non può procedere oltre il punto alquale è pervenuto mediante le discipline. Le discipline sononecessarie per giungere sino a quel punto: esse sono lanecessità dell'ego, per il suo preliminare moto verso ilSovrasensibile. Per tale motivo sono preziose e non ha sensopregiudicarne il procedimento con l'imagine di un non ancoraassimilabile Logos. Chi intuisca il Logos e manchi dellediscipline, ha ben scarse possibilità di rendere pratica la suaintuizione: nell'esclusivo prevalere della tecnica o del sapere,come nell'esclusivo o soggettivo sentimento del Logos, sonoravvisabili rispettivamente le influenze dei due Ostacolatori.

L'arte del discepolo è conseguire tale equilibrio traConoscenza e Devozione, da ritrovare nell'una l'empitocreativo dell'altra. A questo punto la connessione con ilPrincipio della Forza insito nell'anima e tuttavia ignoto ad essa,diviene operante, sì da lasciarsi percepire. L'anima razionalecomincia a risonare secondo il Logos, in quanto si conformaalla sua vita superiore, l'anima cosciente. Ha inizio una provacontinua della chiarezza di coscienza del discepolo, chiamato aoperare secondo il Principio della Forza, dalla serie incalzantedegli eventi del giorno, oramai individuabili secondo un uniconesso, secondo un'unica visione che ogni volta isola fuoridell'anima l'Ostacolatore. È un operare secondo l'Io connessocon il proprio Archetipo.

Verrà il momento in cui il segreto della vita consistente nellapresenza della “ispirazione” di tale Archetipo. In taluni casi sipotrà parlare di presenza di Spirito, ma normalmente è per ildiscepolo la capacità di comprendere che non v'è azione che

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non appartenga alla sfera dominata da Lucifero e Ahrimane, eperciò non venga afferrata da questi. L'azione che muovadall'Io connesso con il proprio Archetipo, è inveceindipendente, pur entrando nella sfera di Lucifero e Ahrimane:obbliga questi a servire la sua forma. Tale azione soltantoredime il male del mondo, secondo l'impulso del Redentore.

L'ispirazione del Principio non deve impedirel'immediatezza dell'azione e la spontaneità del rapporto umano.Chi si rivolga di continuo al Principio, per esserne guidato, e dicontinuo esita per poter acquisire sicurezza risolutrice, temendodi compromettersi nell'azione, manca in sostanza del coraggiodell'azione: blocca le forze della volontà operatrice, nons'immerge nella realtà del mondo, impedisce al Principio difluire nella realtà del mondo.

Il Principio della Forza fluisce in un volitivo donarsidell'anima, grazie al quale ogni volta la dualità viene superata.L'ispirazione diviene immediatezza del ricordo, ossia motodiretto del cuore nella volontà. Non deve essere interrotta laspontaneità dell'azione e della comunione umana, ai fini delricordo: questo deve essere presente come ispirazioneevocabile, ossia come presenza stessa del Principio dell'azione,o della comunione, nell'anima. Perché questa presenza siaimmediatamente evocabile, occorre preparare per lungo tempola presa diretta: in particolare in alcuni casi in cui non v 'ètempo per decidere, occorre sapere attingere a quella virtùsuperiore, che è l'immediatezza intuitiva dell'azione: essereconsapevoli, ma ispirativamente, in modo che l'essereconsapevoli non impedisca l'immediatezza. Riteniamo siachiaro trattarsi di pura azione interiore.

Chi si sorveglia sino a inibirsi la spontaneità per tema dierrare, ancora non conosce il segreto della Forza, ossia quelsegreto dell'affidamento alla Forza espresso nell'imagine: “Non

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Io, ma il Cristo in me”. Che non è rinuncia all'Io, ma attuarsidella sua “assoluta” immediatezza. Questa immediatezza peròva preparata. Non sono le sole operazioni della concentrazionee delle meditazione che la preparano, bensì l'uso giusto delleforze impegnate in tali operazioni. Le forze possono parimentipotenziare l'ego, come divenire veicolo dell'Io reale:l'immediatezza consiste nel fatto che quelle forzesostanzialmente appartengono all'Io, cioè al suo Principio: alPrincipio presente nell'Io, identità essenziale dell'Io, quandol'Io si raccoglie in sé indipendente dall'essere, dal proprioessere. In tale indipendenza l'Io sparisce come dipendenza datutto ciò che lo determina per il mondo: che è per esso comedire “Non Io” In tal modo è uno con il proprio essere originarioalla base del mondo e perciò si eleva al punto da cui domina ilmondo: perchè in realtà non ha bisogno di dominarlo.

L'Io per solito non è se medesimo, come entità pura, ma l'Ioimmedesimato nell'anima: l'Io che si sente, si pensa e si vuolenell'anima, identificandosi con essa. Nell'anima perciò esso puòdire: “Non Io, ma il Logos in me”. Allora ha inizio il fluire delLogos, ma è sempre l'anima, ossia l'Io nell'anima, o animacosciente, che lo accoglie. A un certo punto dello sviluppo,questo accogliere il Logos nell'anima deve essere profondo econtinuo, per controllare le reazioni della natura demoniaca.Ma, come si diceva, la continuità non deve pregiudicarel'immediatezza, anzi deve esprimersi in essa, per utilizzare ilsuo trascendente contenuto.

L'esperienza interiore deve essere dominata dallaispirazione-chiave: la presenza nell'Io del suo Archetipo, che èpiù che tutto il moto della vita dell'anima: estendendosi oltreogni limite concepibile all'anima, esso è la Forza che nonconosce gli ostacoli dell'anima, ed ha di conseguenza la chiavedi tutte le difficoltà della vita dell'anima: ma è perciò

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inconcepibile all'anima razionale-affettiva, ossia praticamenteimpossibile ad afferrare all'intelletto. Il problema è appuntoquesto, per l'anima, e in tal senso diviene problema per l'Io. Manon può essere problema dell'Io, che è in sé fuori di ognicontraddizione. Le contraddizioni, le problematiche,riguardano la presunzione della limitatezza umana, il mentale,ossia la coscienza astrale estraniata all'Io.

Il mentale è ciò che viene consumato mediante laconcentrazione e le meditazione, perché risorga purificata lasua forza. Questa risorge, però, nella misura in cui vengarestituita del suo Principio, connessa con esso, fluendo da esso.Appunto, il discepolo deve apprendere tale connessione:altrimenti egli la sfrutta e la ignora, usa la forza contro il suoPrincipio, rendendo più pesante il karma della collettività epreparando le ulteriori catastrofi dell'umano. È quello cheavviene ogni giorno: il deterioramento della generale storiaumana, conseguente al fallimento delle imprese spirituali e allasempre più fitta organizzazione delle scuole occulteahrimaniche, cui partecipano discepoli poco coscienti, persuasidi servire lo Spirito.

Chi riesca minimamente a contemplare il paesaggiosovrasensibile, non vede ormai riuscire alcuna di tali imprese:tutte patiscono la stessa paralisi centrale, dovuta al prevalere diun elemento personale di profondità: onde Rudolf Steinerconclude il suo libro Iniziazione (“Come si consegue laconoscenza dei mondi superiori”) con l'imagine ammonitricedell'Iniziato che, per un riattizzarsi dell'ego, cade dal più altovertice conseguito. Questa caduta è salutare, è correttrice, è undono dello Spirito, ma è un'opera spirituale rimandata, undebito che attende nel futuro, debito tuttavia tanto menopesante quanto più dopo la catastrofe possa venir sopportato,ancora essendo viventi, il conseguente dolore tragico. Chi così

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cade, ha ignorato il Principio della Forza di cui ha fruito.L'Iniziazione è il superamento di tale ignoranza: ma l'iniziativadel discepolo lo prepara. Il Principio è nell'anima, comescaturigine della Vita del dell'anima, ma oltre l'anima esso è ilPrincipio della Vita del Cosmo. Il Principio vive nel pensiero, èla forza che si aliena nel pensiero, ma è oltre il pensiero,inconcepibile al pensiero e tuttavia intima ad esso. Il pensieropuò donarsi ad esso, allora ascende “a vita” imaginativa,riconquista un primo grado perduto della Forza: che è la forzadell'Io.

Gli necessita un ulteriore grado di sé, una più intima identitàcon sé, per incontrare il Principio della Forza. Attintominimamente, il Principio risuona vasto nell'anima, impronta ilsentire: il sentire ne diviene l'eco nell'anima: il ricordo. Ilricordo di continuo evocabile: l'inizio reale della indipendenzadalla natura inferiore e dalle sue persistenti risonanze. Ildiscepolo realizza il senso reale della presenza del Logos: lasua discesa nelle profondità inconsce della natura, la cuitrasformazione radicale esige l'iniziativa dell'elementooriginario dell'anima: uno nell'essenza con il Logos. Si creanell'anima un'apertura al proprio Principio, che essa devecurare di non perdere: come anima cosciente, essa accoglie unaispirazione: che, trascendendo la soggettività, ricrea la vita,afferra la natura più riottosa, divenendo corrente trasmutatricedell'umano-terrestre.

Che alla Forza possa esser dato il nome del Cristo, èqualcosa a cui si ribellano taluni persuasi di una viadell'autoaffermazione magica e della necessità di veruna“passività” rispetto a correnti trascendenti, mentre a talepassività sono pronti pronamente a concedersi, se alla Forzapossono dare il nome di Kundalini, o di Tao, o di Bodhi.

Certo, non è questione di nomi, ma di coscienza del rapporto

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con la Forza: questa invero decide dell'impresa iniziatica. Maappunto in tal senso è questione di conoscenza: perché la stessaForza che solleva al Sovrasensibile, può trarre verso ladistruzione dello Spirito, ove non sia ricongiunta con la suascaturigine: e accordata con l'esigenza originaria dellacoscienza.

Il secretum dell'Opera è riassumibile come il perveniredell'Io all'Archetipo di sé, o all'Archetipo di cui reca la formacome simbolo e vive corporeamente il potere originario, dandoa questo il nome che non può pronunciare se non per sémedesimo e che nessuno dal di fuori può dargli: Io. Questopotere l'asceta lo nomina, ma in realtà lo ignora.

Alla conoscenza di tale Archetipo non si giunge, se nonricostituendo la sua unità originaria, mediante il ritrovamentodegli archetipi degli elementi in cui esso appare a sé scisso:perciò l'uomo parte dal pensiero che realizza in basso l'inizialeopera di sintesi, il concetto. La natura, il mondo, il cosmo,rimandano a una pluralità di forze recanti ciascuna in sé lapropria forza archetipica, ma ciascun archetipo rimanda allasintesi superiore di una forza archetipica univoca.

Il discepolo deve guardarsi dalla illusione dei facili monismio dei suadenti sentimentalismi di una universalità in cui tutto èfuso e indifferenziato, e in cui aspiri a dissolversi. Una simileuniversalità è un'illusione luciferica. Alla unità superiore sigiunge come a un mondo organicamente costituito deglielementi della pluralità, che perciò vanno conosciutisingolarmente e sperimentati archetipicamente, perché possanoesprimere la loro virtù costitutiva, venendo superati comeelementi analitici. Occorre conoscere la concretezza delledistinzioni, per poter giungere alle unificazioni concettuali cheintroducono, come iniziali forme imaginative, allacontemplazione degli archetipi. Così la struttura dell'Archetipo

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umano, l'Io, va conquistato attraverso un'analisi rigorosa in cuisoltanto vive il suo ferreo potere unificatore: tanto più teso allasfera armonica epperò celeste e radiante della sua unità, quantopiù ferreo il suo rigore analitico. È la ragione per cui il Maestrodei nuovi tempi prospetta l'analisi degli elementi costituentil'Archetipo, così che si proceda con sicurezza verso la sintesi,in quanto di ciascuno si sperimenti l'archetipo: che èessenzialmente l'opera del pensiero, il concetto percepito nellaconcentrazione.

L'asceta può ritrovare l'Io soltanto se lo ricostituisce dallafrantumazione della molteplicità visibile intorno come natura enon si lascia ingannare dalle universalità vaghe anche serappresentabili come metafisiche, con cui è facile contrapporreil monismo vedantico, o mahayanico, o sufico, o gnostico,all'analisi della morfologia occulta dello uomo e della strutturadel Cosmo, data dal Maestro dei nuovi tempi. Occorre amareciò che è oltre il limite egoico, o individualistico, per ritrovarel'Archetipo di cui si dice Io: che, come archetipo, è giàcompiuto, è “atto”. Non è l'atto ciò che viene chiesto aldiscepolo, bensì risalire dall'atto alla sua “potenza”: larealizzazione magica vera, dalla entelècheia alla dynamis. Ilmondo che l'uomo ha intorno, il suo stesso esistere, è giàentelècheia: che da lui invero attende la ricongiunzione con lapropria dynamis.

* * *

La via dello Steiner così si presenta come un sistema diascesi universa, correlata a ogni grado dell'umano e tuttaviaavente al centro l'istanza al superamento dell'umano: con ciòsvolgendo l'assunto iniziatico, presso le discipline diformazione: ascesi in movimento, non schematizzata in un

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discorso, ma compiuta nella sua unità trascendente come unorganismo vivente, percepibile mediante ciascuna delle sueforme e in continuo stato di ricreazione di sé: così come nelseme di una pianta si ha tutta la sua storia, o nella foglial'imagine dell'intera struttura, o nel fiore l'apice del processoeterico, o nel tronco la percezione della forza strutturaleespellente la materialità, ccc. Ascesi articolata in varieespressioni della sua interna relazione, e che perciò sfugge aldiscepolo incapace di ricostruirla in sé, come dinamica delLogos nell'anima. Proprio il discepolo incapace di ricostruirecome proprio movimento questa sottile organicità, vivedogmaticamente con talune forme particolari dell'inse-gnamento, inconsciamente opponendole ad altre da lui nonbene assimilate, oppure a quanto gli appare inosservanzaformale, essendo in effetto il simbolo del suo limite mentale.Del resto, l'anima razionale, tendente a comportarsi comeanima cosciente, trova connessioni intellettuali tra elemento edelemento, che appaiono originarie, ma appartengono in veritàal livello in cui sorgono, quello della rappresentazionesensibile: sono soltanto discorsi.

Secretum inviolabile è il senso di questa muragliadiscorsiva, all'interno come all'esterno, verso il senso autenticodel cammino rosicruciano, malgrado esso sia stato indicato conuna messe generosa di insegnamenti. Come il castello del Graalè invisibile agli abitanti delle contrade vicine, o come losplendore metafisico del Sole appare buio a chi si muovafisicamente nello spazio - e in realtà non si muove fuori delladimensione della Terra - così l'opera del Maestro dei nuovitempi sfugge sia a chi crede di possederla, come a chi da fuorila combatte. Può incontrarla solo colui che cerca con cuorepuro, subordinando alla ricerca la propria vita: la incontra,persino se ha cominciato erroneamente con l'avversarla.

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L'opera invero parla anche prima, ha il suo linguaggio ancheper il semplice o il neofita, porge l'aiuto che diviene germe diuna ricetta diretta dello Spirito per la vita successiva, maquesto non ha che un senso limitato rispetto alla funzione chele è in relazione all'urgenza dei tempi. È la funzione cui hointeso riferirmi, chiamando in questione alcuni aspetti dellamia esperienza personale, capaci di fornire chiarimento su essa.

Il senso è lanciare un richiamo a coloro che oggi sentonol'urgenza di superare la recitazione umana delle qualitàspirituali, per l'azione che le renda ricreatrici dell'umano. Soloa tale condizione è possibile indicare la Via e ricordare conLao-tze che “non è la via ordinaria”, ma proprio per questo lameno accessibile, o difficilmente accessibile a coloro chesembrano accettarla anzi volerla e tuttavia le sono estranei percostituzione interiore, e con il loro non conoscerla, hanno ilcòmpito di renderne più difficile la conoscenza ad altri, se nona nasconderla.

Sono riusciti a nasconderla soprattutto con il propagarladialetticamente, ossia facendone un linguaggio tra i linguaggidel tempo, così da farla valere come appartenente a tale livello,che è il livello della sua morte. Mentre il suo livello è quellodella vita, in quanto potere trascendente di ogni forma visibileo invisibile di vita: livello a cui può ascendere chi realizza lamorte di tutto ciò che ha parvenza di vita: a cominciare dalladialettica. La quale, sulla base dei testi e dei “cicli” letti, può,con il suo potere di analisi, rielaborare la materia sino a nuoveanalisi volte a divenire nozione corrente, sapere discorsivofornente l'illusione che lo Spirito circoli sulla Terra.

Il secretum è invece il contenuto intoccabile, che esigevivere nell'umano, epperò sceglie nuove forme, nuovi sentieri,per la sua perennità nell'umano: il suo senso essendo nonpermanere inconoscibile, ma rivelarsi come la forza medesima

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del conoscere, a cui sia assicurato il puro svolgersi nell'anima,dall'umano al cosmico.

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INDICE DEI NOMI

Amati, Daniele, 16 Anton, Edoardo, 92 Atkinson, W. W., 18, 19 Aurobindo, Shri, 51, 57, 58, 107, 111, 112, 121 e sgg.

Bauer, Bruno, 21Becciani, Alessandro, 16Bocca, ed., 18Boehme, Jacob, 57 Bonabitacola, Giovanni, 58 Brahmachary, Isvara, 20

Carabba, ed., 18Ciboddo (Bioddo), 24, 25 Colazza, Giovanni, 58, 66, 75, 76 e sgg.

Damiani, Saro, 17 De Guaita, Stanislao, 17 De Plano, Giovanni, 130Dominici, Nello, 18

Eliade, Mircea, 43 Elias Artista, 79 Emerson, Ralph Waldo, 18 Evola, Julius, 29 sgg., 43, 57, 58, 60, 62, 64, 75, 77, 83,92, 159

Federici, Giuseppe, 80 Feuchtersleben, Ernesto (Barone di), 17, 18, 21, 24 Feuerbach, Ludwig, 21

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Flesch, Gislero, 61, 92Gentile, Giovanni, 21, 107, 109, 112, 113, 119, 120 Gentilli, Paolo, 80Giuliano, Imperatore, 77Grünewald, Olga de, 80, 82 Guénon, René, 31, 58, 60, 62, 64, 159 Guido, Oreste, 92

Hegel, G.G.F., 21, 22, 107 -113, 118, 120

Kant, Emanuele, 22

Lamarque, Vero, 80 Lao-tze, 225 Levi, Eliphas, 17Longo, Guglielmo, 92 -94 Lupi, Roberto, 85

Maccari, Anacleto, 16 Marx, Carlo, 109Masui, Jacques, 43 Mergé, Salvatore, 58 Migot, André, 43 Modugno, Ciccio, 58, 92

Nietzsche, Federico, 18, 21, 23, 24, 120Nigrone, Umberto, 16

Papus, 17 Parise, Giulio, 58Pascal, Biagio, 18 Patanjali, 40

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Indice dei Nomi

Piergentili, Gigetto, 93 Platone, 23

Ramacharaka, Yogi, 17, 18, 19, 21 Ramakrishna, Shri, 124Ramana Maharshi, 51, 57, 124 Reghini, Anuro, 58

Saint Martin, Louis Claude de, 17 Savelli, Giovanni, 92 Scabelloni, Pietro, 15, 16, 21 Scanziani, Piero, 92Schuon, Frirhjof, 48 Scifoni, Domenico (Deimo), 92Secondari, Argo, 16 Sivers, Maria von, 80Smiles, Samuele, 18 Spaini, Marco, 70, 80, 92, 181 Starace, Achille, 88, 89 Steiner, Rudolf, 11, 16, 18, 19, 33-36, 42, 45, 50, 52, 58, 61,62-69, 75-80, 84, 86, 97, 98, 101, 103, 105, 111, 114, 115, 126,127, 131-133, 140, 141, 145, 149, 150, 154, 156-158, 161, 164,165, 167-170, 173, 174, 176, 180-182, 184, 191-195, 199, 204-207, 211, 220, 223Stirner, Max, 21, 120Strifizza, Eleuterio, 92

Tilgher, Adriano, 92

Viezzoli, Mario, 80, 87Virio, P. M., 92Vivekananda, Swami, 124

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Dallo Yoga alla Rosacroce

Wollisch, Vittoria, 80

Yogananda, Swami, 124

__________________________________________________Arti Grafiche Scalia - Via di Vigna Jacobini, 5 - Roma

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