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Dalla fisica nucleare alla fisica subnucleare Forze fondamentali in natura Tutte le interazioni osservabili in natura possono venire ricondotte alla definizione operativa di 4 forze “fondamentali”. Esse sono apparentemente distinguibili nelle origini e negli effetti. Le teorie prevedono però che esse siano manifestazioni differenti di un’unica grandezza fisica alla base del comportamento generale del nostro universo (modelli di unificazione). Le forze vengono classificate secondo il seguente schema: (a) Forza gravitazionale: è la forza più appariscente a livello di osservabilità quotidiana, nonché la più importante su scala planetaria e cosmica. Ciononostante, è anche la forza più debole, tanto da non essere essenzialmente percepibile su scala atomica o subatomica. La forza gravitazionale fra due protoni in contatto alle “superfici” è circa 10 -38 volte più bassa della forza nucleare che agisce tra di essi. (b) Forza debole: pur non essendo importante per la descrizione degli stati stabili della materia, questa interazione è essenziale nella descrizione di certi decadimenti che avvengono all’interno di un nucleo ed altre trasformazioni che coinvolgono certe particelle fondamentali. E’ una forza che agisce su distanze molto piccole (circa 10 -18 m) ed è più di un milione di volte più debole della forza forte che agisce fra

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Dalla fisica nucleare alla fisica subnucleare

Forze fondamentali in natura Tutte le interazioni osservabili in natura possono venire ricondotte alla definizione operativa di 4 forze “fondamentali”. Esse sono apparentemente distinguibili nelle origini e negli effetti. Le teorie prevedono però che esse siano manifestazioni differenti di un’unica grandezza fisica alla base del comportamento generale del nostro universo (modelli di unificazione).Le forze vengono classificate secondo il seguente schema: (a) Forza gravitazionale: è la forza più appariscente a livello di osservabilità quotidiana,

nonché la più importante su scala planetaria e cosmica. Ciononostante, è anche la forza più debole, tanto da non essere essenzialmente percepibile su scala atomica o subatomica. La forza gravitazionale fra due protoni in contatto alle “superfici” è circa 10-38 volte più bassa della forza nucleare che agisce tra di essi.

(b) Forza debole: pur non essendo importante per la descrizione degli stati stabili della materia, questa interazione è essenziale nella descrizione di certi decadimenti che avvengono all’interno di un nucleo ed altre trasformazioni che coinvolgono certe particelle fondamentali. E’ una forza che agisce su distanze molto piccole (circa 10-18m) ed è più di un milione di volte più debole della forza forte che agisce fra

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due protoni in un nucleo. Ciononostante è essenziale per la descrizione corretta di certe fasi dell’evoluzione dell’universo;

(c) Forza elettromagnetica: è un’interazione importante per la descrizione e la comprensione di molte particelle fondamentali. E’ una forza a raggio d’azione infinito ma, come sopra accennato, i suoi effetti sono tipicamente sminuiti a causa dell’effetto di schermo operato da cariche di segno opposto. Questo fenomeno non avviene all’interno di un nucleo (vi sono solo protoni, cariche positive), per cui in questo caso la forza elettromagnetica, che è circa un centesimo della forza forte agente fra due protoni in contatto, è comunque in grado di competere con la forza forte stessa, come ampiamente discusso nel capitolo dedicato alle reazioni nucleari. La forza elettromagnetica è anche responsabile di moltissimi fenomeni macroscopicamente evidenti (elettricità e magnetismo, ma forze di attrito di vario genere sono anche riconducibili a fenomeni nei quali l’elettricità su scala atomica è rilevante);

(d) Forza forte o nucleare: con breve raggio di azione (circa 1 fm), è la più intensa delle forze elencate ed anche la più importante in moltissime reazioni fra particelle fondamentali, come pure, ovviamente, nella struttura e nella dinamica dei nuclei atomici. Vi sono particelle comunque che non risentono per nulla dell’effetto della forza forte, come l’elettrone.

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Nella tabella si riassumono queste proprietà delle forze fondamentali Una prima classificazione di particelle soggette all’azione di tali forze prevede che tutte le particelle sono soggette alle forze gravitazionale e debole, una parte di esse alla forza elettromagnetica, una famiglia ancora più ristretta alla forza forte.

tipo Raggiod’azione

Int.rel.

Tempocaratt.

Part.Scambio

Simb. carica spin Massa(GeV)

Forte 1fm 1 < 10-22 gluone g 0 1 0Elettro

magnetico∞ 10-2 10-14÷10-20s fotone γ 0 1 0

Debole 10-3 fm 10-7 10-8÷10-13s BosoniW/Z

W±,Z0 ±1,0 1 80.91

Gravitaz. ∞ 10-38 anni gravitone 0 2 0

Nella tabella si riportano anche le particelle che attuano l’interazione secondo un modello di scambio, che è infatti estendibile dal caso elettromagnetico (emissione ed assorbimento di fotoni) al caso nucleare (emissione ed assorbimento di pioni) e alle altre forze, chiamando ovviamente in causa altri tipi di particelle intermediarie.

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La forza forte è descrivibile, oltre che in termini di scambio di mesoni, anche chiamando in causa una struttura più fine dei nucleoni, come verrà discusso più avanti, secondo la quale tutto è riconducibile alla composizione di 2 o più particelle fondamentali, dette quark, che interagiscono per scambio di gluoni. La forza elettromagnetica è mediata dai fotoni, mentre quella debole (unificata all’elettromagnetica e sotto il nome di forza elettrodebole) prevede lo scambio di bosoni vettori (di tre tipi). In un decadimento beta, ad esempio, un neutrone si trasforma tramite interazione debole in un protone con l’emissione del bosone W-, secondo la reazione n → p + W-

seguita dal decadimento del bosone secondo la W → e + νe

Il decadimento del neutrone nel protone e nel bosone negativo contraddice la conservazione dell’energia. Esso può avvenire pertanto solo entro un intervallo di tempo (che dunque definisce il raggio d’azione del bosone vettore) che sia in accordo con l’indeterminazione di Heisenberg. La forza gravitazionale è descrivibile in termini di scambi di bosoni detti gravitoni, che non sono stati però mai osservati.

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Classificazione delle particelle E’ essenziale, ai fini di “mettere ordine” nella popolosa famiglia di nuove particelle “elementari” scoperte in parecchi decenni di esperimenti di collisione ad energie sempre più elevate, stabilire uno o più criteri di raggruppamento.

Lo scopo di questa organizzazione rimane quello di trovare una o più leggi sufficientemente generali da consentire l’accesso ad una descrizione fondata su meccanismi ben compresi e motivati.

Una possibilità è quella di iniziare a raggruppare particelle soggette allo stesso tipo di interazione. Si può proseguire adottando come criterio di ordinamento più quantitativo la massa (a riposo) delle particelle rivelate. Sebbene questo schema sia di utilità molto limitata, esso ha permesso una prima classificazione delle particelle “nuove” in tre famiglie, denominate:leptoni (particelle di massa piccola)mesoni (di massa intermedia)barioni (di massa elevata).

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Oggi però si conoscono leptoni più massivi di certi barioni. Ciononostante, la suddivisione in base alle masse è un tipo di “spettroscopia” di significato notevole: si osserva che le particelle di tipo leptonico non subiscono l’azione della forza forte, mentre i mesoni ed i barioni sono soggetti all’interazione nucleare.

E’ anche possibile raggruppare le particelle in base al loro valore di spin. Anche in questo caso si scopre che il raggruppamento in base alle masse è più generale di quanto non possa sembrare: tutti i leptoni hanno spin ½ (come gli elettroni). I mesoni hanno spin intero (0,1,2,…) mentre i barioni hanno spin semintero (1/2, 3/2, 5/2, …).

Un ulteriore aspetto di rilevanza nel tentativo di raggruppare secondo schemi generali le particelle fondamentali riguarda la presenza di due “forme” per ciascuna particella: esiste la particella ed un partner con valore di carica (e di un’altra proprietà) opposta, mentre le altre grandezze che la caratterizzano (massa, vita media, spin, ecc.) sono esattamente eguali. Si dice anche che per ogni particella c’è la corrispondente antiparticella ovvero che ad ogni forma di materia è associata – nel mondo subatomico – una forma di antimateria.

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La prima evidenza sperimentale di antimateria è la scoperta dell’antielettrone, detto positrone, predetto da Dirac come conseguenza dell’estensione dell’equazione di Schroedinger nel regime ultrarelativistico, ed osservato da Anderson nel 1932. Esso ha carica pari a +e e massa pari a 511 keV, come quella dell’elettrone.

Nel 1956 viene scoperto l’antiprotone, con carica pari a -e e massa di 938 MeV, come quella del protone. Le antiparticelle di particelle stabili sono anch’esse stabili (lo sono dunque l’antiprotone ed il positrone). La prossimità fra una particella ed il suo partner di antimateria conduce invece al fenomeno della annichilazione, per il quale le due particelle scompaiono lasciando energia e momento conservati: un elettrone ed un positrone si annichilano generando 2 fotoni.

Ai fini della distinzione fra materia ed antimateria, possiamo assumere che la materia ordinaria (atomi, cioè nuclei ed elettroni) sia composta da particelle. Il protone è la particella, l’antiprotone è antimateria.

Questo criterio, apparentemente banale, permette in molti casi di assegnare con certezza la natura di tipo materia o antimateria ad un dato costituente. Ad esempio, il decadimento di un neutrone in protone, elettrone e neutrino è proibito dalla legge di

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conservazione del numero leptonico, per cui sappiamo che il prodotto di decadimento deve essere in realtà un antineutrino.

In altri casi però non è né possibile né utile stabilire se la particella in esame sia materia o antimateria. E’ questo il caso della terna di pioni, π±, π0, nella quale il pione neutro è antiparticella di sé stesso (come peraltro il fotone) ed i pioni carichi sono antiparticelle uno dell’altro, senza potere stabilire se sia particella il pione positivo o quello negativo.

Famiglia struttura interazione spin esempio

leptoni elementare debole, em semintero e, ν, µmesoni composta debole, em, forte intero π, ρ ,ω, Kbarioni composta debole, em, forte semintero p, n, Σ, Λ, Ξ

portatori elementare debole, em, forte intero γ, W, Z

Nella tabella precedente è riportato il raggruppamento delle famiglie di particelle assieme alle interazioni che le riguardano ed allo spin. Viene anche riportata la natura

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delle particelle in una data famiglia: si osservi che i leptoni e le particelle mediatrici di scambio hanno natura veramente fondamentale, ossia sono considerate particelle indivisibili, elementari. I mesoni ed i barioni sono invece particelle composte (da quark, secondo il modello che porta questo nome e che verrà illustrato a grandi linee più avanti). I leptoni interagiscono unicamente via interazione elettrodebole (debole ed elettromagnetica) e sono tutti con spin pari ad ½ (unità ℏ).

particella antiparticella carica (e)

massa vita media prodotti decadimento

e-

νe

e+

νe

±10

0.511 MeV< 10 eV

∞∞

--

µ-

νµµ+

νµ

±10

105.7 MeV< 0.3 eV

2.2·10-6 s∞

e + νe + νµ-

τ-

νττ+

ντ

±10

1777 MeV< 40 eV

3.0·10-13 s∞

µ + ντ + νµ-

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La tabella precedente riporta i leptoni che si crede siano tutti quelli esistenti nel nostro universo. Si tratta di 6 particelle (e di 6 partner di antimateria) suddivisi in tre coppie contenenti ciascuna una particella carica (elettrone, muone, tau) ed un neutrino (di tipo elettronico, muonico e tauonico).

Per quanto riguarda la famiglia dei mesoni, questi sono particelle non elementari, caratterizzate da spin intero, e soggette principalmente all’azione della forza nucleare. Si possono anche avere reazioni nelle quali i mesoni decadono in altri mesoni o in leptoni via interazioni forti o elettrodeboli.

Ad esempio, a partire dalla reazione nucleare di produzione mesonica p+n→p+n+π0, il pione neutro decade in 8.4 10-17 sec in due fotoni gamma. Questo decadimento è regolato dall’interazione elettromagnetica, come indicato dalla presenza dei fotoni.

Poichè i mesoni non sono costituenti della materia ordinaria dell’universo di oggi, la loro suddivisione in particelle/antiparticelle è arbitraria e spesso inutile. Certi mesoni neutri sono antiparticelle di sé stessi, altri (come il kaone) sono distinti anche se sono particelle neutre.

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La tabella riporta un numero limitato di mesoni (fra le decine di osservati sperimentalmente) assieme alle loro caratteristiche più rilevanti, come già fatto per i leptoni.

particella antiparticella

carica (e) massa(MeV)

vita media

(s)

prod. decad.

π+ π- ±1 140 2.6·10-8 µ+ + νµπ0 π0 0 135 8.4·10-17 γ + γK+ K- ±1 494 1.2·10-8 µ+ + νµK0 K

0 0 498 0.9·10-10 π+ + π-

ρ+ ρ- ±1 769 2.5·10-24 π+ + π0

η η 0 958 2.2·10-21 π+ + π-

E’ infine possibile costruire una tabella (parziale) anche per i barioni.Il loro spin è semintero, hanno partner di antimateria distinti come i mesoni e possono essere prodotti da reazioni fra nucleoni tramite interazione forte, come nella reazione

p+p→p+Λ0+K+

nella quale la Λ0 decade per interazione debole secondo la Λ0→p+π- in circa 2.6·10-10 sec, come indicato dal tempo medio di reazione.

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particella antiparticella carica (e)

massa(MeV)

vita media(s)

prod. decad.

p p ±1 938 ∞ -n n 0 940 889

p + e− + νe

Λ0 Λ0 0 1116 2.6·10-10 p + π−

Σ+ Σ+ ±1 1189 0.8·10-10 p + π0

Σ0 Σ0 0 1192 7.4·10-20 Λ

0 + γ

Σ− Σ− ±1 1197 1.5·10-10 n + π−

Ξ0 Ξ0 0 1315 2.9·10-10 Λ0 + π0

Ξ− Ξ− ±1 1321 1.6·10-10 p + π

Δ* Δ* 2,1,0,-1 1232 6.0·10-24 p + π

Σ* Σ* 1,0,-1 1385 2.0·10-23 Λ0 + π

Ξ* Ξ* -1,0 1530 6.0·10-23 Ξ + π

Ω− Ω− -1 1672 8.2·10-11 Λ0 +K−

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Altri aspetti quantitativi delle reazioni fra particelle subnucleari ed ancora essenziali alla costruzione di uno schema di classificazione generale dovranno tenere conto di leggi di conservazione di nuovo tipo, oltre alle ben note e sempre valide leggi di conservazione di energia, quantità di moto e momento angolare.

Nuove leggi di conservazione

Nella meccanica classica è consuetudine utilizzare in modo sistematico le leggi di conservazione del momento lineare ed angolare, dell’energia e della massa.

Nell’elettromagnetismo si può chiamare in causa la conservazione della carica oppure della corrente elettrica in determinate condizioni fisiche.

Tutte queste leggi sono collegate indissolubilmente a speciali proprietà di invarianza dello spazio e del tempo, oppure ad invarianze più astratte (di “gauge”) nel caso della carica o corrente elettrica.

Crediamo che queste siano leggi valide universalmente.

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Nella fisica delle particelle, soprattutto nei primi anni di continue scoperte sperimentali di nuovi membri delle sempre più popolose famiglie di leptoni, mesoni e barioni, si è iniziato a realizzare un segno di regolarità e di ordine introducendo una serie di leggi di conservazione.

In pratica, si tratta di definire dei nuovi numeri quantici che “contano”, pesandole, determinate proprietà (anche se non strettamente fisiche) del sistema soggetto a trasformazioni o reazioni di qualche genere.

Nel caso di reazioni nucleari si osserva l’invarianza del numero di massa A (totale di nucleoni). Nelle reazioni regolate in assenza di decadimenti beta vale anche la conservazione separata di Z (protoni) ed N (neutroni).

Nel caso delle particelle subatomiche, in particolare per i leptoni, si introduce un numero “leptonico” L che vale +1 per l’elettrone ed il neutrino, vale -1 per il positrone e l’antineutrino ed infine è zero per tutte le altre particelle (“non leptoni”). Si richiede che il numero leptonico sia conservato in tutte le reazioni o trasformazioni di particelle perché questo spiega le osservazioni sperimentali (ossia che certe reazioni avvengono ed altre no anche se le leggi di conservazione “tradizionali” sono rispettate).

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Il decadimento di un neutrone in un protone, un elettrone ed un antineutrino si scrive dunque, per quanto riguarda il numero leptonico, come

n( L = 0) → p( L = 0) + e−( L = 1) + νe( L = −1)

L è nullo per entrambi i membri dell’espressione di decadimento. Notiamo che è richiesto un antineutrino per soddisfare la conservazione del numero leptonico. Analogamente il decadimento beta del protone si scrive

p( L = 0) → n( L = 0) + e+( L = −1) + νe( L = 1)

Tramite la richiesta di conservare L possiamo escludere reazioni di decadimento:

e−( L = 1) + p( L = 0) → n( L = 0) + ν

e( L = −1)

e+( L = −1) + n( L = 0) → p( L = 0) + ν

e( L = 1)

p( L = 0) → e+( L = −1) + γ( L = 0)

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Le evidenze sperimentali sostengono inoltre la richiesta di introdurre una triplice legge di conservazione del numero leptonico, separatamente per leptoni di tipo elettronico, muonico o tau.

Ad esempio, la reazione: νµ+ p → n + µ+

è osservata sperimentalmente, mentre la reazione: νµ+ p → n + e+ non avviene.

Questo suggerisce che i leptoni elettronico e muonico sono talmente differenti in natura da richiedere (almeno a questo livello) una separazione del numero leptonico corrispondente.Nella reazione permessa si ha conservazione del numero leptonico di tipo muonico (Lµ=-1) ed elettronico (Le=0) ma nella reazione proibita non si conserva né Lµ né Le.

Una legge di conservazione simile può essere introdotta per quanto riguarda le trasformazioni di barioni, ai quali viene assegnato il numero B=1 (B=-1 agli antibarioni), mentre B=0 per tutti i non- barioni (leptoni e mesoni). Il numero B deve essere conservato in tutti i processi. Notiamo che la conservazione di A, numero di massa nucleare, può essere vista come un caso particolare di questa legge barionica applicato ai nucleoni della reazione nucleare.

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Non vi è (finora) eccezione sperimentale a questa legge, anche se esistono teorie molto sofisticate secondo le quali il numero barionico può variare (come nel decadimento del protone). In questo caso si ipotizza la seguente reazione (peraltro mai osservata):

p → e+ + π0

La teoria prevede in questo caso la conservazione di B-L (e non separatamente di B ed L): nella reazione ipotizzata: (B-L)iniz = 1 = (B-L)fin = -(-1)

La reazione seguente (osservata) è un esempio di conservazione di B:

p + p → p + p + p + p dove si ha che B=1+1=2 a sinistra e B=1+1+1+(-1)=2 a destra dell’espressione. La reazione:

p + p → p + p + n è invece proibita (a sinistra risulta B=2, mentre a destra risulta B=1).

Il numero di mesoni non è invece vincolato ad alcuna legge di conservazione del tipo fino ad ora considerato per leptoni e barioni.

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Si osservano infatti tutte le reazioni seguenti:

p + p → p + n + π+

p + p → p + p + π0

p + p → p + n + π+ + π0

p + p → p + p + π+ + π− + π0

nelle quali si ha conservazione di B e creazione di mesoni (pioni) in numero variabile. Anche la carica è ovviamente conservata. Ci si aspetta dunque che possa anche scomparire un mesone in una reazione del tipo:

π+ → e+ + ν

e

nella quale invece è conservato il numero leptonico e la carica.

Nonostante il numero di mesoni non sia conservato, esistono delle reazioni per le quali si evidenzia la necessità (e la convenienza) di chiamare in causa una nuova legge di conservazione. Lo spunto è offerto dal modo di decadimento del mesone K neutro (detto kaone).

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Si osserva che i mesoni neutri di tipo π ed η decadono molto rapidamente (via elettromagnetica) in due fotoni.

Il mesone K non decade in questo modo: è relativamente lento (τ≈10-10 s) per trasformarsi in leptoni e pioni.

L’assenza (sperimentale) di certi tipi di reazioni sperimentali può condurre alla formalizzazione di nuove leggi di conservazione.

Dunque, per il “mancato decadimento” elettromagnetico del kaone, si introduce un nuovo numero, detto stranezza S, che deve impedire il decadimento sopra citato.

Una situazione del tutto simile accade per il decadimento del mesone carico K+, che preferisce trasformarsi producendo mesoni e leptoni che non solo mesoni via interazione forte (come accade per altri mesoni pesanti).

In pratica, si assegna ai mesoni K stranezza 1, S=+1, mentre leptoni e pioni sono particelle non-strane, S=0.

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Il decadimento elettromagnetico “strano”, K0 → γ + γ , è vietato perché risulta che

l’interazione elettromagnetica conserva la stranezza (cosa che non accade in questa reazione).

Analogamente, la reazione K+ → π+ + π0 non può avvenire ad opera dell’interazione

forte perché essa non può cambiare la stranezza. Quello che invece può avvenire sono i modi di decadimento (più lenti) ad opera dell’interazione debole che è in grado di cambiare la stranezza di un’unità. Riassumendo: nelle trasformazioni governate dall’interazione elettromagnetica o forte la stranezza non può cambiare. Nelle trasformazioni governate dall’interazione debole la stranezza o non cambia o varia di un’unità.

I barioni hanno stranezze differenti: p, n, e, ∆* hanno S=0;

Λ0, Σ+, Σ0, Σ−, Σ* hanno S=-1;

Ξ0,Ξ−,Ξ* hanno S=-2;

Ω− ha S=-3.

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Le antiparticelle hanno stranezza di segno opposto rispetto le particelle.

La conservazione della stranezza spiega anche il fenomeno della “produzione associata” di barioni strani: essi nascono da decadimenti che conducono alla formazione di barioni

sempre in coppia (di tipo strano), come nella reazione p + p → p + Λ0 +K+.

In definitiva, i numeri leptonico e barionico, assieme alla stranezza, sono concetti molto utili a prevedere i possibili modi di trasformazione della numerosa famiglia di particelle subatomiche. E’ altresì importante sottolineare che né comprendiamo il motivo per il quale i numeri sopra elencati si debbano conservare, né sappiamo cosa rappresenti fisicamente la stranezza. Si tratta (solo), ripetiamo, di utili metodi per automatizzare la descrizione di una serie altrimenti complessa di fenomeni osservati sperimentalmente.

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Interazioni e decadimenti particellari I nuclei e, peggio ancora, i costituenti sub-nucleari sono fortemente legati e necessitano di interventi violenti (in termini energetici) per accedere alle informazioni richieste. Lo schema sperimentale tipico è comunque quello di approntare un fascio ad energia opportuna di proiettili che collidono sul bersaglio designato: per ottenere urti fra particelle stabili che interagiscono fortemente, con densità elevate, si può pensare fin dall’inizio a fasci di protoni su idrogeno liquido (protoni densi). Questa scelta rende possibile l’utilizzo di campi elettromagnetici per l’accelerazione del proiettile (carico, infatti) ed inoltre sia il proiettile che il bersaglio sono stabili nel tempo e rendono di fatto possibile l’esperimento e la misura di determinate proprietà fisiche. Nel caso siano richiesti altri tipi di proiettili al posto del protone, si può pensare ad un esperimento a due step:1) I proiettili desiderati vengono prodotti in seguito ad una collisione iniziale di protoni su un bersaglio fisso. 2) I proiettili così prodotti possono venire selezionati e lanciati sul bersaglio finale da appositi sistemi di focalizzazione e trasporto.

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Il fatto che i proiettili secondari possano avere vite estremamente brevi (frazioni di milionesimi di secondo) potrebbe rendere effettivamente irrealizzabile questo tipo di esperimento: il proiettile decade prima di giungere al bersaglio. In realtà è possibile utilizzare proiettili con vite proprie brevi fino a frazioni di miliardesimo di secondo in quanto la loro energia (velocità) è in regime relativistico e fa sì che la loro vita media nel sisetma di riferimento del laboratorio sia dilatata di svariati ordini di grandezza (come accade nei muoni prodotti nell’alta atmosfera dai raggi cosmici). Le collisioni prodotte negli esperimenti con particelle sub-nucleari vengono rilevate con vari sistemi, che permettono analisi estremamente dettagliate e precise della dinamica delle reazioni coinvolte. Le macchine dedicate a questi esperimenti sono acceleratori di particelle (che si sviluppano per chilometri di lunghezza) accoppiati con rivelatori di ogni genere (che possono avere dimensioni mastodontiche). I rivelatori, oggi sofisticatissimi, permettono la misura individuale dell’energia delle particelle, la misura del loro momento (e quindi di dedurne la massa), della carica. Oltre alla misura delle proprietà cinematiche delle particelle, è anche possibile ricavare informazioni sulla loro vita media. Questa è di solito determinata direttamente misurando la lunghezza della traccia lasciata nei rivelatori se la vita della particelle è almeno di 10-15 sec. Per particelle con vita più breve (quelle tipicamente soggette a

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decadimenti regolati dall’interazione forte, dette “risonanze”) la tecnica è differente. Si tratta di considerare i prodotti di decadimento di determinate reazioni che coinvolgono la particella interessata: la conoscenza delle proprietà (misurate) di questi prodotti consente di ricostruire sia l’esistenza che le caratteristiche fisiche della particella che li ha generati, anche se essa ha avuto vita estremamente breve. Gli stati particellari “risonanti” vengono evidenziati studiando la distribuzione di energia e momento (in pratica il 4-momento) dei frammenti del decadimento. In corrispondenza di un’energia associabile alla massa della particella intermedia, si osserva nella distribuzione energetica un picco la cui larghezza è inversamente proporzionale alla vita media della particella stessa.

Bilanci energetici nei decadimenti e nelle reazioni di particelle Nell’analisi delle reazioni o dei decadimenti di particelle si utilizzano le leggi di conservazioni “classiche” adottate in meccanica (energia, quantità di moto, momento angolare) nonché le conservazioni specifiche per il fenomeno trattato (carica elettrica, numero barionico e leptonico). Viste le energie in gioco, è pressoché ovvio che sarà necessario adottare le forme ultrarelativistiche delle leggi di conservazione. In particolare, è possibile riassumere i passi più importanti nell’analisi energetica di una reazione fra particelle subatomiche osservando che:

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(a) l’energia a disposizione è calcolata a partire dal riferimento del centro di massa: la soglia energetica è tale che la particella che decade sia ferma, per cui l’energia a disposizione è data dalla differenza fra l’energia (massa) iniziale e quella finale (prodotti di reazione), secondo la definizione del “Q” di reazione: Q = mi - mf . La reazione può avvenire solo se Q>0.

(b) Il Q della reazione (energia a disposizione dei prodotti) è utilizzabile in forma di energia cinetica in modo che la quantità di moto sia anche conservata. Se il decadimento interessa due particelle prodotto, le quantità di moto di tali particelle devono essere ovviamente eguali ed opposte. Per tre o più particelle ci si aspetta invece una distribuzione continua di energia (come nel caso del decadimento

nucleare di tipo beta). Ad esempio, nel decadimento Λ0 → p + π− , si ha che

Q = m

Λ0 − mp− m

π−= 38 MeV . L’energia cinetica totale dei prodotti è pari a 38 MeV

ed è divisa in osservanza della conservazione del momento lineare (in modo relativistico), ossia a partire dall’espressione per l’energia cinetica

K = p2 + m2 − m . E’ facile ottenere, per questo esempio, che p

π= p

p =101 MeV/c,

per cui si ricava che Kπ=33 MeV, Kp=5 MeV.

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Più in generale, nella reazione descritta dalla m1 + m2 → m3 + m4 + m5 + … ,

definiamo il Q della reazione secondo la Q=[ m1 + m2 - (m3 + m4 + m5 + …)] : un valore positivo di Q implica che la somma delle energie a riposo delle particelle interagenti (m1, m2) viene convertita anche in energia cinetica dei prodotti.Possiamo così calcolare il Q della reazione

π− + p → K0 + Λ0

Q = m

π−+ m

p− m

K0 − mΛ0 = −536 MeV .

Il valore negativo implica che è necessario fornire energia (in forma cinetica) per ottenere sufficiente energia (a riposo) delle particelle prodotto. Si parla in questo caso della richiesta di raggiungere un’energia cinetica di soglia per attivare la reazione.

Nella reazione K− + p → Λ0 + π0 , invece, si ottiene che Q=+181 MeV. Ciò implica che la

reazione mette a disposizione delle masse prodotto energia sufficiente (anche per la conservazione del momento lineare). Non è dunque necessario chiamare in causa un valore di soglia per l’energia cinetica di reazione.

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Costituenti di mesoni e barioni: quark L’apparente disordine e disorganizzazione nello “zoo” delle particelle scoperte nell’arco di qualche decennio può essere ricondotto a più semplici e prevedibili strutture. L’idea inizia con lo studio sistematico della dipendenza della stranezza dalla carica elettrica di mesoni e barioni di vario tipo. Le figure riportano tali andamenti per mesoni leggeri (a spin nullo) e per barioni a spin 1/2 e 3/2.

carica

stra

nezz

a

rappresentazione dei mesoni nel piano Stranezza-Carica

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carica

stra

nezz

a

rappresentazione dei barioni nel piano Stranezza-Carica

Nel 1964 Gell-Mann e Zweig (indipendentemente) riconoscono negli andamenti sunnominati un segno di organizzazione più generale ed astratta associabile all’esistenza di costituenti elementari su scala sub-mesonica e sub-barionica. Più precisamente, viene ipotizzata l’esistenza di tre nuove particelle, dette quark di tipo su (up, u), giù (down, d) e strano (strange, s).

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Sono fermioni (spin 1/2), hanno numero barionico frazionario, 1/3, i quark u e d sono non strani con carica elettrica 2/3 e -1/3 rispettivamente, il quark s ha stranezza -1 e carica elettrica -1/3.

Vedremo che per descrivere tutte le particelle (mesoni e barioni) sono necessari altri 3 tipi di quark.

Ora consideriamo come sia possibile riprodurre le famiglie di particelle raffigurate con il modello a quark u,d,s.

Iniziando dai mesoni con spin 0, si può immaginare che essi siano composti da coppie di quark con spin antiparalleli.

I mesoni hanno numero barionico nullo: essendo il numero barionico dei quark pari a 1/3, è necessario considerare coppie di quark/antiquark (antiparticella del quark) con numero barionico dunque nullo. Prendendo ad esempio la coppia , B=0, lo spin è nullo, la carica è data da 2/3+1/3=1, che può essere messo in corrispondenza con il mesone π, pione.

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Continuando in questo modo è possibile costruire una tabella di mesoni (sempre dati da coppie quark/antiquark) come quella riportata, che riproduce la struttura osservata e proposta prima nella dipendenza stranezza/carica nei mesoni a spin nullo.

carica

stra

nezz

a

-1

0

+1

+10-1st

rane

zza

carica

ds us

du ud

su sd

uuddss

rappresentaz. dei mesoni in termini di coppie quark-antiquark nel piano Stranezza-Carica

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Per quanto riguarda i barioni (spin 1/2 e 3/2), dobbiamo questa volta considerare terne di quark combinate per riprodurre la sequenza di particelle osservate, che devono avere numero barionico B=1, carica +1, 0 e -1, e spin semi-intero

Utilizziamo a questo scopo ancora una volta lo schema che connette la stranezza alla carica elettrica.

Si noti come in questa descrizione la “ricetta” adottata sia assolutamente priva di connessioni fisiche precise: i connotati sono puramente estetici o astratti, connessi alle “simmetrie” o regolarità del sistema.

Si utilizzano terne di quark in quanto i barioni devono avere B=1 (1/3+1/3+1/3=1) e spin 1/2 oppure 3/2.

Neutroni e protoni sono descritti rispettivamente dalle terne di quark udd e uud.

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carica

stra

nezz

a

carica

stra

nezz

a

0

-1

-2

rappresentaz. dei barioni in termini di coppie quark-antiquark nel piano Stranezza-Carica

Allo stesso modo si possono rappresentare in termini di quark gli altri barioni.

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carica

stra

nezz

a

st

rane

zza

carica

rappresentazione dei barioni nel piano Stranezza-Carica

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E’ ora possibile utilizzare la descrizione a quark per analizzare decadimenti e reazioni di particelle. Il tutto richiede il rispetto di due regole, ossia che:(a)coppie di quark/antiquark possono venire create o annichilate da/in quanti

energetici (ad esempio, raggi gamma)(b)l’interazione debole può cambiare un quark in un altro quark tramite assorbimento/

emissione di bosoni vettori intermedi (W e Z), che decadono poi per interazione debole in altre particelle.

Le forze elettromagnetica/nucleare non possono cambiare i quark fra di loro. Così la reazione

π− + p → Λ0 +K0

può essere visualizzata nel linguaggio dei quark come: du + uud→ ds + udsLa reazione è riconducibile alla: u + u → s + sovvero c’è annichilazione (produzione di energia) della coppia u che genera la coppia s.

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Si osserva però che qualche mesone pesante non risulta descritto secondo il modello a tre quark qui discusso. In particolare, esiste un mesone pesante (detto Ψ, mesone psi) che, invece che decadere via interazione forte in tempi rapidissimi, si trasforma in coppie elettrone/positrone in tempi più lenti, tipici delle interazioni elettromagnetiche.

La spiegazione di questo fatto (anomalo) è da rinvenirsi nell’introduzione di un quarto tipo di quark, detto “charm”, con carica 2/3e e con una carica di “fascino” (charm) che è simile, in qualche modo, alla stranezza già considerata.

Si introduce il numero quantico c, di charm, che è +1 per il quark c e nullo per tutte le altre particelle.

E’ ora possibile costruire una tabella più popolata di stati particellari in termini di sovrapposizione di stati di quark u, d, s, e c.

Si osservi nel disegno come i mesoni a spin nullo, aggiungendo un quarto quark, si arricchiscono di nuovi membri, i mesoni di tipo D (osservati sperimentalmente).

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rappresentazione dei mesoni nello spazio tridimensionle Stranezza-Carica-Charm

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La stessa sequenza degli eventi si ripete ad energie ancora più elevate chiamando in causa un quinto quark, detto bottom (b) per spiegare l’esistenza di un mesone molto massivo (particella upsilon).

L’ultimo (si ritiene) quark è stato scoperto nel 1995 ed è detto quark t, top.

Lo “zoo” barionico e mesonico, almeno fino a questo punto della spiegazione, è stato smantellato e ricostruito per lasciarci con un nuovo zoo di particelle … chi ci assicura di non scoprire una settima, ottava, decima, cinquantesima … famiglia di quark?

La situazione teorica è a netto sfavore di un simile proliferare di nuove particelle.

Si tratta comunque di accettare una nuova versione della modellizzazione applicata alla tabella periodica degli elementi atomici ora in versione subatomica e sub-nucleare. Il punto essenziale rimane quello di definire gli aspetti fisici diretti di una descrizione che chiama in causa un’intera nuova generazione di particelle elementari, per non limitarsi ad una situazione esteticamente e formalmente soddisfacente (o anche perfettamente funzionante) ma non supportata da argomenti fisici specifici.

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E’ anche importante notare che, nonostante i tentativi più appassionati, non è mai stato possibile osservare un quark singolo, tanto che la massa dei quark assegnata è quella che include le energie di legame (forza di scambio nucleare, realizzata dai gluoni).

Secondo le teorie più assestate i quark risentono del fenomeno di “confinamento”, per il quale la forza fra quark cresce di intensità all’aumentare della loro distanza. I quark sono “liberi” solo quando sono indefinitivamente vicini fra di essi. Vi sono comunque evidenze sperimentali che confermano la loro esistenza come pure le loro proprietà fisiche, in particolare la loro carica elettrica di ammontare non intero, frazionario.

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Modello standard, modelli di unificazione.

Se si considera una qualunque porzione di materia nel nostro universo, troviamo che per descriverla è necessario chiamare in causa solamente quattro particelle elementari distinte, più le rispettive antiparticelle. Il nucleo atomico è composto da neutroni e protoni, che contengono solamente quark u e d. L’atomo contiene elettroni, ed i decadimenti nucleari di tipo beta sono spiegati aggiungendo al sistema neutrini di tipo elettronico.

Dunque si utilizzano due quark e due leptoni, (u,d),(e,νe).

E’ solamente provocando artificialmente reazioni ad energia crescente che si manifestano nuovi tipi di particelle, non descrivibili in termini delle quattro particelle elementari di prima “generazione”. Così è necessario aggiungere altre due famiglie di particelle elementari, secondo uno schema che riproduce il precedente ma con energie a riposo (masse) crescenti. Si aggiungono dunque le coppie quark/leptoni date da (c,s),(µ,νµ) e (b,t),(τ,ντ).

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Le proprietà dei 6 quark sono riassunte nella tabelle, nella quale le masse riportate sono riferite ai “quark costituenti”, perché, come già accennato, non è possibile isolare i quark e dunque l’energia di legame (sconosciuta) accompagna sempre la loro massa a riposo.

tipo simbolo carica(e)

spin(ℏ)

massa(MeV)

numeri quanticiCSTB

updown

ud

+2/3-1/3

1/21/2

300300

00000000

charmstrange

cs

+2/3-1/3

1/21/2

1500500

+10000-100

bottomtop

bt

+2/3-1/3

1/21/2

1800004700

00+10000-1

A questo punto, vi sono vari elementi a favore di un modello che non preveda l’aggiunta di ulteriori famiglie di quark/leptoni oltre alle tre sopra elencate e descritte.

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E’ interessante citare il fatto che teorie cosmologiche prevedono evoluzioni del nostro universo in disaccordo con osservazioni sperimentali se i neutrini fossero più di tre specie distinte.

La forza forte fra i quark, come già accennato, è “mediata” da gluoni, bosoni a massa nulla di otto tipi distinti: in effetti esiste una teoria ben assestata che descrive gli schemi di accoppiamento fra quark secondo una “carica” forte, detta carica colore (che non è un colore vero, ovviamente!).

La teoria che spiega le dinamiche di interazione in funzione del colore e del tipo di quark coinvolto è detta cromodinamica quantistica (QCD).

Restano poi l’elettromagnetismo con il fotone quale mediatore di forza e la forza debole, mediata da tre bosoni vettori (le particelle W± e Z0).

L’insieme dei 6 quark/leptoni con le rispettive antiparticelle e i vari bosoni mediatori di forza costituisce la struttura portante del cosiddetto modello standard.

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Nello spirito di giungere ad una spiegazione la più esaustiva possibile della realtà del nostro universo, esistono teorie destinate ad unificare i comportamenti apparentemente distinti dei vari tipi di forza. Ad esempio, nel 1967 Weinberg e Salam propongono una teoria “elettrodebole” secondo la quale è possibile descrivere le interazioni elettromagnetiche e deboli come manifestazioni distinte di un’unica forza. A supporto della teoria giunge nel 1983 la scoperta dei bosoni vettori W e Z che spiegano infatti la validità dell’idea unificatrice di interazione.

Vi sono anche tentativi di “grand’unificare” le forze elettrodeboli e nucleari, in uno schema ancora più ampio e generale nel quale leptoni e quark sono uniti in un unico schema descrittivo (con conseguenze complesse e non banali, quali la possibilità di osservare il decadimento di un protone).

Le teorie “del tutto” (come quella delle “stringhe”) infine vorrebbero inserire anche la gravità (che si ostina a non lasciarsi descrivere secondo i canoni della meccanica quantistica) nello schema universale delle forze. La strada in questa direzione è tracciata ma il punto di arrivo potrebbe essere ancora molto lontano.