DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale...

29
DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE CRISTOLOGICA DELLA MORALE L’itinerario di Domenico Capone Faustino Parisi* Domenico Capone 1 , in un brano tratto dalla dissertazione per il dottorato in filosofia Intorno alla verità morale, pubblicato nel lonta- no 1951 2 , descrive la virtù della prudenza come la chiave di volta del- la vita morale, per quel suo movimento continuo e sostanziale; virtù for- malmente intellettuale ed intimamente e sostanzialmente morale, per ra- gione della materia che attinge e per il principio che la governa, con lo scopo precipuo di conoscere l’ordinabilità propria degli atti umani e quindi guidare l’azione morale concreta (recta ratio agibilium). La virtù della prudenza, è dunque, quella realtà mediana tra attività e fi- * The author is a professor of moral philosophy at the ISSR in Foggia. * El autor es profesor de filosofía moral en el ISSR en Foggia. 1 Domenico Capone nasce a Siracusa il 3 maggio del 1907. Compie i suoi studi di Filosofia presso la Gregoriana di Roma e presso L’Institut Catholique e la Sorbona di Parigi. Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac- cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa bibliografia su Capone, M. NALEPA – T. KENNEDY (a cura di), La coscienza mo- rale oggi. Omaggio al prof. Domenico Capone, Edacalf, Roma 1987, 15-22; su D. Capone: W. COLMAN MCDONOUGH, The nature of moral truth according to Domenico Capone, Pars dissertationis ad doctoratum, Accademia Alfonsiana, Ro- ma 1990; M. DOLDI, Fondamenti cristologici della morale in alcuni autori italiani. Bilancio e prospettive. LEV, Roma 2000; A. NIEMIRA, Religiosità e Moralità. Vita morale come realizzazione della fondazione cristica dell’uomo secondo B. Haering e D. Capone, Ed. PUG, Roma 2003. 2 D. CAPONE, Intorno alla verità morale. Excerpta ex Dissertatione ad Lauream in Facultate Philosophica Pontificiae Univeristatis Gregorianae, Napoli 1951. StMor 48/1 (2010) 71-100

Transcript of DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale...

Page 1: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE CRISTOLOGICA

DELLA MORALEL’itinerario di Domenico Capone

Faustino Parisi*

Domenico Capone1, in un brano tratto dalla dissertazione per ildottorato in filosofia Intorno alla verità morale, pubblicato nel lonta-no 19512, descrive la virtù della prudenza come la chiave di volta del-la vita morale, per quel suo movimento continuo e sostanziale; virtù for-malmente intellettuale ed intimamente e sostanzialmente morale, per ra-gione della materia che attinge e per il principio che la governa, conlo scopo precipuo di conoscere l’ordinabilità propria degli atti umanie quindi guidare l’azione morale concreta (recta ratio agibilium). Lavirtù della prudenza, è dunque, quella realtà mediana tra attività e fi-

* The author is a professor of moral philosophy at the ISSR in Foggia.* El autor es profesor de filosofía moral en el ISSR en Foggia.

1 Domenico Capone nasce a Siracusa il 3 maggio del 1907. Compie i suoistudi di Filosofia presso la Gregoriana di Roma e presso L’Institut Catholique ela Sorbona di Parigi. Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completabibliografia su Capone, M. NALEPA – T. KENNEDY (a cura di), La coscienza mo-rale oggi. Omaggio al prof. Domenico Capone, Edacalf, Roma 1987, 15-22; suD. Capone: W. COLMAN MCDONOUGH, The nature of moral truth according toDomenico Capone, Pars dissertationis ad doctoratum, Accademia Alfonsiana, Ro-ma 1990; M. DOLDI, Fondamenti cristologici della morale in alcuni autori italiani.Bilancio e prospettive. LEV, Roma 2000; A. NIEMIRA, Religiosità e Moralità. Vitamorale come realizzazione della fondazione cristica dell’uomo secondo B. Haering e D.Capone, Ed. PUG, Roma 2003.

2 D. CAPONE, Intorno alla verità morale. Excerpta ex Dissertatione ad Laureamin Facultate Philosophica Pontificiae Univeristatis Gregorianae, Napoli 1951.

StMor 48/1 (2010) 71-100

Page 2: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

nalità, tra molteplice e uno, luogo nel quale e per il quale la verità si favita3. Espressione quanto mai pregnante ed efficace, che salda mira-bilmente verità di conoscenza e verità di prassi.

Il problema per il cristiano si pone allorquando, da una morale pu-ramente umana, orientata finalisticamente dall’eudemonismo, ossiadalla ricerca della felicità, imperniata sull’utilizzo della virtù dianoeti-ca della prudenza e operante in ambito di ragion pratica, come ap-punto quella descritta da Aristotele nell’Etica a Nicomaco, si intendepassare ad una morale specificamente cristiana che si coniughi cioècon la fede e sia cristologicamente fondata, come richiesto dal Con-cilio Vaticano II (Optatam Totius n.16)4. Per Capone tale passaggio èpossibile se il cristiano riconosce che il valore di finalità è dato allavirtù della prudenza dalla carità del Cristo risorto, signore del mondo, mi-

72 FAUSTINO PARISI

3 “Qui voglio soltanto discutere qualche aspetto della prudenza, che ha peroggetto la determinazione dei mezzi da eleggere. Questa virtù formalmente in-tellettuale, è intimamente, o con maggiore esattezza, sostanzialmente morale,per ragione della materia che attinge e per il conoscere la ordinabilità propria de-gli atti umani e secondo tale ordinabilità, come è conosciuta, intimare prudente-mente o come dice il Vasquez, “insinuare” in tali atti l’attuosa e attuale tendenzaal fine. Perciò essa è definita: recta ratio agibilium. Ed appare con chiarezza cometra attività e finalità, tra molteplice ed uno essa sia la chiave di volta della vita mo-rale, cioè della verità che si fa vita. Per questo non si può non affermare in for-ma categorica il primato della prudenza in Morale, purché tale virtù non si svuo-ti del suo valore morale, cioè del valore di finalità e quindi dell’amore del fine chedeve pervaderla” (D. CAPONE, Intorno alla verità morale, 20).

4 “Etica o etica cristiana?” è questo, infatti, il titolo di un saggio-dispensa diCapone sul problema di un’etica specificamente cristiana. Egli afferma che “nonsi tratta di alternativa tra due proposte di etica, ma di due espressioni, per sape-re quale delle due risponde alla realtà esistenziale: l’etica che prescindendo dal-la dottrina e presenza del Cristo, deduce le norme del comportamento dalla fe-nomenologia morale esistenziale, dalle concezioni filosofiche, dalla definizionescolastica dell’uomo, come animal-rationale, oppure l’etica cristiana che nellaproposta e presenza del Cristo integra l’etica dei filosofi, o meglio della gentecomune e ne risolve le mille aporie, e così dà certezza all’uomo, ad ogni uomo?Noi vedremo che l’etica, se vuole esser proposta di umanesimo integrale, senzaresidui, non può non essere e dirsi cristiana” (D. CAPONE, Etica o etica cristiana?,c.c., 1973, 7).

Page 3: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

stero dell’amore paterno di Dio, finis finium, principio e fine di tutta lavita cristiana, ed éskaton che anima l’opzione fondamentale buona. Unprocedimento presente, anche se non totalmente compiuto, già ingrandi moralisti come S. Agostino, S. Tommaso e S. Alfonso5, e an-cora oggi, uno dei punti nevralgici, non risolti di molta teologia mo-rale contemporanea, afferma Capone, che così prosegue: “più volteabbiamo sottolineato l’originalità della vita morale cristiana cometensione escatologica del nostro essere, personificato in Cristo; ten-sione che deve essere vitale sintonia con la tensione dell’essere filialedel Cristo; il quale si pone come mistero dell’amore paterno di Dioe quindi come storia di salvezza dell’umanità, da trasformare in ec-clesiale regno di Dio”6.

Di conseguenza la bontà e la verità dell’atto morale, non può, inprima battuta, essere messa in relazione formale con l’ordine ideale,con un ordine morale oggettivo, pretesa di stoici e molti scolastici, ben-sì in sintonia vitale con la realtà misterico-storico-salvifica del Cristorisorto e Signore del mondo. “Questa sintonia è tensione escatologi-ca, scandita da progressiva e sempre più profonda risoluzione dell’e-sistere e dell’agire spazio-temporale nel nostro essere in Cristo”7.Soltanto così si potrà superare quel finalismo intenzionale ed eudemo-nistico, in favore di un finalismo, “sacramentale nel suo dinamismo an-tropologico ed escatologico nel suo realizzarsi ecclesiale e cosmico”8,che più compiutamente esprima la novità assoluta dell’evento Cristoe dia alla morale cristiana una specificità, non sempre altrimenti ri-conoscibile.

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 73

5 “Nell’ordine soprannaturale e quindi nella scienza teologica della vita mo-rale questo valore di finalità è dato alla prudenza dalla carità per cui la pruden-za del cristiano è nettamente distinta e superiore alla prudenza umana. La gran-de intuizione ed azione scientifica di S. Alfonso, in continuità perfetta con S.Tommaso, è proprio nell’aver sottolineato il valore di finalità e quindi di caritàche è e deve essere nella prudenza e nella vita morale” (D. CAPONE, Intorno al-la verità morale, 20).

6 D. CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, principio di valore della vita mo-rale, c.c., (1969) 93.

7 Ivi.8 Ivi.

Page 4: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

Seguire le tracce di questo passaggio, proposto da Capone, è co-me ripercorrere l’intero arco del suo trentennale insegnamento al-l’Accademia Alfonsiana, purtroppo rintracciabile, in massima parte,nei numerosi corsi ciclostilati, ad uso interno degli studenti, in tutto32 che coprono un lasso di tempo dal 1957 al 19859, nei pochi testipubblicati10, in alcune raccolte miscellanee11 e nei vari articoli appar-

74 FAUSTINO PARISI

19 Dei corsi ciclostilati segnalo quelli consultati per la presente ricerca: Intro-ductio in theologiam moralem S. Alfonsi (1958), 55 p.; De supremo principio valorisconscientiae christianae secundum doctrinam S. Alfonsi (1959), 64 p.; De prudentia at-que conscientia (1960), 108 p.; De prudentia et de conscientia (1965), 77 p.; De fineultimo. De caritate, seu de principio valoris moralis actus humani (1961), 105 p.; Decaritate Dei finis ultimi vitae moralis in Christo (1963), 140 p.; De caritate Dei inMysterio Christi ut principio valoris vitae christifidelis (1967), 69 p.; Introductio gene-ralis in theologiam spiritualem de perfectione caritatis (1961), 113 p.; De theologia spi-rituali seu de perfectione caritatis (1961 e 1963), 50 + 98 p.; Disegno di una teologiamorale fondamentale della vita cristiana intesa come vita di unione sacramentale conCristo (1968 e 1970), 60 p.; Prudenza e coscienza in situazione (1968), 237 p.; Cri-sto, mistero della carità di Dio, principio di valore della vita morale (1969 e 1972), 100p.; La vita in Cristo: vita di fede-carità-speranza in Dio (1969), 171 p.; Note di in-troduzione alla teologia morale (1971), 305 p.; La persona dell’uomo nell’essere, nell’e-sistere, nell’agire morale in Cristo (1972), 345 p.; La scienza morale, la prudenza e lacoscienza morale in situazione, nell’economia del Mistero del Cristo (1972), 72 p.; Eti-ca o etica cristiana? (1973), 241 p.; Introduzione alla teologia morale (1976), 334 p.;Dalla scienza alla coscienza morale. Mediazione ermeneutica della prudenza (1977),207 p.; Introduzione alla teologia morale: scienza, coscienza e Mistero del Cristo (1978),520 p.; Introduzione alla teologia morale (in coll. Majorano, 1985), 101 p.

10 D. CAPONE, Teologia morale fondamentale, ed. Ut Unum Sint, Roma 1971;Introduzione alla Teologia Morale, EDB, Bologna 1972; L’uomo è persona in Cristo.Introduzione Antropologica alla Teologia Morale, EDB, Bologna 1973; S. BOTERO

– S. MAJORANO (a cura di), D. Capone. La proposta morale di sant’Alfonso sviluppoe attualità, Edacalf, Roma 1997.

11 D. CAPONE, Pastoralità, prudenza e coscienza, in AA.VV., Magistero e morale,Ed. Dehoniane, Bologna 1970, 347-389; Teologia morale e storicità della persona:la storicità è incontro di ontologia e di economia del mistero pasquale del Cristo, inAA.VV., Fondamenti biblici della teologia morale (Atti della XXII settimana Biblica,Paideia, Brescia 1873, 45-60; Sistemi morali, in AA.VV., Dizionario Enciclopedicodi teologia morale, Ed. Paoline, Roma 1973, 941-948; Prudenza e verità di coscien-za in situazione, secondo S. Tommaso, in AA.VV., Tommaso d’Acquino nel suo VII. L’a-gire morale, Dehoniane, Napoli 1977, 409-420; Correlazione tra Diritti e Do-

Page 5: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

si su Studia Moralia e altre riviste teologiche12. Ciò che impressionain tanta produzione scientifica e divulgativa è la coerenza e la siste-maticità di pensiero, che anticipa il dibattito filosofico e teologico, diquesti anni, teso a rivisitare le tematiche aristoteliche e tomiste, an-che se non proprio o non sempre in una mera ripresa di scuola13.Un’altra delle caratteristiche dei corsi del prof. Capone è, poi, la lo-ro organizzazione, solitamente suddivisa in tre parti. La prima è oc-cupata dal riferimento costante alla filosofia greca, in particolare Ari-stotele, Stoicismo e Neoplatonismo. Tanta attenzione alla filosofia(per alcuni suoi allievi eccessiva e assai poco rilevante dal punto di vi-

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 75

veri, in AA.VV., Diritti umani. Dottrina e prassi, AVE, Roma 1982, 783-801; Ilrinnovamento dell’insegnamento della teologia morale secondo il Vaticano II. Iter delDecreto O. T. n.16, in AA.VV., Parola Spirito (Studi in onore di Settimio Cipria-ni), vol II, Paideia, Brescia 1982, 1221-1246; Cristocentrismo in teologia morale, inL. ALVAREZ VERDES – S. MAJORANO (a cura di), Morale e Redenzione, Edacalf,Roma 1983, 65-94; Teologia morale e carità, in AA.VV., Atti del I convegno teologi-co pastorale su Carità: ermeneutica e metodologia, Dehoniane, Bologna 1987.

12 D. CAPONE, “Antropologia, coscienza e personalità” in StMor 4 (1966) 73-113; “Cristo speranza dell’uomo”, in StMor 7(1969) 57-117; “Il mistero del Cri-sto e la fondazione della teologia morale”, in Asprenas 16 (1969) 331-356; “Ri-torno a S. Tommaso per una visione personalistica in teologia morale”, in RTM1 (1969) 85-103; “La verità nella coscienza morale, in StMor 8 (1970) 7-36; “In-torno alla norma morale”, in StMor, 17 (1979) 123-150; “La Teologia morale inItalia, oggi”, in StMor 18 (1980) 5-32; “Per la teologia della coscienza cristiana”,in StMor 20 (1982) 67-92.

13 Cfr. P. CARLOTTI (a cura di), Quale filosofia in teologia morale?. Las, Roma2003; G. ABBÀ, Felicità vita buona e virtù. Saggio di filosofia morale, Las, Roma1995; ID., Quale impostazione per la filosofia morale. Ricerche di filosofia morale –1, Las, Roma 1996; ID., Costituzione Epistemologica della filosofia morale. Ricerchedi filosofia morale – 2, Las, Roma 2009; R. CARSILLO, Il problema morale in Ma-cIntyre, Levante, Bari 2000; J.-L. BRUGUÈS, Corso di Teologia morale fondamenta-le. La felicità orizzonte della morale, vol. 5, ESD, Roma 2007; D. J. BILLY-T.KENNDY (a cura di), Some Philosophical Issues in Moral Matters. The collectedEthical Writings of Joseph Owens, Edacalf, Roma 1996; W. KLUXEN, L’etica fi-losofica di Tommaso d’Aquino, Vita e Pensiero, Milano 2005; G. SAMEK LODOVI-CI, La felicità del bene. Una rilettura di Tommaso d’Aquino, Vita e Pensiero, Mila-no 2007; M. COZZOLI, Per una teologia morale delle virtù e della vita buona, LUP,Roma 2002; ID. Etica teologale. Fede carità speranza, ed. San Paolo, Roma 20094.

Page 6: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

sta teologico14), è, per Capone, motivata dal fatto che se anche l’enu-cleazione teologica della dottrina morale evangelica, di per sé, non èlegata ad alcuna filosofia, in quanto la speculazione e quindi la pre-sentazione dell’unica e universale verità sono molteplici e variano se-condo le culture, “i primi Padri e scrittori ecclesiastici che si diederoalla presentazione colta della dottrina morale cristiana, si avvalsero:alcuni delle categorie stoiche, altri delle categorie neoplatoniche; fi-nalmente nel Medio Evo i teologi fecero largo ricorso ad Aristote-le”15. Il futuro, con l’evidente e dilagante pluralismo culturale e losviluppo delle scienze umane, potrà offrire all’unica verità diverse viedi approfondimento e presentazione, e sarà un compito assai arduoper le future generazioni di teologi, chiosa Capone16. La parte cen-trale dei corsi è dedicata all’analisi del pensiero dei grandi teologimoralisti, da S. Agostino a S. Tommaso e S. Alfonso, con vari excur-sus sulla storia della teologia morale. L’ultima parte è riservata alleconclusioni, che offrono una panoramica del dibattito attuale, per poisfociare nella proposta di una fondazione cristologica della morale cri-stiana, oramai “parte del “novum” che tutta l’Accademia persegue, inattualizzazione del “novum” proprio del “Christus in nobis” (Cf. Col1, 27) e del suo Spirito che, sempre prendendo dal Cristo (Gv 16, 14-15) rinnova la faccia della terra”17. In sostanza un progetto di rifor-ma della teologia morale e soprattutto del suo insegnamento nei se-

76 FAUSTINO PARISI

14 “In publica disputatione quae habita fuit die 7 mai 1966 in Aula magnaAcademiae alphonsianae, quamque promovit Associatio studentium Academiaeet in actis “Dialogo” a. I, n. 2 relata est diximus initium non solum totius studiiseminaristici (cf. Dialogo n. 2 pp. 10-11, 23) sed etiam nostri cursus de caritatefaciendum esse in posterum a Mysterio Christi. Diximus ibi: Anche io nei mieicorsi finora ho cominciato preteologicamente dal fine, venendo poi alle nozio-ni di carità, per finire quindi col Mistero del Cristo. Ma alcuni di voi mi han det-to che sarebbe stato meglio cominciare col Cristo, perché solo lì ci si orienta inpieno. Credo che questi suggerimenti debbano prevalere, almeno quando siparla a seminaristi o sacerdoti. Altro è quando si parla a non credenti (Ibid., p.28)” (D. CAPONE, De caritate Dei in Mysterio Christi, 1).

15 D. CAPONE, Cristo mistero della carità di Dio, 99.16 Cfr. D. CAPONE, Cristo mistero della carità di Dio, 99. 17 D. CAPONE, “Per la teologia della coscienza cristiana”, StMor 20 (1982) 67.

Page 7: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

minari e nelle facoltà teologiche, che Capone si prefigge di realizza-re fin dall’inizio del suo percorso di ricerca teologica e di docenzauniversitaria, suddiviso idealmente in tanti capitoli di un manualemai scritto, ma ben chiaro alla sua mente: l’uomo come persona in per-sona Christi; il tema della prudenza in generale come recta ratio e del-la prudenza cristiana come decisione del qui ed ora nella tensione esca-tologica del Cristo risorto; la posizione centrale della coscienza, intimo einviolabile luogo di decisione morale della persona in dialogo conDio; la rivalutazione della teologia morale, casistica, sapienziale e cri-stica, così come intesa da S. Alfonso18.

Nella presente ricerca si è tenuto conto della suddivisione dellateologia morale, proposta dal prof. Capone, nei suoi corsi all’Acca-demia, che, come lui stesso afferma, affrontano pre-teologicamente iltema del fine dell’azione morale, per addentrarsi in una morale piùspecificamente cristiana, attraverso le nozioni di carità, e concludersinella tensione escatologica del Mistero del Cristo risorto19. I tre paragrafi

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 77

18 “Che cosa pensare della teologia morale di S. Alfonso nel campo ampio ecompleto della sua dottrina e prassi spirituale? Fu questa la domanda per la qua-le già negli anni 1943-1953 iniziai un tentativo di risposta, procedendo analiti-camente per vari settori. Che cosa pensare della teologia del santo nel campodei moralisti casisti; e quindi che cosa pensare della teologia morale in sé, del-la sua fondazione sul Mistero del Cristo; della virtù della prudenza; della dot-trina della coscienza? Sono queste le domande alle quali ho cercato di rispon-dere dal 1957 ad oggi, rinnovando ogni anno schemi di lezioni e di dispense.Ricordo qui alcuni punti che mi sembrano significativi, cioè: 1) l’agire moralecome espressione vitale e dinamica della densità di essere di persona nell’uomo;2) la prudenza come “recta ratio” sapienziale ed esistenziale “agibilium” in si-tuazione e sua verità in giudizio di coscienza retta; 3) la “prudenza cristiana” co-me “dokimazein” della tensione “escatologica” del Cristo risorto in noi qualeMistero del Padre, presente in noi col suo Spirito di risurrezione ed emergen-te come chiamata, o volontà di Dio cioè come “kairos” in ogni situazione con-creta, nostra e nella storia; 4) la coscienza morale come interiorità profonda do-ve la persona si incontra con Dio che lo chiama e come giudizio di valore in si-tuazione; 5) che cosa era la teologia morale sia casistica che sapienziale-cristicasecondo S. Alfonso” (D. CAPONE, “Per la teologia della coscienza cristiana”, inStMor 20 (1982) 71-72).

19 Cfr. D. CAPONE, De caritate Dei in Mysterio Christi, 1.

Page 8: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

in cui è stata suddivisa ripropongono, anche nella terminologia, lostesso schema: 1. Sul finalismo in filosofia e teologia morale; 2. Sul valo-re di finalità dato alla prudenza dalla Carità del Padre per mezzo del Cri-sto; 3. Sul Cristo risorto, kairos del tempo: dal finalismo intenzionale al fi-nalismo escatologico.

1. Sul finalismo intenzionale in filosofia e teologia morale

1.1. Saggezza, prudenza e felicità in Aristotele

E. Berti, ordinario di Storia della Filosofia nell’università di Pa-dova, e noto studioso di Aristotele20, nel riproporre l’attualità deltema della prudenza aristotelica, preferisce utilizzare al suo posto iltermine di saggezza21, perché meglio renderebbe quella che è l’atti-vità tipica di questa specifica e fondamentale virtù dianoetica. Diquesta virtù (aretè) 22 va evidenziato l’aspetto assolutamente pratico,

78 FAUSTINO PARISI

20 Tra le sue pubblicazioni: La filosofia del primo Aristotele, Cedam, Padova1962; Le vie della ragione, Il Mulino, Bologna 1987; Le ragioni di Aristotele, La-terza, Bari 1989; Aristotele nel Novecento, Laterza, Roma-Bari 1992; Aristotele,Laterza, Bari 1997; Aristotele. Dalla dialettica alla filosofia prima. Con saggi inte-grativi, Bompiani, Milano 2004; Nuovi studi aristotelici I: epistemologia, logica, dia-lettica, Morcelliana, Brescia 2004; In principio era la meraviglia. Le grandi questio-ni della Filosofia Antica, Laterza, Bari 2007; Guida ad Aristotele, Laterza, Bari2007; Aristotele nel Novecento, Laterza, Bari 2008.

21 “Tutti i dizionari lo spiegano come una forma di cautela, cioè come unadisposizione implicante attenzione alle conseguenze delle proprie azioni, equindi in generale una certa esitazione, o lentezza” (E. BERTI, Nuovi studi ari-stotelici. Filosofia pratica, vol. 3, Morcelliana, Brescia 2008, 61).

22 “Arete, virtù, indica l’eccellenza di un ente o di una attività svolta da un en-te. Il senso del termine greco è lontano dal significato di ‘virtù’ nella nostra lin-gua, ‘disposizione d’animo volta al bene’. Come Omero parlava dell’arete del ca-vallo che consiste nel ben correre, così Aristotele parla della arete dell’occhio checonsiste nel vedere bene. In generale Aristotele afferma, “ogni virtù ha l’effettodi portare alla buona realizzazione ciò che è virtù e di far sì che egli eserciti be-ne la sua opera (ergon)” (C. NATALI, Etica, in E. BERTI (a cura di), Guida ad Ari-stotele, 247); cfr. M. VEGETTI, L’etica degli antichi, Laterza, Bari 1989, 158-217.

Page 9: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

che la tiene a debita distanza sia dalla metafisica che dalla stessa fi-losofia pratica o filosofia della praxis23. Per Aristotele le virtù dia-noetiche, virtù per eccellenza della ragione o della parte razionaledell’anima, sono la sophia, o sapienza, e la phronesis, o saggezza-pru-denza. La prima, la migliore delle scienze, conosce i principi primidi tutte le cose, “le cose che non possono essere differentemente”,la seconda, è un sapere pratico che ha come oggetto e come fine laprassi umana, cioè l’azione morale, ossia “quelle realtà che possonoessere anche differentemente”. La sapienza delibera, decide e quindisceglie i mezzi per raggiungere un fine buono, connesso al fine ulti-mo che è la felicità. Da questo punto di vista la phronesis, ossia laprudenza, non potrà mai essere per Aristotele né una scienza comela matematica, appunto perché non fa dimostrazioni, né tanto me-no un’arte, perché non produce altro da sé. L’agire moralmentebuono è un’azione fine a se stessa, che ha, cioè, come fine la bontàdell’azione.

Non a caso la realizzazione migliore di questa virtù Aristotele lavede nell’uomo politico (e al suo tempo proprio nell’ateniese Peri-cle), ossia in chi è chiamato a realizzare il bene della comunità di cuigli è stato affidato il governo. Il politico non potrà mai essere un fi-losofo, come voleva Platone, o un poeta o un intellettuale, ma unuomo d’azione, capace, cioè, di vedere che è bene per lui e per gliuomini in generale, di amministrare uno stato come si amministrauna famiglia. Quindi per Aristotele, contrariamente a Kant, nessu-

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 79

23 La prudenza, non va confusa con la filosofia pratica, ammonisce E. Berti.Una tocca la sfera della morale individuale e della coscienza, l’altra la filosofiadella prassi: la saggezza o prudenza è lo strumento concreto di guida dell’azio-ne morale, strettamente collegato alla coscienza personale o anche di gruppo,mentre la filosofia pratica è un insieme di riflessioni argomentative e non pre-scrittive sulla prassi, fatte proprie anche dalla scienza politica e dall’economia(Cfr. E. BERTI, Le ragioni di Aristotele, Laterza, Roma-Bari 1989, 113-139; ID.,“Saggezza o Filosofia pratica?”, in Etica & Politica / Ethics & Politics, 2 (2005) 1-13; F. VOLPI, “La riabilitazione della filosofia pratica e il suo senso nella crisidella modernità” in Il Mulino 35 (1986) 928-949; C. PACCHIANI, Che cos’è la “Fi-losofia pratica?”, in D. VENTURA, Giustizia e Costituzione in Aristotele, Franco An-geli, Milano 2009, 7-45.

Page 10: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

na funesta separazione tra etica e politica, tra etica della felicità eazione politica24.

Nell’impostazione eudemonistica della morale aristotelica centraleè il riferimento al principio di finalità, ossia a quell’orientamento albene e alla felicità che segna e caratterizza ogni azione morale. Capo-ne chiama questo orientamento intenzionalismo (di qui anche il termi-ne di finalismo intenzionale)25, che in morale assume e presenta con-cettualmente il bene, nella sua duplice veste di fine da intendere e mez-zo da eleggere per quel fine. Se ne parla esplicitamente nel primo librodell’Etica a Nicomaco: ogni uomo, nell’agire, tende costantemente allafelicità, come a suo fine ultimo, e pone la felicità quale ragione ultimadi ogni attività e della sua stessa vita. In tutti è vivo il desiderio dellafelicità. Ma cosa si intende per felicità? La risposta aristotelica è com-plessa e oscilla tra un contenuto concretissimo ed una lettura intellet-tualistica. Afferma Berti: è “abbastanza plausibile che la felicità consi-ste anzitutto nello svolgere le proprie funzioni naturali, per esempionutrirsi, svilupparsi, esercitare i sensi, muoversi, parlare, dialogare, fa-re all’amore, fare ricerca”, ma “il bene dell’uomo, cioè la felicità, con-siste nell’agire secondo virtù, cioè nel compiere in modo eccellente lafunzione propria dell’uomo, che è connessa all’esercizio del logos, e sele virtù sono molte, secondo la migliore e la più perfetta”26. In so-

80 FAUSTINO PARISI

24 “Qui siamo, come si vede, agli antipodi dell’etica kantiana, individualistae irresponsabile; il vero saggio è il politico, l’uomo che realizza il bene della co-munità di cui gli è affidato il governo” (E. BERTI, Nuovi studi aristotelici, 67).

25 Il dinamismo intenzionale sarebbe determinato dal “bene presente in noisolo intenzionalmente. Cioè da una realtà estrasoggettiva, che echeggiando nelnostro interno come nostro bene, diventa presente in noi non con la sua realtàesistenziale individuale, ma con una realtà concettuale, con una intentio, che èquasi una fotografia ideale dentro di noi, secondo una particolare angolazioneottica, che rivela la convergenza viva di noi e della cosa estrasoggettiva. Per que-sta convergenza la cosa appare come bene e come valore che ci attrae. Si trattaquindi di una presenza intenzionale, per cui una realtà estrasoggettiva entra nelsoggetto e si pone allo stato di oggetto attraente verso la realtà che è fuori”(D. CAPONE, Cristo mistero della carità di Dio, 95).

26 E. BERTI, Saggezza o Filosofia pratica?, 10. Stesso punto di arrivo della ri-flessione di Capone: “Eliminando tutti gli altri beni inadeguati alla felicità vera

Page 11: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

stanza sia Capone che Berti concordano nell’affermare che “la vitateoretica è il culmine della felicità, ma questa include tutte le altrevirtù in cui si esercita il logos, in particolare la philia (che non è solol’amicizia, ma ogni forma di affetto)”27, alla quale Aristotele dedicaquasi un quinto dell’intera Etica a Nicomaco28.

1.2. Il finalismo morale nello Stoicismo e nel Neoplatonismo

Di finalismo intenzionale è intessuto anche lo Stoicismo e il Neo-platonismo, più volte fatti oggetto di studio dal prof. Capone29. Letesi dello Stoicismo sono note alla storia della filosofia, dalla sua ori-gine greca, che identifica fisica, logica e morale, alla rilettura roma-

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 81

dell’uomo, egli la pone nell’atto più elevato dell’uomo: la speculazione della ve-rità” (D. CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 100). La felicità per Aristo-tele, spiega G. Reale, non può consistere né nei piaceri della carne, né nella ri-cerca di onori, né nella ricchezza, ma neppure nella ricerca di un “trascenden-te Bene-in-sé, perché in tal caso, è evidente che non sarebbe realizzabile né ac-quisibile per l’uomo” come pretendeva Platone. “Il bene dell’uomo” e quindila sua felicità, “non potrà che consistere nell’”opera” che gli è peculiare, cioè inquell’opera che egli ed egli solo sa svolgere”, ossia “quella della ragione e l’attività del-l’anima secondo ragione”, senza però trascurare i beni materiali che se anche“non possono dare la felicità, la possono tuttavia guastare o compromettere (al-meno in parte) con la loro assenza”(cfr. G. REALE, Aristotele, Laterza, Bari19864, 104-106).

27 E. BERTI, Saggezza o Filosofia pratica?, 11.28 Questa sintesi mirabile raggiunta da Aristotele e fatta propria da san Tom-

maso sembra essersi dispersa, per Capone, nelle tesi, ad esempio, di uno “Sco-to, ma anche di molti tomisti, che risalirono verso la concezione intellettualisti-ca della prudenza. Così la ratio recta fu da alcuni logicizzata, da altri giuridizza-ta, e la coscienza fu ridotta a semplice singolarizzazione del dato scientifico ogiuridico” (D. CAPONE, Cristo Mistero della carità di Dio, 103). E, cosa ancorapeggiore, in teologia morale, “logicizzando l’intenzionalismo finalistico della si-tuazione (contro Aristotele e S. Tommaso) ne ha reso più difficile la compren-sione come kairòs escatologico, nel mistero del Cristo” (Ivi, 103), precludendo-si di fatto il passaggio all’intenzinalismo escatologico.

29 D. CAPONE, De fine ultimo. De caritate, 17-21; De caritate Dei in MysterioChristi, 11-12; Cristo, mistero della carità di Dio, 103-109.

Page 12: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

na, più attenta alla civis e alla sua dimensione giuridica30. Capone neevidenzia spesso gli influssi negativi sulla teologia e in particolare sul-la teologia morale, a partire soprattutto dal XIV secolo31. A suo avvi-so furono proprio gli stoici che, affermando l’unità costitutiva e la ra-zionalità di tutta la realtà, ossia la comunione profonda di logica e na-tura e di logica e fisica (scienza di tutta la realtà), “razionalizzarono lachiave della vita morale: la coscienza e il finalismo che unisce e fon-de coscienza e realtà”32 e logicizzarono l’intenzionalismo. Così il fa-moso detto del vivere secondo natura, teorizzato per la prima volta da-gli stoici, e ripreso oggi, anche se non proprio allo stesso modo, dacerta divulgazione scientifica, con venature romantiche, non è un in-vito ad una vita semplice e sana, a contatto con la natura, ma un pre-ciso e deciso riferimento ad un rapporto con una natura “dinamizza-ta dal logos spermatikos”33, alla quale si è indissolubilmente assogget-tati. La coscienza è, per gli stoici, attraversata da un telos, immanen-te nella natura, presente come ortos logos, ossia come eco della legge co-smica, che orienta e guida l’azione morale. Una legge di provenienza,perfino divina, come afferma Cicerone34. Obbedire ad una legge ci-

82 FAUSTINO PARISI

30 Afferma Capone che “sarebbe errore parlare univocamente dello stoici-smo morale, che varia di età in età e dalla Grecia a Roma. Comunque, mentrenello stoicismo greco predomina il fisicismo, per cui fisica, logica, prudenza ecoscienza si identificano nel radicale logos spermatikos cosmico, nello stoicismoromano predomina il civismo, identificato con la romanitas; la recta ratio o leggecosmica diventa la ratio recta summi Jovis (Cicerone, De Legibus 1. II, c. IV), lexsempiterna, e la prudenza diventa giurisprudenza” (D. CAPONE, Cristo, misterodella carità di Dio, 105).

31 “Quando dal secolo XIV in poi l’essenzialismo, allontanandosi dalla sintesidi S. Tommaso, rielaborerà l’oggettivismo fisicista di derivazione stoica, e la natu-ra sarà essenzializzata, con conseguente essenzializzazione della legge naturale edel fine naturale, l’intenzionalismo a carattere piuttosto logico, si riaffermerà inetica. Il giuridismo si svilupperà invece sulla linea segnata dall’umanesimo e daràluogo ad un nuovo casismo” (D. CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 106).

32 Ivi, 103. Cfr. D. CAPONE, “Antropologia, coscienza e personalità”, inStMor 4 (1966) 85-87.

33 D. CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 104.34 Afferma Cicerone: “Vi era infatti una norma, derivata dalla stessa natura,

che spinge al ben fare e tiene lontani dal delitto, la quale non incomincia ad es-

Page 13: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

vile, così intrecciata di umano e di divino, è obbedire a Dio stesso, alsommo Giove, garante supremo della legge, e “rector Romae”35.

Solo le passioni possono in qualche maniera minare questo idillia-co rapporto di coscienza-natura-legge universale-legge civile. Lepassioni, per la loro caratteristica di illogicità e di stravolgimento del-l’ordine universale e particolare, impediscono all’uomo il riconosci-mento di quest’ordine universale e la realizzazione dei suoi dettami.Unico rimedio contro le passioni rimane l’ascetica, sinonimo di ra-gione e di guida razionale dell’agire umano, e quindi di a-patia cioèdi non-azione, più che di azione morale tesa alla purificazione dalmale. “Scopo principale dell’ascetica stoica è la apathenia, l’impassi-bilità; e virtù ascetica fondamentale è la sophrosyne, la mens sana”36, untema, questo della virtù della temperanza (sophrosyne), presente anchein Aristotele37. Infine rettitudine morale e rettitudine di giudizio,

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 83

sere legge solo nel momento in cui viene scritta, ma fin da quando è nata. E pre-cisamente essa ebbe origine insieme all’intelletto divino. Motivo per cui la pri-ma e vera legge, efficace nel comandare e nel proibire, è la retta ragione delsommo Giove” (De Legibus, L. II, c. X).

35 Il pius romano è, dunque, colui che osserva le leggi della civis. Così facen-do potrà pervenire alla beatitudine dopo morte, avendo compiuto i propri dove-ri di onesto cittadino Di qui anche il tema dell’amor patriae, una delle caratteri-stiche del civis romanus (Cfr. Cicerone, De Repubblica, L. VI, cc. VII-VIII, cit. inD. CAPONE, De fine ultimo. De caritate, 17).

36 D. CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 104. 37 “«Per questo motivo attribuiamo alla temperanza questo nome, perché

salva la saggezza». In greco temperanza si dice sophrosyne, che con un gioco diparole Aristotele interpreta come ciò che «salva» (sozei) la phronesis. Ciò signifi-ca che, se uno non è temperante, cioè non sa dominare i desideri, per esempioil desiderio di denaro, o di piaceri in genere, non può nemmeno essere pruden-te, cioè saper deliberare la scelta dei mezzi più adatti a realizzare il fine buono.Aristotele infatti aggiunge: «La temperanza salva il giudizio saggio; in effettinon è che il piacere e il dolore distorcano ogni tipo di giudizio (per esempioquello che il triangolo ha o non ha la somma degli angoli interni uguale a dueangoli retti), bensì soltanto i giudizi che riguardano l’azione. Infatti i fini delleazioni sono le azioni stesse: a chi è corrotto dal piacere o dal dolore non è piùmanifesto il principio, né che è in vista di questo o per causa sua che deve sce-gliere e fare tutto ciò che sceglie e fa: il vizio infatti distrugge il principio del-l’azione morale»” (E. BERTI, Nuovi studi aristotelici, 63).

Page 14: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

non sono più frutto di virtù, né di accordo tra appetito retto e recta ra-tio, come era nell’impostazione aristotelica, ma, ancora una volta, sin-tonizzazione con la legge, cosmica e universale.

Per Capone si può smascherare, così, l’origine stoica di molte af-fermazioni, oggi tanto diffuse nel comune sentire cristiano, come, adesempio, quella dell’esistenza di un ordine morale oggettivo, che avreb-be in Dio creatore il suo fondamento e orientamento ultimo38; quel-la di una legge naturale, che reggerebbe l’universo, costante riferi-mento per la vita e l’azione degli uomini39, e quella delle cosiddetteevidenze etiche, che, imponendosi di per sé, finiscono con lo svalutarel’azione della coscienza morale40. In tutte queste affermazioni ciò chesi perde immediatamente è la realtà stessa della persona umana, imagoDei, che passa in secondo piano, come schiacciata da tanta oggettivi-tà e impersonalità di leggi e di doveri. L’uomo nella visione cristiana,invece, non è più singolo o individuo autoreferenziale, come volevalo stesso Aristotele, non è un “semplice organo della natura cosmi-ca”41, come affermano gli stoici, ma è persona, chiamata, in Gesù Cri-sto, ad una particolare modalità di incontro e di comunione filialecon il Padre42.

Di tutt’altro avviso sono i neoplatonici, che ripropongono l’anti-co dualismo, di anima e corpo, spirito e materia, mescolato a miti mi-sterici e teorie gnostiche. Il finalismo neoplatonico ha un solo scopo,un telos nella vita che si acqueta solo nell’estasi, ossia nell’unione con

84 FAUSTINO PARISI

38 Cfr. D. CAPONE, Introduzione alla teologia morale, EDB, Bologna 1972, 41-42.

39 Cfr. D. CAPONE, L’uomo è persona in Cristo, 92-103; ID., “Antropologia, co-scienza e personalità”, in StMor 4 (1966) 85-87.

40 Cfr. D. CAPONE, “La verità nella coscienza morale”, in StMor 8 (1970) 12-15.

41 D. CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 105.42 Va però riconosciuto agli stoici, afferma ancora Capone, il merito del su-

peramento di quella specie di aristocrazia filosofica, pur presente in Aristotele e diuna concezione delle realtà materiali e terrestri, del tutto degradata, com’eranella visione platonica. Non c’è disprezzo del corpo o delle realtà terrestri pres-so gli stoici, ma solo necessità di garantire luminosità alla coscienza per ricono-scere il bene assoluto, reso opaco dalle passioni.

Page 15: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

l’Uno. L’uomo è mente che deve liberarsi dal corpo, realtà materialedell’uomo. In Plotino si ha una ontologia Unius43 con tre ipostasi fon-damentali: Anima, Mente e Uno. Impegno morale dell’uomo è libe-rarsi della mondanità, sinonimo di molteplicità, per ricomporsi inunità. Scopo dell’azione morale non è tendere finalisticamente versoil bene o la felicità, ma un ritornare dall’esilio. Le passioni impedisco-no questo cammino o ritardano questo ritorno. Si viene qui ad esa-sperare, per Capone, il razionalismo intellettualistico degli stoici e“la morale diventa un servizio ascetico per l’ascesa artistica, erotica-dialettica della mente, il nous, verso la tensione mistica per l’unioneestatica con l’Uno”44. Esattamente il cammino inverso operato dallakatabasi di Cristo, che per far risalire l’uomo verso Dio, discende dalseno del Padre e si fa carne, nota Capone.

1.3. Il fine dell’azione morale in S. Agostino, S. Tommaso 1.3. e S. Alfonso

La scelta dei tre teologi moralisti più importanti della storia dellachiesa, S. Agostino, S. Tommaso e S. Alfonso, da parte del prof. Ca-pone, non è casuale. Si tratta di tre teologi che hanno ripreso e fattoproprio il tema del fine dell’azione morale e della felicità. Tale finerimane sempre la ricerca del sommo bene o felicità, ma non in un sécosmico, come volevano gli stoici, né nella stessa vita della polis, co-me voleva Aristotele, ma in Dio e nel Dio rivelato. Solo in Dio la ri-cerca della felicità diventa alla fine beatitudine, ossia vita beata, maiintesa, almeno in questi autori, come esito o premio post mortem delpio cristiano (come lo poteva essere per il pius romanus), bensì comequotidiana realtà vitale del credente. Come si vedrà non si è affattodi fronte ad un semplice spostamento in avanti o in alto del fine filo-

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 85

43 “Plotinus legem exitus-reditus enuntiat, et hoc quia eius ontologia non estontologia naturae, ut est in Aristotele et Stoicis, sed ontologia UNIUS: tò Enest ratio totius universi et eius legis quae est eminenter dynamica” (D. CAPONE,De fine ultimo. De caritate, 19); cfr. ID., De caritate Dei in Mysterio Christi, 12.

44 D. CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 109.

Page 16: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

sofico-naturalistico. Non è un semplice “battezzare” la visione eude-monistica del fine dell’azione morale.

Se S. Agostino accetta “il finalismo eudemonistico greco e roma-no e lo trasmette a s. Tommaso, e per lui a noi”45, lo fa in quanto con-sidera Dio quale fons bibendae felicitatis46: principio di ogni natura, luceper conoscere la verità e fine di ogni azione morale47. L’ontologiaagostiniana è decisamente teologica o teocentrica48: Dio è al centro ditutto come “principium nostrum, lumen nostrum, bonum nostrum”49,oggetto di vita attiva e di vita contemplativa, perché convergenza “discienza etica pratica e di sapienza onto-fisico-logico-teoretica; discienza che per via di prudenza, giustizia, fortezza e temperanza in-segna il valore delle cose terrestri ed allontana così dal male e di sa-pienza che per via di carità, fede e speranza, insegna la pietà verso Dio,cioè il culto di Dio; di deliberazione della ragione inferiore e di riso-luzione della ragione superiore”50. Una ontologia che ruota attorno

86 FAUSTINO PARISI

45 Ivi, 115.46 Cfr. AGOSTINO, De Civitate Dei, 1.8, cc. 4, 10: CSEL 40, 360, 370-371.47 “Deus ergo quatenus est Esse constituit naturam, quatemus est VERUM,

fundat veritatem et scientiam eius, quatemus BONUM fundat ethicam” (D.CAPONE, De fine ultimo. De caritate, 22). Il maiuscolo è di Capone.

48 L’ontologia agostiniana teocentrica ha però forti venature neoplatoniche,laddove viene esclusa ogni forma di dualismo, in favore di un principio unitarioche se pur diviso in due parti, una ratio inferior e una superior, si fonde alla finee confluisce in un’unica realtà. L’anima-mens-ratio è in Agostino attiva, quandopresiede all’azione razionale, contemplativa, quando, diretta dalla sapienza, con-templa i valori eterni; è razionale, cioè scienza, quando dirige l’azione intornoalle realtà terrestri, è contemplativa, quando contempla Dio (cfr. D. CAPONE,Cristo, mistero della carità di Dio, 117).

49 Cfr. AGOSTINO, De Civitate Dei, 8, X.50 D. CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 118. Da questa tripartizione,

scaturisce “la vita contemplativa che tende a Dio come bonum nostrum, è ogget-to dell’etica; la vita contemplativa che tende a Dio come a principium nostrum èoggetto della fisica (noi diremmo teologia ontologica); ma a quest’ultima vieneattribuita anche la logica che in fondo parla di Dio come lumen nostrum” (D. CA-PONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 117). Cfr. D. CAPONE, De fine ultimo. Decaritate, 22-23; ID., De caritate Dei in Mysterio Christi, 17.

Page 17: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

ai tre termini dell’esse, del verum e del bomun, riferiti a Dio e alla re-lazione uomo-Dio51.

Ma, per alcuni, anche un’ontologia teocentrica come quella ago-stiniana è ancora troppo legata all’eudemonismo filosofico, sia purecristianamente battezzato, e ripropone sostanzialmente quel dualismoaristotelico, per il quale la vita morale sarebbe inferiore a quella teo-retica o per lo meno e in qualche modo bisognosa di essa. In rispostaa tale obiezione Capone ricorda che S. Agostino “considera l’inquie-tudine di riposare in Dio non come semplice inquietudine psicologi-co-intenzionale, ma come inquietudine ontologica: non è Dio che èfatto per noi, ma noi siamo fatti per lui”52. Prima di essere bonum no-strum, il Dio di S. Agostino è principium nostrum e lumen nostrum, ecome tale determina in noi una vita, non puramente intellettuale ointenzionale, ma “vita dell’uomo, come imago Dei”53. È il richiamoal dato di una creazione dell’uomo secondo la rivelazione cristiana54,

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 87

51 “La tensione esistenziale di Agostino, l’anelito alla ricerca e alla cono-scenza che caratterizzano il suo itinerario filosofico trovano la loro naturaleconclusione nell’acquisizione di un principio che fonda e comprende i due polidella sua riflessione filosofica, l’uomo e Dio. Il primo di carattere ontologico èindividuato nell’uomo, quando la sua esistenza e il suo linguaggio si radicano inuna “ontologia triadica della persona”; il secondo, di carattere metafisico, si ri-conosce nell’idea di Dio: nella “metafisica dell’Essere trinitario” che si manife-sta nella creazione e nella Rivelazione” (G. SANTI, Agostino d’Ippona Filosofo,LUP, Roma 2003, 119); Cfr. M. F. SCIACCA, Sant’Agostino, L’Epos, Palermo1991, 321-326.

52 D. CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 118.53 Ivi. 54 “Dunque questa trinità dello spirito non è immagine di Dio, perché lo spi-

rito ricorda se stesso, si comprende e si ama, ma perché può anche ricordare,comprendere ed amare Colui dal quale è stato creato. Quando fa questo, divienesapiente. Se non lo fa, anche quando si ricorda di sé, si comprende e si ama, è in-sensato. Si ricordi dunque del suo Dio, ad immagine del quale è stato creato, locomprenda e lo ami. Per dirlo in breve, esso onori il Dio increato che l’ha crea-to capace di lui e di cui può essere partecipe; per questo è scritto: Ecco: il cultodi Dio, questa è sapienza. E non per la sua luce, ma per la partecipazione a quel-la luce suprema sarà sempre sapiente e regnerà beato là dove sarà eterno” (DeTrinitate, 14, c.5, cit. in D. CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 119).

Page 18: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

che illumina e dà un senso del tutto nuovo al discorso agostiniano. Siè “in una vita spirituale integrale, in cui l’uomo e Dio sono in mutuapresenza intelligente ed amante: Dio dà per amore paterno, l’uomorisponde per pietà filiale. E questa vita è vita beata, perché è vita eter-na”55. Un superamento dell’eudemonismo filosofico, in senso reli-gioso e teologico cristiano. Afferma Capone che “noi oggi questa vi-ta superiore la chiamiamo vita morale in senso pieno”, in quanto “levirtù cardinali diventano incarnazione dell’amore di carità: ordo amo-ris”, e le buone abitudini, o i boni mores si trasformano in boni amo-res56. Dopo aver utilizzato l’immagine di Dio, fons bibendae felicitatis,S. Agostino riconosce la centralità della vita beata sapienziale e il di-namismo della presenza spirituale di Dio all’uomo e dell’uomo a Dio,spingendosi oltre la stessa visione contemplativa di Dio, di certa teolo-gia spirituale, pur sempre venata di neoplatonismo57.

Sulla linea agostiniana si pone decisamente anche S. Tommaso. PerCapone egli accoglie le tesi del finalismo che intende Dio come bonumnostrum, assume e corregge l’eudemonismo aristotelico, ma “senzanegare l’oggettivismo “teoretico” di S. Agostino (da non confonderecon l’oggettivismo cosmico-stoico) anzi affermandolo come valore su-premo a cui tendere, enuclea una dottrina morale veramente “pratica”

88 FAUSTINO PARISI

55 Ivi. 56 Ivi, 120.57 Capone si pone esplicitamente la domanda se nella visione agostiniana è

il Cristo il fine ultimo della nostra vita morale: “Habetne Christus rationem fi-nis ultimi nostrae vitae?” (D. CAPONE, De caritate Dei in Mysterio Christi, 17).La risposta ancora una volta evidenzia il netto distacco delle posizioni agosti-niane dalla filosofia classica, sia stoica che neoplatonica: ”vita ergo mentis re-gitur non hellenice ab ordine mere intentionali quidditative et legaliter enu-cleato, sed a salvifica praesentia Dei in mundo”. E questa presenza di Dio nelmondo, non filosoficamente quiddativa né giuridicamente enucleata, è proprioil mistero di Cristo, meglio il mistero di Dio in Cristo, alfa e omega, luce e gui-da di tuta la storia umana e di ogni singolo uomo: “in questa visione Cristo di-venta nostra scienza e nostra sapienza; scienza perché con la fede purifica la no-stra vita terrestre; sapienza perché ci rivela e ci inserisce nelle verità eterne” (D.CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 120); Cfr. D. CAPONE, De fine ultimo.De caritate, 27-28.

Page 19: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

sullo schema delle virtù”58. Letture parziali della monumentale operatommasiana hanno indotto molti in errore, secondo Capone. AncheS. Tommaso in fondo sostituirebbe la visione filosofica di Dio con unavisione beatifica dell’essenza divina, e cioè con la beatitudine, stabilein quanto ultraterrena e definitiva. Costoro non tengono conto cheper S. Tommaso il fine ultimo di carità è di natura teologica e caratte-rizza ogni azione del cristiano, ogni suo gesto morale: “la carità ci faattingere Dio come fine ultimo, in quanto ci unisce a sé e ci partecipadella sua carità trinitaria, la sua vita intima come Dio uno che si ef-fonde in Trinità e Trinità che è infinita fecondità di unità indivisibi-le”59. Questa vita unitaria e trinitaria, divinamente personale, sempreattuale è per Tommaso la vita beata. La risposta dell’uomo, e quindi lasua moralità, consiste nell’aprirsi a questa vita beata, come affermavaS. Agostino, fonte di gloria e di felicità.

Contro una visione del finalismo di natura “ontocosmica, fisico-metatifica”, stoico e neoplatonico, entrata a far parte della teologiamorale dell’epoca, attraverso Pietro Lombardo, S. Alberto e lo stes-so S. Bonaventura60, S. Tommaso riteneva che Dio aveva dotato l’uo-mo “di natura personalistica, padrona del proprio atto”, che ponel’uomo come “volontà cosciente e libera”. Una concezione persona-listica che è alla fine “tensione di volontà ontologica”61, che cioè co-involge l’intera persona umana. Capone propone un ritorno al per-sonalismo di S. Tommaso, inteso come “finalismo della persona, il“finis operantis”, in senso ontologico-personalistico prima che insenso accidentale: cioè bene-fine”62. Una posizione mediana che nonperda né l’ordine oggettivo dei “bona naturae”, che sulla rete delleessenze, formano i fini particolari ed i relativi mezzi”, né ceda al“soggettivismo individualistico e quindi relativistico”. Una moraleconcreta “per uomini condizionati all’errore ed all’esistenza spazio-

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 89

58 D. CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 122.59 Ivi, 123.60 D. CAPONE, “Ritorno a s. Tommaso per una visione personalistica in teo-

logia morale”, in RTM 1 (1969) 86.61 Ivi.62 Ivi, 94-95.

Page 20: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

temporale, che diventa sempre più difficile in questa nostra età tec-nologica”63. La cosa conclude Capone “non è facile per se stessa; malo diventa meno, se si chiude nell’essenzialismo quidditativo, che sidefinisce come astrazione dall’esistenziale e dalla sua fallibilità”64.

Per Capone ciò che più propriamente caratterizza la visone mora-le di S. Tommaso è, però, il concetto di partecipazione: “il fine è assi-milarsi a Dio, partecipandone la perfezione”, con una particolaritàche non deve sfuggire. Essa “non è finalizzata dal soggetto di cui èperfezione, ma da Dio, di cui vuol essere riproduzione o meglioespressione parziale; ed è proprio questa espressività e parzialità inrapporto a Dio perfezione assoluta e semplice, che fonde in unità diorigine e di armonia tutte le creature, perfezioni parzialmenteespressive della perfezione di Dio”65. Quando si parla della moraletommasiana occorre ricordare questo fondamentale aspetto che l’uo-mo, il cristiano, agisce per assimilarsi a Dio, non solo e non tanto peril suo fine proprio, ma perché chiamato a realizzare in sé, ad espri-mere in sé le perfezioni di Dio, così, glorificandolo. Si può quindiconcludere, per Capone, che S. Tommaso “pur mantenendo la bipo-larità aristotelica nella dottrina morale, ne rifiuta l’opposizione e conS. Agostino risolve il finalismo eudemonistico nel finalismo ontolo-gico, per cui l’uomo in quanto persona tende a porsi come immagi-ne di Dio, come gloria di Dio”66.

90 FAUSTINO PARISI

63 Ivi, 95.64 Ivi. Afferma Capone che S. Tommaso aveva praticamente messo le basi

per ogni futura teologia morale centrata sulla persona e la sua coscienza: ”Conla dottrina della moralità degli atti umani, sulla prudenza, sulla legge naturale,ma soprattutto con la dottrina sulla legge nuova e sulla grazia, con la dottrinasulla carità come “forma virtutum”, specialmente come “amicitia hominis adDeum” e come vita dialogale con Dio, “ familiaris conversatio cum ipso”, cioècome vita di persona con Dio-persona, s. Tommaso aveva insegnato con orga-nicità vitale e didattica, quanto occorreva per un tractatus de conscientia di verateologia morale fondamentale” (S. BOTERO – S. MAJORANO (a cura di), D. Ca-pone. La proposta morale di sant’Alfonso, 318-319); Cfr. D. CAPONE, L’uomo è per-sona, 70-71

65 D. CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 123-124.66 Ivi, 125.

Page 21: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

Intorno alla verità morale S. Agostino agit intuitive, S. Tommasoanalytice eam resolvendo tum notionaliter tum ontologice, mentre S. Al-fonso agit componendo eam in statu praxeos, existentialiter67. In questetre affermazioni è contenuto il cammino del finalismo intenzionalemorale nella teologia cristiana, che caratterizza e accomuna questigrandi pensatori. S. Alfonso è fortemente influenzato dall’insegna-mento morale di S. Tommaso, ricevuto non passivamente, ma “veri-ficato e sviluppato in dinamismo pastorale”68. Cinque secoli di di-stanza separano i due teologi, situazioni culturali ed ecclesiali decisa-mente diverse, ma comune è l’opzione morale per la persona e la cen-tralità della coscienza69. L’uomo non è oggetto ma soggetto, in quan-to persona, nell’ordine morale e la legge, anche quella naturale, ha vi-gore di legge, formalmente e qui ed ora, solo quando si pone all’in-terno della persona, quale convinzione di coscienza. Comune è, pu-re, la visione della virtù della prudenza: muovendosi dal principio che“lex dubia non est lex promulgata, ideo non obligat”, S. Alfonso ri-corda che siffatto principio va coniugato con l’altro che afferma “cheil valore supremo della persona sta nella comunione di grazia conDio”70. Una comunione da realizzare con saggezza, tenendo contodelle concrete condizioni e istanze della persona. Dunque, “per agi-re prudentemente, bisogna agire sapientemente; e per agire sapien-temente, bisogna agire prudentemente”71. Un principio morale e pa-

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 91

67 Cfr. D. CAPONE, De fine ultimo. De caritate, 56.68 Ivi.69 Cfr. D. CAPONE, “S. Tommaso e S. Alfonso in teologia morale”, in Aspre-

nas 21 (1974) 439-473.70 S. BOTERO – S. MAJORANO (a cura di), D. Capone. La proposta morale di san-

t’Alfonso, 332. Afferma Capone: “Theologia moralis S. Alfonsi non est me-taphysica tractatio de rationibus ultimis ordinis moralis; neque est scientia theo-retica de natura actum humanorum deque eorum principiis. S. D. declarat sevelle scribere de morali theologia, “quae totat ad praxim dirigenda” (Theol mor.T.II, p. 689); de theologia morali nempe quae sit immediatissima directioni pru-dentiae in foro conscientiae, quin tamen cum ipsa confundatur” (D. CAPONE,Introductio in theologiam moralem S. Alfonsi, c.c., (1958) 4).

71 S. BOTERO – S. MAJORANO (a cura di), D. Capone. La proposta morale di san-t’Alfonso, 332.

Page 22: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

storale che però cozzava, al tempo di S. Alfonso, con il criterio fon-damentale di una “totale conformità della coscienza con la verità og-gettiva della legge; in mancanza di evidenza della legge, la verosimi-glianza o probabilità della legge era vincolante”72. Di qui l’accusamossagli di essere un lassista casista. Per costoro la gloria di Dio con-sisteva nella realizzazione dell’ordine delle leggi prese nella loro ma-terialità, anche se la persona veniva ridotta a puro esecutore di un or-dine. Qui S. Tommaso e S. Alfonso si ritrovano concordi, per Capo-ne, nella comune reazione a siffatta impostazione: “Dio cerca comesua gloria e supremo valore nel mondo, la vita della persona come suaimmagine: lo stato di grazia. È una ragione di ordine superiore, sa-pienziale, che passando attraverso il filtro realistico della valutazionedella prudenza, diventa regola pastorale”73.

2. Sul valore di finalità dato alla prudenza dalla Carità 2. del Padre per mezzo del Cristo

Con queste affermazione si chiude una prima parte della riflessio-ne di Capone, tesa a rivalutare la virtù della prudenza per la filosofiae la teologia morale. L’itinerario percorso ora sembra più chiaro: dauna iniziale visone filosofica e laica della prudenza si è passati gra-dualmente a una teologica e cristiana. Un percorso legittimo e soste-nuto storicamente dai grandi teologi moralisti. Nella teologia mora-le il dato di prudenza viene a ricevere un significato nuovo a causadall’evento Cristo, e subisce quasi una torsione di significato, come di-rebbe R. Buttiglione74, da virtù dianoetica proiettata verso la felicitànella polis, a virtù cardinale proiettata verso la vita beata per Cristo inDio, escatologicamente in terra e definitivamente in cielo. Non sitratta più di prudenza aristotelica, dunque, che cerca il giusto mezzotra temperanza e fortezza, in una vita di comunità politica e cittadi-

92 FAUSTINO PARISI

72 Ivi, 333.73 Ivi.74 R. BUTTIGLIONE, Il pensiero di Karol Wojtyla, Jaca Book, Milano 1982, 97.

Page 23: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

na, non si è più in presenza di un finalismo intenzionale, per cui il fi-ne è sì presente a noi e alla nostra mente, come oggetto conosciuto eanche amato, ma non del tutto posseduto nella realtà. “Si tratta diprudenza che emana dalla presa di coscienza del mistero del Cristo,quale nostra vera realtà, come principio operante nella nostra perso-na, caratterizzata, animata dalla storicità dell’attuale e attuosa econo-mia del Cristo risorto”75.

In un testo, già citato nella presente ricerca, Capone pone in mi-rabile sintesi i termini fondamentali e i momenti essenziali di questanuova visone della prudenza. Essa consiste primariamente nella “ten-sione escatologica del nostro essere, personificato in Cristo” 76. Lapi-daria è l’espressione da lui utilizzata nel testo de L’uomo è persona inCristo, laddove afferma che “Cristo personifica come universale sa-cramentale-assiologico, non come universale metafisico-logico”77. Sesi riconosce il momento sacramentale-assiologico, la figura e l’azionedel Cristo assumono i connotati di sacramento di salvezza, ma anchedi “proto-uomo, il primo-genito di tutta l’umanità e di tutta la crea-zione. In lui abita “corporalmente” la pienezza di Dio, ontologica-mente, ed è “spirito vivificante” (1 Cor 15, 45). La vita morale delcristiano diventa “tensione che deve essere vitale sintonia con la ten-sione dell’essere filiale del Cristo”, il quale a sua volta si pone come“mistero dell’amore da parte di Dio”, così come chiaramente espres-so nella 1 Cor 1, 9: “Dio vi ha chiamato alla comunione di vita delsuo figlio, Gesù Cristo, signore nostro”. Quando invece si accentual’impostazione metafisico-logico, per un “essenzialismo formale-quidditativo, che riduce l’ordine ontologico in ordine logico”78, la fi-gura del Cristo diventa “soprattutto rivelatore dell’essenza di Dio,come architetto e legislatore, solo in secondo luogo come pastore esalvatore”79, e la sua azione quella di una profonda restaurazione, enon di fondazione originaria dell’ordine morale. Si avrebbe una mo-

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 93

75 D. CAPONE, L’uomo è persona, 173.76 Cfr. D. CAPONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 93.77 D. CAPONE, L’uomo è persona, 26.78 Ivi, 25. Cfr. D. CAPONE, Introduzione alla teologia morale, 132-138.79 D. CAPONE, L’uomo è persona, 61-62.

Page 24: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

rale, non cristologicamente fondata, ma solo teocentrica nella qualeviene espressa l’esemplarità dell’essenza divina, perdendo l’esempla-rità del Cristo, quale uomo nuovo per tutti i cristiani.

Infine in una lettura sacramentale assiologica la carità del Padre,non solo si manifesta a noi nel suo Figlio, ma ci raggiunge tramite lui:“questa carità il padre la concentra nel Cristo, come suo disegno divita da comunicare, fuori di sé, all’umanità, naturalmente e sopran-naturalmente”80. C’è in questa visione un dato di concretezza e dicompletezza di vita, non presente nella visione puramente filosoficadella prudenza, Cristo non è un semplice ideale riferimento per l’a-zione morale del cristiano ma è una realtà concreta, realizzazioneconcreta dell’amore paterno di Dio. Per questo si può affermare chein Cristo tutto si ricapitola e si ritrova: “ordine cosmico, ordine crea-turale, ordine paterno-filiale di grazia”. Dal Cristo tutto, poi, viene anoi “dalla nostra benedizione e simbiosi” 81 con lui82. Dire carità sal-vifica, precisa Capone, è lo stesso che dire volontà di Dio con pianodi salvezza. Una salvezza che non indica “soltanto la liberazione dal-la “malattia e morte” per il “peccato originale”, ma tutto il piano diDio di comunicare la sua gloria all’uomo, come sua vita, come sua“salute piena”. “Gloria Dei, vivens homo” ci ha detto Ireneo”83.

Con questa nuova comprensione del valore della prudenza acqui-sta diverso valore anche il concetto di finalità. Il finalismo dell’attomorale prima di essere “imbevuto della relazione trascendentale alleleggi delle cose, come espressione cosmica della ragione eterna diDio, è atto imbevuto di Cristo in noi, della sua grazia, come leggenuova”84, prima di essere “ordine di ragione inscritto nella nostra es-senza” elemento di una intenzionalità filosofica introiettata in noi, èintenzionalità “tutta protesa verso il Cristo in noi, e col Cristo verso

94 FAUSTINO PARISI

80 D. CAPONE, Introduzione alla teologia morale, 77.81 Ivi, 78.82 “L’essere della persona, liberato e personificato dal Cristo, è inserito nel-

la sua umanità fatta chiesa, come regno di Dio, regno di libertà per i singoli eper l’umanità intera” (D. CAPONE, Introduzione alla teologia morale, 137).

83 D. CAPONE, L’uomo è persona, 63.84 Ivi.

Page 25: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

Dio in noi. Intenzione ontologica, poi opzionale, poi attuale”85. Lebasi di tale mutazione del concetto di prudenza si trovano sia in S.Tommaso, per il quale la prudenza è “ministra sapientiae” perché“cerca, confronta, valuta e finalmente giudica e dispone energica-mente l’attività di tutta la persona lasciandosi dirigere sempre dalleragioni supreme della sapienza e quindi della carità”86, e sia in S. Pao-lo che attribuisce alla prudenza il compito di confrontare dati con-creti, circostanze, istanze di ordine spirituale nel mondo concreto incui i cristiani vivono, per cogliere quella che è la volontà di Dio inquesto tempo cioè nel kairos presente e il dokimazein (lo scegliere).Perché questo si realizzi occorre avere chiari i nuovi termini di rife-rimento che danno un più preciso stimolo e orientamento alla rectaratio. La prudenza deve assumere come principio e criterio di valore, ilmistero del Cristo (kairos) afferma Capone, e “la tensione verso il gior-no del Cristo”(éskaton)87.

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 95

85 Ivi, 79. “Questa visione del Padre che il Cristo ci rivela è decisiva per la vi-ta morale del cristiano. Qui c’è tutta l’economia della vita in Cristo, se ricordia-mo che l’opera del Padre è l’attuazione del piano di salvezza, del quale il Cristo èil mysterium. Gesù si pone in noi come parola del Padre, parola che ci chiama arispondere, e la parola di risposta è lui stesso” (D. CAPONE, L’uomo è persona, 47).

86 D. CAPONE, L’uomo è persona, 172. S. Tommaso intende la carità soprat-tutto come amicizia con Dio, finalismo e forma virtutum e amore del prossimo, dis-costandosi in questo dalle tesi di un Pietro Lombardo e dalle successive letturemetafisiche di questa virtù cardinale. Per S. Tommaso “la carità è caratterizzatadall’oggetto e dal fatto di esser dinamismo di vita d’amicizia con Dio, fondatasulla comunicazione della beatitudine di Dio (II-II, 24, 2); partecipazione crea-ta dalla carità increata, lo Spirito santo che unisce il Padre e il Figlio” (D. CA-PONE, Cristo, mistero della carità di Dio, 79).

87 “In questo dinamismo cristiano la fede-carità si pone come speranza, af-ferma Capone, che ha valore ed energia ontologica (in quanto tocca il cuore del-la realtà umana in esistenza) e storico-misterica (la presenza del Cristo in noi) esi pone anche come prudenza, come mente di Cristo in noi e ci guida nell’azio-ne morale, ossia in quel movimento che scruta, giudica e risolve le nostre situa-zioni secondo il valore del kairos del Cristo in noi e di noi nel Cristo, e si poneinfine come pazienza del Cristo (2Tess 3, 5), la quale “signoreggia il male spazio-temporale e lo vive e risolve come momento del trionfo pasquale ed escatologi-co del bene” (Ivi, 93).

Page 26: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

Questo finalismo escatologico, appena descritto non si trova, né sipuò trovare, nel linguaggio dei filosofi, e neppure in quei filosofi pre-senti nell’enucleazione teologica di molti Padri della chiesa, come siè visto, e di certa manualistica, ricorda Capone, ancora troppo in-fluenzati, da elementi di derivazione stoica e neoplatonica. La criticaè molto esplicita: “i filosofi presenti in qualche modo nei nostri ma-nuali preteologici e teologici, parlano di dinamismo morale non co-me dinamismo escatologico e storico, determinato da una presenzasacramentale esistenziale dell’éskaton in noi; ne parlano come se fos-se soltanto dinamismo intenzionale, determinato dal bene presentein noi intenzionalmente”88.

3. Sul Cristo risorto, kairos del tempo: 3. dal finalismo intenzionale al finalismo escatologico

Una volta messo al centro l’evento Cristo risorto, kairos del tempoed éskaton in noi, anche la dimensione intenzionale acquista un diver-so senso, esistenziale ed escatologico89. È questa l’occasione per Ca-pone di porre una chiara distinzione tra intenzionalismo e intenzio-nalità. L’intenzionalismo ha il preciso significato di “trasposizione del-la realtà, che è fuori del nostro pensiero, nella intentio, intesa comepensiero o come forma concettuale”90 che poi agisce sulla volontà perdeterminare l’agire morale. L’intenzionalità invece è più legata alla di-

96 FAUSTINO PARISI

88 Ivi, 95.89 “Il principio di finalità diventa dinamismo escatologico e non soltanto in-

tenzionale, dà un dinamismo originale alla prudenza: diventa il “dokimazein”della volontà di Dio (S. Paolo!); la quale volontà parla simultaneamente con iprincipi universali che danno i valori, con la legge nuova evangelica che siesprime principalmente nella legge di carità e dall’altra parte parla col realismodella situazione, che è anch’essa “segno della volontà di Dio”. E si noti che la si-tuazione è compenetrazione della realtà totale della persona con la realtà com-plessa in cui la persona deve pur vivere da uomo e da cristiano” (D. CAPONE, In-troduzione alla teologia morale, 147).

90 Ivi, 133.

Page 27: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

namica della persona “viene da tensione personalistica dell’essere”,che dice necessariamente autocoscienza, autopresenza totale, senzaveli, e nello stesso tempo dice ampiezza e libertà ontica. Per non sca-dere in una forma di immanenza assoluta, che degrada l’uomo e lodeifica, Capone ricorda che il nostro essere personalistico è pur sem-pre un essere partecipato, per cui si ha immanenza e alterità trascen-dente nello stesso tempo, che dà vita ad una serie di punti bipolari:trascendenza-immanenza, oggetto-soggetto, possesso-tendenza, esse-re-agire, essenza essente-essenza esistente, Dio principio-Dio fine91.

In forza del mistero di Cristo, “Dio opera in noi come fine ultimocon la sua presenza escatologica nel suo sacramento che è l’umanitàdel Cristo risorto in noi, sicché egli, come éskaton assoluto è già pre-sente in noi”92. Finalismo intenzionale e finalismo escatologico sonodue differenti modi di intendere il valore di finalità dato alla virtùdella prudenza, non necessariamente in conflitto o in contrasto tra diloro. L’escatologia non va ad interferire o ad eliminare l’intenziona-lità ma modifica profondamente la condotta del cristiano, per effettodella presenza di Dio in noi. Una tale presenza non è soltanto per viaintenzionale quasi fosse una realtà di natura extrasoggettiva di natu-ra concettuale, ma è “già in noi in crescita; e quello che di lui è già innoi, dà un altro dinamismo all’intenzione di quello che deve cresce-re in noi. Carità e speranza s’intrecciano in un solo dinamismo so-stenuto dalla fede”93. Per far comprendere meglio questo procedi-mento Capone fa ricorso alla “legge dell’incarnazione” per la quale“l’escatologia assume l’intenzionalismo e l’intenzionalismo si attuanell’escatologia”. Noi agiamo per via intenzionale, perché questomodo di procedere è in noi per il nostro stesso esistere. Ma il nostroesistere cristiano più che far parte di una realtà cosmica che tuttocomprende, è un “affiorare spazio-temporale del nostro essere parte-cipato secondo il modo umano”94. È un’ontologia di partecipazione

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 97

91 Cfr. Ivi, 134.92 Ivi, 97.93 Ivi.94 Ivi, 98.

Page 28: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

e per questo l’escatologia è presenza nell’ordine soprannaturale. Lapreoccupazione di sempre di Capone è che l’ontologia dell’ente, per-sonalizzato per partecipazione di essere da parte dell’Essere assoluto,non venga confusa con una metafisica dell’ente, essenzializzato a de-trimento dell’essere, come più volte ripetuto. Nella visione cristianae teologica questa partecipazione si “personifica in Trinità, senza plu-ralizzarsi” per restare uno, e “fuori di sé personifica e moltiplica pervia di partecipazione, o semplicemente pone in esistenza tutto quel-lo che non pone come sua immagine. Ed ordina il puro esistente al-l’uomo che è essente; e l’uomo lo fonda, lo redime, lo assume nelCristo, a cui egli partecipa il suo Essere non per creazione, ma pergenerazione”95. Il linguaggio forse troppo tecnico e un po’ cifratocon il quale solitamente si esprime il prof. Capone, può fuorviare dal-la comprensione della portata teologica della tesi di fondo che è quel-la di proporre una teologia morale centrata sulla figura di Cristo,fondata su di lui. Ma il Cristo fonte della morale è messaggero e mi-stero dell’amore paterno di Dio, è il Signore risorto e Signore del mondo,finis finium, il principio e fine di tutta la vita cristiana, e l’éskaton cheanima l’opzione fondamentale buona. Questa realtà del Cristo innesta-ta sul finalismo prudenziale di matrice aristotelica, come si è visto, necambia radicalmente e ontologicamente la natura. I concetti di sa-cramentalità e di escatologia stanno ad indicare questa nuova parti-colarissima realtà: uno strumento naturale, ripiegato e rimodellatomeglio di altri al servizio della morale cristocentrica e cristologica.

Conclusione

La conclusione riprende il discorso iniziale. La domanda di Ca-pone riguardava la possibilità di un utilizzo della virtù della pruden-za aristotelica in campo teologico. La risposta è stata ovviamente si.Primo, perché offre un andamento di concretezza, di ragion pratica,e di legame con la recta ratio, che altre metodologie morali non sem-

98 FAUSTINO PARISI

95 Ivi.

Page 29: DAL VALORE DI FINALITÀ ALLA FONDAZIONE … · Dal 1957 al 1985 è docente di teologia morale presso l’Ac-cademia Alfonsiana di Roma. Muore il 23 giugno del 1995. Per una completa

brano possedere, e poi perché il meccanismo della prudenza, una vol-ta divenuta virtù cardinale, acquista con l’evento Cristo una dimen-sione assolutamente nuova. Si fa sacramentale e assiologia, tempora-le ed escatologica: vissuta nel tempo (kairòs) ma in dimensione esca-tologica (éskaton). Altre soluzioni al problema di un passaggio da unamorale umana ad un’altra specificamente cristiana sono sempre pos-sibili, specie oggi che ci si deve confrontare con l’irrompere dellenuove scienze umane. Capone, figlio del suo tempo e anticipatore delnostro, ci ha offerto una via, quella della virtù della prudenza, che daAristotele passa e si trasforma in S. Tommaso e nell’evento Cristo ac-quista una inaspettata ricchezza ontologica ed escatologica, e al tem-po stesso ha voluto metterci in guardia dai pericoli derivanti dallostoicismo e dal neoplatonismo, filosofie, mai sopite nel comune sen-tire occidentale e cristiano, che portano con sé il grande dramma didisancorare l’uomo dalla terra, per proiettarlo o in un mondo perfet-to ma astratto, in un ordine morale oggettivo, o in dimensioni spiri-tuali pur contemplative, ma intese come un improbabile ritorno da unesilio, alla fine anch’esse autoreferenziali e autopropositive, che nonha riscontri nella tradizione biblica.

L’ITINERARIO DI DOMENICO CAPONE 99