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UN PO’ DI STORIA

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Fin dall’antichità si usava consumare bevande alcoliche. Ome-ro consigliava di sposare il vino giovane al latte di capra, mentre Platone celebrava le proprietà dell’idromele. Gli stessi Romani, dimentichi delle primitive asprezze, aromatizzava-no il vino con varie spezie: semi di anice, coriandolo, mirto... La composizione di questa sorta di liquori prevedeva l’utilizza-zione di zuccheri, frutta, essenze e aromi al fine di ottenere un prodotto che fosse omogeneo e gradevolmente alcolico. È comunque difficile, se non impossibile, fissare con buona ap-prossimazione l’epoca nella quale ha avuto origine la pratica della distillazione, almeno come la intendiamo oggi (cioè come sepa-razione per evaporazione di una miscela liquida del componente più volatile, come per esempio l’alcol del vino). Secondo alcuni autori (Sinesio, IV secolo d.C.) nella civiltà egiziana la pratica della distillazione di vino e sidro era già nota quattro millenni prima della nascita di Cristo; all’epoca della regina Cleopatra, nel I secolo d.C., quest’arte sarebbe assurta a grande splendore, specie per la produzione di liquori. Nel XI secolo alcune cronache parlano della conoscenza di liquori alla corte dell’imperatore di Bisanzio, Alessio. Tuttavia, notizie certe e documentate sulla distillazione alcolica si hanno solo in-torno al periodo che va dal XII al XIII secolo, in pieno Medioevo. Dopo la caduta dell’Impero Romano riprendono e iniziano a fio-rire nuove attività speculative, prima fra tutte l’alchimia a opera degli Arabi prima e degli Italiani poi; fu proprio l’alchimia a dare origine alla pratica della distillazione. Le operazioni distillatorie infatti erano molto usate nella ricerca dell’elisir di lunga vita e della pietra filosofale. Furono gli alchimisti arabi a chiamare aqua vitae (“acqua di vita”) il prodotto della distillazione del vino, rite-nendo che questo avesse proprietà medicamentose straordinarie. E sembra ancora che le parole “alambicco” (l’apparecchio per la

Vendemmia medievale, particolari di un affresco del castello del Buonconsiglio a Trento.

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distillazione) e “alcol” (il prodotto di questa distillazione) siano di origine araba.

Nel XIII secolo il medico Arnaldo da Villanova dà per primo ampie notizie sull’acquavite di vino, parlandone come di una scoperta avvenuta da non molto tempo e di un avvenimento prodigioso capace di sollevare l’umani-tà dai propri mali. Il primo apparato

che produce un’acquavite distillata dal vino si deve però al medico Mi-

chele Savonarola da Padova, nel XVI secolo. Nel suo trattato De conficienda aqua vitae

distingue tre tipi di distillati di vino: l’acquavite semplice, l’acquavite comune e la quintessenza, quest’ultima ottenuta da sette ridistillazioni del prodotto originario. Nello stesso periodo, alla distillazione dedica molta attenzione la Scuola Salernitana, la prima e più importante istituzione medica europea all’inizio del Medioevo (IX secolo) e, come tale, conside-rata da molti la prima università in Europa. Ma si tratta sempre di utilizzazioni dei distillati in campo medico: la quintessenza distillata doveva sostanzialmente guarire dalle malattie infettive.I liquori come vere e proprie bevande arriveranno a Parigi al segui-to di Caterina de’ Medici (1519-1589) la quale, sposando Enrico di Valois divenuto poi re con il nome di Enrico II, conduce con sé alla corte di Parigi scienziati fiorentini abili produttori di acquaviti. Da questo momento l’arte di distillare progredisce e si diffon-de ulteriormente, passando dallo sfruttamento del vino anche a quello di altri prodotti, come le vinacce, fino ad allora mai prese in considerazione. Dal Settecento in poi la distillazione di fermentati conosce una grande diffusione, sviluppandosi indu-strialmente con la produzione su larga scala delle acquaviti di vino (cognac, brandy); di sottoprodotti della vinificazione come le vinacce (grappa); di malto, di cereali e altri prodotti (whisky, gin, vodka); di melassa di canna da zucchero (rum); di frutta (calvados, kirsch, slivovitz). Infine, un passo fondamentale verso l’industrializzazione dei liquori si compie nel XVIII secolo con l’introduzione della distillazione continua a basso costo. Abbat-

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tuta la barriera dell’esclusività, il liquore invade le abitudini della gente e si propone come fatto di costume.

LA DISTILLAZIONE DELLE PIANTE AROMATICHE

L’arte di estrarre essenze dalle piante aromatiche risale in certo qual modo alla Preistoria, anche se le prime documentazioni di carattere indiretto sui prodotti ottenuti si riferiscono soltanto a circa 4000 anni fa. In Cina, 2000 anni prima di Cristo sono note le pratiche relative all’estrazione delle essenze, mediante la distil-lazione, da piante officinali. In epoche relativamente più recenti la distillazione delle piante aromatiche si ritrova presso i Persiani, gli Egizi, i Greci e i Romani e, successivamente, presso gli Arabi che ne conservano e sviluppano la pratica in un percorso che si sovrappone a quello della distillazione dei prodotti alcolici. Come si può presumere dalle cronache del medico greco Nicandro (II sec. a.C.), di Plinio e di Galeno (I e II sec. d.C.), l’estrazione dei profumi dai fiori avviene per imbibizione in panni di lana posti a impregnarsi sopra le corolle e poi spremuti. Anche gli alambicchi, che inizialmente sono in vetro e di piccole dimensioni, subiscono nel tempo notevoli modifiche e si trasfor-mano in apparecchiature sempre più complesse ed efficienti, in

La grappa, prima di incontrare le spezie e le erbe aromatiche che ne arricchiscono le espressioni gusto-olfattive e ne incrementano le proprietà terapeutiche, deve essere limpida all’esame visivo.

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grado di consentire capacità di distillazione sempre maggiori.I processi di distillazione subiscono di pari passo notevoli muta-menti, passando dalla distillazione a fuoco diretto sotto la caldaia del semplice alambicco, contenente la materia prima, al sistema a fuoco indiretto, per mezzo di vapore surriscaldato che attraversa alte colonne dalle quali discende il liquido da distillare. Oggi, con l’introduzione negli impianti industriali di distillatori continui capaci di maggiori produzioni, i liquori che si ottengono sono qualitativamente superiori anche grazie all’introduzione di processi fisici-meccanici che permettono nella distillazione la separazione di sostanze di scarsa qualità da quelle di qualità superiore.

La pubblicità di un liquore

in un manifesto dei primi anni

del Novecento.

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LE VARIE TIPOLOGIE DI LIQUORE

I liquori sono il risultato dell’unione di alcol, zucchero, frutta o altre componenti vegetali e si ottengono sostanzialmente attra-verso tre procedimenti: per distillazione (discontinua o continua), per essenza e per macerazione. I distillati sono i più diffusi industrialmente ma si possono re-alizzare in casa se si dispone di un buon distillatore artigianale. Attraverso la distillazione discontinua si possono ottenere ottime grappe casalinghe. I liquori ottenuti per essenza, poco prodotti artigianalmente, ma in realtà piuttosto comodi per chi possiede un piccolo apparecchio distillatore, si realizzano aggiungendo all’alcol appropriate dosi di essenze che possono essere estratte per distillazione a fuoco diretto, in corrente di vapore e, meno di frequente, per spremitura o aggiunta di solventi. I macerati sono la categoria più vasta, cui appartengono le innu-merevoli ricette di tradizione familiare. Si ottengono lasciando riposare per periodi più o meno prolungati le droghe, quindi filtrando e lasciando invecchiare il liquore o il vino. Preparare un liquore in questo modo è piuttosto semplice e non richiede particolare esperienza o attrezzature: il vero segreto sta nella qualità degli ingredienti base utilizzati. I vantaggi sono numerosi: oltre al piacere di realizzare una ricetta da soli, si ottiene un prodotto genuino perché privo di conservanti e qualsiasi altra sofisticazione. Senza contare che molti liquori fatti in casa hanno un effetto benefico sulla salute: a seconda della pianta utilizzata possono diventare, infatti, ottimi aperitivi, digestivi, stimolanti, calmanti e ricostituenti.

LA DISTILLAZIONE ALCOLICA

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La distillazione è un procedimento fisico che permette la se-parazione dei componenti volatili di un fermentato in base al loro diverso punto di ebollizione. Questo processo consente di concentrare l’alcol etilico presente nel fermentato e di selezio-nare le sostanze pregiate del distillato scartando quelle meno nobili e sgradevoli. In questo processo si separano dapprima le frazioni più volatili (acetaldeide e altri acetati) che costituisco-no la cosiddetta testa, poi la frazione nobile (il cuore) costituita dall’alcol etilico, e infine si eliminano i composti più pesanti che vaporizzano a tamperature più elevate dei precedenti, cioè la coda, che contiene composti artefici di valori organolettici scarsi se non sgradevoli. In pratica, la distillazione è un’operazione che consente contem-poraneamente la separazione e la concentrazione dell’alcol conte-nuto in quantità ridotte nei fermentati, sfruttando alcune proprietà fisiche tipiche delle miscele di sostanze aventi temperatura di ebollizione diversa. Per esempio, in una miscela acqua-alcol sotto-posta a riscaldamento, il vapore che si sviluppa è molto più ricco di alcol che non la miscela di partenza; questo vapore – condensato e raccolto in un altro recipiente – dà il distillato.

LA FISICA DELLA DISTILLAZIONE

Vediamo meglio come avviene il fenomeno: l’acqua, come è noto, bollendo si trasforma in vapore a 100 °C, mentre l’alcol bolle, e quindi produce vapori, a soli 78,3 °C circa; perciò, se queste due sostanze sono miscelate, come per esempio nel vino, e le vogliamo separare, possiamo riscaldarle e raccogliere i vapori che si sviluppano quando la temperatura raggiunge i 78,3 °C; questi vapori, in teoria, dovrebbero essere solo di alcol e non contenere

Il processo di distillazione permette di trasformare erbe, fiori e frutti nelle più varie bevande alcoliche.

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acqua, la quale invece bollirà quando la temperatura della miscela, nel nostro esempio il vino, raggiungerà i 100 °C. Tuttavia, questo esempio è solo teorico e serve per comprendere il meccanismo di base su cui si fonda il processo distillatorio; in realtà, i meccanismi e le regole che lo governano, pur rispettando questo principio, sono estremamente complessi e articolati. Innanzitutto bisogna dire che in una miscela di acqua e alcol, come può essere il vino tanto per rimanere nel nostro esempio, i componenti non bollono separatamente: è tutto l’insieme a bolli-re a una temperatura che è intermedia a quella di ebollizione dei due componenti di cui è formata la miscela, e che è proporzionale al contenuto percentuale dei due componenti stessi; cioè, una miscela col 5% di alcol etilico e il 95% di acqua bolle a circa 93,7 °C, mentre un’altra che di alcol ne contiene il 10% bolle a 92,5 °C. Nella pratica della distillazione viene sfruttata una proprietà par-ticolare delle miscele di due o più liquidi; si tratta di un fenomeno secondo il quale il liquido più volatile (cioè quello che evapora a temperatura più bassa) si trova in concentrazione maggiore nei vapori che si sviluppano dalla miscela stessa sottoposta a

L’impianto di distillazione

consente di separare i componenti volatili

di un fermento in base al loro differente punto

di ebollizione e di isolare dal distillato

tutte le parti poco gradevoli o dannose.

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riscaldamento. Possiamo quindi dire che una miscela alcol-acqua, come per esempio il vino, portata a ebollizione svilupperà vapori che avranno un contenuto in alcol, che è più volatile, superiore a quello del vino in partenza.

LA DEFLEMMAZIONE

Uno dei problemi maggiori da risolvere durante la distillazione è quello di raggiungere la massima concentrazione di alcol nei vapori che si sviluppano prima di condensarli, per evitare di dover ricorrere a ulteriori distillazioni se si vuole ottenere un liquore con una gradazione alcolica sostenuta. La tecnica di concentra-zione dei vapori alcolici e di eliminazione delle impurità che li inquinano è detta deflemmazione.Il principio su cui si basa questa tecnica è il seguente: durante la distillazione si sprigiona una miscela di vapori che sale all’interno della caldaia fino a raggiungere il capitello ancora freddo posto a copertura della stessa. A contatto con un corpo di temperatura inferiore, i vapori si condensano e riprecipitano nella caldaia. In realtà la condensazione è maggiore per i vapori acquosi rispetto ai vapori alcolici; da cui consegue che i vapori che escono dal capitello e raggiungono la serpentina che condensa i vapori finali avranno una gradazione alcolica maggiore dei vapori sviluppatisi per effetto del riscaldamento all’interno della caldaia. Se ciò si verificasse per tutto l’arco della distillazione sarebbe l’ideale, in quanto il distillato risulterebbe altamente alcolico; ma questo non è possibile perché, dopo un certo tempo, il coperchio della caldaia (il capitello) si scalda a causa del continuo contatto con i vapori e raggiunge temperature che non gli consentono più di condensare i vapori acquosi. Questi passano così nella serpen-tina insieme con i vapori alcolici, abbassando la gradazione del distillato. La soluzione del problema risulta teoricamente facile, in quanto è sufficiente mantenere fresco il coperchio della caldaia per garantire una distillazione con una buona gradazione alcolica. Si tratta certamente di un metodo di deflemmazione piuttosto rudimentale, realizzabile facendo scorrere sul coperchio della caldaia un velo d’acqua corrente o apponendovi esternamente

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pezze di tela bagnata che vanno sostituite via via che si scaldano. Con questo metodo si possono ottenere concentrazioni pari a 50-60° alcolici.

LA RETTIFICAZIONE

Nella distillazione con l’alambicco, l’operazione di depurazione del distillato dalle impurezze non desiderate, chiamata rettifi-cazione dell’alcol, viene effettuata praticamente scartando la prima parte di prodotto che proviene dalla distillazione, cioè i primi vapori condensati che costituiscono la cosiddetta testa; essi contengono le frazioni più volatili, come l’alcol metilico, che è tossico, e l’acetato di etile, che conferisce ai distillati mal frazionati un caratteristico odore d’aceto.Viene poi eliminata la cosiddetta coda che contiene poco alcol etilico e numerose impurezze. Queste hanno un punto di ebol-lizione più elevato dell’alcol e sono costituite principalmente da alcoli superiori, esteri pesanti ecc. La parte che si deve trattenere e utilizzare è il cuore; è composto principalmente, oltre che dall’acqua com’è ovvio, da alcol etilico e da tutte quelle sostanze volatili con punto d’ebollizione compreso, grosso modo, fra i 78,4 °C dell’alcol etilico e i 100 °C dell’acqua. In realtà, però, l’inquinamento prodotto sul cuore dalle code inizia già a temperature vicine ai 90 °C, ed è dovuto al fatto che alcuni composti vengono trascinati nel distillato per soluzione nei vapori alcolici caldi. Un’ebollizione troppo intensa facilita l’inquinamento del cuore da parte delle code. Nella distillazione artigianale la retti-ficazione, cioè la separazione di queste tre parti del distillato, deve essere eseguita con molta attenzione. Per separare con certezza la testa, che contiene il pericoloso alcol metilico, è meglio sacrificare anche una piccola parte di cuore; mentre per quanto riguarda la coda bisogna fare attenzione affinché l’ebollizione avvenga non troppo tumultuosamente, perché ciò permetterebbe ad alcuni com-posti di venire trascinati nel distillato, come per esempio l’acido acetico il quale, benché abbia un punto di ebollizione di 120 °C (ben lontano quindi da quello delle sostanze che compongono il cuore), può essere presente essendo particolarmente solubile nei

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vapori alcolici caldi. Si dovrà quindi sempre usare un termometro per controllare la temperatura dei vapori che si svolgono durante la distillazione. Fino a 78,3 °C, si formerà la testa del distillato che si dovrà eliminare, come detto sopra; ma è opportuno andare un po’ oltre, per evitare di avere alcol metilico nella parte che ci interessa, e cioè nel cuore che si ottiene fra i 78,4 e i 100 °C cir-ca. Questa è la parte nobile del distillato, è ricca di alcol etilico e contiene anche altre sostanze volatili di pregio, che conferiscono aromi tipici ai vari distillati. Oltre i 100 °C, viene prodotta la coda che va pure eliminata. Nella distillazione industriale, a funzio-namento continuo, non è necessario ricorrere all’eliminazione di teste e code, come nella distillazione discontinua con alambicco. L’operazione distillatoria avviene con un procedimento continuo e automatico che seleziona ed esclude le impurezze in successivi passaggi all’interno delle colonne stesse.

L’INVECCHIAMENTO

Una grande importanza nella preparazione dei liquori per distil-lazione alcolica riveste la maturazione o invecchiamento, che consiste nella prolungata conservazione del distillato in fusti di

Nella distillazione industriale l’operazione distillatoria avviene con un procedimento continuo e automatico.

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legno di rovere. La lenta solubilizzazione dei componenti del le-gno a contatto dell’acquavite conferisce alla bevanda dei requisiti di colore, sapore e odore che sono caratteristici per ogni tipo di prodotto; inoltre è da tenere presente che la parete porosa del recipiente di legno dà luogo a fenomeni di evaporazione e di leggera ossidazione atmosferica, con la conseguente formazione di composti particolarmente profumati e naturalmente aromatici.

LA DISTILLAZIONE DISCONTINUA

Quando il processo distillatorio avviene in recipienti (alambicchi) di dimensioni relativamente modeste, adatti anche per la produzio-ne familiare di distillati, questi vengono caricati in modo discon-tinuo, cioè in pratica vengono riempiti di prodotto da distillare e, finché non si è esaurito il processo, non vengono più ricaricati. I distillatori di tipo discontinuo, generalmente in rame, sono fonda-mentalmente formati da un recipiente, dove il liquido viene riscal-dato fino all’ebollizione, e da un condensatore in cui i vapori che si sviluppano vengono raffreddati ottenendo il liquido distillato. La caldaia, in cui è posta la sostanza da distillare, viene riscaldata a fuoco diretto ed è sormontata da una specie di coperchio detto

Nella fase di invecchiamento,

le botti nelle quali il distillato riposa

sono fondamentali,in quanto il liquore

(agendo sulle molecole del legno) ne trae

l’essenza e il profumo.

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duomo o capitello, dove avviene una parziale deflemmazione dei vapori; esso è munito di un condotto che porta all’esterno i vapori che si sviluppano nella caldaia. Il condotto forma un condensatore a serpentino che, passando attraverso un refrigerante, fa conden-sare i vapori. Il prodotto immesso nella caldaia viene distillato fino alla massima separazione possibile dell’alcol; poi si scarica all’esterno il liquido residuo della lavorazione, detto borlanda, e quindi il processo può ricominciare introducendo nella caldaia il liquido preriscaldato. Nell’alambicco per cognac il tubo del vapore che esce dal capitello, prima di passare nel liquido refrigerante, attraversa un recipiente, detto scaldavino; in esso è contenuto del vino, pronto per essere immesso nella caldaia, che viene così preriscaldato. Attraverso la distillazione discontinua non è possi-bile ottenere prodotti ad alta gradazione: se si desidera preparare un distillato molto alcolico, questo può essere ottenuto o con un

ALAMBICCO SEMPLICE A FUOCO DIRETTO

riscaldatore

caldaia

duomo o capitello

ingresso del liquido di raffreddamento

condensatore

refrigerante

uscita del liquido

distillatouscita del liquido di

raffreddamento

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frazionamento (cioè raccogliendo separatamente la porzione di distillato più alcolica), o effettuando una ridistillazione del prodotto ottenuto nella prima distillazione, arricchendolo e depurandolo.

LA DISTILLAZIONE CONTINUA

La distillazione continua è un processo utilizzato per la produ-zione industriale dell’alcol e consiste nell’uso di apparecchiature (alambicchi continui) nelle quali il prodotto da distillare viene aggiunto in continuazione e pure in continuazione vengono eli-minati gli scarti di lavorazione e raccolti i prodotti della distil-lazione. Questo processo distillatorio consente la separazione diretta dell’alcol a elevata concentrazione, di alimentare l’impianto ininterrottamente con fermentato a bassa gradazione e, infine, di effettuare lo scarico delle borlande (i residui della distillazione) in modo continuo. Le apparecchiature destinate a questo tipo di di-stillazione sono costituite principalmente da colonne a piatti (alte

Un tipico esemplare di alambicco

continuo, costituito da una serie di colonne

disposte in serie.

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fino a 20 m) e disposte in serie, riscaldate alla base e contenenti alcuni diaframmi (conosciuti come piatti), e da un condensatore, formato da un fascio di tubi raffreddati ad acqua. Grazie al ri-scaldamento del liquido, che si ottiene col passaggio attraverso i piatti delle colonne, si ha il progressivo arricchimento in alcol dei vapori; utilizzando due o tre colonne in serie l’industria riesce a ottenere distillati con 90-96° alcolici. Senza entrare nel dettaglio dei meccanismi di questo genere di distillazione tipicamente industriale, si può dire che la distillazione continua si svolge attraverso una serie di stadi, ciascuno dei quali è una distillazione in cui il vapore prodotto costituisce l’alimen-tazione per successivo. La temperatura nelle colonne aumenta nella direzione del flusso cadente di condensa, cioè dall’alto ver-so il basso, e diminuisce nel senso opposto, cioè nella direzione ascendente del flusso di vapore.

SCHEMA DI UNA COLONNA DI DISTILLAZIONE CONTINUA

tubi di scarico del condensato

tubi del troppo pieno

piatti

vapore

liquido

LA DISTILLAZIONEARTIGIANALE IN PRATICA

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COSA BISOGNA SAPERE

Vediamo ora brevemente le norme generali da seguire per effet-tuare una corretta distillazione artigianale, magari con un alam-bicco di nostra costruzione.Innanzitutto bisogna controllare che l’alambicco sia privo di in-crostazioni, muffe o residui di precedenti lavorazioni. Nel caso non lo sia, bisogna procedere a un’accurata pulizia per evitare di rovinare il sapore e la qualità del distillato. Una volta verificata la pulizia dell’alambicco, si collega il refrigeratore alla tubazione dell’acqua; riempito il refrigeratore, si lascia l’acqua scorrere. Poi si pone nella caldaia il prodotto da distillare (vinacce, erbe o piante aromatiche o officinali); se si usano vinacce, devono essere poste nell’apposito cestello ed è importante che ci sia uno spazio di circa 10 cm tra le vinacce e il coperchio. Una volta caricata la caldaia, si chiude il capitello. Si effettuano quindi i collegamenti tra questo e il refrigeratore e fra il deflemmatore, se è presente, e l’acqua refrigerante.Se è previsto anche uno scaldavino, bisogna ricordarsi di riempirlo di vino che sarà poi pronto per la successiva distillazione. Quindi si accende la fonte di calore che è più opportuno provenga da un fornello a gas, che dà calore costante. Quando dal serpentino comincerà a uscire del distillato, si può aprire la tubazione che dal refrigeratore porta l’acqua al deflem-matore (naturalmente se il nostro alambicco ne è provvisto), badando a non far traboccare l’acqua dalle pareti della caldaia. A questo punto è importante tenere sotto controllo con molta attenzione l’andamento della distillazione con gli apparecchi di cui si dispone: il termometro e la provetta di saggio. Con il termometro bisogna verificare la temperatura dei vapori che si

Distillare liquori in casa può dare grandi soddisfazioni, ma è bene ricordare che questa attività e sottoposta a vincoli di legge.

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formano all’interno della caldaia: ricor-diamo che grosso modo fino a 78,3 °C si producono le teste, fra i 78,4 e i 100 °C si produce il cuore, oltre i 100 °C le code. Va tenuto presente anche che

alcuni prodotti indesiderati presenti in teste e code possono anche es-

sere contenuti nel cuore, se la distillazione non è condotta correttamente. Un’ebollizione troppo tumultuosa può infatti

favorire la presenza nel cuore di sostanze quali l’acido acetico, il

quale è normalmente contenuto nelle code e viene trascinato dai

vapori alcolici caldi. Inoltre è difficile seguire alla perfezione, con il solo termometro, sia le temperature sia l’andamento della distillazione; per cui è opportuno eliminare, come già raccomandato, anche una parte di cuore (quella che si forma in prossimità dei 78,4 °C e dei 100 °C) in modo da non correre il rischio di rovinare la qualità del cuore stesso, che è e deve restare la parte migliore del distillato. Teste e code, anche di distillazioni successive, si possono riunire e, diluite con metà acqua, ridistillare con la stessa tecnica descritta finora: il prodotto che se ne ricaverà non sarà certo di qualità paragonabile a quello del primo distillato, ma potrà essere usato ugualmente. Se all’alambicco è applicata una provetta di saggio, il controllo dell’andamento della distillazione è più agevole, giacché si può conoscere immediatamente il contenuto alcolico del nostro distillato. Una volta caricata la caldaia, quando la gradazione alcolica innalzandosi raggiunge i 50 °C, si deve separare la parte ottenuta fino a quel momento (la testa) e poi abbassare un po’ l’intensità della fiamma sotto la caldaia: si favorisce con ciò lo svi-luppo di vapori alcolici; il grado alcolico, misurabile nella provetta di saggio, tenderà a salire e successivamente a scendere, aiutato in questo anche dall’azione dell’operatore il quale dovrà decidere, in base al prodotto da distillare, fino a che grado alcolico arrivare, operando eventualmente anche sul deflemmatore, sempre che

Un alambicco artigianale in rame.

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sia presente. Quando il distillato, discendendo, arriva ai 50° al-colici, si separa la parte fino a quel punto ottenuta (il cuore) e la distillazione prosegue fino a che l’alcolometro non segna 10-15°; al che si separa un’ultima parte del distillato, la coda. Spento il fornello, si chiude il rubinetto dell’acqua e si attende che la cal-daia si sia un po’ raffreddata; quindi la si svuota della borlanda e si prosegue con una nuova distillazione. In caso contrario, si pulisce accuratamente tutta l’apparecchiatura.

LA PRODUZIONE DI ALCOL E LA LEGGE

Per la distillazione casalinga si raccomanda il rispetto della legge. Per avere un’idea più precisa degli obblighi che fanno capo a chi intraprende questa attività è necessario fare riferimento al decreto legislativo n. 504 del 1995; alla legge quadro in materia di alcol n. 125 del 30 marzo 2001 e all’articolo 16, decreto ministeriale n. 153 del 27 marzo 2001 “Disposizioni per i fabbricanti ed i detentori di apparecchi di distillazione” e alla circolare del 20 novembre 1998, n. 163 del Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Arti-gianato, in cui viene disposto che la preparazione da parte di un privato di prodotti alcolici, destinati a uso esclusivo dello stesso privato e dei suoi familiari e ospiti, con utilizzo di alcol a imposta assolta, non è soggetta ad autorizzazione purché l’alcol prodotto non venga destinato alla vendita. Questo significa che il privato non può liberamente fabbricarsi la grappa o l’acquavite bensì che può esclusivamente aromatizzare, con le essenze che più gli ag-gradano, grappe e acquaviti fabbricate legalmente e che siano già state soggette a tassazione. La costruzione e la detenzione di un apparecchio per la distillazione, cioè l’alambicco, sono soggette a denuncia preventiva alle autorità e alla loro registrazione. Gli apparecchi di distillazione o le loro parti essenziali, destinati alla produzione di alcol etilico, sono identificati con una piastrina apposta dalle autorità competenti. Il decreto del Presidente della Repubblica del 16 luglio 1997, n. 297 regolamenta le norme in materia di produzione e commercializzazione di acquaviti, grap-pa, brandy italiano e liquori. Ogni violazione delle norme che regolano la produzione di alcolici è sanzionata con pesanti pene.

LA MACERAZIONE

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GLI STRUMENTI BASE

Per la preparazione casalinga dei liquori d’erbe ottenuti per ma-cerazione è necessaria un’attrezzatura minima, già presente nelle cucine ben fornite. Poiché però spesso gli utensili abitualmente usati per cucinare conservano degli aromi che possono alterare il sapore dei liquori, è meglio attrezzarsi con una serie di utensili riservati esclusivamente alla preparazione liquoristica. Sarà sem-pre bene evitare strumenti in ferro o in alluminio.• Bilancia. È bene che sia di precisione, dotata di tacche con

intervalli di 10 g. • Coltelli. Per tagliare e sminuzzare i vegetali utilizzate quelli in

materiale plastico o in legno con lame continue e seghettate.• Mortaio. Deve essere di dimensioni adeguate a contenere una

discreta quantità di ingredienti. È preferibile quello in marmo o in pietra, che trattiene meno gli odori ed è più facilmente lavabile rispetto al mortaio in legno.

• Attrezzi per filtrare. Al termine del periodo di macerazione, con l’eccezione di alcune ricette a base di frutti di bosco, i liquori in preparazione vanno fil-trati e liberati dal materiale in infusione per renderli più gradevoli. Per elimina-re i residui più grandi potete utilizzare dei colini in plastica, scelti di diverse dimensioni in relazione al volume degli ingredienti utilizzati. Una filtra-zione più fine sarà ottenuta utilizzando i filtri per la preparazione del caffè alla tedesca (un po’ lenti ma efficaci) oppure un buono strato di cotone idrofilo o garze.

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Filtri e cotone vanno messi in un im buto dalle pareti non bom-bate sulle quali aderiranno meglio, aumentando la velocità di esecuzione dell’operazione.

• Tagliere di legno. La cosa migliore è riservarne uno esclusiva-mente alla lavorazione delle erbe.

• Bicchiere graduato. Utilissimo per il dosaggio dei liquidi.• Recipienti per la macerazione. Le erbe, i frutti e le bacche,

durante la macerazione, sa ranno contenuti in vasi di vetro del-la capacità di 1, 2 o 5 l, dotati di tappi a chiusura ermetica, a vite o a pressione. Ottime sono anche le bottiglie di salsa di pomodoro con tappo a vite e imboccatura molto larga che permette l’introduzione e l’estrazione di ingredienti ingom-branti. I recipienti devono essere di vetro scuro se le sostanze introdotte vanno tenute al riparo dalla luce e in luogo fresco

La normale attrezzatura di una

cucina ben fornita è spesso sufficiente

per preparare i liquori.

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oppure trasparente se il processo di macerazione prevede il rapido riscaldamento delle infusioni da parte dei raggi solari. Il vetro trasparente consente di esaminare, con un semplice colpo d’occhio, il grado di maturazione del preparato.

• Etichettatura. Assolutamente consigliabile applicare sui vasi un’etichetta con la data di inizio della lavorazione e l’ingredien-te infuso. In questa fase è preferibile usare etichette di carta adesiva e, per le annotazioni, una matita e non l’inchiostro, per evitare che fuoriuscite di alcol le sbiadiscano. Per i contenitori definitivi invece la vostra fantasia potrà sbizzarrir-si. Potrete realizzare le etichette con del filo di ferro piegato con una pinza, oppure tracciarle con un pennarello indelebile su un pezzo di celluloide trasparente, o incidere un rettangolino di legno con un pirografo. Potranno esse-re appese al collo della bottiglia con una sottile catenella, con uno spago ecc.

• Bottiglie per il prodotto finito. Trascorso il periodo di stagio-natura, verserete gli infusi in bottiglie adatte, preferibilmente da 7,5 e da 3,5 dl. Potete anche chiuderle con tappi a corona, ma è preferibile usare tappi di su-ghero. Per preservare al meglio il contenuto, e dare un tocco di originalità alla confezione, po-tete bloccare il tappo con della ceralacca. Le bottiglie, se non altrimenti indicato, vanno con-servate al fresco e al riparo dalla luce.

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LA MACERAZIONE ALCOLICA

La lenta macerazione di piante officinali, frutta, bacche e droghe, immerse in una soluzione a base alcolica è la pratica più utilizzata per ottenere un buon liquore d’erbe casalingo. Questa operazione è molto impiegata poiché si hanno ottimi risultati senza l’impiego di apparecchi più o meno complicati e anche se non si ha una particolare esperienza nel settore. La soluzione idroalcolica in questo caso lavora a contatto del tessuto vegetale per un certo periodo di tempo e, per mezzo di questa procedura, i composti chimici contenuti nei vegetali vengono solubilizzati. Possono essere utilizzati, con risultati equivalenti, ingredienti allo stato fresco, essiccati o in forma di tintura alcolica. A seconda del tipo di droga, le erbe raccolte vengono poste in macerazione, possibilmente in recipienti di vetro scuro o traspa-rente e a tappo ermetico, fresche o dopo essere state essiccate, immerse in soluzioni di acqua e alcol di origine naturale. Il vetro è indispensabile perché un recipiente di altro materiale può facilmente trasferire odori e sapori all’alcol e di conseguenza

pregiudica il risultato finale del liquore. L’importanza della genuinità delle materie prime coinvolge anche il solvente utilizzato: l’alcol dovrebbe essere di ori-gine naturale, ottenuto dalla fermentazione naturale della barbabietola da zucchero, non modificata geneticamente. Altra regola fondamentale per la corretta macerazione è che le erbe devono essere completamente immerse nell’alcol; se ciò non avvenisse il risultato finale risulterebbe senz’altro compromesso.Il tempo di macerazione è molto variabile (da una settimana ad alcuni mesi) e durante questo periodo i recipienti di vetro dovrebbero essere regolarmente agitati per permettere al solvente di penetrare perfettamente e di estrarre in profon-dità il principio attivo. Le sostanze che vengono messe a macerare devono inoltre essere ben preparate per cedere i loro principi attivi nel modo migliore: le bucce, le scorze, i fiori e la frutta vanno tagliati finemente oppure pestati con il mortaio; se si tratta di vegetali secchi (semi, cortecce, radici)

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si dovranno pestare finemente; i legni particolarmente duri invece si dovranno raspare o grattugiare.Tranne qualche eccezione, le basi che vengono impiegate per la macerazione delle sostanze aromatizzanti sono due: l’alcol a 95° e la grappa di gusto secco (da preferire nella preparazione delle grappe aromatizzate). La scelta è lasciata al gusto personale e all’esperienza. I sapori degli ingredienti vengono maggiormente esaltati da una o dall’altra delle basi, e i migliori accostamenti vengono trovati solo dopo aver acquisito un po’ di pratica. Se si desidera ottenere un liquore più delicato si può anche scegliere una gradazione alcolica inferiore: sarà necessario diluire l’alcol con dell’acqua, meglio se distillata, per abbassarlo alla percen-tuale voluta. L’alcol a 60° si ottiene unendo 6,3 dl di acqua distillata a 1 l di alcol puro (95°), mentre per ottenere un alcol a 90° bastano 0,64 dl e per avere un alcol a 70° sarà necessario aggiungere 3,9 dl d’acqua. Molto utile a questo proposito l’utilizzo di un alcolome-tro, ossia di un densimetro di precisione per la determinazione del grado alcolico.

ZUCCHERARE E COLORARE I LIQUORI

Lo zucchero viene spesso utilizzato nella preparazione di liquori d’erbe in quanto ammorbidisce e prepara alla macerazione le erbe aromatiche. Può essere versato direttamente sugli ingredienti asciutti e fatto penetrare negli in terstizi agitando il contenitore, oppure essere aggiunto a fine macerazione e dopo la filtrazione, per mitigare la durezza gustativa dell’alcol. In questo caso deve essere prima sciolto a caldo in un tegame con acqua (anche di-stillata) e fatto bollire 3-4 minuti, fino a ottenere uno sciroppo. Le quantità di zucchero possono essere modificate a piacere o, se preferite, potranno essere eliminate completamente. In certi casi si può sostituire lo zucchero con il miele. La colorazione è un fattore estetico che dona raffinatezza al li-quore. Vanno usati coloranti naturali che poi vanno conservati a temperatura media in recipienti di vetro opaco.Il colore verde si ricava macerando per un giorno intero foglie

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di spinaci in 1 l d’acqua distillata, nella quale avrete di sciolto un cucchiaio di bicarbonato di so dio. Dopo questo periodo si spreme bene il tutto e il liquido raccolto va diluito con 2 dl di alcol a 75°. Passate 10 ore, filtrate e conservate la soluzione in bottiglie scure.Il colore giallo si ricava versando 60 g di zafferano in 5 dl di acqua bollente. Una volta freddo, si spreme il tutto e si aggiungono altri 5 dl di acqua bollente e 1 l di alcol a 80°.Il colore rosso si ottiene dalla macerazione di 200 g di bacche secche di mirtillo poste per una settimana in 5 dl di acqua di-stillata. Trascorso questo periodo, si filtra attraverso una tela spremendo bene le bacche e poi si aggiungono al liquido ottenuto 2,5 dl di alcol a 75°.

Anche i colori (sempre di origine naturale) servono a rendere gradevole un liquore fatto in casa.