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Premessa dell’Autore 9 PARTE PRIMA Quattro passi nella storia Il vino all’alba della storia e verso la classicità 16 La grande civiltà del vino nell’antica Roma 20 Quali vini bevevano i Romani? 25 Verso la grande stagione del Rinascimento 26 Rieducare i sensi Nuove armonie dai nostri sensi 32 Vino e salute 44 I vitigni più diffusi – Saper leggere l’etichetta I vitigni per i vini bianchi 48 I vitigni per i vini rossi 51 La barrique 54 Saper leggere l’etichetta 56 La degustazione: teoria e pratica Verso la degustazione 62 Colore, limpidezza, fluidità... l’abc dell’analisi visiva 64 L’essenza del bouquet, i temi dell’analisi olfattiva 74 Varcare la soglia: le tre chiavi dell’analisi gustativa 82 La degustazione in pratica 88 L’assaggio del sommelier 90 La degustazione un passo dopo l’altro 92 Le regole auree del degustatore 96 L’abbinamento cibo & vino I principi dell’armonia 100 L’altra metà del quadro: il cibo e il suo sapore 102 Esiste l’abbinamento perfetto? 109 Contrapposizione e concordanza 110 Armonia a tre: acqua, cibo e vino 114 Abbinamento: la prova dei fatti 116 L’equilibrio degli opposti 118 Rare armonie concordi 122 Abbinamenti tradizionali 124 Cibo e vino, cuoco e sommelier 128 Attrezzatura e tecniche I ferri del mestiere 132 Due protagonisti in scena 134 Vetro di fabbrica 145 Neutro e purissimo: il materiale ideale 146 Attrezzatura di base 148 Il carrello dei vini 157

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Premessa dell’Autore 9

PARTE PRIMA

Quattro passi nella storia

Il vino all’alba della storia e verso la classicità 16La grande civiltà del vino nell’antica Roma 20Quali vini bevevano i Romani? 25Verso la grande stagione del Rinascimento 26

Rieducare i sensi

Nuove armonie dai nostri sensi 32 Vino e salute 44

I vitigni più diffusi – Saper leggere l’etichetta I vitigni per i vini bianchi 48I vitigni per i vini rossi 51La barrique 54Saper leggere l’etichetta 56

La degustazione: teoria e pratica

Verso la degustazione 62Colore, limpidezza, fluidità... l’abc dell’analisi visiva 64 L’essenza del bouquet, i temi dell’analisi olfattiva 74Varcare la soglia: le tre chiavi dell’analisi gustativa 82

La degustazione in pratica 88L’assaggio del sommelier 90La degustazione un passo dopo l’altro 92Le regole auree del degustatore 96

L’abbinamento cibo & vino

I principi dell’armonia 100L’altra metà del quadro: il cibo e il suo sapore 102Esiste l’abbinamento perfetto? 109Contrapposizione e concordanza 110Armonia a tre: acqua, cibo e vino 114

Abbinamento: la prova dei fatti 116L’equilibrio degli opposti 118Rare armonie concordi 122Abbinamenti tradizionali 124Cibo e vino, cuoco e sommelier 128

Attrezzatura e tecniche

I ferri del mestiere 132Due protagonisti in scena 134Vetro di fabbrica 145Neutro e purissimo: il materiale ideale 146Attrezzatura di base 148Il carrello dei vini 157

In pratica: si va in tavola 158È il momento di stappare la bottiglia 160Due cose ancora da sapere e saper fare 164Dalla presa di contatto all’ordinazione 170Gusti e particolarità dai cinque continenti 171Il servizio, la tecnica e l’affabulazione 172

Acqua, tè, caffè, birra & C.

Acqua, la nuova frontiera del gusto 176La carta delle acque – Acqua, il servizio al tavolo 179Tè, un’antica sapienza venuta dall’Oriente 180Caffè, dai tropici la nostra tazzina quotidiana 188Tecniche diverse per un buon caffè 190Prima e dopo cena, aperitivi e liquori 192Birra, millenaria e sempre giovane 194Sigari, tutto l’aroma del tabacco 198

La parola ai professionisti

Enrico Bernardo 205Matteo Ghiringhelli 210Markus Del Monego 212

Schede di valutazione del concorso per il Miglior Sommelier del Mondo 226Terminologia per la degustazione del vino secondo il Metodo G. Vaccarini© 230

PARTE SECONDA

Il sommelier oggi e domani Gli ambiti odierni della professione 218L’Association de la Sommellerie Internationale 222Schede di valutazione e tavola di riferimento 226Le app al servizio dei vini e della birra 229

Le competenze del sommelier La pianificazione d’azienda 234Analisi del Punto di equilibrio o Break-Even Analysis 236Il Marketing 239La comunicazione efficace 243Creazione e rinnovo della cantina 247Gestione corrente e conto economico 256La valorizzazione degli stock e delle uscite 259Il sommelier alla vendita e il calcolo del ricarico 260Le formule per il computo del prezzo di vendita 264

Carta dei vini e menu Uno strumento di lavoro prezioso 268Il vino, il menu e il sommelier 272Il menu nella storia 274

APPENDICEGlossario, 279; Bibliografia, 286

37RIEDUCARE I SENSI

L’olfatto, strumentodi grande precisione

All’olfatto deve essere riconosciuto un ruolo dominante nell’analisi sensoriale. Nell’apprezzamento di un cibo o di un vino, l’olfatto agisce in due momenti distinti: per inspirazione (via nasale di-retta) o per espirazione (via retro-nasale indiretta), e attraverso di questa si col-gono le sfumature odorose (aromi) che caratterizzano vini e alimenti.

Questa seconda via è spesso misco-nosciuta, con l’attribuzione al gusto di sensazioni che invece dipendono dall’olfatto. Se escludiamo l’olfatto chiudendo il naso, non siamo infatti in grado di distinguere gli aromi di uno spicchio di limone da quello di un’aran-cia. Sempre escludendo l’olfatto, non riusciamo a riconoscere e apprezzare la vaniglia, la cannella o altre spezie, tutte caratterizzate da un aroma inten-so ma pressoché prive di sapore.

All’olfatto va inoltre riconosciuta, ri-spetto agli altri organi di senso (gusto e sensibilità cutanea), una sensibilità molto più elevata. L’olfatto riconosce e classifica le molecole diffuse nell’aria, a condizione che esse siano solubili nel muco olfattivo e siano dotate di odore.

La fase olfattiva è centrale nell’analisi organolettica. Si articola in due momenti distinti: la via nasale diretta, corrispondente all’olfazione, e quella retro-nasale indiretta, che si compie una volta ingerito il vino.

38 MANUALE DEL SOMMELIER

Nel vino le sostanze responsabili di queste sensazioni sono soprattutto l’a-nidride solforosa, l’acido acetico, l’ani-dride carbonica, l’alcol etilico e alcuni eteri ed esteri. Gli stimoli che le provo-cano sono prodotti da un gran numero di sostanze, e la relazione tra struttura chimica e sensazioni odorose è ancora poco nota. I messaggi elettrici che sti-molano il cervello non dipendono tanto dalla struttura della molecola, ma dal suo volume, dalle cariche elettriche e dai raggruppamenti atomici... Ogni so-stanza odorifera è in grado di eccitare alcuni milioni di cellule olfattive diverse.

Le percezioni olfattive non sono né durevoli né fisse: nell’arco di circa 4-5 secondi si registra un aumento progres-sivo della percezione fino a raggiungere una fase di picco, seguita da una dimi-nuzione lenta e dalla totale scomparsa della sensazione. Inoltre la sensibilità dell’olfatto è accompagnata da un fa-cile affaticamento (adattamento o as-suefazione). Come per la vista, anche per l’olfatto, se l’organo non è stato pre-cedentemente stimolato, la percezione è netta. Viceversa, se è sottoposto per parecchio tempo al medesimo odore, diviene sem pre meno sensibile ad es-so, ma rimane sensibile ad altri aromi.

In genere, la velocità alla quale l’organo si adatta è direttamente proporzionale all’intensità dello stimolo.

Le sostanze odorose furono classifi-cate nel XVII secolo, da Linneo, in sette categorie. Teorici di epoche successive le classificarono in gruppi che variava-no da quattro a quattordici.

Crocker ed Henderson prevedono ad esempio solo quattro odori fondamen-tali: fragrante, acido, bru ciato, caprino.

La parte superiore delle fosse nasali è rivestita dalla mucosa olfattiva, con miriade di cellule ciliate per captare le molecole e tradurle in messaggi diretti al nervo odoroso e alle cellule cerebrali.

La degustazione è un momento topico per produttori, enologi e consumatori. Nella foto, Remy e Henry Krug mettono alla prova le loro abilità nella composizione della cuvée della casa.

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Le qualità odorose, infine, furono suddivise in dieci classi o categorie: animale, balsamica, legnosa, chimica, piccante, empireumatica, eterea, flore-ale, fruttata e vegetale. Suddivisione ar-bitraria quanto le altre, ma che presen-ta il vantaggio di catalogare odori che si possono percepire nel vino.

L’estrema sensibilità dell’olfatto è in-fluenzata poi dallo stato psicofisico del soggetto e da fattori nervosi e umorali.

L’abilità del degustatore

«… il valore di un degustatore non di-pende soltanto dalla sua sensibilità come strumento recettivo né dalla sua capacità di riconoscere gli odori, i gusti e di ap-prezzarne l’armonia; esso dipende anche dalla sua capacità di descrivere le proprie impressioni. Non è sufficiente che abbia un palato esercitato e dei sensi attenti e allenati, una memoria pronta e docile e che sappia porsi nelle condizioni miglio-ri per giudicare un vino; è necessario che possa tradurre chiaramente le proprie re-azioni sensoriali. Egli deve possedere un vocabolario gustativo sufficientemente e-steso per esprimere le proprie percezioni e motivare i propri giudizi. Ciò che fa la reputazione di un degustatore è in gran parte il suo modo di parlare del vino, la sua chiarezza, la precisione, le sfumature dei suoi commenti. Ma diffidate dell’elo-quente: sa parlare meglio di quanto non sappia assaggiare».

Émile Peynaud, Il gusto del vino

Le parole del vino

RIEDUCARE I SENSI

A stomaco vuoto, la finezza dei nostri sensi risulta amplificata. Per questo motivo è auspicabile che le degustazioni avvengano nelle ore che precedono i pasti. Nella foto, Robert Cointepas, sommelier della taverna “Henry IV” di Parigi.

40 MANUALE DEL SOMMELIER

“Infinito è il numerodei sapori”

Aristotele affermava a proposito del gu-sto e dei sapori:

«Da un lato, le specie semplici so-no riunite a coppie di contrari come il dolce e l’amaro; e dall’altro le specie prime derivate, sia dal primo come il cremoso, sia dal secondo come il sala-to; e infine, in posizione intermedia, tra questi due ultimi sapori, l’agro, l’aspro, l’astringente e l’acido».

Linneo classificava invece le sensa-zioni gustative in: umido, secco, acido, amaro, grasso, astringente, dolce, agro, vischioso e salato, mescolando i sapori con le impressioni meccaniche.

Fu Chevreul, grande studioso della chimica, che nel 1824 fece la suddivi-sione tra sensazioni olfattive, gustative e tattili, separando quindi le percezioni di caldo e freddo da quelle di dolce e amaro. Della stessa epoca di Chevreul, Brillat-Savarin affermava:

«Infinito è il numero dei sapori […] Siccome, fino ad ora, non si è presen-tata una circostanza in cui un singolo sapore dovesse essere valutato con ri-gorosa esattezza, siamo stati costretti a limitarci a un ristretto numero di e-

spressioni generali, quali dolce, zucche-rato, acido, acerbo, e altre simili…».

In tempi decisamente più recenti, quando si è capito meglio il funzio-namento dell’apparato gustativo, si è giunti all’affermazione che il sapore di un alimento dipende dalla temperatura.

Il chimico Henning formulò nel 1916 la teoria della localizzazione dei recet-tori, secondo cui la bocca percepisce quattro sapori: salato, dolce, acido e amaro. I recentissimi studi sull’analisi fisiologica hanno dimostrato che questa teoria è decisamente approssimativa. È stato osservato infatti che i recettori gu-stativi delle differenti sensazioni sono distribuiti in tutta la bocca in propor-zione variabile, e che le molecole che reagiscono da recettori gustativi sono in numero molto superiore a quanto si immaginasse e, ancora, che le sensa-zioni gustative non sono solo quattro. I fisiologi giapponesi hanno postulato, fra l’altro, l’esistenza del gusto “umami”, che corrisponde a quello del glutam-mato e si ritrova negli amminoacidi.

Il vino non è l’unica bevanda a essere oggetto di un’analisi organolettica. Nella foto, membri della US Board of Tea Experts in una seduta di degustazione: ognuno di loro avrà una percezione diversa, secondo la sua predisposizione, le condizioni psicofisiche, i fattori nervosi e umorali.

Per quanto meno complesso del profilo olfattivo, il profilo gustativo si basa su una molteplicità di variabili, la cui interazione è determinante nel comporre l’infinita varietà dei vini offerti al consumo.

41RIEDUCARE I SENSI

Due parole sullafisiologia del gusto

Sono moltissime le sostanze che hanno sapori primari, ovvero tali da non poter essere analizzati come una mescolanza di altri. Nell’analisi gustativa del vino ci si basa su identificazione e analisi dei quattro sapori classici: dolce, salato, amaro e acido. Le sensazioni più com-plesse vengono fornite dall’olfatto e, in parte, dalla sensibilità cutanea.

I recettori degli stimoli gustativi so-no chiamati bottoni o calici gustativi. Hanno la forma di un bulbo di cipolla; sono costituiti da cellule sensoriali e ri-sultano sparsi irregolarmente in tutta la cavità boccale. Si trovano raggruppati in maggior quantità in particolari protu-beranze della lingua, le papille, ognuna delle quali può contenere anche centi-naia di bottoni gustativi.

Nell’apprezzamento del gusto, un ruolo molto importante è svolto dalla saliva, che viene secreta sia in segui-to alla stimolazione dei recettori tattili, dolorifici e gustativi della bocca, sia per riflesso condizionato. A volte è suffi-ciente la vista, l’aroma, o addirittura il solo pensiero del cibo per provocare la cosiddetta “acquolina in bocca”.

La quantità e la composizione chimi-ca della saliva sono molto variabili e di-pendono soprattutto dalla natura dello stimolo – chimico, meccanico, alimen-tare – che la provoca. Nella saliva sono presenti inoltre alcuni sali minerali e un enzima digestivo, la ptialina, che è in grado di attaccare e scindere l’amido

42 MANUALE DEL SOMMELIER

cotto. Un’altra funzione della saliva è quella di sciogliere le sostanze alimen-tari, permettendo la stimolazione dei bottoni gustativi.

Sulla punta della lingua sono raccolti un maggior numero di bottoni gustati-vi, soprattutto quelli che percepiscono il dolce e l’acido; mentre sui bordi si trovano quelli per le sensazioni di sa-lato e di acido. Le papille circonvallate, presenti in particolar modo sul fondo della lingua, sono deputate alla ricezio-ne dell’amaro. È provato, infine, che c’è un tempo di latenza tra l’applicazione dello stimolo e l’insorgere della sensa-zione; per il salato è di 1 secondo; per il dolce 1-2 secondi; per l’acido 2 secon-di; per l’amaro 2-3 secondi.

Questo spiega perché nella degusta-zione del vino si avvertono prima i sa-pori dolci, poi quelli acidi, ma alla fine predominano gli amari. L’amaro è infatti l’ultimo a venire percepito ed è anche il più persistente.

Da notare che la maggior parte de-gli individui reagisce a partire da con-centrazioni medio-alte, e solo pochi alle concentrazioni minime. Lo stesso individuo può comunque presentare

differenze percettive anche a breve di-stanza di tempo. È quindi necessario sottoporre gli assaggiatori a periodici e frequenti controlli per verificarne l’acu-tezza gustativa.

Va sottolineato poi che, combinan-do tra loro i sapori, potremmo avere il potenziamento, l’attenuazione o il ma-scheramento di alcuni di essi. Nella mescolanza i sapori possono tuttavia solo aumentare o diminuire d’intensità, senza però perdere mai la loro indivi-dualità.

La sensibilità gustativa varia con il variare delle temperature. Il livello otti-male lo si ha intorno ai 30-35 °C, men-tre al di sotto e al di sopra di questa temperatura si registra un calo della sensibilità e la lingua diviene quasi in-sensibile ai sapori.

Infine, alla diminuzione della sensi-bilità per iperstimolazione dei recettori (di cui abbiamo già detto) si accompa-gna il potenziamento di altre sensazio-ni. L’adattamento all’acido citrico porta ad esempio a una diminuzione della percezione dell’asprezza dell’acido a-cetico e a un potenziamento del sapore dolce del saccarosio.

La superficie della lingua è rivestita di cellule gustative ciliate, collegate alle fibre dei nervi sensoriali sottostanti, e concentrate attorno a papille specializzate nelle diverse componenti del gusto, agenti in stretta sinergia fra di loro.

Degustatori professionisti nel Château Cos d’Estournel, pregiato grand cru classé del comune di Saint-Estèphe, nel Médoc: il loro fine è assemblare armoniosamente Cabernet franc, Cabernet- sauvignon e Merlot.

44 MANUALE DEL SOMMELIER

Diversi sono gli effetti benefici di un moderato consu-mo di vino sulla salute, uno fra tutti è passato alla storia con il nome di “paradosso francese”, in poche parole la capacità del vino di proteggere il cuore e di prevenire le malattie cardiocircolatorie anche in presenza di una dieta considerata non sana.

Alcuni studiosi, difatti, all’inizio degli anni Novanta sono riusciti a dimostrare che i francesi, pur facendo uso consistente di burro e formaggio nella loro cucina e pur fumando molto, erano meno soggetti di altri alle cardio-patie. Un vero e proprio paradosso, ma anche un risultato valevole non solo per la Francia, ma per tutti quei paesi in cui la consuetudine del consumo di moderate quan-

VINO E SALUTE

tità di vino ai pasti è diffusa. E questo succede perché il vino diminuisce l’aggregazione delle piastrine e quindi contrasta la formazione degli ateromi, che sono la causa dell’arteriosclerosi. Di conseguenza il vino diviene anche un fattore di prevenzione dell’infarto.

Ma oltre a ciò il vino esplica molti altri effetti benefici sulla salute: se si dice ad esempio che “il vino fa buon sangue”, non si tratta solo di un’espressione popolare, ma coincide con il fatto che il vino contiene ferro tra i 5 e i 10 mg/l, e il ferro è un componente fondamentale dell’emoglobina che trasporta dai polmoni a tutti i tessu-ti del corpo l’ossigeno di cui abbiamo quotidianamente bisogno. Oltre al ferro, il vino possiede altri elementi mi-

Se assunto in modiche quantità (3-4 dl al giorno), il vino esercita molteplici effetti positivi sulla salute umana. Secondo Isidoro da Siviglia, Padre della Chiesa, il suo stesso nome deriverebbe dal latino “vis”, forza.

Che dire degli effetti sulla psiche? Lo stesso Giacomo Leopardi lodava la “vis ridens” dell’uomo, capace d’abbattere ostacoli grazie a una risata. Nella foto, Erick de Sousa versa il suo Champagne, vino della gioia per antonomasia.

L’abbinamento cibo-vino è una disciplina sofisticata,

a lungo vittima del soggettivismo e dell’improvvisa-

zione. Solo negli ultimi decenni la sommellerie ha

approntato un metodo tecnico-scientifico volto a qua-

lificare e quantificare le diverse sensazioni del cibo e

del vino, analizzate separatamente e comparate.

Il trait-d’union è duplice: l’abbinamento può essere

compiuto per concordanza o per contrapposizione,

come generalmente accade. Nel primo caso il cibo

e il vino hanno caratteristiche similari, che si raffor-

zano reciprocamente; nel secondo caso subentra un

contrasto, che si riequilibra mitigandosi.

I principi dell’armonia

102 MANUALE DEL SOMMELIER

Decidere se ciò che si è mangiato è piacevole e se le sensazioni provate for-meranno “il gusto” è cosa determinata da tre matrici: una biologica, collega-ta al bisogno fisiologico di liquidi e di nutrienti; una psicologica, determinata dalla soddisfazione di un bisogno, e l’ul-tima a carattere sociale e con valenze simboliche, associative ed evocatrici.

Il gusto del cibocome fatto biologico

Nella fisiologia del gusto, già lo ab-biamo accennato, un ruolo molto im-portante è svolto dalla saliva, che viene secreta in seguito alla stimolazione dei recettori tattili, dolorifici e gustativi della bocca, e per riflesso condizionato.

La saliva è di natura enzimatica e le sue quantità e composizione chimica sono variabili in base a differenze in-dividuali e alla natura dello stimolo. La composizione della saliva può essere influenzata anche dall’assunzione di

sostanze chimiche o medicinali, e per-tanto la percezione dei sapori può risul-tarne modificata.

Anche nel cibo, come per il vino, la combinazione di più sapori fa sì che la loro singola percezione venga a secon-da dei casi attenuata, mascherata o, all’opposto, esaltata.

Quando parliamo del sapore o dell’a-roma dei cibi, in realtà il più delle volte intendiamo non solo le reazioni delle nostre papille gustative, ma anche, o forse soprattutto, l’odore delle vivande. Questo è dimostrato dal fatto che il ci-bo non ha “sapore” quando abbiamo il raffreddore o quando blocchiamo di proposito la comunicazione fra la boc-ca e il naso. Dunque il compito di as-saporare il cibo è svolto in comune dal gusto e dall’olfatto, ed è quest’ultimo che ha la parte più importante.

Se la lingua è capace di distinguere ben pochi caratteri chimici, il naso sa riconoscere centinaia di sostanze diver-se, e con una sensibilità assai maggiore.

L’altra metà del quadro:il cibo e il suo sapore

Trota al riesling, cozze e canestrelli in attesa del giusto abbinamento. «Il vino è la parte spirituale del pasto: le pietanze non ne rappresentano che la materia», scrive Alexandre Dumas nel suo Grand dictionnaire de cuisine (1872).

«Il migliore pasto senza vino è un ballo senza orchestra... Non appena comincerà ad affluire nei bicchieri... la tavola offrirà presto lo spettacolo di una riunione di buoni fratelli e di autentici amici» (Grimod de La Reynière, 1803).

103I PRINCIPI DELL’ARMONIA

104 MANUALE DEL SOMMELIER

Abbiamo visto come, sia per il gusto, sia per l’olfatto, se i recettori vengono esposti continuamente a un certo sti-molo, la capacità di recezione diminui-sce: facciamo l’abitudine a quell’odore e alla fine non lo avvertiamo più.

L’esposizione a odori molto forti pro-voca un tipo di adattamento più imme-diato, ma reversibile, l’“affaticamento”, che può verificarsi nel giro di qualche minuto e richiedere ancora qualche minuto perché ne cessi l’effetto. Si può affermare con buona approssimazione che i nostri sensi sono fatti in modo da risultare più sensibili al cambiamento che alla continuità e alla monotonia. Ecco un argomento fisiologico a favore della varietà nei menu. Il nostro palato è più acuto e più attento alle sfumatu-re se viene sorpreso con qualcosa di nuovo ad ogni boccone. Il contrasto e la varietà sono dunque principi culinari confermati dalla neurofisiologia.

Da non sottovalutare è l’importanza della temperatura alla quale vengono serviti i cibi. Il gusto è infatti una que-stione di brevi contatti fra le molecole presenti nel cibo e le proteine delle membrane delle cellule sensoriali. Poi-ché è l’energia posseduta da queste molecole a determinare la probabilità e

la durata di questi contatti, è logico a-spettarsi che le basse temperature (che rallentano il movimento delle molecole) diminuiscano l’intensità delle sensazio-ni. Allo stesso modo, le alte temperatu-re renderanno difficile alle molecole dei recettori catturare le molecole del cibo (con l’aumentare della temperatura, au-menta l’energia cinetica delle molecole)

Lo chef José Ferrer annusa un tartufo nero, specialità del suo ristorante “La Meson del Pastor” a Morella: un ingrediente esigente, che richiede partner di rango.

105I PRINCIPI DELL’ARMONIA

e quindi, anche in questo caso, le sen-sazioni saranno fugaci.

Nell’apprezzamento dei cibi e delle bevande ha molta rilevanza anche la vista: quale primo approccio al mondo esterno essa precede la sperimentazio-ne olfattiva e gustativa. In passato, nel-la gastronomia opulenta e scenografica del Rinascimento, il senso della vista

era tenuto in grande considerazione: trionfali arrosti di animali cucinati inte-ri, spesso ripieni con animali più piccoli debitamente cucinati o, in alcuni casi, serviti vivi; torte e pasticci dalle dimen-sioni e dalle decorazioni sontuose. Si volevano stupire visivamente i com-mensali con il virtuosismo delle prepa-razioni e stimolare i loro sensi.

Abbinamento cibo -vino:i primi passi

Che cosa si intende per abbinamento cibo-vino?

Per abbinamento si intende l’unione dei cibi con i vini, sia in senso gene-rale, quando si tratta di individuare il vino in assoluto più indicato da bersi con una certa vivanda, sia nel caso concreto di una sequenza di portate per la quale si devono scegliere i vini più adatti al fine di ottenere un risultato armonico.

Il problema dell’abbinamento di cibi e vini ha ricevuto l’attenzione che me-rita soltanto in tempi recenti: la cura e la preoccupazione di armonizzare i vini che accompagnano una successione di vivande non ha avuto alcuna rilevanza fino alla seconda metà dell’Ottocento.

L’abbinamento cibo-vino è una disciplina rigorosa, ben oltre il classico dilemma: bianco o rosso? A lungo affidato all’improvvisazione e all’impressionismo, ha poi conosciuto in Italia importanti sviluppi nell’arco degli ultimi decenni.

106 MANUALE DEL SOMMELIER

Brillat-Savarin (1755-1826), il grande gastronomo, non dedicò a tale argo-mento la minima attenzione, mentre al-tri suoi colleghi a lui posteriori scrissero solo poche pagine, generalmente in co-da alle loro opere, proponendo vari vini ma senza nessuna indicazione sul me-todo seguito per individuare la migliore unione tra i due principali elementi del-la tavola: cibo e vino.

Ai giorni nostri: la ridefinizione del problema

È solo dalla seconda metà degli anni Sessanta del Novecento che questo te-ma viene tenuto nel debito conto.

In Italia il problema dell’abbinamento cibo-vino è stato studiato e approfondito soprattutto in seguito alla creazione del-la Denominazione di Origine dei vini e al crescente interesse del pubblico per

Fra i fondatori dell’approccio moderno, Luigi Veronelli, qui ritratto con l’Autore. Fu un pioniere dell’abbinamento per contrasto, base del metodo Mercadini.

Cena familiare a base di costolette di maiale. Con la carne, il rosso è d’obbligo? Molte abitudini inveterate sono rimesse in discussione dalle nuove teorie.

107I PRINCIPI DELL’ARMONIA

la buona tavola e per i vini di qualità. Il primo ad accorgersi della rilevanza del problema (e della soluzione ancora lontana dello stesso) fu Luigi Veronel-li, che già nel 1971, nel volume Il vino giusto, propose con parole poetiche al-cuni suggerimenti relativi a determinati abbinamenti, nonché alla temperatura di servizio e al tipo di bicchiere più a-datto in funzione di ciascun vino.

Quel suo approccio, che oggi in virtù dei successivi studi possiamo definire più amatoriale che tecnico, fu comun-que importante perché si fece interpre-te di una esigenza diffusa e inespressa.

Un contributo notevole è stato poi dato da alcuni professionisti ed esperti gastronomi (Franco Colombani, Pietro Mercadini, Nerio Raccagni, Pino Sola, Giuseppe Sicheri, Giancarlo Bossi) e da chi scrive, i quali si fecero promotori di una ricerca sistematica per elaborare un metodo il più possibile obiettivo.

A differenza dei colleghi francesi che si limitavano a adottare le tre regole classiche dell’abbinamento cibo-vino senza in realtà preoccuparsi del motivo per il quale, ad esempio, con il pesce fosse necessario servire un vino bian-co e con la carne un vino rosso, questo

ATTREZZATURAE TECNICHE

Gli organi di senso non sono gli unici strumenti

di cui possa avvalersi il sommelier. Oltre alla

degustazione, anche il servizio necessita di

abilità e attrezzature specifiche. Si articola in

diverse fasi di grande suggestione, durante le

quali il sommelier è chiamato a dare prova

di una manualità addestrata e di una sicura

capacità relazionale nei confronti dei propri

ospiti. La messa in tavola del vino sfuma in

una messa in scena ritualizzata, funzionale

a massimizzare il valore e la fruizione delle

singole bottiglie: ogni sforzo è teso a fare di

ciascuna di esse un evento unico e irripetibile.

Quante meraviglie nasconde il guéridon, il magico

carrello di servizio del sommelier: cavatappi pro-

fessionale a leva, termometro a lettura rapida, can-

deliere con candela, fiammiferi, caraffa e decanter

per la decantazione, cestello portabottiglie, piatti-

ni per il tappo e la capsula, frangini per la pulizia

delle bottiglie, pinza per i vini spumanti, bicchie-

re per l’assaggio... Fra i ferri del mestiere anche i

tappi salvavino, funzionali alla conservazione delle

bottiglie aperte, e i drop stop, per una mescita a

prova di goccia.

I ferri del mestiere

134 MANUALE DEL SOMMELIER

Il bicchiere, la chiaveper un incontro ravvicinato

La degustazione di un vino è un pia-cere che coinvolge tutti gli organi di senso. Questo coinvolgimento può es-sere assecondato con dei bicchieri a-datti.

Innanzitutto, il bicchiere deve essere di cristallo o di vetro non colorato né smerigliato, per permettere di ammira-re la limpidezza e il colore del vino. È comunque possibile qualche conces-sione alla decorazione, purché sobria.

Il bicchiere non serve dunque solo per bere, ma è un elemento di valoriz-zazione del vino come anche dell’ac-qua, dei distillati e degli spumanti. Il modo di esprimersi di un vino e di una bevanda in generale cambia molto a seconda del bicchiere in cui viene ver-sato. Per questo i produttori di bicchie-ri studiano forme e caratteristiche del materiale che si adattino alla perfezione ai diversi tipi di prodotto.

Visto che sulla lingua sono presen-ti quattro diverse aree percettive dei sapori (dolce sulla punta, acido nelle zone laterali e inferiori, amaro e astrin-gente sul retro, salato all’estremità), vi sono bicchieri che in funzione della tipologia di vino sono in grado di diri-gere il flusso verso aree della bocca da cui le caratteristiche del prodotto siano maggiormente percettibili. Vi sono poi bicchieri che sono pensati anche per valorizzare i particolari bouquet dei vi-ni, oltre che il loro gusto.

A ciascuno il suo,purché sia un calice a stelo

Riguardo alla forma è preferibile un calice incolore, sottile, senza molature o altri motivi ornamentali. La lunghezza del gambo deve variare a seconda del vino in modo da evitare il contatto con la mano, che potrebbe trasmettere il suo calore e il suo odore al vino. In ogni caso, vale una norma generale: il vino

Due protagonistiin scena

I bicchieri sono strumenti indispensabili per un rapporto personalizzato con il vino. Nella foto (e alle pagine 130-133) esempi dalla linea Premium della Bormioli Rocco.

136 MANUALE DEL SOMMELIER

viene apprezzato in prima istanza con l’olfatto, il bicchiere deve essere perciò riempito al massimo per due terzi e, nel caso di vini particolarmente importanti, anche per solo un quarto. Il vino può così sprigionare gradatamente il suo profumo, mentre si imprime al bicchie-re un movimento rotatorio che ossigena il liquido e permette di cogliere i profu-mi più delicati.

• Tendenzialmente e in linea gene-rale si può dire che i bianchi freschi e aromatici preferiscono un bicchiere a forma di tulipano e cioè bombato al centro e ristretto verso la sommità, per rilasciare immediatamente i profumi trattenuti all’interno.

Un bicchiere di dimensioni più gran-di e molto più aperto nella parte che andrà a contatto con la bocca è l’ideale

La serie Premium di Bormioli Rocco (designer Ugo Gonzaga) ideata con l’Autore.

Da sinistra:• per i grandi vini rossi un bicchiere ampio, panciuto, che faciliti l’ossigenazione, senza disperdere i profumi• i vini rossi ben strutturati, morbidi e di elevato contenuto alcolico, ricchi di profumi, richiedono un bicchiere ampio per favorire la percezione armonica delle loro sensazioni• per i vini bianchi ricchi di acidità e leggeri di corpo un bicchiere a tulipano, per favorire e allungare la percezione della freschezza• per i bianchi strutturati, maturati o affinati in barrique, un bicchiere più ampio favorirà l’ossigenazione; lo stesso può valere per i rossi • per i rossi di medio invecchiamento, un bicchiere ampio e tondeggiante, da roteare per esaltare le sfumature dei bouquet evoluti• gli spumanti secchi e gli Champagne brut vengono valorizzati dalla classica flûte, che agevola la formazione del perlage e ne consente la migliore visualizzazione.