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DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE, CATTEDRA DI “SCIENZA POLITICA”
AFGHANISTAN: L’INCONTRO FRA UN PAESE E LA DEMOCRAZIA
RELATORE CANDIDATO
Prof. Arlo Poletti Federico Pieri
Matr. 072992
ANNO ACCADEMICO 2015/2016
INDICE
1. Introduzione
2. Richiami storici
3. La Democrazia: definizioni
4. Gli standard democratici: il caso afghano
4.1. Il processo elettorale
4.2. Il pluralismo politico e la partecipazione politica
4.3. Il funzionamento del governo
4.4. La libertà di espressione e di credo
4.5. I diritti di associazione e di organizzazione
4.6. Il governo della legge
4.7. Diritti individuali e libertà personali
5. Un paese in transizione?
6. Sulla via delle riforme
7. Conclusioni
8. Bibliografia
Abstract (EN)
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1. INTRODUZIONE
L’Afghanistan è una zona dell’Asia che è sempre stata considerata strategica da
tutte le potenze confinanti ed è stata oggetto di molti studi di geopolitica.
Riprendendo gli studi che ho fatto durante il mio percorso alla LUISS Guido
Carli, ed in particolare nel corso in “Scienza Politica” tenuto dal Professor Arlo Poletti,
propongo in questa Tesi di Laurea Triennale un’analisi che tende a verificare se
effettivamente si possa considerare o meno la regione come avviata verso un processo
di transizione da paese non libero a paese verso la democrazia, utilizzando parametri
già definiti sia dalla letteratura che da organizzazioni indipendenti come Freedom
House.
La metodologia seguita per l’analisi si appoggia soprattutto a quella proposta dal
Professor Leonardo Morlino, LUISS, nel suo testo “Changes for Democracy. Actors,
Structures, Processes (Oxford: Oxford University Press, 2012)”.
Per permettere di comprendere meglio le caratteristiche sociologiche e politiche
dell’Afghanistan, la Tesi si apre con qualche accenno storico, che riprende molti dei
difficili momenti che la popolazione afghana ha dovuto vivere nell’ultimo secolo, a
partire dagli inizi del ‘900 fino ai nostri giorni. In particolare, l’attacco alle Torri
Gemelle negli Stati Uniti d’America ha portato all’operazione Enduring Freedom.
Le recenti elezioni che si sono svolte nel 2004 hanno portato, dopo tante
vicissitudini ed indagini anche da parte di attori internazionali, ad un Governo di Unità
Nazionale i cui rappresentanti sono i due ex principali candidati alla carica
presidenziale, il Dr. Abdullah Abdullah, oggi Chief Executive Officer, ed il Dr. Ashraf
Ghani Ahmadzai, oggi Presidente.
I capitoli successivi, dopo un chiarimento sulla definizione di democrazia nella
letteratura, analizzano dimensione per dimensione ciò che sta accadendo in Afghanistan
e propongono una classificazione del paese rispetto agli standard democratici definiti
da Freedom House.
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La mia ricerca è partita dalla lettura di documenti ufficiali prodotti dalla Central
Intelligence Agency americana, da ambasciate estere a Kabul e da numerosi Report
prodotti da organizzazioni internazionali come la World Bank, Human Rights Watch,
UNHCR, USAID, oltre che dal governo afghano stesso.
Il capitolo 5, che apre la parte conclusiva di questa Tesi, propone un commento
sui dati che ho raccolto per ogni singola dimensione, andando a verificare quali
potrebbero essere i trend per i prossimi anni e come si possa classificare il paese
rispetto alle definizioni di democrazia che si sono viste nei primi capitoli.
L’ultimo capitolo, il sesto, analizza i documenti pubblicati sia dal Governo
afghano, sia da altri attori internazionali, circa il processo di riforma che il paese sta
attraversando e dovrà attraversare in questi anni per completare la costruzione dello
Stato ed a proposito del processo di pace che è stato avviato con le forze estremiste
talebane. Background generale per le considerazioni che vengono fatte in questa Tesi
sono i documenti relativi alla Conferenza di Tokyo (2012), la Conferenza di Londra
(2014), ed il programma Self-reliance through mutual accountability framework
(2015).
La Tesi si conclude sottolineando:
(i) l’importanza che l’instabilità della regione assume - date le criticità interne al
sistema statale - nel quadro delle relazioni internazionali e della prevenzione del
terrorismo;
(ii) la necessità di una risposta quanto più rapida possibile da parte della comunità
internazionale che possa garantire, una volta per tutte, una transizione della regione
verso una forma di autogoverno che permetta il pieno godimento dei diritti e delle
libertà civili e personali;
(iii) l’esigenza di una pace duratura che garantisca l’autodeterminazione e la piena
realizzazione degli individui, seguendo lo spirito ed i principi della Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo (UDHR).
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2. RICHIAMI STORICI
L’Afghanistan è una zona dell’Asia che è sempre stata considerata strategica da
tutte le potenze confinanti. I Persiani, Alessandro Magno, la Russia e poi il Regno Unito
hanno tentato in tutti i modi di invadere la regione delle tribù dei Pashtun non solo per
poter avere il controllo del commercio fra Asia ed Europa dell’Est, ma anche per la
fondamentale posizione strategico-militare a tutela del confine fra i due continenti.
Dopo anni di occupazione inglese e russa, un primo passo verso l’indipendenza
dagli invasori si riesce a raggiungere nel 1919, quando con il Trattato di Rawalpindi a
seguito di una guerra contro l’India, l’Afghanistan riceve il permesso dal British Empire
di dichiarare la propria indipendenza. Il 13 Aprile 1919 l’Amir Amanullah Khan
dichiara l’Afghanistan uno Stato libero. Nello stesso anno, il popolo afghano intreccia
relazioni diplomatiche con il Governo Russo, che porteranno però ad una sanguinosa e
disastrosa guerra nel 1979, quando l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche
(URSS) tenterà di sostenere un esperimento comunista nella regione. Il conflitto avrà
fine solo nel 1989, quando le forze sovietiche saranno costrette a ritirarsi. Avrà allora
inizio una guerra civile.
Nel 1996, l’Afghanistan cade sotto il controllo dei Talebani che pongono, per il
momento, fine alla guerra civile, ma la regione sta per affrontare una guerra molto più
pesante. Nel 2001, l’attacco alle Torri Gemelle porta parte della comunità
internazionale, guidata dagli Stati Uniti d’America (USA) (che agiscono in base al
principio di legittima difesa), ad invadere con una forza anti-talebana il paese
(operazione “Enduring Freedom”). Il governo talebano è infatti, secondo gli americani,
colpevole di aver appoggiato, o quantomeno non ostacolato, il terrorista Osama Bin
Laden, principale sospettato per l’attacco dell’11 Settembre. Inizia così per
l’Afghanistan un nuovo periodo di occupazioni.
Americani, francesi, inglesi e forze militari sotto la bandiera dell’Organizzazione
delle Nazioni Unite (ONU) prendono il controllo della capitale e con la Conferenza di
Bonn (2001) inizia il tentativo di transizione del paese verso un regime democratico.
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Conseguentemente, nasce la Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan
(UNAMA). Nel 2004 si tengono le prime elezioni presidenziali e l’anno dopo quelle per
l’Assemblea Nazionale . 1
A partire dal 2014, l’Afghanistan è guidato da un Governo di Unità Nazionale al
cui vertice stanno i due ex principali candidati alla carica presidenziale, il Dr. Abdullah
Abdullah ed il Dr. Ashraf Ghani Ahmadzai. Il Governo, però, è sotto il controllo delle
forze americane a causa delle continue accuse di frode presentate nelle campagne
elettorali portate avanti dai due candidati. Al primo turno il Dr. Abdullah aveva raccolto
il 45,0% dei consensi ed il Dr. Ghani il 31,6%. Al secondo turno, il Dr. Ghani era
passato in vantaggio ottenendo il 55.27% dei voti. All’altro candidato rimaneva il
44.73%. Alla fine il Comitato Elettorale Indipendente ha nominato il Dr. Ghani 2
Presidente ed il Dr. Abdullah Chief Executive Officer.
La principale sfida per il governo è ora quella di restringere, assieme alle forze
NATO ed alleate, il bacino d’influenza dei Talebani, fortemente convinti di essere il
governo legittimo del paese. L’Afghanistan rimane un paese che deve conoscere l’unità
nazionale: ci riuscirà? Questo è l’impegno delle Nazioni Unite, come dimostrano le
tante risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU (UNSC) su questa questione, fra cui
l’ultima del Marzo 2015 (S/RES/2210 - 2015). Il recente rapporto del Segretario
Generale delle Nazioni Unite (UNSG), datato 7 Marzo 2016 (A/70/775 S/2016/218),
che risponde alla richiesta del UNSC di ricevere un rapporto ogni tre mesi
sull’andamento dell’UNAMA, sottolinea come le forze talebane stiano prendendo
sempre più il controllo della città di Kurduz, mettendo a serio rischio la sicurezza e la
stabilità del paese.
Accanto alle questioni di politica interna, va tenuta in conto anche la difficile
relazione che l’Afghanistan sta vivendo con il vicino Pakistan per questioni relative ai
L’Assemblea Nazionale, identificabile con il nostro Parlamento, è composto da una Camera dei Rappresentanti (House 1
of People) e la Camera degli Anziani (House of Elders). I dati sono quelli pubblicati dalla Commissione Elettorale Indipendente, reperibili a questo link: http://www.iec.org.af/2
results/pdf/FinalRunOff/en/VotesByCandidateSummary.pdf. Nei documenti ufficiali inoltre non vengono mai contati nelle percentuali i voti astenuti o nulli. Ad ogni modo, i voti che sono stati dichiarati invalidi dalla Commissione Elettorale Indipendente durante le elezioni presidenziali sono stati 233219. I dati sono reperibili sul sito della Commissione o direttamente al seguente link: http://www.iec.org.af/results/pdf/presidential_final_disqualified_votes_by_IEC_en.pdf.
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confini e che spesso vedono ancora una volta il coinvolgimento degli Stati Uniti come
negoziatore degli accordi fra i due Stati. 3
In tutto questo, relativamente al nostro oggetto di studio, è fondamentale
sottolineare il processo di democratizzazione che sta avvenendo nel paese, sopratutto a
livello di elezioni e di rappresentanza. Il 6 Settembre 2015, infatti, il Presidente Ghani
ha approvato la legge elettorale e la legge che garantirà la struttura e l’organizzazione
interna della Commissione Elettorale Indipendente e della Commissione Elettorale
Indipendente per i reclami. Certamente questo è un passo in avanti nel lungo processo
che l’Afghanistan sta vivendo verso la democratizzazione.
Il 21 Maggio 2016, il leader delle forze talebane, Mullah Akhtar Muhammad
Mansour, è stato ucciso in Belucistan - una regione a sud-ovest del Pakistan che è
diventata di fatto il quartier generale dei talebani - da un drone delle forze americane. Il
25 Maggio ne ha preso il posto il nuovo leader Mawlawi Haibatullah Akhundzada.
Poiché vi è il sospetto che i talebani siano sostenuti in parte dai servizi segreti pakistani,
l’attacco voluto dagli USA potrebbe essere una mossa strategica per sfidare il Governo
pakistano che da tempo, così come i talebani, ha messo a dura prova la pazienza del
Governo afghano durante le trattative di pace, con invasione di confini e, appunto, poca
trasparenza nella gestione dei rapporti con forze estremiste anti-governative.
I prossimi mesi potrebbero essere segnati da ulteriori tensioni o da un cambio di
marcia da parte del Governo pakistano, che potrebbe decidere finalmente di collaborare
di fronte alla possibilità che il Governo statunitense continui a programmare attacchi
con droni sul suo territorio nazionale.
3. LA DEMOCRAZIA: DEFINIZIONI
A proposito delle relazioni fra Afghanistan e Pakistan, è interessante la lettura del discorso tenuto dall’Ambasciatore 3
Permanente dell’Afghanistan alle Nazioni Unite, H.E. Mahmoud Saikal, il 15 Marzo 2016 durante un dibattito del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. È possibile trovarne la trascrizione a questo link: http://afghanistan-un.org/2016/03/security-council-debate-on-the-situation-in-afghanistan-12/.
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Partendo da quanto conosciamo, è il momento di analizzare meglio la base teorica
a cui facciamo riferimento per analizzare il caso afghano.
Che cosa si intende per Democrazia? Nella cultura europea il concetto di
democrazia è nato molto presto, e l’idea viene spesso associata, nelle nostri menti, al
periodo in cui Platone valutava, nella sua opera “La Repubblica”, quale fosse il miglior
sistema di governo possibile. La repubblica platonica non è esattamente una
democrazia, ma il periodo della filosofia e della poleis, della “città-comunità senza
Stato” , è sicuramente la culla del concetto che poi ha portato nei secoli alla nascita 4
delle moderne democrazie rappresentative.
Erodoto parlava di potere (kratos) del popolo (demos): questa è la prima vera
definizione di democrazia nella storia, che rimane il tratto essenziale di questa forma di
governo. Per i miei scopi, preferisco partire dalla definizione minima moderna di
democrazia. Qui ne propongo due formulazioni. La prima è quella di Joseph Alois
Schumpeter , il quale ritiene che il metodo democratico sia “lo strumento istituzionale 5
per giungere a decisioni politiche, in base al quale singoli individui ottengono il potere
di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare”. Di qui il
modello di democrazia cosiddetta competitiva. Un’altra definizione che ritengo utile
presentare è invece quella del politologo italiano Giovanni Sartori, il quale propone una
definizione di democrazia come "sistema etico-politico nel quale l'influenza della
maggioranza è affidata al potere di minoranze concorrenti che l'assicurano attraverso il
meccanismo elettorale.” In altri termini, sono le minoranze in competizione che 6
formano la maggioranza che gestisce il potere e la sopravvivenza di questo sistema si
basa sul sistema elettorale. In questo caso si parla quindi di democrazia procedurale . 7
Il Prof. Leonardo Morlino suggerisce in un suo saggio del 2003 una definizione 8
minima ancora più specifica. Democrazia è il regime che presenta almeno quattro
elementi fondamentali:
Giovanni Sartori, La democrazia in trenta lezioni (Milano: Mondadori, 2008) pp. 37-40.4
Joseph Alois Schumpeter, Capitalism, socialism and democracy (London 1954).5
Giovanni Sartori, Democrazia e definizioni (Bologna: il Mulino, 1969) p. 105.6
Leonardo Morlino, “Regimi Politici”, Enciclopedia delle scienze sociali Treccani (1997).7
Leonardo Morlino, Democrazie e democratizzazioni (Bologna: il Mulino, 2003).8
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“(a) suffragio universale, maschile e femminile;
(b) elezioni libere, competitive, ricorrenti, corrette;
(c) più di un partito;
(d) diverse e alternative fonti di informazione.”
Nella letteratura, il periodo durante il quale un paese sta vivendo un mutamento di
regime viene definito transizione. Questo termine può ovviamente indicare sia una
transizione verso un regime democratico, sia verso un autoritarismo o peggio, verso una
situazione di stato fallito. Nel nostro caso, ci occuperemo di studiare la prima
possibilità: come si verifica cioè una transizione verso un regime democratico e verso
l’instaurazione della democrazia.
Uno dei più importanti studiosi in questa materia è senza dubbio il politologo
statunitense Robert Alan Dahl, che nel 1971 ha proposto la cosiddetta “scatola di 9
Dahl”, uno strumento molto importante per gli studiosi di Scienza Politica perché
presenta tre percorsi possibili di transizione verso la democrazia. Prima di vederli nel
dettaglio, è importante ricordare che le variabili principali prese in considerazione sono
la competizione elettorale, cioè il livello di pluralismo politico, e l’inclusività, cioè la
misura in cui la popolazione è coinvolta nel processo elettorale e nella definizione della
politica nazionale.
Oligarchie competitive
Poliarchie
Competizione/opposizione
Egemonie chiuse Egemonie inclusive
Partecipazione
Figura 3.1. — “Scatola di Dahl”: come si instaurano le democrazie (Dahl, 1971)
!
!
!!
Robert Alan Dahl, Polyarchy: Participation and Opposition (Yale University Press, 1971).9
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I tre modelli sono i seguenti:
(i) la competizione elettorale e politica precede l’inclusività: un’egemonia chiusa
cede il passo ad un’oligarchia competitiva e poi alla democrazia di massa
(poliarchia);
(ii) l’inclusività precede la competizione: un’egemonia chiusa evolve verso
un’egemonia caratterizzata da un’ampia partecipazione e successivamente, verso
una democrazia di massa;
(iii) le possibilità di dissenso e d’inclusività si sviluppano alla stessa velocità in
quella che è conosciuta come “la scorciatoia” per la democrazia.
Ovviamente, rispetto a questo modello andrebbe preso in considerazione anche il
meccanismo con cui si formano le istituzioni ed il modo in cui viene ripartito il potere
all’interno del nuovo sistema di governo. La scatola di Dahl rimane comunque un
modello efficace che ci può aiutare a comprendere più chiaramente le variabili più
importanti nell’instaurazione di una democrazia: la competizione/opposizione politica e
la partecipazione di massa.
Definiti i processi, bisogna quindi cercare di dare una definizione di transizione.
Qui ripropongo quello offerta da Morlino: il periodo di transizione si può definire come
“quel periodo intermedio e ambiguo in cui un regime ha abbandonato alcune
caratteristiche fondamentali del quadro istituzionale precedente, senza aver acquisito
tutte le caratteristiche del nuovo regime che verrà instaurato” . 10
Come e quando finisce questo periodo di transizione, però, è l’aspetto più difficile
da definire teoricamente. Si è spesso utilizzato il termine regime ibrido per definire il
periodo successivo ad una transizione ma prima di una completa definizione del nuovo
status di regime.
Possiamo considerare, così come nella letteratura, il processo di transizione come
concluso quando è avviato il processo democratico e solamente una di tutte le variabili
presenti nella definizione minima manca nel quadro generale. A livello più pratico, si
Leonardo Morlino, Changes for Democracy. Actors, Structures, Processes (Oxford: Oxford University Press, 2012).10
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potrebbe prendere come punto di riferimento la piena realizzazione dello status di
democrazia elettorale, definito come concetto dal sociologo Larry Diamon ed utilizzato
anche da Freedom House nell’elaborazione dei suoi studi . Facendo riferimento infatti 11
a “sistemi costituzionali in cui l’Assemblea Nazionale e l’esecutivo sono il risultato di
elezioni regolari, competitive, con più partiti e con suffragio universale” , non si può 12
ancora parlare di democrazie liberali minime - in quanto potrebbero mancare altre
libertà o diritti -, ma nemmeno più di regimi in transizione - dove invece neanche le
elezioni sono garantite -.
Considerando che il confine fra regime in transizione e regime ibrido è molto
labile, è sicuramente necessario valutare caso per caso. Per stabilire a quale categoria
l’Afghanistan appartiene, è necessario studiare la continuità o discontinuità di attori,
norme ed istituzioni del precedente regime rispetto a quello attuale; il grado di
partecipazione politica; il livello di violenza e la durata del conflitto.
Il capitolo che segue si pone questo obiettivo.
4. GLI STANDARD DEMOCRATICI ED IL CASO AFGHANO
L’Afghanistan è formalmente riconosciuto come repubblica islamica in quanto il
sistema giuridico si fonda sulla legge islamica: questo è stabilito sia dal preambolo che
dai primi articoli della Carta costituzionale. Chiarito questo aspetto, bisogna valutare il
sistema politico-istituzionale del paese secondo i criteri introdotti nel paragrafo
precedente. A questo scopo, è utile esaminare i Report prodotti da Freedom House,
un’organizzazione americana indipendente che analizza e produce rapporti sul livello di
democrazia nel mondo.
Freedom House, nell’elaborazione dei suoi dati, classifica i regimi come democrazie elettorali (vedi definizione 11
precedente) solo nel caso in cui il paese stesso ottenga ≥ 7 punti su 12 nella variabile “Processo Elettorale”. Come si vedrà in seguito, più precisamente nel paragrafo 4.1., l’Afghanistan ha ottenuto, nel 2015, solamente 3 punti su 12.
Larry Diamond, Developing Democracy: Toward Consolidation (The Johns Hopkins University Press, 1999).12
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Se analizziamo le variabili utilizzate da Freedom House nella valutazione delle
singole democrazie, notiamo che esse si possono considerare come uno sviluppo di
quelle proposte dal Prof. Morlino. Infatti, questa organizzazione prende in
considerazione i seguenti aspetti:
(i) il processo elettorale;
(ii) il pluralismo politico e la partecipazione politica;
(iii) il funzionamento del governo.
Inoltre, vengono prese in considerazione le libertà civili, raggruppate in quattro
sottocategorie:
(i) la libertà di espressione e di credo;
(ii) i diritti di associazione ed organizzazione;
(iii) il governo della legge;
(iv) i diritti individuali e le libertà personali.
Nel suo ultimo report sul paese, Freedom House ha dichiarato l’Afghanistan come
“Non Libero”, il che significa che non rientra nemmeno nella categoria prevista di Stati
in via di transizione verso la democrazia, essendo la scala composta da soli tre giudizi:
Libero, Parzialmente Libero e Non Libero. La scala, spiega la metodologia utilizzata per
produrre questa classificazione, si basa essenzialmente su di una media delle libertà
civili e dei diritti politici all’interno della regione.
Per l’analisi che segue, ho scelto di utilizzare questa metodologia che riprende lo
schema del Prof. Morlino ma ne dà una versione più operativa per chi, come nel nostro
caso, vuole analizzare le singole dimensioni per poi poter valutare, in generale, la
situazione del paese rispetto agli standard democratici.
4.1. IL PROCESSO ELETTORALE
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In Afghanistan, più che in altri paesi, sono tante le variabili che influenzano il
complesso meccanismo elettorale. Il contesto storico-culturale della regione rende
difficile comprendere e visualizzare tutto il quadro delle relazioni e dei processi che
determinano il funzionamento delle elezioni. In questo capitolo ho scelto di inserire i
punti di vista di diversi attori che hanno vissuto il periodo delle elezioni politiche e
provinciali. Con questo approccio spero di poter dare tutti gli strumenti per analizzare,
autonomamente, la situazione del paese.
Prima di tutto, analizzando i Report relativi alle ultime elezioni, è possibile
constatare quanto sia ancora difficile per il Governo e per le forze di polizia garantire la
sicurezza in queste occasioni.
Nel suo rapporto datato Febbraio 2014, l’UNAMA specificava che è stato
possibile constatare 25 attacchi contro i dipendenti pubblici che lavoravano per le
elezioni politiche e per i seggi elettorali. Questi attacchi sono stati compiuti ovviamente
da forze anti-governative e hanno provocato 16 vittime (4 civili morti e 12 feriti)
durante il 2013. Fra i morti compare anche il nome del capo dell’IEC, la Commissione
Elettorale Indipendente dell’Afghanistan, rimasto vittima di un attacco compiuto da
forze talebane nella città di Kurduz il 18 Settembre dello stesso anno. Fra il 1° Gennaio
ed il 30 Giugno 2014, sempre l’UNAMA dichiarava in un secondo rapporto come
ufficialmente verificate ben 674 vittime civili, proprio nel periodo delle elezioni
presidenziali e provinciali. Obiettivi degli attacchi erano i convogli della Commissione
Elettorale Indipendente, i seggi elettorali ed anche gli stessi candidati ed i loro
sostenitori. Nel solo giorno delle elezioni, il 14 Giugno, il 38% delle vittime civili sono
stati bambini, uccisi da missili o colpi di mortaio che hanno centrato o i seggi elettorali
o le case all’interno delle zone adiacenti. Sempre nello stesso giorno, 11 membri dello
staff della Commissione sono morti a causa di ordigni esplosivi. Non a caso, l’11
Marzo, i talebani avevano rilasciato un comunicato richiedendo che fossero usate “tutte
le forze” perché il voto fosse danneggiato, considerando come “obiettivi tutti i
lavoratori, gli attivisti, i visitatori, l’apparato di sicurezza e gli uffici [del governo]”. 13
Human Rights Watch, “Election Violence and Attacks on Civilians”, World Report 2015: Afghanistan, https://13
www.hrw.org/world-report/2015/country-chapters/afghanistan.
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Risulta quindi chiaro che le elezioni in Afghanistan non possono essere
considerate né libere né competitive, essendo il processo altamente alterato dai
persistenti attacchi terroristici compiuti dalle forze talebane e da altre forze anti-
governative indipendenti.
La stessa scelta del Presidente è stata poi dettata da ragioni di diplomazia
internazionale. Infatti, quando il Dr. Ghani è stato dichiarato dalla Commissione
vincitore della competizione elettorale con un vantaggio di oltre 10 punti percentuali
rispetto al Dr. Abdullah, quest’ultimo ha creato una crisi politica, denunciando di essere
di fronte ad una frode elettorale e portando così gli USA ad un intervento diretto per le
negoziazioni con entrambe le parti politiche. Grazie anche ad un intervento del
Presidente uscente Kazai, in Settembre entrambi i candidati hanno approvato un accordo
che consegnava la Presidenza a Ghani e nominava Abdullah chief executive, una
posizione ibrida di governo, vicina comunque alla nostra di primo ministro.
Per quanto riguarda invece le elezioni provinciali, anche in questo caso la
Commissione ha scoperto irregolarità nel voto. Dalle elezioni di Aprile, solo in Ottobre
sono stati comunicati i vincitori della competizione. 747 mila voti su 6 milioni sono stati
dichiarati invalidi e ben 47 candidati sono stati poi ripescati.
La registrazione dei voti è risultata quindi alterata e non affidabile, essendo stati
documentati addirittura casi di mutilazione delle mani di alcuni votanti da parte di forze
anti-governative come punizione per aver partecipato alle elezioni. Le intimidazioni e le
minacce a cui ogni giorno i candidati ed il corpo elettorale devono far fronte rendono
ovviamente difficile la libertà del voto, così come la sua segretezza. Accade infatti
spesso che i cittadini ricevano pressioni o intimidazioni perché il loro voto si sposti su
uno o più candidati sostenuti da lobby o funzionari pubblici corrotti che vogliono
mantenere il potere.
Un altro aspetto fondamentale è la difficoltà del governo afghano nel garantire la
sicurezza in tutto il territorio nazionale. Le forze armate e la polizia, infatti, non sono in
grado di garantire l’ordine nelle zone rurali e distanti dalle città, dove invece vige
spesso la legge della sharia, imposta a tutti gli abitanti secondo un approccio
tradizionale di autogoverno per tribù. In aggiunta, negli stessi centri urbani, i cittadini si
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affidano spesso ad un consiglio degli anziani piuttosto che alla polizia, essendo la
fiducia verso le autorità molto bassa.
Nonostante le gravi difficoltà, la Commissione Elettorale Indipendente, grazie
anche al supporto da parte di organizzazioni internazionali, di nazioni e di
organizzazioni civili, è faticosamente in grado di gestire il processo elettorale.
Riassumendo quanto detto finora rispetto a questo punto, risulta chiaro che il
Paese deve conoscere ancora una piena stabilità nel processo elettorale. Un recentissimo
richiamo è arrivato anche dal Consiglio dell’Unione Europea proprio su questo punto, in
vista della conferenza che si terrà a Bruxelles a Ottobre 2016 per verificare appunto la
strategia congiunta fra il paese e l’Unione, uno dei principali finanziatori nel processo di
sviluppo della regione e che spende oltre 200 milioni di euro all’anno (fino al 2020)
tramite il suo Servizio di Azione Esterna (EEAS), EUROPOL e EUAID . 14
Su questo punto, Freedom House, nel suo Report, ha concesso un punteggio pari a
3/12, dove 1 corrisponde al peggiore risultato. Come già abbiamo visto nel capitolo 3.
La Democrazia: definizioni, il punteggio ottenuto non permette all’Afghanistan di
essere considerato una democrazia elettorale, proprio perché il sistema statale non
garantisce ancora lo svolgimento di elezioni libere, corrette e competitive. Il 18 Gennaio
2016, la Commissione Elettorale Indipendente afghana ha annunciato che le prossime
elezioni si terranno il 15 Ottobre 2016, nonostante le opposizioni politiche e gli
osservatori internazionali dichiarino, quasi in modo unanime, illegittimo il
provvedimento, dato che manca ancora una necessaria riforma della Commissione e del
processo elettorale. Vedremo se nei prossimi mesi il Governo afghano, assieme
all’Assemblea Nazionale, sarà in grado di mettere in campo quelle riforme di cui
necessita il paese.
Council of the European Union, Outcome of the Council Meeting: 3462nd Council meeting (Maggio 2016), reference 14
number: 8736/16.
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4.2. IL PLURALISMO POLITICO E LA PARTECIPAZIONE POLITICA
Per valutare meglio la realtà afghana circa questo punto, è necessario
comprendere bene il clima sociale che esiste in Afghanistan. Il contesto culturale infatti
è completamente diverso da una qualsiasi realtà europea, e la sempre presente divisione
interna in tribù non riesce a creare quel collante che i paesi europei, ed in generale
occidentali, possono sperimentare nella loro convivenza civile.
Come si è già detto nel punto precedente, l’instabilità non garantisce a tutti i
candidati alle elezioni ed ai politici di condurre una serena attività di partecipazione
elettorale. Specialmente nelle zone rurali, vige ancora una forte pressione da parte di
gruppi di matrice religiosa, tribale, talebana ed etnica.
Ad ogni modo, dal Dicembre 2012 sono stati riconosciuti ufficialmente ben 84
partiti politici sul territorio nazionale da parte del Ministero della Giustizia, anche se
solamente 11 (Pashtun 39%, Hazara 24%, Tajik 21%, Uzbek 6%, altri 10%) di questi
hanno ottenuto percentuali tali da guadagnare un seggio nelle ultime elezioni.
Importante è sottolineare che il fattore chiave rimane quello dell’etnia. Un altro 15
elemento positivo da sottolineare, anche dal punto di vista dei diritti umani, è la
presenza di ben 69 donne all’interno della Assemblea Nazionale.
La presenza sul territorio nazionale di forze non governative come quelle NATO
favorisce un clima di tensione, nonostante esse siano assolutamente necessarie per
l’ordine pubblico e per garantire al governo una piena stabilità nella sua azione. In
Ottobre, il Presidente Ghani ha firmato il patto bilaterale sulla sicurezza con gli Stati
Uniti, chiamato “BSA”, per ridefinire gli obiettivi strategici della presenza militare
post-2014 delle forze NATO nel paese. Nonostante la collaborazione fra Governo e
forze internazionali, secondo WikiLeaks, a partire dal 2013 la Agenzia di Sicurezza
Nazionale americana (NSA) avrebbe registrato praticamente tutte le conversazioni
United States of America Central Intelligence Agency (CIA), “South Asia: Afghanistan”, The World Factbook, https://15
www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/print_af.html.
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telefoniche del paese, incluse quelle dei giornalisti, violando così in modo evidente la
sovranità dello Stato e limitando, nella pratica, le libertà dei cittadini. 16
Recenti risultati però, come riconosce anche il Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite nella risoluzione S/RES/2274 (2016), sono stati raggiunti dal governo
afghano nel mantenimento della sicurezza all’interno dei confini nazionali grazie al
Quadrilateral Coordination Group , il quale ha permesso che partissero le trattative 17
con i gruppi estremisti talebani. Buoni propositi sono contenuti nel programma
“Realising Self-Reliance: Commitments to Reforms and Renewed Partnerships” , che 18
presenta importanti progetti di riforma circa la sicurezza, la governance, la giustizia e lo
sviluppo economico e sociale del paese.
Freedom House, nel suo Report, ha concesso su questa dimensione un punteggio
pari a 6/16 - dove 1 corrisponde al peggiore risultato -, premiando così gli sforzi
compiuti per il mantenimento della sicurezza, rimanendo comunque centrale il
problema della garanzia dei diritti politici e della inclusività all’interno del processo
decisionale. La forte presenza di truppe militari non-governative rimane una condizione
essenziale, al momento, per il mantenimento della sicurezza in alcune parti del paese. Il
continuo rinvio delle elezioni non permette poi una necessaria trasparenza nell’azione di
governo, in quanto lascia fuori minoranze e forze politiche che invece dovrebbero poter
essere rappresentate all’interno della Assemblea Nazionale. Il trend, seppur negativo,
potrà certo migliorare quando il Governo afghano riuscirà a mettere in campo un
efficace piano di riforme.
4.3. IL FUNZIONAMENTO DEL GOVERNO
WikiLeaks, WikiLeaks statement on the mass recording of Afghan telephone calls by the NSA (May 2014), https://16
wikileaks.org/WikiLeaks-statement-on-the-mass.html. Gruppo di cooperazione creato nel Gennaio 2016 e composto da rappresentanti di Afghanistan, Cina, Pakistan e Stati 17
Uniti d’America per il mantenimento della pace all’interno del paese, che ha recentemente seguito soprattutto le trattative fra il governo afghano ed i gruppi terroristici talebani nella definizione di accordi per la cessazione degli attacchi contro civili.
Vedi capitolo “Sulla via delle riforme”.18
! di !17 47
Il Governo afghano, nonostante le forti pressioni ricevute dalle organizzazioni
internazionali e dalle forze militari in assistenza sul territorio, continua ad avere grossi
problemi nell’approvare riforme che permettano una maggiore trasparenza ed una
significativa riduzione della corruzione all’interno del settore pubblico.
Il processo di riforma in atto è comunque sostenuto dalle Nazioni Unite, come
richiesto l’8 Febbraio 2015 da parte del Governo afghano. Cinque ministeri con
portafoglio (finanza; miniere e petrolio; commercio ed industrie; trasporti e aviazione
civile; tecnologie della comunicazione e dell’informazione) hanno presentato
programmi contro la corruzione.
Da parte dell’Istituto per il Servizio Civile (CSI) sono stati attivati per tutto il
2015 dei seminari di management, di informatica, di lingua, di risorse umane e di
amministrazione/finanza tesi a migliorare la qualità del servizio offerto al pubblico. In
totale, sono stati formati 4023 funzionari pubblici di cui 1118 donne. 702 dirigenti
pubblici e funzionari di medio-alto livello hanno invece potuto seguire corsi di
formazione su governance locale e management pubblico in India, Malasya, Repubblica
della Corea, Singapore e Tailandia.
Il potere dell’Assemblea Nazionale è poi molto limitato, anche se è possibile
appellarsi ad una Corte Costituzionale, Loya Jirga, per questioni relative
all’indipendenza, alla sovranità nazionale ed all’integrità del territorio nazionale.
Nonostante tutto però, essa riesce ad avere un effettivo potere nel processo legislativo. È
stato proprio a causa di un voto sfavorevole di Dicembre 2015 della Camera dei
Rappresentanti che il progetto di riforma del sistema elettorale, voluto dalla
Commissione Elettorale Indipendente e dal Presidente Ghani, è sfumato. Un passo
avanti è stata la riforma approvata il 6 Settembre 2015 da parte dell’Assemblea
Nazionale per riservare il 25% dei seggi nelle provincie e nei distretti a rappresentanti
donne, come richiesto dalla Commissione.
Non essendo ancora definita né una nuova legge elettorale né una data precisa per
le prossime elezioni, l’8 Gennaio 2016 il Presidente Ghani ha esteso il termine di
mandato dei 34 senatori della Camera degli Anziani di nomina presidenziale. Il 18
Gennaio 2016, il bilancio per il 2016 è stato approvato nonostante ci siano state critiche
! di !18 47
verso il Governo per i pochi progetti di sviluppo, uno squilibrio nella distribuzione dei
finanziamenti alle province e l’assenza di un budget riservato alle nuove elezioni.
In più, le minacce ai funzionari del governo rendono difficile avere una
amministrazione completamente funzionante. Il rapporto del Dipartimento australiano
per gli Affari Esteri ed il Commercio sull’Afghanistan pubblicato nel Marzo 2014
spiegava come “benché l’etnia o la religione siano qualche volta un fattore chiave, gli
obiettivi primari dei talebani sono il Governo ed i suoi partner internazionali”. 19
Rispetto alla gestione del bilancio pubblico, il 5 Ottobre 2015 è stata approvata la
legge sul bilancio delle provincie, dando finalmente chiare linee guida sulla trasparenza,
prevedibilità ed equità dei bilanci pubblici a livello provinciale e permettendo al
Governo di fare previsioni più corrette rispetto alle spese nazionali.
Il 17 Dicembre, la Conferenza Ministeriale della World Trade Organization ha
approvato l’accesso dell’Afghanistan, soggetta a ratifica, per il 30 Giugno 2016, dando
così un nuovo input all’economia del paese, purtroppo sotto stress da parecchi anni e
con un tasso di crescita molto basso. Basti ricordare che il tasso di povertà fra il 2013 ed
il 2014 ha raggiunto la quota 39.1%: 4 persone su 10 sono povere, in Afghanistan.
Freedom House, nel suo Report, ha concesso su questa dimensione un punteggio
pari a 2/12 - dove 1 corrisponde al peggiore risultato -, anche per il fatto che
l’Afghanistan risulta essere 172esimo su 175 paesi nell’indice sulla percezione della
corruzione prodotto nel 2014 da Transparency International. La difficoltà dell’esecutivo
di essere efficace nella sua azione di governo, la corruzione ed un sistema istituzionale
da riformare sono i maggiori problemi relativi al funzionamento del governo. Si spera
che nei prossimi mesi ed anni si possa mettere in campo un processo di riforma che,
assieme alle trattative di pace, porti l’Afghanistan alla tanto desiderata stabilità.
4.4. LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E DI CREDO
Australian Government; Department of Foreign Affairs and Trade DFAT Country Report: Afghanistan (Marzo 2014).19
! di !19 47
Si tratta di uno dei punti più difficili da trattare, essendo l’Afghanistan, come ho
detto, un paese con forti correnti estremiste che impediscono spesso un confronto ed un
dibattito democratico trasparente ed aperto. Ad ogni modo, risulta più semplice dividere
l’analisi di questa dimensione in due punti: la libertà di espressione e la libertà di credo.
A proposito della prima, è importante sottolineare la difficile condizione in cui
vivono i giornalisti all’interno del paese: arresti, minacce ed intimidazioni sono
all’ordine del giorno ed è diventato quasi normale vivere in questa continua situazione
di tensioni. Come già puntualizzato in tanti dei suoi Report, Human Rights Watch ha
potuto verificare come il paese ancora non riesca a comprendere la figura del giornalista
e dei media nella definizione delle politiche e nel processo di accountability necessario
nelle democrazie moderne. Solo nel 2014, 5 giornalisti afghani e 2 corrispondenti esteri
hanno perso la vita durante un attacco terroristico. Secondo l’ultimo rapporto di
Amnesty International sul paese, la Nai, un’organizzazione indipendente giornalistica
con base in Afghanistan, avrebbe certificato che ben 73 attacchi a giornalisti e personale
tecnico sarebbero stati commessi, nella maggioranza dei casi, da funzionari del governo
e rappresentanti delle istituzioni - inclusi apparati di sicurezza e polizia. Il Governo, in
questi casi, non sarebbe riuscito a fare sufficienti indagini.
Risulta quindi complesso ottenere un’informazione priva di filtri, anche se
l’attuale Governo sta tentando assieme ad USAID di intensificare gli sforzi per
assicurare una stampa indipendente. Secondo un sondaggio portato avanti da The Asia
Foundation nel 2014, la popolazione afghana avrebbe una grande fiducia nei media. Per
questo e per altri motivi, nello stesso anno USAID ha permesso la creazione del
network nazionale Salam Watandar, composto da 66 stazioni radio indipendenti che
raggiungono un pubblico totale di circa 14 milioni di persone.
L’importanza di questo tipo di iniziative è data anche dal fatto che esiste un
altissimo livello di analfabetismo: conseguentemente la maggior parte delle persone non
legge i giornali e preferisce la televisione o la radio come mezzo d’informazione. L’81%
della diffusione di notizie avviene infatti via radio . 20
US State Department, Country Reports on Human Rights for 2013; Afghanistan (Febbraio 2014), 20
http://www.state.gov/j/drl/rls/hrrpt/2013humanrightsreport/index.htm?year=2013&dlid=220386#wrapper.
! di !20 47
Per avere un quadro più generale rispetto alla diffusione sul territorio delle notizie,
va tenuto presente che nel paese esistono circa 48 stazioni radio private, 16 stazioni
televisive e circa una dozzina di altri canali internazionali. Solo 1.9 milioni di persone
hanno invece accesso ad internet, ossia il 5.9% della popolazione totale.
La diffusione delle notizie è comunque posta sotto un controllo specifico del
Ministero dell’Informazione e della Cultura. Mentre il ministro è responsabile
legalmente per il regolamento dei media, l’Ulama Council esercita una influenza 21
considerevole indipendentemente dalle leggi ufficiali, andando quindi a porre un filtro
religioso che rende ancora più difficile la libertà di espressione. In più, la stessa
Commissione Elettorale Indipendente, di cui abbiamo già parlato in precedenza, ha
previsto una Commissione per i Media per regolare l’informazione durante il periodo
delle elezioni, eliminando così qualsiasi notizia contenente sondaggi o commenti su
qualunque candidato.
A livello formale, l’Articolo 34 della costituzione garantisce comunque la libertà
di stampa e di espressione e la legge detta “Mass Media” del 2009 concede a tutti i
cittadini il diritto di ottenere informazioni, proibendo la censura. Ovviamente, come si è
detto, esistono restrizioni per ciò che potrebbe sembrare “contrario ai principi dell’Islam
o offensivi per le altre religioni o sette”. Inoltre, la libertà di accesso alle informazioni è
regolata anche da limiti di sicurezza nazionale, privacy o interferenza con indagini per
condotte criminali.
Come ha giustamente sottolineato anche il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite (UNSC) nella sua ultima risoluzione sull’Afghanistan datata 15 Marzo 2016, le
continue restrizioni di libertà per i media e gli attacchi contro i giornalisti compiuti da
terroristi, estremisti o gruppi criminali necessitano di una risposta efficace da parte di
tutte le istituzioni, sia nazionali che internazionali, per far sì che la stessa società
afghana conosca un sano pluralismo. In questa direzione sta continuativamente
lavorando la Commissione Indipendente per i Diritti Umani in Afghanistan (AIHRC),
ente previsto proprio dalla carta costituzionale.
Ulama Council: collegio dei teologi e dottori della religione.21
! di !21 47
Andando poi ad analizzare il nostro secondo punto, quello relativo alla libertà di
credo, è possibile dire sinteticamente che c’è stato un generale miglioramento rispetto al
precedente governo talebano, benché sia ancora difficile per le minoranze religiose
ottenere un vero e proprio riconoscimento. Il 99.7% della popolazione è musulmana, la
repubblica è fondata sulla legge islamica ed è prevista addirittura la pena di morte per
chi compie blasfemia o apostasia. Inoltre, come ho già detto in precedenza, il problema
etnico è forte: le minoranze hindu, sikhs e shiite musulmane continuano ad essere
oggetto di violenza da parte dei sunniti che rappresentano ben l’84.7% della
popolazione . 22
La situazione è talmente critica per le comunità hindu e sikhs che un membro del
Dipartimento dell’Immigrazione inglese, Dott. Antonio Giustozzi, aveva scritto in un
suo report pubblicato nel Febbraio 2015 che “la incapacità di difendersi per gli sikhs e
gli hindu rimane vera ancora oggi in quanto non ottengono protezione da nessuna delle
fazioni afghane. Sono troppo piccoli numericamente per poter avere peso politico.” 23
Il punteggio che Freedom House aggiudica al paese su questa dimensione è in
questo caso piuttosto basso, anche per le precarie condizioni in cui i giornalisti si
trovano a lavorare nelle zone rurali. Su un punteggio di 16 punti, l’Afghanistan ne ha
guadagnati 5: uno in meno rispetto all’anno precedente.
4.5. I DIRITTI DI ASSOCIAZIONE E DI ORGANIZZAZIONE
Con l’espressione “diritti di associazione e di organizzazione” intendiamo,
genericamente, la possibilità per gli individui di potersi associare liberamente, nei limiti
I dati si riferiscono a stime fatte per il 2009 dalla Central Intelligence Agency americana.22
United Kingdom Home Office, Independent Advisory Group on Country Information (IAGCI), “Country Information 23
and Guidance, Afghanistan: Hindus and Sikhs” (2016).
! di !22 47
posti dalla legge. Un esempio è la realtà dei sindacati, organizzazioni indipendenti dal
governo che però possono esistere solo grazie ad un ordinamento favorevole.
In Afghanistan la tutela di questi diritti è garantita direttamente dalla Carta
costituzionale, più precisamente dall’Articolo 35, benché la situazione di crisi
all’interno del paese abbia più di una volta portato le forze di polizia a prendere misure
drastiche contro manifestanti od attivisti.
Ricordando quanto stabilito dalla Carta costituzionale, nel paese è possibile creare
un’associazione o un partito politico solo nel caso in cui siano soddisfatte le seguenti
condizioni:
(i) “il manifesto o il documento fondativo non contravvengano alla Sacra
religione dell’Islam e ai principi” della costituzione;
(ii) “le risorse finanziarie delle organizzazioni siano trasparenti”;
(iii) “non abbiano scopi militari o simil-militari”;
(iv) non siano “associati a partiti politici stranieri” o simili.
Risulta quindi evidente che è sì possibile costituire associazioni o organizzazioni
indipendenti dal governo, ma queste sono soggette ovviamente ai limiti stabiliti dalla
legge e, cosa più importante, ai principi della religione islamica.
Il clima religioso ed estremista ha effetti importanti, come testimonia un rapporto
datato Gennaio 2014 e prodotto dalle agenzie irlandesi ed inglesi concentrate
sull’Afghanistan (The British and Irish Agencies Afghanistan Group):
“progressivamente, a partire circa dal 2006, l’Afghanistan ha cominciato ad essere
sempre più pericoloso per le ONG che operano [sul territorio,] con un numero crescente
di vittime all’interno dello staff […]”. Solo nel 2014, sono stati registrati 294 attentati 24
contro ONG, le Nazioni Unite ed altre organizzazioni internazionali. Nel 2015,
fortunatamente, c’è stato un decremento: 255 gli attentati registrati.
Nonostante gli attacchi ed i tanti limiti, il diritto alla libera associazione viene
comunque parzialmente esercitato. Secondo i dati raccolti da Freedom House infatti,
British and Irish Agencies Afghanistan Group, Transition and Non-Government Organizations in Afghanistan: An 24
Assessment and Prospects, January 2014, Background p.7 http://www.ecoi.net/file_upload/1002_1394112611_ngos-in-transition.pdf date accessed 27 January 2015.
! di !23 47
esistono 287 associazioni non governative internazionali (ONG), 1911 ONG afghane ed
oltre 4000 altre associazioni.
In questo caso, Freedom House ha assegnato all’Afghanistan 4 su 12,
sottolineando i gravi effetti che la mancata sicurezza genera nel paese. Risulta quindi
chiaro che obiettivo per i prossimi anni per tutti gli attori coinvolti nel processo di
governance del paese sarà quello di cercare di favorire, in tutti i modi, un clima di pace
che permetta il fiorire della cultura, dell’integrazione e della libertà di espressione.
4.6. IL GOVERNO DELLA LEGGE
Con l’espressione “governo della legge” si intende tutto ciò che ha a che fare con
l’applicazione della legge all’interno della Stato. Nell’analizzare i singoli casi, quindi,
bisogna tener presente i sistemi giudiziari, la loro efficienza, l’applicazione delle
normative internazionali e così via.
In Afghanistan, il Governo continua a costituire unità di polizia integrate nelle
comunità locali, secondo un principio di community-oriented policing, introdotto negli
Stati Uniti da diversi anni. L’obiettivo di questo programma è quello di promuovere una
maggiore sicurezza per i cittadini e migliorare la qualità della vita nelle zone interessate.
Come definito dal Bureau of Justice Assistance del Dipartimento di Giustizia americano
in un suo documento ufficiale , il community policing differisce rispetto al tradizionale 25
corpo di polizia per il modo in cui la comunità percepisce le forze dell’ordine e rispetto
agli obiettivi di sicurezza: il rapporto di fiducia che si instaura infatti fra comunità ed
agenti permette di affrontare problemi legati soprattutto alla vita di quartiere, piuttosto
che a problemi che già le forze di polizia nazionali devono risolvere. Ad esempio
attività di gang, auto abbandonate, finestre rotte e così via. A Dicembre 2015, il
U.S. Department of Justice, Office of Justice Programs, Bureau of Justice Assistance, Understanding Community 25
Policing: A Framework for Action (1994) https://www.ncjrs.gov/pdffiles/commp.pdf.
! di !24 47
Ministero dell’Interno afghano ha autorizzato 12 nuove unità di polizia locale in diverse
province, per un totale di 20 unità in tutto il territorio nazionale . La prima unità era 26
stata creata a Dicembre 2013.
Per quanto riguarda la qualità del sistema giudiziario, il Ministero della Giustizia
afghano ha creato un Criminal Law Working Group, un gruppo di lavoro che ha come
obiettivo quello di rendere il Codice Penale più chiaro e completo rispetto agli standard
richiesti dal diritto internazionale. Inoltre, durante il 2015, il Care and Control
Department della Corte Suprema ha completato le indagini su 61 casi di tentata
corruzione o falsificazione di documenti giudiziari, che hanno coinvolto 6 giudici, 11
ufficiali giudiziari e 44 impiegati di altri enti statali: segno di una certa capacità del
sistema giudiziario di correggersi.
Uno dei problemi principali relativi all’applicazione della legge nel paese è che la
Corte Suprema è composta solamente da teologi e non da studiosi del diritto, e non
viene garantita la sicurezza personale né per tutti giudici né per tutti avvocati.
Soprattutto per la situazione di instabilità presente nel paese a causa dei conflitti
armati, il Governo afghano non ha ancora ratificato il protocollo relativo alla
Convezione contro la Tortura delle Nazioni Unite , non garantendo così una situazione 27
di trasparenza rispetto alla eventuale violazione dei diritti umani dei prigionieri di
guerra o detenuti civili. Sempre sul tema dei diritti umani, non è ancora garantito ai
membri di alcune etnie o minoranze religiose l’equo accesso alla giustizia a causa di
discriminazioni sia nel lavoro che nella scuola. Le comunità LGBT ovviamente non
sono accettate in quanto la legge islamica non ammette altri rapporti se non uomo-
donna.
Il numero delle vittime di violenza da parte delle forze ribelli, delle autorità, e di
attacchi compiuti dalle forze militari internazionali rimane un numero molto alto.
In questo caso Freedom House ha assegnato al paese solamente 2 punti su 16,
sempre a sottolineare la grave situazione che il paese sta vivendo soprattutto per quanto
Che, secondo i dati di USFOR-A del 12/14/2015 e 3/4/2016, corrispondono a circa 16.000 agenti.26
United Nations High Commissioner for Human Rights, Convention against Torture and Other Cruel, Inhuman or 27
Degrading Treatment or Punishment (1984), http://www.ohchr.org/EN/ProfessionalInterest/Pages/CAT.aspx.
! di !25 47
riguarda la mancata applicazione della giustizia, la corruzione nel sistema giudiziario e
le fortissime diseguaglianze vissute dalle minoranze etniche, religiose e sociali.
4.7. DIRITTI INDIVIDUALI E LIBERTÀ PERSONALI
Come abbiamo già visto nei paragrafi precedenti, i diritti individuali e le libertà
personali in Afghanistan sono fortemente limitati.
Nel 2015, l’UNAMA ha documentato 11.002 vittime civili, con un aumento del
4% rispetto al numero totali di vittime civili del 2014. Un terzo delle vittime
documentate è costituito da bambini. La violenza contro le donne continua ad essere al 28
centro di molte campagne portate avanti dalle Nazioni Unite, anche con il famoso
programma HeforShe, sostenuto soprattutto dal Segretario Generale. Solo nel 2015, le
Nazioni Unite sono state in grado di formare oltre 1527 persone, fra cui studenti, leader
politici e dipendenti pubblici, circa la Convenzione per l’Eliminazione di tutte le forme
di Discriminazione contro le Donne. Purtroppo, anche a causa delle tradizioni tribali e
culturali del paese, la violenza risulta essere un fenomeno ancora abbastanza comune,
soprattutto in casi di infedeltà coniugale o come violenza domestica in generale.
Secondo lo UN Children’s Fund (UNICEF), circa il 40% delle bambine afghane
vengono sposate ancora prima del limite legale d’età di 16 anni. A Dicembre 2014,
erano 31 i centri stabiliti dal Governo afghano per la protezione delle donne e dove è
possibile ottenere protezione, assistenza medica, supporto legale ed altri servizi utili alle
vittime di violenza.
Il lavoro minorile è inoltre diffusissimo: secondo le stime fatte dall’UNICEF e
riportate dalla CIA, la percentuali di bambini fra i 5 ed i 14 anni che lavora potrebbe
superare il 25% dei casi, che corrisponde a 2.082.722 di bambini.29
Dati contenuti nel Rapporto Segretario Generale delle Nazioni Unite al Consiglio di Sicurezza, marzo 2016.28
Dati 2011, CIA World Fact Book.29
! di !26 47
L’educazione mantiene poi ancora forti differenze sulla base del sesso: solo il 24%
della popolazione alfabeta è di sesso femminile, in contrasto con il 52% maschile. Da
tenere in conto è pure la scarsissima efficienza del sistema scolastico statale: solamente
il 38.2% della popolazione sopra i 15 anni sa leggere e scrivere.30
Sui diritti alla libertà di espressione e libertà di stampa, che già ho avuto modo di
citare in altri paragrafi, il 31 Gennaio 2016 il Presidente Ghani ha firmato un decreto
stabilendo il suo impegno verso la garanzia di questi diritti, soprattutto per i giornalisti.
Le libertà personali ed i diritti sono molto limitati anche a causa della fortissima
condizione di povertà presente nel paese: secondo le stime fatte dall’Organizzazione
Centrale per le Statistiche (CSO) afghana, il tasso di povertà è aumentato dal 36%
(2011, 2012) al 39.1% (2013, 2014). Questi dati sono in grande l’effetto della grave
crisi economica che il paese sta vivendo.
Soprattutto in periodo di elezioni, le autorità afghane non sono state capaci di
mantenere l’ordine e di garantire la legalità, anche in quelle zone dove il controllo era
più presente che in altre. La causa di questo aumento dell’illegalità è dovuta
principalmente al fatto che molti candidati, dovendo sostenere alti costi per le loro
campagne, hanno fatto ricorso a metodi illegali per ottenere fondi, così come
documentato dalle agenzie ONU.
Freedom House, così come per altre dimensioni, ha voluto mantenere un
punteggio piuttosto basso: 2 punti su 16, un punto in meno rispetto al Report
precedente. Ciò conferma la assoluta urgenza per il Governo afghano di attuare riforme
in questo settore. Anche se alcune strutture sono adeguate per rispondere ad alcuni dei
problemi relativi a questo campo, la cooperazione con le istituzioni internazionali come
il Fondo Monetario Internazionale (IMF) risulta un punto chiave per la risoluzione della
crisi economica che sta vivendo il paese in questi anni e, conseguentemente, per
l’eradicazione della povertà diffusa.
5. UN PAESE IN TRANSIZIONE?
Dati 2015, CIA World Fact Book.30
! di !27 47
Finora ho esaminato ogni singola dimensione della metodologia proposta da
Freedom House per analizzare un paese e la sua relazione con la democrazia. Ora è
necessario raccogliere gli elementi per verificare se effettivamente l’Afghanistan è un
paese in via di transizione.
Abbiamo visto nel paragrafo (3) che la transizione è “quel periodo intermedio e
ambiguo in cui un regime ha abbandonato alcune caratteristiche fondamentali del
quadro istituzionale precedente, senza aver acquisito tutte le caratteristiche del nuovo
regime che verrà instaurato” . Dividendo in due la definizione, è possibile individuare 31
due passaggi fondamentali: il primo, se e quali sono le caratteristiche del precedente
regime che sono state conservate nel nuovo; il secondo, quali sono quelle che devono
essere ancora acquisite rispetto al nuovo modello di regime. Partendo da questa
considerazione, abbiamo visto che il regime precedente, guidato dai talebani, era un
regime autoritario, fortemente estremista e basato su una durissima applicazione della
legge islamica fondamentalista. Tuttora, nelle regioni controllate dalle forze ribelli
talebane, vige questo genere di controllo. Nel nuovo regime vediamo subito che la legge
islamica ha mantenuto un ruolo centrale, ma ci sono stati forti cambiamenti sia
istituzionali sia per quanto riguarda il ruolo del popolo nell’effettiva gestione del
governo del paese.
Come abbiamo visto nell’Introduzione, è però molto difficile stabilire se esista un
singolo modello che possa essere applicato a tutti i casi di transizione possibile. Come
ha scritto Morlino (2012, p. 89), “non ci sono modelli o schemi [generali] di transizione
e di instaurazione [della democrazia]. Sembra più fruttuoso, quindi, tentare di
individuare le dimensioni principali della variazione nell’instaurazione della
democrazia”. In altre parole, bisogna studiare il modo in cui il paese sta vivendo il
processo di transizione. Proprio seguendo questo approccio, prenderemo in
considerazione ora le seguenti dimensioni, già accennate nel capitolo 3.:
(i) durata del processo;
(ii) livello di violenza;
(iii) ruolo degli attori civili coinvolti;
Leonardo Morlino, Changes for Democracy. Actors, Structures, Processes (Oxford: Oxford University Press, 2012) 31
p. 87
! di !28 47
(iv) ruolo delle forze armate;
(v) patto formalizzato fra istituzioni e cittadini e procedure politiche.
Le conclusioni che otterremo ci permetteranno quindi di analizzare i progetti e le
riforme messe oggi in campo dal Governo afghano, e valutare il processo di
instaurazione della democrazia.
Possiamo dire fin da subito che la durata del processo è piuttosto lunga, essendo il
processo di democratizzazione avviato già da oltre 10 anni. Questo ci permette di dire
che il regime non è effettivamente stabile, ma è in fieri, in divenire, e perciò non lo si
può considerare nel suo stato ultimo ma in un processo di trasformazione. Una
trasformazione di valori culturali così importanti richiede, necessariamente, diversi anni
perché si raggiunga un nuovo equilibrio. Questo scontro fra i valori tradizionali ed i
nuovi valori democratici, sconosciuti alla popolazione, ha effettivamente contribuito
all’alto livello di violenza che è ora presente nel paese. Come abbiamo visto infatti,
sono diversi gli attori coinvolti, sia civili che militari che internazionali. Civili, interni
ed esterni. Interni perché esiste un conflitto dato dalle differenze religiose ed etniche che
non permette il pieno godimento dei diritti e delle libertà individuali. Esterni, perché è
fortissima la presenza di forze armate ed enti internazionali sia in supporto alle politiche
di sicurezza ed istituzionalizzazione, sia per portare aiuti umanitari. Basti pensare alle
tante agenzie delle Nazioni Unite o degli Stati Uniti d’America che operano sul
territorio ed ai forti problemi di integrazione che gli operatori umanitari vivono,
mettendo anche a rischio le loro stesse vite ogni giorno. Esterno è poi anche l’intervento
di altri attori come la Cina o il Pakistan, che vivono il conflitto non solo come
un’occasione per riaffermare la loro importanza nelle relazioni internazionali ma anche
perché l’Afghanistan è in una posizione strategica per entrambe le economie: una porta
verso l’Occidente che deve rimanere sotto il controllo congiunto di tutti (di qui
l’intervento di Francia e Regno Unito per bilanciare).
Abbiamo poi visto che sono presenti anche attori interni che, gestendo il potere,
influenzano il processo di democratizzazione in maniera più evidente. In particolare,
! di !29 47
l’Assemblea Nazionale vive in forte opposizione rispetto al Governo circa la creazione
di una nuova Commissione Elettorale Indipendente e all’introduzione delle riforme
elettorali e strutturali necessarie per poter tornare a votare alle elezioni politiche. Questo
ha determinato una forte corruzione, una inefficienza nel lavoro delle istituzioni ed una
delegittimazione che potrebbe continuare ad essere una forte minaccia per la pace.
Altri attori importanti, coinvolti nel processo, sono le forze armate e, più in
generale, le forze dell’ordine. Nonostante i tanti tentativi del Governo di riformare le
forze dell’ordine e garantire un addestramento adeguato alle forze armate, l’inefficienza
dei dipendenti pubblici porta spesso a rifornimenti mancati, condizioni igieniche
inadeguate e formazione carente. A loro volta, questi problemi hanno causato una
sfiducia generale della popolazione verso le autorità, che continuano a perpetuare
violenze sia contro la popolazione che contro i professionisti dell’informazione o,
contro i rappresentanti politici. La corruzione, anche qui molto alta, ha reso molto
difficile stabilire se il numero di poliziotti sia sufficiente per garantire l’ordine pubblico,
in quanto molti checkpoint vengono creati illegalmente nelle strade del paese per
estorcere denaro alla popolazione.
Il principale freno rimangono le forze di pace e le forze armate internazionali che
svolgono compiti di addestramento militare e di contatto fra popolazione ed autorità
locali. L’unico corpo militare afghano che effettivamente riesce a portare a termine le
proprie operazioni senza effetti collaterali è il corpo delle operazioni speciali: soldati
scelti che vengono addestrati dalle forze statunitensi per operazioni ad alto rischio.
Purtroppo, essendo uno dei pochi corpi addestrati in maniera efficiente, viene spesso
impiegato anche in operazioni di basso profilo, il che ostacola il loro impiego in
operazioni più importanti a livello strategico.
La posizione dei militari comunque rimane abbastanza neutrale, probabilmente
proprio grazie alla notevole presenza di forze straniere.
Comunque, rispetto al precedente regime talebano, sono stati fatti grossi passi
avanti a livello istituzionale. Basti pensare alla Carta Costituzionale, patto esplicito e
formalizzato riguardo alle procedure ed alle politiche che devono essere seguite nel
! di !30 47
paese. Anche se la sua completa applicazione è difficilmente ottenibile nel breve
periodo, questo risulta sicuramente essere un passo in avanti verso la democrazia.
La Costituzione, inoltre, ha permesso la formalizzazione della partecipazione
politica dei cittadini alla vita dello Stato. Se infatti prima non era nemmeno considerata
l’opzione di far esprimere una preferenza politica ad ogni afghano, oggi, almeno
formalmente, tutti i cittadini, sia uomini che donne, possono andare a votare alle
elezioni (ovviamente, con i tanti problemi che abbiamo già visto). Ad ogni modo, il
grado di partecipazione è sicuramente aumentato, anche grazie alla nascita di alcuni
media all’interno del paese che gestiscono l’informazione e rendono i cittadini più
consapevoli. Come abbiamo visto, la radio ed i giornali, così come la televisione,
giocano un ruolo fondamentale per aumentare la consapevolezza dei cittadini rispetto ai
loro diritti e garantiscono una pluralità d’informazione che può rendere il Governo più
accountable rispetto alle decisioni che prende. Un altro aspetto fondamentale è che,
rispetto al precedente regime, quello presente tollera manifestazioni popolari in termini
di scioperi e dimostrazioni.
La Costituzione, assieme alla volontà politica delle forze presenti nel paese e che
fanno parte del Governo di Unità Nazionale, ha permesso la nascita delle prime
organizzazioni politiche come i partiti. Rispetto al regime precedente, è nata una
pluralità di attori politici, ma il governo effettivo del paese è in mano ad alcuni leader.
Senza contare poi che lo stesso Governo non è nemmeno frutto di un puro e corretto
voto popolare, ma di un accordo fra le parti che ha visto il coinvolgimento, in prima
linea, degli USA e di altri attori internazionali.
Come ultimo punto, possiamo certamente dire che c’è stata una profonda frattura
fra il modello istituzionale e burocratico del regime precedente, anche se la Corte
Suprema è composta da teologi e non da giuristi o studiosi del diritto.
Anche la creazione dei Ministeri rappresenta una forte innovazione in senso
democratico rispetto alla situazione precedente, dove esisteva, secondo una logica quasi
tribale, un consiglio direttivo composto dai più anziani e più fondamentalisti fra i
talebani.
! di !31 47
Alla luce di quanto abbiamo visto fino ad ora, è possibile quindi dire che, rispetto
al regime precedente, sono molti i punti di rottura o, comunque, sono in maggioranza
rispetto a quelli di continuità. La cornice che rimane stabile fra i due regimi è
sicuramente il background culturale-religioso: l’Islam continua a rimanere la religione
di Stato e la base per qualsiasi attività pubblica o privata, un metro di misura importante
che non permette ancora la piena espressione delle libertà civili ed individuali che
conosciamo in Occidente. Ma si può certamente dire, ritornando al modello della
Scatola di Dahl, che ci sono stati evidenti miglioramenti nel livello di inclusività e
competizione politica. I cittadini afghani hanno, seppur solo in alcune zone del paese
(soprattutto nella capitale), la possibilità di manifestare, e stanno cominciando a
prendere parte al processo elettorale, che necessita di una riforma completa ma è
comunque operativo.
Le prossime elezioni saranno un importante banco di prova per il Governo
afghano, che sarà valutato sulla sua capacità di garantire almeno un miglioramento
rispetto ai risultati ottenuti nelle precedenti elezioni politiche. Il rischio più grande, al
momento, risulta certamente essere quello di una deriva verso l’oligarchia o, peggio,
verso un autoritarismo più severo (come avrebbe definito Dahl, una egemonia chiusa).
Ritengo quindi che nel caso dell’Afghanistan si possa parlare di fase di
transizione, anche se si può intravedere la possibilità di un passaggio ad un regime
ibrido. Come ho puntualizzato in precedenza, il regime ibrido si avrebbe nel caso cui il
processo di instaurazione della democrazia fosse praticamente compiuto: una sola delle
variabili della definizione minima, in altri termini, dovrebbe mancare. Questo dipenderà
in gran parte, appunto, dall’azione dell’Assemblea Nazionale e del Governo (presente e
futuro).
Nell’ultimo capitolo di questa Tesi, presento i progetti di riforma messi in campo
dal Governo afghano, cercando di individuare a partire da questi i trend dei prossimi
anni per quanto riguarda il processo di transizione verso la democrazia.
6. SULLA VIA DELLE RIFORME
! di !32 47
Il processo di riforma messo in campo dal Governo afghano in questi ultimi anni è
particolarmente importante, anche dal punto di vista quantitativo. Il progressivo
supporto da parte delle organizzazioni internazionali come l’ONU o l’Unione Europea e
di altri attori sta certamente portando un forte contributo per il paese, spesso paralizzato
dai continui attacchi terroristici compiuti dalle forze ribelli o, più in generale, da forze
anti-governative. Dei tanti sforzi messi in campo da parte del Governo afghano, ritengo
importante sottolineare i seguenti.
Sul piano delle relazioni per la cooperazione regionale, c’è stato un significativo
miglioramento rispetto agli anni precedenti, quando l’Afghanistan vedeva ancora con
diffidenza la collaborazione con paesi esterni, soprattutto con i vicini pakistani. La
tensione, leggermente calata, ha permesso la nascita di molti progetti congiunti, sia sul
piano economico che su quello della sicurezza contro attacchi terroristici. Il 9 Dicembre
2015, ad esempio, il Presidente Ghani ed il Primo Ministro pakistano, Nawaz Sharif,
hanno inaugurato la quinta edizione della Conferenza Ministeriale per i paesi dell’Asia
centrale ad Islamabad (HAMC). La conferenza aveva come obiettivo quello di
concentrare gli sforzi dei paesi partecipanti contro le minacce alla sicurezza,
promuovendo un miglioramento delle connessioni economiche ed il rafforzamento della
fiducia. Particolare attenzione è stata rivolta anche ai talebani ed ai gruppi armati di
opposizione, richiamati a sostenere un processo di pace con il Governo afghano e la
sicurezza della intera regione. L’India, partecipante alla conferenza, ha accettato il ruolo
di co-chair dei lavori per il 2016. Pochi giorni dopo, il 13 Dicembre 2015, il
Turkmenistan ha ospitato una cerimonia inaugurale per il progetto di gasdotto condiviso
fra Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan ed India. Il 3 Febbraio 2016 invece, a Berlino,
Germania, l’Afghanistan ha preso parte al 17esimo incontro dell’International Contact
Group sull’Afghanistan, focalizzato sulla sicurezza e sulla necessità di assicurare il
funzionamento degli aiuti concessi dalla comunità internazionale. Tutti ottimi risultati
che potrebbero portare significativi stimoli all’economia della regione medio-orientale,
messa sotto stress sia a causa delle continue instabilità politiche, sia a causa delle crisi
di sicurezza interne ai vari paesi (oltre ai talebani, basti pensare alla minaccia
rappresentata dallo Stato Islamico, detto anche Daesh, ISIS o ISIL).
! di !33 47
Uno dei progetti di riforma più importante è però il programma Self-Reliance
through Mutual Accountability Framework (SMAF), che già avevo citato nei precedenti
capitoli e che qui vorrei illustrare più nel dettaglio. Lo SMAF merita infatti un’analisi
più approfondita, perché contiene molti programmi di governance che erano stati
richiesti al paese in diverse occasioni, tra cui la Conferenza di Tokyo del Luglio 2012 ed
il Tokyo Mutual Accountability Framework (TMAF). L’obiettivo della conferenza di
Tokyo, così come di tanti altri incontri che si sono svolti in questi anni sulla situazione
in Afghanistan, era quello di migliorare l’efficacia della collaborazione fra la comunità
internazionale ed il Governo afghano.
Lo SMAF è composto principalmente da due documenti: il primo, il TMAF, ed un
secondo, presentato alla Conferenza di Londra del Dicembre 2014 e chiamato Realizing
Self-Reliance: Commitments to Reforms and Renewed Partnerships.
Le aree di intervento di questo programma sono 6, in particolare:
(i) miglioramento della sicurezza e della stabilità politica;
(ii) misure contro la corruzione, governance, governo della legge e diritti umani;
(iii) misure per la sostenibilità fiscale e l’integrità delle finanze pubbliche e delle
banche commerciali;
(iv) riforma della programmazione e del management dei programmi di sviluppo,
garanzie per lo sviluppo dei diritti dei cittadini;
(v) sviluppo del settore privato e crescita e sviluppo inclusivo;
(vi) partnership per lo sviluppo e efficacia degli aiuti internazionali.
Anche se risulterebbe interessante valutare ogni singola misura che è stata
prevista dal Governo afghano con questo programma, ho scelto di riportare solamente i
risultati che lo stesso vorrebbe raggiungere entro il 2016. Ritengo infatti che il processo
richiederà molto tempo per potersi dire concluso e risulta essere forse più fruttuoso
andare a vedere quale Afghanistan potremmo conoscere dal prossimo anno, a patto che
vengano attuate le riforme in modo corretto, efficace e nei tempi stabiliti.
Ecco, area per area, gli obiettivi più importanti, di breve periodo che si vorrebbero
raggiungere entro il 2016.
! di !34 47
(i) “La Commissione Speciale per la Riforma del Sistema Elettorale (SERC)
presenta le proprie raccomandazioni e il Governo comincia il processo di riforme per la
prima metà del 2016”. Come ho già avuto modo di dire in precedenza, su questo punto
c’è stato uno scontro con le Camere che ha portato, per il momento, ad una situazione di
stallo. Risulta quindi difficile pensare che si possa raggiungere, entro la metà del 2016,
questo obiettivo.
(ii) I cinque Ministeri con portafoglio dovrebbero implementare i programmi
specifici contro la corruzione interna “entro la prima metà del 2016”. I rimanenti
Ministeri dovranno presentare le loro misure entro “la fine del 2016”. Dovrebbe essere
inoltre approvata la Riforma per il Sistema Giudiziario lanciata a Dicembre 2015;
prodotta una bozza definitiva del Codice Penale rivisto già a Dicembre 2016 per
l’attuazione di una riforma specifica; introdotte altre misure per la tutela dei diritti delle
donne e dei bambini con il National Action Plan for Women Peace and Security ed il
Child Act.
(iii) Con il supporto del Fondo Monetario Internazionale (IMF), si dovrebbe
ottenere un accordo per la stabilizzazione del settore finanziario “entro il primo
quadrimestre del 2016”.
(iv) Approvazione di quattro programmi per lo sviluppo urbano e rurale, i diritti
delle donne e dei cittadini da parte del Governo “entro la prima metà del 2016”, così
come un Memorandum of Understanding fra il Governo afghano e la società civile
approvato già alla fine del 2015.
(v) Approvazione della legge di regolamentazione sulle partnership fra settore
pubblico e settore privato presentata a Marzo 2016; semplificazione delle norme relative
al commercio ed all’imprenditoria, oltre che alla richiesta di permessi per la costruzione
di nuovi edifici, al pagamento delle tasse, all’accesso alla rete elettrica ed ad altri settori
entro il Dicembre 2016. Il Governo inoltre ha in programma di lanciare un programma
teso ad aiutare con supporto economico oltre 5.000 comunità rurali che vivono in forti
condizioni di povertà. È stato approvato il 31 Dicembre 2015 un programma per
favorire la nascita di market gardening nelle periferie urbane. Sempre sul tema della
povertà, entro il 2015 il Governo ha completato la costruzione di un nuovo impianto
! di !35 47
elettrico per 40.000 case di persone in condizione di povertà. Rispetto ai diritti dei
minori, il Governo afghano ha intenzione di costituire una commissione entro la prima
metà del 2016 per tutelare i bambini che sono costretti a lavorare, soprattutto nel
sistema di produzione tessile.
(vi) Per eliminare in parte la corruzione relativa alle spese degli aiuti
internazionali, il Governo ha approvato la creazione di un Database relativo
all’Assistenza allo Sviluppo che annualmente dovrà registrare tutte le informazioni
relative agli aiuti ricevuti ed alle somme di denaro già spese da parte degli uffici
governativi. Il processo, già partito a Settembre 2015, dovrebbe garantire anche una
valutazione delle prestazioni di efficienza di ogni singolo dipartimento.
Alla luce di quanto abbiamo visto finora, risulta chiaro che il processo di riforma
è ancora molto in divenire e che il Governo afghano deve continuare con i suoi sforzi
verso l’ottenimento di risultati più concreti sia dal punto di vista economico-finanziario,
sia dal punto di vista sociale, strutturale-governativo e della sicurezza interna ed esterna.
Il 4 ed il 5 Ottobre 2016, l’Unione Europea ed il Governo afghano co-ospiteranno
la Conferenza di Bruxelles sull’Afghanistan: “Partnership for Prosperity and Peace”.
La conferenza, che raccoglierà più di 70 paesi e 30 rappresentanti delle organizzazioni
ed agenzie internazionali, rappresenterà una nuova tappa del lungo dialogo che si sta
avendo fra la comunità internazionale ed il paese medio-orientale, soprattutto sui temi di
sviluppo politico ed economico.
Leggendo il comunicato stampa rilasciato dal Consiglio dell’Unione Europea, 32
Affari Esteri e le Relazioni Internazionali, si può trovare l’informazione che la
conferenza verterà principalmente su tre livelli:
(i) maggiori sforzi verso l’incremento dell’efficacia del sostegno internazionale
tramite supporto diretto e donazione di fondi;
(ii) gli sforzi del Governo afghano sul tema delle riforme;
(iii) gli sforzi di tutti gli attori coinvolti nel processo di sviluppo politico e di pace
all’interno del paese.
Consiglio dell’Unione Europea, Affari Esteri e le Relazioni Internazionali, Council Conclusions on Afghanistan (12 32
maggio 2016) http://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2016/05/12-conclusions-on-afghanistan/
! di !36 47
7. CONCLUSIONI
Risulta quindi chiaro che l’Afghanistan, durante il suo transformation decade, ha
raggiunto alcuni buoni risultati, ma c’è ancora molto da fare. Il processo di pace è una
tappa essenziale del percorso che la società afghana deve compiere per poter ottenere
uno Stato democratico ed un livello di autogoverno sufficiente. Gli aiuti provenienti
dalla comunità internazionale ed in particolare dalle Nazioni Unite, dagli USA e
dall’Unione Europea rappresentano una risorsa fondamentale per il paese, senza la quale
non sarebbe possibile vedere così rapidi cambiamenti. Fino al 2020, in questo senso, il
Consiglio dell’UE ha garantito un’assistenza pari a 200 milioni di euro all’anno.
Per chi si occupa di Scienza Politica, l’Afghanistan risulta essere un caso davvero
interessante, perché permette di analizzare come e quali variabili entrano in gioco
durante l’instaurazione di una democrazia in uno Stato di nuova formazione (seppur
tenendo sempre a mente il background specifico del paese in questione). Ritengo di aver
illustrato ampiamente quali sono le variabili in gioco e quali fattori sono ricollegabili
all’instabilità politica e sociale di cui spesso sentiamo parlare dai media nazionali ed
internazionali. Con questa Tesi spero però di aver dato spazio anche ad una riflessione
più profonda circa l’incredibile sforzo che questa comunità sta compiendo verso un
cambiamento radicale, che potrebbe portare, finalmente, alla pace.
! di !37 47
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United States Congress (30 Aprile 2016), https://www.sigar.mil/pdf/quarterlyreports/
2016-04-30qr.pdf.
***
! di !40 47
RINGRAZIAMENTI
Con questo lavoro si conclude per me il primo ciclo di studi universitari e mi
sembra doveroso fare qualche ringraziamento.
I primi ringraziamenti vanno al Prof. Poletti, che fin da subito, ad Ottobre 2015,
ha accettato il mio progetto di Tesi, nonostante il lavoro di scrittura si sia concentrato
soprattutto negli ultimi mesi. Ringrazio inoltre il Prof. Morlino, che ha saputo
consigliarmi durante la fase di ricerca sulle fonti da consultare e sul metodo di lavoro da
seguire, grazie ai suoi tanti studi in materia.
Ringrazio l’Ambasciatore, Dott. Mohammad Arif Salimi, ed il personale
dell’Ambasciata della Repubblica Islamica dell’Afghanistan in Italia per avermi
permesso, a Febbraio 2014, di iniziare il mio lavoro di ricerca e di avere un colloquio
con il Dott. Abdul Razak Ayazi, Capo Sezione per i rapporti con la Food and Agriculture
Organization (FAO), l’International Found for the Agricultural Development (IFAD) ed
il World Food Programme (WFP). Ringrazio inoltre la Dottoressa Marzia Caramazza
per aver organizzato l’incontro e per la cortesia sempre dimostrata nei miei confronti.
Grazie inoltre alla mia collega Federica Tamburini, per avermi sostenuto durante il
lavoro di ricerca e spronato a proseguire la lettura di tanti testi e documenti. Grazie
anche a Katharina Biely, che lavorando con me sull’Afghanistan durante un progetto
extra curricolare ha saputo insegnarmi a fare ricerca ed a selezionare le fonti. Grazie al
mio caro amico Leonardo Pasqui, per avermi aiutato a trovare i punti deboli della mia
Tesi sotto il profilo filosofico, stimolando riflessioni ed approfondimenti.
Ulteriori ringraziamenti vanno a tutta la mia grande famiglia per il sostegno che
mi ha sempre dato, in particolare in questi ultimi mesi. Speciali ringraziamenti vanno ai
miei genitori, Elisabetta e Michele, per avermi dato la possibilità di studiare alla LUISS.
Ce l’abbiamo fatta!
! di !41 47
ABSTRACT (EN)
AFGHANISTAN: A COUNTRY MEETING DEMOCRACY
BY FEDERICO PIERI
Afghanistan has always been considered a strategic part of Asia by all the
neighbouring powers and has been the subject of many studies in geopolitics.
In this Bachelor Thesis I propose an analysis to check if the region can be
considered as on going through a process of transition from a not free country towards a
democratic one, using parameters defined both by the literature and independent
organisations such as Freedom House.
The methodology used for the analysis lies basically on the one given by
Professor Leonardo Morlino, LUISS, in his text “Changes for Democracy. Actors,
Structures, Processes (Oxford: Oxford University Press, 2012)”.
In order to better understand the Afghan sociological and political characteristics,
the Thesis starts with some historical references, recalling many of the difficult
moments which the Afghan people had to live in the last century, since the beginning of
the '900 up to our days. In particular, the attack on the Twin Towers in the United States
of America has led to the Operation Enduring Freedom.
The recent elections which took place in 2004 have led, after many vicissitudes
and investigations even by international actors, to a National Unity Government whose
representatives are the two former leading candidates for the Presidency, Dr. Abdullah
Abdullah, now Chief Executive Officer, and Dr. Ashraf Ghani Ahmadzai, now
President.
The following chapters, after a clarification of the definition of democracy in the
literature, analyse in different dimensions what is happening in Afghanistan and propose
a classification of the country with respect to democratic standards defined by Freedom
House.
My research started from the reading of official documents produced by the US
Central Intelligence Agency, foreign embassies in Kabul and several reports produced
! di !42 47
by international organisations such as the World Bank, Human Rights Watch, UNHCR,
USAID, as well as by the Afghan Government itself.
Chapter 5 proposes a comment on the data I have collected for each dimension,
trying to check what could be the trend for the coming years. I start from the definition
of transition as “the intermediate and ambiguous time when a regime has left some key
features of the previous institutional framework and has not acquired all the features of
the new system that will be established”, provided by Prof. Morlino in his text. It is
possible to identify two basic steps then: the first one, whether and what are the former
regime characteristics that have been preserved in the new one; the second one, which
characteristics are still to be acquired with respect to the new model. I underline the fact
that the previous regime, led by the Taliban, was authoritarian: strongly based on a very
tough extremist and fundamentalist application of the Islamic law. This kind of control
still exists in regions controlled by rebel Taliban forces. On the other hand, even if the
Islamic law has maintained a central role in the new regime, there have been major
changes both institutionally and regarding the people’s role in the actual government
management of the country.
However, it is very difficult to determine whether there is a single model that can
be applied to all cases of transition as possible. Morlino stated in his text that “there are
no [general] transition models or patterns and establishment [of democracy]. It seems
more fruitful to identify the main dimensions of variation in the establishment of
democracy then.” In other words, researchers must study the way in which the country
is going through the transition process. Following this approach, I consider the
following dimensions:
(i) duration of the process;
(ii) level of violence;
(iii) role of civil actors involved;
(iv) role of the armed forces;
(v) formalised pact between institutions and citizens, and political procedures.
! di !43 47
First of all, I point out that the process is quite long, since the democratisation
process started already more than 10 years ago. For this reason, I say that the situation is
not actually stable, but it is in progress, evolving, and therefore it can not be considered
as a final state but in a process of transformation. A transformation of cultural values so
important requires, necessarily, several years to reach a new equilibrium. The clash
between traditional values and the new democratic ones, unknown to the population,
has actually contributed to the high level of violence that is now present in the country.
In this conflict are involved both civilian and international actors. Moreover, inside the
civil conflict there are also two dimensions we should consider: an internal one and an
external one. An internal dimension, because there is a conflict given by religious and
ethnic differences which does not allow the full enjoyment of rights and individual
freedoms. An external one, because of the very strong presence of international armed
forces and international organisations, both engaged in supporting security policies and
the institutionalisation process, as well as in providing humanitarian aid. Just think
about the very high number of UN agencies or the US forces operating in the area and
the strong integration problems that aid workers face, even risking their own lives every
day. Moreover, we have to consider also the involvement of other external actors such
as China or Pakistan, which live the conflict as an opportunity to reaffirm their
importance in international relations. Moreover, Afghanistan is in a strategic position for
both economies: a gateway to the West which must remain under the joint control of
everyone (hence the intervention of France and the United Kingdom to balance).
Moreover, we should consider that there are also internal actors who, by managing
the power, influence the process of democratisation more prominently. In particular, the
National Assembly lives in strong opposition with respect to the Afghan Government
concerning the establishment of a new Independent Electoral Commission and the
introduction of new electoral and structural reforms needed to be able to return to vote
in the general elections.
Other important actors involved in the process are the armed forces and, in
general, security forces. Despite the many attempts of the Afghan Government to reform
these and ensure adequate training to the military units, the inefficiency of civil servants
! di !44 47
often leads to loss of supplies, inadequate sanitation and poor training. In turn, these
problems have caused a general distrust of the population towards the authorities, who
continue to perpetuate violence against the population, as well as against media
professionals or political representatives. Corruption, also very high, made it very
difficult to determine whether the number of police officers is sufficient to guarantee
public order, as many checkpoints are created illegally in the streets of the country to
extort money from the population.
The main obstacle to illegal violence remains the peacekeeping forces and
international military forces carrying out military training and contact between the
population and local authorities. The only Afghan military force which actually
manages to carry out its operations without any side effects is the body of special
operations: elite soldiers who are trained by US forces for high-risk missions.
Unfortunately, being one of the few bodies efficiently trained, it is often used even in
low-profile operations, which hampers their use in major operations at a strategic level.
The position of the military still remains fairly neutral, probably thanks to the
significant presence of foreign forces.
However, compared to the previous Taliban regime, the country experienced
major advances at the institutional level. Just think about the Constitution, which
explicitly formalises procedures and policies which must be adopted in the country.
Even if its full implementation is difficult to achieve in the short term, this is definitely
a step towards democracy.
The Constitution also allowed the formalisation of the citizens’ political
participation in the State life. If in the previous regime it was not even considered an
option to give every Afghan the chance to express a political preference, today, at least
formally, all citizens, both men and women, can vote in the elections (of course, with
many problems).
The level of participation has definitely increased, thanks to the birth of some
media in the country which handle information and make citizens aware. Radio stations
and newspapers, as well as television, play a fundamental role in increasing the citizens’
awareness about their rights and guarantee a plurality of information which can make
! di !45 47
the government more accountable concerning the decisions it makes. Another
fundamental aspect is that, compared to the previous regime, the new political order
tolerates strikes and demonstrations.
The Constitution, together with the international forces and the Afghan
Government political will, has enabled the creation of the first political organisations
such as political parties. Compared with the previous regime, a large number of political
actors has raised, even if the actual government is in the hands of a few leaders.
Concerning the formalised pact between institutions and citizens, there has been a
rift between the institutional and bureaucratic model of the previous regime and the new
one, although the Supreme Court is composed of theologians and not by lawyers or
legal scholars.
Even the creation of Ministries is a strong innovation towards democracy over the
previous situation, where there was, according to an almost tribal logic, a board of
directors composed of the older and more fundamentalist ones in the Taliban.
There are many break points compared to the previous regime or, however, these
are in majority compared to those of continuity. The frame which remains stable
between the two regimes is certainly the cultural and religious background: Islam
remains the state religion and the basis for any public or private activity, an important
yardstick that does not yet allow the full expression of civil and individual freedoms
that we know in the West. In any case, it can certainly be said that we have evident
improvements in the inclusiveness and political competition levels. Afghan people,
though only in some areas of the country (especially in the capital), have the chance to
manifest and are beginning to take part in the electoral process, which needs a complete
overhaul but it is, however, operational.
Next elections will be an important test for the Afghan Government, which will be
evaluated on its ability to ensure at least an improvement on the results obtained in the
previous general election. The biggest risk is the possibility to shift towards an
oligarchy, or worse, towards a more severe authoritarianism (what Dahl would define a
closed hegemony).
! di !46 47
I therefore consider that Afghanistan is a regime in transition, although a move to
the status of hybrid regime is possible. As I pointed out in the democracy definitions
chapter, the hybrid status is reached if the process of establishing democracy is
practically completed: in other words, no more than one variable of the minimum
democracy definition should miss. This will depend in large part, precisely, by the
National Assembly and the Government’s present and future action.
The last chapter, the sixth, analyses the documents published both by the Afghan
Government and other international actors about the reform process which the country
is going through - and will go through - over the years to complete the State
construction process as well the peace process which has been initiated with the
extremist Taliban forces. General background of the considerations which are proposed
in this Thesis are the documents of the Tokyo Conference (2012), the London
Conference (2014), and the program Self-reliance through mutual accountability
framework (2015).
The concluding remarks stress:
(i) the importance which the instability of the region assumes - given the State
system internal critical conditions - in the context of international relations and
terrorism prevention;
(ii) the need of a quick response by the international community which should
guarantee, once and for all, a transition of the region towards a self-government form
which could allow citizens to full enjoy civil rights as well as personal freedoms;
(iii) the need for a lasting peace which should guarantee individuals’ self-
determination and full realisation, following the Universal Declaration of Human Rights
(UDHR) principles.
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