Cuore e mani aperti al prossimo - Caritas Diocesana di Brescia · proporzioni devastanti. Per...

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il fatto [email protected] l'intervista il senso della carità nelle parole del Vescovo A scoltare per conoscere e insieme per farsi pros- simo, per sostenere le comunità cristiane nel prendersi cura di chi ne- cessita di sentire il calore di Dio at- traverso le mani aperte e disponibili dei discepoli di Gesù. Questo è im- portante: che le persone sofferenti possano sentire il calore di Dio e lo possano sentire tramite le nostre ma- ni e i nostri cuori aperti”. Queste le parole di Benedetto XVI nel novem- bre del 2011, in occasione del 40° di fondazione della Caritas italiana. Brescia si appresta a festeggiare un altro 40°, quello della Caritas dioce- sana, che da sempre ha avuto nella mano tesa verso il prossimo la cifra della sua azione solidale, una cifra che da qualche anno si è concretiz- zata nei progetti di “Mano fraterna”. Questi ultimi, però, sono solo un tas- sello di quel grande mosaico che è la Caritas bresciana. È il vescovo Lucia- no Monari a fornire i contorni della chiave di volta che sorregge il senso dell’esistenza dell’organismo pasto- rale e del suo agire nella comunità. Come va letta l’attenzione della Chiesa verso gli ultimi all’interno del messaggio cristiano? Va letta molto semplicemente come risposta all’amore di Dio. Siccome Dio è venuto a cercare noi, che ri- spetto a Lui siamo effettivamente gli ultimi, diventa naturale per un cre- di romano guatta caldini Cuore e mani aperti al prossimo mons. luciano monari ricorda i l senso dell'azione caritatevole all'interno del messaggio cristiano, sottolineando il ruolo che deve avere un credente di fronte a un "fratello" in difficoltà. Parole che evidenziano l'importanza della caritas e il suo agire nella società nei confronti di tutti dobbiamo ave- re un atteggiamento che sia attento, rispettoso e propenso a farsi carico dell’esistenza degli altri. Molte vol- te l’aiuto fondamentale che diamo è l’ascolto, l’amicizia, la simpatia, per- ché l’uomo ha bisogno prima di tutto di queste cose per vivere. L’esistenza quarantennale della Caritas ha sicuramente cambia- to il volto delle nostre parroc- chie. Cosa è stato segnato mag- giormente? Quello che la Caritas ha reso con- sapevole è il fatto che le nostre par- rocchie, le nostre comunità cristiane, hanno una responsabilità struttura- le nei confronti dei poveri e nei con- fronti delle condizioni di povertà. La comunità cristiana ha nella sua strut- tura fondamentale il riferimento alla parola di Dio e il riferimento all’Eu- carestia. Proprio per questo ha nella struttura fondamentale il riferimento ai poveri e quindi all’impegno nei lo- ro confronti. La Caritas ha istituzio- nalizzato questo movimento che è personale e strutturale della comu- nità cristiana e quindi ci ha reso più consapevoli, ci ha aiutato tantissimo a crescere. Come Vescovo cosa chiede alla Caritas e alle persone che a vario titolo operano con essa? Quali le prospettive auspicate? Quello che io chiedo alla Caritas è che sia inserita profondamente nel dente l’attenzione agli ultimi. Questo perché l’amore di Dio che ha raggiun- to noi possa raggiungere anche loro. Alla fine, l’essenziale è che nessuno nel mondo sia solo o abbandonato, deve esserci una rete di affetto e di accoglienza che, proprio perché na- sce da Dio, raggiunga tutti gli uomini, senza nessuna esclusione. In merito al valore della carità i Testi Sacri sono chiari, ma que- sto significa che a ogni persona che chiede l’elemosina dobbiamo donare qualcosa? Tutti noi, in un modo o nell’altro, sia- mo dei bisognosi, abbiamo bisogno degli altri. Per lo stesso motivo tutti noi siamo per gli altri una ricchezza e quello che il Signore ci chiede è di non chiudere il cuore a nessuno. Questo non vuol dire che dobbiamo fare l’elemosina a tutti. Vuol dire che "Volti rivolti, 40 anni di perseveranza" è il titolo del convegno delle caritas parrocchiali indetto per sabato 17 maggio in occasione del 40° anniversario di fondazione della caritas di Brescia. in queste pagine ripercorriamo la storia dell'organismo pastorale diocesano, ascoltando le voci dei protagonisti del presente e del passato, con lo sguardo rivolto sempre al futuro tessuto comunitario delle parroc- chie, delle comunità cristiane in ge- nere, che non diventi una struttura separata dal resto, quasi delegata all’impegno della carità, ma che di- venti, dentro la comunità cristiana, una sorgente di sensibilizzazione delle persone, perché il tessuto co- munitario, in quanto tale, deve di- ventare portatore di carità. E allora, quella forma di carità istituzionaliz- zata, che è propria della Caritas, ha senso come animazione di tutta la comunità, di tutte le persone che ne fanno parte. Oltre alla Caritas sul territorio esistono svariate associazioni non profit. Che differenza c’è fra la Caritas e queste realtà? La differenza, dal punto di vista di quello si fa, non c’è. Credo che più si riesce a creare legami di collabora- conVegno caritas 2012 zione meglio è per il bene delle perso- ne. Alla fine, come dicevo all’inizio di questa intervista, l’importante è che nessuno sia solo o abbandonato e do- ve ci sono delle situazioni di povertà si intervenga, ci si prenda carico. Poi, il soggetto immediato che se ne pren- de carico è meno importante rispetto alla risposta al bisogno. Nasce così la necessità della massima collabora- zione. La differenza risiede nel fatto che la Caritas vuole essere espres- sione della carità cristiana, quindi il soggetto delle azioni della Caritas è la comunità cristiana in quanto tale. È diverso chi opera in concreto, ma l’opera è comune. C’è poi la questione riguardante lo Stato e i suoi interventi in am- bito sociale. In virtù di ciò, qual- cuno potrebbe vedere nell’azione della Caritas uno sconfinamento Caritas Brescia: la perseveranza nella carità È mettendo l’accento sulla fedeltà al mandato di Paolo VI – che nel 1972 istituì la Caritas italiana, evidenziando, inoltre, come la carità non sia l’opera dei giorni festivi, bensì l’opera di ogni giorno – che il direttore Giorgio Cotel- li (nella foto a destra) ha delineato il significato del 40° anniversario della Caritas di Brescia: “È una perseveran- za e una fedeltà a Gesù nell’incontrare i fratelli feriti nella ferialità, nella quo- tidianità”. Questo il nocciolo da cui la Caritas intende guardare al futuro, ri- attraversando questi “40 anni di perse- veranza”, come da titolo del convegno diocesano delle Caritas parrocchiali che si terrà sabato 17 maggio. Rima- nere, partire e condividere sono le tre sessioni in cui è strutturata la giornata. “Contemplare il volto di Cristo – ha commentato Cotelli – per riconosce- re in quei lineamenti tutti i volti delle persone ferite che abbiamo incontra- to in questi 40 anni, che incontriamo oggi e che incontreremo nei prossimi anni”. Una contemplazione che non è statica, che fa “Rimanere” (alle ore 9.30 “Insieme. In dialogo con il Vesco- vo Luciano” presso il Duomo Vecchio di Brescia), perché stando con Gesù e incontrandolo nei volti feriti dei nostri fratelli siamo portati a “Partire” (alle ore 12 “L’amore è sempre cammino” Lungo le vie). “Lo stesso amore che mi ha fatto scendere all’incontro con Lui è lo stesso che mi proietta fuori, nella città, nelle strade dei nostri paesi: una Caritas che è casa tra le case, è il profu- mo di una Chiesa in relazione, è la con- divisione della passione nella ricerca del volto di chi è ferito”. Tra le strade, tra le periferie, agli operatori Caritas non è chiesto solo di incontrare i biso- gnosi. Per questo “durante il convegno di romano guatta caldini il conVegno e le iniziatiVe future mons. luciano monari mons. monari: "Quello che la caritas ha reso consapevole è il fatto che le nostre parrocchie, le nostre comunità cristiane, hanno una responsabilità strutturale nei confronti dei poveri" lasceremo il Duomo per andare all’ora- torio della Pace dove incontreremo i poveri della città con cui condivideremo il pranzo”. Da qui il “Condividere” (alle ore 12.30 “C’è posto per ciascuno alla mia mensa. Agape fraterna”. Presso l’oratorio dei Padri della Pace; via della Pace, 10 Brescia). “Questo mangiare in- sieme in una tavolata di 700/800 perso- ne, fra delegati Caritas e bisognosi, rap- presenta l’esperienza di Gesù che si fa pane spezzato per gli altri”. Il mangiare insieme ai bisognosi è anche un atto simbolico, a dimostrazione della dispo- nibilità a “spezzare un po’ della nostra

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il [email protected]

l'intervista il senso della carità nelle parole del Vescovo

Ascoltare per conoscere e insieme per farsi pros-simo, per sostenere le comunità cristiane nel prendersi cura di chi ne-

cessita di sentire il calore di Dio at-traverso le mani aperte e disponibili dei discepoli di Gesù. Questo è im-portante: che le persone sofferenti possano sentire il calore di Dio e lo possano sentire tramite le nostre ma-ni e i nostri cuori aperti”. Queste le parole di Benedetto XVI nel novem-bre del 2011, in occasione del 40° di fondazione della Caritas italiana. Brescia si appresta a festeggiare un altro 40°, quello della Caritas dioce-sana, che da sempre ha avuto nella mano tesa verso il prossimo la cifra della sua azione solidale, una cifra che da qualche anno si è concretiz-zata nei progetti di “Mano fraterna”. Questi ultimi, però, sono solo un tas-sello di quel grande mosaico che è la Caritas bresciana. È il vescovo Lucia-no Monari a fornire i contorni della chiave di volta che sorregge il senso dell’esistenza dell’organismo pasto-rale e del suo agire nella comunità. Come va letta l’attenzione della Chiesa verso gli ultimi all’interno del messaggio cristiano? Va letta molto semplicemente come risposta all’amore di Dio. Siccome Dio è venuto a cercare noi, che ri-spetto a Lui siamo effettivamente gli ultimi, diventa naturale per un cre-

di romano guatta caldini

Cuore e maniaperti al prossimomons. luciano monari ricorda il senso dell'azione caritatevole all'interno del messaggio cristiano, sottolineando il ruolo che deve avere un credente di fronte a un "fratello" in difficoltà. Parole che evidenziano l'importanza della caritas e il suo agire nella società

nei confronti di tutti dobbiamo ave-re un atteggiamento che sia attento, rispettoso e propenso a farsi carico dell’esistenza degli altri. Molte vol-te l’aiuto fondamentale che diamo è l’ascolto, l’amicizia, la simpatia, per-ché l’uomo ha bisogno prima di tutto di queste cose per vivere. L’esistenza quarantennale della Caritas ha sicuramente cambia-to il volto delle nostre parroc-chie. Cosa è stato segnato mag-giormente? Quello che la Caritas ha reso con-sapevole è il fatto che le nostre par-rocchie, le nostre comunità cristiane, hanno una responsabilità struttura-le nei confronti dei poveri e nei con-fronti delle condizioni di povertà. La comunità cristiana ha nella sua strut-tura fondamentale il riferimento alla parola di Dio e il riferimento all’Eu-carestia. Proprio per questo ha nella struttura fondamentale il riferimento ai poveri e quindi all’impegno nei lo-ro confronti. La Caritas ha istituzio-nalizzato questo movimento che è personale e strutturale della comu-nità cristiana e quindi ci ha reso più consapevoli, ci ha aiutato tantissimo a crescere. Come Vescovo cosa chiede alla Caritas e alle persone che a vario titolo operano con essa? Quali le prospettive auspicate? Quello che io chiedo alla Caritas è che sia inserita profondamente nel

dente l’attenzione agli ultimi. Questo perché l’amore di Dio che ha raggiun-to noi possa raggiungere anche loro. Alla fine, l’essenziale è che nessuno nel mondo sia solo o abbandonato, deve esserci una rete di affetto e di accoglienza che, proprio perché na-sce da Dio, raggiunga tutti gli uomini, senza nessuna esclusione.In merito al valore della carità i Testi Sacri sono chiari, ma que-sto significa che a ogni persona che chiede l’elemosina dobbiamo donare qualcosa? Tutti noi, in un modo o nell’altro, sia-mo dei bisognosi, abbiamo bisogno degli altri. Per lo stesso motivo tutti noi siamo per gli altri una ricchezza e quello che il Signore ci chiede è di non chiudere il cuore a nessuno. Questo non vuol dire che dobbiamo fare l’elemosina a tutti. Vuol dire che

"Volti rivolti, 40 anni di perseveranza"è il titolo del convegno delle caritas parrocchiali indetto per sabato 17 maggio in occasione del 40° anniversario di fondazione della caritas di Brescia.in queste pagine ripercorriamo la storia dell'organismo pastorale diocesano, ascoltando le vocidei protagonisti del presente e del passato,con lo sguardo rivolto sempre al futuro

tessuto comunitario delle parroc-chie, delle comunità cristiane in ge-nere, che non diventi una struttura separata dal resto, quasi delegata all’impegno della carità, ma che di-venti, dentro la comunità cristiana, una sorgente di sensibilizzazione delle persone, perché il tessuto co-munitario, in quanto tale, deve di-ventare portatore di carità. E allora, quella forma di carità istituzionaliz-zata, che è propria della Caritas, ha senso come animazione di tutta la comunità, di tutte le persone che ne fanno parte. Oltre alla Caritas sul territorio esistono svariate associazioni non profit. Che differenza c’è fra la Caritas e queste realtà? La differenza, dal punto di vista di quello si fa, non c’è. Credo che più si riesce a creare legami di collabora-

conVegno caritas 2012

zione meglio è per il bene delle perso-ne. Alla fine, come dicevo all’inizio di questa intervista, l’importante è che nessuno sia solo o abbandonato e do-ve ci sono delle situazioni di povertà si intervenga, ci si prenda carico. Poi, il soggetto immediato che se ne pren-de carico è meno importante rispetto alla risposta al bisogno. Nasce così la necessità della massima collabora-zione. La differenza risiede nel fatto che la Caritas vuole essere espres-sione della carità cristiana, quindi il soggetto delle azioni della Caritas è la comunità cristiana in quanto tale. È diverso chi opera in concreto, ma l’opera è comune. C’è poi la questione riguardante lo Stato e i suoi interventi in am-bito sociale. In virtù di ciò, qual-cuno potrebbe vedere nell’azione della Caritas uno sconfinamento

Caritas Brescia: la perseveranza nella caritàÈ mettendo l’accento sulla fedeltà al mandato di Paolo VI – che nel 1972 istituì la Caritas italiana, evidenziando, inoltre, come la carità non sia l’opera dei giorni festivi, bensì l’opera di ogni giorno – che il direttore Giorgio Cotel-li (nella foto a destra) ha delineato il significato del 40° anniversario della Caritas di Brescia: “È una perseveran-za e una fedeltà a Gesù nell’incontrare i fratelli feriti nella ferialità, nella quo-

tidianità”. Questo il nocciolo da cui la Caritas intende guardare al futuro, ri-attraversando questi “40 anni di perse-veranza”, come da titolo del convegno diocesano delle Caritas parrocchiali che si terrà sabato 17 maggio. Rima-nere, partire e condividere sono le tre sessioni in cui è strutturata la giornata. “Contemplare il volto di Cristo – ha commentato Cotelli – per riconosce-re in quei lineamenti tutti i volti delle

persone ferite che abbiamo incontra-to in questi 40 anni, che incontriamo oggi e che incontreremo nei prossimi anni”. Una contemplazione che non è statica, che fa “Rimanere” (alle ore 9.30 “Insieme. In dialogo con il Vesco-vo Luciano” presso il Duomo Vecchio di Brescia), perché stando con Gesù e incontrandolo nei volti feriti dei nostri fratelli siamo portati a “Partire” (alle ore 12 “L’amore è sempre cammino”

Lungo le vie). “Lo stesso amore che mi ha fatto scendere all’incontro con Lui è lo stesso che mi proietta fuori, nella città, nelle strade dei nostri paesi: una Caritas che è casa tra le case, è il profu-mo di una Chiesa in relazione, è la con-divisione della passione nella ricerca del volto di chi è ferito”. Tra le strade, tra le periferie, agli operatori Caritas non è chiesto solo di incontrare i biso-gnosi. Per questo “durante il convegno

di romano guatta caldini

il conVegno e le iniziatiVe future

mons. luciano monari

mons. monari: "Quello che la caritas ha reso consapevole è il fatto che le nostre parrocchie, le nostre comunità cristiane, hanno una responsabilità strutturale nei confronti dei poveri"

lasceremo il Duomo per andare all’ora-torio della Pace dove incontreremo i poveri della città con cui condivideremo il pranzo”. Da qui il “Condividere” (alle ore 12.30 “C’è posto per ciascuno alla mia mensa. Agape fraterna”. Presso l’oratorio dei Padri della Pace; via della Pace, 10 Brescia). “Questo mangiare in-sieme in una tavolata di 700/800 perso-ne, fra delegati Caritas e bisognosi, rap-presenta l’esperienza di Gesù che si fa pane spezzato per gli altri”. Il mangiare insieme ai bisognosi è anche un atto simbolico, a dimostrazione della dispo-nibilità a “spezzare un po’ della nostra

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la Voce del PoPolo15 maggio 2014 05

i progetti in attole iniziative caritatevoli di "mano fraterna"Sono quattro le macroaree in cui è attualmente impegnata l’azione della Caritas: la promozione pastorale della carità, la promozione umana-opere segno (di cui Mano fraterna è parte integrante) e, in ultimo, emergenze e mondanità. “Mano fraterna” è l’insieme delle cinque iniziative fondamentali messe in atto dalla Caritas di Brescia negli ultimi anni: “Microcredito”, “Ottavo giorno”, “Mensa” , “Sostegno all’occupazione”, e il “Fondo

assistenza”. Il Microcredito sociale consiste nell’accompagnamento al credito responsabile e al recupero dell’autosufficienza economica di singoli o nuclei familiari la cui situazione rischia di essere definitivamente compromessa da fatti eccezionali. L’Ottavo giorno è invece una piattaforma logistica per la raccolta, lo stoccaggio e la distribuzione di generi alimentari alle Caritas parrocchiali e alle altre organizzazioni ecclesiali impegnate nel contrasto alla povertà e nel

sostegno alle persone in condizioni di sofferenza alimentare. La mensa, dedicata a “Madre Eugenia Menni”, si propone di offrire un pasto caldo alle persone senza fissa dimora o in situazioni di emarginazione grave e di offrire, inoltre, un momento di accoglienza e di ascolto finalizzato a orientare le persone verso la rete dei servizi pubblici e privati presenti sul territorio. Il Sostegno all’occupazione è un progetto finalizzato a favorire il reinserimento lavorativo di persone

in condizioni di fragilità e a rischio di emarginazione sociale, così come il reinserimento di lavoratori espulsi dal mondo del lavoro a motivo della crisi economica. L’ultima iniziativa, ma non per importanza, è il Fondo assistenza, un fondo rivolto all’erogazione di contanti e di ticket per far fronte a spese varie legate alla soddisfazione di bisogni primari, canoni di affitto, spese condominiali, utenze domestiche, oltre alle spese legate alla scuola: rette, mense e trasporto.

A Brescia la Caritas viene costituita formalmente da mons. Luigi Morstabilini nel ’74. Tra il 1974 e il 1980 le attività della Caritas bresciana si caratterizzano nell’aiuto alle popolazioni colpite da eventi atmosferici di particolare rilievo. Nel ’76, infatti, la Caritas mobilita la generosità delle parrocchie per i terremotati del Friuli. Anche sul fronte profughi la Caritas bresciana non fa mancare il proprio aiuto. Grazie all’opera di don Tognali e don Balestrini vengono accolti circa 130 profughi, fra cambogiani e vietnamiti. Dal 1980 al 1983 la carica di direttore-segretario della Caritas bresciana è affidata a mons. Fausto Balestrini, che si distingue per l’impegno profuso nell’aiuto ai terremotati dell’Irpinia. Nel mentre, l’uso di sostanze stupefacenti assume proporzioni devastanti. Per questo la Commissione Caritas organizza alcuni convegni a tema, promuovendo e sostenendo le prime comunità di recupero per tossicodipendenti che stanno sorgendo sul territorio. L’aiuto di Caritas, che intanto raccoglie intorno a sé i primi volontari e un numero sempre crescente di obiettori di coscienza, abbraccia un largo spettro di realtà: anziani, malati psichici, il mondo carcerario, gli handicappati e i minori in difficoltà. Si fanno così avanti due nuove strutture: la Domus Caritatis e il Centro di ascolto Porta Aperta. Nel 1983 don Armando Nolli succede a mons. Fausto Balestrini come segretario della Caritas, carica che coprirà fino al 1996. Fra le realtà nate in questo arco di tempo ricordiamo il Vol.ca, (Volontariato del carcere), la cooperativa Comunità Nuova e le Case di Carità. Nel 1986, richiamandosi alla funzione pedagogica di Caritas, come indicato da Paolo VI, a Brescia si tiene il primo convegno delle Caritas parrocchiali, “La Carità nella pastorale della parrocchia”. Si ampia il raggio di azione della

Caritas sul territorio, con la conseguente responsabilizzazione delle parrocchie a fronte di determinate tematiche, su tutte, la droga, il carcere e il disagio mentale. Nel ‘96 a don Armando Nolli subentra don Pierantonio Bodini che continua l’opera del suo predecessore soprattutto per ciò che concerne l’attenzione al territorio, la formazione delle Caritas parrocchiali, l’attenzione al volontariato e ai bisogni emergenti. La seconda metà degli anni ’90 vede la Caritas bresciana impegnata sia sul fronte interno, dove assume un ruolo fondamentale nell’accoglianza dei primi flussi di migranti, che all’estero, con gli interventi umanitari nei Balcani e quelli in nord Africa. Nel 2006 avviene un’altra sostituzione ai vertici dell’organismo pastorale: il diacono Giorgio Cotelli viene nominato direttore della Caritas bresciana. Un compito assunto in un periodo caratterizzato dalla più grave crisi economica che abbia mai attraversato l’occidente dal ’29 in poi. Eppure, nonostante le difficoltà, grazie un’attenzione costante alle varie emergenze e alle nuove povertà, la Caritas di Brescia, guidata dal diacono Cotelli, non ha mai fatto venir meno il suo aiuto ai bisognosi, attraverso la miriade di iniziative caritatevoli messe in atto in questi anni, a partire dai progetti di “Mano fraterna”.

dal '74 a servizio dei più deboli della comunità

della Chiesa in un territorio ad appannaggio dello Stato...È difficile dire che la carità è terri-torio dello Stato. Credo che lo Stato abbia dei doveri nei confronti delle persone, dei poveri. Quindi, più lo Stato ne prende coscienza, e più ope-ra, evidentemente meglio è, non ab-biamo il problema della concorrenza con lo Stato. Però rimane sempre ve-ro che in tutti i rapporti umani deve entrare la dimensione della carità, che non può essere un monopolio dello Stato. Ci mancherebbe che la bontà diventasse monopolio dello Stato! Quindi, lo Stato deve fare la sua parte, ma deve accogliere il fatto che le persone o i gruppi sociali che si trovano nella società abbiano una creatività, una capacità loro di ope-rare e andare incontro alle situazioni di povertà. D’altra parte, in concreto, questo per lo Stato è inevitabilmen-te un aiuto. Credo, quindi, che sia un vantaggio per lo Stato il fatto che ci siano fondazioni, associazioni di vo-lontariato, realtà varie, tra le quali an-che la Caritas, che si prendono cura di alcune dimensioni di sofferenza e di bisogno.

testimonianzauna storia lunga 40 anni

“Quando sono subentrato a don Armando Nolli ho cercato di continuare secondo la sua impostazione. Siamo andati avanti in quello che è il compito specifico di una Caritas diocesana, la formazione, la funzione pedagogica, l’implementazione delle Caritas parrocchiali, i Centri di ascolto, l’attenzione al volontariato e alle nuove povertà” ha commentato don Pierantonio Bodini, ricordando quanto fatto dal 1996 al 2004. Anni che coincisero con varie emergenze all’estero, a partire dalla guerra che insanguinò la ex Jugoslavia. La guerra fratricida nei Balcani vide la Caritas bresciana impegnata in prima linea nel soccorso alla popolazione, “con tutto un movimento di volontari che andavano e venivano, per portare solidarietà, per portare aiuti”. In tal modo, in sinergia con Caritas Lombardia e Caritas Italia, “cercavamo di dare una risposta alle emergenze, nell’est Europa, come anche in nord Africa”. Le nuove povertà e l’arrivo dei primi flussi di migranti rappresentavano le emergenze interne a cui la Caritas bresciana dovette far fronte. “Se da una parte eravamo interpellati da situazioni estere (terremoti, guerre e adozioni a distanza), dall’altra non potevamo dimenticare il nostro territorio”. La mission: creare uno sviluppo di reti fra i Centri di ascolto e le Caritas zonali, “aiutando le persone a recuperare una propria autonomia, una propria dignità, rispetto al tunnel della povertà in cui si erano trovate”.

Pierantonio Bodininuove emergenze

“Il nostro era un coordinamento di energie che facevano” ha commentato don Armando Nolli descrivendo il ruolo svolto dalla Caritas nel periodo in cui questa era affidata alla sua guida. “La Caritas aveva i suoi protagonisti nelle parrocchie, nei vari ambiti”, soggetti che “a un certo punto entravano in rete e lavoravano in modo significativo insieme, conoscendosi”. In tutto questo “la Caritas contribuiva facendo in modo che queste realtà potessero dare il meglio di sé”. Droga, disagio psichico e dimensione del mondo carcerario, queste le tre grandi emergenze a cui dovettero far fronte don Armando Nolli, i tanti volontari e gli obiettori di coscienza che la Caritas formava e indirizzava poi nei vari ambiti in cui sorgeva la necessità di una loro presenza. “Gli obiettori lavoravano nelle cooperative, o nelle realtà che davano risposte ai bisogni, non ultima la realtà del dormitorio (San Vincenzo)". La sinergia fra le diocesi diede buoni frutti, “non tanto grazie alla Caritas in quanto tale, ma grazie al modo di gestire in Caritas le problematiche, come anche le risposte”. Fra le colonne portanti di questo modus operandi , “il coordinamento fra le Caritas parrocchiali e le Caritas zonali”, che all’epoca cominciavano a nascere in varie parti del territorio, “offrendo anche un ambiente che dava ospitalità a situazioni di emergenza particolari”. Da qui, in molte zone, il sorgere delle Case di Carità. A fronte delle emergenze l’organismo pastorale agiva responsabilizzando le comunità, “facendo nascere iniziative per poi affidarle”. Ecco, quindi, l’azione pedagogica: “Educare i parrocchiani alla carità è la cosa più difficile – ha chiosato don Armando Nolli – ma è anche la linea che dà più risultati, perché ognuno si sente portato ad assumere le proprie responsabilità, avendo delle attenzioni, cercando delle risposte”.

armando nollicaritas in rete

vita per loro, riconoscendo che, come dice papa Francesco nell’Evangelii Gau-dium, sono loro la ragione della nostra evangelizzazione, i poveri sono la no-stra salvezza. Quindi in quest’Agape, nella gioia, ci riconosciamo poveri con i poveri, feriti con i feriti, colpiti tra i col-piti. Non in una situazione di vantaggio, ma di fraternità”. Il 40° anniversario di Caritas è anche l’occasione per tracciare un bilancio di quanto fatto e per deline-are le linee guida delle future attività. Linee che, data la missione della Cari-tas, non possono prescindere dalla real-tà circostante, dal contesto economico.

“Abbiamo visto che – ha commentato Giorgio Cotelli – chi bussa alla nostra porta ha dei bisogni, ma la causa essen-ziale è la perdita del lavoro”. Da questo assunto l’idea della realizzazione di un progetto che rappresenti una “piccola luce all’interno della diocesi, segno di una Chiesa vicina a chi ha perso il lavo-ro, con un’attenzione particolare per i giovani”. L’altra progetto in cantiere è “L’animatore Caritas”, una figura da in-serire nelle erigende unità pastorali che si occupi delle opere caritatevoli come della formazione, “qualcuno che animi alla carità”. Chiaro l’obiettivo: insegnare

alla comunità l’importanza della solida-rietà, in modo che la comunità stessa si faccia “prossima”, in vista dell’edifi-cazione di una “Chiesa di prossimità, che profumi di relazioni, una Chiesa che viva il contesto declinandolo in con-te-sto”. All’orizzonte, intanto, si profilano le “mura portanti” della “Casa della Ca-rità”. Non si tratta della sede dei servizi Caritas, ma dell’esperienza comunitaria di alcune famiglie che aprendosi al pros-simo accolgano “chi ha bisogno di una casa, di calore, di uno spazio di tregua per poter riattraversare la propria vita, sostando un attimo, per poi ripartire”.