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1. Prologo

… Nuovo arrivato e affatto ignaro del Levante, Marco Polo non poteva esprimersi

altrimenti che estraendo oggetti dalle sue valige: tamburi, pesci salati, collane di

denti di facocero, e indicandoli con gesti, salti, grida di meraviglia o d’orrore, o

imitando il latrato dello sciacallo e il chiurlio del barbagianni.

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Non sempre le connessioni tra un elemento e l’altro del racconto risultavano

evidenti all’imperatore; gli oggetti potevano voler dire cose diverse: un turcasso

pieno di frecce indicava ora l’approssimarsi d’una guerra, ora abbondanza di

cacciagione, oppure la bottega d’un armaiolo; una clessidra poteva significare il

tempo che passa o che è passato, oppure la sabbia, o un’officina in cui si fabbricano

clessidre.

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Ma ciò che rendeva prezioso a Kublai ogni fatto o notizia riferito dal suo

inarticolato informatore era lo spazio che restava loro intorno, un vuoto non

riempito di parole. Le descrizioni di città visitate da Marco Polo avevano questa

dote: che ci si poteva girare in mezzo col pensiero, perdercisi, fermarsi a prendere il

fresco, o scappare via di corsa.

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Col passare del tempo, nei racconti di Marco le parole andarono sostituendosi agli

oggetti e ai gesti: dapprima esclamazioni, nomi isolati, secchi verbi, poi giri di

frase, discorsi ramificati e frondosi, metafore e traslati. Lo straniero aveva imparato

a parlare la lingua dell’imperatore, o l’imperatore a capire la lingua dello straniero.

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Ma si sarebbe detto che la comunicazione tra loro fosse meno felice d’una volta:

certo le parole servivano meglio degli oggetti e dei gesti per elencare le cose più

importanti d’ogni provincia e città: monumenti, mercati, costumi, fauna e flora;

tuttavia quando Polo cominciava a dire di come doveva essere la vita in quei

luoghi, giorno per giorno, sera dopo sera, le parole gli venivano meno, e a poco a

poco tornava a ricorrere a gesti, a smorfie, a occhiate. Così, per ogni città, alle

notizie fondamentali enunciate in vocaboli precisi, egli faceva seguire un

commento muto, alzando le mani di palmo, di dorso o di taglio, in mosse diritte o

oblique, spasmodiche o lente.

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Una nuova specie di dialogo si stabilì tra loro: le bianche mani del Gran Khan,

cariche d’anelli, rispondevano con movimenti composti a quelle agili e nodose del

mercante. Col crescere d’un’intesa tra loro, le mani presero ad assumere

atteggiamenti stabili, che corrispondevano ognuno ad un movimento dell’animo,

nel loro alternarsi e ripetersi. E mentre il vocabolario delle cose si rinnovava con i

campionari delle mercanzie, il repertorio dei commenti muti tendeva a chiudersi e a

fissarsi. Anche il piacere a ricorrervi diminuiva in entrambi; nelle loro

conversazioni restavano il più del tempo zitti e immobili.

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2. Introduzione

Geertz Clifford, Interpretazioni di culture, Bologna, Il Mulino, 1987, cita (p.40)

uno dei suoi maestri, Clyde Kluckhohn, e le sue definizioni di "cultura":

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- il complessivo modo di vivere di un popolo;

- l'eredità sociale che un individuo acquisisce dal suo gruppo

- un modo di pensare, sentire e credere;

- un'astrazione derivata dal comportamento;

- una teoria formulata dall'antropologo sul modo in cui effettivamente si comporta

un gruppo di persone;

- un deposito del sapere posseduto collettivamente;

- una serie di orientamenti standardizzati nei riguardi di problemi ricorrenti;

- un comportamento appreso;

- un meccanismo per la regolazione normativa del comportamento

- una serie di tecniche per adeguarsi sia all'ambiente sia agli altri uomini;

- un precipitato di storia.

Geertz critica questa molteplicità come "frantumazione teoretica". Ma qual è il suo

concetto di cultura?

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"Il concetto di cultura che esporrò [...] è essenzialmente un concetto semiotico.

Ritenendo, insieme con Max Weber, che l'uomo è un animale impigliato nelle reti

di significati che egli stesso ha tessuto, credo che la cultura consista in queste reti e

che perciò la loro analisi non sia anzitutto una scienza sperimentale in cerca di

leggi, ma una scienza interpretativa in cerca di significato. È una spiegazione quella

che sto cercando quando analizzo delle espressioni sociali enigmatiche in

superficie." 41

"Le forme della società sono la sostanza della cultura". 68

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Due idee:

"La prima è che la cultura è vista meglio non come complesso di modelli concreti

di comportamento - costumi, usi, tradizioni, gruppi di abitudini - com'è accaduto

grossomodo finora, ma come una serie di meccanismi di controllo - progetti,

prescrizioni, regole, istruzioni (quello che gli ingegneri informatici chiamano

'programmi') - per orientare il comportamento.

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La seconda è che l'uomo è proprio l'animale più disperatamente dipendente da

simili meccanismi di controllo extragenetici ed extracorporei, come i programmi

culturali, per dare ordine al suo comportamento." 88

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"La concezione della cultura come 'meccanismo di controllo' inizia con l'assunto

che il pensiero umano è fondamentalmente sia sociale sia pubblico - che il suo

habitat naturale è il cortile di casa, il mercato, e la piazza principale della città. Il

pensare non consiste in 'avvenimenti nella testa' (benché gli avvenimenti lì e altrove

sono necessari perché il pensare abbia luogo), ma nel traffico di [...] simboli

significativi - per lo più parole, ma anche gesti, disegni, suoni musicali, congegni

meccanici come gli orologi od oggetti naturali come i gioielli - qualunque cose che

sia avulsa dalla sua semplice realtà e usata per conferire significato all'esperienza."

88-89

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"L'uomo ha bisogno di queste fonti simboliche di illuminazione per trovare la sua

strada nel mondo, perché quelle di tipo non simbolico, inserite nel suo corpo

costituzionalmente, gettano una luce troppo soffusa. Negli animali inferiori i

modelli di comportamento si danno insieme alla loro struttura fisica, o almeno in

gran parte: le fonti di informazione genetiche ordinano le loro azioni entro

possibilità di variazione molto più ristrette, sempre più ristrette e conchiuse via via

che il livello dell'animale scende.

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[...] non diretto da modelli culturali - sistemi organizzati di simboli significanti - il

comportamento dell'uomo sarebbe praticamente ingovernabile, un puro caos di

azioni senza scopo e di emozioni in tumulto, la sua esperienza sarebbe praticamente

informe. La cultura, la totalità accumulata di questi modelli, non è un ornamento

dell'esistenza umana ma - base principale della sua specificità - una condizione

essenziale per essa." 89

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"Questo significa che la cultura, invece di essere aggiunta, per così dire, ad un

animale ormai completo, o virtualmente completo, fu un ingrediente, e il più

importante, nella produzione di questo stesso animale. La lenta, quasi

impercettibile, crescita della cultura nell'era glaciale modificò l'equilibrio delle

pressioni selettive a favore dell'homo che si evolveva, in modo tale da svolgere un

importante ruolo direttivo nella sua evoluzione.

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Il perfezionamento degli attrezzi, l'adozione delle pratiche organizzate della caccia

e della raccolta, gli inizi della vera organizzazione familiare, la scoperta del fuoco

e, cosa assai importante, benché ancora molto difficile dal rintracciare in ogni

particolare, il crescente affidamento a sistemi di simboli significanti (il linguaggio,

l'arte, il mito, il rituale) per l'orientamento, la comunicazione e l'autocontrollo

crearono tutti per l'uomo un nuovo ambiente a cui egli fu quasi obbligato ad

adattarsi." 92

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"[...] non esiste una cosa come una natura umana indipendente dalla cultura. [...]

Senza uomini certamente non c'è cultura: allo stesso modo, e cosa più importante,

senza cultura non ci sarebbero uomini." 93-94

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Edgar Morin:

"Si può asserire che una cultura costituisce un corpo complesso di norme, simboli,

miti e immagini che penetrano l'individuo nella sua intimità, ne strutturano gli

istinti, ne orientano le emozioni. Tale penetrazione si attua secondo rapporti

mentali di proiezione e di identificazione polarizzati sui simboli, sui miti e le

immagini della cultura come sulle personalità mitiche o reali che ne incarnano i

valori (gli antenati, gli eroi, gli dei).

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Una cultura fornisce dei punti di appoggio immaginari alla vita pratica, dei punti

d'appoggio pratici alla vita immaginaria; alimenta l'essere fra reale e immaginario,

che ciascuno secerne all'interno di sé (la propria anima), l'essere fra reale e

immaginario che ciascuno secerne all'esterno di sé e di cui si ammanta (la propria

personalità)." (11)

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"...occorre in certo senso amare il cinema, aver piacere ad introdurre una moneta in

un juke-box, divertirsi con le macchine a gettone, seguire gli incontri sportivi, alla

radio e alla televisione, canticchiare l'ultima canzonetta [...] La cultura di massa va

seguita nel suo perpetuo moto dalla tecnica all'anima umana, da questa a quella,

navicella fluttuante lungo tutto il processo sociale." (17-18)

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Cultura come tramite:

fra singoli (faccia a faccia)

fra singolo e gruppo

fra singolo e istituzioni

fra singolo e media

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Figura 1 -Sistema della comunicazione in generale

EMITTENTE DESTINATARIO MESSAGGIO

CODICE

CANALE

CONTESTO

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Emittente: il soggetto che produce, codifica e trasmette il

Messaggio

Destinatario: il soggetto che riceve, decodifica, ed introietta il

Messaggio

Codice: sistema di regole (condiviso fra Emittente e Destinatario)

in base al quale viene elaborato il Messaggio

Messaggio: testo concreto (discorso orale o scritto, film o

trasmissione tv, pagina web...) che attraverso il Canale viene

condiviso da Emittente e Destinatario

Canale: supporto materiale (aria, carta e inchiostro, onde

elettromagnetiche, reti di comunicazione...) che garantisce il

transito del Messaggio

Contesto: ciò su cui verte la comunicazione, e in vari modi la

condiziona

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Figura 2 - Sistema della comunicazione mediatica

PRODUZIONE CONSUMO

TECNOLOGIE

Codifica -Memorizzazione - Gestione -

Trasmissione - Ricezione

CONTENUTI E

GENERI

FORME E

LINGUAGGI

CONTESTO

ISTITUZIONALE

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Sistema complesso

Comunicazione mediatica come attività organizzata e sistemica che

prevede:

investimento industriale, organizzazione e professionalità nella

produzione,

presenza di una quantità adeguata di contenuti e generi da mettere sul

mercato,

consolidamento di forme e linguaggi nella pratica creativa e

professionale degli autori,

disponibilità mentale, culturale, economica e tecnologica degli utenti,

diffusione sul mercato di tecnologie semplici ed economiche di accesso

e fruizione,

un contesto normativo, politico, culturale e sociale in cui il tutto il

processo si possa verificare senza ostacoli.

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3. Multidisciplinarità

E' un sistema in cui sono implicati aspetti:

economico-organizzativi (Produzione)

culturali (Contenuti e generi)

linguistico-semiotici (Forme e linguaggi)

sociologici (Consumo)

tecnologici (Canale)

giuridico-normativi (Contesto istituzionale)

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4. Evoluzione delle tecnologie di comunicazione

1.000.000 - 90.000 a.C.

Gesti e rumori Caccia e raccolta Tribale

90.000 - 40.000 a.C.

Transizione verso il linguaggio verbale

" "

40.000 - 6.000 a.C.

Oralità " "

6.000 - 3.000 a.C.

Transizione verso la scrittura

Agricoltura Cittadino - imperiale

3.000 a.C. - 1.500 d.C.

Scrittura " "

1.500 - 1840 d.C.

Stampa Agricoltura e artigianato

Nazionale

1840 - 1994 d.C.

Media elettrico/elettronici Industria e servizi "

1994 d.C. - World Wide Web ICT Globale

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5. Documenti e monumenti; lavoro e opera

L'uomo ha comunicato per secoli attraverso le voci, le immagini, i rumori e i suoni,

i gesti, lo scambio di oggetti, la scrittura, ma:

la attività comunicativa e operativa quotidiana (lavoro) è andata perduta,

oppure ne abbiamo testimonianze casuali (documenti);

quello che ci è rimasto, è rimasto perché è stato elaborato con una particolare

cura formale per farlo diventare qualcosa di compiuto (opera), qualcosa che

spesso è stato definito come Arte, progettato e rifinito in maniera da rimanere e

durare nel tempo (monumenti; in senso ampio, non solo architettura o scultura)

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6. Le Arti

Questa elaborazione formale, a livello alto, delle attività

caratteristiche dell'attività quotidiana è stata di solito definita come

Arte: come si può vedere dalla tabella seguente, c’è un parallelismo

fra le attività comunicative quotidiane (nella prima colonna) e le Arti

corrispondenti (nella seconda colonna). Ogni Arte è la rielaborazione

formale ed estetica della corrispondente attività quotidiana:

suono musica

immagine pittura

movimento danza

oggetti scultura

dialogo teatro

racconto letteratura

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7. Arte e tecnica

Bisogna però ricordare che per gli antichi l’Arte era vista come

qualcosa di molto simile a ciò che noi oggi chiamiamo piuttosto

Artigianato: qualcosa di legato al fare pratico e concreto, all’abilità

anche manuale di realizzare tecnicamente delle opere ben rifinite.

Quello che noi chiamiamo Arte, e che i latini chiamavano ars, in

greco antico veniva chiamato téchne: nell’antichità i concetti di arte e

tecnica erano molto vicini e sfumavano l’uno nell’altro.

È solo molto tardi, con il Romanticismo ottocentesco, che l’Arte

assume quel significato spirituale e astratto, di ispirazione sganciata

dalla realtà concreta, che oggi tendiamo ad attribuirle.

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8. Arte e media

Quindi possiamo considerare l’evoluzione dei sistemi di trasmissione

culturale come articolata in tre diverse fasi, legate alle diverse

modalità di produzione:

media artigianali, quelli che sono sempre stati definiti come Arti,

in cui il sistema di produzione è appunto artigianale, determinato

dall’attività di un singolo o di piccoli gruppi, secondo il modello

della “bottega”;

media industriali (caratterizzati da una organizzazione fordista,

simile a quella della fabbrica), che sono i mass media, chiamati

anche old media, o media tradizionali;

media digitali, che possono essere definiti anche media ICT

(Information and Communication Technology) in base alla

struttura produttivo-organizzativa che li caratterizza, basta

sull’elaborazione informatica dei dati e sulla trasmissione in rete.

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9. Media artigianali

La pittura, la scultura, la danza, il teatro, le letteratura appaiono

quindi come le strutture mediatiche utilizzate dalle civiltà del passato

(le Arti) per definire, articolare, trasmettere, sviluppare, imporre i

propri valori culturali, dando forma a quei modelli di comportamento

e di interpretazione della realtà che si è soliti chiamare "cultura" e che

individuano un popolo e/o una regione geografica in un determinato

periodo storico.

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10. Media industriali 1

Con la dimensione industriale entrano in scena la riproducibilità

tecnica e la trasportabilità del supporto: processo già iniziato tre

secoli prima limitatamente alla stampa, ma che nell'età industriale si

moltiplica e si estende alle immagini, alla voce e alla musica, agli

oggetti di design, fino a giungere ad un'ulteriore grado di

trasportabilità grazie all'eliminazione del supporto, con il cinema, la

radio, la televisione.

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11. Media industriali 2

Si tratta di un processo estremamente rapido (specie se raffrontato

alla lunga durata dei media artigianali, che persiste tuttora) in cui il

cambiamento di paradigma si manifesta attraverso tre modalità:

tecnologia, che si sviluppa in maniera specifica per ciascuno dei

media, per cui parliamo di tecnologia della stampa; del cinema; della

radio, ecc.);

industrializzazione, basata sulla divisione del lavoro e sull'attivazione

di routines produttive standard mirate alla razionalizzazione dei

processi di produzione;

professionalità, legata alla presenza di una forte componente

tecnologica ma anche alla strutturazione in generi dei contenuti

prodotti, che rappresenta una ulteriore forma di industrializzazione,

quella culturale.

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Occorre tener presente la differenza tra i diversi tipi di mezzi di comunicazione:

"peer to peer" (paritari, interpersonali o intergruppo, di nicchia, mirati,

partecipativi: posta, telegrafo, telefono, mail, chat, forum, mailing list);

"broadcast" (diffusivi, radiali, di massa, generalisti, presentativi: stampa

quotidiana e libraria, editoria musicale, cinema, radio, tv, web).

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Figura 3

1850 Giornali quotidiani

1870 Stampa libraria industriale

1890 Editoria musicale

1900 Cinema

1920 Radio

1940 TV

Nel giro di poco meno di un secolo (le date nella colonna a sinistra sono per

semplicità approssimate in decenni) il panorama dei media artigianali, rimasto

stabile per millenni, si vede affiancato da una potente serie di nuovi dispositivi di

produzione culturale. Naturalmente i due sistemi convivono, ma si ha una

spartizione di compiti e di dignità: i media artigianali assumono la qualifica di Arti

non più in senso tecnico, ma come strati elevati della vita spirituale, mentre i mass

media si assumono il compito di gestire la comunicazione funzionale nella

dimensione sociale della vita quotidiana.

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Vale la pena sottolineare come ciascuno dei media abbia la sua storia, solo in parte

connessa con quella degli altri. In particolare:

Il giornale quotidiano nasce solo in parte come filiazione dai precedenti bollettini

informativi, ma soprattutto come risposta ai bisogni informativi e di socializzazione

che si scatenano nei nuovi contesti metropolitani; inoltre si appoggia alla

meccanizzazione dei sistemi di stampa e al rapido sviluppo dei sistemi

comunicazione, come il telegrafo, e dei sistemi di trasporto, come le infrastrutture

stradali e ferroviari;

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La stampa industriale ha dietro di sé la lunga storia del libro, ma oltre

all'industrializzazione dei sistemi di tipografia e legatoria può contare su mutate

situazioni di alfabetizzazione, sull'apertura dei mercati, su nuove esigenze di

diffusione della cultura presso ceti borghesi di elevata scolarità;

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L'editoria musicale nasce dall'incontro fra innovazione tecnologica (il fonografo di

Edison, il grammofono di Berliner) e la pressione sociale che deriva dal nuovo

ruolo della musica come fattore di socializzazione nel salotto borghese;

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Il cinema è un medium complesso, che per nascere richiede la convergenza di tre

diverse tecnologie (risultato di scoperte scientifiche):

recupero della tecnica ottica della camera oscura per la proiezione;

nuove conoscenze di fisiologia della visione;

tecnologia chimica per la produzione della pellicola;

oltre a ciò deve trovare un suo spazio nei sistemi urbani di socializzazione del

tempo libero (fiere, circhi, baracconi);

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La radio nasce come tecnologia vuota, da laboratorio, poi trova un impiego

"pubblico", militare, navale, finanziario; e solo successivamente, con la

miniaturizzazione, si diffonde nel campo sociale;

Page 43: Culture dei Media Digitali - Giulio Lughi · Nuovo arrivato e affatto ignaro del Levante, Marco Polo non poteva esprimersi altrimenti che estraendo oggetti dalle sue valige: tamburi,

Giulio Lughi - Culture dei Media Digitali - 2014-2015

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La tv dal punto di vista tecnologico è un semplice derivato della radio, che ben

presto però assume il suo carattere di medium onnivoro e onnicomprensivo dei

media precedenti.