Cultural Heritage r12 - DEI - ecommerce...forme e modi del mondo reale anche nelle limitazioni...
Transcript of Cultural Heritage r12 - DEI - ecommerce...forme e modi del mondo reale anche nelle limitazioni...
ICT per il Cultural Heritage11
PresentazioneIl tema del Cultural Heritage1 rappresenta
uno di quegli argomenti che sebbene ricorren-
te e pervasivo a molti livelli (scientifico, socia-
le, economico, politico, etc.) tuttavia stenta ad
essere inquadrato in maniera appropriata e so-
prattutto complessiva.
Ciascuno dei soggetti coinvolti in qualun-
que progetto che abbia per oggetto il Cultural
Heritage (di conoscenza, tutela, valorizzazione,
comunicazione, etc.) tende infatti a privilegiare
il proprio specifico punto di vista tralasciando
spesso di valutare contributi esterni alla propria
competenza ma non per questo meno impor-
tanti per lo sviluppo complessivo del progetto.
Si tratta evidentemente di un problema che
1_Uso malvolentieri un termine anglofono che potreb-be apparire più o meno coincidente con l’espressione italiana “Beni Culturali”. In realtà, come chi ha una certa familiarità con la questione ben sa, esso è decisamente più ampio e, ad esempio, abbraccia anche il cosiddetto patrimonio “immateriale”. Nel presente contesto, per-tanto, lo considero più appropriato.
12Presentazione
può degnamente essere affrontato soltanto a patto di sviluppare una piattaforma,
culturale prima che tecnologica, davvero multi-disciplinare, dove cioè soggetti
diversi e competenze diverse concorrono insieme al raggiungimento di un obiet-
tivo comune che comunque conduce alla “rilettura” dell’oggetto alla luce del no-
stro tempo e della nostra sensibilità culturale.
Sebbene quest’idea di contaminazione multidisciplinare non sia affatto nuo-
va, è solo grazie al dirompente affermarsi delle tecnologie digitali che essa ha
trovato una concreta possibilità di applicazione imponendosi come elemento
qualitativo distintivo a cui ora tendono ricercatori e sviluppatori e che anche la
vasta platea degli “end user” ricerca ormai stabilmente.
Un processo, questo, che ha portato inevitabilmente con sé nuovi paradig-
mi e forme di acquisizione, rappresentazione e comunicazione dei vari conte-
nuti: dai dati metrici e geometrici (milioni di punti ormai raccolti in pochi minuti),
a sistemi che costruiscono quasi a costo zero modelli reality-based di qualun-
que oggetto anche utilizzando i nostri ormai inseparabili dispositivi mobili, a
nuove modalità di interazione dati-utente (realtà aumentata, mista, virtuale) e
utente-utente (crowdsourcing, gamification, serious gaming, etc.).
Quando si ha a che fare con il Cultural Heritage, dunque, ad un estremo
troviamo certamente i problemi connessi con le tecnologie che governano
per così dire “in background” questi processi; ma all’altro troviamo invece quelli
“umanistici” relativi ai contenuti, ai messaggi e alle forme con cui veicolarli ai
diversi segmenti di pubblico a cui ci si rivolge.
Il saggio di Tommaso Empler di fatto cerca di riannodare questi due ban-
doli sforzandosi di mettere il più possibile ordine in un contesto per sua natura
caotico e fluido a causa della rapida evoluzione dei sistemi (evoluzione che
non necessariamente significa progresso, ma spesso taglio repentino di rami
rigogliosi e germoglio continuo di nuove soluzioni ritenute più promettenti…).
Tuttavia la trattazione del pur importante quadro tecnologico, soggetto a
ICT per il Cultural Heritage13
una così rapida obsolescenza da far forse apparire vano lo sforzo profuso in
questo saggio, ne diviene al contrario un elemento rafforzativo essendo co-
stantemente e chiaramente inquadrato nel vasto e solido impianto metodo-
logico delle discipline della Rappresentazione: partendo infatti dallo Stato
dell’Arte (sotto forma di alcune buone pratiche ormai consolidate) l’autore ci
presenta a campione l’esito di alcune delle proprie recenti ricerche riuscendo
a mostrare concretamente una possibile strategia per la fusione della dimen-
sione tecnologica e umanistica.
Il criterio con cui sono selezionati i “casi studio” definisce di fatto la struttura
del libro: capitolo dopo capitolo vengono infatti discusse tecnologie, forme di
rappresentazione e di comunicazione sempre appoggiando la trattazione non
solo a teorie o esempi desunti dalla letteratura ma primariamente ai risultati
maturati sul campo.
I contenuti del saggio possono d’altronde essere incrociati in più modi:
sia nel senso di allineare logicamente strumenti e metodi (l’ordine proposto
dall’autore), ma anche i tipi di soggetto (architettonico, archeologico, paesaggi-
stico etc.), i caratteri dimensionali (territoriale, urbano, edilizio, singolo oggetto)
e temporali.
Ne deriva dunque un lavoro ben connotato e che certamente risulterà utile
per chi, specie tra i più giovani, si accosterà a questi temi di ricerca; ma allo stes-
so tempo il libro può essere visto come “narrazione” dell’attività di uno studioso
delle discipline della Rappresentazione e del ruolo che queste possono svolge-
re nell’affrontare la complessità contemporanea del Cultural Heritage.
Carlo BianchiniDirettore del Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura,
Sapienza Università di Roma
꾀
14Presentazione
ICT per il Cultural Heritage15
Ormai da alcuni anni molti dei ricercatori
del Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro
dell’Architettura della Sapienza di Roma han-
no eletto tra gli ambiti privilegiati della ricerca
quello delle applicazioni delle tecnologie di-
gitali per la rappresentazione e comunicazio-
ne dei valori del patrimonio culturale.
Le diverse ricerche, pur nelle specifiche
finalizzazioni, hanno avuto come obiettivo co-
mune l’individuazione di “modelli di conoscen-
za e di fruizione” dei beni culturali, basati sem-
pre su modalità rigorose di rappresentazione e
di comunicazione in rapporto alle caratteristi-
che peculiari dei casi di studio. In generale tali
ricerche non hanno perseguito tanto finalità di
registrazione e classificazione, ma hanno cer-
cato di dimostrare come tali “modelli di cono-
scenze e di fruizione” siano essi stessi apparati
di riflessione teorica. In questo senso, via via,
tali “modelli” si sono andati modificando, per-
fezionando, estendendo: dalla “rappresenta-
Prefazione
16Prefazione
zione/modello digitale 3D” al “modello 3D informato” alla “scena digitale 3D”,
intendendo con quest’ultimo quel luogo “partecipato”, proprio in virtù della
qual prerogativa si può effettivamente ottenere la costruzione delle informa-
zioni e l’accesso ai contenuti culturali.
Secondo questa visuale sono state esplorate le diverse declinazioni del
modello tridimensionale per la sperimentazione di diversi “modelli visuali
navigabili” corrispondenti ad altrettante applicazioni ed esperienze di visita.
Esplorazioni fluide con o senza soluzioni di continuità della spazio tridimen-
sionale ricostruito – virtual-tour interattivi, attraverso panorami sferici statici
e dinamici, e navigazioni in real-time – secondo diversi livelli di interattività
e/o immersività.
In questo contesto alcune esperienze sono state orientate all’approfon-
dimento degli usi delle tecnologie per la modellazione di spazi virtuali imi-
tativi della realtà fisica e materiale, storica ed attuale, riproducendo perciò
forme e modi del mondo reale anche nelle limitazioni relative alle modalità
di fruizione e di esplorazione. Altre ricerche, invece, hanno provato a svinco-
larsi dalla “semplice” riproduzione della realtà, di superare le barriere dello
spazio fisico, indagando la disciplina della Rappresentazione quale disposi-
tivo per la comunicazione di informazioni visuali strutturate che, disponen-
dosi in relazione all’esperienza/richiesta del visitatore, andassero a definire
la configurazione dello spazio virtuale.
Secondo la prima direzione, i modelli architettonici o urbani diacronici si
sono proposti in quanto modi e forme di “rappresentazione/ricostruzione
della storia”, descrivendo costruzioni profondamente rimaneggiate, edifici
distrutti o edifici progettati ma mai costruiti. Spazi atopici dove la contempo-
ranea presenza dell’attuale con il passato o con l’ideale possa stimolare la
conoscenza di quello che era o di quello che sarebbe potuto essere.
Nella seconda direzione sono stati immaginati spazi espositivi virtuali
non statici ma dinamici, riconfigurabili di volta in volta in relazione all’espe-
ICT per il Cultural Heritage17
rienza del visitatore, grazie alla molteplicità di variabili connesse alla frui-
zione delle opere/informazioni. Spazi parametrici liberi di estendersi in ogni
direzione superando le limitazioni imposte nel mondo fisico e opere/infor-
mazioni che, a loro volta, caratterizzate da parametri che interagiscono con
algoritmi di prossimità e distribuzione, non solo sono “ordinate” in risposta
alle interrogazioni prodotte dall’utente ma determinano le condizioni volu-
metriche degli stessi spazi espositivi virtuali che le accolgono.
Ultimamente alcune ulteriori riflessioni hanno determinato un aggiuntivo
orientamento sia delle ricerche e sia delle attività formative specializzate:
provare ad “abbassare” l’impatto delle tecnologie, o comunque a dissimu-
larle il più possibile quasi occultandole dietro interfacce comuni ed usuali. Il
che ha significato sfruttare il complesso delle tecnologie digitali per inven-
tare “spazi di azione” dove poter sperimentare diversi livelli di interazione tra
contenuti culturali e fruitori, definendo un complesso articolato di percorsi
e attività intenzionalmente strutturati e predisposti. Una nuova direzione se-
condo cui interpretare la tecnologia non in quanto dispositivo strumentale
ma come occasione di apprendimento e, a tale scopo, reinterpretare lo spa-
zio virtuale, ma più in generale lo spazio delle tecnologie digitali, quale vero
e proprio ambiente di apprendimento.
In questo contesto, ad esempio, è stato attivato il Master universitario di I
livello in Comunicazione dei beni culturali, il cui percorso formativo è finaliz-
zato a sviluppare, secondo molteplici declinazioni digitali, una padronanza
del linguaggio visuale veicolo per una comunicazione accessibile, parte-
cipata, coinvolgente ed inclusiva dei beni culturali. Un linguaggio visuale
che, nella contemporaneità, deve saper far propria l�integrazione tra �parole
e immagini� per concepire una narrazione efficace che renda accessibili e
comprensibili i valori del patrimonio culturale a fasce sempre più ampie di
cittadini mettendo al centro il visitatore/interlocutore e progettando espe-
rienze di visita creative e partecipative.
18Prefazione
Oppure diverse ricerche sono state orientate, a partire dalle riflessioni
sulla nuova missione del museo, verso l’approfondimento delle possibili
declinazioni del museo nell’ambiente digitale. Una nuova visuale che pre-
suppone uno sguardo ampio che riesca ad abbracciare il museo nella sua
interezza – il patrimonio culturale, gli esperti, gli specialisti, il pubblico, le
comunità, i territori ecc. – con un atteggiamento che sia premuroso e so-
lerte, empatico e vigile, ovvero un atteggiamento che si sintetizza nella re-
sponsabilità dell’avere “cura”.
In generale le diverse esperienze condotte in questi anni ci hanno con-
fermato che un�azione di valorizzazione del patrimonio culturale si costrui-
sce pur sempre a partire da un progetto culturale che deve essere in grado
di mettere al centro le specificità dei destinatari/interlocutori. Ciò presup-
pone una comunicazione che non si limiti al trasferimento di conoscenze,
ma che sia �intenzionale� e �finalizzata�, ovvero più propriamente un �modello
culturale di comunicazione� che possa essere compreso e fatto proprio dai
destinatari/interlocutori cui è richiesto di essere soggetti attivi nella costru-
zione e rappresentazione di significati e dunque partecipi dei processi di
valorizzazione e promozione del patrimonio.
Progetti culturali che, contestualmente, debbono essere costruiti, di vol-
ta in volta, a partire dalle specificità del patrimonio oggetto della valorizza-
zione, in modo da attivare quegli indispensabili processi di riconoscimento e
comprensione tra oggetto e soggetto (patrimonio e comunità) indispensabili
all’efficacia della comunicazione e fruizione. Ma più in generale progetti cul-
turali necessari alla costruzione della coscienza dell’identità, appartenenza e
continuità culturale a loro volta essenziali all’alimentazione della creatività in
tutta la sua diversità e nel favorire il dialogo interculturale.
Elena Ippoliti
Direttore del Master in Comunicazione dei Beni Culturali,
Sapienza Università di Roma
ICT per il Cultural Heritage19
Capitolo 2 20
ICT per il Cultural Heritage21
ggi un tema centrale nel settore
della rappresentazione è legato
al Cultural Heritage ed alla pos-
sibilità di visualizzare e ricostruire
ambienti e luoghi che appartengono al nostro
passato e che fanno parte del vasto patrimo-
nio culturale che ci circonda e con il quale ci
confrontiamo tutti i giorni per motivi turistici, di
lavoro o di ricerca.
Andando in questa direzione la domanda che
alcuni si pongono, a fronte di un’offerta sem-
pre più ricca, differenziata e slegata dai sistemi
tradizionali di divulgazione, è conoscere qua-
li siano le frontiere per comunicare, rappre-
sentare e valorizzare il patrimonio culturale. Il
sempre maggiore utilizzo delle ICT (Informa-
tion and Communications Technology) indirizza
gli studiosi, i ricercatori ed i fruitori dei mes-
O
Introduzione
Introduzione 22
saggi all’utilizzo di strumenti che consentono approcci e visualizzazioni inte-
rattive e multimediali. Dal punto di vista dei fruitori dei messaggi, il vantaggio
è costituito dalla possibilità di ottenere informazioni e risposte consone alle
personali aspettative di conoscenza; dal punto di vista degli studiosi e dei
ricercatori, il beneficio è dato dalla possibilità di visualizzare in tempo reale le
ipotesi di ricostruzione, apportando, eventualmente, correzioni ed integra-
zioni, e creando, laddove necessario, sottosistemi informativi.
Molte ricerche e sperimentazioni vanno in questa direzione, analizzando e
descrivendo aree archeologiche e beni culturali o affrontando temi collegati
alla paleontologia.
La maggior parte delle ICT prevede l’uso di modelli 3D, che devono essere
studiati ed organizzati in funzione della finalità e del dispositivo che viene
utilizzato per la visualizzazione.
Nella presente pubblicazione verranno analizzate le seguenti procedure:
• modelli 3D, navigabili in “real time”, dove un valore aggiunto è costituito
dalla possibilità di passare attraverso la visualizzazione di 2 o più periodi
storici, o di approfondire il quadro conoscitivo del bene culturale oggetto
di studio, con la visualizzazione o interrogazione di ulteriori sotto-modelli
3D di approfondimento o di ricerca;
• modelli 3D pensati per applicazioni su “portable devices” (smartphone e
tablet) con visualizzazione in realtà aumentata sia attraverso ARTag, sia
mediante sistema GPS;
• modelli 3D pensati per soluzioni di “interactive experiences” per ottenere
informazioni o modalità di navigazione a scelta del fruitore su alcuni og-
getti architettonici;
• stampa 3D di alcuni elementi od oggetti appartenuti al passato, tratta da
modelli 3D di ricostruzione di alcuni beni culturali;
ICT per il Cultural Heritage23
• modelli 3D utilizzati per la realizzazione di video multimediali e/o interat-
tivi per la documentazione di situazioni ambientali esistite nel passato ed
oggi non più visibili;
• modelli 3D pensati per i “serious games” e per la “gamification” ;
Tutti gli argomenti presentati sono il frutto delle ricerche condotte dall’autore,
in alcuni casi con altri studiosi, negli ultimi 5 anni.
In questa e nelle pagine seguenti:01_Projection mapping
in occasione dell’evento PERIFERICA #ArtIsAct 2015
a Roma, organizzato da Fusolab.
01
Introduzione 24
ICT per il Cultural Heritage25