Cultura Storia Architettura a Borgo San Giacomo Le Acli e ... · Charles Waubert de Genlis, amico...

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Corriere della Sera Domenica 14 Aprile 2019 BS 13 I l 19 giugno del 1971 rivolgendosi ai ve- scovi italiani Paolo VI pronunciò una frase che scosse il mondo cattolico: «Noi — disse il Papa bresciano oggi santo — abbiamo visto con rammari- co il recente dramma delle Acli: e cioè ab- biamo deplorato, pur lasciando piena li- bertà, che la direzione delle Acli abbia vo- luto mutare l’impegno statutario del mo- vimento e qualificarlo politicamente, scegliendo per di più una linea socialista, con le sue discutibili e pericolose implica- zioni dottrinali e sociali». Una frase che gettava nello sconcerto, per non dire nel panico, i vertici dell’Asso- ciazione cristiana dei lavoratori dopo un travagliato percorso che aveva accentuato l’impegno politico degli aclisti sempre più a sinistra fino al convegno di Vallombrosa in cui aveva prevalso la strumentazione concettuale marxista nell’analisi della so- cietà italiana e nel vagheggiato supera- mento del capitalismo attraversa «l’ipotesi socialista». Un travaglio contrassegnato prima dall’uscita dell’ex presidente Livio Labor, che negli stessi mesi dava vita alla fallimentare esperienza del Movimento politico dei lavoratori, e poi dalla «revoca del consenso» da parte della Cei che, riti- rando gli assistenti spirituali dai circoli Acli, aveva revocato la qualifica di Organiz- zazione ecclesiale che connotava fino a quel momento le Acli. L’associazione era un elemento non marginale nella galassia cattolica dell’epo- ca: gli iscritti andavano dal massimo stori- co del 1961 (718 mila tesserati) alla rispetta- bile soglia del 1974 (417mila iscritti). Col- piva però la capillare distribuzione in oltre 4600 strutture di base. La «deplorazione» di Paolo VI tramorti- va i vertici aclisti non solo per l’autorevo- lezza del pronunciamento, ma perché le Acli dovevano praticamente tutto a Monti- ni: era stato lui a sostenerne la nascita nel giugno 1944 ad opera di Achille Grandi, in- dividuando la necessità di un’organizza- zione specifica dei lavoratori cattolici a fianco del sindacato unitario. Sempre Montini, dalla Segreteria di Stato, aveva di- feso la continuità dell’esperienza aclista anche dopo la rottura dell’unità sindacale del 1948, ritenendo che le Acli avessero ruoli di formazione e di iniziativa sociale che la Cisl non avrebbe potuto coprire. Montini, infine, aveva letteralmente salva- to l’organizzazione nel 1954 dalle secche di un collasso economico. Per questo la delu- sione paterna, espressa nella deplorazio- ne del 1971, era più significativa e innescò una graduale, accidentata conversione della linea delle Acli. Le vicende che precedettero e seguiro- no il dramma del 1971 sono ora ricostruite con vastità di fonti e mano salda nel gover- nare i sovrabbondanti materiali d’archivio (mancano ancora quelli vaticani) dal bre- sciano Maurilio Lovatti in «Giovanni XXIII, Paolo VI e le Acli» (Morcelliana, pp. 280, euro 25) con il sostegno e la prefazione al volume dell’attuale presidente nazionale delle Acli, il bresciano Roberto Rossini. Non nuovo a imprese che ricostruiscono pagine chiave della storia cattolica italiana del Novecento, Lovatti stila un testo di so- brio rigore, in cui la sua lunga militanza aclista lascia traccia soprattutto negli em- patici profili di alcuni protagonisti. Giusta anche l’idea di considerare il pe- riodo coperto dai due Papi del Concilio, ché anche durante il papato di Roncalli non mancarono difficoltò e tensioni fra le Acli e il magistero: alle aperture giovannee fece infatti da controcanto la linea impres- sa alla Cei dal cardinal Siri. Risultò così particolarmente faticoso il processo di af- francamento dal collateralismo alla Dc. Lovatti conduce il lettore dall’elezione di Giovanni XXIII (il 28 ottobre 1958) fino al 6 agosto del 1978, data della morte di Pa- olo VI. In mezzo, pagine decisive della sto- ria italiana recente e delle tensioni politi- che che attraversarono l’arcipelago bianco (dai cattolici del dissenso alla fine del- l’unità politica, dal referendum sul divor- zio al convegno su Evangelizzazione e pro- mozione umana del 1976). Lovatti coglie anche aspetti accidentali nel fiume della grande vicenda storica, co- me quando ipotizza che il pronunciamen- to così tranchant della deplorazione di pa- olo Vi fosse figlio delle indicazioni del car- dinal Benelli che da un suo fidato collabo- ratore, monsignor Grillo, riceveva la notizia (infondata) di riunioni acliste che si aprivano con il canto dell’Internazionale e con selve di pugni alzati. Riaffiorano drammi e esitazioni di quei tempi, anche di Paolo VI di fronte al divorzio: il Papa scrisse nel giugno 1970 che l’approvazione della legge sarebbe stato «atto politico in- felicissimo». Approvata la legge, e partite le iniziative referendarie per abolirla, il Pa- pa nel 1971 annotò che si trattava di «un ri- schio audace» che obbligava «la coscienza cattolica del Paese a ritrovare energie e unità». Un approdo non definitivo, tanto che nell’agosto 1973 Montini manifestava il timore che «spingere al referendum fos- se invitare ad un eroismo dei cattolici ita- liani, pastoralmente inutile». Il 12 maggio del 1974, come si sa, il 59,1% degli italiani respinse l’ipotesi di abrogazione e Paolo VI si ritrovò a constatare amareggiato che alla difesa dell’indissolubilità del matrimonio era «mancata la doverosa solidarietà di non pochi membri della comunità eccle- siale». Anni burrascosi che ora, dall’osser- vatorio aclista, trovano una sintetica, con- vincente ricostruzione. © RIPRODUZIONE RISERVATA Le Acli e Paolo VI, il dramma La rottura dell’unità politica dei cattolici e la «deplorazione» di Montini del 1971 Storia Il bresciano Maurilio Lovatti ricostruisce le vicende dell’Associazione cristiana dei lavoratori nel ventennio 1958-78 Maurilio Lovatti è nato a Brescia il 2 giugno 1954. Si è laureato in filosofia il 24 febbraio 1978 all’università degli Studi di Milano, con una tesi sulla filosofia della religione di David Hume. Dal 1990 al 2014 ha insegnato filosofia e storia al Liceo scientifico di Stato “Nicolò Copernico” di Brescia, dal 2014 al 2018 al Liceo classico Arnaldo. Nell’ambito della storia locale ha scritto «Giacinto Tredici vescovo di Brescia in anni difficili» (Brescia 2009) e numerosi altri saggi L’autore Militanti delle Acli gremiscono piazza Duomo a Milano nel 1956 per una incontro col cardinal Montini (dal volume «Paolo VI autobiografia per immagini» della Morcelliana) Referendum Nel referendum sul divorzio il Papa bresciano temette che venisse chiesto ai cattolici un eroismo «pastoralmente inutile» di Massimo Tedeschi Cultura Tempo libero Architettura a Borgo San Giacomo Una conferenza e due mostre sul «brutalismo» Una serata dedicata al brutalismo, «una meravigliosa idea di architettura» alla Casa del Popolo Arci Cremlino di Borgo San Giacomo. Alle 18 l’architetto Marta Vitali tiene il talk sui segreti del cemento armato e il brutalismo: omaggio al cemento a vista, al béton brut in francese (da cui i il termine brutalismo). A seguire l’inaugurazione delle due mostre «This brutal house posters» del designer inglese Peter Chadwick e di «Betoniera: cartoline da un futuro passato». (t.b.) La mostra a Casa di Dio C’è molta Brescia nella nascita della Croce rossa Quando La mostra a Palazzo Averoldi (Contrada santa Croce 38 in città) è aperta fino a sabato 12 maggio ed è visitabile il giovedì e il venerdì dalle ore 15 alle 19, il sabato e la domenica dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 19 M ancò un nonnulla. Colpa di una coinci- denza fallita, di una citazione in tono minore, del- l’accorta iniziativa altrui. Ba- stò che Henry Dunant, fonda- tore della Croce Rossa inter- nazionale, nel suo libro-de- nuncia sul grande massacro di Solferino del 1859 citasse l’equanime generosità delle donne di Castiglione verso tutti i feriti, perché la cittadi- na mantovana diventasse la capitale morale della Cri. In realtà, dice la storia, me- ritò assai di più Brescia che con i suoi 49mila abitanti ac- colse 30mila feriti, vittime di amputazioni, infezioni, can- crene. La conferma viene dal- la mostra curata da Gianluigi Valotti e Marco Facchetti (ri- cercatori indipendenti) inau- gurata ieri a palazzo Averoldi, sede della Casa di Dio, dalla direttrice Stefania Mosconi, dalla presidente della Cri di Brescia Carolina David e dalla delegata regionale dell’Asso- ciazione “Souvenir Francais” Martine Ventura. Titolo del- l’esposizione: «Preludio alla nascita della Croce Rossa In- ternazionale nel territorio bresciano dal 1859 al 1870». I primi a riconoscere la ge- nerosità dei bresciani furono i francesi: Napoleone III insignì ben quindici nostri concitta- dini con la medaglia di I clas- se per meriti umanitari. In La presidente della Cri Carolina David e Gianluigi Valotti Parco Gallo Letteratura e Belle époque P roust, Rostand, Breton. Sono molti gli assi della letteratura che animarono la Belle Époque parigina. Lo racconta domani, lunedì alle 18,30 il “Caffè letterario”, tradizionale appuntamento mensile dell’associazione Cieli Vibranti negli spazi della Cascina Parco Gallo, in via Corfù 100 a Brescia. Il musicologo Andrea Faini guida un cast formato dall’attore Filippo Garlanda, dal pianista Giovanni Colombo e dal fisarmonicista Ermes Pirlo. L’ingresso è libero. mostra quella di Luigia Anti- co, donna del popolo che cu- rò il colonnello Henry Marc Charles Waubert de Genlis, amico personale dell’impera- tore che era stato al suo fianco a Magenta e fu ferito a Solferi- no: morì a Brescia e i suoi resti riposarono per alcuni mesi nella «Tomba dei prodi» al Vantiniano. L’altra medaglia esposta è quella del medico Rodolfo Rodolfi, patriota ri- sorgimentale, in prima fila nei soccorsi nel 1859, 1866 (Terza guerra d’indipenden- za) e 1870 (guerra franco- prussiana). Un primato mora- le che contribuisce a fare grande Brescia. (m.te.) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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  • Corriere della Sera Domenica 14 Aprile 2019 BS13

    Il 19 giugno del 1971 rivolgendosi ai ve-scovi italiani Paolo VI pronunciò unafrase che scosse il mondo cattolico:«Noi — disse il Papa bresciano oggisanto — abbiamo visto con rammari-

    co il recente dramma delle Acli: e cioè ab-biamo deplorato, pur lasciando piena li-bertà, che la direzione delle Acli abbia vo-luto mutare l’impegno statutario del mo-vimento e qualificarlo politicamente,scegliendo per di più una linea socialista,con le sue discutibili e pericolose implica-zioni dottrinali e sociali».

    Una frase che gettava nello sconcerto,per non dire nel panico, i vertici dell’Asso-ciazione cristiana dei lavoratori dopo untravagliato percorso che aveva accentuatol’impegno politico degli aclisti sempre piùa sinistra fino al convegno di Vallombrosain cui aveva prevalso la strumentazioneconcettuale marxista nell’analisi della so-cietà italiana e nel vagheggiato supera-mento del capitalismo attraversa «l’ipotesisocialista». Un travaglio contrassegnatoprima dall’uscita dell’ex presidente LivioLabor, che negli stessi mesi dava vita allafallimentare esperienza del Movimentopolitico dei lavoratori, e poi dalla «revocadel consenso» da parte della Cei che, riti-rando gli assistenti spirituali dai circoliAcli, aveva revocato la qualifica di Organiz-zazione ecclesiale che connotava fino aquel momento le Acli.

    L’associazione era un elemento nonmarginale nella galassia cattolica dell’epo-ca: gli iscritti andavano dal massimo stori-co del 1961 (718 mila tesserati) alla rispetta-bile soglia del 1974 (417mila iscritti). Col-piva però la capillare distribuzione in oltre4600 strutture di base.

    La «deplorazione» di Paolo VI tramorti-va i vertici aclisti non solo per l’autorevo-lezza del pronunciamento, ma perché le Acli dovevano praticamente tutto a Monti-ni: era stato lui a sostenerne la nascita nelgiugno 1944 ad opera di Achille Grandi, in-dividuando la necessità di un’organizza-zione specifica dei lavoratori cattolici afianco del sindacato unitario. SempreMontini, dalla Segreteria di Stato, aveva di-feso la continuità dell’esperienza aclista anche dopo la rottura dell’unità sindacaledel 1948, ritenendo che le Acli avesseroruoli di formazione e di iniziativa sociale che la Cisl non avrebbe potuto coprire.Montini, infine, aveva letteralmente salva-

    to l’organizzazione nel 1954 dalle secche diun collasso economico. Per questo la delu-sione paterna, espressa nella deplorazio-ne del 1971, era più significativa e innescòuna graduale, accidentata conversionedella linea delle Acli.

    Le vicende che precedettero e seguiro-no il dramma del 1971 sono ora ricostruitecon vastità di fonti e mano salda nel gover-nare i sovrabbondanti materiali d’archivio(mancano ancora quelli vaticani) dal bre-sciano Maurilio Lovatti in «Giovanni XXIII,Paolo VI e le Acli» (Morcelliana, pp. 280,euro 25) con il sostegno e la prefazione alvolume dell’attuale presidente nazionale delle Acli, il bresciano Roberto Rossini. Non nuovo a imprese che ricostruisconopagine chiave della storia cattolica italianadel Novecento, Lovatti stila un testo di so-brio rigore, in cui la sua lunga militanzaaclista lascia traccia soprattutto negli em-patici profili di alcuni protagonisti.

    Giusta anche l’idea di considerare il pe-riodo coperto dai due Papi del Concilio,ché anche durante il papato di Roncallinon mancarono difficoltò e tensioni fra leAcli e il magistero: alle aperture giovanneefece infatti da controcanto la linea impres-

    sa alla Cei dal cardinal Siri. Risultò così particolarmente faticoso il processo di af-francamento dal collateralismo alla Dc.

    Lovatti conduce il lettore dall’elezionedi Giovanni XXIII (il 28 ottobre 1958) finoal 6 agosto del 1978, data della morte di Pa-olo VI. In mezzo, pagine decisive della sto-ria italiana recente e delle tensioni politi-che che attraversarono l’arcipelago bianco(dai cattolici del dissenso alla fine del-l’unità politica, dal referendum sul divor-zio al convegno su Evangelizzazione e pro-mozione umana del 1976).

    Lovatti coglie anche aspetti accidentalinel fiume della grande vicenda storica, co-me quando ipotizza che il pronunciamen-to così tranchant della deplorazione di pa-olo Vi fosse figlio delle indicazioni del car-dinal Benelli che da un suo fidato collabo-

    ratore, monsignor Grillo, riceveva lanotizia (infondata) di riunioni acliste chesi aprivano con il canto dell’Internazionalee con selve di pugni alzati. Riaffioranodrammi e esitazioni di quei tempi, anchedi Paolo VI di fronte al divorzio: il Papascrisse nel giugno 1970 che l’approvazionedella legge sarebbe stato «atto politico in-felicissimo». Approvata la legge, e partitele iniziative referendarie per abolirla, il Pa-pa nel 1971 annotò che si trattava di «un ri-schio audace» che obbligava «la coscienzacattolica del Paese a ritrovare energie eunità». Un approdo non definitivo, tanto che nell’agosto 1973 Montini manifestavail timore che «spingere al referendum fos-se invitare ad un eroismo dei cattolici ita-liani, pastoralmente inutile». Il 12 maggiodel 1974, come si sa, il 59,1% degli italianirespinse l’ipotesi di abrogazione e Paolo VIsi ritrovò a constatare amareggiato che alladifesa dell’indissolubilità del matrimonioera «mancata la doverosa solidarietà dinon pochi membri della comunità eccle-siale». Anni burrascosi che ora, dall’osser-vatorio aclista, trovano una sintetica, con-vincente ricostruzione.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Le Acli e Paolo VI, il drammaLa rottura dell’unità politica dei cattolici e la «deplorazione» di Montini del 1971

    Storia Il bresciano Maurilio Lovatti ricostruisce le vicende dell’Associazione cristiana dei lavoratori nel ventennio 1958-78

    Maurilio Lovatti è nato a Brescia il 2 giugno 1954. Si è laureato in filosofia il 24 febbraio 1978 all’università degli Studi di Milano, con unatesi sulla filosofia della religione di David Hume.

    Dal 1990 al 2014 ha insegnato filosofia e storia al Liceo scientifico di Stato “Nicolò Copernico” di Brescia, dal 2014 al 2018 alLiceo classico Arnaldo.

    Nell’ambito della storia locale ha scritto«Giacinto Tredici vescovo di Brescia in anni difficili» (Brescia 2009) e numerosi altri saggi

    L’autore

    Militanti delle Acli gremiscono piazza Duomo a Milano nel 1956 per una incontro col cardinal Montini (dal volume «Paolo VI autobiografia per immagini» della Morcelliana)

    ReferendumNel referendum sul divorzio il Papa bresciano temette che venisse chiesto ai cattolici un eroismo «pastoralmente inutile»

    di Massimo Tedeschi

    CulturaTempo libero

    Architettura a Borgo San GiacomoUna conferenza e due mostre sul «brutalismo»Una serata dedicata al brutalismo, «una meravigliosa idea di architettura» alla Casa del Popolo Arci Cremlino di Borgo San Giacomo. Alle 18 l’architetto Marta Vitali tiene il talk sui segreti del cemento armato e il brutalismo: omaggio al

    cemento a vista, al béton brut in francese (da cui i il termine brutalismo). A seguire l’inaugurazione delle due mostre «This brutal house posters» del designer inglese Peter Chadwick e di «Betoniera: cartoline da un futuro passato». (t.b.)

    La mostra a Casa di Dio

    C’è molta Brescia nella nascita della Croce rossaQuando

    La mostra a Palazzo Averoldi (Contrada santa Croce 38 in città) è aperta fino a sabato 12 maggio ed è visitabile il giovedì e il venerdì dalle ore 15 alle 19, il sabato e la domenica dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 19

    M ancò un nonnulla.Colpa di una coinci-denza fallita, di unacitazione in tono minore, del-l’accorta iniziativa altrui. Ba-stò che Henry Dunant, fonda-tore della Croce Rossa inter-nazionale, nel suo libro-de-nuncia sul grande massacrodi Solferino del 1859 citassel’equanime generosità delledonne di Castiglione versotutti i feriti, perché la cittadi-na mantovana diventasse lacapitale morale della Cri.

    In realtà, dice la storia, me-ritò assai di più Brescia checon i suoi 49mila abitanti ac-colse 30mila feriti, vittime diamputazioni, infezioni, can-crene. La conferma viene dal-

    la mostra curata da GianluigiValotti e Marco Facchetti (ri-cercatori indipendenti) inau-gurata ieri a palazzo Averoldi,sede della Casa di Dio, dalladirettrice Stefania Mosconi,dalla presidente della Cri diBrescia Carolina David e dalladelegata regionale dell’Asso-ciazione “Souvenir Francais”Martine Ventura. Titolo del-l’esposizione: «Preludio allanascita della Croce Rossa In-ternazionale nel territoriobresciano dal 1859 al 1870».

    I primi a riconoscere la ge-nerosità dei bresciani furono ifrancesi: Napoleone III insignìben quindici nostri concitta-dini con la medaglia di I clas-se per meriti umanitari. In La presidente della Cri Carolina David e Gianluigi Valotti

    Parco Gallo

    Letteraturae Belle époque

    P roust, Rostand, Breton. Sono moltigli assi della letteratura che animarono la Belle Époque parigina. Lo racconta domani, lunedì alle 18,30 il “Caffè letterario”, tradizionale appuntamento mensile dell’associazione Cieli Vibranti negli spazi della Cascina Parco Gallo, in via Corfù 100 a Brescia. Il musicologo Andrea Faini guida un cast formato dall’attore Filippo Garlanda, dal pianista Giovanni Colombo e dal fisarmonicista Ermes Pirlo. L’ingresso è libero.

    mostra quella di Luigia Anti-co, donna del popolo che cu-rò il colonnello Henry MarcCharles Waubert de Genlis,amico personale dell’impera-tore che era stato al suo fiancoa Magenta e fu ferito a Solferi-no: morì a Brescia e i suoi restiriposarono per alcuni mesinella «Tomba dei prodi» alVantiniano. L’altra medagliaesposta è quella del medicoRodolfo Rodolfi, patriota ri-sorgimentale, in prima filanei soccorsi nel 1859, 1866(Terza guerra d’indipenden-za) e 1870 (guerra franco-prussiana). Un primato mora-le che contribuisce a faregrande Brescia. (m.te.)

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