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1 Cultura Italiana a Oriente Mensile dell’Istituto Italiano di Cultura di Pechino Maggio 2009 No.4 意大利文化处月刊 2009年 五月 Zhu Di 朱迪

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意大利文化处月刊

2009年 五月

Zhu Di朱迪

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朱迪简历 (1969出生于安徽)

随德国著名摄影家托马斯·吕特格学习摄影艺术1991毕业于中央工艺美术学院(现清华大学美术学院)陶瓷艺术系。1992年10月起 旅居意大利威尼斯。2008年出版个人摄影作品集《L’anima di Venezia威尼斯之魂》.(Marsilio出版社 意大利). 2008年9月 威尼斯文德拉明·卡莱尔吉宫,《威尼斯之魂》--- 个人摄影作品展。

威尼斯之魂--个人摄影展

中国艺术家朱迪,通过威尼斯的水影所反映的周围世界,给我们展示着威尼斯一种独特的艺术形象。威尼斯的水,作为移动性的、对光和色彩敏感的因素,是习惯在大自然中把握着抽象和综合性的东方眼睛所能抓住的多种形象和想象的熔炉。

这样我们便会发现,不断变化着形和色的威尼斯之水就象宇宙的镜子,也是现代艺术的崇高概括。其实,在这些水道的水影中,我们不可思议地能够看到伟大的现代艺术家的线,色彩和创造力。这些水的倒影也能确认威尼斯水城的全球性:通过朱迪的照片我们就会看到东方的暗示,一些让我们联想到中国传统艺术的线和明暗。总之,水的美丽和魅力所在,就是每个人,在欣赏摄影师的作品时,都能在这些水影之中发现不同的形象和记忆。 朱迪的摄影作品是他通过三年的工作和选择的收获:这位中国艺术家抓到了威尼斯之魂,现在便想通过这次展览和另外一些艺术活动将它传达给世界,将它和中国连接起来。威尼斯水城一直是东西方之间的一座桥,也是古代和现代之间的一座桥。这些作品就邀请我们用另外一种眼光

L’anima di Veneziapersonale di fotografia

L’artista cinese Zhu Di propone una rappresen-tazione artistica originale di Venezia, attraverso ciò che i suoi canali riflettono del mondo circostante; elemento mobile e sensibile alla luce e ai colori, l’ac-qua dei canali di Venezia è un crogiolo di immagini e di fantasie catturate dall’occhio orientale, educato a cogliere la sintesi e l’astrazione presente in natura.

Si scopre così che l’acqua di Venezia, nella sua mutevole e incessante ricchezza di forme e colori, è immagine dell’universo nella sua caleidoscopica va-rietà, e come tale, sintesi massima dell’arte moderna. Nei riflessi dei canali, incredibilmente, possiamo leg-gere infatti il colore, la linea, la creatività dei grandi artisti dell’arte moderna. A conferma dell’anima universale di Venezia, i suoi canali attraverso le fo-tografie di Zhu Di ci restituiscono anche suggestioni orientali, linee, “pennellate”, ombre, che rimandano invece alla tradizione e all’estetica cinese. Ma, in definitiva, la bellezza di quest’acqua e il fascino uni-versale che la caratterizza, è che ciascuno, osservan-do le immagini catturate dall’obiettivo dell’artista, vi ritrova immagini e memorie diverse.

Nelle sue fotografie, frutto e selezione del lavoro di tre anni, l’artista cinese ha “rubato” l’anima di Venezia, per offrirla al mondo collegandola alla Cina attraverso questa mostra e altre iniziative artistiche. Città d’acqua, Venezia è sempre stata un ponte tra Oriente e Occidente, tra il mondo antico e la moder-nità. Queste opere sono un invito a visitare Venezia con altri occhi, e, nello stesso tempo, trasportano Venezia e la sua anima nell’“altra metà del mondo”.

Nicoletta Pesaro

看威尼斯,同时也将威尼斯之魂带到“世界半边天”。

Nicoletta Pesaro

Bontà che eccelle è simile all’acqua.La più grande immagine forma non ha.

Laozi Daodejing

Cosí il viaggiatore vede arrivando due città: una di-ritta sopra il lago e una riflessa capovolta. Non esiste o avviene cosa nell'una Valdrada che l’altra Valdrada non ripeta, perché la città fu costruita in modo che ogni suo punto fosse riflesso dal suo specchio.

Italo Calvino Le città invisibili

Vedi ciò che è nella tua mente e nel tuo cuore, la cultura è anche memoria.

Zhu Di L’anima di Venezia

上善若水 大象无形 ----《道德经》老子

这样,旅客可以在这里看见两个城:一个直立湖畔,一个是湖里的倒影。瓦尔德拉达不论出现或发生什么事情,都会在另一个瓦尔德拉达重复一次,因为城的结构特点是每一个细节都反映在镜子里。

----《隐形的城市》卡尔维诺 你心里有什么,你就看见什么,文化其实也是一种记忆!

----《威尼斯之魂》朱迪

L’ARTISTA

Zhu Di (Provincia di Anhui, 1969)Si specializza in fotografia con Thomas Luttge, e si laurea presso la facoltà di Arte della Ceramica dell’Accademia di Arte e Design di Pechino (attuale Università di Qinghua). Nel 1993 si trasferisce in Italia.La personale di fotografie d’arte L’anima di Venezia, ospitata nel 2008 a Palazzo Vendramin Calergi, segue la pubblicazione del volume L’anima di Venezia. Riflessi sull’acqua catturati da un artista cinese presso Marsilio Editore.

Pechino, Teatro dell'Istituto Italiano di CulturaInaugurazione: 3 giugno, ore 17.00Apertura: 4-24 giugno 2009 10.00-18.00

Tianjin, Guangfu Dao 27Apertura: 27 giugno -27 luglio10.00 - 18:00sabato e domenica: 10.00 - 22.00

意大利文化处剧场开幕时间: 6月3日17:00展览日期: 2009年6月4日 - 2009年6月24日时间: 10:00 - 18:00

天津,意大利风情区光复道27号展览时间:2009年6月27日至7月27日时间:10:00 - 18:00周末:10:00 - 22:00

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Marco Polo è mai stato in Cina? I suoi occhi si sono veramente soffermati a cercare del movimento nei deserti dell’Afganisthan, e hanno davvero scrutato le bellezze della corte del Khan e degli altri incredibili luoghi del Paese di Mezzo, così come ha raccontato nel suo “Milione”? Mai come oggi studi storici e filologici pervasi da un certo scetticismo metterebbero in dubbio la reale presenza del veneziano in estremo Oriente.

Ma anche alla luce di questo, che importa? A noi, per fortuna, interessa poco che i racconti del giovane Polo siano veri, riportati o c o m p l e t a m e n t e i n v e n t a t i . Perché comunque, storicamente, grazie a lui e alle sue cronache di documentazione dei viaggi compiuti tra il 1271 e il 1295, la Serenissima e la Cina hanno mantenuto nei secoli una sorta di filo invisibile, mai scomparso e anzi rafforzatosi in epoca moderna. Il tutto a dispetto di rapporti ufficiali che invece furono sporadici al punto da lasciare poche tracce negli archivi.

Si sa per esempio che pochi anni dopo, nel 1338, un mercante lagunare di casa Soranzo, mentre si trovava in Cina, decise con altri veneziani che erano con lui di intraprendere un nuovo viaggio per Delhi, che poi risultò fatale a parecchi giovani della compagnia. Quella dei Soranzo era una casata di tutto rispetto visto che aveva dato da poco alla Repubblica un ottimo doge, Giovanni Soranzo, che fra parentesi alla fine del Duecento aveva avuto modo di ospitare a pranzo Dante Alighieri, tanto per citare un altro autore di fama del XIII secolo.

D u n q u e l e m i g l i o r i f o r z e mercantili veneziane riuscivano a spingersi fino ai confini del mondo. E come potevano mettersi

in viaggio se non uti l izzando una guida d’eccezione, ovvero lo stesso “Milione” di Marco Polo, una cui copia stava incatenata alla parete esterna della chiesa di San Giovanni Elemosinario di Rialto, a disposizione per essere consultata? Chiesa che era una sorta di strano tempio “laico”: sebbene consacrata, era di proprietà dello Stato; in essa mercanti e viaggiatori vi apprendevano l’abaco, i rudimenti della navigazione e perfino la cabala, in ossequio a una distanza dalla Chiesa di Roma che la Serenissima coltivò con un certo autocompiacimento, in ogni epoca.

Ma torniamo a Marco Polo. Di lui e della sua famiglia oggi rimane ben poco: una porzione di casa laddove si ritiene che vi avesse le proprietà, in una zona di Venezia le cui corti si chiamano “Del Milion” e dove oggi sorge uno dei più bei teatri della città, il Malibran. Del veneziano esiste anche i l tes tamento , conservato negl i archivi, mentre la sepoltura è andata purtroppo perduta da tempo. Ma se la tomba è scomparsa, non così è avvenuto per le tracce leggendarie del viaggiatore, che avrebbe portato con sé molto più che ricordi e qualche gemma di valore, lasciando segni indelebili nell’immaginario.

Una leggenda racconta infatti come i l giovane veneziano si innamorò di una delle figlie più giovani e avvenenti di Qubilay, t an to da ch iedere a l Khan i l permesso di averla in moglie. Egli ne rimase folgorato una sera, dopo averla sentita cantare stando ai margini dei giardini imperiali, e non potè che innamorarsi della voce perfetta e della melodia che ne scaldò il cuore, prima ancora che della indicibile bellezza della ragazza.

Di indole dolce e riservata, per

lunghi anni essa ricambiò col suo amore quello del compagno, e pazientemente ne seguì le gesta o ne attese il ritorno, fino al momento in cui la Cina non fu più sicura per i veneziani. Arrivò così il momento di tornare nelle terre della Repubblica e la donna, senza alcuna esitazione, scelse di seguire le sorti del marito. Ma la sua vita a Venezia fu in qualche maniera una vergogna per la città; invisa ai parenti per questioni di gelosia e avidità, e additata per strada a causa della sua evidente diversità, malgrado la sua inalterata bellezza, la principessa senza impero si adeguò a restare segregata in casa, per non creare problemi a sé e al consorte. L’unico svago che la giovane si concedeva nei lunghi giorni della sua prigionia volontaria era il canto.

Non era raro infatti, transitando sul ponte nelle serate più belle, incontrare qualcuno in ascolto, rapito dalla bellezza del canto s t ruggen te con cu i l a donna ricordava il tempo in cui un intero impero la onorava, e lei viveva felice con suo marito nelle lontane terre del Kathay. Per un po’ la situazione si trascinò così fino a quando, giunta in casa Polo la notizia dell’imprigionamento di Marco da parte dei genovesi, una delle sorelle dell’uomo salì le scale dell’alto palazzo per avvisare la cognata. Ma invece di riferirle la verità, per ferirla ulteriormente gliene annunciò la morte.

La principessa non disse nulla, ma quella stessa notte, dopo essersi data fuoco alle vesti, si lanciò da una delle alte finestre nel canale sottostante mettendo fine, come

una luminosa stella cadente, alla sua breve e infelice permanenza a Venezia. Da quel tempo, nelle belle sere d’estate in cui il sole indugia e fa attendere il tramonto, stando sul ponte è ancora possibile sentire un canto debole, indistinto, da cui non potendo stabilire con esattezza la provenienza non si può che rimanere rapiti per la dolcezza. È la principessa che canta il suo amore per Marco, sapendo di esserne riamata.

Di Marco Polo, come è noto, esiste una effige “cinese”: sarebbe una sua rappresentazione, infatti, una delle statue del tempio dei Geni di Canton, che mostra un curioso personaggio baffuto dotato di uno strano copricapo. A Venezia una copia di questa statua è conservata al Museo Correr, in Piazza San Marco. Ma basta portarsi verso la riva in Piazzetta, dove si ergono le due superbe colonne di granito per trovare la sorpresa delle sorprese: un’antica statua cinese, questa volta autentica.

Si tratta nientemeno che del simbolo per antonomasia della

Marco Polo, chiamato in un documento del 1305 «nobilis vir Marchus Paulo Milioni», nacque a Venezia nel marzo 1254: aveva dunque quindici anni quando, nel 1269, il padre Niccolò e lo zio Matteo ritornarono a Ve-nezia dopo il loro primo viaggio in Oriente. Nella primavera o nell’estate 1271 i fratelli Polo ripartirono da Venezia conducendo con sé il giovane Marco: solo nel novembre dello stesso anno poterono lasciare San Gio-vanni d’Acri, giungendo alla corte di Qubilay Khan verso il maggio 1275. Durante il loro lungo soggiorno presso la corte mongolica, Marco svolse attività diplomatiche e amministrative per conto del Gran Cane, che molto stimava le sue doti di intelligenza e le sue capacità. Finalmente nel 1292 i Polo salparono dal porto di Zaitun (attuale Quanzhou), iniziando per mare il viaggio di ritorno che si concluse a Venezia intorno al 1295. Tre anni dopo Marco fu fatto prigioniero durante la battaglia navale di Curzola e rinchiuso nelle carceri di Genova. Lí trovò quel Rustichello da Pisa di cui si servì per la stesura del suo racconto. Secondo l’uso allora corrente, questi scrisse la sua relazione in francese, con l’aggiunta di italianismi e venezianismi.Ratificata la pace tra Veneziani e Genovesi nel 1299, Marco poté ritornare a Venezia. Scarse le notizie di lui dopo tale data. Sappiamo che nell’agosto 1307 consegnò una copia del suo libro a Thibault de Cepoy, perché la reca-pitasse a Carlo di Valois, e che il 9 gennaio 1324 firmò il suo testamento.Morí a Venezia fra il 1324 e il 1325.

Marco Polo e la Principessa Serenissima: il leone alato. E non un leone qualsiasi, ma quello che da secoli ogni viaggiatore in arrivo per mare ha potuto ammirare mettendo piede in ci t tà dal la sua porta principale, San Marco. Il leone svettante sulla colonna di sinistra, infatti, dopo essere stato a lungo ritenuto di arte persiana, secondo recenti attribuzioni parrebbe essere una Chimera di arte cinese, alla quale furono successivamente aggiunte le ali.

Il leone alato di San Marco diventò l’emblema della città di Venezia a partire dall’828, quando i due naviganti Buono da Malamocco e Rustico da Torcello riuscirono a trafugare il corpo dell’Evangelista da Alessandria d’Egitto. Si era così avverato quanto un angelo aveva annunciato al Santo apparendogli in sogno dopo un naufragio che lo aveva fatto approdare in laguna. La profezia recitava le famose parole Pax tibi Marce Evangelista meus, Hic requiescet corpus tuum, a significargli che a Venezia egli avrebbe trovato venerazione e onorato riposo. Per un millennio

quelle parole, scolpite nel grande libro che il leone tiene aperto con una zampa, hanno significato la presenza di Venezia nel mondo.

Ritornando alle colonne di Piazza San Marco, pare che in origine fossero addirittura tre.

Le cronache, infatti, raccontano come durante lo sbarco dei pesanti monoliti, avvenuto in una serata di temporale, uno di loro precipitò in acqua. Quella terza colonna, che sulla sommità portava un coccodrillo, non fu mai recuperata, e ancora oggi – in alcuni giorni di tempesta – è possibile intravedere la sagoma del grande animale di pietra che affiora mugghiante tra le onde increspate del bacino. Quando ciò accade, secondo la credenza popolare, la notte stessa dalla città scompare una fanciulla.

Alberto Toso Fei

Lo scrittore Alberto Toso Fei parteci-perà al Convegno letterario Noir, mistero e gialli a confronto organizzato a Pechino dal 13 al 18 ottobre dall’Istituto di Cultu-ra.

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马可·波罗是否真的到过中国?他的目光是否真的注视过阿富汗大漠的风情?他是否真的象在《马可·波罗游记》里描述的那样欣赏过大汗王朝的美仑美焕,是否真的见识过天朝上国的大气威严?今天,围绕马可·波罗这个名字有着不少疑云,许多历史文献研究对这位威尼斯人是否真正踏足东方提出了前所未有的强烈质疑。

但即便如此,这种质疑又有多大影响呢?对我们来说,我们不关心青年才俊马可·波罗创作的游记是否真实,是援引他人的,还是完完全全由自己杜撰出来的。无论是真是假,从历史角度看,我们必须承认,正是由于马可·波罗和他在1271年至1295年游历中国后创作的《游记》让当时的威尼斯共和国与中国在几个世纪中被一根看不见的纽带紧紧联系在一起。这种联系不仅从未消失,而且不断加强。它甚至比两者间的正式关系还要重要,因为正式关系时有时无,在历史的长河不过是星星点点,而且并未能留下多少文献记载。

我们都知道,在马可·波罗游历中国后不久,在1338年,又有一位威尼斯商人也来到了中国。他是索朗左家族的一员,后来与另几位威尼斯同伴决定一起前往印度的德里。然而此行的最终结果却不尽人意,有人甚至为此丧命。当年的索朗左是一个名门望族,家族中曾出了位威尼斯

共和国的执政官--乔万尼·索朗左。在13世纪末,他还曾邀著名诗人但丁共进晚餐。

威尼斯那些最有实力的商人们成功地走向世界各地。试想,如果不是由《马可·波罗游记》作向导,他们又如何能够踏上远方的征程?位于威尼斯阿尔朵圣乔万尼教堂的外墙上曾刻着《马可·波罗游记》的正文,供大家参阅。当时的教堂可以说是一种“世俗”的庙宇,尽管被祝圣,但却不属于教会,而是属于国家财产。在教堂里,商人和旅行家可以学到阿拉伯语及航海基础知识,甚至连占卜星相术也能学到。可见,威尼斯的教会与罗马教廷保持着距离,在每一个时代威尼斯共和国都维护着自己的尊严。

让我们再回到马可·波罗。今天,我们对于他本人及家庭情况知之甚少。有人说他家在威尼斯某处叫“德尔米林”地方,今天威尼斯最漂亮的马莉布郎剧院就位于这里。威尼斯的历史档案中还保存有一份马可·波罗的遗嘱,而他的墓碑已随岁月流逝不见踪迹。虽说墓碑已无踪影,但这位伟大旅行家的传奇却留传下来。他留给自己的不仅是回忆,还有声望,同时也给后人们想象的空间里留下不可磨灭的印迹。

《马可·波罗游记》叙述了这位年轻的威尼斯人爱上了一位青春美丽的元朝公主--忽必烈的女儿,后向大汗求婚等一些故事。话说某一天晚上,马可·波罗在御花园一角听到公主在唱歌,他被深深打动,于是爱上了公主那美妙的歌喉和动人的旋律,也情不自禁地爱上了公主本人。

这位公主性情温柔稳重,她也爱上了这位仰慕者,但长年以来他们之间只用心在与对方交流。后来,有情人终成眷属。当心上人出征时,公主或随其左右,或在家中等待爱人凯旋归来。直到有一天,在中国的威尼斯人出于安全考虑,不得不离开中国。马可·波罗只好踏上返回家乡的旅程,而公主则毫不犹豫地选择追随丈夫还乡。可惜,对这位远道而来的公主,威尼斯人并未笑脸相迎,甚至觉得她的存在对他们来说是个耻辱。亲戚们也妒忌她,讨厌她。走在路上,她是那么的与众不同,也因此受到众人的指骂。公主依然那么美丽动人,但是失去了王朝的公主已今非昔比。为了不给自己和丈夫添麻烦,她只好闭门不出。漫漫长日里,妙龄公主的唯一消遣是唱歌。

于是在威尼斯那美丽的夜晚里,总会有人静静地站在小桥上聆听公主美妙的歌喉。公主用歌声回忆过去,回忆那整个王朝为

之倾倒的日子,回忆她与丈夫在遥远的大汗之国的幸福生活。日子就这样一天天继续着。有一天,家里传来马可·波罗在战事中被热那亚人俘虏的消息。马可·波罗的姐姐不怀好意地跑到公主居住的高楼,故意骗公主说她的丈夫已经去世。公主一言不发,当晚,她点燃了自己身着的外衣,从窗口纵身跃下,如同一颗璀灿的星星,坠入冰冷的河水里,结束了她在威尼斯那短暂并且郁郁寡欢的日子。从此以后,在夏日的傍晚,夕阳西下的时候,如果站在桥上就能隐约听到一阵阵弱弱的歌声,辨不清它从哪里来,但听者无不为之所动。那是公主在歌唱她对丈夫的爱,她知道他的丈夫马可·波罗也同样深爱着她。

我们都知道,广东的一座祠堂内保存有马可·波罗的雕像。雕像中的人物留着小胡子,戴着一顶怪怪的小帽子。在威尼斯也有这样一尊雕像,收藏在位于圣马可广场的科莱博物馆内。在圣马可广场,我们向河边走去时,会看到两个宏伟的花岗岩柱子,向柱子上望去,我们会发现一件

马可·波罗于 1254 年 3 月生于威尼斯。 在 1305 年的一份文献中,

他被称为“尊贵的商人,东方见闻录的作者”。 1269 年,在他十五岁的时候,其父尼科洛和叔叔马泰奥在历经第一次东方旅行后回到威尼斯。1271 年的春夏之际,马可·波罗的父亲和叔叔带着他一道,再次离开家乡向着遥远的东方远游,并于当年 11 月离开意大利港口,于 1275 年的 5 月抵达大汗王朝。他们在蒙古族人建立的王朝里居住了很长时间,马可·波罗还做了外交官和行政官员,其聪明才智颇受赏识。1292 年,马可·波罗随同父亲及叔叔从今天的泉州港出发,从海路踏上归程,最终于 1295 年回到威尼斯。三年后,在一次海战中,马可·波罗被俘,关押在热那亚的监狱里。在这里,他遇上了来自比萨的作家鲁斯提凯罗,于是便由马可·波罗口述,由鲁斯提凯罗执笔,创作了《马可·波罗游记》。根据当时的习惯,鲁斯提凯罗记录时用的是法文,夹杂着意大利语和威尼斯方言。

1299 年威尼斯人与热那亚人签署了和平条约,马可·波罗得以重新回到威尼斯。此后,人们便很少有关于马可·波罗的消息了。我们只知道1307 年的 8 月,他将一本《马可·波罗游记》交给了德齐博,又由德齐博上呈给法国的瓦卢瓦·查理伯爵。另外,我们还知道马可· 波罗于 1324年 1 月 9 日签署了他的遗嘱,于 1324 至 1325 年间卒于威尼斯。

十分令人惊讶的事:这里有一尊真真正正的中国雕像--长着翅膀的飞狮。这也是威尼斯共和国的象征。它可不是一只普通的狮像,多少世纪来,每一个从水路抵达威尼斯的游客一踏上这片土地,第一眼就能看到这只飞狮。它耸立在左边的柱子之上,长期以来,它被认为是波斯工艺,而根据最近的研究表明,狮像乃出自中国人之手,而翅膀是后来添加上去的。

当年,两位航海家—来自马拉莫科的薄诺和来自托尔切罗的鲁斯提科将圣马可的遗体从埃及的亚历山大偷偷运回威尼斯埋葬后,狮像自公元828年起就成为威尼斯的象征。这里还有一个传说:圣马可在遭遇海难后,停泊在拉古那这个地方。有一天,天使托梦给他,说在威尼斯他会受到敬爱,得到安宁。于是,威尼斯成为圣马可长眠之地。而天使的预言也被用拉丁文记录下来,刻在飞狮用爪子翻开的那页石头书上。一千年来,那段文字向世界宣布了威尼斯的存在。

让我们再把话题拉回到圣马可广场的柱子上来。据说,在最

马可·波罗是否真的到过中国? 初这样的柱子共有三个。根据历史记载,在一个狂风暴雨的夜晚,人们把这三根大柱子卸载到岸。其中顶端雕有鳄鱼像的那根柱子不慎落水,消失在茫茫大海里。时至今日,遇上暴风雨的日子,人们似乎隐约可见海底一头石兽的轮廓,在起伏的波浪中怒吼。据当地人传说,这第三根柱子落水的那个夜晚,也正好是美丽的公主在威尼斯销声匿迹的时候。

Alberto Toso Fei

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Prologo Signori imperadori, re e duci, e tutte altre gente che volete sapere le diverse generazioni delle genti e le diversità delle regioni del mondo, leggete queso libro dove le troverete tutte le grandissime maraviglie e gran diversitadi delle genti d’Erminia, di Persia e di Tarteria, d’India e di molte altre provincie. E questo vi conterà il libro ordinatamente siccome messer Marco Polo, savio e nobile cittadino di Vinegia, le conta in questo libro e egli medesimo le vide. Ma ancora v’ha di quelle cose le quali egli non vide, ma udille da persone degne di fede, e però le cose vedute dirà di veduta e l’altre per udita acciò che ‘l nostro libro sia veritieri e sanza niuna menzogna. Ma io voglio che voi sappiate che poi che Iddio fece Adam nostro primo padre insino al dì d’oggi, né cristiano, né pagano, saracino o tar tero , né n iuno uomo, di niuna generazione non vide né cercò tante maravigliose cose del mondo come fece messer Marco Polo. E però disse intra se medesimo che troppo sarebbe grande male s’egli non mettesse in iscritto tutte le maraviglie ch’egli ha vedute, perché chi non le sa l’appari per questo libro. E sì vi dico ched egli dimorò in que’ paesi bene ventisei anni. Lo quale poi stando nella prigione di Genova, fece mettere in iscritto tutte queste cose a messere Rustico da Pisa, lo quale era preso in quelle medesime carcere ne gli anni di Cristo 1298.

CAPITOLO LXIXDELLE FATTEZZE DEL GRAN CANE.

Lo Gran Signore di signori, che Cobaly (Cubilai) Cane è chiamato, è di bella grandezza: né piccolo

né grande, ma è di mezzana fatta. Egli è canuto di bella maniera; egli è troppo bene tagliato di tutte membra. Egli hae lo suo viso bianco e vermiglio come rosa, gli occhi neri e belli, lo naso ben fatto e be’ li siede. Egli ha tuttavia quattro femmine, le quali tiene per sue diritte moglie. E ‘l maggiore figliuolo, ch’egli ha di queste quattro mogli, dee essere signore, per ragione, dello ‘mperio dopo la morte del suo padre, Elle sono chiamate imeradrice, e ciascuna è ch iama ta pe r suo nome . E ciascuna di queste donne tiene corte per sé. E non ve n’ha niuna che non abbia trecento donzelle, e hanno molti valletti e scudieri e molti altri uomeni e femmine; sì che ciascuna di queste donne ha bene in sua corte mille persone. E quando vuole giacere con alcuna di queste donne, egli la fa venire in sua camera e talvota vae alla sua. Egli tiene ancora molte amiche: e diròvi com’egli è vero che gli è una generazione di Tarteri, che sono chiamati Ungrat, che sono molta bella gente e avenenti; e di queste sono iscelte cento le più belle donzelle che vi sieno, e sono menate al Gran Cane. Ed egli le fa guardare a donne del palagio, e falle giacere appresso lui in u’ letto per sapere s’ella hae buono fiato, e per sapere s’ella è pulcella, e bene sa d’ogni cosa. E quelle che sono buone e belle di tutte cose sono messe a servire lo signore in tal maniera com’io vi dirò. Egli è vero che, ogni tre dì e tre notti, sei di queste donzelle servono lo signore in camera e al letto e a ciò che bisogna, e ‘l signore fae di loro quello ch’egli vuole. E di capo di tre dì e tre notti vegnono l’altre sei donzelle, e cosìe vae tutto l’ano di sei in sei donzelle.

CAPITOLO LXXIDEL PALAGIO DEL GRAN CANE.

Sappiate veramente che ‘l Gran Cane dimora nella mastra città, ch’è chiamata Camblau (Cambaluc), tre mesi dell’anno, cioè dicembre, gennaio e febbraio. E in questa città ha suo grande palagio: ed io vi diviserò com’egli è fatto. Lo palagio è di muro quadro, per ogni verso un miglio. E in su ciascuno canto di questo palagio è uno molto bel palagio, e quivi si tiene tutti gli arnesi el Gran Cane, cioè archi, turcassi e selle e freni, corde e tende, e tutto ciò che bisogna ad oste (e a guerra). E ancora tra questi palagi hae quattro palagi in questo cercòvito: sì che in qusto muro attorno attorno sono otto palagi, e tutti sono pieni d’arnesi, e in ciascuno ha pur d’una cosa. E in questo muro, verso la faccia del mezzodì, hae cinque porte, e nel mezzo è una grandissima porta, che non s’apre mai né chiude se no’ quando il Gran Cane (vi passa, cioè) entra e esce. E dal lato a questa porta ne sono due piccole, da ogni lato una, onde entra tutta l’altra gente. Dall’altro lato n’hae un’altra grande, per la quale entra comunemente tutta l’altra gente (cioè ogni uomo). E dentro questo muro hae un altro muro: e attorno attorno hae otto palagi, come nel primaio, e così son fatti; ancora vi stae gli arnesi del Gran Cane. Nella faccia verso mezzodie hae cinque porti, nell’altra pure una. E in mezzo di questo muro èe il palagio del Gran Cane, ch’è fatto com’io vi conterò. Egli è il maggiore che mai fu veduto; egli non v’ha palco, ma lo ispazzo èe alto più che l’altra terra bene dieci palmi; la copritura è molto altissima. Le mure delle sale e delle camere sono tutte coperte d’oro e d’ariento; havvi iscolpite (belle istorie di donne) e di cavalieri, e d’uccelli e di bestie e di

molte altre belle cose; e la copritura èe altresì fatta che non ci si può vedere altro che oro e ariento. La sala è sì lunga e sì larga, che bene vi mangiano seimila persone; e havvi tante camere ch’è una maraviglia a credere. La copritura di sopra (cioè di fuori) è vermiglia e bioda e verde e di tutti altri colori, ed è sì bene invernicata che luce come (oro o) cristallo, sì che molto dalla lunge si vede lucere lo palagio. La copritura è molto ferma. Tra l’uno muro e l’altro dentro a quello ch’io v’ho contato di sopra havvi degli prati e allori, e havvi molte maniere di bestie selvatiche: cioè cirvi bianchi, cavriuoli e dani, le bestie che fanno moscado, vai (e ermellini) e altre belle bestie. La terra dentro di questo giardino è tutta piena dentro di queste bestie, salvo la via donde gli uomini entrano; e dalla parte verso il maestro hae lago molto grande, ove hae molte generazioni di pesci. E sì vi dico che un gran fiume v’entra e esce, ed èe sì ordinato che niuno pesce ne puote uscire: e havvi fatto mettere molte ingenerazioni di pesci in questo luogo; e questo è con rete di ferro.

A n c h e v i d i c o c h e v e r s o tramontana, da lungi dal palagio una arcata, ha fatto fare un monte, ch’è alto bene cento passi e gira bene un miglio; lo quale monte è pieno d’albori tutto quanto, che di niuno tempo perdono le foglie, ma sempre son verdi. E sappiate che, quando è detto al Gran Cane d’uno bello albore, egli lo fa pigliare con tutte le barbe e co’ molta terra, e fallo piantare in quel monte: e sia grande quanto vuole, ch’egli lo fa portare a’ leonfanti. E sì vi dico ch’egli ha fatto coprire tutto il monte della terra dello azzurro, ch’è tutta verde, sì che nel monte non ha cosa se no’ tutta verde: perciò si chiama lo “Monte Verde”. E in sul conmo del monte è un palagio e molto grande, sì che a guatarlo è una grande maraviglia; e non è uomo

che ‘l guardi, che non ne prenda allegrezza; e per avere quella bella vista l’ha fatto fare il Gran Signore per suo conforto e sollazzo. Ancora più né meno fatto, ove istà lo nipote del Gran Cane; e questo Temur che dee regnare tiene tutta la maniera del suo avolo, e ha già bolla d’oro e sugello d’imperio, ma non fa l’uficio infino che l’avolo è vivo.

LXXIIDELLA CITTÀ GRANDE DI CAMBLAY (CAMBALUC)

Dacché v’ho contati de’ palagi, sì vi conterò della grande città di Camblau (Cambaluc), ove sono questi palagi, e perché fu fatta, e com’egli è vero che appresso a questa città n’avea un’altra grande e bella, e avea nome “la città del signore”. E ‘l Gran Cane trovando per astrolomia che questa città si dovea rubellare, e dare gran briga

allo imperio, e però il Gran Cane fece fare questa città presso a quella, che non v’è in mezzo se none un fiume; e fece cavare la gente di quella città e mettere in quell’altra, a l quale è chiamata Camblau (Taidu). Questa città è grande in giro da ventiquattro miglia, cioè sei miglia per ogni canto: ed è tutta quadra, che non è più dall’uno lato

che dall’altro. Questa città è murata di terra, e sono grosse le mura dieci passi e alte venti; ma non sono così grosse di sopra come di sotto, anzi vegnono di sopra assottigliando tanto, che vengono grosse di sopra tre passi. E sono tutte merlate e bianche; e quivi ha dieci porti, e in su ciascuna porta hae un gran palagio, sì che in ciascuno quadro hae tre porti e cinque palagi. Ancora in ciascuno quadro di questo muro hae un grande palagio, ove istanno gli uomeni che guardano la terra. E sappiate che le rughe della città sono sì ritte, che l’una porta vede l’altra: e di tutte quante incontra così. Nella terra ha molti palagi; e nel mezzo n’hae uno ov’è suso una campana molto grande, che suona la sera tre volte, che niuno non puote poi andare per la terra sanza granda bisogno, o di femmina che partorisse o per alcuno infermo, Sappiate che ciascuna porta guarda mille uomeni; e non crediate che vi

si guardi per paura d’altra gente, ma fassi per riverenza del signore che là entro dimora e perché gli ladroni non facciano male per la terra. Ora v’ho contato di sopra della città; or vi voglio contare com’egli tiene corte (e ragione), e di suoi gran fatti, cioè del signore.

MARCO POLO Il Milione

Come eravamo 那时的我们,那时的中国NO

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马可波罗行纪

引言

预知世界各地之真相,可取此书读之。君等将在其中得见所志大阿美尼亚(Grande Aménie)、波斯(Perse)、鞑靼(Tartarie)、印度(Inde)及其他不少州区之伟大奇迹,且其叙述秩次井然,明了易解:凡此诸事,皆是物搦齐亚贤而贵的市民马可波罗君所目睹者,间有非彼目睹者,则闻之于确实可信之人。所以吾人之所征引,所见者著明所见,所闻者著明所闻,庶使本书确实,毫无虚伪。有聆是书或读是书者,应信其真。盖书中所记皆实,缘自上帝创造吾人始祖阿聃(Adam)以来,历代之人探知世界各地及其伟大奇迹者,无有如马可波罗君所知之广也。故彼以为,若不将其实在见闻之事笔之于书,使他人未尝闻见者获知之,其事诚为不幸。余更有言者,凡此诸事,皆彼居留各国垂二十六年之见闻。迨其禁锢于吉那哇(Gênes)狱中之时,乃求其同狱者皮萨(Pisa)城人鲁斯梯谦(Rusticien)诠次之。时在基督降生后之1298年云。

第八十一章

大汗之体貌风仪君主的君主名称忽必烈的大

汗之体貌如下:不长不短,中等身材,筋肉四肢配置适宜,面上朱白分明,眼黑,鼻正。有妇四人为正妇,此四妇诞生之长子,于父死后依利应承袭帝位。此四妇名称皇后,然各人别有他名。四妇各有宫廷甚广,各处至少有美丽侍女三百,并有勇武侍臣甚众,及其他男女不少,由是每处合有万人。

大汗每次欲与此四妇之一人共寝时,召之至其室内,有时亦亲往就之。尚有妃嫔不少,兹请为君等叙其选择之法。

鞑靼有一部落名称弘吉剌(Ungrat),其人甚美。每年由此部贡献室女百人于大汗。命宫中老妇与之共处,共寝一床,试其气息之良恶,肢体是否健全。体貌美善健全者,命之轮番侍主。六人一班,三日三夜一易。君主内寝之事,悉有此种侍女司之,君主惟意所欲。三日三夜期满,另由其他侍女六人更番入侍。全年如是。概用三日三夜六人轮番入侍之法。

第八三章大汗之宫廷

应知大汗居其名曰汗八里之契丹都城,每年三阅月,即12月、1月、2月是已。在此城中有其大宫殿,其式如下:

周围有一大方墙,宽广各有

一哩。质言之,周围共有四哩。此墙广大,高有十步,周围白色,有女墙。此墙四角各有大宫一所,甚富丽,贮藏君主之战具于其中,如弓箙弦,鞍,辔及军中必需之物是已。四角四宫之间,复各有一宫,其形相类。由是围墙共有八宫甚大,其中满贮大汗战具。但每宫仅贮战具一种,此宫满贮战弓,彼宫则满贮马辔,由是每宫各贮战具一种。

此墙南面辟开五门,中间一门除战时兵马甲仗由此出外,从来不开。中门两旁各辟二门,共为五门。中门最大,行人皆由两旁较小之四门出入。此四门并不相接,两门在墙之两角,面南向,余二门在大门之两侧。如是布置,确使此大门居南墙之中。此墙之内,围墙南部中,广廷一哩,别有一墙,其长度逾于宽度。此墙周围亦有八宫,与外墙八宫相类,其中亦贮君主战具。南面亦辟五门,与外墙同,亦于每角各辟一门。此二墙之中央,为君主大宫所在,其布置之法如下:

君等应知此宫之大,向所未见。宫上无楼,建于平地。惟台基高出地面十掌。宫顶甚高,宫墙及房壁满涂金银,并绘龙、兽、鸟、骑士、形象及其他数物于其上。屋顶之天花板,亦除金银及绘画外别无他物。大殿宽广,足容六千人聚食而有余,房屋之多,可谓奇观。此宫壮丽富赡,世人布置之良,诚无逾于此者。顶上之瓦,皆红黄绿蓝及其他诸色。上涂以油,光泽灿烂,犹加水晶,致使远外处亦见此宫光辉。应知其顶坚固,可以久存不坏。

上述两墙之间,有一极美草原,中植种种美丽果树。不少兽类,若鹿、獐、山羊、松鼠、繁殖其中。带麝之兽为数不少,其形甚美,而种类甚多,所以除往来行人所经之道外,别无余地。

由此角至彼角,有一湖甚美,大汗置种种鱼类于其中,其数甚多,取之惟意所欲。且有一河流由此出入,出入之处间以铜铁格子,俾鱼类不能随河流出

入。北方距皇宫一箭之地,有一

山丘,人力所筑。高百步,周围约一哩。山顶平,满植树木,树叶不落,四季常青。汗闻莫地有美树,则遣人取之,连根带土拔起,值此山中,不论树之大小。树大则命象负而来,由是世界最美之树皆聚于此。君主并命人以琉璃矿石盖此山。其色甚碧,由是不特树绿,其山亦绿,竟成一色。故人称此山曰绿山,此名诚不虚也。

山顶有一大殿,甚壮丽,内外皆绿,致使山树宫殿构成一色,美丽堪娱。凡见之者莫不欢欣。大汗筑此美景以为赏心娱乐之用。

第八四章大汗太子之宫

尚应知者,大汗为其将来承袭帝位之子建一别宫,形式大小完全与皇宫无异,俾大汗死后内廷一切礼仪习惯可以廷存。此王已受帝国印玺一方,然权力未备,大汗在生之时仍是大汗为君

主也。大汗及其子之宫殿,既已叙述于前,兹欲言之,其宫殿所在之契丹大城,及其营建之原因而已,此城名曰八里。

古昔此地必有一名贵之城名城汗八里,汗八里此言“君主城”也。大汗曾闻星者言,此城将来必背国谋叛,因是于旧城之旁,建筑此汗八里城。中间仅隔一水,新城营建以后,命旧城之人徒居新城中。

此城之广袤说如下方:周围有二十四哩,其形正方,由是每方各有六哩。环以土墙,墙根厚十步,然愈高愈削,墙头仅厚三步,遍筑女墙,女墙色白,墙高十步,全城有十二门,各门之上有一大宫,颇壮丽。四面各有三门五宫,盖每角亦各有一宫,壮丽相等。宫中有殿广大,其中贮藏守城者之兵杖。街道甚直,以此端可见彼端,盖其布置,使此门可由街道远望彼门也。

城中有壮丽宫殿,复有美丽邸舍甚多。城之中央有一极大宫殿,中悬大钟一口,夜间若鸣钟三下,则禁止人行。鸣钟以后,

除为育儿之妇女或病人之需要外,无人敢通行道中。纵许行者,亦需携灯火而出。每城门命千人执兵把守。把守者非有所畏也,盖因君主驻跸于此,礼应如是,且不欲盗贼损害城中一物也。既言其城,请言其人,以及朝廷之布置,并其他诸事。

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Sorprendentemente, fu solo intorno alla metà del sec. XIX che i nomi oggi citatissimi di Marco Polo e del Milione cominciarono a circolare in Cina. Il merito va ascritto ad alcuni periodici occidentali dell’epoca, in cinese.

Nel 1837, sull’ “Eastern Western Monthly Magazine”, venne pubblicato il saggio “I popoli delle nazioni europee alla ricerca di nuovi spazi” [Ouluoba lieguo zhi min xin xin di lun 欧罗巴列国之民寻新地论], che per la prima volta ricordò ai Cinesi che “due mercanti italiani raggiunsero Pechino” al tempo dei primi Yu a n . T u t t a v i a n o n n e facevano i nomi.

Nel 1853, l’edizione cinese del “Chinese Serial”, edito a Hong Kong, pubblicò l’articolo “Cenni storici sui mercanti occidentali” [Xiguo tongshang yuanwei 西国通商原委], dove si riportava la notizia che “il primo a toccare a quei tempi la terra cinese si chiamò Marco Polo [Mage Poluo 马歌坡罗], unanimemente ritenuto nelle nazioni del Grande Occidente il capostipite dei viaggi d’esplorazione”.

Nel 1874, due altre riviste, l’una di Shanghai l’altra di Pechino, pubblicarono la “Storia degli Occidentali in Cina al tempo dei Mongoli” [Yuandai xiren ru Zhongguo s h u 元 代 西 人 入 中 国 述 ] ; poco più tardi, nelle sue “Integrazioni alle traduzioni di storia Yuan” [Yuanshi yiwen zhengbu 元史译文证

补], un grande storico del periodo mongolo, oltre che ambasciatore del Celeste Impero in Olanda, Hong Jun 洪钧 [1839-1893], citava per primo vari passi dal Milione. In quanto al testo, nella Cina precomunista è stato tradotto in cinese almeno cinque volte:

La prima volta fu tradotto da due grandi intellettuali verso la fine dell’Impero, Wei Yuan e Lin Shu, dapprima a puntate, sul “Bollettino della Capitale” [Jingbao 京报], e poi in volume, con il titolo di “Resoconto dei viaggi di Marco Polo, dignitario meteco di epoca Yuan” [Yuandai keqing Mage Buoluo youji 元代客卿马哥博罗游记].

Più tardi, Zhang Xinglang 张星郎 cominciò a tradurre l a v e r s i one i n g l e s e d e l Milione curata dallo Yule, il celebre Cathay and the Way Thither del 1866, com-prese le integrazioni che vi aveva apportato nel 1920 Henri Cordier (in Ser Mar-co Polo. Notes and addenda to sir Henry Yule’s edition, containing the results of recent research and discovery) ma si fermò all’Introduction e al primo volume. La terza versione si deve a Feng Chengjun 冯承钧, che tradusse e pubblicò nel 1936 la versione francese di A.H. Charigon col titolo di “Viaggi di Marco Polo” [Make Boluo xingji 马可波罗行纪] L a q u a r t a v e r s i o n e fu que l la che L i J i 李季

condusse sul testo inglese di Manuel Komoroff The travels of Marco Polo, del 1930 e intitolò “Resoconto dei viag-gi di Marco Polo” [Mage Boluo youji 马哥孛罗游记]. Infine, nel 1937 Zhang X i n g l a n g c o m p l e t ò l a traduzione del testo, questa vo l ta però da l l ’ ed i z ione dello studioso italiano Luigi Fos co l o Benede t t o , d e l 1928, intitolandola anch’egli “Resoconto dei v iaggi di Marco Polo” [Mage Boluo youji 马哥孛罗游记]. Oggigiorno, il Milione è un libro che si trova facilmente nelle librerie cinesi. Il testo è quello della versione di Feng Chengjun, ripubblicata molte volte da varie case editrici, talvolta con titoli leggermente diversi ma senza che nessuno si sia dato la pena di aggiornarlo. Si può dunque considerare che sia questo il testo del Milione più noto in Cina. Il traduttore [1887-1946] fu uno storico reputato, buon conoscitore di molte l i n g u e o c c i d e n t a l i ( i l francese, l’inglese, il tedesco, l’italiano, il latino) oltre che del sanscrito, del mongolo e del tibetano; egli si dedicò intensamente allo studio della storia della dinastia mongola degli Yuan e dei rapporti fra Cina e Europa, pubblicando un centinaio di titoli. Il grande storico cinese Gu Jiegang lo elencava fra i maggiori traduttori di storia della Cina moderna. Nel 1903 Feng si recò i n B e l g i o , a s t u d i a r e a l l ’un ivers i tà ; l ì , mi l i tò nei gruppi studenteschi r ivoluzionari inf luenzati da Sun Yatsen. Nel 1907 si trasferì a Parigi, dove

c o n o b b e P a u l P e l l i o t , Edouarde Chavanne e altri grandi sinologi francesi. A l l o s c o p p i o d e l l a rivoluzione nazionalista, nel 1911, ritornò in patria ed en-trò nel governo rivoluzionario di Wuchang. Nel 1914, a Pechino, fu direttore ge-nerale del Ministero della Pubblica Istruzione. Negli anni venti insegnò storia mongola ed europea in vari atenei. Nel 1929, allettato da una grave malattia, si consacrò alla stesura dei suoi libri. Negli anni Trenta, rimessosi in salute, diede alle stampe molti testi di storia. Nel dopoguerra riprese a insegnare e concluse i suoi giorni nel 1946. La versione del Milione corrente in Cina fu dunque stabilita da uno studioso di vaglia. Tuttavia, è necessaria una premessa. Come si sa, il testo poliano fu redatto sotto dettatura da Rustichello da Pisa nelle prigioni genovesi, in franco-italiano. Nel 1865, Guillaume Pauthier preparò un’edizione in francese moderno e nel 1871 il colonnello Yule dava alle stampe il suo celebre

Cathay and the Way Thither, in sostanza la traduzione in inglese del Pauthier, con alcune aggiunte. Nel 1928 uscì poi la grande edizione dello studioso italiano Luigi Foscolo Benedetto, curata per conto del Comitato Geografico Nazionale Italiano, con una monumentale Introduzione nella quale si dava conto di tutta la tradizione del testo poliano. Attualmente, alla luce dei nuovi studi che s i sono avv icendat i negli ultimi decenni, il testo poliano migliore è conservato dalla versione toscana del T recento , pubbl icata in Italia nel 1975 col titolo di Milione. Versione toscana del Trecento, a cura di Valeria Bertolucci Pizzoruzzo e con l’indice ragionato di Giorgio R. Cardona. Il testo che Feng scelse invece per la versione cinese è tutt’altro che autorevole. Le migliori edizioni moderne non tengono nemmeno conto del lavoro dello Charigon, un ingegnere francese che riscrisse in francese corrente un testo in francese antico de r i va to da l l a v e r s i one franco-italiana di Rustichello. Lo Charigon, un ingegnere che si recò in Cina nel 1899 e lavorò alla costruzione della ferrovia Pechino-Wuhan e poi come consulente al Ministero dei Trasporti, co-nobbe presumibilmente Feng a Pechino. Quest ’ul t imo confrontò il testo di Cha-rigon con altre versioni e lo integrò con passi prelevati a suo arbitrio dalle edizioni di Giovanni Battista Ramusio (1559), di Guillaume Pauthier (1865), di Henry Yule (1871) e di Luigi Foscolo Benedetto ( 1 9 2 8 ) . D ’ a l t r a p a r t e ,

La fortuna del Milione all’epoca il testo stabilito nel 1938 da Moule e Pelliot non era ovviamente ancora disponibile. Merito di Feng è d’altra parte anche la confutazione dell’ipotesi per cui Marco Polo vada identificato nel Boluo 孛罗 di cui parla la “Storia degli Yuan”. Fu lui a proporre di scrivere diversamente il cognome Polo in cinese, ovvero nella grafia, tuttora in uso, di Boluo 波罗.

prof. Giorgio Casacchiaaddetto culturale

Shanghai

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La lingua di Venezia e

La Venezia della lingua

A Venezia si parla il veneziano. Un dialetto, dicono. Ma dov’è che un dialetto finisce di essere un dialetto e diventa una lingua vera e propria è cosa che gli esperti non hanno mai chiarito.

U n a c o s a è s i c u r a : s e u n veneziano parla in veneziano con uno di Firenze o di Roma, questi due capiranno assai poco. La cosa non cambia per la maggior parte dei dialetti italiani. Le grandi differenze tra di loro sono dovute al fatto che quasi tutti non sono delle variazioni o derivazioni dall’italiano, ma delle variazioni e derivazioni dal latino. Proprio come il francese, lo spagnolo, il portoghese ecc. Il veneziano, rispetto a altri dialetti dell’Italia, ha in più il fatto che Venezia, nei suoi secolari rapporti con l’oriente, ha accolto e assimilato parole orientali e parole greche, che sono quindi molto diverse dalle parole con lo stesso significato che dal latino sono passate in molti degli altri dialetti e in italiano.

La lingua, o dialetto, di Venezia ha altre caratteristiche particolari, ma assai interessante è anche cosa succede alla parola Venezia nella lingua, nelle lingue.

Quante Venezie esistono?Di Venezia naturalmente ce

n’è una sola (anche se, come vedremo, nemmeno lei è o era veramente una). È vero però che la conformazione urbana decisamente eccezionale e la lunga e gloriosa storia della Serenissima, come veniva e ancora a volte viene chiamata, hanno fatto moltiplicare non la città ovviamente, ma la parola, in tante forme e tante figure: le tre Venezie non sono tre città, ma tre regioni italiane, piccola Venezia d’Alsazia viene chiamata la città di Colmar, piccola Venezia, semplicemente, si dice di

Comacchio ma anche di Cortina all’Adige o di un angolo della città di Mykonos, Venezia del nord è il nome che viene dato ad Amsterdam, ma ci sono città e cittadine chiamate Venezia del sud in Italia, in Sud America, in India. Esiste poi una Venezia asiatica in Turchia e una in Tailandia, una Venezia africana in Benin ecc. ecc.

Il moltiplicarsi del nome di Venezia è dovuto probabilmente molto più al fatto che è sull’acqua e quindi diversa, che non al fatto che è famosa. Famose sono anche Parigi, Londra, Shanghai o New York, ma non ce ne sono così tante.

E c c o c o s a c i d i c e u n a enciclopedia sulla vera e propria storia della parola Venezia.

Il nome “Venezia” (e le sue antiche varianti: Venédia-Venétia-Venésia-Venéxia-Vinegia) era utilizzato inizialmente per indicare tutta la terra dei Veneti antichi, corrispondente pressapoco agli attuali Veneto e Friuli. L’etnico Veneti è at testato per diverse popolazioni antiche (compare anche in Asia Minore, in Illiria, in Bretagna e nel Lazio) e riguardo al la sua or igine s i sono fat te molte supposizioni: la proposta più accreditata vi individua la radice wen-, con il significato di “desiderare” (e quindi i Veneti sarebbero i “beneamati”) e che secondo il Devoto indicherebbe le stesse genti indoeuropee.

Venetia compare anche nella sudd iv i s ione ammin i s t r a t iva augustea dell’Italia (7 d.C) e, accanto all’antica Istria, faceva parte della X regione. Il toponimo continuò ad essere utilizzato sotto i Bizantini che chiamavano Venetikà o, in latino Venetia maritima, la fascia costiera da Chioggia a Grado. Di conseguenza, il nome è passato poi ad indicare il ducato di Venezia e solo più tardi la sua capitale: è noto infatti che il centro è sorto in epoca tarda riunendo gli abitati sorti

sulle sue isole.Una particolarità del nome latino

di Venezia è che esso è un pluralia tantum, si declina cioè al plurale Venetiae e non Venetia; questo forse perché la città veniva concepita come l’unione di più centri sorti sulle diverse isolette e poi fusisi insieme, o comunque costituita da una pluralità di elementi.

C’è da aggiungere che quando il nome della città si è diffuso nelle varie lingue del mondo, è quasi sempre la forma italiana Venezia che è stata presa come base.

C i s o n o a l m e n o a l t r e d u e particolarità di come si comporta Venezia nella lingua.

U n a v i e n e d a l l a c u l t u r a , dalla storia e dalla civiltà della Serenissima e sono i numerosissimi derivati che ancora sono vivi in italiano: pavimenti alla veneziana, terrazzo alla veneziana, fegato alla veneziana, tende alla veneziana, le veneziane, fagioli alla veneziana, seppie alla veneziana, fave alla veneziana. La particolarità di queste espressioni è da una parte un fenomeno abbastanza comune: il legame con Venezia si è perso e quindi non è dato capire cosa significhi “alla veneziana”.

La seconda peculiarità riguarda i nomi comuni di luogo nella città di Venezia. Non si trovano le parole via, viale, piazza, corso ecc. ma formazioni del tutto diverse: calle, campo , portego , sottoportego , ramo, rio terà, sestier ecc. Sono alcune decine e la maggior parte di loro non si ritrova in nessuna altra città italiana.

Claudio Poeta

Misterioso italiano 奇妙的意大利语NO

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人们都说威尼斯人有自己的方言。在什么程度上方言仅仅是方言,而到了什么程度方言开始成为一种地地道道的语言,对于这样一个界定,语言学家们从未给出一个准确的答案。但有一点是肯定的 :如果一个威尼斯人同佛罗伦萨人或是罗马人说威尼斯方言的时候,后者肯定听不太懂。其实大部分的意大利方言都是如此。这些方言之间千差万别,主要是因为它们不是从意大利语演变过来的,而是同法语、西班牙语、葡萄牙语一样,直接从拉丁语演变发展过来的。与意大利的其它方言相比,威尼斯方言有一个特别之处,这就是由于历史上威尼斯同东方的交往,因此其方言中吸收了一些东方语言和希腊语言的词汇。正因如此,同一个意思的单词,在威尼斯方言中和在其他由拉丁语演变的方言中就有很大的不同。

当然,威尼斯语言或者说威尼斯方言还有其它一些特点,但我们现在不妨对不同语言中“威尼斯”这个词本身做一点研究,这也是一件十分有意思的事。

现实中,存在几个威尼斯呢?当然,威尼斯只有一个(尽管在后面我们会看到“威尼斯”出并非独一无二)。不可否认的是,威尼斯独特的城市构造和历史上具有光荣历史的威尼斯共和国使“威尼斯”这个词本身出现很多不同形式。比说说,意大利语中的 le Tre Venezie ( 三个威尼斯 ) 并非指有三个威尼斯市,而是三个不同的意大利地区,即 :达 尔 萨 齐 亚 小 威 尼 斯 (piccola Venezia d’Alsazia), 也 被 称 为科尔马尔城 ;小威尼斯(piccola Venezia),即科马基奥市,也可指科尔蒂那市或是米科诺斯市的一角 ;北部威尼斯(Venezia del nord),指的是阿姆斯特丹。在意大利、南美和印度还有城市被称作南部威尼斯 (Venezia del sud)。

另外,在土耳其和泰国还有被叫做亚洲威尼斯的城市 (Venezia asiatica), 在 贝 林 有 一 个 叫 做非 洲 威 尼 斯 的 城 市 (Venezia africana),如此等等。

之所以有许多地方叫“威尼斯”,主要是因为这些地方靠近水边或在水上,与众不同,而不是因为威尼斯很有名气,所以其他

地方都跟着叫“威尼斯”。我们只要想想,很多大都市如巴黎、伦敦、上海、纽约等也一样声名远播,但并没有很多地方叫这些名字。

下面我们看一看百科全书里对于“威尼斯”这个词是做如何解释的。威尼斯 (Venezia) 这个名字,以前曾有过不同的写

法 :Venédia-Venétia-Venésia-Venéxia-Vinegia。威尼斯原指整个古威尼托地区,也就是现在的威尼托和佛里乌里大区。在古代提到威尼托人的时候,指不同种族的人,有小亚细亚人、伊利亚人、不列颠人及拉其奥人。关于

“威尼斯”这个词的起源曾做过各种猜测。其中有一种最为可信,

WEN 这个词根的意思是 “渴望”,暗指威尼托人是一个受人尊重和爱戴的民族,泛指印欧大陆人。

Venétia 出现在公元七世纪时奥古斯都大帝统治时期的行政区划中。同古伊斯特里亚一样,属当时的一个大区。Venétia 这个名称一直用到拜占庭时期,拜占庭时将之称为 Venetikà 或是

拉丁语的 Venetia maritima,指从基奥甲 (Chioggia) 一直到格拉朵 (Grado) 的沿海地区。结果,Venétia这个名字被用来指威尼斯的公爵王朝,再后来用其表示大区首府。我们都知道,威尼斯岛是后期大大小小的岛上居民区被统一后才形成的。拉丁语中威尼斯这个名字有这样一个特点 :它是个集合名词,总以 Venetiae 的复数形式出现,而不是 Venetia。这也许是因为当提到威尼斯的时候,指的是分散在不同岛屿上的居民区的集合体,是一个集合的概念。

还有一点必须提到,世界各国在传播威尼斯这个名字的时候,均是以意大利语拼法 Venezia作为基础,吸到到各自语言当中。

另外,“威尼斯”这个词本身至少还有另外两个特别之处。其一,与古代威尼斯共和国的文化、历史和文明有关,即在今天使用的意大利语中,有很多派生词与Venezia 有关,如 pavimenti alla veneziana(地板), terrazzo alla veneziana(阳台), fegato alla veneziana ( 肝 酱 ), tende alla veneziana(窗帘), le veneziane

(百叶窗), fagioli alla veneziana(豆角), seppie alla veneziana( 墨 鱼 ), fave alla veneziana(蚕豆)。这些短语有两个特点 :一、使用非常普遍,但与威尼斯其实没什么关系,我们从 alla veneziana 中推断不出它究竟是什么意思。二、与威尼斯市的地名有关。在威尼斯说到街道、大路、广场、大道时不用 via, viale, piazza, corso 这 些 词, 而 用 的是完全不同的一些词,如 calle, campo, portego, sottoportego, ramo, rio terà, sestier 等。类似的说法有几十个,而这些说法是意大利其他城市里都不用的。

Claudio Poeta

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Continuiamo, come preannunciato, a passare in rassegna le parole c ines i r iguardan t i l a cu l tu ra italiana, utilizzando soprattutto il Dizionario dei Termini Cinesi di Cultura Italiana, attualmente in preparazione presso l’Istituto Italiano di Cultura di Shanghai.

In questo numero, vedremo alcuni termini cinesi relativi al cattolicesimo, in campo storico, artistico, religioso, liturgico ecc.L’interesse cinese per la religione cattolica e il Vaticano si è andato infatti costantemente intensificando in quest’ultimo decennio, durante il quale sono fioriti studi e convegni in materia, producendo un gran numero di termini cinesi relativi a tali domini, in passato alquanto negletti.

Innanzitutto, il nome di Gesù: la forma più completa rintracciabile è Jidu Yesu基督耶稣 o viceversa, Yesu Jidu 耶稣基督, solitamente abbreviata in Jidu基督, contrazione di Jilisidu基利斯督, dall’inglese Christ (greco Xριστος). La forma contratta ha prodotto molti derivati: innanz i tu t to J idu j iao 基督教 “dottrina di Cristo”, che com’è noto in cinese indica soprattutto il protestantesimo, mentre per c a t t o l i c e s i m o s i p r e f e r i s c e Tianzhuj iao 天主教 “dot t r ina del Signore dei Cieli”; Jidujiao shenxue基督教神学 “teologia cristiana”; jidutu基督徒 “cristiano” [storicamente parlando] ecc.

Anche il termine Yesu [ebraico Yehošua aramaico Yešua greco Ιεσουσ lat. Iesus “il Salvatore”] ( s c r i t t o a n c h e Ye s u 耶酥 ) è assai prolifico. Troviamo Yesu mentu耶稣门徒 “discepolo di Gesù”; Yesu shengtianjie 耶稣升天节 “Ascensione” [il nome della festività religiosa], Yesu s h o u n a n x i a n g 耶 稣 受 难 像

“martirio di Cristo” [il nome della scultura] ecc.

Oltre a l Nuovo Testamento (Xinyue 新约), anche il Vecchio

Testamento (Jiuyue 旧约) è sempre più letto e tradotto, oltre che, so-prattutto, riassunto e compendiato, con il risultato di produrre termini quali, fra i tanti, Geliya 歌利亚

Golia [inglese Goliath, ebraico Golyat], come per esempio in jureen Geliya 巨人歌利亚 “il gigante Golia” o Nuoya fangzhou 诺亚方舟 “l’arca di Noè” [inglese Noah, ebraico Nōah].

Il Vaticano e le sue gerarchie e la storia dello Stato della Chiesa e la sua organizzazione presente interessano molto i Cinesi, che hanno dotato la loro lingua di tutti i termini necessari, sia pure con alcune delle consuete incertezze. “Vaticano” è consolidatissimo nella forma Fandigang 梵蒂冈 [lat . Vaticanu(m)], ad esempio: dayue 4-6 shiji shi, Fandigang chengwei Luoma jiaohuang de guandi 大约4-6世纪时,梵蒂冈成为罗马教皇的官邸 “intorno ai secc. IV-VI, il Vaticano divenne la residenza uff ic ia le de l papa d i Roma”. Tuttavia, c’è ancora chi pensa (e scrive) che zai ladingyu zhong, Fandigang yiwei xianzhi zhi di 在拉丁语中,梵蒂冈意为“先知之地” “in latino, Vaticano significa ‘contrada della scienza infusa’ ”!

Anche tale termine è, ovviamente, prolificissimo: si hanno Fandigang bowuguan 梵蒂冈博物馆 i “Musei Vaticani”; Fandigangcheng 梵蒂冈城 la “Città del Vaticano”, detta anche Fandigang chengguo 梵蒂冈城国 “Città-stato del Vaticano”, col suo Fandigang chengguo guanli weiyuanhuì 梵蒂冈城国管理委员会 “governa to ra to” ; Fandiganggong 梵蒂冈宫i “palazzi vaticani”; Fandigang Guangbo Diantai 梵蒂冈广播电台la “Radio Va t i cana” . Compare pe r f i no l’espressione Fandigang qiutu

“prigioniero in Vaticano”, riferita a Pio IX dopo la presa di Roma.

Il Vaticano è inoltre talvolta definito anche guo zhong zhi guo 国中之国 “Stato nello Stato” o jiaohuangguo教皇国 “Stato ponti-ficio”.

I nomi dei papi compaiono in forma ben regolata, da Wu’erban Ershi乌尔班二世 Urbano II [1040-1099, nato Ottone o Oddone di Lagery] a Wu’erban Sishi 乌尔班四世 Urbano IV [Jacques Pantaléon, 1195-1264] a Wu’erban Bashi 乌尔班八世 Urbano VIII [Maffeo

Barberini, 1568-1644], e così via per gli altri pontefici.

L e g e r a r c h i e v a t i c a n e contemplano il 教皇 jiaohuang “papa”, termine preferito a jiaozong 教宗 (ma, storicamente, figura anche i l fanjiaohuang 反教皇 “antipapa”), definito Fandigang de guojia yuanshou 梵蒂冈的国家元首 “capo d i S t a to de l Vaticano” e jiaohui de jingshen lingdao 教会的精神领导 “guida

spirituale della Chiesa”, assiso sul jiaohuang baozuo 教皇宝座 “soglio pontificio” e dotato del ducai zhengzhi 独裁政治 potere temporale [lett. “assoluto”], che diventa tale grazie alla decisione del jiaohuang xuanju huiyi 教皇选举会议 “conclave” e alla jiaohuang de jiamian yishi “intronizzazione papale” e tiene in pugno il jiezhang 节杖 “bastone pastorale” e in capo calza la guiguan 桂冠 “mitra”. Storicamente, il papa ricevette l’appoggio del jiaohuangpai 教皇派 “partito guelfo” [lett. “partito papalino”].

Figura anche la Guardia Svizzera, col nome di Ruishi Weidui 瑞士卫队.

Le gerarchie costituiscono la

jiaoting 教廷 “curia”, talvolta alquanto confusamente spiegata: jiaoting shi jiaohuang zai xiang xiashu de quanqiu gedi de Luoma tianzhu jiaohui fachu zhiling shi suo shiyong de zhengshi mingcheng 教廷是教皇在向下属的全球各地的罗马天主教会发出指令时所使用的正式名称 “Curia è il nome ufficiale adottato dal papa quando emana le bolle alle chiese cattoliche nel mondo”!

Lo sheng fu 圣父 “San to

Padre” è coadiuvato dal hongyi zhujiao 红衣主教“cardinale”, nome preferito nella Cina popolare a shuji zhujiao 枢机主教, dal zongzhujiao总主教 “a r c i v e s c o v o ” , d a l zhujiao “vescovo” e dal jiaohuang shijie 教皇使节 “legato pontificio, giù giù fino al jiaoquzhang 教区长 “parroco”, che regge la jiaoqu 教区 “parrocchia”. È coadiuvato cioè, in generale, dai jiaoshi 教士 sacerdoti e dai gaoji jiaoshi 高级教士 “prelati” [lett. “sacerdoti d’alto livello”], che costituiscono il jiaoshi jieceng 教士阶层 “clero”, non esente peraltro neanch’esso da questioni irrisolte, quali quella d e l j i a o s h i j i e h u n 教士结婚

“matrimonio dei preti”.L’organ izzaz ione re t t a da l

pontefice è la jiaohui 教会 “chiesa”, in particolare la Luoma jiaohui 罗马教会 “Chiesa d i Roma” , c h e p r e v e d e u n a j i a o j i 教籍 “appartenenza alla chiesa, che può essere tolta con la zhuchu jiaohui 逐出教会 “scomunica”, peraltro revocabile: huifu jiaoji 恢复教籍. Il gregge pastorale è formato dai jiaotu 教徒 “fedele, credente” o, più precisamente nel caso cinese, dai jiaoyou 教友, il termine usato per i credenti affiliati alla Chiesa Cat to l ica Pa t r io t t ica . Ess i s i scambiano il heping zhi wen 和平之吻 “bacio della pace” (che ha origini antiche: huangdi jieshou jiaohuang de heping zhi wen 皇帝接受教皇的和平之吻 “L’imperato-re ricevette il bacio della pace dal papa”).

Chiesa come edificio è invece la jiaotang 教堂 e Jidujiao jiaotang 基督教教堂 la “chiesa cristiana”, con le sue xiaojiaotang 小教堂 “cappelle”, il jitan 祭坛 “altare” e i l zhu j i tan 主祭坛 “a l t a re maggiore”, abbellito dalla jitanhua 祭坛画畫 “pala d’ al tare”. Talvolta è una dajiaotang 大教堂 “basilica”, addirittura “d’oro”, come nel caso della Jinse Dajiaotang 金色大教堂 , altro nome della basilica di

San Marco a Venezia, talaltra è un “duomo”, ma il termine cinese resta lo stesso.

Vi s i celebrano le fes t ivi tà religiose, come la Dazhaijie 大斋节 “quaresima”.

Un termine infine che appare con altissima frequenza nel lessico di cui c i s t iamo occupando è naturalmente sheng圣“santo”. Ecco un elenco non certo esauriente delle parole che cominciano così: sheng’ai圣爱“divino amore”; shengdi 圣地 “Terra Santa”; sheng-gu 圣骨 “reliquia”; shengmu 圣墓 “Santo Sepolcro”; shengmu 圣母 “la Madonna”; shengpao 圣袍

“piviale”; shengren 圣人 “santo”, con la locuzione shouhu shengren守护圣人 “santo patrono”; shengtu 圣徒 “discepolo [di Cristo]”, con la locuzione shengtu zhuanji 圣徒传记 “Vi te de i d i scepo l i ” ; shengxianghua 圣像画 “ritrattistica sacra”; Shengying圣婴 “Bambin Gesù”; shengzhi 圣职 “carica ec-clesiastica”; Shengzi 身子 “Bambin Gesù” ecc.

prof. Giorgio Casacchiaaddetto culturale

Shanghai

Misterioso cinese奇妙的中文NO

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Alberto Toso FeiI SEGRETI DEL CANAL GRANDEMisteri, aneddoti, curiosità sulla più bella strada del mondoStudio LT2, 2009204 pagine, euro 17,50

Su Venezia e di Venezia si è scritto e si sono pubblicati tanti di quei libri che riempirebbero da soli senza difficoltà una intera biblioteca. Dalle preziose relazioni degli ambasciatori della Serenissima fino al peggiore dei kitsch a puro scopo commerciale e turistico. Come si fa a scrivere oggi un libro su Venezia che non sia scontato o banale o quantomeno noioso e ripetitivo? Chiedetelo ad Alberto Toso Fei che è al suo quarto titolo e sembra lungi dall’aver esaurito la vena. La formula è difficile da definire: veste grafica impeccabile, ma non ostentatamente lussuosa, illustrazioni curatissime e preziose, ma non leziose. E, naturalmente, i testi. Brevi, ma quasi sempre con un intreccio, anche quelli apparentemente didascalici. Strizzano l’occhio al mistero, ma senza mai esagerare andando alla ricerca del sensazionale. Sciorinano date, dati e nomi, ma mai in maniera saccente, anzi, con una leggerezza che alla fine ti rendi conto di averne macinati centinaia senza alcuno sforzo. E poi spaziano senza forzature dalla storia della letteratura alle arti figurative alla storia di guerre antiche e moderne. Piccole enciclopedie per capire Venezia, che è un’enciclopedia grande.

Se parte di queste caratteristiche valgono per tutti i libri di Alberto Toso Fei, I segreti del Canal Grande le condensano tutte. Il libro è bifronte, diviso in due metà, una per ognuna delle due rive del canale che vengono percorse entrambe edificio per edificio. E decisamente ce n’è per il veneziano d.o.c. come per il turista appena arrivato, che può tranquillamente usare il testo come guida. Da Dante Alighieri all’occupazione nazista, passando per i capitani da mar, Wagner o Peggy Guggenheim. Mai noioso, mai pedante, mai ovvio.

Il segreto di questo e degli altri libri di Alberto Toso Fei è un falso segreto. E’ probabilmente il segreto banale della stessa Venezia: la misura e l’equilibrio.

Claudio Poeta

L’AUTORE:Nato a Venezia 34 anni prima del

Duemila. Discendente da un’antica famiglia di vetrai di Murano, è un esperto di storia veneziana. Ha al suo attivo tre libri sulla Venezia curiosa e del mistero, frutto di oltre quindici anni di ricerca di archivio e di regi-strazione delle fonti della tradizione orale: Leggende veneziane e storie di fantasmi (2000), Veneziaenigma (2004, Vincitore del Premio letterario Gambrinus “Giuseppe Mazzotti”) e Mi-steri della laguna e racconti di streghe editi da Elzeviro. Nel 2007 con Shaul Bossi, docente di letteratura inglese all’Università Ca’ Foscari, ha dato alle stampe Shakespeare in Venice. Nel 2008 ha realizzato due libri-gioco su Venezia e Roma dando vita a una saga che va sotto il titolo di “The Ruyi” dal nome dello scettro magico che Marco Polo portò dalla Cina.

www.albertotosofei.it

Lo scrittore parteciperà al Conve-gno letterario “Noir, mistero e gialli a confronto”, organizzato a Pechino dal 13 al 18 ottobre dall’Istituto di Cultu-ra.

Alberto Toso Fei大运河的秘密关于世界上最美丽道路的秘密、轶事和趣闻Studio LT2, 2009204页,17.5欧

人们写过很多关于威尼斯的书,这些书可以毫不费力地填满一个图书馆。从威尼斯国大臣精心炮制的报告,到纯粹出于商业或旅游目的编写的通俗读物,一应俱全。怎样才能写出一本令人惊喜、既不平庸也不枯燥雷同的关于威尼斯的书呢?你们去问Alberto Toso Fei吧,这是他的第四本书,似乎离他灵感枯竭还远着呢。无可挑剔的封面,但绝非豪华;细致详实的插图,但绝非说教。当然,更重要的是内容,短小精悍,情节丰富,即使是那些说明性的文字也如此引人入胜。它轻轻撩起秘密的面纱,但绝无夸张以致耸人听闻。书中提供了大量的日期、数据和名字,但与卖弄学问无关,相反,读起来轻松自如,最后你会觉得毫不费力就获取了大量知识,就像在文学史、绘画艺术、古代和现代战争历史中自在地遨游。这是一本小小的百科全书,帮你读懂威尼斯这本大大的百科全书。

Alberto Toso Fei所有的书都具有以上特点,但是在这本书里体现得尤为突出。这本书是双面设计,从两端翻开内容不同,分别从大运河的t两岸出发,探索每一个建筑。土生土长的威尼斯人会喜欢上这本书,初来乍到的旅行者也可以把它当成导游书。从但丁·阿里杰罗到纳粹占领,从瓦格纳到佩吉·古根海姆。从不枯燥,从不学究,从不自以为是。

Alberto Toso Fei这本书中的秘密并不是真正的秘密,这是威尼斯维持自身秩序和平衡的一种方式。

作者简介:

阿尔贝托托索费1966年生于威尼斯, 穆拉诺小岛上一个制作玻璃的古老家庭,是位研究威尼斯历史的专家。他历经15年,翻阅了大量档案资料,研究威尼斯发生的令人好奇及神秘的事情,于2000年出版了其著作《威尼斯传奇及幽灵故事》,2004年出版了《威尼斯之谜》,凭借此书获得“朱塞佩玛佐第”文学奖,“威内托大区银行—作者之声”文学奖,2005年出版了《环礁湖之谜悬疑短篇小说》,并一举夺得“维拉莫罗希尼”茱莉亚特别奖。2007年,他与威尼斯大学英国文学专业的教师沙乌巴斯合作出版了《莎士比亚在威尼斯》一书。2008年由LOG607出版社为其出版了关于威尼斯和罗马的系列趣味丛书《如意》,书名缘于马可波罗东游途中从中国带回的那个吉祥物。

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TUTTI I LIBRI SONO DISPONIBILI NELLA LIBRERIA DELL’[email protected]

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Anchee MinL’IMPERATRICE ORCHIDEACorbaccio, 2004pp.465, Rmb-Yuan 180

«A corte, mentre gli uomini tentavano di far colpo con la propria intelligenza, io nascondevo la mia. Governare la corte, per me, è stata una battaglia costante contro consiglieri ambiziosi, ministri ambigui e generali che comandavano eserciti che non combattevano mai. Fu così per più di quarantasette anni.»

Siamo in Cina tra Otto e Novecento. L’impero celeste è ormai al tramonto, quando Orchidea, una splendida ragazza di diciassette anni, di famiglia aristocratica ma decaduta, arriva a Pechino, selezionata per diventare la concubina del giovane imperatore Xian Feng. Una volta varcata la soglia dell’impenetrabile Città Proibita, Orchidea si rende conto di non essere la sola ad ambire al talamo del sovrano: migliaia sono le giovani che vorrebbero dargli un figlio e assurgere al rango d’imperatrice. Tra queste ragazze, tutte giunte da lontano, con sogni, miserie e ossessioni simili alle sue, Orchidea imparerà presto a muoversi e, scansando congiure, invidie, gelosie e risentimenti.Romanzo magnetico e fluente, L’Imperatrice Orchidea è la storia di una donna che per generazioni è stata giudicata spietata e corrotta.

L’AUTRICE:

È nata a Shanghai nel 1967 ed è cresciuta nella Cina di Mao. Diventata una piccola guardia rossa, entra a far parte di una comune agricola. Lascia la campagna per entrare nel mondo del cinema, scelta per interpretare il ruolo di un’eroina che incarna la figura giovanile di Jiang Qing, moglie di Mao. Dal 1984 vive negli Stati Uniti.

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Melania G. MazzuccoLA LUNGA ATTESA DELL’ANGELORizzoli, 2008pp.414, Rmb-Yuan 215

Difficile proporre una Venezia quasi inedita, diversa per atmosfere e sensazioni, intrecciata per di più, e non solo sfon-do, alla vita di un grande personaggio come Jacomo Robusti detto il Tintoretto, ma Melania Mazzucco ci è riuscita, in que-sto suo nuovo romanzo, puntando sulla ricostruzione storica, certo, ma soprattutto su una vicenda artistica e di sentimenti affrontata con grande e moderna sensibilità psicologica, che coinvolge inevitabilmente il lettore.

Così una delle scene esemplari, anche se non chiave, è quella che vede il protagonista, uomo disperato e disposto a tutto («Se il diavolo avesse voluto comprarmi l’anima gliel’avrei regalata, pur di salvare Marietta») in una città cupa, in pre-da alla peste sotto una pioggia battente, con porte e negozi sbarrati, cani randagi famelici, sestrieri off limits, che riesce a passare oltre i controlli, a trovare uno speziale che gli dà un-guenti e erbe da macerare per impacchi, ma poi corre in chie-sa a pregare («Quel giorno ti ho consacrato il mio talento, la mia vita. Non avevo nient’altro da offrirti. Io ho mantenuto il nostro patto»), sinché la amatissima figlia Marietta, la compa-gna di ogni avventura artistica non pare aver passato indenne l’epidemia.

Questo per capire come la scrittura della Mazzucco sappia essere romanzesca innanzitutto, mettendo a fuoco questo rapporto particolare, di due esseri intimamente dipendenti uno dall’altro, questo amore che si trasforma in turbamento,

L’AUTRICE:Melania Gaia Mazzucco, è nota

per sapere coniugare l’analisi storica con un’intensa caratterizzazione emotiva dei personaggi. Autrice di cinque romanzi tradotti in ventidue Paesi:Il bacio della Medusa, La came-ra di Baltus, Lei così amata (Premio

Strega), Un giorno perfetto.

in vera passione tra un padre, che non supererà comunque i limiti consentiti, e la figlia ille-gittima, alla fine non a caso da lui costretta a sposare un tedesco, che l’amerà sinceramente. Marietta è preferita alle figlie avute dalla legittima, amata e tradita, moglie Faustina, quattro, tutte avviate al convento, altre belle storie di questa narrazione-affresco, come quelle dei figli maschi, che si rivoltano contro il padre-padrone, tranne Domenico, dal carattere meno com-battivo, che seguirà le orme paterne con la coscienza di non esserne all’altezza. Marietta infatti costringe il padre a prenderla in considerazione, anche a costo di vestirsi da maschiaccio per essere accettata a bottega, sino a diventare anche lei una pittrice di rilievo, ma che si dediche-rà solo ai ritratti.

Tintoretto come è qui raccontato è un uomo votato all’arte, ma coinvolto dalla famiglia, am-bizioso, il cui temperamento si fa docile solo davanti ai clienti, alla ricerca del successo, perso-naggio dall’animo complesso, capace di dolcezze estreme come di rabbie grandiose. Da questo nasce un romanzo articolato, che passa dai discorsi alti al mondo plebeo con abilità, senza salti, dalle introspezioni alle scene di moltitudine, di festa o dramma, dagli interrogativi che pone il creare artistico al costume quotidiano da scuola storica francese, dalle visioni febbrici-tanti alla sapienza del racconto nel suo andare di continuo avanti e indietro nel tempo.

Il protagonista si racconta in prima persona ormai gravemente malato, costretto a letto, aspettando la morte, che diventa tema e atmosfera di fondo di questa rievocazione e confessio-ne, nel continuo dialogo con Dio: «L’ombra ha ingoiato il mio corpo, so che sono disteso, e non mi incontro, sento la mia mano, e non la trovo. Mi sono perso», è l’inizio.

Paolo Petroni

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Cai JunIl disegno del destino – Il giorno del giudizio Tianji – Mori shenpanShaanxi shifan daxue chubanshe254 pagine, Rmb-Yuan 24.00

L’eminente sinologo tedesco Wolfgang Kubin, lo stesso che nel 2006 aveva dichiarato a “Deutsche Welle” che la letteratu-ra contemporanea cinese è spazzatura e che gli scrittori cinesi farebbero meglio a cambiare mestiere provocando i furori nazionalistici del popolo della rete, in una sensazionale inter-vista rilasciata al “New Express” nel febbraio 2009 pare abbia paragonato Il mondo degli uomini di Cai Jun alle opere di Dan Brown e Stephen King. A chi si è preso la briga di controllare, Kubin ha risposto di non conoscere l’autore, e di non aver mai rilasciato una tale dichiarazione. Una panzana quindi, ma che in molti avevano creduto. Grande potenza di Internet, che per gli odierni cittadini del mondo ha acquisito il ruolo che aveva il giornale per i nostri nonni “bah, se c’è in rete sarà vero”.

Incuriosita da uno scrittore che si fa beffe dei sinologi in-vece di coccolarli nella speranza di vincere un Nobel per la letteratura, ho deciso di informarmi. Autore di romanzi horror e thriller soprannaturali, Cai Jun è uno dei beniamini degli adolescenti cinesi, con un seguito di milioni di lettori. Tra le sue numerose opere, segnalerei il Diciannovesimo livello dell’inferno in cui le vittime, incapaci di resistere a messaggini SMS, partecipano a un fatale gioco d’avventura nel tentativo di raggiungere un leggendario strato aggiuntivo dell’inferno (che, secondo la tradizione popolare cinese, sarebbe composto in tutto di 18 livelli). Il loro fallimento le porta alla follia e in-fine al suicidio. Cosa succederebbe se le forze del male aves-sero un conto su Twitter, uno sterminio dell’intera “tribù del pollice”?

Divertente anche la serie di quattro romanzi Il disegno del destino, ispirata ai reality americani Survivor e Lost, in cui una comitiva di turisti cinesi è dispersa nel nord della Thai-landia e i componenti muoiono uno dopo l’altro in modo orri-bile. La serie si conclude con l’episodio Il giorno del giudizio in cui viene rivelato che sono stati gli ignari protagonisti di un mock documentary (ricordate Il cameramen e l’assassino e The Blair Witch Project con i loro ammiccamenti al voyerismo mor-boso dello spettatore medio) girato da uno psicopatico che alla fine presenta la sua opera a una giuria composta da Steven King, Dan Brown e J.K. Rowling (la beffa continua!). A marzo, Cai Jun ha anche pubblicato il primo numero di un mook (il magazine/book di recente creazione giapponese, un libro in formato rivista con un minimo di 150 pagine e una veste illu-strata e più accessibile) chiamato Discovery novel in cui sono pubblicati racconti dell’orrore di autori noti (Li Ximin, Tianxia Bachang, Nanpai Sanshu) e di giovani promettenti ancora poco conosciuti.

Patrizia Liberati

L’AUTORE:Nato nel 1978 a Shanghai. I suoi

racconti iniziano ad apparire in rete nel 2000. Ha scritto finora più di venti romanzi tra cui Virus, Il cimitero delle farfalle, La casa a Huangcun. Sul suo Maleficio è stata girata una serie televisiva di 22 episodi e sul Diciannovesimo livello dell’inferno è basato il film Naraka 19, prodotto a Hong Kong.

Lo scrittore parteciperà al Conve-gno letterario “Noir, mistero e gialli a confronto”, organizzato a Pechino dal 13 al 18 ottobre dall’Istituto di Cultura.

Liu HongLE DONNE DEL VENTO ROSSONewton Compton Editori, 2009pp. 317, Rmb-Yuan 100

Mentre la Cina si libera dello spettro della guerra in Corea solo per sprofondare nel terrore della Rivoluzione culturale, due giovani coppie intrecciano i propri destini in una storia d’amore e d’amicizia destinata ad essere più forte dei tempi che corrono, delle ideologie che tramontano, dei nuovi miti del progresso che, anche nel cuore dell’Asia, mettono in discussione una tradizione secolare. Wenya e Zhiying, Zhenzhen e Lao Gao si incontrano a Pechino, operai nella stessa fabbrica Zhiying e Lao Gao, amiche inseparabili Wenya e Zhenzhen. Intorno a loro infuria la lotta per il potere, demone che agita le avanguardie della rivoluzione e gli stessi consigli di fabbrica, ma che non scalfisce il legame tra le due donne, nemmeno quando il parto prematuro di Wenya e, in seguito, la malattia della figlia di Zhenzhen, gettano le due amiche nella disperazione. Amore e abbandono, vita e morte, vendetta e perdono sono gli estremi che si attraggono ed entrano in conflitto in un romanzo poetico ed emozionante.

L’AUTRICE:

Nata e cresciuta in Cina, v ive attualmente in Inghilterra.Le donne del vento rosso è il suo terzo romanzo, ma il primo tradotto in Italia.

Altre novità in libreria:

Vito Bianchi Marco Polo: Storia del mercante che capì la CinaGeronimo Stilton Marco Polo

Ge Fei Il nemicoIsaia Iannaccone Il sipario di giada

Oliver August Il fuggiasco di XiamenParag Khanna I tre imperi: nuovi equilibri globali nel XXI secolo

Erri De Luca Il giorno prima della felicitàMaragaret Mazzantini Venuto al mondo

Luciana Littizzetto La Jolanda furiosaSimonetta Poggiali Ermes: una storia napoletana

Winx Club: Il libro magicoIl love Winx: Le Winx e l’amore

Le recensioni 图书推荐NO

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Era il 1993 e ricordo che, in oc-casione del mio primo viaggio in Cina, non mancai l’occasione, com-plice l’amica Tang Di, di cercare di vedere da vicino i fermenti artistici di una Cina che iniziava timidamen-te il suo viaggio verso la modernità. Si parlava allora di alcuni giovani e promettenti artisti, alcuni già in-seriti a pieno titolo nel novero delle scelte ufficiali e quindi nell’ambito dell’Associazione degli Artisti cine-si e altri, per varie ragioni, ancora quasi clandestini. Insieme ad alcuni amici tra cui qualche giornalista famoso come Pasquale Chessa e Eduardo Cicelin, la principessa Nina Fustenberg, e Lorenza Lei, che diventerà poi un alto dirigente Rai, ci avventurammo in un fabbricato semi abbandonato

e in totale sfacelo, ubicato non mol-to lontano da piazza Tiannanmen - forse una vecchia scuola ci venne detto - in cui avevano preso dimora alcuni artisti i quali, proprio perché, non del tutto ufficiali, stentavano a trovare asilo per aprire i loro studi e darsi alla ricerca. L’impressione fu notevole, aiutata anche dall’am-biente, il quale restituiva il fascino del proibito e la loro ricerca ci colpì fortemente. Intuimmo subito, sia io che i miei compagni, che stava nascendo qualcosa di nuovo e forse di irreversibile nel mondo dell’arte non solo cinese. Ci colpì la forza prepotente di una pittura figurativa che da noi, solo grazie alla Transa-vanguardia, iniziava nuovamente ad imporsi ma che lì in Cina, gridava la sua vitalità, la sua voglia di esserci e di contare. Ricordo che tutti gli artisti in quel frettoloso viaggio mi domandarono notizie della Biennale di Venezia, mi chiedeva-no informazioni, mi invitavano a raccontare aneddoti e vicende che, per altro, io conoscevo molto bene vista la mia lunga frequentazione in quel mondo parallelo che è stata e che è la Biennale di Venezia e in particolare il suo consiglio diretti-vo. Un direttivo quello dell’epoca a cavallo tra anni Ottanta e metà anni Novanta che potrebbe essere preso ad esempio per chi volesse a tutti i costi non far funzionare un qualsia-si consesso di persone, tale era la farraginosa assemblea che solo in virtù di miracoli riusciva poi spesso a generare edizioni anche gustose e sorprendenti della Biennale arti visive. Proprio uno di questi miracoli perpetrato da quel taumaturgo di Achille Bonito Oliva consentì nel 1987 di dare spazio alla presenza della Cina, seppur ancora parziale e non ufficiale, giunta a noi via Hong Kong e che non teneva conto di

quanto effettivamente stava succe-dendo laggiù. Basti ricordare che erano gli anni di “Avant-garde” con l’occupazione della Galleria d’Arte Moderna di Pechino da parte degli artisti, ricordata quest’anno con una serie di manifestazioni. Bisognerà attendere altri anni per vedere una prima, vera presenza ufficiale, non tenendo conto di quella avvenuta nel 196... in cui la Cina partecipò, con alcuni splendidi ricami provenienti dalle provin-cie, occupando il padiglione della federazione Russa, allora assente per protesta contro il Presidente della Biennale Ripa di Meana che aveva organizzato l’edizione detta del dissenso. Bisognerà, dicevo, attendere il 1997, anno in cui mi

adoperai per infrangere quel muro che sembrava ostruire il passaggio degli artisti cinesi verso la Bienna-

“Ci colpì la forza prepotente di una pittura figura-tiva che da noi, solo grazie alla Transavanguardia, iniziava nuovamente ad imporsi ma che lì in Cina, gridava la sua vitalità, la sua voglia di esserci e di contare”

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le. In collaborazione con l’allora direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura Anna Maria Palermo, mi adoperai per superare gli inevitabili ostacoli e nel giugno di quell’anno, alla presenza del nostro Ministro ai Beni Culturali dell’epoca Walter Veltroni, inaugurammo la prima partecipazione ufficiale della Cina alla Biennale di Venezia. Gli artisti presenti in quella edi-zione, diretta da Germano Celant, erano Chen Yifei, Sun Weimin, Wang Jiyuan, Zhao Ge, Hu Jian-cheng, Wen Yuping, Shen Ling, Hong Ling, Liu Gang, Yuan Yun-sheng, Xie Dongming, Liu Xiao-dong, Yu Hong. Ormai, la presenza della Cina e dei suoi artisti è divenuta una co-stante di tutte le Biennali Veneziane e spesso me ne compiaccio un po’ pensando di aver contribuito ad ac-compagnare l’arte cinese in questa kermesse caotica, disarticolata, ma tutto sommato ancora così viva. Le successive partecipazioni non sono state invero tutte di un livel-lo qualitativo tale da restare nel ricordo e spesso questo è dovuto all’ingenuità dei curatori, che non conoscendo bene le regole del gioco alla base della Biennale di Venezia,

finiscono per essere a volte, e mi spiace dirlo, anche ridicolizzati. Quest’anno la presenza di cinesi è notevole... forse persino eccessiva, contando circa 23 artisti presen-ti nelle varie sezioni, e che spaziano da Chu Yun all’immancabile Zhang Xiaogang, da Yue Minjun a Xu Tan, passando per il gruppo che sarà ospite del padiglione ufficiale in cui troviamo Fang Lijun, He Jinwei, He Sen, Liu Ding, Qiu Zhijie, Zeng Hao. In due sedi alla Giudecca e a Palazzo Querini la Biennale ha collocato la mostra di Liu Zhong, che sono stato lieto di curare. Fedele alla tradizione pittorica cinese, Liu affida la sua presenza alla de-scrizione del mondo animale visto attraverso il filtro dell’ironia, apparentandosi così con i grandi maestri occidentali da Toulouse Lautrec a Picasso che pro-prio, al mondo animale, hanno dedicato buona parte del loro lavoro.

Vincenzo Sanfo(presidente Centro italiano per le arti e la cultura)

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Il Nuovo Teatro Nazionale Cinese

Il Nuovo Teatro Nazionale Cinese recentemente aperto al pubblico dopo sette anni di cantiere, nel cuore di Pechino, è il più importante centro culturale della capitale, simbolo di tutte le novità della nuova Cina e vanto degli abitanti di Pechino: semplicemente l’Uovo per loro, in realtà – per usare le parole dell’architetto Paul Andreu – “un nuovo quartiere di spettacoli e sogni aperto a tutti”. L’enorme struttura di vetro e titanio che copre quasi 150.000 metri quadrati è inserita in un bacino artificiale tanto da farla sembrare un’isola che emerge da un lago.

Ecco alcuni dei protagonisti del primo anno: London Philharmonic Orchestra, Rotterdam Philharmonic Orchestra, New York Philharmonic Orchestra, Lorin Maazel, Michel Plasson, Frans Brüggen, Philippe Herreweghe, Kiri Te Kanawa, Anne Sofie von Otter, José Carreras, David Geringas, Quartetto Alban Berg, Paul Badura-Skoda, il Balletto del Kirov, il Balletto del Teatro Marinskij, Martha Graham Dance Company, compagnie di danza, orchestre, direttori, solisti: nomi questi che rappresentano il gotha dello spettacolo dal vivo e uno spaccato privilegiato su quanto di meglio possa offrire la cultura occidentale. L’Opera è la nuova frontiera di questo straordinario luogo di cultura.

Il guscio gigantesco ospita tre auditori: un teatro dell’opera da 2.416 posti; una sala concerti da 2.017 posti e un teatro di prosa da 1.040 posti, nonché spazi adibiti a mostre artistiche. Il titanio della volta è squarciato simmetricamente, da una grande parete di vetro permette alla luce naturale di inondare l’atrio interno, e di sera dà la possibilità di vedere tutto il fermento dell’attività che si ha all’interno del teatro. Un fermento impressionante: con oltre 500 manifestazioni realizzate nel primo anno di vita è certamente il più attivo centro di produzione e programmazione di tutta l’Asia.

“国家大剧院歌剧节·2009”概况

为进一步发挥国家大剧院“建设成为推动社会主义文化大发展大繁荣的重要引擎”作用,全面展示歌剧魅力、推广歌剧文化、普及歌剧知识、促进中外交流,2009年4月15日至7月2日,国家大剧院策划推出“国家大剧院歌剧节·2009”(以下简称“歌剧节”)

歌剧节为期79天,13台精彩剧目华彩上演,2000余位中外艺术家携手登台,世界歌剧经典斗艳争芳。除演出外,歌剧节期间国家大剧院还组织了600多场歌剧艺术普及推广活动,大剧院内外全景呈现歌剧魅力。

歌剧魅力无盲区体验在世界经典歌剧及中国民族歌剧集中上演的同时,国家大剧院

组织了丰富多彩的歌剧艺术普及推广活动。自2009年4月16日—7月2日,每日下午13:00国家大剧院开放歌剧节参观主题游。国家大剧院内11个场地内同时呈现9大歌剧主题活动,包括:公共空间演出,演出院团公开排练、走进歌剧舞台、四大主题展览、歌剧爱好者沙龙等,剧院内处处能感受到浓郁的歌剧艺术氛围。国家大剧院更为此推出跨年度的“百场歌剧讲座”主题活动,这也是国家大剧院艺术教育普及活动的品牌栏目“经典艺术讲堂”第一次搬出大剧院,走进名企高校、深入社区文化馆,为大众了解歌剧打开一扇艺术之门。

本次歌剧节各类主题活动充分发挥了国家级表演艺术中心强大的聚集效应和资源整合能力。共有1000余名艺术专业的青年学子、2300多名专业表演者和十多个演出团体参与到演出及公共空间表演中。

歌剧经典集群式呈现

九部经典歌剧作品,两场音乐会版歌剧佳作以及两场群星荟萃的歌剧GALA将轮番登场,在“超规模”的歌剧盛典中,带来不同质感的极致经典享受。

歌剧节中,意大利两大知名剧院——威尼斯凤凰歌剧院和帕尔玛皇家歌剧院将以最纯粹、正宗的演绎,再造意大利浪漫主义巅峰时刻的辉煌。国内八大实力院团联袂巨献,带来各自保留剧目及经典复排之作。威尔第、普契尼两位歌剧泰斗的经典作品成为本次歌剧节扛鼎之作,舞动意大利歌剧唯美浪漫之风。与此同时,四部在中国歌剧史上具有里程碑意义的作品也将重磅登场,展示民族歌剧发展历程中的辉煌印记。

国家大剧院打造的又一部原创歌剧精品——国家大剧院版普契尼歌剧《艺术家生涯》也将在歌剧中首次亮相,著明导演艺术家陈薪伊与著名华裔指挥吕嘉再度携手,打造普契尼歌剧经典的“中国式演绎”,与大剧院版歌剧《图兰多》一起上演,彰显中国歌剧原创力量。

... si segnala la mostra Nessun dorma della Fondazione Puccini

Musica 音乐NO

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Teatro La Fenice - un teatro all’italiana

“ La Nobile Società del nuovo Teatro da erigersi in Venezia sopra il fondo acquistato nelle contrade di S.Angelo e di S.Maria Zobenigo ha incaricati i suoi pressidenti ed aggiunti di procurarsi disegni e modelli ...” invitando “ a concorrenza tanto gli architetti nazionali che forestieri a proporre la forma di un teatro ... il più soddisfacente all’occhio ed all’orecchio degli spettatori...”

Così recita il bando di concorso per l’erigendo Teatro La Fenice, pubblicato il 1 novembre 1789, una volta superati i limiti di una legge suntuaria che fissava a sette il numero dei Teatri funzionanti nella Dominante. Nei quattordici articoli di cui era composto, il documento stabiliva che la futura costruzione avrebbe dovuto prevedere cinque ordini di palchetti “che si denominano pepiano“, con non meno di 35 palchetti per ciascun ordine. Una chiara scelta di campo a favore delle “ piccole logge secondo il costume d’Italia“, tesa a raggiungere un risultato che avrebbe dovuto offrire una giusta mediazione tra le due caratteristiche generalmente richieste ad una sala teatrale, e cioè tra l’eccellenza della visibilità e la meraviglia dell’acustica.

Soluzione teatrale in linea con la tradizione italiana, si diceva, dal momento che altre erano le scelte che in fatto di costruzione di teatri nel corso del XVIII secolo si operavano per esempio in Francia, dove veniva preferito il sistema dei palchi aperti in gallerie a corona di una platea semicircolare o leggermente allungata. Scelta tipicamente “ nostrana “, tanto più che essa veniva a ricreare nello spazio teatrale la tipologia della piazza italiana quale anfiteatro naturale che consente di vivere nel contempo in casa ed in piazza, offrendo, inoltre, allo spettatore la visione ravvicinata, tipica dei teatri anatomici. E di certo, in qualche misura, decisione anche svantaggiosa quella dei palchi chiusi, ma giustificata dall’impossibilità del pubblico di allora di rinunciare agli infiniti comodi offerti dalle logge separate, che consentivano di vivere ogni palco come la propria casa, in cui stare soli o in compagnia, mangiare o giocare, consentendo i palchi chiusi di riperpetuare, in una porzione di spazio teatrale privatizzato, quella trama di relazioni e di comportamenti tipici della società dell’epoca.

Musica 音乐NO

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“新兴剧院公司决定在威尼斯建造新剧院,地址选在已购买的圣安杰罗和圣玛利亚佐本尼哥地块上,并委托公司主席负责选择设计及缩样模型......“邀请”众多本土及国外设计师参与投标,提出设计剧院......最另人满意,视听效果最佳的方案......”

1789年11月1日公布了建造威尼斯剧院方案的招标结果。在已制定方案的14条指出,要建造五排包厢,每排至少有35个单元。小包厢的设计采取意大利式样,增加了宽度将有效地调解剧院视听效果的需求。

选择本国的剧院模式更多地强调将室外广场的效果移至室内,为观众提供一种近距离的观赏空间。同时保留小包厢的设计是考虑到利用这种小型私人空间,将家庭融洽的氛围搬至剧场内。

威尼斯凤凰剧院

www.teatrolafenice.it

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Composta su un libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica tratto dalla tragedia omonima di David Belasco, Madama Butterfly, tragedia giapponese, andò in scena per la prima volta al Teatro alla Scala il 17 febbraio 1904 in due atti, ma fu poi ripresa con numerosi cambiamenti nel maggio dello stesso anno a Brescia e nel dicembre 1906 a Parigi, in tre atti, la versione standard riproposta ora a Pechino.

Accolta dal pubblico della Scala di Milano con «grugniti, boati, muggiti, risa, barriti, sghignazzate», Madama Butterfly fu trascinata al suo infausto esordio (17 febbraio 1904) da un’infelice trovata del regista Tito Ricordi, che volle — come ricorda Rosina Storchio, la prima protagonista — «colorire il quadro con maggior suggestione» aggiungendo «al cinguettìo della scena» la risposta di «altri stormi dal loggione», disseminandovi «con appositi fischietti intonati musicalmente, alcuni impiegati della Ditta e delle Officine, disposti in due gruppi a sinistra e a destra per rispondere a tempo. Agli schiamazzatori non parve vero d’approfittarne. Al cinguettìo seguirono latrati di cani, chicchirichì di galli, ragli d’asino, boati di mucche, come se in quell’alba giapponese si risvegliasse l’arca di Noè». L’insuccesso fu dovuto anche

all’incauta decisione di dividere l’opera in due soli atti, il secondo dei quali corrispondeva agli attuali secondo e terzo uniti senza soluzione di continuità, risultando eccessivamente lungo. La fiducia di Puccini nella sua creazione tuttavia non vacillò, ed ottenne una vistosa conferma con il grande successo arriso a Madama Butterfly a partire dalla ripresa del 28 maggio 1904 al Teatro Grande di Brescia (un successo da allora mai più venuto meno), tanto da conquistare in brevissimo tempo a questo suo capolavoro il rango di classico del teatro musicale.

Quattro anni prima dell’infausto esordio milanese, durante l’estate del 1900, Puccini aveva assistito a Londra alla rappresentazione di un dramma d’analogo soggetto che

David Belasco aveva tratto da una novella di John Luther Long, mutandone il finale da lieto a tragico. Il suo fiuto teatrale gli aveva fatto riconoscere nella protagonista Cio-Cio-San un personaggio affascinante, la cui caratterizzazione si adattava singolarmente alle proprie inclinazioni e doti di compositore: per mano dei fidati Illica e Giacosa l’opera venne totalmente incentrata sulla protagonista, attorno alla quale vennero fatti ruotare gli altri personaggi, dai ruoli, benché drammaturgicamente essenziali, di fatto tutti secondari. Raffinate alchimie timbriche e continui richiami a modelli musicali orientaleggianti (emerge il ricorso a scale difettive o a procedimenti armonici eterodossi) accompagnano il percorso psicologico della fragile geisha dall’iniziale ingenuità al dubbio e alla dolorosa rassegnazione finale con sensibilità e delicatezza straordinarie, tanto da farne uno dei personaggi più umanamente e finemente caratterizzati dell’intera storia del melodramma.

Da giovedì 4 giugno 2009, con tre repliche, il Teatro La Fenice metterà in scena la produzione di Madama Butterfly firmata dal regista Daniele Abbado, con scenografie di Graziano Gregori, costumi di Carla Teti per la Fondazione Petruzzelli di Bari. Nicola Luisotti dirigerà l’Orchestra e il Coro del Teatro La Fenice.

Madama Butterfly di Giacomo PucciniUna produzione del Teatro la Fenice

Madama Butterfly è un atto di condanna contro la violenza ottusa e barbarica della civiltà occidentale, contro il suo sadismo, la sua superficialità, il suo cinismo, il suo infondato senso di superiorità. Lontana anni luce da certa facile e sterile oleografia orientalistica, l’opera pone con forza il contrasto tra culture del quale è vittima la protagonista, incentrando su di essa (su una piccola giapponese ingenua e naïve) l’indagine psicologica, con esiti che conoscono paragone solo nelle figure femminili più interiormente ricche (Violetta, Tatiana…) della storia del melodramma.

Di grande rilievo è lo stile musicale dell’opera, che non evita contaminazioni linguistiche delle più ardite: accanto al già menzionato influsso della musica giapponese, che prende sostanza soprattutto nel frequente ricorso alla scala pentatonica, confluiscono elementi della tradizione occidentale colta (il fugato, gli echi wagneriani, i richiami a Massenet, le reminiscenze dalla Bohème e da Tosca, ma anche i modalismi orientaleggianti derivati dalla musica russa) e di quella d’uso (l’inno nazionale americano): un mélange estremamente duttile di modelli che consente da un lato svariate possibilità combinatorie nell’invenzione sonora, tali da garantire la continua adesione della musica al dramma ovvero la sua profonda pregnanza drammaturgica, e dall’altro una continua reinvenzione del suono che evita lo scadimento del linguaggio ad un cliché orientalistico estetizzante il cui manierismo non avrebbe potuto che banalizzare l’autenticità della vicenda umana di Butterfly.

MADAMA BUTTERFLY

Tragedia giapponese in tre attiLibretto di Giuseppe Giacosa e Luigi IllicaDalla tragedia Madame Butterfly di David BelascoMusica di Giacomo PucciniPrima rappresentazione assoluta: Milano, Teatro alla Scala, 17 febbraio 1904 Versione 1906

RegiaDaniele AbbadoOrchestra e Coro del Teatro La FeniceDirettore del CoroClaudio Marino Moretti

Dal 4 al 7 giugno 2009National Grand Theatre, Opera TheatreBiglietti: 1080, 880, 680, 480. 280Telefono biglietteria: 6655 0000www.chncpa.org

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Teatro Regio La Storia

Fu all’aprirsi del XIX secolo che Maria Luigia d’Austria, già moglie di Napoleone, appena giunta a Parma dopo le decisioni del Congresso di Vienna, stabilì da subito la costruzione di un nuovo teatro; l’ideazione, corrispondente inoltre ad un calcolo complesso di necessità urbane e logistiche e di cure politiche ed assistenziali, lascia subito luogo ai lavori che iniziano, su progetto di Nicola Bettòli, nel 1821. Esemplare della tipologia di teatro all’italiana, il futuro Regio corrisponderà fedelmente ai propositi che ne erano alla base rimanendo, del periodo luigino, non solo l’opera pubblica più importante, ma anche quella che forse meglio riassume la sua tipica idealizzazione di fusione di sociale e culturale. L’aprirsi del sipario, il 16 di maggio del 1829, con il fuoco prospettico della sala concentrato sullo splendido sipario dipinto dal Borghesi (un Trionfo della Sapienza che è tutto una trasparente allegoria del governo di Maria Luigia, facilmente riconoscibile nella centrale figura di Minerva) può non senza ragione immaginarsi come momento sicuramente e molteplicemente nodale del governo luigino. Tuttavia il cammino del nuovo teatro comincia con un passo falso: quello dell’opera inaugurale, La Zaira, di Vincenzo Bellini. In realtà già da molto tempo si era in trattative con Rossini, con un’opera del quale si voleva inaugurare il nuovo teatro. Inconcludenti, nonostante una prima

indicazione per la messa in scena della versione italiana del Tell, le manovre si spostano a valutare una rosa più ampia di nomi, arrivando infine alla scelta definitiva di Bellini, con un contratto ratificato nel novembre del ‘28. Tra le clausole del contratto era prevista una obbligata collaborazione con un librettista locale, tale Torrigiani, presto rifiutata dal compositore a favore del più fidato Felice Romani. La consegna avviene in ritardo, segno di fretta nella composizione, e di cattiva voglia: il librettista, Romani, viene a chiedere comprensione per il proprio lavoro nella prefazione dell’edizione a stampa. Dopo le polemiche scatenate in città per la scelta di un compositore ancora non definitivamente celebre, per il rifiuto di musicare il libretto di un illustre concittadino, per i continui ritardi nell’invio della musica (che faranno più volte rimandare l’apertura del teatro) è logico che l’attesa per l’andata in scena fosse per lo meno nervosa. L’esito è noto. Fu il primo fiasco, in una storia che ha alternato come nessun’altra successi e no, fiaschi e trionfi. Tanti possono essere stati i motivi di quell’esito: il più giustificato, oltre a quello che riguarda l’intrinseca qualità della partitura, è che la musica di Bellini era troppo diversa da quella cui il pubblico parmigiano era abituato. Rossini era quello che si voleva; il suo gusto, e quello dei suoi epigoni, era quello che più incontrava, e non solo a Parma. E nel nome di Rossini la stagione continuò, con il grande successo di Mosè e

Faraone e con il trionfo di Semiramide.

Da quella stagione d’apertura, la vita del teatro (allora Ducale, e non ancora Regio, nome che prenderà solo a partire dal fatidico 1848) si assesta secondo i consueti canoni dei teatri e delle stagioni operistiche italiane ottocentesche: una vita attivissima, seguendo più momenti dislocati lungo l’anno, inseguendo quel successo che era l’unica garanzia per la tranquillità di gestione di un teatro che viveva principalmente sugli incassi. Programmi estremamente eterogenei, le beneficiate (cioè le serate con l’incasso a beneficio di un cantante prediletto) ancora le arie di baule, molti fiaschi, molti balletti-pantomime: un teatro, decisamente, molto diverso dal nostro. Gli anni dell’apertura del teatro erano quelli in cui, al perdurare della supremazia rossiniana, il repertorio si allargava alla triade del “bel canto”, che aggiungeva anche i nomi di Bellini e Donizetti a quello del

Pesarese. Soltanto dieci anni dopo, nel decennio che va dalla stagione di Carnevale-Quaresima ’49-’50 al Carnevale ’59-’60, la situazione cambia radicalmente: arriva Giuseppe Verdi. Verdi era già diventato il più importante e rappresentato compositore italiano, forse del mondo: lo stesso titolo e la stessa prerogativa che solo pochi decenni prima erano stati di Rossini. Nel nome di Verdi prosegue dunque l’Ottocento operistico italiano: ma non è una navigazione così facile, sia per i cambiamenti storici ed economici che si susseguono nella travagliata vicenda storica italiana sia per quelli altrettanto decisivi, seppure per fortuna meno drammatici, che avvengono in campo musicale. Ecco dunque affacciarsi in Italia i nomi e le musiche di Meyerbeer, di Gounod, di Halévy, Flotow, Bizet, Gomes, Massenet, Thomas, Saint-Saëns, infine Wagner: estri e cambiamenti che il Regio accoglie con sempre recettiva attenzione.

Il Novecento inizia con un’apoteosi ottocentesca: i festeggiamenti del Centenario Verdiano del 1913. Questa apoteosi verdiana si staglia in realtà in un panorama decisamente diverso: la presenza delle opere del Bussetano si era fatta molto meno massiccia, mentre crescevano quelle wagneriane, tutte nella versione italiana, e rimanevano solo rarissime reviviscenze belliniane e donizettiane e praticamente soltanto il Barbiere a tenere desto il ricordo rossiniano.

Il così detto repertorio va sempre più consolidandosi intorno a quei titoli che, in realtà, lo compongono ancor oggi, mentre resiste la bella abitudine delle “opere nuove” affidate in gran parte ad autori oggi ormai sconosciuti, si comincia ad affermare anche a Parma il nome di Puccini, e sempre più numerose si fanno le opere degli autori della “giovane scuola”. La Seconda Guerra Mondiale non interrompe l’attività del teatro, anzi, e neppure le difficoltà del dopoguerra cambiano le abitudini di questa “città a teatro”: cambiano in realtà soprattutto le questioni relative alla gestione economica, che si fa facendo sempre più difficile, e sempre più legata alla sovvenzione statale. Tra gli anni ‘50 e ‘60 il Teatro Regio vive l’intensa vita di quello che era (ed è tuttora) considerato come l’unico teatro di provincia a poter competere per notorietà, per la qualità degli allestimenti, la notorietà dei cantanti, il numero e la competenza del pubblico, con i grandi enti lirici. Sul palcoscenico del Regio si avvicendano i nomi dei cantanti più celebri, dalla Callas a Franco Corelli, a Carlo Bergonzi, che vi compare anche come baritono, prima del suo passaggio alla corda tenorile, alla Tebaldi, a Mario Del Monaco, Ebe Stignani e tanti altri, a continuare così la grande tradizione di un teatro che prima della Seconda Guerra Mondiale aveva visto passare i divi più grandi, da Beniamino Giglia a Maria Caniglia, da Aureliano Pertile a Toti Dal Monte, da Titta Ruffo a Carlo

Galeffi ad Alessandro Bonci, a Tito Schipa. Arrivati ai giorni nostri, alla cronaca dopo la storia, il Teatro Regio afferma la sua inesausta vitalità affermandosi come il più importante dei teatri italiani classificati “di tradizione”.

Le stagioni liriche si susseguono, arricchendo la vita del Teatro Regio con l’apertura verso nuovi artisti, verso nuovi titoli, verso un nuovo modo di vivere una tradizione antica ma sempre viva, nella memoria continuamente rinnovata di questa lunga storia, di cui ogni apertura di sipario è lo sbattere di ciglia di occhi che si aprono ad emozioni sempre nuove.

L’invito ad una articolata collaborazione tra il Nuovo Teatro Nazionale Cinese e il Teatro Regio di Parma che si apre con la realizzazione, a giugno, di quattro recite di Rigoletto nello storico allestimento firmato da Pierluigi Samaritani, ma che nelle intenzioni si svilupperà con appuntamenti annuali fino al 2013, rappresenta, una possibilità unica di legare la migliore tradizione operistica italiana, con i capolavori di Giuseppe Verdi in particolare, al desiderio della Cina di aprirsi alla cultura occidentale; una volontà di recuperare terreno, per così dire, così chiaramente evidenziato con le recenti Olimpiadi.

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www.teatroregioparma.org

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Da giovedì 18 giugno 2009, con tre repliche, il Teatro Regio di Parma metterà in scena la produzione di Rigoletto di Giuseppe Verdi firmata dal regista Stefano Vizioli, con le scenografie e i costumi Pierluigi Samaritani, su adattamento di Alessandro Ciammarughi. Donato Renzetti dirigerà l’Orchestra, mentre maestro del Coro del Teatro Regio sarà Martino Faggiani.

Melodramma in tre atti composto su libretto di Francesco Maria Piave tratto da Le roi s’amuse di Victor Hugo, Rigoletto si inserisce nel periodo centrale della produzione operistica verdiana e fa parte, insieme al Trovatore e a Traviata, della cosiddetta “trilogia popolare”. Il 1850 è un

anno di grande produttività per il Maestro: mentre è impegnato con la partitura di Stiffelio per il Teatro Grande di Trieste, deve assolvere anche ai suoi doveri contrattuali con la Fenice di Venezia, che richiede una nuova opera per l’inaugurazione della stagione del carnevale veneziano del 1851. Comunica a Francesco Maria Piave la sua intenzione di musicare un soggetto particolare, con personaggi che avevano già destato scandalo nella Parigi del 1832: Le Roi s’amuse di Victor Hugo, considerato dal Maestro “il più grande dramma dei tempi moderni”. Nonostante le insistenze di Piave con il direttore della Fenice Carlo Marzari, nulla

si può contro la censura austriaca, che vieta di rappresentare un monarca come un cinico libertino e vede immorale il tema della maledizione. Il librettista e il compositore, pur lasciando pressoché intatta la trama del dramma di Hugo, devono accettare di apporre alcuni cambiamenti all’originale francese: il luogo viene spostato dalla Corte di Francia a quella di Mantova, il protagonista, Francesco I re di Francia, viene trasformato in un anonimo Duca di Mantova (peraltro riconoscibile in Vincenzo I Gonzaga) e vengono cambiati molti nomi dei personaggi. Verdi però non vuole il re come protagonista della sua opera, ma il suo buffone di corte. Di qui la scelta definitiva

Rigoletto di Giuseppe VerdiUna produzione del Teatro Regio di Parma

启用于19世纪奥地利拿破仑夫人玛莉亚•鲁吉亚女公爵时期,她在得到维也纳会议任命后来到帕尔玛,并很快依城市建设,后勤及福利的需求,决定建造一座新的歌剧院,尼克拉贝托利负责该项目,1821年开始动工。作为意大利剧院的典型,皇家歌剧院准确地反映了其最初的意向,在鲁吉亚时期,不仅是最重要的公众场所,或许也是承担着社会与文化交融的最好平台。1892年5月16日落成开幕,金碧辉煌的指挥大厅,绚丽的幕布上印着著名油画“智慧的胜利”,(智慧女神的象征,则完全喻示了玛利亚鲁吉亚政府)无法想象处在那关键时刻下的鲁吉亚政府。然而,顺利进行过程中的新剧院刚开始就走错了一步:开幕剧目为贝里尼的扎伊拉。事实上很长一段时间他们都是在与罗西尼接触,想用他的作品做为开幕剧目。未果,尽管初步决定用意文版的“威廉退尔”, 演练过程中还在考虑其他的剧目,最终选择了贝里尼,并于11月28日签署了合同。在合同的条款中已预计到会同当地歌剧剧本作者托里贾尼的合作,便早早地否决了作曲家最信赖的菲利斯罗玛尼。他延迟交稿,标记粗略,还恶劣地询问罗玛尼对此剧本将出版印刷的感想。引发争议后,作曲家的人选仍然没有明确,拒绝为同胞的剧本配乐,拖延音乐的发送(致使多次推迟剧场的开放)似乎合乎给予充分时间至少不会在现场紧张的逻辑。其结果是众所周知的。他是头一个失败,犹如一个故事没有完全的成功也没有, 惨败和凯旋。此结局可能存在很多原因:最有说服力的是,除了总谱这一内在因素,就是贝里尼的音乐让当时帕尔玛的公众很不习惯。罗西尼则是人们想要的:他的那种叙事风格,是最受欢迎的,不仅是在帕尔玛。以罗西尼为名的演出季继续上演,造就了

“摩西在埃及”的巨大成功和“塞米拉米德”的全面胜利。

自那次演出季之后,剧院则以(那时名为杜卡雷剧院,1848年才正式更名为皇家歌剧院)其正常运营及演出19世纪的歌剧为主:靠着一年繁忙的活动,才是剧院商业运营的唯一保障。在以罗西尼作品为主的时期,作品的欣赏领域接纳了另两位作曲家贝里尼和多尼采第。接下来的10年,又一位歌剧巨匠产生,那就是威尔第。他已经成为意大利最为重要的歌剧作曲家,替代了罗西尼在歌剧领域所占有的几十年辉煌地位。以威尔第的名义延续了意大利19世纪的歌剧精髓,那是一个经济与音乐的历史转换期。这之后音乐舞台百花齐放:迈耶贝尔(Meyerbeer),古 诺 ( G o u n o d ) , 阿 列维 ( H a l e v y ) , 弗 洛 托(Flotow),比才(Bizet),哥 麦 士 ( G o m e s ) , 马 斯奈 ( M a s s e n e t ) , 托 马 斯( T h o m a s ) , 卡 米 尔 · 圣 -桑 ( S a i n t - S a e n s ) , 瓦 格 纳(Wagner)纷至沓来。

20世纪之初,1913年举行了隆重的威尔第诞辰100周年的庆典。这一时期呈现威尔第知名度下降,瓦格纳声誉上升的趋势。偶尔会有几场多尼采第及贝里尼的歌剧演出。“塞维利亚的理发师”的上演也只能抓住人们对罗西尼作品的一丝回忆。

但那些知名的歌剧剧目仍保留至今。帕尔玛随即刮起普契尼作品的旋风。在二战时期,剧院继续保持上演剧目,然而,战后其剧院的运营十分困难,不得不

依靠政府补贴为营。五、六十年代,皇家歌剧院演出不断,成为唯一可以与国家级剧院竞争的地方管理单位。舞台上艺术家们轮番登场:Maria Callas、 Franco Core l l i、 Ca r lo Be rgonz i、 Tebaldi、 Mario Del Monaco、 Ebe Stignani、 Beniamino Gigli、 Mar ia Canig l ia、 Aure l iano Per t i l e、 Tot i Dal Monte、 Titta Ruffo、 Carlo Galeffi、 Alessandro Bonci、 Tito Schipa.

演出季火爆进行,皇家歌剧院更朝着新艺术家,新剧目,保留传统的新创新方向前进。 中国国家大剧院与皇家歌剧院的首度合作得以实现,皮耶路易吉签署今年6月在国家大剧院上演4场《弄臣》,并每年来华演出直至2013年的约定。这是展示意大利传统歌剧魅力唯一及最好的途径,随着第一部威尔第的作品,逐步向中国敞开西方文化的大门,将此合作,作为奥运精神的延续。

帕尔马皇家歌剧院的历史

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Ensemble Archi di Milano Direttore: Stefano Pagliani Violincello: Sandro Laffranchini Cantanti: Mary Liu, Colin Yip National Grand Theatre, Concert Hall 6 giugno, 2009 ore 19.30 Biglietti: VIP 580 480 380 280 120 RMB Programma

Gioachino Rossini Ouverture da “Il Barbiere di Siviglia”

Giuseppe Verdi“Ritorna vincitor” da “Aida”

Preludio del primo atto de “La Traviata”

“De miei bollenti spiriti” da “La Traviata”

Gioachino Rossini “Une Larme” tema con variazioni per violoncello e orchestra

Giuseppe Verdi “Un dì felice, eterea” da “La Traviata”

Intervallo

Gioachino Puccini “Vissi d’arte” da “Tosca”

Pietro Mascagni Intermezzo da “Cavalleria Rusticana”

Francesco Cilea “È la solita storia del pastore” da “L’Arlesiana”

Giacomo Puccini Intermezzo da “Manon Lescau”

“Un bel dì vedremo” da “Madame Butterfly”

Giuseppe Verdi “Brindisi” da “La Traviata”

意大利斯卡拉爱乐室内乐团音乐会 指挥:斯特凡诺Æ帕利亚尼 独唱:刘玉梅、叶曲凌 大提琴:桑德拉•拉弗兰奇尼 演出剧场:音乐厅 演出时间:2009.06.06 演出票价: VIP 580 480 380 280 120 元

演出曲目:

《塞维利亚理发师》序曲 罗西尼

《阿依达》选段“胜利归来” 威尔第

《茶花女》第一幕前奏曲 威尔第

《茶花女》选段“我年轻狂热的梦” 威尔第 大提琴与乐队“一滴泪”主题变奏曲 罗西尼

《茶花女》选段“幸福的日子” 威尔第

托斯卡》选段“为艺术,为爱情” 普契尼

《乡村骑士》间奏曲 马斯卡尼   《阿莱城姑娘》选段“寻常的经历”

弗朗西斯科•奇莱亚 《曼侬•莱斯科》间奏曲 普契尼 《蝴蝶夫人》选段“晴朗的一天” 普契尼 《茶花女》选段“饮酒歌” 威尔第

titolo Rigoletto (dal francese rigoler, ridere, divertirsi), cambiato sempre a causa della censura dopo un provvisorio La maledizione.

«In quanto al titolo quando non si possa tenere Roi s’amuse che sarebbe bello… il titolo deve essere necessariamente La Maledizione di Vallier, ossia per essere più corto La Maledizione. Tutto il soggetto è in quella maledizione che diventa anche morale. Un infelice padre che piange l’onore tolto alla sua figlia, deriso da un buffone di corte che il padre maledice, e questa maledizione coglie in una maniera spaventosa il buffone, mi sembra morale e grande, al sommo grande». Così Verdi scriveva il 3 giugno 1850 a Francesco Maria Piave, centrando già pienamente quello che sarebbe diventato il nucleo drammaturgico del suo Rigoletto.

La sera dell’11 marzo 1851 la prima al Teatro La Fenice di Venezia, grande successo di pubblico, con Teresa Brambilla in Gilda (soprano), Felice Varesi nelle vesti di Rigoletto (baritono) e Raffaele Mirate in quelle del Duca di Mantova (tenore).

Tra le pagine più applaudite il quartetto “Bella figlia dell’amore” nell’ultimo atto. Anche Victor Hugo, che ascoltò una recita parigina dell’opera, dichiarò tutta la sua ammirazione per il quartetto, sottolineando che ai compositori era permesso far “parlare” quattro persone insieme, cosa che ai drammaturghi era invece negato.

RIGOLETTO

Melodramma in tre attiLibretto di Francesco Maria PiaveDal dramma Le roi s’amuse di Victor HugoMusica di Giuseppe Verdi

Prima rappresentazione assoluta: Teatro la Fenice, 11 marzo 1851

RegiaStefano VizioliOrchestra e Coro del Teatro Regio di ParmaDirettoreDonato RenzettiDirettore del coroMartino Faggiani

Dal 18 al 21 giugno 2009National Grand Theatre, Opera TheatreBiglietti: 1080, 880, 680, 480. 280Telefono biglietteria: 6655 0000

www.chncpa.org

Musica 音乐NO

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21 maggio - 1 giugno 2009 (chiuso il weekend) Istituto Italiano di Cultura

24 maggio - 17 Agosto 2009 F2 Gallery (319 Caochangdi, Chaoyang District, Pechino)

La mostra presenta il nuovo lavoro di Sheng Qi, una serie di dipinti ad acrilico “gocciolante” che hanno come soggetto il popolo cinese. In tonalità grigia e con alcuni oggetti e visi dipinti in colori sgargianti, le figure sorridono indisturbate, felici e vacue.

Sheng Qi, conosciuto soprattutto per le per-formance provocatorie, in particolare quella nella quale si amputò il mignolo della mano sinistra, si è laureato alla prestigiosa St. Martin’s Academy of Art di Londra.

Subito dopo il ritorno in Cina, ha realizzato una serie di fotografie che ritraggono il palmo della mano sinistra con al centro delle foto tessera di amici o familiari, o delle immagini ritagliate dalla stampa. Una sorta di stretta di mano fra l’artista e il fruitore, un legame tra il passato personale di Sheng Qi e la memoria collettiva.

Tornato alla pittura, ha trovato uno stile per-sonale, non accademico, espresso al meglio nella serie “Rosso e Nero”, in cui sembra che le tele gocciolino inchiostro e sangue. Le ultime opere sono le più ambiziose e mature.

2009年5月21日-6月1日(周末闭馆) 意大利文化处2009年5月24日-8月17日 F2画廊(北京市朝阳区草场地319号)Tel/电话: + 86 10 6432 8831, www.f2gallery.com

盛奇个展展出艺术家最新的、以中国民众为主题的一系列“滴彩”油画。灰色的色调,只有一些脸庞或物体以鲜艳、迷幻的色彩跃出画面,这些人物微笑着,坦然自如,快乐和空洞。

盛奇因创作一系列富有挑衅色彩的行为艺术而著名,在其中的一个行为艺术中,他切除了自己的左手小指。这以后,他赴伦敦留学,在久负盛名的圣马丁艺术学院毕业。

回国后,他完成了一系列摄影作品:在左手掌中展示朋友、家人或媒体的一幅小照片。艺术家用这一手势来与观众握手,将他个人过去的经历同一个国家的集体记忆联系起来。

转向绘画后,他找到了个人的、非学院式的绘画风格,它最好地体现在《红黑历史》系列中,滴彩的手法使画面似乎充斥着墨汁与鲜血。他最新的作品也是他最富有野心的、最成熟的创作。

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新作个展

La Stamperia d’Arte 2RC al lavoro in Cina

Il 20 maggio è stata inaugurata una nuova stamperia presso l’Accademia Centrale di Belle Arti (CAFA) con il torchio calcografico Decebalo, il più grande nel mondo, donato all’Accademia in occasione della mostra “Doppio Sogno dell’Arte: 2RC – tra artista e artefice”, tenutasi a gennaio.

All’inaugurazione erano presenti l’Ambasciatore Riccardo Sessa, il professore Achille Bonito Oliva, noto critico d’arte nonché curatore della mostra, Valter e Eleonora Rossi, fondatori della 2RC che ha progettato il torchio, e il vicedirettore della CAFA Tan Ping.

Per l’occasione è stata presentata agli invitati la prima opera prodotta dalla nuova stamperia: “Concepimento”, di Tan Ping.

Il 22 maggio è stata organizzata per i docenti e studenti della CAFA una conversazione con Achille Bonito Oliva e Valter Rossi sull’applicazione dell’arte contemporanea nell’incisione, e sul concepimento e realizzazione di opere grafiche nel contesto comtemporaneo.

Il 25 maggio, su invito dell’Accademia di Belle Arti Luxun di Shenyang che ha ospitato la mostra in aprile, i Rossi hanno tenuto un seminario dal titolo “Sophigraphia: gioia creativa”. Valter Rossi ha presentato i cinquant’anni di attività della 2RC, una delle più importanti stamperie d’arte nel mondo.

艺术版画中心2RC中国之行续篇

5月20日,一个新的版画工作坊在中央美术学院开办。它采用Decebalo铜版画印刷机,这是世界上最大的版画印刷机,是2009年1月在央美举办《艺术的双重梦想:2RC—在艺术家与工匠之间》版画展期间赠送给中央美术学院的。

参加开幕式的有意大利大使谢飒、著名艺术评论家和该展览的策展人阿基莱·波尼多·奥利瓦、2RC创始人及该印刷机的设计师瓦尔特·罗西、2RC共同创始人罗西夫人、中央美术学院副院长谭平教授。

在开幕式上,新设的版画坊向应邀前来的嘉宾展示了它的第一幅作品:谭平的“孕育”。

5月22日,面对中央美术学院的师生,阿基莱·波尼多·奥利瓦和瓦尔特·罗西展开了一场与展览同名的对话:艺术的双重梦想:2RC—在艺术家与工匠之间。

他们以展览为例,探讨了当代艺术在版画创作中的体现、在当代语境中构思和制作版画等话题。

5月25日,4月接待了该展览的鲁迅美术学院邀请罗西一家赴沈阳讲学。

在题为“版画哲理——创作的乐趣”的讲座上,瓦尔特·罗西介绍了世界最重要的版画中心2RC的五十年的创作活动。

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Teatro dell’Istituto Italiano di Cultura地址:意大利文化处剧场

GIO 4 – L’inchiestaAnno 35 dell’era volgare. L’imperatore Tiberio, turbato da insoliti fenomeni naturali, richiama dall’esilio Tito Valerio Tauro, il più grande investigatore di Roma, per scoprire la verità sulla scomparsa dopo la crocifissione del corpo di un certo Gesù di Nazareth, ritenuto risorto dai suoi discepoli.

Regista: Giulio Base Sott. inglese, 112’, 2006

GIO 11 –Sanguepazzo L’alba del 30 aprile 1945, cinque giorni dopo la Liberazione, vennero trovati nella periferia di Milano i cadaveri di Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, giustiziati poche ore prima dai partigiani. Coppia celebre nella vita oltre che sullo schermo, Valenti e Ferida erano stati due divi del cinema sostenuti dal fascismo.

Regista: Marco Tullio Giordana Sott. cinese, 147’, 2008

GIO 18– A luci spente 1943. Mentre Roma vive i tragici giorni dell’occupazione nazista, una troupe cinematografica guidata dal regista Giovanni Forti è impegnata, grazie alla protezione del Vaticano, nelle riprese di Redenzione, storia di una fatua nobildonna che si dedica ai feriti di guerra. I drammatici eventi che sconvolgono la vita sociale e politica del Paese, entrano di prepotenza nella realizzazione del film.

Regista: Maurizio Ponzi Sott. inglese, 115’, 2004

GIO 25 – I Vicerè Una famiglia siciliana in cui il padre, superstizioso e tiranno, impedisce alla figlia il diritto di amare. Un monastero in cui i monaci vivono con le loro amanti. Il nascere della politica in nome della corruzione e del trasformismo. La regia di Roberto Faenza riporta all’attenzione l’attualità del romanzo di Federico De Roberto.

Regista: Roberto Faenza Sott. cinese, 120’, 2008

6月4日-终极调查提比略皇帝受到反常自然现象的困扰,召回被流放罗马最出色的调查员的塔乌罗,并交给他一项重要的任务:寻找耶稣的遗体,以反驳其门徒关于复活的传言。

导演:朱利奥·巴瑟字幕:英文,112',2006

6月11日-疯狂之血“疯狂之血”是那些不羁、古怪、失去控制的灵魂。 1945年4月30日李明,意大利解放五天之后,人们在米兰郊区找到了奥斯瓦尔多·瓦伦迪和露易莎·菲里达的尸体,他们几个小时前刚刚被游击队处决。这对声名显赫的明星夫妇,是法西斯支持的电影《白色电话》的主演,他们的一生出演的几乎都是极端和负面的角色. 导演:马可·图里奥·乔尔达诺字幕:中文,147',2008

6月18日-熄灭之灯1943年,罗马正处于纳粹统治之下,导演乔万尼·弗尔迪带领的一个电影摄制组正在忙碌,在梵蒂冈的保护下拍摄《救赎》,关于一个愚昧的贵族女人帮助战争中伤兵的故事。戏剧性的事件颠覆了这个国家的政治和社会生活,并影响着电影的拍摄,制约着所有人和事的自由。

导演:马乌里齐奥·彭齐字幕:英文,115',2004

6月25日-公爵

西西里的一个家庭,父亲是个迷信的暴君,他禁止女儿恋爱的权力。一座修道院,修士们和自己的爱人住在一起。以腐败和变化论的名义,诞生了新的政治。罗伯特·法恩扎根据费德里克·德·罗伯尔托的小说改编的电影,尖锐地反映了当时社会背景下家庭、教会和国家的现实。

导演:罗伯特·法恩扎字幕:中文,120’,2008

Orario: 19:00 - Ingresso libero 时间:19:00 - 免费入场

Nel triennio 2008/2010 la città di Napoli sarà sede del Napoli Teatro Festival Italia, per la direzione artistica e organizzativa di Renato Quaglia. Il progetto, voluto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e sostenuto da Regione Campania, Provincia e Comune di Napoli, è realizzato dalla Fondazione Campania dei Festival presieduta da Rachele Furfaro. Il Napoli Teatro Festival Italia è il primo festival eco-free in Italia. Dopo aver ottenuto nel 2008 la certificazione europea di eco-sostenibilità EMAS, nel giugno 2009 auto-produrrà l’energia (fotovoltaica) necessaria ai palcoscenici e agli spettacoli.Collaborazioni e coproduzioni con festival e teatri di tutto il mondo, produzioni specifiche e nuove creazioni, testi originali commissionati ad autori italiani e stranieri sono alcune delle direttrici che caratterizzano il Festival. Anche per la seconda edizione, il Festival sarà diffuso nella città, tra Decumani e Quartieri spagnoli, nelle sale e nelle chiese seicentesche, al Real Albergo dei Poveri e nella Sala del Lazzaretto, nell’antico sottosuolo di Napoli e sui tetti dei palazzi, in un gioco tra alto e basso che è anche uno dei segni distintivi e metaforici della città e della cultura contemporanea.

25 giorni di spettacolo33 luoghi di rappresentazione18 paesi coinvolti 12 lingue parlate 2500 artisti 250 rappresentazioni 50 spettacoli12 produzioni19 coproduzioni28 testi originali20 nuove creazioni

La seconda edizione del Napoli Teatro Festival Italia si terrà dal 4 al 28 giugno. Il Festival sviluppa la sua vocazione internazionale attraverso collaborazioni con teatri e festival europei come il Théâtre de la Ville di Parigi, il Festival di Edimburgo, il Wiener Festwochen. Saranno insieme sulla scena artisti di diverse nazionalità: interpreti italiani e inglesi per Interiors di Matthew Lenton, attori e registi italiani e tedeschi per un laboratorio a cura di Matthias Langhoff. Fra gli artisti invitati a creare nuove produzioni: Karole Armitage, David Lescot, Tadashi Suzuki, Enzo Moscato. Il Festival ha commissionato testi a Manlio Santanelli, Antonio Skármeta, Eugène Savitzkaya, Colum McCann. Giorgio Barberio Corsetti sarà regista e Chay Yew autore di uno spettacolo ispirato a Le città invisibili di Italo Calvino e dedicato a Napoli e Singapore. I sotterranei di Napoli diventeranno protagonisti dei progetti di Andy Arnold e di Muta Imago, mentre i tetti dei suoi palazzi più alti ospiteranno uno spettacolo di Rodrigo Pardo. Parte del programma sarà dedicata al Settecento francese e spagnolo: Carnaval Baroque di Le Poème Harmonique, La Partenope di Vinci per la direzione di Gustavo Tambascio e la filosofia scandalosa di De Sade proposta da Enrico Frattaroli.

Per informazioni: internazionale@napoliteatrofestival.itwww.napoliteatrofestival.it

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