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Università Mediterranea degli Studi di Reggio Calabria Corso di Laurea SCBAA-L-43. A.A.2010/11 Laboratorio dei “Materiali e risparmio energetico Materiali tradizionali dell’architettura e del risparmio energetico- Docente: Cherubina Modaffari-Dispensa 1 1 Cultura dei materiali e cultura materiale: LA STORIA DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE Definizione classificazione, sistematizzazione storico-critica dei materiali da costruzione LA STORIA DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE

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Cultura dei materiali e cultura materiale: LA STORIA DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE Definizione classificazione, sistematizzazione storico-critica dei materiali da costruzione LA STORIA DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE

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- Premessa:

I materiali nella trattatistica dell'architettura Vitruvio, L. B. Alberti, Rondelet, Fromenti, Griffini, Ridolfi Innovazioni tecnologiche ed elaborazioni morfologiche e simboliche Innovazioni tecnologiche e problemi di durabilità e affidabilità

- I materiali nell'antichità pre-romana: le prime strutture: la caverna e la tenda elementi che condizionarono i "tipi" il legno i materiali lapidei i laterizi le malte le murature armate la produzione dei metalli la scoperta del vetro

- Dall'età romana a quella paleocristiana: il prevalere dell'arte muraria l'uso del legno e della pietra diffusione dei mattoni miglioramento delle malte introduzione del calcestruzzo uso del vetro

- Il Medioevo: i laterizi e le malte ritorna l'uso delle pietre i vetri colorati

- Il Rinascimento e il Barocco: murature laterizie e in concrezione

- Il Settecento: sperimentazioni sulle calci e sui cementi prime opere in ferro progresso dei prodotti vetrosi

- L'Ottocento e il Novecento: la scienza delle costruzioni l'affermazione del ferro e dell'acciaio il cemento armato e il precompresso l'impiego della pietra e del laterizio nuove tecnologie del legno

- Prospettive e tendenze: gli acciai speciali i calcestruzzi leggeri le materie plastiche.

Bibliografia:

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Singer C. e altri (a cura di), Storia della tecnologia , Torino 1966, Boringhieri (in particolare: Bradford J., "Costruzioni di graticciate, legno e zolle erbose", vol. 1°; Lloyd S., "Costruzioni in mattoni e in pietra", vol.1°) Bucaille R. e Pesez J.M., "Cultura materiale", in Enciclopedia Einaudi, vol. 4° Baglioni A. (a cura di), I materiali da costruzione tra storia e progetto , Milano 1987, CUSL AA.VV., Portoghesi P. (direttore), Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica" , Roma 1968, Ist. Edit. Romano (per consultazione: "voci" e nomi citati) Argan G.C., Storia dell'arte italiana , Firenze 1981-82, Sansoni Ragon M., Storia dell'architettura e dell'urbanistica moderne , Roma 1974, Editori Riuniti (in particolare: vol. 2°, Cap. IV "L'influenza degli ingegneri", pp. 181-209; vol. 3°, Cap.II "Verso un'altra architettura", pp. 220-232) Derry T.K. e Williams T.I., Storia della tecnologia , Torino 1976, Boringhieri (testo originale: Oxford 1960) (in particolare: Cap. 5°, "La costruzione di edifici", pp. 186-222; Cap. 14°, "Costruzioni: l'edilizia urbana", pp. 464-494). LA STORIA DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE

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PREMESSA Di materiali si sono sempre interessati i trattatisti dell'architettura e la manualistica tecnica delle costruzioni: per VITRUVIO i materiali da costruzione erano: la pietra, la terra e il laterizio, la calce, la sabbia, alcuni pigmenti e, unico metallo, il piombo; LEON BATTISTA ALBERTI, propone lo stesso elenco, con l'aggiunta del rame e qualche sporadico riferimento al ferro; per GIOVANNI RONDELET , trattatista dell'Ottocento, la "conoscenza dei materiali", nel Trattato teorico e pratico dell'arte di edificare (1832) , riguarda: le pietre, le pietre artificiali (terre crude e cotte), le malte di calce, il gesso, il legname, il ferro. In sostanza, in piena "rivoluzione industriale", la conoscenza dei materiali è quella dei tempi di Vitruvio. Nel 1893 viene pubblicato un importante libro di settore: la Pratica del fabbricare di CARLO FROMENTI, in esso compare una casistica abbastanza ampia di prodotti in ghisa e ferro che completano e consolidano la vecchia tradizione della "costruzione a regola d'arte"; solo una sua riedizione del 1920 inserisce il "calcestruzzo armato" , il nuovo materiale composito che avvierà una nuova tradizione costruttiva. A questo punto, la manualistica decade: ultimi tassomisti della pratica del costruire sono forse GRIFFINI (Costruzione razionale della casa , 1933) e RIDOLFI (Manuale dell'Architetto , 1946), che aggiungono ai vecchi elenchi molti materiali tratti dalla lettura delle tecniche regionali, ma tutti in posizione subordinata rispetto ai materiali della tradizione. Si potrebbe pensare che ancora oggi ci si trovi nella stessa situazione, ma non è così: non solo per i molti materiali nuovi creati negli ultimi decenni, ma soprattutto perchè i vari materiali della tradizione non sono più gli stessi, per complessità e per prestazioni. L'involucro edilizio non può più essere quello della tradizione costruttiva e, di fatto, non è più lo stesso, anche se il suo aspetto tende a mantenersi non dissimile da quello di un tempo. Tutte le innovazioni tecnologiche, infatti , sono rimaste inespresse, private di ogni elaborazione morfologica e simbolica; non sono, se non raramente e per particolari destinazioni dell'edificio, divenute linguaggio. Metaforicamente, si può dire che il processo industriale ha fatto diventare lampada il lume e automobile la carrozza, mentre la casa è rimasta sostanzialmente quella di un tempo. Questo è uno dei problemi che la tradizione della tecnologia dei materiali mette in luce e può, forse, contribuire a risolvere. Altri problemi riguardano la constatazione che i nuovi materiali, rispetto a quelli della tradizione, esprimono migliori prestazioni circa il confort che contribuiscono a realizzare, ma spesso una peggiore durabilità e affidabilità 1. Di questo si parlerà in seguito, nel

1 DURABILITA': con riferimento ad un componente edilizio o a un materiale , esprime la capacità di mantenere, entro un arco di tempo definito, i propri livelli prestazionali al di

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secondo e terzo ciclo del Corso; in questa fase si cercherà di dare alcune risposte al primo interrogativo, ricostruendo, sia pure in modo schematico, la "storia dei materiali", analizzando i rapporti tra l'evoluzione dell'uso dei materiali e la storia dell'architettura. I MATERIALI NELL'ANTICHITÀ PRE-ROMANA

Le prime "strutture": Fin dalle epoche più remote l'uomo, a seconda di quello che l'ambiente gli offriva, fabbricò la propria casa e i propri oggetti, indifferentemente, con materiali pesanti o leggeri, rigidi o elastici, duri o teneri, "naturali" o "artificiali". Inizialmente la dimora degli uomini fu una grotta, ciò ovviamente dove esistevano montagne: si pensi ad esempi come Lascaux in Francia o Altamira in Spagna. Le grotte furono i luoghi dei primi rituali, in esse per superare le "paure", si cominciò a comunicare e si formò il linguaggio; in esse nacque la "religione", nel senso originario: di stabilire "legami reciproci"2. Queste motivazioni, presto, diventarono fatti di "fede", credenze, superstizioni, simboli che si protrassero nel tempo, connotando l'edilizia successiva: nell'orientamento degli edifici, nella posizione del focolare, dell'accesso alle case, ecc. Sui primi ripari costruiti è difficile fare ipotesi, ma pare, da recenti ritrovamenti e dall'applicazione di particolari metodi di rilevamento, come quello del carbonio 14 3, che le prime dimore risalgano a circa 13.000 anni fa, a cavallo tra il Paleolitico e il Mesolitico. Sono i ripari dell'uomo nomade, tende facilmente smontabili, semplici intelaiature in legno coperte da pellicce, cucite come indumenti, e ancorate al suolo con cavicchi di legno, ossa di mammut o corna di renna. Si può quindi dire che nell'uso della caverna si riscontrano prevalentemente motivazioni simboliche; nella tenda, invece, i primi tentativi di "controllo ambientale". Per Reyner Banham:

sopra di una soglia critica, oltre la quale si manifesta una determinata patologia o un processo irreversibile di obsolescenza. AFFIDABILITA': "Attitudine di un elemento ad adempiere alla funzione richiesta, nelle condizioni fissate, per un periodo di tempo stabilito" (UNI7867) "Capacità di mantenere sensibilmente invariata nel tempo la propria qualità, in condizioni d'uso determinate" (UNI8290). 2 Cfr. MARCOLLI ATTILIO, L'immagine-azione: comunicazione , Firenze 1982, Sansoni Ed. 3 METODO DEL CARBONIO 14: si tratta di un metodo di valutazione e datazione di reperti storici, di resti fossili animali e vegetali, e di rocce, in cui viene utilizzata la radioattività residua dell'oggetto. Si basa sul fatto che negli oggetti organici e inorganici sono sempre presenti isotopi radioattivi, di cui uno è il carbonio 14 . Questi isotopi nel tempo si disintegrano, producendo altri isotopi non radioattivi; la loro massa si dimezza in un intervallo di tempo che è caratteristico di ciascun isotopo. La massa del carbonio 14 si dimezza in 5568 anni; ciò permette di datare con esattezza oggetti fossili di età fino a 10-15.000 anni fa.

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"Comportamento ambientale di una tenda: 1) la membrana devia il vento e ripara dalla pioggia; 2) riflette la maggior parte delle radiazioni, mantiene il calore interno, ripara da quello esterno; 3) assicura l'intimità".4 Tra le cose che l'uomo ha prodotto con le risorse messe a disposizione dalla natura, persino quelle primitive possono essere "complesse", poichè sono il prodotto di molte tecniche, derivanti da una pratica in uso da molto tempo. La "complessità" riguarda i principi espressi nei dettagli della costruzione, la scelta motivata dei materiali e il modo di trattarli. Il tipo di struttura 5 adottato dipende, sostanzialmente, dai seguenti elementi: - natura dei materiali disponibili in loco; - utensili e strumenti disponibili; - fattori ambientali come la pioggia, il vento, la temperatura, ecc. - osservazione di tecniche già sperimentate; - immaginazione e creatività. Queste dipendenze, le differenziazioni che ne scaturirono a livello regionale, lo stesso impulso a costruire, si rafforzarono con il passaggio da una economia di raccolta a una di produzione del cibo, e ciò specie nelle zone prive di ricoveri naturali (si pensi, ad esempio, a quanto accadde, in epoca neolitica, nelle zone del "crescente fertile", attorno al deserto arabo). Le più antiche forme di ricoveri, costruiti in maniera sistematica, non episodica, una volta ripudiata la prima forma di vita nomade, rispecchia fortemente le peculiarità locali dell'ambiente: - legname e zolle erbose, nell'Europa Settentrionale e nel Nord America; - canne cementate col fango, lungo le rive dei grandi fiumi (Nilo, Eufrate, Tigri);

- pietre sovrapposte a formare ricoveri, lungo il greto dei torrenti; - l'adobe e il mattone cotto, sulle alture di terra grassa (Assiria); - la pietra sugli altipiani aridi, privi di argilla e di legno. Le ricostruzioni di questi primi avvenimenti sono difficili; molte cose si sono capite attraverso confronti etnografici con i "primitivi" odierni. Pur ritenendo che le due condizioni non sono del tutto sovrapponibili, dai confronti si sono ricavate diverse classificazioni delle condizioni e dei mezzi primordiali che in molti casi non sarebbero state possibili, come per le costruzioni in legno che per la loro deperibilità, non sono giunte a noi che in quantità minime. Il legno: Le prime tracce di architettura in legno risalgono all'inizio del Paleolitico superiore o magdaleniano : uomini dediti alla caccia provano a

4 Cfr. BANHAM REYNER, Ambiente e tecnica nell'architettura moderna , Bari 1978, Laterza (in particolare: Cap. 2°, "Il controllo ambientale", pp.9-19 5 STRUTTURA: Si tratta, come dicono i vocabolari, di "voce dotta", essendo trascrizione e traslazione del participio passato del verbo latino STRUERE, cioè COSTRUIRE. L'uso primo di questa parola è stato fatto proprio parlando di costruzioni architettoniche e le prime estensioni furono nella direzione delle scienze naturali.

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costruire ricoveri in zone sprovviste di caverne naturali (XI millennio a.C.). Tra i ritrovamenti di primi ricoveri si ricordano quelli della Russia meridionale, lungo il fiume Don e nella Germania settentrionale, nello Holstein: buche profonde circa 1/2 m.; di m. 4,5 x 5,5, circondate da pietre e zanne che presumibilmente tenevano una copertura tesa. Ancora gruppi di buche con tracce di rivestimento in legno sulle pareti, in Siberia. In Europa, comunque, in questo periodo si usano soprattutto tende e abitazioni seminterrate. In Inghilterra, ancora in era mesolitica, si usano piccole capanne stagionali ricoperte di frasche e grandi capanne in legno, isolate o in gruppi, e al tempo stesso abitazioni seminterrate. In tutti questi esempi restano molti dubbi sui tipi di coperture adottati mentre si può dire con certezza che la difficoltà di realizzare le buche, fece preferire terreni sabbiosi per l'ubicazione degli insediamenti. In epoca neolitica (circa 5.000 a.C.), in Egitto e in Mesopotamia, lungo le rive del Nilo , dell'Eufrate e del Tigri oltre le tende, compaiono capanne di pali rigidi, realizzate con legno di palma, intelaiati, chiuse con stuoie e intonaco di fango. Le strutture più solide si ebbero, comunque, sempre in periodo neolitico, in Europa, dove le frequenti piogge suggerirono l'adozione dei primi tetti a falde. Con l'età del bronzo (3.000 a.C.) si effettuarono i primi lavori di carpenteria; le capanne diventarono case robuste, realizzate con tronchi e graticci, e intonaco di fango per colmare i vuoti. Si realizzarono portici antistanti la casa, che anticipano i "megaron" di Tirinto e di Micene (2° millennio a.C.). Con l'agricoltura, poi, nascono i primi villaggi. Nello stesso periodo, nelle zone lacustri della Svizzera e della valle del Po, le palafitte. Tra l'età del bronzo e quella del ferro, in Inghilterra, il legno fu molto usato nell'architettura rituale e funeraria. Contemporaneamente la carpenteria continuò ad evolversi, grazie ai nuovi strumenti metallici. E le nuove tecniche ebbero tale sviluppo che finirono con l'influenzare enormemente anche le realizzazioni in pietra (vedi Stonehenge). In età del ferro (intorno al 1.000 a.C.) in Inghilterra e nell'Europa continentale aumentò, per quantità e qualità, l'importanza dell'uso degli attrezzi: seghe, asce, lime, punteruoli, sgorbie e coltelli, e alcune forme di tornio. Con la realizzazione delle prime tavole e di connessioni più efficaci si migliorarono le tecniche costruttive e le condizioni abitative: pareti meglio rifinite, pavimenti in tavole, porte montate su cardini, prime finestre, ecc. Esempi particolarmente significativi di questo periodo sono diversi tumuli ritrovati lungo la costa dell'Olanda settentrionale; un villaggio lacustre in Polonia, a nord-est di Posnam; alcune capanne dell'Italia settentrionale; tumuli funerari della Russia meridionale. In età classica, la prima architettura greca elabora un sistema costruttivo evoluto, basato sulla "colonna", di origine micenea e degli albori dell'architettura dorica. Gli stessi templi derivarono da più antiche costruzioni lignee, come si rileva dall'alto basamento di pietra che isolava dall'umidità del suolo dagli spioventi del tetto, dalle gronde e dai gocciolatoi, ecc.

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Anche i primi templi etruschi (600-700 a.C.) furono realizzati, in massima parte, in legno e in mattoni essiccati al sole; erano in legno le colonne del pronao, l'ossatura del tetto e primi sommari esempi di capriata. I materiali lapidei: C'è intanto da considerare che sono i materiali più disponibili in natura. In origine, l'impiego della pietra per realizzare tombe, edifici per il culto e fortificazioni, fu ampio; ovviamente lì dove la pietra era facilmente disponibile e in pezzi di grandi dimensioni, vista la tendenza a realizzare strutture megalitiche. La resistenza e la durevolezza del materiale hanno portato fino a noi esempi monumentali antichissimi: menhir, dolmen, nuraghi, templi, fortificazioni, danno una idea chiara di quanta importanza abbia avuto la pietra nelle costruzioni dei primi popoli. Esempi particolarmente significativi di questa importanza sono, oltre ai ben noti monumenti egizi, gli "stone circles" (o pietra curva) di Stonehenge (2.200-1.600 a.C.), nell'Inghilterra meridionale, monumento funerario con 100.000 mq. di estensione, realizzato con blocchi dal peso medio di 45 tonnellate. Sommando questi dati alle difficoltà di cavamento, di lavorazione e di trasporto, è facile capire come l'impiego della pietra fu soprattutto per "grandi imprese" capaci di giustificare, di volta in volta, fatiche economiche e fisiche altrimenti non affrontabili. Altri indicatori delle difficoltà e dell'importanza dell'uso della pietra sono rappresentati dai metodi di cavamento rilevate in antiche cave a sfruttamento monopolistico statale: si tratta di metodi a cielo aperto e in cave coperte; per l'estrazione di pietre dure o tenere; gli strumenti disponibili erano assolutamente poveri; l'unico metallo disponibile era il rame; i graniti erano forati e segati con l'aiuto di qualche abrasivo; per spaccare e isolare i massi si usavano cunei di legno e acqua; non si conosceva l'argano e la puleggia e fino al 2.000 a.C. non vi fu traccia di ruote; gli unici dispositivi erano le leve, le slitte e i rulli. Non bisogna comunque dimenticare che per lungo tempo vi fu una maggiore preoccupazione per i risultati estetico-simbolici che per quelli costruttivi. In particolare nelle opere egizie, si rilevano, accanto all'insuperata monumentalità e grandiosità, incomprensibili lacune costruttive: le piramidi di Cheope e Chefren e la vicina Sfinge testimoniano questi limiti. Un decisivo contributo al miglioramento dell'aspetto tecnico alle costruzioni in pietra viene dall'esperienza greca . E' sufficiente pensare al tempio di Nettuno presso Paestum; la pietra usata, un travertino ambrato, è un materiale pregiato, adatto per edifici importanti e per realizzare immagini di grande effetto; la scelta del materiale si combina con un'attenta tecnica di lavorazione: blocchi squadrati, precise scanalature nelle colonne, uso di grappie metalliche per legare tra loro i diversi pezzi prefabbricati, ecc.. E questo riconoscere alla pietra possibilità di lavorazione molto più avanzate della semplice posa in opera di massi appena sbozzati, diverrà, come vedremo, una vera esigenza costruttiva presso i Romani. Ma l'evoluzione costruttiva dei Romani è legata a quanto essi appresero dagli Etruschi, in particolare sull'uso delle tecniche ad arco e a falsa volta, sconosciute o ignorate dai Greci: si pensi alle antichissime architetture funerarie scoperte in tutta l'Etruria, realizzate con il tufo,

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pietra abbondantissima in quel territorio; e in particolare si pensi alla necropoli ipogea di Cerveteri, ricavata per "asportazione" in uno spesso strato di tufo vulcanico. I laterizi: E' il materiale che ha da sempre rivaleggiato con la pietra, sia per la realizzazione di opere modeste che grandiose. Pur non essendo il primo e il più naturale, è senz'altro un antichissimo mezzo di costruzione; certamente il primo materiale "sintetico", il primo che ha avuto bisogno di una "industria" (nel senso latino di "attività"). Proprio perchè "industriale" e "prefabbricato", questo materiale porterà con sè e con l'evoluzione della sua produzione i concetti moderni di "industrializzazione" e "standardizzazione" . Alcuni ritrovamenti in Israele e in Mesopotamia dicono che fin dal 6° millennio a.C. si fabbricavano blocchetti simili ai nostri mattoni, fatti di fango o di argilla cruda, qualche volta miscelati con paglia o altro vegetale o sterco essiccati al sole. Il grande salto di qualità si ebbe quando in Babilonia, circa nel 2.000 a.C., si produssero sistematicamente i mattoni cotti. Inizialmente la carenza di combustibile ha comunque limitato la produzione di questi ultimi, il cui uso venne riservato ai plinti, alle pavimentazioni, agli "impianti" igienici e idraulici, cioè alle parti più sollecitate e più esposte. In seguito furono usati ai piani terreni delle abitazioni comuni; mentre per le residenze dei re e dei grandi funzionari si usarono su larga scala: nei palazzi, negli ipogei, nelle porte trionfali, e nei grandi ziggurat (il cui interno è comunque di mattoni crudi). In periodo assiro si fece grande uso, sulle facciate, di ornamenti vetrificati in mattoni cotti; come adesivo si usava il bitume. Un impiego su larga scala di mattoni smaltati con figure a rilievo caratterizzò l'architettura babilonese dopo la caduta di Ninive (612-539 a.C.). Le case di Babilonia furono comunque realizzate di mattoni crudi e così pure la tripla cinta di mura, ed è per questo che di tutto ciò non è rimasto nulla. Anche l'architettura classica della Persia fu caratterizzata dall'impiego del laterizio, sia per gli elementi costruttivi che per quelli decorativi. La sua originalità fu nell'uso delle volte e delle cupole. Tra gli esempi più significativi, si ricorda in particolare il monumento Neisar di epoca pre-islamica (224-42 d.C.), la cui cupola fu modello per tutte le altre costruite successivamente. Con l'Islam si sviluppò soprattutto l'uso del mattone come ornamento, di cui si lasciò tracce dovunque giunse l'influsso arabo (Spagna). Le malte: Hanno avuto una grande importanza, accanto alle pietre e ai mattoni, sin dalle origini delle costruzioni stabili. Ottenute mescolando un legante - anticamente la calce - con un inerte di grana fine (sabbia); hanno contribuito alla durata delle murature, "legando" tra loro pietre e mattoni in un tutt'uno monolitico di grande resistenza e durabilità. La scoperta avvenne, pare casualmente, in epoca pre-romana, ottenendo calce aerea dalla cottura dei calcari. Quando ne fu avviata la produzione furono anche introdotte tecniche operative di nuovo tipo, come le opere gettate che abbreviarono i tempi di lavoro e ridussero i costi di costruzione.

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Pare che i primi impasti del genere furono utilizzati dai Campani, come dimostrerebbero le costruzioni più antiche degli scavi di Pompei.

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Le murature armate: Si tratta dell'impiego del legno accoppiato alla muratura: le travi hanno il compito di costituire una specie di scheletro resistente che collegando le varie parti del muro, lo rendono più unito e capace di resistere a sforzi di flessione. Iniziative del genere furono prese da costruttori egiziani e, in periodo pre-ellenico, a Creta e Tirinto. Ne parlano Vitruvio e Filone, e se ne ha documentazione anche in alcuni tratti di bassorilievo della Colonna Traiana. La produzione dei metalli: In epoche antichissime ("era del rame": 4.000-3.000 a.C.; "era del bronzo": 3.000-2.000 a.C.) rame, bronzo, ferro e piombo furono utilizzati nelle costruzioni, per opere complementari o con funzioni statiche limitate. L'uso del rame e del bronzo, nel rivestimento delle coperture o di generici oggetti, risale alle epoche faraoniche. Il piombo (estratto da minerali come galma, cerusite, anglesite, ecc.) , fin dai tempi più remoti fu usato per saldature, legature, condutture e restauri; in edilizia, fu usato, per la sua plasticità e lavorabilità, per "piombare" ramponi e grappie di ferro a cui era affidato il compito di "legare" i rivestimenti in marmo e i rocchi delle colonne. Rame e bronzo erano particolarmente noti in campo artistico e sin dalla preistoria, molto diffusi presso i Cretesi, i Micenei, gli Assiro-babilonesi e gli Egiziani. La scoperta del vetro: Plinio il Vecchio, nel 1° sec. d.C., parla di un evento casuale che su una spiaggia fenicia avrebbe portato alla scoperta di questo materiale. In realtà è accertato che in Egitto e in Mesopotamia, già nel 3° millennio a.C., venivano prodotti utensili e monili vetrosi. Ai Fenici spetta certamente il merito di aver diffuso le tecniche di produzione vetraria nel bacino del Mediterraneo; la produzione era comunque limitata agli oggetti d'uso, non riguardava le costruzioni. DALL'ETÀ ROMANA ALLA PALEOCRISTIANA Il prevalere dell'arte muraria: Dalle cose dette si evince che la tecnica ediliza, "sin dall'inizio", ha avuto a disposizione tutti i principali materiali adatti alla costruzione; fra essi, tuttavia, hanno dominato i materiali adatti alla realizzazione di murature; e ciò ha condizionato molto l'architettura, fin quasi ai nostri giorni. La mole delle strutture verticali e la limitata ampiezza delle apertura ha portato a tendenze in cui i pieni hanno prevalso sui vuoti; la limitata sporgenza degli aggetti ha favorito l'affermarsi della "facciata" chiusa e continua, priva di effetti chiaroscurali, se non a livello superficiale (cornici e lesene). Le murature più antiche, poi, non prestandosi ad eccessivi virtuosismi, hanno suggerito forme semplici, sia nella massa dell'edificio che nelle singole parti. Col passare del tempo, questi caratteri essenziali sono rimasti sostanzialmente immutati; tuttavia, non si è mai smesso di esplorare tutte le possibilità insite nei materiali impiegati, e l'arte muraria ha dimostrato un continuo processo evolutivo.

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Uso del legno e della pietra: Il legno ebbe un grande ruolo nell'architettura romana "diffusa", ne è indiscutibile testimonianza la frequenza degli incendi, spesso disastrosi, che caratterizzarono la storia urbana di Roma . Si ricordano: le "insulae", con unità residenziali di 4-5 piani, realizzate con strutture di graticci di legno; l'edilizia a intelaiature lignee di Pompei, Ercolano e Stabia; per non parlare dell'uso, veramente innovativo, delle capriate , con le quali fu possibile coprire grandi luci. Ancora di più si può dire dell'uso della pietra: i Romani, infatti, utilizzarono con grande perizia questo materiale, contribuendo in modo determinante alla valorizzazione delle sue potenzialità tecniche e monumentali. E' sufficiente ricordare le caratteristiche costruttive del Teatro di Marcello e le valenze architettoniche complessive, frutto di una scrupolosa scelta di materiali adatti a ricevere le diverse sollecitazioni dell'edificio: in successione verso l'alto, il travertino, il tufo, i laterizi. Diffusione dei mattoni: La caratteristica più significativa del periodo resta, però, l'assunzione da parte dei Romani del laterizio come materiale da costruzione di base, riservando spesso alla pietra il ruolo di rivestimento esterno. Il mattone apparve a Roma, importato dalla Mesopotamia, durante gli ultimi anni della Repubblica. Ai tempi di Vitruvio (1° sec. a.C.) si usava ancora il mattone crudo; il cotto apparve in età augustea e il suo uso fu generalizzato e diffuso al tempo di Tiberio (14-37 d.C.); la sua diffusione, insieme a quella della malta di calce, riguardò tutto il bacino del Mediterraneo.

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L'uso generalizzato del mattone, e l'uso particolare delle murature a sacco, inizialmente con paramenti di mattoni, modificò il sistema costruttivo a blocchi ("opus incertum", "opus reticolatum", "opus mixtum") 6 Nell'architettura romana il mattone spesso resta in vista, ma questa non è una regola: il rivestimento è affidato quasi sempre alla pietra: marmo, travertino o arenaria; elementi in massima parte spariti, crollati o asportati . Si ricorda, a questo proposito una celebre frase di Cesare Augusto: "...ho trovato Roma di mattoni, la lascio di marmo...". Il mattone ha permesso anche particolari accorgimenti di natura più spiccatamente meccanica: si ricorda la realizzazione di nervature nelle volte a botte e a crociera, per alleggerire lo sforzo affidato alla volta sovrastante; la realizzazione diffusa di archi con centine e di parti di edifici particolarmente sollecitate ed esposte. Miglioramento delle malte: Vitruvio, Varrone, Frontino, Strabone, Plinio Faventino, si interessarono nei loro scritti delle malte, dei modi più opportuni di miscelare leganti e inerti, avvertendo e registrando, ad esempio, l'importanza dello spegnimento della calce e della sua stagionatura (anche fino a tre anni). Anche S. Agostino, nella sua "Città di Dio", descrive le tecniche giunte fino a lui per la trasformazione delle calci vive in calci idrate. I Romani scoprirono, fra l'altro, che i diversi inerti disponibili conferivano caratteristiche diverse alle malte: Vitruvio specificò che l'arena fossicia (oggi pozzolana ) conferiva alle malte consistenza e resistenza maggiori rispetto all'arena fluvialis e suggerì dosaggi per i diversi impieghi. Introduzione del calcestruzzo: Altro fondamentale contributo dei Romani alle tecniche costruttive fu l'introduzione delle murature a sacco: materiale gettato in "cavi" (forse già in uso presso i Campani), e di un nuovo materiale: il calcestruzzo, malta di pozzolana mista a scaglie di pietra di varie dimensioni. Questo prodotto "conglomerato", detto "betonium", all'inizio, fu gettato tra paramenti di mattoni; impiegato nelle fondazioni e nelle muraglie o anche nei rinfianchi delle volte e delle cupole. Successivamente, fu adoperato anche da solo, senza paramenti di contenimento in laterizio, e al loro posto si utilizzarono cassaforme in legno. Inoltre, laterizi frantumati presero spesso il posto delle scaglie di pietra, alleggerendo molto il materiale. Con questi accorgimenti fu possibile realizzare grandi opere voltate (Pantheon, Basilica di Massenzio). In alcune opere romane sono state trovate barre di ferro poste intenzionalmente all'interno del conglomerato, ma le notizie in merito sono poche, quindi non è corretto parlare di conglomerato armato.

6 Vedi voce "OPUS", in Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica , Roma 1968, Ist. Edit. Romano)

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Uso del vetro: I romani, comprimendo masse vetrose fuse in forme metalliche, ottennero "piattelle", rotonde o quadrate, con le quali si chiusero i vani vuoti delle murature con schermature traslucide e protettive. Queste chiusure non erano proprio trasparenti, viste le impurità presenti nelle paste usate, ma sicuramente molto più efficaci delle pelli o delle tele usate allo scopo fino a quel periodo. IL MEDIOEVO I laterizi e le malte: Nell'Alto Medioevo domina la tradizione "romana" della costruzione in laterizio, anche se un certo numero di opere furono realizzate in pietra. Vi fu una precisa ricerca di migliori prestazioni del materiale, riduncendo conseguentemente le sezioni strutturali e il peso proprio delle parti costruttive, e aumentando le dimensioni degli spazi coperti. Si pensi alle iniziative bizantine di alleggerire le cupole attraverso l'uso di mattoni forati (S. Sofia a Costantinopoli), o alla realizzazione di volte con vasi in terracotta (S. Vitale a Ravenna). Si affermò, inoltre, l'uso del mattone a faccia vista, che caratterizzò tutta l'architettura bizantina e romanica, fino al Rinascimento. Tra il IX e il XII sec. furono approfondite le ricerche sui leganti e sulle malte e quelle sui prodotti vetrosi. In molte costruzioni le murature in mattoni furono intervallate da alti strati (5-6 cm)di calcestruzzo di tipo romano (pozzolana e scaglie di laterizio), migliorando così l'isolamento dall'umidità del terreno. E', inoltre, di questo periodo la scoperta che alcuni calcari misti ad argilla (calcari marnosi) danno luogo, per cottura, a calci con capacità di indurimento in assenza quasi totale di aria (calci , oggi, dette "idrauliche" ). Queste calci "forti" furono comunque impiegate solo in casi particolari e in presenza di acqua, e sempre con inerti particolari come la pozzolana. Ritorna l'uso delle pietre: Nel Basso Medioevo la tendenza costruttiva prevalente fu quella introdotta dai costruttori gotici, con l'uso prevalente della pietra lavorata, in luogo del mattone; ciò si verificò soprattutto nella realizzazione di edifici importanti e/o pubblici. Le lavorazioni esaltarono le potenzialità decorative ed estetiche del materiale (specie nel "gotico francese"): il percorso avviato dai Greci e sviluppato dai Romani nella direzione di un corretto utilizzo tecnico della pietra in questo periodo raggiunse uno dei suoi momenti più significativi. Queste costruzioni posero però un problema nuovo, le difficoltà economiche legate all'impiego della numerosissima mano d'opera necessaria per la lavorazione dei blocchi: dai muratori ai carpentieri, dagli scultori agli operai delle cave, fino al personale addetto al trasporto del materiale. Molti cantieri vennero abbandonati e molte opere furono completate dopo diversi anni, qualche volta dopo secoli. I vetri colorati: Il vetro divenne di uso abbastanza generalizzato dopo il Mille, con la evoluzione notevole che si verificò in quel settore produttivo: si ottennero lastre trasparenti soffiando grandi ampolle,

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tagliandole e spianandole a lastre, e ottenendo cosi infissi di grande pregio. Con gli sviluppi commerciali della Repubblica di Venezia, che attinse ai mercati di Oriente, fu possibile usare svariati minerali che arricchirono la produzione, contribuendo a creare nella laguna fiorenti industrie di vetri trasparenti e colorati. Contemporaneamente, con le paste colorate, si perfezionò la produzione e l'uso delle tessere musive , per la decorazione di pareti e volte. IL RINASCIMENTO E IL BAROCCO Murature laterizie e in concrezione. L'impiego del laterizio, non solo non fu mai abbandonato, ma presto riprese il sopravvento, limitando nuovamente l'impiego della pietra alla produzione di elementi che richiedevano soluzioni scultoree o sagome particolari. Due ragioni determinarono questa tendenza: il facile reperimento della materia prima e la minore onerosità della produzione. La pietra perde del tutto le connotazioni di elemento "strutturale", acquistando sempre più il ruolo di materiale di completamento e finitura, di inerte per opere stradali o di materia base per produrre leganti. Anche nel Rinascimento il problema delle malte rimane problema di primo piano: Palladio e altri suoi contemporanei si occuparono, ad esempio, delle calci adatte ai lavori in acqua, del miglioramento dei dosaggi e delle qualità dei componenti delle malte e dei calcestruzzi. Il calcestruzzo fu usato per ogni tipo di muratura a sacco e di riempimento fino a tutto l'Ottocento; tuttavia, non entrò in maniera autonoma e preminente nella costruzione finchè nei sec. XVIII e XIX non vennero avviati studi realmente sistematici sulle calci. Il Rinascimento e il Barocco ebbero un altro mito: l'intonaco, più adatto del mattone in vista per definire lo stacco o la continuità delle linee e delle superfici. Il mattone continua comunque ad essere usato, ma in prevalenza per segnare cornici, contorni e trabeazioni; mentre la pietra tende a perdere anche il ruolo di rivestimento e decorazione. IL SETTECENTO E' un'importante fase evolutiva nella conoscenza e nell'impiego dei materiali da costruzione; in essa si definiscono le premesse per le radicali innovazioni che la tecnica edilizia ha poi sviluppato, nell'Ottocento e nel Novecento. Sperimentazione sulle calci e sui cementi: Il calcestruzzo, dopo l'affermazione che ebbe in epoca romana, fu quasi dimenticato per molti secoli; si può parlare di una sua riscoperta nel Settecento, grazie alle sperimentazioni effettuate nel campo dei leganti in Inghilterra e, soprattutto, in Francia. Nel 1774 l'ingegnere J. Smeaton, realizzò il faro di Eddystone, adoperando un miscuglio di calce viva, argilla, sabbia e ferro, in un luogo dove il mare aveva reso vane le precedenti costruzioni. Quel successo indusse molti

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a tentare un miglioramento del procedimento: così, impasti simili, ma perfezionati, furono confezionati in Inghilterra per la realizzazione di ponti e canali alla fine del Settecento.

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Nel 1796, J. Parker brevettò il "cemento romano" e nel 1824 J. Forst il "cemento Britsch"; ma fondamentali risultarono le ricerche di L. Vicat sulle calci idrauliche, che evidenziarono la opportunità di usare argilla contenente sia silice che alluminio. Prime opere in ferro: Il progressivo sviluppo dell'industria siderurgica mediante l'adozione di forni più efficaci, alimentati a carbone fossile, in sostituzione di quello vegetale, migliorò le qualità dei prodotti e ridusse notevolmente i costi di produzione. Si realizzarono prime opere notevoli, per dimensione, complessità e importanza, in cui le membrature metalliche assumono per la prima volta, sottraendolo alla muratura, il ruolo portante principale. Si crearono le prime grandi strutture a scheletro portante indipendente; ma è soprattutto nella costruzione dei ponti che il metallo sostituisce rapidamente le arcate in muratura. Si ricorda in particolare il ponte inglese sul Severn, progettato da Darby e realizzato da Wilkinson in ghisa (1776-1779). Progresso dei prodotti vetrosi: Si deve al francese Saint-Gobain (tra il XVII e il XVIII sec.) l'introduzione della fabbricazione per colata e laminazione di lastre, cosa che permise all'industria vetraria di affermarsi come tale e di prendere l'avvio verso una diffusione generalizzata del prodotto. L'OTTOCENTO E IL NOVECENTO Sono giustamente definiti come i secoli dell'acciaio e del cemento armato, per la rapida e universale affermazione di questi due materiali in edilizia. Da qualche anno, tuttavia, la loro supremazia comincia a dare qualche segno di flessione a causa degli elevati costi energetici che la loro produzione impone. La scienza delle costruzioni: Questa nuova scienza cambia il linguaggio e il pensiero costruttivo, rendendo possibili nuovi schemi statici e strutturali. Risale a circa cento anni fa: fino ad allora ogni opera, anche complessa, era progettata e realizzata in base all'intuizione e a poche regole empiriche. L'introduzione dell'uso della matematica e di molti procedimenti sperimentali suggeriscono e rendono possibili nuove forme; dalle soluzioni strutturali "isostatiche" si passa a quelle "iperstatiche" (7). Si propongono scheletri che sopportano l'intera costruzione, i muri perimetrali e i divisori, non più portanti, gravano su questo scheletro. Si affermarono strutture e membrature di tipo nuovo, costituite da una trama spaziale o piana di aste disposte secondo maglie rettangolari o triangolari: sono le strutture a gabbia e le strutture reticolari, che utilizzano le caratteristiche peculiari dei due nuovi materiali: il cemento armato e l'acciaio: alta resistenza alla compressione, quindi possibilità di ridurre le sezioni resistenti; resistenza alla trazione e al taglio di

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molto superiore a quella della tradizionale muratura; possibilità di elevata connessione tra le parti. L'affermazione del ferro e dell'acciaio: Il primo salto qualitativo si ebbe nel 1855, quando Bessemer realizzò il "convertitore" per affinare la ghisa su larga scala; successivamente, il "forno a riverbero" di Martin-Siemens (1865) e il "convertitore" Thomas (1879), consentirono la produzione degli acciai veri e propri, con l'eliminazione delle impurità e la "decarburazione"). La migliore qualità dei prodotti consentì nuove e maggiori dimensioni delle opere. Successivamente, la tecnica fu migliorata per merito della "saldatura ad arco", con la conseguente maggiore rigidità dei collegamenti, la semplificazione delle lavorazioni e una notevole riduzione delle quantità di materiale usato e dei costi di realizzazione. Fu grazie a queste innovazioni che l'acciaio - già largamente usato, fin dalla fine del secolo precedente, nella costruzione di ponti - entrò nel settore edilizio, per la costruzione di grandi ambienti ad uso industriale e commerciale. Il Palazzo di Cristallo di Paxton a Londra (1851), il Palazzo del Campo di Marte a Parigi (1867), la Galleria delle Macchine a Chicago (1893), la Torre Eiffel (1889), sono tra gli esempi più significativi di questa affermazione, e i vasti mercati coperti, le grandi tettoie ferroviarie, gli edifici di esposizione sono i temi affidati di preferenza alle strutture in acciaio. L'acciaio consente, intorno al 1880, la realizzazione dei primi "grattacieli americani. Gli esempi fondamentali di questa fase di crescita delle strutture in acciaio sono gli edifici prodotti dagli architetti della famosa "Scuola di Chicago", di cui Louis Sullivan (1856-1924) fu il rappresentante più illustre; mentre il momento architettonicamente più elevato fu quello che si associa al nome di Mies Van der Rohe (1886-1969). Accanto a questi grandi edifici, l'acciaio continua ad essere largamente impiegato nella costruzione dei grandi ponti (Garabit, New York, S. Francisco, ecc.). In queste costruzioni, al senso di stabilità e robustezza che esprimono gli edifici in muratura, si sostituisce la leggerezza e la snellezza; la qualità formale dell'architettura è affidata alla linearità delle membrature ed alla ripetizione modulata delle maglie dell'ossatura portante; i rapporti tra vuoti e pieni si invertono e sono tutti a favore dei vuoti. Il cemento armato e il precompresso: I primi tentativi di strutture armate, oltre quelli decisamente elementari di epoca pre-romana e romana, riguardano la realizzazione di grandi opere in "muratura armata" , quali: la cupola di S. Gaudenzio a Novara e la Sinagoga di Torino, di Alessandro Antonelli (1798-1888) ; ma molte ragioni tecniche (diverso modulo elastico, scarsa aderenza, diverso comportamento statico, differenti qualità di resistenza, ecc.) suggerirono di abbandonare presto questa tecnica. L'attenzione fu rivolta ai calcestruzzi armati. Il principio, molto antico e maturato nel tempo, è di ricercare una "struttura perfetta", attraverso la collaborazione di materiali diversi; e ciò potè verificarsi dopo il Settecento, con l'introduzione sul mercato di cementi e materiali ferrosi di alta qualità.

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Dopo le ultime ricerche di Vicat (1818) sulle calci idrauliche, il primo cemento naturale fu prodotto a Portland (Weymouth), nel 1824, dall'inglese Giuseppe Aspdin, che lo ottenne in un forno da calce per cottura di una miscela finemente macinata di calcare e argilla. Si chiamò "Cemento Portland" per le sue analogie con la pietra del luogo. Nel 1845 un altro inglese, Isacco Johnson, portando la cottura ad una temperatura più elevata, ottenne un legante simile a quelli odierni. La produzione industriale di questo legante diffuse l'uso di un conglomerato artificiale di cemento che prese il nome di "calcestruzzo" . Ci si rese però subito conto che questo materiale presentava una resistenza a compressione pari a quella delle pietre naturali, ma una scarsa resistenza a trazione (1/12-1/10 di quella a compressione), non si prestava quindi all'esecuzione di elementi sollecitati a flessione (sollecitazione composta da compressione più trazione); si pensò, quindi, di unire al materiale barre di ferro, concentrandole lì dove il materiale sarebbe stato sottoposto a trazione. I primi tentativi in tal senso furono fatti intorno al 1855, in Francia e in America. Il vero ideatore del cemento armato fu il giardiniere francese Joseph Monier che, nel 1867, brevettò dei contenitori in cemento con dentro una rete metallica. I brevetti Monier (serbatoi e "componentistica") furono acquistati e utilizzati su larga scala dall'industria. Nello stesso periodo, in Germania e in Austria, cominciarono esperimenti fondamentali sul posizionamento del ferro e sulla aderenza tra i due materiali. Nel 1875, l'americano Ward costruì una casa, forse la prima, con solai in c.a. e a partire dal 1890, in America, vi fu una grande applicazione di costruzioni del genere. Agli inizi, l'impiego del c.a. venne considerato un fatto esclusivamente tecnico, con preminente funzione statica; veniva spesso nascosto nelle murature o con rivestimenti marmorei; usato anche con funzioni di "protezione incombustibile" delle strutture in acciaio. Nel 1902-1903, Auguste Perret (1874-1955) adotta, per la sua casa in Rue Franklin a Parigi, un' ossatura in conglomerato di cemento armato che anche se rivestito esprime in modo esplicito il tipo strutturale, regolare, ripetitivo, geometrico e con una prevalenza di vuoti sui pieni. Da questa data la Storia dell'Architettura e del Movimento Moderno procede parallelamente all'evolversi delle tecniche di costruzione, legate allo sfruttamento, sempre più perfezionato, della statica del c.a.. Si ricordano i nomi di Maillart, di P.L. Nervi, di Le Corbusier, dello spagnolo Torroja e del messicano F. Candela. In Italia le costruzioni in c.a. non incontrarono, nei primi tempi, un eccessivo favore; le cose cambiarono dopo la prima guerra mondiale: i vantaggi di economia offerti da queste strutture divennero tanto evidenti che il materiale prese il sopravvento su tutti gli altri. Nei primi decenni di questo secolo, importanti studi rivolti al miglioramento delle prestazioni di questo materiale portarono alle tecniche, ancora oggi largamente usate, della "presollecitazione", con drastica riduzione delle sezioni resistenti. Si tratta di creare uno stato di tensione contrario a quello previsto dai carichi di esercizio, in modo che l'elemento sollecitato anzicchè caricarsi si scarica.

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Questo comportamento viene indotto da una armatura fortemente tesa e la struttura viene detta in "cemento armato pre-compresso" (c.a.p.). Questi studi furono avviati in Germania e in USA alla fine dell'Ottocento, ma la loro utilizzazione si è avuta in epoca più recente ((1920-1930), ad opera dell'italiano Vianini e del francese Freyssinet. Il suo impegno ha privilegiato il campo delle grandi strutture, anche se elementi pre-compressi vengono correntemente usati nei normali solai degli edifici civili. In questo settore emergono particolarmente le architetture di Riccardo Morandi: aviorimesse e aerostazioni di Fiumicino (1960-70), viadotto della Polcevera - Genova (1965), Ponte sul lago di Maracaibo in Venezuela (1961), stazione ferroviaria di Bagdad (1982), salone sotterraneo all'Esposizione di Torino (1959), ecc.

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L'impiego della pietra e del laterizio: Salvo che in particolari zone e per edifici non grandi, l'uso della pietra è indirizzato in prevalenza verso i rivestimenti e le pavimentazioni, per finiture in genere e per interventi di restauro; infatti, le prestazioni non omogenee dei materiali litici e gli alti costi di cavamento lavorazione e trasporto ne hanno circoscritto il campo di utilizzazione a ruoli di completamento e finitura: diventa un materiale di pregio, da trattare con lavorazioni di elevata qualità. Le pietre, come del resto anche i laterizi, hanno visto perciò esaltate, più che le proprie caratteristiche tecnologiche, quelle estetiche: le opere di F.L. Wright hanno dimostrato con particolare efficacia l'elevato livello qualitativo che si può raggiungere impiegando murature a faccia vista o usando materiali naturali come elementi decorativi delle opere edilizie. Il laterizio rimane ancora un prodotto di larga diffusione: pareti esterne di chiusura, pareti interne e solai sono generalmente realizzati usando vari prodotti. Non si esclude che in futuro il laterizio possa essere usato ancora con funzioni portanti , tenendo conto delle sue buone qualità di isolamento termico, del possibile minor aumento dei costi di produzione rispetto a quelli del cemento, ("minor contenuto energetico" dei cicli produttivi). L'opera laterizia in vista è ancora oggi tra le strutture che offre più spunti al progettista. Le opere di L. Kahn (1901-1974) e di J. Stirling rappresentano gli esempi più qualificati e recenti di impiego delle murature di mattoni, sia portate che portanti. Nuove tecnologie del legno: L'impiego del legno in strutture permanenti si è gradualmente ridotto a causa della sua infiammabilità e deperibilità; tuttavia negli ultimi decenni l'interesse dei progettisti per questo materiale è aumentato, sia per le sue caratteristiche isolanti, che per le nuove possibilità di impiego nella produzione di componenti industrializzati e, persino, nelle grandi strutture. Il legno,infatti, è oggi usato su larga scala in molti Paesi (America del Nord, Inghilterra, Paesi Scandinavi, Germania, ecc.), per costruire non solo case fino a due o tre piani, ma anche per grandi coperture; ciò, grazie a nuove tecnologie di trattamento che hanno ridotto, o eliminato i difetti più evidenti: - sono stati migliorati i metodi di essiccazione; - si è evitata la possibilità di un totale essiccamento con l'uso di prodotti chimici, idrofughi e impermeabilizzanti; - si è migliorata la protezione dagli agenti atmosferici, per mezzo di vernici a trattamento superficiale o a imbibizione; - sono stati migliorati l'utilizzazione e il controllo qualitativo del materiale, mediante l'uso di macchine apposite e l'introduzione di lavorazioni meccaniche integrali (dal taglio alla lucidatura); - sono state migliorate le connessioni, attraverso l'uso di collanti chimici ad alta resistenza. Questi miglioramenti tecnologici hanno prodotto una maggiore omogeneità e qualità del materiale, permettendo in sede di calcolo una più sicura valutazioni del suo comportamento statico; così, è stato possibile realizzare grandi opere a telaio o ad archi su grandi luci, a travi

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curvilinee ed elicoidali, ecc., non inferiori, per qualità architettoniche, alle opere realizzate con l'acciaio o con il c.a.. PROSPETTIVE E TENDENZE Negli ultimi anni, si sono affermate nuove tecniche che hanno integrato e a volte sovvertito la nostra conoscenza dei materiali da costruzione e del loro impiego. Ciò è avvenuto nel campo delle materie plastiche, ma anche in quello dei materiali "classici", acciaio e cemento, che hanno subito tali metamorfosi da sembrare anch'essi materiali nuovi. Gli acciai speciali: Sperimentazioni e studi su particolari problemi di giunzione e di peso strutturale hanno portato a procedimenti di saldatura che, accoppiando calore ed elettricità, consentono forme di struttura continua e l'unione diretta anche con altri materiali (ad esempio il vetro). Dai settori navali e dall'idraulica sono poi scaturiti i cosiddetti "acciai speciali", che apparentemente non diversi da quelli tradizionali, offrono prestazioni di più alto livello dal punto di vista statico o da quello costruttivo e della durata: si tratta di acciai ad elevato punto di snervamento (acciai Cx-Ten) che, aumentando il rapporto resistenza/peso, riducono notevolmente gli ingombri delle strutture e il loro peso specifico e complessivo; e di acciai ad elevata resistenza alla corrosione (acciai Cor-Ten), che non richiedono rivestimenti protettivi. L'utilizzazione di questi acciai è risultata di grande importanza nella realizzazione di serbatoi per il trasporto e lo stoccaggio di fluidi e gas. In architettura si ricordano le strutture spaziali di Wachsmann e di Fuller, negli Stati Uniti; di Makowski, in Gran Bretagna; di Frei Otto e Gunschell, in Germania; di Du Chateau, Emmerich, Sarger e Sarf; in Francia. Si ricordano inoltre le grandi coperture in "cavi tesi" di Frei Otto. I calcestruzzi leggeri: Sono ottenuti attraverso inerti a bassa densità (argille, scorie espanse, ceneri sinterizzate, pomice, ecc.) Usati sempre più in edilizia, con compiti termo-isolanti; hanno, rispetto a quelli tradizionali, caratteristiche di resistenza meccanica ridotte; nelle versioni più recenti, in cui peso non è così basso, le caratteristiche meccaniche si vanno comunque avvicinando a quelle di un calcestruzzo normale. Il vantaggio offerto da questo materiale è la possibilità, attraverso il dosaggio degli inerti, di confezionare un materiale specifico per ogni necessità, adattandolo e proporzionandolo al risultato dimensionale e formale che si vuole ottenere. Questa trasformazione da materiale "pesante" a materiale "leggero" ha suggerito architetture a "vele sottili" e a "gusci". Il "guscio", che elimina la nozione di facciata e la cui resistenza è determinata dalla forma stessa, evidenzia l'attuale tendenza della tecnica del c.a. al monolitismo. E' un problema molto dibattuto e controverso. Si ricordano le proposte di Felix Candela, che negli anni Cinquanta si mette ad imitare le forme delle conchiglie, sostituendo le tradizionali cassaforme con un pallone in tessuto impermeabile, o forme in plastica sulle quali viene gettato a pressione il calcestruzzo.

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Le materie plastiche: Si tratta di prodotti del tutto artificiali, di varia composizione chimica, tecnicamente denominati "polimeri organici". Sono tra le più recenti novità nel campo dei materiali da costruzione; ma a parte una rapida diffusione del loro impiego negli elementi accessori e di finitura degli edifici (isolanti, infissi, pavimentazioni, rivestimenti, intonaci, ecc.), sono ancora in attesa di una reale utilizzazione a livello costruttivo e nel settore dell'industrializzazione edilizia. Certamente possono aiutare l'evoluzione edilizia e architettonica con la loro capacità di realizzare curvature irregolari e senza assemblaggi. Il loro modesto peso permetterebbe di alleggerire e semplificare la struttura portante. Inossidabili, quasi insensibili agli agenti atmosferici, ottenibili in pasta colorata, con la possibilità quindi di evitare lavori di coloritura e finitura, cattive conduttrici del calore e dei rumori, perfettamente stagne; hanno grande plasticità e facile lavorabilità. E' facile dedurre quali vantaggi possano scaturire dall'impiego di questi materiali, anche in termini di rinnovamento del repertorio formale architettonico e del confort abitativo. L'architettura avveniristica e futuribile si aspetta molto da questi materiali. Tra le esperienze fatte in tal senso, si ricordano quelle di B. Fuller nel 1955; la "casa lumaca" di Schein-Magnant-Coulon presentata a Parigi, all'Esposizione delle Arti Economiche del 1956; le esperienze di Renzo Piano che utilizza il principio dei "gusci". La forte sperimentazione che c'è stata in questo settore ha portato a risultati notevoli, che interessano il campo dell'edilizia in modo ampio e vario: calcestruzzi di resina, lamine rinforzate con fibre di vetro, schiume isolanti ottenute per espansione, ecc. Involucri in materia plastica e caucciù sintetico sono stati utilizzati per la realizzazione di altre strutture che è importante ricordare: le strutture gonfiabili. Sembra trattarsi di tecniche assolutamente nuove; in realtà esse hanno una lunga tradizione che va dalle vele dei battelli, alle gomme delle auto, passando per le mongolfiere e i dirigibili. L'architettura gonfiabile si è imposta all'esposizione di Osaka (1970); e tra le opere più interessanti si ricordano quelle di H.Walter Muller in Francia; ma l'idea di brevettare l'uso dell'aria sotto pressione per la realizzazione di strutture architettoniche è di F.W. Lanchester (1917). Involucro flessibile, la struttura gonfiabile ha generalmente una forma sferica, ma è possibile realizzare anche altre forme.

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Docente: Cherubina Modaffari-Dispensa 1

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