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CULTURA CULTURE DIRITTI

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Direttore

Gioia D C“Sapienza” Università di Roma

Comitato scientifico

Mario AUniversità degli Studi di Sassari

Isidoro Moreno NUniversidad de Sevilla

Maria Margherita SUniversità degli Studi di Sassari

Domenico VUniversità degi Studi di Roma “Tor Vergata”

CULTURA CULTURE DIRITTI

La collana intende contribuire a documentare la complessità della so-cietà contemporanea sia sul fronte delle specificità che delle globalità,evidenziando, attraverso contributi diversi per aree di interesse e ap-procci teorico–metodologici, l’intreccio tra realtà sempre più segnateda cambiamenti nelle modalità di rapporto, percezioni di vicinanza–lontananza, inclusione–esclusione, tradizione–mutamento, colti nelleloro interdipendenze nello spazio e nel tempo. La promozione di unacultura dei diritti diventa l’obiettivo cui tendere in una prospettivadi cittadinanza interculturale rispettosa di ognuno e di tutti comemembri della famiglia umana.

Sotto le acque abissali

Vodu e Candomblé: due religioni afro-americane

a cura diLuisa Faldini

Contributi diSalvatore Bruno Barba

Rosa Maria BarbaraMaura Battistrada

Júlio BragaLuisa Faldini

Sergio FerrettiLaura MonferdiniReginaldo Prandi

Copyright © MMXIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, /A–B Roma()

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I edizione: ottobre

Indice

IntroduzioneLuisa Faldini

Parte IVodu

Sotto le acque abissali. Introduzione ai Vodu di HaitiLuisa Faldini

Stregoneria, cannibali, vampiri e lupi mannari nell’universovoduLaura Monferdini

Zombi e società segreteMaura Battistrada

Vodun del MaranhãoSergio Ferretti

Parte IICandomblé

Dèi africani nell’odierno Brasile. Introduzione sociologica alCandombléReginaldo Prandi

Le danze degli orixásRosa Maria Barbara

Sotto le acque abissali

Il culto di egum a Ponta de AreiaJúlio Braga

Dei diversi. Matrimonio, sesso e omosessualità nel Candom-blé brasilianoSalvatore Bruno Barba

A comida–de–santo. La cucina rituale nel Candomblé ketoLuisa Faldini

Glossario

Gli Autori

Sotto le acque abissaliISBN 978-88-548-4934-1DOI 10.4399/97888548493411pag. 9–13 (ottobre 2012)

Introduzione

L F

La presenza africana nelle Americhe, susseguente alla tratta deglischiavi, ha dato avvio a tutta una serie di modificazioni che non so-lo hanno coinvolto gli africani stessi, ma che hanno anche toccatol’ambito della formazione delle nuove società americane. Per quantodiscriminati, gli schiavi neri e i loro discendenti hanno contribuito inmodo determinante alla cultura americana, riuscendo spesso a man-tenere, benché a volte soltanto in termini mitici, un legame profondocon la patria ormai lontana nello spazio.

Infatti, le componenti negre degli stati americani hanno costruitoper la loro cultura “africana” caratteristiche nuove, che le designano ele individuano come comunità ormai profondamente americane, omeglio, afroamericane. Ciò fu dovuto alla necessità di adattamentoal nuovo ambiente e alla mancanza, per lunghi secoli, di contatti conl’Africa, di cui però hanno conservato, attraverso il tempo, alcuneimportanti istituzioni, che hanno contribuito però a costruire unaidentità inedita, necessaria per superare le difficoltà dell’inserimentonei nuovi territori.

Fra queste istituzioni, il posto di primo piano spetta certamentealla religione, qui presente soprattutto con quei culti di possessioneche, in Africa occidentale, avevano spesso centralità e universalità. Sipuò presumere che essi siano stati introdotti nelle Americhe da fedeliche occupavano un alto rango in quelle religioni oppure da sacerdoti,oggetto della tratta, estromessi dalla loro società e venduti perchécolpevoli di reati, perché disturbatori dell’ordine religioso o ancoraper vendetta, come avvenne ad esempio per la regina Nã Agontimé.D’altra parte, queste religioni trasportate oltreoceano avevano un ca-rattere speciale, in quanto fornivano al fedele i mezzi per affrontare ladurezza della schiavitù, dato che erano più “attive” di altre, in quan-to permettevano di usare il sacro per tentare di modificare la realtà

Luisa Faldini

contingente e, di conseguenza, consentivano di opporsi alla domina-zione bianca. Non è neppure escluso che la loro diffusione a scapitodi altre sia stata intenzionale, proprio a causa della loro funzione dimanipolazione del mondo e, in seguito, di inserimento istituzionalenella società di elementi marginalizzati.

Con la tratta degli schiavi furono deportate in America genti pro-venienti dalla costa atlantica africana e non solo: Bantu dalle attualinazioni Angola, Mozambico, Gabon, Congo, Zaire, e Sudanesi datutte quelle del Golfo di Guinea. Per quantità numerica, gli africanidi gran lunga predominanti in America erano quelli a lingua bantu,e ci si può quindi legittimamente domandare per quale motivo vifu invece, in campo religioso, una prevalenza degli elementi yoruba(attuale Nigeria) ed ewe–fon (attuale Benin). Non si tratta soltanto diuna curiosità accademica, ma di un fattore importante che potrebbechiarire non solo il passato delle religioni afroamericane, ma anche illoro sviluppo presente.

Per quanto si possa presumere che i primi contingenti di schiaviprovenissero dalla Costa di Guinea e che quindi, quando giunseroquelli di altre regioni, vi fossero religioni in un certo modo già or-ganizzate, ciò non offre sufficienti spiegazioni del perché tali cultisubirono solo modifiche marginali all’arrivo e allo stanziamento defi-nitivo dei contingenti bantu. Inoltre, anche giustificare questo fatto inbase al modo diverso in cui era strutturata la visione del mondo, nonè sufficiente, e lascia ampio spazio a considerazioni di tipo contraddit-torio. Se poi fossero giunti nelle Americhe solo dignitari o sacerdotiinerenti soltanto a questi culti, questo può essere certo avvenuto, mac’è da considerare che probabilmente non fu lasciato spazio ad altrefedi religiose oppure che queste religioni alternative non furono presein considerazione.

È quindi fondamentale cercare di capire, per quanto possibile, que-sto fenomeno, che ha condizionato non solo una scelta religiosa, mache ha caratterizzato tutta la visione del mondo e anche tutto lo stiledi vita degli africani del Nuovo Mondo. A mio parere, bisogna iniziarecol soffermare la nostra attenzione su quella che è la funzione di unareligione all’interno di una comunità, poiché questo offre un punto divista più obbiettivo e concreto. Una religione infatti offre la griglia diriferimento per l’interpretazione dell’universo e del mondo, partendodal momento della creazione e arrivando fino al popolamento del

Introduzione

territorio. Questo ci dice che essa è funzionale a “una” situazione enon necessariamente ad altre. Cioè, nel momento in cui avvenne ladeportazione, una parte della rete di riferimento si disintegrò, né po-teva essere altrimenti, e quello che sopravvisse costituì la base per unprogetto di costruzione di una nuova griglia orientativa, volto versoil futuro, ad assicurare in qualche modo, soprattutto con il sincreti-smo, la conservazione di tratti ideologici utili alla nuova costruzioneidentitaria in terra americana.

L’ambiente naturale del Nuovo Mondo era certamente diverso daquello africano, ma la cosa che era più diversa era la collocazione deinuovi arrivati all’interno della società coloniale. Infatti, essi erano nellacondizione di subalterni, di emarginati, collocati all’interno di unasistema di riferimento in cui la religione centrale era un’altra, e nelquale si ritenevano i culti africani un fattore da reprimere ed eliminare.Questo atteggiamento portò certamente a serrare i ranghi attornoa sistemi di credenze che non solo consentissero una soddisfacentecostruzione identitaria, ma che contribuissero anche a socializzare,in un certo senso, il nuovo territorio in modo da poterlo considerarecome un pezzo della madrepatria, lontano sì nello spazio dalle terreafricane, ma integrato con esse per mezzo della struttura ideologicadi riferimento.

La repressione costante contribuì inoltre ad accentuare il manteni-mento della tradizione religiosa, non solo per le ragioni precedente-mente esposte, ma anche perché essa costituiva, per il suo carattereestremamente concreto, un momento di azione attiva nei confron-ti degli oppressori bianchi e un punto di riferimento per affrontarela dura difficoltà della condizione di schiavi. Per quanto fosse statoimpossibile, da parte degli dèi, impedire la deportazione e forniresufficienti spiegazioni in merito, essi comunque erano in grado dioperare attivamente proteggendo l’individuo e la comunità religiosa,assolvendo così al loro compito come antenati. Le religioni di pos-sessione, presenti in gran parte dell’Africa subsahariana, con diversemodalità, trovarono un terreno assai fertile tra gli schiavi deportatinelle Americhe, per il loro carattere di manipolazione del mondo e diprotezione diretta del singolo individuo e della collettività, ma ancheper quegli elementi che le individuavano da un lato come espressionedi elementi emarginati e, dall’altro, per la loro possibile funzione di“attacco” contro una realtà, quella coloniale, che si voleva combattere e

Luisa Faldini

cancellare. Quanto alla prevalenza delle ideologie yoruba e ewe–fon, ècerto possibile che, essendo esse molto strutturate ma anche flessibili,siano riuscite a porsi come elemento centrale organizzato in camporeligioso, in un territorio ove gli obbiettivi primari erano sicuramentediversi, rispetto all’Africa.

Questo spiegherebbe non solo la ragione per cui queste religionisopravvivono in America in ambiente afro, ma anche la loro continuaevoluzione, dovuta ad un processo di adattamento alle nuove necessitàpresentate dalla società in cui i neri si trovavano a vivere. Del resto, laloro esportazione in altre regioni americane, gli Stati Uniti e il Canadain primis, o anche europee, dopo i fenomeni di migrazione degliultimi decenni, testimoniano il bisogno di poter interpretare la realtàdel mondo in termini “attivi”.

Proprio per questo atteggiamento attivo che il fedele ha nei con-fronti del mondo, oggi queste religioni di possessione cominciano, inmolti casi, a non avere più una caratteristica etnica, ma si aprono a tut-ti. Sono cioè diventate religioni universali che da un lato accolgono nelloro seno tutti, gente di ogni colore, emarginata o meno, e dall’altrooffrono anche ai non fedeli, attraverso servizi alla clientela esterna, lapossibilità di manipolare e trasformare il mondo secondo i loro biso-gni. Per questo sono conosciute e sentite, anche se viste dall’esterno, eper questo stanno vivendo un momento di forte espansione in questonostro mondo dai valori infranti, ai quali sostituiscono una nuovaetica che dà preminenza, nel giudizio delle azioni, all’individuo.

I contributi che seguono riguardano due religioni afroamericanedi due nazioni, il Vodu di Haiti e del Maranhão e il Candomblé delBrasile, che si configurano come profondamente adattate alla realtàdei paesi in cui esse vivono. Non sono più infatti africane, se non per iloro presupposti originari, ma sono totalmente e caratteristicamenteamericane, proprio perché vanno considerate in quello che è il lorocontesto reale.

Rispetto alla prima edizione di questa collettanea (), nella primaparte, relativa al Vodu, non compaiono più i contributi di IsabellaHerzfeld e di Giuseppe Giordano, mentre è stato inserito un saggiointroduttivo di Sergio Figuereido Ferretti sul Vodun del Maranhão;nella seconda parte, riguardante il Candomblé brasiliano, invece trovaoggi collocazione un saggio di Luisa Faldini, curatrice del volume,sulle offerte alimentari del Candomblé.

Introduzione

Per quanto riguarda la trascrizione dei termini in lingua straniera esoprattutto per quelli riguardanti elementi dei culti, essi non sono incorsivo quando indicano le diverse religioni e, inoltre, sono stati tuttiuniformati nella grafia per quanto riguarda il Candomblé mentre, nelcaso del Vodu, è stata mantenuta la trascrizione originale, in quantonon sarebbe stato corretto francesizzarla, per uniformarla ai testi sulVodu haitiano.

Luisa FaldiniUniversità degli Studi di Genova

P I

VODU

Sotto le acque abissaliISBN 978-88-548-4934-1DOI 10.4399/97888548493412pag. 17–32 (ottobre 2012)

Sotto le acque abissali

Introduzione ai Vodu di Haiti

L F

: . Problemi di interpretazione del Vodu, – . Vodu e luoghidi culto, – . Sotto le acque abissali, – . I cavalli degli dèi, – . Vodu e religioni monoteiste, – . Annotazioni conclusive, –. Bibliografia, .

All’interno del panorama delle religioni afroamericane, certamentela religione vodu praticata ad Haiti pone numerosi problemi, nonsolo per quanto riguarda la sua conformazione specifica, ma anche esoprattutto perché, nonostante vi sia una abbondantissima letteraturain merito, quest’ultima non permette di configurarne con precisioneche determinati aspetti, fattore che costituisce un limite alla ricerca.Quanto sopra non è dovuto certo alla non professionalità degli studio-si, ma a un indirizzare gli studi verso gli aspetti più appariscenti delfenomeno, e cioè verso i rituali apparentemente più complessi nonsolo per simbologia, ma soprattutto per impatto visivo. Questo apparedel tutto evidente in Métraux quando scrive, nel secondo capitolodella sua celeberrima sintesi sul Vodu haitiano, opera che per moltotempo è stata, a torto o a ragione, il punto di riferimento di ogniricercatore:

Abbiamo visto come il vodu si presenti sotto due forme: l’una domesti-ca e l’altra pubblica. Qui tratteremo essenzialmente della seconda. Per lamaggior parte, le mie osservazioni sono state fatte a Port–au–Prince, dovei santuari sono prosperi e numerosi e quindi il rituale si caratterizza perraffinatezze e sottigliezze che fanno difetto ai culti rurali. È facile immagi-nare che nelle valli più isolate si trovino le tradizioni più pure e più ricche.Il poco che mi è stato dato di vedere del vodu rurale mi ha convinto dellapovertà dei suoi riti in confronto a quello della capitale. La semplicità dellepratiche non è sempre una garanzia di antichità, è invece sovente il risultato

Luisa Faldini

della ignoranza e dell’oblio. Certe caratteristiche africane senza dubbio sisono meglio conservate nei luoghi isolati del paese che non nei quartieri diPort–au–Prince, ma la purezza dell’eredità africana ci interessa solo fino aun certo punto (, p. ).

Fin qui Métraux. È chiaro che non esiste l’obbligo di ricercare lapurezza di una data tradizione, tuttavia, nel caso gli interessi del ri-cercatore siano diversi, è certamente più opportuno non escludere apriori campi di ricerca e soprattutto non esprimere su di essi giudizidi genere tranciante e negativo. Come è evidente, questo modo dipensare non può essere producente né per la ricerca in corso né persuccessive analisi, in quanto non solo limita e toglie valore alla ricercastessa, ma quasi suggerisce ad altri ricercatori di concentrarsi solo suirituali, estremamente complessi ed elaborati, che avvengono all’in-terno dei santuari di città propriamente detti. L’errore di Métraux,che pure aveva svolto inchieste non solo a Port–au–Prince, ma an-che in diverse comunità rurali haitiane, fu quello di non considerarecome pregnante la genesi del Vodu di città, profondamente diversoinvero da quello di campagna, ma da esso in parte dipendente nonsolo per ciò che riguarda la sua struttura di base, ma anche per lagrande complessità del pantheon, dovuta anche alla commistione fragli héritages (pantheon familiari) dei vari fedeli. Ne deriva quindi unaspiegazione del fenomeno piuttosto parziale e comunque in termininon solo superficiali, ma fuorvianti.

Ben altrimenti si sono espressi prima Herskovits () e poi Ker-boull (), autore il primo di una grande opera sulla Valle di Mireba-lais, e il secondo di un testo assai illuminante sugli héritages familiariin ambiente rurale. Alla luce dei loro scritti si spiega infatti la genesinon solo dei pantheon familiari, ma anche di quelli dei santuari dicittà, caratterizzati da un costante quanto inarrestabile proliferare didivinità, fattore che ha sempre reso quasi indecifrabile il meccanismosu cui si innestava la costruzione religiosa.

Gli studi sul Vodu sono, come gli dèi del suo pantheon, numero-sissimi e proliferanti. Tuttavia, all’interno di questa abbondantissimaletteratura, è necessario fare una cernita che tagli tutta la produzionedi almeno due terzi per motivi di scientificità. Per quanto rimane, è deltutto agevole osservare che la preminenza spetta agli autori francofoni,sia francesi che haitiani, come è del resto abbastanza ovvio, dato che

Sotto le acque abissali

Haiti è stata una colonia francese e che, anche dopo l’Indipendenza,avvenuta il primo gennaio del , l’influenza francese, dovuta aicomunque frequentissimi contatti e legami fra i due paesi, specie incampo culturale, è stata fortissima. Da ciò una consolidata e abbon-dante presenza degli studi francofoni e quindi una dipendenza, daparte degli studiosi di altri paesi, nei confronti di questa informazionescientifica.

Però, nonostante il Vodu abbia avuto una preminenza come ogget-to di indagine nel campo degli studi afroamericani e nonostante siadi gran lunga la religione afro più nota, almeno al grande pubblico,si può dire tuttavia che di esso abbiamo una informazione del tuttoincompleta. Ben diversamente avviene, ad esempio, per le religioniafroamericane del Brasile, specie il Candomblé, molto ben analizzatoe studiato, soprattutto nell’ultimo ventennio.

. Problemi di interpretazione del Vodu

Ad Haiti la religione afro convive con il Cattolicesimo, nel senso chequest’ultimo non viene considerato un’alternativa, ma, almeno finoa tempi relativamente recenti, era condizione essenziale dell’esserevoduista. Ciò è dovuto alle vicende dei primi periodi della colonizza-zione, quando agli schiavi era imposto il battesimo, ma non venivaimpartita alcuna educazione religiosa. Per quanto infatti vi fosseroespliciti divieti e in seguito anche leggi che vietavano e punivano lapratica delle religioni africane, tuttavia non venne offerta una alternati-va consistente in campo ideologico, in quanto si riteneva che non fosseutile, dal punto di vista economico, perdere tempo sottratto al lavoronelle piantagioni per educare religiosamente gli schiavi. Da ciò unaaccettazione passiva e superficiale di un Cattolicesimo pro forma checelava, al di sotto, la permanenza di un culto derivato dall’incontro frale varie etnie africane deportate ad Haiti. Del resto, la scarsa presenzadi sacerdoti cattolici, almeno fino al XIX secolo, contribuì a conso-lidare questo processo. Ben diversamente, come vedremo più oltre,si sarebbero comportate le religioni protestanti, che si presentaronosempre come una reale alternativa alla religione voduista.

In effetti, se si guarda alle regole, per essere voduisti si dovrebbeessere cattolici, e bisogna dire che le due religioni riescono a spartirsi

Luisa Faldini

equamente il campo delle attenzioni del fedele, in quanto, se il Cattoli-cesimo pensa e provvede alla destinazione post–mondana delle anime,il Vodu si occupa del benessere degli individui in questo mondo. Tut-tavia, benché si sia soliti affermare che non vi è apparente conflitto tral’essere voduista e al tempo stesso cattolico, in realtà questo conflittoesiste, poiché i fondamenti etici su cui rispettivamente si fondano ledue religioni sono sostanzialmente diversi. Nel Vodu infatti non c’èopposizione tra bene e male, in quanto anche le divinità più oscurepossono agire a favore dell’individuo e in quanto quest’ultimo è abili-tato a usare qualsiasi mezzo per ottenere in vita felicità e benessere,diversamente da quanto avviene nel Cattolicesimo. Sono quindi prin-cipi etici del tutto contrapposti, anche perché l’etica voduista ha uncarattere più di genere sociale che religioso e comunque deriva dalrapporto che il fedele ha con la propria divinità protettrice.

La religione voduista si fonda sulla credenza nell’esistenza di di-vinità (loa) e di spiriti ancestrali che fungono da tramite fra l’EssereCreatore (Bon Dieu) e gli uomini. È compito dei loa occuparsi del ge-nere umano, in modo concreto, non solo proteggendolo negli eventiquotidiani, ma intervenendo più direttamente nella sua vita in casodi bisogno. In questi casi il loa scende, o meglio sale, da quelle lon-tane acque abissali che toccano marginalmente l’Africa e che sonola dimora degli dèi, per manifestarsi all’individuo che necessita dellasua protezione e lo incorpora. In tale frangente l’individuo non èpiù se stesso, ma diventa il dio, che manifesta agli astanti tutte le suenecessità, oltre a dispensare consigli e fare predizioni. Cioè l’individuoè solo un veicolo che consente la sopravvivenza del loa, in quanto que-st’ultimo, per sopravvivere, necessita di un culto continuo, e quindideve essere ricordato attraverso le generazioni. In cambio, il fedeleottiene una protezione assidua anche nelle minime cose, assicuran-dosi così la felicità in questo mondo, purché ottemperi alla richiestadi adorazione. Ciò significa che, dal punto di vista delle credenzehaitiane, è la divinità ad avere l’iniziativa e non l’individuo, che vienesemplicemente richiamato ai propri doveri, e cioè al tributare cultoad uno o più loa, affinché questi ultimi possano mantenere la pienaefficacia dei loro poteri e possano adempiere alla loro missione diprotettori degli uomini.

Tuttavia, i loa non si manifestano a tutti indistintamente, ma scel-gono i loro servitori, secondo criteri apparentemente variabili, ma

Sotto le acque abissali

che si fondano, anche nei santuari di città, sulla esistenza di gruppi didivinità tramandati all’interno delle famiglie, i cosiddetti héritages, checorrispondono al culto domestico e che sono protetti dal segreto, mache hanno potuto essere in parte documentati attraverso coloro chesi sono convertiti al protestantesimo ed hanno abbandonato il Vodu(Kerboull, ). Cioè, non è mai un caso che quella certa divinità pos-sieda quel certo individuo, ma si tratta sempre di una scelta a ragionveduta, tenuto conto inoltre che, se anche si tratta di un santuario dicittà, quest’ultimo va visto non come una comunità tout court, macome un raggruppamento di tipo familiare con un suo proprio grup-po di loa, fatto che spiega chiaramente il perché i santuari non sianouniformati per quanto riguarda il pantheon. Infatti, l’uniformità nonpuò esistere, poiché i santuari ricalcano nella loro struttura, pur conpiù complessità, la configurazione di base del Vodu domestico.

Occorre infatti tenere sempre presente il filo rosso che lega traloro i differenti Vodu dello stato haitiano per comprendere che, se talereligione è in città estremamente differenziata e si modifica, questoavviene non tanto in base al fatto che è effettivamente in una fase dicontinua evoluzione e modificazione (specie per quanto riguarda ilpantheon), ma perché vi è costretta anche da uno stato di necessità.Infatti, se il Vodu di città presenta questa irrefrenabile crescita delpantheon, apparentemente dovuta anche a suggestioni esterne chespesso possono apparire futili, ciò avviene principalmente perché incittà convergono e spesso si trasferiscono persone provenienti dallearee rurali che portano con sé la struttura del loro héritage, il quale nonnecessariamente comprende divinità note all’interno del santuario dicittà che poi la persona frequenta. Se gli individui in questione sonosoggetti alla possessione, avviene che i loro loa protettori debbanoessere necessariamente inseriti nel pantheon del santuario, che così simodifica e si accresce.

Questo comporta quindi una differente interpretazione di quellacaratteristica di “religione viva” che Bastide (, pp. –) applicaal Vodu di Haiti, e non ad esempio ad altri Vodu, quali quello brasi-

. I santuari inoltre non sono collegati fra di loro se non da rapporti di “buon vicinato”,né sono disposti in gerarchia, né fanno capo a una autorità superiore. Ciò è dovuto alla lorogenesi dalla comunità domestica, che aveva un proprio contingente di divinità, tramandatoattraverso le generazioni, del tutto indipendente da quello delle altre famiglie.

Luisa Faldini

liano, che definisce “in conserva”. Infatti, essa non è una “religioneviva” di per sé, cioè una religione che ha in sé elementi dinamiciche la portano rapidamente ad accrescere la propria tradizione, ma ènecessario sottolineare che essa non è così “viva” in ambiente rurale,ma più spesso in città, dove è tale solo a seguito di un adattamento, diuna compensazione necessaria che si è obbligati ad attuare per poterincastrare fra di loro le differenze che segnano con confini precisi lediverse modalità del Vodu. Un processo simile aveva peraltro luogo an-che nell’antico regno del Dahomey, patria di questa religione, quandosi inglobavano nel pantheon le divinità dei popoli conquistati.

Il Vodu è diverso da santuario a santuario, da città a campagna,da località a località, da regione a regione. E questo è causato dalfatto che esso conserva una strutturazione di base che lo identificaprofondamente ancora come un culto domestico, che si appoggia,in caso di necessità, a personaggi esterni, i cosiddetti houngan, bokor(sacerdoti) o mambo (sacerdotesse). Questi ultimi, in ambiente di città,luogo ove il culto domestico non poteva essere espletato in quantomancava la sua caratteristica fondamentale, che è il legame con laterra, sede degli antenati, hanno costituito confraternite di culto, checolmano il vuoto dovuto all’assenza del Vodu domestico. Di fatto, è lafamiglia dell’houngan o della mambo che serve da riferimento, ed è inprimis l’héritage dei sacerdoti, e quindi del santuario, a fornire i loa chepossiedono gli adepti.

Quindi dobbiamo considerare i Vodu come culti a carattere fami-liare, che si differenziano tra di loro per complessità dei rituali, per laquantità di spazio riservata ai culti pubblici, per la fissità o meno delpantheon, per la rigidità o meno della segretezza riservata alla trasmis-sione dell’héritage, e infine per il maggiore o minore sincretismo conla religione cattolica.

. In molte città del Brasile, con origine nel Maranhão, permane un culto voduistatradizionale, di origine jeje (ewe–fon, da ajeji, nemico) il quale, sottoposto alla preponde-rante influenza yoruba in campo religioso, ha dovuto a volte accettarne la supremaziascendendo ad alcuni compromessi. V. più oltre il contributo di S. Figuereido Ferretti.

. Si è spesso differenziata la funzione dell’houngan e della mambo da quella del bokor,attribuendo a quest’ultimo il campo della stregoneria e fattucchieria. Questa distinzione,tuttavia, non è netta in città ed è spesso assente in ambiente rurale, dove il fattucchiereviene anche definito con altri nomi.