Cs grig 30 nov 14 cinghiali
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COMUNICATO STAMPA GRUPPO DI INTERVENTO GIURIDICO SEZ. VENETO 30 NOV. 14
FUORI I CACCIATORI DAL PARCO COLLI EUGANEI
L’impatto dei cinghiali su alcune specie floristiche dei Colli Euganei, soprattutto bulbose, è a dir poco
devastante. Il Giglio martagone (Lilium martagon) a causa dei cinghiali è quasi scomparso; alcune
popolazioni di Piè di gallo (Eranthis hyemalis) hanno subito danni rilevantissimi; perfino il Cipollaccio
stellato (Gagea lutea), specie frequente nei boschi freschi, a causa di solchi e raspate prodotte dal grugno
degli animali ne risente. Il problema dal punto di vista botanico è da considerare molto grave.
Vogliamo pertanto intestare gli ingenti danni alla biodiversità dei Colli Euganei ai cinghiali? Nossignore.
Intenzionalmente l’uomo ha agito e agisce come vettore di dispersione di un’innumerevole quantità di specie
animali, che vengono trasportate al di fuori del loro areale di diffusione originario. Liberate dalle limitazioni
esercitate nei luoghi di origine dai loro competitori, predatori e parassiti, si stabiliscono con successo nei
nuovi ambienti e si diffondono. Questi animali non nativi, nei casi in cui si sviluppino in modo massiccio,
sono definiti specie aliene invasive. Le specie animali invasive causano spesso l’estinzione di specie
native vulnerabili attraverso meccanismi quali la predazione, l’erbivoria, la competizione e
l’alterazione dell’habitat. Questa è anche la storia dei cinghiali dei Colli Euganei.
Nei Colli Euganei la specie è stata segnalata a partire dagli anni ’90, a seguito di una denuncia alla
Magistratura da parte del Parco dei Colli per alcune immissioni illegali da parte di cacciatori, insofferenti
al Parco protetto sin dalla sua istituzione.
Ma cosa accade a distanza di anni?
Accade che l’Ente Parco, sulla base della legge quadro sui Parchi (L. 394/91) autorizzò 46 “selecontrollori”,
tutti provenienti dal mondo venatorio, per la caccia al cinghiale all’interno dell’area protetta. I cacciatori
escono in parte accompagnati dal personale istituzionale in parte in regime di semi autonomia eseguendo gli
abbattimenti nelle zone di intervento senza il controllo diretto del personale istituzionale a cui spetta,
comunque, l’accompagnamento sul posto e tutte le operazioni post-abbattimento.
Ogni settimana vengono realizzate tre serate di abbattimenti: una con solo personale istituzionale, due
con presenza anche dei “selecontrollori”. Inoltre dalla Stampa (il mattino di Padova, 8 gennaio 2014) si
apprende che il 13 gennaio 2014 sono entrati in attività altri 20 cacciatori che hanno partecipato ai corsi di
formazione del Parco e che si sono aggiunti ai 47 formati negli anni precedenti, per un totale di 67 cacciatori
autorizzati a sparare nel Parco “protetto”. Oltre agli abbattimenti notturni con carabina, vengono
impiegate gabbie trappola autoscattanti (chiusini): all’interno del Parco sono attualmente operativi 31
chiusini, di cui 15 sono gestiti direttamente dal personale del Parco, mentre i restanti 16 sono gestiti da 7
cacciatori e 9 agricoltori. Tutti i soggetti coinvolti, a fronte della collaborazione e dell’aiuto forniti, ricevono
un compenso pari ad un animale ogni cinque uccisi. La Carne di cinghiale si acquista a circa 18 euro al kg e
sui Colli Euganei sono stati cacciati animali che superavano i 150 kg.
Ora alzi la mano chi affiderebbe l’AVIS ad un vampiro, l’asilo nido ai pedofili, la tutela delle coste agli
speculatori edilizi o farebbe costruire il carcere ai detenuti. Lo chiamano “conflitto di interessi”.
Eppure è esattamente ciò che sta accadendo da anni ormai nei Colli Euganei.
I cacciatori, i quali avevano liberato i cinghiali negli anni ’90, hanno di fatto raggiunto il loro scopo: far
riaprire la caccia nel Parco “protetto” dove normalmente è vietata, e prendervi parte in un modo o nell’altro.
La stessa Veneto Agricoltura afferma: “Un considerevole contributo all’espansione è stato poi dato dalla
liberazione sul territorio di animali a scopo venatorio. A tale scopo sono stati prevalentemente utilizzati
capi di provenienza centro-europea ibridati con il maiale domestico. L’inquinamento genetico che ne è
derivato ha determinato un aumento della prolificità e delle dimensioni corporee (e conseguentemente delle
necessità alimentari), mentre è diminuita l'elusività degli animali, nonché la loro capacità di cercarsi il cibo
nelle originarie condizioni ambientali.” (Veneto Agricoltura, Il cinghiale: problematiche gestionali e
prevenzione dell’impatto sulle attività antropiche).
Poiché il trucco ha funzionato e a quanto pare funziona, i cacciatori hanno esportato e continuano a
diffondere le loro pratiche nefande in tutta Italia, perfino nelle isole e in tutto il mondo. Qualcuno forse
pensa che i cinghiali siano arrivati a nuoto all’Isola d’Elba o in Gran Bretagna?
La situazione si sta aggravando rapidamente anche sui Colli Berici vicentini, a 10 km di distanza in linea
d’aria dai Colli Euganei. Il 28 agosto 2014 è stata uccisa Gina (il Giornale di Vicenza, 4 ottobre 2014), la
cinghialetta divenuta mascotte di contrada Brojo a Lumignano di Longare - VI. Gina era stata anch’essa
liberata illegalmente da un allevamento.
Pertanto sono tutt’ora in corso costanti immissioni clandestine di cinghiali: dei veri e propri lanci di
questi ungulati su tutto il territorio.
Nel solo Veneto sono registrati 31 allevamenti di cinghiali, di cui 2 nel padovano, 4 nel vicentino, 5 nel
veronese, 2 nel rodigino, 2 nel trevigiano, 3 nel veneziano e ben 13 nel bellunese. A questi autorizzati vanno
poi aggiunti quelli clandestini.
Per determinare una situazione emergenziale in un’area è sufficiente immettere una femmina gravida
di cinghiale o una coppia maschio – femmina.
Secondo alcune stime, in Italia le perdite economiche causate dalla fauna selvatica alle colture, la maggior
parte delle quali riconducibili ai cinghiali, sono indicate dalle associazioni di categoria in oltre 70 milioni di
euro annui. I danni alla biodiversità poi sono enormemente più grandi e spesso difficilmente quantificabili.
In risposta ad un’Istanza di accesso agli atti inoltrata dal Gruppo di Intervento Giuridico all’Ente Parco Colli
Euganei e protocollata in data 26.09.2014, l’Ente Parco riferisce di non essere in possesso né di dati di
Biologia molecolare che possano dimostrare l’introduzione abusiva e ripetuta di nuovi individui di Cinghiale
all’interno dei Colli Euganei (es. fingerprinting genetico o DNA profiling, microsatelliti, inferenza genetica,
studi di genetica delle popolazioni, etc.), né pertanto delle elaborazioni matematiche, statistiche e
informatiche di questi dati biologici. Dichiara inoltre di non avere conoscenza del fatto se siano state messe
in atto azioni per contrastare il fenomeno dell’immissione abusiva di cinghiali.
Allora c’è ancora qualcuno che pensa che i danni alla biodiversità e all’imprenditoria agricola siano
colpa dei cinghiali, “colpevoli” di vivere secondo le proprie caratteristiche specie-specifiche?
L’unico modo per far cessare le continue immissioni di questi ungulati sul territorio è far perdere l’interesse
a chi commette queste azioni criminali, e ciò si può ottenere solo con il divieto tassativo a cacciarle; cascasse
il mondo. Il Giglio martagone dei Colli scompare a causa dei cacciatori, non dei cinghiali.
L’Ente Parco si ravveda e tolga ai cacciatori la possibilità di cacciare nei Colli Euganei. Lo faccia ora.
Gruppo di Intervento Giuridico sez. Veneto