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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00 CAP.1 – CRITERI DI SCELTA E INDICI DI MERITO _________________ CAPITOLO 1 _________________ CRITERI DI SCELTA E INDICI DI MERITO Sinossi a progettazione è il processo che traduce una nuova idea o un’esigenza di mercato in un insieme di informazioni organiche ed organizzate, sulla base delle quali un manufatto può essere prodotto industrialmente. Ciascun passo della progettazione comporta delle decisioni riguardo il materiale da cui il manufatto deve essere prodotto e la tecnologia con cui produrlo. Normalmente, come di solito accade per le costruzioni aerospaziali, la scelta del materiale è dettata dalla progettazione. Talvolta, al contrario, il nuovo prodotto o l’evoluzione di un prodotto pre-esistente viene suggerita o resa possibile dalla disponibilità di un nuovo materiale: anche questa è una circostanza non inusuale nelle costruzioni aerospaziali. Il numero di materiali disponibili è molto vasto: da 40.000 a 80.000 e, nonostante la loro progressiva standardizzazione, il continuo sviluppo di materiali con prestazioni sempre nuove stimola il progettista verso realizzazioni a loro volta nuove. Nel settore aerospaziale la scelta dei materiali non può però essere esclusivamente basata sull’esperienza, pena un’evoluzione inaccettabilmente lenta rispetto alla rapidissima evoluzione dei requisiti: deve poter essere formulata una procedura sistematica che consenta una scelta razionale. Tale procedura deve poter essere applicata ai diversi livelli di sviluppo del progetto: inizialmente essa deve considerare la scelta più ampia possibile, poi restringerla ad un sottoinsieme limitato ed infine fornire le informazioni con il livello di precisione e di completezza necessarie al compimento della progettazione di dettaglio. La scelta del materiale non è indipendente dalla scelta della forma del manufatto e del processo con cui il materiale viene lavorato, giuntato, finito per ottenere il manufatto stesso. Funzione, materiale, forma e processo interagiscono: la funzione detta la scelta sia del materiale che della forma; il processo è influenzato dal materiale ed interagisce con la forma. Le interdipendenze sono biunivoche: più sofisticato è il processo, più stringenti sono i requisiti, maggiori le interazioni. Fig. 1.1 - Interazione tra funzione, materiale, forma e processo L G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano 1

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00 CAP.1 – CRITERI DI SCELTA E INDICI DI MERITO

_________________

CAPITOLO

1 _________________

CRITERI DI SCELTA E

INDICI DI MERITO

Sinossi

a progettazione è il processo che traduce una nuova idea o un’esigenza di mercato in un insieme

di informazioni organiche ed organizzate, sulla base delle quali un manufatto può essere prodotto industrialmente. Ciascun passo della progettazione comporta delle decisioni riguardo il materiale da cui il manufatto deve essere prodotto e la tecnologia con cui produrlo. Normalmente, come di solito accade per le costruzioni aerospaziali, la scelta del materiale è dettata dalla progettazione. Talvolta, al contrario, il nuovo prodotto o l’evoluzione di un prodotto pre-esistente viene suggerita o resa possibile dalla disponibilità di un nuovo materiale: anche questa è una circostanza non inusuale nelle costruzioni aerospaziali. Il numero di materiali disponibili è molto vasto: da 40.000 a 80.000 e, nonostante la loro progressiva standardizzazione, il continuo sviluppo di materiali con prestazioni sempre nuove stimola il progettista verso realizzazioni a loro volta nuove. Nel settore aerospaziale la scelta dei materiali non può però essere esclusivamente basata sull’esperienza, pena un’evoluzione inaccettabilmente lenta rispetto alla rapidissima evoluzione dei requisiti: deve poter essere formulata una procedura sistematica che consenta una scelta razionale. Tale procedura deve poter essere applicata ai diversi livelli di sviluppo del progetto: inizialmente essa deve considerare la scelta più ampia possibile, poi restringerla ad un sottoinsieme limitato ed infine fornire le informazioni con il livello

di precisione e di completezza necessarie al compimento della progettazione di dettaglio.

La scelta del materiale non è indipendente dalla scelta della forma del manufatto e del processo con cui il materiale viene lavorato, giuntato, finito per ottenere il manufatto stesso. Funzione, materiale, forma e processo interagiscono: la funzione detta la scelta sia del materiale che della forma; il processo è influenzato dal materiale ed interagisce con la forma. Le interdipendenze sono biunivoche: più sofisticato è il processo, più stringenti sono i requisiti, maggiori le interazioni.

Fig. 1.1 - Interazione tra funzione, materiale, forma e processo

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Il fattore economico rientra poi sia nella scelta del materiale che in quella del processo. Inoltre, i problemi complessi di progettazione tecnologica non hanno necessariamente un’unica soluzione “corretta”, sebbene alcune di esse siano chiaramente preferibili ad altre. Perciò il progettista deve porsi di fronte al problema con mente aperta, disponibile a considerare soluzioni innovative e non convenzionali. Proprio per questo è necessario disporre di uno strumento rigoroso, che consenta di discriminare le soluzioni eccellenti da quelle semplicemente accettabili.

Questo capitolo descrive la metodologia volta a guidare l’ingegnere attraverso le diverse scelte che egli deve affrontare durante il processo di progettazione: l’individuazione dei criteri di selezione dei materiali, l’interazione tra funzione, forma, materiale e processo di produzione, la formulazione degli indici di merito ed infine la soluzione dei problemi di scelta con vincoli multipli ed obiettivi composti.

1.2 I materiali e le loro proprietà

onvenzionalmente si classificano i materiali in 6 vaste classi, rappresentate in Fig.1.2: i metalli, i

polimeri, gli elastomeri, le ceramiche, i vetri ed i compositi.

Fig. 1.2 - I Materiali disponibili per l’ingegneria Gli appartenenti ad una medesima classe possiedono caratteristiche comuni: simili proprietà, simili tecnologie e, spesso, simili applicazioni: i metalli – sono duttili, hanno un modulo relativamente elevato, possono essere alligati e trattati termicamente, subiscono gli effetti della fatica e della corrosione; le ceramiche ed i vetri – sono fragili, hanno un modulo relativamente alto, sono duri, resistenti alla corrosione ed alla temperatura, patiscono gli effetti d’intaglio; i polimeri e gli elastomeri – hanno basso modulo, sono tenaci, resistenti alla corrosione, le loro caratteristiche dipendono dalla temperatura e dalla velocità di carico; i compositi – combinano molte delle caratteristiche positive degli altri materiali, sono leggeri, resistenti e rigidi; hanno comportamento ortotropo.

Ciascun materiale possiede una serie di attributi: le sue proprietà, alcune delle quali sono esemplificate in Fig . 1.3

Fig. 1.3 Proprietà dei materiali in esame.

Il progettista non cerca però un materiale di per sè, bensì una specifica combinazione di tali attributi, ossia un profilo di proprietà. A tale scopo è opportuno disporre di modi sintetici, ma al tempo stesso globali, per presentare le proprietà, trasversali a tutte le classi, capaci di facilitare il confronto ed ottimizzare la scelta.

Una proprietà può essere presentata come una lista ordinata oppure come un istogramma, ma raramente le prestazioni di un componente dipendono da un’unica proprietà: quasi sempre esse dipendono da una loro combinazione: ad esempio resistenza /$ o rigidezza E/$ specifiche rispetto al costo per i prodotti di consumo, resistenza o rigidezza E/ specifiche rispetto alla densità per i componenti delle strutture aerospaziali. Ciò suggerisce l’idea di rappresentare una proprietà rispetto all’altra, individuando – in uno spazio delle proprietà – i campi occupati da una classe di materiali. Tali rappresentazioni condensano una larga messe di informazioni in una forma compatta ma accessibile, rivelano correlazioni, consentono l’utilizzo delle tecniche di ottimizzazione delle prestazioni.

In genere, le proprietà dei materiali ingegneristici possono assumere valori variabili entro campi molto ampi (fino a 5-6 decadi). Per questo motivo, una rappresentazione costituita da istogrammi (del tipo di quello riportato in Fig.1.4 per la conducibilità termica) funge egregiamente allo scopo: ogni barra rappresenta un singolo materiale e l’ampiezza della barra sintetizza il campo dei valori di conducibilità che quel materiale può assumere nelle sue diverse forme. I vari materiali sono poi raggruppati in classi, confrontabili tra loro.

Fig. 1.4 - Istogramma rappresentativo della conducibilità termica per tre classi di solidi.

Le proprietà dei materiali (raggruppati nelle classi elencate in Fig.1.5) possono venir presentate in

C

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maniera ancora più efficace su diagrammi cartesiani in scala logaritmica, dove una proprietà è riportata rispetto ad un’altra.

Alcuni di questi grafici esemplificativi sono riportati in Fig.1.6 a-g

Fig.1.6 a-g – Grafici esemplificativi

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Fig.1.5 - Classi di materiali

Il campo di variazione sugli assi è scelto in

maniera da comprendere tutti i materiali. Poiché i dati relativi ad una certa classe di materiali si raggruppano assieme, è possibile includerli in una curva-inviluppo, che li racchiude tutti. Inoltre, la scelta opportuna degli assi e delle scale consente di dedurre ulteriori informazioni da questi grafici: per esempio nella Fig.1.7 ciascuna delle rette parallele con pendenza (E/)1/2 intercetta materiali aventi la stessa velocità di propagazione del suono.

Fig 1.7 - Visualizzazione delle proprietà dei materiali

Le linee-guida rappresentano il luogo dei punti cui

corrisponde il dimensionamento a rigidezza di minimo peso rispettivamente per: bielle in trazione (E/), travi in flessione (E1/2/), piastre in flessione (E1/3/). Le formulazioni che consentono di comprendere meglio queste conclusioni sono riportate nel paragrafo seguente. 1.3 Scelta del materiale

n materiale possiede degli “attributi” per esempio densità, costo, resistenza, etc. La progettazione

comporta la scelta di un “profilo” di questi attributi: per esempio bassa densità, basso costo, alta resistenza, etc. Il problema consiste nell’identificazione del profilo di proprietà desiderato e nel suo confronto con quelli dei materiali ingegneristici esistenti, allo scopo di trovare la migliore corrispondenza.

A questo scopo è necessario per prima cosa provvedere ad un vaglio preliminare e poi ad una classificazione, in modo da individuare una lista ridotta di materiali candidati. Per mezzo di ulteriori specifiche informazioni di supporto (reperibili in Internet, da manuali o data sheet) è infine possibile effettuare la scelta finale, che spesso dipende da condizioni “locali”, quali l’esperienza aziendale o la reperibilità di fornitori in loco. E’ fondamentale iniziare questa procedura considerando il “menù” completo dei materiali: se si intende perseguire una scelta innovativa, essa deve essere individuata già nelle prime fasi del progetto: più tardi, le troppe decisioni prese e gli impegni assunti non consentirebbero cambiamenti radicali.

Dapprima la vasta scelta viene limitata tramite l’applicazione delle proprietà limite, che escludono quei materiali che non sono in grado di soddisfare i requisiti di progetto. Un ulteriore riduzione nel numero di materiali candidati si ottiene classificandoli in base alla loro capacità di massimizzare le prestazioni. In genere, queste ultime non sono definite da una singola proprietà, bensì da una combinazione di proprietà. Per esempio, il materiale migliore per una biella leggera e rigida è quello con la più alta rigidezza specifica E/, il materiale che meglio resiste agli shock termici è quello con il più alto valore di r/Eetc. Espressioni come queste si dicono “indici di merito”. Essi sono combinazioni di proprietà del materiale che, una volta massimizzati, comportano l’ottimizzazione di alcuni aspetti delle prestazioni. Esistono numerosi indici di questo tipo: essi sono derivati dai requisiti di progetto di uno specifico componente tramite l’analisi della sua funzione, degli obiettivi e dei vincoli.

funzione: cosa il componente deve fare; obiettivo: quale prestazione deve essere

massimizzata o minimizzata; vincoli: quali condizioni devono essere

necessariamente soddisfatte. Nel caso dei componenti strutturali, essi devono

assolvere funzioni fisiche, ovvero devono soddisfare requisiti funzionali. Questi ultimi sono definiti dalla progettazione: la progettazione di un componente strutturale dipende da tre aspetti: requisiti funzionali F, parametri geometrici G e proprietà del materiale M. La prestazione p del componente è perciò descritta da una equazione del tipo:

p = f (F,G,M) La progettazione ottima è quella che individua

geometria e materiale che massimizzano la prestazione. I tre gruppi di quantità si dicono separabili se tale equazione può essere scritta come:

p = f1(F) f2(G) f3(M) Ciò comporta grandi semplificazioni, in quanto la

scelta ottima del materiale è indipendente dai dettagli geometrici (e dipenderà solo dall’indice di merito del materiale), così come la geometria ottima non dipende dai requisiti funzionali (e dipenderà solo dall’indice di efficienza strutturale, trattato nel paragrafo seguente).

Operativamente, la procedura consta dei seguenti passi:

U

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definire i requisiti di progetto (funzione, obiettivo, vincoli);

scrivere la funzione obiettivo in termini di: requisiti, geometria, proprietà materiale (1);

identificare le quantità variabili (2); scrivere l‘equazione esprimente i vincoli (3); sostituire nella funzione obiettivo (1) le

espressioni dei vincoli (3) in dipendenza delle variabili (2);

raggruppare le variabili in tre gruppi: requisiti, geometria, proprietà materiali;

identificare l’indice di merito del materiale che ottimizza la prestazione.

Nel caso, esemplificativo, di una biella di sezione circolare con area A variabile e lunghezza l fissata, che debba sopportare senza cedimento un carico di trazione F fissato, minimizzando la massa m si ha:

funzione: sopportare un carico di trazione obiettivo: minimizzare la massa vincoli: lunghezza l, carico F

e la funzione obiettivo si scrive come: m = Al

ove è la densità del materiale; la funzione che esprime i vincoli si scrive come:

F/A = r essendo r lo sforzo di rottura del materiale; si può eliminare A dalle due equazioni, ottenendo:

m = (F)(l)( /r) dove la prima parentesi contiene ciò che si riferisce ai requisiti, la seconda alla geometria, la terza alle proprietà del materiale; la massa sarà minimizzata minimizzando /r, ovvero massimizzando

r/ che costituisce l’indice di merito con il quale scegliere il materiale ottimo per il caso considerato. La Fig.1.8 riporta gli indici di merito calcolati nello stesso modo per altri casi di interesse strutturale.

Fig.1.8 - Alcuni casi di indici di merito Ogni progetto comprende dei requisiti “non

negoziabili” riguardo alle proprietà del materiale: per esempio la temperatura di funzionamento, la resistenza

alla corrosione, la conducibilità elettrica, taluni vincoli dimensionali, come la lunghezza del caso precedente: essi costituiscono le “proprietà limite”

Le modalità di presentazione grafica delle proprietà dei materiali descritte al paragrafo precedente sono state pensate per facilitare l’applicazione di questa metodologia: esse consentono infatti di evidenziare direttamente le proprietà limite e gli indici di merito.

Sui diagrammi di scelta dei materiali le proprietà limite si traducono in rette orizzontali o verticali (vedi ad esempio Fig.1.9).

Fig 1.9 - Rappresentazione grafica delle proprietà limite.

Una volta ristretta l’area di ricerca tramite le

proprietà limite, allo scopo di massimizzare le prestazione del componente, è possibile applicare lo stesso metodo grafico anche agli indici di merito. In Fig.1.10 sono riportate le “linee guida” corrispondenti agli indici di merito E/, E1/2/, E1/3/.

Fig 1.10 - Linee guida addotte agli indici di merito

Ognuna di esse definisce un fascio di rette di

uguale pendenza: essendo il diagramma logaritmico, tutti i materiali giacenti su di una retta si comportano egualmente bene nei riguardi di uno specifico indice di merito: quelli al di sopra si comportano meglio, quelli

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al di sotto si comportano peggio. Anche queste rette possono essere utilizzate per limitare l’area di ricerca, come mostrato in Fig.1.11.

Fig 1.11 - Rappresentazione grafica della zone di interesse per la scelta dei materiali. 1.4 Scelta del materiale e della forma

n campo strutturale, una trave di sezione opportuna è in grado di sopportare in maniera più efficiente le

sollecitazioni di compressione, flessione e torsione rispetto ad una sezione solida di forma semplice. Per “sezione opportuna” si intende ad esempio una sezione a I, tubolare oppure a semiguscio di tipo aeronautico. Per “più efficiente” si intende più leggera possibile. E’ perciò necessario estendere il concetto di indice di merito anche alla forma, oltre che al materiale, in modo da poter scegliere, tra tutti i possibili materiali e forme con cui essi sono resi disponibili o potenzialmente realizzabili, quello che massimizza le prestazioni. A questo fine occorre esprimere i fattori di forma, ovvero semplici indici in grado di definire l’efficienza strutturale della sezione. A loro volta, essi consentono la definizione di indici di merito più completi, che includono sia il materiale che la forma.

In una struttura aeronautica si possono individuare elementi sollecitati a trazione, compressione, flessione, torsione. Mentre per un elemento sollecitato a trazione è importante l’area della sezione, ma non la sua forma, in tutti gli altri casi è possibile individuare forme di maggior efficienza (per esempio a I per la flessione, tubolari per la torsione, Fig.1.12).

Fig 1.12 – Forme di maggior efficienza in funzione della sollecitazione

La quantificazione di tale efficienza è demandata

ai fattori di forma adimensionali , indipendenti dalla scala e dipendenti dalla modalità di sollecitazione. In questo modo possono essere definiti e

F e eT, da

utilizzarsi rispettivamente per sollecitazioni di flessione e torsione nei progetti a rigidezza in campo elastico, e r

F e rT, validi per le stesse condizioni di carico, ma

nei progetti a resistenza. Tutti i fattori di forma sono adimensionalizzati rispetto ad una sezione solida circolare, per la quale assumono quindi valore unitario.

A titolo di esempio si determina qui di seguito il fattore di forma per la sezione di una trave sollecitata a flessione, la cui rigidezza flessionale è espressa come:

RF = C1EJ/l3

essendo C1 una costante dipendente dalle condizioni di vincolo. Il fattore di forma è dato dal rapporto tra tale rigidezza flessionale e la rigidezza flessionale R0

F di una trave dello stesso materiale, lunghezza e condizioni di vincolo, ma avente sezione circolare solida di uguale area A; da ciò consegue:

eF = RF/R0

F = J/J0 e quindi:

eF = 4J/A2

Allo stesso modo si calcolano gli altri fattori di forma, riportati in Fig.1.13.

Fig.1.13- Definizione dei fattori di forma

A questo proposito va ricordato che una trave

sollecitata a compressione si instabilizza elasticamente

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quando il carico raggiunge il valore euleriano, che dipende dal momento d’inerzia minore Jmin della sua sezione. Il corrispondente fattore di forma coincide perciò con quello relativo alla flessione in campo elastico, ove J sia sostituito da Jmin.

In generale, per le condizioni di compressione, flessione e torsione, la massima efficienza è raggiunta da sezioni cave di spessore sottile (trave a semiguscio di tipo aeronautico): esistono però dei limiti pratici all’ottenimento dei massimi valori teorici di efficienza, dovuti a:

vincoli tecnologici, che impediscono (o rendono troppo difficile/costoso) ottenere una determinata forma (per esempio spessori di parete estremamente sottili); la Fig.1.14 riporta i massimi valori reali di efficienza per forme di sezione commercialmente disponibili;

vincoli dovuti alla competizione tra le modalità di cedimento. Forme semplici cedono in modo semplice: snervamento, rottura, instabilità euleriana. Forme complesse (se tecnologicamente ottenibili) cedono in modi secondari (per esempio local buckling).

Fig.1.14 - Limiti superiori per i fattori di forma.

Complicando solo di poco le metodologie viste finora, è possibile scrivere indici di merito che tengono conto sia del materiale che della forma. Nel caso esemplificativo di una trave caricata a flessione, la cui massa debba essere minimizzata tramite l’opportuna scelta del materiale e della forma della sezione, si ha:

massa: m = Alrigidezza flessionale: RF = C1EJ/l3

fattore di forma: eF = 4J/A2

eliminando J dalle ultime due relazioni, risolvendo in funzione di A e sostituendone l’espressione nella prima si ottiene, dopo aver riarrangiato:

m = (4RF /C1l)1/2 l3(2/e

FE)1/2 Per travi con il medesimo fattore di forma e

F la scelta ottima (E1/2/ massimo) coincide con quanto trovato nel paragrafo precedente. Se invece si vuole scegliere la miglior combinazione materiale/forma, l’indice di merito da massimizzare è espresso da:

M1 = eFE1/2/

Nello stesso modo possono essere ottenuti gli indici di merito composti per le altre condizioni di carico e gli altri criteri di progetto.

La selezione contemporanea del materiale e della forma può essere effettuata in due modi:

calcolando i valori degli indici di merito per le varie combinazioni materiale/forma e poi confrontandoli (come mostrato in Fig.1.15);

riscrivendo le espressioni del tipo: M1 = e

FE1/2/

come: M1 = (E/e

F)1/2 / (/eF)

e poi utilizzando gli opportuni diagrammi di scelta dei materiali, corretti in questo modo, come mostrato in Fig.1.16.

Fig.1.15- Indici di per merito per alcuni materiali

Fig.1.16 - Diagramma di scelta del materiale. 1.5 Scelta del processo produttivo

l processo produttivo è il metodo con cui al materiale viene fatta assumere la forma necessaria

ad assolvere la funzione cui il componente è preposto, soddisfacendo i requisiti di progetto. È importante scegliere il processo produttivo ottimo già nelle prime fasi del progetto, pena i costi molto alti connessi con un cambio effettuato in corso d’opera.

Ogni processo è caratterizzato da una serie di attributi (materiali utilizzabili, forme e dimensioni ottenibili, precisione, costo, impatto ambientale, etc.). La scelta del processo produttivo ottimo consiste nell’individuazione della miglior corrispondenza tra gli attributi del processo ed i requisiti del progetto. Tale scelta di solito comporta un procedimento iterativo, comunque sempre costituito dalle seguenti fasi:

considerare inizialmente il maggior numero possibile di processi;

effettuare un primo vaglio per eliminare quelli che non rispettano i requisiti di progetto;

classificare i rimanenti in base a criteri di tipo economico;

scegliere il processo ottimo tenendo conto anche delle condizioni “locali”.

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La raccolta di tutti i possibili candidati viene effettuata sulla base delle informazioni di supporto raccolte nei manuali, data base e Internet.

L’operazione di vaglio preliminare viene effettuata tramite l’utilizzo di diagrammi di scelta dei processi (Fig.1.17), che riportano sul medesimo grafico due o più attributi dei processi, e sui quali è possibile imporre limiti e restringere la ricerca ad un’area ristretta, come per i diagrammi di scelta dei materiali. Tali risultati vengono poi ulteriormente affinati usando diagrammi che mettono in evidenza, per esempio, la compatibilità tra processi e materiali (Fig.1.18), oppure tra massa e complessità, oppure tra volume e grado di snellezza.

La classificazione successiva viene effettuata in base a criteri economici, ricordando che parte del costo di un componente è dovuta al materiale, la rimanenza è imputabile agli oneri di trasformazione.

Fig.1.17 - Esempio di diagramma di scelta dei processi

Fig.1.18 - Esempio di diagramma di compatibilità.

Prima di quantificare la metodologia, vanno ricordate tre regole di buon senso, la cui applicazione incide sugli aspetti economici della produzione:

ricercare componenti standard: se qualcuno già produce il pezzo desiderato, probabilmente lo produce in modo più efficiente di quanto sapremmo fare noi dal nuovo;

privilegiare le soluzioni produttive semplici: il costo di qualsiasi processo di trasformazione dipende dalla facilità con cui si può adattare al caso specifico;

non formulare requisiti più stringenti di quanto non sia strettamente necessario: le prestazioni (specie se inutili) si pagano.

Il costo di un processo di produzione dipende da numerosi variabili indipendenti. Poiché la produzione di un componente consuma risorse, ne consegue che il costo di processo è la somma dei costi delle risorse consumate, relative a:

CMP materia prima CA attrezzature dedicate CI impianti non dedicati-ammortamento CMO manodopera CE energia CS spazi Queste voci di costo possono essere divise in tre

grandi categorie: costi indipendenti dalla numerosità del lotto di

produzione e rateo produttivo: materia prima; costi dipendenti dall’inverso della numerosità

del lotto di produzione n attrezzature dedicate; costi dipendenti dall’inverso del rateo

produttivo dn/dt: ammortamento impianti non dedicati, manodopera, energia, spazi.

Esse vengono sommate per ottenere il costo totale CT per unità di prodotto, dando così luogo ad un’equazione differenziale in n e dn/dt, la quale descrive una curva per ciascun processo produttivo:

CT = CMP + CA/n + (CI + CMO + CE + CS)/dn/dt La Fig.1.19 pone a confronto le curve relative a

due possibili processi per la produzione di bielle in lega d’alluminio.

Fig.1.19 - Scelta del processo di produzione

Il punto di intersezione delle curve (break-even-point) mette in evidenza un importante concetto:

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l’economic batch size, ovvero la numerosità della produzione rispetto alla quale un certo processo produttivo è economicamente più conveniente rispetto alle tecnologie concorrenti. 1.6 Vincoli multipli ed obiettivi composti

olto spesso la procedura di selezione dei materiali comporta un processo di trade-off,

richiede cioè l’individuazione di una soluzione di compromesso tra vincoli conflittuali (ad esempio, la progettazione di un longherone alare ha l’obiettivo di minimizzare il peso, rispettando contemporaneamente vincoli di rigidezza, resistenza statica, a fatica, spazio, etc.) oppure tra obiettivi divergenti (similmente, il progetto dello stesso longherone deve minimizzare nel contempo il peso ed il costo). Il quadro completo delle possibilità è riportato in Fig.1.20.

Fig.1.20- Procedura di selezione dei materiali Esistono diversi metodi per gestire il problema dei vincoli multipli ed obiettivi composti. Nel seguito essi sono brevemente illustrati: metodo dell’applicazione successiva delle proprietà limite e degli indici di merito – sia dato il caso di una trave che debba minimizzare il peso (obiettivo), rispettando i valori di resistenza e la rigidezza (vincoli) (Fig.1.21).

Fig.1.21- Un obiettivo e due vincoli conduco a due indici di merito.

Una prima, semplice, possibilità consiste nello scegliere dapprima un sottoinsieme di materiali con elevata rigidezza, al suo interno un altro con elevata resistenza, ed all’interno di quest’ultimo un ulteriore con ridotta densità: il problema risiede nella arbitrarietà con cui viene deciso l’ordine di scelta. Un metodo più razionale consiste nell’identificare un sottoinsieme di materiali aventi un indice di merito a rigidezza (E1/2/) superiore ad una soglia, poi un altro sottoinsieme con indice di merito a resistenza (s

2/3/) superiore ad un’altra soglia e poi individuare i materiali appartenenti all’intersezione dei sottoinsiemi. Il problema di questa tecnica risiede nell’arbitrarietà con cui possono essere scelti i valori di soglia per gli indici di merito; metodo degli weight-factors – esso esprime in maniera più formalizzata l’importanza relativa dei diversi indici di merito dei materiali concorrenti. Tali indici Mi, essendo espressi in unità di misura diverse, per prima cosa vanno adimensionalizzati rispetto al valore più grande MiMAX per poter essere sommati, poi vengono moltiplicati per un weight-factor wi, che ne esprime l’importanza relativa per la prestazione del componente così da scrivere gli indici di merito pesati nella forma:

Wi = wi(Mi/MiMAX) Gli weight-factors devono essere scelti in maniera che la loro somma dia 1, cosicché il materiale ottimo è quello che massimizza la sommatoria:

W = i Wi = i wi(Mi/MiMAX) Esistono numerosi criteri per la scelti degli weigh-factors: tutti però dipendono in buona misura, ancora una volta, dall’esperienza e dal giudizio soggettivo. metodo dei vincoli attivi – esso costituisce un metodo sistematico e consiste nell’identificare il vincolo più restrittivo e basare la progettazione su di esso; tutti gli altri vincoli risulteranno automaticamente soddisfatti. Si consideri il problema di una trave a sezione quadrata di area t2 caricata a flessione, della quale debba essere minimizzato il peso, soddisfacendo al contempo vincoli sulla rigidezza e sulla resistenza. La massa m, funzione obiettivo da minimizzare, è:

m = Alil primo vincolo è costituito dalla rigidezza flessionale

RF = C1EJ/l3 Sostituendo A e J in funzione di t:

A = t2 e J = t4/12 ed eliminando t, si ottiene:

m1 = (12Rf/C1l)1/2 l3(/E1/2)

Il secondo vincolo è costituito dalla resistenza. Il carico di cedimento della trave su due appoggi caricata in mezzeria è espresso come:

Fs = C2 (2Js/tl) eliminando A dall’espressione della funzione obiettivo si ottiene:

m2 = (6Fs/C2l2)2/3 l3( /s

2/3) Se la trave deve soddisfare entrambi i vincoli, il suo peso è determinato dal maggiore dei valori m1 e m2; più in generale, se i vincoli devono essere soddisfatti, esso è definito dal valore massimo di tutti gli mi:

m* = max(m1, m2, m3, … mn) Tra tutti i materiali concorrenti, quello cui corrisponde il minimo peso della trave, è quello cui corrisponde il

M

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minimo valore di m*. Il procedimento illustrato può essere applicato in maniera analitica o in maniera grafica, utilizzando i diagrammi di scelta dei materiali.

Sovente la progettazione richiede l’ottimizzazione contemporanea di due o più prestazioni: ovvero deve perseguire obiettivi composti (Fig.1.22).

Fig.1.22Due obiettivi e un vincolo conduco a due indice di merito.

Spesso tali obiettivi configgono e quasi sempre sono espressi in differenti unità di misura. Come nel caso precedente dei vincoli multipli, possono essere applicati i metodi delle selezioni successive o degli weight-factors, ma la disomogeneità dei termini fa dipendere tali metodi dal giudizio soggettivo. Per evitare ciò, si definiscono dei fattori di conversione E che consentono di accoppiare più obiettivi (espressi nella stessa unità di misura), per formulare un obiettivo composto. Tra le prestazioni P obiettivo (peso, resistenza, rigidezza, costo, etc.) è ragionevole assumere come misura comune degli obiettivi il costo: quindi il fattore di conversione sarà espresso come E$. Si definisce poi una funzione di valore espressa come:

V = E1$P1 + E2

$P2 + E3$P3 + … En

$Pn

dove i fattori di conversione En$, che traducono le

prestazioni (espresse nelle unità di misura di peso, resistenza, rigidezza, etc.) in un valore monetario, sono espressi come En

$ = (V/Pn). A titolo esemplificativo, i fattori di conversione E$ relativi al risparmio di massa nei mezzi di trasporto (espressi in US$/kg) sono :

autovettura da –0,5 a –1,5 autocarro da –5 a –10 velivolo civile da –100 a –500 velivolo militare da –500 a –2.000 veicolo spaziale da –3.000 a –10.000

(i valori sono negativi poichè – in questo caso – l’aumento di valore dipende dalla riduzione di massa). La massa di una trave di lunghezza l e rigidezza flessionale Rf, della quale sia vincolata la rigidezza, è espressa come:

m = (12Rf/C1l)1/2 l3(/E1/2)

Il primo obiettivo sia minimizzare la massa m. Il secondo obiettivo sia minimizzare il costo C:

C = Cmm essendo Cm il costo del materiale per unità di massa. Conoscendo il fattore di conversione E$, che dipende

sempre dall’applicazione, si può scrivere la funzione di valore:

V = E$m – C = E$(12Rf/C1l)1/2 l3(/E1/2) – C

Il materiale ottimo è quello che massimizza il valore di tale funzione. In generale, come per i vincoli multipli, anche per gli obiettivi composti il procedimento può essere applicato in maniera analitica o in maniera grafica, utilizzando i diagrammi di scelta dei materiali. 1.7 Materiali per le strutture aerospaziali

industria aerospaziale ha l’obiettivo di sviluppare mezzi di trasporto in grado di

movimentare il massimo carico pagante al minimo costo, così come avviene per tutti gli altri settori del trasporto. In questo caso il problema della scelta del materiale è però reso estremamente più critico dal fatto che un cedimento in volo ha molte maggiori possibilità di provocare una catastrofe rispetto ad una medesima evenienza sulla terraferma. Inoltre, il sollevare un carico pagante vincendo la forza di gravità rappresenta un processo costoso, che richiede un progetto il più efficiente possibile. Per questo motivo l’industria aerospaziale fa grande uso di materiali funzionali a bassa densità.

Un tale requisito, ancorché stringente, varia notevolmente a seconda del tipo di velivolo: gli aerei civili hanno dimensioni variabili dal piccolo monoposto da diporto ai grandi velivoli passeggeri da 600-700 posti; gli aeromobili militari, un tempo divisi semplicemente in velivoli da bombardamento o da caccia, ora comprendono velivoli ad ala rotante, aerei da ricognizione ad alta quota. velivoli supersonici da superiorità aerea, trasporti sub-sonici, etc. Così diverse tipologie di aeromobili coprono un amplissimo spettro di requisiti di progetto, che comprendono principalmente raggio operativo, velocità, quota, manovrabilità e carico trasportabile.

La vita di un aeromobile comporta il susseguirsi di una sequenza di operazioni riconducibili a 4 fasi: rullaggio, decollo, crociera (velivoli civili) o missione operativa (velivoli militari) e atterraggio. Per i velivoli civili il decollo rappresenta la fase più critica (pieno carico, motori alla massima potenza, grandi angoli di incidenza). Viceversa la crociera a velocità costante, grazie alle elevate quote di volo ed alla presenza dei radar meteorologici, costituisce una fase relativamente poco critica, generalmente esente da turbolenze e condizioni di carico critiche. Al contrario, i velivoli militari, non solo devono consentire rapidi decolli, ma anche sopportare fasi di volo consistenti in una rapida successione di manovre ad alti valori di g, con rapide variazioni di traiettoria e gradienti di sollecitazione.

Generalmente, più esasperato è l’inviluppo di volo, più breve è la vita di progetto: si passa dalle 50.000-100.000 ore di volo per un velivolo passeggeri alle 5.000-10.000 per un aereo militare. In questo caso, la vita operativa può però essere distribuita su periodi temporali molto lunghi (gli ultimi F-104 dell’A.M.I. sono stati radiati pochi anni fa, dopo circa 40 anni di servizio). Ciò comporta una scelta dei materiali basata

L’

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sulla resistenza a fatica, ma anche sul comportamento a corrosione ed a corrosione sotto sforzo.

Come per tutti i sistemi di trasporto, l’obiettivo del mezzo aereo è di massimizzare il carico pagante rispetto al costo dovuto all’aeromobile stesso ed al suo sistema propulsivo. Ogni sistema di trasporto è perciò costituito da: carico pagante (passeggeri, merci, carico bellico), aeromobile (struttura, sistemi, equipaggio) e sistema propulsivo (motore e carburante). A parità di peso totale dell’aeromobile, l’aumento del carico pagante comporta la riduzione di una delle altre due componenti. Grossi miglioramenti possono derivare dall’aumento dell’efficienza dei propulsori (minor peso intrinseco) e dalla riduzione dei consumi (minor peso del carburante da trasportare). A questo riguardo, l’oculata scelta dei materiali può contribuire in maniera duplice al risparmio ponderale: migliorando le prestazioni termo-meccaniche dei materiali per la costruzione degli apparati propulsivi e massimizzando l’efficienza (caratteristiche meccaniche/densità) dei materiali destinati alle strutture “fredde”. I livelli di ottimizzazione ottenibili sono tanto maggiori quanto minore è il carico pagante (ovvero quanto maggiore è la distanza del trasporto): posto 1 il risparmio (in $/Kg) per un trasporto subsonico a corto raggio, esso diventa 6-7 per un trasporto supersonico a lungo raggio e 80-100 per un vettore spaziale non riutilizzabile

In generale, il miglioramento delle caratteristiche meccaniche di un materiale strutturale consente un suo utilizzo in quantità minore per sopportare i medesimi carichi, con conseguente risparmio in peso. In realtà, come mostrato nei paragrafi precedenti, differenti criteri di scelta dei materiali devono essere applicati alle differenti parti della struttura di un velivolo: l’aumento della resistenza statica è utile nelle regioni fortemente sollecitate come gli attacchi alari; nelle zone a media sollecitazione è più conveniente perseguire un criterio di massima rigidezza; infine, l’ottimizzazione ponderale delle parti lievemente sollecitate (e quindi di basso spessore) è guidata da criteri di instabilità e di resistenza alla corrosione. Ad ogni modo, la densità gioca un ruolo preponderante in ogni caso: la riduzione di un terzo della densità porta allo stesso risparmio di peso strutturale ottenibile con l’aumento del 50% della resistenza o della rigidezza 1.8 Tipologie delle strutture aeronautiche

l livello di dettaglio della presente trattazione consente di considerare una struttura aeronautica

come costituita semplicemente da ali, fusoliera, superfici di controllo e carrelli di atterraggio.

Le ali sono soggette ai più alti livelli ed anche alle variazioni più complesse di sforzo. Durante il rullaggio, le ali sono flesse verso il basso a causa del peso proprio, dei motori e del carburante contenuto: l’estradosso è teso e l’infradosso è compresso. Le sollecitazioni maggiori si registrano quando il velivolo è in volo: a causa della portanza le ali sono flesse verso l’alto: l’estradosso è compresso e l’infradosso è teso. Ciascuna semiala funziona come una trave incastrata con il massimo momento flettente dovuto alla portanza

applicato in corrispondenza della radice alare: le forze d’inerzia dovute alla massa dei motori sub-alari e del carburante alleviano parzialmente questa condizione. A questa condizione costante di sollecitazione si sovrappongo fluttuazioni dovute alle manovre, raffiche e turbolenze atmosferiche, che portano alla nascita di problemi di fatica. Poichè la propagazione delle cricche di fatica è propulsa dagli sforzi di trazione, il requisito più stringente per l’estradosso è la resistenza a compressione, per l’infradosso la resistenza a fatica. Requisiti aggiuntivi di tipo generale sono rappresentati dalla resistenza torsionale (sollecitazioni dovute alla distribuzione in corda della portanza ed all’azione delle superfici di governo), dalla tenacità a frattura, dalla rigidezza, dalla resistenza all’instabilità (per soluzioni strutturali con irrigidimenti longitudinali/trasversali e pannelli sottili) e dalla resistenza alla corrosione sotto sforzo (per soluzioni strutturali con rivestimenti spessi e correnti integrali ottenuti tramite tecnologie sottrattive da piastre spesse). Infine, per i velivoli supersonici, vengono raggiunte temperature elevate nei punti di ristagno aerodinamico: i materiali dovranno perciò soddisfare requisiti aggiuntivi di resistenza termo-meccanica.

La fusoliera è assimilabile ad una lunga membrana cilindrica approssimativamente circolare che contiene il carico pagante. Considerando la fusoliera supportata dalle ali all’incirca a metà della sua lunghezza, il carico pagante induce una sollecitazione di momento flettente verso il basso, che induce sollecitazioni tensili nella parte superiore della fusoliera e compressive nella parte inferiore. A queste condizioni si aggiungono ulteriori componenti di momento flettente durante le manovre di beccheggio e di imbardata, di momento torcente durante le manovre di rollio. Negli aerei che volano ad alte quote, la cabina è pressurizzata: la struttura della fusoliera è così sollecitata da uno stato di sforzo membranale bi-assiale, variabile in conseguenza delle condizioni di decollo, salita, discesa ed atterraggio. Il requisito non si limita quindi alla sola resistenza statica, ma comprende altresì la resistenza alla fatica oligociclica, la tenacità a frattura e la tolleranza al danno.

Negli organi di atterraggio, si verificano sforzi molto rilevanti durante il rullaggio ed il decollo, a causa del massimo carico di carburante. Tali carichi possono essere di fatica (taxiing e rullaggio), o statici (readiness dei caccia intercettori con pieno carico di carburante). Nonostante le velocità di contatto con il suolo non siano tali da configurare condizione d’urto, le massime sollecitazioni si verificano comunque all’atterraggio. Per ragioni aerodinamiche, durante il volo i carrelli devono essere retratti nelle ali o in fusoliera, occupando il minor spazio possibile: perciò deve essere soddisfatto il requisito di minimo volume. I componenti degli organi di atterraggio devono essere realizzati con i materiali che offrono i più alti livelli possibili di resistenza statica ed alla fatica oligociclica, di tenacità a frattura e, poiché i componenti critici sono spesso ottenuti da forgiati di grandi dimensioni, di resistenza alla corrosione sotto sforzo.

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Le superfici di controllo (alettoni, ipersostentatori, timone ed equilibratore) sono, relativamente alle altre parti strutturali, poco sollecitate: il requisito principale non risiede perciò nella resistenza statica. In genere, esse sono realizzate secondo una filosofia strutturale “differenziale” (rivestimenti sottili irrigiditi da correnti e diaframmi): i requisiti guida sono perciò quelli della resistenza all’instabilità, della rigidezza (per assolvere correttamente alla loro funzione), della resistenza alla temperatura (vicinanza ai gas di scarico dei propulsori), della resistenza all’urto (impatti di ghiaia/detriti sugli ipersostentatori deflessi durante il decollo), della resistenza alla fatica acustica (sollecitazioni ad alta frequenza/bassa ampiezza dovuta alla vicinanza con i motori). 1.9 Requisiti delle strutture aeronautiche

ome illustrato nei paragrafi precedenti, un appropriato criterio di selezione dei materiali deve

dipendere dalla sollecitazione, forma e funzione dei componenti. Applicando questo criterio alle strutture aeronautiche, e ricordando l’importanza fondamentale sempre rivestita dalla densità, si possono sintetizzare le seguenti espressioni degli indici di merito:

ala (estradosso): sc/, E1/3/, KISCC ala (infradosso): st/, E/, da/dN, F, KC fusoliera (sup.): st/, E/, da/dN, F, KC fusoliera (inf.): sc/, E1/3/, KISCC diaframmi: s/, G/, da/dN, F, KC carrelli: ss, E, KISCC, da/dN, KC Di seguito vengono analizzati più diffusamente

alcuni casi di generale interesse strutturale (Fig.1.23):

Fig.1.23 – Casi di generale interesse strutturale aeronautico. elementi sollecitati a compressione – Considerando un pannello di estradosso alare, prevalentemente caricato a compressione, si individua la più probabile causa di cedimento nell’instabilità (indice di merito E1/3/. I dati riportati in Fig.1.24 inducono a preferire la lega d’alluminio rispetto all’acciaio ed alla lega di titanio, ma non consentono di considerare l’eventuale caso di plasticizzazione incipiente e/o localizzata (possibile in

prossimità delle condizioni di carico limite della struttura).

Fig.1.24- Caratteristiche di alcuni metalli Questa condizione comporta la riduzione della resistenza ad instabilità del pannello (che dipende non più dal modulo di Young, bensì dal modulo elastico tangente, il quale diminuisce all’aumentare del carico): in tale situazione la scelta ottima dovrebbe cadere sulla lega di titanio, in virtù del suo più alto valore dello sforzo di snervamento, che le consente di rimanere più a lungo in campo elastico (Fig.1.25).

Fig.1.25- Peso dei pannelli per alluminio, acciaio e titanio All’aumentare della larghezza del pannello, lo sforzo critico diminuisce: per una data sollecitazione, lo spessore deve aumentare e con esso il peso (Fig.1.26). La Fig.1.27 mostra che il punto di intersezione delle curve relative alle leghe di alluminio e di titanio coincide con il valore P/b2 = 50.

Fig.1.26- Peso dei pannelli per alluminio, acciaio e titanio

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Fig.1.27- Sforzo di buckling/specifico dei pannelli per acciai inossidabili, alluminio e titanio. Tale valore aumenta all’aumentare del carico ed al diminuire della larghezza del pannello (ovvero al diminuire del passo degli irrigidimenti). Per i tipici livelli di resistenza di questi materiali, il valore ottimo di passo è però così basso da render la soluzione tecnologicamente impraticabile ed economicamente sconveniente. Le stesse considerazioni si applicano, a maggior ragione, agli acciai: ovvero per filosofie costruttive convenzionali, le leghe leggere d’alluminio sono preferibili a quelle di titanio ed agli acciai. Viceversa, se si considerano soluzioni tecnologiche innovative (sandwich per gli acciai e superplastic forming + diffusion bonding per le leghe di titanio) questi materiali divengono competitivi. Perciò una importante conclusione può essere tratta: la semplice sostituzione di un materiale raramente porta a risultati soddisfacenti. E’ sempre necessario procedere ad una riprogettazione e alla riconsiderazione della tecnologia produttiva. Elementi sollecitati a trazione – L’infradosso delle ali e la porzione superiore della fusoliera sono sollecitate da prevalenti sollecitazioni di trazione variabili nel tempo, e quindi esposti a problemi di fatica. L’infradosso subisce cicli di fatica ad alta frequenza ed ampiezza variabile, dovuti alla turbolenza atmosferica, mentre la fusoliera è sollecitata da cicli di carico dovuti alle manovre ed alla pressurizzazione/de-pressurizzazione, in condizioni quindi di fatica oligociclica. A questo proposito, è paradigmatica la vicenda dei 2 esemplari di De Havilland Comet esplosi in volo nel 1954 a causa di cricche di fatica originatesi in corrispondenza delle concentrazioni di sforzo in prossimità dei finestrini. La progettazione a fatica deve porre la massima attenzione sia alla fatica a lungo termine (milioni di cicli), che a quella oligociclica, oltre che alla minimizzazione delle concentrazioni di sforzo, alla scelta di materiali con bassa velocità di propagazione della cricca e con elevati valori di lunghezza critica della cricca. Sfortunatamente, l’elevata tenacità alla frattura è incompatibile con l’elevata resistenza statica (vedi i casi di rottura per fatica del perno di rotazione alare dell’F-111, realizzato con acciai ultra-resistenti): la soluzione migliore consiste in un compromesso che ottimizza le prestazioni strutturali di un materiale nel loro complesso. Elementi soggetti a corrosione – La resistenza alla corrosione rappresenta una caratteristica che spesso costituisce un vincolo al miglioramento delle altre

prestazioni di un dato materiale. Una possibile soluzione, ove non vengano utilizzati materiali compositi, consiste nell’adozione di lamiere di lega d’alluminio placcate con alluminio puro. Le proprietà meccaniche dei metalli usati per la placcatura sono però generalmente basse, tali da poter deteriorare la resistenza globale a fatica della struttura. Ad ogni modo, non è possibile adottare un tale accorgimento nelle strutture integrali, ottenute macchinando piastre spesse. In questo caso la protezione dalla corrosione è demandata a rivestimenti chimici superficiali (primer) ed a verniciature. Altri due fenomeni di corrosione rivestono un’importanza critica per gli aeromobili: la corrosione per esfoliazione e la corrosione sotto sforzo. Il primo meccanismo, tipico delle lamiere sottili, ne provoca un progressivo assottigliamento a causa di delaminazioni che si sviluppano parallelamente alla superficie, mentre il secondo, che affligge soprattutto le piastre spesse ed i forgiati di grandi dimensioni, è indotto dall’azione sinergica degli sforzi residui e dalla corrosione chimica, e provoca cricche passanti. Elementi degli organi d’atterraggio – I componenti dei carrelli devono contemperare prestazioni meccaniche estremamente elevate e ingombri ridotti, per facilitare la retrazione e lo stivaggio in spazi ridotti. Il criterio di scelta dei materiali non deve quindi basarsi sulla resistenza specifica rispetto alla densità, bensì sulla resistenza tout-court. Poiché esiste comunque un incentivo alla riduzione globale dei pesi, la scelta dei materiali per gli organi di atterraggio ricerca ancora una volta il compromesso ottimo tra gli acciai a ultra-alta-resistenza e leghe di titanio ad alta resistenza, il cui elevato costo e difficile processabilità fanno però aggio su prestazioni lievemente superiori. Solo in sporadici casi di velivoli militari, quali il B-1, queste considerazioni non hanno trovato applicazione. Una volta garantita la necessaria resistenza statica (di norma non inferiore ai 1.500 MPa), i criteri di scelta devono comprendere: tenacità all’innesco ed alla propagazione della frattura, resistenza alla corrosione sotto sforzo ed all’infragilimento da idrogeno. Superfici di controllo – Le superfici di controllo sono assoggettate a carichi relativamente bassi e quando sono realizzate in materiali metallici implementano la soluzione convenzionale a correnti, diaframmi e pannelli. I requisiti di peso ridotto (per ridurre le masse in movimento) ed elevata rigidezza (per garantire la funzionalità) portano all’adozione quasi sistematica dei materiali compositi, spesso usati in forma ibrida (CFRP + GFRP, ovvero fibre di carbonio e/o vetro in matrice polimerica) e sotto forma di pannelli sandwich, con riempitivi in nido d’ape metallico o sintetico. Dopo le negative esperienze di assorbimento di umidità riscontrate nelle superfici di controllo delle prime serie dei Boeing 737, sono invece state proscritte le fibre poli-aramidiche (Kevlar). Elementi strutturati sollecitati ad alta temperatura – Durante il volo il rivestimento esterno di un velivolo è riscaldato a causa dell’attrito viscoso nello strato di stagnazione contiguo alla superficie. Nel caso dei bordi d’attacco, l’effetto di riscaldamento è amplificato a causa del forte gradiente di pressione che si verifica

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immediatamente a monte del punto di ristagno: l’aria, compressa in condizioni essenzialmente adiabatiche, si riscalda e riscalda la superficie del velivolo. La Fig.1.28 riporta le temperature superficiali di saturazione per un aereo che vola alla quota di 23.000m alla temperatura di –56°C, con un fattore di emissività pari a 0,9.

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Poiché la resistenza delle leghe di alluminio è già compromessa sopra i 150°C, la velocità massima per velivoli con struttura realizzata in questi materiali è limitata a Mach 2,5 (Concorde 2,2). Per molti metalli questo è un modesto livello di sollecitazione termo-meccanica, ma per le leghe d’alluminio, alle quali è richiesta una resistenza a creep di 20.000-30.000 ore, esso diventa un requisito critico. Le leghe di titanio costituiscono invece una soluzione conveniente per la realizzazione di rivestimenti sollecitati termicamente. La Fig.1.29 mostra come esse mantengano prestazioni meccaniche sufficienti ad un uso fino a velocità di volo di Mach 3, così come per taluni tipi di acciaio, la cui convenienza viene però meno a causa dell’elevata densità e della difficile processabilità.

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Fig.1.29- Sforzi di prova per diverse leghe a temperature elevate ed ambiente. Gli sforzi di origine termo-elastica costituiscono un ulteriore fattore dimensionante per le strutture soggette a cicli di riscaldamento variabili nel tempo. Se il rivestimento esterno si riscalda, mentre la struttura interna rimane a temperatura costante in conseguenza della climatizzazione della cabina, il primo sarà sede di sollecitazioni compressive, la seconda di sollecitazioni tensili: tali sforzi potranno talvolta raggiungere valori comparabili con quelli degli sforzi primari di origine. Bibliografia Ashby, M.F.: “Material Selection in Mechanical Design”