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CRISI DEI PREZZI, VULNERABILITÀ DEI MERCATI

E STRUMENTI DI POLITICA ECONOMICA Arturo Semerari - Presidente ISMEA

Verso una nuova crisi? Durante la campagna di commercializzazione 2007-2008, il brusco aumento dei prezzi dei

prodotti agricoli ha provocato una crisi a livello globale sui mercati internazionali. Le quotazioni di frumento, mais e riso hanno raggiunto il livello massimo degli ultimi 30 anni e la crisi ha provocato un’instabilità economica e politica che ha richiamato l’attenzione dei governi mondiali sull’offerta mondiale dei prodotti alimentari e sui problemi legati alla sicurezza alimentare.

Alla fine di gennaio 2011 la FAO ha sconsigliato i Paesi produttori di introdurre restrizioni alle esportazioni per proteggere i propri mercati interni a causa delle probabili ripercussioni sulle quotazioni del mercato internazionale. Nel dicembre 2010, infatti, l’indice dei prezzi dei prodotti alimentari della FAO è risultato superiore di un punto percentuale al valore del giugno 2008 mentre l’indice dei cereali di base è inferiore del 13% rispetto al picco massimo registrato nello stesso periodo. Contemporaneamente, la Banca Mondiale ha comunicato che le quotazioni dei prodotti alimentari sono ancora attestate a un livello inferiore di solo l’8% rispetto ai massimi del 2008.

Le preoccupazioni delle organizzazioni internazionali lasciano presagire l’avvio di una nuova tensione sui mercati mondiali delle commodity agricole che trova fondati riscontri nell’analisi dei dati.

In base alle informazioni della Banca Mondiale, dopo la crisi del 2008 i prezzi dei prodotti alimentari e dei principali cereali hanno registrato una brusca riduzione ma per tutto il 2009 si sono mantenuti su livelli quasi doppi a quelli della prima metà degli anni 2000.

L’Unione Europea ha reagito in maniera migliore nel periodo post-crisi con le quotazioni del frumento che nel 2009 sono tornate su livelli paragonabili a quelli precedenti, grazie alla propria produzione interna e alla (sempre più debole) protezione delle frontiere. L’Italia si è mossa in linea con gli altri partner ma nel 2009-2010 ha visto progressivamente aumentare la forbice di prezzo tra prodotto nazionale e prodotto importato.

Nello stesso periodo, il prezzo di mercato ha confermato il ruolo di driver dei raccolti con le produzioni mondiali che nella campagna immediatamente successiva alla crisi (2008/2009) hanno registrato un sensibile aumento, in gran parte grazie al contributo dei Paesi grandi produttori.

A partire dalla metà del 2010, tuttavia, le quotazioni sono tornate ad aumentare rapidamente con le quotazioni mondiali di frumento e riso che alla fine dell’anno hanno mostrato variazioni rispettivamente del 45% e del 22% nei confronti dello stesso periodo del 2009.

La recente crescita dei prezzi mostra qualche analogia con la precedente crisi, soprattutto se analizzata in relazione all’andamento dei prodotti energetici, che erano stati indicati tra le principali cause dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari nei mercati finanziari.

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Durante il 2009, infatti, i due settori sembravano avere riacquisito la propria indipendenza, registrando un’evoluzione dei mercati profondamente differente. Il 2010 segna invece, un ritorno ad uno scenario di metà del 2007 quando cereali e prodotti energetici hanno mostrato un tasso di crescita sostanzialmente simile con i derivati agricoli (fertilizzanti) in crescita nettamente superiore nei confronti della propria materia prima.

Un’ulteriore analogia con il 2007/2008 risiede nell’andamento dei fondamentali del comparto produttivo. Sulla scia del maltempo e delle riduzioni di produzione in alcuni Paesi produttori, la campagna di commercializzazione 2010/2011 è segnata da una contrazione dei raccolti mondiali di frumento con il livello dei consumi che si attesta ad un livello superiore delle disponibilità annuali. Tale scenario condurrà prevedibilmente ad una riduzione degli stock mondiali di frumento che, dopo i minimi storici del 2007/08, erano tornati ad attestarsi, dopo due campagne di commercializzazione, sui medesimi livelli dei primi anni 2000. A questo si aggiungono le incognite legate alle politiche di gestione degli stock da parte di alcuni Paesi grandi produttori (ad es. Cina).

Come annunciato dalla FAO, gli effetti sui mercati di tale quadro produttivo, tuttavia, potrebbero essere sensibilmente amplificati dalle restrizioni all’esportazione di alcuni Paesi grandi produttori (Russia, Ucraina, Argentina e Cina) che attualmente non hanno ancora manifestato le proprie intenzioni in materia di salvaguardia della propria domanda interna. A questo si aggiungono le recenti difficoltà del Nord Africa che potrebbero sensibilmente modificare l’offerta e la domanda di gran parte dell’area del Mediterraneo.

Una strutturale vulnerabilità del mercato dei prodotti alimentari? Il recente passato dimostra che il mercato dei prodotti alimentari sta divenendo sempre più

vulnerabile e suscettibile di episodi di estrema volatilità dei prezzi. Storicamente tali episodi nel mercato delle commodity agricole sono stati rari. Negli ultimi 30 anni sono state registrate altri bruschi aumenti dei prezzi (1980, 1983, 1988, 1996) di minore entità e durata e con forti connotazioni congiunturali (sensibile riduzione dell’offerta, aumento esteso a quasi tutte le colture e rapido rientro delle quotazioni sui livelli precedenti).

La modifica di tre componenti sembra incidere sulla vulnerabilità del mercato delle prodotti alimentari:

1. Globalizzazione dei mercati:

Le commodity agricole sono state storicamente uno dei primi comparti a competere sui mercati mondiali. Le crisi alimentari, tuttavia, non sono più limitate ad aree circoscritte ma gli effetti vengono percepiti in tutto il mondo e colpiscono le economie più fragili e le fasce più deboli di popolazione sia nei Paesi in via di sviluppo sia in quelli industrializzati. Le iniziative unilaterali e non concertate di un protagonista della produzione e del commercio agricolo mondiale o di un’area regionale a tutela della propria popolazione e del sistema economico interno possono velocemente amplificare la portata e gli effetti della crisi, senza per questo incidere sulle sue determinanti.

2. Integrazione tra mercati:

Fino al recente passato la fluttuazione dei prezzi agricoli è stata sostanzialmente espressione dei fondamentali del comparto produttivo e commerciale: variazioni dell’offerta legate alle superfici investite o all’andamento climatico, sviluppo del commercio internazionale, evoluzione degli stock commerciali, evoluzione dei consumi, domanda di prodotto da parte di altri settori (industriale e produzione di energia), andamento dei tassi di cambio.

Anche se i fattori macroeconomici in combinazione con le variazioni della domanda e dell’offerta possono causare una forte pressione sui prezzi, questi da soli non possono spiegare

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l’aumento della volatilità delle commodity agricole. La recente crisi economica mondiale ha spinto il settore finanziario ad aumentare gli investimenti nei derivati delle commodity agricole allo scopo di diversificare il proprio portafoglio. Questa “finanziarizzazione” delle commodity può avere attratto fenomeni speculativi, tipici di altri beni non agricoli (petrolio). Tale fenomeno, in linea generale non è unanimemente visto come fonte di turbolenza dei prezzi ma può avere amplificato la volatilità nel breve periodo. Un tale scenario, tuttavia, lascia presuppore una crescente influenza da parte di fattori (e mercati) esogeni a quello primario, facendo intravedere un progressivo scollamento tra meccanismo di formazione di prezzo e sistema produttivo.

3. Efficacia e coerenza delle politiche:

Nei passati episodi di volatilità dei prezzi, gli interventi di politica sono risultati spesso inefficaci e, talora, addirittura controproducenti. La molteplicità degli effetti delle crisi alimentari e degli aspetti economici che interessano (ad es.: accesso al cibo, sviluppo dei Paesi a basso reddito, protezione del mercato interno, tutela delle fasce deboli di popolazione, tutela del reddito dei produttori agricoli, sviluppo del mercato internazionale, contenimento dell’inflazione, etc.) non richiede misure isolate ma una migliore coerenza e coordinamento tra le politiche a livello internazionale.

Il dibattito politico si è avviato tempestivamente ma non sembra ancora trovato una direzione univoca. La crisi dei prezzi ha portato all’attenzione mondiale l’urgenza dei temi legati alla sicurezza alimentare e il G8 in Giappone del 2008 ha sostenuto la necessità di una azione comune richiedendo fattive proposte per combattere la volatilità dei prezzi e le emergenze alimentari. Sotto la presidenza italiana, la prima riunione dei ministri dell’agricoltura del G8, estesa a gran parte dei componenti del G20, si è mossa in questo senso, ponendo le basi per un coordinamento globale del settore primario. Il G8 di L’aquila e il successivo del 2010 in Canada hanno posto un maggiore accento sugli aspetti legati alle politiche di sviluppo e alla promozione di una agricoltura sostenibile nei Paesi a basso reddito. A novembre 2010, tuttavia, il perdurare dell’elevato livello delle quotazioni e il timore di una nuova crisi dei prezzi hanno spinto il G20 di Seoul a richiamare di nuovo l’attenzione sulla volatilità delle commodity agricole, tornando a chiedere per il successivo summit proposte e soluzioni per gestirne e ridurne i rischi connessi.

Quali strumenti? Le conseguenze degli shock dei prezzi in un’economia globalizzata sono molteplici. I più

evidenti sono quelli che riguardano i Paesi a basso reddito, importatori netti di prodotti alimentari e le relative conseguenze sul livello sia della nutrizione della popolazione che del debito estero. Dati gli alti livelli di esposizione al mercato estero, vengono direttamente colpiti il potere di acquisto, l’incidenza della povertà e la spesa pubblica con forti ripercussioni sullo sviluppo economico.

Gli elevati livelli di prezzo possono essere considerati un’opportunità per i produttori di commodity, sia nei Paesi in via di sviluppo che in quelli sviluppati, ma tale vantaggio si riduce in maniera sensibile se accompagnato, come nel recente passato, da un eccesso di volatilità dei ricavi (incertezza) e dal contemporaneo aumento del costo dei principali mezzi di produzione (derivati energetici). Contemporaneamente, le popolazioni rurali che devono acquistare gran parte dei prodotti alimentari all’esterno rischiano di non riuscire a mantenere il precedente livello dei consumi.

Durante la recente crisi dei prezzi, molti paesi hanno modificato le proprie politiche ed introdotto nuovi strumenti per contrastare gli effetti negativi della volatilità delle quotazioni. La questione, tuttavia, pone una serie di sfide legate all’interrelazione tra le diverse politiche sia a livello nazionale che di coordinamento (e compatibilità) in ambito internazionale.

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Fatti salvi gli interventi di emergenza nel breve periodo (distribuzione di cibo, aiuti alimentari) la priorità delle politiche adottate rimane focalizzata sulla disponibilità e sull’accesso ai prodotti alimentari. Il perdurare dell’attuale quadro economico, tuttavia, conferma la necessità di un set di misure di medio-lungo periodo che siano in grado di contrastare la progressiva vulnerabilità del mercato dei prodotti alimentari.

Le politiche d’intervento possono essere raggruppate secondo tre grandi obiettivi generali: 1-consumo; 2-commercio; 3-produzione. In maniera alternativa un’ulteriore classificazione può essere effettuata in funzione del livello di intervento:

1. Interventi a livello di mercato Il meccanismo di formazione dei prezzi agricoli è strettamente connesso all’efficienza e della trasparenza dei mercati nazionali e mondiali e, allo stesso modo, le politiche doganali e commerciali incidono direttamente sul livello dell’offerta e della domanda. In questo ambito appare determinante il ruolo del coordinamento globale tramite le organizzazioni e le agenzie internazionali che operano nel settore agricolo (FAO, IFAD,WFP), finanziario, dello sviluppo e del commercio (WTO).

Tra le principali linee di intervento è possibile menzionare:

• Monitoraggio e controllo dell’andamento dei mercati: riguarda il potenziamento dei sistemi di monitoraggio dei prezzi agricoli per individuare tempestivamente l’approssimarsi di una crisi dei prezzi dei beni alimentari e la messa in rete delle informazioni per ridurre le asimmetrie informative. Allo stesso modo, come richiesto anche da altri settori, occorre prevedere un sistema di controllo dei mercati finanziari con l’obiettivo di individuare eventuali anomalie nei corsi finanziari e i possibili comportamenti speculativi.

• Limitazione delle misure distorsive all’importazione e all’esportazione: il recente passato ha mostrato la stretta correlazione tra crisi dei prezzi e misure temporanee unilaterali di politica doganale. Nel quadro più ampio di una progressiva riduzione dei prelievi e dei dazi su importazioni ed esportazioni, tali azioni dovrebbero essere quanto più limitate e/o concertate a livello internazionale per evitarne gli effetti più distorsivi.

• Politiche di gestione del mercato: includono le misure dei governi per controllare il livello dell’offerta e dei prezzi come, ad esempio, acquisti pubblici, restrizione degli stock commerciali privati, vendite statali. Nel passato tali azioni, tipicamente di breve periodo, si sono rivelate poco efficaci, non durature, dannose nei confronti dei produttori e ad elevati costi di gestione. Al contrario, da molte parti, la concentrazione del potere di mercato nelle mani dei governi è vista come fonte di instabilità con particolare riferimento ai Paesi in via di sviluppo. E’ tuttora in corso il dibattito sulla creazione di riserve mondiali di commodity da utilizzare in caso di tensioni di mercato ma, da più parti, vengono espresse perplessità sulle modalità e sui costi di gestione.

2. Interventi a livello micro Il comparto produttivo e rurale rimane uno dei principali target di politica anche nel perseguimento dell’obiettivo della stabilizzazione dei mercati. Il centro di tale azione è la famiglia contadina, i sistemi rurali e lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile ed ecocompatibile. Le misure sono molteplici comprendono l’incremento dell’efficienza aziendale e delle filiere produttive, lo sviluppo di modelli di consumo sostenibile e la

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diversificazione dei sistemi rurali. In questo ambito le misure possono avere tre tipi di approcci: finanziario (aiuti monetari, micro credito, programmi di sviluppo), produttivo (aumento raccolti, miglioramento struttura aziendale ed efficienza produttiva), e alimentare (disponibilità e accesso al cibo, efficienza dei mercati locali, contenimento dei prezzi al consumo e dei costi di produzione)

Tra le diverse azioni, di seguito vengono menzionate quelle che sembrano avere maggiore relazione con la volatilità dei prezzi:

• Incremento della produzione agricola: tale azione mira a contenere la fluttuazione dei livelli di produzione annuale che sempre più spesso non riescono a soddisfare il tasso di crescita dei consumi. Le azioni prevedono, oltre ai tradizionali strumenti di sostegno all’agricoltura, anche la lotta agli sprechi lungo la filiera produttiva, lo sfruttamento delle opportunità delle nuove tecnologie, l’utilizzo più razionale ed eco-compatibile dei fattori di produzione. Nei Paesi in via di sviluppo la crescita delle produzioni è legata al grado di autosufficienza alimentare e all’indipendenza dai mercati esteri mentre in quello sviluppati garantisce l’adeguato livello dell’offerta all’esportazione e la conseguente stabilità del commercio internazionale. In ambedue i casi, tali programmi devono necessariamente essere integrati con coerenti misure per lo sviluppo delle popolazioni e delle aree rurali al fine di non creare distorsioni all’interno dei rispettivi sistemi agricoli.

• Sostegno a investimenti aziendali e a programmi di sviluppo in partnership pubblico-privato: devono essere sostenute le nuove modalità di intervento che creano sinergie tra la attività pubbliche di cooperazione e quelle sempre più importanti dei soggetti privati. In questo ambito occorre promuovere nuove forme di partenariato pubblico-privato mirate alla creazione di nuove attività produttive in campo agricolo, destinate alla domanda interna di prodotti alimentari. Attraverso il coordinamento internazionale e le agenzie multilaterali, occorre individuare i paesi più vulnerabili in termini di sicurezza alimentare e disegnare un quadro coordinato di interventi a cui possano partecipare sinergicamente i soggetti privati.

• Rafforzare i sistemi agricoli locali: questi svolgono un ruolo cruciale nel mantenimento di fragili equilibri economici, sociali ed ambientali nello sviluppo delle economie rurali. L’agricoltura assume il ruolo di motore di sviluppo locale e, in un rapporto causa-effetto, lo sviluppo del comparto primario non può prescindere dalla vitalità economica dell’ambiente rurale. In questo modo occorre sviluppare e rafforzare i mercati locali su cui convogliare la produzione interna, stimolare la differenziazione delle produzioni e delle attività locali in modo da accompagnare il cambiamento della domanda della popolazione rurale, potenziare l’intera filiera produttiva e stimolare modelli di consumo più sostenibili ed ecocompatibili. Nelle economie più sviluppate, la creazione di aree rurali vitali in termini economici può svolgere il ruolo di motore di crescita economica e sociale, non solo, come produttrice di generi alimentari ma anche come elemento di attrattività territoriale per insediamenti economici di tipo extra-agricolo.

• Sviluppare nuovi strumenti di stabilizzazione del reddito agricolo: nel quadro delle politiche di gestione dei rischi connessi alle incertezze dei livelli produttivi e di mercato, l’Unione Europea ha recentemente avviato la discussione in materia nell’ambito del più generale dibattito sul futuro della Politica Agricola Comune. L’obiettivo consiste, da una parte, nella mitigazione degli effetti dei rischi legati ai livelli produttivi e, dall’altra, nella stabilizzazione del reddito agricolo. Lo strumento indicato dall’UE è quello delle assicurazioni sul reddito che potrebbero prevedere l’estensione dell’attuale sistema di gestione (con i sussidi degli Stati Membri che

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coprono parte del costo dei premi assicurativi per rischi di natura più generale) oppure l’introduzione di una nuova modalità (Income Stabilisation Tool - IST) che vede un intervento diretto dello Stato Membro nel sistema assicurativo e riassicurativo.

La volatilità dei prezzi agricoli e le problematiche legate alla sicurezza alimentare sono una questione globale e intersettoriale i cui effetti, in misura e modalità diverse, impattano contemporaneamente sui sistemi economici dei Paesi in via di sviluppo e sulle economie più avanzate. Una problematica dalla connotazione così multidimensionale necessita di politiche mirate e integrate che difficilmente, come dimostra il recente passato, possono essere affrontate e risolte efficacemente da parte di singoli governi. Allo stesso modo, i meccanismi di autoregolazione del libero mercato non sembrano attualmente essere sufficienti a risolvere i problemi umanitari, sociali ed economici connessi all’aumento incontrollato delle materie prime alimentari.

Disponibilità e accesso al cibo trovano due determinanti comuni sia nei Paesi in via di sviluppo che in quelli industrializzati e riguardano la centralità della produzione agricola e del reddito del produttore. Le politiche mirate al sostegno della produzione agricola garantiscono l’ampliamento e la stabilizzazione dell’offerta con effetti positivi sulla volatilità dei prezzi di mercato. Tale obiettivo, tuttavia, non è perseguibile senza valutare la corretta remunerazione del lavoro degli agricoltori che contribuisce in maniera sostanziale all’incremento produttivo (anche nei paesi grandi produttori) ed evita l’abbandono dell’attività e dei terreni agricoli da parte della popolazione rurale sia nelle economie più deboli che in quelle più avanzate. Politiche di sviluppo, settoriali, commerciali e di filiera possono trovare applicazione, se pur con gli opportuni adattamenti, nei diversi sistemi economici. Nel caso italiano, ad esempio, la remuneratività del settore dei cereali soffre da tempo di una ineguale distribuzione del valore aggiunto lungo la filiera che vede per gli agricoltori, nell’ultimo quinquennio, il frumento duro attestarsi mediamente al 30% del prezzo al consumo della pasta e il tenero al 10% del prezzo finale del pane.

La concertazione a livello internazionale e la coerenza delle politiche sembrano essere gli strumenti più efficaci per incidere sulle determinati delle crisi. E’ necessario pertanto sostenere il dibattito internazionale avviato nel 2008 dal G8 in Giappone allo scopo di trovare concrete soluzioni per gestire e ridurre il rischio della volatilità dei prezzi agricoli senza distorsioni del comportamento del mercato, così come espressamente richiesto dal G20 di Seoul.

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P rez z i  internaz iona li dei prodotti ag ricoli (€/t) Indice  dei prez z i mondia li (va l. correnti 2000=100)

Fonte : World  Bank Fonte : World  Bank

B ianc io  del frumento  e  evoluz ione  dei prez z i Evoluz ione  dei prez z i sul mercato   ita liano

Fonte : Usda, World  Bank Fonte : Ismea

C atena  del va lore  sul prez zo  a l consumo  della  pasta C atena  del va lore  sul prez zo  a l consumo  del pane

Fonte : Ismea Fonte : Ismea

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Box 1 - Il dibattito internazionale 11/2008 Il vertice del G8 in Giappone approva una dichiarazione finale sulla Sicurezza Alimentare Mondiale. I Capi di

Stato, prendendo atto del grave problema della crescita dei prezzi delle commodity, hanno chiesto ai Ministri dell'Agricoltura di sviluppare proposte per la sicurezza alimentare mondiale. L'obiettivo posto in Giappone è individuare la strategia per fronteggiare la volatilità dei prezzi e limitare l'impatto di future emergenze alimentari mondiali. Le azioni che da intraprendere dai vari governi, in collaborazione con gli organismi delle Nazioni Unite, Banca Mondiale e Fao, dovrebbero riportare la produzione agricola fuori del campo della speculazione finanziaria.

9/2009 Il G20 di Londra non tratta in maniera diretta il tema della sicurezza alimentare ma si limita ad un generico impegno di maggiori investimenti per i programmi di lungo termine nel quadro delle attività della Banca Mondiale.

4/2009 Sotto la presidenza italiana, si è svolta la prima riunione dei ministri dell’agricoltura del G8 il cui documento finale ha evidenziato, tra l’altro, la necessità di riportare l’agricoltura e la crescita delle produzioni alimentari al centro dell’agenda politica e di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per potenziare l’efficienza dei mercati e ridurre gli effetti negativi delle crisi finanziarie e della speculazione. Tali azioni richiedono una strategia coordinata a livello internazionale, finalizzata a migliorare l’efficienza delle filiere agroalimentari e basata sul costante monitoraggio e analisi dei fattori che, potenzialmente, possono determinare la volatilità dei prezzi delle materie prime agricole.

7/2009 il G8 a L’Aquila ha approvato la “Dichiarazione congiunta sulla Sicurezza Alimentare” nella quale i capi di Stato manifestano la loro preoccupazione per “…la sicurezza alimentare globale, per l’impatto della crisi economica e finanziaria e del brusco rialzo dei prezzi dei prodotti alimentari dello scorso anno sui paesi che sono meno in grado di reagire all’aumento della fame e della povertà”... Tra le, soluzioni proposte: l’aumento della produttività agricola, gli incentivi per gli interventi nelle fasi pre-raccolta e post- raccolta, enfasi sulla crescita del settore privato, sui piccoli agricoltori, sulle donne e sulle famiglie, la conservazione delle risorse naturali, l’aumento dei posti di lavoro e di opportunità di lavoro decorose, le conoscenze e la formazione, aumento dei flussi commerciali e il sostegno alla buona governance e alla riforma delle politiche. I mercati devono restare aperti, il protezionismo deve essere respinto e occorre monitorare ed analizzare ulteriormente i fattori che influiscono potenzialmente sulla volatilità dei prezzi dei beni di consumo, compresa la speculazione. Pertanto, ci impegniamo a ridurre le distorsioni del commercio e ad astenerci dall’erigere nuove barriere al commercio e agli investimenti e dall’attuare misure per stimolare le esportazioni che non sono coerenti con quelle autorizzate dall’Organizzazione Mondiale del Commercio. Su iniziativa deglii Stati Uniti, viene istituito, all’interno della Worl Bank un nuovo fondo trust di 20 MLD $ per supportare la Food Security Initative per i Paesi a basso reddito.

9/2009 il G20 di Pittsburgh sostiene le iniziative del G8 de L’Aquila dirette ad aumentare gli sforzi in materia di sicurezza alimentare all’interno della Global Partnership for Agriculture and Food Security per il controllo dell’eccessiva volatilità dei prezzi. I capi di Stato indicano come principali agenti la Banca Mondiale e le organizzazioni internazionali (FAO, IFAD, WFP, etc) per sviluppare investimenti di lungo termine pubblici e privati. Tra le azioni per la crescita e lo sviluppo, una particolare attenzione viene posta all’aumento della produttività agricola, all’accesso alla tecnologia e alle produzioni alimentari.

11/2009 il Vertice mondiale sulla sicurezza alimentare a Roma, sottolinea l’importanza di una governance globale e di una azione comune per eradicare la fame nel mondo. Una particolare attenzione viene data al monitoraggio dei prezzi, al buon funzionamento dei mercati e alla crescita della produzione agricola e del commercio internazionale.

5/2010 il G8 in Canada conferma che la sicurezza alimentare rimane una sfida di sviluppo globale. Sulla base dell’iniziativa di L’Aquila i capi di stato si impegnano ad usare un approccio comprensivo, investire in programmi a livello territoriale, rafforzare il coordinamento strategico, sostenere i benefici delle istituzioni multilaterali e promuovere azioni sostenibili e responsabili. Viene dato avvio all‘Aquila Food Securuty Initiative (AFSI) smobilizzando 22 Mld$ in tre anni diretti allo sviluppo di una agricoltura sostenibile. .

5/2010 il G20 di Toronto conferma le iniziative dei precedenti incontri e rinnova la necessità di portare avanti le iniziative di L’Aquila, ponendo, tuttavia, una particolare attenzione al ruolo del finanziamento privato nel quadro dei programmi della World Bank.

11/2010 il G20 di Seoul torna a sottolineare l’importanza della volatilità dei prezzi agricoli in connessione alle politiche di sviluppo e di commercio internazionale. Le politiche relative alla sicurezza alimentare devono essere potenziate e sviluppate a livello globale con particolare attenzione all’aumento della produttività agricola e delle disponibilità alimentari e invita le organizzazioni internazionali a proporre durante il summit francese del 2011 le soluzioni per gestire e ridurre il rischio della volatilità dei prezzi agricoli senza distorsioni del comportamento del mercato.

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Produzione agricola ed energie rinnovabili

A partire dai primi anni 2000, la strutturale crescita della domanda agricola mondiale è stata

caratterizzata da una progressiva differenziazione e segmentazione che, in modi e misure diverse ha inciso sull’evoluzione delle quotazioni mondiali.

Alla pressione demografica si sono progressivamente aggiunti altre determinanti tra cui il crescente utilizzo dei prodotti agricoli per la produzione dei energia. Tal domanda addizionale si è concentrata in particolare nel mais, per la produzione di etanolo e nel colza per la produzione di biodiesel. In base alle stime della FAO, l’aumento dei raccolti mondiali del 2007 di 40 milioni di tonnellate è stato diretto per la quasi totalità (30 milioni di tonnellate) alla produzione di etanolo.

Il fenomeno, se pur considerato un possibile fattore di sviluppo delle economie più deboli, allo stato attuale interessa quasi esclusivamente i Paesi industrializzati. Gran parte di questa domanda è concentrata negli Stati Uniti dove circa il 30% dei consumi interni interessano la produzione di etanolo. In Europa il settore più rilevante è il biodiesel che assorbe il 60% della produzione comunitaria di colza, pari la 25% della produzione mondiale.

La questione più rilevante, tuttavia, non è quanta parte della produzione viene utilizzata per la produzione di biocombustibili ma quanta parte della superfice viene sottratta alle produzioni per l’alimentazione umana e zootecnica.

In sintesi, le principali determinanti che agiscono su questo settore possono essere riassunte:

• Sostegno alla produzione: con l’unica eccezione dell’etanolo da canna da zucchero in Brasile, la produzione di biocarburanti non è economicamente conveniente senza sussidi o altre forme di sostegno. Le politiche ambientali volte alla riduzione dei combustibili fossili hanno evidenziato più volte, nel recente passato, un effetto distorsivo sul comparto primario.

• Evoluzione dei prezzi di mercato delle colture: il mais e la soia (e in parte minore il frumento) sono colture sostituibili che, di fatto, occupano le stesse superfici. L’aumento del differenziale di prezzo tre le singole colture o dei prodotti derivati, incide di anno in anno sulla ripartizione dell’aree coltivate, provocando deficit/surplus congiunturali tra domanda e offerta di prodotti diretti all’alimentazione o alla produzione di carburanti.

• Evoluzione del prezzo del petrolio: la crescita del prezzo del greggio rende più conveniente la produzione di biocombustibili, esercitando una maggiore domanda e una relativa pressione dei prezzi. In questo modo, il mercato energetico e quello agricolo trovano una nuova connessione che, da molte parti, viene considerata il nuovo driver dell’andamento dei prezzi agricoli mondiali, creando una frattura con il passato sistema di formazione dei prezzi nel settore primario.

In Europa le energie rinnovabili rappresentano un comparto molto frammentato e differenziato. In base agli ultimi dati disponibili, nel 2008 la quota di energie rinnovabili della UE a 27 sui consumi lordi totali è pari al 10% con l’Italia al 6,8%, valore tra i più bassi tra i partner europei. La ripartizione italiana vede ai primi posti l’energia geotermica (37%), a fronte del 3% di quella eolica e dell’1% di quella fotovoltaica.

D’altra parte l’Italia è il quarto produttore di biodiesel con Germania, Francia e Spagna che rappresentano da sole il 60% della produzione comunitaria. I dati a disposizione non consentono di sapere quanta parte della produzione italiana di semi oleosi (e del colza in particolare) viene utilizzata per tale attività ma il modesto livello dei raccolti italiani lascia presupporre un massiccio ricorso al prodotto comunitario/estero. In tale modo, il comparto produttivo del biodiesel sarebbe ascrivibile più al settore industriale che a quello della trasformazione agricola.

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In merito al comparto energetico italiano e al contributo del settore agricolo, un’ultima notazione va rivolta alle biomasse e al fotovoltaico. Nel primo caso, la produzione di energia tra il 2004 e il 2009 appare in lento ma costante aumento e anche se la produzione di biogas da deiezioni animali e da attività agricole e forestali mostra elevati tassi di crescita, al 2009 rappresentano complessivamente solo il 3% della produzione di energia totale.

Nel caso del fotovoltaico, la ripartizione della potenza per tipologia di sito mostra un’incidenza dei terreni agricoli e forestali pari al 9%.

Tale quadro, pur evidenziando una tendenza alla crescita, sottolinea un modesto contributo del comparto agricolo alla produzione di energia. Tale andamento si scontra con l’andamento delle superfici coltivate in Italia. L’Istat per l’annata agraria 2010-2011 rileva una contrazione dell’area investita a frumento (-13,5% e -5%, rispettivamente per il frumento tenero e duro) solo in parte compensata dalla crescita degli altri cereali. Per i semi oleosi, i modesti aumenti (in termini assoluti) di soia e girasole si contrappongono all’ulteriore consistente riduzione del colza (-20%), coltura privilegiata nella produzione del biodiesel.

Il dato più rilevante, tuttavia, è il significativo aumento delle superfici messe a riposo (+19,1%) e dei terreni per i quali, a campagna inoltrata, gli agricoltori non hanno deciso la coltivazione, mostrando, più in generale, la crisi di redditività del comparto dei seminativi e, più in particolare, la scarsa attrattività delle colture dirette alla produzione di energia.

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