L’India A cura di Martina Brunetti,Isabella Varrà, Susanna Rossi e Serena Superbo.
CREDIT SUISSE Bulletin · vista bancaria svizzera più antica, ma anche la migliore. Hans J....
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C R E D I T S U I S S E
Bulletin
Sfera privataIl diffi cile equilibrio tra sicurezza e libertà
Dal
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Bulletin 2 / 2017 — 1
— Editoriale —
Michael Wolf è l’autore della copertina. Il pluripre-
miato fotografo tedesco, due volte vincitore del
World Press Photo Award, è cresciuto tra Stati Uniti
e Canada, mentre oggi vive a Hong Kong. Wolf
ha pubblicato 13 libri fotografici.
Perché abbiamo bisogno della sfera privata? Fino dall’Illuminismo
sappiamo che la risposta è: per proteggere la nostra libertà. Ma
se ci fosse qualcos’altro che garantisse la libertà? In questo caso,
la sfera privata sarebbe superfl ua.
La ricercatrice americana esperta in legge Julie E. Cohen, autrice
di questa teoria, sostiene che la sfera privata non deve garantire nulla,
ma ha per oggetto noi stessi. Senza la protezione della sfera privata
non ci potremmo evolvere, perderemmo la capacità di autorifl essione e
infi ne la nostra identità. Noi e la tutela della nostra sfera privata siamo
inseparabili.
Attualmente la Cohen e molti altri studiosi si occupano di tutela
della sfera privata. Anche l’ex Incaricato federale della protezione dei
dati Hanspeter Th ür rifl ette preoccupato sull’argomento: «Nell’era digi-
tale nessun dato è innocuo. È un aspetto a cui prestiamo troppa poca
attenzione» (pagina 38). Ma non è così semplice, e lo sa bene anche Th ür.
La gente condivide piuttosto volentieri i propri dati perché in
cambio riceve qualcosa: chi partecipa a un programma di fedel-
tà, grazie ai punti raccolti riceve un premio; chi utilizza
un moderno servizio di messaggistica comunica più facilmente con i
suoi amici; chi ha usufruito una volta dei vantaggi delle soluzioni cloud
diffi cilmente vi rinuncerà.
Questa moderna questione di equilibrio tra sfera pubblica e priva-
ta è l’argomento del saggio iniziale (pagina 6) e diventa evidente nella
sorprendente analisi sistematica sull’Internet delle cose (pagina 32).
Un altro contributo a questo tema lo dà Iris Bohnet, docente
svizzera ad Harvard nonché membro del Consiglio di am-
ministrazione di Credit Suisse, che aff erma: «La fi ducia è la
chiave della sfera privata» (pagina 20). E il responsabile di analisi im-
mobiliare di Credit Suisse Fredy Hasenmaile spiega perché possedere
un’abitazione propria è un’esigenza primordiale, e perché i proprietari
sono i cittadini più felici (pagina 62).
Ancora una buona notizia: nell’esteso reportage sui giovani gli
esperti mostrano, sostenuti dalle aff ermazioni degli studenti, che i
ragazzi sanno bene come proteggersi nel mondo digitale.
Sono gli adulti che hanno molto da imparare.
Vi auguriamo buona lettura!
La redazione
Si tratta di noi
1 – Wolf Lotter
Il giornalista e autore dalle origini austriache
si occupa da anni delle interconnessioni tra
questioni economiche, politiche e sociali. Nel
suo saggio si interroga su quanto dobbiamo
mantenere privato e quanto invece vogliamo
rendere pubblico oggi. Pagina 6
2 – Helene Laube
La giornalista vive dal 2000 a San Francisco,
dove è stata corrispondente dalla Silicon Val-
ley per «Financial Times Deutschland», oltre
ad esserne uno dei soci fondatori. In questo
numero parla di uno dei mercati dalla crescita
più rapida del settore informatico: la sicurezza
online. Pagina 26
3 – Iris Kuhn-Spogat
Questa giornalista economica cinquantaduen-
ne di grande esperienza lavora per diverse rivi-
ste quali «Bilanz», «Handelszeitung» e «Women
in Business». Madre di due adolescenti e
donna che, per sua stessa ammissione, è co-
stantemente online dal 1997, è l’autrice ideale
per il testo sul rapporto in apparenza disin-
volto che i giovani hanno con la sfera privata
online. Pagina 48
4 – Christian Heinrich
Medico e giornalista per la «Zeit», rara-
mente ha dimostrato tanto interesse come
per Sophia Genetics di Saint-Sulpice, la
start-up che unisce intelligenza artifi ciale,
big data e medicina personalizzata e viene
considerata come il prossimo «unicorno»
della Svizzera, ossia una società con valore di
mercato superiore al miliardo. Pagina 66
Hanno collaborato a questo numero:
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Foto: Sarah-Esther Paulus; Mika Jakubal; per gentile concessione (2) Cover: Michael Wolf / laif
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Vi capiamo sia con le parole che senza.
Vogliamo comprendere le esigenze di tutti i nostri clienti. Per questo abbattiamo le barriere, ad esempio con apparecchi acustici, estratti bancari in braille o interpreti dei segni. Così possiamo offrire il miglior servizio possibile anche a persone con limitazione dell’udita, della vista e della mobilità. In questo siamo un passo avanti già da 10 anni.
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Copyright © 2017 Credit Suisse Group AG e/o società collegate. Tutti i diritti riservati.
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Bulletin 2 / 2017 — 3
— Sfera privata —
Foto: Th omas Meyer / Ostkreuz; Cyrill Matter; Manfred Mehner / Okapia; illustrazione: Matt Blease
32 Il nuovo sistema nervoso
L’Internet delle cose e il
dilemma tra comodità e sfera
privata.
38 «La sfera privata non
è negoziabile»
L’ex Incaricato svizzero
della protezione dei dati,
Hanspeter Th ür, parla chiaro.
42 Cacciatori in crisi
Perché il modello di
business dei paparazzi
di Hollywood vacilla.
45 (Non) si deve sapere
Fatti e cifre sorprendenti
(e un quiz) sul mondo online.
4 Lettere alla redazione/
Sigla editoriale
6 Una questione di equilibrio
Il diffi cile equilibrio tra
sicurezza, comodità e libertà.
10 Più o meno privato
Un viaggio fotografi co intorno
al mondo e all’interno della
sfera privata di persone prove-
nienti da luoghi diversi.
20 «La fi ducia è la chiave della
sfera privata»
La professoressa di Harvard
Iris Bohnet sulla fi ducia e il
pericolo di affi darsi all’intuito.
26 Un aff are sicuro?
I danni causati dai crimini
informatici costano miliardi.
30 L’impresa, un aff are di famiglia
La colonna portante, molto
privata, dell’economia svizzera.
48 Sanno quello che fanno
Per i giovani la sfera privata
su Internet è un problema?
No, ma per gli adulti sì.
58 Cupi presagi
La paura di un controllo totale
ha ispirato dei classici
della letteratura mondiale.
62 L’abitazione di proprietà
è un miraggio?
L’esperto immobiliare Hasenmaile
sui canoni locativi in calo,
le relazioni in case separate e la
digitalizzazione dell’edilizia.
66 Nell’essenza dell’uomo
Dalle rive del Lago Lemano una
start-up rivoluziona la medicina.
68 Si prega di non disturbare
Ogni animale vive il bisogno di
appartarsi in modo diverso.
72 Detto tra noi
L’illustratrice Sarah Mazzetti
sulla diffi coltà di mantenere la
privacy.
Sommario
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ReazioniBulletin «La nuova Asia», 1/2017
La più antica e la migliore
L’ultimo numero di Bulletin è eccellen-
te sotto ogni aspetto. Ho apprezzato
soprattutto i testi sulla Cina: nell’agosto
1974 ero responsabile della Swiss
Industrial Technology Exhibition a
Pechino. Bulletin non è solo la ri-
vista bancaria svizzera più antica, ma
anche la migliore.
Hans J. Halbheer, Zollikerberg
L’India fa passi da gigante
Su un punto non sono d’accordo con
Parag Khanna: secondo Khanna,
l’India è povera e caotica. A una prima
impressione potrebbe sembrare così,
ma oggi la maggior parte degli indiani
decide autonomamente la propria vita.
Bisogna considerare anche le dimensio-
ni del paese, la profonda fi ducia nella
democrazia – per quanto possa apparire
rudimentale ad occhi estranei –, l’enor-
me varietà demografi ca, con diverse
radici culturali, etniche e religiose, per
non parlare del plurilinguismo. Con una
buona leadership politica l’India farà
passi da gigante, a vantaggio di tutti gli
strati della popolazione.
Phiroze M. Daruwala, Mumbai, India
Grande interesse
Leggo Bulletin da oltre un anno e lo
apprezzo per i suoi articoli informativi e
analitici. Ho letto con grande interesse
l’edizione dedicata all’Asia, in particolare
gli articoli sull’India.
R.D.N. Rao, Hyderabad, India
Sorprendente varietà
Mi sorprende sempre la varietà dei temi
e dei reportage, che trovo molto
interessanti nonostante i miei 90 anni
suonati.
Werner Karth-Weiss, Basilea
Aff ari via telex
Ho letto tutti gli articoli e non posso
che constatare quanto sia cambiato
il mondo degli aff ari asiatico. Se penso
a come avvenivano in passato le ope -
razioni di import con l’Asia e a come si
svolgono oggi, sembra incredibile.
Prima dovevo fare tutto via telex. Il fax
è arrivato solo all’inizio degli anni
Ottanta e il cellulare all’inizio degli
anni Novanta. Anche i viaggi in
Asia erano molto più complessi, i voli
duravano di più e i biglietti aerei
costavano il doppio rispetto a oggi.
Andreas Bähler, Wichtrach
Sigla editoriale: editore: Credit Suisse AG, direzione del progetto: Christoph G. Meier, Mandana Razavi, hanno collaborato: Jessica Cunti, Katrin Schaad,Yanik Schubiger, Simon Staufer, contenuto, redazione: Ammann, Brunner & Krobath AG (www.abk.ch), progetto grafi co, layout, realizzazione: Craff t Kommunikation AG (www.craff t.ch), redazione fotografi ca: Studio Andreas Wellnitz, Berlino, prestampa: n c ag (www.ncag.ch), traduzione: Credit Suisse Language & Translation Services, tipografi a: Stämpfl i AG, tiratura: 110 000
Commissione di redazione: Oliver Adler, Felix Baumgartner, Th omas Beyeler, René P. Buholzer, Béatrice Fischer, André Helfenstein, Anja Hochberg, Th omas Hürlimann, Manuel Rybach, Frank T. Schubert, Robert Wagner, Michael Willimann, Gabriele Zanzi
Service
Saremo lieti di ricevere le lettere dei nostri lettori. La redazione si riserva la facoltà di eseguire una selezione e di redigere le lettere ricevute. Scriveteci:
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C R E D I T S U I S S E
Bulletin
La nuova AsiaUn breve viaggio attraverso la regione più emozionante del mondo
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PERFORMANCE
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Il nostro impegno. Meno disoccupazione giovanile.
credit-suisse.com/disoccupazionegiovanile
Dal 2010 Credit Suisse, con l’iniziativa contro la disoccupazione giovanile, si impegna per le future opportunità delle persone alla ricerca del primo impiego. Oltre 8800 giovani adulti hanno già ricevuto sostegno dalle nostre organizzazioni partner e da noi. Dal 1° aprile 2015 vengono condivise e promosse nel lungo termine dalle organizzazioni partner le offerte dell’associazione giuridicamente indipendente «Check Your Chance».
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Una quest
ione de d
— Sfera privata —
6 — Bulletin 2 / 2017
I bestseller sono sicuramente uno strumento affidabile
per valutare lo spirito del tempo. Da alcuni mesi è
tornato in auge «1984», la cupa visione del futuro di
George Orwell, scomparso nel 1950. La letteratura
internazionale viene spesso citata e acquistata, ma
raramente letta. Che sia così anche in questo caso?
Sarebbe un peccato. Perché da questo grande soste-
nitore della libertà personale e oppositore di tutti i
totalitarismi ci sarebbe molto da imparare. (Per
chi tuttavia volesse prendere una scorciatoia, da
pagina 58 trovate un riassunto di «1984» e di sei
altre opere distopiche).
Quanto è opportuno mantenere
privato? Quanto si deve rendere di
pubblico dominio?
Per rispondere a queste domande
occorre soppesare sicurezza,
comodità e libertà a seconda
della situazione.
Di Wolf Lotter
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e di e
quilibrio
— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 7
In «1984» un uomo di bassa statura, Winston Smith, fi nisce
nell’ingranaggio di una collettività sprezzante del genere uma-
no, che si ritiene però una buona comunità. Nel mondo del
Grande Fratello tutto è sorvegliato e sottoposto a regole. Non
esiste più alcuna sfera privata, neppure all’interno delle proprie
mura domestiche: la televisione infatti funge anche da videoca-
mera di sorveglianza. Praticamente un mondo senza speranza.
È questo l’aspetto che, più della tortura, dell’omicidio e della men-
zogna permanente che si spaccia per verità caratterizza la trama
del romanzo di George Orwell.
Possiamo dunque capire, e come noi coloro che si procurano
«1984», che quando incertezza, terrore, sconvolgimenti e un
nuovo assetto mondiale determinano i titoli dei giornali, il desi-
derio di sicurezza, stabilità e controllo aumenti, a discapito della
sfera privata e di ciò che è proprio. Il prezzo della sicurezza
equivale sempre a una perdita della possibilità di decidere
autonomamente.
Il diritto alla sfera privata
I nostri timori legati alla scomparsa della sfera privata
sono eccessivi? Oppure è la nostra ricerca di sicurezza
che non conosce limiti? Non è forse vero che nessuna
generazione prima di noi ha mai avuto così tante liber-
tà? E a lamentarsi su Facebook della perdita della pro-
pria sfera privata non sono forse quelle persone che,
subito dopo, postano online una foto della loro cena?
Il concetto di privacy è sempre anche un paradosso.
Vive di contraddizioni che si provocano a vicenda.
La sfera privata è una delle più grandi conquiste dell’era moder-
na, nonché un diritto umano fondamentale. Senza di essa i dirit-
ti individuali non sarebbero neppure immaginabili. È la base per
agire in modo autonomo. Sfera privata, libertà e proprietà sono
strettamente collegate e sono l’una indispensabile all’altra. Il
modo di dire «My home is my castle» sostiene, dal XVII secolo,
che la sfera e la proprietà privata vanno rispettate e difese anche
dall’autorità statale.
La sfera privata è il diritto di vivere in casa propria come si
vuole (nel rispetto della legge), piaccia o non piaccia agli altri, allo
Stato, al capo, e a prescindere dal fatto che altri lo reputino «immo-
rale», «socialmente riprovevole» o «politicamente scorretto».
La sfera pubblica al servizio della felicità dell’individuo
La sfera privata è uno spazio di libertà. L’eterna domanda è: qual è
la giusta proporzione, o meglio, dove deve fi nire la nostra libertà
per non intaccare quella «degli altri»? Siamo noi a sceglierla o ci
viene concessa «dall’alto», ad esempio dallo Stato, dal prossimo, da
un dirigente, dai capi religiosi o da altre autorità? È una domanda
ricorrente sin dai tempi antichi. Quasi sempre l’autorità si appella
al «bene comune» quando si tratta di ridimensionare la sfera priva-
ta o limitare i diritti di proprietà (a volte si mette in campo anche
l’argomento della sicurezza, ma di questo parleremo più avanti).
Anche sotto questo aspetto il Medioevo è stata un’epoca
buia, perché l’individuo non contava nulla. La sfera privata era
peccato. Solo più tardi, gradualmente, arrivò la luce. L’Illuminismo
rappresenta il tentativo, che continua tutt’oggi, di defi nire i limiti
di ciò che è privato e di ciò che è pubblico. Quanta libertà è com-
patibile con la società? Qual è il giusto equilibrio tra la mia privacy
e la mia sicurezza?
Nel XVII secolo, l’intellettuale britannico John Locke ha
pensato a un equilibrio tra le due forze contrarie: sfera privata e
sfera pubblica. Uno Stato effi ciente promuove per quanto possibile
l’autodeterminazione del singolo. La limita soltanto quando vita,
felicità e progresso della persona risultano minacciati, ad esempio
in tempi di guerra o situazioni di emergenza. Per il resto, il compi-
to dello Stato è molto semplice: fare tutto il possibile per l’indivi-
duo. La sfera pubblica al servizio dell’individuo.
Questi obiettivi danno luogo a contratti sociali, costituzioni,
garanzie della proprietà, leggi e rivoluzioni ne sono la conseguenza.
Ma nulla di tutto ciò avrebbe senso se non fosse chiaramente
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— Sfera privata —
8 — Bulletin 2 / 2017
on
Una questionstabilito che il rapporto tra sfera privata e sfera pubblica richiede
una sorta di trattativa permanente, con regole chiare, una sicurezza
giuridica, e anche la fi ducia che ogni parte agisca con buone inten-
zioni nei confronti dell’altra.
Non signifi ca che ognuno fa ciò che vuole a proprio piaci-
mento. Si richiede bensì a Stato e società, quindi alla sfera pubbli-
ca, di occuparsi il meno possibile degli aff ari privati del singolo.
La sfera privata non è mai abbastanza ampia.
Un’abitazione più bella al posto di una vita migliore
Ma attenzione. La sfera privata da sola non basta. Anche la sfera
privata del Biedermeier era molto intensa. Durante la prima metà
del XIX secolo, nello Stato di polizia e di sorveglianza del principe
di Metternich, le persone vivevano in casa, perché fuori era troppo
pericoloso. Ognuno poteva arredarla come preferiva: un’abitazione
più bella al posto di una vita migliore. Anche questo ha una sua
importanza, si tratta di un diritto esistenziale. Ma chi si accontenta
diventa un Biedermeier, uno che, secondo le ironiche righe «I pen-
sieri sono liberi» del poeta tedesco Hoff mann von Fallersleben can-
terebbe qualcosa come: «Penso quello che voglio/e faccio quello che
mi rende felice,/ma tutto silenziosamente/e nel modo più consono».
Una vita privata silenziosa, però, è un po’ come una prigione.
Quindi è forse meglio lo slogan del Sessantotto «Il privato è poli-
tico» e quindi anche pubblico? Alla fi ne degli anni Ottanta, la ri-
cercatrice di trend americana Faith Popcorn ha formulato la tesi
del «cocooning», ossia la tendenza dei cittadini a ritirarsi nelle loro
abitazioni, a tessere il proprio bozzolo. Un atteggiamento spesso
criticato dall’infl uente generazione del Sessantotto, che chiedeva
continuamente conto all’individuo; un’idea oggi ripresa dall’estre-
ma sinistra e dall’estrema destra in tutto il mondo.
Alcuni però non hanno capito cosa signifi ca società aperta. È
una società fi era dei confi ni tra sfera privata e pubblica, degli ampi
spazi di libertà che i suoi cittadini si concedono, della sua varietà e
diversità. Nessuno può evolvere serenamente sotto la sorveglianza
del Grande Fratello. E non importa che lo si faccia «in buona fede»
o con l’intento di dominare. La privacy è un diritto fondamentale.
È anche il diritto di essere lasciati in pace.
In nome di questo diritto i luoghi pubblici possono essere
dotati di videocamere per prevenire attentati e ridurre i crimini. La
registrazione dei dati dei passeggeri aerei costituisce la base per i
profi li di movimento che registrano il comportamento di milioni
di viaggiatori incensurati, ma è anche un importante strumento
nella lotta contro il terrorismo. L’adozione di queste misure senza
un valido motivo sarebbe arbitraria, proprio come la loro applica-
zione permanente in assenza pericolo. Ma dove sta il limite?
Diffi cile a dirsi. Se la sfera privata è un valore consolidato, i suoi
confi ni sono labili, variano a seconda della situazione.
È l’individuo a decidere
Vale anche per le nuove tecnologie. I computer e l’automazione in
generale possono sollevare da incarichi monotoni, ma al contempo
il loro grado di controllo e manipolazione è ancora sconosciuto.
Smartphone e tablet sono utili e divertenti e ampliano notevol-
mente i confi ni della mobilità personale. Si sa però che, navigando,
i dati memorizzati possono essere utilizzati a danno dell’utente.
Sicuramente l’eliminazione del denaro contante potrebbe
contribuire a evitare azioni criminali. Ma vogliamo davvero
concedere allo Stato il totale controllo sulle nostre proprietà?
Una libertà che deve fare a meno dell’autonomia materiale –
ossia la proprietà personale – è una farsa. Chi può garantire
il diritto alla proprietà privata, se questa non esiste più?
Una società delle mancette che dipende dall’arbitrio poli-
tico? In ultima analisi, questo rischio è maggiore rispetto
a quello che si cerca di evitare.
Il pilota automatico può prevenire gli incidenti.
D’altro canto, il sistema prende il controllo delle auto
negli agglomerati urbani. Da conducenti si diventa pas-
seggeri. Questo va bene, se lo si desidera. Non va bene
invece se non possiamo più scegliere di disattivare
il pilota automatico. La persona pensa. La persona
guida. Se non lo fa, deve essere una sua decisione.
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— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 9
one di equilibrio
La chiave: senso di responsabilità e spirito critico
Chi vuole tutelare gli spazi di libertà deve individuare opportunità
e rischi e prendere le proprie decisioni. Nessuno le prende per noi.
Non è un compito facile, e non può diventarlo, perché non c’è nes-
suna certezza. La tecnica a volte può essere d’aiuto. Ma in realtà
non può fare altro che sostenerci nella realizzazione delle nostre
decisioni. Se non vogliamo avere meno libertà, dobbiamo convive-
re con questa verità.
La chiave per un buon equilibrio tra sfera privata e sicurezza
è avere senso di responsabilità e spirito critico. Per questo è impor-
tante imparare e insegnare ad avere coscienza di sé e capacità di
decisione. Una società del rischio, costituita da cittadini preoccu-
pati e che lo Stato deve rassicurare con un’assistenza a tutto tondo,
non può evolvere. In questo modo non solo non si costruisce uno
Stato, ma neppure un’azienda.
Il rispetto della sfera privata dei clienti e dei cittadini è uno
dei fondamenti più importanti delle aziende del XXI secolo. Bi-
sogna pensare agli altri, se si vuole fare qualcosa di buono per sé.
Ci vuole capacità di immedesimazione o, come ha formulato
splendidamente la fi losofa Hannah Arendt, «il pensiero
rappresentativo».
Si tratta di una sorta di imperativo morale della nostra epoca, che
ci può aiutare a trovare l’equilibrio tra i propri interessi e quelli
degli altri. Quest’idea presuppone, come sostiene la Arendt in
«Verità e politica», di occupare, senza rinunciare alla propria
identità, un posto nel mondo che non sia il proprio, e da lì for-
marsi una propria opinione.
Il riguardo e la considerazione – quindi il rispetto – manten-
gono l’equilibrio tra sfera privata e sicurezza.
Una società costituita da cittadini preoccupati e che lo Stato deve rassicurare con un’assi -stenza a tutto tondo, non può evolvere.
Wolf Lotter è cofondatore e giornalista della rivista
economica «brand eins». La rivista di settore
«Wirtschaftsjournalist» gli ha conferito di recente
il titolo di Giornalista economico dell’anno
2016 per la categoria «Politica economica e società».
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— Sfera privata —
10 — Bulletin 2 / 2017
Ciò che deve e non deve essere pubblico è anche una
questione culturale. Un viaggio fotografi co intorno
al mondo e all’interno della sfera privata di persone
provenienti da luoghi diversi.
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— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 11
La città perfettaS O N G D O , C O R E A D E L S U DNon lontano dalla capitale Seoul, sorge un quartiere
commerciale che è stato creato a tavolino: entro il
2020 questa città pianifi cata in ogni dettaglio verrà
costruita su un’area sottratta al mare prevedendo uno
spazio destinato alle abitazioni per 70 000 persone e
posti di lavoro per 340 000. La città del futuro è verde:
metà della superfi cie è occupata da parchi. Ed è anche
intelligente: attraverso un’interconnessione costante
e tramite dei sensori, il consumo di energia e risorse
è drasticamente ridotto. E, infi ne, è completamente
sorvegliata: fotocamere, chip e sensori registrano
ogni passo dei cittadini ai fi ni dell’ottimizzazione del
consumo energetico.
Foto: Giulio Di Sturco / Institute
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— Sfera privata —
12 — Bulletin 2 / 2017
Patria a termineM O N G O L I A I Dukha sono allevatori di renne mongoli che conducono una vita da nomadi. Una caratteristica che
non hanno sempre potuto esprimere: dagli anni Ottanta fi no alla fi ne della Repubblica Popolare Mongola
i Dukha sono stati costretti dal regime comunista a trasformarsi in due comunità stanziali.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, si trasferirono nuovamente nelle foreste della taiga, dove oggi
vivono ancora circa 40 famiglie nomadi. L’immagine mostra un insediamento mobile nella taiga
Zuun, a circa 17 chilometri dal confi ne russo.
Soli tra la follaG I A P P O N E
3,1 miliardi di persone si servono ogni anno
della metropolitana di Tokyo, il sistema di
trasporto sotterraneo più utilizzato del mondo.
Ogni giorno, circa 8 milioni di giapponesi si
recano al lavoro su mezzi sovraff ollati. Lo
«Spiegel» l’ha defi nita la «zona accartocciabile
del capitalismo»: in metropolitana i singoli
individui diventano una massa di persone da
trasportare. Per le donne sono previsti vagoni
speciali: l’unico luogo in cui sfuggire all’inevi-
tabile contatto fi sico con i passeggeri uomini,
sempre che ci sia ancora posto.
Foto: Jeroen Toirkens
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— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 13Foto: Michael Wolf / Laif
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— Sfera privata —
14 — Bulletin 2 / 2017
Sola nell’universoS T A Z I O N E S P A Z I A L E I N T E R N A Z I O N A L E I S SL’astronauta italiana Samantha
Cristoforetti lavora per la European
Space Agency (ESA) ed è la pri-
ma italiana a viaggiare nello spazio.
Il suo luogo di lavoro è la stazione
spaziale ISS (International Space
Station), al cui interno c’è una
stanzetta delle dimensioni di una
cabina telefonica in cui può
ritirarsi per riposare. La missione
«Futura» dell’ISS, durante la
quale è stata scattata questa foto,
è durata dal 23 novembre 2014
all’11 giugno 2015.
Foto: NASA / Science Photo Library / Keystone
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Silenzio, pregoA G E N Z I A H I - R E S ! , N E U K Ö L L N , B E R L I N OQuella che da questa foto si direbbe un’installazione artistica dal recondito signifi cato, ha in realtà uno scopo
molto semplice e pratico: gli 80 dipendenti dell’agenzia di servizi digitali Hi-ReS!, nel quartiere Neukölln
di Berlino, si ritirano in questa cabina nera per telefonare indisturbati. Non a caso il moderno design dei suoi
uffi ci è stato premiato, e l’agenzia cerca ancora collaboratori.
— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 15Foto: Th omas Meyer / Ostkreuz
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— Sfera privata —
16 — Bulletin 2 / 2017 Foto: Luca Zanetti / Laif / Keystone
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— Sfera privata —
Isola feliceS A N T A C R U Z D E L I S L O T E , C O L O M B I A L’isola con la maggiore densità di popolazione del mondo ha una superfi cie completamente
costruita di appena 1,2 ettari circa. L’isola artifi ciale si trova a circa 20 chilometri a nord
ovest della costa colombiana e nel suo centinaio di edifi ci vivono 1200 persone. Non vi sono
medici, manca l’approvvigionamento costante di acqua potabile e ha un solo generatore,
non sempre funzionante. A un reporter che aveva domandato come mai sull’isola vivono così
tante persone, un abitante ha risposto: «Non c’è violenza, non abbiamo bisogno di polizia,
ci conosciamo tutti e ci godiamo la vita».
Bulletin 2 / 2017 — 17
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Dove start-up e ITA sono di casaE M B A S S Y N E T W O R K , S A N F R A N C I S C O Quello che si vede in questa foto sembrerebbe il soggiorno di una famiglia americana non proprio consueta.
In eff etti si tratta di una coabitazione insolita: nell’edifi cio «Th e Embassy», a San Francisco, infatti
convivono principalmente fondatori di start-up e persone che lavorano in ambito tecnologico. In 13, sotto
lo stesso tetto, condividono spazi e parte della propria vita testando nuove forme di abitazione.
18 — Bulletin N°2 / 2017 Foto: Winni Wintermeyer18 — Bulletin 2 / 2017
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In fugaB A R C O N E A L L A R G O D E L L A C O S T A L I B I C ANell’estate del 2005 circa 700 migranti erano in viaggio su due barche di legno, quando vennero tratti in salvo.
dall’organizzazione Medici Senza Frontiere (MSF). Mentre loro hanno trovato la salvezza, lo scorso anno oltre
5000 sono annegati nel Mediterraneo. Le imbarcazioni utilizzate per questi viaggi sono sovraff ollate e poco
idonee alla navigazione. E tra i vari gruppi di rifugiati nascono sempre più confl itti, il cui esito è talvolta mortale.
Bulletin 2 / 2017 — 19Foto: Paolo Pellegrin / Magnum Photos / Keystone
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20 — Bulletin 2 / 2017
Iris Bohnet, docente svizzera di Harvard, smonta il concetto di intuito,
spiega come deve essere condotto un colloquio di lavoro e mette in guardia
dai pericoli dei social media.
Di Mandana Razavi e Simon Brunner (intervista), Yves Bachmann (foto)
«La fi ducia è la chiave della sfera privata»
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Bulletin 2 / 2017 — 21
potere, tutto questo ci infl uenza dall’e -
sterno. Ma se la domanda è che cosa muova
davvero l’uomo, allora non sono questi
aspetti ma il nostro essere più profondo.
E passione è una parola che riassume
bene tutte quelle forze interiori che pos-
siamo anche defi nire motivazione in-
trinseca.
Le sue ricerche vertono sulla fi ducia intesa da
un punto di vista economico-comportamentale:
qual è la relazione con la sfera privata?
di noi nella professione ma anche a
tenere duro se il lavoro non ci piace pur
di mantenere la famiglia o a resistere
durante un periodo in carcere.
Lei ha un dottorato in economia.
Sì. Che risposta vi aspettavate da me?
Che è il denaro a muovere le persone?
Forse, o più in generale la
massimizzazione dei vantaggi.
Status sociale, reddito, patrimonio,
Signora Bohnet, iniziamo con una domanda
facile: cos’è che muove l ’uomo?
Forse la domanda era intesa in senso
ironico, ma posso rispondere con una sola
parola: la passione.
Tutto qui?
Avrei anche potuto rispondere «la sete
di conoscenza» o «il senso della vita».
Ma la passione è più profonda. Ci spinge
a lavorare, amare, uscire a fare jogging
il mattino, comprare fi ori, dare il meglio
— Sfera privata —
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— Sfera privata —
22 — Bulletin 2 / 2017
Più conosco una persona, più fiducia
avrò in lei e più le permetterò di
avvicinarsi. La chiave della sfera privata
è la fi ducia.
Un detto recita: fi darsi è bene, controllare
è meglio.
Vero, controllare è molto utile, ma costoso.
Se sui tram ogni passeggero venisse
controllato nessuno viaggerebbe senza
biglietto. Ma è effi cienza questa?
Kenneth J. Arrow, premio Nobel per l ’eco-
nomia recentemente scomparso, disse:
«Potersi fi dare degli altri sulla parola per-
mette di risparmiare un sacco di costi e
problemi». Il politologo Francis Fukuyama
considera la f iducia persino come un
fattore per la creazione del benessere di una
nazione o di un’azienda. È d’accordo?
Di recente in un negozio mi sono accorta
di aver dimenticato il portafogli quan-
do mi trovavo già in cassa. Ho chiesto al
cliente in coda dietro di me se potesse
prestarmi del denaro e lasciarmi il suo nome
e indirizzo, cosa che ha fatto. Così ho
evitato la seccatura di dover andare a casa
Iris Bohnet, nata 51 anni fa a
Lucerna, è economista comporta-
mentale e docente alla Harvard
Kennedy School dov’è anche
direttrice del «Women and Public
Policy Program». È membro
del Consiglio di amministrazione
di Credit Suisse e autrice
dell’apprezzato volume «What
works – Gender equality by
design». Iris Bohnet è sposata con
Michael Zürcher, avvocato.
La coppia ha due figli.
e tornare al negozio. Assieme all’assegno
ho poi inviato a quella persona anche
una scatola di cioccolatini – gli interessi
insomma. La fi ducia migliora senza
dubbio l’effi cienza, è vantaggiosa per tutti.
Riporre o meno fi ducia in qualcuno
dipende anche dalla reputazione della
persona in questione.
A volte la nostra opinione personale su
qualcuno è meno importante di quella
degli altri. Questo è il potere della reputa-
zione. E con il progresso tecnologico
questo potere aumenta. Prima di un acqui-
sto consultiamo le recensioni. Amazon,
Ricardo e TripAdvisor hanno semplifi cato
il mondo e raff orzato l’orientamento
al cliente, ma come ogni altro progresso
nascondono dei pericoli.
L’onda incontrollata di commenti?
Ultimamente mi capita spesso di ripensare
a «L’onore perduto di Katharina Blum»
di Heinrich Böll. È la storia di una donna
che, pubblicamente screditata a causa
dell’amicizia con un criminale, cade vitti-
ma di un tragico destino. Böll ne fa una
L’economista comportamentale Bohnet afferma: «La fiducia migliora l’efficienza».
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Bulletin 2 / 2017 — 23
Quali sono queste culture?
Abbiamo condotto i nostri esperimenti
in tutto il mondo e rilevato che, in molti
paesi del Medio Oriente, la concessione
della fi ducia è legata all’improbabilità
che quella persona abusi del rapporto di
fi ducia. Il tradimento ha una forte
connotazione morale in quest’area del
mondo. Inoltre essere ingannati signi-
fi ca anche perdere la faccia, perché implica
che non si sono fatti i dovuti controlli
sulla controparte. Le pene sono altrettanto
draconiane.
Quali sono i paesi che stanno all ’altra
estremità della scala?
La Cina è il paese con la minore avversio-
ne al tradimento. Anche in Brasile è
molto bassa. In questi casi non c’è quasi
alcuna diff erenza tra avversione al rischio
e avversione al tradimento. Concedere
fi ducia a una persona è visto un po’ come
giocare d’azzardo. A volte va bene, a
volte no.
Negli ultimi tempi si sta sempre più interes-
sando all ’intuito e a come ci faccia cadere
in errore. Ma non è proprio il tanto decantato
sesto senso che contraddistingue noi umani?
Moltissime ricerche dimostrano come
l’intuito sia ingannevole perché si basa su
pregiudizi e stereotipi. Ma è proprio nelle
decisioni più importanti, come l’assunzione
di collaboratori, che si vuole essere
certi di aver preso la decisione migliore.
Quindi in questo caso meglio ignorare il
nostro intuito?
Sì, non è un buon consigliere quando si
tratta di valutare prestazioni e competenze
in un processo di candidatura. Quando
si legge che una candidata ha una determi-
nata età, due bambini e ha studiato in tale
o tale altra università, subito in noi scattano
associazioni che non per forza sono
corrette. Le chiedo: pensando alla popola-
zione della Florida che associazioni
le vengono spontaneamente in mente?
I pensionati che vogliono godersi il caldo.
In realtà l’84 per cento della popolazione
della Florida ha meno di 65 anni, una
percentuale appena al di sotto della media
americana. La popolazione della Florida
è dunque certamente un po’ più anziana
rispetto al resto degli USA, ma se una
candidatura arriva da quello Stato non
c’è motivo di supporre che si tratti di una
persona in là con l’età. Si tratta di uno
Dovremmo esserne piuttosto sicuri. Diciamo
il 75 per cento?
Come potete vedere nel vostro caso l’avver-
sione al rischio è inferiore all’avversione
al tradimento di 20 punti percentuali. Ed è
così per la maggior parte delle persone,
semplicemente non ci piace essere traditi.
Lei tuttavia ha dimostrato anche che vi sono
grandi diff erenze culturali rispetto al modo
di reagire a un tradimento.
Supponiamo che io gestisca una galleria
e che voi abbiate acquistato da me un
quadro per 1000 franchi, ma che non l’ab-
biate ancora ritirato. Arriva un’altra
cliente a cui il quadro piace ancora di più
e mi off re 2000 franchi. Negli Stati
Uniti è molto probabile che io venda
l’opera alla signora e vi restituisca i vostri
1000 franchi più una certa somma
come risarcimento danni, dal momento
che in fondo vi ho procurato un pic-
colo danno emotivo. È quello che si chiama
«effi cient breach»: il non adempiere a
un contratto per ragioni di effi cienza
compensando la controparte della perdita
subita.
In Svizzera sarebbe impensabile. Qui il
sistema si basa sulla stretta di mano.
Esatto. Il nostro sistema si basa sul
principio giuridico «pacta sunt servanda»,
i contratti vanno rispettati. Ciò signifi ca
che con ogni probabilità in Svizzera avrei
riservato il quadro per il primo acquirente.
Da un punto di vista morale questo
comportamento appare corretto.
Certo, ma anche il sistema americano fa-
vorisce la fi ducia. In caso di inadempi-
mento contrattuale si riceve un compenso.
Il sistema è inoltre meno discriminante.
Non è necessario valutare se una persona
merita la nostra fi ducia dal momento che
il sistema mantiene i costi delle inadem-
pienze contrattuali molto bassi, un po’ come
un’assicurazione. Per contro, nei paesi dove
è estremamente importante non essere
ingannati, si fanno aff ari solo con persone
in cui si nutre una fi ducia totale, come la
propria famiglia o cerchia di conoscenze.
critica ai media scandalistici, che appaiono
però innocui rispetto ai social media.
Com’è possibile verifi care tutto ciò che
viene pubblicato? Non c’è da stupirsi
se viviamo nell’era delle «fake news». Oggi
più che mai è importante proteggere
la sfera privata.
L’importanza della fi ducia aumenta?
Cambia. La fi ducia serve quando l’infor-
mazione è ripartita in modo asimmetrico.
Se tutti sappiamo le stesse cose non c’è
bisogno di aver fi ducia in qualcuno. Le ul-
time tecnologie hanno ad esempio por-
tato maggiore trasparenza nel mondo della
fi nanza e incrementato lo scambio di
informazioni. Da un iPad oggi è possibile
intervenire sulla propria strategia d’in-
vestimento e monitorarla costantemente.
Durante i colloqui con i consulenti
clientela abbiamo tutti i dati sotto mano
e possiamo simulare gli scenari più di -
sparati in tempo reale. Da un lato il cliente
dispone di più informazioni ma dall’altro
il quadro è diventato poco trasparente,
la complessità è aumentata e si trova anche
a scegliere tra più off erenti. In questo
contesto, fi ducia e competenza riacquistano
un’enorme importanza.
Parte della sua attività di ricerca dimostra
come le persone diventino sensibili quando
si abusa della loro fi ducia, lei la chiama
av versione al tradimento. Possiamo parago-
narla all ’avversione al rischio?
No. Faccio un esempio lampante della
diff erenza. Supponiamo che andiate al
casinò e che ci sia un gioco in cui
potreste raddoppiare la puntata. Qual
è la probabilità di vincita per cui
secondo voi varrebbe la pena giocare?
Giocheremmo se in più della metà delle
giocate ci fosse la possibilità di vincita.
Quindi una probabilità di circa il 55 per
cento. Ora succede che un collega che
non conoscete bene vi chiede del denaro
in prestito, promettendo di restituirvene
il doppio a fi ne settimana. Con quale pro-
babilità di riavere il denaro decidereste
di prestarglielo?
«Controllare è molto utile,
ma costoso.»
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— Sfera privata —
24 — Bulletin 2 / 2017
effi cienza nelle situazioni quotidiane.
Ma come tutte le regole empiriche può
sbagliare. Perché affi dare decisioni
importanti a un sistema che è stato di-
mostrato essere difettoso, soprattutto
quando possiamo basarci su processi più
attendibili?
Lei cerca di eliminare quanti più elementi
possibile a cui potrebbero rimanere impigliati
i pregiudizi, ma il mondo va in tutt’altra
direzione.
Purtroppo è così. Storicamente, in tempi di
grande insicurezza e rapidi cambiamenti,
le persone si sono sempre isolate. Ed è quello
che stiamo vivendo ora. Ci isoliamo con
il nostro popolo, le persone che hanno il
nostro stesso colore della pelle, che ap-
partengono al nostro stesso sesso e partito
politico. Paghiamo il prezzo del fatto
che molti paesi occidentali sono cresciuti
a spese della piccola classe media. Il di-
vario tra ricchi e poveri si è allargato e per
la prima volta i vincitori non sono tutti
uomini e bianchi. Una parte di questo grup-
po si sta ribellando contro l’establishment
e la globalizzazione.
Nell ’occhio del ciclone ci sono anche le persone
come lei, un membro dell ’élite, una docente
che argomenta con cifre e fatti alla mano.
Sì, la fi ducia nei confronti della cosiddetta
élite è in calo. Nel corso della campagna
elettorale americana per me è stato un
grande shock constatare come si sia data
voce ai pregiudizi così a cuor leggero.
Fino a soli due anni fa sarebbe stato
inconcepibile esprimere pubblicamente
dichiarazioni razziste.
In Svizzera la situazione è un po’ diversa.
Stando al barometro delle apprensioni
di Credit Suisse, l ’esecutivo svizzero gode
di una grande fi ducia, molto più forte di
altri governi esteri. Come mai?
Penso che il dato abbia a che vedere con
la democrazia diretta. La politica è molto
vicina al popolo. In molti paesi c’è un
divario che separa cittadini e politica, non
è così in Svizzera. Anche se talvolta si
dei tanti «bias», o eff etti di distorsione, di
cui si occupa l’economia comportamentale.
Se non ci si può fi dare del proprio istinto,
su che cosa si può fare affi damento nella scelta
di un collaboratore?
Numerosi studi dimostrano cosa funziona
e cosa no. Innanzitutto è necessario redi-
gere un annuncio che si rivolga ai candida-
ti e alle candidate giuste. Sembra una
banalità, ma gli algoritmi possono esserci
in parte d’aiuto per ripulire il nostro
linguaggio da eff etti di distorsione indesi-
derati. Poi i curricula dovrebbero essere
resi anonimi, niente nome e indirizzo, e
naturalmente niente foto. Abbiamo
dimostrato che non aggiungono alcuna
informazione importante ma che anzi
ci inducono in errore.
E durante il colloquio?
Mai come oggi disponiamo di così tante in-
formazioni sui candidati, ciò nonostante
conduciamo ancora colloqui di lavoro non
strutturati, dove gli intervistatori sono
spietatamente in balia dei propri pregiudizi.
Google, ad esempio, ha stabilito il numero
ideale di intervistatori, ovvero quattro,
e quali sono le domande eff ettivamente in
grado di rivelare un futuro positivo in
azienda. È il potere dei Big Data. Inoltre è
utile mettere i candidati alla prova sui com-
piti che saranno chiamati a svolgere, questi
test possono individuare un collaboratore
di successo molto meglio di un colloquio.
A suo avviso la simpatia è la peggiore
consigliera. Perché?
L’obiettivo del reclutamento non deve esse-
re trovare un nostro clone, la cosiddetta
intelligenza collettiva è infatti maggiore nei
team molto variegati. Se una persona
ci sta simpatica, è facile che sia una replica
di noi stessi.
Non tutti i pregiudizi sono sbagliati,
uno svizzero tende in media a essere più
puntuale di un indiano.
Esatto. Il nostro intuito funziona per
regole empiriche, ci aiuta a cavarcela con
può non essere d’accordo, non credo che
in Svizzera la classe politica sia fuori dalla
realtà.
Per fi nire, una domanda personale. Quali
criteri l ’hanno guidata nella decisione
più importante della sua vita privata:
come ha reclutato suo marito?
(Ride). Mi ha colto in fallo, in quel caso
non sono stata molto sistematica. Mi sono
semplicemente innamorata. Ma prima
di sposarci ci siamo confrontati in modo
molto oggettivo e poco romantico sulle
cose importanti della vita: volevamo avere
dei fi gli? Volevamo lavorare? E quanto?
Solo dopo aver negoziato tutti gli aspetti
abbiamo fi rmato la convenzione matri-
moniale. Lo consiglio a tutte le coppie.
«In molti paesi c’è un divario che separa cittadini
e politica, non è così in Svizzera.»
022_304_Bulletin_02_17_Teil1_IT_01-25 24 26.05.17 10:52
… oppure ordinate altre pubblicazioni del Credit Suisse gratis all’indirizzo
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— Sfera privata —
26 — Bulletin 2 / 2017
Un aff are sicuro? Ogni anno i crimini informatici provocano danni per centinaia
di miliardi di dollari. Tra gli attacchi più diff usi, lo spionaggio
economico e industriale. La sicurezza online rappresenta uno dei
mercati più fi orenti del settore IT.
Di Helene Laube
Fin aumento. Secondo l’organizzazione non
profi t Identity Th eft Resource Center, il
2016 è stato un anno record: solo negli Sta-
ti Uniti sono stati riportati uffi cialmente
1093 casi di violazioni della sicurezza dei
dati («data breaches»), più del doppio ri-
spetto a cinque anni fa (si veda il grafi co).
Secondo la società di analisi della sicurezza
Risk Based Security sono stati sottratti mi-
liardi di record di dati.
Chiunque può essere attaccato
I danni economici causati dalla cybercrimi-
nalità e dai furti di proprietà intellettuale
sono enormi. Secondo le stime del Center
for Strategic and International Studies,
un laboratorio di idee indipendente di
Washington, si attestano tra i 450 e i 600
miliardi di dollari l’anno. Incalcolabile è il
danno fi nanziario ed emotivo subito da un
numero crescente di persone spiate, hacke-
rate e violate nella loro sfera privata.
Chiunque e qualsiasi cosa possono
essere bersaglio di un attacco digitale: dalla
persona fi sica, il suo computer, il cellulare,
la casa collegata in rete e l’auto a organizza-
zioni e imprese, fi no a infrastrutture criti-
che e governi. Tra gli attacchi più diff usi,
come emerge da varie indagini, si annovera
lo spionaggio economico e industriale.
Potenti organizzazioni di cyberspio-
naggio, non di rado supportate dai governi,
attaccano altri governi, istituzioni militari,
infrastrutture e imprese di tutto il mondo.
Il settore dell’economia e quello della ricer-
ca e sviluppo si vedono deprivati di prezio-
so know-how. Gli hacker hanno violato
addirittura i computer della Commissione
Gli attacchi si moltiplicano
Furti di dati denunciatinegli USA (in mio.)
2006 2008 2010 2012 2014 2016
0
200
400
600
800
1000
1200
Font
e: Id
entit
y Th
eft R
esou
rce
Cen
ter
u uno tra i più clamorosi furti di dati della
storia. Gli hacker fecero breccia nei server
del gruppo informatico Yahoo, sottraendo i
dati di almeno 500 milioni di clienti: pass-
word crittografate, indirizzi e-mail, infor-
mazioni personali come date di nascita o
numeri di telefono. Inoltre gli hacker riu-
scirono ad accedere a milioni di account
utenti per inviare spam e, con le informa-
zioni carpite, appropriarsi dei dati di carte
prepagate e carte di credito.
Solo nel settembre del 2016 l’azien-
da della Silicon Valley rese noto l’attacco,
avvenuto a fi ne 2014. Lo fece senza rivela-
re dettagli, perché erano in corso le indagi-
ni dell’FBI. Questa primavera il ministero
della giustizia americano ha fatto scoppia-
re una bomba diplomatica, accusando
quattro persone, tra cui due collaboratori
del servizio segreto russo FSB, di aver tes-
suto le fi la del gigantesco «complotto cri-
minale» confl uito nello scandalo Yahoo.
Le informazioni rubate, così si legge
nell’atto di citazione, sarebbero state uti-
lizzate anche per spiare funzionari di go-
verni stranieri, manager di banche e altri
istituti o giornalisti.
In un mondo sempre più digitale e
collegato, il rischio di crimini informatici è
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 26 26.05.17 10:53
La maggior parte dei casi riguarda spionaggio economico (foto: l’interno di un centro per l’immagazzinamento di dati).
Bulletin 2 / 2017 — 27
— Sfera privata —
capitale di rischio della Silicon Valley. Se-
condo una ricerca di CB Insights, l’anno
scorso hanno investito 3,1 miliardi di
dollari in 279 start-up di cybersicurezza,
ovvero il quadruplo rispetto al 2010.
Pericolo nel babyphone
Un potenziale di rischio del tutto particola-
re si nasconde nell’Internet delle cose (In-
ternet of Th ings, IoT, si veda a pag. 32). La
maggior parte dei dispositivi IoT, dalle
webcam ai babyphone e ai televisori, è priva
di specifi ci meccanismi di sicurezza. Di
conseguenza questi possono essere tran-
quillamente violati all’insaputa dei proprie-
tari e collegati a una rete centralizzata, com-
posta da milioni di dispositivi. Con queste
cosiddette botnet, un gruppo di programmi
malevoli automatizzati, gli hacker accedono
ai server delle loro vittime e li bloccano.
fornitore di servizi esterno si fa carico del-
la protezione e del monitoraggio dell’inte-
ra infrastruttura IT dell’azienda.
La seconda area è quella dei soft ware
di sicurezza: in questo ambito si spende so-
prattutto per la protezione dei terminali e
la gestione delle identità e degli accessi.
Segue al terzo posto il settore della
sicurezza hardware, basato soprattutto
sull’acquisto dei cosiddetti sistemi UTM
(Unifi ed Th reat Management). Si tratta
di pacchetti che coniugano in un’unica
piattaforma molteplici funzioni, come
fi rewall, VPN gateway, protezione anti-
virus e antispam, servizi di autenticazio-
ne e un sistema per il riconoscimento
degli attacchi.
Non sorprende quindi che la cyber-
sicurezza sia diventata una tra le sfere
d’attività più ambite dagli investitori di
Europea e la banca centrale del Bangla desh,
sottraendole più di 80 milioni di dollari.
La sicurezza a caro prezzo
Il rapido moltiplicarsi degli attacchi, di
pari passo con la crescente connettività, ha
determinato un boom dei fornitori di sicu-
rezza informatica. «La sicurezza è uno dei
mercati più fi orenti del settore IT e conti-
nuerà a crescere», aff erma Michael Dia-
mond, Analyst per l’istituto di ricerche di
mercato NPD. Nelle aziende, la spesa in
sicurezza informatica aumenta a velocità
doppia rispetto al totale delle spese IT e
nel 2020, secondo le stime della società di
ricerche di mercato americana IDC, am-
monterà a oltre 100 miliardi di dollari.
Imprese e istituzioni investono in
primo luogo in servizi di sicurezza, in par-
ticolare i «managed security services»: un
Foto: Mischa Keijser / ISTL / Cultura / Keystone
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 27 26.05.17 10:53
— Sfera privata —
28 — Bulletin 2 / 2017
entità. E questo sebbene, negli ultimi cin-
que anni, nove aziende su dieci siano cadu-
te nel mirino di un attacco su larga scala.
Le conseguenze di un attacco posso-
no essere pesanti. Un terzo delle aziende
che nel 2016 hanno denunciato una fuga di
dati ha dovuto mettere in conto una perdita
del 20 per cento in termini di fatturato,
clientela e opportunità commerciali. Lo ri-
leva il nuovo «Annual Cybersecurity Re-
port» di Cisco, la più grande multinaziona-
le specializzata nella fornitura di apparati
di networking.
Secondo le indagini, il 95 per cento di
tutti gli attacchi perpetrati sulle aziende è
riconducibile a comportamenti umani
scorretti. Tra gli errori più frequenti vi è
l’invio di e-mail con documenti sensibili ai
destinatari sbagliati oppure l’apertura di
e-mail infettate con software malevolo. In
cima all’elenco è citata anche la confi gura-
zione di nomi e password standard da parte
del reparto IT interno. Nemmeno i cospi-
cui investimenti in cybersicurezza possono
molto contro questi errori. La National
Cyber Security Alliance, un’associazione di
aziende IT americane in coordinamento
con il Dipartimento della Sicurezza Inter-
na degli Stati Uniti, si batte per una miglio-
re formazione dei collaboratori: «La più
potente tecnologia di sicurezza non serve a
nulla se i dipendenti non hanno ben chiaro
il loro ruolo nella tutela dei dati sensibili e
delle risorse aziendali».
Entrata di un bunker di Amsteg (Uri) utilizzato per l’archiviazione di dati.
Tra gli errori più
frequenti vi è
l’invio di e-mail con
documenti sensibili
ai destinatari sbagliati.
Helene Laube è giornalista freelance a San
Francisco. È stata una dei soci fondatori
del «Financial Times Deutschland» e, per molti
anni, sua corrispondente dalla Silicon Valley.
Il più famigerato attacco botnet è avvenuto
lo scorso ottobre. I siti web dei giganti di
Internet, come Amazon, Netfl ix o PayPal, e
decine di altre aziende molto visitate come
Airbnb, «Th e New York Times» e Twitter
sono rimasti indisponibili per ore, dopo che
un attacco botnet aveva paralizzato i server
di uno dei provider di servizi di rete utiliz-
zato dalle aziende. Gli esperti sospettano
che l’attacco sia servito per testare un’arma
cibernetica.
Anche gli aggressori stanno al passo
Nonostante l’enorme off erta di prodotti e
servizi per la protezione di dati, sistemi, in-
frastrutture, account e sfera privata, la rete
non è aff atto più sicura. Parallelamente
all’aumento dell’off erta di sistemi di difesa,
anche gli aggressori stanno al passo. Non
solo l’arsenale dei cybercombattenti è sem-
pre più raffi nato, ma diventa anche più faci-
le procurarsi il necessario per perpetrare
attacchi di qualsiasi tipo. Gang di cybercri-
minali vendono strumenti, informazioni,
servizi e consigli nella rete oscura, la por-
zione di Internet accessibile solo con
software specifi ci, spesso utilizzata per atti-
vità criminali.
In questo mondo sommerso è in ven-
dita anche il bottino. Lo scorso anno un
mercato underground di lingua russa off ri-
va 70 000 dati di login rubati per server
hackerati. Per soli 6 dollari si potevano ac-
quistare per esempio le credenziali di ac-
cesso alla rete governativa di uno Stato
dell’UE.
Nonostante ingenti stanziamenti in
cyberdifesa, molte aziende e istituzioni
sono impreparate agli attacchi e attribui-
scono alla lotta contro la criminalità infor-
matica scarsa priorità. In uno studio del
2016 commissionato dal Nasdaq e dal for-
nitore di sistemi di sicurezza statunitense
Tanium, oltre il 90 per cento dei manager
intervistati ha ammesso di non essere in
grado di leggere un rapporto di sicurezza.
Inoltre le loro aziende non sarebbero pre-
parate a fronteggiare una minaccia di grave
Foto: Martin Ruetschi / Keystone
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— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 29
Signor Schmidt, lo scorso anno è stata pubblicata la 19a edizione
del «Global Information Security Survey» di EY. Quali minacce
incombono sulle aziende?
Negli ultimi anni i cyberattacchi mirati sono notevolmente
aumentati e continueranno ad aumentare: la digitalizzazione apre
le porte a nuove possibilità di attacchi in tutti i settori. Per
le banche le principali minacce provengono dalla criminalità
organizzata perché, per mettere a segno un attacco mirato
contro un singolo istituto, ci vogliono mezzi fi nanziari, motiva-
zione e tempo. Solo la preparazione può richiedere mesi o
addirittura anni. Gli attacchi diretti contro i clienti bancari,
per esempio con i cavalli di Troia per e-banking, vengono
perpetrati anche da singoli o piccoli gruppi. Questi attacchi
sono generalmente poco sofi sticati e di solito provocano
danni di minore entità.
Con il termine «cyber resilience» si indica la capacità delle
aziende di respingere gli attacchi o di reagire ad essi.
In questo come se la cavano gli istituti f inanziari?
Le banche, soprattutto in Svizzera, off rono un maggior livello
di sicurezza nel confronto trasversale con molti altri settori.
Tuttavia va considerato che negli ultimi anni l’intensità e la
raffi natezza degli attacchi si sono molto evolute. Fino a qualche
mese fa, quasi tutti i provvedimenti miravano a contrastare
i rischi informatici. Ora, anche nel settore fi nanziario, si investe
sempre più nel riconoscimento degli attacchi e nella capacità
di reazione. Per una buona «cyber resilience» bisogna considerare
e coprire tutte queste dimensioni.
Le aziende fanno abbastanza?
Da circa tre anni, molte grandi aziende annoverano i rischi
informatici tra i principali rischi d’impresa. Di sicuro il
tema si è fatto largo a livello di management e consigli
d’amministrazione. Attualmente il budget destinato alla
sicurezza informatica rappresenta ancora meno del dieci per
cento delle spese IT totali, ma il trend è in crescita.
Dove esistono ancora lacune?
Soprattutto nella capacità di riconoscere tempestivamente gli
attacchi da prendere sul serio e di opporvi una reazione mirata.
Fanno parte di questo aspetto anche tematiche legate alla
comunicazione interna ed esterna se l’attacco va a buon fi ne.
Come è cambiato il contesto normativo?
Soprattutto in ambito bancario, negli ultimi anni le autorità di
vigilanza di tutto il mondo hanno defi nito e posto in atto requisiti
aggiuntivi in termini di sicurezza dei dati e cybersicurezza.
Questo vale anche per l’autorità svizzera, la FINMA. A metà del
2017 entrerà in vigore una circolare aggiornata che stabilisce
nuove misure per la gestione dei rischi informatici.
Nel settore IT l ’anello debole è il fattore umano o il fattore macchina?
Il maggior rischio per la sicurezza è ancora l’uomo, gli attacchi
informatici messi a segno nelle aziende hanno origine
perlopiù nei comportamenti scorretti di clienti o collaboratori.
Intervista
«Il più grande rischio per la sicurezza è l’uomo»
Tom Schmidt, 44 anni, è partner
della società di consulenza EY
(Ernst & Young AG) e dirige il settore
dedicato alla cybersecurity e alla sicurezza
delle informazioni in Svizzera. Inoltre,
nello stesso campo, insegna alla Scuola
universitaria professionale di Lucerna.
Di Simon Brunner
Foto: per gentile concessione
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 29 26.05.17 10:53
Cercasi disperatamente: in Svizzera molte imprese di famiglia non hanno un successore.
— Sfera privata —
30 — Bulletin 2 / 2017
Non se ne parla quasi mai nelle pagine eco-
nomiche dei giornali. Comunicano poco e
raramente sono oggetto di analisi: le im-
prese di famiglia.
Che cosa le contraddistingue? Quan-
to è esteso questo gruppo? E com’è regola-
mentata la successione? Recentemente un
ampio studio di Credit Suisse e del Center
for Family Business dell’Università di San
Gallo si è dedicato alle imprese di famiglia
e in particolare alla successione aziendale,
che proprio in queste aziende assume
grande rilievo e spesso risulta alquanto
complessa.
Oltre il 99 per cento di tutte le imprese sviz-
zere appartiene alla categoria delle piccole e
medie imprese (PMI). A loro volta tre quar-
ti delle PMI dichiarano di essere imprese di
famiglia, quindi interamente di proprietà
della famiglia del fondatore. In base a stime
di massima, la Svizzera annovera quindi
375 000 imprese di famiglia che danno la-
voro a 1,6 milioni di addetti. Il 41 per cento
della popolazione attiva in Svizzera lavora
per queste imprese, il che ne dimostra l’im-
portanza. A livello mondiale si stima che le
imprese di famiglia raggiungano addirittura
una quota del 60–90 per cento.
L’impresa, un aff are di famigliaRaramente occupano i titoli dei giornali, eppure in Svizzera danno lavoro a quattro
addetti su dieci: le imprese di famiglia sono uno dei cardini dell’economia nazionale.
Di Sara Carnazzi Weber
Per prima cosa va notato che la «famiglia
dei proprietari» assume un’accezione relati-
vamente ristretta: i titolari sono perlopiù
i coniugi, i genitori e i loro fi gli o fratelli.
Solo nel 10 per cento dei casi è coinvolta la
cerchia familiare più estesa.
Mancanza di interesse dei fi gli
Più è lontano l’anno di fondazione, mag-
giore è la quota delle aziende di famiglia
sul totale delle PMI. Dunque le imprese di
famiglia non incarnano lo spirito del tem-
po? Non necessariamente, potrebbe trat-
tarsi anche di un modello nel ciclo di vita
Foto: Beth Yarnelle Edwards, il ritratto è stato realizzato nell’ambito del 2o Fotofestival Mannheim / Ludwigshafen / Heidelberg 2007
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— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 31
delle imprese: all’atto della fondazione,
molti proprietari non considerano la pro-
pria attività un’impresa di famiglia, spesso
questa percezione giunge solo con l’in-
gresso dei fi gli in azienda. Inoltre i fonda-
tori delle imprese non famigliari hanno
meno a cuore il trasferimento dell’attività
come azienda consolidata (si veda sotto).
In altre parole: con la graduale uscita di
scena della generazione dei fondatori e il
passaggio alla seconda generazione, la
quota delle imprese di famiglia aumenta
automaticamente.
Ma un altro risultato raff orza la tesi
che le imprese di famiglia stiano perdendo
popolarità: nei settori in crescita, come la
sanità, i fornitori di servizi alle imprese e
l’IT, le imprese di famiglia sono molto
meno presenti.
Se questa tendenza dovesse consoli-
darsi, si dovrà mettere in conto un ulteriore
calo della quota di imprese di famiglia. Ciò
non signifi ca che l’universo aziendale stia
diventando meno «privato», ma è piuttosto
il rifl esso di una tendenza sociale orientata
a una società multiopzionale. Non sorpren-
de dunque che uno dei motivi alla base del-
la successione extra famigliare sia la scarsa
propensione dei fi gli a rilevare l’impresa di
famiglia. Infatti i potenziali successori
aspirano spesso a staccarsi dalla famiglia,
almeno in senso professionale, per perse-
guire una carriera al di fuori.
Grande opportunità per le donne
Come accennato, il 75 per cento delle PMI
è costituito da imprese di famiglia. Ma le
famiglie controllano l’impresa soprattutto
sotto forma di partecipazione, solo il 55
per cento dei consigli direttivi è intera-
mente rappresentato dalla famiglia dei
proprietari e solo il 48 per cento nomina il
consiglio di amministrazione in ambito
famigliare.
Rapportato al totale delle PMI, l’80
per cento dei proprietari svolge an-
che funzioni direttive. Viceversa, i mem-
bri del Consiglio direttivo detengono
mediamente il 77 per cento delle quote
d’impresa. Anche il consiglio di ammini-
strazione non si limita alla sua funzione
di organismo di controllo. In media il
65 per cento dei membri è operativo in
azienda. In generale non sussiste una netta
distinzione tra proprietà, direzione e con-
siglio di amministrazione sebbene, secon-
do i principi di good governance, sarebbe
auspicabile separare l’esercizio di queste
funzioni.
Nei consigli direttivi delle PMI le
donne sono decisamente sottorappresen-
tate (23 per cento), ma come membri del-
la famiglia le loro opportunità crescono
notevolmente: l’80 per cento delle donne
che fanno parte di un consiglio direttivo
appartiene alla famiglia.
Chi subentrerà?
Da ultimo, le relazioni famigliari incidono
pesantemente sulla regolamentazione della
successione aziendale. Nello specifi co, si
distingue tra:
— FBO: family buyout, cessione ad altri
membri della famiglia;
— MBO: management buyout, cessione
a manager interni;
— MBI: management buy-in, cessione
a persone esterne;
— vendita a un’altra azienda o a una
società di Private Equity.
In vista di un futuro trasferimento, le PMI
non famigliari optano per un MBO nel 53
per cento dei casi. Questa quota scende al
31 per cento quando la cerchia dei proprie-
tari comprende anche membri della fami-
glia e si attesta al 16 per cento se tutti i
proprietari sono membri della famiglia.
Viceversa, i proprietari delle aziende
interamente a conduzione famigliare scel-
gono l’FBO, ovvero la cessione a un altro
membro della famiglia, nel 52 per cento dei
casi. Ovviamente il desiderio di mantenere
l’azienda in famiglia è maggiore quando
tra i proprietari vi sono parenti con fi gli.
Anche i legami di fratellanza raff orzano il
desiderio di consolidare tra congiunti il
futuro controllo dell’azienda. Nonostante
le imprese di famiglia presentino una lieve
tendenza al ribasso, l’esigenza di assicurare
l’impresa nell’ambito della ristretta cerchia
famigliare è ancora marcata.
Tuttavia i risultati non rifl ettono le
soluzioni successorie eff ettivamente attua-
te, ma solo i desideri e i progetti degli at-
tuali manager. Spesso l’attuazione concreta
non rispecchia le intenzioni. È interessante
notare che le acquisizioni all’interno della
famiglia sono state più numerose del previ-
sto (cifre arrotondate): il 46 per cento con-
tro il 41 per cento – forse, nonostante l’in-
tenzione di collocare l’azienda all’esterno
della famiglia, non si sono trovati acquiren-
ti. Nel 25 per cento dei casi (MBO) alla
guida dell’azienda sono subentrati i colla-
boratori: questo dato corrisponde esatta-
mente alle aspettative. La cessione a esterni
(MBI) si è verifi cata nel 30 per cento dei
casi, 13 punti percentuali in più rispetto
alle previsioni.
Sara Carnazzi Weber è responsabile dell’analisi
settoriale e regionale per Credit Suisse.
Lo studio «La sfida del ricambio
generazionale» è disponibile
per il download su: https://publications.
credit-suisse.com (> Imprese e istituzioni >
Studi e analisi)
Chi subentrerà?
Se l’azienda è di proprietà della famiglia, si tende a preferire soluzioni famigliari.
FBO MBO MBI Vendita
0 100
Le quote non sono detenute dai membri della famiglia
Le quote sono detenute dai membri della famiglia e da persone esterne
Le quote sono detenute solo dai membri della famiglia
8
38
52
53
31
16
16
12
14
23
19
19
A chi appartengono le aziende
Tre PMI su quattro in Svizzera sono interamente di proprietà della famiglia dei fondatori.
6
Quota di proprietà della
famiglia(in %)
100% = interamente di proprietà della famiglia0% = nessuna partecipazione di famiglia
14
5
75 100% 50–99% 1–49% 0%
Fonte per entrambi i grafi ci: sondaggio sulla successione Credit Suisse 2016
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— Sfera privata —
32 — Bulletin 2 / 2017
Il nuovo Il nuovo sistema nervososistema nervosodel mondodel mondo
L’«Internet delle cose» connetterà ogni aspetto
della vita lavorativa e privata, dalla stampante in
uffi cio, agli sportelli bancari automatici, alle
bambole. Il vantaggio: più comfort e opportunità
di business. Lo svantaggio: ancora più falle
nella sfera privata.
Di Steff an Heuer (testo) e Rami Niemi (illustrazioni)
Il mondo digitale e quello fi sico diventano un tutt’uno: il frigorifero
si riempie grazie a sensori, shopping
online e corrieri robot.
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— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 33
o impianti di riscaldamento, sono servitori
fedeli in grado di comunicare.
Il cosiddetto Internet delle cose (in
inglese Internet of Th ings, in breve «IoT»)
fonde il mondo digitale con quello fi sico.
Sempre attento ad ogni passo, ascolta e ri-
sponde alle domande, espletando mansioni
semplici o di media complessità.
Attualmente al mondo esistono fi no
a 18 miliardi di dispositivi e macchine con
connessioni «intelligenti» di questo tipo.
Entro il 2020, secondo le previsioni, il loro
numero raggiungerà quota 30 miliardi. Le
stime variano a seconda che gli esperti, ol-
tre alla sensoristica per aziende, televisori
interconnessi e tecnologie indossabili
come l’Apple Watch e il Fitbit, includano
nel conteggio anche smartphone, tablet e
computer tradizionali.
LLe conseguenze economiche sono immense.
Per esempio il McKinsey Global Institute
stima che nei prossimi dieci anni le appli-
cazioni IoT potrebbero generare un valore
aggiunto economico compreso tra i quattro
e gli undici miliardi di dollari.
Poiché ormai quasi tutto è collegabile
a Internet a basso costo e senza fatica, la
moderna tecnologia dell’informazione si
prepara a dotare il mondo intero di un nuo-
vo sistema nervoso digitale. Anche il colla-
re per cani e la sedia da uffi cio possono
accedere all’enorme potenza di calcolo e
all’infi nita memoria del cloud, così come
gli impianti di produzione e le navi cisterna
di un impianto portuale. Con questo eff et-
to leva l’IoT trasformerà profondamente la
vita lavorativa e privata, la mobilità, i con-
sumi e anche discipline ad alta componente
umana come l’istruzione e la medicina. Al
contempo solleva domande in termini di
protezione dei dati, rispetto della sfera pri-
vata e strisciante inabilitazione del singolo.
E anche nell’IoT si tratta spesso di racco-
gliere e aggregare i dati degli utenti per in-
dividuare nuovi modelli (leggi: Big Data).
Le conseguenze pratiche si osservano in un
numero crescente di economie domestiche.
Altoparlanti «intelligenti» come Echo di
Amazon o Google Home rispondono alle
domande e prendono ordini. Le etichette
Bluetooth di Tile o TrackR aiutano a rin-
tracciare portafogli e oggetti di valore.
Braccialetti per il monitoraggio del sonno,
sensori da culla che vegliano sui più piccoli,
sistemi di sicurezza per la casa che ricono-
scono se a suonare alla porta è un volto
noto o uno sconosciuto. I sensori per l’auto
calcolano il premio delle assicurazioni in
base alla performance chilometrica perso-
nale e allo stile di guida. Ormai i droni
sono così raffi nati che, grazie al riconosci-
mento del volto, sono tarati sui loro pro-
prietari e li seguono come cagnolini.
L’L’IoT è onnipresente anche nel commercio.
Gli sportelli bancari automatici e le app di
banking registrano i loro clienti tramite
scansioni del viso o dell’iride. I punti ven-
dita inseguono clienti e passanti con i co-
siddetti beacon, che stabiliscono un contat-
to non richiesto con i cellulari, per esempio
per proporre off erte speciali. I supermercati
sperimentano le targhette del prezzo dina-
miche, che cambiano in base alla stagione e
alla persona che si trovano davanti. Quasi
ogni confezione contiene piccole etichette
RFID, che possono essere tracciate lungo
l’intera catena di approvvigionamento tra-
mite onde elettromagnetiche. Nei loro edi-
fi ci, le aziende possono illuminare o riscal-
dare individualmente corridoi o addirittura
singole postazioni di lavoro, grazie a senso-
ri che rilevano la presenza dei collaboratori.
L’accesso al cloud rende possibile anche il
collegamento in rete di macchine comples-
se, come ascensori, linee di produzione o
motori aeronautici, per segnalare guasti e
prevenire costosi interventi di manutenzio-
ne. I nuovi mobili da uffi cio riescono persi-
no a «vedere» se e per quanto tempo si resta
seduti al computer. E se necessario possono
visualizzare un allarme sul monitor, invi-
tando il collaboratore X ad alzarsi per non
rischiare un mal di schiena.
Alla fi ne il mondo fi sico e quello di-
gitale si fondono in un nuovo tutt’uno:
se per esempio il semaforo dialoga con i
veicoli in attesa in modo che visualizzino
sul cruscotto tra quanti secondi diventerà
di nuovo verde, l’automobilista sarà meno
portato a distrarsi.
«Prima o poi ogni aspetto del nostro
ambiente sarà integrato in una comunica-
zione digitale. Non abbiamo ancora inizia-
to a scalfi re la superfi cie dell’IoT», sostiene
l’imprenditore tech Andy Meadows, che ad
UUn normalissimo venerdì pomeriggio nel
2017: «Siri, manda un SMS a mia mo -
glie». «Volentieri, cosa vuoi dirle?», risponde
l’iPhone. «Che sono in ritardo di 15 mi-
nuti». «Ecco il tuo messaggio. Devo inviar-
lo?». «Sì». «Benissimo, fatto».
Mezz’ora dopo a casa. «Alexa, accen-
di la luce in sala da pranzo». «Ma certo»,
risuona l’altoparlante sul comò. «Alexa, ag-
giungi alla lista della spesa latte, uova e
pane». «Fatto». «Come sarà il tempo doma-
ni?». «Il fi ne settimana sarà soleggiato, con
temperature massime intorno ai 18 gradi».
«Grazie. Ricordami tra 20 minuti di chia-
mare Peter». «Tra 20 minuti, sarà fatto».
Poco dopo arrivano due notifi che. La
telecamera all’ingresso dell’uffi cio ha regi-
strato un movimento, anche se a quest’ora
non dovrebbe esserci più nessuno. «Vuole
vedere il live feed?». No, eliminare la notifi -
ca. La seconda spiega perché è scattato l’al-
larme: tre minuti fa un corriere ha cercato
di recapitare un pacco e l’ha lasciato al vici-
no. Poco prima di andare a letto, ancora un
ping: il cellulare reclama perché il Blue-
tooth è disattivato e un’app ha perso la con-
nessione con il localizzatore nel mazzo di
chiavi. «Ultima località nota dieci minuti
fa: indirizzo privato».
Per milioni di persone nei ricchi pae-
si industrializzati, almeno alcuni elementi
di questi scenari sono già oggi parte in-
tegrante della quotidianità. I dispositivi
costantemente connessi a Internet, dallo
smartphone al fi tness tracker, fi no a elet-
trodomestici, apparecchi d’illuminazione
Il nuovo sistema nervosodel mondo
Continua a pagina 36
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 33 26.05.17 10:53
CORPO
— Sfera privata —
34 — Bulletin 2 / 2017
Dal polso alla pressione sanguigna e al sonno profondo: i gadget interconnessi possono misurare i valori vitali, inviarli al cellulare
o al medico di famiglia. Conoscersi meglio come «Quantifi ed Self» e riconoscere i
primi segnali di malattia. A volte i dati sanitari creano ancora più stress e fi niscono
nelle mani sbagliate.
Impostare un timer o aprire una playlist con le mani sporche: nessun problema con gli assistenti digitali.
La tecnologia può ritrovare gli oggetti dimenticati e i bambini possono
parlare con i loro giocattoli. Più comodità in tutti gli ambiti della vita.
I giganti tech come Amazon o Google sono sempre in ascolto.
IN VIAGGIO
CASA
L’INTERNET DELLE COSE NELLA QUOTIDIAN ITÀ
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 34 26.05.17 10:53
Bulletin 2 / 2017 — 35
— Sfera privata —
La spesa del futuro: prelevare soldi tramite scansione dell’iride, aprire
al corriere robot e richiamare un’offerta con il cellulare. Negozi totalmente in-terconnessi trasmettono a ogni cliente
offerte personalizzate. Offerte in funzione di destinatario, ora e luogo. Il consumatore trasparente, che può
essere manipolato.
Grazie a sensori e software, le aziende sanno sempre chi si trova dove e
quando. I dati consentono di progettare uffi ci migliori o andare incontro a
persone con esigenze speciali, come i disabili. Più possibilità di sviluppo
e valutazioni eque per i lavoratori. L’aumento dei dati signifi ca più
rischi di uso improprio.
Veicoli trasformati in robot con la navigazione in realtà aumentata, droni che consegnano a domicilio. Chi guida con prudenza, lo può
dimostrare. Il drone fotografi co ci segue nelle passeggiate. Con il collare smart, il cane non si perde più. Più effi cienza nella logistica,
più sicurezza nei trasporti. Le autorità e le società di elaborazione dati possono
controllarci da vicino.
POSTO DI LAVORO
VENDITA AL DETTAGLIO
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— Sfera privata —
36 — Bulletin 2 / 2017
Austin, capitale del Texas, gestisce uno
dei più grandi servizi per l’abbreviazione
automatica degli indirizzi Internet. «Si sta
facendo molto, ma ci vorranno ancora da
cinque a dieci anni per fare breccia a livel-
lo di massa».
L’azienda di Meadows, BudURL, è
un po’ come una guida turistica automatica
nell’Internet delle cose. L’obiettivo è sem-
pre mettere in comunicazione gli oggetti
tra di loro o con le persone, non importa se
convertendo un indirizzo web molto lungo
in una breve stringa compatibile con un
tweet, passando davanti a un beacon o
ancora fotografando il codice QR di una
confezione per poi ricevere sul cellulare un
messaggio personalizzato in base al luogo,
al giorno e all’ora.
IIl che ci deve far rifl ettere: in gran parte le
applicazioni IoT sono terribilmente vulne-
rabili per quanto riguarda la gestione dei
dati confi denziali dei loro utenti e la pro-
tezione dagli hacker. La maggioranza dei
consumatori si porta tranquillamente in
casa le nuove tecnologie senza preoccuparsi
dei microfoni, delle telecamere e delle ban-
che dati nel cloud che di esse si alimentano.
Per esempio i produttori di apparecchi te-
levisivi Samsung e Vizio hanno ammesso
che le loro smart TV non solo rispondono
ai comandi vocali, ma registravano le con-
versazioni dei loro utenti e le inviavano ai
servizi web per la relativa analisi.
Nemmeno la cameretta dei bambini è
immune allo spionaggio. A febbraio l’auto-
rità tedesca garante delle telecomunicazio-
ni ha vietato la bambola «My Friend Cayla»
collegata in rete con microfono e altopar-
lante, a causa dei rischi di intrusione. Se-
condo l’organismo di vigilanza, i discorsi
del bambino e di altre persone potrebbero
essere registrati e trasmessi all’insaputa dei
genitori, violando il diritto alla privacy.
Nel caso degli attacchi ai dispositivi
IoT, il problema non è tanto il monitorag-
gio di un singolo individuo o di una data
cameretta. La maggiore minaccia proviene
dal reclutamento di migliaia o milioni di
questi dispositivi all’insaputa o senza il
consenso dei loro proprietari per un attacco
su larga scala (si veda a pag. 26) o dal loro
utilizzo come testa di ponte per insinuarsi
nella rete di un’azienda.
NNon ci sono limiti alla fantasia, perché In-
ternet stesso non conosce (quasi) limiti.
L’innocuo fi tness tracker di un dipendente,
connesso alla rete aziendale, potrebbe co-
stituire il punto debole di un’intera multi-
nazionale. Il sistema di infotainment hacke-
rato di un unico veicolo può off rire ai ladri
libero accesso alla rete informatica dell’in-
tera fl otta. E il malware introdotto nella
pompa di infusione di un paziente permet-
terebbe ai ricattatori di paralizzare il siste-
ma IT di un intero ospedale.
«Il genio è uscito dalla lampada. Mi-
liardi di dispositivi non protetti sono già in
circolazione e gli hacker hanno scoperto
come approfi ttarne», conclude Rick Kam, a
capo della società di consulenza per la sicu-
rezza ID Experts di Portland, Oregon. An-
che se sempre più aziende proteggono i loro
dispositivi IoT con protocolli e password, il
problema non può che aggravarsi nel pros-
simo futuro: non solo perché il numero dei
dispositivi IoT e dei dati degli utenti au-
menta in continuazione, ma anche perché
da tempo non si tratta più solo di sensori o
elettronica d’intrattenimento per la casa.
Gli esperti hanno individuato nei
robot le stesse gravi lacune in termini di
sicurezza. «Nel prossimo futuro i robot
saranno ovunque: come giocattoli per l’in-
fanzia o accompagnatori per anziani, com-
messi nei punti vendita e infermieri, operai
e addirittura soldati o poliziotti», prevedo-
no i ricercatori dell’azienda IOActive, che
recentemente hanno analizzato i robot di
sette produttori leader. Il robot è l’incar-
nazione dell’Internet of Th ings, solo che
ha braccia, gambe o ruote. «Se è possibile
hackerare un robot», ammoniscono gli
esperti, «siamo esposti a pericoli oggi an-
cora inimmaginabili».
Questo vale soprattutto per l’IoT di do-
mani, destinato a supportare applicazioni
che fi nora si vedevano solo nei fi lm di fan-
tascienza: dal controllo remoto a impulsi
cerebrali ai dispositivi impiantabili che tra-
sformano gli esseri umani in veri «cyborg»:
metà uomo, metà macchina. Nonostante
la preoccupazione che la tecnologia IoT in-
tegrata nel corpo possa essere impiegata
in modo improprio da aziende o criminali,
sono già in corso molti esperimenti per ra-
dicare Internet in ogni millimetro della no-
stra vita. Oltre alle lenti a contatto che
Il robot è l’incarnazione dell’Internet Il robot è l’incarnazione dell’Internet of Things, solo che ha braccia, of Things, solo che ha braccia,
gambe o ruote.gambe o ruote.
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— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 37
elettroencefalogramma (EEG) appositi
elettrodi misurano le correnti elettriche
del cervello e sono in grado di interpretar-
le come comandi. Con questo metodo già
oggi si può intervenire sugli oggetti colle-
gati in rete: per esempio guidare un drone,
aprire una porta o spostare oggetti su un
monitor. I ricercatori stanno già speri-
mentando tecniche per leggere i pensieri e
le intenzioni delle persone partendo dagli
impulsi.
Presto questi telecomandi fanta-
scientifi ci per il mondo dell’IoT divente-
ranno la norma, sostiene la fondatrice di
Emotiv Tan Le. «Tra 50 anni i comandi dei
dispositivi non esisteranno più o saranno
integrati nel nostro corpo. Allora potremo
controllare il mondo intorno a noi con la
forza del pensiero o dei sentimenti. Le case
si sintonizzeranno con noi mentre rientria-
mo. In classe, gli insegnanti sapranno quale
studente ha capito cosa».
L’attività core di Emotiv consiste nel-
la connessione e nel rilevamento IT delle
persone, ma anche Tan Le mette in guardia
dalle conseguenze impreviste di un’ecces-
siva dipendenza dalla rete: «Dubito che
permetterei a un computer di accedere a
tutti i miei pensieri e sentimenti», aff erma.
E dopo una breve pausa aggiunge: «L’uomo
dovrebbe sempre avere un interruttore di
spegnimento».
misurano il valore glicemico di chi le in-
dossa o agli occhiali smart di Snapchat in
grado di registrare video di dieci secondi da
condividere con gli amici, alcuni pionieri si
stanno già cimentando con gli impianti
elettronici. Per esempio l’azienda londinese
Cyborg Nest vende una bussola elettronica
chiamata North Sense, che si impianta nel
torace e vibra ogni volta che ci si rivolge
verso nord. Finora, secondo i dati dell’a-
zienda, circa 1000 persone hanno ordinato
il sensore.
CCon un po’ di allenamento, una cuffi a dell’a-
zienda Emotiv di San Francisco consente
di controllare gli oggetti e il software con
la sola forza del pensiero. Come in un
Steffan Heuer è giornalista esperto di tecnologia
e corrispondente dagli Stati Uniti della rivista
economica «brand eins». Vive a San Francisco.
Tecnologia integrata nel corpo: nel mondo
dell’IoT del futuro, gli insegnanti sapranno
quali studenti hanno capito cosa.
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 37 26.05.17 10:53
— Sfera privata —
38 — Bulletin 2 / 2017
Siamo un po’ delusi che un convinto difensore
della sfera privata come lei abbia fatto
marcia indietro: WhatsApp fornisce alcuni
dati degli utenti alla casa madre Facebook,
tra cui il numero di cellulare.
A mia difesa: quando sono state modi-
fi cate le condizioni generali ho informato
immediatamente la mia community
mostrando loro come cambiare le impo-
stazioni della privacy al fi ne di evitare
che WhatsApp passi determinati dati a
Facebook.
In generale, come mai è così importante
tutelare la sfera privata?
Perché è uno dei pilastri della libertà. È
parte integrante della dignità umana,
ci consente di prendere le nostre decisioni
più personali in modo autonomo. Ecco
perché le elezioni sono eque solo se sono
segrete. Uno Stato libero protegge un
ambito mio personale di cui nessuno deve
interessarsi e che forse nemmeno gli
«La sfera privata non è negoziabile»
È stato Incaricato svizzero della protezione dei dati. Ha vinto
la sua battaglia contro Google. È stato spiato per anni dal
sistema di protezione dello Stato. Hanspeter Th ür sa bene di
cosa parla quando aff erma: «I pensieri non sono più liberi».
Di Daniel Ammann e Simon Brunner (intervista), Cyrill Matter (foto)
Signor Th ür, vorremmo mostrarle una foto:
riconosce questo sportivo in sella a una
bici da corsa?
Sono io. Bella foto, vero? È stata scattata
da un collega lo scorso anno, quando ho
aff rontato in bicicletta il Passo dell’Albula.
Sembra quasi che abbia vinto una corsa.
L’abbiamo scaricata dal suo account di
WhatsApp. Un anno fa diceva di
non utilizzare questo servizio di chat
per principio. Cos’è successo?
È un esempio della forza della realtà.
La mia famiglia è sparsa tra Sudafrica,
Australia, California e Svizzera, così
uno dei miei nipoti ha suggerito di creare
una chat di gruppo per essere sempre
in contatto. È molto pratica. Le principali
domande che dobbiamo porci dinanzi
a molti di questi servizi sono: quali sono i
vantaggi? A quanto della mia sfera priva-
ta devo rinunciare? Nel caso di
WhatsApp ho ceduto per motivi familiari.
Hanspeter Thür, 68 anni, dal
2001 al 2015 è stato Incaricato
federale della protezione dei
dati e della trasparenza e, in pre-
cedenza, per dodici anni
consigliere nazionale per i Verdi.
Thür è salito alla ribalta inter-
nazionale quando ha portato
Google fino al Tribunale federale
dove ha vinto la propria bat-
taglia affinché i volti e le targhe
automobilistiche ripresi dal
servizio online Street View non
fossero riconoscibili. Thür lavora
come avvocato nel suo studio
legale e in autunno si candiderà
al Consiglio comunale di Aarau
(AG). È sposato, ha una figlia
già adulta e due nipoti.
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 38 26.05.17 10:53
— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 39
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— Sfera privata —
40 — Bulletin 2 / 2017
amici più stretti conoscono. Una struttura
statale che non può o non vuole garan-
tire questa tutela ha quanto meno tratti
autoritari. La protezione della sfera pri-
vata è uno dei principi non negoziabili di
uno Stato democratico e liberale.
Quali aspetti della sfera privata sono
maggiormente in pericolo?
La rivoluzione tecnologica ha in sé un
incredibile potenziale in termini di
raccolta, analisi e utilizzo di dati perso-
nali. Pensate, ogni anno la quantità
di dati personali registrati in formato
digitale raddoppia. Dieci anni fa ero
ancora convinto che una simile montagna
di dati non potesse essere elaborata,
tanto meno utilizzata. Mi sbagliavo. Oggi
trovare l’ago nel pagliaio è letteralmente
possibile.
Per la prima volta nella storia dell’umanità
è possibile guardare nelle nostre teste.
Con le nostre abitudini di consumo e navi-
gazione in Internet, i «Mi piace» e i
tweet mettiamo a nudo non solo le nostre
consuetudini ma anche i nostri senti-
menti e pensieri che vengono raccolti,
analizzati e interpretati. Interi modelli
di business si basano su questo processo,
dai social network ai programmi di
fi delizzazione della clientela. I dati rive-
lano un profi lo della personalità che
descrive nel dettaglio le preferenze, i
pensieri, l’orientamento politico, le
abitudini quotidiane e magari addirittura
aspetti relativi alla salute.
Di cosa dobbiamo avere timore?
Nell’era digitale nessun dato è innocuo.
È un aspetto a cui prestiamo troppa poca
Cediamo i nostri dati volontariamente e
in cambio riceviamo qualcosa. Cosa c’è
di così grave? Dopotutto siamo cittadini
maggiorenni.
Finché si vive in una democrazia funzio-
nante potrebbero non esserci conseguenze.
Ma un ordinamento democratico non
è scolpito nella pietra, nemmeno quello
svizzero, e al momento vediamo segnali
che provano come non ci stiamo muoven-
do in una direzione liberale e democra-
tica bensì autoritaria, in Occidente come
in Oriente.
Non sarà troppo allarmista?
Una meravigliosa canzone popolare tedesca
dice: «I pensieri sono liberi». Oggi
dovremmo dire: i pensieri non sono più
liberi, e quando i pensieri non sono liberi
a rimetterci è l’essenza dello Stato liberale.
«Chi vuole eliminare
i contanti vuole
il controllo totale sul
cittadino.»
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 40 26.05.17 10:53
— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 41
attenzione. Le assicurazioni sulla vita
americane stanno già studiando come de-
sumere informazioni su stile e aspettati-
va di vita dei clienti dai loro profi li online
e respingono le persone che non sono
presenti sui social network perché non è
possibile stabilirne il profi lo di rischio.
Ed è anche stato reso noto che all’arrivo
negli USA è necessario rivelare quanto
prima contatti del cellulare e password dei
social network. E siamo solo all’inizio.
Facebook esiste solo dal 2004, Twitter dal
2006 e Instagram dal 2010.
Il ritornello standard è: chi non ha nulla da
nascondere non ha nulla da temere.
E io ogni volta ribatto: vuoi che tutto ciò
che accade nel tuo privato diventi di
pubblico dominio? La frase implica che
chi vuole tenere il privato per sé è per-
ché fa qualcosa di vietato o disdicevole.
Se la pensiamo così, allora nulla è più
privato. Trovo inaudito che oggi ci si debba
difendere se non vogliamo condividere
degli aspetti della nostra vita con tutti.
Questo è esattamente ciò che mi infasti-
disce maggiormente dei social media:
le impostazioni standard sono studiate in
modo che del mio profi lo di privato ci
sia molto poco. Ma dovrebbe essere esatta-
mente il contrario e ci dovrebbero essere
dei vincoli di legge in tal senso per gli
operatori.
È necessario difendere le persone da se stesse?
No, ma le si deve mettere nella posizione
di far valere i propri diritti. Per la maggior
parte delle persone è diffi cile tenere il
passo con l’evoluzione tecnologica, ecco
perché è necessario un migliore quadro
giuridico. Il problema naturalmente è che
da singoli è improbabile mettersi contro lo
Stato o aziende come Facebook e Google.
Dev’esserci un’autorità, come l’Incaricato
della protezione dei dati, che rappresenti
le persone e lotti per questi interessi,
come ho fatto io con Google Street View.
In veste di politico di sinistra, negli anni
Settanta e Ottanta era sotto la sorveglianza
del sistema di protezione dello Stato elvetico.
Com’è stato?
Ero su una lista nera. C’erano persone in-
caricate di controllarmi personalmente.
Un pensiero da incubo. Non voglio banaliz-
zare, ma ciò che allora queste persone
scoprirono sul mio conto sono sciocchezze
rispetto alle informazioni oggi disponibili
sui social media.
Dopo ogni attacco terroristico si fanno più
insistenti le voci di chi pensa che le persone
potenzialmente pericolose andrebbero
monitorate maggiormente.
Capisco che in tempi di incertezza ci si
chieda se si può fare di più e natural-
mente è necessario che polizia e servizi
segreti facciano il loro lavoro di sorve-
glianza. Tuttavia non dobbiamo illuderci
che svolgere molte attività di intercetta-
zione, pedinamento e spionaggio sia la
chiave per avere il problema sotto control-
lo. Nemmeno con una sorveglianza conti-
nua si può impedire a qualcuno di lanciarsi
su una folla con la propria auto come
accaduto a Stoccolma, Londra o Berlino.
Come è possibile trovare un equilibrio tra
sicurezza e libertà?
L’equilibrio lo dobbiamo negoziare noi
di volta in volta come società. In uno Stato
funzionante ci si può accordare su un
equilibrio da aggiustare eventualmente con
il tempo, deve essere un processo. Per
me tuttavia ci sono determinati principi
dello Stato di diritto che non possono
essere sacrifi cati in nome di un’ossessione
per la sicurezza.
Lei dove colloca il limite?
Con Big Data Analytics già oggi è pos-
sibile determinare, in base al profi lo della
personalità, le probabilità che una certa
persona sviluppi comportamenti criminali.
Cosa facciamo se l’algoritmo dà una
probabilità dell’80 o persino del 90 per
cento? Il mio limite è questo: non
dev’essere permesso arrestare una persona
in assenza di un sospetto fondato o
metterla in galera a tempo quasi indeter-
minato in mancanza della sentenza di
un tribunale.
Un’ultima cosa: vorremmo che
lei commentasse alcune parole chiave.
Prego.
Contanti.
Senza contanti non c’è sfera privata. Chi
vuole eliminare i contanti, e sono sempre
più numerosi i governi che vanno in
questa direzione, vuole il controllo totale
sul cittadino. Lo Stato vuole sapere nel
dettaglio per cosa spendo il mio denaro.
Molte persone non si rendono conto di
questo legame: l’abbandono del denaro
contante ha molto a che fare con la
rinuncia alle libertà. Il cittadino maggio-
renne deve essere libero di investire i
propri soldi come gli aggrada, di spenderli
come e per chi meglio crede, senza che
ci sia un controllo da parte dello Stato.
Segreto bancario.
Ne sono da sempre uno strenuo difensore.
Come io sia organizzato dal punto di
vista fi nanziario è parte integrante della
mia sfera privata. Nessuno deve sapere
quali sono i miei mezzi e come li impiego.
Ma chi abusa del segreto bancario, ad
esempio per sottrarsi alle imposte, perde
questa tutela. Alcune banche hanno pur-
troppo trasformato il segreto bancario in
un segreto per coprire l’evasione fi scale,
ne hanno fatto un modello di business.
La libertà non può essere sfruttata per
nascondere un reato.
Scambio automatico di informazioni.
Posso accettarlo fi no a un certo punto,
ovvero fi ntanto che i principi dello Stato
di diritto sono garantiti. Inizio però
a storcere il naso quando sono coinvolti
Stati non democratici. Non trovo ad
esempio accettabile uno scambio automa-
tico di informazioni con la Russia.
Abbiamo già perso la battaglia per la
tutela della nostra sfera privata?
No, ma ci troviamo in una fase critica.
In fi n dei conti anche l’indiff erenza
delle persone costituisce un pericolo.
Se vogliamo salvaguardare la nostra
privacy non possiamo sottrarci al senso
di responsabilità. Come cittadini dob-
biamo essere più allerta, meglio informati
e anche sviluppare un senso critico.
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 41 26.05.17 10:53
— Sfera privata —
42 — Bulletin 2 / 2017
Cacciatori in crisiIl modello di business dei paparazzi vacilla. Oggi le celebrità
pubblicano le foto spontaneamente. Da Los Angeles, uno dei più rinomati
rappresentanti del settore sogna i bei tempi passati.
Di Beatrice Schlag
Quasi dieci anni fa, il paparazzo Rick Mendoza fi nì per un paio di
giorni alla ribalta della cronaca mondana perché a Beverly Hills la
popstar Britney Spears gli aveva schiacciato il piede con l’auto. La
foto di Mendoza riverso a terra con la fotocamera in mano e di
una spaventata Britney Spears al volante della sua auto fece il giro
del mondo.
Rick Mendoza, da 14 anni fotografo delle star nonché uno
tra i più abili paparazzi di Hollywood, ne parla malvolentieri.
«Eravamo un gruppo di fotografi , aspettavamo Britney davanti a
uno studio medico. Lei uscì, si sedette al volante. Io mi trovavo
proprio a fi anco dell’auto. Un’automobilista aveva bloccato l’uscita
del parcheggio. Britney provò a svoltare. Così facendo, passò sul
mio piede». Ma in realtà, aff erma Mendoza, la storia dell’infortu-
nio non la racconta giusta su lui e Britney.
La storia vera è meglio. Chi legge anche saltuariamente le
pagine mondane ricorderà che nel 2007, dopo la separazione dal
marito Kevin Federline, Britney Spears faceva cose strane: ammac-
cava con l’ombrello le auto dei paparazzi, a tarda sera si rasava i
capelli a zero in un ignoto salone di parrucchiere e guidava il SUV
attraverso la città con il fi glio sulle ginocchia. Un esaurimento ner-
voso, sospettavano i media. «Molti pensano che Britney non sia
molto a posto», aff erma Mendoza, «ma lei è abilissima nel gestire
la sua immagine. All’epoca era in rotta con Federline per i soldi e
la custodia dei fi gli, non aveva un nuovo album in arrivo, né una
tournée in programma. In un momento così è facile fi nire nel
dimenticatoio».
Britney Spears incaricò un gruppo di paparazzi, tra cui Men-
doza, di inseguirla 24 ore su 24 e di rivelare le novità ai media.
«Abbiamo mantenuto accesi i rifl ettori fi no alla risoluzione dei
problemi con i fi gli e le fi nanze. Federline sapeva che era tutta una
montatura. Ma taceva. C’erano di mezzo i soldi.
So bene come funziona il sistema. Sono uno degli ingranag-
gi della macchina scandalistica hollywoodiana. L’album successivo
di Britney, ‹Circus›, fu un enorme successo».
In seguito all’incidente che provocò la morte della principessa
Diana e del magnate Dodi Al-Fayed a Parigi, lo sdegno dell’opi-
nione pubblica nei confronti dei paparazzi toccò l’apice. Nell’onda-
ta di indignazione che seguì la fi ne di Diana, vittima dei paparazzi,
a nessuno venne in mente che anche la principessa era stata
un’abile manipolatrice dei media, pronta a off rirsi agli obiettivi dei
fotografi quando più le conveniva. L’autore delle immagini che
ritraevano Diana due giorni prima della morte, tranquilla e ab-
bronzata insieme a Dodi sullo yacht di lui, era stato reclutato dalla
principessa. Nelle vesti di amante di un ricco musulmano, voleva
dare uno schiaff o alla casa reale.
«Noi siamo i perfetti capri espiatori»: Rick Mendoza
lavora da 14 anni come fotografo delle celebrità.
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 42 26.05.17 10:53
— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 43
Nuova acconciatura, nuovo colore di capelli, nuovo tatuaggio? È la novità che paga. Nella foto: paparazzi davanti a un night club di Los Angeles.
Per i profani del gossip: al di fuori del porto, le celebrità vengono
fotografate solo con il loro consenso. I mezzi dei paparazzi e delle
loro agenzie non bastano per noleggiare imbarcazioni con cui in-
seguire le star in mare aperto, considerando che potrebbero non
mostrarsi in coperta per giorni.
Talvolta la simbiosi tra star e paparazzi è sorprendentemente
palese. Nel 2005 tutto il mondo mediatico rideva delle foto che
mostravano per la prima volta insieme Angelina Jolie, il fi glio
adottivo Maddox e Brad Pitt dopo la sua separazione da Jennifer
Aniston, scattate durante una passeggiata sulla Diani Beach in
Kenya. Nessun paparazzo si apposta casualmente su una spiaggia
africana. Erano immagini commissionate. Dopo gli anni turbolen-
ti a fi anco di Billy Bob Th ornton, Angelina Jolie aveva urgente-
mente bisogno di off rire al pubblico un’immagine di sé più seria,
come madre adottiva e impegnata benefattrice.
È la novità che paga
Non tutti, ma molti degli scatti dei paparazzi si basano su simili
accordi (in gergo: «assignments»): le informazioni sul luogo in cui
comparirà in pubblico il vip provengono dal suo stesso contesto.
Quando Victoria Beckham viveva ancora a Los Angeles, alcune
agenzie fotografi che venivano informate quasi quotidianamente
via fax sui suoi spostamenti.
Ancora più redditizi sono i cosiddetti «specialties»: incarichi
mirati delle agenzie di PR, che sperano di riportare in auge i loro
clienti pressoché dimenticati con immagini che sembrano istanta-
nee. Spesso questi committenti abitano al di fuori della «thirty-
mile zone»: la riserva di caccia dei paparazzi di Los Angeles si esten-
de per un raggio di 30 miglia intorno alla sede del portale di gossip
TMZ.com nella zona ovest di Hollywood. Comprende tutti i
grandi studi e i quartieri di lusso come Beverly Hills, Malibu e
Los Feliz, dove vive la maggior parte delle celebrità.
In mancanza di «assignments» o «specialties», si pratica il
«door stepping». I fotografi si appostano dalle sei del mattino
davanti alle ville di personaggi come Kim Kardashian, l’icona del
gossip hollywoodiano più gettonata del momento, e attendono
fi no a quando escono di casa. Oppure si piazzano davanti alle pa-
lestre e ai centri di yoga frequentati dalle star dei reality. I paparazzi
conoscono i luoghi a menadito, scattano qualche foto, poi seguono
i personaggi nella speranza che si fermino da Starbucks o in
Foto: Rick Mendoza; Jessica Dimmock / VII / Redux / Laif
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 43 26.05.17 10:53
— Sfera privata —
44 — Bulletin 2 / 2017
Beatrice Schlag è giornalista freelance
a Zurigo e Los Angeles.
una boutique di lusso, dove realizzare scatti più interessanti.
L’adrenalina è alta, sostiene Rick Mendoza, perché ogni dettaglio
è importante: abbigliamento, occhiali da sole, borsa, scarpe – tutto
materiale per le pagine di moda. Nuova acconciatura, nuovo colore
di capelli, nuovo tatuaggio? È la novità che paga.
Mendoza si rende conto del motivo per cui le celebrità dete-
stano quelli come lui? «Non gli creda quando si arrabbiano con
noi», aff erma senza scomporsi. «Le star non possono lamentarsi dei
fan importuni, né dei cacciatori di autografi o delle foto rubate con
lo smartphone. Ma noi siamo i perfetti capri espiatori. Chi vuole
davvero liberarsi di noi, non deve far altro che trasferirsi in un’altra
città. Ma se i fotografi se ne stanno alla larga, la carriera va a picco».
Mendoza riconosce alle star il diritto alla privacy, «ma solo fra le
quattro mura di casa loro. Queste persone hanno scelto una carrie-
ra che li rende personaggi pubblici non appena escono di casa.
È stata una loro decisione».
Fino a due anni fa, Rick Mendoza non accettava «assign-
ments», «specialties» o il «door stepping»; solo raramente il
«LAX», ovvero l’appostamento all’aeroporto di Los Angeles. Pra-
ticava solo la disciplina regina dei paparazzi: la foto o il video
esclusivi, che solo lui aveva e poteva vendere a prezzi esorbitanti.
Come la foto di Zsa Zsa Gabor in ambulanza. Fu l’ultima foto
pubblicata prima della sua morte e gli fruttò 65 000 dollari, «non
negli Stati Uniti, ma in Ungheria, Austria e Germania, dove era
ancora famosa. Da tempo il nostro mercato non si limita più solo
agli Stati Uniti». Ed è in piena espansione. La domanda di indi-
screzioni sulle celebrità aumenta costantemente su Internet, sulla
stampa e in televisione.
Eppure i tempi sono molto più duri per i paparazzi di
Hollywood. Non solo perché oggi chiunque può tirar fuori un
cellulare se si imbatte in una star. Quindi in teoria sono milioni i
«waparazzi», così chiamati per via del Wireless application proto-
col (WAP) che supporta l’accesso a Internet degli smartphone.
Nel frattempo sono sorte anche apposite agenzie dove i profani
possono mettere in vendita i loro scatti. Ma diffi cilmente un non
professionista che avvisti Jennifer Aniston sulla Sunset Plaza ha
in memoria il loro numero.
Il problema di Mendoza non sono nemmeno i «waparazzi».
È convinto che nessun profano possa competere con la velocità
con cui i professionisti caricano le foto sul computer, le corredano
di un testo e le inviano alle agenzie. Mezz’ora circa dopo che
Mendoza ha scattato la foto, la sua agenzia la invia in tutto il
mondo in un’e-mail di massa con titoli come «Nuova foto di XY
senza fede al dito!».
La concorrenza si chiama Twitter, Instagram o Snapchat
Più che dai fotografi amatoriali, la concorrenza proviene dalle star
stesse che, per curare la loro immagine, gestiscono sempre più in
prima persona la loro presenza fotografi ca sui social media. Ancora
prima che le foto di qualche celebrità femminile con la pancia ar-
rotondata alimentino le voci di una cicogna in volo, molte donne
famose annunciano la loro gravidanza con un selfi e su Twitter,
Instagram o Snapchat. Altre immortalano il nuovo anello di fi dan-
zamento prima ancora di sfoggiarlo in pubblico.
Ma il motivo principale per cui oggi i paparazzi di L.A. inta-
scano poco più di un reddito medio è la crisi economica iniziata
nel 2008. Le tirature delle riviste di gossip come «People», «Us
Weekly», «In Touch» e «OK!», la cui concorrenza fi nora aveva tenuto
alti i compensi per le foto dei paparazzi, hanno fatto registrare un
crollo, i prezzi delle inserzioni sono scesi. Al loro posto sono sorti
su Internet innumerevoli portali di gossip e celebrity blog gratuiti,
che nel migliore dei casi pagano compensi a due cifre per le foto.
Tramonta l’epoca degli eccessi
Le agenzie si sono accorpate o sono sparite, arrivando a off rire le
foto che alimentano il gossip in abbonamento mensile. Nel 2013
la California ha inasprito le leggi anti-paparazzi per tutelare me-
glio i fi gli dei personaggi famosi. Le sanzioni pecuniarie per i fo-
tografi che si avvicinano ai rampolli dei vip tanto da provocare il
loro «turbamento» sono severissime. Nessuno sa esattamente cosa
si intenda per turbamento in questo contesto. È suffi ciente chia-
mare un bambino per nome?
E poi, continua Rick Mendoza, c’è un altro problema, tanto
imprevedibile quanto la crisi fi nanziaria: la «thirty-mile zone»
sembra aver perso la voglia di trasgredire. Fino a qualche anno fa,
a L.A. si aggiravano circa 500 paparazzi. Oggi, secondo i suoi cal-
coli, non superano i cento. I suoi anni d’oro, aff erma Mendoza,
sono stati quelli delle giovani star fuori controllo: Britney, Lindsay,
Paris… sempre fuori casa, sempre in vena di far festa, spesso non
del tutto lucide e con il make-up sfatto. Andavano a ruba.
Oggi le star festeggiano nelle loro ville. E in pubblico si
comportano a modo. Per questo ora Rick accetta anche «assign-
ments» e «specialties» e si apposta davanti alla villa di Kim Karda-
shian nella speranza di intercettarla con il suo bambino in braccio.
Perché le immagini madre-fi glio sono molto ambite. Kim con fi -
glio vale un migliaio di dollari. Se bacia il piccolo, naturalmente di
sua spontanea volontà e senza alcuna forzatura, se ne potrebbero
ricavare anche diecimila.
«Chi vuole davvero liberarsi
di noi, non deve far altro
che trasferirsi in un’altra città.»
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 44 26.05.17 10:53
— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 45
(NON) SI DEVE SAPERE
COSA RIVELA UN «MI PIACE»
Facebook ci conosce meglio
di familiari e amici. Secondo
i ricercatori dell’Università
britannica di Cambridge,
un buon algoritmo è in grado
di interpretare la nostra
personalità sulla base dei
«Mi piace» su Facebook.
Già con dieci «Mi piace»
analizzati il computer conosce
l’utente meglio dei colleghi,
con 70 meglio degli amici, con
150 meglio di genitori e
fratelli, e con 300 «Mi piace»
meglio di un partner.
Queste cifre e fatti sul lavoro non servono a molto, ma vi
daranno una mano quando, durante la prossima cena
(privata), vi troverete a parlare del mondo online e offl ine.
Di Mathias Plüss e Matt Blease (illustrazioni)
IL BOOM DEL PRIVATOA partire dal 1900 l’utilizzo del termine inglese
«privacy» è più che sestuplicato.
La scala a destra indica la frequenza
della parola «privacy» nei libri in lingua
inglese rispetto a tutte le altre parole.
Fonte: Google Ngram Viewer
Il 30 per cento delle
persone non si è mai
preoccupato di proteggere
i propri dati. LINGUA IN
CODICEROMANCIO
La lingua Navajo è così
complessa che durante
la Seconda guerra mondiale
le forze armate americane
impiegarono gli indiani
Navajo come radiotelegrafi sti.
A diff erenza dei normali
linguaggi criptati, questo
«codice» non fu mai decifrato.
Anche in Svizzera esiste
una lingua segreta: durante
la guerra fredda, Berna
avrebbe occasionalmente
comunicato in romancio con
la sua ambasciata di Mosca.
1
1800 20000%
0,002%
0,001%
1900
KAYLA ITSINES (26 ANNI, AU)Inizialmente l’istruttrice di fi tness lavorava con signore piuttosto in
là con gli anni; la sua famosa BBG («Bikini body guide») si rivolge a donne «normali» che hanno poco
tempo. Le molte foto «prima/dopo» dicono: anche tu puoi farcela!
6,7 mio. 11,5 mio. 18,2 mio.
Già nel 1946 l’FBI era
in possesso di circa cento
milioni di cartoncini
con le impronte digitali.
Già nel 1946 l’FBI
in possesso dimili
Foto: Ken McKay / ITV / REX / Shutterstock / Dukas
Spesso le star di Internet riesconoa raggiungere un pubblico più
vasto rispetto ai media tradizionali. Collezionano clic mettendo inmostra vita privata e hobby, e
guadagnando una fortuna.
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 45 26.05.17 10:53
— Sfera privata —
46 — Bulletin 2 / 2017
Fonti: Hasso-Plattner-Institut, Università di Potsdam, Le password più usate del 2016, Keeper Security
L’AUTO CHE SI APRE DA SOLA
Le auto con sistema keyless,
che si aprono automatica-
mente via radio non appena il
proprietario vi si avvicina,
fi nora presentano un grave
svantaggio: sono relativamente
facili da hackerare. Mentre
il proprietario si allontana
dall’auto, il ladro gli si avvicina.
Se riesce a potenziare a
suffi cienza i segnali costanti
emessi dalla chiave, può
aprire l’auto anche a distanza.
L’attrezzatura necessaria
è reperibile su Internet per
35 000 euro.
FINE DELLE TRASMIS-
SIONIUna delle vie d’accesso
preferite per spiare gli altri è
la webcam: chi si intrufola
nella telecamera di un portatile
o di un PC può comodamente
osservarne il proprietario.
Il miglior modo di proteggersi
è tanto semplice quanto effi cace:
mettere un post-it sull’obiet-
tivo della webcam. Persino il
presidente di Facebook
Mark Zuckerberg e il direttore
dell’FBI James Comey
ricorrono a questo metodo
«vecchia scuola». Tuttavia
sarebbe ancora più importante
aggiornare regolarmente il
sistema operativo e i programmi
antivirus per avere sempre
la massima sicurezza.
LE PASSWORD PIU’ USATE DEL 2016Un’analisi di oltre 10 milioni di password trapelate in seguito a fughe di dati ha dimostrato che:
un utente su due si affi da a una delle 25 password più comuni, e quasi uno su sei sceglie la prima
della classifi ca: 123456.
Germania:1. .......... 1234562. .......... 1234567893. .......... 123454. .......... hallo5. .......... 12346. .......... passwort7. .......... 123456788. .......... hallo1239. .......... schalke0410. ......... 1234567
Svizzera:1. .......... 1234562. .......... 123453. .......... 1234567894. .......... 123456785. .......... 12346. .......... 2121217. .......... soleil8. .......... 1111119. .......... hallo10. ......... juventus
Nel mondo:1. .......... 1234562. .......... 1234567893. .......... qwerty4. .......... 123456785. .......... 1111116. .......... 12345678907. .......... 12345678. .......... password9. .......... 12312310. ......... 987654321
In media, ogni abitante del
Regno Unito viene ripreso ogni
giorno da circa 70 telecamere.
A PROVA DI HACKER:
CARTAPer andare davvero sul sicuro,
la soluzione è passare all’analo-
gico. I servizi segreti russi ar-
chiviano alcuni documenti deli-
cati non più in formato digitale,
ma solo cartaceo, redatti a mano
o con macchine da scrivere.
2
LACI GREEN (28 ANNI, USA)Da oltre dieci anni la fi glia di una
mormona e di un iraniano chiacchiera di educazione
sessuale su YouTube. Laci, che si considera «pansessuale» ed
è dottoranda in Public Health Management, vuole che il
sesso smetta di essere un tabù. 141 mio.
Le
ch
è reperibile su Internet per
35 000 euro.
1 2 43 5 65
Foto: Simon Hadley / Alamy Stock Photo; Mike Windle / Getty Images for Dick Clark Productions
A RISCHIO HACKER:
SKATEBOARDGli oggetti hackerabili sono:
babyphone, armi telecoman-
date, serrature elettroniche,
satelliti, impianti di riscalda-
mento, sistemi di controllo
aereo, semafori, reti elettriche,
defi brillatori, telecomandi,
fotocamere digitali, scanner,
centrali nucleari, droni, porte
di sicurezza, aerei da combat-
timento, skateboard elettrici.
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 46 26.05.17 10:53
— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 47
QUIZ
1 Quale tra questi strumenti
di spionaggio storici è realmente
esistito?
a — Sistemi di intercettazione
formati da vasi di argilla
collegati da fi li (romani)
b — Piccioni con telecamera
(Prima guerra mondiale)
c — Mini sommergibili nei condotti
di scarico (Seconda guerra
mondiale)
d — Ratti con microfoni
(guerra fredda)
2 Quale delle seguenti password
non è per niente sicura?
a — afmr/_-mhq
b — ,-.nswrgol
c — xcvbnm,.
d — gs-lb/sy,k
3 Quale di questi oggetti è da
poco considerato ufficialmente
un «sistema di intercettazione
occulto» in Germania e deve
pertanto essere distrutto da chi lo
possiede?
a — La bambola parlante britannica
Cayla
b — Il robot-infermiere giapponese
Robear
c — Il babyphone americano
Motorola Babycontrol MBP35
d — La luce stroboscopica cinese
Spriak SP-LI-86l
4 Quanti punti del modello di
movimento di un individuo è
necessario conoscere per poterlo
identifi care tra un milione e
mezzo di persone?
a — 4
b — 40
c — 400
d — 4000
5 Quale noto personaggio
statunitense è stato
vittima di un attacco hacker
al suo pacemaker?
a — L’investitore George Soros
b — L’ex presidente George
H. W. Bush
c — L’ ex vicepresidente
Dick Cheney
d — Il vicepresidente William
Walden di «Homeland»
6 Quante schede relative a
persone e organizzazioni
ha creato lo Stato svizzero
fi no al 1990?
a — 9000
b — 90 000
c — 900 000
d — 9 000 000
7 In che modo è possibile
evitare che la chiave della propria
auto (si veda a sinistra)
subisca un attacco hacker?
a — Parcheggiare in un garage
sotterraneo
b — Avvolgere la chiave
nell’alluminio
c — Lasciare il bagagliaio
socchiuso
d — Mettere la chiave in frigo
Soluzioni: 1b / 2c (corrisponde alla seconda fila di tasti dal basso) /
3a / 4a / 5d / 6c / 7b e d (alluminio e frigo proteggono il segnale emesso
dalla chiave)SE LA
STAMPANTE CANTA
L’hackeraggio può essere anche
acustico. Oggi è possibile
1) ricostruire il testo stampato
sulla base dei suoni emessi
dalla stampante, 2) capire cosa
qualcuno sta scrivendo
sulla base del rumore dei tasti,
3) ricavare dati sensibili e
password dai rumori dell’hard
disk.
Sette domande per valutare i vostri sistemi di sicurezza.
3
4
5
ELISE ANDREW (28 ANNI, UK)La pagina Facebook «I fucking
love science» è seguita dal doppio degli utenti di quella del
«New York Times». Elise Andrew vuole rendere la scienza
accessibile a tutti. Uno degli ultimi post tratta di una specie di
gambero in grado di produrre un suono fortissimo, il cui nome
è un tributo ai Pink Floyd. 26 Mio.
LILLY «SUPERWOMAN» SINGH (28 ANNI, CAN)
YouTube ha dato vita a un intero esercito di attori comici.
Una delle più brillanti è Singh, che lo scorso anno ha
guadagnato 7,5 milioni di dollari con i suoi video.
1837 Mio.
RUBÉN DOBLAS GUNDERSEN (27 ANNI, ES)
Con lo pseudonimo El Rubius, lo spagnolo recensisce gli ultimi videogiochi sul suo canale
YouTube. Tre anni fa la star di Internet ha scritto un libro di quiz
(«El libro Troll»), arrivato in vetta alle classifi che dei libri più
venduti in Spagna. 5236 mio.
q
sulla base del rumore dei tasti,
3) ricavare dati sensibili e
password dai rumori dell’hard
disk.
EN
lo mi
di uiz
più
Foto: Carlos Alvarez / Getty Images; Shotwell / REX / Shutterstock / Dukas; Henry S. Dziekan III / WireImage / Getty Images
022_304_Bulletin_02_17_Teil2_IT_26-47 47 26.05.17 10:53
— Sfera privata —
48 — Bulletin 2 / 2017
Simon
Sanno quello che fanno
022_304_Bulletin_02_17_Teil3_IT_48-74 48 26.05.17 10:54
Bulletin 2 / 2017 — 49Bulletin 2 / 2017 — 49
I giovani e i mezzi di comunicazione digitali sono un fenomeno che
disorienta i genitori e tiene occupate schiere di esperti (adulti). Ma i
giovani sanno perfettamente come tutelare la loro sfera privata.
Sono gli adulti che hanno molto da imparare.
Di Iris Kuhn-Spogat (testo) e Anne Morgenstern (foto)
— Sfera privata —
Cyrill
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Sina
022_304_Bulletin_02_17_Teil3_IT_48-74 50 26.05.17 10:54
— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 51
Cyrill, 18 anni,
apprendista
«Condivido la mia vita
privata solo con
pochi contatti diretti.
Raramente carico
foto private, fotografo
solo ciò che vedo e
trovo interessante. Co-
nosco bene i confl itti
con i genitori a causa del
cellulare. Secondo loro
soff oca le idee e mi im-
pedisce di fare altro.
In un certo senso è vero.
Al momento non pos-
sono lamentarsi, sono
spesso in offi cina a
provare le macchine. Ho
in lavorazione diverse
lame e un appendiabiti.»
Sina, 17 anni, liceale
«Anche mio padre è su
Instagram. Io non lo
seguo e nemmeno lui
segue me. Era ovvio,
non c’è stato bisogno di
parlarne e lo apprezzo.
Tutti i miei account sono
protetti, decido io chi
aggiungere e chi no. Non
accetto sconosciuti
come follower e seguo
solo contatti che co-
nosco di persona. Così
difendo la mia sfera
privata anche online.
A volte però non è facile
scovare le impostazioni
per la tutela della
privacy.»
Simon, 17 anni, apprendista
«Io ho diverse sfere
private. La mia personale
e quella famigliare, di
cui nulla va online. Con
i colleghi sono attivo
soprattutto su WhatsApp,
Instagram e Snapchat,
ma anche lì non condivi-
do molto. Direi che
della mia vita pubblico
al massimo il cinque
per cento. Su Snapchat
qualche foto che non
caricherei mai su Insta-
gram e che poi per
fortuna sparisce. Su Insta
mi sono creato un’im-
magine senza rivelare
molto di me. Si può
vedere che so fare il salto
mortale all’indietro da
terra. Non molto altro.»
a domanda «Cosa intende per sfera privata
e come la protegge?» lascia subito affi orare
una controdomanda: «Offl ine od online?».
Un venerdì pomeriggio alla scuola canto-
nale di Wettingen. Nell’aula 210 Philippe
Wampfl er insegna la materia integrativa
«Digitale Gesellschaft und ihre Medien»
(La società digitale e i suoi media), in bre-
ve DGM. È stata introdotta nell’estate del
2015 perché, come si legge nella presen-
tazione del corso, «le possibilità della di-
gitalizzazione trasformano radicalmente il
modo in cui comunichiamo». E con l’obiet-
tivo dichiarato di aiutare i giovani a ricono-
scere, rifl ettere, «orientarsi nella realtà del
XXI secolo».
Ma non di rado Wampfl er, rinomato
esperto DGM, ha l’impressione opposta:
sono i suoi studenti ad aprirgli gli occhi.
Come quando voleva discutere con la clas-
se del messaggio di una foto che ritraeva
due ragazze e un ragazzo. «Per me si tratta-
va chiaramente della relazione dell’uomo
con una delle due donne», aff erma l’inse-
gnante. I suoi studenti la vedevano in modo
completamente diverso. Per loro non c’era-
no dubbi: la foto è un messaggio dei tre
per qualcuno di poco gradito. Il messaggio:
«Non è come pensate, non riuscirete a divi-
derci». Wampfl er ammette: «Esistono
L022_304_Bulletin_02_17_Teil3_IT_48-74 51 26.05.17 10:54
— Sfera privata —
52 — Bulletin 2 / 2017
Il singolo utente
Scuole/altri istituti di formazione
Stato/politica
Provider di servizi basati su Internet
Provider Internet
Aziende
Fornitori di computer/tablet/smartphone
Associazioni/gruppi d'interesse/ONG
Persone come Julian Assange/Edward Snowden
livelli di signifi cato nascosti che io come
adulto non conosco, ma che i giovani cono-
scono molto bene».
I giovani e i mezzi di comunicazione
digitali: un fenomeno che accomuna i gio-
vani, disorienta i genitori, tiene occupate
schiere di esperti adulti e getta nell’incer-
tezza i reparti di marketing delle aziende.
Fanno domande, congetture, valutazioni,
ricerche; redigono studi, dissertazioni, arti-
coli di giornale, blog, presentazioni e guide.
Per ogni tesi esiste uno studio che la conva-
lida. Spesso fanno proprie le ipotesi e i ti-
mori imperanti, i risultati poi portano ac-
qua al mulino degli scettici: è vero che nel
mondo digitale si celano molti pericoli.
Quando sono i mezzi di comunicazione a
dominare i giovani e non viceversa, incom-
bono minacce come mobbing, stress, diffi -
coltà ad addormentarsi, carenza di sonno,
depressione, dipendenza e abuso.
La buona notizia: le conoscenze e i
rapporti di forza si spostano continuamen-
te a favore dei giovani utenti. «Diventano
sempre più bravi a gestire i mezzi di comu-
nicazione digitali», aff erma Gregor Waller,
coresponsabile del gruppo specialistico di
psicologia dei media della ZHAW, che
ogni due anni in collaborazione con Swiss-
com conduce «James», un grande studio
sull’uso dei media e le abitudini nel tempo
libero dei ragazzi tra i 12 e i 19 anni. «E già
oggi se la cavano altrettanto bene o meglio
degli adulti.» Trova così conferma la tesi
delle tre ricercatrici statunitensi Alexis
Hiniker, Sarita Y. Schoenebeck e Julie A.
Kientz della University of Washington e
della University of Michigan, che recente-
mente hanno voluto appurare quali regole
impongano le famiglie riguardo all’uso
della tecnologia e come vi reagiscano i gio-
vani. Quello che hanno scoperto ha dell’in-
credibile. Per esempio, in una domanda
aperta, il 20 per cento dei fi gli lamentava
che i genitori pubblicano le loro foto senza
chiedere. Per la maggioranza dei padri e
delle madri non era un problema. «I gio-
vani sono più sensibili degli adulti in tema
di dati e sfera privata?», chiedono le ricer-
catrici. Sì, lo sono.
La sfera privata è una conquista
Torniamo alla scuola cantonale di Wet-
tingen: «Cosa si intende per sfera privata
offl ine», chiede Wampfl er e riceve risposte
come: «la mia camera», «i miei trucchi», «io
in bagno», «ciò che indosso», «le persone
con cui esco», «come spendo i miei soldi».
La sfera privata analogica è sinonimo di
spazi privati e autodeterminazione. Viene
tutelata con chiare asserzioni come: «nes-
suno può entrare nella mia stanza», «non ti
riguarda» o «lasciami in pace», dando per
scontato che saranno rispettate. E se così
non fosse? Quando una studentessa dice
che questo la fa infuriare, un altro annuisce
facendo il pugno e tutta la classe scoppia a
ridere. È comprensibile: in fondo i giovani
devono conquistare e poi difendere la loro
sfera privata, a nessuno viene regalata.
E nei contesti sociali virtuali? Da
uno studio del Pew Research Center e
della Harvard University emerge che so-
prattutto le giovani donne utilizzano i
dati privati con piena consapevolezza e
senza quell’ingenuità che spesso viene
loro attribuita dagli adulti. I rumorosi di-
ciassettenni della classe di Wampfl er si
dividono in due fazioni: gli uni proteggono
i propri account, li mantengono privati,
Simona, 15 anni,
studentessa
«Una compagna ha
postato foto in cui
appariva nuda, poi sono
state divulgate. Per
lei è stato orrendo: si è
alzato un gran polve-
rone e c’era la polizia in
classe. Ci hanno con-
sigliato di non postare
niente che non pubbli-
cheremmo in una rivista.
Mi sembra una buona
norma. Inoltre i miei
post possono essere visti
solo da una stretta cer-
chia di persone. Su Snap-
chat non ho contatti di
adulti. Innanzi tutto
perché quasi tutto ciò
che pubblico è total-
mente inutile. Secondo,
perché gli adulti ve-
dono certe cose in modo
diverso rispetto ai
coetanei.»
I giovani lo sanno: in rete sono responsabili in prima persona della loro sicurezza
0 in % 100
Ai giovani è stato chiesto: «Quanto ritenete importante il ruolo dei seguenti soggetti per la tutela dell’individuo e dei suoi dati personali?». Risposte «molto» e «abbastanza impor-tante», circa 1000 intervistati tra i 16 e i 25 anni.
Fonte: barometro della gioventù Credit Suisse 2016
88
79
77
71
69
69
65
60
44
022_304_Bulletin_02_17_Teil3_IT_48-74 52 26.05.17 10:54
Simona022_304_Bulletin_02_17_Teil3_IT_48-74 53 26.05.17 10:54
Abhash022_304_Bulletin_02_17_Teil3_IT_48-74 54 26.05.17 10:54
— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 55
può accedere solo chi chiede ed è gradito.
Gli altri pubblicano liberamente, ma solo
foto che chiunque può o deve vedere. Nes-
suno sottovaluta l’importanza della sfera
privata.
Chi è responsabile? Io!
La classe di Wampfl er si attesta quindi so-
pra la media svizzera, il che non sorprende:
è scientifi camente provato che l’istruzione
conti anche nel campo dei social media.
Ma, indipendentemente dal curriculum
scolastico, l’idea che la sfera privata vada
difesa è profondamente radicata nelle
menti dei giovani. Secondo lo studio «Ja-
mes» (giovani, attività, media – rilevamen-
to Svizzera), 940 dei 1000 intervistati tra i
12 e i 19 anni sono registrati su almeno un
social network, di questi tre quarti hanno
attivato le impostazioni di privacy del pro-
fi lo. Il barometro della gioventù Credit
Suisse 2016 conferma l’impressione che i
giovani sappiano bene cosa fanno: l’88 per
cento dei giovani tra i 16 e i 25 anni dichia-
ra di essere responsabile in prima persona
della propria sicurezza in rete (si veda la
fi gura a pag. 52).
«Un notevole passo avanti», aff erma
Waller, «è svanita la leggerezza con cui,
sul fi nire degli anni zero, i teenager sbarca-
vano su Facebook e che tuttora viene spes-
so attribuita ai giovani». Lo stesso vale
anche per l’interesse verso Facebook come
piattaforma di comunicazione. Facebook
è out: «Ho un account, ma non sono atti-
vo», dice uno studente. Un altro: «Vado
su Facebook perché solo lì vengo a sapere
di determinati eventi». I giovani non in-
teragiscono quasi più su questa piatta-
forma, non solo qui alla scuola cantonale
di Wettingen, ma in tutto il mondo: se-
condo Statista, a fi ne gennaio il 52,8 per
cento degli utenti era di età compresa tra i
25 e i 34 anni, ai giovani tra i 13 e i 17 anni
è attribuibile solo il 5,9 per cento dei pro-
fi li Facebook.
Anche secondo il barometro della
gioventù, Facebook non è più in voga, ma
ha trovato una nuova ragion d’essere: il
47 per cento lo usa come «canale di noti-
zie». Il social network ha già superato la
radio (42 per cento) e i quotidiani a paga-
mento (17 per cento).
A segnare il declino di Facebook
sono state le richieste di amicizia inviate
da madri e padrini, aff erma lo psicologo
dell’adolescenza zurighese Allan Guggen-
bühl. Anziché stabilire un contatto, hanno
messo in fuga i giovani.
Snap: troppo complicato per i genitori
Si pensi, per esempio, a Snapchat. Qui gli
scatti possono essere inviati a una selezio-
ne di amici confermati. Rimangono visi-
bili solo per pochi secondi e poi si auto-
distruggono. Questa app, dalle modalità
di utilizzo (in gergo «usability») così in-
consuete, risulta complicata agli occhi degli
adulti e viene scelta come luogo di ritro-
vo virtuale soprattutto dai giovani sotto i
25 anni. Le cifre sono enormi. Fondata a
Los Angeles nel 2011, l’app faceva registra-
re 158 milioni di utenti a fi ne 2016. A cosa
è dovuto questo clamore? «Se c’è una paura
correlata all’utilizzo di Internet, è quella
che le proprie tracce digitali non sparisca-
no», aff erma Michael In Albon, respon-
sabile della tutela mediatica dei giovani
per Swisscom.
Anche in Svizzera, secondo il ba-
rometro della gioventù Credit Suisse, il
52 per cento dei giovani tra i 16 e i 25 anni
utilizza già il servizio di comunicazione,
che a inizio marzo ha debuttato in borsa
ed è stato subito valutato 33 miliardi di
dollari. Anche su Snapchat i post non sono
del tutto sicuri. Possono essere catturati in
screenshot, archiviati o messi in circolazio-
ne. Questo però non è considerato accet-
tabile dalla community: «Fare uno screen-
shot è come abusare della fi ducia», aff erma
Waller, «chi infrange la regola, non riceverà
altri snap».
Le applicazioni come Snapchat pro-
ducono una frattura, nota anche come
confl itto generazionale, tra i giovani adulti
e i loro genitori eternamente giovani, ali-
mentando tensioni. Queste ultime sono
normali, auspicabili e addirittura necessa-
rie «affi nché i giovani trovino la loro iden-
tità», sostiene lo psicologo Allan Guggen-
bühl. E il professionista digitale Philippe
Wampfl er la vede così: «I giovani usano
Internet non perché sono cresciuti come
nativi digitali ma perché, vista la loro età,
è normale che intessano una propria rete
di relazioni».
L’obiettivo è tenere a distanza gli
adulti e lo strumento è lo smartphone,
questa centralina di comunicazione multi-
funzionale; secondo lo studio «James», il
99 per cento dei giovani svizzeri ne pos-
siede uno.
Per i teenager i gadget, così come le
app, non sono in prima istanza tecnologie,
ma parte integrante della loro cultura po-
polare, del presente. E questo è un mondo
di immagini. Le foto sono divenute uno tra
i principali strumenti di comunicazione
Abhash, 17 anni, liceale
«Ovviamente ai miei
genitori interessa cosa
faccio, con chi e dove.
Loro chiedono, io raccon-
to, è una questione di
fi ducia. I social media
non sono un proble-
ma a casa, i miei genitori
possono controllare
in qualsiasi momento.
Perché se ho qualcosa
da nascondere di certo
non lo pubblico on-
line. Per me le piatta-
forme social sono
come un palcoscenico.
Lì mostro un lato di
me che non ha molto a
che fare con la mia
normale vita da studente.
Sono appassionato
di fotografi a e il mio
account è aperto,
così i contatti con gli
stessi interessi pos-
sono vedere le mie foto.»
022_304_Bulletin_02_17_Teil3_IT_48-74 55 26.05.17 10:54
— Sfera privata —
56 — Bulletin 2 / 2017
e in questo i giovani assumono il ruolo di
precursori. Le loro aspettative sono alte,
ci mettono molta energia, ma anche pru-
denza. «Essere in piscina in bikini non è
come pubblicare una foto di sé in piscina in
bikini», aff erma una delle studentesse di
Wampfl er. Anche i suoi compagni sono
dello stesso parere. Il gruppo è compatto
anche in merito all’uso delle immagini sul-
le quali compaiono anche gli amici: prima
si chiede, poi si pubblica.
Ma non tutto ciò che gira in rete è
lecito: anche di questo i giovani sono con-
sapevoli. Sembrano piuttosto esperti nel
discernere tra i commenti online, secondo
il barometro della gioventù Credit Suisse
l’88 per cento sa che la rete pullula di troll
(si veda la fi gura sopra).
Genitori esclusi
Tutto perfetto, tutto sotto controllo? «È in-
credibile quanto tempo si trascorra su In-
stagram & Co.», aff erma uno studente. «Ci
sto perdendo gusto, sono ancora attivo ma
solo quando lo decido io.» Un altro raccon-
ta di aver cancellato il vecchio account, con
molte centinaia di follower in attesa di sue
notizie, e di averne aperto uno nuovo «con
solo una cinquantina di follower, senza
stress e senza complicazioni».
Instagram, dal 2012 di proprietà di
Facebook, è un grande palcoscenico di
autorappresentazione con chiare regole di
messa in scena: tutto ruota intorno alla
bellezza; le foto caricate devono essere
perfette; i «like» sono la moneta, la pru-
denza è l’assicurazione e la sfera privata la
cassaforte. Lo psicologo dei media Waller
conosce leggi non scritte: ovvero, che su
Instagram nulla deve essere pubblicato
sotto l’eff etto dell’alcol o durante l’uscita,
ma solo il giorno successivo.
Mondo vero, mondo virtuale: per la
maggior parte dei giovani esiste solo un
mondo, quello online è reale quanto quello
offl ine. Sono utenti esperti, abili nel de-
limitare il campo che sono disposti a con-
dividere con gli altri, spesso a discapito dei
genitori che restano tagliati fuori. Di soli-
to le sue foto compaiono su Snapchat per
soli due secondi, racconta una studentessa,
«troppo poco per uno screenshot». E trop-
po poco per un «fammi vedere» da parte dei
genitori. Suona la campanella della pausa,
un’ultima storia: racconta di un ragazzo di
15 anni al quale i genitori hanno imposto
di caricare sul cellulare un’app con un siste-
ma di localizzazione GPS per quando è
fuori casa. Ha accettato e installato il
GPS. Da allora, prima di cominciare i suoi
giri, lascia sempre lo smartphone da un
amico.
Deyna, 17 anni, liceale
«Utilizzo piattaforme
come Instagram per
condividere la mia vita
con gli altri. Il mio
account non è privato.
Questo signifi ca che
chiunque può guardare
le foto. Ma natural-
mente, prima di pub-
blicare qualcosa,
rifl etto bene e tengo
presente che molte
persone, diversamente da
me, sono piuttosto ini -
bite. Per me tutto ruota
intorno alla musica,
il metal e il rock sono le
mie passioni, vado
a concerti e festival.
Tramite Insta trovo in
tutto il mondo altri
con gli stessi interessi,
loro trovano me e
condividiamo questi
momenti fantastici.»
Iris Kuhn-Spogat è giornalista freelance
e madre di due adolescenti, dei quali non ha
l’amicizia su alcun social network.
Internet pullula di troll che vogliono solo provocare
Commenti di odio e insulti non sono consoni alla rete
Le emozioni negative infiammano gli animi molto in fretta
Celebrità e politici esercitano un influsso sui social media
Le emozioni negative in rete rafforzano i sentimenti di odio
Facebook e Twitter sono manipolabili
Su Facebook e Twitter prevale la fame di sensazionalismo
Spesso i commentatori online banalizzano problemi complessi
Grazie alla rete, le organizzazioni e le aziende intuiscono cosa vuole la gente
Grazie all’anonimato della rete le ingiustizie vengono svelate
I giovani hanno un’idea realistica dei commenti online
88
79
73
73
72
70
66
65
51
480 in % 100
Ai giovani è stato chiesto se sono d’ac-cordo o meno con alcune affermazioni che sono state loro presentate. Risposte «pienamente» e «abbastanza d’ac-cordo», circa 1000 intervistati tra i 16 e i 25 anni.
Fonte: barometro della gioventù Credit Suisse 2016
022_304_Bulletin_02_17_Teil3_IT_48-74 56 26.05.17 10:54
Deyna
022_304_Bulletin_02_17_Teil3_IT_48-74 57 26.05.17 10:54
— Sfera privata —
58 — Bulletin 2 / 2017
La paura di un controllo totale e della
perdita della libertà personale è
fortemente radicata nell’uomo e ha
ispirato alcune delle più celebri
opere della letteratura mondiale.
Di Th omas Widmer
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— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 59
C
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radbury · Fahrenheit
45
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×
Il p
roce
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Suzanne Collins
HUNGER GAMES
DA
VE
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GE
RS
IL
CERCHIO
hissà se qualcuno ha già letto questo articolo sul
cloud prima della pubblicazione sul Bulletin? Dopo-
tutto il sentimento dominante nella nostra epoca è la
paranoia: i servizi segreti possono intercettarci, gli
hacker penetrare nei computer e i social media rac-
cogliere i nostri dati.
I racconti che dipingono una visione cupa del
futuro si defi niscono «distopici» e spesso parlano di
intrusioni illecite nella vita privata. Il fi lone letterario
del genere è aff ascinante perché la paura può diventare
davvero reale. Il XX secolo ha dato ampiamente prova
di come le dittature possono privare il singolo dei suoi
diritti e i romanzi hanno descritto più e più volte la
vita sotto la tirannia di una dittatura. Ma il potere può
ricorrere anche a mezzi più sottili, e anche in tal senso
le distopie abbondano. Sottomissione dell’individuo
con medicinali che inducono apatia, annientamento
del pensiero critico tramite l’imposizione di una lin-
gua molto semplifi cata, contesti di armonia oppressiva
che rendono il cittadino un non cittadino.
La letteratura distopica ci permette di ricono-
scere le minacce che incombono su di noi. Non sono
storie belle, ma istruttive.
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60 — Bulletin 2 / 2017
— Sfera privata —
Franz Kafka
Il processo
1925
George Orwell
19841949
generale tutti sono felici nel «mondo
nuovo». Il titolo inglese originale
(Brave new world) cita Shakespeare:
«O brave new world, that has such
people in’t (O nuovo mondo impavido,
che ospiti uomini di tal genere)». La
particolarità dell’inglese Huxley è che
nel suo romanzo la sottomissione
non è attuata tramite la violenza, la tor-
tura o l’espropriazione dei beni: le
persone assumono un medicinale che le
rende felici, hanno una vita sessuale
intensa e rimangono degli eterni bambi-
ni. La comunità viene prima di tutto,
il privato è estremamente mal visto. Ma
naturalmente in paradiso ci sono gli
scettici, altrimenti il romanzo sarebbe
tanto noioso quanto lo Stato in cui
la storia si svolge.
J osef K. è un procuratore bancario,
un uomo innocuo. Eppure nel
giorno del suo trentesimo compleanno
si presentano alla sua porta due
uomini: sono «guardiani» e sono venuti
per arrestarlo. K., che pur accusato
rimane a piede libero, intende scoprire
a ogni costo quale sia l’imputazione
e l’autorità dietro al suo arresto. Il tri-
bunale a cui cerca di avvicinarsi e
l’imputazione rimangono però inaff er-
rabili. Un anno dopo K. è condannato
a morte e ucciso «come un cane». In
quello che è uno dei più famosi romanzi
di tutti i tempi, Franz Kafka, praghese
che scrive in tedesco e maestro del nebu-
loso, unisce due aspetti: da un lato il
senso di colpa e l’insicurezza dell’uomo
moderno, dall’altro l’agire di uno
Stato le cui dimensioni sfuggono ormai
all’individuo.
AA governare è un partito unico,
le masse vivono di stenti, la
«psicopolizia» controlla tutti. La propa-
ganda uffi ciale fomenta l’odio contro i
nemici dello Stato che operano di nasco-
sto. Le persone parlano la «neolingua»,
una lingua controllata dalla politica che
col tempo impedisce alle persone di
concepire idee sovversive: lo Stato è en-
trato nel cervello degli individui. In
questo clima di totale repressione nasce
l’amore proibito tra Julia e Winston,
il quale si unisce alla resistenza contro
il sistema. L’inglese George Orwell è
l’autore di una delle opere più incisive e
infl uenti del XX secolo, nel 1948 descrive
la sua visione da incubo di un futuro
che si svolge nel 1984, da cui il titolo.
Non è chiaro se sia stato proprio
Orwell a coniare il termine «brainwash»
(lavaggio del cervello), quel che è
certo è che Orwell è il padre del «Grande
Fratello», colui che tiene sempre sotto
controllo i cittadini.
A451 gradi Fahrenheit la carta
inizia a bruciare: da qui nasce il
titolo del libro dell’americano Ray
Bradbury. I vigili del fuoco del romanzo
non spengono gli incendi, li appic-
cano. Il regime considera infatti la lettura
un’attività sovversiva perché spinge a
sviluppare un proprio pensiero critico
rendendo l’uomo asociale. I pompieri
sono sempre in giro a distruggere i libri
scovati, e se i possessori decidono di
bruciare assieme ai loro volumi, la cosa
non è ritenuta una grave perdita. Il
protagonista del romanzo è Guy, un vi-
gile del fuoco. Conoscere la giovane
Clarisse gli fa scoprire il valore della let-
tura. È a questo punto che Guy inizia
dubitare della sua «felicità». Bradbury
dipinge inoltre la televisione come
un’oscura minaccia che, a diff erenza dei
libri, rende gli spettatori stupidi e in-
dolenti. Questo classico della letteratura
moderna è dunque anche una critica
ai media.
Ray Bradbury
·Fahrenheit 451
1953
Aldous Huxley
Il mondo nuovo
1932
L enina e Bernardo compiono un
viaggio nella riserva. Qui vivono
non solo persone giovani e belle ma
anche vecchi e malati, e ne sono scon-
volti. La storia è ambientata in un
futuro lontano. Gli «Alfa-Plus» sono
persone che plasmano la società
secondo il proprio volere e che tramite
la manipolazione degli embrioni sta-
biliscono la casta di ogni nascituro. In
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Bulletin 2 / 2017 — 61
— Sfera privata —
Thomas Widmer è redattore al «Tages-Anzeiger»
e scrittore. Studioso di cultura islamica e
araba, è stato inoltre membro della giuria del
premio Ingeborg-Bachmann, uno dei più
importanti riconoscimenti della letteratura di
lingua tedesca.
L'America è distrutta. La maggior
parte dei sopravvissuti alle
catastrofi nucleari è sterile. I fondamen-
talisti cristiani «Figli di Giacobbe»
hanno instaurato una dittatura. Tutte
le donne sono asservite agli uomini,
non possono possedere alcun bene né
hanno diritti. Difred è un’«ancella»
e il suo unico compito è procreare. Vive
nella casa del «Comandante», lui
stesso probabilmente sterile. Difred ha
una relazione clandestina con l’auti -
sta del Comandante, rimane incinta, ma
nel frattempo si è innamorata del-
l’uomo. La canadese Margaret Atwood
dipinge un mondo oppressivo in cui
il potere decide direttamente del corpo
degli individui e in particolare di
quello femminile. Nello Stato patriar-
cale la donna non ha alcun diritto,
è una mera macchina da riproduzione.
Nella trilogia degli «Hunger Games»
Suzanne Collins intreccia passato
e futuro. Il futuro è un’America distrut-
ta da guerre e catastrofi e governata
da una dittatura chiamata «Panem». Ed
è qui che entra in gioco il passato:
nell’antica Roma i tiranni off rivano
alle masse pane («panem») e giochi cir-
censi per divertirle e guadagnarne la
benevolenza. Ogni anno ciascuno dei do-
dici distretti di Panem deve inviare
nella capitale un ragazzo e una ragazza
che parteciperanno agli «Hunger
Games». I «tributi», i ragazzi-gladiatori,
combattono l’uno contro l’altro sullo
sfondo di una società brutale fi nché uno
solo rimane vivo. Il singolo, incarnato
da personaggi come la combattente
(e voce narrante) Katniss Everdeen, è
solo una pedina nelle mani del potere.
I l «Cerchio» ricorda Facebook. L’ameri-
cano Dave Egger proietta i social
nel futuro: che cosa accadrebbe se tutto
ciò che facciamo fosse sempre pubbli-
co e se ci facessimo riprendere costante-
mente? Che cosa rimarrebbe di noi
in quanto persone e individui? E che fi ne
farebbe chi non si adegua? La giovane
Mae trova lavoro presso il Cerchio. Lo
stipendio è buono, lei e i familiari go-
dono di favolose prestazioni accessorie
inclusa l’assistenza sanitaria. Anche i
colleghi sono altrettanto soddisfatti. Ma
con l’andare del tempo in Mae cresce
il disagio. Quando utilizza un drone do-
tato di videocamera per rintracciare
Mercer, il suo ex ragazzo, questi preso
dal panico fugge e si suicida. Non era
intenzione di Mae e il suo entusiasmo
per il «Cerchio» svanisce per sempre.
La ragazza scopre inoltre che all’interno
del «Cerchio» c’ è chi trama per
distruggere l’azienda.
MARGARET ATWOOD Il
raccontodell’
ancella1985
Dave
Eggers
IL
CERCHIO
2013
Suzanne
Collins
HUNGER
GAMES
2008, 2009, 2010
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«Oggi acquistare un’abitazione di proprietà è un miraggio, anche per molte persone di ceto medio»
Fredy Hasenmaile, 50 anni, è responsabile di analisi
immobiliare per Credit Suisse, nonché prestigioso
relatore e docente in tema immobiliare. Vive con la
moglie e le due figlie a Zurigo-Enge.
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Bulletin 2 / 2017 — 63
ignor Hasenmaile, possedere un’abitazione
è un’esigenza primordiale, perché?
La nostra casa è un porto sicuro, quindi
molto importante. L’uomo vuole avere
massima libertà d’azione nel luogo in cui
si è stabilito. E soprattutto vuole deci-
dere in prima persona quando andarsene
dal suo rifugio. Uno sfratto è traumatico
quanto perdere il posto di lavoro.
Questo desiderio è razionale dal punto
di vista economico?
Sì, se si dispone di un reddito e di un patri-
monio suffi cienti. In tal caso si possono
contrastare le oscillazioni cicliche cui sono
esposti gli immobili e col tempo parteci-
pare all’apprezzamento della propria
regione. Per molte economie domestiche,
la pro prietà abitativa comporta rischi
di accumu lazione che aumentano con le
ipoteche. Per questo c’è bisogno di riserve.
A Singapore la proprietà di abitazioni
è sovvenzionata perché, come ha dichiarato
a Bulletin il ministro delle fi nanze, i
proprietari sono i cittadini migliori (1/2014).
Anche lei vede il vantaggio socio-politico
di una quota di proprietà elevata?
Di certo i proprietari sono cittadini più
felici, come confermano i sondaggi. Inoltre
risparmiano di più e investono i loro ri -
sparmi nella manutenzione della proprietà
o nel riscatto dell’ipoteca. In entrambi i
casi si rivelano lungimiranti: in età avanzata
i proprietari di case dispongono general-
mente di un buon cuscinetto fi nanziario.
In Svizzera accade l ’esatto contrario: i
proprietari di abitazioni sono penalizzati,
l ’onere fi scale derivante dal valore locativo
supera la deduzione fi scale per le ipoteche.
Lo Stato dovrebbe promuovere di più la
proprietà?
Nessun sistema fi scale ha solo sostenitori,
è praticamente impossibile. Tuttavia
negli ultimi anni i proprietari di abitazioni
hanno benefi ciato molto della fl essione
dei tassi d’interesse. In questo senso, il mal
visto valore locativo crea un certo equili-
brio a favore dei locatari.
A San Francisco molti appartamenti vengono
assegnati tramite asta, a Stoccolma il
mercato immobiliare è eccessivamente
regolamentato. A quale modello deve
orientarsi la Svizzera?
Regolamenti e sovvenzioni hanno pesanti
eff etti a medio e lungo termine. L’ultima
crisi fi nanziaria aff onda le radici nella crisi
immobiliare degli Stati Uniti, dove la
proprietà è stata incentivata al punto che
si poteva acquistare una casa anche sen-
za mezzi propri. D’altra parte una rigorosa
protezione degli inquilini è fuori discus-
sione. Ritengo che il sistema svizzero sia
ben calibrato. Ne è scaturito un effi ciente
mercato della proprietà e degli appartamen-
ti in affi tto. Una perla rara nel confronto
internazionale.
Ma anche questo mercato si evolve,
i proprietari aumentano, i locatari
diminuiscono.
Negli ultimi 25 anni le condizioni sono
state molto vantaggiose per la proprietà
abitativa. Negli anni Novanta la proprietà
è tornata accessibile e dal 1995 per
l’acquisto di un’abitazione possono essere
utilizzati anche gli averi della previden-
za. Parallelamente, i tassi d’interesse sono
drasticamente scesi.
Nonostante tassi d’interesse ai minimi
storici, lei defi nisce un «miraggio» l ’acquisto
di un’abitazione di proprietà. Perché?
Gli appartamenti e le case sono diventati
carissimi. La tentazione dei bassi tassi
d’interesse è irrilevante per la maggior
parte delle persone, infatti gli istituti
fi nanziari devono accertarsi che siano in
grado di sostenere anche un interesse
del 4,5 o 5 per cento: solo in quel caso
otterranno il credito. Oggi acquistare
un’abitazione di proprietà è un miraggio,
anche per molte persone di ceto medio
[si veda la fi g.1, pag. 65].
Esiste qualcosa di più personale dell’abitazione di proprietà? L’esperto
di Credit Suisse Fredy Hasenmaile sul «miraggio» della proprietà
immobiliare, i canoni locativi in calo, i veicoli a guida autonoma, le relazioni
in case separate, la digitalizzazione dell’edilizia e l’eredità per i fi gli.
Di Simon Brunner (intervista) e Noë Flum (foto)
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— Sfera privata —
64 — Bulletin 2 / 2017
È un problema per la società se il ceto
medio non può permettersi un’abitazione
di proprietà?
Dal punto di vista economico è importante
evitare un surriscaldamento del mercato.
Le crisi immobiliari sono molto dannose,
come sappiamo bene in Svizzera per
esperienza. Oggi qui non c’è una bolla
immobiliare, ma non è bello che gli eff etti
negativi delle misure di regolamentazione
ricadano sul ceto medio e sugli istituti
di credito ipotecario: i primi non possono
acquistare, i secondi concedono meno
crediti.
Ha una risposta all ’eterna domanda:
quando saliranno i tassi d’interesse?
Ci vuole infl azione. Solo allora le banche
centrali aumenteranno i tassi. Ma la
digitalizzazione, la globalizzazione e
l’invecchiamento demografi co man-
tengono l’infl azione a livelli contenuti,
per cui gli interessi rimarranno bassi
ancora a lungo. Prima o poi ne uscire-
mo, ma escludo un ritorno ai livelli
record del passato, almeno nel breve
periodo. Un eff etto secondario dei
bassi tassi d’interesse è l’eccesso di atti-
vità edilizia [si veda la fi g. 2].
Per un investimento a lungo termine, oggi
conviene puntare ancora sugli immobili o su
altro, come azioni o obbligazioni?
Negli ultimi vent’anni gli immobili hanno
battuto le altre classi di investimento,
e questo a fronte di un rischio più basso.
Tuttavia sarebbe avventato limitarsi
a estrapolare questa performance per i
prossimi decenni. L’incredibile fl essione
dei tassi d’interesse ha alimentato il
rendimento degli immobili, ma non si
ripeterà un’altra volta: i tassi d’inte-
resse non possono scivolare in territorio
negativo ancora a lungo. Ci sono dei
limiti. Con tutta probabilità nei prossimi
vent’anni la classifi ca sarà diversa, credo
che le azioni torneranno ai vertici.
Per chi desidera acquistare comunque un
immobile, si dice che vadano considerati
soprattutto tre elementi: posizione, posizione,
posizione. È davvero così?
In un mercato in recessione, questa regola
generale conta ancora di più. Ma il punto
è: cosa si intende per buona posizione? La
risposta a questa domanda cambia in
continuazione, per es. negli ultimi anni ha
acquisito importanza il collegamento
alla rete dei trasporti pubblici, mentre ne
ha persa la vicinanza ai negozi, a causa
dell’online shopping.
In termini di qualità dell ’ubicazione,
i veicoli a guida autonoma defi niranno
nuovi standard?
Garantito. Oggi per molte località è l’ac-
cessibilità il fattore limitante. Questo
aspetto cambierà drasticamente. A trarne
vantaggio saranno le ubicazioni che
distano dal centro fi no a 30 minuti di auto
e non sono collegate, o lo sono limita-
tamente, alla rete dei trasporti pubblici.
Lei ha previsto che la domanda di abitazioni
di proprietà in Svizzera subirà un crollo nel
lungo periodo. Perché?
La demografi a ha conseguenze devastanti.
Gli eff etti della contraccezione, quindi
il signifi cativo crollo dei tassi di natalità a
partire dalla seconda metà degli anni
Sessanta, sono in gran parte attenuati
dall’immigrazione, ma oggi il mercato
assorbe 20 000 unità abitative all’anno,
mentre secondo i calcoli nel periodo tra il
2030 e il 2040 questa cifra non supererà
le 9000 unità.
La proprietà abitativa perde importanza,
le superfi ci a uso uffi cio sono in larga misura
sfi tte e il commercio online sostituisce le
superfi ci di vendita. Esiste un comparto
immobiliare fi orente?
I segmenti di nicchia vanno a gonfi e vele:
superfi ci logistiche, spazi abitativi per la
terza età, case di cura, appartamenti per
studenti e spazi abitativi per single.
Anche case di vacanza? Chi poteva ha
costruito prima che entrasse in vigore
l ’iniziativa sulle abitazioni secondarie.
Ora l’off erta è alta, i prezzi bassi.
È vero, a ciò si aggiungono anche il franco
forte e una certa incertezza giuridica le-
gata alle nuove disposizioni. Tutti questi
fattori negativi si affi evoliranno col tem-
po. Quindi il momento è eff ettivamente
propizio per l’acquisto di un’abitazione di
vacanza.
Come sono cambiate negli anni le abitudini
abitative degli svizzeri?
Oggi, con il 35 per cento, le famiglie uni-
personali sono l’economia domestica
più diff usa, nel 1960 rappresentavano solo
il 14 per cento ed erano il gruppo più
ristretto.
Cos’è successo?
È molto semplice: siamo diventati più
ricchi, quindi dobbiamo accettare meno
compromessi. Questo si rifl ette nella
forte tendenza all’autorealizzazione.
Oggi molti vivono da soli anche se
sono coinvolti in una relazione aff ettiva.
È uno sviluppo positivo?
Mi lascia perplesso questo fenomeno,
che si riscontra in ugual misura tra
gli uomini e le donne. Non parlo come
specialista immobiliare, ma come
rappresentante della nostra società. La
convivenza promuove la tolleranza
e la capacità di scendere a compromessi.
Ho l’impressione che questi valori sociali
vengano meno nelle persone che hanno
vissuto da sole per molto tempo. Un vero
peccato, in fondo non è proprio dalla
convivenza che nascono storie indimenti-
cabili? [si veda la fi g. 3]
Quali sono le conseguenze dell ’invecchia-
mento delle società sul mercato immobiliare?
In futuro avremo bisogno di meno case
unifamiliari, per contro serviranno
più appartamenti idonei alla vecchiaia.
Emergono nuove forme abitative, in
cui gli anziani dispongono di un piccolo
spazio privato e condividono con altri
determinati ambienti e servizi.
Come può un locatario benefi ciare dell ’elevato
tasso di sfi tto, il più alto da anni?
Vi sono sempre più possibilità di scelta.
Inoltre cresce il potere di negoziazione nei
confronti del locatore. I canoni di loca-
zione non sono più in costante aumento,
anzi, in alcuni casi dovrebbero persino
calare.
«Mi lascia perplesso il fatto che molti
vivano da soli anche se sono coinvolti in
una relazione aff ettiva.»
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Bulletin 2 / 2017 — 65
«Mercato immobiliare svizzero 2017:
Cercasi locatari» è l’ultimo studio
immobiliare di Credit Suisse.
È disponibile online all’indirizzo:
www.credit-suisse.com/immobilienstudie
Devo chiedere al mio locatore una riduzione
del canone di locazione?
Sì, ma solo se il tasso di riferimento torna
a scendere. Se il contratto di locazione
sussiste già da tempo, è probabile che l’af-
fi tto sia inferiore al livello di mercato.
In quel caso non sussistono molti margini
di negoziazione.
Finora gli alloggi sfi tti non sono un tema
nelle grandi città. La situazione cambierà?
Anche nei centri vi sono segnali di una
maggiore disponibilità di appartamenti in
affi tto. In un sondaggio recentemente
condotto nella città di Zurigo, solo una
minoranza defi nisce diffi cile la ricerca
di un’abitazione.
Lei parla spesso di una «rivoluzione digitale»
in cantiere. Cosa comporta?
La digitalizzazione dell’edilizia assicura
un incredibile aumento dell’effi cienza.
Negli ultimi decenni, la produttività nel
settore delle costruzioni non è riuscita
a decollare, come confermano i grandi
impresari edili. Nel prossimo decennio,
secondo le loro previsioni, i costi dell’edili-
zia scenderanno del 30 per cento. L’edili-
zia è un settore complesso con molte parti
coinvolte. È proprio in questi ambiti che
la digitalizzazione off re soluzioni ideali
sfruttando il collegamento in rete.
Lei come abita?
Per me è importante un tragitto casa-lavoro
breve, quindi vivo in centro, nella co -
stosa città di Zurigo. Questa scelta è anche
legata ai fi gli perché ci tengo a vederli
tutti i giorni, nonostante i lunghi orari di
lavoro: noi abitiamo in un quartiere
dove ci si conosce e aiuta, quasi come in
un paese. Per me è molto importante,
tanto che ancora non ho potuto realizzare
il mio desiderio di un’abitazione propria.
Preferirebbe lasciare ai suoi fi gli una casa
o un patrimonio ingente?
Se i fi gli hanno conoscenze fi nanziarie
e molta disciplina, il patrimonio off re
maggiore fl essibilità. In caso contrario,
una casa è dieci volte meglio.
Fig. 1 — Proprietà abitativa inaccessibile
Onere sul reddito calcolatorio per un’economia domestica media in % sul reddito lordo in base ai seguenti parametri: interesse del 5%, manutenzione dell’1%, anticipo dell’80%, ammortamento a 2/3 entro 15 anni.
Fig. 3 — Abitare da soli nonostante una relazione
Stato della relazione uomo/donna per età, quota in %, 2013. Partner nell’economia domestica Partner al di fuori dell’economia domestica Nessun/a partner
Uomo Donna
Immobile di nuova costruzione medio Appartamenti di proprietà esistenti offerti, mediana Appartamenti di proprietà esistenti offerti, quantile del 30% Regola aurea del finanziamento
0
10
20
30
40
2006 2008 2010 2012 2014 2016
Fig. 2 — Boom ininterrotto dell’edilizia: appartamenti in affi tto
Incremento netto assoluto Domande di costruzione (somma su 12 mesi)
Fonte per tutti i grafi ci: Mercato immobiliare svizzero 2017 Credit Suisse
200620042002 2008 2010 2012 2014 2016
0
10 000
20 000
30 000
18–24Età 25–34 35–44 45–54 55–64 65–80
0
100 in %
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66 — Bulletin 2 / 2017
I test genetici aiutano i medici nella ricerca delle cause delle malattie permettendo di mettere a punto cure migliori: Jurgi Camblong, CEO di Sophia Genetics.
Questa è la storia di una rivoluzione. Ha
inizio in una piccola start-up del Politec-
nico di Losanna (EPFL) e fi nisce con una
tecnologia indispensabile per i medici degli
ospedali di tutto il mondo, che aiuta a com-
prendere – e curare – i pazienti e le loro ma-
lattie in un modo completamente nuovo.
Ma iniziamo con un esperimento.
Come mai, cari lettori, siete in grado di
capire ognuna di queste prime frasi già
mentre le leggete, senza doverci pensare
troppo? Di certo per dedurne un senso non
le comparate a tutte le altre frasi che avete
sentito fi nora nella vostra vita. In teoria
sarebbe possibile, ma nella pratica si trat-
terebbe di un procedimento molto com-
plesso. L’uomo ha interiorizzato le regole
grammaticali, le quali, in un certo senso,
racchiudono tutte le frasi che abbiamo
ascoltato, non come somma, bensì come
quintessenza delle regole stesse.
Storia di una rivoluzioneL’intelligenza artifi ciale impara a decifrare
l’essenza stessa dell’uomo: il genoma.
Dalle rive del Lago Lemano, una start-up
svizzera sviluppa soluzioni all’avanguardia
di cui benefi ciano pazienti in tutto il mondo.
Di Christian Heinrich
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— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 67
Fino a poco tempo fa i computer non erano
in grado di svolgere una simile operazione.
Potevano confrontare enormi quantità di
dati alla ricerca di similarità, potevano svol-
gere calcoli complicatissimi, impossibili per
noi umani. Ma eseguivano soltanto dei co-
mandi. Solo negli ultimi anni ciò che era
virtualmente inimmaginabile è diventato
possibile: i computer hanno acquisito la
capacità di imparare. Con il termine «deep
learning» ci si riferisce alla capacità dei
programmi di modifi care il loro stesso co-
dice a seconda dei dati immessi. Nel caso
del riconoscimento della parola e delle im-
magini, il deep learning ha consentito di
conseguire progressi notevoli, ma è in cam-
po medico che stiamo assistendo a una
vera e propria rivoluzione.
Come spesso accade, a spianare la
strada non è un gigante del settore ma una
start-up: Sophia Genetics. «Inizialmente
ciò che avevamo da off rire agli ospedali
era molto semplice», racconta Jurgi Cam-
blong, capelli scuri, sguardo intenso e ac-
cento francese. Il biologo molecolare è
CEO e uno dei fondatori di Sophia Gene-
tics. L’azienda fece un’off erta ai nosocomi:
«Lasciateci analizzare il profi lo genomico
dei vostri pazienti. Lo trasformeremo in
informazioni che fungeranno da linee gui-
da per le vostre decisioni diagnostiche e
terapeutiche».
La storia di Sophia Genetics inizia
così. La scelta di rivolgersi solo a cliniche
anziché ai pazienti fu intenzionale. «Si trat-
ta pur sempre di informazioni genomiche,
devono essere gestite da esperti», aff erma
Camblong.
Genetica o alimentazione?
Considerata la semplicità e i vantaggi cli-
nici del procedimento, per gli ospedali
l’off erta di Sophia Genetics è stata interes-
sante sin dall’inizio. Basta infatti prelevare
un campione dal paziente, e in genere il
solo sangue è suffi ciente. Il campione viene
quindi preparato in laboratorio, parti di
DNA vengono sequenziate, tradotte in in-
formazioni digitali e inviate a SOPHiA,
la piattaforma di intelligenza artifi ciale.
Qualche ora più tardi Sophia Genetics
invia i risultati sotto forma di rapporto
genetico personalizzato, dal quale i me-
dici possono stabilire se e in quale misura
un paziente è predisposto a patologie
ereditarie.
I motivi per cui i medici fanno ana-
lizzare il genoma dei pazienti sono i più
diversi. Elevati livelli di colesterolo nel
sangue possono essere ad esempio determi-
nati da un’alimentazione ricca di grassi o da
una predisposizione ereditaria. SOPHiA
consente di eliminare la seconda ipotesi.
Per i medici è un aiuto prezioso: conoscere
la causa di una patologia permette di trat-
tarla con più effi cacia.
Nel caso di pazienti oncologici,
SOPHiA elabora un profi lo del genoma a
partire da una biopsia del tumore. Ciò può
aiutare a individuare il miglior trattamento
per il paziente, a risparmiargli tempo pre-
zioso e possibilmente a salvargli la vita.
Per Camblong e il suo team il primo
passo è stato immettere in SOPHiA non
frasi ma dati relativi ai genomi dei pa-
zienti. La tecnologia doveva apprendere i
vocaboli e la grammatica delle correlazioni
tra geni e salute.
Nella primavera del 2017, Sophia
Genetics ha annunciato di aver analizzato
il profi lo genomico di 100 000 pazienti
in tutto il mondo. Mentre molti piccoli e
grandi attori del mercato si limitano a
parlarne, Sophia Genetics mette la rivo-
luzione genomica al servizio di un vasto
numero di persone.
SOPHiA è la tecnologia che di gran
lunga più di ogni altra ha analizzato i pro-
fi li genomici, e ciò le conferisce un buon
vantaggio competitivo rispetto a rivali come
Watson di IBM. Maggiori sono gli input
che un sistema di intelligenza artifi ciale
riceve, più il software incrementa la propria
intelligenza.
SOPHiA fornisce pertanto risultati
sempre più dettagliati e completi. Gli
ospe dali che ricorrono all’off erta sono
attualmente più di 270 in 47 paesi, il costo
di un’analisi è compreso tra i 50 e i 250 dol-
lari statunitensi e ogni mese ne vengono
eff ettuate diverse migliaia.
L’aspetto straordinario di questo mo-
dello di apprendimento è che ogni paziente
benefi cia delle analisi svolte in precedenza.
L’analisi eff ettuata da SOPHiA del pro-
fi lo genomico di un paziente di Singapore
potrebbe essere utile di lì a poco per un
paziente di Monaco di Baviera. Jurgi Cam-
blong defi nisce questo processo la demo-
«Gli ospedali non ci comunicano i nomi dei pazienti,
riceviamo solo un numero d’ordine e le relative
caratteristiche.»
cratizzazione della medicina data-driven,
guidata cioè dai dati.
I settori chiave del futuro
Finora gli investitori non sono mancati a
Sophia Genetics: nel 2012 l’azienda è stata
premiata al prestigioso concorso per start-
up «Venture» e da allora ha raccolto oltre
30 milioni di franchi in diversi cicli di
fi nanziamento. Ma per Camblong non è
che l’inizio. Secondo «TechCrunch», ri-
vista online dedicata alle start-up, Sophia
Genetics ha le potenzialità per diventare
il prossimo «unicorno» svizzero (una start-
up cioè il cui valore di mercato supera il
miliardo di dollari statunitensi) dal mo-
mento che copre tutti i settori chiave del
futuro: medicina personalizzata, intelli-
genza artifi ciale, big data.
Ma quanto sono sicuri i dati? Jurgi
Camblong rassicura: «Gli ospedali non ci
comunicano i nomi dei pazienti, riceviamo
solo un numero d’ordine e le relative carat-
teristiche». Ma l’ospedale possiede il nome
del paziente ed è in grado di abbinarlo
ai risultati dell’analisi. Ai sensi delle più
recenti regolamentazioni dell’UE, Sophia
Genetics può analizzare i dati solo se è
l’ospedale a controllarli.
Christian Heinrich, medico e giornalista
freelance, scrive regolarmente per «Die Zeit»
e «Geo».
Il concorso per start-up «Venture», giunto
quest’anno alla 20a edizione, è sostenuto
da Credit Suisse. Nel 2012 Sophia Genetics
ha ottenuto il secondo posto nella categoria
business plan.
Foto: Christian Grund (2)
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— Sfera privata —
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— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 69
— Sfera privata —
Si prega
di non
disturbare
Ogni animale vive
il bisogno di appartarsi
in modo diverso.
Gli esemplari di tassi
nelle grandi città,
ad esempio, hanno
abitudini diverse dal
leopardo delle nevi
sull’Himalaya o ancora
dai crossopterigi
(ritenuti a lungo estinti)
nelle profondità
degli abissi.
Di Herbert Cerutti
Foto: George Shiras / National Geographic Creative
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— Sfera privata —
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el 2010 l’esperto di fi lm e docente universi-
tario inglese Brett Mills è comparso sulle
prime pagine dei giornali internazionali
per una critica ai documentari sugli anima-
li della BBC. Come ha spiegato nella sua
analisi, non è contrario ai documentari in
generale, che anzi off rono un servizio di in-
formazione sulle questioni legate alla tutela
di ambiente e natura. Secondo Mills però
troppo spesso questo tipo di riprese off en-
derebbe la dignità degli animali, ad esem-
pio quando vengono fi lmati in momenti
privati quali la nascita o l’accoppiamento:
«Parlare di diritto alla sfera privata degli
animali può sembrare assurdo, non po-
tremmo mai sapere davvero se sono d’ac-
cordo a essere osservati».
In passato gli animali erano conside-
rati semplicemente oggetti di cui l’uomo
disponeva a proprio piacimento. Discussio-
ni sull’etica e il diritto nei loro confronti
infatti esistevano già prima dell’analisi di
Mills. Dichiarare che anche per loro esiste
una sfera privata oggi sembra piuttosto una
proiezione dei nostri sentimenti. Gli ani-
mali hanno un bisogno naturale di sicurez-
za, motivo per cui per riposare o per divo-
rare le loro prede cercano un posto in cui si
sentano al sicuro da nemici o pericoli natu-
rali. E se per accoppiarsi o partorire ricer-
cano un po’ di «privacy» non è per pudore,
ma sempre per istinto di protezione, poiché
durante queste attività l’animale è vulnera-
bile di fronte a un eventuale attacco. Chi ha
degli animali sa bene quanto sia irrilevante
per loro la privacy, ad esempio quando, in
un ambiente familiare, si accoppiano «sen-
za vergogna».
Volpe e tasso: comportamenti diversi
L’importanza di un habitat indisturbato di-
pende dalla forza fi sica di una specie ani-
male. Per questo uno stambecco si avven-
tura senza timori sui nostri sentieri, mentre
il timido capriolo sta sempre in guardia dai
nemici e balza via al minimo rumore.
Anche gli animali selvatici che vivono nel-
le grandi città hanno esigenze di sicurezza
diverse. Negli ultimi anni la volpe si è tra-
sformata da schivo abitante della foresta a
residente cittadino piuttosto audace. Du-
rante le sue incursioni notturne saccheggia
i bidoni dell’immondizia e i cumuli di
compostaggio, poi sparisce all’alba per ri-
fugiarsi non più in una tana scavata nella
terra, bensì nella sterpaglia nei pressi di
uno stabilimento balneare o in un nascon-
diglio sul tetto di una fabbrica. A Zurigo
vivono al momento circa 1000 volpi. A
Berlino il doppio. E Londra si può consi-
derare addirittura la capitale tra le città in
cui vivono questi animali selvatici: ce ne
sono più di 10 000.
Anche i tassi si avvicinano sempre di
più alle grandi città, eppure quasi nessuno
nota la loro presenza. Questo perché di
giorno restano al sicuro nel proprio na-
scondiglio sotto terra, mentre durante le
ronde notturne vanno ancora in cerca di
coleotteri, lombrichi, nidi di vespe, bacche
e frutta caduta, e solo raramente di rifi uti
dell’uomo. Per questo il tasso evita il centro
città e vive nei boschi in periferia, talvolta
anche nei giardini delle ville vicine al bosco
o nei cimiteri. Nell’area urbana di Zurigo
vivono circa 160 tassi, a Berlino diverse
centinaia. A Londra si parla addirittura di
una cifra in crescita tra i 1500 e i 2000
esemplari. Anche in questa grande città il
tasso abbandona solo di notte la propria
tana sicura, scavata nei vasti parchi dei
N
Royal Botanic Garden a sud-ovest di Lon-
dra o nei parchi di Greenwich a sud-est.
Eremita di montagna
Privacy e protezione si possono trovare an-
che in un habitat isolato. Il leopardo delle
nevi vive sulle alte montagne dell’Asia cen-
trale che vanno da Mongolia, Tibet e Ne-
pal fi no a Pakistan e Kazakistan. In estate
questo maestoso felino sale fi no a 6000
metri di altezza, mentre durante il rigido
inverno si rifugia nelle foreste più in basso.
Il leopardo delle nevi è un animale solita-
rio: passa diversi giorni nell’inospitale am-
biente montano alla ricerca di uno stam-
becco o di un bharal. A causa della scarsa
off erta di cibo lo spazio vitale si estende per
diverse centinaia di chilometri quadrati. Di
conseguenza, per questo eremita è diffi cile
Foto: H. Jegen / McPHOTO / DPA / Keystone; Bettmann / Getty Images
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— Sfera privata —
Bulletin 2 / 2017 — 71
nuova specie venne chiamata Latimeria chalumnae. La notizia di questo «fossile vi-
vente» fu un evento sensazionale. Nel 1987,
nei pressi delle isole Comore, Hans Fricke
dell’Istituto Max Planck di fi siologia del
comportamento riuscì a immortalare per la
prima volta un esemplare vivente di cros-
sopterigi.
Nel frattempo nelle grotte laviche di
questo arcipelago nell’Oceano indiano è
stato documentato il comportamento della
latimeria a circa 200 metri di profondità.
Durante il giorno questi enormi pesci si
nascondono quasi immobili all’interno del-
le grotte. La notte invece cacciano in acque
profonde sino a 500 metri. Si lasciano tra-
sportare dalle correnti, con le pinne distese
come ali. Quando il pesce vuole nuotare,
sbatte prima la pinna pettorale destra e
quella ventrale sinistra con un movimento
sincrono e poi quelle opposte. Ma se gli si
presenta davanti una preda, raggiunge i
50 chilometri orari in mezzo secondo.
La sua vita rilassata, ad eccezione dei
pochi sprint durante la caccia, gli consente
di risparmiare preziosa energia. È stata
proprio questa frugalità che ha permesso ai
crossopterigi di sopravvivere in un habitat
così povero. Nel 1997 al largo dell’isola in-
donesiana Sulawesi è stata scoperta una
nuova specie di crossopterigi: il celacanto
indonesiano. Ma proprio per via della sua
indole discreta, non riusciremo mai a sape-
re dove si nasconde di preciso nelle profon-
dità dell’oceano la latimeria: la sua privacy
rimane indisturbata.
quest’animale interessante per la medicina
cinese. Una diminuzione generale delle
prede in alta montagna – anche a causa
della caccia di frodo – spinge quest’animale
a catturare sempre più spesso pecore e ca-
pre domestiche, ragion per cui ora viene
cacciato anche dai pastori. Oggi i leopardi
delle nevi che vivono nel loro habitat natu-
rale sono poche migliaia, nei giardini zoo-
logici sono invece circa 600.
Il fossile vivente
La storia di come un pesce degli abissi sia
riuscito a resistere all’estinzione grazie alla
sua estrema frugalità ha dell’incredibile. I
fossili dei crossopterigi risalgono al periodo
Devoniano, ossia a 400 milioni di anni fa.
Con circa 30 diverse specie, appartenevano
ai pesci più comuni. Dai molti reperti fos-
sili però si presumeva che non ne esistesse-
ro più da almeno 70 milioni di anni, e i
biologi ritenevano che i crossopterigi si
fossero estinti ancor prima dei dinosauri.
Il 22 dicembre 1938, però, una sco-
perta casuale sconvolse ogni certezza su
questo tema. Alla foce del fi ume Chalum-
na, sulla costa orientale del Sudafrica, i pe-
scatori trovarono nelle proprie reti un esse-
re insolito: un pesce color blu acciaio con
un paio di pinne simili a delle pagaie sul
torace e sul ventre. Questo animale degli
abissi, lungo circa un metro e mezzo, venne
subito portato sulla barca. Il capitano lo
consegnò a Marjorie Courtenay-Latimer,
la curatrice del museo di storia naturale lo-
cale. Poiché questa non riusciva a classifi ca-
re l’animale, ne inviò uno schizzo a James
L.B. Smith, un esperto di pesci. «Sarei stato
meno sorpreso di incontrare per strada un
dinosauro», dichiarò successivamente.
L’esperto comprese subito che si trattava di
un esemplare di crossopterigi, teoricamente
estinti da molto tempo. In onore della cu-
ratrice e del luogo del ritrovamento, questa
anche trovare un partner con cui riprodursi.
Gli esemplari di entrambi i sessi tentano di
trovarsi in uno spazio sconfi nato grazie agli
odori distintivi e ai versi che fungono da
richiamo dell’accoppiamento.
L’indole solitaria del leopardo delle
nevi lo ha reso una creatura misteriosa. Il
primo a scattare una fotografi a di buona
qualità di questo leggendario «fantasma
della montagna» è stato lo zoologo George
Schaller nel 1970 in Pakistan, a 4000 metri
di altezza. Il suo stile di vita incredibilmen-
te ritirato però non impedisce all’uomo,
mosso dall’avidità, di trovarlo ugualmente.
Nonostante la tutela nazionale, infatti, è
ambito dai bracconieri a causa della sua
splendida pelliccia, che vale oltre 10 000
dollari sul mercato nero. E le presunte pro-
prietà terapeutiche delle sue ossa rendono
Volpe, crossopterigi
(pagina sinistra), leopardo
delle nevi e tassi
(pagina destra): alcuni
animali vivono senza farsi
notare dall’uomo, altri
invece sfruttano abilmente
la sua presenza. La
sfera privata costituisce
soprattutto un’esigenza
naturale per la sicurezza.
Herbert Cerutti è fisico sperimentale
nonché pluripremiato pubblicista scientifico.
Vive a Maseltrangen, San Gallo.
Foto: Vincent J. Musi / National Geographic Creative; Hugh Clark / FLPA / imageBROKER / Okapia
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— Sfera privata —
72 — Bulletin 2 / 2017
Detto tra noiLa conversazione riservata esiste ancora?
Nemmeno a un appuntamento privato si è mai soli.
Di Sarah Mazzetti
Sarah Mazzetti è un’illustratrice bolognese. I suoi lavori sono stati pubblicati, fra l’altro,
su «The New Yorker», «The New York Times» e «die Zeit». Sarah Mazzetti ha ricevuto diversi
riconoscimenti e insegna presso l’Istituto Europeo di Design (IED) a Milano.
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In qualità di organizzazione globale senza scopo di lucro dedicata alla costituzione di un mondo inclusivo sotto il profilo finanziario, Accion conta sul sostegno e sulla leadership di Credit Suisse nell’utilizzo positivo della tecnologia finanziaria, nonché nella tutela e nello sviluppo dei clienti.
Il vostro sostegno del Credit Suisse a favore di Accion Venture Lab aiuta la nostra iniziativa di investimenti sociali in fase di avvio, dedicata alle start-up che catalizzano tecnologie digitali innovative e dirompen-ti. La partnership con il Center for Financial Inclusion presso Accion - un coordinatore, costruttore di comunità
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Poiché ci impegniamo a favore di un sistema finanziario che funzioni per tutti, vi ringraziamo per conto dei nostri milioni di clienti e dei 3 miliardi di persone con esigenze finanziarie ancora non soddisfatte che desideriamo raggiungere.
Grazie a Credit Suisse per questi 15 anni di successi nella
e nell’impact investing.
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