Costruzioni Metalliche - Necci Valleriani Schwartz
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Università di Roma
“SAPIENZA”Facoltà di Ingegneria
Corso di laurea Specialistica in Ingegneria Civile
Esame di“Costruzioni Metalliche”
Studenti :
Simone NecciRiccardo Schwarz
Diego Valleriani
Docente:
Prof. Ing. F. BontempiRevisori:
Ing. F. GentiliIng. F. PetriniIng. A. Rago
Area di 150000 m2
Edificio multipiano costituito da:
• 3 piani interrati, di cui 2 destinati a parcheggio ed 1 a locali di servizio per l’attività ospedaliera, ciascuno di 17950 m2 (218.1 x 82.5)
• 6 piani fuori terra di 5900 m2 ciascuno (157.5 x 37.5)
• H Tot dell’edificio 33 m
Degenza ospedaliera:
• 250 stanze
Materiali :
• circa 3700 tonnellate di acciaio
• circa 13000 m3 di calcestruzzo
• circa 89000 m2 di pannelli
alveolari precompressi
250 stanze
• circa 750 posti
Render del progetto
VERIFICHE AGLI SLV
q0 = 4q = 3.2
2. Sisma
VN = 100 anni
VR = 150 anni (periodo di riferimento per l’azione sismica)
Classe d’uso III
cu=1.5
Le azioni considerate sono :
1. Neve
• H = 405 m sul livello del mare qsk(Tr=50 anni) = 0.87 kN/m2
VERIFICHE IN ESERCIZIO : SLO e SLD
qs= 0.63 kN/m2
La struttura è realizzata in conformità con le prescrizioni delle
Norme Tecniche del 14-01-2008.
q = 3.2Kr = 0.8VERIFICHE IN ESERCIZIO : SLO e SLD
2. Vento
• dddddd
si è scelto un fattore di struttura qequi = 2.2 in modo da garantire alla struttura una risposta elastica per le azioni agli SLE
La struttura è realizzata in conformità con le prescrizioni delle
Norme Tecniche del 14-01-2008.
Sono stati utilizzati i seguenti materiali:
Acciai S235, S275, S355, S450
Travi
Colonne
Controventi
Piatti per unioni
Acciaio B450CArmature plinti e cordoli
Armature nei getti di completamento del solaio
Calcestruzzo C28/35Plinti e cordoli
Soletta
Calcestruzzo C45/55 Solaio alveolare precompresso
• Collegamento trave alveolare – colonna
• Collegamento colonna - fondazione a cerniera
• Collegamento travi binate – controvento
Collegamento colonna - fondazione a cerniera
1. Collegamento con piastra semplice
s = 70 mm
OSSERVAZIONI :
• elevata concentrazione delle
tensioni sotto le ali della
colonna
• piastra di base poco rigida
2. Collegamento con piastra irrigidita
s = 80 mm
La struttura risulta essere:
• intelaiata con controventi concentrici nella direzione X
• a ritti pendolari con controventi concentrici in direzione Y
Obiettivo: Analizzare lo stato tensionale dei vari elementi nel nodo
verificando la necessità di introdurre eventuali irrigidimenti
Fase 1: Applicazione del sistema di forze/spostamenti ai vari elementi
strutturali letti dal modello di calcolo per la combinazione sismica
Osservazione: La direzione dell’azione sismica che ha fornito le massime
sollecitazioni al nodo è la direzione Y (perpendicolare alla
direzione delle travi)
Fase 2: Lettura dello stato tensionale sui vari elementi
Tensioni SVM (caso sisma +Y)
Osservazioni: Stati tensionale all’interno dei limiti
relativi ai vari acciai
Tensioni SVM (caso sisma -Y)
relativi ai vari acciai
Osservazioni: Superato il limite tensionale
massimo in alcune zone localizzate
Necessità di inserire dei piatti di
rinforzo
Tensioni SVM (caso sisma -Y)
Fase 3: Inserimento dei piatti di rinforzo e lettura dello stato tensionale per la
soluzione finale
Tensioni SVM (caso sisma -Y)
Osservazioni: L’inserimento dei piatti di rinforzo causa una diminuzione dei picchi
di tensione garantendo il rispetto dei limiti per i vari acciai
Obiettivo: Dimezzare la lunghezza libera d’inflessione dei controventi a
due piani evitando la possibile instabilizzazione in mezzeria
Osservazioni: Accertarsi che il collegamento lasci libere le travi di inflettersi
sotto i carichi verticali di esercizio, senza trasmettere sforzi al
controvento
Accertarsi che anche sotto azione sismica, il collegamento non
causi trasmissione di sforzi fra travi e controvento
Piatti saldati alle travi, con foro asolatoper il collegamento bullonato
Controvento saldato al piatto passante
Fase 1: Calcolo della rigidezza del collegamento K=F/u, applicando F=1kN al
controvento nelle due direzioni di sbandamento
Fase 2: Verifica dei modi di instabilizzare di un’asta con molla traslazionale, di
rigidezza pari a quella del collegamento, in mezzeria
Fase 3: Assegnazione di una imperfezione δ=10,5 mm nella mezzeria dell’asta ed
esecuzione di un’analisi non lineare P-Δ
Sbandamento nel piano (Tensioni SVM)
esecuzione di un’analisi non lineare P-Δ
Fase 4: Lettura dello spostamento relativo al valore del carico di sbandamento di
metà asta e calcolo della forza da applicare al collegamento, F=Ku
Fase 5: Verifica dello stato tensionale
Sbandamento fuori piano (Tensioni SVM)
Fase 1: Applicazioni dei carichi verticali sulla trave con la combinazione agli SLE
Fase 2: Verifica dell’abbassamento della trave e dello stato tensionale del
collegamento
Osservazioni: L’abbassamento della trave (4,6 mm) rispetta il limite sulla freccia
massima (l/400 = 18 mm) ed è consentito liberamente dalla
presenza del foro asolato.
Non si registra trasmissione di sforzi tra trave e controvento per il
tramite del collegamento
Fase 1: Applicazione del sistema di forze/spostamenti, letti dal modello di calcolo
nella combinazione sismica, alle travi e al controvento
Fase 2: Analisi dello stato tensionale del collegamento
(CONTROVENTI)
Vincoli progettuali: Divieto di inserimento dei controventi nei telai perimetrali
Garantire spazio necessario per le aperture (larghezza
minima per accessi alle stanze di degenza =1m)
Si è giunti alla soluzione finale procedendo per via iterativa.
Il discriminante che ha determinato il passaggio da una scelta a quella successiva è
stata la verifica dei drift e degli spostamenti massimi in sommità.stata la verifica dei drift e degli spostamenti massimi in sommità.
• Modello A: Controventi (tutti UPN300) solo a trazione, no corpi scale, tutto ritti
pendolari;
• Modello B: Controventi (UPN differenziati) solo a trazione, inserimento scale;
• Modello C: Controventi (UPN ottimizzati) solo a trazione, travi perimetrali
incastrate alle colonne, queste ultime incastrate a terra;
• Modello D: Controventi (Tubolari cavi ottimizzati) a trazione/compressione, tutto
ritti pendolari;
• Modello E: Come Modello D con travi binate incastrate alle colonne.
Si riportano in seguito i modelli più significativi:
(CONTROVENTI)
Verifiche agli stati limite di esercizio
Verifica del drift:Verifica del drift:
Verifica sul massimo spostamento
orizzontale in sommità:
(CONTROVENTI)
Modello A
Modello A di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0908 0.0593 3.5 33 0.0117 0.066 NO NO
8 0.1500 0.0297 3.5 29.5 0.0117 NO
7 0.1797 0.0179 3.5 26 0.0117 NO
6 0.1618 0.0478 3.5 22.5 0.0117 NO
5 0.1140 0.0569 3.5 19 0.0117 NO
4 0.0571 0.0368 3.5 15.5 0.0117 NO
3 0.0204 0.0078 4 12 0.0133 OK
2 0.0126 0.0059 4 8 0.0133 OK
1 0.0067 0.0067 4 4 0.0133 OK
Direzione X
Periodo T
Modo [s] Ux Uy Rz
1° 1.35 0.0040 0.5228 0.3717
2° 1.32 0.5205 0.0034 0.0489
3° 1.28 0.0115 0.0014 0.0725
Massa partecipante
Modello A
Modello A di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.1028 0.0215 3.5 33 0.0117 0.066 NO NO
8 0.0812 0.0050 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0762 0.0167 3.5 26 0.0117 NO
6 0.0595 0.0087 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0507 0.0170 3.5 19 0.0117 NO
4 0.0338 0.0172 3.5 15.5 0.0117 NO
3 0.0165 0.0052 4 12 0.0133 OK
2 0.0113 0.0041 4 8 0.0133 OK
1 0.0073 0.0073 4 4 0.0133 OK
Direzione Y
Osservazioni: Modi di vibrare disaccoppiati
Verifiche drift e spostamento max non rispettate
Necessità di irrigidire la struttura
(CONTROVENTI)
Modello BPeriodo T
Modo [s] Ux Uy Rz
1° 1.32 0.5438 0.0010 0.0753
2° 1.27 0.0010 0.5572 0.3593
3° 1.18 0.0015 0.0008 0.0927
Massa partecipante
Modello B
Modello B di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0932 0.0072 3.5 33 0.0117 0.066 OK NO
8 0.0860 0.0110 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0750 0.0124 3.5 26 0.0117 NO
6 0.0626 0.0116 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0510 0.0109 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0400 0.0121 3.5 15.5 0.0117 NO
3 0.0279 0.0092 4 12 0.0133 OK
2 0.0187 0.0084 4 8 0.0133 OK
1 0.0103 0.0103 4 4 0.0133 OK
Direzione X
Modello B di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0941 0.0157 3.5 33 0.0117 0.066 NO NO
8 0.0784 0.0065 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0719 0.0149 3.5 26 0.0117 NO
6 0.0569 0.0083 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0487 0.0131 3.5 19 0.0117 NO
4 0.0356 0.0096 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0260 0.0081 4 12 0.0133 OK
2 0.0178 0.0061 4 8 0.0133 OK
1 0.0117 0.0117 4 4 0.0133 OK
Direzione Y
Osservazioni: Verifiche non ancora rispettate
L’inserimento dei corpi scala non irrigidisce abbastanza
La differenziazione dei profili deve essere migliorata
Necessità di irrigidire ulteriormente la struttura
(CONTROVENTI)
Modello CPeriodo T
Modo [s] Ux Uy Rz
1° 1.04 0.0844 0.5023 0.4933
2° 1.01 0.4906 0.0824 0.0030
3° 0.99 0.0039 0.0085 0.0645
Massa partecipante
Modello C
Modello C di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0713 0.0034 3.5 33 0.0117 0.066 OK NO
8 0.0679 0.0094 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0585 0.0088 3.5 26 0.0117 OK
6 0.0497 0.0084 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0413 0.0083 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0329 0.0097 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0232 0.0088 4 12 0.0133 OK
2 0.0145 0.0092 4 8 0.0133 OK
1 0.0052 0.0052 4 4 0.0133 OK
Direzione X
Modello C di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0552 0.0050 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK
8 0.0501 0.0061 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0440 0.0071 3.5 26 0.0117 OK
6 0.0369 0.0068 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0301 0.0071 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0230 0.0061 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0169 0.0060 4 12 0.0133 OK
2 0.0109 0.0048 4 8 0.0133 OK
1 0.0061 0.0061 4 4 0.0133 OK
Direzione Y
Osservazioni: Soddisfatte verifiche sui drift ma non sullo spostamento max in X
L’effetto irrigidente è stato legato più all’aumento in numero e
sezione dei controventi che ai vincoli d’incastro introdotti
Dato il già elevato numero di controventi, si opta per la soluzione T/C
(CONTROVENTI)
Modello DPeriodo T
Modo [s] Ux Uy Rz
1° 0.96 0.0000 0.5833 0.4040
2° 0.88 0.0000 0.0000 0.0923
3° 0.78 0.6557 0.0000 0.0651
Massa partecipante
Modello D
Modello D di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0492 0.0033 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK
8 0.0459 0.0064 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0395 0.0055 3.5 26 0.0117 OK
6 0.0340 0.0051 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0289 0.0055 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0234 0.0059 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0175 0.0066 4 12 0.0133 OK
2 0.0109 0.0056 4 8 0.0133 OK
1 0.0052 0.0052 4 4 0.0133 OK
Direzione X
Modello D di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0618 0.0069 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK
8 0.0549 0.0072 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0477 0.0080 3.5 26 0.0117 OK
6 0.0397 0.0070 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0327 0.0078 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0249 0.0061 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0189 0.0074 4 12 0.0133 OK
2 0.0114 0.0061 4 8 0.0133 OK
1 0.0054 0.0054 4 4 0.0133 OK
Direzione Y
Osservazioni: Soddisfatte tutte le verifiche
Riduzione n° tot di controventi e passaggio da sezioni UPN a Tubolari
cave
Irrigidimento della struttura ed eliminazione dei vincoli d’incastro
(CONTROVENTI)
Modello EPeriodo T
Modo [s] Ux Uy Rz
1° 0.96 0.0000 0.5842 0.4063
2° 0.88 0.0000 0.0001 0.0910
3° 0.76 0.6591 0.0000 0.0651
Massa partecipante
Modello E
Modello E di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0487 0.0037 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK
8 0.0450 0.0068 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0382 0.0054 3.5 26 0.0117 OK
6 0.0329 0.0048 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0280 0.0053 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0227 0.0057 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0170 0.0062 4 12 0.0133 OK
2 0.0108 0.0054 4 8 0.0133 OK
1 0.0054 0.0054 4 4 0.0133 OK
Direzione X
Modello E di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0615 0.0069 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK
8 0.0547 0.0071 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0476 0.0080 3.5 26 0.0117 OK
6 0.0396 0.0069 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0327 0.0078 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0249 0.0061 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0188 0.0074 4 12 0.0133 OK
2 0.0114 0.0060 4 8 0.0133 OK
1 0.0054 0.0054 4 4 0.0133 OK
Direzione Y
Osservazioni: Non si riscontrano sostanziali differenze con il modello D
L’incastro delle travi binate alle colonne è nato da un’esigenza pratica
relativa alla semplificazione delle connessioni nei nodi
Per il modello E sono state eseguite anche verifiche allo SLO
(CONTROVENTI)
Riepilogo sull’evoluzione dei modelli per carichi orizzontali
0.00
0.20
0.40
0.60
0.80
1.00
1.20
1.40
1.60
1 2 3
T (s
)
Modo di vibrare
Periodi dei modi di vibrare
Modello A
Modello B
Modello C
Modello D
Modello E
80%
90%
100%
Partecipazione di massa in X dei primi tre modi
80%
90%
100%
Partecipazione di massa in Y dei primi tre modi
80%
90%
100%
Partecipazione di massa in Rz dei primi tre modi
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
12
3
Modo di vibrare
Modello A
Modello B
Modello C
Modello D
Modello E0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
12
3
Modo di vibrare
Modello A
Modello B
Modello C
Modello D
Modello E0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
12
3
Modo di vibrare
Modello A
Modello B
Modello C
Modello D
Modello E
0.000 0.020 0.040 0.060 0.080 0.100
Spostamento massimo in sommità (m)
Spostamenti massimi in sommità
Modello A
Modello B
Modello C
Modello D
Modello E
VALORE LIMITE = 0.066 m
“Sapienza” Università di Roma
Costruzioni Metalliche - a.a. 2009- 2010 Relazione di calcolo
1
INDICE
INTRODUZIONE ........................................................................................... 7
1. PRESENTAZIONE DELL’OPERA .................................................... 11
1.1 Collocamento Geografico ............................................................... 11
1.2 Caratterizzazione Architettonica ..................................................... 12
1.3 Caratterizzazione Strutturale ........................................................... 14
1.3.1 Solaio ........................................................................................... 16
1.3.2 Colonne ........................................................................................ 17
1.3.3 Controventi .................................................................................. 17
1.3.4 Vano Scala e Ascensore .............................................................. 18
1.3.5 Fondazioni.................................................................................... 18
1.4 Normative di riferimento................................................................. 18
1.5 Materiali .......................................................................................... 19
1.5.1 Acciaio da carpenteria metallica .............................................. 19
1.5.2 Acciaio per bulloni e connessioni ............................................ 20
1.5.3 Acciai speciali .......................................................................... 20
1.5.4 Acciaio per cemento armato ..................................................... 21
1.5.5 Acciaio per cemento armato precompresso ............................. 22
1.5.6 Calcestruzzo ............................................................................. 22
1.5.7 Prodotti per uso strutturale ....................................................... 23
1.5.8 Materiali per uso non strutturale .............................................. 23
2. AZIONI ..................................................................................................... 23
2.1 Carichi verticali .................................................................................. 24
“Sapienza” Università di Roma
Costruzioni Metalliche - a.a. 2009- 2010 Relazione di calcolo
2
2.1.1 Carichi permanenti strutturali e non strutturali ........................ 24
2.1.1.1 Piano tipo .............................................................................. 24
2.1.1.2 Copertura ............................................................................... 25
2.1.2 Carico Antropico ...................................................................... 26
2.1.3 Carico da neve .......................................................................... 26
2.2 Azione sismica ................................................................................ 27
2.3 Azione del Vento ............................................................................... 29
2.4 Azione della temperatura .................................................................... 29
2.5 Combinazione delle azioni ................................................................. 30
3. SCELTE PROGETTUALI ....................................................................... 30
3.1. Scelte progettuali globali................................................................. 31
3.2 Scelte progettuali locali ................................................................... 32
3.2.1 Solaio ........................................................................................ 32
3.2.1.1 Solaio piano tipo ................................................................... 32
3.2.1.2 Solaio copertura .................................................................... 32
3.2.2 Travi .......................................................................................... 34
3.2.2.1 Travi binate alveolari ............................................................ 34
3.2.2.2 Travi perimetrali ................................................................... 44
3.2.3 Colonne ..................................................................................... 44
3.2.4 Controventi ............................................................................... 44
3.2.5 Corpo scala e ascensore............................................................ 45
3.2.6 Collegamenti ............................................................................. 50
3.2.7 Giunti strutturali ....................................................................... 50
3.2.8 Fondazione................................................................................ 50
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4. MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI ................ 54
4.1 Modellazione del solaio ...................................................................... 54
4.2 Modellazione delle travi ..................................................................... 57
4.3 Modellazione delle colonne ................................................................ 61
4.4 Posizionamento e modellazione dei controventi ................................ 62
5. MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA ........................................ 64
5.1 Modelli per carichi orizzontali ........................................................ 64
5.1.1 Modello A ................................................................................. 65
5.1.2 Modello B ................................................................................. 67
5.1.3 Modello C ................................................................................. 70
5.1.4 Modello D ................................................................................. 72
5.1.5 Modello E ................................................................................. 75
5.1.6 Riepilogo sull’evoluzione dei modelli per carichi orizzontali 79
5.2 Modellazione per carichi verticali .................................................. 82
6. VERIFICHE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI .......................... 82
6.1 Solaio ............................................................................................... 83
6.1.1 Solaio piano tipo ....................................................................... 83
6.1.2 Solaio copertura ........................................................................ 83
6.2 Travi................................................................................................. 90
6.2.1 Trave alveolare ......................................................................... 90
6.3 Colonne e controventi ..................................................................... 94
6.4 Fondazioni ..................................................................................... 103
6.4.1 Verifiche geotecniche ............................................................. 103
Calcolo dei cedimenti ......................................................................... 109
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6.4.2 Verifiche strutturali ................................................................ 112
6.4.2.1 Plinto ................................................................................... 112
6.4.2.2 Cordolo ................................................................................ 114
7. DIMENSIONAMENTO E VERIFICA DELLE UNIONI ................ 115
7.1 Tipologie di unioni e modalità di verifica .................................... 115
7.1.1 I collegamenti bullonati .......................................................... 116
7.1.2 I collegamenti saldati ............................................................. 120
7.2 Il progetto e la verifica delle unioni .............................................. 124
7.2.1 Unione trave principale-trave secondaria .............................. 124
7.2.2 Unione trave principale-colonna ............................................ 124
7.2.3 Unione colonna-colonna bullonata ........................................ 124
7.2.4 Unione trave – controventi a V rovescia ............................... 125
7.2.5 Unione colonna – plinto di fondazione .................................. 129
7.2.5.1 Dimensionamento della piastra di base .............................. 130
7.2.5.2 Dimensionamento di una cerniera a perno ......................... 134
7.2.5.3 Verifica delle saldature ....................................................... 137
7.2.5.4 Dimensionamento dei tirafondi .......................................... 138
7.3 Modellazione agli elementi finiti dei nodi .................................... 139
7.3.1 Unione travi binate – controvento .......................................... 141
7.3.1.1 Analisi del collegamento nelle condizioni di esercizio ...... 146
7.3.1.2 Analisi del collegamento sotto l’azione sismica ................ 147
7.3.1.3 Analisi del collegamento nella condizione di possibile
instabilità del controvento................................................................... 149
7.3.2 Nodo colonna – plinto di fondazione ..................................... 157
7.3.2.1 Risultati della modellazione ............................................... 160
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8. ANALISI DI PUSHOVER ................................................................. 172
8.1 Analisi di un telaio piano .............................................................. 177
8.2 Definizione della cerniera plastica a sforzo assiale ...................... 179
8.3 Definizione della cerniera plastica a momento flettente (colonne)
181
8.4 Analisi sul telaio XZ ..................................................................... 185
8.4.1 Modello 1: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei
controventi e a momento flettente nelle colonne (telaio XZ) ............ 186
8.4.2 Modello 2: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei
controventi e a momento flettente nelle colonne (telaio XZ) ............ 187
8.4.3 Modello 3: Modellazione della instabilità per i controventi
compressi ............................................................................................ 189
8.4.4 Modello 4: Modellazione con picco della instabilità per i
controventi compressi ......................................................................... 191
8.4.5 Modello 5: Modello finale per il telaio XZ............................ 194
8.4.6 Modello 6: Effetti del secondo ordine ................................... 200
8.5 Analisi sul telaio YZ ..................................................................... 201
8.5.1 Modello 1: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei
controventi e a momenti flettente nelle colonne (telaio YZ) ............. 201
8.5.2 Modello 2: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei
controventi e a momento flettente nelle colonne (telaio YZ) ............ 202
8.5.3 Modello 3: Modellazione della instabilità per i controventi
compressi ............................................................................................ 204
8.5.4 Modello 4: Effetti del secondo ordine ................................... 205
8.6 Analisi tridimensionale ................................................................. 206
8.6.1 Modello 3D ............................................................................. 206
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APPENDICE A ........................................................................................... 211
Teoria della plasticità .................................................................................. 211
ESERCITAZIONE 1 .............................................................................. 214
ESERCITAZIONE 2 .............................................................................. 223
APPENDICE B ........................................................................................... 227
Instabilità ..................................................................................................... 227
ESERCITAZIONE 1: studio del comportamento post-critico di un’asta
vincolata .................................................................................................. 230
APPENDICE C ........................................................................................... 245
ESTRATTI DI SCHEDE TECNICHE DEI PRODOTTI E MATERIALI
UTILIZZATI ........................................................................................... 245
Solaio alveolare prefabbricato: .................................................. 245
Lamiera grecata per solaio di copertura: ................................... 246
Copertura .................................................................................... 247
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INTRODUZIONE
La progettazione strutturale è il risultato di un processo di sintesi di
elementi diversi e molte volte contrastanti tra loro, che si estendono al di là
del mero calcolo strutturale ma abbracciano aspetti quali la funzionalità,
l’estetica, l’impatto ambientale e l’economicità. In quest’ottica si capisce,
allora, come le scelte del progettista, finalizzate alla soluzione di problemi
strutturali, siano in realtà limitate dai vincoli esterni rappresentati delle
ripercussioni che queste possono avere sugli altri aspetti sopra citati.
Il lavoro svolto riguarda la progettazione di una struttura in acciaio di nove
piani, di cui tre interrati e sei fuori terra, la cui destinazione d’uso prevista
è quella di parcheggi e locali per impianti e macchinari per i primi tre,
ambienti ad uso ospedaliero per i restanti sei piani.
Il processo di progettazione seguito si è articolato nei seguenti passaggi:
1. Organizzazione strutturale, in cui viene deciso, in prima analisi, il
tipo di elementi strutturali da utilizzare, la loro disposizione in
funzione dei vincoli architettonici prefissati e lo schema statico della
struttura;
2. Dimensionamento strutturale, in cui si individuano i carichi agenti a
e si procede ad un dimensionamento di massima della struttura
resistente;
3. Prima modellazione della struttura attraverso il programma di
calcolo agli elementi finiti Sap2000.12, in cui si valuta il
comportamento modale, modificando eventualmente lo schema
statico o inserendo elementi strutturali che ne rendano quanto più
possibile regolari i modi di vibrare, attraverso un procedimento di
ottimizzazione;
4. Verifiche di resistenza e processo di ottimizzazione dei tassi di
lavoro dei vari elementi strutturali, operando eventualmente delle
modifiche alle loro dimensioni in funzione dell’utilizzo;
5. Analisi dei collegamenti degli elementi strutturali, in cui vengono
dimensionate e verificate le diverse tipologie di collegamento
previste tra gli elementi strutturali, tenendo presente, nella scelta,
anche aspetti quali la facilità di montaggio, il costo della
manodopera e dei materiali etc...;
6. Modellazione dei particolari costruttivi, ovvero modellazione
attraverso il programma Sap2000.14 dei collegamenti strutturali, al
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fine di valutarne l’effettiva distribuzione delle tensioni, l’efficienza
del vincolo scelto, e la corrispondenza con il tipo di vincolo
considerato nello schema statico della struttura;
7. Analisi non lineare piana e tridimensionale, in cui si valuta il
comportamento in campo non lineare di due telai, scelti all’interno
della struttura, generalmente corrispondenti a quelli più
controventati nelle due direzioni principali, mediante un’analisi di
“push-over”, dalla quale si ricavano informazioni sulla duttilità della
struttura e sulla modalità di collasso in campo plastico.
Successivamente tale analisi è stata ripetuta sul modello
tridimensionale della struttura, al fine di ricavare informazioni più
complete sul comportamento in campo plastico dell’intera struttura.
PROGETTAZIONE
Organizzazione strutturale
Dimensionamento strutturale
LIVELLO GLOBALE
Prima modellazione
Verifiche di resistenza e
Processo di ottimizzazione
Seconda modellazione e
Confronti
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Per quanto riguarda l’aspetto architettonico sono state effettuate delle scelte
di massima sull’organizzazione interna degli ambienti e scelte più accurate
sulla tipologia delle scale da utilizzare e della facciata esterna. Tali scelte
hanno successivamente costituito vincoli progettuali. Riguardo la scelta
della facciata esterna si è preso spunto da edifici già realizzati e da soluzioni
proposte da varie ditte, analogamente si è proceduto nella scelta della
tipologia di scala. Alcuni esempi da cui si è tratto spunto per le scelte
precedentemente elencate sono riportati di seguito:
I. 1: Tipologia di scale
LIVELLO LOCALE
Analisi dei collegamenti
Modellazione dei collegamenti
Analisi non lineare
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I. 2: Tipologia di scale
Come ultima fase è stato realizzato un render della struttura al fine di
offrire una rappresentazione diretta e realistica dell’opera per come essa
dovrà apparire una volta terminata la sua realizzazione. Di seguito si
riportano alcune immagini:
FOTO RENDER
Nel capitolo iniziale viene introdotta l’opera progettata,
caratterizzandola dal punto di vista geografico, dal punto di vista
architettonico (forme, geometrie, caratteristiche decorative dei materiali) e
dal punto di vista strutturale (concepimento strutturale, caratterizzazione
geotecnica, comportamento meccanico dei materiali).
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1. PRESENTAZIONE DELL’OPERA
1.1 Collocamento Geografico
La costruzione dell’opera è prevista a Rieti. Le coordinate geografiche
sono:
LAT 42° 25’ 58’’ N
LONG 12° 51’ 83’’ E
visualizzabili nell’immagine seguente presa direttamente da Google Earth.
Il sottosuolo su cui la struttura sorgerà è costituito da sabbie molto
addensate, per cui può essere associata alla categoria B della N.T.C. 2008.
Figura 1.1 Posizione e coordinate geografiche
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1.2 Caratterizzazione Architettonica
L’edificio ha una forma in pianta rettangolare sia per i piani interrati
che per i piani fuori terra. L’impronta dei piani interrati può essere definita
da un rettangolo con lato maggiore di circa 218 m e lato minore di 82,5 m,
mentre a partire dal primo piano fuori terra l’impronta si restringe
rimanendo comunque rettangolare di lati 158x37,5m e centrata rispetto a
quella sottostante. Tutta la struttura è organizzata in pianta mediante una
suddivisione regolare in maglie quadrate di lato 7,5 m.
Le superfici totali associate ai piani interrati e fuori terra risultano
essere rispettivamente circa pari a 17985 mq e 5925 mq. Si riporta di
seguito la pianta di un piano interrato.
Figura 1.2.1 – Pianta piano interrato
La struttura si sviluppa per una altezza totali di 33 m, 12 dei quali
interrati. I tre livelli inferiori presentano un’altezza di interpiano pari a 4 m,
mentre i restanti sei pari a 3,5 m.
Il materiale utilizzato per tamponare le pareti esterne è il vetro
intervallato, in corrispondenza di ogni solaio, da una fascia di piano in
acciaio che ha la funzione di individuare chiaramente ogni livello e di
fornire una trama orizzontale al prospetto dell’edificio.
Sono state utilizzate due tipologie differenti di vetro: vetro
specchiato, usato nelle due facciate lungo i lati lunghi dell’edificio, dove
verranno realizzate le stanze di degenza, e vetro trasparente, usato nei lati
corti in corrispondenza del telaio centrale, dove verranno realizzati i corpi
scala e nel telaio centrale sul lato lungo per interrompere la trama continua.
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Tutti i livelli, tranne quello di copertura, presentano un pacchetto del
solaio di altezza complessiva pari a 72,5 cm, realizzato in modo tale da
consentire il passaggio dell’impiantistica di servizio. In relazione a ciò, il
rivestimento di piano esterno ha altezza pari a 2 m e si estende per 1.2 m al
di sopra del piano finito e 0.8 al di sotto.
In corrispondenza dell’ultimo piano, l’altezza del pacchetto solaio
risulta essere di 52,5 cm e la copertura, progettata come non praticabile, è
costituita da lastre metalliche continue disposte su un orditura di supporto di
listelli in legno necessaria a fornire la pendenza desiderata.
Nella figura seguente si riporta la visione complessiva dell’edificio.
Figura 1.2.2 – Render
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1.3 Caratterizzazione Strutturale
La struttura portante dell’opera è interamente realizzata in acciaio.
La struttura è a telaio nella direzione del lato lungo, con la
particolarità che i telai in questa direzione presentano travi binate continue,
ad eccezione di quelli esterni dove le travi sono collegate alle colonne con
unioni bullonate a squadrette, mantenendo il filo esterno di queste ultime.
Nella direzione del lato corto non sono presenti travi se non nei due telai
esterni, dove queste sono collegate con la stessa tipologia di unione
adoperata per il lato lungo. In altezza le colonne sono continue e alla base è
stato schematizzato un vincolo di cerniera. Sia per le travi che per le
colonne sono stati impiegati profili a doppio T. In figura 1.6 si riporta un
immagine del modello della struttura portante.
Il pacchetto del solaio è costituito da pannelli alveolari precompressi
poggianti sulle travi binate cui si è fatto riferimento in precedenza. Queste
travi hanno la particolarità di essere travi con fori esagonali lungo lo
sviluppo dell’anima. Con questa soluzione si è evitata una orditura di travi
secondarie limitando l’altezza totale del pacchetto solaio e consentendo
comunque di avere un adeguato spazio per il passaggio degli impianti. Le
travi binate inoltre sono rese collaboranti con la soletta mediante
l’inserimento di pioli.
Figura 1.3.1 – Modello struttura portante
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Per quanto riguarda i controventi verticali sono stati utilizzati due
sistemi diversi di controventamento per le due direzioni principali. Per il
lato corto sono stati utilizzati controventi a croce (su due piani) per tutti i
piani tranne l’ultimo dove sono presenti controventi a V rovescia. Per il lato
lungo sono stati utilizzati sempre controventi a due piani che però non si
intersecano tra di loro. Questa scelta è maturata da esigenze architettoniche
che prevedono l’inserimento di porte nella parte centrale del telaio
considerato (ved. figura 1.3.2). Per i controventi sono stati impiegati profili
tubolari collegati alle colonne tramite collegamenti a perno.
Figura 1.3.2 – Schema controventi verticali
La tipologia di fondazione adottata è quella di plinti collegati da
cordoli, mentre solo al di sotto dei corpi scala-ascensori sono realizzate
delle piccole platee. Vediamo nel dettaglio quali tipi di profili si sono
utilizzati per caratterizzare i diversi elementi strutturali.
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1.3.1 Solaio
La struttura portante del solaio è costituita da lamiera grecata tipo
HI-BOND A55/P600 di spessore pari a 1 mm e ordita in direzione
longitudinale. Si poggia direttamente sulle travi secondarie aventi asse
perpendicolare alla direzione di orditura del solaio poste ad interasse di 2.50
m le une dalle altre . Il profilo utilizzato per queste è HEA 180. Le travi
secondarie poggiano a loro volta sulle travi principali che, poste ad
interasse pari a 5 m sono costituite da un profilato del tipo HEM 240. Il
pacchetto del solaio è, come già detto, chiuso inferiormente da un
controsoffitto utile al passaggio degli impianti. Questo è costituito da fibra
minerale e si sorregge tramite dei sostegni fissati direttamente sulle ali delle
travi secondarie (ved. Figura 1.9).
Figura 1.9 – Particolare Solaio
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1.3.2 Colonne
Come detto, la colonna utilizzata è di tipo continua. Data l’altezza si
è provveduto collegare, mediante collegamenti con doppio coprigiunto
d’anima e d’ala, quattro profili per ciascuna colonna. Partendo dal basso i
primi due profili mantengono la stessa sezione, successivamente i restanti
due profili diminuiscono progressivamente di area. I vari profili che
costituiscono l’intera colonna, partendo dal basso verso l’alto sono lunghi
rispettivamente 6,8,10 e 9 m. I profili utilizzati sono riassunti nella seguente
tabella.
PARTE L (m) PROFILI
1 6 HEM 360 - HEA 320
1-bis 12 HEB 300 - HEA 320
2 8 HEM 360 - HEA 320
3 10 HEM 300 -HEB 340 - HEA 320
4 9 HEB 320 - HEA 340 - HEA 320
Tabella 1.3.2.A – Profili colonne
1.3.3 Controventi
Nella struttura si è reso necessario solamente l’utilizzo di controventi
verticali, per i quali sono stati impiegati profili tubolari cavi, recanti alle
estremità delle pinze appositamente sagomate per il collegamento di questi
ultimi alle piastre saldate alle colonne. Tutti i collegamenti dei controventi
sono stati realizzati mediante perni. La tabella sottostante indica la gamma
dei profili impiegati.
PROFILI CONTROVENTI
TU
BO
LA
RE
D 323.9 x 10
D 273 x 10
D 273 x 8
D 244.5 x 8
D 219.1 x 8
D 177.8 x 6
D 168.3 x 5
Tabella 1.3.3.A - Profili utilizzati per i controventi
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1.3.4 Vano Scala e Ascensore
In tutta la struttura sono presenti cinque vani scala e ascensore, i
quali sono collocati ciascuno all’interno di una maglia di lato 7,5m ed
equamente distribuiti lungo lo sviluppo della costruzione. Al centro della
maglia sono presenti un nucleo ascensore porta lettighe ed un ascensore di
dimensioni più ridotte. La scala si snoda intorno a questi due corpi ed è
realizzata mediante due rampe parallele collegate tramite un pianerottolo
intermedio. Ciascuna rampa è realizzata attraverso una coppia di cosciali
paralleli collegati, mediante unioni bullonate con squadrette, a delle colonne
appositamente previste per lo scopo. A livello di piano è presente un solaio
con pannelli alveolari precompressi come quello precedentemente descritto,
mentre il pianerottolo è costituito da lastre di vetro satinato sorrette da una
serie di travi. Gli elementi strutturali usati per il corpo scala ascensore sono
profili a doppio T per le colonne, IPE per le travi, UPN per i cosciali, per i
controventi di questi ultimi e del telaio ascensore, profili tubolari cavi per il
collegamento trasversale dei cosciali.
1.3.5 Fondazioni
Come detto, la tipologia di fondazione utilizzata è una fondazione a
plinti isolati collegati da cordoli. Solo al di sotto del corpo scala ascensore
viene realizzata una piccola platea di dimensioni??. I plinti possono essere
raggruppati in base alla geometria in tre tipologie fondamentali:
PL1: 1,5x1,5 m in pianta e 1 m in profondità;
PL2: 1,8x1,8 m in pianta e 1 m in profondità;
PL3: 2,5x2,5 m in pianta e 1,5 m in profondità
1.4 Normative di riferimento
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Il suddetto progetto è stato redatto conformemente alle vigenti leggi e le
verifiche seguono le prescrizioni delle norme:
Decreto Ministeriale LL.PP. 14 gennaio 2008: “Norme tecniche per le
costruzioni”;
Circolare 2 febbraio 2009, n. 617
In fase di predimensionamento e nei casi in cui le precedenti norme non
fornivano indicazioni dettagliate, si è fatto riferimento anche a:
Eurocodice 3 – Progettazione delle strutture in acciaio
Parte 1-1: Regole generali e regole per gli edifici
ENV 1993 – 1- 1
CNR-UNI 10011
CNR-UNI 10025
1.5 Materiali
In seguito si riportano le principali caratteristiche dei materiali utilizzati
per la parte strutturale dell’opera. In allegato verranno riportate le schede
tecniche sia di questi materiali che di quelli per uso non strutturale.
1.5.1 Acciaio da carpenteria metallica
Gli acciai utilizzati per gli elementi strutturali travi, colonne, cosciali,
controventi del telaio ascensore, piatti di rinforzo nei collegamenti sono
appartenenti alle classi riportate in tabella:
Tabella 1.5.1.A - Laminati a caldo con profili a sezione aperta
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Mentre per quanto riguarda gli elementi di controventamento sono si fa
riferimento alla seguente tabella:
Tabella 1.5.1.B - Laminati a caldo con profili a sezione cava
In sede di progettazione sono stati assunti convenzionalmente i seguenti
valori nominali delle proprietà del materiale:
Modulo elastico E = 210000 2
Modulo di elasticità trasversale G = 2
Coefficiente di Poisson ν = 0.3
Coefficiente di espansione termica lineare α = per
(per temperature fino a 100°C)
Densità ρ = 7850
1.5.2 Acciaio per bulloni e connessioni
Per le varie unioni bullonate sono stati impiegati bulloni di classe 6.8 e
8.8 aventi le seguenti caratteristiche:
Tabella 1.5.2.A - Classi bulloni e corrispondenti tensioni di snervamento e rottura
1.5.3 Acciai speciali
Per tutte le connessioni a perno e per i tirafondi impiegati nei
collegamenti di fondazione tra colonne e plinti, sono stati utilizzati acciai
speciali per grossa bulloneria aventi le seguenti caratteristiche:
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Tabella 1.5.3.A - Acciai speciali per grossa bulloneria
1.5.4 Acciaio per cemento armato
L’acciaio utilizzato nelle parti in cemento armato è del tipo B450C,
caratterizzato dai seguenti valori nominali delle tensioni di snervamento e
rottura utilizzate nei calcoli:
Tabella 1.5.4.A - Valori nominali delle tensioni di snervamento e rottura
e conforme al rispetto dei seguenti requisiti previsti dalle NTC08:
Tabella 1.5.4.B - Requisiti richiesti dalle norme per acciaio B450C
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1.5.5 Acciaio per cemento armato precompresso
Per i pannelli di solaio alveolare precompresso sono stati utilizzati trefoli
a 7 fili di acciaio dalle seguenti caratteristiche:
Tabella 1.5.5.A - Caratteristiche geometriche e meccaniche dell'acciaio per c.a.p.
1.5.6 Calcestruzzo
In tutta la struttura il calcestruzzo gettato in opera è stato impiegato
esclusivamente nella realizzazione delle fondazioni e della soletta del
solaio. In entrambe i casi si è adoperato un calcestruzzo di classe C28/35.
Per quanto riguarda invece i pannelli alveolari precompressi di cui è
composto il solaio, è stato utilizzato un di classe C45/55.
Le caratteristiche di tali calcestruzzi sono riassunte in tabella:
Tabella 1.5.6.A - Caratteristiche meccaniche cls C28/35
CALCESTRUZZO Classe C28/35
Rck 35 N/mm2 Resistenza cubica caratteristica
fck 29.05 N/mm2 Resistenza cilindrica caratteristica
fcm 37.05 N/mm2 Resistenza cilindrica media
fctm 2.83 N/mm2 Resistenza media a trazione assiale
fctk 1.98 N/mm2 Resistenza caratteristica a trazione assiale (frattile 5%)
fcfm 3.40 N/mm2 Resistenza media a trazione per fless
Ec 32588 N/mm2 Modulo elastico
αcc 0.85 - Coeff riduttivo per resistenze di lunga durata
γC 1.5 - Coeff parziale di sicurezza
fcd 16.46 N/mm2 Resistenza di calcolo a compressione
fctd 1.32 N/mm2 Resistenza di calcolo a trazione
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Tabella 1.5.6.B - Caratteristiche meccaniche cls C45/55
1.5.7 Prodotti per uso strutturale
Sono stati utilizzati dispositivi di vincolo dinamici del tipo
Sono stati impiegati, in prossimità del giunto strutturale, dei connettori a
taglio per il trasferimento dello stesso tra le due semistrutture al fine di
mantenere un comportamento globale dell’intera costruzione come in
assenza del giunto stesso. Tali connettori sono del tipo HALFEN
HSD..alleghiamo tutta la scheda tecnica?sn20pag!
1.5.8 Materiali per uso non strutturale
Per quanto riguarda i materiali per uso non strutturale, quali ad esempio
pannelli di rivestimento delle facciate, pavimenti, impermeabilizzazioni,
ecc.. si veda appendice C.
2. AZIONI
CALCESTRUZZO Classe 45/55
Rck 45 N/mm2 Resistenza cubica caratteristica
fck 37.35 N/mm2 Resistenza cilindrica caratteristica
fcm 45.35 N/mm2 Resistenza cilindrica media
fctm 3.35 N/mm2 Resistenza media a trazione assiale
fctk 2.35 N/mm2 Resistenza caratteristica a trazione assiale (frattile 5%)
fcfm 4.02 N/mm2 Resistenza media a trazione per fless
Ec 34625 N/mm2 Modulo elastico
αcc 0.85 - Coeff riduttivo per resistenze di lunga durata
γC 1.5 - Coeff parziale di sicurezza
fcd 21.17 N/mm2 Resistenza di calcolo a compressione
fctd 1.56 N/mm2 Resistenza di calcolo a trazione
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24
Si considerano le azioni che interessano la costruzione. I carichi
vengono calcolati in base alle disposizioni del “D.M. 14 gennaio 2008”.
2.1 Carichi verticali
I carichi verticali agenti sulla costruzione sono i carichi permanenti
strutturali e non strutturali, i carichi antropici, il carico neve.
2.1.1 Carichi permanenti strutturali e non strutturali
2.1.1.1 Piano tipo
CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI (GK1)
Materiale Spessore(mm) kN/m3) Peso (kN/m2)
PANNELLO ALVEOLARE
PRECOMPRESSO
160 2.62
SOLETTA 60 24 1.44
TOT 4.06
Tabella 2.1.1.1.A : Carichi permanenti strutturali
CARICHI PERMANENTI NON STRUTTURALI (GK2)
Materiale Spessore(mm) kN/m3) Peso (kN/m2)
MASSETTO 55 14 0.77
PANNELLO
(isolante+porta tubo)
57 0.3 0.017
PAVIMENTO (linoleum) 5 0,1
IMPIANTI 0.3 0,2
TRAMEZZI 0
CONTROSOFFITTO 0,3
TOT 1.39
Tabella 2.1.1.1.B: Carichi permanenti non strutturali
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25
CARICHI VARIABILI (QK)
ANTROPICO (QK1) 6 kN/m2
Tabella 2.1.1.1.C: Carichi permanenti variabili
2.1.1.2 Copertura
CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI (GK1)
Materiale Spessore(mm) kN/m3) Peso (kN/m2)
LAMIERA GRECATA 0.8 0.1
SOLETTA 73 24 1.75
TOT 1.85
Tabella 2.1.1.2.A: Carichi permanenti strutturali
CARICHI PERMANENTI NON STRUTTURALI (GK2)
Materiale Spessore(mm) kN/m3) Peso (kN/m2)
MASSETTO 50 14 0.7
PANNELLO
(di copertura)
0.07
IMPIANTI 0.3 0,2
CONTROSOFFITTO 0,3
TOT 1.39
Tabella 2.1.1.2.B: Carichi permanenti non strutturali
CARICHI VARIABILI (QK)
MEZZI D’OPERA (QK1) 1.5 kN/m2
NEVE (QK2) 0.63 kN/m2
COPERTURA NON PRAT. (QK3) 0,5 kN/m2
Tabella 2.1.1.2.C: Carichi permanenti variabili
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26
2.1.2 Carico Antropico
La destinazione d’uso della struttura è quella di parcheggio e locali
per macchinari nei tre piani interrati e ambienti ad uso ospedaliero per i sei
piani fuori terra. Il valore del carico antropico da considerare è stato
richiesto dal committente e valutato pari a 6 kN/m2; fa eccezione la
copertura che viene considerata accessibile per la sola manutenzione, il
carico in questo caso è di 0,5 kN/m2. Sulle scale, che appartengono alla
categoria C2, agisce una pressione pari a 4 kN/m2. Nella tabella 2.1 sono
riassunte le azioni considerate.
Ambiente categoria qk [kN/m2]
Rimesse e
parcheggi
F parcheggi 6* *(Richiesto dal
committente)
Suscettibili di
affollamento
C1
C2
ospedali
scale comuni
6* *(Richiesto dal
committente)
coperture e
sottotetti
H1 coperture accessibili per la
sola manutenzione
0.5
Tabella 2.1.2.A: Carichi antropici agenti sulla struttura
2.1.3 Carico da neve
La struttura appartiene alla zona 3, l’altitudine è di circa 405 m sul
livello del mare per cui il valore caratteristico di riferimento del carico da
neve al suolo (qsk) per un periodo di ritorno di 50 anni è pari a 0,87 kN/m2.
Si considera un coefficiente di esposizione CE pari a 0,9 che
corrisponde ad aree pianeggianti battute dai venti, senza costruzioni o alberi
più alti. Tale scelta progettuale è da considerarsi esclusivamente cautelativa,
in quanto non trova riscontro nell’ambiente urbano in cui la struttura si
colloca. In assenza di uno specifico documento di studio si considera un
coefficiente termico (CT) pari ad 1.
La copertura dell’edificio presenta inclinazioni α rispetto
all’orizzontale 0 , per cui si assume un coefficiente di forma 1
uguale a 0,8.
Il carico da neve è pari a: .
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27
2.2 Azione sismica
L’azione sismica viene calcolata con riferimento a due stati limite:
quello di danno (S.L.D.) per quanto riguarda l’esercizio, e quello di
salvaguardia della vita (S.L.V.) per quanto riguarda le condizioni ultime. Si
considera una categoria di terreno B, cioè terreni a grana grossa molto
addensati, mentre la categoria topografica risulta essere T1 (superficie
pianeggiante). Si considera uno smorzamento convenzionale pari al 5%.
La vita nominale della costruzione è pari a 100 anni (grandi opere),
essendo inserita nella terza classe d’uso (costruzioni il cui uso preveda
affollamenti significativi) si ricava una vita di riferimento di 150 anni.
Gli spettri ottenuti dal calcolo, riferiti alla componente orizzontale
del moto sismico (l’unica che si considera), sono riportati in figura 2.1. Si
precisa che lo spettro di progetto ottenuto scalando lo spettro SLV elastico
rispetto al fattore di struttura calcolato attraverso le indicazioni di norma,
per il caso in esame risultava presentare delle ordinate spettrali tutte al di
sotto dello spettro SLD, per cui volendo garantire un comportamento
elastico della struttura rispetto alle azioni da stati limite di esercizio, si è
deciso di adottare proprio lo spettro elastico relativo allo SLD come spettro
di progetto. Questa scelta ha comportato la rinuncia a parte delle possibili
riserve di duttilità possedute dalla struttura a favore di una maggior
resistenza, al fine di evitare danneggiamenti sotto l’azione di sismi con
basso periodo di ritorno.
Tabella 2.2.A – Fattore di struttura q0 da normativa
Come si può vedere dalla Tab. 2.2.A il fattore di struttura teorico preso
dalle indicazioni di normativa sarebbe potuto essere q0 = 4, a seguito della
scelta descritta in precedenza si è ricavato a posteriore un q0,equivalente ≈ 2.2.
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28
Vista la classe d’uso della struttura, le norme prevedono anche delle
verifiche sugli spostamenti che garantiscono l’immediata occupabilità
dell’edificio a seguito di eventi sismici relativi allo SLO.
Tabella 2.2.B - Informazioni di base per il calcolo degli spettri
Figura 2.2.1 Spettri di risposta (componente orizzontale) S.L.D. e S.L.V.
Figura 2.2.2 - Spettri di risposta (componente orizzontale) S.L.D. e S.L.O.
SITO RIETI
VITA NOMINALE (anni) 100
COEFFICIENTE D'USO 1.5
CLASSE D'USO III
CATEGORIA DI SOTTOSUOLO B
CATEGOTIA TOPOGRAFICA T1
q da NTC 3.2
q,equivalente 2.2
0.000
0.100
0.200
0.300
0.400
0.500
0.600
0.700
0.000 0.500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500 4.000
a (m
/s2
)
T (s )
SPETTRI DI RISPOSTA
SLD SLV elastico SLV di progetto
q equivalente
0.000
0.050
0.100
0.150
0.200
0.250
0.300
0.350
0.000 0.500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500 4.000
a (m
/s2
)
T (s )
SPETTRI DI RISPOSTA PER VERIFICHE AGLI STATI LIMITE DI
ESERCIZIO
SLD SLO
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2.3 Azione del Vento
2.4 Azione della temperatura
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30
Sono stati considerati gli effetti della variazione termica applicando a tutti
gli elementi strutturali opportuni valori di ΔTu previsti dalla norma.
Tabella 2.4.A - Valori di ΔTu per gli edifici
2.5 Combinazione delle azioni
Per quanto concerne la combinazione dell’azione sismica con i
carichi verticali la normativa specifica che questa debba essere effettuata,
per lo Stato Limite Ultimo e per lo Stato Limite di Danno secondo la
formula:
i
KiQiKPKGE QPGEFd )( 2
dove:
E rappresenta l’azione sismica per lo stato limite considerato e
per la classe di importanza in esame;
KG rappresenta il valore caratteristico della azione permanente
(peso proprio, carichi permanenti portati, precompressione,
ecc);
KQ rappresenta il valore caratteristico dell'azione variabile;
KP rappresenta il valore caratteristico della deformazione
impressa (effetto della temperatura, deformazione del terreno,
viscosità, ritiro, etc.);
E , G , Q , P rappresentano i coefficienti parziali (Tabella 5.2-VI a);
2i sono i coefficienti di combinazione delle azioni variabili (Tabella
3.2.VI).
3. SCELTE PROGETTUALI
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31
3.1. Scelte progettuali globali
L’opera in questione, come già precedentemente indicato, sarà adibita
ad uso ospedaliero per la gran parte. Risulta quindi essere una costruzione
di notevole importanza, non solo in relazione alle funzioni svolte al suo
interno, ma anche riguardo le dimensioni.
Per quanto riguarda le scelte progettuali globali, la strategia di progetta
zione adottata è stata quella per specializzazione. Ciò significa che si sono
voluti individuare due sistemi resistenti differenti per resistere ai carichi
verticali e orizzontali. Si è scelto quindi di realizzare una struttura
totalmente a ritti pendolari, nella quale i percorsi di carico dalla sommità
fino in fondazione fossero chiari e facilmente individuabili. Tale scelta
comporta anche la possibilità di operare una ottimizzazione locale degli
elementi, i quali assolvono solamente alla funzione specifica per la quale
sono stati progettati, e inoltre in presenza di eventuali danneggiamenti si ha
il vantaggio di poter procedere a una manutenzione più semplice e mirata,
sostituendo direttamente gli elementi messi fuori servizio. Tuttavia questa
strategia di progettazione porta con se anche dei possibili svantaggi, quali la
canalizzazione di elevate concentrazioni di tensione in zone localizzate,
come ad esempio gli scarichi dei controventi in fondazione. Di tutto ciò si è
tenuto conto cercando, nonostante la specializzazione dei diversi sistemi
resistenti, di distribuire, nel rispetto dei vincoli progettuali, i controventi nei
vari telai della struttura.
Il sistema resistente ai carichi verticali è costituito dalle colonne, dalle
travi binate dal solaio alveolare precompresso. Il vantaggio di adottare
questa scelta rispetto a un più classico solaio con travi principali, secondarie
e lamiera grecata, è stato quello di avere una maggiore resistenza al fuoco,
un minor numero di connessioni da realizzare tra travi principali e
secondarie, una posa in opera dei pannelli facile e rapida, ed è stato dettato
anche da esigenze di tipo architettonico che limitavano l’altezza massima
del pacchetto solaio. Ai controventi non è stata affidata funzione portante
rispetto ai carichi verticali per evitare una prematura instabilizzazione anche
sotto l’azioni di sismi di modesta entità. In tal modo si evita anche il
pericolo che le colonne, a seguito dell’instabilizzazione del controvento,
non abbiano la capacità di sopportare l’incremento di carico dovuto al
mancato contributo del controvento.
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32
Il sistema resistente ai carichi orizzontali è costituito invece dai
controventi, per i quali, come già detto, si è scelta una configurazione che li
vedesse distribuiti abbastanza uniformemente nell’ambito dei vari telai,
sempre nel rispetto dei vincoli architettonici. Questa scelta è stata fatta
anche cercando di evitare, per quanto possibile, un eccessiva
concentrazione di tensioni localizzata in fondazione nelle zone di scarico
degli stessi.
Per quanto riguarda la scelta progettuale sulla tipologia di fondazioni
da adottare, si è deciso per una fondazione diretta, nello specifico una
fondazione su plinti collegati tra loro mediante cordoli per garantire alla
fondazione un comportamento d’insieme sotto azioni sismiche.
La struttura non presenta zone specializzate a portare a terra le azioni
orizzontali, la distribuzione delle colonne è regolare in pianta cosi come è
uniforme il posizionamento degli elementi di controventamento. Questa
caratteristica di uniformità, insieme alle importanti dimensioni, e alle buone
caratteristiche meccaniche del terreno ha permesso di adottare questa
soluzione.
3.2 Scelte progettuali locali
Si illustrano in seguito le scelte progettuali specifiche per ciascun elemento
strutturale, entrando successivamente nel merito del predimensionamento
effettuato.
3.2.1 Solaio
3.2.1.1 Solaio piano tipo
3.2.1.2 Solaio copertura
Per il solaio di copertura sono state effettuate scelte diverse rispetto
al solaio tipo. In questo caso infatti non è più necessario garantire cavedi
verticali per il passaggio degli impianti, inoltre, la diversa destinazione
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33
d’uso ha permesso di utilizzare profili molto più snelli che potessero
rispettare il vincolo sullo spessore massimo del pacchetto solaio.
Si è optato per la scelta solaio composto in acciaio-calcestruzzo.
Esso è costituito da una lamiera grecata di acciaio su cui viene eseguito un
getto di calcestruzzo normale o alleggerito. La lamiera ha la funzione di
cassero durante la costruzione e costituisce parte o tutta l’armatura
longitudinale dopo l’indurimento del calcestruzzo. Poiché non è sufficiente
la semplice adesione chimica fra la lamiera e il calcestruzzo, sono previste
opportune lavorazioni superficiali o particolari sagome per garantire
l’aderenza fra acciaio e calcestruzzo (Fig. 1).
Figura 3.2.1.2.1 - Connessione per ingranamento meccanico tra calcestuzzo e lamiera grecata
In questo caso, la trave principale è resa collaborante con la soletta,
mentre le due travi secondarie ad interasse 2.5 m sono dimensionate come
sezioni di solo acciaio. Il predimensionamento è stato effettuato riferendoci
alla analisi dei carichi riportata nel paragrafo 2.1.1.2.
Per la trave principale si è fatto riferimento allo schema di trave
mista appoggiata, sollecitata da due forze concentrate in corrispondenza
dell’attacco con la trave secondaria. Le travi secondarie, invece, sono
sempre incernierate ma soggette ad un carico distribuito sulla larghezza di
influenza. Per il solaio, invece, si è utilizzato lo schema di trave continua su
quattro appoggi.
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34
3.2.2 Travi
3.2.2.1 Travi binate alveolari
Nella scelta della disposizione delle travi e delle tipologia da
adottare, ha giocato un ruolo importante la necessità di dover garantire la
massima flessibilità per la distribuzione degli impianti in orizzontale e in
verticale, rispettando i vincoli progettuali imposti dal Committente sullo
spessore massimo del pacchetto solaio.
Le scelte, già citate nel paragrafo relativo al solaio, hanno permesso
di considerare come soluzione performante quella delle travi binate con
profilo alveolare.
Le due travi binate, permettono di avere grande libertà in verticale
per il passaggio degli impianti di riscaldamento, antincendio e smaltimento
delle acque reflue.
La flessibilità in orizzontale è garantita dall’utilizzo di profili
alveolari con fori esagonali.
Individuato il profilo da utilizzare, si è cercato di ottimizzare lo
stesso, in modo da avere una soluzione leggera, e con fori di diametro
maggiore.
E’ stato effettuato un primo predimensionamento riferendoci ad una
trave appoggiata con una larghezza di influenza di 3.75 m e una lunghezza
totale di 7.2 m. I carichi presi in considerazione sono riportati nella analisi
dei carichi al paragrafo 2.1.1.1.
Per sfruttare in termini di rigidezza la soletta in calcestruzzo, si è
pensato di renderla collaborante, riferendoci perciò ad una sezione mista
acciaio-calcestruzzo. Le Norme Tecniche forniscono un criterio per la
valutazione della larghezza collaborante. In questo caso, per come è
garantita la collaborazione, si è ritenuto di fare affidamento su un blocco di
altezza 22 cm e larghezza 28 cm per mezzo di pioli tipo Nelson di altezza h
= 110 mm e diametro d = 19 mm .
I pioli vengono dimensionati con la forza di scorrimento Vl ricavata
ricorrendo alle indicazioni dell’Eurocodice per le sezioni miste acciaio-
calcestruzzo. Per collegamenti a completo ripristino, la forza totale di
scorrimento di progetto V deve essere contrastata dai connettori fra le
sezione di massimo momento positivo e un appoggio di estremità.
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35
La forza di scorrimento Fcf = 1100 KN, e la resistenza di calcolo a taglio di
un piolo dotato di testa, saldato in modo automatico, con collare di
saldatura normale, posto
in una soletta di calcestruzzo piena può essere assunta pari al minore dei
seguenti
valori:
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36
Scegliendo un pioli di altezza h =110 mm e diametro d=19 mm , il minimo
valore di PRD,a = 79,5 KN, questo richiede che nella trave il numero di pioli
sia pari a 35 ed abbiano un passo di 215 mm.
Di seguito si riporta il predimensionamento della trave.
La trave è stata dimensionata verificando la sezione in mezzeria come
segue:
1. nella prima fase come sola trave in acciaio, sollecitata dal peso
proprio, quello dei pannelli alveolari in precompresso e del peso del
getto di calcestruzzo;
2. nella seconda fase si è fatto riferimento ad una sezione mista
acciaio-calcestruzzo, sulla quale agiscono oltre ai carichi strutturali e
non strutturali, anche i variabili. La sezione mista è stata ricondotta
ad una sezione in acciaio considerando un coefficiente di
omogeneizzazione pari a 6, valutato come rapporto tra i moduli
elastici dei materiali;
3. nella terza fase la verifica è stata condotta a lungo termine,
considerando un coefficiente di omogeneizzazione pari a 19. Questa
terza fase è più impegnativa per la sezione in acciaio, poiché si
riduce il contributo del calcestruzzo per effetto dei fenomeni viscosi
che si verificano a lungo termine;
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37
Tabella 3.2.2.1.A – Caratteristiche dei materiali
CARATTERISTICHE DEI MATERIALI
A. DA CARPENTERIA Tipo S355
Ea 210000 N/mm2
Modulo elastico
G 80769.2 N/mm2
Modulo di elasticità trasversale
ν 0.3 - Coeff. di Poisson
fyk 355 N/mm2
Tensione caratteristica di snervamento
γM0 1.05
fyd 338.1 N/mm2
Resistenza di calcolo
CALCESTRUZZO Classe C28/35
Rck 35 N/mm2
Resistenza cubica caratteristica
fck 29.05 N/mm2
Resistenza cilindrica caratteristica
fcm 37.05 N/mm2
Resistenza cilindrica media
fctm 2.83 N/mm2
Resistenza media a trazione assiale
fctk 1.98 N/mm2
Resistenza caratteristica a trazione assiale (frattile 5%)
fcfm 3.40 N/mm2
Resistenza media a trazione per fless
Ec 32588 N/mm2
Modulo elastico
αcc 0.85 - Coeff riduttivo per resistenze di lunga durata
γC 1.5 - Coeff parziale di sicurezza
fcd 16.46 N/mm2
Resistenza di calcolo a compressione
fctd 1.32 N/mm2
Resistenza di calcolo a trazione
A. PER ARMATURE Tipo B 450 C
fyk 450 N/mm2 Tensione caratteristica di snervamento
γs 1.15 -
fyd 391.3 N/mm2 Resistenza di calcolo
A. CONNESSIONI
ft 430 N/mm2 Resistenza a rottura acciaio piolo
γV 1.25 -
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38
Tabella 3.2.2.1.B – Caratteristiche del profilo alveolare, caratteristiche geometriche e azioni
per verifiche
SCELTA DEL PROFILATO DALLE TABELLE DI PREDIMENSIONAMENTO
PROFILATO SCELTO HEA 280-400 ALV Profilo alveolare poligonale
b 280 mm Larghezza ali
tf 13 mm Spessore ali
tw 8 mm Spessore anima
H 400 mm Altezza sezione
D 260 mm Max altezza del foro
G 0.76 KN/m Peso
A 8192 mm2
Area sezione forata
S 1638400 mm3
Momento statico risp all'asse // al bordo superiore dell'ala..
Iy 295840522.7 mm4
Momento d'inerzia risp all'asse baricentrico della sez. forata
Wy 1479202.61 mm3
Rigidezza flessionale
x 200 mm Altezza asse x baricentrico
L 7.2 m Luce della trave
i 3.75 m Larghezza d'influenza
H tot 620 mm Altezza pacchetto solaio
hcls 220 mm Altezza cls collaborante
bo 215 mm Interasse pioli
n be 0
b eff 280 mm Larghezza soletta collaborante
A cls 61600 mm2
Area cls collaborante
xs 110 mm Dist baric soletta da asse bordo sup soletta
c 80 mm Appoggio del pannello
d 120 mm Distanza tra pannelli
A' collaborante 61600 mm2
Area cls collaborante
x'c 110 mm Dist baric area collaborante cls dall'asse bordo sup soletta
ACLS 61600 mm2
Area collaborante totale di cls
Sc 6776000 mm3
Momento statico sez rett di cls risp bordo sup soletta
xCLS 110.000 mm Baricentro sez rett di cls risp bordo sup soletta
Ic 248453333.3 mm4
Momento d'inerzia baricentrico sez rett di cls
CARATTERISTICHE GEOMETRICHE
Gpv 60.7 KN/m Carico permanenti+variabili combinato agli SLU
Gpp 0.9932 KN/m Carico peso proprio trave combinato agli SLU
Gp+s+tr 21.7945 KN/m Carico pannelli+soletta+travette SLU
Gnn_str 10.99875 KN/m Carico permanenti non strutturali+tramezzi SLU
Q 33.75 KN/m Carico variabile SLU
M1 6.4 KNm Momento dato dal peso proprio della trave SLU
M2 141.2 KNm Momento pannelli+soletta+travette
M3 71.3 KNm Momento dei permanenti non strutturali
M4 218.7 KNm Momento dei variabili
FASI DI CALCOLO E VERIFICHE AGLI SLU PER LA TRAVE
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39
Tabella 3.2.2.1.C – Fasi di calcolo
M1 6.4 KNm
M2 141.2 KNm
бa,sup 99.8 N/mm2 0K
бa,inf 99.8 N/mm2 0K
FASE 1 (SOLO TRAVE IN ACCIAIO)
n 6 - Coeff. omogeneizzazione a breve termine
ACLS 61600 mm2
Area collaborante totale di cls
xCLS 110.00 mm Baricentro sez a T di cls risp bordo sup soletta
At 8192 mm2
Area sez. forata acciaio
xt 420.0 mm Dist baricentro acciaio dal bordo sup soletta
Atot 17751.2 mm2
Area tot sez. omogeneizzata
S 4492149.6 mm3
Momento statico acc e cls risp bordo sup soletta
x'' 253.1 mm Baricentro sez omogeneizzata risp bordo sup soletta
I'' 758338131.7 mm4
Momento d'inerzia baricentrico sez omogen.
M3 71.3 KNm
M4 218.7 KNm
б''c (soletta) -15.02 N/mm2
OK
бa,sup -148.37 N/mm2
0K
бa,inf 240.14 N/mm2
0K
FASE 2 (TRAVE + SOLETTA)
n* 19 - Coeff. omogeneizzazione a lungo termine
ACLS 61600.0 mm2 Area collaborante totale di cls
Atot 11378.4 mm2 Area tot sez. omogeneizzata
S 3791143.2 mm3 Momento statico acc e cls risp bordo sup soletta
x''' 333.2 mm Baricentro sez omogeneizzata risp bordo sup soletta
I''' 529153278.7 mm4 Momento d'inerzia baricentrico sez omogen.
Nc 173977.0449 N Compressione da ritiro sulla soletta (metodo di Morsch)
M3 71.3 KNm
M4 218.7 KNm
б''c -12.88 N/mm2 OK
бa,sup -142.35 N/mm2 0K
бa,inf 250.04 N/mm2 0K
FASE 3 (TRAVE + SOLETTA A LUNGO TERMINE)
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40
E’ stata inoltre effettuata una verifica agli stati limite di esercizio,
confrontando la freccia con quella massima assunta pari ad 1/400 di L.
Tabella 3.2.2.1.D – Verifica di deformabilità
In virtù dei risultati ottenuti, il predimensionamento ha permesso di
scegliere come profilo per la trave una HEA 400X280.
E’ stata poi introdotta dell’armatura longitudinale, costituita da 4 Ф 12 di
lunghezza totale L = 3000 mm inserita all’attacco dove il momento è
negativo. Di questi 4 Ф 12, due sono mantenuti continui su tutto lo sviluppo
della trave per garantire l’armatura minima, come da Normativa.
L’armatura all’attacco è stata dimensionata calcolando il momento negativo
agente per la combinazione frequente agli SLE, agente sulla sezione mista
acciaio-calcestruzzo. La risultante di trazione è stata decurtata della
massima resistenza a trazione agli SLE del calcestruzzo, la differenza è
stata affidata alle armature.
Tcls = 305 KN
fctm=2.74 N/mm2
Tarm = Tcls – fctm*Acls = 135 KN
Aarm = Tarm/fyd= 345 mm2
4 Ф 12 A = 452 mm2
VERIFICA ALLO STATO LIMITE DI ESERCIZIO
Gpp+p+s+tr 16.11 KN/m Carico pp+pannelli+soletta+travette
1) fperm_strut 9.1 mm Freccia in mezzeria dovuta ai permanenti strutturali
Gnn_str 6.818 KN/m Carico permanenti non strutturali
2) fnn_str 2.1 mm Freccia in mezzeria dovuta ai permanenti non strutturali
Q 20.4 KN/m Carico variabile
3) fQ 6.4 mm Freccia in mezzeria dovuta ai variabili
f1+f2+f3 17.64 mm
Verifica: OK
fmax 18.00 mm
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ALLEGARE SCHEDA TECNICA DELL’ARCELOR
Dimensionamento della connessione trave-soletta
Il calcolo della forza di scorrimento a taglio necessaria per il progetto
dei connettori può essere condotta utilizzando sia la teoria elastica sia la
teoria plastica. Per le connessioni a completo ripristino di resistenza, in
sezioni progettate utilizzando il calcolo plastico, la forza totale di
scorrimento con cui progettare la connessione tra la sezione di massimo
momento positivo e un appoggio di estremità è data da
dove Aa, Ac ed Ase sono le aree,rispettivamente, del profilo in acciaio, della
soletta di calcestruzzo e dell’armatura longitudinale compressa. La forza di
scorrimento tra una sezione soggetta al minimo momento flettente e la
sezione soggetta al massimo momento flettente (appoggio intermedio e
campata) è pari a:
La forza di scorrimento Fcf , ricavata utilizzando la relazione sopra riportata
è pari a 1100 KN.
La resistenza di calcolo a taglio di un piolo dotato di testa, saldato in
modo automatico, con collare di saldatura normale, posto in una soletta di
calcestruzzo piena può essere calcolata utilizzando le relazioni riportate
nelle Norme Tecniche e qui di seguito proposte.
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Scegliendo un pioli di altezza h =100 mm e diametro d=19 mm, con
un valore di ft = 450 N/mm2 il minimo valore di PRD,a = 79,5 KN, questo
richiede che nella trave il numero di pioli sia pari a 35 ed abbiano un passo
di 215 mm.
Una volta dimensionata la connessione è necessario disporre
dell’armatura trasversale in soletta per l’eliminazione di possibili rotture
fragili nel calcestruzzo a causa degli elevati sforzi di taglio che si
concentrano in prossimità della connessione piolata.
L’armatura trasversale deve essere disposta in modo tale da
rinforzare e cucire tali superficie di scorrimento potenziali.
La sollecitazione di taglio agente lungo tali superfici critiche, ν Ed, è
determinata, sulla base delle ipotesi di calcolo seguite per la definizione del
momento resistente plastico della sezione, dalla forza di compressione
massima sviluppata in soletta. Per cui la sollecitazione di taglio per unità di
lunghezza si ricava, vedi figura di seguito riportata, dalla formula:
dove hf è lo spessore della piattabanda in calcestruzzo e Δx la distanza tra la
sezione di momento massimo e minimo e la sezione di momento nullo.
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con Asf è l’area della singola barra longitudinale ed sf è l’interasse tra le
barre.
In questo caso, considerando la forza di taglio Fcf di 1100 KN, dal calcolo,
si rende necessario un Ф 8/250 mm, che viene integrato nella armatura di
continuità dei pannelli.
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3.2.2.2 Travi perimetrali
Per quanto riguarda le travi perimetrali sono stati impiegati profili
IPE collegati mediante unioni bullonate con squadrette alle colonne per
schematizzare il vincolo a cerniera adottato nel modello di calcolo.
Anche le travi perimetrali sono pensate collaboranti con il getto di cls in
opera e tale collaborazione è ottenuta tramite il fissaggio di pioli sull’ala
superiore delle stesse.
Per quanto riguarda il predimensionamento e la verifica si è
proceduto in analogia a quanto appena descritto per le travi binate alveolari.
3.2.3 Colonne
3.2.4 Controventi
Nella direzione del lato lungo della struttura, la presenza di travi binate
ha consentito di adottare, per i controventi, la scelta di realizzare un
collegamento fra due piani non immediatamente successivi ma intervallati
da un terzo piano intermedio. In corrispondenza di tale piano intermedio il
controvento passa attraverso le travi binate. La presenza di queste ultime
quindi fa si che i controventi siano collegati solamente alle colonne e tale
collegamento è stato realizzato fissando le estremità del controvento,
sagomate con una doppia pinza, mediante un perno ad un piatto saldato a
ciascuna colonna.
La scelta di realizzare il seguente collegamento nasce dall’esigenza di
avere uno spazio adeguato per poter realizzare delle aperture anche in
corrispondenza dei telai controventati, in quanto si era previsto in fase
preliminare che la maggior parte degli accessi ai vari ambienti sarebbe stata
localizzata proprio in corrispondenza dei telai sul lato lungo.
Se da un lato la soluzione adottata ha risolto il problema delle aperture,
dall’altro ne ha posto un altro. I profili da adottare risultano essere lunghi
poco più di 10m, quindi sono molto snelli e soggetti a fenomeni di
instabilità.
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Per contrastare il fenomeno dell’instabilità su tali controventi,
particolarmente lunghi, si è scelto in seguito di realizzare a livello del piano
intermedio, dove il controvento passa attraverso le travi binate, una sorta di
collare (vedi modellazione dei nodi § 7.3.1) che avesse la funzione di
bloccare dall’eventuale sbandamento il controvento, consentendo così a
quest’ultimo di lavorare con una lunghezza libera d’inflessione dimezzata
con ovvi vantaggi dal punto di vista degli sforzi portati. Il collare
precedentemente menzionato è stato realizzato inserendo un piatto verticale
nel controvento attraverso un’asola appositamente realizzata nello stesso e
successivamente saldando i due elementi. Parallelamente viene saldato un
piatto verticale a destra e a sinistra dell’anima della trave, in modo che a
fine montaggio dei vari elementi questi piatti possano trovarsi a contatto
con quello uscente dal controvento. Successivamente il collegamento tra le
travi e il controvento viene completato bullonando i due piatti.
Per quanto riguarda le scelte effettuate sulla disposizione dei controventi
sul lato corto, non avendo particolari vincoli progettuali, si è deciso di
adottare una configurazione a croce sempre a due piani, con l’inserimento
di un piatto nella zona di incrocio dei controventi, i quali non saranno
costituiti da profili continui ma da due parti indipendenti che verranno
collegati tramite perni al piatto suddetto.
I controventi sono stati posizionati simmetricamente rispetto all’asse
della struttura e sono distribuiti in modo abbastanza uniforme sui vari telai.
3.2.5 Corpo scala e ascensore
L’edificio è dotato di cinque corpi scala muniti ciascuno di 2 vani
ascensore. I corpi mettono in comunicazione verticale i 9 piani dell’edificio.
Il vano scala presenta una tipologia di struttura portante ordinaria. Essa è
inserita all’interno di una maglia che misura 7.5 m per 7.5 m. Nelle
seguente pianta è possibile riconoscere dove sono inseriti i corpi scala.
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Figura 3.2.5.1 – Disposizione dei corpi scala ascensore in pianta
Gli ascensori inseriti all’interno del corpo scala sono due: uno è porta
lettighe e occupa una dimensione in pianta di 330 x 240 cm con portata
massima di 2000 kg, mentre l’altro ascensore è 180 x 240 cm con portata
massima di 630 kg.
Figura 3.2.5.2 - Tipologie di ascensori
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Dal punto di vista strutturale il corpo scala è costituito da 12 colonne,
disposte come visibile nella pianta di sotto riportata.
Figura 3.2.5.3 – Pianta corpo scala ascensore
I profili utilizzati sono HE 320 A e HE 360 M. Questa disposizione
degli elementi verticali, permette di avere un corpo scala regolare e con
buona rigidezza, essendo questo collaborante con il resto della struttura per
azioni orizzontali . La scala ha anche la funzione di essere una via di fuga in
caso di emergenza, perciò, vista l’importanza, si è optato per una soluzione
semplice dal punto di vista strutturale.
La scala è composta da n.2 rampe spezzate da un pianerottolo di
interpiano. La lunghezza complessiva di ognuna di esse, è pari a 3.6 m. La
struttura di sostegno della singola rampa consta di n.2 cosciali affiancati
posti a distanza l’uno dall’altro di 1.67 m. I cosciali sono collegati per
mezzo di squadrette alle ali delle colonne. Il profilo del cosciale è un
UPN220. Questo profilo è stato ottenuto fissando il rispetto della freccia
massima.
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Avendo pensato ad una gradino in vetro,si è deciso di limitare ad
1/1000 della luce la freccia del cosciale. Lo spostamento massimo, agli
S.L.E., è stato perciò fissato pari 3.6 mm.
Dalla letteratura è noto che, per una trave appoggiata , la freccia si
determina tramite la relazione f = .
Il carico agente su ciascun cosciale, avendo effettuato un calcolo
approssimato per quanto riguarda il peso degli elementi non strutturali,
assunto pari a 2 KN/m2 e utilizzando per il carico antropico i 4 KN/m
2
riportati nelle Norme Tecniche è pari a 6.1 KN/m. Dato che la rigidezza
flessionale di un UPN220 è pari a 2691 x 104 mm
4 e il modulo elastico E
dell’acciaio è pari a 210000 N/mm2, dalla formula risulta f = 2.8 mm, la
quale è abbondantemente soddisfatta.
I cosciali paralleli sono irrigiditi da una struttura di
controventamento a croce. Per ogni rampa si inseriscono 2 maglie di
controventi utilizzando come profili degli UPN 60X60X5X5 mm. Inoltre i
cosciali sono collegati tra loro, in modo da garantire una uguale traslazione
orizzontale con dei profili tubolari del tipo Ф 54, s = 2.9 mm collegati come
riportato sulla tavola corrispondente.
Ogni rampa prevede 12 gradini di alzata pari a 16.6 cm e pedata di
31.5 cm per i tre piani interrati e 10 gradini di alzata 17 cm e pedata 31.5
cm per i piani successivi. Il gradino è in vetro satino, di spessore 20 mm e
collegato ai cosciali per mezzo di piatti di appoggio saldati agli UPN.
Vediamo come si compone. Si salda un corpo di sostegno all’interno
dell’ala di entrambi i cosciali. La sua geometria è riportata nella seguente
figura.
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Figura 3.2.5.4: Particolare del gradino
Su tutto l’intradosso della suddetta struttura di alloggiamento viene
inserito un piccolo strato di neoprene in modo da evitare contatti diretti tra
acciaio e vetro che, sotto carichi ripetuti, porterebbe alla rottura di
quest’ultimo. Lo stesso viene usato per i rivestimenti verticali dello stesso
che ricordiamo essere obbligatori per le nuove normative antincendio. Lo
spessore delle lastre di rivestimento è pari a 1 cm. Per ulteriori valutazioni
grafiche si può far riferimento alla tavola del vano scala.
Il pianerottolo è costituito sempre da lastre di vetro di spessore 2 cm
che hanno una luce massima di 917 mm. Queste lastre sono collegate a
delle travi di profilo IPE 80 che sono poggiate sull’ala superiore delle IPE
300 incernierate tra le colonne.
Il profilo delle IPE 80 è stato dimensionato anche esso ali S.L.E.
controllando che l’abbassamento massimo sia compatibile con la freccia
massima di 1/1000 richiesta per il vetro.
Tutto il corpo scala, cosi predimensionato è stato modellato e inserito nel
modello globale per valutarne l’interazione con il resto della struttura sotto
azioni orizzontali. Gli elementi del vano ascensore-scala sono stati poi
verificati ricorrendo al check-design.
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3.2.6 Collegamenti
3.2.7 Giunti strutturali
3.2.8 Fondazione
Il modello con cui è stata dimensionata la costruzione prevede delle
cerniere come vincoli alla base delle colonne. Il terreno e le fondazioni
della struttura non sono ancora modellate. Il vincolo di cerniera sarà
schematizzato con un collegamento opportuno che connette la colonna al
plinto di fondazione, per i dettagli si rimanda al capitolo.
La scelta progettuale sulla tipologia di fondazioni da adottare ricade
in primo luogo su una fondazione diretta, nello specifico una fondazione su
plinti collegati tra loro mediante cordoli per garantire alla fondazione un
comportamento d’insieme sotto azioni sismiche.
La struttura non presenta zone specializzate a portare a terra le azioni
orizzontali, la distribuzione delle colonne è regolare in pianta cosi come è
uniforme il posizionamento degli elementi di controventamento. Questa
caratteristica di uniformità, insieme alle importanti dimensioni, e alle buone
caratteristiche meccaniche del terreno ha permesso di adottare questa
soluzione. Avendo adottato fondazioni dirette su plinti, il problema
principale in questo caso poteva essere rappresentato dai cedimenti
differenziali, soprattutto in questo caso in presenza di terreni granulari . E’
stato necessario perciò controllare la compatibilità dei cedimenti
differenziali con le caratteristiche della struttura in elevazione, e per
valutare ciò si è ricorso al controllo di alcune grandezze caratteristiche,
come riportato in letteratura.
La situazione stratigrafica del terreno su cui sarà edificata la struttura
è riportata nella figura 7.1: dal piano campagna, i primi 0.6 m di profondità
sono costituiti da riporti, tale deposito poggia su uno strato di sabbia con
ghiaia fino alla profondità di 3.6 m . Lo strato successivo, che raggiunge la
profondità di 8 m è costituito da sabbia limosa con ghiaia e poi abbiamo
uno strato di circa 20 m di sabbia debolmente limosa. La falda è presente a
15 m di profondità dal piano campagna.
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Figura 3.8.1 - Stratigrafia del terreno
Tabella 3.8.A – Pesi per unità di volume, tensioni verticali e tensioni verticali efficaci
Si dispone dei risultati di due prove penetrometriche eseguite in sito.
Tabella 3.8.B – Risultati di prove penetrometriche
Z (m) γ (KN/m3) бv u б' v
Riporti 0 19.5 0 0
0.6 19.5 11.7 11.7
Sabbia con ghiaia 0.6 19.5 11.7 11.7
1 19.5 19.5 19.5
2 19.5 39 39
3.6 19.5 70.2 70.2
Sabbia limosa 3.6 19.5 70.2 70.2
con ghiaia 8 19.5 156 156
Sabbia 8 19.5 156 156
deb. limosa 30 19.5 585 150 435
STRATIGRAFIA
Z (m) Nspt (1) Nspt (2)
3 35 31
6 31 28
9 33 31
12 31 26
15 46 25
24 41 65
RISULTATI DELLE PROVE PENETROMETRICHE
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Le caratteristiche meccaniche dei terreni, utilizzate in fase
progettuale sono riportate in tabella 3.8.C.
CARATTERISTICHE MECCANICHE
strato c' [kPa] E [kPa] γ [kN/m3] [°] G [kPa]
sabbia limosa con ghiaia 0 50000 19.5 36 33000
Sabbia debolmente limosa 0 85000 19.5 34 56000
Tabella 3.8.C - Caratteristiche meccaniche degli strati di terreno
L’impiego di plinti collegati da cordoli è stato adottato vista la
regolarità della disposizione delle colonne in pianta che sono collegate da
cordoli di sezione 30 x 30 cm. Il compito di questi ultimi è di assicurare un
comportamento d’insieme durante l’oscillazione sismica.
La scelta del piano di posa dei plinti ha tenuto conto delle diversa
altezza degli stessi, in funzione delle colonne. E’ stato necessario ricorrere a
tre tipologie diverse di plinti :
1. Per il nucleo centrale, la cui altezza è di 33 m si è adottato un
plinto quadrato di lato L = 2.5 m e altezza h=1.5 m ;
2. al di sotto delle colonne di altezza massima 12 m si è adottato
un plinto sempre quadrato e di lato L = 1.8 m e altezza h = 1
m ;
3. per le colonne perimetrali si è utilizzato un plinto quadrato di
lato L = 1,5 m e altezza h = 1 m ;
Poiché la falda si trova ad una profondità di 15 m dal piano di
campagna e l’intradosso del plinto di altezza h = 1.5 m è posizionato a -13.7
m dal piano di campagna si ritiene che la fondazione non abbia problemi di
risalita dell’acqua e perciò si decide di fissare come quota di sbancamento
l’intradosso dei cordoli alla profondità di – 12.50 m dal piano di campagna.
In corrispondenza dei plinti sarà necessario realizzare delle gli scavi
localizzati in modo da poter armare con casseformi il plinto e gettare in sito.
Al di sotto del plinto si realizza uno strato di magrone dello spessore di 15
cm .
I cordoli invece vengono gettati su uno strato di magrone dello
spessore di 15 cm, armando gli stessi con casseri . Al di sopra dei cordoli
viene gettato il solaio del piano terra che è costituito da una soletta piena
dello spessore di 20 cm. Lo spazio tra i cordoli, di altezza 30 cm, viene
riempito con IGLU della stessa altezza, i quali hanno il vantaggio di
garantire impermeabilizzazione e rapidità nella posa in opera.
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Tutte le strutture di fondazione dovranno essere eseguite con un
conglomerato cementizio di classe C28/35, armato con barre di acciaio ad
aderenza migliorata B450C.
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4. MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI
STRUTTURALI
La risposta della struttura nei confronti delle azioni esterne ed
interne, sia di tipo permanente che variabile, viene valutata utilizzando il
programma di calcolo agli elementi finiti Sap2000.12.
Di seguito verranno descritte dapprima le scelte di modellazione
eseguite per i vari elementi strutturali costituenti la struttura, come il solaio,
le travi, gli elementi verticali, i controventi, e successivamente verrà
illustrata l’evoluzione dei modelli globali della struttura sia per carichi
orizzontali che per carichi verticali.
4.1 Modellazione del solaio
Il solaio è stato modellato in Sap2000.12 mediante elementi
bidimensionali di piastra “shell”, di forma rettangolare o triangolare a
seconda delle esigenze geometriche imposte dallo sviluppo in pianta della
struttura.
Le caratteristiche degli elementi shell sono determinate in modo tale
che il modello risulti equivalente al solaio reale in termini di rigidezze di
piano e flessionali, mentre la massa strutturale è stata posta pari a zero e
assegnata successivamente come carico uniformemente distribuito sulla
superficie dell’elemento stesso.
Figura 4.1.1: Solaio alveolare
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Lo spessore dell’elemento finito definito col nome di “membrana” è
stato calcolato imponendo che l’area per unità di lunghezza del solaio sia la
stessa che nel caso reale, mentre quello indicato con il nome di “flessione”
è stato determinato uguagliando le inerzie flessionali:
Figura 4.1.2: Caratteristiche del solaio
La rigidezza dell’elemento shell associata allo spessore “h”
considerato, eguaglia solamente quella effettivamente presente nel solaio
alveolare nella direzione di maggior rigidezza, ossia quella degli alveoli,
pertanto si è inserito in SAP, nella casella “Modificatori rigidezza”
presente nella finestra di definizione della sezione dell’elemento shell, un
coefficiente correttivo, pari al rapporto tra la rigidezza flessionale del solaio
nella direzione di minor rigidezza e la rigidezza dell’elemento shell
associata allo spessore “h”, in modo da eguagliare quelle presenti nel solaio
reale.
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Figura 4.1.3: Finestra definizione caratteristiche elemento
L’ipotesi fatta è che il solaio abbia comportamento prevalentemente
unidirezionale vista l’ortotropia.
Questi coefficienti sono stati ottenuti come spiegato di seguito:
Coefficienti delle rigidezze flessionali m11, m22, m12 ottenuti come
rapporto tra l’inerzia per unità di lunghezza del solaio reale e l’inerzia
dell’elemento shell nella direzione considerata;
Coefficienti delle rigidezze di piano f11, f22, f12 ottenuti come rapporto
tra le aree per unità di lunghezza del solaio reale e l’area dell’elemento
shell, nella direzione considerata;
Coefficienti di taglio V13, V23 ottenuti come i precedenti,
dipendentemente dalla direzione considerata
Gli elementi shell inseriti per costruire il modello del solaio hanno il
sistema di riferimento locale orientato come mostrato in figura, dove l’asse
1 è quello avente colore rosso e parallelo all’asse y, l’asse 2 avente colore
bianco parallelo all’asse x, e l’asse 3 ortogonale al piano individuato dai
precedenti ed ortogonale all’asse z.
Figura 4.1.4: Sistema di riferimento locale delle shell
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La discretizzazione della mesh è stata eseguita in due modi differenti
nei modelli utilizzati per valutare la risposta a carichi orizzontali e in quelli
utilizzati per valutare la risposta per carichi verticali, tenendo in conto sia
l’accuratezza della soluzione sia l’onere computazionale, parametri
entrambi direttamente proporzionali alla raffinatezza del modello. Si è
cercato di realizzare una discretizzazione quanto più regolare possibile con
elementi, ove possibile, di forma quadrata o rettangolare, in modo da
assicurarne un corretto funzionamento.
4.2 Modellazione delle travi
Gli elementi strutturali, quali in particolare travi, pilastri e
controventi, sono modellati attraverso elementi monodimensionali indicati
nel programma con nome di “frame”, a ciascuno dei quali assegnata la
corrispondente sezione.
Figura 4.2.1: Trave modellata tramite elementi "frame"
L’elemento Frame è rappresentato da una linea retta che congiunge
due punti, i e j (nodi), ognuno dei quali ha sei gradi di libertà (3 traslazioni
e 3 rotazioni). Ciascun elemento ha il proprio sistema di coordinate locale
per la definizione delle proprietà della sezione e dei carichi e per
l’interpretazione dei risultati. Gli assi di questo sistema locale sono indicati
con i numeri 1, 2 e 3; il primo asse è diretto lungo l’elemento, gli altri due
giacciono nel piano perpendicolare ad esso.
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Figura 4.2.2: Sistema di riferimento locale dell'elemento "frame"
La discretizzazione di tali elementi è dettata da quella degli elementi
shell su di essi convergenti.
Per quanto riguarda la modellazione dei vincoli alle estremità delle
travi, essendo queste collegate alle colonne mediante cerniere, vengono
assegnati dei “release” , ovvero rilasci, di momento.
Figura 4.2.3: Assegnazione dei release alle travi
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Per le travi binate sono stati modellati due frame paralleli, distanti tra
loro 58 cm. Esse sono poi collegate alla colonna attraverso dei bracci rigidi
ai quali sono assegnati i release. Per quanto riguarda le caratteristiche
inerziali, non è sufficiente assegnare le sezione poiché essa non ha rigidezza
costante, per effetto dei fori alveolari ed inoltre è una trave mista acciaio-
calcestruzzo e quindi bisogna tener conto del contributo dato dalla soletta.
E’ stato quindi necessario ricavare la corretta rigidezza della stessa,
ricorrendo ad una modellazione di dettaglio agli elementi finiti.
L’inerzia della trave è stata valutata imponendo una forza unitaria
distribuita o concentrata nella mezzeria e leggendo la freccia della trave,
nota la quale sono invertibili le relazioni note da scienza delle costruzioni
per una trave appoggiata:
La prima relazione è per una trave appoggiata con carico
concentrato, mentre la seconda con carico distribuito.
Sono stati introdotti più modelli per valutare come influisse sulla rigidezza J
la modalità con la quale è stato assegnato il carico. I risultati osservati sono
riportati sulla tabella che segue :
1. trave in acciaio modellata come elemento frame con sezione costante
(HEA 400x280) e carico unitario applicato distribuito lungo
l’elemento;
2. trave in acciaio modellata con elementi shell con sezione costante
(HEA 400x280) e carico unitario applicato distribuito lungo
l’elemento;
3. trave in acciaio modellata con elementi shell e fori esagonali con
carico unitario distribuito;
4. trave in acciaio modellata con elementi shell e fori esagonali con
carico unitario concentrato in mezzeria;
5. trave mista acciaio-calcestruzzo modellata con elementi shell e fori
esagonali con carico unitario concentrato in mezzeria
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Modello Elemento finito I (mm4)
1 Frame 294x106
2 Shell 297x106
3 Shell 259x106
4 Shell 258x106
5 Shell 757*106
Dai primi due modelli si è verificata la correttezza della
modellazione elementi shell; dal terzo e dal quarto si è osservata l’influenza
sulla rigidezza di come è stato applicato il carico. Essendo quest’ultima non
significativa, nel modello 5, si è inserito anche il blocco di calcestruzzo
collaborante e valutata J applicando una forza unitaria concentrata.
Figura 4.2.4 – Modellazione trave alveolare con elementi shell
Figura 4.2.5 - Modellazione del calcestruzzo collaborante sulla trave con elementi shell
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Ricavata l’inerzia della sezione mista acciaio- calcestruzzo, questa è
stata introdotta nel modello globale assegnando un elemento frame con
sezione in acciaio HEA 400x280, e intervenendo sui modificatori come
riportato sotto. Nello specifico si è ridotta la massa, per tenere conto dei fori
e incrementata l’inerzia come rapporto tra quella della sezione in acciaio e
quello della sezione mista.
Figura 4.2.5 - Modificatori proprietà/rigidezza per la trave alveolare modellata con elemento
frame
4.3 Modellazione delle colonne
Anche le colonne ed i controventi, come specificato sopra, sono state
modellate attraverso elementi frame aventi sezioni di area opportuna.
Per le colonne sono state previste inizialmente tre rastremazioni.
Figura 4.3.1: Rastermazione delle colonne
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N° rastremazione Z(m)
1° 14
2° 24
3° 33
Tabella 4.3.A: Rastremazioni delle colonne
La scelta delle quote delle rastremazioni è legata a motivazioni di
maggiori facilità di montaggio in quanto la realizzazione dell’unione tra
colonne di sezioni differenti fatta nel nodo ove convergono travi o
controventi verticali sarebbe stata di maggiore complessità.
La soluzione scelta prevede che l’unione tra colonne di sezioni
differenti, come si descriverà in seguito, sia di tipo bullonata ed eseguita
direttamente in cantiere.
Le colonne infine vengono realizzate tutte in continuità.
4.4 Posizionamento e modellazione dei controventi
Sebbene la scelta del sistema finale di controventamento sia giunta a
termine di un processo iterativo che ha portato a una soluzione finale
totalmente diversa da quella ipotizzata in partenza, tuttavia la modellazione
dei controventi è stata eseguita sempre utilizzando, com’è ovvio, elementi
frame, ai quali, durante i vari tentativi, è stata cambiata di volta in volta
sezione e/o posizionamento.
Nelle varie configurazioni adottate prima di giungere a quella
definitiva, il fattore comune a tutte è stato il vincolo progettuale che
impediva di posizionare controventi nei telai perimetrali del lato lungo e la
necessità di prevedere spazi sufficienti per l’accesso ai vari ambienti,
accessi che secondo un architettonico di massima realizzato in fase
preliminare, sono stati previsti per la maggior parte nei telai del lato lungo.
Per questo motivo, nei telai del lato lungo lo schema ricorrente, è
analogo a quello riportato in seguito:
Figura 4.4.1 - Schema ricorrente di disposizione dei controventi in direzione X
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63
mentre nella direzione del lato corto lo schema ricorrente, anche non
identicamente in tutti i telai, è il seguente:
Figura 4.4.2 - Schema ricorrente di disposizione dei controventi in direzione Y
Tutti i controventi a croce sono stati posti in modo da comprendere
due piani, analogamente anche la maggior parte dei controventi in direzione
X, tranne quelli di piano terra in tutte e due le direzioni e quelli dell’ultimo
piano nella direzione Y.
Anche ai controventi, come alle travi, vengono assegnati i “release”
dei momenti in quanto si vuole che il loro collegamento alle colonne
schematizzi una cerniera.
La scelta progettuale relativa al posizionamento dei controventi è
stata effettuata tenendo in considerazione due aspetti fondamentali:
Il comportamento dinamico dell’edificio ed in particolare i suoi modi
naturali di vibrare;
Le limitazioni imposte dai vincoli architettonici, presenti sia
all’interno della struttura, dovuti alla divisione degli ambienti, che
all’esterno, legati invece alle necessità estetiche di mantenere libere
le facciate;
Al fine di realizzare un comportamento dinamico della struttura
“regolare”, quindi con i primi tre modi naturali di vibrare puramente
rotazionali o traslazionali, e garantire il rispetto delle verifiche sugli
spostamenti differenziali di piano (drift), si è proceduto in modo iterativo
elaborando differenti modelli e osservando di volta in volta le variazioni
apportate.
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5. MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA
5.1 Modelli per carichi orizzontali
In seguito verranno presentati i modelli più significativi utilizzati per la
valutazione del comportamento dinamico della struttura, ovvero per la
valutazione dei periodi e dei modi di vibrare. Tali modelli sono stati
impiegati anche per le verifiche agli stati limite di esercizio, ovvero verifica
dei drift e degli spostamenti massimi consentiti, ed anche per la verifica
automatica, tramite “check design”, delle colonne e dei controventi.
Figura 5.1.1 - Limiti sugli spostamenti orizzontali
Figura 5.1.2 - Limiti sui drift
Attraverso una panoramica dei modelli utilizzati, si ripercorrono le scelte
che hanno portato alla soluzione finale, mettendo in luce le motivazione che
di volta in volta hanno determinato il passaggio da una certa modellazione a
quella successiva.
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5.1.1 Modello A
Il punto di partenza (giustificare scelta di partenza del n° e sezione dei
CV) è stato quello di valutare il comportamento complessivo della struttura
di base in presenza dei controventi verticali ma in assenza dei corpi scala,
al posto dei quali sono stati lasciati dei vuoti.
La struttura risulta essere totalmente a ritti pendolari, ossia tutti i
collegamenti tra i vari elementi strutturali, così come quelli delle colonne a
terra, sono a cerniera.
L’analisi modale fornisce i seguenti risultati:
Tabella 4.1.1.A - Modello A: periodi e coefficienti di partecipazione di massa
I primi due modi risultano essere traslazionali rispettivamente nelle
direzioni Y (lato corto) e X (lato lungo), tuttavia nel primo è presente anche
una componente rotazionale importante. Il terzo modo è prevalentemente
rotazionale.
Figura 5.1.1.1 - Modello A: 1°modo di vibrare
Periodo T
Modo [s] Ux Uy Rz
1° 1.35 0.0040 0.5228 0.3717
2° 1.32 0.5205 0.0034 0.0489
3° 1.28 0.0115 0.0014 0.0725
Massa partecipante
Modello A
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Figura 6 - Modello A: 2°modo di vibrare
Figura 5.1.1.3 - Modello A: 3°modo di vibrare
Come già accennato in precedenza, sono state eseguite le verifiche
sugli spostamenti agli stati limite di esercizio. Si riportano in seguito i
risultati ottenuti:
Tabella 5.1.1.B - Modello A: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione X
Modello A di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0908 0.0593 3.5 33 0.0117 0.066 NO NO
8 0.1500 0.0297 3.5 29.5 0.0117 NO
7 0.1797 0.0179 3.5 26 0.0117 NO
6 0.1618 0.0478 3.5 22.5 0.0117 NO
5 0.1140 0.0569 3.5 19 0.0117 NO
4 0.0571 0.0368 3.5 15.5 0.0117 NO
3 0.0204 0.0078 4 12 0.0133 OK
2 0.0126 0.0059 4 8 0.0133 OK
1 0.0067 0.0067 4 4 0.0133 OK
Direzione X
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Tabella 5.1.1.C - Modello A: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione Y
Come si può vedere le verifiche su spostamenti e drift danno esito
negativo nelle due direzioni per diversi piani.
Le modifiche successive al seguente modello hanno avuto come
scopo quello di irrigidire la struttura per rientrare nei limiti sugli
spostamenti, garantendo comunque il disaccoppiamento dei modi di
vibrare.
5.1.2 Modello B
Per raggiungere gli obiettivi indicati in precedenza, sono stati inseriti
un maggior numero di controventi, disponendoli, nel rispetto dei vincoli
progettuali, nei telai che risultavano subire spostamenti maggiori.
In questo modello sono stati introdotti anche i cinque corpi scala
ascensore, e a tal proposito si è potuto valutare se la loro presenza desse un
contributo irrigidente o meno a tutta la struttura.
Si riportano in seguito i risultati ottenuti:
Tabella 5.1.2.A - Modello B: periodi e coefficienti di partecipazione di massa
Modello A di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.1028 0.0215 3.5 33 0.0117 0.066 NO NO
8 0.0812 0.0050 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0762 0.0167 3.5 26 0.0117 NO
6 0.0595 0.0087 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0507 0.0170 3.5 19 0.0117 NO
4 0.0338 0.0172 3.5 15.5 0.0117 NO
3 0.0165 0.0052 4 12 0.0133 OK
2 0.0113 0.0041 4 8 0.0133 OK
1 0.0073 0.0073 4 4 0.0133 OK
Direzione Y
Periodo T
Modo [s] Ux Uy Rz
1° 1.32 0.5438 0.0010 0.0753
2° 1.27 0.0010 0.5572 0.3593
3° 1.18 0.0015 0.0008 0.0927
Massa partecipante
Modello B
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Figura 7 - Modello B: 1° modo di vibrare
Figura 8 - Modello B: 2°modo di vibrare
Figura 5.1.2.3 - Modello B: 3°modo di vibrare
Nonostante la presenza dei corpi scala, i modi di vibrare della
struttura rimangono sostanzialmente disaccoppiati, pur invertendosi di
ordine i primi due rispetto al modello precedente. Questo perchè i corpi
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scala-ascensore sono distribuiti simmetricamente rispetto agli assi di
simmetria della struttura. Il loro contributo irrigidente, in concomitanza con
quello fornito dall’aumento dei controventi risulta essere ancora
insufficiente, e tutto ciò si evince sia dalla ridotta riduzione dei periodi della
struttura che dalle verifiche effettuate sugli spostamenti.
Tabella 5.1.2.B - Modello B: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione X
Tabella 5.1.2.C - Modello B: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione Y
Rispetto al modello precedente la situazione è migliorata da punto di
vista delle verifiche sui drift, ma è peggiorata dal punto di vista degli
spostamenti massimi di piano. E’ risultato necessario irrigidire
ulteriormente la struttura cercando, in particolar modo, di ridurre gli
spostamenti del primo piano e dell’ultimo piano.
Modello B di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0932 0.0072 3.5 33 0.0117 0.066 OK NO
8 0.0860 0.0110 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0750 0.0124 3.5 26 0.0117 NO
6 0.0626 0.0116 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0510 0.0109 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0400 0.0121 3.5 15.5 0.0117 NO
3 0.0279 0.0092 4 12 0.0133 OK
2 0.0187 0.0084 4 8 0.0133 OK
1 0.0103 0.0103 4 4 0.0133 OK
Direzione X
Modello B di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0941 0.0157 3.5 33 0.0117 0.066 NO NO
8 0.0784 0.0065 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0719 0.0149 3.5 26 0.0117 NO
6 0.0569 0.0083 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0487 0.0131 3.5 19 0.0117 NO
4 0.0356 0.0096 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0260 0.0081 4 12 0.0133 OK
2 0.0178 0.0061 4 8 0.0133 OK
1 0.0117 0.0117 4 4 0.0133 OK
Direzione Y
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5.1.3 Modello C
Nel seguente modello sono state apportate le modifiche
precedentemente descritte e inoltre sono state incastrate tutte le travi dei
telai perimetrali sia della parte interrata che di quella fuori terra e incastrate
a terra tutte le colonne dei suddetti telai.
Tabella 5.1.3.A - Modello C: periodi e coefficienti di partecipazione di massa
Figura 5.1.3.1 - Modello C: 1°modo di vibrare
Figura 5.1.3.2 - Modello C: 2°modo di vibrare
Periodo T
Modo [s] Ux Uy Rz
1° 1.04 0.0844 0.5023 0.4933
2° 1.01 0.4906 0.0824 0.0030
3° 0.99 0.0039 0.0085 0.0645
Massa partecipante
Modello C
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Figura 5.1.3.3 - Modello C: 3°modo di vibrare
Le modifiche apportate in questa fase provocano nuovamente una
inversione di ordine dei primi due modi di vibrare e si nota anche un
maggiore accoppiamento tra i primi due modi traslazionali, che comunque
resta limitato.
Esaminando i periodi si nota l’irrigidimento della struttura che in gran
parte, come si avrà modo di intuire successivamente, è stato determinato più
dall’aggiunta mirata di controventi alla base della struttura e in copertura
che dalla presenza degli incastri.
Tabella 5.1.3.B - Modello C: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione X
Modello C di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0713 0.0034 3.5 33 0.0117 0.066 OK NO
8 0.0679 0.0094 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0585 0.0088 3.5 26 0.0117 OK
6 0.0497 0.0084 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0413 0.0083 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0329 0.0097 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0232 0.0088 4 12 0.0133 OK
2 0.0145 0.0092 4 8 0.0133 OK
1 0.0052 0.0052 4 4 0.0133 OK
Direzione X
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72
Tabella 5.1.3.C - Modello C: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione Y
Le modifiche apportate in questa fase hanno prodotto effetti positivi
riguardo la riduzione degli spostamenti, in particolar modo il beneficio
maggiore, in termini di riduzione degli spostamenti assoluti di piano, risulta
più evidente in direzione Y, dove le verifiche agli stati limite di esercizio
forniscono tutte esito positivo. Anche in direzione X il miglioramento è
sensibile, infatti rientrano tutte le verifiche sui drift ma non tutte quella
sullo spostamento massimo.
Sebbene le ultime modifiche che hanno portato a questo modello hanno
fatto registrare netti miglioramenti e portato ad una situazione per la quali
quasi tutte le verifiche sono rispettate, il passo successivo sarebbe quello di
irrigidire ulteriormente i telai in direzione X o ingrandendo le sezioni o
aumentando ancora il numero di controventi. Tuttavia il modello in
questione presenta già un notevole numero di controventi che “chiudono”
molti telai, per questo si è fatta la scelta di procede per un’altra strada, ossia
quella di prevedere controventi che funzionino sia a trazione che
compressione.
5.1.4 Modello D
Il presente modello, come già accennato in precedenza, prevede una
notevole differenza rispetto all’ultimo. Sono stati inseriti controventi a
trazione/compressione e si ritornati ad una struttura totalmente a ritti
pendolari. Per quanto riguarda le sezioni si è passati da UPN a profili
tubolari cavi che, a parità di area con gli UPN, sbandano per un N di
buckling molto più alto e si prestano a lavorare meglio a
Modello C di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0552 0.0050 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK
8 0.0501 0.0061 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0440 0.0071 3.5 26 0.0117 OK
6 0.0369 0.0068 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0301 0.0071 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0230 0.0061 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0169 0.0060 4 12 0.0133 OK
2 0.0109 0.0048 4 8 0.0133 OK
1 0.0061 0.0061 4 4 0.0133 OK
Direzione Y
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73
trazione/compressione rispetto ai precedenti profili. Il numero di
controventi totali è stato ridotto. Si riportano in seguito i risultati ottenuti:
Tabella 5.1.4.A - Modello D: periodi e coefficienti di partecipazione di massa
Figura 5.1.4.1 - Modello D: 1°modo di vibrare
Figura 5.1.4.2 - Modello D: 2°modo di vibrare
Periodo T
Modo [s] Ux Uy Rz
1° 0.96 0.0000 0.5833 0.4040
2° 0.88 0.0000 0.0000 0.0923
3° 0.78 0.6557 0.0000 0.0651
Massa partecipante
Modello D
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Figura 5.1.4.3 - Modello D: 3°modo di vibrare
I dati salienti che si registrano dalla lettura dei risultati ottenuti sono una
riduzione dei periodi e quindi un irrigidimento della struttura, e il completo
disaccoppiamento tra i modi.
Per quanto riguarda gli spostamenti si sono ottenuti i seguenti risultati:
Tabella 5.1.4.B - Modello D: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione X
Tabella 5.1.4.C - Modello D: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione Y
Modello D di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0492 0.0033 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK
8 0.0459 0.0064 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0395 0.0055 3.5 26 0.0117 OK
6 0.0340 0.0051 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0289 0.0055 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0234 0.0059 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0175 0.0066 4 12 0.0133 OK
2 0.0109 0.0056 4 8 0.0133 OK
1 0.0052 0.0052 4 4 0.0133 OK
Direzione X
Modello D di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0618 0.0069 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK
8 0.0549 0.0072 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0477 0.0080 3.5 26 0.0117 OK
6 0.0397 0.0070 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0327 0.0078 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0249 0.0061 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0189 0.0074 4 12 0.0133 OK
2 0.0114 0.0061 4 8 0.0133 OK
1 0.0054 0.0054 4 4 0.0133 OK
Direzione Y
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75
La soluzione con controventi a trazione/compressione consente il
rispetto di tutte le verifiche sui drift e sugli spostamenti dopo pochi tentativi
sui cambi fatti, sulla base dei risultati del “check design”, per garantire il
rispetto dei tassi massimi di lavoro.
5.1.5 Modello E
L’ultimo modello realizzato è sostanzialmente uguale al precedente,
l’unica differenza sta nell’aver incastrato tutte le travi binate alle colonne.
Questa soluzione si è posta a seguito della decisione su come realizzare le
connessioni dei vari elementi strutturali nei nodi dove convergono
contemporaneamente colonna, travi binate, controventi. Avendo previsto,
per risolvere il suddetto problema, che le colonne dovessero uscire dallo
stabilimento già con i due monconi di trave saldati parallelamente sulle due
ali, si è provveduto a modificare nel modello globale il vincolo tra questi
ultimi due elementi strutturali, passando da cerniera a incastro.
Successivamente quindi si sono analizzati i risultati per vedere gli effetti di
questa modifica.
Tabella 5.1.5.A - Modello E: periodi e coefficienti di partecipazione di massa
Figura 5.1.5.1 - Modello E: 1°modo di vibrare
Periodo T
Modo [s] Ux Uy Rz
1° 0.96 0.0000 0.5842 0.4063
2° 0.88 0.0000 0.0001 0.0910
3° 0.76 0.6591 0.0000 0.0651
Massa partecipante
Modello E
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76
Figura 5.1.5.2 - Modello E: 2°modo di vibrare
Figura 5.1.5.3 - Modello E: 3°modo di vibrare
Confrontando i risultati ottenuti con quelli del precedente modello non
si riscontrano sostanziali differenze tra le forme modali. Anche i periodi
restano praticamente invariati, segno che la presenza del vincolo d’incastro
tra travi e colonna non contribuisce a irrigidire la struttura, o quanto meno il
contributo irrigidente fornito risulta irrilevante rispetto a quello fornito dai
controventi.
Per quanto riguarda le verifiche sugli spostamenti si hanno i seguenti
risultati:
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77
Tabella 5.1.5.B - Modello E: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione X
Tabella 5.1.5.C - Modello E: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione Y
Rispetto al modello D restano pressoché invariati anche gli spostamenti
di piano e i drift e le verifiche risultano tutte ampiamente soddisfatte.
Avendo scelto come soluzione finale l’ultima, ossia quella del modello
E, sono state eseguite le verifiche sugli spostamenti anche riguardo allo
stato limite di immediata operatività (SLO) in quanto la struttura ricade in
classe d’uso III e per tali tipi di strutture la norma prevede che: “si deve
verificare che l’azione sismica di progetto non produca danni agli elementi
costruttivi senza funzione strutturale tali rendere temporaneamente non
operativa la costruzione”. La norma inoltre prevede che tale condizione si
può ritenere soddisfatta quando gli spostamenti interpiano ottenuti
dall’analisi in presenza dell’azione sismica di progetto relativa allo SLO,
siano inferiori ai 2/3 dei limiti indicati per le verifiche agli SLD.
Modello E di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0487 0.0037 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK
8 0.0450 0.0068 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0382 0.0054 3.5 26 0.0117 OK
6 0.0329 0.0048 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0280 0.0053 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0227 0.0057 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0170 0.0062 4 12 0.0133 OK
2 0.0108 0.0054 4 8 0.0133 OK
1 0.0054 0.0054 4 4 0.0133 OK
Direzione X
Modello E di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0615 0.0069 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK
8 0.0547 0.0071 3.5 29.5 0.0117 OK
7 0.0476 0.0080 3.5 26 0.0117 OK
6 0.0396 0.0069 3.5 22.5 0.0117 OK
5 0.0327 0.0078 3.5 19 0.0117 OK
4 0.0249 0.0061 3.5 15.5 0.0117 OK
3 0.0188 0.0074 4 12 0.0133 OK
2 0.0114 0.0060 4 8 0.0133 OK
1 0.0054 0.0054 4 4 0.0133 OK
Direzione Y
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78
Figura 5.1.5.4 - Spettri di risposta SLD e SLO impiegati per le verifiche sugli spostamenti
I risultati ottenuti per la verifica degli spostamenti nelle condizioni di
immediata operatività nel modello finale sono riportati in seguito:
Tabella 5.1.5.D - Modello E: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione X (SLO)
Tabella 5.1.5.E - Modello E: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione Y (SLO)
0.000
0.050
0.100
0.150
0.200
0.250
0.300
0.350
0.000 0.500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500 4.000
a (m
/s2
)
T (s )
SPETTRI DI RISPOSTA PER VERIFICHE AGLI STATI LIMITE DI
ESERCIZIO
SLD SLO
Modello E di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0384 0.0029 3.5 33 0.0078 0.044 OK OK
8 0.0354 0.0054 3.5 29.5 0.0078 OK
7 0.0301 0.0042 3.5 26 0.0078 OK
6 0.0258 0.0038 3.5 22.5 0.0078 OK
5 0.0221 0.0042 3.5 19 0.0078 OK
4 0.0179 0.0044 3.5 15.5 0.0078 OK
3 0.0134 0.0049 4 12 0.0089 OK
2 0.0086 0.0043 4 8 0.0089 OK
1 0.0043 0.0043 4 4 0.0089 OK
Direzione X
Modello E di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica
Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?
9 0.0439 0.0039 3.5 33 0.0078 0.044 OK OK
8 0.0399 0.0041 3.5 29.5 0.0078 OK
7 0.0359 0.0053 3.5 26 0.0078 OK
6 0.0306 0.0049 3.5 22.5 0.0078 OK
5 0.0257 0.0061 3.5 19 0.0078 OK
4 0.0196 0.0046 3.5 15.5 0.0078 OK
3 0.0150 0.0058 4 12 0.0089 OK
2 0.0092 0.0048 4 8 0.0089 OK
1 0.0043 0.0043 4 4 0.0089 OK
Direzione Y
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Nel modello definitivo adottato anche le verifiche sugli spostamenti allo
SLO danno esito positivo.
5.1.6 Riepilogo sull’evoluzione dei modelli per carichi orizzontali
Il procedimento iterativo con il quale si è definita la configurazione e
la tipologia ottimale dei controventi, ha portato ad una evoluzione nel
comportamento dinamico della struttura e dei suoi modi naturali di vibrare
che può essere schematicamente rappresentato nei seguenti diagrammi:
Figura 9 - Evoluzione dei periodi dei modi di vibrare
0.00
0.20
0.40
0.60
0.80
1.00
1.20
1.40
1.60
1 2 3
T (s
)
Modo di vibrare
Periodi dei modi di vibrare
Modello A
Modello B
Modello C
Modello D
Modello E
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Figura 10 - Evoluzione della percentuale di massa partecipante traslazionale in X
Figura 11 – Evoluzione della percentuale di massa partecipante traslazionale in Y
Figura 12 – Evoluzione della percentuale di massa partecipante rotazionale in Z
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
12
3
Modo di vibrare
Partecipazione di massa in X dei primi tre modi
Modello A
Modello B
Modello C
Modello D
Modello E
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
12
3
Modo di vibrare
Partecipazione di massa in Y dei primi tre modi
Modello A
Modello B
Modello C
Modello D
Modello E
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
12
3
Modo di vibrare
Partecipazione di massa in Rz dei primi tre modi
Modello A
Modello B
Modello C
Modello D
Modello E
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In seguito si riporta anche sinteticamente l’evoluzione che i vari modelli
hanno subito dal punto di vista degli spostamenti orizzontali, con
progressivo effetto migliorativo sulla riduzione degli stessi:
Figura 13 - Evoluzione dei drift in direzione X
Figura 14 - Evoluzione dei drift in direzione Y
0
5
10
15
20
25
30
35
0.000 0.010 0.020 0.030 0.040 0.050 0.060
h a
ss (
m)
Drift (m)
Drift direzione X
dlim
Modello A
Modello B
Modello C
Modello D
Modello E
0
5
10
15
20
25
30
35
0.000 0.010 0.020 0.030 0.040 0.050 0.060
has
s(m
)
Drift (m)
Drift direzione Y
dlim
Modello A
Modello B
Modello C
Modello D
Modello E
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Figura 15 - Evoluzione degli spostamenti massimi in sommità
5.2 Modellazione per carichi verticali
6. VERIFICHE DEGLI ELEMENTI
STRUTTURALI
0.000 0.020 0.040 0.060 0.080 0.100
Spostamento massimo in sommità (m)
Spostamenti massimi in sommità
Modello A
Modello B
Modello C
Modello D
Modello E
VALORE LIMITE = 0.066 m
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6.1 Solaio
6.1.1 Solaio piano tipo
6.1.2 Solaio copertura
Si sceglie una lamiera grecata del tipo HI-BOND, altezza h=55 mm e
spessore s=0.8mm.
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Figura 16.1.2.1 - Lamiera grecata
Tabella 6.1.2.A - Caratteristiche dei materiali
I FASE: Getto del calcestruzzo
A. DA CARPENTERIA Tipo S355
Ea 210000 N/mm2 Modulo elastico
G 80769.2 N/mm2 Modulo di elasticità trasversale
ν 0.3 - Coeff. di Poisson
fyk 355 N/mm2 Tensione caratteristica di snervamento
γM0 1.05
fyd 338.1 N/mm2 Resistenza di calcolo
γ 78.50 kN/m3
Caratteristiche meccaniche dei materiali
CALCESTRUZZO Classe C25/30
Rck 30 N/mm2 Resistenza cubica caratteristica
fck 24.9 N/mm2 Resistenza cilindrica caratteristica
fcm 32.9 N/mm2 Resistenza cilindrica media
fctm 2.56 N/mm2 Resistenza media a trazione assiale
fctk 1.79 N/mm2 Resistenza caratteristica a trazione assiale (frattile 5%)
fcfm 3.07 N/mm2 Resistenza media a trazione per fless
Ec 31447 N/mm2 Modulo elastico
αcc 0.85 - Coeff riduttivo per resistenze di lunga durata
γC 1.5 - Coeff parziale di sicurezza
fcd 14.11 N/mm2 Resistenza di calcolo a compressione
fctd 1.19 N/mm2 Resistenza di calcolo a trazione
A. PER ARMATURE Tipo B 450 C
fyk 450 N/mm2 Tensione caratteristica di snervamento
γs 1.15 -
fyd 391.3 N/mm2 Resistenza di calcolo
A. LAMIERA GRECATA
fyk 275.0 Tensione caratteristica di snervamento
fy d 261.9 N/mm2
γV 1.05 -
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In questa fase la lamiera costituisce il cassero (non è prevista
puntellazione) ed è soggetta al peso proprio, al peso del getto e al peso dei
mezzi d’opera di 1.5 kN/m (EC4 #7.3.2).
Si deve considerare la posizione più sfavorevole dei carichi sulla
trave continua. Si considera il peso proprio della lamiera compreso nel peso
del getto.
Tabella 6.1.2.B - Calcolo di I fase
Si verifica la sezione della lamiera grecata soggetta alla
compressione data dal momento negativo. La lamiera grecata è una sezione
di classe quattro, che viene verificata secondo le prescrizioni riportate nel
(EC3 #5.3.5).
Figura 6.1.2.2 - Dimensioni sezione di calcolo
La sezione del travetto sopra riportata, viene ricondotta ad una sezione
efficace equivalente.
γg 1.3
γq 1.5
ψ 01 0.7
L influenza 2.5 m
Mmax+ (g) 0.93 kNm
Mmax+ (q) 0.75 kNm
M 2.33 kNm m.sollecitante dovuto al peso
della lamiera e del calcestruzzo fresco
W 8901.7 mm3modulo di rigidezza necessario
J 459800.0 mm4modulo di inerzia della lamiera
A 1333.3 mm2area della sezione
h a 55.0 mm altezza della sezione
SOLAIO CONTINUO SU 4 APPOGGI
Caratteristiche della sezione scelta
Coefficienti di combinazione agli SLU
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Per la flangia superiore compressa si utilizzano le indicazioni di seguito
riportate:
Mentre per le anime, la variazione delle ζ è lineare sulle stesse e si
definiscono le grandezze di seguito riportate:
Sezione efficace equivalente alla quale ci si riferisce per le verifiche.
Figura 6.1.2.3 - Sezione equivalente di calcolo
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Tabella 6.1.2.C - Verifica della sezione compressa
Tabella 6.1.2.D - Verifica di deformabilità
riferendoci ad una sezione efficace
qd 4.7 kN/m
Ms ( -) -3.4 kNm/m momento sollecitante negativo
b 60.0 mm larghezza della parte compressa
t 0.8 spessore della parte compressa
ψ 1.0
K σ 4.0
λ p 1.39
ρ 0.604
b eff 36.2 mm larghezza efficace della flangia compressa
h 55.0
t 0.8
ψ -1.0
K σ 23.9
λ p 0.52
ρ 1.000
h ef f 55.0 mm altezza efficace della anime
A 165.0 mm2area della sezione efficace
S 2812.6 mm3momento statico della sezione
y g 17.0 mm baricentro della sezione
I 40899.9 mm4inerzia dell'ala superiore
I 14133.1 inerzia dell'anima
I 13302.8 inerzia dell'ala inferiore
I tot 82468.9 mm4inerzia totale della sezione
W sup 2172.9 mm3
W inf 4838.0 mm3
L 150.0 mm interasse tra le seghettature
I tot 549792.5 mm4
W sup 14485.8 mm3/m VERIFICA
M res -3.6 OK
Caratteristiche inerziali della sezione efficace
Dimensioni effettive della flangia
Si verifica la sezione compressa della lamiera nella zona di massimo momento negativo,
Calcolo della sezione efficace
Dimensioni effettive delle anime
VERIFICA DELLA SEZIONE COMPRESSA DI CLASSE 4
γ g 1
γ q 1 l'inflessione della lamiera
ψ01 0.7 sotto il peso proprio
e quello del CLS fresco deve
p 4.64 kN/m VERIFICA essere minore di l/180 e di 20 mm
f 9.78 mm OK
OK
VERIFICA DELLA RIGIDEZZA
Coefficienti di combinazione agli SLE
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II FASE: Soletta collaborante
Dopo la maturazione, il calcestruzzo collabora con la lamiera
grecata. La soletta si comporta come una trave composta e ne costituisce
l’armatura tesa. Per la verifica allo stato limite ultimo si può utilizzare lo
schema statico di trave continua solo se si dispone una sufficiente armatura
al negativo. Poiché la posa di tale armatura è onerosa per la difficoltà di
mantenerla nella corretta posizione e poiché la sezione compressa di
calcestruzzo al negativo è ridotta a causa della forma seghettata, si
preferisce solitamente progettare la soletta composta con lo schema di
semplice appoggio.
Tabella 6.1.2.E - Verifica II fase
Mmax+ (g) 2.44 kNm
Mmax+ (q) 0.88 kNm
Ms 4.49 kNm
CONTROLLO
h c 50 mm OK altezza della soletta in calcestruzzo dall'estradosso della lamiera
R c 1000.0 kN/m resistenza a compressione della soletta di calcestruzzo
R a 332.6 kN/m resistenza a trazione della lamiera
x 16.6 mm posizione dell asse neutro
d 77.5 mm altezza utile delle sezione
VERIFICA momento resistente della sezione
Mres 23.0 kNm OK
Si considera resistente solamente la soletta in calcestruzzo.
V s 7.19 kN taglio sollecitante
b 0 75 larghezza della nervatura resistente
τ rd 0.30 N/mm2
k v 1.5225 m
ρ 0
V v,rd 3169.3 N/nervatura taglio resistente di una nervatura
VERIFICA
V v,rd 21.13 kN/m OK taglio resistente di una striscia di larghezza unitaria
VERIFICA A FLESSIONE
VERIFICA A TAGLIO
II FASE : SOLETTA COLLABORANTE
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Verifica allo stato limite di servizio
Secondo EC4 #7.6.2.2 (3) la freccia 1, dovuta al peso del
calcestruzzo fresco, non viene inclusa nella verifica della soletta composta.
Si considera la trave continua con momento d’inerzia pari alla media dei
valori per sezione fessurata e non fessurata e un valore medio del
coefficiente di omogeneizzazione per lungo e breve termine (EC4 #7.6.2.2
(5)). Assumiamo n=15. Di seguito è riportato il calcolo delle caratteristiche
statiche della sezione di una nervatura. Si noti che il calcolo può essere
eseguito con un programma per c.a. discretizzando la lamiera in più strati.
In questo caso il calcolo è stato eseguito con il programma VcaSlu
dividendo l’area della lamiera in tre strati corrispondenti alle due ali e alle
anime.
Tabella 6.1.2.F - Verifica di deformabilità
Dati ricavati dal programma Vca SLU.
Caratteristiche statiche sezione parzializzata Caratteristiche statiche sezione solo calcestruzzo
Area = 79.10 cm2 Area = 116.3 cm2
Ascissa baricentro xG = -9.198E-16 cm (xMax - xG = 7.5) Ascissa baricentro xG = 0 cm (xMax - xG = 7.5)
Ordinata baricentro yG = 1.601 cm (yMax - yG = 3.649) Ordinata baricentro yG = 9.522E-01 cm (yMax - yG = 4.298)
Momenti d'inerzia baricentrici Momenti d'inerzia baricentrici
JxG = 749.5 cm4 JxG = 942.0 cm4
JyG = 1,026 cm4 JyG = 1,607 cm4
JxyG = -2.095E-13 cm4 JxyG = 0 cm4
Momenti principali d'inerzia baricentrici Momenti principali d'inerzia baricentrici
J-IG = 1,026 cm4 J-IG = 1,607 cm4
J-IIG = 749.5 cm4 J-IIG = 942.0 cm4
angolo = -90 deg angolo = -90 deg
Sezione omogeneizzata interamente reagente
Area = 140.6 cm2
Ascissa baricentro xG = 0 cm (xMax - xG = 7.5)
Ordinata baricentro yG = 3.541E-01 cm (yMax - yG = 4.896)
Momenti d'inerzia baricentrici
JxG = 1,279 cm4
JyG = 1,607 cm4
JxyG = 0 cm4
Momenti principali d'inerzia baricentrici
J-IG = 1,607 cm4
J-IIG = 1,279 cm4
angolo = -90 deg
M 3.32 kNm
Ms 0.50 kN/nervatura
n 15 coefficiente di omogenizzazione
I 450.8 cm4/m momento di inerzia medio della sezione parzializzata
p 10.2 kN/m VERIFICA e della sezione interamente reagente
f 2.18 mm OK
VERIFICA DELLA RIGIDEZZA
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6.2 Travi
6.2.1 Trave alveolare
Le verifiche della trave alveolare sono state effettuate nella sezione
di mezzeria ed in quella di attacco. Per la prima si è considerata una trave
mista acciaio-calcestruzzo, mentre all’attacco, non si è fatto affidamento sul
calcestruzzo che allo stato limite ultimo è fessurato, riferendosi ad una
sezione di solo acciaio.
Le sollecitazioni di progetto sono state ricavate da un modello nel
quale la mesh del solaio è stata raffinata al fine di cogliere una più precisa
distribuzione delle sollecitazioni sull’elemento trave. In questo modello
inoltre, la trave è stata spezzata in due tronchi; nel primo, soggetto a
momento negativo non è stato assegnato il modificatore di inerzia
introdotto per tener conto del contributo della soletta.
Sezione di mezzeria
Tabella 6.2.1.A - Classificazione delle sezioni della trave
L’ala inferiore della sezione risulta tesa, quella superiore è connessa
con la soletta, perciò la sezione è di classe 1. Questo permette di utilizzare il
metodo plastico, che come riportato in Normativa è applicabile solo per
sezioni di classe 1 e 2.
c = 326 mm altezza libera dell'anima
t = 8 mm spessore
c/t = 40.75
ε = 0.81
Classe: 1
Classe: 3
α = -0.07 mm
Classe: 1
Anima
Sezione di mezzeria
CLASSIFICAZIONE DELLE SEZIONI DELLA TRAVE
Pressoflessione
Compressione
Flessione
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Tabella 6.2.1.B - Momenti resistente plastico
Il massimo momento sollecitante, ricavato dal modello
tridimensionale della struttura, per la combinazione agli SLU, è pari a Msd=
303 KNm. La trave risulta ampiamente verificata nella sezione di mezzeria,
infatti la situazione più critica era legata alla verifica degli SLE.
Sezione di attacco (x=15 cm)
Tabella 6.2.1.C - Classificazione della sezione della trave
xpl = 386 mm
Contributo: Area (mm2) Forza (N) Braccio (mm) Mpl (kN*m)
Ala inf = 3640 1230667 379 467
Anima 1 = 2981 1007836 186 188
Anima 2 = -11 -3745
Ala sup,1 = -388 -131079
Ala sup,2 = -4028 -1361746
CLS 1 = -4028 56357
CLS 2 = -65628 -918290
TOT = -120000 654
N = -120
TOT M-N = 1.9791E-09
MOMENTO RESISTENTE PLASTICO
altezza dell'asse neutro dalla base della trave
sforzo normale agente nella sezione (+ se di trazione)
c = 326 mm altezza libera dell'anima
t = 8 mm spessore
c/t = 40.75
ε = 0.81
Classe: 1
Classe: 3
α = 0.57 mm
Classe: 1
c = 112 mm larghezza libera delle ali
t = 13 mm spessore
c/t = 8.62
ε = 0.81
Classe: 3
Compressione
Ala inferiore
Pressoflessione
Compressione
Flessione
CLASSIFICAZIONE DELLE SEZIONI DELLA TRAVE
Sezione d'appoggio
Anima
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La sezione di attacco, risulta invece essere di classe 3. In questo caso
non risulta possibile utilizzare l’analisi plastica, perciò si calcola il
momento elastico della sezione di solo acciaio.
Tabella 6.2.1.D - Momento resistente elastico
Il massimo momento sollecitante, ricavato dal modello
tridimensionale della struttura, per la combinazione agli SLU, è pari a Msd=
-220 KNm. La verifica è soddisfatta.
Verifica flesso-torsionale delle trave composta
Per la verifica flesso - torsionale della trave composta sono state
rispettatele indicazioni riportate sulla Circolare esplicativa alle Norme
Tecniche e qui di seguito riportate.
Nel caso in cui la soletta in calcestruzzo collaborante sia garantita nei
riguardi dell’instabilità laterale, è possibile assumere che la flangia
superiore del profilo d’acciaio connesso a taglio alla soletta sia stabile
lateralmente. In tutti gli altri casi è necessario verificare la sicurezza delle
ali dei profili nei riguardi della stabilità.
In generale è sempre possibile verifica l’instabilità flesso - torsionale dei
profili in acciaio trascurando il ritegno torsionale costituito dalla soletta in
calcestruzzo ed utilizzando le formule ed i metodi proposti nel paragrafo
4.2 delle NTC.
In alternativa è possibile considerare il contributo alla stabilità laterale
fornito dalla soletta. Il momento resistente di progetto nei confronti
dell’instabilità flesso - torsionale è pari a:
N = -120 kN
Mel = 520 kN*m
Δxg = -14 mm
xg (N) = 214 mm
Mel (N) = 502 kN*m
MOMENTO RESISTENTE ELASTICO
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dove χLT è il fattore riduttivo della resistenza flessionale MRd espresso,
tramite la formula 4.2.51 delle NTC, in funzione della snellezza relativa χLT:
dove MRk è il momento resistente della sezione composta, calcolato
utilizzando i valori caratteristici delle resistenze, e Mcr è il momento critico
corrispondente all’instabilità flesso - torsionale, calcolato per la trave di
maggior luce e con il maggiore momento sollecitante negativo.
Se sono verificate le seguenti ipotesi:
a. la flangia superiore del profilo è connessa alla soletta;
b. la soletta è composta e fissata su due profili contigui a formare una
sezione ad “U invertita” (v. Figura C4.3.4);
c. in ogni punto di appoggio l’elemento in acciaio ha la flangia inferiore
bloccata lateralmente e l’anima irrigidita,
Nel caso in cui la trave composta sia continua su più appoggi o
faccia parte di un telaio a più campate e sia di classe 1, 2 o 3 la sezione può
essere progettata senza un sistema di stabilizzazione laterale se sono
soddisfatte le seguenti condizioni:
(a) le luci di campate adiacenti non differiscono tra loro di più del 20%
(15% nel caso di una campata esterna a sbalzo e della campata adiacente);
(b) il carico su ogni campata è uniformemente distribuito ed i carichi
permanenti costituiscono più del 40% dei carichi di progetto;
(c) la flangia superiore è collegata alla soletta;
(d) la soletta è connessa ad un altro profilo in acciaio che la supporta e
che è parallelo alla trave composta considerata;
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94
(e) se la soletta è composta, questa connette due profili in acciaio a formare
un telaio ad “U invertita”;
(f) in ogni punto di appoggio l’elemento in acciaio ha la flangia inferiore
lateralmente bloccata e l’anima irrigidita;
(g) se la sezione in acciaio non è rivestita di calcestruzzo, rispetta i limiti
imposti, sull’altezza della sezione, nella Tabella C4.3.II;
(h) se l’elemento della sezione è parzialmente rivestito di calcestruzzo,
l’altezza h della sua sezione in acciaio non deve eccedere l’altezza fornita in
Tabella C4.3.II di più di 200 mm, per le classi d’acciaio S235, S275 ed
S355, e di più di 150 mm, per le classi S420 ed S460.
In questo caso, sono soddisfatte le ipotesi richieste dalle Norme
Tecniche per poter considerare la trave stabile flesso - torsionalmente.
6.3 Colonne e controventi
Le verifiche di alcuni degli elementi strutturali, quali ad esempio
colonne e controventi, sono state eseguite mediante il programma di calcolo
Sap2000.14.
Attrarverso il comando “Steel Frame Design” il programma procede
iterativamente alla verifica di tutti gli elementi strutturali secondo le
prescrizioni imposte dalla normativa scelta. In particolare, la normativa alla
quale si è fatto riferimento è l’Eurocodice 3.
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95
Figura 6.3.1 - Normativa di riferimento
Nel nostro caso, è stato necessario utilizzare due diversi modelli, in
ciascuno dei quali si è verifato un diverso gruppo di elementi strutturali.
Nello specifico si è utilizzato un modello nel quale si è infittita la
mesh del solaio, in modo da migliorare la distribuzione delle sollecitazioni.
Si è visto infatti, che in questo modo, le colonne di sezione maggiore,
vedevano aumentare i carichi verticali in media del 2-3% a svantaggio dei
profili meno rigidi. Inoltre, in questo modello i controventi sono stati
assegnati come carichi, avendo affidato alle sole colonne la funzione di
portare i carichi verticali.
Questa ipotesi, di affidare i carichi verticali interamente alle travi e
alle colonne, trascurando il contributo delle diagonali, è una ipotesi
certamente a favore di sicurezza e contempla la possibilità che in seguito ad
un terremoto violento entrambe le diagonali siano in stabilizzate, perdendo
quindi gran parte della sua rigidezza assiale.
In questo modello perciò si sono verificate le colonne per le
combinazioni agli SLU, osservando che il tasso di lavoro medio dei profili è
maggiore che nel modello utilizzato per verificare i controventi in presenza
della combinazione sismica.
E’ stato necessario introdurre nel modello dei coefficienti riduttivi
della lunghezza libera di inflessione dei controventi compressi, per tener
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96
conto che gli stessi sono bloccati in corrispondenza del piano. Questo è
stato fatto modificando i parametri nella finestra dello “Steel frame design”,
imponendo che la lunghezza libera di inflessione sia 0.45 L, con L pari alla
lunghezza totale.
Di seguito si riporta il tasso di lavoro, calcolato per mezzo dello
strumento “Steel Frame Design”, delle colonne.
Profili della 1° rastremazione : HEM 360; HEB300;HEA320.
Figura 6.3.2 - Tasso di lavoro HEM 360
Tabella 6.3.A - Dati su HEM 360
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
1 7 13 19 25 31 37 43 49 55 61 67 73 79 85 91 9710
310
911
512
112
713
313
914
515
115
716
316
917
518
118
719
319
9
Tass
o d
i la
voro
(%)
n° elementi
Tasso di lavoro HE360M
media 0.63
n 400.0 numero
L 4.0 lunghezza
Peso 250.0 Kg/m
Peso 400000.0 Kg
PROFILO : HEM360
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97
Figura 6.3.3 - Tasso di lavoro HEB 300
Tabella 6.3.B - Dati su HEB 300
Figura 6.3.4 - Tasso di lavoro HEA 320
Tabella 6.3.C - Dati su HEA 320
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
111 21 31 41 51 61 71 81 91 10
111
112
113
114
115
116
117
118
119
120
121
122
1
Tass
o d
i la
voro
(%)
n° elementi
Tasso di lavoro HE300B
media 0.54
n 444.0 numero
L 4.0 lunghezza
Peso 117.0 Kg/m
Peso 207792.0 Kg
PROFILO : HEB 300
0%
20%
40%
60%
80%
100%
1 21 41 61 81 101 121 141 161 181 201 221 241 261
Tass
o d
i la
voro
(%)
n° elementi
Tasso di lavoro HE320A
media 0.26
n 560.0 numero
L 4.0 lunghezza
Peso 97.6 Kg/m
Peso 218624.0 Kg
PROFILO : HEA 320
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98
Profili della 2° rastremazione : HEM 300; HEB340
Figura 6.3.5 - Tasso di lavoro HEM 300
Tabella 6.3.D - Dati su HEM 300
Figura 6.3.6 - Tasso di lavoro HEB 340
Tabella 6.3.E - Dati su HEB 340
Profili della 3° rastremazione : HEB 320; HEA 340
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
1 7 13 19 25 31 37 43 49 55 61 67 73 79 85 91 97
10
3
10
9
11
5
Tass
o d
i la
voro
(%)
n° elementi
Tasso di lavoro HE300M
media 0.47
n 250.0 numero
L 3.5 lunghezza
Peso 238.0 Kg/m
Peso 208250.0 Kg
PROFILO : HEM300
0%
20%
40%
60%
80%
100%
1 4 7 1013161922252831343740434649525558616467707376
Tass
o d
i la
voro
(%)
n° elementi
Tasso di lavoro HE340B
media 0.38
n 150.0 numero
L 3.5 lunghezza
Peso 134.0 Kg/m
Peso 70350.0 Kg
PROFILO : HEB 340
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99
Figura 6.3.7 - Tassi di lavoro HEA 340
Tabella 6.3.F - Dati su HEA 340
Figura 6.3.8 - Tassi di lavoro HEB 320
Tabella 6.3.G - Dati su HEB 320
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
1 7 13 19 25 31 37 43 49 55 61 67 73 79 85 91 97
103
109
115
Tass
o d
i la
voro
(%)
n° elementi
Tasso di lavoro HE340A
media 0.47
n 250.0 numero
L 3.5 lunghezza
Peso 105.0 Kg/m
Peso 91875.0 Kg
PROFILO : HEA 340
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
1 4 7 1013161922252831343740434649525558616467707376
Tass
o d
i la
voro
(%)
n° elementi
Tasso di lavoro HE320B
media 0.17
n 150.0 numero
L 3.5 lunghezza
Peso 127.0 Kg/m
Peso 66675.0 Kg
PROFILO : HEB 320
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100
Figura 6.3.9 - Tasso di lavoro medio delle colonne
Figura 6.3.10 - Tasso di lavoro medio delle colonne in relazione alla % in peso del gruppo
0%
10%
20%
30%
40%
50%
Tass
o d
i la
voro
med
io(%
)
gruppo elementi
Tasso di lavoro medio colonne
1° rastremazione 2° rastremazione 3° rastremazione
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
Tass
o d
i la
voro
med
io(%
) ; p
I/P
tot
gruppo elementi
Tasso di lavoro medio colonne
tasso medio di lavoro %
% peso del gruppo
1°
rast
erm
azio
ne
2°
rast
rem
zio
ne
3°
rast
rem
azio
ne
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101
Figura 6.3.11 - Tasso di lavoro medio dei controventi in direzione X
Figura 6.3.12 - Tasso di lavoro medio dei controventi in direzione Y
Figura 6.3.13 - Tasso di lavoro medio dei controventi
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
1 31 61 91 121 151 181 211 241 271 301 331 361 391 421 451
Tass
o d
i la
voro
(%)
n° elementi
Tasso di lavoro controventi direzione X
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
1 31 61 91 121 151 181 211 241 271 301 331 361 391 421 451 481 511 541
Tass
o d
i la
voro
(%
)
n° elementi
Tasso di lavoro controventi direzione Y
0%
20%
40%
60%
80%
100% 0.810.72
Tass
o d
i la
voro
med
io(%
)
gruppo elementi
Tasso di lavoro medio controventi
controventi X CONTROVENTI Y
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102
Complessivamente la curva di utilizzo della struttura, ottenuta
ordinando i tassi di lavoro di tutti gli elementi dal minore al maggiore
risulta essere:
Figura 6.3.14 - Curva di utilizzo della struttura (solo colonne e controventi)
Osservando i grafici riportati, si nota che il tasso di lavoro medio
delle colonne è intorno al 40%, mentre quello dei controventi è molto più
alto ed è intorno al 75%. Non è stato riportato il tasso di lavoro delle travi,
in quanto, essendo queste delle sezioni miste acciaio-calcestruzzo, non si è
potuto utilizzare come strumento di verifica lo steel design, e quindi la
verifica di questi elementi è stata effettuata diversamente.
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
Tass
o d
i la
voro
med
io(%
)
numero elementi
Curva di utilizzo della struttura (colonne-controventi)
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103
6.4 Fondazioni
6.4.1 Verifiche geotecniche
In questo paragrafo si esegue il dimensionamento e la verifica
geotecnica dei soli plinti di fondazione, con riferimento agli stati limite
ultimi. Il decreto ministeriale del 14 gennaio 2008 prevede che, per ogni
stato limite ultimo sia rispettata la condizione: . Il valore di
progetto della resistenza ( Rd) si determina in modo analitico, con
riferimento a correlazioni con i risultati di prove in sito, tenendo conto dei
coefficienti parziali M e R.
Sarà condotta la sola verifica per lo stato limite ultimo geotecnico
riguardante il collasso per carico limite dell’insieme fondazione-terreno. La
normativa ritiene soddisfatta la verifica se almeno uno dei due approcci
progettuali seguenti risulta verificato:
Approccio 1:
Combinazione 1 : (A1+M1+R1)
Combinazione 2 : (A2+M2+R2)
Approccio 2 : (A1+M1+R3)
I coefficienti A agiscono sulle azioni, quelli M sui parametri
geotecnici del terreno, mentre gli R sulle resistenze. I valori suggeriti dalla
normativa sono riportati nelle tabelle successive.
COEFFICIENTI PARZIALI PER LE RESISTENZE
combinaz R1 R2 R3
Capacità port. 1 1,8 2,3
Scorrimento 1 1,1 1,1
Tabella 6.4.1.A - Coefficienti per le resistenze
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104
COEFFICIENTI PARZIALI PER I PARAMETRI GEOTECNICI
combinazione M1 M2
tan( ) 1 1,25
cu 1 1,4
1 1
Tabella 6.4.1.B - Coefficienti per i parametri geotecnici
COEFFICIENTI PARZIALI PER LE AZIONI
carico effetto A1 A2
Permanenti favorevole 1 1
sfavorevole 1,3 1
Perm. non strutt. favorevole 0 0
sfavorevole 1,5 1,3
Variabili favorevole 0 0
sfavorevole 1,5 1,3
Tabella 6.4.1.C - Coefficienti per le azioni
La capacità portante dei plinti di fondazione viene calcolata a breve
termine, viste le caratteristiche dei terreni, per i soli carichi verticali,
sfruttando la formula trinomia di Terzaghi, e correggendola con i
coefficienti che tengono conto:
- della forma della fondazione.
- del punzonamento1.
- della presenza di carichi inclinati (dovuti al taglio) ed eccentrici (dovuti
al momento prodotto dal taglio per l’altezza della fondazione).
La formula del carico limite assume la seguente forma:
)(2'''
0lim wwccccvqqqq zDfBNcNNq
I carichi derivano dalle reazioni alla base del modello agli elementi
finiti con le cerniere alla base delle colonne, si considera come sforzo di
taglio il massimo trasmesso alla fondazione per effetto dei controventi, il
1 Cfr. C. Viggiani, Fondazioni; Hevelius edizioni, pagg 169-176
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105
quale però è non contemporaneo al massimo carico verticale, ricavato con
la combinazione agli SLU. Le sollecitazioni di progetto sono:
- N = 5221 KN + 235 KN (peso proprio plinto)
- T = 2042 KN
Il carico di progetto è ottenuto combinando opportunamente il peso
del plinto con i coefficienti della combinazione di carico A1 e sommando
poi il tutto agli altri carichi. Operando sempre a favore di sicurezza, non si è
tenuto conto della eventuale diminuzione del carico trasmesso al terreno
dovuta allo scavo da effettuarsi per raggiungere il piano di posa (con
conseguente rigonfiamento del terreno granulare), nei calcoli quindi non si
è considerato il carico netto, bensì quello totale. I dettagli del calcolo sono
riportati nella tabella 7.5 dove vengono calcolati anche i coefficienti
correttivi per i carici inclinati .
Come prima cosa, per valutare l’angolo di attrito del terreno, avendo
a disposizione i risultati delle prove penetrometriche, si sfruttano le
correlazioni presenti in letteratura tra N e ζ’v e si ricava l’angolo φ’ . Di
seguito è riportata la curva di correlazione utilizzata:
Carichi inclinati
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106
Direzione mb δ [rad] tg( ) q
parallela a B 1.5 0.358 0.375 0.495 0.310
Direzione ml δ [rad] tg( ) q
parallela ad L 1.5 0.358 0.375 0.495 0.310
Tabella 6.4.1.D - Correttivi dei carichi inclinati
Nelle tabelle successive si riportano i calcoli della verifica della
capacità portante della platea.
FORMA DELLA FONDAZIONE
combinazione ζq ζc ζ
M2 1.67 1.7 0.6
Tabella 6.4.1.E - Coefficienti correttivi per la forma della fondazione
VERIFICA A PUNZONAMENTO
A2;M2 Ir
> Ir,crit
No Punzon. 302.2 134.6
ψq ψc ψ
1.492 1.513 1.492
Tabella 6.4.1.F - Verifica a punzona mento del terreno
VERIFICA DELLA CAPACITA’ PORTANTE
approccio combinazione verifica
1 A2,M2,R2
qlim [kPa] OK q [kPa]
5279 > 1040
Tabella 6.4.1.G - Verifica della capacità portante
Oltre alla verifica della capacità portante, viene effettuata la verifica
allo scorrimento che consiste nell’andare a controllare che lo sforzo di
taglio sia minore della resistenza allo scorrimento, valutata con la formula
seguente:
dove qv è lo sforzo agente normalmente alla platea. Dalla tabella 7.9 si
evince che anche tale verifica risulta soddisfatta.
VERIFICA A SCORRIMENTO
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107
1 A2,M2,R2 qlim [kN] OK!!! q [kN]
3170,2 > 2042
Tabella 6.4.1.H - Verifica a scorrimento del plinto
La fondazione su plinti è verificata, tuttavia bisogna calcolare i
cedimenti per controllarne la compatibilità con la struttura in elevazione.
Tale controllo si effettua sfruttando i risultati di lavori sperimentali presenti
nella letteratura tecnica consolidata, che correlano grandezze che
descrivono i caratteri geometrici del profilo dei cedimenti di un edificio, e
che sono indice di uno stato di sofferenza strutturale (come la rotazione
relativa) con il cedimento massimo (assoluto) subito dalla struttura. Occorre
quindi calcolare il cedimento della costruzione e, considerato il margine
d’errore sempre presente nei calcoli geotecnici, appurata l’impossibilità di
svolgere delle analisi accurate si è interessati a valutare il solo ordine di
grandezza del cedimento, per mezzo di correlazioni di tipo empirico.
Per la valutazione del cedimento della fondazione superficiale si
utilizza il metodo di Burland e Burbidge.
Questo metodo per il calcolo dei cedimenti indotti da una fondazione
superficiale utilizzando i risultati delle prove penetrometriche dinamiche
SPT. Il cedimento può essere calcolato mediante la seguente relazione :
B : dimensione caratteristica espressa in metri ;
Ic : indice di compressibilità correlato al NSPT ;
q : carico trasmesso in kPa;
б’vo : tensione verticale citostatica agente sul piano di posa ;
α s , α H , α t : coefficienti correttivi che tengono conto della forma della
fondazione, dello spessore dello strato deformabile e degli effetti viscosi
che si sviluppano con il tempo .
Gli autori definiscono la profondità di influenza come quella alla quale
il cedimento risulta pari al 25 % di quello misurato in superficie e vengono
fornite delle relazioni per calcolarla in funzione della variazione di NSPT con
la profondità :
Per valori di NSPT costanti o crescenti con la profondità : Hi =
0.933B 0.799
Per valori di NSPT decrescenti con la profondità Hi = 2B
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108
In questo caso si è osservato un diagramma di NSPT globalmente crescente
con la profondità ed è stata calcolata la profondità di influenza ricorrendo
alla prima relazione proposta .
Per B = 2.5 m Hi = 1.9 m
L’indice di compressibilità Ic è correlato ai risultati della prova
penetrometrica dinamica SPT mediante la seguente espressione :
Per calcolare il valore medio di colpi N entro la profondità di influenza Hi è
necessario procedere a delle correzioni del valore di NSPT . Questi possono
essere corretti nel modo seguente :
- in presenza di sabbie fini si applica la correzione di Terzaghi e Peck
se NSPT > 15 :
N’SPT = 15 + 0.5*(NSPT -15)
- in presenza di ghiaia invece o di una apprezzabile frazione ghiaiosa
il valore di NSPT viene incrementato del 25 % . Di seguito è riportato
l’andamento con la profondità di NSPT :
-
0
5
10
15
20
25
30
0 20 40 60 80
Z (m
)
Nspt
RISULTATI PROVE
PENETROMETRICHE
Serie1 Serie2
Figura 6.4.1.1 - Risultati di prove penetrometriche
Il valore di N medio è rispettivamente :
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109
- N = 39.05 a cui segue Ic = 0.0101
I coefficienti correttivi proposti dal metodo sono stati calcolati sfruttando le
seguenti relazioni:
il coefficiente α s tiene conto della forma della fondazione mediante
la seguente relazione:
In entrambi i casi il coefficiente è unitario per fondazioni circolari.
α H tiene conto dello strato compressibile e si applica solo se H<Hi
(in entrambi i casi il coefficiente è stato posto unitario
il coefficiente α t ha la seguente espressione dove R3 e Rt variano a
seconda se i carici sono ciclici o costati nel tempo;
Calcolo dei cedimenti
αs αh t (anni)Carichi costanti Carichi ciclici
1 1 1.30000 1.70000 3
1.32499 1.79995 4
1.36021 1.94082 6
1.38519 2.04077 8
1.40458 2.11830 10
1.43979 2.25918 15
1.46478 2.35913 20
1.48416 2.43666 25
1.50000 2.50000 30
1.51339 2.55356 35
1.52499 2.59995 40
1.53522 2.64087 45
1.54437 2.67748 50
1.55265 2.71059 55
1.56021 2.74082 60
αt
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110
20
22
24
26
28
30
0 10 20 30 40 50 60
w (
mm
)
tempo (anni)
Andamento del cedimento nel tempo (carichi variabili)
Figura 6.4.1.2 - Andamento del cedimento nel tempo
Il cedimento iniziale risulta pari a 24.33 mm a 3 anni. Prendendo in
considerazione le deformazioni che si sviluppano nel tempo per effetto
della viscosità dello scheletro solido, si raggiunge dopo 60 anni il
cedimento finale di 29.20 mm .
Noto il cedimento massimo, è possibile ricavare, sfruttando le relazioni
proposte in letteratura il massimo cedimento relativo.
Anche nel caso di condizioni di sottosuolo relativamente omogenee e di
fondazioni progettate in modo da prevenire i cedimenti differenziali,
l’esperienza mostra che questi si verificano sempre.
tempo (anni)Carichi costanti Carichi ciclici
3 24.33 31.82
4 24.80 33.69
6 25.46 36.33
8 25.93 38.20
10 26.29 39.65
15 26.95 42.29
20 27.42 44.16
25 27.78 45.61
30 28.08 46.80
35 28.33 47.80
40 28.55 48.67
45 28.74 49.43
50 28.91 50.12
55 29.06 50.74
60 29.20 51.30
w (mm)
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111
Una prima correlazione tra il cedimento massimo e quello differenziale
è riportata nel diagramma di seguito riportato tra δmax e wmax .
Figura 6.4.1.3 - Correlazione tra massimo cedimento assoluto e differenziale
Questo diagramma permette quindi una stima del limite superiore del
cedimento atteso. Questo valore del cedimento differenziale è sicuramente
molto cautelativo, dovendo valutare il reale cedimento differenziale come
differenza tra il cedimento del plinto isolato i e quello del plinto j più
vicino.
Noto il massimo cedimento differenziale possiamo calcolare la
rotazione relativa β, per mezzo della quale siamo in grado di valutare gli
effetti del cedimento differenziale sulla sovrastruttura.
Figura 6.4.1.4 - Parametri geometrici caratterizzanti la deformata di una fondazione
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112
Nella tabella che segue sono riportati valori massimi della rotazione relativa
β per le varie tipologie di strutture.
Tabella 6.4.1.I - Valori ammissibili dei movimenti delle strutture
Per strutture semplici in acciaio, il massimo valore ammissibile è 0.005,
mentre per telai in acciaio è 0.002.
Tabella 6.4.1.L - Cedimento massimo e relazione relativa calcolati
6.4.2 Verifiche strutturali
6.4.2.1 Plinto
Per il dimensionamento strutturale dei plinti di fondazione si assume,
vista la forma tozza della struttura stessa si ritiene accettabile assumere una
distribuzione delle reazioni di contatto che si ottiene con il metodo del
trapezio delle tensioni, e cioè una distribuzione costante o linearmente
variabile che faccia equilibrio al carico applicato.
Luce tra le colonne 750 cm
δmax 2.92 cm
β 0.0039 OK
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Dal punto di vista del dimensionamento strutturale, le sollecitazioni
di progetto si ottengono dalla combinazione agli SLU. Le sollecitazioni
sono di seguito riportate:
- N = 7212 KN + 235 KN (peso proprio plinto)
Si fissa l’altezza del plinto pari ad 1.5 m e si caratterizza, in basse
alle dimensioni in pianta il plinto. A seconda del valore assunto dall’angolo
α, calcolato con la relazione sotto riportata, si dividono le tipologie di plinto
in alti e bassi. Per i primi si può disporre un quantitativo minore di
armatura, rispetto ai secondi che si devono armare a taglio e flessione.
Se α > 60°, il plinto è catalogato come plinto alto.
In questo caso il plinto è alto e perciò si utilizza come schema di calcolo il
metodo delle bielle.
Figura 6.4.2.1.1 - Schematizzazione a puntone e tirante per gli sforzi interni in un plinto
L’armatura totale da inserire parallela ai lati a e b risulta :
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114
Con
Sfruttando le relazioni sopra riportate sono necessari 11 Ф 18 paralleli alla
direzione a e 11 Ф 18 paralleli a b.
Nel plinto, per migliorare il confinamento sul calcestruzzo vengono
inseriti 6 staffoni del Ф 12 ad interasse 35 cm e una armatura superiore
costituita da 9 Ф 12 paralleli ad a e 9 Ф 12 paralleli a b. Viene inoltre
inserita, sempre fuori calcolo, armatura in corrispondenza del UPN di
contrasto, per migliorare la diffusione sul calcestruzzo.
Questa armatura è costituita da 3 Ф 12 disposti ortogonalmente a 5 Ф 12.
6.4.2.2 Cordolo
Il collegamento orizzontale tra i plinti si ritiene garantito se le
strutture di fondazione sono collegate tra loro da cordoli in grado di
assorbire le forze assiali. In assenza di valutazioni più accurate le Norme
Tecniche suggeriscono di assumere le seguenti azioni assiali :
N = 0.3 Nsd amax/g
La forza di progetto con la quale viene armato il cordolo è di 450 KN.
In presenza di questa azione sono necessari 4 Ф 18 disposti
longitudinalmente per tutto lo sviluppo del cordolo. Per le staffe si
dispongono Ф 6 passo 20 cm .
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115
7. DIMENSIONAMENTO E VERIFICA
DELLE UNIONI
7.1 Tipologie di unioni e modalità di verifica
L’acciaio per usi strutturali è fornito dall’industria siderurgica in
elementi aventi forme tipiche, di dimensioni unificate. A partire da questi
elementi resistenti semplici (profilati, lamiere, tubi) è possibile costruire
una qualsiasi struttura, sia a parete piena che reticolare, a condizione di
saper realizzare le reciproche connessioni in modo tale che ciascun
elemento sia messo in condizione di poter partecipare alla capacità portante
dell’insieme.
Col nome di “collegamenti” si intendono quei dispositivi costruttivi
che hanno lo scopo specifico di connettere insieme due o più elementi
strutturali, inizialmente indipendenti.
I collegamenti nelle strutture in acciaio si possono raggruppare in
due categorie:
Unioni correnti, realizzate generalmente per formare dei profili non
disponibili in commercio mediante l’unione di lamiere e più raramente di
ferri profilati e lamiere;
Unioni di forza (o collegamenti propriamente detti), utilizzate per unire tra
loro i vari elementi strutturali per formare l’intera costruzione.
I sistemi di collegamento utilizzati possono essere:
bulloni normali
bulloni ad attrito (ad alta resistenza)
saldatura (ad arco)
chiodi
perni.
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116
7.1.1 I collegamenti bullonati
I bulloni, in particolare, possono essere stampati o torniti e sono
costituiti dalla vite con testa esagonale e gambo completamente o
parzialmente filettato, dal dado anch’esso di forma esagonale e da una due
rosette di forma circolare.
La forma esagonale del bullone è necessaria per l’applicazione della
coppia torcente di serraggio, applicata mediante chiave a mano o
pneumatica . Per il serraggio dei bulloni è conveniente procedere in due
fasi: si serrano inizialmente i bulloni con un coppia pari al 60% di quella
prescritta, partendo dai bulloni più interni del giunto e procedendo verso
quelli più esterni, e successivamente si ripete l’operazione serrando
completamente i bulloni.
Le coppie di serraggio (Ts) da applicare possono essere calcolate
facilmente considerando che queste devono indurre nel bullone una forza di
trazione Ns = 0,8 fyb Ares, ovvero pari a Ts= 0,2 Ns d.
Il controllo dell’efficienza del giunto può esser eseguito misurando
con la stessa chiave dinamometrica il valore della coppia occorrente per
produrre una ulteriore rotazione di 10° del dado, che dovrà risultare
inferiore alla coppia di progetto, oppure si contrassegna la posizione del
dado rispetto alle piastre, lo si svita per almeno 1/6 di giro e si riserra
controllando che la coppia di serraggio applicata sia inferiore a quella di
progetto.
I diametri principali dei bulloni utilizzati sono:
Tabella 7.1.1.A: Caratteristiche dei bulloni
I corrispondenti diametri dei fori, secondo quanto prescritto dalla
normativa italiana vigente “D.M. Infrastrutture 14 Gennaio 2008”, devono
essere incrementati di 1 mm, rispetto al diametro del bullone, se
quest’ultimo è inferiore a 20mm, in caso contrario si maggiorano di 1,5
mm.
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117
Sono fissate inoltre delle disposizioni sulla distanza minima dei
bulloni sia reciprocamente (passo p) sia dai bordi esterni ed interni delle
squadrette (rispettivamente e1, e2) ed in particolare risultano:
Figura 7.1.1.1: Posizione dei bulloni
Tabella 7.1.1.B: Limiti di normativa
L’attuale normativa inoltre considera le seguenti classi di resistenza
dei bulloni, classificate in funzione del valore della tensione di snervamento
fyb e di rottura ftb:
Tipo di Bullone Classe fyb (N/mm2) ftb (N/mm
2)
Normale 4,6 240 400
5,6 300 500
6,8 480 600
Alta resistenza 8,8 649 800
10,9 900 1000
Tabella 7.1.1.C: Classi di resistenza dei bulloni
Le verifiche di resistenza delle unioni bullonate vengono eseguite
sulla base di comportamenti statici semplificati con la determinazione delle
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118
tensioni convenzionali da far rientrare in opportuni limiti fissati dalle
norme.
Le ipotesi adottate trascurano al riguardo la deformazione della
lamiera sotto carico, l’inflessione del gambo dei bulloni e le concentrazioni
di tensioni presenti nelle lamiere in corrispondenza dei bordi dei fori,
considerando inoltre le pressioni uniformemente distribuite sui fori e sul
gambo dei bulloni.
In base al tipo di sollecitazioni presenti si possono distinguere le
unioni bullonate in:
unioni in cui il bullone è sollecitato a taglio
unioni in cui il bullone è sollecitato a trazione
unioni in cui il bullone è sollecitato a taglio e trazione
per ciascuna delle quali deve essere valutata la resistenza nei confronti degli
stati limite ultimi e degli stati limite di servizio (non obbligatoriamente).
Nel caso delle unioni a taglio si è in presenza di due ferri uniti tra
loro attraverso bulloni ai quali è applicata una forza agente nel piano di
contatto dei ferri e che tende a farli scorrere l’uno rispetto all’altro.
In un primo momento è l’attrito tra i ferri provocato dal serraggio
che si oppone a tale scorrimento, per cui i bulloni non scorrono e non sono
affaticati dalla forza esterna. Al crescere di quest’ultima la resistenza
dell’attrito viene vinta e la forza si strasferisce integralmente ai bulloni.
Nella verifica di resistenza dell’unione si ammette che la forza
sollecitante si ripartisca in modo uguale tra i bulloni, cosa realistica sono in
condizioni ultime quando tutti i bulloni hanno ormai raggiunto la fase
plastica. Nella fase elastica infatti, i bulloni esterni risultano più sollecitati
rispetto a quelli interni per cui all’aumentare della sollecitazione
raggiungeranno per primi lo snervamento, consentendo la crescita delle
tensioni nei bulloni delle file più interne.
Il collasso dell’unione si può manifestare per uno dei seguenti
fenomeni:
Rottura per taglio del bullone
f v,Rd
V = sollecitazione di taglio agente sull’unione
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119
n°= numero di bulloni
f v,Rd= resistenza di calcolo a taglio dei bulloni
Rottura per rifollamento della lamiera
f b,Rd
f b,Rd = resistenza di calcolo a rifollamento del piatto dell’unione
Rottura della lamiera per trazione
f t,Rd
f t,Rd = resistenza di calcolo a trazione della lamiera
Rottura della lamiera per taglio (opportunità eliminata distanziando
opportunamente i bulloni dal bordo della lamiera).
Le resistenze di calcolo presentate dalla normativa vigente sono le
seguenti:
Resistenza a taglio del bullone:
F v,Rd = 2
6,0
M
restb Af bulloni classe 4.6; 5.6; 8.8
F v,Rd = 2
5,0
M
restb Af bulloni classe 6.8; 10.9
F v,Rd = 2
06,0
M
tb Af chiodi
Si inserisce nella formula l’area resistente Ares del bullone se il piano
di taglio interessa la parte filettata, altrimenti si pone l’area effettiva A nella
prima espressione per tutte le classi di resistenza.
Resistenza a rifollamento della lamiera:
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120
Fb,Rd = 2M
tk tdfk
d = diametro nominale del bullone
t = spessore della piastra collegata
ftk = resistenza a rottura del materiale della piastra collegata
min{e1/ 3d0; ftb/ft; 1} per i bulloni di bordo nella direzione del carico
min{e1/ 3d0 – 0,25; ftb/ft; 1} per i bulloni interni nella direzione del
carico
k min{2,8e2/d0-1,7; 2,5} per i bulloni di bordo nella direzione
perpendicolare al carico
min{1,4p2/d0 – 1,7; 2,5} per i bulloni interni nella direzione
perpendicolare al carico.
Resistenza a trazione della lamiera:
Fb,Rd = 2
9,0
M
restb Af bulloni
Fb,Rd = 2
6,0
M
restb Af chiodi
7.1.2 I collegamenti saldati
Il collegamento per saldatura si basa su un principio di
funzionamento del tutto diverso rispetto a quello delle unioni bullonate,
finalizzato a ricreare la continuità degli elementi da unire attraverso fusione.
In funzione della posizione dei cordoni di saldatura possono aversi:
saldature in piano
saldature frontali
saldature verticali
saldature sovra testa (eseguite dal basso verso l’alto)
mentre in funzione della posizione dei pezzi da saldare possono aversi:
giunti testa a testa
giunti d’orlo
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121
giunti d’angolo
giunti a T
giunti a L
giunti per sovrapposizione.
A
i fini delle verifiche di resistenza le norme vigenti fanno riferimento a due
categorie di unioni saldate:
giunti a completa penetrazione ( collegamenti testa a testa a T o a croce),
realizzati con materiale d’apporto di resistenza maggiore o uguale a quella
degli elementi collegati, per cui la resistenza di calcolo viene assunta pari a
quella di progetto dell’elemento più debole collegato;
Figura 7.1.2.1 - Tipologie di saldatura
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122
giunti con cordoni d’angolo e giunti a parziale penetrazione, in cui la
resistenza di progetto è determinata, per unità di lunghezza, facendo
riferimento all’altezza di gola “a”, ovvero all’altezza del triangolo inscritto
nella sezione trasversale del cordone stesso.
Nel primo caso, il giunto può essere soggetto a sollecitazioni di
sforzo normale, taglio e momento e le tensioni da esse indotte nella
saldatura sono analoghe a quelle che si avrebbero se il pezzo fosse unico.
Noto che la sezione resistente della saldatura ha come lunghezza l l’intera
lunghezza della saldatura e come altezza t il minore dei due spessori
collegati le tensioni presenti al suo interno saranno:
lt
N
2
6max
lt
M
lt
T5,1max
Le verifiche, nel caso di sollecitazione singola agente nel giunto,
saranno soddisfatte se risultano:
2M
tkf
23 M
ktf
mentre nel caso di sollecitazioni composte:
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123
2
22 3M
tk
id
f
M2= 1,25.
Nel caso di giunto con cordone d’angolo invece, si considera in via
semplificativa che le tensioni siano uniformemente distribuite sulla sezione
di gola del cordone. Applicando il criterio semplificato proposto dalla
normativa vigente si dovrà verificare che:
1,
,
Rdw
Edw
F
F
ove EdwF
,è la forza di calcolo per unità di lunghezza che sollecita il
cordone, mentre RdwF
,è la resistenza di calcolo per unità di lunghezza pari
a:
2
,3 M
tk
Rdw
afF
= 0,8 per acciai S235
= 0,85 per acciai S275
= 0,9 per acciai S355
= 1 per acciai S420; S460.
a = altezza di gola.
In generale si può dire che le saldature evitano l’indebolimento delle
sezioni dovuto alla presenza dei fori per i bulloni, occupano meno spazio
delle bullonature e permettono di realizzare giunti snelli con vantaggi anche
dal punto di vista estetici, ma d’altra parte la loro buona riuscita è affidata
alla bravura ed alla coscienza dell’operaio che la segue ed il loro costo di
realizzazione è sicuramente maggiore rispetto a quello delle unioni
bullonate.
Le saldature inoltre possono essere soggette a numerosi difetti quali
cricche a freddo, cricche a caldo, mancanza di penetrazione, inclusioni di
scoria, soffiature dovute alla presenza di cavità formate dai gas, che
possono arrecare danni importanti alla resistenza dei giunti.
Inoltre le unioni bullonate vengono generalmente eseguite in cantiere
mentre le saldature sono realizzate in officina poiché richiedono una
maggiore attenzione. Concludendo quindi, benché le prime appaiano più
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124
complesse, in realtà sono le meno costose poiché facilitano le operazioni di
trasformazione, di produzione e hanno tempi brevi di montaggio, oltre che
permettono di poter modificare le strutture a seguito di nuove esigenze
distributive. Nei collegamenti saldati, invece, i maggiori oneri di
realizzazione sono compensati dalla capacità di ottenere vincoli reali che si
avvicinano maggiormente a quelli calcolati secondo la teoria classica.
7.2 Il progetto e la verifica delle unioni
Tenendo conto dei profilati disponibili in commercio le scelte del
tipo di unioni da realizzare tra gli elementi strutturali sono state dettate da
esigenze di semplicità ed efficacia.
Si presentano di seguito le soluzioni progettuali previste per i
collegamenti tra gli elementi strutturali presenti.
7.2.1 Unione trave principale-trave secondaria
7.2.2 Unione trave principale-colonna
7.2.3 Unione colonna-colonna bullonata
L’unione delle colonne di uguale sezione viene eseguita mediante
bullonatura, in modo tale da ricreare la continuità strutturale degli elementi
connessi.
Il giunto appare dunque come indicato nella seguente figura:
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125
7.2.4 Unione trave – controventi a V rovescia
In corrispondenza dell’ultimo piano della struttura, in diversi telai del
lato corto sono stati inseriti dei controventi a V rovescia, costituiti sempre
da profili tubolari collegati, mediante unioni a perno, in basso ad un piatto
saldato sull’ala della colonna e in alto in corrispondenza di un piatto saldato
al centro della trave, facente parte del telaio, sotto l’ala inferiore. I
controventi recano alle estremità che si collegano verso la colonna, delle
pinze sagomate in modo tale che il collegamento avvenga facendo entrare il
piatto saldato che sporge dalla colonna, nella pinza e in seguito si possano
unire questi piatti tramite un perno. Per quanto riguarda la parte superiore, i
controventi presentano all’estremità un piatto asimmetrico rispetto all’asse
in modo tale che le estremità dei controventi durante la posa in opera
risultino ciascuna sui lati opposti del piatto saldato alla trave e in seguito il
collegamento possa sempre attraverso il perno che attraversa i tre piatti.
Si riporta di seguito in figura un particolare del collegamento appena
descritto:
Figura 8. 1: Tipo di unione bullonata
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126
Figura 7.2.4.1 - Unione trave - controventi a V rovescia: sezioni
Figura 7.2.4.2 - Unione trave - controventi a V rovescia: sezione e particolare del controvento
Si riportano in seguito i risultati ottenuti dalle verifiche:
Tabella 7.2.4.A - Caratteristiche geometriche di colonna e controventi
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127
Tabella 7.2.4.B - Caratteristiche geometriche di piatto saldato alla colonna, pinze e perno
Tabella 7.2.4.C - Coefficienti di sicurezza impiegati nelle verifiche e limitazioni sulle distanze
dai bordi
Dopo aver elencato tutti i dati riguardanti la geometria dei vari
elementi componenti il collegamento, i materiali e i tassi di lavoro, si
riportano ora le verifiche effettuate.
E’ stata eseguita una verifica a taglio del perno. La norma prevede
che la resistenza a taglio venga calcolata mediante la seguente espressione:
dove A è l’area della sezione del perno e la tensione a rottura del
perno.
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128
Tabella 7.2.4.D - Verifica a taglio del perno
E’ stata eseguita una verifica a rifollamento sia per le pinze del
controvento che per il piatto saldato alla colonna, calcolando la resistenza a
rifollamento dell’elemento da verificare con l’espressione prevista dalla
norma:
dove t è lo spessore dell’elemento, d il diametro del perno e la
tensione di snervamento dell’acciaio usato per il perno.
Tabella 7.2.4.E - Verifica a taglio degli elementi collegati dal perno
Sono state effettuate anche verifiche sulle saldature dei piatti saldati
alle estremità dei controventi:
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129
Tabella 7.2.4.F - Verifica della saldatura
7.2.5 Unione colonna – plinto di fondazione
Il collegamento tra le colonne e i plinti di fondazione è stato progettato
come vincolo ideale di cerniera. Le sollecitazioni di progetto sono state
estrapolate dal modello tridimensionale agli elementi finiti nel quale le
colonne sono state incernierate. Le sollecitazioni maggiori sono state
riscontrante nel modello realizzato per massimizzare la combinazione agli
SLU, nel quale ai controventi è stato affidato il compito di portare le forze
orizzontali, mentre i carichi verticali sono affidati esclusivamente alle
colonne.
Le sollecitazioni maggiori sono quelle agenti nella colonna ………. nella
quale convergono due controventi che trasmettono alla stessa forze di
taglio. Le sollecitazioni di progetto sono di seguito riportate.
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130
N [kN] 7200
T [kN] 2040
Traz [kN] 0
Tabella 7.2.5.A - Sollecitazioni di progetto
Figura 7.2.5.1 - Posizione della colonna di cui si progetta il collegamento con la fondazione
Il modo più semplice per realizzare una cerniera soggetta a compressione
è quello di saldare alla sezione di base della colonna una piastra in acciaio
dotati di fori nei quali trovano alloggiamento i tirafondi che vengono
annegati alla fondazione di cemento armato .
La colonna è ancorata al plinto per mezzo di tirafondi sollecitati
esclusivamente da sollecitazioni di taglio provenienti dalla combinazione
sismica, poiché la colonna, per qualsiasi combinazione di carico risulta
essere sempre compressa.
Sono stati utilizzati i tirafondi forniti dalla Peikko.
Il nodo strutturale è stato realizzato con i seguenti materiali:
Acciaio S355
Acciaio S450
Calcestruzzo Rck: 28/35
Tirafondi: vedi scheda tecnica in allegato
7.2.5.1 Dimensionamento della piastra di base
La piastra di base viene saldata alla base della colonna, ed ha la funzione
di ripartire i carichi provenienti dalla colonna, sul plinto di fondazione. Le
dimensioni geometriche sono calcolate in modo da assicurare una
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131
sufficiente area d’impronta, in modo da trasferire al plinto una pressione
pari alla tensione limite di rottura del calcestruzzo. Lo spessore invece è
dimensionato in modo tale da assicurare una sufficiente rigidezza alla
piastra, così da poter effettivamente ripartire tutta la sollecitazione sull’area
di carico (cioè sull’intera superficie d’impronta della piastra).
Al fine di ridurre lo spessore della piastra si inseriscono delle nervature
verticali che dovranno poi essere verificate a taglio e flessione,
considerando la collaborazione di una parte della piastra a cui sono saldate .
Il dimensionamento viene effettuato in base alla sollecitazione di
compressione. Si decide di progettare una piastra rettangolare, con il lato
maggiore nella direzione di minore spostamenti della colonna. La tensione
trasferita sarà data dallo sforzo normale diviso l’area netta, cioè l’area
depurata dei fori dei tirafondi. La tensione limite sul calcestruzzo, è l’85%
di fcd ,cioè pari 15.6 N/mm2. Le dimensioni minime da garantire alla piastra
sono di 700 mm per il lato minore, e 750 mm per quello maggiore .
Per quanto riguarda lo spessore, si dimensiona in questo modo: la piastra
presenta un nucleo rigido, cioè una porzione che non subisce inflessione.
Tale parte è posta al di sotto della colonna, ha forma rettangolare di
dimensioni 0,8b e 0,95h (dove b ed h sono rispettivamente la larghezza
delle ali e l’altezza della colonna). Al di fuori di questo nucleo rigido è
possibile individuare delle porzioni di piastra che saranno soggette a
flessione. Si considerano in particolare due “strisce” ortogonali fra loro, che
possono essere ricondotte ad una trave incastrata nel nodo rigido con
sezione rettangolare, larga 1 mm e di altezza pari allo spessore t della
piastra (che risulta incognito). Si considera la “trave” più lunga, che è
quella che da il valore maggiore del momento. La lunghezza deriva da
considerazioni geometriche ed è data da:
l = max ((B-0.8b)/2; (B-0.95h)/2)=0,252 m
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132
Supponendo che le travi siano caricate da un carico unifomemente
ripartito pari alla tensione agente sul calcestruzzo per la larghezza della
sezione della trave, è possibile calcolare il momento agente all’incastro.
Imponendo poi che tale sollecitazione diviso il modulo resistente della
sezione sia minore della fyd si ricava il valore minimo dello spessore t, in
base alla seguente formula:
Si ricava un valore minimo 79 mm che risulta essere eccessivo. Per
diminuire lo spessore si ricorre all’inserimento di irrigidimenti, che
costituiscono degli appoggi per i due ordini di “travi” visti in precedenza,
come riportato nella figura 8.23.
Figura 7.2.5.1.1 - Schema di calcolo di una piastra con irrigidimenti
La seconda tipologia di collegamento dimensionata è di seguito
riportata.
Figura 7.2.5.1.2 - Seconda tipologia di collegamento dimensionata
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133
In questo caso si è deciso di introdurre 4 irrigidimenti di lunghezza
220 mm, altezza 250 mm e spessore 15 mm, in aggiunta ai quali è stata
introdotta una ulteriore piastra di spessore 40 mm per collegare i due
controventi convergenti nel nodo.
Attraverso questi irrigidimenti, lo spessore della piastra si è ridotto a 55
mm.
Dalle verifiche eseguite con il programma agli elementi finiti
(paragrafo 7.3.2) si nota che il collegamento non garantisce una sufficiente
ripartizione delle sollecitazioni, causando una eccessiva localizzazione in
corrispondenza del nucleo rigido con tensioni sul calcestruzzo troppo
elevate. Si decide in questo caso di aumentare lo spessore della piastra,
ottenendo una migliore ripartizione dei carichi, ma non più il
comportamento idealmente schematizzato a cerniera.
Si decide perciò di modificare il collegamento, senza aumentare troppo la
rigidezza del nodo introducendo degli irrigidimenti parallelamente alle ali,
in modo da aumentare la superficie di ripartizione. In questo modo, senza
però irrigidire eccessivamente la piastra verso il proprio bordo, si cerca di
scaricare il calcestruzzo al di sotto delle ali della colonna.
Lo spessore della piastra in questo caso è di 70 mm.
Figura 7.2.5.1.3 - Terza tipologia di collegamento dimensionato
Anche questa tipologia di collegamento, come sarà visibile dai
risultati ottenuti con i modelli agli elementi finiti, e riportati nel paragrafo
7.2.3, non hanno soddisfatto le verifiche sul calcestruzzo e neanche
garantiva il comportamento desiderato.
Si decide quindi di cambiare tipologia di collegamento, passando al
dimensionamento di una cerniera a perno.
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134
7.2.5.2 Dimensionamento di una cerniera a perno
Per quanto riguarda il dimensionamento e la verifica della cerniera a
perno, si utilizzano le disposizioni della CNR 10025. La cerniera a perno è
costituita da una piastra superiore saldata alla colonna, a cui vengono
collegati dei pettini superiori, come mostrato in figura 8.24. I denti sono
forati in modo tale da consentire l’inserimento di un perno in acciaio a
sezione circolare.
Figura 7.2.5.2.1 - Schema della cerniera a perno
Fra i pettini superiori sono presenti dei pettini inferiori, della stessa
forma ma più allungati e vengono saldati alla piastra di base. Il carico è
trasferito dalla colonna alla piastra superiore che lo ripartisce fra i vari
pettini; questi a loro volta caricano il perno, che trasferisce la sollecitazione
ai pettini inferiori. Questi ultimi elementi caricano la piastra di base che
trasferisce infine il carico in fondazione. Il vantaggio di tale unione sta nel
fatto che è possibile irrigidire (agendo sul numero di denti del pettine) la
piastra inferiore pur mantenendo il vincolo di cerniera: infatti la rotazione
della colonna intorno al perno consente di realizzare il vincolo desiderato.
Nell’altra direzione il collegamento garantisce ugualmente il
comportamento desiderato,poiché parte dello spostamento impresso alla
testa della colonna si disperde come deformazione tra gli elementi che
compongono il nodo, non inducendo un significativo incremento delle
tensioni rispetto alla condizione di sola compressione.
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Il materiale utilizzato per i pettini è S450 mentre per la piastra di
base è l’acciaio S355.
La piastra superiore viene progettata anch’essa rettangolare con il
lato maggiore di 495 mm e quello minore di 348 mm. La piastra ha uno
spessore di 50 mm. La piastra di base, invece, continua ad avere forma
rettangolare, con lato maggiore nelle direzione del pettine perché la
ripartizione del carico è migliore per effetto della rigidezza degli stessi. La
piastra di base ha uno spessore di 80 mm . Entrambe le piastre sono
verificate ricorrendo alla modellazione tridimensionale. I risultati sono
riportati nel paragrafo 7.3.2.
In questa fase saranno dimensionati i pettini e il perno. I numero dei
denti viene deciso in modo tale da garantire, in corrispondenza della
sezione ridotta dal perno, una area almeno pari a quella della colonna. In
questo modo, si garantisce che il collegamento abbia una adeguata sovra
resistenza rispetto alla stessa. Il pettine superiore è formato da 4 denti, di
spessore 40 mm mentre quello inferiore da 5 di spessore 32 mm. Lo
spessore dei denti è legato principalmente alle verifiche a rifollamento degli
stessi, infatti l’area ottenuta, in corrispondenza della sezione presa in
considerazione è maggiore di quella della colonna. Le dimensioni
geometriche del dente sono progettate considerando le limitazioni seguenti:
dove b ed a hanno il significato riportato in figura 8.25, mentre con F si
indica la forza agente sul singolo dente.
Figura 7.2.5.2.2 - Dimensioni geometriche del dente del pettine superiore
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136
Si suppone che la forza di compressione (con cui si dimensiona
l’unione) si ripartisca in modo equo fra i cari denti, si considera a riguardo
il pettine superiore.
La forza F risulta quindi pari a 2178 kN.
Il diametro del perno viene dimensionato in modo tale da soddisfare
la verifica a rottura per taglio del gambo.
Tabella 7.2.5.2.A - Dimensionamento della geometria del dente
Le caratteristiche meccaniche dell’acciaio costituente il perno sono
riportate nella seguente scheda. Il tipo di acciaio viene identificato come
40NiCrMo7.
Figura 7.2.5.2.3 - Acciaio utilizzato per il perno
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La tensione di rottura assunta è pari a 930 N/mm2, mentre quella di
snervamento pari a 735 N/mm2
.
Verifiche:
Rottura del perno per taglio
Rifollamento della lamiera collegata con il perno
Tabella 7.2.5.2.B - Verifiche
7.2.5.3 Verifica delle saldature
Npl,max 8712 kN sforzo normale max trasmesso dalla colonna
n a 8 numero di aree di taglio
Nris 1089 kN taglio sollecitante ciascuna sezione
Fv,Rd 4242.28 kN resistenza a taglio del perno
VERIFICA OK
Tb 25.7% Tasso di lavoro del perno
s 40 spessore delle costole
l 320 larghezza della sezione in corrispondenza dell'asse del perno
A 33600 mm2 A dei denti nella sez. dell'asse del perno
A 33600 mm2 A dei denti nella sez. dell'asse del perno incrementata del rapporto tra gli acciai
VERIFICA Ok verifica dell'area nella sezione ridotta
Rifollamento costole
Fb,Rd 9292.8 kN resistenza a rifollamento delle costole verticali
VERIFICA Ok verifica Fb,Rd>Fb
VERIFICA A TAGLIO DEL PERNO DELLA COLONNA
VERIFICA A RIFOLLAMENTO DELLE COSTOLE VERTICALI
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Tutte le saldature del nodo sono eseguite in stabilimento, sono del
tipo a completa penetrazione. Viene dimensionata la saldatura a T da
eseguire fra il generico dente e la piastra, mentre quella fra la piastra
superiore e la colonna si esegue con le stesse modalità di quella verificata.
Il dente si sagoma smussando gli angoli in corrispondenza del punto
di contatto con la piastra, in modo tale che lo spessore passa da 32 a 5mm.
L’altezza di gola è pari a 20 mm.
La tensione ortogonale deriva dal taglio a cui è soggetto il pettine .
Questo infatti provoca un momento alla base, se si considera il dente come
una trave incastrata alla base. Per le verifiche si considerano giunti di II
classe, cioè una saldatura effettuata con elettrodi di classe 2,3 o 4, e
realizzati con eliminazione dei difetti prima di effettuare la ripresa o la
seconda saldatura.
I calcoli sono riportati nella tabella successiva.
Tabella 7.2.5.3.A - Calcolo della saldatura per il giunto a T
7.2.5.4 Dimensionamento dei tirafondi
I tirafondi vengono dimensionati in base alla sollecitazione di taglio
agenti nel collegamento per effetto dei controventi, visto che la colonna non
γM2 1.25 coefficiente di sicurezza
ftk 510 N/mm2 resistenza a rottura del più debole degli elementi collegati
β 0.9
Ttot 2120 KN taglio
n 5 numero di denti
T 424 KN taglio su ciascun dente
h 187 mm altezza del punto di applicazione della forza rispetto alla piastra
M 79288000 Nmm momento sollecitante
s 32 mm spessore del dente
a 20 mm altezza di gola
L 264 mm lunghezza della saldatura
Ix 3055360 mm4 momento di inerzia della saldatura
Wx 190960 mm3
σid 415.2 < 453.3 N/mm2
VERIFICA DI RESISTENZA SALDATURA A COMPLETA PENETRAZIONE
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è soggetta a trazione. Nella figura 8.23 sono riportate le caratteristiche
geometriche dei tirafondi Peikko, in particolare si sceglie la tipologia HPM
24.
Tabella 7.2.5.4.A - Caratteristiche geometriche dei tirafondi Peikko HPM 20
Supponendo che il taglio sollecitante, pari ad 2120 kN venga
ripartito in modo equo fra i tirafondi, dal calcolo sono necessari 8 tirafondi.
In presenza di taglio deve essere rispettata la seguente condizione:
Dai calcoli si ottiene che il valore del primo membro è pari a 0,92, il
che soddisfa la verifica.
7.3 Modellazione agli elementi finiti dei nodi
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Si sono modellati i particolari dei collegamenti di tre nodi strutturali
al fine di valutare l’effettiva distribuzione delle tensioni al loro interno e
verificare che non siano superati i valori limite.
Il primo nodo analizzato è quello relativo all’allineamento E7-E8, in
cui si è modellato il collegamento tra il secondo controvento a partire dal
basso e le travi binate che questo attraversa.
Figura 17 - Collegamento travi binate-controvento
Il secondo collegamento modellato è quello relativo al nodo alla base
tra colonna e plinto di fondazione, per il quale si richiedeva di verificare
che effettivamente fosse realizzato in modo tale da schematizzare una
cerniera così come era stata modellata nel modello globale.
Figura 8. 2: Nodo colonna – plinto di fondazione
Il terzo modello riguarda il nodo appartenente all’allineamento F7-
G7 nel quale convergono colonna, travi binate e due controventi.
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141
FOTO COLLEGAM
Per il dimensionamento degli elementi che costituiscono tali nodi e
la loro verifica, secondo quando prescritto dalla normativa vigente, si fa
riferimento a quanto già decritto nel paragrafo precedente.
7.3.1 Unione travi binate – controvento
Gli elementi strutturali travi binate (HEA 280-400) sono stati modellati
attraverso degli elementi di tipo shell assegnando ad essi lo spessore
corrispondente all’elemento modellato, e sono state vincolate con degli
incastri alle estremità, dove sono presenti elementi frames rigidi che
ricalcano il profilo della sezione.
Il controvento (Tubolare D244.5x8) è stato modellato anch’esso con
elementi shell per quanto riguarda la zona di passaggio tra le travi e con due
elementi frames, collegati tramite una raggiera di elementi frames rigidi alla
zona modellata con shells, per modellare le restanti estremità, e vincolato
con cerniere.
Figura 7.3.1.1 - Modellazione FEM travi binate
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Figura 7.3.1.2 - Modellazione FEM controvento
Per quanto riguarda il collare, entrambe i piatti, quello saldato al
controvento e quello saldato alla trave, sono stati modellati con elementi
shell di opportuno spessore. Il piatto saldato al controvento reca ad ognuno
dei due lati un foro per il bullone, mentre i fori sui corrispondenti piatti
della trave sono asolati per consentire il libero abbassamento della trave
rispetto al controvento nelle condizioni di esercizio.
Figura 7.3.1.3 - Modellazione FEM piatto saldato al controvento
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143
Figura 7.3.1.4 - Modellazione FEM piatto saldato alla trave
Le saldature dei piatti sono state modellate semplicemente facendo
coincidere i nodi della mesh adottata per i vari elementi.
I bulloni sono stati modellati con elementi frame di sezione
opportuna per il gambo, collegati alla mesh del foro con una raggiera di
altri elementi link di tipo “gap”, ovvero elementi a comportamento non
lineare reagenti solo a compressione.
Figura 7.3.1.5 - Modellazione FEM bullone
E’ stata modellata anche la testa del bullone attraverso una raggiera
di elementi frame rigidi con sezione qualsiasi, massa nulla e modulo
elastico 100 vote più grande di quello dell’acciaio. Questa raggiera è
collegata alla mesh del piatto mediante altri elementi frame che simulano il
contatto della testa. A questi ultimi elementi è stato assegnato un tension
limit ossia un limite pari a zero sullo sforzo a trazione che possono
prendere, simulando così il fatto che la testa del bullone, se tesa, si distacca
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dal piatto sul quale è a contatto senza trasmettere trazione. Agli elementi
frame che collegano la testa del bullone al piatto sono stati assegnati anche
degli svincoli di momento flettente e taglio nelle due direzioni principali.
Figura 18 - Modellazione FEM testa del bullone
Per simulare il contatto tra i piatti saldati alla trave e al controvento,
sono stati inseriti degli elementi di tipo gap, analoghi a quelli
precedentemente menzionati, che consentono di leggere sforzi dovuti ad
eventuali pressioni esercitate da uno dei due piatti sull’altro.
Figura 7.3.1.7 - Modellazione FEM del contatto fra i due piatti tramite elementi gap
Sono stati modellati anche i pioli e il calcestruzzo collaborante con la trave,
i primi con elementi frame di sezione opportuna, il secondo con elementi
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solid aventi rapporti tra i lati che non superassero il valore di 2. Gli elementi
solid sono stati posti al di sopra dell’ala della trave per un’altezza pari al
semispessore dell’ala stessa e sono stati collegati a quest’ultima sempre
mediante l’impiego di elementi di tipo gap.
Figura 7.3.1.8 - Modellazione FEM del cls collaborante
In seguito si riporta un’immagine completa del collegamento
Figura 7.3.1.9 - Modellazione FEM del collegamento travi binate-controvento
Le situazioni che sono state analizzate con questa modellazione di dettaglio
sono state tre:
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146
1. analisi del collegamento nelle condizioni di esercizio;
2. analisi del collegamento sotto l’azione sismica;
3. analisi del collegamento nella condizione di possibile sbandamento
del controvento.
7.3.1.1 Analisi del collegamento nelle condizioni di esercizio
In questa situazione si è voluto verificare che l’inflessione della
trave, dovuta ai carichi verticali nelle condizioni di esercizio, avvenisse
liberamente e senza alterare lo stato tenso-deformativo del controvento
nonostante il collegamento tra i due elementi strutturali. Affinchè si potesse
verificare tutto ciò, il collegamento è stato appositamente progettato
prevedendo un foro asolato nel piatto saldato alla trave, in modo tale che
durante l’inflessione di quest’ultima il bullone che collega i due piatti
potesse scorrere all’interno dell’asola, evitando così il trascinamento verso
il basso da parte della trave.
Per riprodurre le condizioni di esercizio sulla trave, è stato applicato
sulla superficie della porzione di calcestruzzo collaborante modellata, al
quale è stata azzerata la massa, il carico permanente strutturale, non
strutturale e l’antropico competente a ciascuna trave secondo la propria area
d’influenza.
L’inflessione in mezzeria della trave, letta dal modello di calcolo, è
risultata essere pari a 4.61mm, ben inferiore al limite di l/400 che nel caso
in esame fornisce una freccia massima ammissibile in mezzeria di
mm.
Lo stato tensionale nei piatti di collegamento è il seguente:
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Figura 7.3.1.1.1 – Tensioni SVM del collegamento nelle condizioni di esercizio
Si può notare come lo stato tensionale su i due piatti di collegamento
sia abbastanza basso, e come l’inflessione della trave non induca per il
tramite del collegamento, alterazioni dello stato tensionale del controvento.
7.3.1.2 Analisi del collegamento sotto l’azione sismica
Il secondo aspetto analizzato è stato il comportamento del
collegamento sotto l’azione sismica, quindi l’analisi dello stato tenso-
deformativo dello stesso indotto dagli spostamenti della trave e del
controvento.
In questo caso all’estremità del controvento sono stati applicati gli
spostamenti provocati dall’azione sismica, mentre per la travi si è preferito
assegnare gli effetti del sisma in termini di forze e momenti applicati
sempre alle estremità delle stesse.
I risultati ottenuti sono i seguenti:
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Figura 7.3.1.2.1 - Deformata del collegamento sotto azione sismica
Figura 7.3.1.2.2 - Tensioni S11 e S22 sotto azione sismica
Figura 7.3.1.2.3 - Tensioni SVM sotto azione sismica
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149
Analizzando le tensioni di Vohn Mises i valori che si leggono dal
modello risultano essere ovunque al di sotto dei valori di soglia per gli
acciai utilizzati.
7.3.1.3 Analisi del collegamento nella condizione di possibile
instabilità del controvento
L’ultimo aspetto analizzato riguarda più propriamente lo scopo per il
quale è stato progettato il collegamento in esame, cioè evitare che il
controvento instabilizzasse per il carico critico relativo ad una lunghezza
libera di inflessione pari alla lunghezza del profilo tubolare stesso e
garantirne la tenuta facendolo lavorare come se avesse un lunghezza libera
d’inflessione pari alla metà.
Per effettuare la verifica del collegamento si è posto il problema di
calcolare quale dovesse essere la forza o lo spostamento che il controvento
nella situazione di incipiente sbandamento avrebbe applicato al
collegamento collegamento.
La strada percorsa per arrivare alla determinazione di tali grandezze si è
articolata nei seguente punti:
1. è stato applicato un carico unitario di 1kN al controvento nelle due
possibili direzioni di sbandamento ovvero nel piano del
collegamento e fuori piano. L’applicazione di questa forza è stata
effettuata nel nodo centrale di una raggiera di elementi frame rigidi
posta all’interno del profilo tubolare all’altezza dell’asse del piatto
saldato al controvento stesso. Leggendo gli spostamenti dei nodi
comuni al piatto saldato e al profilo tubolare in corrispondenza della
direzione di applicazione delle due forze unitarie, e invertendo la
relazione , si sono ricavati le rigidezze del ritegno nelle
due direzioni di sbandamento ,
. Queste due rigidezze così calcolate tengono conto
anche della presenza delle travi e della soletta e non soltanto dei
piatti che collegano il controvento a questi elementi
2. Noti i valori di queste rigidezze posso effettuare già una verifica per
vedere se il collegamento è abbastanza rigido da produrre in una
analisi di buckling come primo modo di sbandamento una doppia
onda. Effettuo una analisi piana inserendo al centro del profilo una
molla traslazionale di rigidezza poiché se lo sbandamento
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dovesse avvenire sicuramente avverrà nella direzione di minor
rigidezza, e assegnando in testa al controvento un carico verticale
pari al carico critico Euleriano di un’asta di lunghezza pari alla metà
di quella del tubolare.
3.
Figura 7.3.1.3.1 - Analisi di buckling in presenza della molla traslazionale che simula il
collegamento
Come si può notare la verifica da esito positivo, la rigidezza del
collegamento è tale da produrre come primo modo di sbandamento
un modo a doppia onda.
4. Fermo restando la precedente verifica, risulta necessario verificare
quale sia l’entità della forza o dello spostamento che il controvento
trasmette al collegamento per analizzare lo stato tenso-deformativo
dei piatti saldati. Per fare ciò è stato valutato il comportamento post-
critico dell’asta, modellando una imperfezione tramite un
disassamento iniziale δ posto a metà dell’asta stessa ed effettuando
una analisi non lineare con effetti P-Δ e P-Δ più grandi spostamenti.
Per quanto riguarda l’entità dell’imperfezione da assegnare si è fatto
riferimento alle CNR-UNI 10011 che prescrivono che in situazioni
ordinarie il valore massimo dello scostamento orizzontale può essere preso
pari a 1/1000 della lunghezza libera di inflessione, nel caso in esame quindi
δ=10,5mm.
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Tale prescrizione si trova in accordo anche con quanto previsto
nell’Eurocodice 3, dove lo scostamento è calcolato come illustrato in figura:
Figura 7.3.1.3.2 - Calcolo dell'imperfezione secondo EC3
Quindi nel caso limite di kr=1, l’imperfezione massima sarebbe stata
δ =0.02*5250=10.5mm.
L’Eurocodice 3 fornisce direttamente anche il valore della forza che
il controvento trasmette nella direzione di sbandamento in funzione
dello sforzo normale agente su di esso. Nel caso in esame, prendendo
per N il valore del carico critico euleriano relativo ad un asta con
lunghezza libera di inflessione 5250mm, Ncr≈3200kN, per cui il
valore della forza ricercata è pari a 2ΦNcr=16kN.
A scopo di confronto, si è proceduto ugualmente ad effettuare una
analisi non lineare dell’asta con l’imperfezione nonostante l’EC3
fornisse già il valore della forza da applicare al collegamento.
Rappesentando graficamente i risultati ottenuti si ricava che:
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Figura 19 - Comportamento post-critico del controvento con imprefezione
per un valore del carico critico di un’asta di lunghezza pari a metà
della lunghezza del controvento (Ncr≈3200kN) si ha uno
spostamento trasversale monitorato della mezzeria del controvento
pari a circa 0.5mm. A tale spostamento coinciderà quindi una forza
circa pari a , valore che non
discosta molto da quello calcolato direttamente mediante le
prescrizioni dell’EC3.
5. A questo punto si applica nel modello di dettaglio del collegamento,
il valore della forza precedentemente calcolata,
assegnandola al nodo centrale di una raggiera di elementi frame
rigidi posta all’altezza dell’asse del piatto saldato al controvento,
nelle due possibili direzioni di sbandamento. Gli stati tenso-
deformativi che ne derivano sono i segeunti:
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
0 0.0005 0.001 0.0015
F (k
N)
D (m)
Comportamento post-critico dell'asta con imperfezione
P-Delta grandi spost.P-Delta piccoli spost.Ncr
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Figura 7.3.1.3.4 – Deformata nel caso "Sbandamento nel piano"
La deformata nel caso di sbandamento nel piano mostra come i piatti
di collegamento siano prevalentemente soggetti a flessione deviata
nella direzione di minor rigidezza, tuttavia data la modesta entità
della forza applicata e la presenza delle saldature su tre lati, per
quanto riguarda il piatto della trave, e di bullone e saldatura sul
controvento, per il secondo piatto, lo stato tensionale non risulta
essere elevato tale da dover richiedere eventuali irrigidimenti. Inoltre
anche gli spostamenti dei due piatti risultano aggirarsi su valori
prossimi al decimo di millimetro. Lo stato tensionale è riportato di
seguito in figura:
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Figura 7.3.1.3.5 - Tensioni S11 e S22 nel caso “Sbandamento nel piano”
Figura 7.3.1.3.6 - Tensioni SVM nel caso "Sbandamento nel piano"
Analizzando le tensioni di Vohn Mises, i valori rientrano
ampiamente al di sotto della che per gli acciai utilizzati, S235 e
S355 risulta essere rispettivamente 223,8 e 338 2.
Per quanto riguarda il caso di sbandamento fuori piano i risultati
ottenuti sono i seguenti:
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Figura 7.3.1.3.7 - Deformata nel caso "Sbandamento fuori piano"
La deformata nel caso di sbandamento fuori piano mostra come la
forza trasversale trasmessa dal controvento al collegamento provochi
una torsione delle due travi che resta tuttavia limitata, infatti gli
spostamenti trasversali delle ali inferiori sono dell’ordine del decimo
di millimetro e tali da non alterare lo stato tensionale delle travi.
Per quanto riguarda lo stato tensionale del collegamento, i risultati
ottenuti sono i seguenti:
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Figura 7.3.1.3.8 - Tensioni S11 e S22 nel caso "Sbandamento fuori piano"
Figura 7.3.1.3.9 - Tensioni SVM nel caso "Sbandamento fuori piano"
Anche in questo caso le tensioni di Vohn Mises risultano essere
ovunque al di sotto dei valori di soglia per gli acciai utilizzati.
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7.3.2 Nodo colonna – plinto di fondazione
In questo paragrafo si riporta il processo di modellazione dell’unione
colonna plinto di fondazione, eseguita con il codice di calcolo Sap 2000. In
tutti i modelli viene eseguita un’analisi statica non lineare, assegnando
l’intero carico in un unico incremento. Gli elementi modellati sono:
Frame:
Tirafondi
Perno
Shell:
Colonna
Piastre
Pettine
Irrigidimenti
Solid:
Plinto
La colonna viene quindi modellata mediante delle shell, e dato che le
saldature presenti nell’unione sono eseguite a completa penetrazione, questa
viene collegata alle piastre facendo coincidere i nodi delle shell.
Il tirafondo viene modellato con un di frame di lunghezza pari alla
lunghezza dello stesso. Si adotta una sezione circolare di diametro pari a 2
cm. I vari frame del tirafondo sono collegati agli elementi solid del plinto
mediante sedici elementi gap disposti a raggiera (figura 7.3.2.1).
Questi elementi sono funzionanti esclusivamente a compressione, e
simulano la reale interazione tra il tirafondo e la piastra.
Agli elementi che collegano il tirafondo con il calcestruzzo sono stati
assegnati dei release, cioè rilasciato il taglio e il momento ad entrambi gli
estremi; ai link che collegano il tirafondo alla piastra, invece, non è stato
rilasciato lo spostamento lungo l’asse U2, avendo tradotto in questo modo
la presenza della testa del tirafondo.
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Figura 7.3.2.1 - Particolare del collegamento dei tirafondi con la platea
L’asse del frame del tirafondo trova “alloggiamento” in opportuni
buchi creati nella mesh della piastra di base e in quella dei solid del plinto.
Nei solid, in particolare, la cavità si estende fino ad una profondità di 0.5
metri (dalla piastra di base), dove il buco viene riempito.
Alla estremità inferiore del tirafondi è stato modellato un UPN 100 di
contrasto, essendo i tirafondi delle barre filettate, per le quali non si è fatto
affidamento alla aderenza acciaio-calcestruzzo, si è preferito introdurre
questo elemento di contrasto.
In prima istanza, l’altezza del plinto era di 1 m, ma non del tutto
sufficiente a ridistribuire le sollecitazioni trasmesse dalla colonna. Infatti, al
contatto plinto-terreno si osservavano tensioni troppo alte e non compatibili
con la resistenza del terreno. Si è deciso perciò di alzare ad 1.5 m l’altezza
dello stesso in modo da ridurre ad una zona circoscritta le plasticizzazioni
del terreno. Per quanto riguarda le dimensioni in pianta, si è deciso di
modellare un plinto quadrato di 1.5 m di lato , contro i 2.5 m reali
dell’elemento. Questa scelta è piuttosto legata a motivi computazionali.
La shell della piastra di base presenta la stessa mesh dei solid, mentre
questi in direzione verticale presentano un primo strato di 25 mm, e
successivi di 50 mm. L’altezza dell’elemento solid è dettata dalla necessità
di non distorcere eccessivamente l’elemento, mantenendo in un rapporto
massimo di 1:4 tra i lati dell’elemento, per garantire un buon
funzionamento computazionale.
Il collegamento fra la piastra di base e il plinto viene realizzato per
mezzo di speciali link, chiamati gap. Questi sono elementi di connessione,
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159
che sono uguali a quelli utilizzati per collegare i tirafondi con i solid,
reagiscono solo a compressione, mentre se sottoposti a trazione, non
trasmettono la sollecitazione fra gli elementi che collegano. Questo si è reso
necessario per simulare il reale comportamento della piastra di base. Se
soggetta a compressione trasferisce tutto il suo carico al calcestruzzo, ma
quando è sottoposta a trazione non viene trattenuta a terra dal plinto, bensì
dai tirafondi. Nella figura 7.3.2.2 è riportato in dettaglio il collegamento fra
platea, tirafondi e piastra.
Figura 7.3.2.2 - Dettaglio del collegamento fra la platea, i tirafondi e la piastra
I link sono elementi caratterizzati da un comportamento non lineare;
si assegna ad essi una rigidezza che è pari a quella dell’acciaio.
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Figura 7.3.2.3 - Assegnazione della rigidezza ai link
Per quanto riguarda il moncone di colonna che è stato modellato,
esso ha una altezza di 1 m modellata attraverso elementi shell e poi un
frame che raggiunge l’altezza di piano. Al bordo superiore delle shell è
stato collegato un elemento infinitamente rigido, il quale ha il compito di
ripartire sulla sezione lo sforzo normale applicato in testa al frame e di
mantenere indeformata la sezione nel proprio piano nel rispetto della
continuità con la parte non modellata.
7.3.2.1 Risultati della modellazione
Il primo modello considerato è quello di cerniera a lastra semplice,
con spessore pari a 7 cm. In questo caso non sono presenti irrigidimenti per
la piastra, tranne che il piatto di collegamento con il controvento, non
visibile nella foto di seguito riportata.
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Figura 7.3.2.1.1 - Modello 3D del nodo
Dal dimensionamento risulta che lo spessore della piastra è
sufficiente , ma dalla modellazione emerge che essa non è adeguatamente
rigida a ripartire le tensioni sul calcestruzzo. Dalla figura 7.3.2.1.2 si nota
che l’impronta di carico sul calcestruzzo ricalca la sezione della colonna,
mentre il resto al disotto della piastra rimane poco caricata. Questo
comporta una concentrazione di sforzi su un’area limitata, con conseguente
innalzamento delle tensioni che raggiungono il valore massimo sul
calcestruzzo di 60 N/mm2, oltre il limite ammesso (16 N/mm
2). Inoltre si
legge chiaramente che questi picchi si trovano in corrispondenza delle ali
della colonna e della piastra di attacco del controvento.
Figura 7.3.2.1.2 - Tensioni (S33) sul calcestruzzo, dovute alla compressione:modello di
cerniera a piastra
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Nelle figure 7.3.2.1.3 sono diagrammate le tensioni di Vohn Mises
presenti nella colonna e nella piastra di base. Lo stato tensionale sull’unione
è comunque al di sotto dei valori ammissibili, per via dello elevato spessore
della piastra. Nelle vicinanze dei fori si raggiungono delle tensioni elevate
ma trascurabili vista la porzione limitata che coinvolgono.
Figura 7.3.2.1.3 - Tensioni SVM
Si decide quindi di passare al modello successivo che prevede
l’introduzione di elementi di irrigidimento per aumentare la rigidezza della
piastra e, quindi, l’area di calcestruzzo sulla quale si ridistribuiscono i
carichi verticali .
Figura 7.3.2.1.4 - Modello di collegamento con piastra irrigidita
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L’andamento delle tensioni al contatto piastra-calcestruzzo è di
seguito riportata. E’ ancora visibile una forte concentrazione al di sotto
delle colonna con il raggiungimento, in una vasta area (in viola) della
tensione massima sul calcestruzzo. L’area collaborante è aumentata, ma non
ancora in maniera sufficiente. Si decide di provare ad aumentare lo spessore
della piastra di base, fino ad un massimo di 80 mm, non ottenendo i risultati
voluti.
Figura 7.3.2.1.5 - Tensioni S3-3 al contatto piastra-calcestruzzo
Nonostante questa unione non garantisca una accettabile ripartizione
dei carichi, si decide di verificare se comunque abbia un funzionamento a
cerniera, ovvero che gli irrigidimenti consentano alla colonna di ruotare
senza opporre eccessiva resistenza, altrimenti ci si sposta verso il vincolo
d’incastro. La verifica viene effettuata in questi termini: dal modello
globale dell’intera struttura si leggono gli spostamenti laterali in testa della
colonna presa in considerazione, per la combinazione sismica Ex+0.3Ey ed
Ey+0.3Ex. Assegnati gli spostamenti, che provocano la rotazione della
colonna, si controllano le tensioni indotte nel calcestruzzo: se queste
comportano un incremento delle tensioni che percentualmente è minore del
10% della fcd allora il nodo non si oppone alla rotazione per cui sarà lecito
considerarlo una cerniera, altrimenti esso tende ad una sorta d’incastro e
perciò non è accettabile. Il valori degli spostamenti assegnati sono per la
combinazione Ey+0.3Ex :
U2=5.6 mm, in direzione parallela all’anima della trave
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U1=1.6 mm, in direzione ortogonale all’anima della trave
mentre per la combinazione Ex+0.3Ey sono:
U2=1.5 mm, in direzione parallela all’anima della trave
U1=5.4 mm, in direzione ortogonale all’anima della trave
Di seguito viene riportato l’andamento delle tensioni sul calcestruzzo
per effetto degli spostamenti impressi con la combinazione Ey + 0.3Ex.
Come risulta visibile, tutta la zona in viola, supera i 1.6 N/mm2 .
Figura 7.3.2.1.6 - Tensioni su calcestruzzo per effetto degli spostamenti in sommità
Si riporta nella figura seguente l’andamento delle tensioni di Vohn
Mises sulle shell. E’ osservabile che solo in una piccola zona di
collegamento tra l’anima della colonna e la piastra di attacco del
controvento.
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Figura 7.3.2.1.7 - Tensioni SVM su colonna, piastra e irrigidimenti
Si decide di passare al modello successivo, inserendo delle piastre di
irrigidimento nella direzione parallela all’anima della colonna, in modo da
ridurre in parte la forte concentrazione al di sotto delle ali e di non irrigidire
eccessivamente la piastra verso il bordo. Il modello adottato è riportato
nelle figure 7.3.2.1.8 e 7.3.2.1.9.
La piastra di base ha uno spessore di 65 mm e gli irrigidimenti
paralleli all’anima di 30 mm .
Figura 7.3.2.1.8 – Modello con irrigidimenti paralleli all’anima
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Figura 7.3.2.1.9 - Modello con irrigidimenti paralleli all’anima
La distribuzione delle tensioni sul calcestruzzo in questo modello è
di seguito riportata.
Figura 7.3.2.1.10 - Tensioni S3-3 sul calcestruzzo
Anche in questo modello, come nel precedente non si raggiungono i
risultati desiderati, ed oltre a non avere una sufficiente rigidezza per
ripartire i carichi, non è garantito neanche il comportamento a cerniera.
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Figura 7.3.2.1.11 - Sollecitazioni sul calcestruzzo a seguito dello spostamento U1: modello con
piastra irrigidita
Figura 7.3.2.1.12 - Sollecitazioni sul calcestruzzo a seguito dello spostamento U2: modello con
piastra irrigidita
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Figura 7.3.2.1.13 - Tensioni di Vohn Mises per la sollecitazione di compressione: modello di
cerniera a piastra irrigidita
Si passa quindi al modello di cerniera a perno, dimensionato nel
paragrafo 7.3.2. Rimane da precisare il collegamento dell’asse del perno
con i denti dei pettini: esso avviene per mezzo dei link dello stesso tipo di
quelli con cui si collega la platea alla piastra (figura 7.3.2.1.14).
Figura 7.3.2.1.14 - Particolare del collegamento del perno
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Anche il modello di cerniera a perno ha avuto una evoluzione, che è
stata possibile sfruttando i risultati del modello tridimensionale. E’ stato
necessario infatti aumentare lo spessore della piastra di base, che è passato
dai 65 mm a 80 mm. La dimensione della piastra è cambiata ed è stata
portata a 820 mm nella direzione dell’anima e 750 mm ortogonalmente ad
essa; si è voluto in questo modo sfruttare l’ottima diffusione garantita dai
pettini inferiori nella loro direzione .
Anche gli irrigidimenti sono stati aumentati in spessore passando dai
30 ai 50 mm; questi infatti per come sono stati realizzati, oltre ad irrigidire
la piastra di base, ripartiscono parte del carico portato dai pettini inferiori
fino al bordo della piastra. E’ stato inoltre necessario introdurre degli
irrigidimenti anche per la piastra superiore , che aveva una inflessione
eccessiva sulla parte centrale, causando una concentrazione delle tensioni. Il
modello finale è visibile nella figura di seguito riportata:
Figura 7.3.2.1.15 - Modello 1 di cerniera a perno
L’andamento delle tensioni al contato piastra - calcestruzzo in questo
caso è notevolmente migliorata; infatti in questo caso quasi tutta la piastra
scarica in maniera piuttosto uniforme, con una ridotta porzione che
plasticizza perché raggiunge tensioni superiori ai 16 N/mm2
, ma
considerata accettabile allo stato limite ultimo.
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Figura 7.3.2.1.16 - Tensioni S33 sul cls dovute alla compressione:modello di cerniera a perno
Una volta verificato questo, si è potuto controllare se il collegamento
garantisse un comportamento a cerniera anche nella direzione ortogonale.
Si è potuto riscontrare in questo caso che anche questa requisito è
soddisfatto, osservando lo stato tensionale di seguito riportato per effetto
della combinazione Ex+0.3Ey
Figura 7.3.2.1.17 - Tensioni per effetto dello spostamento in sommità
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171
Nella figura successiva invece riportiamo le tensioni di Vohn Mises
sull’intero nodo. Tutti gli elementi risultano verificati.
Figura 7.3.2.1.18 - Tensioni SVM sull'intero nodo
Ultimo obiettivo, è stato quello di verificare la diffusione delle
tensioni nel volume di calcestruzzo per verificare la compatibilità dei valori
ottenuti con quelli resistenti del terreno. Questo ha portato a modificare
l’altezza del plinto da 1 m ad 1,5 m .
Figura 7.3.2.1.19 - Tensioni di Vohn Mises per la sollecitazione di compressione: modello di
cerniera a perno
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172
8. ANALISI DI PUSHOVER
L’analisi di pushover o analisi di spinta (letteralmente pushover
significa “spingere oltre”) è una procedura statica non lineare impiegata per
determinare il comportamento di una struttura a fronte di una determinata
azione(forza o spostamento) applicata.
Essa consiste nello “spingere” la struttura fino a che questa collassa o
un parametro di controllo di deformazione non raggiunge un valore limite
prefissato; la “spinta” si ottiene applicando in modo incrementale monotono
un profilo di forze o di spostamenti prestabilito. In sostanza l’analisi di
spinta è una tecnica di soluzione incrementale-iterativa delle equazioni di
equilibrio statico della struttura in cui la forzante è rappresentata dal sistema
di spostamenti o forze applicato.
L’analisi di spinta consente di definire un legame scalare forza-
spostamento caratteristico del sistema studiato, detto curva di capacità , che
permette di ricondurre la ricerca dello spostamento massimo di un sistema
soggetto ad una certa azione esterna a quella di un sistema SDOF equivalente.
Nel caso di sistemi SDOF l’analisi di spinta è particolarmente
intuitiva. Un sistema SDOF può essere idealizzato come una massa
concentrata m sorretta da un elemento privo di massa con rigidezza laterale
k e collegato ad un elemento (privo di massa e rigidezza) responsabile dello
smorzamento. La configurazione deformata (o campo di spostamento) del
sistema è definita quindi da un unico parametro che può identificarsi con lo
spostamento relativo della massa rispetto al suolo
Figura 8.1 - Modello meccanico semplificato
In questi semplici casi, l’analisi di spinta consiste nell’applicare alla
massa del sistema uno spostamento D o una forza F la cui intensità viene
gradualmente incrementata nella direzione dell’unico grado di libertà
disponibile. Il valore iniziale della forza o dello spostamento non ha
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173
ovviamente importanza. Le espressioni che definiscono la forzante (intesa
in senso generalizzato come forza o spostamento) possono esprimersi come:
D =αd
F = βf
Dunque, fissato arbitrariamente il valore di d o f, il fattore
moltiplicativo α o β viene gradualmente incrementato da zero fino ad un
valore finale che permetta di investigare il campo di risposta di interesse per
il sistema in esame. Ad ogni valore di α o β corrisponde quindi un valore di
D o F che rappresenta lo spostamento o la forza applicati alla massa del
sistema.
Il comportamento del sistema è definito da un legame forza-
spostamento in cui la forza coincide con il taglio alla base Vb e lo
spostamento con quello della massa Dt:
nel caso di analisi a forze imposte (F è la forza applicata ad m):
Vb = F e Dt = D
essendo D lo spostamento di m prodotto da F;
nel caso di analisi a spostamenti imposti (D è lo spostamento
applicato ad m):
Dt = D e Vb = F
essendo F lareazione vincolare risultante.
Nel caso di sistemi MDOF, l’approccio è simile con la differenza che
la struttura viene “spinta” applicando un profilo di forze o di spostamenti
orizzontali in corrispondenza di ciascun piano (Figura 3.2) e che, per
descrivere il comportamento dell’intero sistema in termini di legame forza-
spostamento, è necessario scegliere un solo parametro di forza ed un solo
parametro di spostamento. La scelta di tali parametri non è univoca e può
dar luogo a differenti legami forza-spostamento ossia a differenti legami
costitutivi del sistema SDOF equivalente detti curva di capacità. Solitamente,
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come parametri di forza e di deformazione, si selezionano il taglio alla base
e lo spostamento del baricentro dell’ultimo piano dell’edificio anche se, in
realtà, questa scelta non ha un preciso fondamento teorico ma è più
probabilmente un retaggio delle originarie applicazioni di questa tecnica
alle pile da ponte delle quali si monitorava, per ovvie ragioni, lo
spostamento in sommità. In effetti lo spostamento in sommità non sembra
essere sempre un parametro affidabile.
Figura 8.2 – Telaio tipo
In una analisi di spinta basata sugli spostamenti o sulle forze si
impone alla struttura, in modo incrementale, un profilo di spostamenti
D=(D1 D2 … Dj … Dn)T o di forze F=(F1 F2 … Fj … Fn)T a livello di piano che
possono essere definite da un vettore di forma d o f moltiplicato per un
fattore di scala α o β:
D =αd
F = βf
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175
dove d=(d1 d2 … di.. dn)T e Di=αdi è lo spostamento del piano i-esimo oppure
f=(f1 f2 … fi ... fn)T e Fi=βfi è la forza di piano i-esima. Per descrivere il
comportamento del sistema attraverso una legame scalare forza-
spostamento P-U (detto curva di capacità) si scelgono comunemente il
taglio alla base ed lo spostamento Dj del piano j-esimo come ad esempio
quello in sommità Dt:
U = Dj P = 1T F (3.5)
Considerando che l’obiettivo è di simulare la risposta dinamica della
struttura, sorge la questione se l’analisi di spinta debba essere condotta
applicando una sistema di spostamenti o di forze. Se la struttura avesse un
comportamento elastico lineare i due approcci condurrebbero agli stessi
risultati ma la presenza di effetti anelastici comporta una sensibile
differenza tra le due alternative.
Il risultato più immediato di un’analisi di pushover è la definizione
della curva di capacità (o curva di pushover) della struttura ossia della
curva forza-spostamento espressa, solitamente, in termini di taglio alla base
(Vb) e spostamento in sommità (Dt) (Figura 3.3) che rappresenta appunto la
capacità esibita dal sistema a fronteggiare unacerta azione esterna.
Considerando un sistema SDOF, l’andamento della curva di capacità dipende
dalla rigidezza k o dalla flessibilità k-1 del sistema che a loro volta dipendono
essenzialmente dalle caratteristiche geometriche e meccaniche del sistema e
sono funzioni non lineari rispettivamente dello spostamento e della forza
applicata al sistema:
F = k(D) oppure V b t = k (D)
D = k −1(F) oppure D t b = k −1 ( V )
In figura sono diagrammati i legami forza-spostamento ossia le curve
di capacità rappresentativi di tre
comportamenti emblematici caratterizzati da un iniziale comportamento
elastico lineare fino alla soglia di snervamento (rappresentato da un ramo
sostanzialmente lineare) seguito da un comportamento post-elastico non
lineare incrudente (i), perfetto (p) o degradante (d).
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176
Figura 8.3 – Andamenti curva di capacità
Nei casi analizzati successivamente, al fine di mettere in luce
maggiormente la tipologia di andamento della curva, si eseguirà sempre una
linearizzazione della curva di capacità. Questo processo viene eseguito,
secondo uno dei metodi prescritti dalla normativa,in particolare a quello
della equivalenza delle aree.
Nel caso più complesso, ma di maggiore interesse, di sistemi MDOF la
curva di capacità mostra andamenti
analoghi caratterizzati ancora da un tratto inizialmente rettilineo,
corrispondente al comportamento lineare a capacità di una struttura
dipende dalle capacità di resistenza e di deformazione dei suoi singoli
componenti.
La curva di capacità definisce la capacità della struttura
indipendentemente da qualsiasi specifica richiesta e quindi descrive le
caratteristiche intrinseche del sistema resistente; in altre parole è una sorta
di legame costitutivo semplificato della struttura.
Trattandosi di un legame scalare forza-spostamento il
comportamento del sistema MDOF viene così ricondotto sostanzialmente a
quello di un sistema SDOF che può ragionevolmente definirsi equivalente
dato che la curva di capacità è stata costruita tenendo conto del
comportamento dell’intero sistema MDOF.
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177
8.1 Analisi di un telaio piano
Nell’analisi di pushover della struttura,si devono considerare almeno
due distribuzioni di forze d’inerzia,come riportato nelle Norme
Tecniche,l’una ricadente nella distribuzione principale e l’altra nelle
distribuzioni secondarie.
Nello specifico,essendo la struttura non regolare in pianta ed in
altezza, il primo modo di vibrare non coinvolge una fattore di
partecipazione di massa superiore al 75%, perciò,è stato applicato un
sistema di forze principali corrispondente alla distribuzione dei tagli di
piano calcolati in una analisi dinamica lineare.
Come distribuzione secondaria di forze, le Norme richiedono che il
sistema abbia una distribuzione uniforme con l’altezza, da intendersi come
derivata da una distribuzione uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della
costruzione.
Figura 8.1.1 - Distribuzioni di forze telaio XZ
Figura 8.1.2 - Distribuzioni di forze telaio YZ
0
10
20
30
40
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
H (
m)
Telaio XZ
Accellerazione costante proporzionale ai tagli
0
10
20
30
40
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
H (
m)
Telaio YZ
Accellerazione costante prorzionale ai tagli
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178
L’analisi di pushover è stata eseguita dapprima su un telaio piano per
ciascuna delle due direzioni principali della struttura,successivamente,
come espressamente indicato dalle Norme Tecniche si è ricorso ad un
modello tridimensionale della struttura, per meglio cogliere l’effetto della
distribuzione spaziale della massa e delle rigidezze.
I due telai piani presi in considerazione sono quello all’ascissa X=30
m per quanto riguarda la direzione XZ, ed Y=82.5 per l’altra direzione
principale.
Questi due telai sono stati ritenuti più significativi per la valutazione
delle plasticizzazioni sugli elementi resistenti.
Figura 8.1.3 - Telaio XZ
Figura 8.1.4 -Telaio YZ
Per eseguire questo studio si è utilizzato il software di calcolo
strutturale Sap2000 (versione 14).
E’ noto, che per eseguire l’analisi di pushover, si devono individuare
preliminarmente nella struttura quali sono le componenti della stessa alle
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179
quali è affidato il compito di dissipare energia, ovvero fissare le cerniere
plastiche.
Questo tipo di approccio viene denominato a “plasticità concentrata”ed è
compito del progettista,individuare dove si potrebbero concentrare le
eventuali plasticizzazioni degli elementi strutturali.
Nello specifico si sono definite due tipi diversi di cerniere plastiche:
assiali : assegnate agli elementi di controventamento, i quali
lavorano a trazione-compressione e la cui plasticizzazione è
prevalentemente assiale;
a momento flettente: assegnate alle colonne, caratterizzate da sforzo
normale e momento flettente;
8.2 Definizione della cerniera plastica a sforzo assiale
La definizione delle cerniere plastiche ha dei passi standard da
eseguire che elenchiamo qui,ed eviteremo di farlo per le cerniere
successive.
Il legame che usiamo per definire la cerniera plastica è un legame rigido-
plastico perfetto. I valori da inserire nel Sap2000 per definirlo sono valori
normalizzati, per cui, ogni volta, dovremo inserire i valori di tensione e di
deformazione rapportati ai valori massimi che essi possono sopportare.
Il punto necessario a definire il grafico, che in prima istanza sarà
definito simmetrico,è evidentemente uno solo, la cui ascissa definisce il
rapporto tra la deformazione di snervamento e la deformazione ultima
dell’acciaio.
In questo caso,fissando per l’acciaio una deformazione ultima del
5%, per gli elementi soggetti prevalentemente a sforzi di trazione e
compressione, si definiscono in funzione del tipo di acciaio utilizzato, tre
valori del rapporto :
S235 : 47
S275 : 40
S355 : 31
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Il Sap2000 richiede più punti, ma essi sono punti intermedi utili a
definire solo i livelli associati ai diversi stati limite considerati. Nella
tendina di definizione delle cerniere (hinges), in basso a sinistra, possono
essere fissati ulteriori punti e mostrarli nel grafico. E’ stato fissato come
stato limite di “occupazione immediata”(IO) un punto subito successivo alla
soglia di snervamento (inizio ramo Plastico), come stato limite di
“prevenzione del collasso” (CP) un punto immediatamente precedente al
valore ultimo fissato e come stato limite di “salvaguardia della vita” (LS)
un valore intermedio tra i due.
Infine si definisce la dimensione e (successivamente) la posizione
della cerniera plastica: in questo caso, essendo una cerniera a sforzo assiale
ed essendo lo sforzo assiale costante su tutta la lunghezza del controvento,
essa potrà formarsi in qualsiasi parte dell’elemento per cui porremo, nella
tendina in alto a destra, alla voce relative length = 1 e definirne così la
dimensione.
La posizione scelta è a metà dell’elemento.
La figura successiva mostra tutte le grandezze.
Figura 8.2.1 – Tendina definizione cerniera plastica
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181
8.3 Definizione della cerniera plastica a momento
flettente (colonne)
La definizione delle cerniere plastiche flessionali, è più laboriosa, e
può essere affrontata in due diversi modi; definendo il diagramma
momento-curvatura della sezione e la lunghezza della cerniera plastica,
oppure il diagramma momento rotazione .
In entrambi i casi è necessario definire il dominio di interazione M-N della
sezione in esame.
Figura 8.3.1 - Dominio M-N
Nel caso specifico,sono stati definiti i due domini di interazione M-N
in presenza di flessione retta; quando invece si è proceduta ad una analisi di
pushover sul modello tridimensionale,si è definito il dominio di interazione
Mx-My-N. Le cerniere a momento flettente, inoltre, hanno una diversa
localizzazione rispetto a quelle assiali; esse infatti sono state concentrate
alla base e in testa a ciascuna colonna. La lunghezza della cerniera plastica
è stata assunta pari all’altezza della sezione dell’elemento. E’ stato
necessario definire una diversa cerniera plastica per ciascun profilo
utilizzato. Di seguito si riporta il foglio Excel, con il quale si sono calcolati
i domini di interazione.
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182
Di seguito si riporta come sono state definite in Sap2000 queste cerniere.
Profilo: HEM 300 Acciaio: S 355
H = 340 mm altezza della sezione f tk = 510 N/mm2
B = 310 mm larghezza delle ali f yk = 355 N/mm2
t f = 39 mm spessore delle ali E s = 210000 N/mm2
t w = 21 mm spessore dell'anima γ M0 = 1.05
A = 29682 mm2area della sezione f yd = 338 N/mm2
M pl,Rd = 1352 KN*m momento resistente plastico
N pl = 10035 KN sforzo normale di plasticizzazione
a = 0.19 parametro di sezione
Momento resistente
effettivo
N Rd (KN) M N,Rd (KN*m)
0 1352
418 1352
836 1352
1254 1304
1673 1242
3345 994
5018 745
6690 497
8363 248
10035 0
0.33
0.50
0.67
0.83
1.00
0.17
Dominio M3-N
Flessione semplice asse forte
Trazione o compressione semplice
Interazione M-N
Sforzo normale
adimensionalizzato
n
0.00
0.04
0.08
0.13
tensione di snervamento di design
Diagramma di interazione M-N per un elamento in acciaio a doppio T (Classe 1)
tensione caratteristica di rottura
tensione caratteristica di snervamento
modulo elastico
coefficiente di materiale
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
0 2000 4000 6000 8000 10000 12000
MN,Rd (KN*m)
NRd (KN)
Dominio M3-N
M pl,Rd = 643 KN*m momento resistente plastico
N pl = 10035 KN sforzo normale di plasticizzazione
a = 0.19 parametro di sezione
Momento resistente
effettivo
N Rd (KN) M N,Rd (KN*m)
0 643
418 643
836 643
1254 643
1673 643
3345 622
5018 547
6690 419
8363 236
10035 0
0.50
0.67
0.83
1.00
0.00
0.04
0.08
0.13
0.17
0.33
n
Dominio M2-N
Flessione semplice asse debole
Trazione o compressione semplice
Interazione M-N
Sforzo normale
adimensionalizzato
0
100
200
300
400
500
600
700
0 2000 4000 6000 8000 10000 12000
MN,Rd (KN*m)
NRd (KN)
Dominio M2-N
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183
Figura 8.3.2 - Tendina per definizione di una cerniera a presso-flessione
Figura 8.3.3 - Tendina per definizione del dominio M-N
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184
Si passa ora a mostrare l’analisi di pushover vera e propria al fine di
ottenere la curva di capacità della struttura analizzata e visualizzare così
quali sono i meccanismi di collasso che la contraddistinguono.
L’analisi viene eseguita impostando in successione i seguenti scenari
di carico:
1) Si imposta un primo “load case” , che chiamiamo push-v ,di analisi non
lineare a Load control per carichi verticali. Come carico è stato
impostato il peso proprio (arbitrario).
Figura 8.3.4 – Load case del pushover
2) Si crea un successivo caso di analisi non-lineare, chiamato push , che
avrà come base di partenza il precedente e si riferirà ad uno scenario di
carico orizzontale appositamente definito. Questo caso sarà a
displacement control e si fisserà un valore di spostamento ultimo pari al
3% dell’altezza dell’altezza della struttura.
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185
Figura 9.10 – Load case del pushover
E’ opportuno precisare che questo tipo di analisi, per come sono
concepite, si allontanano dalla realtà poiché attribuiscono alle strutture di
raggiungere dei livelli di spostamento che nella realtà non sarebbero in
grado di sostenere. Si dovrà tener conto di questa considerazione nella
valutazione dei risultati ottenuti.
Si analizzano di seguito diversi modelli. Nella prima parte si mettono
in mostra le differenze delle curve di capacità associate a modelli in cui
vengano o meno introdotte tutte le cerniere. Questa prima fase ha lo scopo
di individuare quale sia lo schema di dissipazione che caratterizza
maggiormente la struttura. Per intenderci, qualora i meccanismi di
dissipazione interessino solo gli elementi a sforzo normale si può pensare di
non considerare ( e quindi non inserire nel modello ) gli ulteriori
meccanismi che, seppur possibili, non si instaurano. Questa valutazione può
esser fatta controllando che le sollecitazioni associate agli elementi che
consideriamo non dissipativi, siano contenute entro limiti di
plasticizzazione; se così non fosse, allora non si potrà fare a meno di
considerarli. Nella parte successiva, una volta trovato il miglior modello di
riferimento, si svolge un’analisi di ottimizzazione, in modo da ottenere
soluzioni che migliorino la duttilità della struttura. Si riportano e
commentano i risultati associati a diversi modelli.
8.4 Analisi sul telaio XZ
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186
8.4.1 Modello 1: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei
controventi e a momento flettente nelle colonne (telaio XZ)
Il primo modello è stato quello proveniente dal dimensionamento in
campo elastico degli elementi strutturali, ai quali sono state applicate
cerniere assiali nei controventi e a momento flettente nelle colonne. Per le
travi si sono escluse la formazioni di plasticizzazioni.
In questo caso, si è ottenuta per la direzione XZ la curva di capacità
di seguito riportata:
La duttilità della struttura, ottenuta linearizzando la curva reale come
riportato nelle Norme Tecniche, sarebbe pari a:
DUTTILITA’ = du/dy = 13.19
Tuttavia, questo buon risultato ottenuto, non è avvalorato dalle
osservazione del meccanismo di plasticizzazione che coinvolge la struttura;
si osserva infatti la comparsa di cerniere plastiche nelle colonne del primo
piano con la formazione di una meccanismo di piano debole. I controventi
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
80000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io a
lla b
ase
(K
N)
spostamento (m)
Curve di capacità (TELAIO XZ)
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187
dei piani superiori rimangono in campo elastico, causando una non
distribuita plasticizzazione.
La duttilità cosi ottenuta non può essere considerata attendibile, in quanto si
tratta di uno spostamento localizzato al primo piano.
Di seguito si riporta l’andamento delle plasticizzazioni nel telaio XZ.
Figura 8.4.1.1 - Andamento delle plasticizzazioni telaio XZ
8.4.2 Modello 2: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei
controventi e a momento flettente nelle colonne (telaio XZ)
Nel passo successivo l’obiettivo è stato quello di garantire una più
omogenea distribuzione delle plasticizzazioni in altezza. Si sono perciò
ridotte le sezioni dei controventi posizionati nei piani più alti della struttura,
modificati i profili delle colonne dei primi tre piani che sono passati da HE
360 M a HD400x314 e da HE 300 B a HE 300 M. L’utilizzo dei profili HD
si è dimostrato particolarmente utile essendo dotati di una maggiore inerzia
nella direzione debole della colonne a parità di area. In questo modo si sono
ridotti la formazione di meccanismi di plasticizzazione che coinvolgessero
le colonne.
Di seguito si riporta la curva di capacità:
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188
DUTTILITA’ = du/dy = 7.95
Si osserva, dopo aver cambiato i profili dei controventi un
incremento significativo della resistenza del telaio e una diffusa
plasticizzazione come evidenziato nella immagine di seguito riportata.
Tuttavia il meccanismo che porta a collasso la struttura è ancora legato alla
formazione di cerniere plastiche nelle colonne prima di un completo
sfruttamento delle capacità dissipative e deformative dei controventi.
Figura 8.4.2.1 - Andamento delle plasticizzazioni telaio XZ
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
80000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io a
lla b
ase
(K
N)
spostamento (m)
Curve di capacità (TELAIO XZ)
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189
8.4.3 Modello 3: Modellazione della instabilità per i controventi
compressi
Nel modello successivo, avendo come obiettivo quello di far
plasticizzare maggiormente gli elementi di controventamento prima della
nascita di cerniere sulle colonne, si è deciso di incernierare le travi alle
colonne. Questa scelta, che nella fase precedente del progetto era stata
scartata con l’obiettivo di irrigidire il pacchetto solaio, diventa in questo
importante per evitare di utilizzare per le colonne profili maggiorati con il
solo scopo di ritardare la plasticizzazione sulle stesse. La presenza infatti di
due travi binate molto rigide e l’assunzione che le plasticizzazione sulle
stesse difficilmente preceda quella sui pilastri, si muove in contrasto con il
principio della gerarchia delle resistenze. Si decide perciò di incernierare le
travi.
In questo modello inoltre modella anche l’instabilità dei controventi
compressi. Come primo approccio si fissa pari a 0.3xFy la resistenza a
compressione dei controventi compressi.
Si riporta di seguito una schermata del Sap2000.
Figura 8.4.3.1 - Definizione della cerniera assiale simmetrica
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190
La curva di capacità di seguito riporta mostra una riduzione della
resistenza dovuta alla modellazione della instabilità ed ramo plastico molto
prolungato nel quale si è beneficiato della scelta di incernierare le travi.
DUTTILITA’ = du/dy = 11.65
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
80000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io a
lla b
ase
(k
N)
spostamento (m)
Curve di capacità (TELAIO XZ)
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
80000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io a
lla b
ase
(kN
)
spostamento (m)
Curve di capacità
cerniere simmetriche(travi incastrate) instabilità(travi incernierate)
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191
Di seguito si riporta la distribuzione delle plasticizzazioni sul telaio. In
questo step la struttura si trasforma in un cinematismo,mostrando
comunque lo sfruttamento completo di alcuni controventi e della comparsa,
solo all’ultimo step delle cerniere alla testa delle colonne del piano terra.
Figura 8.4.3.2 - Andamento delle plasticizzazioni telaio XZ
8.4.4 Modello 4: Modellazione con picco della instabilità per i
controventi compressi
In questo modello si è voluto modellare un comportamento più
realistico per il fenomeno della instabilità.
Si mette in mostra come è stato definito il comportamento della
cerniera plastica che sarà non simmetrico e presenterà, nel ramo a
compressione, un andamento fragile, tipico dell’instabilità.
La definizione della cerniera plastica è riassunta in figura. Si nota la
dissimmetria del grafico e il carattere fragile dell’instabilità.
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192
Figura 8.4.4.1 – Cerniera plastica a sforzo normale con Instabilità
La costruzione del ramo negativo avviene essenzialmente
individuando un punto: il punto B-. Per come è definito, esso è dato dal
rapporto tra i valore del carico critico di instabilità e quello di snervamento.
Dalla letteratura il carico critico è definito dalla formula
dove EI rappresenta la rigidezza flessionale della sezione ed l0 la lunghezza
di inflessione dipendente dal grado di vincolo cui è soggetto l’elemento.
Si è valutato il carico di buckling del controvento compresso.
Ne consegue che
Il valore da inserire come ordinata del punto B- è 0.83
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193
Tabella 8.4.4.A - Determinazione del carico critico per i controventi
Passiamo ora alla valutazione dell’analisi:
Figura 8.4.4.2 - Andamento delle plasticizzazioni telaio XZ
Il limite di questa modellazione è rappresentato dalla incapacità del
solutore di trovare un meccanismo di collasso della struttura. La
complessità del modello e la maggiore richiesta computazionale non
permettono di convergere verso una soluzione. Per valutare questo si è
deciso provare su un modello semplice costituito da un telaio due piani e
due campate. Su questo modello il solutore è in grado di convergere ad una
soluzione.
Figura 8.4.4.3 - Modello di prova
ACCIAIO S235
fyk 235
fyd 223.8 N/mm2
E 210000 N/mm2
γM1 1.05
D s A I Ltot β Leff Pcr Py λ Ф χ Nb,rd Nb,rd/Py
mm mm mm2 mm4 m m KN KN KN
168.3 5 2565.1 8558456 5.2 1 5.2 656.0 574.1 1.0 1.0 0.7 398.6 0.69
177.8 6 3238.4 11962171 10.25 0.45 4.6 1165.3 724.8 0.8 0.9 0.8 573.3 0.79
219.1 8 5305.5 29596329 10.25 0.5 5.1 2335.4 1187.4 0.7 0.8 0.8 989.0 0.83
219.1 10 6569.1 35984390 10.95 0.45 4.9 3071.7 1470.2 0.7 0.8 0.8 1240.2 0.84
244.5 8 5943.9 41604467 10.25 0.45 4.6 4053.1 1330.3 0.6 0.7 0.9 1190.4 0.89
273 8 6660.2 58517143 5.5 1 5.5 4009.4 1490.6 0.6 0.7 0.9 1312.3 0.88
273 10 8262.4 71540925 10.25 0.45 4.6 6969.5 1849.2 0.5 0.7 0.9 1692.8 0.92
323.9 10 9861.5 1.22E+08 10.95 0.45 4.9 10378.6 2207.1 0.5 0.6 0.9 2058.3 0.93
323.9 10 9861.5 1.22E+08 5.5 1 5.5 8330.4 2207.1 0.5 0.7 0.9 2020.7 0.92
219.1X10
323.9X10
273X8
273X10
323.9X10
244.5X8
TIPO
168.3X5
177.8X6
219.1X8
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194
Si è perciò deciso di rinunciare a cogliere in maniera più dettagliata
l’andamento delle plasticizzazioni in seguito ad una più realistica
modellazione del fenomeno della instabilità.
8.4.5 Modello 5: Modello finale per il telaio XZ
Prima di raggiungere il modello finale si è voluto valutare quando
influisse sulla curva di capacità lo stato tensionale di compressione causata
dai carichi verticali sui controventi.
Questi infatti sono stati progettati per resistere esclusivamente alla
sollecitazioni indotte dalle azioni orizzontali,mentre, i carichi verticali sono
portati esclusivamente dalle colonne. Nel modello invece si osserva che i
controventi, specialmente quelli dei primi due piani, risultano caricati in
maniera importante per effetto carichi verticali, con ovvio svantaggio per i
controventi resistenti a compressione.
In questo caso, per annullare il suddetto stato tensionale sui
controventi, si è applicato in questo un ΔT negativo. Questo procedimento è
stato applicato su un modello semplificato e poi sulla intera struttura.
Per il modello in questione, si è monitorato lo spostamento di un
nodo del primo e del secondo piano, al variare dello step di carico. Si sono
poi confrontati questi spostamenti in corrispondenza dello stesso taglio al
piede, cioè della stessa forza applicata.
Figura 8.4.5.1 - Nodo del secondo piano
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0 5 10 15 20
Spo
stam
ento
(m
)
Stepsenza scarico con scarico
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195
Figura 8.4.5.2 - Nodo del primo piano
Si osserva dai due modelli che lo stesso taglio al piede si misura con uno
step di scarto tra i due.
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0 5 10 15 20
Spo
stam
ento
(m
)
Step
senza scarico con scarico
-4500
-4000
-3500
-3000
-2500
-2000
-1500
-1000
-500
0
0 5 10 15 20
Tagl
io a
l pie
de
(K
N)
Step
senza scarico con scarico
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Riportando lo scarto percentuale tra il taglio al piede in corrispondenza
dello step i del modello “con scarico” e dello step j del modello “senza
scarico” (i<j) si osserva una quasi totale coincidenza dei tagli. Si sono a
questo punto confrontati gli spostamenti dei due nodi monitorati in
corrispondenza della stessa forza applicata, osservando uno scarto massimo
del 5,3% per i nodi del primo piano e del 1.2% per quelli del secondo piano.
Si può concludere dicendo che si osserva a parità di forza applicata una
diversa distribuzione delle plasticizzazioni sugli elementi strutturali.
Di seguito si riporta il confronto grafico tra la distribuzione delle
plasticizzazioni nei due modelli in corrispondenza dello stesso
moltiplicatore delle forze applicate.
STEP 4 – “ SENZA SCARICO “ STEP 3 – “ CON SCARICO “
STEP TAGLIO STEP TAGLIO Δi-i Δi-j
0 0 0 0
1 -3558 1 -3414 4% 0.0%
2 -3977 2 -3557 12% -0.3%
3 -3475 3 -3987 -13% -0.1%
4 -3551 4 -3478 2% -0.2%
5 -3732 5 -3557 5% -0.1%
6 -3760 6 -3737 1% -0.1%
7 -3760 7 -3765 0% -0.1%
8 -3760 8 -3765 0% -0.1%
9 -3752 9 -3765 0% -0.2%
10 -4001 10 -3758 6% -4%
11 -4144 11 -4151 0% 10%
12 -3777 12 -3781 0% -2%
13 -3843 13 -3849 0%
14 -1862 14 -1879 -1%
15 -1699
16 -1482
CON SCARICO SENZA SCARICO
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STEP 5 – “ SENZA SCARICO “ STEP 4 – “ CON SCARICO “
STEP 5 – “ SENZA SCARICO “ STEP 4 – “ CON SCARICO “
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198
Si osserva che il cinematismo di collasso nei due modelli è lo stesso, e
questo si legge anche chiaramente nelle due curve di capacità che risultano
identiche.
Acquisiti questi risultati, ed essendo interessati a valutare anche la
temporaneità con cui si verificano le plasticizzazioni, abbiamo assegnato
dei ΔT a tutti i controventi compressi. La curva di capacità finale, ottenuta
per il telaio in direzione XZ, ottenuta ottimizzando le sezioni delle colonne
è di seguito riportata. In questo caso, pensando le travi incernierato si sono
potuti ridurre i profili delle colonne HD 400X314 che sono diventati HD
400X288.
Figura 8.4.5.3 - Curva di capacità con forze proporzionali ai tagli
DUTTILITA’ = du/dy = 12.09
0
1000
2000
3000
4000
5000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80
Tagl
io (
KN
)
spostamento (m)
Curve di capacità (TELAIO XZ)
senza scarico con scarico
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
80000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io a
lla b
ase
(K
N)
spostamento (m)
Curve di capacità (TELAIO XZ)
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199
Figura 8.4.5.4 - Curva di capacità con forze proporzionali alle masse
DUTTILITA’ = du/dy = 11.03
Di seguito si riporta l’andamento delle plasticizzazioni all’ultimo step.
Figura 8.4.5.5 - Andamento delle plasticizzazioni telaio XZ
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
80000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io a
lla b
ase
(K
N)
spostamento (m)
Curve di capacità (TELAIO XZ)
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200
8.4.6 Modello 6: Effetti del secondo ordine
Si è tenuto conto degli effetti del secondo ordine. Di seguito si
riporta la curva di capacità ottenuta impostando l’analisi non lineare con
effetti P – Δ.
DUTTILITA’ = du/dy = 5.54
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
80000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io (
KN
)
spostamento (m)
Curve di capacità (TELAIO XZ)
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
80000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io (
KN
)
spostamento (m)
Curve di capacità (TELAIO XZ)
EFFETTI P-DELTA SENZA EFFETTI P-DELTA
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201
8.5 Analisi sul telaio YZ
8.5.1 Modello 1: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei
controventi e a momenti flettente nelle colonne (telaio YZ)
Nella analisi di pushover sul telaio YZ il primo modello è stato
quello proveniente dal dimensionamento in campo elastico degli elementi
strutturali, ai quali sono state applicate cerniere assiali nei controventi e a
momento flettente nelle colonne.
Dal punto di vista strutturale, questa direzione della struttura è meno
iperstatica; le colonne infatti non sono collegate da travi. Nel modello, il
solaio rigido è stato riprodotto introducendo un vincolo di diaframma tra i
nodi dello stesso piano.
La curva di pushover ottenuta in prima istanza è di seguito riportata:
DUTTILITA’ = du/dy = 11.18
La risposta della struttura mostra un ramo lineare fino alla fine del
terzo step quando sono già elasticizzati i controventi compressi ma non
ancora quelli tesi. A partire dal quarto step iniziano a diffondersi le
plasticizzazioni su tutti i controventi; la curva non mostra più incrementi di
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
14000
16000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io (
KN
)
spostamento (m)
Curve di capacità (TELAIO YZ)
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202
resistenza e il proseguo è accompagnato da un ramo duttile fino alla
spostamento di 1 m.
Di seguito si riporta l’andamento delle plasticizzazioni all’ultimo step.
Figura 8.5.1.1 - Andamento delle plasticizzazioni telaio YZ
8.5.2 Modello 2: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei
controventi e a momento flettente nelle colonne (telaio YZ)
In questo modello sono state modificati gli elementi strutturali per
rendere congruenti le scelte operate nei due telai ortogonali.
Nello specifico sono state sostituite le colonne HE 360 M con le HD
400X288, le HE 300 M con le HD 400X262 e le HE 300 B con le HE 300
M. Inoltre sono stati modificati i profili dei controventi del primo piano che
sono passati da 273x8 S235 a 323.9x10 S275 e da 219.1x8 sempre a
323.9x10 S275. Sono state ridotte invece le dimensioni dei controventi
degli ultimi piani che sono passati da 244.5x8 a 219.1x8.
Attraverso questa variazione dei profili si è ottenuta un incremento
significativo della resistenza con una diffusa distribuzione delle
plasticizzazioni.
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203
DUTTILITA’ = du/dy = 8.64
Di seguito si riporta il confronto tra i due modelli dai quali si evince il
significativo aumento di resistenza, accompagnato comunque da una ottima
duttilità.
Le due curve presentano comunque lo stesso andamento.
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
14000
16000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io a
lla b
ase
(K
N)
spostamento (m)
Curve di capacità (TELAIO YZ)
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
14000
16000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io (
KN
)
spostamento (m)
Curve di capacità (TELAIO YZ)
modello iniziale modello 1
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204
Figura 8.5.2.1 - Andamento delle plasticizzazioni telaio YZ
8.5.3 Modello 3: Modellazione della instabilità per i controventi
compressi
In questo caso, come già fatto precedentemente per il telaio XZ, si è
modellato il fenomeno della instabilità per i controventi compressi.
La curva di capacità ottenuta è di seguito riportata. Essa presenta un
andamento del tutto simile a quello ricavato nelle modellazioni precedenti,
con una riduzione della resistenza dell’ordine del 20%.
La duttilità rimane comunque importante e pari a:
DUTTILITA’ = du/dy = 8.68
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
14000
16000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io (
KN
)
spostamento (m)
Curve di capacità (TELAIO YZ)
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205
8.5.4 Modello 4: Effetti del secondo ordine
Si è tenuto conto degli effetti del secondo ordine. Di seguito si riporta la
curva di capacità ottenuta impostando l’analisi non lineare con effetti P – Δ.
DUTTILITA’ = du/dy = 2.97
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
14000
16000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Curve di capacità
instabilità cerniere simmetriche
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
14000
16000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io a
lla b
ase
(K
N)
spostamento (m)
Curve di capacità (TELAIO YZ)
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206
Valutando gli effetti del secondo ordine la curva di capacità mostra
un ramo plastico meno importante, infatti la duttilità si riduce
significativamente. Questi effetti sono più significativi in questa direzione
della struttura vista la minore iperstaticità della stessa. Questo comporta
infatti un incremento di sollecitazione nei controventi del terzo e quarto
inducendo la formazione di un meccanismo proprio in corrispondenza di
questo piano.
8.6 Analisi tridimensionale
8.6.1 Modello 3D
Come richiesto dalle Norme Tecniche, il pushover è stato eseguito in
ultima istanza sul modello tridimensionale. In questo caso è stato necessario
modificare le cerniere plastiche delle colonne, introducendo i domini di
interazione P-M2-M3.
Di seguito si riporta come sono state definite le varie grandezze
nello strumento di calcolo Sap 2000.
Figura 8.6.1.1 - Definizione dominio M-N tridimensionale
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207
Figura 20 - Definizione cerniera plastica a presso-flessione deviata
Nel modello tridimensionale sul quale è stata eseguita l’analisi di
pushover sono stati inseriti nei due telai modellati precedentemente, le
sezioni che scaturiscono dalla analisi di pushover piana e negli altri le
sezioni provenienti dal dimensionamento elastico.
Nel modello 3D, il solaio non è stato modellato, introducendo un
vincolo di diaframma rigido per l’intero piano e assegnando i carichi come
uniformemente distribuiti alle travi.
Come risulta visibile nelle curve riportate di seguito, il
comportamento globale della struttura è significativamente diverso da
quello ottenuto nelle precedenti analisi sul singolo telaio. Il comportamento
globale infatti è fortemente influenzato dalla discontinuità di massa e di
rigidezza che si riscontra tra il terzo e il quarto piano, inducendo in questo
caso il formarsi di un meccanismo di piano localizzato, prima della
plasticizzazione dei controventi dei piani più bassi .
Questo mostra come, per strutture non dotate di sistemi resistenti
omogenei e non costanti in massa e rigidezza sia importante ricorrere a
modelli globali.
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208
0
50000
100000
150000
200000
250000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io a
lla b
ase
(K
N)
spostamento (m)
Curve di capacità (3D) XZ
0
50000
100000
150000
200000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io (
KN
)
spostamento (m)
Curve di capacità (3D) YZ
Variando i profili delle colonne e dei controventi, utilizzando per le
colonne i profili HD e introducendo dei controventi più rigidi in
corrispondenza del 3 e del quarto piano, dove si registrava il maggior drift
tra le colonne dei piani inferiori e superiori, si sono ottenute le curva di
capacità di seguito riportate:
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209
DUTTILITA’ = du/dy = 2.52
0
50000
100000
150000
200000
250000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io a
lla b
ase
(K
N)
spostamento (m)
Curve di capacità (3D) YZ
DUTTILITA’ = du/dy = 5.59
0
50000
100000
150000
200000
250000
300000
350000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io (
KN
)
spostamento (m)
Curve di capacità (3D) XZ
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210
Nella struttura è stato introdotto in corrispondenza del telaio ad
X=105 m un giunto di dilatazione realizzato attraverso gli shock trasmitters,
per mezzo dei quali la struttura sotto azioni orizzontali si comporta come un
unico edificio. In questo caso, modellare tutto il solaio attraverso un unico
vincolo di diaframma, può comportare
Si è ritenuto fosse più corretto introdurre per le due porzioni di
struttura due vincoli di diaframma e applicare le forze, opportunamente
scalate, in corrispondenza del master joint.
Le curve di pushover sono riportate di seguito e confrontate con
quelle della precedente modellazione.
0
50000
100000
150000
200000
250000
300000
350000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io (
KN
)
spostamento (m)
Curve di capacità (3D) XZ
0
50000
100000
150000
200000
250000
0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00
Tagl
io a
lla b
ase
(K
N)
spostamento (m)
Curve di capacità (3D) YZ
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211
APPENDICE A
Teoria della plasticità
Si può spiegare il concetto di “cerniera plastica” considerando una
trave semplicemente appoggiata soggetta ad un carico concentrato nella
mezzeria.
Le ipotesi di base sono:
- conservazione delle sezioni piane
- piccoli spostamenti
- legame costitutivo di Prandtl
- assenza di instabilità.
Lo stato tensionale presente nella sezione maggiormente sollecitata, di
mezzeria, è caratterizzato dal un andamento a farfalla delle tensioni e delle
deformazioni, con valori massimi in corrispondenza delle fibre superiore
ed inferiore della sezione. Il valore delle tensioni massime dipendono
dall’intensità della sollecitazione flessionale indotta dal carico esterno
secondo la relazione:
eW
Mmax
Al crescere del momento la tensione massima ai lembi esterni della
sezione raggiunge il valore di snervamento, definito come limite elastico e
la sezione inizia a plasticizzarsi.
Questo fa sì che, al crescere ulteriore della forza esterna, nelle fibre
che per prime hanno raggiunto la tensione plasticizzazzione, si mantenga
costante il livello di tensione e pari alla tensione di snervamento, mentre il
valore della tensione continua a crescere nelle fibre adiacenti.
Al generico istante t, la distribuzione delle tensioni all’interno della
sezione, indotta dal carico P(t) crescente in modo lineare con il tempo, sarà
caratterizzata da un nucleo interno ancora in campo elastico, detto appunto
“nucleo elastico”, al di sopra ed al di sotto del quale le fibre mantengono
una tensione costante pari a quella di snervamento.
L’entrata in campo plastico consente allora di considerare come
momento resistente massimo della sezione il valore
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212
ZM p 0
dove Z è il modulo plastico della sezione, e ζ0 è la tensione limite di
snervamento del materiale. Tale momento può provocare nell’asta una
curvatura molto grande, ed in teoria addirittura infinita.
.
FiguraA.21: Cerniera plastica
.
Quando la sezione maggiormente sollecitata risulta completamente
plasticizzata, ovvero raggiunge la sollecitazione flettente Mp, in tale
sezione la sollecitazione si mantiene costante mentre continua a crescere in
quelle adiacenti. La lunghezza della zona plasticizzata della trave può esser
facilmente calcolata, ipotizzando un fattore di forma della sezione α=e
p
M
M
=1,14 (valore ragionevole per sezioni di questo tipo):
lM
MMll
p
ep123,0
Nella zona elasticizzata, le tensioni rimangono costanti, come detto,
mentre la curvatura cresce indefinitamente fino al raggiungimento del
valore ultimo di rottura. Questo corrisponde idealmente alla formazione di
una cerniera che rimane rigida fintanto che M<Mp, nota come cerniera
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213
plastica. In tal modo si concentra in un punto la plasticità dell’elemento
dato che la lunghezza della zona plasticizzata è molto minore della luce
della trave.
Rispetto ad una cerniera strutturale, la cerniera plastica presenta due
differenze:
Pur consentendo delle rotazioni relative tra i due tratti contigui di
trave, essa trasmette un momento costante pari a ±Mp.
E’ cerniera unidirezionale, può ruotare solo nel verso di
plasticizzazione, vale a dire compatibilmente col segno del momento
flettente.
Se si considera a livello globale la struttura, in particolare la trave
vista precedentemente, si può capire l’effetto della formazione della
cerniera plastica. Infatti se la struttura è vincolata in modo isostatico,
ovvero ha un numero di vincoli pari ai gradi di libertà che essa
possiede, la formazione della cerniera plastica produce una
labilizzazione della struttura che raggiunge dunque il collasso.
Questo fa capire allora che, in campo elasto-plastico, quanto più la
struttura risulta iperstatica quanto maggiore sarà la sovra resistenza
fornita. Il collasso della struttura infatti, perverrà solo dopo che si
saranno formate un numero di cerniere plastiche pari al suo grado di
iperstaticità più uno, o posizionate in modo tale da renderla un
meccanismo.
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214
ESERCITAZIONE 1
Si consideri una struttura costituita da tre aste vincolate all’estremità
superiore mediante cerniere, tutte convergenti nel nodo “o” come indicato
in figura:
FiguraA. 22: Geometria del sistema
Le caratteristiche del sistema sono:
Geometria:
- la lunghezza dell’asta centrale, n°1, è di 5m e l’angolo formato tra
questa ed entrambe le aste adiacenti è di 45°.
- la sezione delle aste è circolare, con raggio 5 cm
Materiale (Acciao):
- tensione caratteristica fyk=235 N/mm2
- modulo di Young E=210000 N/mm2
- deformazione ultima u = 5%
E’ richiesto di confrontare il carico ultimo ed i diagrammi forza-
spostamento ottenuti mediante il procedimento analitico e mediante il
programma di calcolo Sap2000.12.
Metodo degli spostamenti (metodo analitico):
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215
FiguraA. 23: Configurazione deformata
Si applichi uno spostamento verso il basso al vertice in comune tra le
tre aste pari a δ in direzione verticale (vedi figura 3); questo produrrà nelle
tre aste degli sforzi che tenderanno a riportare il sistema nella
configurazione indeformata:
E’ possibile scrivere le equazioni di equilibrio nella cerniera di
vertice:
Le due equazioni risolventi del problema saranno:
Considerando la struttura in campo elastico (ζ < ζr), si avranno degli
sforzi di trazione nelle aste pari a:
EAF1
1322
1
4cos
2F
EAFF
221 FFP
21
21
2
2
FF
FFP
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216
Nell’asta centrale raggiunge un valore di tensione pari al doppio
delle due aste adiacenti.
Al limite del campo elastico, cioè quando l’asta centrale raggiunge il
valore di plasticizzazione ζr, le altre due aste si muovono ancora lungo il
tratto elastico; il massimo valore di carico P applicabile alla struttura tale
che sia raggiunto il massimo valore di tensione il campo elastico è:
Superato il primo valore di snervamento, l’asta centrale comincerà a
muoversi lungo il tratto di curva plastico che, dato il modello elasto-plastico
perfetto, porta ad incrementi di spostamento senza incrementi di tensione.
La conseguenza di questo comportamento è che ulteriori incrementi di
carico andranno ad interessare solo le due aste inclinate fino al momento in
cui, anche queste, non raggiungeranno il valore della tensione di
snervamento.
Il valore del carico applicato per portare a snervamento tutte e tre le aste è:
DATI
222
PF
22
21
PF
rAF1
re A
P
22
2
2
21re AP
22
rcr
APAF
)12(rc AP
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217
Geometria L 5 m
B 5 m
sezione circolare
d 0,1 m
A 0,007854 m2
45 deg
Materiale fyk 235000 kPa
E 210000000 kPa
el 0,001119
u 0,05
Carichi P 4500 kN
Tabella A.1: Dati del problema
DETERMINAZIONE DEL CARICO CRITICO
Sforzi assiali NOA 2636,039 kN
NOB 1318,0195 kN
NOC 1318,0195 kN
a_ Determinazione dei limiti elastici
Sforzi assiali NOA 1845,6857 kN
Limiti elastici Pel 3150,7825 kN
el 0,0055952 m
per P=Pel NOB 922,84284 kN
NOC 922,84284 kN
b_ Determinazione dei limiti ultimi
Sforzi assiali NOA 1845,6857 kN
NOB 1845,6857 kN
NOC 1845,6857 kN
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218
Limiti ultimi Pcr 4455,8794 kN
cr 0,0111905 m
c_ Incremento di resistenza e duttilità
Pcr/Pel 41,4%
cr/ el 100%
d_Curva P-
P
kN m
0 0
Limite elastico 3150,7825 0,0055952
Limite plastico 4455,8794 0,0111905
4455,8794 0,0447619
e_Curva di scarico
P -4455,8794 kN
Sforzi assiali NOA -2610,194 kN
NOB -1305,097 kN
NOC -1305,097 kN
Sforzi assiali res NOA,res -764,508 kN
NOB,res 540,58882 kN
NOC,res 540,58882 kN
P
kN m
Curva di scarico 4455,8794 0,0111905
-764,50804 0
Tabella A.2: Determinazione del carico critico
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219
Figura A.24: Confronto dei risultati
Analisi statica non lineare di tipo incrementale:
Per lo svolgimento dell’analisi incrementale si è usato il
SAP2000.12.
Per prima cosa è stata definita la geometria e il materiale rispettando
la sezione e le caratteristiche del materiale, i vincoli esterni ed interni, la
lunghezza delle aste.
Il secondo passo è stato quello di definire le cerniere plastiche di tipo
estensionale, secondo il legame indicato nel testo.
Il programma di calcolo permette di inserire negli elementi frame
delle cerniere plastiche puntuali; occorre quindi sapere già da prima dove si
formerà la cerniera plastica così da posizionarla nel punto preciso. Nel caso
considerato, essendo le sezioni costanti, verranno inserite nella mezzeria di
ogni asta.
Le cerniere plastiche vengono definite, come mostrato nella seguente
figura, con un legame elasto-plastico perfetto avente ramo plastico deve
essere perfettamente orizzontale. A tal fine viene richiesto di definire
diversi punti individuati da delle lettere dalla A alla E; ognuna di questi
definisce uno stato preciso nel legame costitutivo:
- Il punto A indica l’origine,
- Il punto B rappresenta lo snervamento. Non serve applicare uno
spostamento poiché la cerniera plastica entra in gioco solo dopo aver
raggiunto la tensione di snervamento,
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220
- Il punto C rappresenta le capacità ultime del materiale per l’analisi di
pushover,
- Il punto D rappresenta la riserva di resistenza per l’analisi di
pushover,
- Il punto E rappresenta il valore ultimo di collasso.
Per la struttura in questione non sono stati considerati i valori di C e
D perché non necessari per i risultati richiesti.
E’ possibile adimensionalizzare il diagramma usando il valore della
forza di snervamento (A*ζyd) e della deformazione ultima (εu = 5 %).
I valori di Immediate Occupancy, Life Safety e Collapse Prevention
non hanno potere sul comportamento della struttura ma permettono solo di
rappresentare dei punti di tensione quando raggiunti e superati.
Facendo girare il programma è possibile esaminare la successiva
creazione delle cerniere plastiche attraverso gli steps di analisi del
programma.
Figura A.5: Definizione delle cerniere plastiche
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221
Figura A.25: Formazione della prima cerniera plastica
Figura A.26:Formazione delle seconde cerniere plastiche
Figura A.27: Completa plasticizzazione
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222
Figura A.28: Curva Carico-Spostamento della struttura (Sap2000.12)
Figura A.29:Confronto Curva Carico-Spostamento della struttura (soluzione analitica;
soluzione in Sap)
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223
ESERCITAZIONE 2
Ipotizzando un legame costitutivo di tipo EPP, si chiede valutare
analiticamente e confrontare con il risultato ottenuto da opportuna analisi
con il codice di calcolo il moltiplicatore ultimo dei carichi del telaio
riportato, di caratteristiche assegnate.
H
V
A
C
B
D
L
L L Figura A.30: Schema del Telaio
DATI
Telaio B 10 m
H 5 m
a 5 m
b 5 m
Trave IPE 200
Colonna IPE 200
Sezione h 0,2 m
b 0,1 m
sa 0,0056 m
e 0,0085 m
Jel 1,943E-05 m4
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224
Jpl 0,0000221 m4
Wel 0,0001943 m3
Wpl 0,000221 m3
Materiale Acciaio FE 235
yk 235000 kPa
yd 223809,52 kPa
kPa
u 0,05
E 210000000 kPa
Carichi V 1 kN
H 0,8 kN
Tabella A.3:Dati del problema
Vengono definite ed assegnate delle cerniere flessionali, come nelle
precedenti esercitazioni.
Figura A.31: Formazione delle prime cerniere plastiche
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225
Figura A.32: Formazione delle seconde cerniere plastiche
Figura A.33: Formazione delle terze cerniere plastiche
Figura A.34: Completa plasticizzazione
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226
Figura A.35: Curva di Push-over della struttura
P d
kN m
0 0
45,336 0,071
47,21 0,081
50,466 0,151
48,813 0,725
Tabella A.4: Moltiplicatori dei carichi
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227
APPENDICE B
Instabilità
Molte strutture, se soggette ad un processo di carico gradualmente
crescente, subiscono improvvisamente una brusca variazione del carattere
della loro deformazione, che non è conseguenza del collasso del materiale o
di altra alterazione delle loro proprietà meccaniche. Tale fenomeno si
verifica perché il modo di deformarsi della struttura col crescere del carico,
per un certo valore di questo, diventa instabile e la struttura cerca allora un
altro tipo di deformata stabile. Nelle figure successive si riportano alcuni
esempi di fenomeni d’instabilità.
Figura B. 1 Instabilità di profili in acciaio
Figura B. 2 Buckling per insufficienza di gioco
nei giunti
Figura B. 3 Instabilizzazione delle armature in colonne in C.A.
A seconda che il passaggio al modo instabile avvenga quando la
struttura è elastica oppure in campo plastico, si parlerà di instabilità elastica
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228
oppure elastoplastica. E’ possibile suddividere i fenomeni d’instabilità
strutturale d’interesse dell’ingegneria civile, in tre categorie:
Instabilità classica (per diramazione stabile).
Instabilità per diramazione instabile.
Per cedimento progressivo (snap-through).
Lo studio dei fenomeni d’instabilità può essere condotto seguendo
due formulazioni:
Statica, dove l’equilibrio viene riferito alla configurazione deformata e consiste
nel valutare gli effetti instabilizzanti e le reazioni che nascono nel momento in cui
si allontana il sistema dalla sua configurazione di equilibrio.
Energetica, determinando le configurazioni di equilibrio variate della struttura in
base alla condizione di stazionarietà della funzione energia potenziale totale.
Lo scopo dello studio di tali fenomeni è quello di capire se una
determinata configurazione di equilibrio sia stabile o meno. Per raggiungere
tale obiettivo basta imprime un “disturbo” alla struttura che si trova nella
generica configurazione equilibrata e, una volta rimossa la causa
perturbatrice, si osserva il comportamento del sistema perturbato: se esso
tende a ritornare nella posizione originaria, allora la configurazione è di
equilibrio stabile, al contrario, se la struttura tende ad allontanarsi
ulteriormente dalla posizione iniziale l’equilibrio si dice instabile. La
condizione di equilibrio indifferente si ottiene nel caso in cui la struttura
dopo il disturbo permane nello stato perturbato. Si definisce carico critico
Pcr la più piccola sollecitazione in corrispondenza della quale la
configurazione di equilibrio, originariamente instabile, diventa stabile.
In termini energetici, la condizione affinché l’equilibrio della
struttura nella sua configurazione di riferimento risulti stabile è che la
funzione energia potenziale totale, presenti ivi un punto di minimo, ovvero
che la variazione seconda della funzione (calcolata sempre nella posizione
di riferimento) risulti positiva.
Lo studio dell’instabilità riguarda problemi di tipo dinamico, tuttavia
nel solo caso di sistemi conservativi è possibile affrontare i fenomeni legati
all’instabilità come problemi statici; inoltre, la condizione variazionale
dell’energia costituisce la base della teoria lineare della stabilità elastica
(elastic buckling). In corrispondenza di sistemi conservativi e di una
struttura elastica, si hanno problemi d’instabilità di tipo euleriana (cioè di
biforcazione dell’equilibrio). In tali problemi si ha una linearità pre-critiìca
(struttura elastica) che consente di trovare l’unica configurazione di
equilibrio.
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229
Una generica struttura elastica contrasta ogni deformazione
addizionale impressa fin quando il moltiplicatore dei carichi non raggiunge
un valore critico, in corrispondenza del quale si verifica la biforcazione
dell’equilibrio che può essere stabile o instabile. Con riferimento ai sistemi
discreti, cioè quei sistemi in cui la configurazione è descritta da un numero
finito di parametri o di coordinate, è possibile determinare la capacità
portante di elementi semplicemente compressi. Considerando una colonna
incernierata alle estremità, perfettamente rettilinea, costituita da materiale
omogeneo, isotropo e linearmente elastico, e soggetta a carico assiale
perfettamente centrato (colonna ideale), il carico critico (che in questo caso
coincide con quello euleriano) è ottenuto dalla nota espressione:
L’equilibrio della colonna nella sua configurazione indeformata
(rettilinea) è stabile per P<Pcr, mentre diventa instabile per valori superiori
al carico critico euleriano. La soluzione del problema dell’instabilità in
campo elastico di una colonna ideale con estremità incernierate viene estesa
ai casi di colonne diversamente vincolate agli estremi facendo riferimento
al concetto di lunghezza libera d’inflessione. Quest’ultima è definita come
la distanza tra due punti di curvatura nulla della deformata elastica della
colonna, la quale va determinata analiticamente in funzione delle condizioni
di vincolo. La formula di Eulero, dedotta nell’ipotesi di comportamento
elastico lineare del materiale, è valida fino a che la tensione normale è non
supera il valore limite ( lim). Introducendo la snellezza (definita come il
rapporto fra la lunghezza libera d’inflessione e il raggio giratore d’inerzia
della sezione), è possibile definire una lim come:
che rappresenta la snellezza di un’asta per la quale la tensione critica risulta
uguale a quella limite. Per aste con snellezza maggiore di quella limite (aste
“snelle”), il fenomeno dell’instabilità si manifesta quando ancora la
tensione normale non ha raggiunto il limite di snervamento e quando la
colonna è in campo elastico. Il caso contrario è rappresentato dalle aste
“tozze”, che possiedono una snellezza minore di quella limite: in questo
caso la tensione normale raggiunge il limite di snervamento prima che si
verifichi lo sbandamento laterale della colonna.
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Figura B. 4 Curva di stabilità
Da quanto appena detto ne discerne che il collasso delle aste compresse
avviene secondo due modalità: per schiacciamento, se queste sono tozze;
per instabilità nel caso in cui siano snelle (vedi figura B4). Il “confine” tra i
due comportamenti è dato dalla snellezza limite, per cui dipende dal
rapporto fra altezza e rigidezza della colonna, nonché dalle condizioni di
vincolo.
In realtà l’asta presenta un comportamento meccanico non lineare a
causa della presenza di imperfezioni strutturali, cioè di tensioni residue
derivanti dal processo di lavorazione e disomogenea distribuzione dello
snervamento lungo la sezione trasversale , e geometriche.
ESERCITAZIONE 1: studio del comportamento post-
critico di un’asta vincolata
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Viene analizzato il comportamento di un’asta soggetta a carico
assiale, per tre condizioni differenti di vincolo, in modo tale da evidenziare
un comportamento post-critico: stabile (caso a), instabile (caso b), e
asimmetrico (caso c). Lo studio sarà svolto sia dal punto di vista analitico,
sia con il calcolatore (Sap), paragonando tra loro i risultati. Per ognuno dei
tre casi si considerano sia aste ideali che aste reali, affette cioè da
imperfezioni di tipo geometrico, si considera in particolare una rotazione
iniziale dell’asta pari a 0,1 radianti. Quello che cambia, nei casi differenti
sono le condizioni di vincolo, per cui si considerano sempre i seguenti dati:
l = 3 m
k = 60 kNm
E = 200000 MPa
Sezione HEA 650
Caso a
Si consideri l’asta incernierata alla base e
vincolata con una molla rotazionale di rigidezza k
pari a 60 kN/rad (figura B.5). Per valutare che tipo
di configurazione di equilibrio si tratti si deve
esaminare cosa accade in configurazioni variate,
ottenute dalla configurazione fondamentale
imprimendo una deformazione che, in questo caso,
consiste in una rotazione rigida. Chiamando con q1
l’angolo di rotazione misurato a partire dalla
configurazione rettilinea e positivo se preso in
senso orario, dall’equilibrio scritto nella
configurazione deformata si ricava:
E’ possibile scrivere il carico critico sia nell’ipotesi di piccoli
spostamenti (dove valgono le approssimazioni trigonometriche), che nella
condizione di grandi spostamenti:
Figura B. 5 condizioni di
vincolo dell’asta
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Piccoli spostamenti:
Grandi spostamenti:
Si ricava un carico critico pari a 20 kN. Tale valore viene confrontato con
quello ottenuto dal calcolatore, dove viene eseguita un’analisi di buckling.
In Sap la colonna viene modellata mediante un frame di sezione opportuna,
con una molla rotazionale in corrispondenza della cerniera, come riportato
in figura B.6.
L’analisi restituisce i vari modi d’instabilizzarsi della colonna, con i
relativi coefficienti moltiplicativi dei carichi (buckling factors); il minore di
questi restituisce il carico critico.
Figura B. 6 modellazione dell’asta in Sap
Dalla figura B.7 si vede come il cr sia pari a 0,5, per cui
moltiplicando il carico P si ottiene un carico critico pari a 20 kN,
coincidente con la soluzione analitica.
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Figura B. 7 Risultati dell’analisi di buckling
Nel primo modo d’instabilizzazione la colonna non si deforma in
quanto la cerniera posta alla base permette una rotazione, proporzionale alla
rigidezza della molla.
Per discutere la stabilità dell’equilibrio si diagramma il carico critico
in funzione dell’angolo q1, cioè della rotazione assunta dall’asta nella
configurazione deformata. Per fare ciò occorre studiare il comportamento
post critico, e questo può avvenire solo nell’ipotesi di grandi spostamenti
(nell’ipotesi di piccoli spostamenti si ottiene un comportamento asintotico).
In figura B.8 si riporta il grafico ottenuto dove si nota che il carico critico è
il valore che assume P quando q1 è nullo. Per qualsiasi valore di P<Pcr si
imponga alla colonna una rotazione che la riporti nella configurazione
variata e dalla quale si rilascia istantaneamente (disturbo), la colonna ritorna
nella configurazione iniziale, per cui carichi inferiori a quello critico
caratterizzano un equilibrio di tipo stabile.
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Figura B. 8 Comportamento post-critico stabile dell’asta perfetta
Per carichi P>Pcr accade che se una qualsiasi perturbazione sposta la
colonna dalla posizione verticale, essa continua a ruotare fino a raggiungere
un angolo (q1) per cui s’instauri una situazione di equilibrio. Tali
configurazioni sono di equilibrio sono instabili per la colonna rettilinea,
mentre sono di equilibrio instabile per la colonna ruotata. Il punto Pcr
prende il nome di punto di biforcazione dell’equilibrio.
Introducendo l’imperfezione geometrica, si ottiene un aumento o una
diminuzione del carico critico a seconda del segno della rotazione iniziale e
dell’angolo della configurazione variata. Chiamando con q0 la rotazione
iniziale, le formule del carico critico diventano:
Piccoli spostamenti:
Grandi spostamenti:
Con il Sap lo studio di tale caso avviene mediante un’analisi statica non
lineare, dove si analizza l’effetto P- sia per piccoli che per grandi
spostamenti. In questo caso l’asta viene modellata con un unico frame,
posto già nella configurazione deformata. Il carico assegnato possiede
valore unitario, l’analisi è sviluppata incrementando gli spostamenti del
nodo di sommità, e registrando il carico corrispondente. Si ottiene una
curva carico-spostamento, detta anche curva statica di pushover. Nelle
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figure B.9 e B.10 sono riportate le curve ottenute dal Sap rispettivamente
per i casi di piccoli e grandi spostamenti.
Figura B. 9 Curva di pushover nel caso di piccoli spostamenti
Figura B. 10 Curva di pushover nel caso di grandi spostamenti
Nelle figure B.11 e B.12 sono messe a confronto le curve q1- nel
ottenute nel caso di piccoli e grandi spostamenti, ricavate analiticamente e
dal calcolatore.
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Figura B. 11 Curva q1- nel caso di piccoli spostamenti
Figura B. 12 Curva q1- nel caso di grandi spostamenti
Nella figura B.13 si confrontano le curve P-q1 dell’asta perfetta con
quelle relative alle imperfezioni geometriche considerate.
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
0 0.5 1 1.5 2
q1 [rad]
Comportamento post-critico asintotico
Analitica
Sap
0
0.5
1
1.5
2
2.5
0 0.5 1 1.5 2
q1 [rad]
Comportamento post-critico grandi spostamenti
Analitica
Sap
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Figura B. 13 Confronto fra le curve P-q1 dell’asta perfetta con quelle in cui cono presenti
imperfezioni geometriche
Caso b
In questo caso l’asta è vincolata con una molla estensionale al nodo
in cui è applicato il carico, come riportato in figura B.14. Si indica con q1
l’angolo di rotazione dell’asta, l’equilibrio nella configurazione deformata
risulta:
dove con si indica lo spostamento che
subisce il nodo dove viene applicata la forza,
e vale: .
Il carico critico è dato da:
Piccoli spostamenti:
Grandi spostamenti:
Da cui si ricava un Pcr = 180 kN. In Sap la
colonna viene modellata con un unico frame
incernierato alla base, con una molla
estensionale nel nodo superiore. Si ottiene un
moltiplicatore dei carichi pari a 4,5, da cui
deriva un carico critico di 180 kN,
0.00
5.00
10.00
15.00
20.00
25.00
30.00
35.00
40.00
45.00
-2 -1 0 1 2
P [
kN]
q1 [rad]
Comportamento post-critico stabile
sistema perfetto
rotaz iniz >0
rotaz iniz<0, q<0
rotaz iniz<0
rotaz iniz>0, q<0
Figura B. 14 Condizioni di vincolo
dell’asta
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perfettamente coincidente con il risultato analitico.
Figura B. 15 Buckling factors per il caso b
Nella figura B.16 è riportato il l’andamento del carico critico al
variare dell’angolo q1, dove si nota che l’equilibrio sussiste per carichi
inferiori a quello critico.
Figura B. 16 Comportamento post-critico instabile per l’asta perfetta
Nella condizione di P>Pcr si pensi di far ruotare la colonna al di fuori
della sua configurazione verticale iniziale. La rotazione continua ad
attivarsi in definitivamente in quanto si verifica la progressiva diminuzione
della reazione del vincolo. In questo caso una volta raggiunto il carico
critico l’equilibrio non sussiste più in nessuna configurazione variata che
abbia P>Pcr, per cui si è nel caso di equilibrio instabile.
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Introducendo la stessa imperfezione geometrica relativa al caso
precedente, il carico critico è governato dalle seguenti relazioni:
Piccoli spostamenti:
Grandi spostamenti:
Nella figura B.17 sono riportate le curve P-q1 ottenute analiticamente,
mentre nelle figure B.18 e B.19 sono diagrammate le curve q1- ottenute
nel caso di piccoli e grandi spostamenti, confrontando risultati analitici e
sperimentali.
Figura B. 17 Confronto fra le curve P-q1 dell’asta perfetta con quelle in cui cono presenti
imperfezioni geometriche
0.0
20.0
40.0
60.0
80.0
100.0
120.0
140.0
160.0
180.0
200.0
-2 -1 0 1 2
P [
kN]
q1 [rad]
Comportamento post-critico instabile
sistema perfetto
rotaz. Iniz. <0
rotaz. Iniz. >0
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Figura B. 18 Curva q1- nel caso di piccoli spostamenti
Figura B. 19 Curva q1- nel caso di grandi spostamenti
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
0 0.5 1 1.5 2
q1 [rad]
Comportamento post-critico asintotico
Analitico
Sap
-0.1
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0 0.5 1 1.5 2
q1 [rad]
Comportamento post-critico grandi spostamenti
Analitico
Sap
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Caso c
Si consideri ora il caso di una mensola rigida strallata, come riportato
in figura B.20. Il carico critico è dato dalla relazione seguente: , da
cui si ricava un valore di 90 kN.
Figura B. 20 disposizione dei vincoli
In Sap la struttura viene modellata nel modo seguente: la colonna
viene schematizzata con un frame di sezione opportuna, mentre la molla
inclinata è riprodotta utilizzando un frame equivalente che non è in grado di
trasmettere momenti all’estremità. Il frame deve possedere una rigidezza
assiale di 60 kNm per cui, assegnando una sezione quadrata di lato 10 cm,
il valore del modulo elastico del materiale (che possiede massa nulla)
risulta:
dove l’ è la lunghezza della molla. Nella figura B.21 è riportato il dettaglio
della modellazione effettuata.
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Figura B. 21 modellazione della struttura in Sap
Il risultato dell’analisi di buckling è riportato nella figura B.22, si
ricava un moltiplicatore dei carichi pari a 2,25 che restituisce lo stesso
carico critico calcolato con la soluzione analitica.
Figura B. 22 Risultato dell’analisi di buckling
Introducendo la solita imperfezione geometrica le formule analitiche
si modificano come segue:
Piccoli spostamenti:
1+ 01+ 1
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Grandi spostamenti:
Nella figura B.23 è riportata variazione del carico in funzione
dell’angolo q1, dove si nota che il carico critico è un punto di biforcazione
dell’equilibrio che presenta una biforcazione asimmetrica instabile.
Figura B. 23 Confronto fra le curve P-q1 dell’asta perfetta con quelle in cui cono presenti
imperfezioni geometriche
Nelle figure successive si riportano i grafici di confronto fra risultati
teorici e ottenuti in Sap, per il caso di asta imperfetta.
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Figura B. 24 Curva q1- nel caso di piccoli spostamenti
Figura B. 25 Curva q1- nel caso di grandi spostamenti
0
0.05
0.1
0.15
0.2
0.25
0.3
0.35
0.4
0 0.5 1 1.5 2
q1 [rad]
Comportamento post-critico asintotico
Analitico
Sap
-0.05
0
0.05
0.1
0.15
0.2
0.25
0.3
0 0.5 1 1.5 2
q1 [rad]
Comportamento post-critico grandi spostamenti
Analitico
Sap
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APPENDICE C
ESTRATTI DI SCHEDE TECNICHE DEI PRODOTTI E
MATERIALI UTILIZZATI
Solaio alveolare prefabbricato:
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246
Lamiera grecata per solaio di copertura:
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247
Copertura
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249
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250