Costruzioni Metalliche - Necci Valleriani Schwartz

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Università di Roma “SAPIENZA” Facoltà di Ingegneria Corso di laurea Specialistica in Ingegneria Civile Esame di Costruzioni MetallicheStudenti : Simone Necci Riccardo Schwarz Diego Valleriani Docente: Prof. Ing. F. Bontempi Revisori: Ing. F. Gentili Ing. F. Petrini Ing. A. Rago

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Università di Roma

“SAPIENZA”Facoltà di Ingegneria

Corso di laurea Specialistica in Ingegneria Civile

Esame di“Costruzioni Metalliche”

Studenti :

Simone NecciRiccardo Schwarz

Diego Valleriani

Docente:

Prof. Ing. F. BontempiRevisori:

Ing. F. GentiliIng. F. PetriniIng. A. Rago

Page 2: Costruzioni Metalliche - Necci Valleriani Schwartz

Area di 150000 m2

Edificio multipiano costituito da:

• 3 piani interrati, di cui 2 destinati a parcheggio ed 1 a locali di servizio per l’attività ospedaliera, ciascuno di 17950 m2 (218.1 x 82.5)

• 6 piani fuori terra di 5900 m2 ciascuno (157.5 x 37.5)

• H Tot dell’edificio 33 m

Degenza ospedaliera:

• 250 stanze

Materiali :

• circa 3700 tonnellate di acciaio

• circa 13000 m3 di calcestruzzo

• circa 89000 m2 di pannelli

alveolari precompressi

250 stanze

• circa 750 posti

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Render del progetto

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VERIFICHE AGLI SLV

q0 = 4q = 3.2

2. Sisma

VN = 100 anni

VR = 150 anni (periodo di riferimento per l’azione sismica)

Classe d’uso III

cu=1.5

Le azioni considerate sono :

1. Neve

• H = 405 m sul livello del mare qsk(Tr=50 anni) = 0.87 kN/m2

VERIFICHE IN ESERCIZIO : SLO e SLD

qs= 0.63 kN/m2

La struttura è realizzata in conformità con le prescrizioni delle

Norme Tecniche del 14-01-2008.

q = 3.2Kr = 0.8VERIFICHE IN ESERCIZIO : SLO e SLD

2. Vento

• dddddd

si è scelto un fattore di struttura qequi = 2.2 in modo da garantire alla struttura una risposta elastica per le azioni agli SLE

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La struttura è realizzata in conformità con le prescrizioni delle

Norme Tecniche del 14-01-2008.

Sono stati utilizzati i seguenti materiali:

Acciai S235, S275, S355, S450

Travi

Colonne

Controventi

Piatti per unioni

Acciaio B450CArmature plinti e cordoli

Armature nei getti di completamento del solaio

Calcestruzzo C28/35Plinti e cordoli

Soletta

Calcestruzzo C45/55 Solaio alveolare precompresso

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• Collegamento trave alveolare – colonna

• Collegamento colonna - fondazione a cerniera

• Collegamento travi binate – controvento

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Collegamento colonna - fondazione a cerniera

1. Collegamento con piastra semplice

s = 70 mm

OSSERVAZIONI :

• elevata concentrazione delle

tensioni sotto le ali della

colonna

• piastra di base poco rigida

2. Collegamento con piastra irrigidita

s = 80 mm

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La struttura risulta essere:

• intelaiata con controventi concentrici nella direzione X

• a ritti pendolari con controventi concentrici in direzione Y

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Obiettivo: Analizzare lo stato tensionale dei vari elementi nel nodo

verificando la necessità di introdurre eventuali irrigidimenti

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Fase 1: Applicazione del sistema di forze/spostamenti ai vari elementi

strutturali letti dal modello di calcolo per la combinazione sismica

Osservazione: La direzione dell’azione sismica che ha fornito le massime

sollecitazioni al nodo è la direzione Y (perpendicolare alla

direzione delle travi)

Fase 2: Lettura dello stato tensionale sui vari elementi

Tensioni SVM (caso sisma +Y)

Osservazioni: Stati tensionale all’interno dei limiti

relativi ai vari acciai

Tensioni SVM (caso sisma -Y)

relativi ai vari acciai

Osservazioni: Superato il limite tensionale

massimo in alcune zone localizzate

Necessità di inserire dei piatti di

rinforzo

Page 11: Costruzioni Metalliche - Necci Valleriani Schwartz

Tensioni SVM (caso sisma -Y)

Fase 3: Inserimento dei piatti di rinforzo e lettura dello stato tensionale per la

soluzione finale

Tensioni SVM (caso sisma -Y)

Osservazioni: L’inserimento dei piatti di rinforzo causa una diminuzione dei picchi

di tensione garantendo il rispetto dei limiti per i vari acciai

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Obiettivo: Dimezzare la lunghezza libera d’inflessione dei controventi a

due piani evitando la possibile instabilizzazione in mezzeria

Osservazioni: Accertarsi che il collegamento lasci libere le travi di inflettersi

sotto i carichi verticali di esercizio, senza trasmettere sforzi al

controvento

Accertarsi che anche sotto azione sismica, il collegamento non

causi trasmissione di sforzi fra travi e controvento

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Piatti saldati alle travi, con foro asolatoper il collegamento bullonato

Controvento saldato al piatto passante

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Fase 1: Calcolo della rigidezza del collegamento K=F/u, applicando F=1kN al

controvento nelle due direzioni di sbandamento

Fase 2: Verifica dei modi di instabilizzare di un’asta con molla traslazionale, di

rigidezza pari a quella del collegamento, in mezzeria

Fase 3: Assegnazione di una imperfezione δ=10,5 mm nella mezzeria dell’asta ed

esecuzione di un’analisi non lineare P-Δ

Sbandamento nel piano (Tensioni SVM)

esecuzione di un’analisi non lineare P-Δ

Fase 4: Lettura dello spostamento relativo al valore del carico di sbandamento di

metà asta e calcolo della forza da applicare al collegamento, F=Ku

Fase 5: Verifica dello stato tensionale

Sbandamento fuori piano (Tensioni SVM)

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Fase 1: Applicazioni dei carichi verticali sulla trave con la combinazione agli SLE

Fase 2: Verifica dell’abbassamento della trave e dello stato tensionale del

collegamento

Osservazioni: L’abbassamento della trave (4,6 mm) rispetta il limite sulla freccia

massima (l/400 = 18 mm) ed è consentito liberamente dalla

presenza del foro asolato.

Non si registra trasmissione di sforzi tra trave e controvento per il

tramite del collegamento

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Fase 1: Applicazione del sistema di forze/spostamenti, letti dal modello di calcolo

nella combinazione sismica, alle travi e al controvento

Fase 2: Analisi dello stato tensionale del collegamento

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(CONTROVENTI)

Vincoli progettuali: Divieto di inserimento dei controventi nei telai perimetrali

Garantire spazio necessario per le aperture (larghezza

minima per accessi alle stanze di degenza =1m)

Si è giunti alla soluzione finale procedendo per via iterativa.

Il discriminante che ha determinato il passaggio da una scelta a quella successiva è

stata la verifica dei drift e degli spostamenti massimi in sommità.stata la verifica dei drift e degli spostamenti massimi in sommità.

• Modello A: Controventi (tutti UPN300) solo a trazione, no corpi scale, tutto ritti

pendolari;

• Modello B: Controventi (UPN differenziati) solo a trazione, inserimento scale;

• Modello C: Controventi (UPN ottimizzati) solo a trazione, travi perimetrali

incastrate alle colonne, queste ultime incastrate a terra;

• Modello D: Controventi (Tubolari cavi ottimizzati) a trazione/compressione, tutto

ritti pendolari;

• Modello E: Come Modello D con travi binate incastrate alle colonne.

Si riportano in seguito i modelli più significativi:

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(CONTROVENTI)

Verifiche agli stati limite di esercizio

Verifica del drift:Verifica del drift:

Verifica sul massimo spostamento

orizzontale in sommità:

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(CONTROVENTI)

Modello A

Modello A di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0908 0.0593 3.5 33 0.0117 0.066 NO NO

8 0.1500 0.0297 3.5 29.5 0.0117 NO

7 0.1797 0.0179 3.5 26 0.0117 NO

6 0.1618 0.0478 3.5 22.5 0.0117 NO

5 0.1140 0.0569 3.5 19 0.0117 NO

4 0.0571 0.0368 3.5 15.5 0.0117 NO

3 0.0204 0.0078 4 12 0.0133 OK

2 0.0126 0.0059 4 8 0.0133 OK

1 0.0067 0.0067 4 4 0.0133 OK

Direzione X

Periodo T

Modo [s] Ux Uy Rz

1° 1.35 0.0040 0.5228 0.3717

2° 1.32 0.5205 0.0034 0.0489

3° 1.28 0.0115 0.0014 0.0725

Massa partecipante

Modello A

Modello A di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.1028 0.0215 3.5 33 0.0117 0.066 NO NO

8 0.0812 0.0050 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0762 0.0167 3.5 26 0.0117 NO

6 0.0595 0.0087 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0507 0.0170 3.5 19 0.0117 NO

4 0.0338 0.0172 3.5 15.5 0.0117 NO

3 0.0165 0.0052 4 12 0.0133 OK

2 0.0113 0.0041 4 8 0.0133 OK

1 0.0073 0.0073 4 4 0.0133 OK

Direzione Y

Osservazioni: Modi di vibrare disaccoppiati

Verifiche drift e spostamento max non rispettate

Necessità di irrigidire la struttura

Page 20: Costruzioni Metalliche - Necci Valleriani Schwartz

(CONTROVENTI)

Modello BPeriodo T

Modo [s] Ux Uy Rz

1° 1.32 0.5438 0.0010 0.0753

2° 1.27 0.0010 0.5572 0.3593

3° 1.18 0.0015 0.0008 0.0927

Massa partecipante

Modello B

Modello B di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0932 0.0072 3.5 33 0.0117 0.066 OK NO

8 0.0860 0.0110 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0750 0.0124 3.5 26 0.0117 NO

6 0.0626 0.0116 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0510 0.0109 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0400 0.0121 3.5 15.5 0.0117 NO

3 0.0279 0.0092 4 12 0.0133 OK

2 0.0187 0.0084 4 8 0.0133 OK

1 0.0103 0.0103 4 4 0.0133 OK

Direzione X

Modello B di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0941 0.0157 3.5 33 0.0117 0.066 NO NO

8 0.0784 0.0065 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0719 0.0149 3.5 26 0.0117 NO

6 0.0569 0.0083 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0487 0.0131 3.5 19 0.0117 NO

4 0.0356 0.0096 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0260 0.0081 4 12 0.0133 OK

2 0.0178 0.0061 4 8 0.0133 OK

1 0.0117 0.0117 4 4 0.0133 OK

Direzione Y

Osservazioni: Verifiche non ancora rispettate

L’inserimento dei corpi scala non irrigidisce abbastanza

La differenziazione dei profili deve essere migliorata

Necessità di irrigidire ulteriormente la struttura

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(CONTROVENTI)

Modello CPeriodo T

Modo [s] Ux Uy Rz

1° 1.04 0.0844 0.5023 0.4933

2° 1.01 0.4906 0.0824 0.0030

3° 0.99 0.0039 0.0085 0.0645

Massa partecipante

Modello C

Modello C di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0713 0.0034 3.5 33 0.0117 0.066 OK NO

8 0.0679 0.0094 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0585 0.0088 3.5 26 0.0117 OK

6 0.0497 0.0084 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0413 0.0083 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0329 0.0097 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0232 0.0088 4 12 0.0133 OK

2 0.0145 0.0092 4 8 0.0133 OK

1 0.0052 0.0052 4 4 0.0133 OK

Direzione X

Modello C di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0552 0.0050 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK

8 0.0501 0.0061 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0440 0.0071 3.5 26 0.0117 OK

6 0.0369 0.0068 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0301 0.0071 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0230 0.0061 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0169 0.0060 4 12 0.0133 OK

2 0.0109 0.0048 4 8 0.0133 OK

1 0.0061 0.0061 4 4 0.0133 OK

Direzione Y

Osservazioni: Soddisfatte verifiche sui drift ma non sullo spostamento max in X

L’effetto irrigidente è stato legato più all’aumento in numero e

sezione dei controventi che ai vincoli d’incastro introdotti

Dato il già elevato numero di controventi, si opta per la soluzione T/C

Page 22: Costruzioni Metalliche - Necci Valleriani Schwartz

(CONTROVENTI)

Modello DPeriodo T

Modo [s] Ux Uy Rz

1° 0.96 0.0000 0.5833 0.4040

2° 0.88 0.0000 0.0000 0.0923

3° 0.78 0.6557 0.0000 0.0651

Massa partecipante

Modello D

Modello D di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0492 0.0033 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK

8 0.0459 0.0064 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0395 0.0055 3.5 26 0.0117 OK

6 0.0340 0.0051 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0289 0.0055 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0234 0.0059 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0175 0.0066 4 12 0.0133 OK

2 0.0109 0.0056 4 8 0.0133 OK

1 0.0052 0.0052 4 4 0.0133 OK

Direzione X

Modello D di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0618 0.0069 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK

8 0.0549 0.0072 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0477 0.0080 3.5 26 0.0117 OK

6 0.0397 0.0070 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0327 0.0078 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0249 0.0061 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0189 0.0074 4 12 0.0133 OK

2 0.0114 0.0061 4 8 0.0133 OK

1 0.0054 0.0054 4 4 0.0133 OK

Direzione Y

Osservazioni: Soddisfatte tutte le verifiche

Riduzione n° tot di controventi e passaggio da sezioni UPN a Tubolari

cave

Irrigidimento della struttura ed eliminazione dei vincoli d’incastro

Page 23: Costruzioni Metalliche - Necci Valleriani Schwartz

(CONTROVENTI)

Modello EPeriodo T

Modo [s] Ux Uy Rz

1° 0.96 0.0000 0.5842 0.4063

2° 0.88 0.0000 0.0001 0.0910

3° 0.76 0.6591 0.0000 0.0651

Massa partecipante

Modello E

Modello E di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0487 0.0037 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK

8 0.0450 0.0068 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0382 0.0054 3.5 26 0.0117 OK

6 0.0329 0.0048 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0280 0.0053 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0227 0.0057 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0170 0.0062 4 12 0.0133 OK

2 0.0108 0.0054 4 8 0.0133 OK

1 0.0054 0.0054 4 4 0.0133 OK

Direzione X

Modello E di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0615 0.0069 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK

8 0.0547 0.0071 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0476 0.0080 3.5 26 0.0117 OK

6 0.0396 0.0069 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0327 0.0078 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0249 0.0061 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0188 0.0074 4 12 0.0133 OK

2 0.0114 0.0060 4 8 0.0133 OK

1 0.0054 0.0054 4 4 0.0133 OK

Direzione Y

Osservazioni: Non si riscontrano sostanziali differenze con il modello D

L’incastro delle travi binate alle colonne è nato da un’esigenza pratica

relativa alla semplificazione delle connessioni nei nodi

Per il modello E sono state eseguite anche verifiche allo SLO

Page 24: Costruzioni Metalliche - Necci Valleriani Schwartz

(CONTROVENTI)

Riepilogo sull’evoluzione dei modelli per carichi orizzontali

0.00

0.20

0.40

0.60

0.80

1.00

1.20

1.40

1.60

1 2 3

T (s

)

Modo di vibrare

Periodi dei modi di vibrare

Modello A

Modello B

Modello C

Modello D

Modello E

80%

90%

100%

Partecipazione di massa in X dei primi tre modi

80%

90%

100%

Partecipazione di massa in Y dei primi tre modi

80%

90%

100%

Partecipazione di massa in Rz dei primi tre modi

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

12

3

Modo di vibrare

Modello A

Modello B

Modello C

Modello D

Modello E0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

12

3

Modo di vibrare

Modello A

Modello B

Modello C

Modello D

Modello E0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

12

3

Modo di vibrare

Modello A

Modello B

Modello C

Modello D

Modello E

0.000 0.020 0.040 0.060 0.080 0.100

Spostamento massimo in sommità (m)

Spostamenti massimi in sommità

Modello A

Modello B

Modello C

Modello D

Modello E

VALORE LIMITE = 0.066 m

Page 25: Costruzioni Metalliche - Necci Valleriani Schwartz

“Sapienza” Università di Roma

Costruzioni Metalliche - a.a. 2009- 2010 Relazione di calcolo

1

INDICE

INTRODUZIONE ........................................................................................... 7

1. PRESENTAZIONE DELL’OPERA .................................................... 11

1.1 Collocamento Geografico ............................................................... 11

1.2 Caratterizzazione Architettonica ..................................................... 12

1.3 Caratterizzazione Strutturale ........................................................... 14

1.3.1 Solaio ........................................................................................... 16

1.3.2 Colonne ........................................................................................ 17

1.3.3 Controventi .................................................................................. 17

1.3.4 Vano Scala e Ascensore .............................................................. 18

1.3.5 Fondazioni.................................................................................... 18

1.4 Normative di riferimento................................................................. 18

1.5 Materiali .......................................................................................... 19

1.5.1 Acciaio da carpenteria metallica .............................................. 19

1.5.2 Acciaio per bulloni e connessioni ............................................ 20

1.5.3 Acciai speciali .......................................................................... 20

1.5.4 Acciaio per cemento armato ..................................................... 21

1.5.5 Acciaio per cemento armato precompresso ............................. 22

1.5.6 Calcestruzzo ............................................................................. 22

1.5.7 Prodotti per uso strutturale ....................................................... 23

1.5.8 Materiali per uso non strutturale .............................................. 23

2. AZIONI ..................................................................................................... 23

2.1 Carichi verticali .................................................................................. 24

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2

2.1.1 Carichi permanenti strutturali e non strutturali ........................ 24

2.1.1.1 Piano tipo .............................................................................. 24

2.1.1.2 Copertura ............................................................................... 25

2.1.2 Carico Antropico ...................................................................... 26

2.1.3 Carico da neve .......................................................................... 26

2.2 Azione sismica ................................................................................ 27

2.3 Azione del Vento ............................................................................... 29

2.4 Azione della temperatura .................................................................... 29

2.5 Combinazione delle azioni ................................................................. 30

3. SCELTE PROGETTUALI ....................................................................... 30

3.1. Scelte progettuali globali................................................................. 31

3.2 Scelte progettuali locali ................................................................... 32

3.2.1 Solaio ........................................................................................ 32

3.2.1.1 Solaio piano tipo ................................................................... 32

3.2.1.2 Solaio copertura .................................................................... 32

3.2.2 Travi .......................................................................................... 34

3.2.2.1 Travi binate alveolari ............................................................ 34

3.2.2.2 Travi perimetrali ................................................................... 44

3.2.3 Colonne ..................................................................................... 44

3.2.4 Controventi ............................................................................... 44

3.2.5 Corpo scala e ascensore............................................................ 45

3.2.6 Collegamenti ............................................................................. 50

3.2.7 Giunti strutturali ....................................................................... 50

3.2.8 Fondazione................................................................................ 50

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3

4. MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI ................ 54

4.1 Modellazione del solaio ...................................................................... 54

4.2 Modellazione delle travi ..................................................................... 57

4.3 Modellazione delle colonne ................................................................ 61

4.4 Posizionamento e modellazione dei controventi ................................ 62

5. MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA ........................................ 64

5.1 Modelli per carichi orizzontali ........................................................ 64

5.1.1 Modello A ................................................................................. 65

5.1.2 Modello B ................................................................................. 67

5.1.3 Modello C ................................................................................. 70

5.1.4 Modello D ................................................................................. 72

5.1.5 Modello E ................................................................................. 75

5.1.6 Riepilogo sull’evoluzione dei modelli per carichi orizzontali 79

5.2 Modellazione per carichi verticali .................................................. 82

6. VERIFICHE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI .......................... 82

6.1 Solaio ............................................................................................... 83

6.1.1 Solaio piano tipo ....................................................................... 83

6.1.2 Solaio copertura ........................................................................ 83

6.2 Travi................................................................................................. 90

6.2.1 Trave alveolare ......................................................................... 90

6.3 Colonne e controventi ..................................................................... 94

6.4 Fondazioni ..................................................................................... 103

6.4.1 Verifiche geotecniche ............................................................. 103

Calcolo dei cedimenti ......................................................................... 109

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4

6.4.2 Verifiche strutturali ................................................................ 112

6.4.2.1 Plinto ................................................................................... 112

6.4.2.2 Cordolo ................................................................................ 114

7. DIMENSIONAMENTO E VERIFICA DELLE UNIONI ................ 115

7.1 Tipologie di unioni e modalità di verifica .................................... 115

7.1.1 I collegamenti bullonati .......................................................... 116

7.1.2 I collegamenti saldati ............................................................. 120

7.2 Il progetto e la verifica delle unioni .............................................. 124

7.2.1 Unione trave principale-trave secondaria .............................. 124

7.2.2 Unione trave principale-colonna ............................................ 124

7.2.3 Unione colonna-colonna bullonata ........................................ 124

7.2.4 Unione trave – controventi a V rovescia ............................... 125

7.2.5 Unione colonna – plinto di fondazione .................................. 129

7.2.5.1 Dimensionamento della piastra di base .............................. 130

7.2.5.2 Dimensionamento di una cerniera a perno ......................... 134

7.2.5.3 Verifica delle saldature ....................................................... 137

7.2.5.4 Dimensionamento dei tirafondi .......................................... 138

7.3 Modellazione agli elementi finiti dei nodi .................................... 139

7.3.1 Unione travi binate – controvento .......................................... 141

7.3.1.1 Analisi del collegamento nelle condizioni di esercizio ...... 146

7.3.1.2 Analisi del collegamento sotto l’azione sismica ................ 147

7.3.1.3 Analisi del collegamento nella condizione di possibile

instabilità del controvento................................................................... 149

7.3.2 Nodo colonna – plinto di fondazione ..................................... 157

7.3.2.1 Risultati della modellazione ............................................... 160

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5

8. ANALISI DI PUSHOVER ................................................................. 172

8.1 Analisi di un telaio piano .............................................................. 177

8.2 Definizione della cerniera plastica a sforzo assiale ...................... 179

8.3 Definizione della cerniera plastica a momento flettente (colonne)

181

8.4 Analisi sul telaio XZ ..................................................................... 185

8.4.1 Modello 1: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei

controventi e a momento flettente nelle colonne (telaio XZ) ............ 186

8.4.2 Modello 2: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei

controventi e a momento flettente nelle colonne (telaio XZ) ............ 187

8.4.3 Modello 3: Modellazione della instabilità per i controventi

compressi ............................................................................................ 189

8.4.4 Modello 4: Modellazione con picco della instabilità per i

controventi compressi ......................................................................... 191

8.4.5 Modello 5: Modello finale per il telaio XZ............................ 194

8.4.6 Modello 6: Effetti del secondo ordine ................................... 200

8.5 Analisi sul telaio YZ ..................................................................... 201

8.5.1 Modello 1: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei

controventi e a momenti flettente nelle colonne (telaio YZ) ............. 201

8.5.2 Modello 2: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei

controventi e a momento flettente nelle colonne (telaio YZ) ............ 202

8.5.3 Modello 3: Modellazione della instabilità per i controventi

compressi ............................................................................................ 204

8.5.4 Modello 4: Effetti del secondo ordine ................................... 205

8.6 Analisi tridimensionale ................................................................. 206

8.6.1 Modello 3D ............................................................................. 206

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6

APPENDICE A ........................................................................................... 211

Teoria della plasticità .................................................................................. 211

ESERCITAZIONE 1 .............................................................................. 214

ESERCITAZIONE 2 .............................................................................. 223

APPENDICE B ........................................................................................... 227

Instabilità ..................................................................................................... 227

ESERCITAZIONE 1: studio del comportamento post-critico di un’asta

vincolata .................................................................................................. 230

APPENDICE C ........................................................................................... 245

ESTRATTI DI SCHEDE TECNICHE DEI PRODOTTI E MATERIALI

UTILIZZATI ........................................................................................... 245

Solaio alveolare prefabbricato: .................................................. 245

Lamiera grecata per solaio di copertura: ................................... 246

Copertura .................................................................................... 247

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7

INTRODUZIONE

La progettazione strutturale è il risultato di un processo di sintesi di

elementi diversi e molte volte contrastanti tra loro, che si estendono al di là

del mero calcolo strutturale ma abbracciano aspetti quali la funzionalità,

l’estetica, l’impatto ambientale e l’economicità. In quest’ottica si capisce,

allora, come le scelte del progettista, finalizzate alla soluzione di problemi

strutturali, siano in realtà limitate dai vincoli esterni rappresentati delle

ripercussioni che queste possono avere sugli altri aspetti sopra citati.

Il lavoro svolto riguarda la progettazione di una struttura in acciaio di nove

piani, di cui tre interrati e sei fuori terra, la cui destinazione d’uso prevista

è quella di parcheggi e locali per impianti e macchinari per i primi tre,

ambienti ad uso ospedaliero per i restanti sei piani.

Il processo di progettazione seguito si è articolato nei seguenti passaggi:

1. Organizzazione strutturale, in cui viene deciso, in prima analisi, il

tipo di elementi strutturali da utilizzare, la loro disposizione in

funzione dei vincoli architettonici prefissati e lo schema statico della

struttura;

2. Dimensionamento strutturale, in cui si individuano i carichi agenti a

e si procede ad un dimensionamento di massima della struttura

resistente;

3. Prima modellazione della struttura attraverso il programma di

calcolo agli elementi finiti Sap2000.12, in cui si valuta il

comportamento modale, modificando eventualmente lo schema

statico o inserendo elementi strutturali che ne rendano quanto più

possibile regolari i modi di vibrare, attraverso un procedimento di

ottimizzazione;

4. Verifiche di resistenza e processo di ottimizzazione dei tassi di

lavoro dei vari elementi strutturali, operando eventualmente delle

modifiche alle loro dimensioni in funzione dell’utilizzo;

5. Analisi dei collegamenti degli elementi strutturali, in cui vengono

dimensionate e verificate le diverse tipologie di collegamento

previste tra gli elementi strutturali, tenendo presente, nella scelta,

anche aspetti quali la facilità di montaggio, il costo della

manodopera e dei materiali etc...;

6. Modellazione dei particolari costruttivi, ovvero modellazione

attraverso il programma Sap2000.14 dei collegamenti strutturali, al

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8

fine di valutarne l’effettiva distribuzione delle tensioni, l’efficienza

del vincolo scelto, e la corrispondenza con il tipo di vincolo

considerato nello schema statico della struttura;

7. Analisi non lineare piana e tridimensionale, in cui si valuta il

comportamento in campo non lineare di due telai, scelti all’interno

della struttura, generalmente corrispondenti a quelli più

controventati nelle due direzioni principali, mediante un’analisi di

“push-over”, dalla quale si ricavano informazioni sulla duttilità della

struttura e sulla modalità di collasso in campo plastico.

Successivamente tale analisi è stata ripetuta sul modello

tridimensionale della struttura, al fine di ricavare informazioni più

complete sul comportamento in campo plastico dell’intera struttura.

PROGETTAZIONE

Organizzazione strutturale

Dimensionamento strutturale

LIVELLO GLOBALE

Prima modellazione

Verifiche di resistenza e

Processo di ottimizzazione

Seconda modellazione e

Confronti

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9

Per quanto riguarda l’aspetto architettonico sono state effettuate delle scelte

di massima sull’organizzazione interna degli ambienti e scelte più accurate

sulla tipologia delle scale da utilizzare e della facciata esterna. Tali scelte

hanno successivamente costituito vincoli progettuali. Riguardo la scelta

della facciata esterna si è preso spunto da edifici già realizzati e da soluzioni

proposte da varie ditte, analogamente si è proceduto nella scelta della

tipologia di scala. Alcuni esempi da cui si è tratto spunto per le scelte

precedentemente elencate sono riportati di seguito:

I. 1: Tipologia di scale

LIVELLO LOCALE

Analisi dei collegamenti

Modellazione dei collegamenti

Analisi non lineare

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10

I. 2: Tipologia di scale

Come ultima fase è stato realizzato un render della struttura al fine di

offrire una rappresentazione diretta e realistica dell’opera per come essa

dovrà apparire una volta terminata la sua realizzazione. Di seguito si

riportano alcune immagini:

FOTO RENDER

Nel capitolo iniziale viene introdotta l’opera progettata,

caratterizzandola dal punto di vista geografico, dal punto di vista

architettonico (forme, geometrie, caratteristiche decorative dei materiali) e

dal punto di vista strutturale (concepimento strutturale, caratterizzazione

geotecnica, comportamento meccanico dei materiali).

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11

1. PRESENTAZIONE DELL’OPERA

1.1 Collocamento Geografico

La costruzione dell’opera è prevista a Rieti. Le coordinate geografiche

sono:

LAT 42° 25’ 58’’ N

LONG 12° 51’ 83’’ E

visualizzabili nell’immagine seguente presa direttamente da Google Earth.

Il sottosuolo su cui la struttura sorgerà è costituito da sabbie molto

addensate, per cui può essere associata alla categoria B della N.T.C. 2008.

Figura 1.1 Posizione e coordinate geografiche

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12

1.2 Caratterizzazione Architettonica

L’edificio ha una forma in pianta rettangolare sia per i piani interrati

che per i piani fuori terra. L’impronta dei piani interrati può essere definita

da un rettangolo con lato maggiore di circa 218 m e lato minore di 82,5 m,

mentre a partire dal primo piano fuori terra l’impronta si restringe

rimanendo comunque rettangolare di lati 158x37,5m e centrata rispetto a

quella sottostante. Tutta la struttura è organizzata in pianta mediante una

suddivisione regolare in maglie quadrate di lato 7,5 m.

Le superfici totali associate ai piani interrati e fuori terra risultano

essere rispettivamente circa pari a 17985 mq e 5925 mq. Si riporta di

seguito la pianta di un piano interrato.

Figura 1.2.1 – Pianta piano interrato

La struttura si sviluppa per una altezza totali di 33 m, 12 dei quali

interrati. I tre livelli inferiori presentano un’altezza di interpiano pari a 4 m,

mentre i restanti sei pari a 3,5 m.

Il materiale utilizzato per tamponare le pareti esterne è il vetro

intervallato, in corrispondenza di ogni solaio, da una fascia di piano in

acciaio che ha la funzione di individuare chiaramente ogni livello e di

fornire una trama orizzontale al prospetto dell’edificio.

Sono state utilizzate due tipologie differenti di vetro: vetro

specchiato, usato nelle due facciate lungo i lati lunghi dell’edificio, dove

verranno realizzate le stanze di degenza, e vetro trasparente, usato nei lati

corti in corrispondenza del telaio centrale, dove verranno realizzati i corpi

scala e nel telaio centrale sul lato lungo per interrompere la trama continua.

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13

Tutti i livelli, tranne quello di copertura, presentano un pacchetto del

solaio di altezza complessiva pari a 72,5 cm, realizzato in modo tale da

consentire il passaggio dell’impiantistica di servizio. In relazione a ciò, il

rivestimento di piano esterno ha altezza pari a 2 m e si estende per 1.2 m al

di sopra del piano finito e 0.8 al di sotto.

In corrispondenza dell’ultimo piano, l’altezza del pacchetto solaio

risulta essere di 52,5 cm e la copertura, progettata come non praticabile, è

costituita da lastre metalliche continue disposte su un orditura di supporto di

listelli in legno necessaria a fornire la pendenza desiderata.

Nella figura seguente si riporta la visione complessiva dell’edificio.

Figura 1.2.2 – Render

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14

1.3 Caratterizzazione Strutturale

La struttura portante dell’opera è interamente realizzata in acciaio.

La struttura è a telaio nella direzione del lato lungo, con la

particolarità che i telai in questa direzione presentano travi binate continue,

ad eccezione di quelli esterni dove le travi sono collegate alle colonne con

unioni bullonate a squadrette, mantenendo il filo esterno di queste ultime.

Nella direzione del lato corto non sono presenti travi se non nei due telai

esterni, dove queste sono collegate con la stessa tipologia di unione

adoperata per il lato lungo. In altezza le colonne sono continue e alla base è

stato schematizzato un vincolo di cerniera. Sia per le travi che per le

colonne sono stati impiegati profili a doppio T. In figura 1.6 si riporta un

immagine del modello della struttura portante.

Il pacchetto del solaio è costituito da pannelli alveolari precompressi

poggianti sulle travi binate cui si è fatto riferimento in precedenza. Queste

travi hanno la particolarità di essere travi con fori esagonali lungo lo

sviluppo dell’anima. Con questa soluzione si è evitata una orditura di travi

secondarie limitando l’altezza totale del pacchetto solaio e consentendo

comunque di avere un adeguato spazio per il passaggio degli impianti. Le

travi binate inoltre sono rese collaboranti con la soletta mediante

l’inserimento di pioli.

Figura 1.3.1 – Modello struttura portante

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Per quanto riguarda i controventi verticali sono stati utilizzati due

sistemi diversi di controventamento per le due direzioni principali. Per il

lato corto sono stati utilizzati controventi a croce (su due piani) per tutti i

piani tranne l’ultimo dove sono presenti controventi a V rovescia. Per il lato

lungo sono stati utilizzati sempre controventi a due piani che però non si

intersecano tra di loro. Questa scelta è maturata da esigenze architettoniche

che prevedono l’inserimento di porte nella parte centrale del telaio

considerato (ved. figura 1.3.2). Per i controventi sono stati impiegati profili

tubolari collegati alle colonne tramite collegamenti a perno.

Figura 1.3.2 – Schema controventi verticali

La tipologia di fondazione adottata è quella di plinti collegati da

cordoli, mentre solo al di sotto dei corpi scala-ascensori sono realizzate

delle piccole platee. Vediamo nel dettaglio quali tipi di profili si sono

utilizzati per caratterizzare i diversi elementi strutturali.

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16

1.3.1 Solaio

La struttura portante del solaio è costituita da lamiera grecata tipo

HI-BOND A55/P600 di spessore pari a 1 mm e ordita in direzione

longitudinale. Si poggia direttamente sulle travi secondarie aventi asse

perpendicolare alla direzione di orditura del solaio poste ad interasse di 2.50

m le une dalle altre . Il profilo utilizzato per queste è HEA 180. Le travi

secondarie poggiano a loro volta sulle travi principali che, poste ad

interasse pari a 5 m sono costituite da un profilato del tipo HEM 240. Il

pacchetto del solaio è, come già detto, chiuso inferiormente da un

controsoffitto utile al passaggio degli impianti. Questo è costituito da fibra

minerale e si sorregge tramite dei sostegni fissati direttamente sulle ali delle

travi secondarie (ved. Figura 1.9).

Figura 1.9 – Particolare Solaio

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1.3.2 Colonne

Come detto, la colonna utilizzata è di tipo continua. Data l’altezza si

è provveduto collegare, mediante collegamenti con doppio coprigiunto

d’anima e d’ala, quattro profili per ciascuna colonna. Partendo dal basso i

primi due profili mantengono la stessa sezione, successivamente i restanti

due profili diminuiscono progressivamente di area. I vari profili che

costituiscono l’intera colonna, partendo dal basso verso l’alto sono lunghi

rispettivamente 6,8,10 e 9 m. I profili utilizzati sono riassunti nella seguente

tabella.

PARTE L (m) PROFILI

1 6 HEM 360 - HEA 320

1-bis 12 HEB 300 - HEA 320

2 8 HEM 360 - HEA 320

3 10 HEM 300 -HEB 340 - HEA 320

4 9 HEB 320 - HEA 340 - HEA 320

Tabella 1.3.2.A – Profili colonne

1.3.3 Controventi

Nella struttura si è reso necessario solamente l’utilizzo di controventi

verticali, per i quali sono stati impiegati profili tubolari cavi, recanti alle

estremità delle pinze appositamente sagomate per il collegamento di questi

ultimi alle piastre saldate alle colonne. Tutti i collegamenti dei controventi

sono stati realizzati mediante perni. La tabella sottostante indica la gamma

dei profili impiegati.

PROFILI CONTROVENTI

TU

BO

LA

RE

D 323.9 x 10

D 273 x 10

D 273 x 8

D 244.5 x 8

D 219.1 x 8

D 177.8 x 6

D 168.3 x 5

Tabella 1.3.3.A - Profili utilizzati per i controventi

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1.3.4 Vano Scala e Ascensore

In tutta la struttura sono presenti cinque vani scala e ascensore, i

quali sono collocati ciascuno all’interno di una maglia di lato 7,5m ed

equamente distribuiti lungo lo sviluppo della costruzione. Al centro della

maglia sono presenti un nucleo ascensore porta lettighe ed un ascensore di

dimensioni più ridotte. La scala si snoda intorno a questi due corpi ed è

realizzata mediante due rampe parallele collegate tramite un pianerottolo

intermedio. Ciascuna rampa è realizzata attraverso una coppia di cosciali

paralleli collegati, mediante unioni bullonate con squadrette, a delle colonne

appositamente previste per lo scopo. A livello di piano è presente un solaio

con pannelli alveolari precompressi come quello precedentemente descritto,

mentre il pianerottolo è costituito da lastre di vetro satinato sorrette da una

serie di travi. Gli elementi strutturali usati per il corpo scala ascensore sono

profili a doppio T per le colonne, IPE per le travi, UPN per i cosciali, per i

controventi di questi ultimi e del telaio ascensore, profili tubolari cavi per il

collegamento trasversale dei cosciali.

1.3.5 Fondazioni

Come detto, la tipologia di fondazione utilizzata è una fondazione a

plinti isolati collegati da cordoli. Solo al di sotto del corpo scala ascensore

viene realizzata una piccola platea di dimensioni??. I plinti possono essere

raggruppati in base alla geometria in tre tipologie fondamentali:

PL1: 1,5x1,5 m in pianta e 1 m in profondità;

PL2: 1,8x1,8 m in pianta e 1 m in profondità;

PL3: 2,5x2,5 m in pianta e 1,5 m in profondità

1.4 Normative di riferimento

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19

Il suddetto progetto è stato redatto conformemente alle vigenti leggi e le

verifiche seguono le prescrizioni delle norme:

Decreto Ministeriale LL.PP. 14 gennaio 2008: “Norme tecniche per le

costruzioni”;

Circolare 2 febbraio 2009, n. 617

In fase di predimensionamento e nei casi in cui le precedenti norme non

fornivano indicazioni dettagliate, si è fatto riferimento anche a:

Eurocodice 3 – Progettazione delle strutture in acciaio

Parte 1-1: Regole generali e regole per gli edifici

ENV 1993 – 1- 1

CNR-UNI 10011

CNR-UNI 10025

1.5 Materiali

In seguito si riportano le principali caratteristiche dei materiali utilizzati

per la parte strutturale dell’opera. In allegato verranno riportate le schede

tecniche sia di questi materiali che di quelli per uso non strutturale.

1.5.1 Acciaio da carpenteria metallica

Gli acciai utilizzati per gli elementi strutturali travi, colonne, cosciali,

controventi del telaio ascensore, piatti di rinforzo nei collegamenti sono

appartenenti alle classi riportate in tabella:

Tabella 1.5.1.A - Laminati a caldo con profili a sezione aperta

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20

Mentre per quanto riguarda gli elementi di controventamento sono si fa

riferimento alla seguente tabella:

Tabella 1.5.1.B - Laminati a caldo con profili a sezione cava

In sede di progettazione sono stati assunti convenzionalmente i seguenti

valori nominali delle proprietà del materiale:

Modulo elastico E = 210000 2

Modulo di elasticità trasversale G = 2

Coefficiente di Poisson ν = 0.3

Coefficiente di espansione termica lineare α = per

(per temperature fino a 100°C)

Densità ρ = 7850

1.5.2 Acciaio per bulloni e connessioni

Per le varie unioni bullonate sono stati impiegati bulloni di classe 6.8 e

8.8 aventi le seguenti caratteristiche:

Tabella 1.5.2.A - Classi bulloni e corrispondenti tensioni di snervamento e rottura

1.5.3 Acciai speciali

Per tutte le connessioni a perno e per i tirafondi impiegati nei

collegamenti di fondazione tra colonne e plinti, sono stati utilizzati acciai

speciali per grossa bulloneria aventi le seguenti caratteristiche:

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21

Tabella 1.5.3.A - Acciai speciali per grossa bulloneria

1.5.4 Acciaio per cemento armato

L’acciaio utilizzato nelle parti in cemento armato è del tipo B450C,

caratterizzato dai seguenti valori nominali delle tensioni di snervamento e

rottura utilizzate nei calcoli:

Tabella 1.5.4.A - Valori nominali delle tensioni di snervamento e rottura

e conforme al rispetto dei seguenti requisiti previsti dalle NTC08:

Tabella 1.5.4.B - Requisiti richiesti dalle norme per acciaio B450C

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22

1.5.5 Acciaio per cemento armato precompresso

Per i pannelli di solaio alveolare precompresso sono stati utilizzati trefoli

a 7 fili di acciaio dalle seguenti caratteristiche:

Tabella 1.5.5.A - Caratteristiche geometriche e meccaniche dell'acciaio per c.a.p.

1.5.6 Calcestruzzo

In tutta la struttura il calcestruzzo gettato in opera è stato impiegato

esclusivamente nella realizzazione delle fondazioni e della soletta del

solaio. In entrambe i casi si è adoperato un calcestruzzo di classe C28/35.

Per quanto riguarda invece i pannelli alveolari precompressi di cui è

composto il solaio, è stato utilizzato un di classe C45/55.

Le caratteristiche di tali calcestruzzi sono riassunte in tabella:

Tabella 1.5.6.A - Caratteristiche meccaniche cls C28/35

CALCESTRUZZO Classe C28/35

Rck 35 N/mm2 Resistenza cubica caratteristica

fck 29.05 N/mm2 Resistenza cilindrica caratteristica

fcm 37.05 N/mm2 Resistenza cilindrica media

fctm 2.83 N/mm2 Resistenza media a trazione assiale

fctk 1.98 N/mm2 Resistenza caratteristica a trazione assiale (frattile 5%)

fcfm 3.40 N/mm2 Resistenza media a trazione per fless

Ec 32588 N/mm2 Modulo elastico

αcc 0.85 - Coeff riduttivo per resistenze di lunga durata

γC 1.5 - Coeff parziale di sicurezza

fcd 16.46 N/mm2 Resistenza di calcolo a compressione

fctd 1.32 N/mm2 Resistenza di calcolo a trazione

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23

Tabella 1.5.6.B - Caratteristiche meccaniche cls C45/55

1.5.7 Prodotti per uso strutturale

Sono stati utilizzati dispositivi di vincolo dinamici del tipo

Sono stati impiegati, in prossimità del giunto strutturale, dei connettori a

taglio per il trasferimento dello stesso tra le due semistrutture al fine di

mantenere un comportamento globale dell’intera costruzione come in

assenza del giunto stesso. Tali connettori sono del tipo HALFEN

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1.5.8 Materiali per uso non strutturale

Per quanto riguarda i materiali per uso non strutturale, quali ad esempio

pannelli di rivestimento delle facciate, pavimenti, impermeabilizzazioni,

ecc.. si veda appendice C.

2. AZIONI

CALCESTRUZZO Classe 45/55

Rck 45 N/mm2 Resistenza cubica caratteristica

fck 37.35 N/mm2 Resistenza cilindrica caratteristica

fcm 45.35 N/mm2 Resistenza cilindrica media

fctm 3.35 N/mm2 Resistenza media a trazione assiale

fctk 2.35 N/mm2 Resistenza caratteristica a trazione assiale (frattile 5%)

fcfm 4.02 N/mm2 Resistenza media a trazione per fless

Ec 34625 N/mm2 Modulo elastico

αcc 0.85 - Coeff riduttivo per resistenze di lunga durata

γC 1.5 - Coeff parziale di sicurezza

fcd 21.17 N/mm2 Resistenza di calcolo a compressione

fctd 1.56 N/mm2 Resistenza di calcolo a trazione

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24

Si considerano le azioni che interessano la costruzione. I carichi

vengono calcolati in base alle disposizioni del “D.M. 14 gennaio 2008”.

2.1 Carichi verticali

I carichi verticali agenti sulla costruzione sono i carichi permanenti

strutturali e non strutturali, i carichi antropici, il carico neve.

2.1.1 Carichi permanenti strutturali e non strutturali

2.1.1.1 Piano tipo

CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI (GK1)

Materiale Spessore(mm) kN/m3) Peso (kN/m2)

PANNELLO ALVEOLARE

PRECOMPRESSO

160 2.62

SOLETTA 60 24 1.44

TOT 4.06

Tabella 2.1.1.1.A : Carichi permanenti strutturali

CARICHI PERMANENTI NON STRUTTURALI (GK2)

Materiale Spessore(mm) kN/m3) Peso (kN/m2)

MASSETTO 55 14 0.77

PANNELLO

(isolante+porta tubo)

57 0.3 0.017

PAVIMENTO (linoleum) 5 0,1

IMPIANTI 0.3 0,2

TRAMEZZI 0

CONTROSOFFITTO 0,3

TOT 1.39

Tabella 2.1.1.1.B: Carichi permanenti non strutturali

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25

CARICHI VARIABILI (QK)

ANTROPICO (QK1) 6 kN/m2

Tabella 2.1.1.1.C: Carichi permanenti variabili

2.1.1.2 Copertura

CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI (GK1)

Materiale Spessore(mm) kN/m3) Peso (kN/m2)

LAMIERA GRECATA 0.8 0.1

SOLETTA 73 24 1.75

TOT 1.85

Tabella 2.1.1.2.A: Carichi permanenti strutturali

CARICHI PERMANENTI NON STRUTTURALI (GK2)

Materiale Spessore(mm) kN/m3) Peso (kN/m2)

MASSETTO 50 14 0.7

PANNELLO

(di copertura)

0.07

IMPIANTI 0.3 0,2

CONTROSOFFITTO 0,3

TOT 1.39

Tabella 2.1.1.2.B: Carichi permanenti non strutturali

CARICHI VARIABILI (QK)

MEZZI D’OPERA (QK1) 1.5 kN/m2

NEVE (QK2) 0.63 kN/m2

COPERTURA NON PRAT. (QK3) 0,5 kN/m2

Tabella 2.1.1.2.C: Carichi permanenti variabili

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26

2.1.2 Carico Antropico

La destinazione d’uso della struttura è quella di parcheggio e locali

per macchinari nei tre piani interrati e ambienti ad uso ospedaliero per i sei

piani fuori terra. Il valore del carico antropico da considerare è stato

richiesto dal committente e valutato pari a 6 kN/m2; fa eccezione la

copertura che viene considerata accessibile per la sola manutenzione, il

carico in questo caso è di 0,5 kN/m2. Sulle scale, che appartengono alla

categoria C2, agisce una pressione pari a 4 kN/m2. Nella tabella 2.1 sono

riassunte le azioni considerate.

Ambiente categoria qk [kN/m2]

Rimesse e

parcheggi

F parcheggi 6* *(Richiesto dal

committente)

Suscettibili di

affollamento

C1

C2

ospedali

scale comuni

6* *(Richiesto dal

committente)

coperture e

sottotetti

H1 coperture accessibili per la

sola manutenzione

0.5

Tabella 2.1.2.A: Carichi antropici agenti sulla struttura

2.1.3 Carico da neve

La struttura appartiene alla zona 3, l’altitudine è di circa 405 m sul

livello del mare per cui il valore caratteristico di riferimento del carico da

neve al suolo (qsk) per un periodo di ritorno di 50 anni è pari a 0,87 kN/m2.

Si considera un coefficiente di esposizione CE pari a 0,9 che

corrisponde ad aree pianeggianti battute dai venti, senza costruzioni o alberi

più alti. Tale scelta progettuale è da considerarsi esclusivamente cautelativa,

in quanto non trova riscontro nell’ambiente urbano in cui la struttura si

colloca. In assenza di uno specifico documento di studio si considera un

coefficiente termico (CT) pari ad 1.

La copertura dell’edificio presenta inclinazioni α rispetto

all’orizzontale 0 , per cui si assume un coefficiente di forma 1

uguale a 0,8.

Il carico da neve è pari a: .

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27

2.2 Azione sismica

L’azione sismica viene calcolata con riferimento a due stati limite:

quello di danno (S.L.D.) per quanto riguarda l’esercizio, e quello di

salvaguardia della vita (S.L.V.) per quanto riguarda le condizioni ultime. Si

considera una categoria di terreno B, cioè terreni a grana grossa molto

addensati, mentre la categoria topografica risulta essere T1 (superficie

pianeggiante). Si considera uno smorzamento convenzionale pari al 5%.

La vita nominale della costruzione è pari a 100 anni (grandi opere),

essendo inserita nella terza classe d’uso (costruzioni il cui uso preveda

affollamenti significativi) si ricava una vita di riferimento di 150 anni.

Gli spettri ottenuti dal calcolo, riferiti alla componente orizzontale

del moto sismico (l’unica che si considera), sono riportati in figura 2.1. Si

precisa che lo spettro di progetto ottenuto scalando lo spettro SLV elastico

rispetto al fattore di struttura calcolato attraverso le indicazioni di norma,

per il caso in esame risultava presentare delle ordinate spettrali tutte al di

sotto dello spettro SLD, per cui volendo garantire un comportamento

elastico della struttura rispetto alle azioni da stati limite di esercizio, si è

deciso di adottare proprio lo spettro elastico relativo allo SLD come spettro

di progetto. Questa scelta ha comportato la rinuncia a parte delle possibili

riserve di duttilità possedute dalla struttura a favore di una maggior

resistenza, al fine di evitare danneggiamenti sotto l’azione di sismi con

basso periodo di ritorno.

Tabella 2.2.A – Fattore di struttura q0 da normativa

Come si può vedere dalla Tab. 2.2.A il fattore di struttura teorico preso

dalle indicazioni di normativa sarebbe potuto essere q0 = 4, a seguito della

scelta descritta in precedenza si è ricavato a posteriore un q0,equivalente ≈ 2.2.

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28

Vista la classe d’uso della struttura, le norme prevedono anche delle

verifiche sugli spostamenti che garantiscono l’immediata occupabilità

dell’edificio a seguito di eventi sismici relativi allo SLO.

Tabella 2.2.B - Informazioni di base per il calcolo degli spettri

Figura 2.2.1 Spettri di risposta (componente orizzontale) S.L.D. e S.L.V.

Figura 2.2.2 - Spettri di risposta (componente orizzontale) S.L.D. e S.L.O.

SITO RIETI

VITA NOMINALE (anni) 100

COEFFICIENTE D'USO 1.5

CLASSE D'USO III

CATEGORIA DI SOTTOSUOLO B

CATEGOTIA TOPOGRAFICA T1

q da NTC 3.2

q,equivalente 2.2

0.000

0.100

0.200

0.300

0.400

0.500

0.600

0.700

0.000 0.500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500 4.000

a (m

/s2

)

T (s )

SPETTRI DI RISPOSTA

SLD SLV elastico SLV di progetto

q equivalente

0.000

0.050

0.100

0.150

0.200

0.250

0.300

0.350

0.000 0.500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500 4.000

a (m

/s2

)

T (s )

SPETTRI DI RISPOSTA PER VERIFICHE AGLI STATI LIMITE DI

ESERCIZIO

SLD SLO

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29

2.3 Azione del Vento

2.4 Azione della temperatura

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30

Sono stati considerati gli effetti della variazione termica applicando a tutti

gli elementi strutturali opportuni valori di ΔTu previsti dalla norma.

Tabella 2.4.A - Valori di ΔTu per gli edifici

2.5 Combinazione delle azioni

Per quanto concerne la combinazione dell’azione sismica con i

carichi verticali la normativa specifica che questa debba essere effettuata,

per lo Stato Limite Ultimo e per lo Stato Limite di Danno secondo la

formula:

i

KiQiKPKGE QPGEFd )( 2

dove:

E rappresenta l’azione sismica per lo stato limite considerato e

per la classe di importanza in esame;

KG rappresenta il valore caratteristico della azione permanente

(peso proprio, carichi permanenti portati, precompressione,

ecc);

KQ rappresenta il valore caratteristico dell'azione variabile;

KP rappresenta il valore caratteristico della deformazione

impressa (effetto della temperatura, deformazione del terreno,

viscosità, ritiro, etc.);

E , G , Q , P rappresentano i coefficienti parziali (Tabella 5.2-VI a);

2i sono i coefficienti di combinazione delle azioni variabili (Tabella

3.2.VI).

3. SCELTE PROGETTUALI

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31

3.1. Scelte progettuali globali

L’opera in questione, come già precedentemente indicato, sarà adibita

ad uso ospedaliero per la gran parte. Risulta quindi essere una costruzione

di notevole importanza, non solo in relazione alle funzioni svolte al suo

interno, ma anche riguardo le dimensioni.

Per quanto riguarda le scelte progettuali globali, la strategia di progetta

zione adottata è stata quella per specializzazione. Ciò significa che si sono

voluti individuare due sistemi resistenti differenti per resistere ai carichi

verticali e orizzontali. Si è scelto quindi di realizzare una struttura

totalmente a ritti pendolari, nella quale i percorsi di carico dalla sommità

fino in fondazione fossero chiari e facilmente individuabili. Tale scelta

comporta anche la possibilità di operare una ottimizzazione locale degli

elementi, i quali assolvono solamente alla funzione specifica per la quale

sono stati progettati, e inoltre in presenza di eventuali danneggiamenti si ha

il vantaggio di poter procedere a una manutenzione più semplice e mirata,

sostituendo direttamente gli elementi messi fuori servizio. Tuttavia questa

strategia di progettazione porta con se anche dei possibili svantaggi, quali la

canalizzazione di elevate concentrazioni di tensione in zone localizzate,

come ad esempio gli scarichi dei controventi in fondazione. Di tutto ciò si è

tenuto conto cercando, nonostante la specializzazione dei diversi sistemi

resistenti, di distribuire, nel rispetto dei vincoli progettuali, i controventi nei

vari telai della struttura.

Il sistema resistente ai carichi verticali è costituito dalle colonne, dalle

travi binate dal solaio alveolare precompresso. Il vantaggio di adottare

questa scelta rispetto a un più classico solaio con travi principali, secondarie

e lamiera grecata, è stato quello di avere una maggiore resistenza al fuoco,

un minor numero di connessioni da realizzare tra travi principali e

secondarie, una posa in opera dei pannelli facile e rapida, ed è stato dettato

anche da esigenze di tipo architettonico che limitavano l’altezza massima

del pacchetto solaio. Ai controventi non è stata affidata funzione portante

rispetto ai carichi verticali per evitare una prematura instabilizzazione anche

sotto l’azioni di sismi di modesta entità. In tal modo si evita anche il

pericolo che le colonne, a seguito dell’instabilizzazione del controvento,

non abbiano la capacità di sopportare l’incremento di carico dovuto al

mancato contributo del controvento.

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32

Il sistema resistente ai carichi orizzontali è costituito invece dai

controventi, per i quali, come già detto, si è scelta una configurazione che li

vedesse distribuiti abbastanza uniformemente nell’ambito dei vari telai,

sempre nel rispetto dei vincoli architettonici. Questa scelta è stata fatta

anche cercando di evitare, per quanto possibile, un eccessiva

concentrazione di tensioni localizzata in fondazione nelle zone di scarico

degli stessi.

Per quanto riguarda la scelta progettuale sulla tipologia di fondazioni

da adottare, si è deciso per una fondazione diretta, nello specifico una

fondazione su plinti collegati tra loro mediante cordoli per garantire alla

fondazione un comportamento d’insieme sotto azioni sismiche.

La struttura non presenta zone specializzate a portare a terra le azioni

orizzontali, la distribuzione delle colonne è regolare in pianta cosi come è

uniforme il posizionamento degli elementi di controventamento. Questa

caratteristica di uniformità, insieme alle importanti dimensioni, e alle buone

caratteristiche meccaniche del terreno ha permesso di adottare questa

soluzione.

3.2 Scelte progettuali locali

Si illustrano in seguito le scelte progettuali specifiche per ciascun elemento

strutturale, entrando successivamente nel merito del predimensionamento

effettuato.

3.2.1 Solaio

3.2.1.1 Solaio piano tipo

3.2.1.2 Solaio copertura

Per il solaio di copertura sono state effettuate scelte diverse rispetto

al solaio tipo. In questo caso infatti non è più necessario garantire cavedi

verticali per il passaggio degli impianti, inoltre, la diversa destinazione

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33

d’uso ha permesso di utilizzare profili molto più snelli che potessero

rispettare il vincolo sullo spessore massimo del pacchetto solaio.

Si è optato per la scelta solaio composto in acciaio-calcestruzzo.

Esso è costituito da una lamiera grecata di acciaio su cui viene eseguito un

getto di calcestruzzo normale o alleggerito. La lamiera ha la funzione di

cassero durante la costruzione e costituisce parte o tutta l’armatura

longitudinale dopo l’indurimento del calcestruzzo. Poiché non è sufficiente

la semplice adesione chimica fra la lamiera e il calcestruzzo, sono previste

opportune lavorazioni superficiali o particolari sagome per garantire

l’aderenza fra acciaio e calcestruzzo (Fig. 1).

Figura 3.2.1.2.1 - Connessione per ingranamento meccanico tra calcestuzzo e lamiera grecata

In questo caso, la trave principale è resa collaborante con la soletta,

mentre le due travi secondarie ad interasse 2.5 m sono dimensionate come

sezioni di solo acciaio. Il predimensionamento è stato effettuato riferendoci

alla analisi dei carichi riportata nel paragrafo 2.1.1.2.

Per la trave principale si è fatto riferimento allo schema di trave

mista appoggiata, sollecitata da due forze concentrate in corrispondenza

dell’attacco con la trave secondaria. Le travi secondarie, invece, sono

sempre incernierate ma soggette ad un carico distribuito sulla larghezza di

influenza. Per il solaio, invece, si è utilizzato lo schema di trave continua su

quattro appoggi.

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34

3.2.2 Travi

3.2.2.1 Travi binate alveolari

Nella scelta della disposizione delle travi e delle tipologia da

adottare, ha giocato un ruolo importante la necessità di dover garantire la

massima flessibilità per la distribuzione degli impianti in orizzontale e in

verticale, rispettando i vincoli progettuali imposti dal Committente sullo

spessore massimo del pacchetto solaio.

Le scelte, già citate nel paragrafo relativo al solaio, hanno permesso

di considerare come soluzione performante quella delle travi binate con

profilo alveolare.

Le due travi binate, permettono di avere grande libertà in verticale

per il passaggio degli impianti di riscaldamento, antincendio e smaltimento

delle acque reflue.

La flessibilità in orizzontale è garantita dall’utilizzo di profili

alveolari con fori esagonali.

Individuato il profilo da utilizzare, si è cercato di ottimizzare lo

stesso, in modo da avere una soluzione leggera, e con fori di diametro

maggiore.

E’ stato effettuato un primo predimensionamento riferendoci ad una

trave appoggiata con una larghezza di influenza di 3.75 m e una lunghezza

totale di 7.2 m. I carichi presi in considerazione sono riportati nella analisi

dei carichi al paragrafo 2.1.1.1.

Per sfruttare in termini di rigidezza la soletta in calcestruzzo, si è

pensato di renderla collaborante, riferendoci perciò ad una sezione mista

acciaio-calcestruzzo. Le Norme Tecniche forniscono un criterio per la

valutazione della larghezza collaborante. In questo caso, per come è

garantita la collaborazione, si è ritenuto di fare affidamento su un blocco di

altezza 22 cm e larghezza 28 cm per mezzo di pioli tipo Nelson di altezza h

= 110 mm e diametro d = 19 mm .

I pioli vengono dimensionati con la forza di scorrimento Vl ricavata

ricorrendo alle indicazioni dell’Eurocodice per le sezioni miste acciaio-

calcestruzzo. Per collegamenti a completo ripristino, la forza totale di

scorrimento di progetto V deve essere contrastata dai connettori fra le

sezione di massimo momento positivo e un appoggio di estremità.

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35

La forza di scorrimento Fcf = 1100 KN, e la resistenza di calcolo a taglio di

un piolo dotato di testa, saldato in modo automatico, con collare di

saldatura normale, posto

in una soletta di calcestruzzo piena può essere assunta pari al minore dei

seguenti

valori:

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36

Scegliendo un pioli di altezza h =110 mm e diametro d=19 mm , il minimo

valore di PRD,a = 79,5 KN, questo richiede che nella trave il numero di pioli

sia pari a 35 ed abbiano un passo di 215 mm.

Di seguito si riporta il predimensionamento della trave.

La trave è stata dimensionata verificando la sezione in mezzeria come

segue:

1. nella prima fase come sola trave in acciaio, sollecitata dal peso

proprio, quello dei pannelli alveolari in precompresso e del peso del

getto di calcestruzzo;

2. nella seconda fase si è fatto riferimento ad una sezione mista

acciaio-calcestruzzo, sulla quale agiscono oltre ai carichi strutturali e

non strutturali, anche i variabili. La sezione mista è stata ricondotta

ad una sezione in acciaio considerando un coefficiente di

omogeneizzazione pari a 6, valutato come rapporto tra i moduli

elastici dei materiali;

3. nella terza fase la verifica è stata condotta a lungo termine,

considerando un coefficiente di omogeneizzazione pari a 19. Questa

terza fase è più impegnativa per la sezione in acciaio, poiché si

riduce il contributo del calcestruzzo per effetto dei fenomeni viscosi

che si verificano a lungo termine;

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37

Tabella 3.2.2.1.A – Caratteristiche dei materiali

CARATTERISTICHE DEI MATERIALI

A. DA CARPENTERIA Tipo S355

Ea 210000 N/mm2

Modulo elastico

G 80769.2 N/mm2

Modulo di elasticità trasversale

ν 0.3 - Coeff. di Poisson

fyk 355 N/mm2

Tensione caratteristica di snervamento

γM0 1.05

fyd 338.1 N/mm2

Resistenza di calcolo

CALCESTRUZZO Classe C28/35

Rck 35 N/mm2

Resistenza cubica caratteristica

fck 29.05 N/mm2

Resistenza cilindrica caratteristica

fcm 37.05 N/mm2

Resistenza cilindrica media

fctm 2.83 N/mm2

Resistenza media a trazione assiale

fctk 1.98 N/mm2

Resistenza caratteristica a trazione assiale (frattile 5%)

fcfm 3.40 N/mm2

Resistenza media a trazione per fless

Ec 32588 N/mm2

Modulo elastico

αcc 0.85 - Coeff riduttivo per resistenze di lunga durata

γC 1.5 - Coeff parziale di sicurezza

fcd 16.46 N/mm2

Resistenza di calcolo a compressione

fctd 1.32 N/mm2

Resistenza di calcolo a trazione

A. PER ARMATURE Tipo B 450 C

fyk 450 N/mm2 Tensione caratteristica di snervamento

γs 1.15 -

fyd 391.3 N/mm2 Resistenza di calcolo

A. CONNESSIONI

ft 430 N/mm2 Resistenza a rottura acciaio piolo

γV 1.25 -

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38

Tabella 3.2.2.1.B – Caratteristiche del profilo alveolare, caratteristiche geometriche e azioni

per verifiche

SCELTA DEL PROFILATO DALLE TABELLE DI PREDIMENSIONAMENTO

PROFILATO SCELTO HEA 280-400 ALV Profilo alveolare poligonale

b 280 mm Larghezza ali

tf 13 mm Spessore ali

tw 8 mm Spessore anima

H 400 mm Altezza sezione

D 260 mm Max altezza del foro

G 0.76 KN/m Peso

A 8192 mm2

Area sezione forata

S 1638400 mm3

Momento statico risp all'asse // al bordo superiore dell'ala..

Iy 295840522.7 mm4

Momento d'inerzia risp all'asse baricentrico della sez. forata

Wy 1479202.61 mm3

Rigidezza flessionale

x 200 mm Altezza asse x baricentrico

L 7.2 m Luce della trave

i 3.75 m Larghezza d'influenza

H tot 620 mm Altezza pacchetto solaio

hcls 220 mm Altezza cls collaborante

bo 215 mm Interasse pioli

n be 0

b eff 280 mm Larghezza soletta collaborante

A cls 61600 mm2

Area cls collaborante

xs 110 mm Dist baric soletta da asse bordo sup soletta

c 80 mm Appoggio del pannello

d 120 mm Distanza tra pannelli

A' collaborante 61600 mm2

Area cls collaborante

x'c 110 mm Dist baric area collaborante cls dall'asse bordo sup soletta

ACLS 61600 mm2

Area collaborante totale di cls

Sc 6776000 mm3

Momento statico sez rett di cls risp bordo sup soletta

xCLS 110.000 mm Baricentro sez rett di cls risp bordo sup soletta

Ic 248453333.3 mm4

Momento d'inerzia baricentrico sez rett di cls

CARATTERISTICHE GEOMETRICHE

Gpv 60.7 KN/m Carico permanenti+variabili combinato agli SLU

Gpp 0.9932 KN/m Carico peso proprio trave combinato agli SLU

Gp+s+tr 21.7945 KN/m Carico pannelli+soletta+travette SLU

Gnn_str 10.99875 KN/m Carico permanenti non strutturali+tramezzi SLU

Q 33.75 KN/m Carico variabile SLU

M1 6.4 KNm Momento dato dal peso proprio della trave SLU

M2 141.2 KNm Momento pannelli+soletta+travette

M3 71.3 KNm Momento dei permanenti non strutturali

M4 218.7 KNm Momento dei variabili

FASI DI CALCOLO E VERIFICHE AGLI SLU PER LA TRAVE

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39

Tabella 3.2.2.1.C – Fasi di calcolo

M1 6.4 KNm

M2 141.2 KNm

бa,sup 99.8 N/mm2 0K

бa,inf 99.8 N/mm2 0K

FASE 1 (SOLO TRAVE IN ACCIAIO)

n 6 - Coeff. omogeneizzazione a breve termine

ACLS 61600 mm2

Area collaborante totale di cls

xCLS 110.00 mm Baricentro sez a T di cls risp bordo sup soletta

At 8192 mm2

Area sez. forata acciaio

xt 420.0 mm Dist baricentro acciaio dal bordo sup soletta

Atot 17751.2 mm2

Area tot sez. omogeneizzata

S 4492149.6 mm3

Momento statico acc e cls risp bordo sup soletta

x'' 253.1 mm Baricentro sez omogeneizzata risp bordo sup soletta

I'' 758338131.7 mm4

Momento d'inerzia baricentrico sez omogen.

M3 71.3 KNm

M4 218.7 KNm

б''c (soletta) -15.02 N/mm2

OK

бa,sup -148.37 N/mm2

0K

бa,inf 240.14 N/mm2

0K

FASE 2 (TRAVE + SOLETTA)

n* 19 - Coeff. omogeneizzazione a lungo termine

ACLS 61600.0 mm2 Area collaborante totale di cls

Atot 11378.4 mm2 Area tot sez. omogeneizzata

S 3791143.2 mm3 Momento statico acc e cls risp bordo sup soletta

x''' 333.2 mm Baricentro sez omogeneizzata risp bordo sup soletta

I''' 529153278.7 mm4 Momento d'inerzia baricentrico sez omogen.

Nc 173977.0449 N Compressione da ritiro sulla soletta (metodo di Morsch)

M3 71.3 KNm

M4 218.7 KNm

б''c -12.88 N/mm2 OK

бa,sup -142.35 N/mm2 0K

бa,inf 250.04 N/mm2 0K

FASE 3 (TRAVE + SOLETTA A LUNGO TERMINE)

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40

E’ stata inoltre effettuata una verifica agli stati limite di esercizio,

confrontando la freccia con quella massima assunta pari ad 1/400 di L.

Tabella 3.2.2.1.D – Verifica di deformabilità

In virtù dei risultati ottenuti, il predimensionamento ha permesso di

scegliere come profilo per la trave una HEA 400X280.

E’ stata poi introdotta dell’armatura longitudinale, costituita da 4 Ф 12 di

lunghezza totale L = 3000 mm inserita all’attacco dove il momento è

negativo. Di questi 4 Ф 12, due sono mantenuti continui su tutto lo sviluppo

della trave per garantire l’armatura minima, come da Normativa.

L’armatura all’attacco è stata dimensionata calcolando il momento negativo

agente per la combinazione frequente agli SLE, agente sulla sezione mista

acciaio-calcestruzzo. La risultante di trazione è stata decurtata della

massima resistenza a trazione agli SLE del calcestruzzo, la differenza è

stata affidata alle armature.

Tcls = 305 KN

fctm=2.74 N/mm2

Tarm = Tcls – fctm*Acls = 135 KN

Aarm = Tarm/fyd= 345 mm2

4 Ф 12 A = 452 mm2

VERIFICA ALLO STATO LIMITE DI ESERCIZIO

Gpp+p+s+tr 16.11 KN/m Carico pp+pannelli+soletta+travette

1) fperm_strut 9.1 mm Freccia in mezzeria dovuta ai permanenti strutturali

Gnn_str 6.818 KN/m Carico permanenti non strutturali

2) fnn_str 2.1 mm Freccia in mezzeria dovuta ai permanenti non strutturali

Q 20.4 KN/m Carico variabile

3) fQ 6.4 mm Freccia in mezzeria dovuta ai variabili

f1+f2+f3 17.64 mm

Verifica: OK

fmax 18.00 mm

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41

ALLEGARE SCHEDA TECNICA DELL’ARCELOR

Dimensionamento della connessione trave-soletta

Il calcolo della forza di scorrimento a taglio necessaria per il progetto

dei connettori può essere condotta utilizzando sia la teoria elastica sia la

teoria plastica. Per le connessioni a completo ripristino di resistenza, in

sezioni progettate utilizzando il calcolo plastico, la forza totale di

scorrimento con cui progettare la connessione tra la sezione di massimo

momento positivo e un appoggio di estremità è data da

dove Aa, Ac ed Ase sono le aree,rispettivamente, del profilo in acciaio, della

soletta di calcestruzzo e dell’armatura longitudinale compressa. La forza di

scorrimento tra una sezione soggetta al minimo momento flettente e la

sezione soggetta al massimo momento flettente (appoggio intermedio e

campata) è pari a:

La forza di scorrimento Fcf , ricavata utilizzando la relazione sopra riportata

è pari a 1100 KN.

La resistenza di calcolo a taglio di un piolo dotato di testa, saldato in

modo automatico, con collare di saldatura normale, posto in una soletta di

calcestruzzo piena può essere calcolata utilizzando le relazioni riportate

nelle Norme Tecniche e qui di seguito proposte.

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42

Scegliendo un pioli di altezza h =100 mm e diametro d=19 mm, con

un valore di ft = 450 N/mm2 il minimo valore di PRD,a = 79,5 KN, questo

richiede che nella trave il numero di pioli sia pari a 35 ed abbiano un passo

di 215 mm.

Una volta dimensionata la connessione è necessario disporre

dell’armatura trasversale in soletta per l’eliminazione di possibili rotture

fragili nel calcestruzzo a causa degli elevati sforzi di taglio che si

concentrano in prossimità della connessione piolata.

L’armatura trasversale deve essere disposta in modo tale da

rinforzare e cucire tali superficie di scorrimento potenziali.

La sollecitazione di taglio agente lungo tali superfici critiche, ν Ed, è

determinata, sulla base delle ipotesi di calcolo seguite per la definizione del

momento resistente plastico della sezione, dalla forza di compressione

massima sviluppata in soletta. Per cui la sollecitazione di taglio per unità di

lunghezza si ricava, vedi figura di seguito riportata, dalla formula:

dove hf è lo spessore della piattabanda in calcestruzzo e Δx la distanza tra la

sezione di momento massimo e minimo e la sezione di momento nullo.

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43

con Asf è l’area della singola barra longitudinale ed sf è l’interasse tra le

barre.

In questo caso, considerando la forza di taglio Fcf di 1100 KN, dal calcolo,

si rende necessario un Ф 8/250 mm, che viene integrato nella armatura di

continuità dei pannelli.

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44

3.2.2.2 Travi perimetrali

Per quanto riguarda le travi perimetrali sono stati impiegati profili

IPE collegati mediante unioni bullonate con squadrette alle colonne per

schematizzare il vincolo a cerniera adottato nel modello di calcolo.

Anche le travi perimetrali sono pensate collaboranti con il getto di cls in

opera e tale collaborazione è ottenuta tramite il fissaggio di pioli sull’ala

superiore delle stesse.

Per quanto riguarda il predimensionamento e la verifica si è

proceduto in analogia a quanto appena descritto per le travi binate alveolari.

3.2.3 Colonne

3.2.4 Controventi

Nella direzione del lato lungo della struttura, la presenza di travi binate

ha consentito di adottare, per i controventi, la scelta di realizzare un

collegamento fra due piani non immediatamente successivi ma intervallati

da un terzo piano intermedio. In corrispondenza di tale piano intermedio il

controvento passa attraverso le travi binate. La presenza di queste ultime

quindi fa si che i controventi siano collegati solamente alle colonne e tale

collegamento è stato realizzato fissando le estremità del controvento,

sagomate con una doppia pinza, mediante un perno ad un piatto saldato a

ciascuna colonna.

La scelta di realizzare il seguente collegamento nasce dall’esigenza di

avere uno spazio adeguato per poter realizzare delle aperture anche in

corrispondenza dei telai controventati, in quanto si era previsto in fase

preliminare che la maggior parte degli accessi ai vari ambienti sarebbe stata

localizzata proprio in corrispondenza dei telai sul lato lungo.

Se da un lato la soluzione adottata ha risolto il problema delle aperture,

dall’altro ne ha posto un altro. I profili da adottare risultano essere lunghi

poco più di 10m, quindi sono molto snelli e soggetti a fenomeni di

instabilità.

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45

Per contrastare il fenomeno dell’instabilità su tali controventi,

particolarmente lunghi, si è scelto in seguito di realizzare a livello del piano

intermedio, dove il controvento passa attraverso le travi binate, una sorta di

collare (vedi modellazione dei nodi § 7.3.1) che avesse la funzione di

bloccare dall’eventuale sbandamento il controvento, consentendo così a

quest’ultimo di lavorare con una lunghezza libera d’inflessione dimezzata

con ovvi vantaggi dal punto di vista degli sforzi portati. Il collare

precedentemente menzionato è stato realizzato inserendo un piatto verticale

nel controvento attraverso un’asola appositamente realizzata nello stesso e

successivamente saldando i due elementi. Parallelamente viene saldato un

piatto verticale a destra e a sinistra dell’anima della trave, in modo che a

fine montaggio dei vari elementi questi piatti possano trovarsi a contatto

con quello uscente dal controvento. Successivamente il collegamento tra le

travi e il controvento viene completato bullonando i due piatti.

Per quanto riguarda le scelte effettuate sulla disposizione dei controventi

sul lato corto, non avendo particolari vincoli progettuali, si è deciso di

adottare una configurazione a croce sempre a due piani, con l’inserimento

di un piatto nella zona di incrocio dei controventi, i quali non saranno

costituiti da profili continui ma da due parti indipendenti che verranno

collegati tramite perni al piatto suddetto.

I controventi sono stati posizionati simmetricamente rispetto all’asse

della struttura e sono distribuiti in modo abbastanza uniforme sui vari telai.

3.2.5 Corpo scala e ascensore

L’edificio è dotato di cinque corpi scala muniti ciascuno di 2 vani

ascensore. I corpi mettono in comunicazione verticale i 9 piani dell’edificio.

Il vano scala presenta una tipologia di struttura portante ordinaria. Essa è

inserita all’interno di una maglia che misura 7.5 m per 7.5 m. Nelle

seguente pianta è possibile riconoscere dove sono inseriti i corpi scala.

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46

Figura 3.2.5.1 – Disposizione dei corpi scala ascensore in pianta

Gli ascensori inseriti all’interno del corpo scala sono due: uno è porta

lettighe e occupa una dimensione in pianta di 330 x 240 cm con portata

massima di 2000 kg, mentre l’altro ascensore è 180 x 240 cm con portata

massima di 630 kg.

Figura 3.2.5.2 - Tipologie di ascensori

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47

Dal punto di vista strutturale il corpo scala è costituito da 12 colonne,

disposte come visibile nella pianta di sotto riportata.

Figura 3.2.5.3 – Pianta corpo scala ascensore

I profili utilizzati sono HE 320 A e HE 360 M. Questa disposizione

degli elementi verticali, permette di avere un corpo scala regolare e con

buona rigidezza, essendo questo collaborante con il resto della struttura per

azioni orizzontali . La scala ha anche la funzione di essere una via di fuga in

caso di emergenza, perciò, vista l’importanza, si è optato per una soluzione

semplice dal punto di vista strutturale.

La scala è composta da n.2 rampe spezzate da un pianerottolo di

interpiano. La lunghezza complessiva di ognuna di esse, è pari a 3.6 m. La

struttura di sostegno della singola rampa consta di n.2 cosciali affiancati

posti a distanza l’uno dall’altro di 1.67 m. I cosciali sono collegati per

mezzo di squadrette alle ali delle colonne. Il profilo del cosciale è un

UPN220. Questo profilo è stato ottenuto fissando il rispetto della freccia

massima.

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48

Avendo pensato ad una gradino in vetro,si è deciso di limitare ad

1/1000 della luce la freccia del cosciale. Lo spostamento massimo, agli

S.L.E., è stato perciò fissato pari 3.6 mm.

Dalla letteratura è noto che, per una trave appoggiata , la freccia si

determina tramite la relazione f = .

Il carico agente su ciascun cosciale, avendo effettuato un calcolo

approssimato per quanto riguarda il peso degli elementi non strutturali,

assunto pari a 2 KN/m2 e utilizzando per il carico antropico i 4 KN/m

2

riportati nelle Norme Tecniche è pari a 6.1 KN/m. Dato che la rigidezza

flessionale di un UPN220 è pari a 2691 x 104 mm

4 e il modulo elastico E

dell’acciaio è pari a 210000 N/mm2, dalla formula risulta f = 2.8 mm, la

quale è abbondantemente soddisfatta.

I cosciali paralleli sono irrigiditi da una struttura di

controventamento a croce. Per ogni rampa si inseriscono 2 maglie di

controventi utilizzando come profili degli UPN 60X60X5X5 mm. Inoltre i

cosciali sono collegati tra loro, in modo da garantire una uguale traslazione

orizzontale con dei profili tubolari del tipo Ф 54, s = 2.9 mm collegati come

riportato sulla tavola corrispondente.

Ogni rampa prevede 12 gradini di alzata pari a 16.6 cm e pedata di

31.5 cm per i tre piani interrati e 10 gradini di alzata 17 cm e pedata 31.5

cm per i piani successivi. Il gradino è in vetro satino, di spessore 20 mm e

collegato ai cosciali per mezzo di piatti di appoggio saldati agli UPN.

Vediamo come si compone. Si salda un corpo di sostegno all’interno

dell’ala di entrambi i cosciali. La sua geometria è riportata nella seguente

figura.

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49

Figura 3.2.5.4: Particolare del gradino

Su tutto l’intradosso della suddetta struttura di alloggiamento viene

inserito un piccolo strato di neoprene in modo da evitare contatti diretti tra

acciaio e vetro che, sotto carichi ripetuti, porterebbe alla rottura di

quest’ultimo. Lo stesso viene usato per i rivestimenti verticali dello stesso

che ricordiamo essere obbligatori per le nuove normative antincendio. Lo

spessore delle lastre di rivestimento è pari a 1 cm. Per ulteriori valutazioni

grafiche si può far riferimento alla tavola del vano scala.

Il pianerottolo è costituito sempre da lastre di vetro di spessore 2 cm

che hanno una luce massima di 917 mm. Queste lastre sono collegate a

delle travi di profilo IPE 80 che sono poggiate sull’ala superiore delle IPE

300 incernierate tra le colonne.

Il profilo delle IPE 80 è stato dimensionato anche esso ali S.L.E.

controllando che l’abbassamento massimo sia compatibile con la freccia

massima di 1/1000 richiesta per il vetro.

Tutto il corpo scala, cosi predimensionato è stato modellato e inserito nel

modello globale per valutarne l’interazione con il resto della struttura sotto

azioni orizzontali. Gli elementi del vano ascensore-scala sono stati poi

verificati ricorrendo al check-design.

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50

3.2.6 Collegamenti

3.2.7 Giunti strutturali

3.2.8 Fondazione

Il modello con cui è stata dimensionata la costruzione prevede delle

cerniere come vincoli alla base delle colonne. Il terreno e le fondazioni

della struttura non sono ancora modellate. Il vincolo di cerniera sarà

schematizzato con un collegamento opportuno che connette la colonna al

plinto di fondazione, per i dettagli si rimanda al capitolo.

La scelta progettuale sulla tipologia di fondazioni da adottare ricade

in primo luogo su una fondazione diretta, nello specifico una fondazione su

plinti collegati tra loro mediante cordoli per garantire alla fondazione un

comportamento d’insieme sotto azioni sismiche.

La struttura non presenta zone specializzate a portare a terra le azioni

orizzontali, la distribuzione delle colonne è regolare in pianta cosi come è

uniforme il posizionamento degli elementi di controventamento. Questa

caratteristica di uniformità, insieme alle importanti dimensioni, e alle buone

caratteristiche meccaniche del terreno ha permesso di adottare questa

soluzione. Avendo adottato fondazioni dirette su plinti, il problema

principale in questo caso poteva essere rappresentato dai cedimenti

differenziali, soprattutto in questo caso in presenza di terreni granulari . E’

stato necessario perciò controllare la compatibilità dei cedimenti

differenziali con le caratteristiche della struttura in elevazione, e per

valutare ciò si è ricorso al controllo di alcune grandezze caratteristiche,

come riportato in letteratura.

La situazione stratigrafica del terreno su cui sarà edificata la struttura

è riportata nella figura 7.1: dal piano campagna, i primi 0.6 m di profondità

sono costituiti da riporti, tale deposito poggia su uno strato di sabbia con

ghiaia fino alla profondità di 3.6 m . Lo strato successivo, che raggiunge la

profondità di 8 m è costituito da sabbia limosa con ghiaia e poi abbiamo

uno strato di circa 20 m di sabbia debolmente limosa. La falda è presente a

15 m di profondità dal piano campagna.

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51

Figura 3.8.1 - Stratigrafia del terreno

Tabella 3.8.A – Pesi per unità di volume, tensioni verticali e tensioni verticali efficaci

Si dispone dei risultati di due prove penetrometriche eseguite in sito.

Tabella 3.8.B – Risultati di prove penetrometriche

Z (m) γ (KN/m3) бv u б' v

Riporti 0 19.5 0 0

0.6 19.5 11.7 11.7

Sabbia con ghiaia 0.6 19.5 11.7 11.7

1 19.5 19.5 19.5

2 19.5 39 39

3.6 19.5 70.2 70.2

Sabbia limosa 3.6 19.5 70.2 70.2

con ghiaia 8 19.5 156 156

Sabbia 8 19.5 156 156

deb. limosa 30 19.5 585 150 435

STRATIGRAFIA

Z (m) Nspt (1) Nspt (2)

3 35 31

6 31 28

9 33 31

12 31 26

15 46 25

24 41 65

RISULTATI DELLE PROVE PENETROMETRICHE

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52

Le caratteristiche meccaniche dei terreni, utilizzate in fase

progettuale sono riportate in tabella 3.8.C.

CARATTERISTICHE MECCANICHE

strato c' [kPa] E [kPa] γ [kN/m3] [°] G [kPa]

sabbia limosa con ghiaia 0 50000 19.5 36 33000

Sabbia debolmente limosa 0 85000 19.5 34 56000

Tabella 3.8.C - Caratteristiche meccaniche degli strati di terreno

L’impiego di plinti collegati da cordoli è stato adottato vista la

regolarità della disposizione delle colonne in pianta che sono collegate da

cordoli di sezione 30 x 30 cm. Il compito di questi ultimi è di assicurare un

comportamento d’insieme durante l’oscillazione sismica.

La scelta del piano di posa dei plinti ha tenuto conto delle diversa

altezza degli stessi, in funzione delle colonne. E’ stato necessario ricorrere a

tre tipologie diverse di plinti :

1. Per il nucleo centrale, la cui altezza è di 33 m si è adottato un

plinto quadrato di lato L = 2.5 m e altezza h=1.5 m ;

2. al di sotto delle colonne di altezza massima 12 m si è adottato

un plinto sempre quadrato e di lato L = 1.8 m e altezza h = 1

m ;

3. per le colonne perimetrali si è utilizzato un plinto quadrato di

lato L = 1,5 m e altezza h = 1 m ;

Poiché la falda si trova ad una profondità di 15 m dal piano di

campagna e l’intradosso del plinto di altezza h = 1.5 m è posizionato a -13.7

m dal piano di campagna si ritiene che la fondazione non abbia problemi di

risalita dell’acqua e perciò si decide di fissare come quota di sbancamento

l’intradosso dei cordoli alla profondità di – 12.50 m dal piano di campagna.

In corrispondenza dei plinti sarà necessario realizzare delle gli scavi

localizzati in modo da poter armare con casseformi il plinto e gettare in sito.

Al di sotto del plinto si realizza uno strato di magrone dello spessore di 15

cm .

I cordoli invece vengono gettati su uno strato di magrone dello

spessore di 15 cm, armando gli stessi con casseri . Al di sopra dei cordoli

viene gettato il solaio del piano terra che è costituito da una soletta piena

dello spessore di 20 cm. Lo spazio tra i cordoli, di altezza 30 cm, viene

riempito con IGLU della stessa altezza, i quali hanno il vantaggio di

garantire impermeabilizzazione e rapidità nella posa in opera.

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53

Tutte le strutture di fondazione dovranno essere eseguite con un

conglomerato cementizio di classe C28/35, armato con barre di acciaio ad

aderenza migliorata B450C.

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54

4. MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI

STRUTTURALI

La risposta della struttura nei confronti delle azioni esterne ed

interne, sia di tipo permanente che variabile, viene valutata utilizzando il

programma di calcolo agli elementi finiti Sap2000.12.

Di seguito verranno descritte dapprima le scelte di modellazione

eseguite per i vari elementi strutturali costituenti la struttura, come il solaio,

le travi, gli elementi verticali, i controventi, e successivamente verrà

illustrata l’evoluzione dei modelli globali della struttura sia per carichi

orizzontali che per carichi verticali.

4.1 Modellazione del solaio

Il solaio è stato modellato in Sap2000.12 mediante elementi

bidimensionali di piastra “shell”, di forma rettangolare o triangolare a

seconda delle esigenze geometriche imposte dallo sviluppo in pianta della

struttura.

Le caratteristiche degli elementi shell sono determinate in modo tale

che il modello risulti equivalente al solaio reale in termini di rigidezze di

piano e flessionali, mentre la massa strutturale è stata posta pari a zero e

assegnata successivamente come carico uniformemente distribuito sulla

superficie dell’elemento stesso.

Figura 4.1.1: Solaio alveolare

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55

Lo spessore dell’elemento finito definito col nome di “membrana” è

stato calcolato imponendo che l’area per unità di lunghezza del solaio sia la

stessa che nel caso reale, mentre quello indicato con il nome di “flessione”

è stato determinato uguagliando le inerzie flessionali:

Figura 4.1.2: Caratteristiche del solaio

La rigidezza dell’elemento shell associata allo spessore “h”

considerato, eguaglia solamente quella effettivamente presente nel solaio

alveolare nella direzione di maggior rigidezza, ossia quella degli alveoli,

pertanto si è inserito in SAP, nella casella “Modificatori rigidezza”

presente nella finestra di definizione della sezione dell’elemento shell, un

coefficiente correttivo, pari al rapporto tra la rigidezza flessionale del solaio

nella direzione di minor rigidezza e la rigidezza dell’elemento shell

associata allo spessore “h”, in modo da eguagliare quelle presenti nel solaio

reale.

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56

Figura 4.1.3: Finestra definizione caratteristiche elemento

L’ipotesi fatta è che il solaio abbia comportamento prevalentemente

unidirezionale vista l’ortotropia.

Questi coefficienti sono stati ottenuti come spiegato di seguito:

Coefficienti delle rigidezze flessionali m11, m22, m12 ottenuti come

rapporto tra l’inerzia per unità di lunghezza del solaio reale e l’inerzia

dell’elemento shell nella direzione considerata;

Coefficienti delle rigidezze di piano f11, f22, f12 ottenuti come rapporto

tra le aree per unità di lunghezza del solaio reale e l’area dell’elemento

shell, nella direzione considerata;

Coefficienti di taglio V13, V23 ottenuti come i precedenti,

dipendentemente dalla direzione considerata

Gli elementi shell inseriti per costruire il modello del solaio hanno il

sistema di riferimento locale orientato come mostrato in figura, dove l’asse

1 è quello avente colore rosso e parallelo all’asse y, l’asse 2 avente colore

bianco parallelo all’asse x, e l’asse 3 ortogonale al piano individuato dai

precedenti ed ortogonale all’asse z.

Figura 4.1.4: Sistema di riferimento locale delle shell

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La discretizzazione della mesh è stata eseguita in due modi differenti

nei modelli utilizzati per valutare la risposta a carichi orizzontali e in quelli

utilizzati per valutare la risposta per carichi verticali, tenendo in conto sia

l’accuratezza della soluzione sia l’onere computazionale, parametri

entrambi direttamente proporzionali alla raffinatezza del modello. Si è

cercato di realizzare una discretizzazione quanto più regolare possibile con

elementi, ove possibile, di forma quadrata o rettangolare, in modo da

assicurarne un corretto funzionamento.

4.2 Modellazione delle travi

Gli elementi strutturali, quali in particolare travi, pilastri e

controventi, sono modellati attraverso elementi monodimensionali indicati

nel programma con nome di “frame”, a ciascuno dei quali assegnata la

corrispondente sezione.

Figura 4.2.1: Trave modellata tramite elementi "frame"

L’elemento Frame è rappresentato da una linea retta che congiunge

due punti, i e j (nodi), ognuno dei quali ha sei gradi di libertà (3 traslazioni

e 3 rotazioni). Ciascun elemento ha il proprio sistema di coordinate locale

per la definizione delle proprietà della sezione e dei carichi e per

l’interpretazione dei risultati. Gli assi di questo sistema locale sono indicati

con i numeri 1, 2 e 3; il primo asse è diretto lungo l’elemento, gli altri due

giacciono nel piano perpendicolare ad esso.

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Figura 4.2.2: Sistema di riferimento locale dell'elemento "frame"

La discretizzazione di tali elementi è dettata da quella degli elementi

shell su di essi convergenti.

Per quanto riguarda la modellazione dei vincoli alle estremità delle

travi, essendo queste collegate alle colonne mediante cerniere, vengono

assegnati dei “release” , ovvero rilasci, di momento.

Figura 4.2.3: Assegnazione dei release alle travi

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Per le travi binate sono stati modellati due frame paralleli, distanti tra

loro 58 cm. Esse sono poi collegate alla colonna attraverso dei bracci rigidi

ai quali sono assegnati i release. Per quanto riguarda le caratteristiche

inerziali, non è sufficiente assegnare le sezione poiché essa non ha rigidezza

costante, per effetto dei fori alveolari ed inoltre è una trave mista acciaio-

calcestruzzo e quindi bisogna tener conto del contributo dato dalla soletta.

E’ stato quindi necessario ricavare la corretta rigidezza della stessa,

ricorrendo ad una modellazione di dettaglio agli elementi finiti.

L’inerzia della trave è stata valutata imponendo una forza unitaria

distribuita o concentrata nella mezzeria e leggendo la freccia della trave,

nota la quale sono invertibili le relazioni note da scienza delle costruzioni

per una trave appoggiata:

La prima relazione è per una trave appoggiata con carico

concentrato, mentre la seconda con carico distribuito.

Sono stati introdotti più modelli per valutare come influisse sulla rigidezza J

la modalità con la quale è stato assegnato il carico. I risultati osservati sono

riportati sulla tabella che segue :

1. trave in acciaio modellata come elemento frame con sezione costante

(HEA 400x280) e carico unitario applicato distribuito lungo

l’elemento;

2. trave in acciaio modellata con elementi shell con sezione costante

(HEA 400x280) e carico unitario applicato distribuito lungo

l’elemento;

3. trave in acciaio modellata con elementi shell e fori esagonali con

carico unitario distribuito;

4. trave in acciaio modellata con elementi shell e fori esagonali con

carico unitario concentrato in mezzeria;

5. trave mista acciaio-calcestruzzo modellata con elementi shell e fori

esagonali con carico unitario concentrato in mezzeria

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Modello Elemento finito I (mm4)

1 Frame 294x106

2 Shell 297x106

3 Shell 259x106

4 Shell 258x106

5 Shell 757*106

Dai primi due modelli si è verificata la correttezza della

modellazione elementi shell; dal terzo e dal quarto si è osservata l’influenza

sulla rigidezza di come è stato applicato il carico. Essendo quest’ultima non

significativa, nel modello 5, si è inserito anche il blocco di calcestruzzo

collaborante e valutata J applicando una forza unitaria concentrata.

Figura 4.2.4 – Modellazione trave alveolare con elementi shell

Figura 4.2.5 - Modellazione del calcestruzzo collaborante sulla trave con elementi shell

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Ricavata l’inerzia della sezione mista acciaio- calcestruzzo, questa è

stata introdotta nel modello globale assegnando un elemento frame con

sezione in acciaio HEA 400x280, e intervenendo sui modificatori come

riportato sotto. Nello specifico si è ridotta la massa, per tenere conto dei fori

e incrementata l’inerzia come rapporto tra quella della sezione in acciaio e

quello della sezione mista.

Figura 4.2.5 - Modificatori proprietà/rigidezza per la trave alveolare modellata con elemento

frame

4.3 Modellazione delle colonne

Anche le colonne ed i controventi, come specificato sopra, sono state

modellate attraverso elementi frame aventi sezioni di area opportuna.

Per le colonne sono state previste inizialmente tre rastremazioni.

Figura 4.3.1: Rastermazione delle colonne

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N° rastremazione Z(m)

1° 14

2° 24

3° 33

Tabella 4.3.A: Rastremazioni delle colonne

La scelta delle quote delle rastremazioni è legata a motivazioni di

maggiori facilità di montaggio in quanto la realizzazione dell’unione tra

colonne di sezioni differenti fatta nel nodo ove convergono travi o

controventi verticali sarebbe stata di maggiore complessità.

La soluzione scelta prevede che l’unione tra colonne di sezioni

differenti, come si descriverà in seguito, sia di tipo bullonata ed eseguita

direttamente in cantiere.

Le colonne infine vengono realizzate tutte in continuità.

4.4 Posizionamento e modellazione dei controventi

Sebbene la scelta del sistema finale di controventamento sia giunta a

termine di un processo iterativo che ha portato a una soluzione finale

totalmente diversa da quella ipotizzata in partenza, tuttavia la modellazione

dei controventi è stata eseguita sempre utilizzando, com’è ovvio, elementi

frame, ai quali, durante i vari tentativi, è stata cambiata di volta in volta

sezione e/o posizionamento.

Nelle varie configurazioni adottate prima di giungere a quella

definitiva, il fattore comune a tutte è stato il vincolo progettuale che

impediva di posizionare controventi nei telai perimetrali del lato lungo e la

necessità di prevedere spazi sufficienti per l’accesso ai vari ambienti,

accessi che secondo un architettonico di massima realizzato in fase

preliminare, sono stati previsti per la maggior parte nei telai del lato lungo.

Per questo motivo, nei telai del lato lungo lo schema ricorrente, è

analogo a quello riportato in seguito:

Figura 4.4.1 - Schema ricorrente di disposizione dei controventi in direzione X

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mentre nella direzione del lato corto lo schema ricorrente, anche non

identicamente in tutti i telai, è il seguente:

Figura 4.4.2 - Schema ricorrente di disposizione dei controventi in direzione Y

Tutti i controventi a croce sono stati posti in modo da comprendere

due piani, analogamente anche la maggior parte dei controventi in direzione

X, tranne quelli di piano terra in tutte e due le direzioni e quelli dell’ultimo

piano nella direzione Y.

Anche ai controventi, come alle travi, vengono assegnati i “release”

dei momenti in quanto si vuole che il loro collegamento alle colonne

schematizzi una cerniera.

La scelta progettuale relativa al posizionamento dei controventi è

stata effettuata tenendo in considerazione due aspetti fondamentali:

Il comportamento dinamico dell’edificio ed in particolare i suoi modi

naturali di vibrare;

Le limitazioni imposte dai vincoli architettonici, presenti sia

all’interno della struttura, dovuti alla divisione degli ambienti, che

all’esterno, legati invece alle necessità estetiche di mantenere libere

le facciate;

Al fine di realizzare un comportamento dinamico della struttura

“regolare”, quindi con i primi tre modi naturali di vibrare puramente

rotazionali o traslazionali, e garantire il rispetto delle verifiche sugli

spostamenti differenziali di piano (drift), si è proceduto in modo iterativo

elaborando differenti modelli e osservando di volta in volta le variazioni

apportate.

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5. MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA

5.1 Modelli per carichi orizzontali

In seguito verranno presentati i modelli più significativi utilizzati per la

valutazione del comportamento dinamico della struttura, ovvero per la

valutazione dei periodi e dei modi di vibrare. Tali modelli sono stati

impiegati anche per le verifiche agli stati limite di esercizio, ovvero verifica

dei drift e degli spostamenti massimi consentiti, ed anche per la verifica

automatica, tramite “check design”, delle colonne e dei controventi.

Figura 5.1.1 - Limiti sugli spostamenti orizzontali

Figura 5.1.2 - Limiti sui drift

Attraverso una panoramica dei modelli utilizzati, si ripercorrono le scelte

che hanno portato alla soluzione finale, mettendo in luce le motivazione che

di volta in volta hanno determinato il passaggio da una certa modellazione a

quella successiva.

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5.1.1 Modello A

Il punto di partenza (giustificare scelta di partenza del n° e sezione dei

CV) è stato quello di valutare il comportamento complessivo della struttura

di base in presenza dei controventi verticali ma in assenza dei corpi scala,

al posto dei quali sono stati lasciati dei vuoti.

La struttura risulta essere totalmente a ritti pendolari, ossia tutti i

collegamenti tra i vari elementi strutturali, così come quelli delle colonne a

terra, sono a cerniera.

L’analisi modale fornisce i seguenti risultati:

Tabella 4.1.1.A - Modello A: periodi e coefficienti di partecipazione di massa

I primi due modi risultano essere traslazionali rispettivamente nelle

direzioni Y (lato corto) e X (lato lungo), tuttavia nel primo è presente anche

una componente rotazionale importante. Il terzo modo è prevalentemente

rotazionale.

Figura 5.1.1.1 - Modello A: 1°modo di vibrare

Periodo T

Modo [s] Ux Uy Rz

1° 1.35 0.0040 0.5228 0.3717

2° 1.32 0.5205 0.0034 0.0489

3° 1.28 0.0115 0.0014 0.0725

Massa partecipante

Modello A

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Figura 6 - Modello A: 2°modo di vibrare

Figura 5.1.1.3 - Modello A: 3°modo di vibrare

Come già accennato in precedenza, sono state eseguite le verifiche

sugli spostamenti agli stati limite di esercizio. Si riportano in seguito i

risultati ottenuti:

Tabella 5.1.1.B - Modello A: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione X

Modello A di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0908 0.0593 3.5 33 0.0117 0.066 NO NO

8 0.1500 0.0297 3.5 29.5 0.0117 NO

7 0.1797 0.0179 3.5 26 0.0117 NO

6 0.1618 0.0478 3.5 22.5 0.0117 NO

5 0.1140 0.0569 3.5 19 0.0117 NO

4 0.0571 0.0368 3.5 15.5 0.0117 NO

3 0.0204 0.0078 4 12 0.0133 OK

2 0.0126 0.0059 4 8 0.0133 OK

1 0.0067 0.0067 4 4 0.0133 OK

Direzione X

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Tabella 5.1.1.C - Modello A: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione Y

Come si può vedere le verifiche su spostamenti e drift danno esito

negativo nelle due direzioni per diversi piani.

Le modifiche successive al seguente modello hanno avuto come

scopo quello di irrigidire la struttura per rientrare nei limiti sugli

spostamenti, garantendo comunque il disaccoppiamento dei modi di

vibrare.

5.1.2 Modello B

Per raggiungere gli obiettivi indicati in precedenza, sono stati inseriti

un maggior numero di controventi, disponendoli, nel rispetto dei vincoli

progettuali, nei telai che risultavano subire spostamenti maggiori.

In questo modello sono stati introdotti anche i cinque corpi scala

ascensore, e a tal proposito si è potuto valutare se la loro presenza desse un

contributo irrigidente o meno a tutta la struttura.

Si riportano in seguito i risultati ottenuti:

Tabella 5.1.2.A - Modello B: periodi e coefficienti di partecipazione di massa

Modello A di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.1028 0.0215 3.5 33 0.0117 0.066 NO NO

8 0.0812 0.0050 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0762 0.0167 3.5 26 0.0117 NO

6 0.0595 0.0087 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0507 0.0170 3.5 19 0.0117 NO

4 0.0338 0.0172 3.5 15.5 0.0117 NO

3 0.0165 0.0052 4 12 0.0133 OK

2 0.0113 0.0041 4 8 0.0133 OK

1 0.0073 0.0073 4 4 0.0133 OK

Direzione Y

Periodo T

Modo [s] Ux Uy Rz

1° 1.32 0.5438 0.0010 0.0753

2° 1.27 0.0010 0.5572 0.3593

3° 1.18 0.0015 0.0008 0.0927

Massa partecipante

Modello B

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Figura 7 - Modello B: 1° modo di vibrare

Figura 8 - Modello B: 2°modo di vibrare

Figura 5.1.2.3 - Modello B: 3°modo di vibrare

Nonostante la presenza dei corpi scala, i modi di vibrare della

struttura rimangono sostanzialmente disaccoppiati, pur invertendosi di

ordine i primi due rispetto al modello precedente. Questo perchè i corpi

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scala-ascensore sono distribuiti simmetricamente rispetto agli assi di

simmetria della struttura. Il loro contributo irrigidente, in concomitanza con

quello fornito dall’aumento dei controventi risulta essere ancora

insufficiente, e tutto ciò si evince sia dalla ridotta riduzione dei periodi della

struttura che dalle verifiche effettuate sugli spostamenti.

Tabella 5.1.2.B - Modello B: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione X

Tabella 5.1.2.C - Modello B: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione Y

Rispetto al modello precedente la situazione è migliorata da punto di

vista delle verifiche sui drift, ma è peggiorata dal punto di vista degli

spostamenti massimi di piano. E’ risultato necessario irrigidire

ulteriormente la struttura cercando, in particolar modo, di ridurre gli

spostamenti del primo piano e dell’ultimo piano.

Modello B di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0932 0.0072 3.5 33 0.0117 0.066 OK NO

8 0.0860 0.0110 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0750 0.0124 3.5 26 0.0117 NO

6 0.0626 0.0116 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0510 0.0109 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0400 0.0121 3.5 15.5 0.0117 NO

3 0.0279 0.0092 4 12 0.0133 OK

2 0.0187 0.0084 4 8 0.0133 OK

1 0.0103 0.0103 4 4 0.0133 OK

Direzione X

Modello B di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0941 0.0157 3.5 33 0.0117 0.066 NO NO

8 0.0784 0.0065 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0719 0.0149 3.5 26 0.0117 NO

6 0.0569 0.0083 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0487 0.0131 3.5 19 0.0117 NO

4 0.0356 0.0096 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0260 0.0081 4 12 0.0133 OK

2 0.0178 0.0061 4 8 0.0133 OK

1 0.0117 0.0117 4 4 0.0133 OK

Direzione Y

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70

5.1.3 Modello C

Nel seguente modello sono state apportate le modifiche

precedentemente descritte e inoltre sono state incastrate tutte le travi dei

telai perimetrali sia della parte interrata che di quella fuori terra e incastrate

a terra tutte le colonne dei suddetti telai.

Tabella 5.1.3.A - Modello C: periodi e coefficienti di partecipazione di massa

Figura 5.1.3.1 - Modello C: 1°modo di vibrare

Figura 5.1.3.2 - Modello C: 2°modo di vibrare

Periodo T

Modo [s] Ux Uy Rz

1° 1.04 0.0844 0.5023 0.4933

2° 1.01 0.4906 0.0824 0.0030

3° 0.99 0.0039 0.0085 0.0645

Massa partecipante

Modello C

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Figura 5.1.3.3 - Modello C: 3°modo di vibrare

Le modifiche apportate in questa fase provocano nuovamente una

inversione di ordine dei primi due modi di vibrare e si nota anche un

maggiore accoppiamento tra i primi due modi traslazionali, che comunque

resta limitato.

Esaminando i periodi si nota l’irrigidimento della struttura che in gran

parte, come si avrà modo di intuire successivamente, è stato determinato più

dall’aggiunta mirata di controventi alla base della struttura e in copertura

che dalla presenza degli incastri.

Tabella 5.1.3.B - Modello C: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione X

Modello C di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0713 0.0034 3.5 33 0.0117 0.066 OK NO

8 0.0679 0.0094 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0585 0.0088 3.5 26 0.0117 OK

6 0.0497 0.0084 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0413 0.0083 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0329 0.0097 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0232 0.0088 4 12 0.0133 OK

2 0.0145 0.0092 4 8 0.0133 OK

1 0.0052 0.0052 4 4 0.0133 OK

Direzione X

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72

Tabella 5.1.3.C - Modello C: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione Y

Le modifiche apportate in questa fase hanno prodotto effetti positivi

riguardo la riduzione degli spostamenti, in particolar modo il beneficio

maggiore, in termini di riduzione degli spostamenti assoluti di piano, risulta

più evidente in direzione Y, dove le verifiche agli stati limite di esercizio

forniscono tutte esito positivo. Anche in direzione X il miglioramento è

sensibile, infatti rientrano tutte le verifiche sui drift ma non tutte quella

sullo spostamento massimo.

Sebbene le ultime modifiche che hanno portato a questo modello hanno

fatto registrare netti miglioramenti e portato ad una situazione per la quali

quasi tutte le verifiche sono rispettate, il passo successivo sarebbe quello di

irrigidire ulteriormente i telai in direzione X o ingrandendo le sezioni o

aumentando ancora il numero di controventi. Tuttavia il modello in

questione presenta già un notevole numero di controventi che “chiudono”

molti telai, per questo si è fatta la scelta di procede per un’altra strada, ossia

quella di prevedere controventi che funzionino sia a trazione che

compressione.

5.1.4 Modello D

Il presente modello, come già accennato in precedenza, prevede una

notevole differenza rispetto all’ultimo. Sono stati inseriti controventi a

trazione/compressione e si ritornati ad una struttura totalmente a ritti

pendolari. Per quanto riguarda le sezioni si è passati da UPN a profili

tubolari cavi che, a parità di area con gli UPN, sbandano per un N di

buckling molto più alto e si prestano a lavorare meglio a

Modello C di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0552 0.0050 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK

8 0.0501 0.0061 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0440 0.0071 3.5 26 0.0117 OK

6 0.0369 0.0068 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0301 0.0071 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0230 0.0061 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0169 0.0060 4 12 0.0133 OK

2 0.0109 0.0048 4 8 0.0133 OK

1 0.0061 0.0061 4 4 0.0133 OK

Direzione Y

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73

trazione/compressione rispetto ai precedenti profili. Il numero di

controventi totali è stato ridotto. Si riportano in seguito i risultati ottenuti:

Tabella 5.1.4.A - Modello D: periodi e coefficienti di partecipazione di massa

Figura 5.1.4.1 - Modello D: 1°modo di vibrare

Figura 5.1.4.2 - Modello D: 2°modo di vibrare

Periodo T

Modo [s] Ux Uy Rz

1° 0.96 0.0000 0.5833 0.4040

2° 0.88 0.0000 0.0000 0.0923

3° 0.78 0.6557 0.0000 0.0651

Massa partecipante

Modello D

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74

Figura 5.1.4.3 - Modello D: 3°modo di vibrare

I dati salienti che si registrano dalla lettura dei risultati ottenuti sono una

riduzione dei periodi e quindi un irrigidimento della struttura, e il completo

disaccoppiamento tra i modi.

Per quanto riguarda gli spostamenti si sono ottenuti i seguenti risultati:

Tabella 5.1.4.B - Modello D: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione X

Tabella 5.1.4.C - Modello D: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione Y

Modello D di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0492 0.0033 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK

8 0.0459 0.0064 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0395 0.0055 3.5 26 0.0117 OK

6 0.0340 0.0051 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0289 0.0055 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0234 0.0059 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0175 0.0066 4 12 0.0133 OK

2 0.0109 0.0056 4 8 0.0133 OK

1 0.0052 0.0052 4 4 0.0133 OK

Direzione X

Modello D di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0618 0.0069 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK

8 0.0549 0.0072 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0477 0.0080 3.5 26 0.0117 OK

6 0.0397 0.0070 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0327 0.0078 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0249 0.0061 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0189 0.0074 4 12 0.0133 OK

2 0.0114 0.0061 4 8 0.0133 OK

1 0.0054 0.0054 4 4 0.0133 OK

Direzione Y

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75

La soluzione con controventi a trazione/compressione consente il

rispetto di tutte le verifiche sui drift e sugli spostamenti dopo pochi tentativi

sui cambi fatti, sulla base dei risultati del “check design”, per garantire il

rispetto dei tassi massimi di lavoro.

5.1.5 Modello E

L’ultimo modello realizzato è sostanzialmente uguale al precedente,

l’unica differenza sta nell’aver incastrato tutte le travi binate alle colonne.

Questa soluzione si è posta a seguito della decisione su come realizzare le

connessioni dei vari elementi strutturali nei nodi dove convergono

contemporaneamente colonna, travi binate, controventi. Avendo previsto,

per risolvere il suddetto problema, che le colonne dovessero uscire dallo

stabilimento già con i due monconi di trave saldati parallelamente sulle due

ali, si è provveduto a modificare nel modello globale il vincolo tra questi

ultimi due elementi strutturali, passando da cerniera a incastro.

Successivamente quindi si sono analizzati i risultati per vedere gli effetti di

questa modifica.

Tabella 5.1.5.A - Modello E: periodi e coefficienti di partecipazione di massa

Figura 5.1.5.1 - Modello E: 1°modo di vibrare

Periodo T

Modo [s] Ux Uy Rz

1° 0.96 0.0000 0.5842 0.4063

2° 0.88 0.0000 0.0001 0.0910

3° 0.76 0.6591 0.0000 0.0651

Massa partecipante

Modello E

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76

Figura 5.1.5.2 - Modello E: 2°modo di vibrare

Figura 5.1.5.3 - Modello E: 3°modo di vibrare

Confrontando i risultati ottenuti con quelli del precedente modello non

si riscontrano sostanziali differenze tra le forme modali. Anche i periodi

restano praticamente invariati, segno che la presenza del vincolo d’incastro

tra travi e colonna non contribuisce a irrigidire la struttura, o quanto meno il

contributo irrigidente fornito risulta irrilevante rispetto a quello fornito dai

controventi.

Per quanto riguarda le verifiche sugli spostamenti si hanno i seguenti

risultati:

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77

Tabella 5.1.5.B - Modello E: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione X

Tabella 5.1.5.C - Modello E: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione Y

Rispetto al modello D restano pressoché invariati anche gli spostamenti

di piano e i drift e le verifiche risultano tutte ampiamente soddisfatte.

Avendo scelto come soluzione finale l’ultima, ossia quella del modello

E, sono state eseguite le verifiche sugli spostamenti anche riguardo allo

stato limite di immediata operatività (SLO) in quanto la struttura ricade in

classe d’uso III e per tali tipi di strutture la norma prevede che: “si deve

verificare che l’azione sismica di progetto non produca danni agli elementi

costruttivi senza funzione strutturale tali rendere temporaneamente non

operativa la costruzione”. La norma inoltre prevede che tale condizione si

può ritenere soddisfatta quando gli spostamenti interpiano ottenuti

dall’analisi in presenza dell’azione sismica di progetto relativa allo SLO,

siano inferiori ai 2/3 dei limiti indicati per le verifiche agli SLD.

Modello E di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0487 0.0037 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK

8 0.0450 0.0068 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0382 0.0054 3.5 26 0.0117 OK

6 0.0329 0.0048 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0280 0.0053 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0227 0.0057 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0170 0.0062 4 12 0.0133 OK

2 0.0108 0.0054 4 8 0.0133 OK

1 0.0054 0.0054 4 4 0.0133 OK

Direzione X

Modello E di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0615 0.0069 3.5 33 0.0117 0.066 OK OK

8 0.0547 0.0071 3.5 29.5 0.0117 OK

7 0.0476 0.0080 3.5 26 0.0117 OK

6 0.0396 0.0069 3.5 22.5 0.0117 OK

5 0.0327 0.0078 3.5 19 0.0117 OK

4 0.0249 0.0061 3.5 15.5 0.0117 OK

3 0.0188 0.0074 4 12 0.0133 OK

2 0.0114 0.0060 4 8 0.0133 OK

1 0.0054 0.0054 4 4 0.0133 OK

Direzione Y

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78

Figura 5.1.5.4 - Spettri di risposta SLD e SLO impiegati per le verifiche sugli spostamenti

I risultati ottenuti per la verifica degli spostamenti nelle condizioni di

immediata operatività nel modello finale sono riportati in seguito:

Tabella 5.1.5.D - Modello E: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione X (SLO)

Tabella 5.1.5.E - Modello E: verifiche su spostamenti orizzontali e drift direzione Y (SLO)

0.000

0.050

0.100

0.150

0.200

0.250

0.300

0.350

0.000 0.500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500 4.000

a (m

/s2

)

T (s )

SPETTRI DI RISPOSTA PER VERIFICHE AGLI STATI LIMITE DI

ESERCIZIO

SLD SLO

Modello E di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0384 0.0029 3.5 33 0.0078 0.044 OK OK

8 0.0354 0.0054 3.5 29.5 0.0078 OK

7 0.0301 0.0042 3.5 26 0.0078 OK

6 0.0258 0.0038 3.5 22.5 0.0078 OK

5 0.0221 0.0042 3.5 19 0.0078 OK

4 0.0179 0.0044 3.5 15.5 0.0078 OK

3 0.0134 0.0049 4 12 0.0089 OK

2 0.0086 0.0043 4 8 0.0089 OK

1 0.0043 0.0043 4 4 0.0089 OK

Direzione X

Modello E di drift hinterp hass dlim dmax,ass Verifica Verifica

Piano [m] [m] [m] [m] [m] [m] drift<dlim? d9<dmax,ass?

9 0.0439 0.0039 3.5 33 0.0078 0.044 OK OK

8 0.0399 0.0041 3.5 29.5 0.0078 OK

7 0.0359 0.0053 3.5 26 0.0078 OK

6 0.0306 0.0049 3.5 22.5 0.0078 OK

5 0.0257 0.0061 3.5 19 0.0078 OK

4 0.0196 0.0046 3.5 15.5 0.0078 OK

3 0.0150 0.0058 4 12 0.0089 OK

2 0.0092 0.0048 4 8 0.0089 OK

1 0.0043 0.0043 4 4 0.0089 OK

Direzione Y

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79

Nel modello definitivo adottato anche le verifiche sugli spostamenti allo

SLO danno esito positivo.

5.1.6 Riepilogo sull’evoluzione dei modelli per carichi orizzontali

Il procedimento iterativo con il quale si è definita la configurazione e

la tipologia ottimale dei controventi, ha portato ad una evoluzione nel

comportamento dinamico della struttura e dei suoi modi naturali di vibrare

che può essere schematicamente rappresentato nei seguenti diagrammi:

Figura 9 - Evoluzione dei periodi dei modi di vibrare

0.00

0.20

0.40

0.60

0.80

1.00

1.20

1.40

1.60

1 2 3

T (s

)

Modo di vibrare

Periodi dei modi di vibrare

Modello A

Modello B

Modello C

Modello D

Modello E

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80

Figura 10 - Evoluzione della percentuale di massa partecipante traslazionale in X

Figura 11 – Evoluzione della percentuale di massa partecipante traslazionale in Y

Figura 12 – Evoluzione della percentuale di massa partecipante rotazionale in Z

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

12

3

Modo di vibrare

Partecipazione di massa in X dei primi tre modi

Modello A

Modello B

Modello C

Modello D

Modello E

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

12

3

Modo di vibrare

Partecipazione di massa in Y dei primi tre modi

Modello A

Modello B

Modello C

Modello D

Modello E

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

12

3

Modo di vibrare

Partecipazione di massa in Rz dei primi tre modi

Modello A

Modello B

Modello C

Modello D

Modello E

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81

In seguito si riporta anche sinteticamente l’evoluzione che i vari modelli

hanno subito dal punto di vista degli spostamenti orizzontali, con

progressivo effetto migliorativo sulla riduzione degli stessi:

Figura 13 - Evoluzione dei drift in direzione X

Figura 14 - Evoluzione dei drift in direzione Y

0

5

10

15

20

25

30

35

0.000 0.010 0.020 0.030 0.040 0.050 0.060

h a

ss (

m)

Drift (m)

Drift direzione X

dlim

Modello A

Modello B

Modello C

Modello D

Modello E

0

5

10

15

20

25

30

35

0.000 0.010 0.020 0.030 0.040 0.050 0.060

has

s(m

)

Drift (m)

Drift direzione Y

dlim

Modello A

Modello B

Modello C

Modello D

Modello E

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82

Figura 15 - Evoluzione degli spostamenti massimi in sommità

5.2 Modellazione per carichi verticali

6. VERIFICHE DEGLI ELEMENTI

STRUTTURALI

0.000 0.020 0.040 0.060 0.080 0.100

Spostamento massimo in sommità (m)

Spostamenti massimi in sommità

Modello A

Modello B

Modello C

Modello D

Modello E

VALORE LIMITE = 0.066 m

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83

6.1 Solaio

6.1.1 Solaio piano tipo

6.1.2 Solaio copertura

Si sceglie una lamiera grecata del tipo HI-BOND, altezza h=55 mm e

spessore s=0.8mm.

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84

Figura 16.1.2.1 - Lamiera grecata

Tabella 6.1.2.A - Caratteristiche dei materiali

I FASE: Getto del calcestruzzo

A. DA CARPENTERIA Tipo S355

Ea 210000 N/mm2 Modulo elastico

G 80769.2 N/mm2 Modulo di elasticità trasversale

ν 0.3 - Coeff. di Poisson

fyk 355 N/mm2 Tensione caratteristica di snervamento

γM0 1.05

fyd 338.1 N/mm2 Resistenza di calcolo

γ 78.50 kN/m3

Caratteristiche meccaniche dei materiali

CALCESTRUZZO Classe C25/30

Rck 30 N/mm2 Resistenza cubica caratteristica

fck 24.9 N/mm2 Resistenza cilindrica caratteristica

fcm 32.9 N/mm2 Resistenza cilindrica media

fctm 2.56 N/mm2 Resistenza media a trazione assiale

fctk 1.79 N/mm2 Resistenza caratteristica a trazione assiale (frattile 5%)

fcfm 3.07 N/mm2 Resistenza media a trazione per fless

Ec 31447 N/mm2 Modulo elastico

αcc 0.85 - Coeff riduttivo per resistenze di lunga durata

γC 1.5 - Coeff parziale di sicurezza

fcd 14.11 N/mm2 Resistenza di calcolo a compressione

fctd 1.19 N/mm2 Resistenza di calcolo a trazione

A. PER ARMATURE Tipo B 450 C

fyk 450 N/mm2 Tensione caratteristica di snervamento

γs 1.15 -

fyd 391.3 N/mm2 Resistenza di calcolo

A. LAMIERA GRECATA

fyk 275.0 Tensione caratteristica di snervamento

fy d 261.9 N/mm2

γV 1.05 -

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85

In questa fase la lamiera costituisce il cassero (non è prevista

puntellazione) ed è soggetta al peso proprio, al peso del getto e al peso dei

mezzi d’opera di 1.5 kN/m (EC4 #7.3.2).

Si deve considerare la posizione più sfavorevole dei carichi sulla

trave continua. Si considera il peso proprio della lamiera compreso nel peso

del getto.

Tabella 6.1.2.B - Calcolo di I fase

Si verifica la sezione della lamiera grecata soggetta alla

compressione data dal momento negativo. La lamiera grecata è una sezione

di classe quattro, che viene verificata secondo le prescrizioni riportate nel

(EC3 #5.3.5).

Figura 6.1.2.2 - Dimensioni sezione di calcolo

La sezione del travetto sopra riportata, viene ricondotta ad una sezione

efficace equivalente.

γg 1.3

γq 1.5

ψ 01 0.7

L influenza 2.5 m

Mmax+ (g) 0.93 kNm

Mmax+ (q) 0.75 kNm

M 2.33 kNm m.sollecitante dovuto al peso

della lamiera e del calcestruzzo fresco

W 8901.7 mm3modulo di rigidezza necessario

J 459800.0 mm4modulo di inerzia della lamiera

A 1333.3 mm2area della sezione

h a 55.0 mm altezza della sezione

SOLAIO CONTINUO SU 4 APPOGGI

Caratteristiche della sezione scelta

Coefficienti di combinazione agli SLU

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86

Per la flangia superiore compressa si utilizzano le indicazioni di seguito

riportate:

Mentre per le anime, la variazione delle ζ è lineare sulle stesse e si

definiscono le grandezze di seguito riportate:

Sezione efficace equivalente alla quale ci si riferisce per le verifiche.

Figura 6.1.2.3 - Sezione equivalente di calcolo

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87

Tabella 6.1.2.C - Verifica della sezione compressa

Tabella 6.1.2.D - Verifica di deformabilità

riferendoci ad una sezione efficace

qd 4.7 kN/m

Ms ( -) -3.4 kNm/m momento sollecitante negativo

b 60.0 mm larghezza della parte compressa

t 0.8 spessore della parte compressa

ψ 1.0

K σ 4.0

λ p 1.39

ρ 0.604

b eff 36.2 mm larghezza efficace della flangia compressa

h 55.0

t 0.8

ψ -1.0

K σ 23.9

λ p 0.52

ρ 1.000

h ef f 55.0 mm altezza efficace della anime

A 165.0 mm2area della sezione efficace

S 2812.6 mm3momento statico della sezione

y g 17.0 mm baricentro della sezione

I 40899.9 mm4inerzia dell'ala superiore

I 14133.1 inerzia dell'anima

I 13302.8 inerzia dell'ala inferiore

I tot 82468.9 mm4inerzia totale della sezione

W sup 2172.9 mm3

W inf 4838.0 mm3

L 150.0 mm interasse tra le seghettature

I tot 549792.5 mm4

W sup 14485.8 mm3/m VERIFICA

M res -3.6 OK

Caratteristiche inerziali della sezione efficace

Dimensioni effettive della flangia

Si verifica la sezione compressa della lamiera nella zona di massimo momento negativo,

Calcolo della sezione efficace

Dimensioni effettive delle anime

VERIFICA DELLA SEZIONE COMPRESSA DI CLASSE 4

γ g 1

γ q 1 l'inflessione della lamiera

ψ01 0.7 sotto il peso proprio

e quello del CLS fresco deve

p 4.64 kN/m VERIFICA essere minore di l/180 e di 20 mm

f 9.78 mm OK

OK

VERIFICA DELLA RIGIDEZZA

Coefficienti di combinazione agli SLE

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88

II FASE: Soletta collaborante

Dopo la maturazione, il calcestruzzo collabora con la lamiera

grecata. La soletta si comporta come una trave composta e ne costituisce

l’armatura tesa. Per la verifica allo stato limite ultimo si può utilizzare lo

schema statico di trave continua solo se si dispone una sufficiente armatura

al negativo. Poiché la posa di tale armatura è onerosa per la difficoltà di

mantenerla nella corretta posizione e poiché la sezione compressa di

calcestruzzo al negativo è ridotta a causa della forma seghettata, si

preferisce solitamente progettare la soletta composta con lo schema di

semplice appoggio.

Tabella 6.1.2.E - Verifica II fase

Mmax+ (g) 2.44 kNm

Mmax+ (q) 0.88 kNm

Ms 4.49 kNm

CONTROLLO

h c 50 mm OK altezza della soletta in calcestruzzo dall'estradosso della lamiera

R c 1000.0 kN/m resistenza a compressione della soletta di calcestruzzo

R a 332.6 kN/m resistenza a trazione della lamiera

x 16.6 mm posizione dell asse neutro

d 77.5 mm altezza utile delle sezione

VERIFICA momento resistente della sezione

Mres 23.0 kNm OK

Si considera resistente solamente la soletta in calcestruzzo.

V s 7.19 kN taglio sollecitante

b 0 75 larghezza della nervatura resistente

τ rd 0.30 N/mm2

k v 1.5225 m

ρ 0

V v,rd 3169.3 N/nervatura taglio resistente di una nervatura

VERIFICA

V v,rd 21.13 kN/m OK taglio resistente di una striscia di larghezza unitaria

VERIFICA A FLESSIONE

VERIFICA A TAGLIO

II FASE : SOLETTA COLLABORANTE

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89

Verifica allo stato limite di servizio

Secondo EC4 #7.6.2.2 (3) la freccia 1, dovuta al peso del

calcestruzzo fresco, non viene inclusa nella verifica della soletta composta.

Si considera la trave continua con momento d’inerzia pari alla media dei

valori per sezione fessurata e non fessurata e un valore medio del

coefficiente di omogeneizzazione per lungo e breve termine (EC4 #7.6.2.2

(5)). Assumiamo n=15. Di seguito è riportato il calcolo delle caratteristiche

statiche della sezione di una nervatura. Si noti che il calcolo può essere

eseguito con un programma per c.a. discretizzando la lamiera in più strati.

In questo caso il calcolo è stato eseguito con il programma VcaSlu

dividendo l’area della lamiera in tre strati corrispondenti alle due ali e alle

anime.

Tabella 6.1.2.F - Verifica di deformabilità

Dati ricavati dal programma Vca SLU.

Caratteristiche statiche sezione parzializzata Caratteristiche statiche sezione solo calcestruzzo

Area = 79.10 cm2 Area = 116.3 cm2

Ascissa baricentro xG = -9.198E-16 cm (xMax - xG = 7.5) Ascissa baricentro xG = 0 cm (xMax - xG = 7.5)

Ordinata baricentro yG = 1.601 cm (yMax - yG = 3.649) Ordinata baricentro yG = 9.522E-01 cm (yMax - yG = 4.298)

Momenti d'inerzia baricentrici Momenti d'inerzia baricentrici

JxG = 749.5 cm4 JxG = 942.0 cm4

JyG = 1,026 cm4 JyG = 1,607 cm4

JxyG = -2.095E-13 cm4 JxyG = 0 cm4

Momenti principali d'inerzia baricentrici Momenti principali d'inerzia baricentrici

J-IG = 1,026 cm4 J-IG = 1,607 cm4

J-IIG = 749.5 cm4 J-IIG = 942.0 cm4

angolo = -90 deg angolo = -90 deg

Sezione omogeneizzata interamente reagente

Area = 140.6 cm2

Ascissa baricentro xG = 0 cm (xMax - xG = 7.5)

Ordinata baricentro yG = 3.541E-01 cm (yMax - yG = 4.896)

Momenti d'inerzia baricentrici

JxG = 1,279 cm4

JyG = 1,607 cm4

JxyG = 0 cm4

Momenti principali d'inerzia baricentrici

J-IG = 1,607 cm4

J-IIG = 1,279 cm4

angolo = -90 deg

M 3.32 kNm

Ms 0.50 kN/nervatura

n 15 coefficiente di omogenizzazione

I 450.8 cm4/m momento di inerzia medio della sezione parzializzata

p 10.2 kN/m VERIFICA e della sezione interamente reagente

f 2.18 mm OK

VERIFICA DELLA RIGIDEZZA

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90

6.2 Travi

6.2.1 Trave alveolare

Le verifiche della trave alveolare sono state effettuate nella sezione

di mezzeria ed in quella di attacco. Per la prima si è considerata una trave

mista acciaio-calcestruzzo, mentre all’attacco, non si è fatto affidamento sul

calcestruzzo che allo stato limite ultimo è fessurato, riferendosi ad una

sezione di solo acciaio.

Le sollecitazioni di progetto sono state ricavate da un modello nel

quale la mesh del solaio è stata raffinata al fine di cogliere una più precisa

distribuzione delle sollecitazioni sull’elemento trave. In questo modello

inoltre, la trave è stata spezzata in due tronchi; nel primo, soggetto a

momento negativo non è stato assegnato il modificatore di inerzia

introdotto per tener conto del contributo della soletta.

Sezione di mezzeria

Tabella 6.2.1.A - Classificazione delle sezioni della trave

L’ala inferiore della sezione risulta tesa, quella superiore è connessa

con la soletta, perciò la sezione è di classe 1. Questo permette di utilizzare il

metodo plastico, che come riportato in Normativa è applicabile solo per

sezioni di classe 1 e 2.

c = 326 mm altezza libera dell'anima

t = 8 mm spessore

c/t = 40.75

ε = 0.81

Classe: 1

Classe: 3

α = -0.07 mm

Classe: 1

Anima

Sezione di mezzeria

CLASSIFICAZIONE DELLE SEZIONI DELLA TRAVE

Pressoflessione

Compressione

Flessione

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91

Tabella 6.2.1.B - Momenti resistente plastico

Il massimo momento sollecitante, ricavato dal modello

tridimensionale della struttura, per la combinazione agli SLU, è pari a Msd=

303 KNm. La trave risulta ampiamente verificata nella sezione di mezzeria,

infatti la situazione più critica era legata alla verifica degli SLE.

Sezione di attacco (x=15 cm)

Tabella 6.2.1.C - Classificazione della sezione della trave

xpl = 386 mm

Contributo: Area (mm2) Forza (N) Braccio (mm) Mpl (kN*m)

Ala inf = 3640 1230667 379 467

Anima 1 = 2981 1007836 186 188

Anima 2 = -11 -3745

Ala sup,1 = -388 -131079

Ala sup,2 = -4028 -1361746

CLS 1 = -4028 56357

CLS 2 = -65628 -918290

TOT = -120000 654

N = -120

TOT M-N = 1.9791E-09

MOMENTO RESISTENTE PLASTICO

altezza dell'asse neutro dalla base della trave

sforzo normale agente nella sezione (+ se di trazione)

c = 326 mm altezza libera dell'anima

t = 8 mm spessore

c/t = 40.75

ε = 0.81

Classe: 1

Classe: 3

α = 0.57 mm

Classe: 1

c = 112 mm larghezza libera delle ali

t = 13 mm spessore

c/t = 8.62

ε = 0.81

Classe: 3

Compressione

Ala inferiore

Pressoflessione

Compressione

Flessione

CLASSIFICAZIONE DELLE SEZIONI DELLA TRAVE

Sezione d'appoggio

Anima

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92

La sezione di attacco, risulta invece essere di classe 3. In questo caso

non risulta possibile utilizzare l’analisi plastica, perciò si calcola il

momento elastico della sezione di solo acciaio.

Tabella 6.2.1.D - Momento resistente elastico

Il massimo momento sollecitante, ricavato dal modello

tridimensionale della struttura, per la combinazione agli SLU, è pari a Msd=

-220 KNm. La verifica è soddisfatta.

Verifica flesso-torsionale delle trave composta

Per la verifica flesso - torsionale della trave composta sono state

rispettatele indicazioni riportate sulla Circolare esplicativa alle Norme

Tecniche e qui di seguito riportate.

Nel caso in cui la soletta in calcestruzzo collaborante sia garantita nei

riguardi dell’instabilità laterale, è possibile assumere che la flangia

superiore del profilo d’acciaio connesso a taglio alla soletta sia stabile

lateralmente. In tutti gli altri casi è necessario verificare la sicurezza delle

ali dei profili nei riguardi della stabilità.

In generale è sempre possibile verifica l’instabilità flesso - torsionale dei

profili in acciaio trascurando il ritegno torsionale costituito dalla soletta in

calcestruzzo ed utilizzando le formule ed i metodi proposti nel paragrafo

4.2 delle NTC.

In alternativa è possibile considerare il contributo alla stabilità laterale

fornito dalla soletta. Il momento resistente di progetto nei confronti

dell’instabilità flesso - torsionale è pari a:

N = -120 kN

Mel = 520 kN*m

Δxg = -14 mm

xg (N) = 214 mm

Mel (N) = 502 kN*m

MOMENTO RESISTENTE ELASTICO

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93

dove χLT è il fattore riduttivo della resistenza flessionale MRd espresso,

tramite la formula 4.2.51 delle NTC, in funzione della snellezza relativa χLT:

dove MRk è il momento resistente della sezione composta, calcolato

utilizzando i valori caratteristici delle resistenze, e Mcr è il momento critico

corrispondente all’instabilità flesso - torsionale, calcolato per la trave di

maggior luce e con il maggiore momento sollecitante negativo.

Se sono verificate le seguenti ipotesi:

a. la flangia superiore del profilo è connessa alla soletta;

b. la soletta è composta e fissata su due profili contigui a formare una

sezione ad “U invertita” (v. Figura C4.3.4);

c. in ogni punto di appoggio l’elemento in acciaio ha la flangia inferiore

bloccata lateralmente e l’anima irrigidita,

Nel caso in cui la trave composta sia continua su più appoggi o

faccia parte di un telaio a più campate e sia di classe 1, 2 o 3 la sezione può

essere progettata senza un sistema di stabilizzazione laterale se sono

soddisfatte le seguenti condizioni:

(a) le luci di campate adiacenti non differiscono tra loro di più del 20%

(15% nel caso di una campata esterna a sbalzo e della campata adiacente);

(b) il carico su ogni campata è uniformemente distribuito ed i carichi

permanenti costituiscono più del 40% dei carichi di progetto;

(c) la flangia superiore è collegata alla soletta;

(d) la soletta è connessa ad un altro profilo in acciaio che la supporta e

che è parallelo alla trave composta considerata;

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94

(e) se la soletta è composta, questa connette due profili in acciaio a formare

un telaio ad “U invertita”;

(f) in ogni punto di appoggio l’elemento in acciaio ha la flangia inferiore

lateralmente bloccata e l’anima irrigidita;

(g) se la sezione in acciaio non è rivestita di calcestruzzo, rispetta i limiti

imposti, sull’altezza della sezione, nella Tabella C4.3.II;

(h) se l’elemento della sezione è parzialmente rivestito di calcestruzzo,

l’altezza h della sua sezione in acciaio non deve eccedere l’altezza fornita in

Tabella C4.3.II di più di 200 mm, per le classi d’acciaio S235, S275 ed

S355, e di più di 150 mm, per le classi S420 ed S460.

In questo caso, sono soddisfatte le ipotesi richieste dalle Norme

Tecniche per poter considerare la trave stabile flesso - torsionalmente.

6.3 Colonne e controventi

Le verifiche di alcuni degli elementi strutturali, quali ad esempio

colonne e controventi, sono state eseguite mediante il programma di calcolo

Sap2000.14.

Attrarverso il comando “Steel Frame Design” il programma procede

iterativamente alla verifica di tutti gli elementi strutturali secondo le

prescrizioni imposte dalla normativa scelta. In particolare, la normativa alla

quale si è fatto riferimento è l’Eurocodice 3.

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95

Figura 6.3.1 - Normativa di riferimento

Nel nostro caso, è stato necessario utilizzare due diversi modelli, in

ciascuno dei quali si è verifato un diverso gruppo di elementi strutturali.

Nello specifico si è utilizzato un modello nel quale si è infittita la

mesh del solaio, in modo da migliorare la distribuzione delle sollecitazioni.

Si è visto infatti, che in questo modo, le colonne di sezione maggiore,

vedevano aumentare i carichi verticali in media del 2-3% a svantaggio dei

profili meno rigidi. Inoltre, in questo modello i controventi sono stati

assegnati come carichi, avendo affidato alle sole colonne la funzione di

portare i carichi verticali.

Questa ipotesi, di affidare i carichi verticali interamente alle travi e

alle colonne, trascurando il contributo delle diagonali, è una ipotesi

certamente a favore di sicurezza e contempla la possibilità che in seguito ad

un terremoto violento entrambe le diagonali siano in stabilizzate, perdendo

quindi gran parte della sua rigidezza assiale.

In questo modello perciò si sono verificate le colonne per le

combinazioni agli SLU, osservando che il tasso di lavoro medio dei profili è

maggiore che nel modello utilizzato per verificare i controventi in presenza

della combinazione sismica.

E’ stato necessario introdurre nel modello dei coefficienti riduttivi

della lunghezza libera di inflessione dei controventi compressi, per tener

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96

conto che gli stessi sono bloccati in corrispondenza del piano. Questo è

stato fatto modificando i parametri nella finestra dello “Steel frame design”,

imponendo che la lunghezza libera di inflessione sia 0.45 L, con L pari alla

lunghezza totale.

Di seguito si riporta il tasso di lavoro, calcolato per mezzo dello

strumento “Steel Frame Design”, delle colonne.

Profili della 1° rastremazione : HEM 360; HEB300;HEA320.

Figura 6.3.2 - Tasso di lavoro HEM 360

Tabella 6.3.A - Dati su HEM 360

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

1 7 13 19 25 31 37 43 49 55 61 67 73 79 85 91 9710

310

911

512

112

713

313

914

515

115

716

316

917

518

118

719

319

9

Tass

o d

i la

voro

(%)

n° elementi

Tasso di lavoro HE360M

media 0.63

n 400.0 numero

L 4.0 lunghezza

Peso 250.0 Kg/m

Peso 400000.0 Kg

PROFILO : HEM360

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97

Figura 6.3.3 - Tasso di lavoro HEB 300

Tabella 6.3.B - Dati su HEB 300

Figura 6.3.4 - Tasso di lavoro HEA 320

Tabella 6.3.C - Dati su HEA 320

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

111 21 31 41 51 61 71 81 91 10

111

112

113

114

115

116

117

118

119

120

121

122

1

Tass

o d

i la

voro

(%)

n° elementi

Tasso di lavoro HE300B

media 0.54

n 444.0 numero

L 4.0 lunghezza

Peso 117.0 Kg/m

Peso 207792.0 Kg

PROFILO : HEB 300

0%

20%

40%

60%

80%

100%

1 21 41 61 81 101 121 141 161 181 201 221 241 261

Tass

o d

i la

voro

(%)

n° elementi

Tasso di lavoro HE320A

media 0.26

n 560.0 numero

L 4.0 lunghezza

Peso 97.6 Kg/m

Peso 218624.0 Kg

PROFILO : HEA 320

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98

Profili della 2° rastremazione : HEM 300; HEB340

Figura 6.3.5 - Tasso di lavoro HEM 300

Tabella 6.3.D - Dati su HEM 300

Figura 6.3.6 - Tasso di lavoro HEB 340

Tabella 6.3.E - Dati su HEB 340

Profili della 3° rastremazione : HEB 320; HEA 340

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

1 7 13 19 25 31 37 43 49 55 61 67 73 79 85 91 97

10

3

10

9

11

5

Tass

o d

i la

voro

(%)

n° elementi

Tasso di lavoro HE300M

media 0.47

n 250.0 numero

L 3.5 lunghezza

Peso 238.0 Kg/m

Peso 208250.0 Kg

PROFILO : HEM300

0%

20%

40%

60%

80%

100%

1 4 7 1013161922252831343740434649525558616467707376

Tass

o d

i la

voro

(%)

n° elementi

Tasso di lavoro HE340B

media 0.38

n 150.0 numero

L 3.5 lunghezza

Peso 134.0 Kg/m

Peso 70350.0 Kg

PROFILO : HEB 340

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99

Figura 6.3.7 - Tassi di lavoro HEA 340

Tabella 6.3.F - Dati su HEA 340

Figura 6.3.8 - Tassi di lavoro HEB 320

Tabella 6.3.G - Dati su HEB 320

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

1 7 13 19 25 31 37 43 49 55 61 67 73 79 85 91 97

103

109

115

Tass

o d

i la

voro

(%)

n° elementi

Tasso di lavoro HE340A

media 0.47

n 250.0 numero

L 3.5 lunghezza

Peso 105.0 Kg/m

Peso 91875.0 Kg

PROFILO : HEA 340

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

1 4 7 1013161922252831343740434649525558616467707376

Tass

o d

i la

voro

(%)

n° elementi

Tasso di lavoro HE320B

media 0.17

n 150.0 numero

L 3.5 lunghezza

Peso 127.0 Kg/m

Peso 66675.0 Kg

PROFILO : HEB 320

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100

Figura 6.3.9 - Tasso di lavoro medio delle colonne

Figura 6.3.10 - Tasso di lavoro medio delle colonne in relazione alla % in peso del gruppo

0%

10%

20%

30%

40%

50%

Tass

o d

i la

voro

med

io(%

)

gruppo elementi

Tasso di lavoro medio colonne

1° rastremazione 2° rastremazione 3° rastremazione

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

Tass

o d

i la

voro

med

io(%

) ; p

I/P

tot

gruppo elementi

Tasso di lavoro medio colonne

tasso medio di lavoro %

% peso del gruppo

rast

erm

azio

ne

rast

rem

zio

ne

rast

rem

azio

ne

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101

Figura 6.3.11 - Tasso di lavoro medio dei controventi in direzione X

Figura 6.3.12 - Tasso di lavoro medio dei controventi in direzione Y

Figura 6.3.13 - Tasso di lavoro medio dei controventi

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

1 31 61 91 121 151 181 211 241 271 301 331 361 391 421 451

Tass

o d

i la

voro

(%)

n° elementi

Tasso di lavoro controventi direzione X

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

1 31 61 91 121 151 181 211 241 271 301 331 361 391 421 451 481 511 541

Tass

o d

i la

voro

(%

)

n° elementi

Tasso di lavoro controventi direzione Y

0%

20%

40%

60%

80%

100% 0.810.72

Tass

o d

i la

voro

med

io(%

)

gruppo elementi

Tasso di lavoro medio controventi

controventi X CONTROVENTI Y

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102

Complessivamente la curva di utilizzo della struttura, ottenuta

ordinando i tassi di lavoro di tutti gli elementi dal minore al maggiore

risulta essere:

Figura 6.3.14 - Curva di utilizzo della struttura (solo colonne e controventi)

Osservando i grafici riportati, si nota che il tasso di lavoro medio

delle colonne è intorno al 40%, mentre quello dei controventi è molto più

alto ed è intorno al 75%. Non è stato riportato il tasso di lavoro delle travi,

in quanto, essendo queste delle sezioni miste acciaio-calcestruzzo, non si è

potuto utilizzare come strumento di verifica lo steel design, e quindi la

verifica di questi elementi è stata effettuata diversamente.

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Tass

o d

i la

voro

med

io(%

)

numero elementi

Curva di utilizzo della struttura (colonne-controventi)

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103

6.4 Fondazioni

6.4.1 Verifiche geotecniche

In questo paragrafo si esegue il dimensionamento e la verifica

geotecnica dei soli plinti di fondazione, con riferimento agli stati limite

ultimi. Il decreto ministeriale del 14 gennaio 2008 prevede che, per ogni

stato limite ultimo sia rispettata la condizione: . Il valore di

progetto della resistenza ( Rd) si determina in modo analitico, con

riferimento a correlazioni con i risultati di prove in sito, tenendo conto dei

coefficienti parziali M e R.

Sarà condotta la sola verifica per lo stato limite ultimo geotecnico

riguardante il collasso per carico limite dell’insieme fondazione-terreno. La

normativa ritiene soddisfatta la verifica se almeno uno dei due approcci

progettuali seguenti risulta verificato:

Approccio 1:

Combinazione 1 : (A1+M1+R1)

Combinazione 2 : (A2+M2+R2)

Approccio 2 : (A1+M1+R3)

I coefficienti A agiscono sulle azioni, quelli M sui parametri

geotecnici del terreno, mentre gli R sulle resistenze. I valori suggeriti dalla

normativa sono riportati nelle tabelle successive.

COEFFICIENTI PARZIALI PER LE RESISTENZE

combinaz R1 R2 R3

Capacità port. 1 1,8 2,3

Scorrimento 1 1,1 1,1

Tabella 6.4.1.A - Coefficienti per le resistenze

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104

COEFFICIENTI PARZIALI PER I PARAMETRI GEOTECNICI

combinazione M1 M2

tan( ) 1 1,25

cu 1 1,4

1 1

Tabella 6.4.1.B - Coefficienti per i parametri geotecnici

COEFFICIENTI PARZIALI PER LE AZIONI

carico effetto A1 A2

Permanenti favorevole 1 1

sfavorevole 1,3 1

Perm. non strutt. favorevole 0 0

sfavorevole 1,5 1,3

Variabili favorevole 0 0

sfavorevole 1,5 1,3

Tabella 6.4.1.C - Coefficienti per le azioni

La capacità portante dei plinti di fondazione viene calcolata a breve

termine, viste le caratteristiche dei terreni, per i soli carichi verticali,

sfruttando la formula trinomia di Terzaghi, e correggendola con i

coefficienti che tengono conto:

- della forma della fondazione.

- del punzonamento1.

- della presenza di carichi inclinati (dovuti al taglio) ed eccentrici (dovuti

al momento prodotto dal taglio per l’altezza della fondazione).

La formula del carico limite assume la seguente forma:

)(2'''

0lim wwccccvqqqq zDfBNcNNq

I carichi derivano dalle reazioni alla base del modello agli elementi

finiti con le cerniere alla base delle colonne, si considera come sforzo di

taglio il massimo trasmesso alla fondazione per effetto dei controventi, il

1 Cfr. C. Viggiani, Fondazioni; Hevelius edizioni, pagg 169-176

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105

quale però è non contemporaneo al massimo carico verticale, ricavato con

la combinazione agli SLU. Le sollecitazioni di progetto sono:

- N = 5221 KN + 235 KN (peso proprio plinto)

- T = 2042 KN

Il carico di progetto è ottenuto combinando opportunamente il peso

del plinto con i coefficienti della combinazione di carico A1 e sommando

poi il tutto agli altri carichi. Operando sempre a favore di sicurezza, non si è

tenuto conto della eventuale diminuzione del carico trasmesso al terreno

dovuta allo scavo da effettuarsi per raggiungere il piano di posa (con

conseguente rigonfiamento del terreno granulare), nei calcoli quindi non si

è considerato il carico netto, bensì quello totale. I dettagli del calcolo sono

riportati nella tabella 7.5 dove vengono calcolati anche i coefficienti

correttivi per i carici inclinati .

Come prima cosa, per valutare l’angolo di attrito del terreno, avendo

a disposizione i risultati delle prove penetrometriche, si sfruttano le

correlazioni presenti in letteratura tra N e ζ’v e si ricava l’angolo φ’ . Di

seguito è riportata la curva di correlazione utilizzata:

Carichi inclinati

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106

Direzione mb δ [rad] tg( ) q

parallela a B 1.5 0.358 0.375 0.495 0.310

Direzione ml δ [rad] tg( ) q

parallela ad L 1.5 0.358 0.375 0.495 0.310

Tabella 6.4.1.D - Correttivi dei carichi inclinati

Nelle tabelle successive si riportano i calcoli della verifica della

capacità portante della platea.

FORMA DELLA FONDAZIONE

combinazione ζq ζc ζ

M2 1.67 1.7 0.6

Tabella 6.4.1.E - Coefficienti correttivi per la forma della fondazione

VERIFICA A PUNZONAMENTO

A2;M2 Ir

> Ir,crit

No Punzon. 302.2 134.6

ψq ψc ψ

1.492 1.513 1.492

Tabella 6.4.1.F - Verifica a punzona mento del terreno

VERIFICA DELLA CAPACITA’ PORTANTE

approccio combinazione verifica

1 A2,M2,R2

qlim [kPa] OK q [kPa]

5279 > 1040

Tabella 6.4.1.G - Verifica della capacità portante

Oltre alla verifica della capacità portante, viene effettuata la verifica

allo scorrimento che consiste nell’andare a controllare che lo sforzo di

taglio sia minore della resistenza allo scorrimento, valutata con la formula

seguente:

dove qv è lo sforzo agente normalmente alla platea. Dalla tabella 7.9 si

evince che anche tale verifica risulta soddisfatta.

VERIFICA A SCORRIMENTO

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107

1 A2,M2,R2 qlim [kN] OK!!! q [kN]

3170,2 > 2042

Tabella 6.4.1.H - Verifica a scorrimento del plinto

La fondazione su plinti è verificata, tuttavia bisogna calcolare i

cedimenti per controllarne la compatibilità con la struttura in elevazione.

Tale controllo si effettua sfruttando i risultati di lavori sperimentali presenti

nella letteratura tecnica consolidata, che correlano grandezze che

descrivono i caratteri geometrici del profilo dei cedimenti di un edificio, e

che sono indice di uno stato di sofferenza strutturale (come la rotazione

relativa) con il cedimento massimo (assoluto) subito dalla struttura. Occorre

quindi calcolare il cedimento della costruzione e, considerato il margine

d’errore sempre presente nei calcoli geotecnici, appurata l’impossibilità di

svolgere delle analisi accurate si è interessati a valutare il solo ordine di

grandezza del cedimento, per mezzo di correlazioni di tipo empirico.

Per la valutazione del cedimento della fondazione superficiale si

utilizza il metodo di Burland e Burbidge.

Questo metodo per il calcolo dei cedimenti indotti da una fondazione

superficiale utilizzando i risultati delle prove penetrometriche dinamiche

SPT. Il cedimento può essere calcolato mediante la seguente relazione :

B : dimensione caratteristica espressa in metri ;

Ic : indice di compressibilità correlato al NSPT ;

q : carico trasmesso in kPa;

б’vo : tensione verticale citostatica agente sul piano di posa ;

α s , α H , α t : coefficienti correttivi che tengono conto della forma della

fondazione, dello spessore dello strato deformabile e degli effetti viscosi

che si sviluppano con il tempo .

Gli autori definiscono la profondità di influenza come quella alla quale

il cedimento risulta pari al 25 % di quello misurato in superficie e vengono

fornite delle relazioni per calcolarla in funzione della variazione di NSPT con

la profondità :

Per valori di NSPT costanti o crescenti con la profondità : Hi =

0.933B 0.799

Per valori di NSPT decrescenti con la profondità Hi = 2B

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108

In questo caso si è osservato un diagramma di NSPT globalmente crescente

con la profondità ed è stata calcolata la profondità di influenza ricorrendo

alla prima relazione proposta .

Per B = 2.5 m Hi = 1.9 m

L’indice di compressibilità Ic è correlato ai risultati della prova

penetrometrica dinamica SPT mediante la seguente espressione :

Per calcolare il valore medio di colpi N entro la profondità di influenza Hi è

necessario procedere a delle correzioni del valore di NSPT . Questi possono

essere corretti nel modo seguente :

- in presenza di sabbie fini si applica la correzione di Terzaghi e Peck

se NSPT > 15 :

N’SPT = 15 + 0.5*(NSPT -15)

- in presenza di ghiaia invece o di una apprezzabile frazione ghiaiosa

il valore di NSPT viene incrementato del 25 % . Di seguito è riportato

l’andamento con la profondità di NSPT :

-

0

5

10

15

20

25

30

0 20 40 60 80

Z (m

)

Nspt

RISULTATI PROVE

PENETROMETRICHE

Serie1 Serie2

Figura 6.4.1.1 - Risultati di prove penetrometriche

Il valore di N medio è rispettivamente :

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109

- N = 39.05 a cui segue Ic = 0.0101

I coefficienti correttivi proposti dal metodo sono stati calcolati sfruttando le

seguenti relazioni:

il coefficiente α s tiene conto della forma della fondazione mediante

la seguente relazione:

In entrambi i casi il coefficiente è unitario per fondazioni circolari.

α H tiene conto dello strato compressibile e si applica solo se H<Hi

(in entrambi i casi il coefficiente è stato posto unitario

il coefficiente α t ha la seguente espressione dove R3 e Rt variano a

seconda se i carici sono ciclici o costati nel tempo;

Calcolo dei cedimenti

αs αh t (anni)Carichi costanti Carichi ciclici

1 1 1.30000 1.70000 3

1.32499 1.79995 4

1.36021 1.94082 6

1.38519 2.04077 8

1.40458 2.11830 10

1.43979 2.25918 15

1.46478 2.35913 20

1.48416 2.43666 25

1.50000 2.50000 30

1.51339 2.55356 35

1.52499 2.59995 40

1.53522 2.64087 45

1.54437 2.67748 50

1.55265 2.71059 55

1.56021 2.74082 60

αt

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110

20

22

24

26

28

30

0 10 20 30 40 50 60

w (

mm

)

tempo (anni)

Andamento del cedimento nel tempo (carichi variabili)

Figura 6.4.1.2 - Andamento del cedimento nel tempo

Il cedimento iniziale risulta pari a 24.33 mm a 3 anni. Prendendo in

considerazione le deformazioni che si sviluppano nel tempo per effetto

della viscosità dello scheletro solido, si raggiunge dopo 60 anni il

cedimento finale di 29.20 mm .

Noto il cedimento massimo, è possibile ricavare, sfruttando le relazioni

proposte in letteratura il massimo cedimento relativo.

Anche nel caso di condizioni di sottosuolo relativamente omogenee e di

fondazioni progettate in modo da prevenire i cedimenti differenziali,

l’esperienza mostra che questi si verificano sempre.

tempo (anni)Carichi costanti Carichi ciclici

3 24.33 31.82

4 24.80 33.69

6 25.46 36.33

8 25.93 38.20

10 26.29 39.65

15 26.95 42.29

20 27.42 44.16

25 27.78 45.61

30 28.08 46.80

35 28.33 47.80

40 28.55 48.67

45 28.74 49.43

50 28.91 50.12

55 29.06 50.74

60 29.20 51.30

w (mm)

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111

Una prima correlazione tra il cedimento massimo e quello differenziale

è riportata nel diagramma di seguito riportato tra δmax e wmax .

Figura 6.4.1.3 - Correlazione tra massimo cedimento assoluto e differenziale

Questo diagramma permette quindi una stima del limite superiore del

cedimento atteso. Questo valore del cedimento differenziale è sicuramente

molto cautelativo, dovendo valutare il reale cedimento differenziale come

differenza tra il cedimento del plinto isolato i e quello del plinto j più

vicino.

Noto il massimo cedimento differenziale possiamo calcolare la

rotazione relativa β, per mezzo della quale siamo in grado di valutare gli

effetti del cedimento differenziale sulla sovrastruttura.

Figura 6.4.1.4 - Parametri geometrici caratterizzanti la deformata di una fondazione

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112

Nella tabella che segue sono riportati valori massimi della rotazione relativa

β per le varie tipologie di strutture.

Tabella 6.4.1.I - Valori ammissibili dei movimenti delle strutture

Per strutture semplici in acciaio, il massimo valore ammissibile è 0.005,

mentre per telai in acciaio è 0.002.

Tabella 6.4.1.L - Cedimento massimo e relazione relativa calcolati

6.4.2 Verifiche strutturali

6.4.2.1 Plinto

Per il dimensionamento strutturale dei plinti di fondazione si assume,

vista la forma tozza della struttura stessa si ritiene accettabile assumere una

distribuzione delle reazioni di contatto che si ottiene con il metodo del

trapezio delle tensioni, e cioè una distribuzione costante o linearmente

variabile che faccia equilibrio al carico applicato.

Luce tra le colonne 750 cm

δmax 2.92 cm

β 0.0039 OK

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113

Dal punto di vista del dimensionamento strutturale, le sollecitazioni

di progetto si ottengono dalla combinazione agli SLU. Le sollecitazioni

sono di seguito riportate:

- N = 7212 KN + 235 KN (peso proprio plinto)

Si fissa l’altezza del plinto pari ad 1.5 m e si caratterizza, in basse

alle dimensioni in pianta il plinto. A seconda del valore assunto dall’angolo

α, calcolato con la relazione sotto riportata, si dividono le tipologie di plinto

in alti e bassi. Per i primi si può disporre un quantitativo minore di

armatura, rispetto ai secondi che si devono armare a taglio e flessione.

Se α > 60°, il plinto è catalogato come plinto alto.

In questo caso il plinto è alto e perciò si utilizza come schema di calcolo il

metodo delle bielle.

Figura 6.4.2.1.1 - Schematizzazione a puntone e tirante per gli sforzi interni in un plinto

L’armatura totale da inserire parallela ai lati a e b risulta :

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114

Con

Sfruttando le relazioni sopra riportate sono necessari 11 Ф 18 paralleli alla

direzione a e 11 Ф 18 paralleli a b.

Nel plinto, per migliorare il confinamento sul calcestruzzo vengono

inseriti 6 staffoni del Ф 12 ad interasse 35 cm e una armatura superiore

costituita da 9 Ф 12 paralleli ad a e 9 Ф 12 paralleli a b. Viene inoltre

inserita, sempre fuori calcolo, armatura in corrispondenza del UPN di

contrasto, per migliorare la diffusione sul calcestruzzo.

Questa armatura è costituita da 3 Ф 12 disposti ortogonalmente a 5 Ф 12.

6.4.2.2 Cordolo

Il collegamento orizzontale tra i plinti si ritiene garantito se le

strutture di fondazione sono collegate tra loro da cordoli in grado di

assorbire le forze assiali. In assenza di valutazioni più accurate le Norme

Tecniche suggeriscono di assumere le seguenti azioni assiali :

N = 0.3 Nsd amax/g

La forza di progetto con la quale viene armato il cordolo è di 450 KN.

In presenza di questa azione sono necessari 4 Ф 18 disposti

longitudinalmente per tutto lo sviluppo del cordolo. Per le staffe si

dispongono Ф 6 passo 20 cm .

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115

7. DIMENSIONAMENTO E VERIFICA

DELLE UNIONI

7.1 Tipologie di unioni e modalità di verifica

L’acciaio per usi strutturali è fornito dall’industria siderurgica in

elementi aventi forme tipiche, di dimensioni unificate. A partire da questi

elementi resistenti semplici (profilati, lamiere, tubi) è possibile costruire

una qualsiasi struttura, sia a parete piena che reticolare, a condizione di

saper realizzare le reciproche connessioni in modo tale che ciascun

elemento sia messo in condizione di poter partecipare alla capacità portante

dell’insieme.

Col nome di “collegamenti” si intendono quei dispositivi costruttivi

che hanno lo scopo specifico di connettere insieme due o più elementi

strutturali, inizialmente indipendenti.

I collegamenti nelle strutture in acciaio si possono raggruppare in

due categorie:

Unioni correnti, realizzate generalmente per formare dei profili non

disponibili in commercio mediante l’unione di lamiere e più raramente di

ferri profilati e lamiere;

Unioni di forza (o collegamenti propriamente detti), utilizzate per unire tra

loro i vari elementi strutturali per formare l’intera costruzione.

I sistemi di collegamento utilizzati possono essere:

bulloni normali

bulloni ad attrito (ad alta resistenza)

saldatura (ad arco)

chiodi

perni.

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116

7.1.1 I collegamenti bullonati

I bulloni, in particolare, possono essere stampati o torniti e sono

costituiti dalla vite con testa esagonale e gambo completamente o

parzialmente filettato, dal dado anch’esso di forma esagonale e da una due

rosette di forma circolare.

La forma esagonale del bullone è necessaria per l’applicazione della

coppia torcente di serraggio, applicata mediante chiave a mano o

pneumatica . Per il serraggio dei bulloni è conveniente procedere in due

fasi: si serrano inizialmente i bulloni con un coppia pari al 60% di quella

prescritta, partendo dai bulloni più interni del giunto e procedendo verso

quelli più esterni, e successivamente si ripete l’operazione serrando

completamente i bulloni.

Le coppie di serraggio (Ts) da applicare possono essere calcolate

facilmente considerando che queste devono indurre nel bullone una forza di

trazione Ns = 0,8 fyb Ares, ovvero pari a Ts= 0,2 Ns d.

Il controllo dell’efficienza del giunto può esser eseguito misurando

con la stessa chiave dinamometrica il valore della coppia occorrente per

produrre una ulteriore rotazione di 10° del dado, che dovrà risultare

inferiore alla coppia di progetto, oppure si contrassegna la posizione del

dado rispetto alle piastre, lo si svita per almeno 1/6 di giro e si riserra

controllando che la coppia di serraggio applicata sia inferiore a quella di

progetto.

I diametri principali dei bulloni utilizzati sono:

Tabella 7.1.1.A: Caratteristiche dei bulloni

I corrispondenti diametri dei fori, secondo quanto prescritto dalla

normativa italiana vigente “D.M. Infrastrutture 14 Gennaio 2008”, devono

essere incrementati di 1 mm, rispetto al diametro del bullone, se

quest’ultimo è inferiore a 20mm, in caso contrario si maggiorano di 1,5

mm.

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117

Sono fissate inoltre delle disposizioni sulla distanza minima dei

bulloni sia reciprocamente (passo p) sia dai bordi esterni ed interni delle

squadrette (rispettivamente e1, e2) ed in particolare risultano:

Figura 7.1.1.1: Posizione dei bulloni

Tabella 7.1.1.B: Limiti di normativa

L’attuale normativa inoltre considera le seguenti classi di resistenza

dei bulloni, classificate in funzione del valore della tensione di snervamento

fyb e di rottura ftb:

Tipo di Bullone Classe fyb (N/mm2) ftb (N/mm

2)

Normale 4,6 240 400

5,6 300 500

6,8 480 600

Alta resistenza 8,8 649 800

10,9 900 1000

Tabella 7.1.1.C: Classi di resistenza dei bulloni

Le verifiche di resistenza delle unioni bullonate vengono eseguite

sulla base di comportamenti statici semplificati con la determinazione delle

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118

tensioni convenzionali da far rientrare in opportuni limiti fissati dalle

norme.

Le ipotesi adottate trascurano al riguardo la deformazione della

lamiera sotto carico, l’inflessione del gambo dei bulloni e le concentrazioni

di tensioni presenti nelle lamiere in corrispondenza dei bordi dei fori,

considerando inoltre le pressioni uniformemente distribuite sui fori e sul

gambo dei bulloni.

In base al tipo di sollecitazioni presenti si possono distinguere le

unioni bullonate in:

unioni in cui il bullone è sollecitato a taglio

unioni in cui il bullone è sollecitato a trazione

unioni in cui il bullone è sollecitato a taglio e trazione

per ciascuna delle quali deve essere valutata la resistenza nei confronti degli

stati limite ultimi e degli stati limite di servizio (non obbligatoriamente).

Nel caso delle unioni a taglio si è in presenza di due ferri uniti tra

loro attraverso bulloni ai quali è applicata una forza agente nel piano di

contatto dei ferri e che tende a farli scorrere l’uno rispetto all’altro.

In un primo momento è l’attrito tra i ferri provocato dal serraggio

che si oppone a tale scorrimento, per cui i bulloni non scorrono e non sono

affaticati dalla forza esterna. Al crescere di quest’ultima la resistenza

dell’attrito viene vinta e la forza si strasferisce integralmente ai bulloni.

Nella verifica di resistenza dell’unione si ammette che la forza

sollecitante si ripartisca in modo uguale tra i bulloni, cosa realistica sono in

condizioni ultime quando tutti i bulloni hanno ormai raggiunto la fase

plastica. Nella fase elastica infatti, i bulloni esterni risultano più sollecitati

rispetto a quelli interni per cui all’aumentare della sollecitazione

raggiungeranno per primi lo snervamento, consentendo la crescita delle

tensioni nei bulloni delle file più interne.

Il collasso dell’unione si può manifestare per uno dei seguenti

fenomeni:

Rottura per taglio del bullone

f v,Rd

V = sollecitazione di taglio agente sull’unione

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119

n°= numero di bulloni

f v,Rd= resistenza di calcolo a taglio dei bulloni

Rottura per rifollamento della lamiera

f b,Rd

f b,Rd = resistenza di calcolo a rifollamento del piatto dell’unione

Rottura della lamiera per trazione

f t,Rd

f t,Rd = resistenza di calcolo a trazione della lamiera

Rottura della lamiera per taglio (opportunità eliminata distanziando

opportunamente i bulloni dal bordo della lamiera).

Le resistenze di calcolo presentate dalla normativa vigente sono le

seguenti:

Resistenza a taglio del bullone:

F v,Rd = 2

6,0

M

restb Af bulloni classe 4.6; 5.6; 8.8

F v,Rd = 2

5,0

M

restb Af bulloni classe 6.8; 10.9

F v,Rd = 2

06,0

M

tb Af chiodi

Si inserisce nella formula l’area resistente Ares del bullone se il piano

di taglio interessa la parte filettata, altrimenti si pone l’area effettiva A nella

prima espressione per tutte le classi di resistenza.

Resistenza a rifollamento della lamiera:

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120

Fb,Rd = 2M

tk tdfk

d = diametro nominale del bullone

t = spessore della piastra collegata

ftk = resistenza a rottura del materiale della piastra collegata

min{e1/ 3d0; ftb/ft; 1} per i bulloni di bordo nella direzione del carico

min{e1/ 3d0 – 0,25; ftb/ft; 1} per i bulloni interni nella direzione del

carico

k min{2,8e2/d0-1,7; 2,5} per i bulloni di bordo nella direzione

perpendicolare al carico

min{1,4p2/d0 – 1,7; 2,5} per i bulloni interni nella direzione

perpendicolare al carico.

Resistenza a trazione della lamiera:

Fb,Rd = 2

9,0

M

restb Af bulloni

Fb,Rd = 2

6,0

M

restb Af chiodi

7.1.2 I collegamenti saldati

Il collegamento per saldatura si basa su un principio di

funzionamento del tutto diverso rispetto a quello delle unioni bullonate,

finalizzato a ricreare la continuità degli elementi da unire attraverso fusione.

In funzione della posizione dei cordoni di saldatura possono aversi:

saldature in piano

saldature frontali

saldature verticali

saldature sovra testa (eseguite dal basso verso l’alto)

mentre in funzione della posizione dei pezzi da saldare possono aversi:

giunti testa a testa

giunti d’orlo

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121

giunti d’angolo

giunti a T

giunti a L

giunti per sovrapposizione.

A

i fini delle verifiche di resistenza le norme vigenti fanno riferimento a due

categorie di unioni saldate:

giunti a completa penetrazione ( collegamenti testa a testa a T o a croce),

realizzati con materiale d’apporto di resistenza maggiore o uguale a quella

degli elementi collegati, per cui la resistenza di calcolo viene assunta pari a

quella di progetto dell’elemento più debole collegato;

Figura 7.1.2.1 - Tipologie di saldatura

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122

giunti con cordoni d’angolo e giunti a parziale penetrazione, in cui la

resistenza di progetto è determinata, per unità di lunghezza, facendo

riferimento all’altezza di gola “a”, ovvero all’altezza del triangolo inscritto

nella sezione trasversale del cordone stesso.

Nel primo caso, il giunto può essere soggetto a sollecitazioni di

sforzo normale, taglio e momento e le tensioni da esse indotte nella

saldatura sono analoghe a quelle che si avrebbero se il pezzo fosse unico.

Noto che la sezione resistente della saldatura ha come lunghezza l l’intera

lunghezza della saldatura e come altezza t il minore dei due spessori

collegati le tensioni presenti al suo interno saranno:

lt

N

2

6max

lt

M

lt

T5,1max

Le verifiche, nel caso di sollecitazione singola agente nel giunto,

saranno soddisfatte se risultano:

2M

tkf

23 M

ktf

mentre nel caso di sollecitazioni composte:

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123

2

22 3M

tk

id

f

M2= 1,25.

Nel caso di giunto con cordone d’angolo invece, si considera in via

semplificativa che le tensioni siano uniformemente distribuite sulla sezione

di gola del cordone. Applicando il criterio semplificato proposto dalla

normativa vigente si dovrà verificare che:

1,

,

Rdw

Edw

F

F

ove EdwF

,è la forza di calcolo per unità di lunghezza che sollecita il

cordone, mentre RdwF

,è la resistenza di calcolo per unità di lunghezza pari

a:

2

,3 M

tk

Rdw

afF

= 0,8 per acciai S235

= 0,85 per acciai S275

= 0,9 per acciai S355

= 1 per acciai S420; S460.

a = altezza di gola.

In generale si può dire che le saldature evitano l’indebolimento delle

sezioni dovuto alla presenza dei fori per i bulloni, occupano meno spazio

delle bullonature e permettono di realizzare giunti snelli con vantaggi anche

dal punto di vista estetici, ma d’altra parte la loro buona riuscita è affidata

alla bravura ed alla coscienza dell’operaio che la segue ed il loro costo di

realizzazione è sicuramente maggiore rispetto a quello delle unioni

bullonate.

Le saldature inoltre possono essere soggette a numerosi difetti quali

cricche a freddo, cricche a caldo, mancanza di penetrazione, inclusioni di

scoria, soffiature dovute alla presenza di cavità formate dai gas, che

possono arrecare danni importanti alla resistenza dei giunti.

Inoltre le unioni bullonate vengono generalmente eseguite in cantiere

mentre le saldature sono realizzate in officina poiché richiedono una

maggiore attenzione. Concludendo quindi, benché le prime appaiano più

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124

complesse, in realtà sono le meno costose poiché facilitano le operazioni di

trasformazione, di produzione e hanno tempi brevi di montaggio, oltre che

permettono di poter modificare le strutture a seguito di nuove esigenze

distributive. Nei collegamenti saldati, invece, i maggiori oneri di

realizzazione sono compensati dalla capacità di ottenere vincoli reali che si

avvicinano maggiormente a quelli calcolati secondo la teoria classica.

7.2 Il progetto e la verifica delle unioni

Tenendo conto dei profilati disponibili in commercio le scelte del

tipo di unioni da realizzare tra gli elementi strutturali sono state dettate da

esigenze di semplicità ed efficacia.

Si presentano di seguito le soluzioni progettuali previste per i

collegamenti tra gli elementi strutturali presenti.

7.2.1 Unione trave principale-trave secondaria

7.2.2 Unione trave principale-colonna

7.2.3 Unione colonna-colonna bullonata

L’unione delle colonne di uguale sezione viene eseguita mediante

bullonatura, in modo tale da ricreare la continuità strutturale degli elementi

connessi.

Il giunto appare dunque come indicato nella seguente figura:

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125

7.2.4 Unione trave – controventi a V rovescia

In corrispondenza dell’ultimo piano della struttura, in diversi telai del

lato corto sono stati inseriti dei controventi a V rovescia, costituiti sempre

da profili tubolari collegati, mediante unioni a perno, in basso ad un piatto

saldato sull’ala della colonna e in alto in corrispondenza di un piatto saldato

al centro della trave, facente parte del telaio, sotto l’ala inferiore. I

controventi recano alle estremità che si collegano verso la colonna, delle

pinze sagomate in modo tale che il collegamento avvenga facendo entrare il

piatto saldato che sporge dalla colonna, nella pinza e in seguito si possano

unire questi piatti tramite un perno. Per quanto riguarda la parte superiore, i

controventi presentano all’estremità un piatto asimmetrico rispetto all’asse

in modo tale che le estremità dei controventi durante la posa in opera

risultino ciascuna sui lati opposti del piatto saldato alla trave e in seguito il

collegamento possa sempre attraverso il perno che attraversa i tre piatti.

Si riporta di seguito in figura un particolare del collegamento appena

descritto:

Figura 8. 1: Tipo di unione bullonata

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Figura 7.2.4.1 - Unione trave - controventi a V rovescia: sezioni

Figura 7.2.4.2 - Unione trave - controventi a V rovescia: sezione e particolare del controvento

Si riportano in seguito i risultati ottenuti dalle verifiche:

Tabella 7.2.4.A - Caratteristiche geometriche di colonna e controventi

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Tabella 7.2.4.B - Caratteristiche geometriche di piatto saldato alla colonna, pinze e perno

Tabella 7.2.4.C - Coefficienti di sicurezza impiegati nelle verifiche e limitazioni sulle distanze

dai bordi

Dopo aver elencato tutti i dati riguardanti la geometria dei vari

elementi componenti il collegamento, i materiali e i tassi di lavoro, si

riportano ora le verifiche effettuate.

E’ stata eseguita una verifica a taglio del perno. La norma prevede

che la resistenza a taglio venga calcolata mediante la seguente espressione:

dove A è l’area della sezione del perno e la tensione a rottura del

perno.

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Tabella 7.2.4.D - Verifica a taglio del perno

E’ stata eseguita una verifica a rifollamento sia per le pinze del

controvento che per il piatto saldato alla colonna, calcolando la resistenza a

rifollamento dell’elemento da verificare con l’espressione prevista dalla

norma:

dove t è lo spessore dell’elemento, d il diametro del perno e la

tensione di snervamento dell’acciaio usato per il perno.

Tabella 7.2.4.E - Verifica a taglio degli elementi collegati dal perno

Sono state effettuate anche verifiche sulle saldature dei piatti saldati

alle estremità dei controventi:

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Tabella 7.2.4.F - Verifica della saldatura

7.2.5 Unione colonna – plinto di fondazione

Il collegamento tra le colonne e i plinti di fondazione è stato progettato

come vincolo ideale di cerniera. Le sollecitazioni di progetto sono state

estrapolate dal modello tridimensionale agli elementi finiti nel quale le

colonne sono state incernierate. Le sollecitazioni maggiori sono state

riscontrante nel modello realizzato per massimizzare la combinazione agli

SLU, nel quale ai controventi è stato affidato il compito di portare le forze

orizzontali, mentre i carichi verticali sono affidati esclusivamente alle

colonne.

Le sollecitazioni maggiori sono quelle agenti nella colonna ………. nella

quale convergono due controventi che trasmettono alla stessa forze di

taglio. Le sollecitazioni di progetto sono di seguito riportate.

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N [kN] 7200

T [kN] 2040

Traz [kN] 0

Tabella 7.2.5.A - Sollecitazioni di progetto

Figura 7.2.5.1 - Posizione della colonna di cui si progetta il collegamento con la fondazione

Il modo più semplice per realizzare una cerniera soggetta a compressione

è quello di saldare alla sezione di base della colonna una piastra in acciaio

dotati di fori nei quali trovano alloggiamento i tirafondi che vengono

annegati alla fondazione di cemento armato .

La colonna è ancorata al plinto per mezzo di tirafondi sollecitati

esclusivamente da sollecitazioni di taglio provenienti dalla combinazione

sismica, poiché la colonna, per qualsiasi combinazione di carico risulta

essere sempre compressa.

Sono stati utilizzati i tirafondi forniti dalla Peikko.

Il nodo strutturale è stato realizzato con i seguenti materiali:

Acciaio S355

Acciaio S450

Calcestruzzo Rck: 28/35

Tirafondi: vedi scheda tecnica in allegato

7.2.5.1 Dimensionamento della piastra di base

La piastra di base viene saldata alla base della colonna, ed ha la funzione

di ripartire i carichi provenienti dalla colonna, sul plinto di fondazione. Le

dimensioni geometriche sono calcolate in modo da assicurare una

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sufficiente area d’impronta, in modo da trasferire al plinto una pressione

pari alla tensione limite di rottura del calcestruzzo. Lo spessore invece è

dimensionato in modo tale da assicurare una sufficiente rigidezza alla

piastra, così da poter effettivamente ripartire tutta la sollecitazione sull’area

di carico (cioè sull’intera superficie d’impronta della piastra).

Al fine di ridurre lo spessore della piastra si inseriscono delle nervature

verticali che dovranno poi essere verificate a taglio e flessione,

considerando la collaborazione di una parte della piastra a cui sono saldate .

Il dimensionamento viene effettuato in base alla sollecitazione di

compressione. Si decide di progettare una piastra rettangolare, con il lato

maggiore nella direzione di minore spostamenti della colonna. La tensione

trasferita sarà data dallo sforzo normale diviso l’area netta, cioè l’area

depurata dei fori dei tirafondi. La tensione limite sul calcestruzzo, è l’85%

di fcd ,cioè pari 15.6 N/mm2. Le dimensioni minime da garantire alla piastra

sono di 700 mm per il lato minore, e 750 mm per quello maggiore .

Per quanto riguarda lo spessore, si dimensiona in questo modo: la piastra

presenta un nucleo rigido, cioè una porzione che non subisce inflessione.

Tale parte è posta al di sotto della colonna, ha forma rettangolare di

dimensioni 0,8b e 0,95h (dove b ed h sono rispettivamente la larghezza

delle ali e l’altezza della colonna). Al di fuori di questo nucleo rigido è

possibile individuare delle porzioni di piastra che saranno soggette a

flessione. Si considerano in particolare due “strisce” ortogonali fra loro, che

possono essere ricondotte ad una trave incastrata nel nodo rigido con

sezione rettangolare, larga 1 mm e di altezza pari allo spessore t della

piastra (che risulta incognito). Si considera la “trave” più lunga, che è

quella che da il valore maggiore del momento. La lunghezza deriva da

considerazioni geometriche ed è data da:

l = max ((B-0.8b)/2; (B-0.95h)/2)=0,252 m

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Supponendo che le travi siano caricate da un carico unifomemente

ripartito pari alla tensione agente sul calcestruzzo per la larghezza della

sezione della trave, è possibile calcolare il momento agente all’incastro.

Imponendo poi che tale sollecitazione diviso il modulo resistente della

sezione sia minore della fyd si ricava il valore minimo dello spessore t, in

base alla seguente formula:

Si ricava un valore minimo 79 mm che risulta essere eccessivo. Per

diminuire lo spessore si ricorre all’inserimento di irrigidimenti, che

costituiscono degli appoggi per i due ordini di “travi” visti in precedenza,

come riportato nella figura 8.23.

Figura 7.2.5.1.1 - Schema di calcolo di una piastra con irrigidimenti

La seconda tipologia di collegamento dimensionata è di seguito

riportata.

Figura 7.2.5.1.2 - Seconda tipologia di collegamento dimensionata

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In questo caso si è deciso di introdurre 4 irrigidimenti di lunghezza

220 mm, altezza 250 mm e spessore 15 mm, in aggiunta ai quali è stata

introdotta una ulteriore piastra di spessore 40 mm per collegare i due

controventi convergenti nel nodo.

Attraverso questi irrigidimenti, lo spessore della piastra si è ridotto a 55

mm.

Dalle verifiche eseguite con il programma agli elementi finiti

(paragrafo 7.3.2) si nota che il collegamento non garantisce una sufficiente

ripartizione delle sollecitazioni, causando una eccessiva localizzazione in

corrispondenza del nucleo rigido con tensioni sul calcestruzzo troppo

elevate. Si decide in questo caso di aumentare lo spessore della piastra,

ottenendo una migliore ripartizione dei carichi, ma non più il

comportamento idealmente schematizzato a cerniera.

Si decide perciò di modificare il collegamento, senza aumentare troppo la

rigidezza del nodo introducendo degli irrigidimenti parallelamente alle ali,

in modo da aumentare la superficie di ripartizione. In questo modo, senza

però irrigidire eccessivamente la piastra verso il proprio bordo, si cerca di

scaricare il calcestruzzo al di sotto delle ali della colonna.

Lo spessore della piastra in questo caso è di 70 mm.

Figura 7.2.5.1.3 - Terza tipologia di collegamento dimensionato

Anche questa tipologia di collegamento, come sarà visibile dai

risultati ottenuti con i modelli agli elementi finiti, e riportati nel paragrafo

7.2.3, non hanno soddisfatto le verifiche sul calcestruzzo e neanche

garantiva il comportamento desiderato.

Si decide quindi di cambiare tipologia di collegamento, passando al

dimensionamento di una cerniera a perno.

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7.2.5.2 Dimensionamento di una cerniera a perno

Per quanto riguarda il dimensionamento e la verifica della cerniera a

perno, si utilizzano le disposizioni della CNR 10025. La cerniera a perno è

costituita da una piastra superiore saldata alla colonna, a cui vengono

collegati dei pettini superiori, come mostrato in figura 8.24. I denti sono

forati in modo tale da consentire l’inserimento di un perno in acciaio a

sezione circolare.

Figura 7.2.5.2.1 - Schema della cerniera a perno

Fra i pettini superiori sono presenti dei pettini inferiori, della stessa

forma ma più allungati e vengono saldati alla piastra di base. Il carico è

trasferito dalla colonna alla piastra superiore che lo ripartisce fra i vari

pettini; questi a loro volta caricano il perno, che trasferisce la sollecitazione

ai pettini inferiori. Questi ultimi elementi caricano la piastra di base che

trasferisce infine il carico in fondazione. Il vantaggio di tale unione sta nel

fatto che è possibile irrigidire (agendo sul numero di denti del pettine) la

piastra inferiore pur mantenendo il vincolo di cerniera: infatti la rotazione

della colonna intorno al perno consente di realizzare il vincolo desiderato.

Nell’altra direzione il collegamento garantisce ugualmente il

comportamento desiderato,poiché parte dello spostamento impresso alla

testa della colonna si disperde come deformazione tra gli elementi che

compongono il nodo, non inducendo un significativo incremento delle

tensioni rispetto alla condizione di sola compressione.

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135

Il materiale utilizzato per i pettini è S450 mentre per la piastra di

base è l’acciaio S355.

La piastra superiore viene progettata anch’essa rettangolare con il

lato maggiore di 495 mm e quello minore di 348 mm. La piastra ha uno

spessore di 50 mm. La piastra di base, invece, continua ad avere forma

rettangolare, con lato maggiore nelle direzione del pettine perché la

ripartizione del carico è migliore per effetto della rigidezza degli stessi. La

piastra di base ha uno spessore di 80 mm . Entrambe le piastre sono

verificate ricorrendo alla modellazione tridimensionale. I risultati sono

riportati nel paragrafo 7.3.2.

In questa fase saranno dimensionati i pettini e il perno. I numero dei

denti viene deciso in modo tale da garantire, in corrispondenza della

sezione ridotta dal perno, una area almeno pari a quella della colonna. In

questo modo, si garantisce che il collegamento abbia una adeguata sovra

resistenza rispetto alla stessa. Il pettine superiore è formato da 4 denti, di

spessore 40 mm mentre quello inferiore da 5 di spessore 32 mm. Lo

spessore dei denti è legato principalmente alle verifiche a rifollamento degli

stessi, infatti l’area ottenuta, in corrispondenza della sezione presa in

considerazione è maggiore di quella della colonna. Le dimensioni

geometriche del dente sono progettate considerando le limitazioni seguenti:

dove b ed a hanno il significato riportato in figura 8.25, mentre con F si

indica la forza agente sul singolo dente.

Figura 7.2.5.2.2 - Dimensioni geometriche del dente del pettine superiore

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136

Si suppone che la forza di compressione (con cui si dimensiona

l’unione) si ripartisca in modo equo fra i cari denti, si considera a riguardo

il pettine superiore.

La forza F risulta quindi pari a 2178 kN.

Il diametro del perno viene dimensionato in modo tale da soddisfare

la verifica a rottura per taglio del gambo.

Tabella 7.2.5.2.A - Dimensionamento della geometria del dente

Le caratteristiche meccaniche dell’acciaio costituente il perno sono

riportate nella seguente scheda. Il tipo di acciaio viene identificato come

40NiCrMo7.

Figura 7.2.5.2.3 - Acciaio utilizzato per il perno

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137

La tensione di rottura assunta è pari a 930 N/mm2, mentre quella di

snervamento pari a 735 N/mm2

.

Verifiche:

Rottura del perno per taglio

Rifollamento della lamiera collegata con il perno

Tabella 7.2.5.2.B - Verifiche

7.2.5.3 Verifica delle saldature

Npl,max 8712 kN sforzo normale max trasmesso dalla colonna

n a 8 numero di aree di taglio

Nris 1089 kN taglio sollecitante ciascuna sezione

Fv,Rd 4242.28 kN resistenza a taglio del perno

VERIFICA OK

Tb 25.7% Tasso di lavoro del perno

s 40 spessore delle costole

l 320 larghezza della sezione in corrispondenza dell'asse del perno

A 33600 mm2 A dei denti nella sez. dell'asse del perno

A 33600 mm2 A dei denti nella sez. dell'asse del perno incrementata del rapporto tra gli acciai

VERIFICA Ok verifica dell'area nella sezione ridotta

Rifollamento costole

Fb,Rd 9292.8 kN resistenza a rifollamento delle costole verticali

VERIFICA Ok verifica Fb,Rd>Fb

VERIFICA A TAGLIO DEL PERNO DELLA COLONNA

VERIFICA A RIFOLLAMENTO DELLE COSTOLE VERTICALI

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138

Tutte le saldature del nodo sono eseguite in stabilimento, sono del

tipo a completa penetrazione. Viene dimensionata la saldatura a T da

eseguire fra il generico dente e la piastra, mentre quella fra la piastra

superiore e la colonna si esegue con le stesse modalità di quella verificata.

Il dente si sagoma smussando gli angoli in corrispondenza del punto

di contatto con la piastra, in modo tale che lo spessore passa da 32 a 5mm.

L’altezza di gola è pari a 20 mm.

La tensione ortogonale deriva dal taglio a cui è soggetto il pettine .

Questo infatti provoca un momento alla base, se si considera il dente come

una trave incastrata alla base. Per le verifiche si considerano giunti di II

classe, cioè una saldatura effettuata con elettrodi di classe 2,3 o 4, e

realizzati con eliminazione dei difetti prima di effettuare la ripresa o la

seconda saldatura.

I calcoli sono riportati nella tabella successiva.

Tabella 7.2.5.3.A - Calcolo della saldatura per il giunto a T

7.2.5.4 Dimensionamento dei tirafondi

I tirafondi vengono dimensionati in base alla sollecitazione di taglio

agenti nel collegamento per effetto dei controventi, visto che la colonna non

γM2 1.25 coefficiente di sicurezza

ftk 510 N/mm2 resistenza a rottura del più debole degli elementi collegati

β 0.9

Ttot 2120 KN taglio

n 5 numero di denti

T 424 KN taglio su ciascun dente

h 187 mm altezza del punto di applicazione della forza rispetto alla piastra

M 79288000 Nmm momento sollecitante

s 32 mm spessore del dente

a 20 mm altezza di gola

L 264 mm lunghezza della saldatura

Ix 3055360 mm4 momento di inerzia della saldatura

Wx 190960 mm3

σid 415.2 < 453.3 N/mm2

VERIFICA DI RESISTENZA SALDATURA A COMPLETA PENETRAZIONE

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139

è soggetta a trazione. Nella figura 8.23 sono riportate le caratteristiche

geometriche dei tirafondi Peikko, in particolare si sceglie la tipologia HPM

24.

Tabella 7.2.5.4.A - Caratteristiche geometriche dei tirafondi Peikko HPM 20

Supponendo che il taglio sollecitante, pari ad 2120 kN venga

ripartito in modo equo fra i tirafondi, dal calcolo sono necessari 8 tirafondi.

In presenza di taglio deve essere rispettata la seguente condizione:

Dai calcoli si ottiene che il valore del primo membro è pari a 0,92, il

che soddisfa la verifica.

7.3 Modellazione agli elementi finiti dei nodi

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140

Si sono modellati i particolari dei collegamenti di tre nodi strutturali

al fine di valutare l’effettiva distribuzione delle tensioni al loro interno e

verificare che non siano superati i valori limite.

Il primo nodo analizzato è quello relativo all’allineamento E7-E8, in

cui si è modellato il collegamento tra il secondo controvento a partire dal

basso e le travi binate che questo attraversa.

Figura 17 - Collegamento travi binate-controvento

Il secondo collegamento modellato è quello relativo al nodo alla base

tra colonna e plinto di fondazione, per il quale si richiedeva di verificare

che effettivamente fosse realizzato in modo tale da schematizzare una

cerniera così come era stata modellata nel modello globale.

Figura 8. 2: Nodo colonna – plinto di fondazione

Il terzo modello riguarda il nodo appartenente all’allineamento F7-

G7 nel quale convergono colonna, travi binate e due controventi.

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141

FOTO COLLEGAM

Per il dimensionamento degli elementi che costituiscono tali nodi e

la loro verifica, secondo quando prescritto dalla normativa vigente, si fa

riferimento a quanto già decritto nel paragrafo precedente.

7.3.1 Unione travi binate – controvento

Gli elementi strutturali travi binate (HEA 280-400) sono stati modellati

attraverso degli elementi di tipo shell assegnando ad essi lo spessore

corrispondente all’elemento modellato, e sono state vincolate con degli

incastri alle estremità, dove sono presenti elementi frames rigidi che

ricalcano il profilo della sezione.

Il controvento (Tubolare D244.5x8) è stato modellato anch’esso con

elementi shell per quanto riguarda la zona di passaggio tra le travi e con due

elementi frames, collegati tramite una raggiera di elementi frames rigidi alla

zona modellata con shells, per modellare le restanti estremità, e vincolato

con cerniere.

Figura 7.3.1.1 - Modellazione FEM travi binate

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142

Figura 7.3.1.2 - Modellazione FEM controvento

Per quanto riguarda il collare, entrambe i piatti, quello saldato al

controvento e quello saldato alla trave, sono stati modellati con elementi

shell di opportuno spessore. Il piatto saldato al controvento reca ad ognuno

dei due lati un foro per il bullone, mentre i fori sui corrispondenti piatti

della trave sono asolati per consentire il libero abbassamento della trave

rispetto al controvento nelle condizioni di esercizio.

Figura 7.3.1.3 - Modellazione FEM piatto saldato al controvento

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143

Figura 7.3.1.4 - Modellazione FEM piatto saldato alla trave

Le saldature dei piatti sono state modellate semplicemente facendo

coincidere i nodi della mesh adottata per i vari elementi.

I bulloni sono stati modellati con elementi frame di sezione

opportuna per il gambo, collegati alla mesh del foro con una raggiera di

altri elementi link di tipo “gap”, ovvero elementi a comportamento non

lineare reagenti solo a compressione.

Figura 7.3.1.5 - Modellazione FEM bullone

E’ stata modellata anche la testa del bullone attraverso una raggiera

di elementi frame rigidi con sezione qualsiasi, massa nulla e modulo

elastico 100 vote più grande di quello dell’acciaio. Questa raggiera è

collegata alla mesh del piatto mediante altri elementi frame che simulano il

contatto della testa. A questi ultimi elementi è stato assegnato un tension

limit ossia un limite pari a zero sullo sforzo a trazione che possono

prendere, simulando così il fatto che la testa del bullone, se tesa, si distacca

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dal piatto sul quale è a contatto senza trasmettere trazione. Agli elementi

frame che collegano la testa del bullone al piatto sono stati assegnati anche

degli svincoli di momento flettente e taglio nelle due direzioni principali.

Figura 18 - Modellazione FEM testa del bullone

Per simulare il contatto tra i piatti saldati alla trave e al controvento,

sono stati inseriti degli elementi di tipo gap, analoghi a quelli

precedentemente menzionati, che consentono di leggere sforzi dovuti ad

eventuali pressioni esercitate da uno dei due piatti sull’altro.

Figura 7.3.1.7 - Modellazione FEM del contatto fra i due piatti tramite elementi gap

Sono stati modellati anche i pioli e il calcestruzzo collaborante con la trave,

i primi con elementi frame di sezione opportuna, il secondo con elementi

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145

solid aventi rapporti tra i lati che non superassero il valore di 2. Gli elementi

solid sono stati posti al di sopra dell’ala della trave per un’altezza pari al

semispessore dell’ala stessa e sono stati collegati a quest’ultima sempre

mediante l’impiego di elementi di tipo gap.

Figura 7.3.1.8 - Modellazione FEM del cls collaborante

In seguito si riporta un’immagine completa del collegamento

Figura 7.3.1.9 - Modellazione FEM del collegamento travi binate-controvento

Le situazioni che sono state analizzate con questa modellazione di dettaglio

sono state tre:

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146

1. analisi del collegamento nelle condizioni di esercizio;

2. analisi del collegamento sotto l’azione sismica;

3. analisi del collegamento nella condizione di possibile sbandamento

del controvento.

7.3.1.1 Analisi del collegamento nelle condizioni di esercizio

In questa situazione si è voluto verificare che l’inflessione della

trave, dovuta ai carichi verticali nelle condizioni di esercizio, avvenisse

liberamente e senza alterare lo stato tenso-deformativo del controvento

nonostante il collegamento tra i due elementi strutturali. Affinchè si potesse

verificare tutto ciò, il collegamento è stato appositamente progettato

prevedendo un foro asolato nel piatto saldato alla trave, in modo tale che

durante l’inflessione di quest’ultima il bullone che collega i due piatti

potesse scorrere all’interno dell’asola, evitando così il trascinamento verso

il basso da parte della trave.

Per riprodurre le condizioni di esercizio sulla trave, è stato applicato

sulla superficie della porzione di calcestruzzo collaborante modellata, al

quale è stata azzerata la massa, il carico permanente strutturale, non

strutturale e l’antropico competente a ciascuna trave secondo la propria area

d’influenza.

L’inflessione in mezzeria della trave, letta dal modello di calcolo, è

risultata essere pari a 4.61mm, ben inferiore al limite di l/400 che nel caso

in esame fornisce una freccia massima ammissibile in mezzeria di

mm.

Lo stato tensionale nei piatti di collegamento è il seguente:

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147

Figura 7.3.1.1.1 – Tensioni SVM del collegamento nelle condizioni di esercizio

Si può notare come lo stato tensionale su i due piatti di collegamento

sia abbastanza basso, e come l’inflessione della trave non induca per il

tramite del collegamento, alterazioni dello stato tensionale del controvento.

7.3.1.2 Analisi del collegamento sotto l’azione sismica

Il secondo aspetto analizzato è stato il comportamento del

collegamento sotto l’azione sismica, quindi l’analisi dello stato tenso-

deformativo dello stesso indotto dagli spostamenti della trave e del

controvento.

In questo caso all’estremità del controvento sono stati applicati gli

spostamenti provocati dall’azione sismica, mentre per la travi si è preferito

assegnare gli effetti del sisma in termini di forze e momenti applicati

sempre alle estremità delle stesse.

I risultati ottenuti sono i seguenti:

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148

Figura 7.3.1.2.1 - Deformata del collegamento sotto azione sismica

Figura 7.3.1.2.2 - Tensioni S11 e S22 sotto azione sismica

Figura 7.3.1.2.3 - Tensioni SVM sotto azione sismica

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149

Analizzando le tensioni di Vohn Mises i valori che si leggono dal

modello risultano essere ovunque al di sotto dei valori di soglia per gli

acciai utilizzati.

7.3.1.3 Analisi del collegamento nella condizione di possibile

instabilità del controvento

L’ultimo aspetto analizzato riguarda più propriamente lo scopo per il

quale è stato progettato il collegamento in esame, cioè evitare che il

controvento instabilizzasse per il carico critico relativo ad una lunghezza

libera di inflessione pari alla lunghezza del profilo tubolare stesso e

garantirne la tenuta facendolo lavorare come se avesse un lunghezza libera

d’inflessione pari alla metà.

Per effettuare la verifica del collegamento si è posto il problema di

calcolare quale dovesse essere la forza o lo spostamento che il controvento

nella situazione di incipiente sbandamento avrebbe applicato al

collegamento collegamento.

La strada percorsa per arrivare alla determinazione di tali grandezze si è

articolata nei seguente punti:

1. è stato applicato un carico unitario di 1kN al controvento nelle due

possibili direzioni di sbandamento ovvero nel piano del

collegamento e fuori piano. L’applicazione di questa forza è stata

effettuata nel nodo centrale di una raggiera di elementi frame rigidi

posta all’interno del profilo tubolare all’altezza dell’asse del piatto

saldato al controvento stesso. Leggendo gli spostamenti dei nodi

comuni al piatto saldato e al profilo tubolare in corrispondenza della

direzione di applicazione delle due forze unitarie, e invertendo la

relazione , si sono ricavati le rigidezze del ritegno nelle

due direzioni di sbandamento ,

. Queste due rigidezze così calcolate tengono conto

anche della presenza delle travi e della soletta e non soltanto dei

piatti che collegano il controvento a questi elementi

2. Noti i valori di queste rigidezze posso effettuare già una verifica per

vedere se il collegamento è abbastanza rigido da produrre in una

analisi di buckling come primo modo di sbandamento una doppia

onda. Effettuo una analisi piana inserendo al centro del profilo una

molla traslazionale di rigidezza poiché se lo sbandamento

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150

dovesse avvenire sicuramente avverrà nella direzione di minor

rigidezza, e assegnando in testa al controvento un carico verticale

pari al carico critico Euleriano di un’asta di lunghezza pari alla metà

di quella del tubolare.

3.

Figura 7.3.1.3.1 - Analisi di buckling in presenza della molla traslazionale che simula il

collegamento

Come si può notare la verifica da esito positivo, la rigidezza del

collegamento è tale da produrre come primo modo di sbandamento

un modo a doppia onda.

4. Fermo restando la precedente verifica, risulta necessario verificare

quale sia l’entità della forza o dello spostamento che il controvento

trasmette al collegamento per analizzare lo stato tenso-deformativo

dei piatti saldati. Per fare ciò è stato valutato il comportamento post-

critico dell’asta, modellando una imperfezione tramite un

disassamento iniziale δ posto a metà dell’asta stessa ed effettuando

una analisi non lineare con effetti P-Δ e P-Δ più grandi spostamenti.

Per quanto riguarda l’entità dell’imperfezione da assegnare si è fatto

riferimento alle CNR-UNI 10011 che prescrivono che in situazioni

ordinarie il valore massimo dello scostamento orizzontale può essere preso

pari a 1/1000 della lunghezza libera di inflessione, nel caso in esame quindi

δ=10,5mm.

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151

Tale prescrizione si trova in accordo anche con quanto previsto

nell’Eurocodice 3, dove lo scostamento è calcolato come illustrato in figura:

Figura 7.3.1.3.2 - Calcolo dell'imperfezione secondo EC3

Quindi nel caso limite di kr=1, l’imperfezione massima sarebbe stata

δ =0.02*5250=10.5mm.

L’Eurocodice 3 fornisce direttamente anche il valore della forza che

il controvento trasmette nella direzione di sbandamento in funzione

dello sforzo normale agente su di esso. Nel caso in esame, prendendo

per N il valore del carico critico euleriano relativo ad un asta con

lunghezza libera di inflessione 5250mm, Ncr≈3200kN, per cui il

valore della forza ricercata è pari a 2ΦNcr=16kN.

A scopo di confronto, si è proceduto ugualmente ad effettuare una

analisi non lineare dell’asta con l’imperfezione nonostante l’EC3

fornisse già il valore della forza da applicare al collegamento.

Rappesentando graficamente i risultati ottenuti si ricava che:

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152

Figura 19 - Comportamento post-critico del controvento con imprefezione

per un valore del carico critico di un’asta di lunghezza pari a metà

della lunghezza del controvento (Ncr≈3200kN) si ha uno

spostamento trasversale monitorato della mezzeria del controvento

pari a circa 0.5mm. A tale spostamento coinciderà quindi una forza

circa pari a , valore che non

discosta molto da quello calcolato direttamente mediante le

prescrizioni dell’EC3.

5. A questo punto si applica nel modello di dettaglio del collegamento,

il valore della forza precedentemente calcolata,

assegnandola al nodo centrale di una raggiera di elementi frame

rigidi posta all’altezza dell’asse del piatto saldato al controvento,

nelle due possibili direzioni di sbandamento. Gli stati tenso-

deformativi che ne derivano sono i segeunti:

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

0 0.0005 0.001 0.0015

F (k

N)

D (m)

Comportamento post-critico dell'asta con imperfezione

P-Delta grandi spost.P-Delta piccoli spost.Ncr

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153

Figura 7.3.1.3.4 – Deformata nel caso "Sbandamento nel piano"

La deformata nel caso di sbandamento nel piano mostra come i piatti

di collegamento siano prevalentemente soggetti a flessione deviata

nella direzione di minor rigidezza, tuttavia data la modesta entità

della forza applicata e la presenza delle saldature su tre lati, per

quanto riguarda il piatto della trave, e di bullone e saldatura sul

controvento, per il secondo piatto, lo stato tensionale non risulta

essere elevato tale da dover richiedere eventuali irrigidimenti. Inoltre

anche gli spostamenti dei due piatti risultano aggirarsi su valori

prossimi al decimo di millimetro. Lo stato tensionale è riportato di

seguito in figura:

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Figura 7.3.1.3.5 - Tensioni S11 e S22 nel caso “Sbandamento nel piano”

Figura 7.3.1.3.6 - Tensioni SVM nel caso "Sbandamento nel piano"

Analizzando le tensioni di Vohn Mises, i valori rientrano

ampiamente al di sotto della che per gli acciai utilizzati, S235 e

S355 risulta essere rispettivamente 223,8 e 338 2.

Per quanto riguarda il caso di sbandamento fuori piano i risultati

ottenuti sono i seguenti:

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155

Figura 7.3.1.3.7 - Deformata nel caso "Sbandamento fuori piano"

La deformata nel caso di sbandamento fuori piano mostra come la

forza trasversale trasmessa dal controvento al collegamento provochi

una torsione delle due travi che resta tuttavia limitata, infatti gli

spostamenti trasversali delle ali inferiori sono dell’ordine del decimo

di millimetro e tali da non alterare lo stato tensionale delle travi.

Per quanto riguarda lo stato tensionale del collegamento, i risultati

ottenuti sono i seguenti:

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Figura 7.3.1.3.8 - Tensioni S11 e S22 nel caso "Sbandamento fuori piano"

Figura 7.3.1.3.9 - Tensioni SVM nel caso "Sbandamento fuori piano"

Anche in questo caso le tensioni di Vohn Mises risultano essere

ovunque al di sotto dei valori di soglia per gli acciai utilizzati.

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157

7.3.2 Nodo colonna – plinto di fondazione

In questo paragrafo si riporta il processo di modellazione dell’unione

colonna plinto di fondazione, eseguita con il codice di calcolo Sap 2000. In

tutti i modelli viene eseguita un’analisi statica non lineare, assegnando

l’intero carico in un unico incremento. Gli elementi modellati sono:

Frame:

Tirafondi

Perno

Shell:

Colonna

Piastre

Pettine

Irrigidimenti

Solid:

Plinto

La colonna viene quindi modellata mediante delle shell, e dato che le

saldature presenti nell’unione sono eseguite a completa penetrazione, questa

viene collegata alle piastre facendo coincidere i nodi delle shell.

Il tirafondo viene modellato con un di frame di lunghezza pari alla

lunghezza dello stesso. Si adotta una sezione circolare di diametro pari a 2

cm. I vari frame del tirafondo sono collegati agli elementi solid del plinto

mediante sedici elementi gap disposti a raggiera (figura 7.3.2.1).

Questi elementi sono funzionanti esclusivamente a compressione, e

simulano la reale interazione tra il tirafondo e la piastra.

Agli elementi che collegano il tirafondo con il calcestruzzo sono stati

assegnati dei release, cioè rilasciato il taglio e il momento ad entrambi gli

estremi; ai link che collegano il tirafondo alla piastra, invece, non è stato

rilasciato lo spostamento lungo l’asse U2, avendo tradotto in questo modo

la presenza della testa del tirafondo.

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158

Figura 7.3.2.1 - Particolare del collegamento dei tirafondi con la platea

L’asse del frame del tirafondo trova “alloggiamento” in opportuni

buchi creati nella mesh della piastra di base e in quella dei solid del plinto.

Nei solid, in particolare, la cavità si estende fino ad una profondità di 0.5

metri (dalla piastra di base), dove il buco viene riempito.

Alla estremità inferiore del tirafondi è stato modellato un UPN 100 di

contrasto, essendo i tirafondi delle barre filettate, per le quali non si è fatto

affidamento alla aderenza acciaio-calcestruzzo, si è preferito introdurre

questo elemento di contrasto.

In prima istanza, l’altezza del plinto era di 1 m, ma non del tutto

sufficiente a ridistribuire le sollecitazioni trasmesse dalla colonna. Infatti, al

contatto plinto-terreno si osservavano tensioni troppo alte e non compatibili

con la resistenza del terreno. Si è deciso perciò di alzare ad 1.5 m l’altezza

dello stesso in modo da ridurre ad una zona circoscritta le plasticizzazioni

del terreno. Per quanto riguarda le dimensioni in pianta, si è deciso di

modellare un plinto quadrato di 1.5 m di lato , contro i 2.5 m reali

dell’elemento. Questa scelta è piuttosto legata a motivi computazionali.

La shell della piastra di base presenta la stessa mesh dei solid, mentre

questi in direzione verticale presentano un primo strato di 25 mm, e

successivi di 50 mm. L’altezza dell’elemento solid è dettata dalla necessità

di non distorcere eccessivamente l’elemento, mantenendo in un rapporto

massimo di 1:4 tra i lati dell’elemento, per garantire un buon

funzionamento computazionale.

Il collegamento fra la piastra di base e il plinto viene realizzato per

mezzo di speciali link, chiamati gap. Questi sono elementi di connessione,

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159

che sono uguali a quelli utilizzati per collegare i tirafondi con i solid,

reagiscono solo a compressione, mentre se sottoposti a trazione, non

trasmettono la sollecitazione fra gli elementi che collegano. Questo si è reso

necessario per simulare il reale comportamento della piastra di base. Se

soggetta a compressione trasferisce tutto il suo carico al calcestruzzo, ma

quando è sottoposta a trazione non viene trattenuta a terra dal plinto, bensì

dai tirafondi. Nella figura 7.3.2.2 è riportato in dettaglio il collegamento fra

platea, tirafondi e piastra.

Figura 7.3.2.2 - Dettaglio del collegamento fra la platea, i tirafondi e la piastra

I link sono elementi caratterizzati da un comportamento non lineare;

si assegna ad essi una rigidezza che è pari a quella dell’acciaio.

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160

Figura 7.3.2.3 - Assegnazione della rigidezza ai link

Per quanto riguarda il moncone di colonna che è stato modellato,

esso ha una altezza di 1 m modellata attraverso elementi shell e poi un

frame che raggiunge l’altezza di piano. Al bordo superiore delle shell è

stato collegato un elemento infinitamente rigido, il quale ha il compito di

ripartire sulla sezione lo sforzo normale applicato in testa al frame e di

mantenere indeformata la sezione nel proprio piano nel rispetto della

continuità con la parte non modellata.

7.3.2.1 Risultati della modellazione

Il primo modello considerato è quello di cerniera a lastra semplice,

con spessore pari a 7 cm. In questo caso non sono presenti irrigidimenti per

la piastra, tranne che il piatto di collegamento con il controvento, non

visibile nella foto di seguito riportata.

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Figura 7.3.2.1.1 - Modello 3D del nodo

Dal dimensionamento risulta che lo spessore della piastra è

sufficiente , ma dalla modellazione emerge che essa non è adeguatamente

rigida a ripartire le tensioni sul calcestruzzo. Dalla figura 7.3.2.1.2 si nota

che l’impronta di carico sul calcestruzzo ricalca la sezione della colonna,

mentre il resto al disotto della piastra rimane poco caricata. Questo

comporta una concentrazione di sforzi su un’area limitata, con conseguente

innalzamento delle tensioni che raggiungono il valore massimo sul

calcestruzzo di 60 N/mm2, oltre il limite ammesso (16 N/mm

2). Inoltre si

legge chiaramente che questi picchi si trovano in corrispondenza delle ali

della colonna e della piastra di attacco del controvento.

Figura 7.3.2.1.2 - Tensioni (S33) sul calcestruzzo, dovute alla compressione:modello di

cerniera a piastra

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162

Nelle figure 7.3.2.1.3 sono diagrammate le tensioni di Vohn Mises

presenti nella colonna e nella piastra di base. Lo stato tensionale sull’unione

è comunque al di sotto dei valori ammissibili, per via dello elevato spessore

della piastra. Nelle vicinanze dei fori si raggiungono delle tensioni elevate

ma trascurabili vista la porzione limitata che coinvolgono.

Figura 7.3.2.1.3 - Tensioni SVM

Si decide quindi di passare al modello successivo che prevede

l’introduzione di elementi di irrigidimento per aumentare la rigidezza della

piastra e, quindi, l’area di calcestruzzo sulla quale si ridistribuiscono i

carichi verticali .

Figura 7.3.2.1.4 - Modello di collegamento con piastra irrigidita

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163

L’andamento delle tensioni al contatto piastra-calcestruzzo è di

seguito riportata. E’ ancora visibile una forte concentrazione al di sotto

delle colonna con il raggiungimento, in una vasta area (in viola) della

tensione massima sul calcestruzzo. L’area collaborante è aumentata, ma non

ancora in maniera sufficiente. Si decide di provare ad aumentare lo spessore

della piastra di base, fino ad un massimo di 80 mm, non ottenendo i risultati

voluti.

Figura 7.3.2.1.5 - Tensioni S3-3 al contatto piastra-calcestruzzo

Nonostante questa unione non garantisca una accettabile ripartizione

dei carichi, si decide di verificare se comunque abbia un funzionamento a

cerniera, ovvero che gli irrigidimenti consentano alla colonna di ruotare

senza opporre eccessiva resistenza, altrimenti ci si sposta verso il vincolo

d’incastro. La verifica viene effettuata in questi termini: dal modello

globale dell’intera struttura si leggono gli spostamenti laterali in testa della

colonna presa in considerazione, per la combinazione sismica Ex+0.3Ey ed

Ey+0.3Ex. Assegnati gli spostamenti, che provocano la rotazione della

colonna, si controllano le tensioni indotte nel calcestruzzo: se queste

comportano un incremento delle tensioni che percentualmente è minore del

10% della fcd allora il nodo non si oppone alla rotazione per cui sarà lecito

considerarlo una cerniera, altrimenti esso tende ad una sorta d’incastro e

perciò non è accettabile. Il valori degli spostamenti assegnati sono per la

combinazione Ey+0.3Ex :

U2=5.6 mm, in direzione parallela all’anima della trave

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U1=1.6 mm, in direzione ortogonale all’anima della trave

mentre per la combinazione Ex+0.3Ey sono:

U2=1.5 mm, in direzione parallela all’anima della trave

U1=5.4 mm, in direzione ortogonale all’anima della trave

Di seguito viene riportato l’andamento delle tensioni sul calcestruzzo

per effetto degli spostamenti impressi con la combinazione Ey + 0.3Ex.

Come risulta visibile, tutta la zona in viola, supera i 1.6 N/mm2 .

Figura 7.3.2.1.6 - Tensioni su calcestruzzo per effetto degli spostamenti in sommità

Si riporta nella figura seguente l’andamento delle tensioni di Vohn

Mises sulle shell. E’ osservabile che solo in una piccola zona di

collegamento tra l’anima della colonna e la piastra di attacco del

controvento.

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165

Figura 7.3.2.1.7 - Tensioni SVM su colonna, piastra e irrigidimenti

Si decide di passare al modello successivo, inserendo delle piastre di

irrigidimento nella direzione parallela all’anima della colonna, in modo da

ridurre in parte la forte concentrazione al di sotto delle ali e di non irrigidire

eccessivamente la piastra verso il bordo. Il modello adottato è riportato

nelle figure 7.3.2.1.8 e 7.3.2.1.9.

La piastra di base ha uno spessore di 65 mm e gli irrigidimenti

paralleli all’anima di 30 mm .

Figura 7.3.2.1.8 – Modello con irrigidimenti paralleli all’anima

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Figura 7.3.2.1.9 - Modello con irrigidimenti paralleli all’anima

La distribuzione delle tensioni sul calcestruzzo in questo modello è

di seguito riportata.

Figura 7.3.2.1.10 - Tensioni S3-3 sul calcestruzzo

Anche in questo modello, come nel precedente non si raggiungono i

risultati desiderati, ed oltre a non avere una sufficiente rigidezza per

ripartire i carichi, non è garantito neanche il comportamento a cerniera.

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167

Figura 7.3.2.1.11 - Sollecitazioni sul calcestruzzo a seguito dello spostamento U1: modello con

piastra irrigidita

Figura 7.3.2.1.12 - Sollecitazioni sul calcestruzzo a seguito dello spostamento U2: modello con

piastra irrigidita

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168

Figura 7.3.2.1.13 - Tensioni di Vohn Mises per la sollecitazione di compressione: modello di

cerniera a piastra irrigidita

Si passa quindi al modello di cerniera a perno, dimensionato nel

paragrafo 7.3.2. Rimane da precisare il collegamento dell’asse del perno

con i denti dei pettini: esso avviene per mezzo dei link dello stesso tipo di

quelli con cui si collega la platea alla piastra (figura 7.3.2.1.14).

Figura 7.3.2.1.14 - Particolare del collegamento del perno

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169

Anche il modello di cerniera a perno ha avuto una evoluzione, che è

stata possibile sfruttando i risultati del modello tridimensionale. E’ stato

necessario infatti aumentare lo spessore della piastra di base, che è passato

dai 65 mm a 80 mm. La dimensione della piastra è cambiata ed è stata

portata a 820 mm nella direzione dell’anima e 750 mm ortogonalmente ad

essa; si è voluto in questo modo sfruttare l’ottima diffusione garantita dai

pettini inferiori nella loro direzione .

Anche gli irrigidimenti sono stati aumentati in spessore passando dai

30 ai 50 mm; questi infatti per come sono stati realizzati, oltre ad irrigidire

la piastra di base, ripartiscono parte del carico portato dai pettini inferiori

fino al bordo della piastra. E’ stato inoltre necessario introdurre degli

irrigidimenti anche per la piastra superiore , che aveva una inflessione

eccessiva sulla parte centrale, causando una concentrazione delle tensioni. Il

modello finale è visibile nella figura di seguito riportata:

Figura 7.3.2.1.15 - Modello 1 di cerniera a perno

L’andamento delle tensioni al contato piastra - calcestruzzo in questo

caso è notevolmente migliorata; infatti in questo caso quasi tutta la piastra

scarica in maniera piuttosto uniforme, con una ridotta porzione che

plasticizza perché raggiunge tensioni superiori ai 16 N/mm2

, ma

considerata accettabile allo stato limite ultimo.

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170

Figura 7.3.2.1.16 - Tensioni S33 sul cls dovute alla compressione:modello di cerniera a perno

Una volta verificato questo, si è potuto controllare se il collegamento

garantisse un comportamento a cerniera anche nella direzione ortogonale.

Si è potuto riscontrare in questo caso che anche questa requisito è

soddisfatto, osservando lo stato tensionale di seguito riportato per effetto

della combinazione Ex+0.3Ey

Figura 7.3.2.1.17 - Tensioni per effetto dello spostamento in sommità

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171

Nella figura successiva invece riportiamo le tensioni di Vohn Mises

sull’intero nodo. Tutti gli elementi risultano verificati.

Figura 7.3.2.1.18 - Tensioni SVM sull'intero nodo

Ultimo obiettivo, è stato quello di verificare la diffusione delle

tensioni nel volume di calcestruzzo per verificare la compatibilità dei valori

ottenuti con quelli resistenti del terreno. Questo ha portato a modificare

l’altezza del plinto da 1 m ad 1,5 m .

Figura 7.3.2.1.19 - Tensioni di Vohn Mises per la sollecitazione di compressione: modello di

cerniera a perno

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172

8. ANALISI DI PUSHOVER

L’analisi di pushover o analisi di spinta (letteralmente pushover

significa “spingere oltre”) è una procedura statica non lineare impiegata per

determinare il comportamento di una struttura a fronte di una determinata

azione(forza o spostamento) applicata.

Essa consiste nello “spingere” la struttura fino a che questa collassa o

un parametro di controllo di deformazione non raggiunge un valore limite

prefissato; la “spinta” si ottiene applicando in modo incrementale monotono

un profilo di forze o di spostamenti prestabilito. In sostanza l’analisi di

spinta è una tecnica di soluzione incrementale-iterativa delle equazioni di

equilibrio statico della struttura in cui la forzante è rappresentata dal sistema

di spostamenti o forze applicato.

L’analisi di spinta consente di definire un legame scalare forza-

spostamento caratteristico del sistema studiato, detto curva di capacità , che

permette di ricondurre la ricerca dello spostamento massimo di un sistema

soggetto ad una certa azione esterna a quella di un sistema SDOF equivalente.

Nel caso di sistemi SDOF l’analisi di spinta è particolarmente

intuitiva. Un sistema SDOF può essere idealizzato come una massa

concentrata m sorretta da un elemento privo di massa con rigidezza laterale

k e collegato ad un elemento (privo di massa e rigidezza) responsabile dello

smorzamento. La configurazione deformata (o campo di spostamento) del

sistema è definita quindi da un unico parametro che può identificarsi con lo

spostamento relativo della massa rispetto al suolo

Figura 8.1 - Modello meccanico semplificato

In questi semplici casi, l’analisi di spinta consiste nell’applicare alla

massa del sistema uno spostamento D o una forza F la cui intensità viene

gradualmente incrementata nella direzione dell’unico grado di libertà

disponibile. Il valore iniziale della forza o dello spostamento non ha

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173

ovviamente importanza. Le espressioni che definiscono la forzante (intesa

in senso generalizzato come forza o spostamento) possono esprimersi come:

D =αd

F = βf

Dunque, fissato arbitrariamente il valore di d o f, il fattore

moltiplicativo α o β viene gradualmente incrementato da zero fino ad un

valore finale che permetta di investigare il campo di risposta di interesse per

il sistema in esame. Ad ogni valore di α o β corrisponde quindi un valore di

D o F che rappresenta lo spostamento o la forza applicati alla massa del

sistema.

Il comportamento del sistema è definito da un legame forza-

spostamento in cui la forza coincide con il taglio alla base Vb e lo

spostamento con quello della massa Dt:

nel caso di analisi a forze imposte (F è la forza applicata ad m):

Vb = F e Dt = D

essendo D lo spostamento di m prodotto da F;

nel caso di analisi a spostamenti imposti (D è lo spostamento

applicato ad m):

Dt = D e Vb = F

essendo F lareazione vincolare risultante.

Nel caso di sistemi MDOF, l’approccio è simile con la differenza che

la struttura viene “spinta” applicando un profilo di forze o di spostamenti

orizzontali in corrispondenza di ciascun piano (Figura 3.2) e che, per

descrivere il comportamento dell’intero sistema in termini di legame forza-

spostamento, è necessario scegliere un solo parametro di forza ed un solo

parametro di spostamento. La scelta di tali parametri non è univoca e può

dar luogo a differenti legami forza-spostamento ossia a differenti legami

costitutivi del sistema SDOF equivalente detti curva di capacità. Solitamente,

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174

come parametri di forza e di deformazione, si selezionano il taglio alla base

e lo spostamento del baricentro dell’ultimo piano dell’edificio anche se, in

realtà, questa scelta non ha un preciso fondamento teorico ma è più

probabilmente un retaggio delle originarie applicazioni di questa tecnica

alle pile da ponte delle quali si monitorava, per ovvie ragioni, lo

spostamento in sommità. In effetti lo spostamento in sommità non sembra

essere sempre un parametro affidabile.

Figura 8.2 – Telaio tipo

In una analisi di spinta basata sugli spostamenti o sulle forze si

impone alla struttura, in modo incrementale, un profilo di spostamenti

D=(D1 D2 … Dj … Dn)T o di forze F=(F1 F2 … Fj … Fn)T a livello di piano che

possono essere definite da un vettore di forma d o f moltiplicato per un

fattore di scala α o β:

D =αd

F = βf

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175

dove d=(d1 d2 … di.. dn)T e Di=αdi è lo spostamento del piano i-esimo oppure

f=(f1 f2 … fi ... fn)T e Fi=βfi è la forza di piano i-esima. Per descrivere il

comportamento del sistema attraverso una legame scalare forza-

spostamento P-U (detto curva di capacità) si scelgono comunemente il

taglio alla base ed lo spostamento Dj del piano j-esimo come ad esempio

quello in sommità Dt:

U = Dj P = 1T F (3.5)

Considerando che l’obiettivo è di simulare la risposta dinamica della

struttura, sorge la questione se l’analisi di spinta debba essere condotta

applicando una sistema di spostamenti o di forze. Se la struttura avesse un

comportamento elastico lineare i due approcci condurrebbero agli stessi

risultati ma la presenza di effetti anelastici comporta una sensibile

differenza tra le due alternative.

Il risultato più immediato di un’analisi di pushover è la definizione

della curva di capacità (o curva di pushover) della struttura ossia della

curva forza-spostamento espressa, solitamente, in termini di taglio alla base

(Vb) e spostamento in sommità (Dt) (Figura 3.3) che rappresenta appunto la

capacità esibita dal sistema a fronteggiare unacerta azione esterna.

Considerando un sistema SDOF, l’andamento della curva di capacità dipende

dalla rigidezza k o dalla flessibilità k-1 del sistema che a loro volta dipendono

essenzialmente dalle caratteristiche geometriche e meccaniche del sistema e

sono funzioni non lineari rispettivamente dello spostamento e della forza

applicata al sistema:

F = k(D) oppure V b t = k (D)

D = k −1(F) oppure D t b = k −1 ( V )

In figura sono diagrammati i legami forza-spostamento ossia le curve

di capacità rappresentativi di tre

comportamenti emblematici caratterizzati da un iniziale comportamento

elastico lineare fino alla soglia di snervamento (rappresentato da un ramo

sostanzialmente lineare) seguito da un comportamento post-elastico non

lineare incrudente (i), perfetto (p) o degradante (d).

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176

Figura 8.3 – Andamenti curva di capacità

Nei casi analizzati successivamente, al fine di mettere in luce

maggiormente la tipologia di andamento della curva, si eseguirà sempre una

linearizzazione della curva di capacità. Questo processo viene eseguito,

secondo uno dei metodi prescritti dalla normativa,in particolare a quello

della equivalenza delle aree.

Nel caso più complesso, ma di maggiore interesse, di sistemi MDOF la

curva di capacità mostra andamenti

analoghi caratterizzati ancora da un tratto inizialmente rettilineo,

corrispondente al comportamento lineare a capacità di una struttura

dipende dalle capacità di resistenza e di deformazione dei suoi singoli

componenti.

La curva di capacità definisce la capacità della struttura

indipendentemente da qualsiasi specifica richiesta e quindi descrive le

caratteristiche intrinseche del sistema resistente; in altre parole è una sorta

di legame costitutivo semplificato della struttura.

Trattandosi di un legame scalare forza-spostamento il

comportamento del sistema MDOF viene così ricondotto sostanzialmente a

quello di un sistema SDOF che può ragionevolmente definirsi equivalente

dato che la curva di capacità è stata costruita tenendo conto del

comportamento dell’intero sistema MDOF.

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177

8.1 Analisi di un telaio piano

Nell’analisi di pushover della struttura,si devono considerare almeno

due distribuzioni di forze d’inerzia,come riportato nelle Norme

Tecniche,l’una ricadente nella distribuzione principale e l’altra nelle

distribuzioni secondarie.

Nello specifico,essendo la struttura non regolare in pianta ed in

altezza, il primo modo di vibrare non coinvolge una fattore di

partecipazione di massa superiore al 75%, perciò,è stato applicato un

sistema di forze principali corrispondente alla distribuzione dei tagli di

piano calcolati in una analisi dinamica lineare.

Come distribuzione secondaria di forze, le Norme richiedono che il

sistema abbia una distribuzione uniforme con l’altezza, da intendersi come

derivata da una distribuzione uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della

costruzione.

Figura 8.1.1 - Distribuzioni di forze telaio XZ

Figura 8.1.2 - Distribuzioni di forze telaio YZ

0

10

20

30

40

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2

H (

m)

Telaio XZ

Accellerazione costante proporzionale ai tagli

0

10

20

30

40

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2

H (

m)

Telaio YZ

Accellerazione costante prorzionale ai tagli

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178

L’analisi di pushover è stata eseguita dapprima su un telaio piano per

ciascuna delle due direzioni principali della struttura,successivamente,

come espressamente indicato dalle Norme Tecniche si è ricorso ad un

modello tridimensionale della struttura, per meglio cogliere l’effetto della

distribuzione spaziale della massa e delle rigidezze.

I due telai piani presi in considerazione sono quello all’ascissa X=30

m per quanto riguarda la direzione XZ, ed Y=82.5 per l’altra direzione

principale.

Questi due telai sono stati ritenuti più significativi per la valutazione

delle plasticizzazioni sugli elementi resistenti.

Figura 8.1.3 - Telaio XZ

Figura 8.1.4 -Telaio YZ

Per eseguire questo studio si è utilizzato il software di calcolo

strutturale Sap2000 (versione 14).

E’ noto, che per eseguire l’analisi di pushover, si devono individuare

preliminarmente nella struttura quali sono le componenti della stessa alle

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179

quali è affidato il compito di dissipare energia, ovvero fissare le cerniere

plastiche.

Questo tipo di approccio viene denominato a “plasticità concentrata”ed è

compito del progettista,individuare dove si potrebbero concentrare le

eventuali plasticizzazioni degli elementi strutturali.

Nello specifico si sono definite due tipi diversi di cerniere plastiche:

assiali : assegnate agli elementi di controventamento, i quali

lavorano a trazione-compressione e la cui plasticizzazione è

prevalentemente assiale;

a momento flettente: assegnate alle colonne, caratterizzate da sforzo

normale e momento flettente;

8.2 Definizione della cerniera plastica a sforzo assiale

La definizione delle cerniere plastiche ha dei passi standard da

eseguire che elenchiamo qui,ed eviteremo di farlo per le cerniere

successive.

Il legame che usiamo per definire la cerniera plastica è un legame rigido-

plastico perfetto. I valori da inserire nel Sap2000 per definirlo sono valori

normalizzati, per cui, ogni volta, dovremo inserire i valori di tensione e di

deformazione rapportati ai valori massimi che essi possono sopportare.

Il punto necessario a definire il grafico, che in prima istanza sarà

definito simmetrico,è evidentemente uno solo, la cui ascissa definisce il

rapporto tra la deformazione di snervamento e la deformazione ultima

dell’acciaio.

In questo caso,fissando per l’acciaio una deformazione ultima del

5%, per gli elementi soggetti prevalentemente a sforzi di trazione e

compressione, si definiscono in funzione del tipo di acciaio utilizzato, tre

valori del rapporto :

S235 : 47

S275 : 40

S355 : 31

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180

Il Sap2000 richiede più punti, ma essi sono punti intermedi utili a

definire solo i livelli associati ai diversi stati limite considerati. Nella

tendina di definizione delle cerniere (hinges), in basso a sinistra, possono

essere fissati ulteriori punti e mostrarli nel grafico. E’ stato fissato come

stato limite di “occupazione immediata”(IO) un punto subito successivo alla

soglia di snervamento (inizio ramo Plastico), come stato limite di

“prevenzione del collasso” (CP) un punto immediatamente precedente al

valore ultimo fissato e come stato limite di “salvaguardia della vita” (LS)

un valore intermedio tra i due.

Infine si definisce la dimensione e (successivamente) la posizione

della cerniera plastica: in questo caso, essendo una cerniera a sforzo assiale

ed essendo lo sforzo assiale costante su tutta la lunghezza del controvento,

essa potrà formarsi in qualsiasi parte dell’elemento per cui porremo, nella

tendina in alto a destra, alla voce relative length = 1 e definirne così la

dimensione.

La posizione scelta è a metà dell’elemento.

La figura successiva mostra tutte le grandezze.

Figura 8.2.1 – Tendina definizione cerniera plastica

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181

8.3 Definizione della cerniera plastica a momento

flettente (colonne)

La definizione delle cerniere plastiche flessionali, è più laboriosa, e

può essere affrontata in due diversi modi; definendo il diagramma

momento-curvatura della sezione e la lunghezza della cerniera plastica,

oppure il diagramma momento rotazione .

In entrambi i casi è necessario definire il dominio di interazione M-N della

sezione in esame.

Figura 8.3.1 - Dominio M-N

Nel caso specifico,sono stati definiti i due domini di interazione M-N

in presenza di flessione retta; quando invece si è proceduta ad una analisi di

pushover sul modello tridimensionale,si è definito il dominio di interazione

Mx-My-N. Le cerniere a momento flettente, inoltre, hanno una diversa

localizzazione rispetto a quelle assiali; esse infatti sono state concentrate

alla base e in testa a ciascuna colonna. La lunghezza della cerniera plastica

è stata assunta pari all’altezza della sezione dell’elemento. E’ stato

necessario definire una diversa cerniera plastica per ciascun profilo

utilizzato. Di seguito si riporta il foglio Excel, con il quale si sono calcolati

i domini di interazione.

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182

Di seguito si riporta come sono state definite in Sap2000 queste cerniere.

Profilo: HEM 300 Acciaio: S 355

H = 340 mm altezza della sezione f tk = 510 N/mm2

B = 310 mm larghezza delle ali f yk = 355 N/mm2

t f = 39 mm spessore delle ali E s = 210000 N/mm2

t w = 21 mm spessore dell'anima γ M0 = 1.05

A = 29682 mm2area della sezione f yd = 338 N/mm2

M pl,Rd = 1352 KN*m momento resistente plastico

N pl = 10035 KN sforzo normale di plasticizzazione

a = 0.19 parametro di sezione

Momento resistente

effettivo

N Rd (KN) M N,Rd (KN*m)

0 1352

418 1352

836 1352

1254 1304

1673 1242

3345 994

5018 745

6690 497

8363 248

10035 0

0.33

0.50

0.67

0.83

1.00

0.17

Dominio M3-N

Flessione semplice asse forte

Trazione o compressione semplice

Interazione M-N

Sforzo normale

adimensionalizzato

n

0.00

0.04

0.08

0.13

tensione di snervamento di design

Diagramma di interazione M-N per un elamento in acciaio a doppio T (Classe 1)

tensione caratteristica di rottura

tensione caratteristica di snervamento

modulo elastico

coefficiente di materiale

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

0 2000 4000 6000 8000 10000 12000

MN,Rd (KN*m)

NRd (KN)

Dominio M3-N

M pl,Rd = 643 KN*m momento resistente plastico

N pl = 10035 KN sforzo normale di plasticizzazione

a = 0.19 parametro di sezione

Momento resistente

effettivo

N Rd (KN) M N,Rd (KN*m)

0 643

418 643

836 643

1254 643

1673 643

3345 622

5018 547

6690 419

8363 236

10035 0

0.50

0.67

0.83

1.00

0.00

0.04

0.08

0.13

0.17

0.33

n

Dominio M2-N

Flessione semplice asse debole

Trazione o compressione semplice

Interazione M-N

Sforzo normale

adimensionalizzato

0

100

200

300

400

500

600

700

0 2000 4000 6000 8000 10000 12000

MN,Rd (KN*m)

NRd (KN)

Dominio M2-N

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183

Figura 8.3.2 - Tendina per definizione di una cerniera a presso-flessione

Figura 8.3.3 - Tendina per definizione del dominio M-N

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184

Si passa ora a mostrare l’analisi di pushover vera e propria al fine di

ottenere la curva di capacità della struttura analizzata e visualizzare così

quali sono i meccanismi di collasso che la contraddistinguono.

L’analisi viene eseguita impostando in successione i seguenti scenari

di carico:

1) Si imposta un primo “load case” , che chiamiamo push-v ,di analisi non

lineare a Load control per carichi verticali. Come carico è stato

impostato il peso proprio (arbitrario).

Figura 8.3.4 – Load case del pushover

2) Si crea un successivo caso di analisi non-lineare, chiamato push , che

avrà come base di partenza il precedente e si riferirà ad uno scenario di

carico orizzontale appositamente definito. Questo caso sarà a

displacement control e si fisserà un valore di spostamento ultimo pari al

3% dell’altezza dell’altezza della struttura.

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185

Figura 9.10 – Load case del pushover

E’ opportuno precisare che questo tipo di analisi, per come sono

concepite, si allontanano dalla realtà poiché attribuiscono alle strutture di

raggiungere dei livelli di spostamento che nella realtà non sarebbero in

grado di sostenere. Si dovrà tener conto di questa considerazione nella

valutazione dei risultati ottenuti.

Si analizzano di seguito diversi modelli. Nella prima parte si mettono

in mostra le differenze delle curve di capacità associate a modelli in cui

vengano o meno introdotte tutte le cerniere. Questa prima fase ha lo scopo

di individuare quale sia lo schema di dissipazione che caratterizza

maggiormente la struttura. Per intenderci, qualora i meccanismi di

dissipazione interessino solo gli elementi a sforzo normale si può pensare di

non considerare ( e quindi non inserire nel modello ) gli ulteriori

meccanismi che, seppur possibili, non si instaurano. Questa valutazione può

esser fatta controllando che le sollecitazioni associate agli elementi che

consideriamo non dissipativi, siano contenute entro limiti di

plasticizzazione; se così non fosse, allora non si potrà fare a meno di

considerarli. Nella parte successiva, una volta trovato il miglior modello di

riferimento, si svolge un’analisi di ottimizzazione, in modo da ottenere

soluzioni che migliorino la duttilità della struttura. Si riportano e

commentano i risultati associati a diversi modelli.

8.4 Analisi sul telaio XZ

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186

8.4.1 Modello 1: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei

controventi e a momento flettente nelle colonne (telaio XZ)

Il primo modello è stato quello proveniente dal dimensionamento in

campo elastico degli elementi strutturali, ai quali sono state applicate

cerniere assiali nei controventi e a momento flettente nelle colonne. Per le

travi si sono escluse la formazioni di plasticizzazioni.

In questo caso, si è ottenuta per la direzione XZ la curva di capacità

di seguito riportata:

La duttilità della struttura, ottenuta linearizzando la curva reale come

riportato nelle Norme Tecniche, sarebbe pari a:

DUTTILITA’ = du/dy = 13.19

Tuttavia, questo buon risultato ottenuto, non è avvalorato dalle

osservazione del meccanismo di plasticizzazione che coinvolge la struttura;

si osserva infatti la comparsa di cerniere plastiche nelle colonne del primo

piano con la formazione di una meccanismo di piano debole. I controventi

0

10000

20000

30000

40000

50000

60000

70000

80000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io a

lla b

ase

(K

N)

spostamento (m)

Curve di capacità (TELAIO XZ)

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187

dei piani superiori rimangono in campo elastico, causando una non

distribuita plasticizzazione.

La duttilità cosi ottenuta non può essere considerata attendibile, in quanto si

tratta di uno spostamento localizzato al primo piano.

Di seguito si riporta l’andamento delle plasticizzazioni nel telaio XZ.

Figura 8.4.1.1 - Andamento delle plasticizzazioni telaio XZ

8.4.2 Modello 2: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei

controventi e a momento flettente nelle colonne (telaio XZ)

Nel passo successivo l’obiettivo è stato quello di garantire una più

omogenea distribuzione delle plasticizzazioni in altezza. Si sono perciò

ridotte le sezioni dei controventi posizionati nei piani più alti della struttura,

modificati i profili delle colonne dei primi tre piani che sono passati da HE

360 M a HD400x314 e da HE 300 B a HE 300 M. L’utilizzo dei profili HD

si è dimostrato particolarmente utile essendo dotati di una maggiore inerzia

nella direzione debole della colonne a parità di area. In questo modo si sono

ridotti la formazione di meccanismi di plasticizzazione che coinvolgessero

le colonne.

Di seguito si riporta la curva di capacità:

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188

DUTTILITA’ = du/dy = 7.95

Si osserva, dopo aver cambiato i profili dei controventi un

incremento significativo della resistenza del telaio e una diffusa

plasticizzazione come evidenziato nella immagine di seguito riportata.

Tuttavia il meccanismo che porta a collasso la struttura è ancora legato alla

formazione di cerniere plastiche nelle colonne prima di un completo

sfruttamento delle capacità dissipative e deformative dei controventi.

Figura 8.4.2.1 - Andamento delle plasticizzazioni telaio XZ

0

10000

20000

30000

40000

50000

60000

70000

80000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io a

lla b

ase

(K

N)

spostamento (m)

Curve di capacità (TELAIO XZ)

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189

8.4.3 Modello 3: Modellazione della instabilità per i controventi

compressi

Nel modello successivo, avendo come obiettivo quello di far

plasticizzare maggiormente gli elementi di controventamento prima della

nascita di cerniere sulle colonne, si è deciso di incernierare le travi alle

colonne. Questa scelta, che nella fase precedente del progetto era stata

scartata con l’obiettivo di irrigidire il pacchetto solaio, diventa in questo

importante per evitare di utilizzare per le colonne profili maggiorati con il

solo scopo di ritardare la plasticizzazione sulle stesse. La presenza infatti di

due travi binate molto rigide e l’assunzione che le plasticizzazione sulle

stesse difficilmente preceda quella sui pilastri, si muove in contrasto con il

principio della gerarchia delle resistenze. Si decide perciò di incernierare le

travi.

In questo modello inoltre modella anche l’instabilità dei controventi

compressi. Come primo approccio si fissa pari a 0.3xFy la resistenza a

compressione dei controventi compressi.

Si riporta di seguito una schermata del Sap2000.

Figura 8.4.3.1 - Definizione della cerniera assiale simmetrica

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190

La curva di capacità di seguito riporta mostra una riduzione della

resistenza dovuta alla modellazione della instabilità ed ramo plastico molto

prolungato nel quale si è beneficiato della scelta di incernierare le travi.

DUTTILITA’ = du/dy = 11.65

0

10000

20000

30000

40000

50000

60000

70000

80000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io a

lla b

ase

(k

N)

spostamento (m)

Curve di capacità (TELAIO XZ)

0

10000

20000

30000

40000

50000

60000

70000

80000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io a

lla b

ase

(kN

)

spostamento (m)

Curve di capacità

cerniere simmetriche(travi incastrate) instabilità(travi incernierate)

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191

Di seguito si riporta la distribuzione delle plasticizzazioni sul telaio. In

questo step la struttura si trasforma in un cinematismo,mostrando

comunque lo sfruttamento completo di alcuni controventi e della comparsa,

solo all’ultimo step delle cerniere alla testa delle colonne del piano terra.

Figura 8.4.3.2 - Andamento delle plasticizzazioni telaio XZ

8.4.4 Modello 4: Modellazione con picco della instabilità per i

controventi compressi

In questo modello si è voluto modellare un comportamento più

realistico per il fenomeno della instabilità.

Si mette in mostra come è stato definito il comportamento della

cerniera plastica che sarà non simmetrico e presenterà, nel ramo a

compressione, un andamento fragile, tipico dell’instabilità.

La definizione della cerniera plastica è riassunta in figura. Si nota la

dissimmetria del grafico e il carattere fragile dell’instabilità.

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192

Figura 8.4.4.1 – Cerniera plastica a sforzo normale con Instabilità

La costruzione del ramo negativo avviene essenzialmente

individuando un punto: il punto B-. Per come è definito, esso è dato dal

rapporto tra i valore del carico critico di instabilità e quello di snervamento.

Dalla letteratura il carico critico è definito dalla formula

dove EI rappresenta la rigidezza flessionale della sezione ed l0 la lunghezza

di inflessione dipendente dal grado di vincolo cui è soggetto l’elemento.

Si è valutato il carico di buckling del controvento compresso.

Ne consegue che

Il valore da inserire come ordinata del punto B- è 0.83

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193

Tabella 8.4.4.A - Determinazione del carico critico per i controventi

Passiamo ora alla valutazione dell’analisi:

Figura 8.4.4.2 - Andamento delle plasticizzazioni telaio XZ

Il limite di questa modellazione è rappresentato dalla incapacità del

solutore di trovare un meccanismo di collasso della struttura. La

complessità del modello e la maggiore richiesta computazionale non

permettono di convergere verso una soluzione. Per valutare questo si è

deciso provare su un modello semplice costituito da un telaio due piani e

due campate. Su questo modello il solutore è in grado di convergere ad una

soluzione.

Figura 8.4.4.3 - Modello di prova

ACCIAIO S235

fyk 235

fyd 223.8 N/mm2

E 210000 N/mm2

γM1 1.05

D s A I Ltot β Leff Pcr Py λ Ф χ Nb,rd Nb,rd/Py

mm mm mm2 mm4 m m KN KN KN

168.3 5 2565.1 8558456 5.2 1 5.2 656.0 574.1 1.0 1.0 0.7 398.6 0.69

177.8 6 3238.4 11962171 10.25 0.45 4.6 1165.3 724.8 0.8 0.9 0.8 573.3 0.79

219.1 8 5305.5 29596329 10.25 0.5 5.1 2335.4 1187.4 0.7 0.8 0.8 989.0 0.83

219.1 10 6569.1 35984390 10.95 0.45 4.9 3071.7 1470.2 0.7 0.8 0.8 1240.2 0.84

244.5 8 5943.9 41604467 10.25 0.45 4.6 4053.1 1330.3 0.6 0.7 0.9 1190.4 0.89

273 8 6660.2 58517143 5.5 1 5.5 4009.4 1490.6 0.6 0.7 0.9 1312.3 0.88

273 10 8262.4 71540925 10.25 0.45 4.6 6969.5 1849.2 0.5 0.7 0.9 1692.8 0.92

323.9 10 9861.5 1.22E+08 10.95 0.45 4.9 10378.6 2207.1 0.5 0.6 0.9 2058.3 0.93

323.9 10 9861.5 1.22E+08 5.5 1 5.5 8330.4 2207.1 0.5 0.7 0.9 2020.7 0.92

219.1X10

323.9X10

273X8

273X10

323.9X10

244.5X8

TIPO

168.3X5

177.8X6

219.1X8

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Costruzioni Metalliche - a.a. 2009- 2010 Relazione di calcolo

194

Si è perciò deciso di rinunciare a cogliere in maniera più dettagliata

l’andamento delle plasticizzazioni in seguito ad una più realistica

modellazione del fenomeno della instabilità.

8.4.5 Modello 5: Modello finale per il telaio XZ

Prima di raggiungere il modello finale si è voluto valutare quando

influisse sulla curva di capacità lo stato tensionale di compressione causata

dai carichi verticali sui controventi.

Questi infatti sono stati progettati per resistere esclusivamente alla

sollecitazioni indotte dalle azioni orizzontali,mentre, i carichi verticali sono

portati esclusivamente dalle colonne. Nel modello invece si osserva che i

controventi, specialmente quelli dei primi due piani, risultano caricati in

maniera importante per effetto carichi verticali, con ovvio svantaggio per i

controventi resistenti a compressione.

In questo caso, per annullare il suddetto stato tensionale sui

controventi, si è applicato in questo un ΔT negativo. Questo procedimento è

stato applicato su un modello semplificato e poi sulla intera struttura.

Per il modello in questione, si è monitorato lo spostamento di un

nodo del primo e del secondo piano, al variare dello step di carico. Si sono

poi confrontati questi spostamenti in corrispondenza dello stesso taglio al

piede, cioè della stessa forza applicata.

Figura 8.4.5.1 - Nodo del secondo piano

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0 5 10 15 20

Spo

stam

ento

(m

)

Stepsenza scarico con scarico

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Costruzioni Metalliche - a.a. 2009- 2010 Relazione di calcolo

195

Figura 8.4.5.2 - Nodo del primo piano

Si osserva dai due modelli che lo stesso taglio al piede si misura con uno

step di scarto tra i due.

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0 5 10 15 20

Spo

stam

ento

(m

)

Step

senza scarico con scarico

-4500

-4000

-3500

-3000

-2500

-2000

-1500

-1000

-500

0

0 5 10 15 20

Tagl

io a

l pie

de

(K

N)

Step

senza scarico con scarico

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Costruzioni Metalliche - a.a. 2009- 2010 Relazione di calcolo

196

Riportando lo scarto percentuale tra il taglio al piede in corrispondenza

dello step i del modello “con scarico” e dello step j del modello “senza

scarico” (i<j) si osserva una quasi totale coincidenza dei tagli. Si sono a

questo punto confrontati gli spostamenti dei due nodi monitorati in

corrispondenza della stessa forza applicata, osservando uno scarto massimo

del 5,3% per i nodi del primo piano e del 1.2% per quelli del secondo piano.

Si può concludere dicendo che si osserva a parità di forza applicata una

diversa distribuzione delle plasticizzazioni sugli elementi strutturali.

Di seguito si riporta il confronto grafico tra la distribuzione delle

plasticizzazioni nei due modelli in corrispondenza dello stesso

moltiplicatore delle forze applicate.

STEP 4 – “ SENZA SCARICO “ STEP 3 – “ CON SCARICO “

STEP TAGLIO STEP TAGLIO Δi-i Δi-j

0 0 0 0

1 -3558 1 -3414 4% 0.0%

2 -3977 2 -3557 12% -0.3%

3 -3475 3 -3987 -13% -0.1%

4 -3551 4 -3478 2% -0.2%

5 -3732 5 -3557 5% -0.1%

6 -3760 6 -3737 1% -0.1%

7 -3760 7 -3765 0% -0.1%

8 -3760 8 -3765 0% -0.1%

9 -3752 9 -3765 0% -0.2%

10 -4001 10 -3758 6% -4%

11 -4144 11 -4151 0% 10%

12 -3777 12 -3781 0% -2%

13 -3843 13 -3849 0%

14 -1862 14 -1879 -1%

15 -1699

16 -1482

CON SCARICO SENZA SCARICO

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197

STEP 5 – “ SENZA SCARICO “ STEP 4 – “ CON SCARICO “

STEP 5 – “ SENZA SCARICO “ STEP 4 – “ CON SCARICO “

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198

Si osserva che il cinematismo di collasso nei due modelli è lo stesso, e

questo si legge anche chiaramente nelle due curve di capacità che risultano

identiche.

Acquisiti questi risultati, ed essendo interessati a valutare anche la

temporaneità con cui si verificano le plasticizzazioni, abbiamo assegnato

dei ΔT a tutti i controventi compressi. La curva di capacità finale, ottenuta

per il telaio in direzione XZ, ottenuta ottimizzando le sezioni delle colonne

è di seguito riportata. In questo caso, pensando le travi incernierato si sono

potuti ridurre i profili delle colonne HD 400X314 che sono diventati HD

400X288.

Figura 8.4.5.3 - Curva di capacità con forze proporzionali ai tagli

DUTTILITA’ = du/dy = 12.09

0

1000

2000

3000

4000

5000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80

Tagl

io (

KN

)

spostamento (m)

Curve di capacità (TELAIO XZ)

senza scarico con scarico

0

10000

20000

30000

40000

50000

60000

70000

80000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io a

lla b

ase

(K

N)

spostamento (m)

Curve di capacità (TELAIO XZ)

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199

Figura 8.4.5.4 - Curva di capacità con forze proporzionali alle masse

DUTTILITA’ = du/dy = 11.03

Di seguito si riporta l’andamento delle plasticizzazioni all’ultimo step.

Figura 8.4.5.5 - Andamento delle plasticizzazioni telaio XZ

0

10000

20000

30000

40000

50000

60000

70000

80000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io a

lla b

ase

(K

N)

spostamento (m)

Curve di capacità (TELAIO XZ)

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200

8.4.6 Modello 6: Effetti del secondo ordine

Si è tenuto conto degli effetti del secondo ordine. Di seguito si

riporta la curva di capacità ottenuta impostando l’analisi non lineare con

effetti P – Δ.

DUTTILITA’ = du/dy = 5.54

0

10000

20000

30000

40000

50000

60000

70000

80000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io (

KN

)

spostamento (m)

Curve di capacità (TELAIO XZ)

0

10000

20000

30000

40000

50000

60000

70000

80000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io (

KN

)

spostamento (m)

Curve di capacità (TELAIO XZ)

EFFETTI P-DELTA SENZA EFFETTI P-DELTA

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201

8.5 Analisi sul telaio YZ

8.5.1 Modello 1: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei

controventi e a momenti flettente nelle colonne (telaio YZ)

Nella analisi di pushover sul telaio YZ il primo modello è stato

quello proveniente dal dimensionamento in campo elastico degli elementi

strutturali, ai quali sono state applicate cerniere assiali nei controventi e a

momento flettente nelle colonne.

Dal punto di vista strutturale, questa direzione della struttura è meno

iperstatica; le colonne infatti non sono collegate da travi. Nel modello, il

solaio rigido è stato riprodotto introducendo un vincolo di diaframma tra i

nodi dello stesso piano.

La curva di pushover ottenuta in prima istanza è di seguito riportata:

DUTTILITA’ = du/dy = 11.18

La risposta della struttura mostra un ramo lineare fino alla fine del

terzo step quando sono già elasticizzati i controventi compressi ma non

ancora quelli tesi. A partire dal quarto step iniziano a diffondersi le

plasticizzazioni su tutti i controventi; la curva non mostra più incrementi di

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

14000

16000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io (

KN

)

spostamento (m)

Curve di capacità (TELAIO YZ)

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202

resistenza e il proseguo è accompagnato da un ramo duttile fino alla

spostamento di 1 m.

Di seguito si riporta l’andamento delle plasticizzazioni all’ultimo step.

Figura 8.5.1.1 - Andamento delle plasticizzazioni telaio YZ

8.5.2 Modello 2: Cerniere plastiche assiali (simmetriche) nei

controventi e a momento flettente nelle colonne (telaio YZ)

In questo modello sono state modificati gli elementi strutturali per

rendere congruenti le scelte operate nei due telai ortogonali.

Nello specifico sono state sostituite le colonne HE 360 M con le HD

400X288, le HE 300 M con le HD 400X262 e le HE 300 B con le HE 300

M. Inoltre sono stati modificati i profili dei controventi del primo piano che

sono passati da 273x8 S235 a 323.9x10 S275 e da 219.1x8 sempre a

323.9x10 S275. Sono state ridotte invece le dimensioni dei controventi

degli ultimi piani che sono passati da 244.5x8 a 219.1x8.

Attraverso questa variazione dei profili si è ottenuta un incremento

significativo della resistenza con una diffusa distribuzione delle

plasticizzazioni.

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203

DUTTILITA’ = du/dy = 8.64

Di seguito si riporta il confronto tra i due modelli dai quali si evince il

significativo aumento di resistenza, accompagnato comunque da una ottima

duttilità.

Le due curve presentano comunque lo stesso andamento.

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

14000

16000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io a

lla b

ase

(K

N)

spostamento (m)

Curve di capacità (TELAIO YZ)

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

14000

16000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io (

KN

)

spostamento (m)

Curve di capacità (TELAIO YZ)

modello iniziale modello 1

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204

Figura 8.5.2.1 - Andamento delle plasticizzazioni telaio YZ

8.5.3 Modello 3: Modellazione della instabilità per i controventi

compressi

In questo caso, come già fatto precedentemente per il telaio XZ, si è

modellato il fenomeno della instabilità per i controventi compressi.

La curva di capacità ottenuta è di seguito riportata. Essa presenta un

andamento del tutto simile a quello ricavato nelle modellazioni precedenti,

con una riduzione della resistenza dell’ordine del 20%.

La duttilità rimane comunque importante e pari a:

DUTTILITA’ = du/dy = 8.68

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

14000

16000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io (

KN

)

spostamento (m)

Curve di capacità (TELAIO YZ)

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205

8.5.4 Modello 4: Effetti del secondo ordine

Si è tenuto conto degli effetti del secondo ordine. Di seguito si riporta la

curva di capacità ottenuta impostando l’analisi non lineare con effetti P – Δ.

DUTTILITA’ = du/dy = 2.97

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

14000

16000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Curve di capacità

instabilità cerniere simmetriche

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

14000

16000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io a

lla b

ase

(K

N)

spostamento (m)

Curve di capacità (TELAIO YZ)

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Costruzioni Metalliche - a.a. 2009- 2010 Relazione di calcolo

206

Valutando gli effetti del secondo ordine la curva di capacità mostra

un ramo plastico meno importante, infatti la duttilità si riduce

significativamente. Questi effetti sono più significativi in questa direzione

della struttura vista la minore iperstaticità della stessa. Questo comporta

infatti un incremento di sollecitazione nei controventi del terzo e quarto

inducendo la formazione di un meccanismo proprio in corrispondenza di

questo piano.

8.6 Analisi tridimensionale

8.6.1 Modello 3D

Come richiesto dalle Norme Tecniche, il pushover è stato eseguito in

ultima istanza sul modello tridimensionale. In questo caso è stato necessario

modificare le cerniere plastiche delle colonne, introducendo i domini di

interazione P-M2-M3.

Di seguito si riporta come sono state definite le varie grandezze

nello strumento di calcolo Sap 2000.

Figura 8.6.1.1 - Definizione dominio M-N tridimensionale

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207

Figura 20 - Definizione cerniera plastica a presso-flessione deviata

Nel modello tridimensionale sul quale è stata eseguita l’analisi di

pushover sono stati inseriti nei due telai modellati precedentemente, le

sezioni che scaturiscono dalla analisi di pushover piana e negli altri le

sezioni provenienti dal dimensionamento elastico.

Nel modello 3D, il solaio non è stato modellato, introducendo un

vincolo di diaframma rigido per l’intero piano e assegnando i carichi come

uniformemente distribuiti alle travi.

Come risulta visibile nelle curve riportate di seguito, il

comportamento globale della struttura è significativamente diverso da

quello ottenuto nelle precedenti analisi sul singolo telaio. Il comportamento

globale infatti è fortemente influenzato dalla discontinuità di massa e di

rigidezza che si riscontra tra il terzo e il quarto piano, inducendo in questo

caso il formarsi di un meccanismo di piano localizzato, prima della

plasticizzazione dei controventi dei piani più bassi .

Questo mostra come, per strutture non dotate di sistemi resistenti

omogenei e non costanti in massa e rigidezza sia importante ricorrere a

modelli globali.

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“Sapienza” Università di Roma

Costruzioni Metalliche - a.a. 2009- 2010 Relazione di calcolo

208

0

50000

100000

150000

200000

250000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io a

lla b

ase

(K

N)

spostamento (m)

Curve di capacità (3D) XZ

0

50000

100000

150000

200000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io (

KN

)

spostamento (m)

Curve di capacità (3D) YZ

Variando i profili delle colonne e dei controventi, utilizzando per le

colonne i profili HD e introducendo dei controventi più rigidi in

corrispondenza del 3 e del quarto piano, dove si registrava il maggior drift

tra le colonne dei piani inferiori e superiori, si sono ottenute le curva di

capacità di seguito riportate:

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Costruzioni Metalliche - a.a. 2009- 2010 Relazione di calcolo

209

DUTTILITA’ = du/dy = 2.52

0

50000

100000

150000

200000

250000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io a

lla b

ase

(K

N)

spostamento (m)

Curve di capacità (3D) YZ

DUTTILITA’ = du/dy = 5.59

0

50000

100000

150000

200000

250000

300000

350000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io (

KN

)

spostamento (m)

Curve di capacità (3D) XZ

Page 234: Costruzioni Metalliche - Necci Valleriani Schwartz

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Costruzioni Metalliche - a.a. 2009- 2010 Relazione di calcolo

210

Nella struttura è stato introdotto in corrispondenza del telaio ad

X=105 m un giunto di dilatazione realizzato attraverso gli shock trasmitters,

per mezzo dei quali la struttura sotto azioni orizzontali si comporta come un

unico edificio. In questo caso, modellare tutto il solaio attraverso un unico

vincolo di diaframma, può comportare

Si è ritenuto fosse più corretto introdurre per le due porzioni di

struttura due vincoli di diaframma e applicare le forze, opportunamente

scalate, in corrispondenza del master joint.

Le curve di pushover sono riportate di seguito e confrontate con

quelle della precedente modellazione.

0

50000

100000

150000

200000

250000

300000

350000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io (

KN

)

spostamento (m)

Curve di capacità (3D) XZ

0

50000

100000

150000

200000

250000

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00

Tagl

io a

lla b

ase

(K

N)

spostamento (m)

Curve di capacità (3D) YZ

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211

APPENDICE A

Teoria della plasticità

Si può spiegare il concetto di “cerniera plastica” considerando una

trave semplicemente appoggiata soggetta ad un carico concentrato nella

mezzeria.

Le ipotesi di base sono:

- conservazione delle sezioni piane

- piccoli spostamenti

- legame costitutivo di Prandtl

- assenza di instabilità.

Lo stato tensionale presente nella sezione maggiormente sollecitata, di

mezzeria, è caratterizzato dal un andamento a farfalla delle tensioni e delle

deformazioni, con valori massimi in corrispondenza delle fibre superiore

ed inferiore della sezione. Il valore delle tensioni massime dipendono

dall’intensità della sollecitazione flessionale indotta dal carico esterno

secondo la relazione:

eW

Mmax

Al crescere del momento la tensione massima ai lembi esterni della

sezione raggiunge il valore di snervamento, definito come limite elastico e

la sezione inizia a plasticizzarsi.

Questo fa sì che, al crescere ulteriore della forza esterna, nelle fibre

che per prime hanno raggiunto la tensione plasticizzazzione, si mantenga

costante il livello di tensione e pari alla tensione di snervamento, mentre il

valore della tensione continua a crescere nelle fibre adiacenti.

Al generico istante t, la distribuzione delle tensioni all’interno della

sezione, indotta dal carico P(t) crescente in modo lineare con il tempo, sarà

caratterizzata da un nucleo interno ancora in campo elastico, detto appunto

“nucleo elastico”, al di sopra ed al di sotto del quale le fibre mantengono

una tensione costante pari a quella di snervamento.

L’entrata in campo plastico consente allora di considerare come

momento resistente massimo della sezione il valore

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Costruzioni Metalliche - a.a. 2009- 2010 Relazione di calcolo

212

ZM p 0

dove Z è il modulo plastico della sezione, e ζ0 è la tensione limite di

snervamento del materiale. Tale momento può provocare nell’asta una

curvatura molto grande, ed in teoria addirittura infinita.

.

FiguraA.21: Cerniera plastica

.

Quando la sezione maggiormente sollecitata risulta completamente

plasticizzata, ovvero raggiunge la sollecitazione flettente Mp, in tale

sezione la sollecitazione si mantiene costante mentre continua a crescere in

quelle adiacenti. La lunghezza della zona plasticizzata della trave può esser

facilmente calcolata, ipotizzando un fattore di forma della sezione α=e

p

M

M

=1,14 (valore ragionevole per sezioni di questo tipo):

lM

MMll

p

ep123,0

Nella zona elasticizzata, le tensioni rimangono costanti, come detto,

mentre la curvatura cresce indefinitamente fino al raggiungimento del

valore ultimo di rottura. Questo corrisponde idealmente alla formazione di

una cerniera che rimane rigida fintanto che M<Mp, nota come cerniera

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213

plastica. In tal modo si concentra in un punto la plasticità dell’elemento

dato che la lunghezza della zona plasticizzata è molto minore della luce

della trave.

Rispetto ad una cerniera strutturale, la cerniera plastica presenta due

differenze:

Pur consentendo delle rotazioni relative tra i due tratti contigui di

trave, essa trasmette un momento costante pari a ±Mp.

E’ cerniera unidirezionale, può ruotare solo nel verso di

plasticizzazione, vale a dire compatibilmente col segno del momento

flettente.

Se si considera a livello globale la struttura, in particolare la trave

vista precedentemente, si può capire l’effetto della formazione della

cerniera plastica. Infatti se la struttura è vincolata in modo isostatico,

ovvero ha un numero di vincoli pari ai gradi di libertà che essa

possiede, la formazione della cerniera plastica produce una

labilizzazione della struttura che raggiunge dunque il collasso.

Questo fa capire allora che, in campo elasto-plastico, quanto più la

struttura risulta iperstatica quanto maggiore sarà la sovra resistenza

fornita. Il collasso della struttura infatti, perverrà solo dopo che si

saranno formate un numero di cerniere plastiche pari al suo grado di

iperstaticità più uno, o posizionate in modo tale da renderla un

meccanismo.

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214

ESERCITAZIONE 1

Si consideri una struttura costituita da tre aste vincolate all’estremità

superiore mediante cerniere, tutte convergenti nel nodo “o” come indicato

in figura:

FiguraA. 22: Geometria del sistema

Le caratteristiche del sistema sono:

Geometria:

- la lunghezza dell’asta centrale, n°1, è di 5m e l’angolo formato tra

questa ed entrambe le aste adiacenti è di 45°.

- la sezione delle aste è circolare, con raggio 5 cm

Materiale (Acciao):

- tensione caratteristica fyk=235 N/mm2

- modulo di Young E=210000 N/mm2

- deformazione ultima u = 5%

E’ richiesto di confrontare il carico ultimo ed i diagrammi forza-

spostamento ottenuti mediante il procedimento analitico e mediante il

programma di calcolo Sap2000.12.

Metodo degli spostamenti (metodo analitico):

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215

FiguraA. 23: Configurazione deformata

Si applichi uno spostamento verso il basso al vertice in comune tra le

tre aste pari a δ in direzione verticale (vedi figura 3); questo produrrà nelle

tre aste degli sforzi che tenderanno a riportare il sistema nella

configurazione indeformata:

E’ possibile scrivere le equazioni di equilibrio nella cerniera di

vertice:

Le due equazioni risolventi del problema saranno:

Considerando la struttura in campo elastico (ζ < ζr), si avranno degli

sforzi di trazione nelle aste pari a:

EAF1

1322

1

4cos

2F

EAFF

221 FFP

21

21

2

2

FF

FFP

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216

Nell’asta centrale raggiunge un valore di tensione pari al doppio

delle due aste adiacenti.

Al limite del campo elastico, cioè quando l’asta centrale raggiunge il

valore di plasticizzazione ζr, le altre due aste si muovono ancora lungo il

tratto elastico; il massimo valore di carico P applicabile alla struttura tale

che sia raggiunto il massimo valore di tensione il campo elastico è:

Superato il primo valore di snervamento, l’asta centrale comincerà a

muoversi lungo il tratto di curva plastico che, dato il modello elasto-plastico

perfetto, porta ad incrementi di spostamento senza incrementi di tensione.

La conseguenza di questo comportamento è che ulteriori incrementi di

carico andranno ad interessare solo le due aste inclinate fino al momento in

cui, anche queste, non raggiungeranno il valore della tensione di

snervamento.

Il valore del carico applicato per portare a snervamento tutte e tre le aste è:

DATI

222

PF

22

21

PF

rAF1

re A

P

22

2

2

21re AP

22

rcr

APAF

)12(rc AP

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217

Geometria L 5 m

B 5 m

sezione circolare

d 0,1 m

A 0,007854 m2

45 deg

Materiale fyk 235000 kPa

E 210000000 kPa

el 0,001119

u 0,05

Carichi P 4500 kN

Tabella A.1: Dati del problema

DETERMINAZIONE DEL CARICO CRITICO

Sforzi assiali NOA 2636,039 kN

NOB 1318,0195 kN

NOC 1318,0195 kN

a_ Determinazione dei limiti elastici

Sforzi assiali NOA 1845,6857 kN

Limiti elastici Pel 3150,7825 kN

el 0,0055952 m

per P=Pel NOB 922,84284 kN

NOC 922,84284 kN

b_ Determinazione dei limiti ultimi

Sforzi assiali NOA 1845,6857 kN

NOB 1845,6857 kN

NOC 1845,6857 kN

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218

Limiti ultimi Pcr 4455,8794 kN

cr 0,0111905 m

c_ Incremento di resistenza e duttilità

Pcr/Pel 41,4%

cr/ el 100%

d_Curva P-

P

kN m

0 0

Limite elastico 3150,7825 0,0055952

Limite plastico 4455,8794 0,0111905

4455,8794 0,0447619

e_Curva di scarico

P -4455,8794 kN

Sforzi assiali NOA -2610,194 kN

NOB -1305,097 kN

NOC -1305,097 kN

Sforzi assiali res NOA,res -764,508 kN

NOB,res 540,58882 kN

NOC,res 540,58882 kN

P

kN m

Curva di scarico 4455,8794 0,0111905

-764,50804 0

Tabella A.2: Determinazione del carico critico

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219

Figura A.24: Confronto dei risultati

Analisi statica non lineare di tipo incrementale:

Per lo svolgimento dell’analisi incrementale si è usato il

SAP2000.12.

Per prima cosa è stata definita la geometria e il materiale rispettando

la sezione e le caratteristiche del materiale, i vincoli esterni ed interni, la

lunghezza delle aste.

Il secondo passo è stato quello di definire le cerniere plastiche di tipo

estensionale, secondo il legame indicato nel testo.

Il programma di calcolo permette di inserire negli elementi frame

delle cerniere plastiche puntuali; occorre quindi sapere già da prima dove si

formerà la cerniera plastica così da posizionarla nel punto preciso. Nel caso

considerato, essendo le sezioni costanti, verranno inserite nella mezzeria di

ogni asta.

Le cerniere plastiche vengono definite, come mostrato nella seguente

figura, con un legame elasto-plastico perfetto avente ramo plastico deve

essere perfettamente orizzontale. A tal fine viene richiesto di definire

diversi punti individuati da delle lettere dalla A alla E; ognuna di questi

definisce uno stato preciso nel legame costitutivo:

- Il punto A indica l’origine,

- Il punto B rappresenta lo snervamento. Non serve applicare uno

spostamento poiché la cerniera plastica entra in gioco solo dopo aver

raggiunto la tensione di snervamento,

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220

- Il punto C rappresenta le capacità ultime del materiale per l’analisi di

pushover,

- Il punto D rappresenta la riserva di resistenza per l’analisi di

pushover,

- Il punto E rappresenta il valore ultimo di collasso.

Per la struttura in questione non sono stati considerati i valori di C e

D perché non necessari per i risultati richiesti.

E’ possibile adimensionalizzare il diagramma usando il valore della

forza di snervamento (A*ζyd) e della deformazione ultima (εu = 5 %).

I valori di Immediate Occupancy, Life Safety e Collapse Prevention

non hanno potere sul comportamento della struttura ma permettono solo di

rappresentare dei punti di tensione quando raggiunti e superati.

Facendo girare il programma è possibile esaminare la successiva

creazione delle cerniere plastiche attraverso gli steps di analisi del

programma.

Figura A.5: Definizione delle cerniere plastiche

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221

Figura A.25: Formazione della prima cerniera plastica

Figura A.26:Formazione delle seconde cerniere plastiche

Figura A.27: Completa plasticizzazione

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222

Figura A.28: Curva Carico-Spostamento della struttura (Sap2000.12)

Figura A.29:Confronto Curva Carico-Spostamento della struttura (soluzione analitica;

soluzione in Sap)

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223

ESERCITAZIONE 2

Ipotizzando un legame costitutivo di tipo EPP, si chiede valutare

analiticamente e confrontare con il risultato ottenuto da opportuna analisi

con il codice di calcolo il moltiplicatore ultimo dei carichi del telaio

riportato, di caratteristiche assegnate.

H

V

A

C

B

D

L

L L Figura A.30: Schema del Telaio

DATI

Telaio B 10 m

H 5 m

a 5 m

b 5 m

Trave IPE 200

Colonna IPE 200

Sezione h 0,2 m

b 0,1 m

sa 0,0056 m

e 0,0085 m

Jel 1,943E-05 m4

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224

Jpl 0,0000221 m4

Wel 0,0001943 m3

Wpl 0,000221 m3

Materiale Acciaio FE 235

yk 235000 kPa

yd 223809,52 kPa

kPa

u 0,05

E 210000000 kPa

Carichi V 1 kN

H 0,8 kN

Tabella A.3:Dati del problema

Vengono definite ed assegnate delle cerniere flessionali, come nelle

precedenti esercitazioni.

Figura A.31: Formazione delle prime cerniere plastiche

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225

Figura A.32: Formazione delle seconde cerniere plastiche

Figura A.33: Formazione delle terze cerniere plastiche

Figura A.34: Completa plasticizzazione

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226

Figura A.35: Curva di Push-over della struttura

P d

kN m

0 0

45,336 0,071

47,21 0,081

50,466 0,151

48,813 0,725

Tabella A.4: Moltiplicatori dei carichi

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227

APPENDICE B

Instabilità

Molte strutture, se soggette ad un processo di carico gradualmente

crescente, subiscono improvvisamente una brusca variazione del carattere

della loro deformazione, che non è conseguenza del collasso del materiale o

di altra alterazione delle loro proprietà meccaniche. Tale fenomeno si

verifica perché il modo di deformarsi della struttura col crescere del carico,

per un certo valore di questo, diventa instabile e la struttura cerca allora un

altro tipo di deformata stabile. Nelle figure successive si riportano alcuni

esempi di fenomeni d’instabilità.

Figura B. 1 Instabilità di profili in acciaio

Figura B. 2 Buckling per insufficienza di gioco

nei giunti

Figura B. 3 Instabilizzazione delle armature in colonne in C.A.

A seconda che il passaggio al modo instabile avvenga quando la

struttura è elastica oppure in campo plastico, si parlerà di instabilità elastica

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228

oppure elastoplastica. E’ possibile suddividere i fenomeni d’instabilità

strutturale d’interesse dell’ingegneria civile, in tre categorie:

Instabilità classica (per diramazione stabile).

Instabilità per diramazione instabile.

Per cedimento progressivo (snap-through).

Lo studio dei fenomeni d’instabilità può essere condotto seguendo

due formulazioni:

Statica, dove l’equilibrio viene riferito alla configurazione deformata e consiste

nel valutare gli effetti instabilizzanti e le reazioni che nascono nel momento in cui

si allontana il sistema dalla sua configurazione di equilibrio.

Energetica, determinando le configurazioni di equilibrio variate della struttura in

base alla condizione di stazionarietà della funzione energia potenziale totale.

Lo scopo dello studio di tali fenomeni è quello di capire se una

determinata configurazione di equilibrio sia stabile o meno. Per raggiungere

tale obiettivo basta imprime un “disturbo” alla struttura che si trova nella

generica configurazione equilibrata e, una volta rimossa la causa

perturbatrice, si osserva il comportamento del sistema perturbato: se esso

tende a ritornare nella posizione originaria, allora la configurazione è di

equilibrio stabile, al contrario, se la struttura tende ad allontanarsi

ulteriormente dalla posizione iniziale l’equilibrio si dice instabile. La

condizione di equilibrio indifferente si ottiene nel caso in cui la struttura

dopo il disturbo permane nello stato perturbato. Si definisce carico critico

Pcr la più piccola sollecitazione in corrispondenza della quale la

configurazione di equilibrio, originariamente instabile, diventa stabile.

In termini energetici, la condizione affinché l’equilibrio della

struttura nella sua configurazione di riferimento risulti stabile è che la

funzione energia potenziale totale, presenti ivi un punto di minimo, ovvero

che la variazione seconda della funzione (calcolata sempre nella posizione

di riferimento) risulti positiva.

Lo studio dell’instabilità riguarda problemi di tipo dinamico, tuttavia

nel solo caso di sistemi conservativi è possibile affrontare i fenomeni legati

all’instabilità come problemi statici; inoltre, la condizione variazionale

dell’energia costituisce la base della teoria lineare della stabilità elastica

(elastic buckling). In corrispondenza di sistemi conservativi e di una

struttura elastica, si hanno problemi d’instabilità di tipo euleriana (cioè di

biforcazione dell’equilibrio). In tali problemi si ha una linearità pre-critiìca

(struttura elastica) che consente di trovare l’unica configurazione di

equilibrio.

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229

Una generica struttura elastica contrasta ogni deformazione

addizionale impressa fin quando il moltiplicatore dei carichi non raggiunge

un valore critico, in corrispondenza del quale si verifica la biforcazione

dell’equilibrio che può essere stabile o instabile. Con riferimento ai sistemi

discreti, cioè quei sistemi in cui la configurazione è descritta da un numero

finito di parametri o di coordinate, è possibile determinare la capacità

portante di elementi semplicemente compressi. Considerando una colonna

incernierata alle estremità, perfettamente rettilinea, costituita da materiale

omogeneo, isotropo e linearmente elastico, e soggetta a carico assiale

perfettamente centrato (colonna ideale), il carico critico (che in questo caso

coincide con quello euleriano) è ottenuto dalla nota espressione:

L’equilibrio della colonna nella sua configurazione indeformata

(rettilinea) è stabile per P<Pcr, mentre diventa instabile per valori superiori

al carico critico euleriano. La soluzione del problema dell’instabilità in

campo elastico di una colonna ideale con estremità incernierate viene estesa

ai casi di colonne diversamente vincolate agli estremi facendo riferimento

al concetto di lunghezza libera d’inflessione. Quest’ultima è definita come

la distanza tra due punti di curvatura nulla della deformata elastica della

colonna, la quale va determinata analiticamente in funzione delle condizioni

di vincolo. La formula di Eulero, dedotta nell’ipotesi di comportamento

elastico lineare del materiale, è valida fino a che la tensione normale è non

supera il valore limite ( lim). Introducendo la snellezza (definita come il

rapporto fra la lunghezza libera d’inflessione e il raggio giratore d’inerzia

della sezione), è possibile definire una lim come:

che rappresenta la snellezza di un’asta per la quale la tensione critica risulta

uguale a quella limite. Per aste con snellezza maggiore di quella limite (aste

“snelle”), il fenomeno dell’instabilità si manifesta quando ancora la

tensione normale non ha raggiunto il limite di snervamento e quando la

colonna è in campo elastico. Il caso contrario è rappresentato dalle aste

“tozze”, che possiedono una snellezza minore di quella limite: in questo

caso la tensione normale raggiunge il limite di snervamento prima che si

verifichi lo sbandamento laterale della colonna.

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230

Figura B. 4 Curva di stabilità

Da quanto appena detto ne discerne che il collasso delle aste compresse

avviene secondo due modalità: per schiacciamento, se queste sono tozze;

per instabilità nel caso in cui siano snelle (vedi figura B4). Il “confine” tra i

due comportamenti è dato dalla snellezza limite, per cui dipende dal

rapporto fra altezza e rigidezza della colonna, nonché dalle condizioni di

vincolo.

In realtà l’asta presenta un comportamento meccanico non lineare a

causa della presenza di imperfezioni strutturali, cioè di tensioni residue

derivanti dal processo di lavorazione e disomogenea distribuzione dello

snervamento lungo la sezione trasversale , e geometriche.

ESERCITAZIONE 1: studio del comportamento post-

critico di un’asta vincolata

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231

Viene analizzato il comportamento di un’asta soggetta a carico

assiale, per tre condizioni differenti di vincolo, in modo tale da evidenziare

un comportamento post-critico: stabile (caso a), instabile (caso b), e

asimmetrico (caso c). Lo studio sarà svolto sia dal punto di vista analitico,

sia con il calcolatore (Sap), paragonando tra loro i risultati. Per ognuno dei

tre casi si considerano sia aste ideali che aste reali, affette cioè da

imperfezioni di tipo geometrico, si considera in particolare una rotazione

iniziale dell’asta pari a 0,1 radianti. Quello che cambia, nei casi differenti

sono le condizioni di vincolo, per cui si considerano sempre i seguenti dati:

l = 3 m

k = 60 kNm

E = 200000 MPa

Sezione HEA 650

Caso a

Si consideri l’asta incernierata alla base e

vincolata con una molla rotazionale di rigidezza k

pari a 60 kN/rad (figura B.5). Per valutare che tipo

di configurazione di equilibrio si tratti si deve

esaminare cosa accade in configurazioni variate,

ottenute dalla configurazione fondamentale

imprimendo una deformazione che, in questo caso,

consiste in una rotazione rigida. Chiamando con q1

l’angolo di rotazione misurato a partire dalla

configurazione rettilinea e positivo se preso in

senso orario, dall’equilibrio scritto nella

configurazione deformata si ricava:

E’ possibile scrivere il carico critico sia nell’ipotesi di piccoli

spostamenti (dove valgono le approssimazioni trigonometriche), che nella

condizione di grandi spostamenti:

Figura B. 5 condizioni di

vincolo dell’asta

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232

Piccoli spostamenti:

Grandi spostamenti:

Si ricava un carico critico pari a 20 kN. Tale valore viene confrontato con

quello ottenuto dal calcolatore, dove viene eseguita un’analisi di buckling.

In Sap la colonna viene modellata mediante un frame di sezione opportuna,

con una molla rotazionale in corrispondenza della cerniera, come riportato

in figura B.6.

L’analisi restituisce i vari modi d’instabilizzarsi della colonna, con i

relativi coefficienti moltiplicativi dei carichi (buckling factors); il minore di

questi restituisce il carico critico.

Figura B. 6 modellazione dell’asta in Sap

Dalla figura B.7 si vede come il cr sia pari a 0,5, per cui

moltiplicando il carico P si ottiene un carico critico pari a 20 kN,

coincidente con la soluzione analitica.

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233

Figura B. 7 Risultati dell’analisi di buckling

Nel primo modo d’instabilizzazione la colonna non si deforma in

quanto la cerniera posta alla base permette una rotazione, proporzionale alla

rigidezza della molla.

Per discutere la stabilità dell’equilibrio si diagramma il carico critico

in funzione dell’angolo q1, cioè della rotazione assunta dall’asta nella

configurazione deformata. Per fare ciò occorre studiare il comportamento

post critico, e questo può avvenire solo nell’ipotesi di grandi spostamenti

(nell’ipotesi di piccoli spostamenti si ottiene un comportamento asintotico).

In figura B.8 si riporta il grafico ottenuto dove si nota che il carico critico è

il valore che assume P quando q1 è nullo. Per qualsiasi valore di P<Pcr si

imponga alla colonna una rotazione che la riporti nella configurazione

variata e dalla quale si rilascia istantaneamente (disturbo), la colonna ritorna

nella configurazione iniziale, per cui carichi inferiori a quello critico

caratterizzano un equilibrio di tipo stabile.

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234

Figura B. 8 Comportamento post-critico stabile dell’asta perfetta

Per carichi P>Pcr accade che se una qualsiasi perturbazione sposta la

colonna dalla posizione verticale, essa continua a ruotare fino a raggiungere

un angolo (q1) per cui s’instauri una situazione di equilibrio. Tali

configurazioni sono di equilibrio sono instabili per la colonna rettilinea,

mentre sono di equilibrio instabile per la colonna ruotata. Il punto Pcr

prende il nome di punto di biforcazione dell’equilibrio.

Introducendo l’imperfezione geometrica, si ottiene un aumento o una

diminuzione del carico critico a seconda del segno della rotazione iniziale e

dell’angolo della configurazione variata. Chiamando con q0 la rotazione

iniziale, le formule del carico critico diventano:

Piccoli spostamenti:

Grandi spostamenti:

Con il Sap lo studio di tale caso avviene mediante un’analisi statica non

lineare, dove si analizza l’effetto P- sia per piccoli che per grandi

spostamenti. In questo caso l’asta viene modellata con un unico frame,

posto già nella configurazione deformata. Il carico assegnato possiede

valore unitario, l’analisi è sviluppata incrementando gli spostamenti del

nodo di sommità, e registrando il carico corrispondente. Si ottiene una

curva carico-spostamento, detta anche curva statica di pushover. Nelle

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235

figure B.9 e B.10 sono riportate le curve ottenute dal Sap rispettivamente

per i casi di piccoli e grandi spostamenti.

Figura B. 9 Curva di pushover nel caso di piccoli spostamenti

Figura B. 10 Curva di pushover nel caso di grandi spostamenti

Nelle figure B.11 e B.12 sono messe a confronto le curve q1- nel

ottenute nel caso di piccoli e grandi spostamenti, ricavate analiticamente e

dal calcolatore.

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236

Figura B. 11 Curva q1- nel caso di piccoli spostamenti

Figura B. 12 Curva q1- nel caso di grandi spostamenti

Nella figura B.13 si confrontano le curve P-q1 dell’asta perfetta con

quelle relative alle imperfezioni geometriche considerate.

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

0 0.5 1 1.5 2

q1 [rad]

Comportamento post-critico asintotico

Analitica

Sap

0

0.5

1

1.5

2

2.5

0 0.5 1 1.5 2

q1 [rad]

Comportamento post-critico grandi spostamenti

Analitica

Sap

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237

Figura B. 13 Confronto fra le curve P-q1 dell’asta perfetta con quelle in cui cono presenti

imperfezioni geometriche

Caso b

In questo caso l’asta è vincolata con una molla estensionale al nodo

in cui è applicato il carico, come riportato in figura B.14. Si indica con q1

l’angolo di rotazione dell’asta, l’equilibrio nella configurazione deformata

risulta:

dove con si indica lo spostamento che

subisce il nodo dove viene applicata la forza,

e vale: .

Il carico critico è dato da:

Piccoli spostamenti:

Grandi spostamenti:

Da cui si ricava un Pcr = 180 kN. In Sap la

colonna viene modellata con un unico frame

incernierato alla base, con una molla

estensionale nel nodo superiore. Si ottiene un

moltiplicatore dei carichi pari a 4,5, da cui

deriva un carico critico di 180 kN,

0.00

5.00

10.00

15.00

20.00

25.00

30.00

35.00

40.00

45.00

-2 -1 0 1 2

P [

kN]

q1 [rad]

Comportamento post-critico stabile

sistema perfetto

rotaz iniz >0

rotaz iniz<0, q<0

rotaz iniz<0

rotaz iniz>0, q<0

Figura B. 14 Condizioni di vincolo

dell’asta

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perfettamente coincidente con il risultato analitico.

Figura B. 15 Buckling factors per il caso b

Nella figura B.16 è riportato il l’andamento del carico critico al

variare dell’angolo q1, dove si nota che l’equilibrio sussiste per carichi

inferiori a quello critico.

Figura B. 16 Comportamento post-critico instabile per l’asta perfetta

Nella condizione di P>Pcr si pensi di far ruotare la colonna al di fuori

della sua configurazione verticale iniziale. La rotazione continua ad

attivarsi in definitivamente in quanto si verifica la progressiva diminuzione

della reazione del vincolo. In questo caso una volta raggiunto il carico

critico l’equilibrio non sussiste più in nessuna configurazione variata che

abbia P>Pcr, per cui si è nel caso di equilibrio instabile.

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Introducendo la stessa imperfezione geometrica relativa al caso

precedente, il carico critico è governato dalle seguenti relazioni:

Piccoli spostamenti:

Grandi spostamenti:

Nella figura B.17 sono riportate le curve P-q1 ottenute analiticamente,

mentre nelle figure B.18 e B.19 sono diagrammate le curve q1- ottenute

nel caso di piccoli e grandi spostamenti, confrontando risultati analitici e

sperimentali.

Figura B. 17 Confronto fra le curve P-q1 dell’asta perfetta con quelle in cui cono presenti

imperfezioni geometriche

0.0

20.0

40.0

60.0

80.0

100.0

120.0

140.0

160.0

180.0

200.0

-2 -1 0 1 2

P [

kN]

q1 [rad]

Comportamento post-critico instabile

sistema perfetto

rotaz. Iniz. <0

rotaz. Iniz. >0

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Figura B. 18 Curva q1- nel caso di piccoli spostamenti

Figura B. 19 Curva q1- nel caso di grandi spostamenti

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

0 0.5 1 1.5 2

q1 [rad]

Comportamento post-critico asintotico

Analitico

Sap

-0.1

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0 0.5 1 1.5 2

q1 [rad]

Comportamento post-critico grandi spostamenti

Analitico

Sap

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Caso c

Si consideri ora il caso di una mensola rigida strallata, come riportato

in figura B.20. Il carico critico è dato dalla relazione seguente: , da

cui si ricava un valore di 90 kN.

Figura B. 20 disposizione dei vincoli

In Sap la struttura viene modellata nel modo seguente: la colonna

viene schematizzata con un frame di sezione opportuna, mentre la molla

inclinata è riprodotta utilizzando un frame equivalente che non è in grado di

trasmettere momenti all’estremità. Il frame deve possedere una rigidezza

assiale di 60 kNm per cui, assegnando una sezione quadrata di lato 10 cm,

il valore del modulo elastico del materiale (che possiede massa nulla)

risulta:

dove l’ è la lunghezza della molla. Nella figura B.21 è riportato il dettaglio

della modellazione effettuata.

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Figura B. 21 modellazione della struttura in Sap

Il risultato dell’analisi di buckling è riportato nella figura B.22, si

ricava un moltiplicatore dei carichi pari a 2,25 che restituisce lo stesso

carico critico calcolato con la soluzione analitica.

Figura B. 22 Risultato dell’analisi di buckling

Introducendo la solita imperfezione geometrica le formule analitiche

si modificano come segue:

Piccoli spostamenti:

1+ 01+ 1

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Grandi spostamenti:

Nella figura B.23 è riportata variazione del carico in funzione

dell’angolo q1, dove si nota che il carico critico è un punto di biforcazione

dell’equilibrio che presenta una biforcazione asimmetrica instabile.

Figura B. 23 Confronto fra le curve P-q1 dell’asta perfetta con quelle in cui cono presenti

imperfezioni geometriche

Nelle figure successive si riportano i grafici di confronto fra risultati

teorici e ottenuti in Sap, per il caso di asta imperfetta.

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Figura B. 24 Curva q1- nel caso di piccoli spostamenti

Figura B. 25 Curva q1- nel caso di grandi spostamenti

0

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4

0 0.5 1 1.5 2

q1 [rad]

Comportamento post-critico asintotico

Analitico

Sap

-0.05

0

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0 0.5 1 1.5 2

q1 [rad]

Comportamento post-critico grandi spostamenti

Analitico

Sap

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APPENDICE C

ESTRATTI DI SCHEDE TECNICHE DEI PRODOTTI E

MATERIALI UTILIZZATI

Solaio alveolare prefabbricato:

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Lamiera grecata per solaio di copertura:

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Copertura

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