COSTRUZIONE DI UNA CAMERA A NEBBIA E SUA...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZEFacoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Laurea in Fisica di I livello

Anno Accademico 2010-2011

COSTRUZIONE DI UNA

CAMERA A NEBBIA E SUA

APPLICAZIONE PER MISURE DI

RAGGI COSMICI

Lapo Miccinesi

14 Dicembre 2011

Relatore Correlatore

Dott. Lorenzo Bonechi Prof. Oscar Adriani

Indice

Introduzione 1

1 Raggi cosmici 2

1.1 Composizione dei raggi cosmici incidenti sull'atmosfera . . . . . . . . 2

1.2 Raggi cosmici al livello del suolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

2 Principi di funzionamento di una camera a nebbia 6

2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

2.1.1 Camera a nebbia a espansione di Wilson . . . . . . . . . . . . 6

2.1.2 Camera a nebbia a diusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

2.2 Analisi di una camera a nebbia a diusione . . . . . . . . . . . . . . . 7

2.3 Rivelazione di raggi cosmici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

3 Progettazione, realizzazione e ottimizzazione della camera a neb-

bia. 10

3.1 Progettazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

3.2 Gradiente di temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

3.2.1 Dimensioni della camera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

3.2.2 Dierenza di temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

3.3 Ottimizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

3.3.1 Taratura in temperatura del coperchio . . . . . . . . . . . . . 14

3.3.2 Determinazione delle condizioni ottimali di illuminazione . . . 17

3.3.3 Altri accorgimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

4 Misure di raggi cosmici 19

4.1 Messa in opera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

4.1.1 Denizione delle temperature di lavoro . . . . . . . . . . . . . 19

4.1.2 Ripresa video . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

4.2 Analisi dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

4.3 Stima dell'ecienza di rivelazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

Conclusioni 24

INDICE iii

Bibliograa 25

Introduzione

In questo lavoro di tesi mi sono occupato di progettare e realizzare una camera a neb-

bia per la misura di raggi cosmici.

Questo tipo di rivelatore, inventato nel 1911 da C.T.R Wilson (sico britannico

vissuto tra il 1869 e il 1959), è stato fondamentale per la ricerca in sica nucleare;

ha permesso infatti di osservare e fotografare le particelle prodotte dalla radioatti-

vità naturale, inoltre, con essa Carl David Anderson (1905-1911) scoprì l'esistenza

del positrone (1932) ed evidenziò la presenza dei muoni nei raggi cosmici (1937).

La camera a nebbia è stata successivamente sostituita da strumenti più recen-

ti ed ecienti. Resta comunque uno strumento molto usato per scopi didatti-

ci. Infatti la possibilità di visualizzare le particelle a occhio nudo lo rende ideale

per la divulgazione scientica.

La camera a nebbia da me costruita è stata progettata proprio per un utilizzo

didattico e divulgativo all'interno delle attività del OpenLab (http://www.openlab-

renze.com/) nei laboratori del Dipartimento di Fisica e Astrosica dell'Università

degli Studi di Firenze.

Ringraziamenti

Vorrei ringraziare il prof. Oscar Adriani per i preziosi consigli; Mauro Grandi per

il sostegno tecnico senza il quale non avrei realizzato tale lavoro; l'ocina meccanica

dell'INFN di Firenze per aver realizzato con prontezza e rapidità le componenti

necessarie e inne ringrazio il dott. Lorenzo Bonechi per la ducia che mi ha concesso

nella realizzazione di questa tesi.

Capitolo 1

Raggi cosmici

I raggi cosmici (RC) sono particelle con ampio spettro energetico (tale spettro spazia

dalle decine di MeV no a 1020 eV) che si propagano nello spazio e incidono sull'at-

mosfera terrestre con un usso di circa 1000 m−2s−1. Queste particelle vengono

prodotte e accelerate da sorgenti astrosiche quali galassie, esplosioni di supernova

e a bassa energia, dal sole. All'esterno dell'atmosfera possiamo distinguere due tipi

di ussi di RC, uno primario prodotto da sorgenti astrosiche e uno secondario do-

vuto all'interazione delle particelle con il mezzo interstellare.

Una volta arrivati sull'atmosfera terrestre possiamo nuovamente dividere i RC in due

tipologie, quelli primari incidenti sull'atmosfera, e quelli secondari prodotti nell'in-

terazione dei primari con le particelle del gas atmosferico [1, 2]. In questa tesi verrà

usata la seconda distinzione, dato che la camera costruita serve a misurare i RC che

arrivano al livello del suolo.

1.1 Composizione dei raggi cosmici incidenti sull'at-

mosfera

Il usso di particelle incidenti sull'atmosfera è isotropo. Esso è composto per il 98%

da nuclei atomici e per il restante 2% da elettroni e positroni. La componente

nucleare a sua volta è composta per l'87% da protoni, per il 12% da nuclei di elio

e per il restante 1% da nuclei più pesanti [2]. Oltre alle particelle cariche possiamo

associare ai RC anche particelle neutre come neutroni, neutrini e radiazioni X e γ.

Il usso dierenziale di RC in funzione dell'energia cinetica per nucleone ha un picco

compreso tra i 100 MeV/n e 1 GeV/n e decresce velocemente per energie superiori.

1.2 Raggi cosmici al livello del suolo 3

1.2 Raggi cosmici al livello del suolo

I RC che arrivano al livello del suolo sono il risultato delle interazioni dei RC primari

con il gas atmosferico composto prevalentemente da azoto e ossigeno. Lo spessore

del gas atmosferico (espresso in g cm−2) è di circa 1000 g cm−2, mentre il libero

cammino medio dei raggi cosmici primari è dell'ordine di (80-90) g cm−2 [2], si ha

quindi fra il un ordine di grandezza tra queste due quantità. Circa l'80% dei raggi

cosmici primari interagisce con il gas atmosferico prima di arrivare ad un'altitudine

di 15 km.

L'interazione anelastica dei RC primari con i nuclei atmosferici produce una serie

di reazioni nucleari a catena che viene detta sciame atmosferico (gura 1.1). I pro-

dotti di una prima interazione di un raggio cosmico con un nucleo atmosferico, sono

sostanzialmente nucleoni, nuclei più leggeri di quello interagente e adroni leggeri, ov-

vero pioni (π±, π0) e in piccola parte kaoni (K±, K0). I nuclei secondari e nucleoni

di energia suciente continuano a interagire con l'atmosfera creando nuovi sciami.

I pioni e kaoni invece decadono prima di raggiungere il suolo data la vita media

breve (∼ 10−8 s). I prodotti del decadimento di questi adroni sono sostanzialmente

muoni, elettroni, gamma e neutrini.

A loro volta i muoni decadono in tempi di due ordini di grandezza superiori

rispetto agli adroni. Quando essi decadono prima di arrivare sulla supercie della

terra alimentano il usso dei neutrini e la componente elettromagnetica dello sciame :

µ+ → e+ + νµ + νe (1.1)

µ− → e− + νe + νµ (1.2)

Date le proprietà di interazione con l'atmosfera e dei processi di decadimento

la componente dominante nei RC carichi a terra per impulsi superiori a 1 GeV/c

risulta essere quella dei muoni, mentre i ussi di protoni ed elettroni/positroni ri-

sultano essere due o tre ordini di grandezza inferiori. Per energie inferiori si osserva

un aumento del usso di elettroni e positroni, che risultano essere il risultato nale

di questa catena di decadimenti [1, 2].

In denitiva al livello del suolo arrivano principalmente muoni e elettroni, mentre

in atmosfera viene assorbita quasi completamente la componente adronica e nuclea-

re. Il usso integrale verticale di tali particelle al livello del suolo misurato con il

rivelatore ADAMO (uno spettrometro magnetico progettato e realizzato all'interno

dell'INFN di Firenze) tra 150 MeV/c 100 GeV/c è [3]:

65, 6± 1, 7(m2 s sr)−1 (1.3)

Con l'apparato di misura costruito in questo laboratorio non si è in grado di

1.2 Raggi cosmici al livello del suolo 4

Figura 1.1: Sciame cosmico in atmosfera.

1.2 Raggi cosmici al livello del suolo 5

classicare le particelle secondo le tracce che esse lasciano. In essa è però possibile

vedere a occhio nudo le scie lasciate dal passaggio di una particella e quindi rendersi

conto della frequenza con cui i RC arrivano sulla supercie della terra.

Capitolo 2

Principi di funzionamento di una

camera a nebbia

2.1 Introduzione

In questo capitolo viene descritta le dierenze tra la camera a nebbia a espansione,

ideata da Wilson e quella a diusione (detta anche continua)[4]. Vengono succes-

sivamente analizzati i principi di funzionamento della camera a nebbia a diusione

per mettere in evidenza i parametri importanti che sono stati considerati in fase di

sviluppo.

2.1.1 Camera a nebbia a espansione di Wilson

C.T.R. Wilson elaborò la sua camera a nebbia nel periodo tra il 1897 e il 1911.

Questo tipo di rivelatore è formato da un contenitore con un pistone. Il contenitore

viene riempito con del gas saturo di qualche sostanza (tipicamente alcool volatile o

acqua) tramite un serbatoio che ne mantiene costante la densità. Il pistone serve ad

espandere adiabaticamente la camera. Questa espansione genera una diminuzione

di temperatura del vapore presente nella camera, facendolo sovrassaturare. Quali-

tativamente la sovrassaturazione (che di seguito indicherò con S) è il rapporto tra

la pressione del vapore esistente e quello che sarebbe presente, alla stessa tempe-

ratura, in equilibrio con il liquido (pressione di vapor saturo). Un vapore si dice

sovrassaturo quando questo rapporto e maggiore di 1.

Quando una particella passa all'interno del vapore sovrassaturo produce delle

coppie di ioni che fungono da centri di condensazione intorno ai quali si raggruppano

le molecole del gas circostante. Si crea quindi una scia si goccioline ben visibile ad

occhio nudo al passaggio di ogni particella.

La nebbia creata con questo procedimento svanisce in qualche secondo, inoltre

una volta portato il cilindro nella sua posizione originale si deve attendere del tempo

perchè il gas all'interno del volume si stabilizzi. Il vantaggio di questo modello

2.2 Analisi di una camera a nebbia a diusione 7

rispetto a quello costruito sta nel fatto che il pistone può essere usato, con le dovute

accortezze, come trigger dell'esperimento.

2.1.2 Camera a nebbia a diusione

Questo tipo di camera è costituito da un volume in cui la supercie di base è po-

sta a una temperatura inferiore rispetto a quella della supercie superiore; questa

dierenza di temperatura varia a seconda del gas usato ma tipicamente è dell'ordi-

ne di 100 K. In questo volume il gas viene lasciato diondere (per nebulizzazione

o evaporazione) dall'alto verso il basso. Incontrando un gradiente di temperatura

il gas condensa, producendo il vapor sovrassaturo e quindi la nebbia. Lo spessore

della zona in cui si forma la nebbia dipende dalla dierenza di temperatura e dalle

dimensioni della camera.

Tenendo la dierenza di temperatura e la quantità di gas diuso costanti, si riesce

a mantenere la camera in funzione per alcune decine di minuti (in alcuni modelli

anche per delle ore).

2.2 Analisi di una camera a nebbia a diusione

Per stimare, a priori, i parametri costruttivi di una camera a nebbia suppongo

di essere in condizione di stabilità, cioè in una situazione in cui i moti convettivi

del gas siano minimi e il vapore sovrassaturo non sia aetto da turbolenze. Per

ottenere questa condizione è suciente richiedere che l'apparato soddis le seguenti

condizioni [4]:

- la regione fredda, posta in basso, deve essere orizzontale e mantenuta a tem-

peratura costante per tutto l'esperimento;

- la zona in cui è prodotto il vapore deve avere una maggiore densità rispetto

al vapore condensato. In questo modo posso considerare costante il usso del

gas durante tutto l'esperimento;

- deve essere costante la dierenza di temperatura tra la parete superiore e in-

feriore della camera.

Sotto queste condizioni posso supporre che la pressione e la temperatura varino

in modo lineare rispetto alla coordinata verticale z:

p(z) = p0 − (p0 − ph)z

h(2.1)

2.3 Rivelazione di raggi cosmici 8

T (z) = T0 − (T0 − Th)z

h(2.2)

dove h è l'altezza della camera, ph, p0 e Th, T0 sono rispettivamente i valori della

pressione e della temperatura nella parte alta e bassa della camera.

La pressione di saturazione, psat in funzione della temperatura è [5]:

psat(T1) = psat(T2)eLMr(T1−T2)

RT22 (2.3)

dove T1, T2 sono due temperature misurate in due zone della camera, L è il calore

latente di vaporizzazione, Mr è il peso molecolare ed R è la costante dei gas.

Per l'alcool isopropilico, tipicamente usato per questo tipo di camera, L= 6,66×105J/kg

e Mr= 60,10×10−3kg/mol.

Quello che interessa è però la psat in funzione della coordinata z; vista quindi la

dipendenza lineare di pressione e temperatura rispetto alla coordinata verticale si

ha:

psat(z) = pheLMr(h−z)(T0−Th)

hRT2h (2.4)

dove ph = psat(h) in quanto è la zona in cui avviene l'evaporazione del gas.

Dato che la sovrassaturazione è denita come il rapporto della pressione di sovras-

saturazione e la pressione di evaporazione, S = psat(x)ph

, posso scrivere dall'equazione

2.4:

S(z) = eLMr(h−z)(T0−Th)

hRT2h (2.5)

Anchè avvenga la sovrassaturazione, S(z) deve valere almeno 4; tale valore è

suggerito dagli esperimenti fatti dallo stesso Wilson [4]. Come vediamo dall'equa-

zione 2.5 la sovrassaturazione dipende, oltre che dalle caratteristiche del gas, anche

dalla dierenza di temperatura (T0-Th) e dall'altezza della camera stessa. Per poter

costruire una camera a nebbia ottimizzata per la misura di raggi cosmici, la cui

direzione prevalente è verticale, oltre a scegliere il gas da diondere (il parametro

L determina infatti la facilità di un materiale a evaporare) è necessario agire so-

stanzialmente sul gradiente di temperatura. Se ad esempio poniamo la temperatura

T0 ' −78C (temperatura di sublimazione del ghiaccio secco) e Th ' 30C per un

∆T0,h ' 108C si ottiene dall'equazione 2.5 che la zona sensibile, posto S = 4, scelto

come gas l'alcool isopropilico e ssata l'altezza della camera h ' 25 cm, è spessa

circa 20 cm. Tale valore è solo indicativo in quanto le supposizioni fatte si riferiscono

ad un caso ideale non facilmente realizzabile.

2.3 Rivelazione di raggi cosmici

Con la camera a nebbia è possibile rendere visibile il passaggio di particelle cariche.

Infatti esse all'interno della materia rilasciano energia secondo l'equazione di Bethe-

2.3 Rivelazione di raggi cosmici 9

Bloch.

−dEdx

= ρKz2Z

A

1

β2[ln

2mev2

I(1− β2)− β2] (2.6)

dove ρ è la densità del materiale, K = 4πNAr2emec

2 è una costante uguale a

0.307 MeV cm2 mol−1, Z il numero di massa delle molecole del gas, z il numero

di carica della particella incidente, A (in g/mol) è la massa atomica media del ma-

teriale, me è la massa dell'elettrone, v la velocità della particella, β = vce inne I è

il potenziale medio di eccitazione e ionizzazione del materiale considerato.

Una particella carica che penetra in un materiale rilascia una quantità di ener-

gia proporzionale allo spazio percorso nel mezzo. Quando un raggio cosmico entra

all'interno della zona sovrassatura della camera a nebbia, cedendo energia ionizza il

gas. Come già detto precedentemente questi ioni prodotti si comportano come dei

centri di condensazione per il vapore sovressaturo.

L'equazione 2.6 può servire a quanticare quante goccioline di gas condensato

sono prodotte dal passaggio di un raggio cosmico. Prendiamo ad esempio il passag-

gio di un muone di energia 1 GeV in vapore sovrassaturo di alcool: si ha per l'alcool

ρ ≈ 10−3g/cm−3, Z/A ≈ 0.5 mol/g, e I ≈ 10 eV, e per il muone 2mev2 ≈ 1 MeV

e 1 − β2 ≈ 0.01. Quindi l'energia rilasciata dal muone all'interno della nebbia è

−dEdx≈ 1.5× 10−4(ln107 − 1) MeV/cm = 2.3 keV/cm.

Si può quindi confrontare l'energia rilasciata dalla particella durante il passaggio

con il triplo dell'energia di ionizzazione del materiale, infatti tipicamente l'energia

necessaria a ionizzare il gas è due o tre volte superiore all'energia di ionizzazione

della molecola (ad esempio per l'acqua l'energia di ionizzazione è 12,60 eV mentre

l'energia necessaria per ionizzare è 30,5 eV). Quindi il passaggio di un muone di

energia 1 GeV forma nel gas circa 75 goccioline per centimetro.

Capitolo 3

Progettazione, realizzazione e

ottimizzazione della camera a nebbia.

La camera è stata costruita tenendo conto dei seguenti requisiti:

- dimensioni ridotte per poter essere trasportata senza dicoltà da una persona,

- facile messa in opera per poter essere messa in funzione anche da persone non

esperte visto il futuro utilizzo didattico,

- regione sensibile sucientemente spessa per poter visualizzare le direzioni di

arrivo dei raggi cosmici,

- nebbia densa così che le tracce delle particelle siano nitide e risultino abba-

stanza evidenti da essere registrate da una videocamera di uso comune.

Per l'esperimento si usa del vapore di alcool isopropilico. Per ottenere il vapore

all'interno della camera, si imbeve con l'alcool un materiale spugnoso ssato nella

parte superiore della scatola. La scelta dell'alcool isopropilico è dovuta al fatto che

esso ha un alto fattore di evaporazione anche a temperatura ambiente.

3.1 Progettazione

La camera a nebbia realizzata (in g. 3.1 è visibile il progetto) è composta da un

volume di circa 29 cm di lato e 25 cm di altezza, con pareti trasparenti attraverso le

quali si visualizza la nebbia sovrassatura. La base della camera è in contatto termico

con del ghiaccio secco. Il contenitore per il giaccio secco, è costruito in legno ed è

isolato termicamente mediante un rivestimento di polistirolo, in modo che il ghiaccio

non sublimi troppo velocemente. Ai quattro angoli del supporto ci sono delle guide

che fanno in modo che la camera sia libera di scorrere verticalmente mantenendone

3.1 Progettazione 11

orizzontale la base. Il ghiaccio secco infatti non sublima in maniera perfettamente

uniforme e questo potrebbe provocare un basculamento della camera.

La base della camera, in contatto con il ghiaccio secco, è realizzata in alluminio di

spessore 3 mm per facilitarne la conduzione termica. Le pareti laterali della camera

sono in plexiglas; infatti esse devono essere trasparenti, sopportare sollecitazioni

termiche e essere resistenti agli urti. Inoltre sono spesse circa 1 cm per avere un

suciente isolamento termico con l'esterno.

Il coperchio è asportabile per permettere il ricarico di alcool nella spugna posta

sotto di esso.

Figura 3.1: Progetto della camera a nebbia.

3.2 Gradiente di temperatura 12

3.2 Gradiente di temperatura

Come abbiamo visto nel capitolo precedente con l'equazione 2.5, il parametro fon-

damentale per la costruzione di una camera a nebbia è il gradiente di temperatura.

Per creare questo gradiente dobbiamo agire quindi sulla dierenza di temperatura

(Th - T0) e sull'altezza della camera. Per semplicare la costruzione e l'uso della

camera, la sua altezza è ssata meccanicamente; pertanto per avere uno spessore di

nebbia adeguato dobbiamo poter variare la dierenza di temperatura.

3.2.1 Dimensioni della camera

Per scegliere le dimensioni adeguate si è proceduto in modo empirico, cercando

un'altezza suciente a creare uno spessore di nebbia tale da visualizzare le tracce in

ogni direzione. Tali prove preliminari sono stare eseguite utilizzando alcuni modelli

di camera costruiti in altri laboratori (ad esempio quello esposto ad Arcetri), o alcuni

volumi di varie altezze, con supercie di base confrontabile, in cui si è tenuta ssa

la dierenza di temperatura.

Tali prove non sono state documentate in quanto il vetro di questi cilindri è di cattiva

qualità e ciò ha reso impossibile la visualizzazione delle tracce con la videocamera.

Con queste prove si sono evidenziati due aspetti:

- se la camera non è troppo alta (no a 15 cm) la regione sensibile che si riesce

a produrre è troppo sottile. Questo comporta che i raggi cosmici visibili sia-

no quelli diretti lungo la verticale e quelli che arrivano orizzontalmente nella

camera. I primi sono visibili come dei puntini, i secondi come lunghe scie che

attraversano la camera trasversalmente.

In questa condizione le particelle che arrivano da tutte le altre dierenti ango-

lazioni, sono visibili tramite tracce orizzontali la cui lunghezza dipende dalla

durata del passaggio della particella nella zona sensibile;

- se la camera invece è troppo alta (>30 cm con diametro di circa 10 cm) gli

eetti dissipativi sulle pareti non sono trascurabili. Pertanto per ottenere

una zona di sovrassaturazione stabile si dovrebbe realizzare una camera di

dimensioni molto grandi e con pareti isolanti. Questo andava al di fuori degli

obbiettivi della tesi.

È stata quindi scelta un'altezza intermedia che soddisfa le esigenze sperimentali.

3.2.2 Dierenza di temperatura

Dato che la temperatura del fondo è ssata alla temperatura di sublimazione del

ghiaccio secco (circa -78C), per regolare la dierenza di temperatura dobbiamo agire

3.3 Ottimizzazione 13

sulla temperatura del coperchio. Per farlo abbiamo posto delle resistenze dissipative

in contatto termico con l'esterno del coperchio, anch'esso realizzato in alluminio per

facilitarne la conduzione termica.

La temperatura del coperchio è stata calibrata a seconda della dierenza di

potenziale applicata alle resistenze e quindi della potenza dissipata.

Figura 3.2: Fotograa della camera a nebbia realizzata. Si notino sulla parete esterna le

due strisce di LED usate per la misura.

3.3 Ottimizzazione

Una parte fondamentale del lavoro di tesi è stata l'ottimizzazione dei parametri

esterni quali condizioni di illuminazione, temperatura del coperchio e altri aspetti

che sono descritti nel prossimo capitolo.

3.3 Ottimizzazione 14

3.3.1 Taratura in temperatura del coperchio

Come già detto, sul coperchio sono state disposte, in contatto termico attraverso un

composto a base di silicone ad alta conducibilità termica (ELECTROLUBE, HTSP

silicone base heat transfer), otto resistenze dissipative da circa 1,5 Ω ciascuna, dispo-

ste in serie per una resistenza totale di circa 12,2 Ω. Queste resistenze permettono

di applicare una potenza massima di circa 120 W. Per alimentare le resistenze è

stato usato un generatore TTi EL302 POWER SUPPLY che può generare con il

carico sopra descritto una d.d.p. massima di 23,9 V per una corrente di 2A (P =

47,80 W). Per tarare la temperatura del coperchio in funzione della d.d.p. applicata

alle resistenze ho prima vericato che la temperatura del coperchio fosse omoge-

nea. Le misure di temperatura riportate in seguito sono relative alla temperatura

di laboratorio.

Prima di eettuare la taratura ho misurato il tempo necessario perché la tem-

peratura del coperchio risultasse stabile. Ho ssato due d.d.p. 20,0 V e 14,0 V, a

cui corrispondono rispettivamente le potenze dissipate di 33,4 W e 16,4 W, e ho

misurato la temperatura a intervalli regolari no a che non si è stabilizzata entro

1 K. Come è possibile vedere nel graco in gura 3.3 il tempo necessario è di circa

45/60 minuti.

Figura 3.3: Dierenza tra la temperatura del coperchio e la temperatura del laboratorio

in funzione del tempo per due diverse d.d.p. applicate alle resistenze.

3.3 Ottimizzazione 15

La misura è stata fatta con queste due d.d.p. che corrispondono ai limiti,

superiore e inferiore, di d.d.p. usati in fase di misura di raggi cosmici.

Ho quindi proceduto a variare la d.d.p. applicata alle resistenze, e quindi la

potenza dissipata dalle resistenze, misurando le dierenze di temperatura tra il co-

perchio e il laboratorio. Tale misura è stata eettuata in assenza di ghiaccio secco.

Il coperchio, come appena visto, impiega circa un'ora per raggiungere una tempera-

tura stabile, tempo confrontabile con l'esaurimento del ghiaccio secco prodotto con

il procedimento descritto nel Capitolo 4. Sarebbe quindi necessario un serbatoio di

giaccio per eettuare l'intera misura, cosa che comporterebbe una complicazione del-

l'intero apparato sperimentale oltre ad un inutile consumo di CO2 per la produzione

di ghiaccio secco.

In graco sono riportati gli andamenti della dierenza di temperatura all'equili-

brio in funzione della d.d.p. (g. 3.4) e della potenza applicata (g. 3.5). Nei graci

non sono riportati gli errori relativi alla d.d.p. e alle potenze in quanto di alcuni

ordini di grandezza inferiori rispetto a quelli sulla temperatura e quindi con tale

scala non sono visibili. Gli errori relatavi alla temperatura sono stati calcolati in

base alla tabella di calibrazione fornita dal costruttore del termometro RS 206-3738.

Ho proceduto quindi a fare un t per vericare che gli andamenti sperimentali

rispettassero quelli teorici previsti. Ho interpolato la temperatura in funzione della

d.d.p. con una forma quadratica f(x) = a · x2 + b · x ottenendo per a= [(6.91 ±0.12) ×10−2] V−2 e b compatibile con 0. La temperatura in funzione della potenza

dissipata è stata interpolata con una forma lineare f(x) = a · x + b con risultato

[a=(8.27 ± 0.15)×10−1] W−1 e b nuovamente compatibile con 0. L'interpolazione

della dierenza di temperatura in funzione della d.d.p. è stata usata per costruire

la curva di taratura, mentre quella relativa alla potenza per vericare l'andamento

teorico previsto.

3.3 Ottimizzazione 16

Figura 3.4: Dierenza tra la temperatura del coperchio e la temperatura del laboratorio

in funzione della d.d.p. applicata alle resistenze.

Figura 3.5: Dierenza tra la temperatura del coperchio e la temperatura del laboratorio

in funzione della potenza applicata alle resistenze.

3.3 Ottimizzazione 17

3.3.2 Determinazione delle condizioni ottimali di illuminazio-

ne

Le tracce nello strumento si presentano come delle scie opache all'interno della neb-

bia. Per poterle visualizzare al meglio sia con una videocamera che ad occhio nudo

è necessario mettersi in condizioni di luce ottimale. Fin da subito è stato chiaro che

per aumentare il contrasto tra le scie e la nebbia il fondo su cui si va ad osservare

deve essere scuro. La condizione ottimale, trovata per questa camera, è oscurare la

parete della camera opposta all'osservatore, con uno schermo e rendere nero opaco

la supercie di base della camera. Lo schermo è di cartoncino nero, ed è posto sul-

l'interno della parete per evitare eetti di riesso sulle pareti stesse, mentre la base

è stata resa opaca per mezzo di anodizzazione.

Per quanto riguarda l'illuminazione, in laboratorio erano disponibili quattro stri-

sce a LED, composte ciascuna da un array di 9 LED di luce bianca. Per trovare

la condizione ottimale di illuminazione ho proceduto con diverse congurazioni dei

LED disponibili. Tra queste la migliore per la misura risulta essere la retro illumi-

nazione della camera. Per raggiungere tale scopo ho usato solamente due di queste

strisce, disposte parallelamente a due quote diverse all'esterno della camera, come è

possibile vedere in gura 3.2.

A seconda del tipo di osservazione che si vuol fare ho individuato due diverse

condizione di illuminazione: infatti per registrare il passaggio con una videocamera

è preferibile disporre una sorgente di luce diretta e quindi si usa uno schermo con

delle fessure corrispondenti alla posizione delle luci; mentre per poter osservare più

facilmente ad occhio nudo la luce deve essere proiettata verso il basso in modo che

non abbagli l'osservatore. Perciò si usa uno schermo in corrispondenza delle fessure

sono stati disposti dei deettori per regolare la direzione di propagazione della luce.

3.3.3 Altri accorgimenti

Nella versione nale della camera usata per la misura (g. 3.6) le pareti sono state

sigillate dall'interno con del silicone Dow Corning, 732 Multi-purpose sealent il mi-

gliore, tra quelli a disposizione, dal punto di vista delle prestazioni in temperatura;

infatti il materiale è garantito dal produttore in un range di temperature che va dai

-60C no ai 50C (la parete interna della base non scende sotto i -70C durante

tutta l'esperienza).

Una volta posta la camera in contatto termico con il ghiaccio secco, si forma del-

la condensa sulla parte inferiore delle pareti verticali; la zona interessata da questo

eetto aumenta durante l'esperimento e vista la temperatura bassa della parete in-

feriore, produce uno strato di ghiaccio, che impedisce di poter vedere l'interno della

camera. Per risolvere questo problema è stata utilizzata una ventola per soare aria

3.3 Ottimizzazione 18

sulla parete frontale. Il usso di aria prodotto dalla ventola è tale da non consen-

tire la formazione di ghiaccio sulla parete frontale, ma non incide sulle condizioni

termodinamiche del sistema.

Figura 3.6: Camera ottimizzata per la misura di raggi cosmici. Sulla destra è presen-

te il generatore usato per riscaldare le resistenze. In primo piano si trova

la videocamera con la quale ho eettuato le misure. Da notare la presenza

della ventola, sulla destra, utilizzata per evitare la condensa sulla parete di

osservazione.

Capitolo 4

Misure di raggi cosmici

4.1 Messa in opera

4.1.1 Denizione delle temperature di lavoro

Per mantenere costante la temperatura inferiore si usa il ghiaccio secco che sublima

a circa 195.5 K. Il ghiaccio secco necessario per la misura viene prodotto usando

l'apparecchio in gura 4.1 collegato ad una bombola di CO2 dotata di tubo pescante,

acquistata appositamente per la camera a nebbia.

Figura 4.1: Apparecchio per la produzione del ghiaccio secco

Il blocco di ghiaccio prodotto si presenta particolarmente compatto. Per eet-

tuare la misura il ghiaccio viene frantumato direttamente nel supporto della camera.

Perché la temperatura sia uniforme su tutta la base della camera il ghiaccio deve

essere triturato nemente.

Dal momento che la temperatura della base è mantenuta ssa dal ghiaccio sec-

co in sublimazione, per mantenere la dierenza di temperatura (Th - T0) costante

dobbiamo agire sulla temperatura del coperchio. Per preriscaldare il coperchio è

4.2 Analisi dati 20

suciente applicare una d.d.p. compresa tra 16 e 18 V che corrisponde a Th com-

presa tra 43 e 46,6 C. Come visto nel Capitolo 3 prima che il coperchio raggiunga

la temperatura desiderata devono passare 45/60 minuti,è suciente però collegare

le resistenze al generatore 30 minuti prima di cominciare ogni misura, infatti una

volta che la camera è in contatto termico con il ghiaccio secco, la temperatura del

coperchio comincia ad abbassarsi e quindi si deve aggiustare la d.d.p. in modo che la

dierenza di temperatura ∆T0,h sia di circa 100 K. Il generatore usato è stato scelto

in quanto riesce a fornire il range di d.d.p. necessarie a mantenere la dierenza di

temperatura stabile.

4.1.2 Ripresa video

Per registrare il passaggio dei RC viene utilizzata una videocamera di uso comune. Il

lmato viene poi riprodotto a velocità ridotta. È necessario riprendere l'esperimento

in quanto non è possibile contare le particelle ad occhio nudo nel momento stesso

del passaggio. Inoltre introdurre un sistema di trigger per selezionare ad una ad una

le particelle avrebbe complicato notevolmente l'intero apparato di misura.

La videocamera usata per l'esperimento è la Sony HDR-CX160E, scelta per la

possibilità di eettuare video in full HD, che permette di aumentare la risoluzione del

lmato. La ripresa è stata eettuata in modalità full HD con risoluzione 1920x1080

a velocità circa 28 Mbps, facendo uno ingrandimento di una zona della camera per

poter meglio vedere le tracce in fase di trattazione dati.

4.2 Analisi dati

In questo paragrafo vengono presentati i risultati ottenuti dalla misura con la came-

ra a nebbia per poterne stimare l'ecienza. I risultati riportati si riferiscono a un

periodo di ripresa di 120 secondi. Per vericare che la camera fosse stabile al mo-

mento della ripresa ho conteggiato separatamente le tracce visibili in due intervalli

di tempo contigui di 60 secondi ciascuno, confrontando i risultati.

Per stimare l'ecienza dell'apparato di misura devo conoscere il numero di

particelle per unità di tempo, supercie, impulso e angolo solido che passano dal

rivelatore, ovvero il usso dierenziale J:

J(t, p, θ, φ) =dN

dtdpdωdS⊥(4.1)

dove dN è il numero di particelle con impulso compreso tra p e p+dp che attraversano

la supercie dS⊥, ortogonale alla direzione di moto (θ, φ), nell'intervallo di tempo dt

e nell'elemento di angolo solido dω = senθ · dθ · dφ. Il numero di raggi cosmici che

4.2 Analisi dati 21

passano in un tempo nito ∆t con impulso compreso nell'intervallo (p1,p2) attraverso

l'apparato è dato da:

N(∆t,∆p) =

∫Ω

∫S

dS

∫ ∆t

0

dt

∫ p2

p1

J(t, p, θ, φ)cosθ (4.2)

dove integro sulla supercie e sull'accettanza Ω denite dall'apparato. Il temine

cosθ deriva da dS⊥ = dS · cosθ.

Se supponiamo che il usso di raggi cosmici sia uniforme e indipendente dal

tempo ovvero J(t, p, θ, φ) = J(p) la formula precedente può essere scritta come

segue

N(∆t,∆p) =

∫Ω

∫S

dScosθ · I∆p ·∆t = G · I∆p ·∆t (4.3)

dove I∆p è il usso integrale di raggi cosmici nell'intervallo di impulso ∆p dato da:

I∆p =

∫ p2

p1

J(p) (4.4)

e

G =

∫Ω

∫S

dScosθ (4.5)

è il fattore geometrico dell'apparato. Questa quantità dipende dalla sola geometria

dell'apparato e non dalle condizioni di misura. Nel caso di un rivelatore costituito

da due superci parallele, ortogonali al usso di particelle l'integrale 4.5 è risolvibile

analiticamente [6]. Nel caso in questione G = (0,054 ± 0,006)(m2 sr1). Per calco-

larlo si è assunto che le superci orizzontali che delimitano la regione del rivelatore

selezionata per la misura non fossero rettangolari ma trapezoidale; infatti, a cau-

sa della vicinanza della videocamera al rivelatore non possono essere trascurati gli

eetti prospettici.

L'incertezza su G è assunta come lo scarto medio tra due fattori geometrici

calcolati variando tutte le dimensioni del volume selezionato di ±0,5 cm rispetto a

quelle usate per calcolare G. Le dimensioni lineari della zona interessata sono ricavate

comparando la distanza tra due LED successivi con quella visibile in video; dato che i

LED ripresi dalla videocamera appaiono molto estesi (g. 4.2) è ragionevole stimare

l'incertezza sulle distanze come 5 mm.

Considerare costante nel tempo il usso di RC è ragionevole in quanto esso cam-

bia principalmente in relazione al fenomeno dell'attività solare, che ha un periodo

di circa 11 anni, tempo molto superiore a quello necessario ai ni dell'esperimento.

Le tracce dei RC sono ben visibili all'interno del rivelatore come mostrato in

gura 4.2. Il video è visibile sul sito:

http : //hep.fi.infn.it/ADAMO/user/miccinesi/cloudchamber.mpg

4.3 Stima dell'ecienza di rivelazione 22

Figura 4.2: Traccia all'interno della camera a nebbia. Tale immagine è ottenuta dal video

in considerazione mediante ingrandimento di un singolo frame. Inoltre è stato

aumentato il contrasto per poterla visualizzare meglio.

Il numero di particelle che osserviamo nella camera è regolato dalla statistica

poissoniana. Quindi il numero di particelle rivelate nell'intervallo di tempo ∆t è

Nmis ±√Nmis. Ho contato solo le particelle con direzione prossima alla verticale;

infatti il riferimento è l'esperimento [3] dove è misurato solo il usso verticale.

La camera al momento della misura è risultata stabile dato che i conteggi ottenuti

dividendo il lmato in due parti sono compatibili; infatti nel primo intervallo si

misurano N1 = 82 ± 9 particelle, mentre nel secondo N2 = 86 ± 9 particelle. Durante

120 secondi il rivelatore è attraversato da N = 168 ± 13 particelle, dove si è assunto

che valga nuovamente la statistica poissoniana.

Il usso di particelle che ci si aspetta attraversino lo strumento è:

I = (26± 5)(m2 s sr)−1 (4.6)

dove, per il calcolo dell'incertezza, è stata trascurata quella sul tempo, dato che

visionando il lmato a velocità ridotta si può assumere ∆t ' 0,25 s. Il valore

misurato va confrontato con il valore atteso sulla base della misura di ADAMO [3]

IADAMO:

IADAMO = (65, 6± 1, 7)(m2 s sr)−1 (4.7)

4.3 Stima dell'ecienza di rivelazione

L'ecienza tiene conto dell'intero apparato di misura composto dalla camera a neb-

bia, dalla videocamera e dallo sperimentatore che osserva il video. L'ecienza ε può

4.3 Stima dell'ecienza di rivelazione 23

essere stimata come:

ε =I

Ith(4.8)

dove I è il usso di particelle misurato e Ith è il usso di particelle atteso. Il usso

atteso lo stimiamo come il usso misurato da ADAMO Ith = IADAMO ±∆IADAMO,

infatti tale misura è la più adabile in quanto eettuata nello stesso edicio ed

esattamente nel 2000 (il periodo di oscillazione del usso di RC dovuto all'attività

solare è di circa 11 anni).

L'errore sull'ecienza è ricavato propagando l'errore:

∆ε = ε ·

√∆I2

I2+

∆I2th

I2th

(4.9)

Dalle misure eettuate si ottiene:

ε = 0, 40± 0, 08. (4.10)

Anche se il rivelatore costruito è uno strumento semplice rispetto ai moderni

rivelatori di raggi cosmici, con un'ecienza stimata del 40% circa è possibile os-

servare un gran numero di traccie in intervalli di tempo di qualche minuto ( ∼1,4particelle/s). Ciò rende tale strumento adatto agli scopi divulgativi per cui è stato

progettato e ore la possibità ad un vasto pubblico di comprendere la frequenza alla

quale giungono le particelle.

Conclusioni

In questa tesi ho progettato e realizzato una camera a nebbia a diusione ottimizzata

per la misura dei raggi cosmici.

Per farlo ho analizzato le equazioni che regolano il funzionamento di tale stru-

mento. Con esse ho stimato che, per una data dierenza di temperatura tra la base

e il coperchio di circa 100 K, lo spessore di nebbia sensibile dovrebbe essere di circa

20 cm. Tali equazioni però non sono facili da utilizzare e non forniscono precise

indicazioni per la progettazione di tale strumento. Sono state comunque molto utili

per capire quali fossero i parametri principali da variare per progettare l'apparato.

Per la progettazione dello strumento ho usato un approccio sperimentale, deter-

minando qualitativamente i parametri come le dimensioni, la dierenza di tempera-

tura e le condizione di illuminazione. Per ottimizzare questi parametri mi è stato

utile osservare modelli e prototipi già costruiti precedentemente in altri laboratori.

La camera esposta ad Arcetri, ad esempio, ha aiutato a determinare le condizioni

ottimali di illuminazione.

Sperimentalmente si può osservare che la nebbia riempie quasi interamente la

camera, ma che lo spessore sensibile non supera i 5-6 cm. Questo disaccordo con

la stima fatta precedentemente è dovuto probabilmente alle approssimazioni troppo

drastiche fatte nel ricavare le equazioni. Un'altra causa può essere riscontrata nella

dicoltà di illuminare in modo omogeneo l'interno della camera.

Lo spessore di nebbia è comunque suciente ad osservare le direzioni di arrivo dei

raggi cosmici. È stata misurata un ecienza di rivelazione ε ∼ 40%, che permette

di visualizzare un gran numero di tracce (∼ 1,4 particelle/s).

La camera si presta bene ai sui scopi didattici e divulgativi in quanto è eettiva-

mente possibile vedere numerose tracce lasciate dai raggi cosmici. Con lo strumento

realizzato è possibile vedere anche la direzione di arrivo di tali particelle, così che

un qualsiasi osservatore possa rendersi conto dell'eettiva provenienza di tali raggi.

Bibliograa

[1] Peter K.F. Grieder, Cosmic Rays at Earth, Researcher's Reference Manual and

Data Book, edito da ELSEVIER A. 2001

[2] Lorenzo Bonechi, Misure di Raggi Cosmici a Terra con l'Esperimento ADAMO,

tesi di PhD presso l'Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Fisica

A.A. 2003/2004

[3] Lorenzo Bonechi, Sviluppo di uno Spettrometro Magnetico per la Misura di Raggi

Cosmici a Terra e Primi Risultati, tesi di laurea in Fisica presso l'Università degli

Studi di Firenze, Dipartimento di Fisica 10 Ottobre 2000

[4] A.S. Langsdorf, The development of a thermally activated, continuosly sensitive

cloud chamber, and it's use in nuclear physics research., tesi di PhD presso il

Massachusetts Institute of Technology, Anno 1937

[5] Justin Albert, Cloud Chamber Equations, Assistant Professor of Physics De-

partment of Physics and Astronomy University of Victoria. Comunicazione

privata.

[6] J.D Sullivan, Geometrical factor and directional response of single and

multielement particle telescopes, Nucl. Instr. and Meth., 1971.