Costantino i 306-337

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    Saranno come fiori che noi coglieremo nei prati per abbellire limpero duno splendore

    incomparabile. Come specchio levigato di perfetta limpidezza,

    prezioso ornamento che noi collocheremo al centro del Palazzo

    Fondata daNicola Bergamoe diretta daMatteo Broggini

    www.porphyra.it

    2003-2006 - Associazione Culturale BisanzioRivista online con aggiornamenti non rientranti nella categoria dellinformazione periodica stabilita dalla Legge 7 Marzo 2001, n.62.

    Costantino I

    306 337

    ANNO

    II

    NumeroIV

    Febbraio2005

    RivistaonlineacuradellAssociazioneCulturaleBisanzio

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    (foto gentilmente donata da Sergio Berutti)

    1. Nota alla nuova edizionedi Matteo Broggini p. 3

    2. Editorialedi Nicola Bergamo p. 4

    3. Costantino il Grande e la Chiesa: una complessa relazione tradogma, diritto e politicadi Vito Sibilio pp. 5-22

    4. Larco di Costantinodi Carlo Valdameri pp. 23-45

    5. Orientamenti bibliografici inerenti Costantino il Grandedi Ivan Pucci pp. 46-65

    6. I Ciechini di Montecatini Val di Cecinadi Antonio Palesati e Nicoletta Lepri pp. 66-71

    7. Appendice: Il primo concilio di Nicea (maggio-luglio 325) pp. 72-78

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    Prima frase sotto il titolo proviene da : (da Il libro delle Cerimonie Costantino Porfirogenito edito da SellerioEditore Palermo a cura di Marcello Panasci)

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    NOTA ALLA NUOVA EDIZIONEdi Matteo Broggini

    Il presente numero diPorphyra, gi edito nel febbraio 2005,viene ora riproposto in una versione emendata da errori eincongruenze redazionali e completamente rinnovata nellagrafica e nella disposizione dei contenuti.

    Un grazie sentito alla redazione della rivista, NicolettaLepri, Andrea Nocera, Eugenia Toni: senza di loro questo lavoronon avrebbe mai visto la luce. Grazie anche a Nicola Bergamo,infaticabile eparco della nostra citt virtuale, per la consulenzagrafica.

    A tutti, buona (ri)lettura.

    Milano, luglio 2008

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    EDITORIALEdi Nicola Bergamo

    Correva lanno 313: Costantino promulga leditto checonsente in tutto limpero libert di scelta religiosa. Pochi annidopo, questo stesso imperatore far costruire sul Bosforo la suacapitale, la Nuova Roma, e presieder il primo concilio dellacristianit. In tutta la sua carriera politica, un raro talento bellicoe uneccezionale capacit militare gli permettono di essere unodegli ultimi imperatori romani a governare sullimpero unito. Ilsolido aureo, da lui introdotto, sar la principale moneta discambio per tutto lalto medioevo.

    Costantino dunque figura monumentale, tale da marcare la

    propria epoca e da condizionare gli sviluppi della storia europea:a lui, vero padre dellimpero romano orientale, dedicato il

    presente numero diPorphyra.Vito Sibilio ne illustra la politica religiosa, soffermandosi sui

    complessi rapporti con la Chiesa, sulla conseguente definizionedel potere imperiale, sullo scontro con le eresie e sulla nuovaconcezione di una societ pi cristiana.

    Carlo Valdameri dedica il suo studio al monumento che pidi ogni altro legato al nome di Costantino, ovvero larco cheegli fece erigere nel foro romano: ne sono analizzati la nascita, lediverse componenti architettoniche e le valenze iconografiche.

    Ivan Pucci ha invece approntato un ricco repertorio dibibliografia costantiniana, dalla pratica impostazione per nucleitematici: un utile strumento per chi desideri approfondire icontenuti della rivista.

    Un interessante caso di reimpiego medievale di motiviiconici di et costantiniana infine segnalato da Antonio Palesatie Nicoletta Lepri.

    In appendice riportato, in traduzione italiana, il testo delconcilio ecumenico di Nicea del maggio-luglio 325.

    Spero sinceramente che questo numero di Porphyra possaaiutarvi a conoscere in maniera pi approfondita limperatore chefu detto Grande e, fondando Costantinopoli, diede vita allimperodi Bisanzio.

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    COSTANTINO IL GRANDE E LA CHIESA:UNA COMPLESSA RELAZIONE

    TRA DOGMA, DIRITTO E POLITICA

    di Vito Sibilio

    Come giudicare il rapporto tra Cesare Flavio ValerioCostantino Augusto il Grande, primo del nome (307-337)1 e laChiesa?2 un quesito che gli studiosi si sono posti e si porrannosempre, in quanto difficile ricondurne linterpretazione ad unsolo criterio ermeneutico. Il grande imperatore, cuinellimmaginario comune si deve il connubio pi che millenariotra fede e politica, ag su molti livelli e pose le premesse permolteplici, differenti e a volte contrastanti sviluppi.

    1. Limpero cristiano.

    In una famosa terzina, Dante individuava nel ConstitutumConstantini la fonte della corruzione della Chiesa:

    Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,non la tua conversion, ma quella doteche da te prese il primo ricco patre! 3

    A parte lovvio rilievo sullequivoco storico in cui caddero tutti

    gli uomini del Medioevo, va evidenziato che Costantino,inserendo la Chiesa nel sistema del potere imperiale, non feceniente di rivoluzionario n per la religione n dellimpero.

    Quando si stigmatizza che, legandosi allo stato, ilcristianesimo abbia tradito le proprie origini, si dimentica cheCostantino restaur quella monarchia di diritto divino, descrittanellAntico Testamento, in cui il sovrano unto del Signore esuo eletto.

    Ci invece posto in evidenza dagli scrittori ecclesiasticicontemporanei dellimperatore: non per propaganda, comespesso si crede, ma per intima coerenza con la propria

    formazione religiosa. La Chiesa, nuovo Israele, aspettava sindalle origini di rivivere lesperienza dellantico popolo ebraico:le persecuzioni, che duravano da pi di tre secoli, erano destinatead essere provvisorie, e dovevano essere superate nellarealizzazione del regno. Tale realizzazione, seppur in ogni casoescatologica, poteva essere intesa tanto in senso estremo, ossia

    1Ampia la bibliografia sullimperatore. Cito come esempi: VOGT J., Constantin der Grosse und sein Jahrhundert,Monaco 19602; SAMPOLI F., Costantino il Grande, s.d.; DRRIES J., Constantin der Grosse, Stoccarda 1958;PIGANIOL A.,Lempereur Constantin, Parigi 1932.2

    Sul rapporto tra Costantino e la Chiesa cfr. tra gli altri ALFLDI A., Costantino tra paganesimo e cristianesimo, Bari1976; BAYNES N.H., Constantine the Great and Christian Church, Londra 1929; DORRIES H., Constantin and theReligious Liberty,New Haven 1960.3DANTE ALIGHIERI,Divina Commedia Inferno, XIX, 115.

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    interpretando alla lettera lApocalisse (la liberazione sarebbevenuta con la distruzione di Roma e del mondo) quanto in sensomoderato (sarebbero stati distrutti solo i valori del paganesimo).

    Nel corso dei tre secoli della sua storia, il cristianesimoaveva imparato ad apprezzare i vantaggi della cultura greco-

    romana e dellunificazione dellecumene: superando i germi didiffidenza ascetica attestati, tra laltro, anche nella Lettera aDiogneto, si sviluppavano i semi di realismo politico presenti sindal magistero apostolico, specie paolino, cos da concepire ilsogno e il desiderio di un battesimo dellimpero. In questo modoi sentimenti di rancore e di disprezzo espressi nellApocalisseerano andati attutendosi e stemperandosi in una sfiducia radicalenei confronti del potere costituito, in attesa di ricostituirlodiversamente.

    Ci che Costantino propose alla Chiesa era quello che laChiesa stessa era gi predisposta ad accettare, non per avidit di

    potere o per tradimento dei propri principi, ma per esplicitare unodegli aspetti del proprio retroterra spirituale. Il contrasto tra ilChristus passus e lImperator victor, posti entrambi al verticedella Chiesa, si supera nella dicotomia squisitamente cristiana delChristus passus et gloriosus. Essa trova proprio nel sovrano unadelle sue epifanie pi significative: Cristo, re e sacerdote secondoil modo di Melchisedek, realizza temporalmente il propriosacerdozio nellordine sacro e la propria regalit nellimpero,anchesso sacralizzato.

    In quanto imperatore, Costantino non ruppe realmente conla tradizione, ma si limit a modificare i contenuti dello schemache in essa riuniva fede e potere, sacralizzando il secondo. Eradai tempi dei faraoni che i sovrani mediterranei si facevano di

    per affondare nel cielo le radici del potere, perch lordineterrestre delle cose rispecchiasse quello ultraterreno; soluzionealternativa a questo problema era lo schema mesopotamico delsovrano mediatore tra gli di e luomo, presente anche nellacultura ebraica e comune a quella ariana. La teologia del potereera unesigenza culturale avvertita da sempre, e rispecchia il

    bisogno legittimo di una fondazione del potere.Roma era solo lultima grande potenza a porre il problema

    del rapporto tra religio e imperium. Dallet di Augustolambiguit dei rapporti tra il sovrano e la divinit aveva oscillatotra la soluzione indoeuropea dellimperatore comes divorum(Ottaviano aveva autorizzato i templi per il suo Genius) e quellaegizia, riciclata dallellenismo, del monarca dio egli stesso (lostesso Augusto non aveva disdegnato di farsi divinizzare in vitasulle rive del Nilo). La crisi del potere imperiale, maturata nel IIIsecolo, aveva spinto a cercare una soluzione ideologicanellambito delle teologie orientali; Diocleziano aveva superatodel tutto la concezione del principato a favore del dominato,incentrando il suo schema di sacralizzazione del potere

    sullequazione che faceva infallibilmente dellimperatore un dio.

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    Ma questa soluzione cozzava proprio con il senso comunedi cristiani e di alcuni pagani, come i neoplatonici o i mistici,ossia di una parte significativa dellopinione pubblica imperiale.

    La persecuzione dioclezianea fu la conseguenza logica diquesta situazione, e la svolta costantiniana laltrettanto logica

    mutazione di rotta, che riport la teologia imperiale nellalveoariano, coonestandola con la pi ricca e antica tradizionegiudaica, proseguita nel cristianesimo.

    Lo schema per cui la divinit fonda la monarchia e questadomina in suo nome viene cristianizzato da Costantino, senzaalcuna modifica; anzi, con maggiore precisione, in quanto ad unsolo monarca in terra corrisponde un solo Dio in cielo. Questomodello di dominato resse Roma non solo fino al tramonto della

    pars Occidentis nel 476, ma anche fino al crollo di quellaOrientis nel 1453; fu inoltre il modello di tutte le monarchieuniversali e nazionali successive, fino al 1848 in Europa

    occidentale e fino al 1917 in quella orientale.Ma come visse Costantino, concretamente, questa esigenza

    di sacralizzazione del potere? Come divin la difficile esigenzadei suoi tempi di trovare un nuovo fondamento allesercizio dellasovranit? Sicuramente adoper n poteva altrimenti le suecategorie mentali di romano: esse diedero alle sue suggestionimistiche e a quelli dei circoli che gli si radunarono attorno una veste teoretica salda, trasferendo nellambito del diritto dellecategorie antropologiche. Considerando la religio come unmomento dello ius publicum, egli ritenne normale arrogarsi i

    poteri di controllo su di essa, non solo perch gli imperatorierano stati tradizionalmente pontefici massimi, ma perch eranola fonte del diritto, almeno dallet adrianea. Il cristianesimocoonest questa sua ambizione con lideale biblico dellateocrazia. E in poco tempo si arriv alla concezionedellepiskopos tn ektos, che in qualche generazione si evolvette

    senza voler dare al termine necessariamente unaccezionepositiva in quella dellisoapostolo, o del tredicesimo apostolo.

    Nonostante limperatore non fosse pi divus, nonostantenon fosse pi invictuscome il Sole ma pi modestamente victor,nonostante non fosse pi raffigurato con la corona radiante ma

    solo con un nembo, sebbene non si sacrificasse pi in suo onore ei templi eretti per lui fossero meri monumenti, lideologia delpotere di Costantino fu la compiuta, piena realizzazione delsogno del dominato dioclezianeo ed illirico. Limperatoredivenne il vicarius Dei, come era stato prima vicarius Deorum.Efu la concezione che domin tutte le teocrazie cristiane,impropriamente chiamate cesaropapismi, dallet carolingia aquella ottoniano-salica, alla impossibile revanche della CasaSveva e fino allo zarismo.

    In quali ambiti si esplic lazione di Costantino I in

    relazione alla religione? Limperatore svolse una duplice attivit,luna nel campo giuridico, laltra in quello dogmatico.

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    2. Lambito giuridico.

    In ambito giuridico, non si pu prescindere dal cosiddettoeditto di Milano del febbraio 313 che in realt editto non fu 4concertato tra Costantino e Licinio (308-324).

    Esso diede esecuzione alleditto di tolleranza pubblicatosul letto di morte da Galerio ([293] 305-311) nel 311 (col qualelantico persecutore dimostr di aver compreso linanit deglisforzi anticristiani e si sforz di inserire nel pantheon romanoanche Ges Cristo) e serv a risolvere anche dal punto di vistateoretico la questione. I due augusti, dichiarando sin nel

    preambolo di voler praticare la tolleranza, attestarono di nonvoler escludere neanche i cristiani dallesercizio di questa virt

    pubblica, allo scopo di procacciare allimpero unulteriorebenevolenza dellasumma divinitas: la suprema divinit, cio, dasempre considerata nel paganesimo la pi grande di tutte, oltre

    che la meno conoscibile.Questa concezione religiosa era stata di Costanzo I Cloro

    ([293] 305-306),5 e costituisce la preistoria spirituale diCostantino. Forse per adeguarsi a questa vaga ispirazionemonoteista, gi dal 306 Costantino, divenuto augusto al posto del

    padre, aveva emanato un editto di tolleranza.6Questa spiritualitirenica di una generica iperlatria da tributarsi alla deit supremasi and poi specificando nel culto del sole invitto; culto che ginellantico zoroastrismo era stata la manifestazione visibiledellunico dio supremo, Ahuramazda, principio del bene, e che

    persino nel remoto Egitto faraonico era stato, sia pure per brevetempo, imposto al recalcitrante pio popolo politeista daAkhenaton.

    Costantino si mosse su questa scia, accettando un dio solaresincreticamente esprimibile da pi ipostasi divine, e scelse persuo nume tutelare quella dellApollo gallico.7Questa ispirazioneera ancora dunque riscontrabile nelleditto di Milano, sebbeneCostantino fosse diventato cristiano gi dalla campagna controMassenzio (306-312) nel 312, quando vinse a Ponte Milvio (28ottobre), avendo avuto il celebre sogno che lo invitava adassumere come labaro il monogramma cristiano, e della cui

    storicit non il caso di dubitare.

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    Evidentemente i due augusti,facendo un richiamo alla teologia del sommo dio, pensavano difornire una cornice ideologica in cui fosse accettabile, anche per i

    pagani, inserire il nuovo atteggiamento verso la religionecristiana.

    Ma leditto milanese andava molto al di l di questo. Latolleranza di Galerio era stata concessa con rammarico, quelladei due augusti si condiva di raccomandazioni benevole edenergiche ad un tempo, con cui invitavano a restituire

    4Cfr. PALANQUE J.R.,A propos du prtendu dit de Milan, in Byzantinische Zeitschrift 10 (1935), pp. 607-616.5

    EUSEBIO, Vita Constantini (= EUSEBIO, Vita Const.), 1, 17.6LATTANZIO,De mortibus persecutorum (= LATTANZIO,De mort. pers.), 24, 9.7Cfr. KARAYANNOPOULOS J.,Konstantin der Grosse und der Kaiserkult, in Historia 5 (1956), pp. 341-357.8LATTANZIO,De mort. pers., 44; EUSEBIO, Vita Const., 1, 27-32.

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    gratuitamente alla Chiesa i loca sacra, di cui essa lunicalegittima proprietaria: chiese e cimiteri, anche se in mano a

    privati (evidentemente lesproprio persecutorio era considerato aposteriori unempiet, contraria al fas e allo ius) dovevanotornare alla comunit, riconosciuta come persona giuridica.

    Tali riconoscimenti scaturiscono dalla tangibile potenzadella protezione di Cristo esperita dai due imperatori chiaramente pi da Costantino che da Licinio.9 Con questaasserzione pubblica, entrambi danno un chiaro connotato a quelmisterioso Dio alla cui protezione Costantino aveva dovuto lavittoria contro Massenzio e nel cui onore aveva omesso letradizionali cerimonie religiose del suo trionfo in Roma dopo lasconfitta del rivale.10

    Da quanto detto, lEditto milanese risulta essere un punto diarrivo, specie della legislazione costantiniana, il cui vissutoreligioso e la cui esperienza politica contribuiscono

    decisivamente a tracciare la fisionomia del testo. Peraltro, forte lattenzione al culto come fulcro dellesercizio della libertreligiosa. A Costantino e a Licinio interessa che Dio siaopportunamente glorificato, cosicch si storni dalla terra il suocastigo, scongiurato dal sacrificio rituale. Vi , in filigrana,ancora una concezione piuttosto superstiziosa della fede, in cuiDio continuamente da propiziare e da placare. Tra i dueaugusti, Licinio era pi superficiale in relazione al cristianesimo:ancora nella guerra che, di l a poco, lo contrappose a MassiminoDaia (305-312), egli manifesta una fede generica nel sommo Dio,appena temperata da elementi cristiani estrinseci.11In ogni caso,la vittoria sullultimo persecutore che nellultima fase dellalotta aveva concesso una tolleranza assoluta ai suoi sudditicristiani 12diede a Licinio, nellautunno del 312, la sovranit sututto lOriente, in cui si poterono estendere i benefici effetti dellatolleranza sancita a Milano, almeno fino a quando la rinfocolataostilit tra i due augusti indusse Licinio a ridimensionarla,temendo che la Chiesa fungesse da quinta colonna costantiniananel suo dominio.

    Nel lasso di tempo che divide leditto milanese dalladefinitiva riunificazione dellimpero sotto lo scettro

    costantiniano nel 324, quello che stato definito il primoimperatore cristiano ha peraltro sviluppato in modo coerente uncorpo legislativo ispirato alla religione e volto a garantirne lasicurezza.13 Fu ad esempio abolita la marchiatura a fuoco sul

    9LATTANZIO,De mort. pers., 48, 7-9; 11, 45-47.10Tali provvedimenti riecheggiavano, del resto, quelli gi presi da Costantino nel 312 per la Chiesa africana scrivendoal prefetto Anullino, e la loro finalit era la garanzia dellesercizio del culto, come gi per la questione africanalimperatore aveva avuto modo di specificare in una lettera a Ceciliano, in cui stanziava una forte somma proprio peresentare il clero da ogni attivit lavorativa che lo distogliesse dalle celebrazioni liturgiche. In tal senso si era ancoramosso limperatore quando aveva esentato i sacerdoti cartaginesi da ogni ufficio pubblico . EUSEBIO, Historia

    Ecclesiastica (= EUSEBIO,Hist. Eccl.), 10, 5, 15-17; 6, 1-5; 7, 1-2.11LATTANZIO,De mort.pers., 45-47.12EUSEBIO,Hist. Eccl.,9,10. 7-11.13Cfr. EHRHARDT A.A.T., Some aspects of Constantines Legislation, in Studia Patristica 2 (1957), pp. 114-121.

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    cos i convertiti ex circumcisioneche fossero perseguitati dai loroex-correligionari erano oggetto di una protezione speciale:20erano il piccolo resto del vero Israele. Nel maggio 323 inoltrelimperatore reag a violenze spontanee compiute contro icristiani, comminando fustigazione e multa a chi costringesse i

    fedeli al sacrificio lustrale.21

    In questi impianti legislativi il lessico denotativo delcristianesimo (cultus Dei, pia religio ecc.) e quello del

    paganesimo (superstitio) non lascia dubbi sulla piena adesionedellimperatore alla nuova fede, che nelle sue premure trovava lanemesi storica di tre secoli di cruente persecuzioni. Lo spazio dilibert del paganesimo ristretto. E lispirazione mosaica dellalegislazione imperiale palese nel duplice divieto dellaruspicina

    privata (319-320), il cui scopo il massimo controllo possibile appunto pubblico su questa forma di divinazione.22Siamo sullascia che porter Teodosio il Grande (379-395) alla proibizione

    del paganesimo. Ma per ora Costantino sinceramente tollerante,anche nella sua veste di pontefice massimo.

    Questi dispositivi legislativi scaturiscono senzaltro dallaprofonda e progressiva cristianizzazione morale del sovrano, masono anche in una societ in cui il potere politico si ipostatizzanel sovrano di diritto divino la manifestazione di un connubio

    politico sempre pi forte.La personalit pi scialba e meno religiosa di Licinio

    doveva reagire in senso opposto, traducendo in altri terminireligiosi la volont egemonica che lo accomunava econtrapponeva a Costantino. Tra il primo scontro nel 316 e ladefinitiva resa dei conti nel 324, Licinio and coronando di spinelo statusdi religio licitada lui stesso concesso al cristianesimonel 313. Linterdizione del culto nelle citt e nei luoghi chiusi,lobbligo di assemblee separate per uomini e donne, il divieto alclero di catechizzare le donne stesse, la proibizione di assistere icarcerati, oltre a casi specifici di esenzione dal servizio militare edi allontanamento dalla pubblica amministrazione furono lemeschine misure che Licinio prese capovolgendo la sua

    precedente politica di reappeasement.23 Ci furono casi diviolenze anche mortali su vescovi, e alcune chiese furono

    demolite nel Ponto, senza che laugusto orientale intervenisse perfermarli.24Una volta che ebbe trionfato sul rivale, Costantino rimedi

    a queste vessazioni con un editto di riparazione25 che tuttaviagarantiva ancora ai pagani la libert di coscienza. La legislazioneflavia faceva dellautodeterminazione spirituale un limiteinvalicabile della sua competenza: lo stato poteva favorire la

    20Cod. Theod., 16, 8, 1.21Cod. Theod., 16, 2, 5.22Cod. Theod., 9, 16, 1; 16, 10, 1. Cfr. KARPP H., Konstantins Gesetze gegen die private Haruspizin aus den Jahren

    319 bis 321, in Zeitschrift fr die Neutestamentliche Wissenschaft 41 (1942), pp. 145-151.23EUSEBIO,Hist. Eccl., 10, 2; 10, 8, 10-11; Vita Const., 1, 51, 53, 54.24EUSEBIO,Hist. Eccl., 10, 8, 13-17.25EUSEBIO, Vita Const., 2, 4, 42.

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    professione della vera fede, ma non poteva forzare ladesione adessa. La fede rimaneva ancora, non solo formalmente ma anchematerialmente, un atto di volont.

    E tuttavia le leggi di riparazione furono una restitutio inintegrum: sospensione di ogni sentenza dannosa o infamante

    (come la privazione dei pubblici uffici e la riduzione inschiavit), restituzione dei beni alle chiese e ai singoli, anche seincamerati dallo stato o se venduti a terzi, e addirittura aglieredi.26 E di l a poco luguaglianza religiosa, faticosamenteraggiunta dalla cristianit, viene superata in un primato formaleche si configura quasi come una nemesi storica del paganesimo: ifunzionari pubblici non cristiani non possono professareesternamente la loro fede, a differenza di quelli battezzati.27

    Del resto, se Flavio Costantino dimostr altaconsiderazione per il misticismo neoplatonico affine a quellareligiosit del Sommo Dio a cui lui stesso era stato vicino e

    deferenza per le antiche famiglie senatoriali, il cui paganesimoera tradizionale, non manc di presentarsi n come debellatoredellantica religione n come sovrano che la tollerava solo per i

    principi di umanit della sua fede.28 E anche nel plasmare laclasse dirigente il monarca si rende conto di dover selezionaregente che sia disposta a seguire questa politica: ragion per cui ifunzionari nominati sono quasi tutti cristiani. Inoltre proseguelosmosi tra episcopato e burocrazia, in quanto Costantinocelebra i vicennaliatra i presuli radunati a Nicea e fa pronunciareil panegirico a uno di loro.29

    A tale politica di diminuzione sociale del paganesimo siaccompagna una serie di misure restrittive: se ai collegisacerdotali delle divinit tradizionali sono lasciati i loro templi,un numero imprecisato di essi che sia i cristiani pertrionfalismo che i pagani per vittimismo avevano interesse adaumentare agli occhi dei posteri viene privato delle rendite odelle immagini, se non raso al suolo. A onore di Costantino va ladistruzione dei templi pagani disseminati da Adriano sullememorie giudaico-cristiane dopo la repressione della rivolta diBar Kokheba: il Calvario, la casa della Vergine a Gerusalemme, iluoghi dellinfanzia di Cristo e del Battista furono liberati dalle

    sacrileghe costruzioni e adornate di monumenti. Peraltro, ilmonarca ha cura di sopprimere forme particolarmente licenziosedi culto pagano, specie quelle di Afrodite, o quellesfacciatamente animistiche come la venerazione del Nilo affidataa una casta clericale di eunuchi, o ancora di contenere lereligioni di Cibele e di Mitra.30 Un significato di particolaredisprezzo ma anche una chiara intenzione di colpire la potenzaeconomica del culto pagano hanno le requisizioni di oggetti sacridei templi per adornare la costruenda Costantinopoli. Essa, come

    26EUSEBIO, Vita Const., 2, 30-41.27

    EUSEBIO, Vita Const., 2, 44.28EUSEBIO, Vita Const., 3, 66; 2, 44, 48-60.29EUSEBIO, Vita Const., 2, 44; 1, 1.30EUSEBIO, Vita Const.,3, 26-27; 55-56; 58; 4, 25.

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    le sontuose chiese costruite nelle capitali imperiali (Nicomedia,Treviri, Sirmio, Milano) e come le basiliche patriarcali a Romasulle memorie degli apostoli, rientra in un progetto disacralizzazione dello spazio e di inserimento dellimperonellordine cosmico voluto da Dio e restaurato in Cristo.

    In questa fase di dominio incontrastato, limperatore siispira sempre di pi alla religione, e il diritto romano la formacon cui egli ordina la materia giuridica che pu trarre dallatradizione cristiana:31 il divorzio non abrogato, il matrimoniorimane un contratto, ma il suo scioglimento diventa pi difficile,conformemente allimportanza dellaccordo stipulato; inoltreappare logico vietare il concubinato, che non prevede nsacramento n contratto.

    Le unioni degli schiavi sono riconosciute naturaliter similia quelle dei liberi: due sposi non possono essere divisi tra loro odai figli in caso di uneredit ripartita tra pi persone.32 In

    ossequio alla dignit della vita umana vengono aboliti i giochigladiatori, mentre la proscrizione della crocifissione unomaggio a Cristo stesso.33

    Dopo aver ripromulgato per tutto limpero i dispositivilegislativi precedenti in ordine al foro ecclesiastico e alla difesadei neofiti, Constantino fa una puntualizzazione importante: soloi cattolici possono godere di questi privilegi, mentre eretici escismatici ne sono esclusi:34alla Verit sola spetta la protezione

    provvidenziale dellImpero, mentre coloro che traviano lecoscienze non debbono essere certo agevolati, anzi vannoostacolati.

    In questottica va letto il decreto antiereticale pubblicatodopo la sconfitta liciniana: ai novaziani, agli gnostici, ai paolianie ai catafrigi vengono interdette le adunanze sia pubbliche che

    private perch culto non gradito a Dio vengono confiscatitutti i beni comunitari, vengono sottratte le chiese che vannorestituite ai cattolici, vengono tolti i libri sacri. Rimane loro solola libert di coscienza, nonostante un monito generico per laconversione al cattolicesimo.35 Soltanto ai novaziani, in virtdella loro adesione al Simbolo niceno, limperatore lascia chiesee cimiteri,36sperando di ricucirne lo scisma.

    3. Lambito dogmatico.

    Se la valutazione delloperato costantiniano in campolegislativo non pu essere che univoco e positivo (almeno per chiveda nella cristianizzazione del diritto un progressodellhumanitas classica, e riconosca nel connubio tra impero efede una tappa significativa del cammino verso le forme future

    31Cfr. sullarg. DORRIES, Constantin...,cit., pp. 82-84; 197-199; 203.32Cod. Theod., 9, 7, 2; 3, 16, 1; 2, 25, 1; Codex Iustiniani, 5, 26, 1.33

    Cod. Theod.,15, 2, 1; SOZOMENO,Historia Ecclesiastica (= SOZOMENO,Hist. Eccl.), 1, 8, 13.34Cod. Theod.,16, 5, 1.35EUSEBIO, Vita Const., 3, 64-66.36Cod. Theod., 16, 5, 1.

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    della civilt), pi complesso il giudizio sul modo in cui ilfondatore della seconda dinastia Flavia ingerisce in internacorporisdella Chiesa, spontaneamente o indottovi a forza.

    3.1. Lo scisma donatista.

    Il primo caso affrontato lo spinoso scisma donatista,37(dal nome del massimo teorico della disputa, il presule africanoDonato).

    Loccasione venne dalla valutazione di un traditor, di chicio aveva, durante la persecuzione dioclezianea, consegnato iLibri sacri e sacrificato agli dei, ottemperando ai decretiimperiali. Nel 312, alla morte del vescovo cartaginese Mensurio,il popolo e il clero scelsero come successore Ceciliano; questi

    per era fortemente avversato dai donatisti perch, quandoancora era diacono, aveva umiliato uno dei loro pi influenti

    capi, rimproverandolo aspramente per il culto fanatico deimartiri. Per impugnarne lelezione, i donatisti obiettarono aCeciliano un presunto difetto nella consacrazione, compiuta tragli altri dal vescovo Felice di Aptungi, che era stato appuntotraditor.

    Questa obiezione trov terreno fertile non solo nellaparticolare sacramentaria africana, ma anche nella malcelataostilit dellepiscopato numida verso la sede primazialecartaginese: il vescovo di Tigisi Secondo, inferiore di rango soloa Ceciliano, radun un Concilio di settanta vescovi che, in lineacon la tradizionale autonomia della Chiesa della Proconsolare,risolse la questione in modo sfavorevole a Ceciliano, che fudeposto e rimpiazzato prima da Maiorino e poi da Donato stessonel 313.

    Un nodo della questione era certo il trattamento dariservare agli apostati pentiti: i rigoristi oscillavano dalla volontdi escluderli per sempre dalla Chiesa alla richiesta di umilianti e

    prolungate penitenze, che comportassero soprattutto la riduzioneallo stato laicale; i moderati si accontentavano di imporre unacongrua riparazione.

    Questo nodo non era per lunico: sullo sfondo si agitava la

    questione classica della teologia sacramentale africana, lavalidit del sacramento ex opere operando e non ex opereoperato (come nela teologia romana prima e universale poi).Tale questione era particolarmente importante proprio perchmolti vescovi, presbiteri e diaconi erano stati traditores.

    Costantino fu precocemente informato sugli sviluppi dellacrisi ecclesiastica africana da Osio di Cordova, il vescovoconsigliere imperiale fino al Concilio di Nicea. Limperatore noncomprese certo la portata dogmatica della disputa lesottigliezze teologiche non furono mai il suo forte ma si avvidedella sua pericolosit disciplinare, e ne valut la portata in

    relazione alla confusione in cui era caduto il culto liturgico. Egli

    37Cfr. sullargomento GRASMCK E.L., Coercitio. Staat und Kirche im Donatistenstreit, Bonn 1964.

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    scrisse dunque a Ceciliano, riconoscendolo quale vescovolegittimo e offrendogli lausilio delle truppe imperiali per ilripristino dellordine, considerando cos i donatisti dei semplici e pericolosi perturbatori della pace pubblica.38

    I donatisti accusarono il colpo e scrissero al stesso sovrano

    tramite il prefetto Anullino, spiegandogli il proprio punto di vistae domandando di essere giudicati da un tribunale imparziale edesterno, formato da vescovi gallici.39Limperatore accett: unadecisione questa in linea con la tradizione ecclesiastica, solitaaffrontare le questioni rimaste irrisolte in un sinodointerprovinciale in una assise ancor pi prestigiosa.

    Costatino defer questione al papa, lafricano san Milziade(311-314), incaricandolo di allestire un tribunale con presuligallici. Il pontefice, mostrando autonomia di giudizio, allarg lacommissione che Costantino aveva composto, oltre che col

    papa, coi vescovi di Autun, Colonia e Arles ad altri quindici

    presuli italiani. Dinanzi a questa assise, secondo i deliberatiimperiali, dovevano costituirsi dieci ceciliani col loro capo edieci donatisti. I decreti sinodali dovevano appurare se Cecilianoavesse rispettato la tradizione ecclesiastica facendosi consacrareda un traditorpentito, e sarebbero stati vincolanti per tutti.40

    Il comportamento di Costantino verso il papa significativo: il pontefice s autonomo, ma in seno allimpero,che il guscio protettivo della Chiesa. lo stesso rapportosussistente tra la statio principise quella del sommo pontificato

    pagano, con la differenza che due magistrature, primaappartenute ad una sola persona, nel nuovo ordinamento romano-cristiano erano per forza scisse.

    Chiamando Milziade a presiedere il tribunale da luiistituito con presuli gallici in base alla richiesta degli appellanti,che per del pontefice non avevano fatto menzione, limperatoremostrava dunque di non voler prescindere dal primato petrino e,accettando che Milziade ampliasse il tribunale in un sinodo, gliriconobbe autodeterminazione nella scelta dei mezzi digiurisdizione.

    Ma i donatisti si appellarono contro la sentenza, che fu diassoluzione per Ceciliano e di condanna per Maiorino e Donato.

    Sia Milziade che Costantino furono irritati dallostinazionedonatista. Il papa offr la comunione canonica ai vescovidissidenti, perch non corressero il rischio di perdere la sede maanche per isolare Donato. Limperatore si risolse a convocare adArles (estate 314) un sinodo di tutti i vescovi occidentali.41

    Il primo agosto il sinodo, presieduto da Marino di Arles eorganizzato da Cresto di Siracusa, si apr. Milziade era morto, eil nuovo papa, san Silvestro (314-335), invi una piccoladelegazione a rappresentarlo, non volendo lasciare Roma dopo la

    38

    Lettera in VON SODEN H., Urkunden zur Entstehungsgeschichte des Donatismus (=SODEN), Berlino 1950

    2

    , n. 8.39SODEN, nn. 10-11.40SODEN, n. 12.41SODEN, nn. 14, 15, 18.

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    sua elezione. La sentenza di Arles conferm praticamente quellaromana, e i Padri conciliari chiesero a papa Silvestro, con unadeferente lettera, di comunicare i deliberati sinodali a tutto ilmondo cristiano. Il primato non era in discussione: limperatorestesso, nel convocare un concilio pi ampio dopo un appello per

    vizio procedurale, non aveva affatto disprezzato la decisionepapale, ma seguito una prassi ovvia giuridicamente e conformealla tradizione ecclesiastica.

    I donatisti per non si sottomisero al concilio. Limperatoreallora intervenne personalmente, ma non ebbero effetto n ildivieto ai donatisti di lasciare Arles per lAfrica, n il tentativo disostituire Ceciliano con un nuovo vescovo, n le minacce discendere personalmente in Africa per risolvere la questione.42

    Non gli rest che scoprire le carte (316) dichiarandosi fautore diCeciliano,43 e prendere duri provvedimenti contro i donatisti(317): gli furono tolte molte chiese e i loro vescovi furono

    obbligati allesilio.Erano misure coerenti col diritto canonico, ma troppo simili

    a quelle delle ancora recenti persecuzioni, e crearono neidonatisti solo una forte vocazione al martirio. Nemmenolesercito li ridusse alla ragione, in quello che fu il primo caso diuso delle truppe statali per un obiettivo religioso.

    Alla fine Costantino si ritir dalla lotta. Fu una sconfitta perla sua politica ecclesiastica, ma anche una traccia segnata per ilfuturo: gli scismi non sarebbero stati pi una semplicelacerazione della Chiesa, ma anche una questione politica. Soloche il significato di questultimo aggettivo copriva una gamma disignificati molto vasti, che potevano andare da un nobileinteresse per la religione che costituiva la sostanza etica dellostato e della societ, fino a un deprimente asservimento dellecose spirituali alle strategie del potere.

    3.2. La controversia ariana.

    Una prima avvisaglia di tutto questo si ebbe proprio con lacontroversia ariana.44Non certo questa la sede per ripercorrerele fasi della formazione della cristologia eterodossa di Ario. Basti

    ricordare che essa, aumentando drasticamente il tradizionalesubordinazionismo della dogmatica trinitaria, creava una cesuratra lessenza del Padre e quella del Figlio e vanificava il valoredellIncarnazione e della Redenzione, che non erano pi opera diDio. Leresiarca alessandrino mostrava la necessit di chiarire laquestione cristologica, da tempo esposta alle incursioni dei pisvariati pensatori.

    Chiaramente la cristologia evangelica in primisgiovannea non poteva accordarsi con quella ariana: lidea di

    42SODEN, n. 23.43

    SODEN, n. 25.44Cfr. tra gli altri sullarg. DE URBINA L., La politica di Costantino nella controversia ariana, in Studi Bizantini eNeoellenici 5 (1939), pp. 284-298; IDEM,Nice et Costantinople, Parigi 1963; SIMONETTI M., La crisi ariana nelIV secolo, Roma 1975.

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    una Sapienza creata prima di ogni altra creatura non si addicevaad un Verbo che in principio era presso Dio e Dio egli stesso.Gi Giovanni aveva, nel suo prologo appunto, fatto una cernitadelle dottrine sapienziali che potevano essere adattate a Cristo come quella che ne faceva il mezzo della Creazione e di quelle

    che andavano appunto rigettate come la sua creazione neltempo. La terminologia filoniana adoperata dal quartoevangelista era usata con un significato molto diverso da quelloche aveva negli scritti del filosofo alessandrino. E gi la modestacristologia dei primi secoli aveva concesso abbastanza allacultura extrabiblica accettando al distinzione tra logosendiathetos e proforikos. Ora leresia di Ario spezzava la corda,tesa da secoli, e passava allestremo opposto del modalismo, chequella cristologia subordinazionista precedente aveva volutosempre scongiurare.

    Su questo troncone teologico, aggrovigliato e complesso, si

    sarebbe innestato il dibattito di politica ecclesiastica e civile, dacui lo stesso Costantino, sensibilissimo al tema dellunitcattolica ma di certo incapace di comprendere le implicazionidogmatiche della discussione in tutta la loro ampiezza,45sarebbestato irretito.

    Quando limperatore fu informato della disputa, Ario avevagi collezionato un arbitrato sfavorevole del suo vescovoAlessandro, la sua scomunica e la rinnovata condanna di unconcilio generale della sede alessandrina nel 319.46 Il fatto cheleresiarca si fosse messo sotto il patrocinio dei due Eusebi vescovi di Nicomedia e di Cesarea aveva inasprito la contesa,condendola delle gelosie ecclesiastiche di cui lepoca era ricca.Certo che il conciliabolo bitino di Eusebio di Nicomediaspalleggi lo scomunicato caldeggiandone lassoluzione, mentrela sua autodifesa continuava imperterrita.47 Di rincalzoAlessandro continuava a contestarlo, informando anche papaSilvestro.48

    Costantino invi una lettera ad Alessandro e ad Ario pertramite di Osio di Cordova, il suo gi ricordato consigliereecclesiastico. Ma il tenore della missiva, che invitava ad unaccordo, era sproporzionato alla posta in gioco, e Osio, una volta

    giunto ad Alessandria dEgitto, se ne rese conto: era impossibilefar cessare ogni discussione sullargomento, come volevalimperatore.

    Alessandro persuase Osio della necessit di una soluzionedella controversia dogmatica; il legato imperiale torn a

    Nicomedia, allora sede del sovrano, senza aver nemmeno potutoincontrare Ario e con una netta propensione per la fazioneortodossa.49

    45Cfr. ad es. OPITZ G.H., Urkunden zur Geschichte des arianischen Streites (318-328) = Athanasius, Werke III, 1(=OPITZ), Berlino 1934, n. 17.46

    OPITZ, nn. 1, 2, 4b.47OPITZ, nn. 3, 6, 7.48OPITZ, nn. 11, 12, 14, 15, 16.49OPITZ, n. 18.

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    Costantino alla fine si convinse che la disputa potevarisolversi solo con un concilio di tutti i vescovi, che pronunziasseuna sentenza vincolante. La prassi ecclesiastica aveva da semprefavorito queste decisioni collegiali; tuttavia unadunanza di tutti i

    presuli dellecumene non si era mai realizzata, anche a causa del

    regime di precariet giuridica della Chiesa nei primi secoli divita. Lunico precedente in tal senso era il concilioneotestamentario di Gerusalemme.

    Costantino per non innovava in senso assoluto: altri sinodierano stati radunati sulla questione cristologica. La vera novitstava nella sua scelta di arrogarsi la potest di riunire i vescovi:non negozi con nessuna autorit ecclesiastica questa riunione,tantomeno col papa. Cos aveva del resto agito anche per ilsinodo di Arles, e papa Silvestro la cui personalit era tropposcialba per competere col grande sovrano non aveva motivo

    per dolersi della decisione imperiale, anzi dovette considerarla

    ottima.Costantino fiss la sede sinodale a Nicea in Bitinia, e

    ordin che nel maggio del 325 i presuli vi convenisseroservendosi dei mezzi pubblici di trasporto. Durante la loro

    permanenza sarebbero stati ospiti del sovrano.50La grande assiseradun trecentodiciotto presuli, il cui numero permise poi unamistica equiparazione con i servi di Abramo.51 In essa la

    presenza di confessori come Paolo di Neocesarea e di Pafnuziodiede assoluto prestigio alla discussione, peraltro guidatasapientemente dalla minoranza che gi aveva preso posizionecontro Ario, sotto legida di Alessandro di Alessandria e diEustazio di Antiochia, di Marcello di Ancira e di Macario diGerusalemme.52 Un ruolo importante ebbero i periti di questi

    presuli, come Atanasio di Alessandria, diacono di Alessandro,che pi volte prese la parola e che va considerato la vera mentedel sinodo.53 Allopposizione Eusebio di Nicomedia, vescovodella capitale dellimpero, gi collucianista, e poi comeabbiamo visto protettore di Ario dopo la scomunica diAlessandro, e Eusebio di Cesarea, mediocre teologo ma retoreabilissimo che si conquist la fiducia dellimperatore. Attorno aquesti due partiti si disposero quei dotti laici che da subito

    avevano con calore abbracciato la disputa e che andarono adassistere alle sedute conciliari.54A questa disputa pi greca che latina lOccidente partecip

    con soli quattro vescovi, per la sua estraneit a questo dibattito eper le difficolt del viaggio. Osio di Cordova, presidentedellassemblea, Ceciliano di Cartagine e altri due colleghirappresentavano tutto lepiscopato latino, assieme ai due legati

    50EUSEBIO, Vita Const., 3, 6.51Cfr. AUBINEAU M.,Les 318 serviteurs dAbrahan et le nombre des Pres au Concile de Nice, in Revued'HistoireEcclsiastique 61 (1966), pp. 5-43.52

    Cfr. SOZOMENO,Hist. Eccl.,1, 17, 2.53TEODORETO,Historia Ecclesiastica ( = TEODORETO,Hist. Eccl.), 1, 11, 4.5; SOZOMENO,Hist. Eccl., 1, 17, 3;1, 17, 7-18; 1.54TEODORETO,Hist. Eccl., 1, 11, 4.5; SOZOMENO,Hist. Eccl., 1, 17, 3; 1, 17, 7-18; 1.

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    pontifici, Vito e Vincenzo, che rappresentavano il troppo anzianoSilvestro.55

    Nonostante uno sfondo di intrighi, a cui lonest diCostantino non diede alcun seguito,56il dibattito a tratti duro esempre serrato si svilupp attorno alla questione dottrinale in

    modo netto. Gli ariani cercarono di far passare subito un simboloche veicolasse le loro convinzioni, sdegnosamente respinto dagliortodossi; Eusebio di Cesarea propose invece un Credo, quellodella sua diocesi, che tutti giudicarono corretto, anche se apparveopportuno introdurvi correttivi antiariani.57 La correzionefondamentale venne dal termine omoousios, inaccettabile per gliariani e per alcuni ortodossi, perch ne ricordavano lusomonarchiano di Paolo di Samosata biasimato (ma noncondannato) dal II Concilio di Antiochia (268). Il termine potevatuttavia interpretarsi come perfettamente ortodosso, distinguendola consustanzialit dalla identit personale, secondo la lezione

    atanasiana e la tradizione romana, espressa da papa Dionigi (259-268) gi prima del concilio antiocheno. E infatti i latini furono i

    pi entusiasti fautori della terminologia proposta, che era latraduzione greca del lessico trinitario della patristica occidentaleda Tertulliano in poi. Lo stesso Costantino, latinissimo aveva

    parlato in questa lingua ai padri conciliari caldeggi luso deltermine e peror presso i greci la causa di una sua retta, univocae vincolante interpretazione.58

    La compattezza della grandiosa teologia dogmatica diAtanasio simpose allassemblea nicena, e lidea che la divinitfosse solo dellEsse ingeneratum, propria di Ario, fu riconosciuta

    pagana, e sostituita da quella evangelica che la trasmette dalPadre al Figlio e poi allo Spirito.

    La teologia di Nicea ha avuto il pregio di sintetizzareopposti impossibili: lunit divina e la pluralit delle ipostasi o

    persone:59Costantino stesso, sedotto dalla forza intellettuale delCredo niceno, lavor senza soste per ladesione di tutti i presulialla sua dottrina. I soli Ario, Secondo e Teonato non lasottoscrissero e andarono in esilio; alcuni presuli per chinaronoil capo solo per timore della corona e continuarono (tra di loroEusebio di Nicomedia e Teognide di Nicea) a parteggiare per

    leresiarca caduto. Risolto anche il secolare problema della datadella Pasqua, fissata alla domenica dopo il 14 nisan, il concilio sisciolse solennemente.

    Ma Costantino mut presto posizione rispetto al dogmaniceno. Dapprima esili e sostitu con presuli ortodossi Eusebiodi Nicomedia e Teognide di Nicea, che avevano presto ritrattato

    55SOZOMENO,Hist. Eccl., 1, 17, 2.56SOZOMENO,Hist. Eccl., 1, 17, 4-5.57OPITZ, n. 22, 4.7.58OPITZ, n. 22, 7; EUSEBIO, Vita Const., 13, 3.59

    Non a caso, dando unidea dinamica della fissit divina, ha avuto i caldi elogi di un idealista come Guido DeRuggieroche peraltro ha acutamente denunciato la ragione che rese impossibile una conciliazione anche coi semiariani:era essa stessa infatti una teologia compromissoria, che ben rendeva intelligibili i contorni del dogma pi alto, quelloper cui Dio uno e molti insieme. Cfr. DE RUGGIERO G., Storia della Filosofia, III, Bari 1920, pp. 260-271.

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    la firma al Credo niceno;60in seguito tuttavia richiam Eusebiodi Nicomedia dallesilio, spinto dalla cortigiana influenza diEusebio di Cesarea coonestata dallingenuo parere della madredellimperatore, Elena, ammiratrice di questultimo e dellasorellastra Costanza.61 Reintegrato nelle sue funzioni, il

    metropolita imperiale fu abile nellostentare deferenza per ideliberati niceni e nel dispensare veleno contro i loro fautori: conuna procedura tipica del clima torbido dei dispotismi alcrepuscolo, Eusebio plagi limperatore accusando diimmoralit, litigiosit e irriverenza verso Elena il suo rivaleEustazio di Antiochia, la cui penna affilata aveva sarcasticamentecommentato le azioni di Ario e ora stigmatizzava lopportunismo

    politico del vescovo di Nicomedia.Eustazio fu deposto in un conciliabolo ad Antiochia (331

    ca.), ai cui anatemi Costantino aggiunse lesilio in Tracia.62Benpresto la condanna tocc ad altri otto vescovi, mentre Eusebio

    cominciava a manovrare contro Atanasio, ora vescovo diAlessandria. curioso osservare con quale facilit limperatoreabbia prestato fede alle accuse contro di lui: lassassinio delvescovo Arsenio in qualit di fautore dello scisma di Melezio

    presule ordinato senza il consenso del metropolita alessandrinoma perdonato a Nicea la fustigazione di altri presuli suoifautori, la profanazione di un calice sono accuse chiaramentedenigratorie.

    Forse il dispotismo alter nellimperatore la percezionedella realt: certo che egli accolse alla propria corte Eusebio,nemico giurato della sua politica dogmatica, ne fece il proprioconsigliere, al posto di Osio di Cordova, e lo assecond nellademolizione del partito fautore del Credo niceno. Il primoimperatore cristiano divenne, almeno nei fatti, anche il primofiancheggiatore delleresia. Probabilmente, constatando come ilconcilio non avesse sanato i contrasti, era tornato alla primitivavalutazione superficiale della controversia, sotto il fatuo influssodi Eusebio di Cesarea, e cercava un nuovo compromesso nelsemiarianesimo.

    In ogni caso, limperatore accolse le accuse controAtanasio e lo defer al concilio di Tiro (335), dove tutti i prelati

    (e persino il suo delegato Flavio Dionigi) erano ariani. Atanasionon poteva naturalmente sperare in un giudizio equo e, forsetemendo la morte, fugg a Costantinopoli.

    Costantino non volle per riceverlo; lindomito vescovo loavvicin allora durante unuscita a cavallo, denunciando i fatti diTiro, dove frattanto era stato deposto in contumacia.Limperatore allora convoc a s i presuli di Tiro: solo quattro,tra cui i due Eusebio, si presentarono, accusando Atanasio disabotare i rifornimenti di grano egiziano a Costantinopoli.Evidentemente per il campione dellortodossia nicena risultava

    60OPITZ, nn. 27. 28.61FILOSTORGIO,Historia Ecclesiastica, 2, 7.62TEODORETO,Hist. Eccl., 1, 21, 4-22.

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    scomodo: data la natura palesemente strumentale dellaccusamossagli, non fu condannato a morte ma solo esiliato.

    Se Ario fosse vissuto ancora nel luogo del suo esilio,avrebbe fatto in tempo ad essere riabilitato. Costantino, cheancora nel 333 lo aveva condannato,63 nellanno successivo lo

    aveva incontrato a corte dopo averlo ripetutamente invitato.64

    Leresiarca gli present una professione di fede elusiva che diedeallimperatore il destro per aprire la procedura di riabilitazione,da sancire in un sinodo gerosolimitano che per non si comp perla morte dellimputato.65 Tuttavia il concilio fece in tempo achiedere lassoluzione e la reintegrazione nel presbiteratodelleresiarca, prima della sua morte, adducendo come pretesto

    proprio la nuovaprofessio fidei.Di l a poco mor anche limperatore, senza dubbio entrato

    in una fase mistica dopo il battesimo, ma certamente tuttaltroche consapevole degli esiti della sua contraddittoria politica, che

    anticipa tutte le opzioni dispotiche che poi i sovrani bizantinisvilupparono nei secoli.

    Il modello di comportamento sancito a Nicea per affrontarele crisi dogmatiche fu duraturo: confutazione degli errori,

    precisazione e ampliamento delle formule dottrinali contestate,uso appropriato del lessico filosofico. Inoltre con la difesa delSimbolo niceno la Chiesa dimostr che labbraccio con limperonon laveva anestetizzata, ma che sapeva difendersi ancoraalloccorrenza. La prosecuzione della lotta sotto Costanzo IIdimostr sia le possibilit di perversione del rapporto stato-Chiesa insito nel sistema costantiniano sia la possibilit diindipendenza morale della Chiesa stessa.

    Creando un modello di relazioni tra impero e sacerdozio,Costantino forn per un millennio scarso le coordinate in cuiimpostare il problema. Nelle controversie cristologiche etrinitarie successive gli ortodossi poterono contestare il ruolo deisingoli imperatori ma non delegittimarlo per principio. Perarrivare a questo ci vorr la mente geniale di Gregorio VII, e

    bisogner che oapato e impero litighino fino al 200 peraffermarla definitivamente, facendo della libert della Chiesa un

    principio della spiritualit cattolica e un cardine della civilt

    occidentale, anche nella sua versione laica. Per contro, lalegislazione imperiale cre un precedente autorevolissimo per lacristianizzazione del diritto, e segner profondamente il modo diconcepire la libert di coscienza, di religione, il diritto difamiglia, quello penale, e quello di successione, assegnando allaChiesa un posto di preminenza che lha aiutata non poco aformare lanima dellOccidente. Giudicare tutto ci alla lucedelle moderne categorie di pensiero sarebbe assurdo e ingiusto.Inoltre Costantino, con certe scelte come la sacralizzazione dei

    63

    OPITZ, n. 33, 4.64SOCRATE,Historia Ecclesiastica, 1, 25.65SOZOMENO,Hist. Eccl., 2, 27, 7 sgg.; 13-14; ATANASIO,Apologia contra Arianos, 84; IDEM,Epistola de morteArii ad episcopos Aegypti et Libyae,19.

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    conflitti cre le premesse per le forme materiali della piet dimoltissimi secoli a venire.

    Questo imperatore pu a giusto titolo essere considerato ilgenio politico che congiunse la pi veneranda eredit di civiltclassica alla forza pi giovane che trainava il mondo verso il

    futuro, che ancora continua.

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    LARCO DI COSTANTINOdi Carlo Valdemeri

    Finalit di questo studio esporre alcune considerazionisulle ragioni simboliche che portarono ad ornare larco trionfalededicato a Costantino a Roma con sculture prelevate damonumenti pi antichi, eretti in onore di precedenti imperatori.Per raggiungere questo fine, non si potr tuttavia prescindere daldare informazioni, per quanto possibile sintetiche:- sul simbolismo degli archi di trionfo;- sulla storia, sulle forme e sulliconografia dellarco diCostantino;- sui riferimenti religiosi ed ideologici degli albori del dominato

    e sulla loro espressione nelle forme dellarco;- sulladattamento delle cerimonie tradizionali alle nuovecaratteristiche dello stato romano;- sui significati iconografici dei rilievi reimpiegati nellarco diCostantino;- infine, sul simbolismo che questo riuso acquistava nel nuovocontesto cerimoniale.

    1. Il significato degli archi di trionfo.

    1.1. La concezione antica dellimmortalit.

    Il contesto ideale e simbolico che giustificava, e allo stessotempo chiariva, il significato di strutture come gli archi trionfaliera espressione di concezioni del mondo e della vita fortemente

    presenti nella cultura romana, e non solo.Era infatti idea comune al mondo pagano che quanto vive

    sulla terra avesse inevitabilmente un inizio, una giovinezza, undeclino e una fine. A questo destino era sottoposto ogni esserevivente - uomo compreso- ed ogni sua opera materiale.

    A differenza degli esseri terreni, le divinit vivevano in una

    dimensione celeste (cielo inteso non come luogo infinito, mabens ben identificabile e definito), non condizionata da fattoricome tempo e spazio: esistendo in una sorta di eterno presente,essi non potevano che essere immortali. Non a caso, i nomi deglidei erano quelli degli astri che, per il fatto stesso di essere

    presenti in cielo e di percorrerlo con cicli immutabili, rendevanolidea stessa della perennit e di unalterit rispetto alladimensione terrena.

    In questa prospettiva, lunica possibilit per gli uomini disopravvivere alla morte consisteva nel prolungare la propria vitasotto forma di presenza nella vita e nel ricordo dei

    contemporanei e delle generazioni successive.Era quindi fondamentale tramandare il ricordo delleimprese appunto memorabili, ma anche il perpetuarsi del

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    culto stesso degli antenati, ecc.. Espressioni di questa concezionedella vita furono, ad esempio, la grande tradizione ritrattistica maanche storiografica del mondo classico.

    Nella mentalit degli antichi, risultava poi evidente chealcune imprese, per la grandezza e la fama che derivava a chi le

    compiva, avrebbero meritato imperituro ricordo nelle generazionifuture. Lautore delle gesta, quindi, acquisiva aspetti di divinit,poich grazie ai propri meriti, il suo spirito sarebbe sopravvissutoal limiti di tempo e di spazio concessi allesistenza umana.

    Ci particolarmente chiaro in ambito romano,considerando ad esempio processi quali la consecratio: la ratificacio determinata da un formale atto del senato dello statusdivino attribuito agli imperatori ma non solo ad essi dopo laloro morte.66

    Per altro, occorre aggiungere che, particolarmente sottolinflusso di concezioni orientali, anche presso i Romani

    progressivamente si accentu la tendenza a ritenere che uominidi speciale e particolare eminenza, quali erano i detentori didignit imperiale, progressivamente assorbissero la condizionedivina nel corso della propria esistenza terrena.67

    1.2. Gli archi di trionfo come espressione simbolica.

    Che relazione esiste tra quanto appena riferito e gli archi ditrionfo? Ebbene gli archi di trionfo rappresentano nullaltro chela celebrazione monumentale ed ideale dellaccesso del

    personaggio trionfante alla dimensione dellimmortalit. Perquesto sugli archi sono sovente rappresentate o citate in

    66

    MaC CORMACK S., Arte e cerimoniale nella tarda antichit ( = MaC CORMACK, Arte e cerimoniale),Torino1995, pp. 141 sgg.67MaCCORMACK,Arte e cerimoniale,pp. 141156. Come indicato dallautrice, liconografia solitamente impiegataper illustrare la consecratiomostra ilprincepsinnalzato al cielo sul dorso di unaquila o sul cocchio del sole.

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    iscrizioni le imprese (spesso belliche, ma anche pacifiche) chehanno permesso al personaggio in questione di essere celebrato:in definitiva, larco stesso da considerarsi la porta che il

    personaggio simbolicamente riuscito ad attraversare, superandola dimensione del contingente.68

    In questo senso, la portaarco trionfale unespressione deltema della porta del cielo, perch il trionfatore, tramite essa,simbolicamente accedeva alla dimensione propria degli deicelesti. Prova ne sia la presenza, al di sopra degli archi trionfali,della statua dorata del personaggio celebrato, nellatto diinnalzarsi al firmamento su una quadriga trainata da cavalli.69 Iltrionfatore accedeva cos al cielo proprio come Apollo, lastrodel sole, vi accede ogni giorno guidando la propria quadriga nelsuo cammino perenne e immutabile.

    A ci va aggiunto che a Roma i pi importanti architrionfali furono eretti lungo il percorso che il personaggiocelebrato compiva salendo al tempio di Giove in Campidoglio: lasalita e lomaggio a Giove rappresentavano in termini simbolicilaccesso al cielo di chi si era mostrato degno del favore divino.70

    68Cfr. GUENON R., I simboli della scienza sacra. Milano 1975, pp. 305 308. In riferimento agli archi di trionforomani: Questi edifici, come noto, avevano un valore sacrale ed erano delle puerta del sol. La bellezza particolare

    dellarco di trionfo proviene dal fatto che esso una porta allo stato puro, una porta che si apre sul vuoto, ma un vuotoche in realt il mondo stesso e tutto lo spazio del cielo. Non possibile immaginare un simbolo pi adeguato dellaporta celeste. Cfr. HANIJ.,Il simbolismo del tempio cristiano, Roma 1975, p. 99.69MaCCORMACK,Arte e cerimoniale, pp. 159 sgg.; pp. 176 ssg.70Oltre naturalmente ad esprimere gratitudine a nome dello stato e a costituire il culmine religioso della cerimoniatrionfale. Poich un aspetto dellauctoritasconcessa da Giove, oltre al potere di accrescimento, il potere di vittoria inguerra, giova ricordare la cerimonia con la quale si concludeva, in tempi molto posteriori alla monarchia delle origini, lagrande parata militare (di origine etrusca) chiamata trionfo: dopo i riti purificatori dalla contaminazione del sangue ela parata lungo tutta la Via Sacra e il Clivius Capitolinus, il trionfatore giungeva al tempio di Giove Ottimo Massimo sulCampidoglio; qui, indossato lornatus Iovis Optimi Maximi, egli ornava leffigie del dio del mantello di porpora, dellacorona dalloro e dello scettro davorio sormontato dallaquila che aveva impiegato durante il trionfo e, infine, sidetergeva il volto dal minio col quale era stato ricoperto durante il trionfo stesso a somiglianza di Giove. La strutturadella cerimonia, in particolare la devoluzione alla divinit dei segni esteriori del potere, manifesta lidea romana che

    lauctoritasproviene da Giove, affinch i prescelti svolgano fra gli uomini assegnato loro, ma che l'auctoritas torna,alla fine, alla fonte da cui era discesa. POLIAM.,Imperium Origine e funzione del potere regale nella Roma arcaica (= POLIA,Imperium), Rimini 2001, pp. 174-175. Si consideri anche p. 31: certo, per, che Romolo, in quanto rex,doveva essere dotato di insegne distintive della sua funzione. Quali? Sappiamo innanzitutto del lituo che esprimeva la

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    2. Larco di Costantino.

    Dopo aver esposto, seppur in sintesi, la concezionesimbolica ed ideale alla base degli archi trionfali, ora possibile

    prendere in considerazione un esempio che, pi di altri,

    testimonia una svolta nelle tradizioni religiose dello stato romanoe nella loro espressione sul piano simbolico, monumentale eiconografico: larco dedicato allimperatore Costantino.

    2.1. Cenni storici sullarco.

    Larco dedicato a Costantino fu eretto dal senato e dalpopolo romano per celebrare la vittoria dellimperatore suMassenzio al Ponte Milvio (28 ottobre 312) e dedicato il 25luglio 315, decimo anniversario della sua ascesa al trono.71

    Questo si evince chiaramente dalla grande iscrizionescolpita su entrambi i lati principali dellarco:

    Imp(eratori) Caes(ari) Fl(avio) Constantino Maximo /P(io) F(elici) Augusto S(enatus) P(opuls)q(ue) R(omanus) / quod

    sua qualit di augure e sacerdote supremo; potremmo ipotizzare, sulla scorta di uninformazione fornita da Virgilio, lapresenza di una lancia senza il ferro (pura hasta), o da una vera e propria lancia da guerra come antica e diffusainsegna del potere militare. La presenza dei fasci littori e della sella curule, forse, risale allepoca della dominazioneetrusca a Roma e tali insegne del potere furono introdotte al tempo di Tarquinio Prisco, come testimonia Lucio AnneoFloro: Da l (dallEtruria provengono) i fasci, le toghe con strisce di porpora (trabeae), le sedie curuli, gli anelli lefalere, le toghe praetextae, i lunghi mantelli militari (paludamenta), da l furono presi in prestito il costume dicelebrare il trionfo su un carro trainato da quattro cavalli, le toghe pictae e le tuniche palmate e, in una parola, ognisegno di pompa (decora) e tutte le insegne mediante le quali la dignit del comando (imperii) eccelle. Triumphus /triumpusderiva dal greco thriambos(col significato originario di canto dionisiaco) mediante una forma etrusca che

    muta la consonate sonora bin sordap(POLIA,Imperium, p.188).71Come ricordato nella scritta votis X sopra uno dei fornici minori, rinnovata con unaltra, votis XX, sopra laltrofornice, in occasione del ventennale. STACCIOLIR.A., Guida di Roma antica ( = STACCIOLI, Guida), Milano 1986,p. 359.

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    instinctu divinitatis mentis / magnitudine cum exercitu suo / tamde tyranno quam de omni eius / factione uno tempore iustis / rem

    publicam ultus est armis / arcum triumphis insignem dicavit.72

    Il monumento fu trasformato in torre durante il Medioevo e

    poi incorporato nel palazzo fortificato dei Frangipane; pi volterestaurato, soprattutto nel Settecento, fu definitivamente liberatoda sovrastrutture nel 1804.73Recenti restauri hanno poi permessodi rilevare come larco sia il risultato delle trasformazione di un

    precedente fornice celebrativo di et adrianea,74 mentre latticofu ricavato dal podio del grande colosso che, quale gigantescaimmagine del Sole, si erigeva nei pressi del vicino AnfiteatroFlavio.

    2.2. Rilievi di epoca costantiniana.

    Sono contemporanee alla costruzione dellarco, e quindidet costantiniana, le sculture che sulle due facciate si trovanosui plinti delle colonne scolpiti sui tre lati, con Vittorie chescrivono sopra gli scudi o reggono palme e trofei, o con soldatiromani e barbari prigionieri sugli archivolti del fornice centrale,con Vittorie in volo recanti trofei e personificazioni dellestagioni; sugli archivolti dei fornici minori, con divinit fluviali;

    sulle chiavi degli archi, con figure allegoriche molto rovinate;sulle pareti interne dei fornici minori, con otto grossi busti diimperatori in rilievo pure molto rovinati; sopra gli stessi forniciminori e, alla medesima altezza, sui due lati corti, con sei lunghi

    pannelli che illustrano la campagna contro Massenzio.In questi, iniziando dal lato corto occidentale (verso il

    Palatino), si susseguono i seguenti episodi: partenza dellesercito

    72AllImperatore Cesare Flavio Costantino Massimo, Pio, Felice, Augusto, il Senato e il Popolo Romano, poich perispirazione della divinit e per la grandezza del suo spirito con il suo esercito vendic ad un tempo lo stato su un

    tiranno e su tutta la sua fazione con giuste armi, dedicarono questo arco insigne per trionfi.73STACCIOLI, Guida, ibidem.74CONFORTOM.L. (et al.), Adriano e Costantino. Le due fasi dellarco nella Valle del Colosseo ( = CONFORTO,Adriano e Costantino), Milano 2001.

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    di Costantino da Milano, assedio di Verona, battaglia di PonteMilvio, entrata di Costantino a Roma, discorso di Costantino daiRostri nel Foro Romano, distribuzione di denaro al popolo nelForo di Cesare. Sui due lati corti sono infine costantiniani i duetondi con la rappresentazione della Luna, nel lato ovest e del

    Sole, nel lato est.75

    2.3. Rilievi di reimpiego.

    Sullarco appaiono molti rilievi provenienti da altrimonumenti dellantica Roma.

    Appartengono allet di Traiano, provenienti dal suo Foro(o forse, ci si permette di suggerire, da un arco trionfale chechiudeva il suo Foro):76le otto statue di Daci prigionieri (con leteste rifatte nel Settecento) nellattico sui plinti sopra le colonne,i due pannelli sui lati minori dellattico con scene di battaglia, e

    gli altri due che sono allinterno del fornice centrale, tutti equattro appartenenti a un unico grande fregio che forse decoravalattico della Basilica Ulpia (sopra i rilievi allinterno del fornicecentrale sono incise le acclamazioni a Costantino liberatore di

    Roma e restitutore della tranquillit).Appartengono allet di Adriano, verosimilmente sempre

    rimasti in situ, i tondi che rappresentano: nella facciatameridionale, la partenza per la caccia, un sacrificio a Silvano, lacaccia allorso, un sacrificio a Diana; sulla facciatasettentrionale, la caccia al cinghiale, un sacrificio ad Apollo, lacaccia al leone, un sacrificio ad Ercole. In queste raffigurazioni,quella che era la testa dellimperatore Adriano stata sostituitacon quella di Costantino nelle scene di caccia e con quelle delcollega Licinio nelle scene di sacrificio.77

    Infine risalgono allet di Comodo, provenienti (insieme adaltri tre che si trovano nel Palazzo dei Conservatori) da un arcoonorario dedicato a Marco Aurelio, gli otto pannelli dellattico

    posti ai lati delliscrizione e rappresentati episodi relativiallimpero di Marco Aurelio (con le teste dellimperatorerilavorate nel Settecento): nella facciata meridione, presentazionedi un capo barbaro allimperatore, prigionieri condotti davanti

    allimperatore, discorso dellimperatore ai soldati, sacrificionellaccampamento; nella facciata settentrionale, arrivo a Romadellimperatore, partenza da Roma dellimperatore, distribuzionedi denaro al popolo, resa di un capo barbaro.78

    75STACCIOLI, Guida, p.361.76

    Cfr. MELUCCOVACCAROA.,Larco di Adriano ed il riuso di Costantino ( = MELUCCO VACCARO,Larco diCostantino), in CONFORTO,Adriano e Costantino, p. 49.77STACCIOLI, Guida, pp. 361-362.78STACCIOLI, Guida, p. 362.

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    3. Ideologia e visione religiosa nelle forme scultoree di et

    costantiniana.

    3.1. La dimensione divina della dignit imperiale in epocatetrarchica.

    Alla fine del III secolo d.C., la tetrarchia rese ladivinizzazione dellimperatore un dato acquisito e pienamenteintegrato nel contesto religioso-ideologico alla base dello statoromano.

    Gli imperatori sono quindi divinit librate sopra limpero che

    governano. La vostra anima immortale pi grande di ogni potere, di ognifortuna, certo anche dellimpero ipso est maior imperio. Il loro potere assoluto , il loro diritto a dar forma al mondo, a sciogliere e legare lumanit,illimitato. Non dipendendo dal senato e dallesercito, Jovius Diocletianus pucreare lui stesso gli imperatori, cio designare i suoi colleghi al trono e i suoisuccessori, i quali creati da lui sono anchessi dei. Gli imperatori, come detto in uniscrizione, sono nati da Dio ed essi medesimi creatori di dei. Inrealt Giove stesso, il summus pater di tutti gli imperatori, che presenteallinvestitura e adotta come figlio il nuovoAugusto o il nuovo Cesare. I titolidi Jovius e Herculius attribuiti ai Cesari del 293 e del 305 il giorno della lorodesignazione sancivano la scelta: era stato Giove stesso a scegliere.

    Lo stato tetrarchico posava cos, saldamente e immutabilmente,sullordine eterno del mondo. Nellopera di ordinamento e governo dello

    stato, nelle riforme finanziarie, nelle misure per la stabilit economica esociale, nella guerra e nella pace, nella politica culturale e religiosa,dovunque, lentit Giove impero di Diocleziano era presente come ordinevoluto dagli dei. In quanto Jovii e Herculei gli imperatori appartenevano a unmondo superiore o ils ont trouv une sorte dharmonie prtablie quaucundeux ne pouvait contester ou changer (W. Seston). La grande regolarit elegalit di questo mondo pi alto ed eterno, attraverso lopera riformatrice diDiocleziano si calava ora nella nostra realt temporale, e la confusamoltitudine delle ostinate e indisciplinate forme naturale veniva inquadrata edisposta secondo le linee rigorose di un ordine e una simmetriatrascendenti.79

    79LORANGEH.P., Limpero romano dal III al VI secolo. Forme artistiche e vita civile ( = LORANGE, Limperoromano), Milano 1988, p. 93.

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    Come evidenziato nelle note di LOrange sopra riportate,limperatore tetrarca, nella sua figura divina, era reale perno diogni agire dello stato e ne riassumeva lidea stessa.

    La dimensione divina dellautorit imperiale condizionavale espressioni pi tipiche della tradizione romana, come rilevato

    da S. Mac Cormack a proposito del gi citato tema dellaconsecratio:

    La vita ufficiale e pubblica di un imperatore romano era delimitata dadue avvenimenti salienti: lascesa il dies natalis del suo potere e laconsecratio.Limportanza attribuita ora alluno ora allaltro avvenimento e ilmodo in cui veniva mantenuto lequilibrio tra di essi, portavano a unacontinua ridefinizione del rapporto tra limperatore e il divino, precisandocos la natura della sua divinit.Al momento dellascesa, limperatore potevaessere presentato come il prescelto dagli di, come qualcuno che gi godessedi uno speciale rapporto col divino, oppure venire scelto dagli uomini graziealla sua virtus. Queste due caratteristiche potevano essere collegate edentrare in relazione tra di loro: una non escludeva laltra. Se limperatore erasceltodagli dei, le sue azioni sarebbero state guidate dallinstinctu divinitatise il modo di governare avrebbe svelato come e perch fosse stato prescelto.

    Laltro modo in cui lo status particolare dellimperatore poteva essereaffermato si presentava al momento della morte: con la sua consecratiocostituiva un momento a s, in quanto poteva essere preceduta durante ilregno da un graduale assorbimento nella condizione divina e questo fattotrovava la sua espressione soprattutto nella ritrattistica. Nel I e II secolo. Ilmodello di vita imperiale imponeva che limperatore fosse scelto dal popolo e,in un qualche misura, dagli dei (i due fatti potevano coincidere quandolimperatore fosse stato adottato dal suo predecessore o se ne fosse stato ilfiglio), che governasse e che, da morto, venisse ricompensato per le suefatiche con la consecratio. Questo modello cambi durante il III e soprattutto il IV secolo: gli imperatori, che gi erano i prescelti dagli di,non avevano alcun bisogno dellaconsecratio e dellapprovazione umana chequesta comportava perch, gi dal momento dellascesa, la loro condizionediventava, in maniera sempre pi crescente, sovraumana.

    Tale cambiamento si fece pi evidente durante la tetrarchia. Latetrarchia presentava un insieme di circostanze talmente nuove che aiutaronoa trasformare lidea della consecratio in qualcosa di diverso. Diocleziano,come Aureliano, affermava di governare grazie alla pi alta autorit di cui unsovrano potesse godere, lessere stato scelto da Dio. Il fatto che fossepossibile o meno stabilire una relazione tra Diocleziano e i suoi predecessorinon aveva alcuna rilevanza e laconsecratio, durante la prima tetrarchia, noncostitu un fattore decisivo per determinare una successione legittima. ()

    Lorigine del diritto a governare a governare di Diocleziano rendeva

    superflua qualsiasi rivendicazione che si potesse esprimere attraverso laconsecratio di un predecessore, poich nulla poteva essere aggiunto alla suacondizione grazie allintervento o allapprovazione degli uomini.

    Limperatore era gi conspicuus et praesens Iuppiter, o imperatorHercules. Questa rivendicazione, fatta al momento dellascesa, travolse tuttele precauzioni adottate in precedenza per limitare lapprossimarsidellimperatore al divino finch fosse in vita e larco di Galerio mostravaDiocleziano e Massimiano collocati, da vivi, su di un trono al si sopra dellaterra e del cielo, in una posizione simile a quella riservata agli dei.80

    80MaCCORMACK,Arte e cerimoniale, pp. 157-159.

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    3.2. I riferimenti ideologici e religiosi di Costantino.

    Poich oggetto di questo studio specificamente larcodedicato a Costantino, pare ora utile fornire qualche precisazionesu come questo imperatore intese porsi nel contesto ideologico

    della tetrarchia nel momento, davvero cruciale per la storiaromana, in cui entr vittorioso nellUrbe.In effetti, quando oltrepass le mura aureliane, Costantino

    era pienamente erede della concezione tetrarchica anche se,rispetto ad essa, aveva assunto una posizione originale,recuperando riferimenti alla dimensione solare della divinitimperiale derivante in buona parte dalla supremazia imposta aiculti solari dagli imperatori del III secolo d. C.

    Se dunque per i tetrarchi i riferimenti specifici erano quellia Giove e ad Ercole, Costantino si pose piuttosto in relazione conmanifestazione di culti solari tipici del paganesimo.

    A questo proposito, di nuovo Sabine Mac Cormack allaquale ci riferiremo spesso nel corso di questo studio cos siesprime:

    Dalla met del III secolo, il Sole veniva rappresentato non solo comecompagno e protettore dellimperatore ma anche come il suo prototipo divinoper ci che riguardava il potere e, in particolare, lavvento imperiale.Nellarte e nei panegirici di questo periodo era la vicinanza tra Costantino eil Sole, una vicinanza che rasentava la somiglianza fisica al dio, ad essereaccentuata. () Cos il panegirista del 310 descrive una visione cheCostantino aveva avuto di Apollo, al cui identit, a quel tempo, si era fusa conquella del Sole:

    Io credo, Costantino che tu abbia visto il tuo Apollo accompagnatodalla Vittoria che offriva a te corone dalloro, ognuna delle qualiaccompagnata dalla profezia di 30 anni [di regno]. Perch questa la duratadella vita umana che rappresenta la tua parte ben oltre la longevit diNestore. Ma perch dico Io credo? Tu lhai visto e hai riconosciuto testesso nellaspetto di colui al quale, secondo i canti divini dei profeti,appartengono tutti i regni del mondo. Questo, penso, adesso sul punto difinire perch tu, o nostro imperatore, sei, come lui, giovane e felice,bellissimo e dispensatore di prosperit.

    Sullarco di Costantino, limmagine di Sole che sorge dalloceano,anche se non strettamente collegata a quella dellimperatore rappresentatasul medaglione di Ticino, comunque associata al rilievo che rappresentalentrata trionfale di Costantino a Roma nel 312 e che raffigura la

    processione imperiale tra la porta Flaminia e larco ad elefante diDomiziano. Non c nessuno a porgere il benvenuto. A indicare il tematroviamo la Vittoria Alata, che vola ad di sopra della carrozza imperiale ma,a differenza dei trionfatori, Costantino si trova seduto nella carrozza inveceche in piedi sul carro trionfale.81

    3.3. Le forme delle sculture di et costantiniana presenti

    nellarco quali espressioni dellideologia dello stato romanoai tempi di Costantino.

    Sulla scorta delle affermazioni di Sabine Mac Cormack,arriviamo a considerare larco costantiniano e le sculture in esso

    81MaCCORMACK,Arte e cerimoniale,pp. 47-49.

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    presenti. Le astratte e stilizzate forme dei rilievi dellarcoeseguiti nel IV secolo, gi nel Rinascimento hanno attiratoattenzione e rimproveri per la loro diversit rispetto alle sculture

    pi antiche; esse, tuttavia, sono da considerarsi funzionali atrasmettere specifici contenuti ideologico religiosi.

    Questi contenuti, come si vedr, sono espressi nel modo picoerente proprio da figure astratte e geometricamenteschematizzate, nonch dalla organizzazione ben definita e rigidadelle immagini intorno a quella centrale dellimperatore qualeappare nellarco.

    Sui rapporti che si possono stabilire tra lidea dello statoromano che si afferm tra III e IV secolo, e le forme scolpite, comunque possibile citare ancora H.P. LOrange, riportando leosservazioni rivolte proprio alle caratteristiche formali dei fregieseguiti nel IV secolo nellarco costantiniano:

    Ma, tal quale appare nella contemporanea riorganizzazione dello statoe della vita civile, il nuovo ordine che si instaura nellarte non , comeaccadeva nella tradizione classica, un ordine organico fondato su autonomefigure legate in raggruppamenti spontanei, ma un ordine meccanico che imposto agli oggetti dallalto e ne regola i rapporti reciproci: un ordine che sifonda su una regolarit superiore a quella della natura.Se osserviamo i duenotissimi rilievi sulla fronte dellArco di Costantino (312-315): lOratio, cioil discorso di Costantino ai Rostri del foro romano e la Liberalitas, cioCostantino che elargisce danaro ai cittadini di Roma, vediamo il nuovoordine meccanico gi pienamente in atto: le figure singole non sono riunite ingruppi naturali, ma disposte in serie come elementi uniformi uno accantoallaltro; queste file, come larchitettura che le inquadra, non sonoautonome: ogni elemento strettamente subordinato e collocato

    simmetricamente rispetto alla figura dominante dellimperatore posto alcentro del rilievo. La forzata regolarit che lallineamento e la simmetriaimpongono accentuata dal fatto che gli assi dellintera composizioneseguono le orizzontali e le verticali delle cornici, per cui le linee principalidelle figure e delle architetture o coincidono o corrono parallele ad esse. Siosservi, ad esempio, la linea immediatamente sopra la testa delle figure equella immediatamente sotto i loro piedi. Poich la figura singola perde lapropria integrit organica ben proporzionata per irrigidirsi seguendo leverticali della cornice, la tradizionale curva della figura in riposo scompare econ essa lespressione schiettamente classica di una dinamica ma equilibratanaturalezza.82

    Ed ancora:Per vie assolutamente diverse da quelle dellarte tradizionale, dove le

    figure si muovevano pi liberamente nello spazio, ora possibile orientaretutti gli elementi verso limperatore sito al centro, affinch sia avvertitalirresistibile carica magnetica che da lui emana e il superiore ordine cui egliappartiene. il divino impero che viene rappresentato in questasovrannaturale, immobile, e quindi immutabile, costellazione di figure earchitetture. Le figure nelle simmetriche sequenze sono spesso viste di profiloe in genere guardano verso linterno, cio verso limperatore che sta alcentro. Questi daltro canto rappresentato frontalmente, rivolto allesternoe viene a interrompere la continuit narrativa. Analogamente, nella vita,limperatore dio collocato al di sopra dei mortali, e il cerimoniale

    imperiale lo isola in unimmagine divina innalzata sopra il mondo dei viventi.

    82LORANGE,Limpero romano, p. 144.

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    Lessenza profonda del dominus si esprime in questa disposizione: il suoruolo centrale nello stato, la dipendenza e subordinazione di tutti i cittadini alui, la sua natura sovrumana. Ecco creato un modulo compositivo cheesplicita la Maiestas Domini e sar di importanza fondamentale per larteufficiale della tarda antichit e del medioevo.83

    4.

    Quale trionfo.

    Giunti a questo punto, occorre ritornare alle osservazioniiniziali sul simbolismo degli archi di trionfo. Lo facciamo per

    precisare che il motivo della porta del cielo, richiamato dallatipologia dellarco trionfale, solo in termini parziali si potevaritenere adatto ad esprimere la dimensione gi di per s divinadella maest imperiale nel tardo antico.

    Infatti, citando la Mac Cormack:

    Ai tetrarchi non era necessario essere accolti tra le stelle, come invece

    ci suggeriscono le prime emissioni di monete imperiali a proposito degliimperatori consacrati, poich il loro status era gi stabilito al momentodellascesa al trono.84

    In altri termini, al di l dello specifico tema dellaconsecratio citato dalla Mac Cormack e considerando bens lespecifiche funzioni simboliche degli archi trionfali, occorrerilevare come limperatore del dominato non necessitasse dioltrepassare alcuna porta simbolica per accedere alla condizionedi divinit e di futura immortalit, in quanto questecaratteristiche erano gi proprie del suostatus.85

    Ecco quindi che, da questo punto di vista, la situazionecambia, tant che nelle rappresentazioni presenti sullarco diCostantino, piuttosto che il motivo del trionfo, venne espressoquello delladventus.

    4.1.Ladventuse la sua importanza nel periodo del dominato.

    4.1.1. Nozioni generali sulladventus.

    Ladventus era unantica cerimonia che celebrava larrivoimperiale in una citt:

    Di tutte le cerimonie che coinvolgevano limperatore, quelladelladventus pare la pi banale: a causa delle rudimentali vie dicomunicazione nellimpero romano, dei frequenti spostamenti e quindi dellefrequenti visite imperiali, ladventus potrebbe sembrare un fatto cosovviamente necessario da non richiedere ampi commenti. Una visitaimperiale era preceduta da un periodo di frenetica attivit organizzativa:doveva essere un evento solenne, a cui era poco raccomandabile nonpartecipare e poteva trasformarsi, per i pi accorti, in una occasione diprofitto. () Anche i risultati erano altrettanto prevedibili. Nel migliore dei

    83LORANGE,Limpero romano, p. 180.84

    MaCCORMACK,Arte e cerimoniale, pp. 157-158: Gli imperatori che gi erano prescelti dagli dei, non avevanoalcun bisogno della consecratio e dellapprovazione umana che questa comportava perch, gi dal momentodellascesa, la loro condizione diventava, in maniera sempre crescente, sovraumana.85 MaCCORMACK,Arte e cerimoniale, p. 185.

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    casi un breve periodo di governo diretto, e per questo fermo, avrebbeilluminato, come un raggio di sole, la comunit. Quando sua divinit,Massimino Daia, port la sua luce a Stratonicea, il brigantaggio nellemontagne della Caria ebbe un attimo di pausa; per le citt di frontiera,larrivo dellimperatore significava un felice periodo di sicurezza.86

    Quindi, come gi anticipato, sotto la tetrarchia ladventusacquist ulteriori significati in relazione allormai definitadimensione divina dellimperatore:

    Sotto i tetrarchi, la cerimonia veniva quindi giustificata in modo daenfatizzarne un aspetto in particolare, larrivo del deus praesens,limperatore, capace di aiutare e proteggere i suoi sudditi in quanto presentee immediatamente disponibile.87

    Ne conseguiva che il giungere del dominusdivinizzato eraparagonabile ad una vera epifania di luce cui certamente non eraestranea la succitata dimensione solare richiamata dagli

    imperatori della fine del III secolo. Riporta il panegirista del 310:

    Ti sei degnato di illuminare quella citt [di Autun] che solo per il fattodi attenderti visse nella prosperit.() O dei immortali, quale giorno rifulsesu di noi, quando tu varcasti le porte di tale citt, primo segno della nostrasalvezza, e le porte, protese allinterno e affiancate da torri gemelle parevanoaccoglierti in una sorta di abbraccio.88

    Dal punto di vista simbolico, ladventus fin dunque perrappresentare una sorta di discesa della luce divina del deus

    praesens sulla citt ove la sua sacra immagine si affacciava;

    mentre nella cerimonia del triumphusvero e proprio limperatorsi innalzava a raggiungere divinit degli dei del cielo.

    doveroso poi indicare che (al di l dei mutamentiideologici avvenuti o meglio definiti durante la tetrarchia)almeno sino ai tempi di Diocleziano la tradizionale cerimonia

    86 MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, p. 46: Come diceva Atanasio: Quando un grande re ha visitato unaqualche grande citt, e preso dimora in una delle sue case, tale citt viene grandemente onorata e pi nessun nemico o

    bandito osa muovere contro di essa, anzi viene trattata con riguardo perch il re ha dimorato in una delle sue case:cos deve essere anche con il Re di ogni cosa.87MaCCORMACK,Arte e cerimoniale, p. 32.88MaCCORMACK,Arte e cerimoniale, p. 37.

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    trionfale fu comunque rispettata nei suoi contenuti religiosifondamentali, i quali richiedevano lascesa dellimperatore altempio dedicato a Giove sul Campidoglio ove, per rendere grazieal dio, si deponeva una corona nel suo grembo.89

    4.1.2. Ladventus sullarco di Costantino.

    Per le ragioni sopra citate, nellarco di Costantino sul latocorto verso il Palatino, sotto il tondo con il tramonto della Luna,si trova la rappresentazione della profectio(partenza) da Milanoe sul lato opposto, sotto limmagine del Sole che sorge, raffigurato, appunto, ladventusdi Costantino a Roma. Su questotema vale la pena di citare ancora S. Mac Cormack:

    Sullarco di Costantino, limmagine di Sole che sorge dalloceano()

    comunque associata al rilievo che rappresenta lentrata trionfale diCostantino a Roma nel 312 e che raffigura la processione imperiale tra laPorta Flaminia e larco ad elefante di Domiziano. Non c nessuno a porgereil benvenuto. A indicarne il tema troviamo la Vittoria Alata, che vola al disopra della carrozza imperiale ma, a differenza dei trionfatori, Costantino sitrova seduto nella carrozza invece che in piedi sul carro trionfale.90

    I rilievi che raffigurano ladventus e alprofectiosono postisullarco in modo da segnare lalternanza dei motivirappresentati sulle due facciate. Sul lato opposto alla citttroviamo un paio di rilievi che rappresentano scene di guerra:lassedio di Verona e la battaglia del Ponte Milvio. I due pannelli

    che descrivono le virt militari dellimperatore sonocontrobilanciati sulla parte dellarco volta verso la citt da

    pannelli che ne illustrano le virt civili di comandante. Le aquiledi legionari, secondo lespressione di Claudiano, hanno ceduto il

    posto ai littori. Sempre su questo lato dellarco troviamounimmagine dellimperatore, in piedi sui rostra, in una scena diadlocutioe in unaltra che lo mostra sul trono mentre distribuiscedoni munifici.

    Questi due rilievi, che rivestono unimportanzamarcatamente civile e urbana, descrivono il secondo stadiodelladventus, quello dellincontro diretto tra governante e

    sudditi, uno degli elementi normalmente descritti nei panegirici.Larco mostra quindi la cerimonia delladventus nei suoi dueaspetti, gli stessi del periodo della tetrarchia. Linterpretazionedella cerimonia era comunque cambiata: il linguaggio dellarco ancora pagano ma esprime anche il fatto che Costantino si eracompletamente allontanato dalle immagini religiose usatedurante la tetrarchia.

    89 FRASCHETTI A., La conversione da Roma pagana a Roma cristiana ( = FRASCHETTI, La conversione), Bari1999, p. 245.90MaCCORMACK,Arte e cerimoniale, p. 48.

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    4.2. Ubique victor.

    Come gi accennato, caratteristica dei tradizionali architrionfali era quella di riportare in immagini, oltre che iniscrizioni, le imprese per cui al trionfatore era concesso disuperare simbolicamente la porta celeste e, grazie appunto allesue gesta memorabili, accedere allimmortalit.

    Questi concetti ribadiamo non si adattavano pienamentealla figura del deus praesens, ovvero allimperatore divinizzatodel tardo impero: non si poteva pensare che il suo accesso alcielo fosse concesso per specifiche imprese, per quanto gloriose,

    poich era la stessa origine celeste della carica imperiale adimpl