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Cosmologia Alessandro Marconi Dipartimento di Fisica e Astronomia Universit` a di Firenze Appunti per il corso di Cosmologia (A.A. 2014/2015), basati in gran parte sul libro di Malcolm Longair “Galaxy Formation”, Springer Editore (seconda edizione, 2008) Laurea Magistrale in Scienze Fisiche e Astrofisiche Scuola di Scienza Matematiche Fisiche e Naturali Universit` a di Firenze Dispense e presentazioni disponibili all’indirizzo: http://www.arcetri.astro.it/marconi Contatti: alessandro.marconi@unifi.it Ultimo aggiornamento: 10 marzo 2015

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Cosmologia

Alessandro Marconi

Dipartimento diFisica e Astronomia

Universita di Firenze

Appunti per il corso di Cosmologia (A.A. 2014/2015),basati in gran parte sul libro di Malcolm Longair “GalaxyFormation”, Springer Editore (seconda edizione, 2008)Laurea Magistrale in Scienze Fisiche e AstrofisicheScuola di Scienza Matematiche Fisiche e NaturaliUniversita di Firenze

Dispense e presentazioni disponibili all’indirizzo:http://www.arcetri.astro.it/„marconiContatti: [email protected]

Ultimo aggiornamento: 10 marzo 2015

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Capitolo 1Introduzione

La Cosmologia studia la struttura e l’evoluzione dell’Universo osservabile utilizzando leleggi della Fisica cosı come sono state dedotte dalle esperienze condotte sulla Terra.

Non esistono indicazioni che queste leggi debbano essere valide su grandi scale, ovverosu scala cosmica. La Cosmologia e quindi anche un modo per verificare le leggi dellaFisica in un contesto spaziale (e temporale) molto piu ampio di quello in cui sono statededotte.

La Cosmologia ha una particolarita molto importante rispetto agli altri rami dellaFisica: non e possibile riprodurre le misure, ovvero ripetere le misure su altri sistemifisici simili a quello oggetto di studio. L’Universo e unico e gli altri Universi, se ancheesistessero, non sarebbero osservabili. Pertanto non considereremo mai alcuna proprietadell’Universo come tipica.

Le osservazioni in Cosmologia sono estremamente difficili perche la gran parte dell’U-niverso e estremamente distante: le sorgenti sono molto deboli. Questo spiega perche lanostra conoscenza dell’Universo si sia sviluppata in parallelo con lo sviluppo dei granditelescopi e di rivelatori sempre piu sensibili. La nostra conoscenza attuale e fondata suitelescopi della classe degli 8 metri, e sui satelliti di ultima generazione in X, infrarosso esub-millimetrico.

La caratteristica piu importante delle osservazioni cosmologiche e la velocita finitadella luce: quando osserviamo una sorgente a distanza D, la osserviamo in uno stadioevolutivo in cui era piu giovane di adesso di un tempo pari a ∆t “ pDcq. Quindipossiamo osservare lo stato attuale dell’universo solo localmente. Pero, sempre grazie allavelocita finita della luce, e possibile osservare nel passato. Alla distanza di 10 miliardidi anni luce, le galassie sono osservate in uno stadio evolutivo in cui avevano meno diun terzo dell’eta attuale. Pertanto, anche se non potremo mai studiare il passato di unagalassia come la Via Lattea, potremo pero identificare galassie simili alla Via Lattea main stadi evolutivi diversi.

Supponiamo di essere in uno spazio Euclideo (in cui lo spazio e descritto dalla geome-tria basata sui postulati di Euclide); se siamo collocati nell’origine ~x “ 0 al tempo attualet “ t0, allora possiamo solo osservare eventi nello spazio tempo per i quali |~x| “ cpt0 ´ tq.Non e possibile quindi osservare un evento arbitrario p~x, tq nello spazio tempo. Il fatto dipoter osservare solo sorgenti collocate nel nostro cono di luce passato implica che le nostrepossibilita di osservare l’universo sono estremamente limitate. Pertanto, noi saremo ingrado di comprendere la struttura dell’Universo combinando osservazioni e modelli teoricisolo se questa e molto semplice. Fortunatamente, sembra proprio che sia cosı.

Le osservazioni fondamentali su cui costruiremo il modello di universo sono:

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4 Introduzione

• l’esistenza di una radiazione cosmica di fondo nelle microonde (Cosmic MicrowaveBackground, CMB) con intensita incredibilmente omogenea e isotropa; lo spettrodella CMB e quello di un corpo nero con T0 “ 2.728 ˘ 0.004K con fluttuazionidell’ordine di ∆T T „ 10´5;

• su grandi scale, le galassie sono distribuite in cielo in modo omogeneo ed isotropo;

• gli spettri delle galassie presentano un redshift (spostamento verso il rosso delle righespettrali), che e proporzionale alla distanza della galassie stesse (legge di Hubble).

Tra poco descriveremo piu in dettaglio queste osservazioni, il loro significato fisico e co-me giustifichino l’assunzione di un universo omogeneo ed isotropo su grande scala, incui non siamo osservatori particolari. Quest’ultima assunzione e nota come “PrincipioCosmologico”. Il Principio Cosmologico, combinato con le equazioni della Relativita Ge-nerale (ovvero con un trattamento rigoroso della gravita), ci condurra alle Equazioni diFriedmann, che descrivono l’evoluzione temporale di un universo in espansione.

Un universo in espansione e la naturale spiegazione della legge di Hubble e del para-dosso di Olbers, ovvero l’apparente paradosso che si ha quando si combina l’ipotesi di ununiverso infinito nello spazio e/o nel tempo con l’osservazione che il cielo di notte e buio.L’eta dell’universo che si ottiene dalle Equazioni di Friedmann e dell’ordine di „ 1H0

ovvero „ 14 Gyr per H0 “ 70 km s´1 Mpc´1; questo e proprio dell’ordine del valore giustoper spiegare le eta degli ammassi globulari, ovvero delle stelle piu vecchie note („ 12 Gyr).

Vedremo poi come l’universo in espansione porti naturalmente all’esistenza del “BigBang” cioe dell’istante iniziale in cui le “dimensioni” dell’universo erano infinitesime. Ununiverso piu “piccolo” di quello di adesso aveva anche una temperatura maggiore; negliistanti iniziali questa temperatura era sufficientemente alta da indurre reazioni di fusionenucleare che hanno portato principalmente alla produzione di elementi come He ed altrielementi leggeri nelle abbondanze osservate („ 20´30% in massa). Questa “nucleosintesiprimordiale” risolve un grosso problema legato al fatto che tali abbondanze osservate nonsono spiegabili con le reazioni nucleari all’interno delle stelle.

Seguendo l’espansione ed il raffreddamento dell’universo, vedremo come ad un certopunto si avra la “ricombinazione” con il passaggio da un universo ionizzato ad un universoprevalentemente neutro (p ` e Ñ H); la ricombinazione porta al disaccoppiamento dellamateria dall’equilibrio termodinamico con la radiazione e lascia una radiazione “fossile”che costituisce proprio il fondo cosmico a microonde.

Quanto appena descritto e basato sulle equazioni di Friedmann che descrivono un uni-verso omogeneo ed isotropo, ovvero l’universo su grandi scale spaziali. Su piccole scaleinvece e necessario spiegare la formazione delle strutture osservate (galassie ed ammas-si di galassie). Queste si formano a partire da piccole perturbazioni del mezzo omo-geneo che evolvono sotto l’azione combinata dell’espansione dell’universo e del collassogravitazionale.

Un risultato importante che otterremo e che il contrasto di densita ∆ “ ∆ρρ crescecome ∆9 t23 in un universo “piatto” con Ωm “ 1. Questo significa che per spiegare l’esi-stenza delle galassie osservate oggi si doveva partire da perturbazioni “grandi”, dell’ordinedi ∆ “ ∆ρρ „ 10´4: queste non sono certamente perturbazioni infinitesime di originestatistica in un mezzo omogeneo. Queste perturbazioni devono aver avuto origine nell’u-niverso primordiale pre-ricombinazione. Fortunatamente, le perturbazioni dell’ordine di∆ “ ∆ρρ „ 10´4 sono proprio quelle che osserviamo nella radiazione cosmica di fondo,quando teniamo conto della materia oscura.

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Infatti, vedremo come la materia oscura (Dark Matter) sia un costituente fondamen-tale dell’universo, necessario a spiegare le strutture osservate, anche se al momento nonsappiamo da cosa sia costituita.

Infine, nei modelli attuali, l’universo e costituito anche da una forma di energia oscurala cui presenza e rivelata dall’esistenza di una costante cosmologica non nulla nelle equa-zioni di Einstein. Una costante cosmologica non nulla e richiesta dall’analisi del fondocosmico e dalle distanze misurate con le Supernovae. La costante cosmologica era stataintrodotta da Einstein per ottenere una soluzione statica delle equazioni di Friedmann,prima che si scoprisse l’espansione di Hubble. Vedremo quindi come il contributo di ma-teria ed energia oscura al bilancio energetico dell’universo costituisce il 96% del totale,mentre la materia ordinaria “barionica” ne costituisce solo il restante 4%. Cio significache, al momento, non sappiamo bene cosa costituisca il 96% dell’universo.

Nonostante l’attuale ignoranza sulla natura della materia oscura e dell’energia oscu-ra, le osservazioni e gli studi teorici degli ultimi venti anni hanno permesso di entrarenell’era della cosiddetta “Cosmologia di precisione”: i parametri cosmologici sono co-nosciuti con accuratezza inferiore al 5% ed e possibile affrontare domande cosmologichemolto piu profonde con le generazioni presenti e future di osservazioni ed esperimenti.Il modello cosmologico attuale riesce a spiegare con grande accuratezza le osservazioni eriesce a conciliare fatti prima in apparente disaccordo: pertanto si parla comunemente di“Concordance Model”.

Nonostante l’indubbio successo, il concordance model crea tanti problemi quanti nerisolve. Lo schema e incompleto nel senso che, nell’ambito del modello standard, e ne-cessario mettere “a mano” le condizioni iniziali per creare l’universo che osserviamo oggi.Come si e arrivati a queste condizioni iniziali? La risposta a questa domanda e la solu-zione dei problemi aperti indubbiamente ci fornira una maggiore comprensione delle leggidella fisica in condizioni che, al momento, possono essere studiate solo con osservazionicosmologiche. I problemi aperti piu importanti riguardano:

• Il problema dell’orizzonte, ovvero perche l’Universo e cosı omogeneo e isotropo? Nel-l’universo primordiale solo piccole porzioni di universo sono connesse causalmentetra loro a seguito del poco tempo per il quale la luce ha potuto viaggiare. Perche al-lora tutto l’universo si trova in condizioni simili, come indicato dalla sua omogeneitae isotropia?

• Il problema della piattezza: se l’universo avesse un valore del parametro di densitaanche di poco diverso da Ω0 “ 1 ad un certo tempo t, allora divergerebbe rapida-mente da 1 nelle epoche successive. Come possiamo avere adesso Ω0 “ 1, senzapensare di vivere in un’epoca particolare?

• Il problema dell’asimmetria dei barioni: nell’universo primordiale e avvenuta l’anni-chilazione tra materia e antimateria. La materia barionica attuale esiste a causa diuna piccola asimmetria dell’ordine di 10´9 tra barioni e antibarioni. Quale mecca-nismo fisico ha generato questa piccolissima asimmetria nell’universo primordiale?

• Il problema delle fluttuazioni primordiali: per creare le galassie e gli ammassi os-servati oggi, le perturbazioni di densita al momento della ricombinazione dovevanoessere dell’ordine di ∆ρρ „ 10´4; queste non sono le perturbazioni statistiche infi-nitesime in un mezzo omogeneo e devono essersi originate nell’universo primordiale.Come si sono originate?

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• Il valore dei parametri cosmologici: il parametro di densita e la costante cosmologicasono entrambi dell’ordine di 1 con Ω0 “ 0.3 e ΩΛ “ 0.7 e Ω0 ` ΩΛ “ 1.0. Questo esorprendente perche Ω0 varia nel tempo con p1 ` zq3 mentre ΩΛ e costante. Non equindi chiaro perche i due parametri siano dello stesso ordine a meno di non pensaredi vivere in un’epoca particolare. Un ulteriore problema viene dal fatto che il valoredi ΩΛ predetto teoricamente con le fluttuazioni quantistiche del vuoto (al momentol’unica spiegazione plausibile per l’origine dell’energia oscura) e circa 10120 volte piugrande di quanto osservato.

• La natura della materia oscura e dell’energia oscura: queste costituiscono il 96%dell’universo ma non si sa nulla della loro origine fisica.

Come vedremo, alcuni di questi problemi vengono spiegati col “Modello Inflazionario”,secondo il quale nei primi istanti di vita l’universo ha attraversato una fase di espansionerapidissima le cui conseguenze spiegano molte delle apparenti incongruenze che abbiamoappena elencato. In conclusione, pur avendo a disposizione un modello cosmologico appa-rentemente autoconsistente, restano ancora troppi punti “oscuri” per poter essere sicuridi aver compreso il funzionamento dell’universo su grande scala.

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Capitolo 2La struttura dell’universo su grande scala

In questa parte iniziale, analizzeremo in dettaglio le osservazioni che mostrano come l’u-niverso sia omogeneo ed isotropo su grande scala, ed in espansione. Queste osservazionicostituiscono la base su cui costruiremo il modello cosmologico:

• la radiazione cosmica di fondo,

• la distribuzione delle galassie su grande scala,

• la legge di Hubble.

2.1 La radiazione cosmica di fondo

Nel 1965, Arno Penzias e Robert Wilson stavano calibrando un sistema di ricezione al-le lunghezze d’onda centimetriche nei laboratori della Bell Telephone quando scoprironoun’emissione intensa e diffusa nelle bande cm, mm e submm. Questa emissione era ri-marchevolmente uniforme in cielo e per 1 cm ă λ ă 1 m aveva uno spettro Iν 9 ν

2 comela coda di Rayleigh-Jeans di un corpo nero con temperatura T „ 2.7 K. Ricordiamo chel’intensita di un corpo nero e data dalla formula di Planck

Iν “2hν3

c2

1

ehνkT ´ 1(2.1)

che per nel limite di Rayleigh-Jeans diventa

Iν «2kT

c2ν2 con

kT! 1 (2.2)

La legge degli spostamenti di Wien fornisce la relazione tra lunghezza d’onda del massimodell’emissione e temperatura

λmaxT “ 0.20 cm K (2.3)

per cui per T „ 2.7K si ha λmax „ 0.1 cm; quindi il massimo dell’emissione cadevaa „ 1 mm ovvero in una regione difficilmente osservabile da Terra. Negli anni ‘70 e‘80, esperimenti con i palloni stratosferici hanno poi confermato lo spettro della partedi Jeans di corpo nero di questa emissione cosmica di fondo o CMB (Cosmic MicrowaveBackground).

La conferma definitiva che l’emissione cosmica di fondo era quella di un corpo nerocon T „ 2.7 K venne con il satellite COBE (COsmic Background Explorer) lanciato nel

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8 La struttura dell’universo su grande scala

T = 2.728 K

ΔT = 3.353 K

∆T = 18 µK

Figura 2.1: Mappa a tutto cielo della radiazione cosmica di fondo, rappresentata in coor-dinate galattiche (ovvero il piano della galassia e l’asse maggiore dell’ellisse che racchiudela mappa), cosı come ottenuta dal satellite COBE a 5.7 mm (53 GHz). Le tre mapperappresentano livelli diversi di sensibilita. (a) Distribuzione complessiva in cielo dell’in-tensita della radiazione osservate. (b) Mappa da cui e stata sottratta una componenteuniforme di corpo nero alla temperatura di T “ 2.728 K; i residui hanno una distribuzio-ne di dipolo e con fluttuazioni di temperatura massime pari ∆T “ 3.353 mK rispetto allacomponente uniforme. (c) Mappa da cui e stata sottratta la componente di dipolo e chemostra l’emissione della galassia (banda rossa). Le fluttuazioni ad alta latitudine galatticacorrispondono alla combinazione di rumore e di segnale cosmologico. Tenendo conto delrumore, le fluttuazioni di natura cosmologica hanno una rms pari a δT “ 35 ˘ 2µK suscale di 7˝. I ∆T riportati per le figure (b) e (c) rappresentano i limiti delle scale di coloreche rappresentano i valori di temperatura compresi tra ˘∆T .

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2.1 La radiazione cosmica di fondo 9

Figura 2.2: Spettro della radiazione cosmica di fondo misurato da COBE. Le unita inascissa sono cm´1 per cui 10 unita corrispondono a 1 mm e 5 a 2 mm. Le barre di errorecorrispondono a 400σ. Lo spettro e quello di un perfetto corpo nero con temperaturaT “ 2.728˘ 0.002 K, entro gli errori di misura.

1989 che ottenne una mappa completa del cielo e lo spettro della radiazione dall’infrarossoal millimetrico (2 ´ 1000µm). Grazie alle osservazioni di COBE, John Mather e GeorgeSmoot hanno ottenuto il premio Nobel per la Fisica 2006 “for their discovery of theblackbody form and anisotropy of the cosmic microwave background radiation”.

Lo strumento FIRAS (Far Infrared Absolute Spectrophotometer) sul satellite CO-BE misuro lo spettro della radiazione cosmica di fondo tra 0.5-2 mm come mostrato infigura 2.2.

Lo spettro cosı misurato (le barre d’errore corrispondono a 400σ!) e quello di unperfetto corpo nero con

T “ 2.728˘ 0.002 K (2.4)

Le deviazioni delle misure dalla formula di Planck sono molto piccole

∆Iν ă 0.03% Imax per 0.5 mm ă λ ă 2.5 mm (2.5)

Il fatto che lo spettro della CMB sia un corpo nero indica che, al momento dell’e-missione della radiazione, l’universo era in equilibrio termodinamico e che, quindi, c’eraequilibrio termodinamico tra materia e radiazione. Al momento della “ricombinazione”,cioe al momento dell’emissione dei fotoni della CMB, questo equilibrio termodinamicosi e rotto e materia e radiazione si sono disaccoppiate. Come vedremo piu avanti, ledeviazioni dello spettro da quello di un corpo nero sono molto piccole e possono esserespiegate con l’immissione di energia termica nel mezzo intergalattico ed il conseguenteriscaldamento di elettroni. Ad esempio, lo scattering Compton dei fotoni del fondo daparte degli elettroni caldi nel mezzo intergalattico puo causare distorsioni dello spettro(effetto Sunyaev-Zeldovich).

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10 La struttura dell’universo su grande scala

Se l’immissione di energia termica avviene prima della ricombinazione (z ą 1000),ovvero quando materia e radiazione sono all’equilibrio termodinamico, lo spettro dellaradiazione viene modificato secondo una distribuzione di Bose-Einstein con potenzialechimico µ

Iν “2hν3

c2

1

ephνkT`µq ´ 1(2.6)

ovviamente per µ “ 0 si riottiene il perfetto corpo nero. Se invece lo scattering Comptonavvenisse dopo la ricombinazione, per esempio a causa degli elettroni del mezzo intra-cluster, si avrebbe una deviazione dallo spettro di corpo nero ∆Iν tale che

∆IνIν

“ y fpxq con

$

&

%

x “hν

kT

y “

ż

l.o.s.

ˆ

kTemec2

˙

σTNe dl

(2.7)

dove l.o.s. indica la linea di vista (line of sight), ovvero l’integrale e calcolato lungo lalinea di vista. Nel limite x ! 1, ovvero nella parte di Rayleigh Jeans, si ha

∆IνIν

» ´2y´

1`x

2

¯

(2.8)

Dalle misure ottenute col satellite COBE e risultato che

|µ| ď 10´4

|y| ď 1.5ˆ 10´5 (2.9)

ovvero delle deviazioni dal corpo nero estremamente piccole!Un altro strumento su COBE, il “Differential Microwave Radiometer”, otteneva map-

pe fotometriche (immagini) a ν “ 31.5, 53, 90 GHz (λ “ 9.5, 5.6, 3.3 mm), corrispondentia x “ hνkT “ 0.50, 0.85, 1.44 per T „ 3 K, cioe verso la parte di Rayleigh-Jeans dellospettro. Lo strumento aveva una risoluzione angolare sul cielo di 7˝. La scelta di quellefrequenze era cruciale per evitare l’emissione della polvere galattica (cirri) a frequen-ze maggiori e l’emissione di sincrotrone degli elettroni relativistici galattici a frequenzeminori.

Come si vede dalle mappa in figura 2.1 (a) la temperatura e rimarchevolmente costantea T “ 2.728 K. Esistono fluttuazioni di circa 1/1000 visibili in (b) dopo che e statasottratta la componente a temperatura costante.

La mappa in (b) ha una distribuzione bipolare del tipo

T “ T0

1`´v

c

¯

cos θı

(2.10)

che si puo facilmente spiegare in seguito all’effetto Doppler dovuto al moto del Sole nelriferimento della CMB (il moto annuale della Terra e gia stato sottratto), come mostratoin figura 2.3. Il Sole si muove con velocita ~vd nel riferimento solidale con la CMB ed avrauna componente di velocita vd cos θ nella direzione P che sto osservando da Terra (comesi e detto, si considera solo il moto del Sole rispetto alla CMB e si e gia corretto per ilmoto annuale della Terra attorno al Sole). Pertanto l’osservatore a Terra vedra la CMBmuoversi verso di lui con velocita vCMB “ ´vd cos θ e, per effetto Doppler, la frequenzaν sara osservata a

νobs “ν

1`vCMB

c

“ν

1´vd cos θ

c

(2.11)

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2.1 La radiazione cosmica di fondo 11

!

P

CMB

v⊙→

Figura 2.3: Moto del Sole rispetto alla CMB e spiegazione della componente di dipolo.

L’effetto Doppler alterera pertanto lo spettro di corpo nero ma sempre in modo tale daconservare l’energia

Iνobsdνobs “ Iνdν (2.12)

In particolare, alle frequenze osservate il termine hνkT diverra

kT“hνobsr1´ pvdcq cos θs

kT“hνobskTobs

(2.13)

da cui

Tobs “T

1´vdc

cos θ» T0

´

1`vdc

cos θ¯

(2.14)

dal momento che vdc ! 1. Questa e proprio la distribuzione dipolare osservata e quindisi ottiene che

∆T

T0

“vdc

cos θ (2.15)

Nella direzione della massima fluttuazione di temperatura (in coordinate galattiche l “264.25˝ ˘ 0.33˝ e b “ 48.22˝ ˘ 0.13˝, che fornisce anche la direzione verso cui si stamuovendo il Sole) si ha

∆Tmax “ 3.353˘ 0.024 mK (2.16)

da cui, noto T0 “ 2.728˘ 0.002 K si ottiene

vd “ c

ˆ

∆TmaxT0

˙

“ 368.7˘ 2.7 km s´1 (2.17)

Questa e proprio la velocita del Sole rispetto alla CMB ed e la combinazione del motodi rotazione attorno al centro della Via Lattea e del moto della Via Lattea rispetto allaCMB.

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12 La struttura dell’universo su grande scala

Figura 2.4: Mappa a tutto cielo delle fluttuazioni di temperatura della radiazione cosmicadi fondo ottenuta nel 2013 dal satellite Planck dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA).

La sensibilita di COBE ottenuta su scale di 7˝ (dimensioni della Point Spread Function- PSF - dello strumento) era meglio di 1/100,000 per cui era possibile rivelare residuisignificativi dopo la sottrazione del termine di dipolo. Ed in effetti i residui ottenuti dopo 4anni di integrazione di COBE sono riportati in figura 2.1 (c). La figura mostra l’emissionedei cirri nel disco galattico (banda rossa) che pero puo essere sottratta confrontando lemappe ottenute nelle varie bande: sappiamo infatti che TCMB „ 2.7 K mentre i cirri sonomolto piu caldi ed hanno pertanto uno spettro diverso che ne permette l’identificazionee la rimozione. Dopo aver sottratto l’emissione da parte della polvere galattica ed averconsiderato le regioni ad alta latitudine galattica (|b| ą 20˝) restano delle fluttuazioniresidue di temperatura la cui r.m.s. media e

|b| ą 20˝"

δT “ 35˘ 2µK su scale di 7˝

δT “ 29˘ 1µK su scale di 10˝(2.18)

I diversi valori di δT indicano che le fluttuazioni hanno ampiezze diverse su scale diverseovvero che c’e uno spettro angolare delle fluttuazioni non piatto.

Si puo confrontare la vecchia immagine di COBE con la recente immagine ottenutadal satellite Planck dell’ESA (2013; figura 2.4) che mostra le stesse strutture visibiliad alta latitudine galattica ma con una risoluzione spaziale notevolmente superiore. Sinoti come a questa immagine sia gia stata sottratta l’emissione della polvere galattica.Vedremo piu avanti che informazione puo essere ottenuta studiando lo spettro angolaredelle fluttuazioni della radiazione cosmica di fondo ma, per il momento, ci basti sapereche la piccolezza delle fluttuazioni di temperatura (δT T „ 10´5) conferma che la CMBe omogenea ed isotropa a meno di 1 parte su 100,000.

A questo punto e lecito chiedersi quale sia il legame tra le fluttuazioni di temperaturadella CMB e la distribuzione di materia. La risposta a questa domanda sara fornitain dettaglio piu avanti nel corso e, per adesso, limitiamoci ad una semplice descrizionequalitativa.

Nel modello standard del Big Bang (ovvero dell’universo in espansione) la temperaturadella radiazione diminuisce con l’espansione dell’universo in quanto i fotoni subiscono il

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2.2 La distribuzione delle galassie su grande scala 13

“redshift cosmologico” (in pratica vengono espansi con l’universo stesso). Pertanto, comericaveremo piu avanti, la temperatura della radiazione varia con z come:

Tr “ 2.728p1` zqK (2.19)

Per zrec „ 1500 si ha quindi Tr „ 4000 K. A quella temperatura, nella coda di Wien diun corpo nero ci sono sufficienti fotoni in grado di ionizzare tutto l’idrogeno nell’universo(λ ă 912 A) che per z ą zrec, era mantenuto ionizzato dai fotoni della CMB. Nelle epocheprecedenti zrec, H era completamente ionizzato e quindi la materia era accoppiata allaradiazione tramite scattering Thomson (cioe tra fotone ed elettrone libero).

La cosiddetta “epoca della Ricombinazione” avviene quindi per z „ zrec quando,diminuendo la temperatura della radiazione a seguito dell’espansione dell’universo, non c’epiu un numero di fotoni ionizzanti sufficientemente alto da mantenere ionizzati gli atomidi idrogeno che quindi inizieranno a ricombinare. Quando osserviamo i fotoni emessi azrec “ 1500, osserviamo direttamente i fotoni emessi all’epoca della ricombinazione: acausa dell’altissima profondita ottica pre-ricombinazione, e come se stessimo osservandola superficie di una stella (fotosfera) che, nel nostro caso, e la superficie interna della sferacentrata sulla Terra con raggio corrispondente a z “ 1500. A causa della profondita otticadovuta allo scattering Thomson per z ą zrec possiamo vedere solo gli strati piu esternidi questa atmosfera che prende il nome di superficie di ultimo scattering (last scatteringsurface). Pertanto, le fluttuazioni che vediamo sulla CMB su scale di 7˝ corrispondono alleperturbazioni di densita esistenti a z „ zrec che, successivamente, cresceranno e darannoluogo alle strutture osservate al momento attuale nell’universo locale.

Fino ad ora abbiamo supposto che l’universo fosse trasparente tra noi e la CMB. Inrealta dopo la ricombinazione e le “dark ages” (cioe la fase in cui c’e gas neutro, senzastelle che lo possano illuminare perche non si sono ancora formate), l’universo e statonuovamente reionizzato dalle prime stelle e la presenza di elettroni liberi ha smorzatole fluttuazioni sulla CMB, grazie sempre allo scattering Thomson. Per nostra fortuna lefluttuazioni non sono state cancellate completamente e i satelliti COBE, WMAP e Planckle hanno potute osservare pur in presenza di questo “damping” (smorzamento).

In conclusione, la radiazione cosmica di fondo e un corpo nero quasi perfetto conuna temperatura osservata di T0 „ 2.728 K ed una distribuzione isotropa. La densita dienergia ε associata a questa radiazione e ottenibile ricordando le proprieta del corpo nero

ε0 » aT 40 “

4σBcT 4

0 “ 4.2ˆ 10´13 erg cm´3“ 0.26 eV cm´3 (2.20)

questa energia associata alla radiazione pervade l’intero universo all’epoca attuale e do-mina l’energia media di tutta la radiazione di fondo cosmica (inclusa quella associataall’emissione integrata delle galassie e dei nuclei galattici attivi).

2.2 La distribuzione delle galassie su grande scala

Abbiamo appena visto che la CMB e rimarchevolmente isotropa (δT „ 30µK) su scale ą7˝, ovvero su scali superiori alla risoluzione angolare di COBE. Questo risultato osservativoindica che la distribuzione di materia (gas) al momento della ricombinazione era omogeneaed isotropa.

Tuttavia l’universo che oggi vediamo rappresentato dalle galassie e fortemente nonomogeneo, con strutture che vanno dalle galassie isolate, ai gruppi, agli ammassi fino ai

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14 La struttura dell’universo su grande scala34 2 The Large-Scale Structure of the Universe

Fig. 2.4. The distribution of galaxies with 17 ≤ b j ≤ 20.5 shown in an equal area projectioncentred on the South Galactic pole. This image was reconstructed from machine scans of 185UK Schmidt plates by the Cambridge APM measuring machine. There are over two milliongalaxies in this image. The small empty patches in the map are regions that have been excludedabout bright stars, nearby dwarf galaxies, globular clusters and step wedges (Maddox et al.,1990)

apparent magnitudes in the range 17 ≤ b j ≤ 20.5 and so represents the distributionof galaxies on the sky on the grandest scale.

It is apparent that, although one bit of Fig. 2.4 does not look too different fromanother on a large enough scale, the distribution of galaxies is far from uniform ona small scale. There appear to be clumps of galaxies, stringy structures and holes but,of course, the eye is expert at finding such structures in random data. Despite thisconcern, much of the obvious clumping, the clusters, holes and stringy structuresare real features of our Universe. To demonstrate the reality of these features, thethree-dimensional distribution of galaxies needs to be determined and so distanceshave to be measured for very large samples of galaxies. Although this is a reallyhuge task, this has now been achieved thanks to the efforts of many astronomers.

2.2.1 Two-Point Correlation Functions

We need statistical methods appropriate for describing the clustering properties ofgalaxies on a wide range of scales and the simplest approach is to use two-pointcorrelation functions. In the cosmological case, these can be described either interms of the distribution of galaxies on the sky, or in terms of spatial two-pointcorrelation functions in three dimensions. On the sky, we define the angular two-point correlation function, w(θ), by

N(θ) dΩ = ng[1 + w(θ)] dΩ , (2.4)

Figura 2.5: Distribuzione di galassie in cielo in un regione centrata sul polo sud galattico.

superammassi e ai vuoti giganti. Andando su scale sempre piu grandi la distribuzione digalassie diviene piu omogenea ma contiene ancora significative fluttuazioni non casuali.

La figura 2.5 e stata creata con 185 lastre fotografiche ottenute col telescopio SchmidtUK. Ciascuna lastra copre un’area di 6˝ ˆ 6˝ ed e stata scansionata con l’AutomaticPlate Measuring (APM) machine. La regione e centrata sul Polo Sud Galattico perevitare il piu possibile contaminazioni dovute a sorgenti nella nostra galassia (es. stelle).In ogni lastra, dopo la scansione, si e potuto distinguere tra stelle e galassie sulla basedei loro profili fotometrici (rispetto alle stelle, le galassie sono spazialmente risolte). Lafigura mostra solo le sorgenti che sono classificate come “galassie” (oltre 2 milioni) conmagnitudini apparenti 17 ď bj ď 20.5 (bj rappresenta le magnitudini fotografiche ovveroquelle misurate con le lastre fotografiche e sono caratterizzate da una banda passante conlunghezza d’onda efficace appena inferiore a B).

Le varie parti dell’immagine non sono significativamente diverse le une dalle altre mala distribuzione di galassie non e uniforme su piccola scala, dove si osservano strutturefilamentari, ammassi, ecc. Per dimostrare che quelle osservate sono strutture reali sidovrebbero conoscere le distanze delle galassie da noi per poter ricostruire la strutturareale in 3D a partire da quella in 2D proiettata sul cielo e mostrata in figura 2.5. Questaverifica e stata fatta, ed e stato dimostrato che, effettivamente, queste strutture sono reali.

Vediamo adesso come si possono capire e quantificare le caratteristiche delle struttureche osserviamo in figura, ovvero andiamo a studiare le proprieta di clustering delle galassie.

La cosa piu semplice e cominciare studiando la distribuzione delle galassie proiettatasul piano del cielo, in seguito passeremo a vedere che relazione ci sia con la struttura realein 3D. Per studiare la distribuzione spaziale delle galassie si utilizzano comunemente le“funzioni di correlazione a due punti”.

Data una qualsiasi galassia G ci chiediamo quale sia il numero dN di galassie osservatosul piano del cielo a distanza angolare compresa tra θ e θ ` dθ, ovvero nell’angolo solidodΩ “ 2πθdθ (figura 2.6):

dN “ npθqdΩ (2.21)

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2.2 La distribuzione delle galassie su grande scala 15

G

!!+d!

Figura 2.6: Definizione della funzione di correlazione a due punti.

npθq e il numero di galassie per unita di angolo solido poste a distanza dθ. Se le galassiefossero distribuite uniformemente in cielo si avrebbe dN “ ngdΩ con ng numero mediodi galassie per unita di angolo solido. A questo punto posso descrivere le deviazioni dalladistribuzione uniforme come

dN “ npθqdΩ “ ng r1` wpθqs dΩ (2.22)

wpθq e la funzione di correlazione a due punti e descrive la probabilita di trovare unagalassia a distanza θ da G in eccesso rispetto alla distribuzione uniforme ovvero rispettoalla densita media.

wpθq contiene le informazioni sul clustering ed e definita per una data magnitudinelimite per la quale vengono selezionate le galassie. E’ importante notare che wpθq contieneinformazioni mediate radialmente attorno ad un punto, quindi non contiene informazionisulla “filamentarieta” della distribuzione.

L’omogeneita della distribuzione delle galassie all’aumentare della distanza puo esserestudiata misurando wpθq al variare della magnitudine apparente limite del campione digalassie considerato. Si consideri quindi wpθ,Dq che rappresenta la funzione di correla-zione a due punti per tutte le galassie con distanza massima D: assumendo che tutte legalassie abbiano la stessa magnitudine assoluta, D corrisponde ad una ben precisa magni-tudine limite. Si puo allora facilmente determinare come cambi wpθ,Dq al variare di D,supponendo che la distribuzione spaziale delle galassie sia invariata. Supponiamo che legalassie provengano da una distribuzione omogenea nello spazio euclideo e consideriamo lafigura 2.7: θ0 e la scala angolare studiata nel campione con distanza (magnitudine) limiteD0 mentre θ e la scala angolare studiata nel campione con distanza limite D. Perche ilconfronto abbia senso dobbiamo essere sicuri di studiare le stesse scale spaziali al variaredella distanza limite e pertanto deve risultare θD “ θ0D0 ovvero θ0 “ θDD0; pertantooccorre considerare la scala angolare θDD0 in w0 “ wpθ0, D0q per sondare la stessa scalaspaziale r “ θD studiata con wpθq. Adesso dobbiamo tener conto del fatto che ci aspet-tiamo di trovare piu galassie per D, semplicemente perche integriamo piu in profondita.Supponendo che la densita media di galassie non vari tra D0 e D e facile vedere che,

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16 La struttura dell’universo su grande scala

d!0 d!Gr r

D0

D

"0 "

Figura 2.7: Variazione della funzione di correlazione a due punti con la distanza.

partendo da θD “ θ0D0 (vincolo di osservare le stesse scale spaziali), si ottiene

dΩ0 “

ˆ

D

D0

˙2

ng,0 “ ng

ˆ

D0

D

˙3

dove la prima relazione e stata ottenuta imponendo che gli angoli solidi sottendano lastessa superficie fisica e la seconda e stata ottenuta imponendo che la densita di volumedi galassie non vari tra D0 e D. Allora da

dN0 “ ng,0 r1` w0pθ0qs dΩ0

dN “ ng r1` wpθqs dΩ

si ottiene che

dN0 “ ng

ˆ

D0

D

˙

r1` w0pθDD0qs dΩ

e si puo facilmente capire perche la funzione di correlazione a due punti cambi come

wpθ,Dq “D0

Dw0

ˆ

θD

D0

˙

(2.23)

al variare della distanza limite da D0 a D.Naturalmente se lo spazio non fosse Euclideo e la distribuzione di galassie variasse con

la distanza occorrerebbe tenerne conto opportunamente.E’ stato trovato che le funzioni di correlazione a due punti riscalano tra di loro come

atteso dalla 2.23 fino a z „ 0.1. Questo fatto mostra anche come la distribuzione digalassie sia “omogenea” nello stesso intervallo di redshift, condizione per la validita dellastessa relazione 2.23. La figura 2.8 (a) mostra la funzione di correlazione a due punti wpθqa diverse magnitudini limite nell’intervallo 17.5 ă m ă 20.5 con step di 0.5 mag, comeottenute da APM sull’area rappresentata in figura 2.5. E’ evidente come le wpθq sianodiverse per normalizzazione ma anche per traslazione lungo l’asse delle ascisse. La figura

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2.2 La distribuzione delle galassie su grande scala 17

36 2 The Large-Scale Structure of the Universe

Fig. 2.5a,b. The two-point correlation function for galaxies over a wide range of angularscales. a The scaling test for the homogeneity of the distribution of galaxies can be performedusing the correlation functions for galaxies derived from the APM surveys at increasinglimiting apparent magnitudes in the range 17.5 < m < 20.5. The correlation functions aredisplayed in intervals of 0.5 magnitudes. b The two-point correlation functions scaled to thecorrelation function derived from the Lick counts of galaxies (Maddox et al., 1990)

Fig. 2.6a,b. The two-point correlation function for galaxies determined from the Sloan DigitalSky Survey (SDSS) (Connolly et al., 2002; Scranton et al., 2002). a The angular two-pointcorrelation function determined in a preliminary analysis of 2% of the galaxy data containedin the Sloan Digital Sky Survey. b Comparison of the scaled angular two-point correlationfunctions found by Maddox and his colleagues from the APM galaxy survey (solid line) withthat found from the SDSS analysis

Figura 2.8: (a) Variazione osservata della funzione di correlazione a due punti con ladistanza. (b) Le funzioni di correlazione in (a) sono state riscalate utilizzando la formula2.23.

36 2 The Large-Scale Structure of the Universe

Fig. 2.5a,b. The two-point correlation function for galaxies over a wide range of angularscales. a The scaling test for the homogeneity of the distribution of galaxies can be performedusing the correlation functions for galaxies derived from the APM surveys at increasinglimiting apparent magnitudes in the range 17.5 < m < 20.5. The correlation functions aredisplayed in intervals of 0.5 magnitudes. b The two-point correlation functions scaled to thecorrelation function derived from the Lick counts of galaxies (Maddox et al., 1990)

Fig. 2.6a,b. The two-point correlation function for galaxies determined from the Sloan DigitalSky Survey (SDSS) (Connolly et al., 2002; Scranton et al., 2002). a The angular two-pointcorrelation function determined in a preliminary analysis of 2% of the galaxy data containedin the Sloan Digital Sky Survey. b Comparison of the scaled angular two-point correlationfunctions found by Maddox and his colleagues from the APM galaxy survey (solid line) withthat found from the SDSS analysis

Figura 2.9: (a) Funzione di correlazione a due punti ottenuta con la survey SDSS. (b)Confronto tra le funzioni di correlazioni a due punti ottenute con le survey SDSS e APM,dopo che sono state entrambe riscalate per tener conto delle diverse magnitudini limite acui sono state ottenute.

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18 La struttura dell’universo su grande scala

(b) mostra le stesse wpθq dopo che sono state riscalate a conteggi “locali” utilizzando laformula 2.23. E’ evidente come adesso tutte le wpθq si sovrappongano quasi perfettamente.

Questi risultati ottenuti dalla survey APM sono stati confermati recentemente anchedalla survey SDSS (Sloan Digital Sky Survey1) come mostrato in figura 2.9. La wpθqottenuta con la SDSS ha considerato tutte le galassie con 21 ă r‹ ă 22 e redshift medioz „ 0.43, ed e in ottimo accordo con i risultati della survey APM. Da notare che questoconfronto tiene conto del fatto che lo spazio non e euclideo.

Le figure appena viste mostrano come la distribuzione delle galassie in cielo sia regolare:esistono strutture su tutte le scale come indicato dalla wpθq non nulla, ma la presenza diqueste strutture varia in modo regolare dalle scale degli ammassi fino ai superammassicome

wpθq „ θ´p0.7˜0.8q per θ À 1˝ (2.24)

Su scale superiori a θ „ 1˝, wpθq va rapidamente a 0, indicando che la distribuzione dellegalassie tende ad essere uniforme in continuita con quanto si osserva nella CMB su scalesuperiori a θ „ 7˝. Ricordiamo che tutte queste informazioni sono mediate radialmente.

Da un punto di vista fisico ha piu senso considerare la funzione di correlazione spaziale

dN “ NprqdV “ N0 r1` ξprqs dV (2.25)

con N0 densita media (di volume). Per ricavare ξprq dalle osservazioni occorre conoscerela distribuzione di galassie nello spazio ed e possibile trovare una relazione analitica esattache lega ξprq e wpθq. Noi ci limiteremo a trovare una relazione analitica basata su alcuneassunzioni semplificative che pero e sufficiente ai nostri scopi.

Consideriamo un ammasso di galassie come rappresentato in figura 2.10 e tale che lasua densita di volume sia

Nprq “ N0r1` ξprqs (2.26)

Allora la densita superficiale proiettata sul piano del cielo a distanza a dal centro e

npaq “

ż `8

´8

Nprqds (2.27)

con

s “?r2 ´ a2

ds “r dr

?r2 ´ a2

(2.28)

pertanto, effettuando il cambiamento di variabili da s a a si ottiene

npaq “

ż `8

´8

Nprqds “ 2

ż amax

a

Nprqr?r2 ´ a2

dr (2.29)

dove, al posto dell’integrale per s Ñ ˘8 si e passato ad integrare tra a (distanza delladirezione s dal centro dell’ammasso) e amax, raggio esterno dell’ammasso. Sostituendo aNprq il suo valore si ottiene

npaq “ 2

ż amax

a

N0r1` ξprqsr

pr2 ´ a2q12dr

“ 2

ż amax

a

N0r

pr2 ´ a2q12dr ` 2

ż amax

a

N0ξprqr

pr2 ´ a2q12dr (2.30)

1http://www.sdss.org

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2.2 La distribuzione delle galassie su grande scala 19

r aa

a

Vista laterale

Piano del Cielo

s

Figura 2.10: Geometria per trovare la relazione tra la funzione di correlazione angolaree la funzione di correlazione spaziale vista lateralmente (alto) e di fronte (in basso).

Se si assume

ξprq “ ξ0

ˆ

r

r0

˙´γ

(2.31)

si effettua il cambiamento di variabili x “ ra e si assume amax " a, l’equazione diventa

npaq „ cost1 ` cost2 a´γ`1 (2.32)

Questa espressione deve essere dello stesso tipo di

ngr1` wpθqs (2.33)

con θ “ aD (D, distanza dell’ammasso). L’unica possibilita e che

wpθq „ θ´γ`1 (2.34)

ovvero la pendenza della wpθq e uguale a quella della ξprq a meno di 1. Quindi se leosservazioni mostrano che

wpθq „ θ´p0.7˜0.8q (2.35)

questo comporta che

ξprq “

ˆ

r

r0

˙´γ

con γ „ 1.7˜ 1.8 (2.36)

Questa relazione e valida su scale fisiche „ 100h´1 kpc ˜ 10h´1 Mpc („ 143 kpc ˜14 Mpc per h “ 0.7) con r0 “ 5h´1 Mpc (7 Mpc). h e la costante di Hubble in unita di

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20 La struttura dell’universo su grande scala2.2 The Large-Scale Distribution of Galaxies 39

Fig. 2.7. The distribution of galaxies in the nearby Universe as derived from the Harvard–Smithsonian Center for Astrophysics survey of galaxies. The map contains over 14,000galaxies which form a complete statistical sample around the sky between declinationsδ = 8.5 and 44.5. All the galaxies have recession velocities less than 15,000 km s−1.Our Galaxy is located at the centre of the map and the radius of the bounding circle is150h−1 Mpc. The galaxies within this slice have been projected onto a plane to show thelarge-scale features in the distribution of galaxies. Rich clusters of galaxies which aregravitationally bound systems with internal velocity dispersions of about 103 km s−1 appearas ‘fingers’ pointing radially towards our Galaxy at the centre of the diagram. The distributionof galaxies is highly irregular with huge holes, filaments and clusters of galaxies throughoutthe local Universe (Geller and Huchra, 1989)

about half-way to the limit of the survey. There are a number of ‘streaks’ or ‘fingers’pointing towards our own Galaxy and these correspond to clusters of galaxies, thelengths of the ‘streaks’ corresponding to the components of the velocity dispersionof the galaxies in the clusters along the line of sight.

Figura 2.11: Redshift survey dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA).Quest mappa contiene oltre 14,000 galassie che formano un campione completo tra δ “8.5˝ e 44.5˝ con velocita di recessione ă 15, 000 km s´1. La nostra galassia e al centro dellamappa e il cerchi esterno ha raggio pari a 150h´1 Mpc. Le galassie sono rappresentate incoordinate polari con r che rappresenta la distanza e l’angolo θ che rappresenta l’ascensionretta.

100 km s´1 Mpc´1 che, come vedremo piu avanti, vale h » 0.7, e proprio quel valore e statoutilizzato per ottenere i numeri tra parentesi.. Su scale ą 10h´1 Mpc (ą 14 Mpc), ξprqdecresce piu rapidamente di una legge di potenza e l’ampiezza di clustering diminuiscerapidamente finche l’universo diventa omogeneo e isotropo su grandi scale come la CMB.Si noti come su scale " 5h´1 Mpc (" 7 Mpc) si abbia δρρ ă 1 ovvero il contrastodi densita rispetto all’universo omogeneo e inferiore a 1, e su scale ancora piu grandiδρρ ! 1, ovvero su quelle scale le perturbazioni di densita all’epoca attuale sono ancorain regime lineare.

Il metodo descritto fino ad ora non e in grado di descrivere i “muri” e i “vuoti” vistinella distribuzione delle galassie, e le strutture filamentarie in genere. La natura di questestrutture e stata definita con le cosiddette “redshift surveys”. La figura 2.11 mostra i risul-tati della prima survey statisticamente completa di oltre 14,000 galassie brillanti ottenutada ricercatori dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA). Le galassie forma-no un campione completo tra δ “ 8.5˝ e 44.5˝ con velocita di recessione ă 15, 000 km s´1

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2.2 La distribuzione delle galassie su grande scala 21

40 2 The Large-Scale Structure of the Universe

Fig. 2.8a,b. The spatial distribution of galaxies on a large-scale. In both diagrams, the dis-tribution extends to a redshift z ≈ 0.25. a A slice through the Anglo-Australian Telescope2dF Galaxy Survey (Colless et al., 2001) showing the pronounced ‘cellular’ structure of thedistribution of galaxies on the large scale (image courtesy of the 2dFGRS Team). b Thedistribution of galaxies in the Sloan Digital Sky Survey, showing the same ‘cellular’ structureobserved in the AAT 2dF survey (Stoughton et al., 2002)

Figura 2.12: Distribuzione delle galassie su grande scala come ottenuta con la survey2dF dell’Anglo-Australian Telescope. In entrambi i diagrammi la distribuzione si estendefino a z « 0.25 e mostra la struttura “cellulare” della distribuzione delle galassie.

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22 La struttura dell’universo su grande scala

corrispondente a D ă 150h´1 Mpc. La distanza delle galassie e ottenuta direttamentedalla misura del redshift tramite la legge di Hubble (vedi piu avanti). La figura mostrauna rappresentazione in coordinate polari con il raggio dato dalla distanza (redshift) dellegalassie e la direzione individuata dall’ascensione retta. Si notano varie strisciate (“dita”)che corrispondono ad ammassi di galassie: in un ammasso tutte le galassie si trovano ap-prossimativamente alla stessa distanza da noi (ovvero allo stesso redshift medio) e quindisi dovrebbero disporre in un punto ben preciso della mappa. Questo “punto” viene peroallungato dai moti peculiari delle galassie all’interno dell’ammasso.

Altre survey successive hanno esteso questi studi sulla struttura a grande scala, comesi vede ad esempio in figura 2.12 dove si mostrano i risultati della survey “2dF” (2 degreefield) eseguita all’Anglo-Australian Telescope. I vuoti osservati nella distribuzione digalassie della 2dF sono su scale simili a quelli rivelati dalla survey del CfA. E’ ben evidentela struttura “cellulare” che rimane per tutta l’estensione della survey. Le scale dei vuotipiu grandi sono pari a „ 30 ´ 50 volte le scale degli ammassi ovvero misurano fino a„ 50h´1 Mpc. Queste sono le strutture piu grandi note nell’universo e la loro esistenzadeve essere spiegata anche in relazione alle disomogeneita osservate nella CMB.

Un risultato importante dell’analisi della distribuzione delle galassie su grande scalee la struttura tipo “spugna”, con il tessuto spugnoso che rappresenta la distribuzionedelle galassie e i buchi che rappresentano i vuoti. I vuoti ed i filamenti di galassie sonointerconnessi tra loro in tutto l’universo locale; questo e possibile solo in una struttura 3Dtipo quella di una spugna (non e ovviamente possibile in una struttura 2D come quellache si puo rappresentare su un foglio).

Il termine superammasso e utilizzato per descrivere strutture che si trovano su scalepiu grandi di quelle degli ammassi; si puo trattare di associazioni di vari ammassi oppuredi distribuzioni estese di galassie. Alcuni autori chiamano “superammassi” i filamentivisti nelle survey.

Da un punto di vista fisico la distinzione tra ammasso e superammasso e data dal fattoche la struttura sia o meno gravitazionalmente legata. Infatti i superammassi sono cosıgrandi che, data l’eta finita dell’universo, non hanno ancora fatto in tempo a raggiungerel’equilibrio dinamico. Negli ammassi ricchi di galassie, che hanno avuto il tempo dirilassarsi dinamicamente ad una situazione di equilibrio, una galassia puo aver effettuatoappena una decina di attraversamenti (crossing); pertanto nelle strutture piu grandi nonc’e quasi stato il tempo perche diventassero legate gravitazionalmente.

2.3 La legge di Hubble e l’espansione dell’Universo

Hubble scoprı la relazione tra la velocita di recessione delle galassie e la loro distanzanel 1929. Nel diagramma mostrato in figura 2.13 si riporta la relazione tra il redshift ela magnitudine relativa delle galassie piu brillanti degli ammassi (per ogni ammasso siconsidera la galassia piu brillante ovvero la Brightest Cluster Galaxy, BCG).

Si trova che le BCG hanno tutte piu o meno la stessa luminosita intrinseca per cui illoro flusso osservato e

S “L

4πr2(2.37)

da cui la loro magnitudine relativa e

m “ ´2.5 logS ` cost. (2.38)

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2.3 La legge di Hubble e l’espansione dell’Universo 23

2.3 Hubble’s Law and the Expansion of the Universe 45

Fig. 2.11. A modern version of the velocity–distance relation for galaxies for the brightestgalaxies in rich clusters of galaxies. This correlation indicates that the brightest galaxies inclusters have remarkably standard properties and that their velocities of recession from ourown Galaxy are proportional to their distances (Sandage, 1968)

This was the approach adopted by Hubble and Humason in their pioneering analysisof 1934 (Hubble and Humason, 1934) – they assumed that the 5th brightest galaxyin a cluster would have more or less the same intrinsic luminosity (Fig. 1.5b). InFig. 2.11, the corrected apparent magnitude in the V waveband is plotted againstthe logarithm of the redshift of the brightest galaxies in a number of rich clustersof galaxies which span a wide range of redshifts. The redshift z is defined by theformula

z = λobs − λem

λem, (2.13)

where λem is the emitted wavelength of some spectral feature and λobs is the wave-length at which is it observed. In the limit of small velocities, v ≪ c, if the redshiftis interpreted in terms of a recessional velocity v of the galaxy, v = cz and thisis the type of velocity plotted in the velocity–distance relation. It is an unfortunatetradition in optical astronomy that the splendidly dimensionless quantity, the redshiftz, is converted into a velocity by multiplying it by the speed of light. As we will seebelow, interpreting the redshift in terms of a recessional velocity leads to confusionand misunderstanding of its real meaning in cosmology. It is best if all mention ofrecessional velocities are expunged in developing the framework of cosmologicalmodels.

Figura 2.13: Versione moderna della relazione velocita-distanza per le galassie piu bril-lanti degli ammassi (BCG). Questa relazione indica che la velocita di recessione dellegalassie e proporzionale alla loro distanza.

e quindi, sostituendo S, si arriva alla relazione

m “ 5 log r ` cost. (2.39)

Il redshift e definito come

z “λoss ´ λemiss

λemiss(2.40)

e per z ! 1 questo viene interpretato come una velocita di recessione ovvero

vrecc“ z “

λoss ´ λemissλemiss

(2.41)

in base all’interpretazione di z come effetto Doppler. Il best fit (riga continua) rappresen-tato in figura indica una relazione del tipo

m “ 5 log z ` cost. (2.42)

che, confrontata con la 2.39, rivela che

vrec9 r (2.43)

Questa viene solitamente scritta come

vrec “ H0 r (legge di Hubble) (2.44)

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24 La struttura dell’universo su grande scala

Figura 2.14: Espansione dell’universo rappresentata da 5 galassie osservate a due tempidiversi t1 (a) e t2 (b).

con H0 costante di Hubble. Si ponga attenzione al fatto che, come vedremo in seguito,l’interpretazione di z come velocita di recessione e fuorviante. Le galassie non stannoallontanandosi da noi, e l’Universo che si sta espandendo! Quindi non si tratta di verevelocita altrimenti arriveremmo ad una contraddizione con la relativita speciale per z ě 1,dove si avrebbe v ě c.

Combinando l’isotropia su grande scala e l’omogeneita dell’universo con la legge diHubble e possibile mostrare che, attualmente, l’universo si sta espandendo in modouniforme.

Consideriamo un sistema di punti che si espande uniformemente, come schematizzatoin figura 2.14. La definizione di “espansione uniforme” e quella per cui le distanze tra duepunti qualsiasi dell’universo aumentano dello stesso fattore in un dato intervallo di tempoovvero, considerate le galassie 1, 2, . . . , n con distanze r1, r2, . . . , rn da un qualsiasi

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osservatore “O” dell’universo, risulta

r1pt1q

r1pt2q“r2pt1q

r2pt2q“ ¨ ¨ ¨ “

rnpt1q

rnpt2q“ α “ costante (2.45)

per t1 e t2, due istanti qualsiasi. La velocita di recessione della galassia 1 dall’osservatore“O” e

v1 “r1pt2q ´ r1pt1q

t2 ´ t1“

r1pt1q

t2 ´ t1

r1pt2q

r1pt1q´ 1

“r1pt1q

t2 ´ t1pα ´ 1q “ H0r1pt1q con H0 “

α ´ 1

t2 ´ t1(2.46)

Per la galassia n-esima risulta invece

vn “rnpt1q

t2 ´ t1pα ´ 1q “ H0rnpt1q (2.47)

Quindi una distribuzione di galassie in espansione uniforme fornisce automaticamente unarelazione velocita-distanza del tipo v9 r.

Quest’analisi e ben piu profonda della semplice spiegazione di v9 r osservata local-mente e si applica a tutte le galassie poste a qualsiasi distanza in un’universo in espansioneomogenea, quindi deve essere vera anche quando v ě c. Questo fatto pero non e affattoin contraddizione con la relativita speciale; i punti (le galassie) partecipano semplicemen-te all’espansione uniforme dello spazio e non c’e connessione causale tra loro (cosa chedarebbe la violazione della relativita speciale). In sostanza la velocita di recessione non euna velocita con cui si puo trasmettere un segnale.

In conclusione, il punto di partenza corretto per la costruzione di modelli per la dina-mica a grande scala dell’universo e che lo stesso debba essere omogeneo ed isotropo (sugrande scala) ed in espansione uniforme.

Questa assunzione, in unione con la teoria della Relativita Generale, ci fornira un insie-me di semplici modelli che formeranno il “framework” entro il quale studiare il problemadell’origine e della formazione delle strutture cosmologiche che osserviamo nell’universolocale.

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Indice

1 Introduzione 3

2 La struttura dell’universo su grande scala 72.1 La radiazione cosmica di fondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72.2 La distribuzione delle galassie su grande scala . . . . . . . . . . . . . . . . 132.3 La legge di Hubble e l’espansione dell’Universo . . . . . . . . . . . . . . . . 22