COSMOLOGI A CONVEGNO La teoria cosmologica...

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COSMOLOGI A CONVEGNO di John Horgan 1,•• c.00c2 1,.• 4.) ‘`• c;2, 0# 40 09 401°... .‘" 4` 5 43' • 1..+ ••• t\ .0 • •: «I> &.C> 1,1,.@ e <4<c7- ';'•• 9 o 4". 9 xt• <49 !VQ•c2 4 V•22 dr V" qt, ‘13.. 9 k ' ‘t3' • 4) 1P.4‘ V-‘1‘ c", k, t 4z.,0 0 9` eR• P•4 Cs 0Q•*' 1,P \).• sl.Q.<k 4° 41 tt Ok' o° cee o ; 3• i>,' cp° 0 0 e 4 2 • p'S IPPa '!a.s.s qzit pp •atti , ; a j7 •. 8 • : • . .• ' • •• •• ••• " • • t .. f ip .• • ; ....*.• itg • • „, i : • ;•.:;!••••f ?.• i. • • . • . .•• .••: :••.:•• •• ••* . •0:• . • • • ••• •••.•4 I . • • .•• t 14.N• * :::.r '• •••• ..• •••• . . r :• r. . •• •:r• ••• i.•n•• <Z:251 :;* • • • ::***1 . ;' •'' . • • . • : . . •••• aatzzai.. rientific ,crican» . . .• 41 * ••• • •••• IN DIRETTA La teoria cosmologica maggiormente accreditata, il modello a materia oscura fredda, è stata oggetto di vivaci contestazioni a un recente convegno tenutosi in Svezia. C hi ha buttato sabbia sullo schermo? In realtà si tratta della proiezione del lucido che rappresenta l'universo secondo Carlos S. Frenk, astronomo dell'Università di Durham, nel Regno Unito. Più esattamente si tratta di una simulazione al calcolatore che mostra come la materia si sia condensata sotto l'effetto della gravità dopo il big bang, l'e- splosione cosmica che miliardi di anni fa ha dato origine all'universo. Ogni granello dell'immagine è tutta una galassia, già di per sé un piccolo universo con i suoi miliardi di stelle. Frenk, quest'uomo corpulento dall'accento messicano, sostiene che la sua simulazione assomiglia moltissimo alle carte vere della distribuzione delle galassie: «Il nostro modello - dichiara con una ferma espressione di sfida - riesce a riprodurre qualun- que struttura di grande scala osservabile.» È comprensibile che Frenk appaia un po' teso: il pubblico che lo ascolta è costituito da oltre 30 tra i maggiori fisici e astronomi del mondo, convenuti in un austero albergo nel nord della Svezia, terra montuosa e subartica, per un raduno organizzato dalla Fondazione Nobel volto a fare il punto sulla nascita e le prime fasi dell'evoluzione dell'universo. Per sei giorni a metà di giugno questi scienziati non faranno quasi altro che parlare di cosmologia, a tavola di fronte alle gri- gliate di renna, durante le passeggiate su un'altura dei din- torni (battezzata «il massimo locale» da uno dei fisici) o du- rante le sessioni ufficiali programmate per ciascuna giornata. Frenk sa bene che alcuni di questi studiosi del cosmo stanno diventando sempre più scettici sulla teoria che sta alla base della sua simulazione, quel modello a materia oscura fredda basato sull'idea piuttosto inquietante che almeno il 90 per cento della massa complessiva dell'universo sia costituito da qualche forma di materia invisibile. Tutte le stelle e le galassie luminose che si osservano al telescopio, in altre parole, non sarebbero che la spuma delle onde su un oceano buio. Il modello è la descrizione più diffusa dell'evoluzione dell'uni- verso dopo il big bang, tanto che uno dei fisici presenti lo chiama «canone». Le ultime osservazioni però incalzano il modello con una manovra a tenaglia. Da una parte, le misurazioni sempre più precise del fondo cosmico a microonde - un bagno di microon- de freddo (2,7 gradi sopra lo zero assoluto) che si pensa sia il debole bagliore residuo del big bang - non riescono ancora a rivelare alcuna variazione di intensità a livello regionale. LE SCIENZE n. 268, dicembre 1990 71

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COSMOLOGI A CONVEGNO

di John Horgan

1,••

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IN DIRETTA

La teoria cosmologica maggiormente accreditata,il modello a materia oscura fredda,

è stata oggetto di vivaci contestazionia un recente convegno tenutosi in Svezia.

C

hi ha buttato sabbia sullo schermo? In realtà si trattadella proiezione del lucido che rappresenta l'universosecondo Carlos S. Frenk, astronomo dell'Università

di Durham, nel Regno Unito. Più esattamente si tratta di unasimulazione al calcolatore che mostra come la materia si siacondensata sotto l'effetto della gravità dopo il big bang, l'e-splosione cosmica che miliardi di anni fa ha dato origineall'universo.

Ogni granello dell'immagine è tutta una galassia, già di persé un piccolo universo con i suoi miliardi di stelle. Frenk,quest'uomo corpulento dall'accento messicano, sostiene chela sua simulazione assomiglia moltissimo alle carte vere delladistribuzione delle galassie: «Il nostro modello - dichiara conuna ferma espressione di sfida - riesce a riprodurre qualun-que struttura di grande scala osservabile.»

È comprensibile che Frenk appaia un po' teso: il pubblicoche lo ascolta è costituito da oltre 30 tra i maggiori fisici eastronomi del mondo, convenuti in un austero albergo nelnord della Svezia, terra montuosa e subartica, per un radunoorganizzato dalla Fondazione Nobel volto a fare il punto sullanascita e le prime fasi dell'evoluzione dell'universo. Per seigiorni a metà di giugno questi scienziati non faranno quasialtro che parlare di cosmologia, a tavola di fronte alle gri-gliate di renna, durante le passeggiate su un'altura dei din-torni (battezzata «il massimo locale» da uno dei fisici) o du-rante le sessioni ufficiali programmate per ciascuna giornata.

Frenk sa bene che alcuni di questi studiosi del cosmo stannodiventando sempre più scettici sulla teoria che sta alla basedella sua simulazione, quel modello a materia oscura freddabasato sull'idea piuttosto inquietante che almeno il 90 percento della massa complessiva dell'universo sia costituito daqualche forma di materia invisibile. Tutte le stelle e le galassieluminose che si osservano al telescopio, in altre parole, nonsarebbero che la spuma delle onde su un oceano buio. Ilmodello è la descrizione più diffusa dell'evoluzione dell'uni-verso dopo il big bang, tanto che uno dei fisici presenti lochiama «canone».

Le ultime osservazioni però incalzano il modello con unamanovra a tenaglia. Da una parte, le misurazioni sempre piùprecise del fondo cosmico a microonde - un bagno di microon-de freddo (2,7 gradi sopra lo zero assoluto) che si pensa sia ildebole bagliore residuo del big bang - non riescono ancora arivelare alcuna variazione di intensità a livello regionale.

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Jim Peebles (a sinistra) e Carlos Frenk Rocky Kolb (a sinistra) e Alan Guth

e Gerard 't HooftJohn Preskill, Frank WilczekUn gruppo di cosmologi

Violinisti svedesi. Stephen Hawking e la sua assistente

Andrei Linde

Dave Schramm (a sinistra) con alcuni ospiti svedesi

Neil Turok

ISTANTANEEDA UN CONVEGNO

I n giornale locale, colpito dalla straordinarietàdell'avvenimento, lo ha descritto come un

incontro tra i «più grandi geni del mondo». Dall'i 1 al16 giugno, più di 30 scienziati si sono riuniti in unaustero albergo del nord della Svezia per unconvegno sulla nascita e le prime fasidell'evoluzione dell'universo. Ma anche i geni nonvivono di sole elucubrazioni; le giornate del convegnosono quindi state allietate da simpatiche riunioniconviviali e da brevi escursioni in zona. Una sera, peresempio, sono andati tutti insieme in una fattoriaad assaggiare la renna, l'alce e l'orso e ad assisterea canti e danze popolari messi in scena dalla gentedel luogo, mentre un'altra volta in elicottero hannoraggiunto un lago di montagna per un brindisi a basedi punch al ribes selvatico. Inoltre, vari gruppetti,costituiti senza tener conto delle compatibilitàteoriche, hanno esplorato le montagne circostanti.

Questo costringe gli autori del modelloa ipotizzare che all'inizio l'universo fosseestremamente omogeneo, con la mate-ria distribuita uniformemente in tutto lospazio. Contemporaneamente, d'altrocanto, le carte dell'universo rivelano ad-densamenti di galassie sempre più grandicircondati da vuoti di dimensioni purecrescenti: ma se l'universo era così omo-geneo all'inizio, come mai ora è tutto agrumi? È lodevole lo sforzo che i soste-nitori del modello a materia oscura fred-da stanno facendo per rispondere a que-sta domanda.

Un critico del modello è P. James E.Peebles della Princeton University, unpersonaggio importante del panoramacosmologico fin dalla metà degli annisessanta. Alto e magrissimo, osserva lesimulazioni di Frenk stando appollaiatocome un falco al centro della prima fila,e appena questi fa per tornare al suoposto balza in piedi e sfodera il suo luci-do. Sullo schermo appare una fasciadensa di galassie con intorno solo pochipunti sparsi. Non si tratta di una simula-zione, avverte Peebles, ma della realtà,della «metropoli» di galassie in cui si tro-va la Via Lattea, la nostra galassia. Par-lando evidenzia con dei cerchi i grandispazi vuoti sopra e sotto la fascia centra-le: «Dove sono questi vuoti nel tuo mo-dello, Carlos?» chiede, puntando suFrenk gli occhiali cerchiati di metallo.«E queste?» ribatte Frenk, tornato allalavagna luminosa per indicare le galassiesparse. «Io preferisco concentrarmi suquesto» asserisce Peebles e batte l'indicesul vuoto più grande. «Ci hai sempre in-segnato a essere quantitativi» esclamaFrenk, e Peebles di rimando, con il to-

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no di chi rimprovera uno studente po-co pronto: «Faresti bene a essere ancheragionevole!».

Un testa a testa fra cosmologi, propriocome speravano i fisici del PolitecnicoChalmers quando hanno organizzato ilconvegno per la Fondazione Nobel. Lacompagnia riunita è variegata e polemi-ca, e le conferenze sfuggono di rado alleinterruzioni. Quando Lennox L. Cowiedell'Università di Hawaii cerca di inter-pretare le sue ultime immagini di galas-sie nello spazio profondo il pubblico lobombarda di domande: «Quando parlidi "formazione delle galassie" vuoi dire"formazione delle stelle", vero?», «Per-ché non c'è l'elio in quella tabella?», oancora «Ti spiace toglierti da davanti al-lo schermo?». Cowie, un grosso scozze-se con un faccione a luna piena, ricorreall'autoironia: «Tutte le idee intelligentiche presento qui sono probabilmente ru-bate a Jim Peebles - dichiara, e nel suoaccento verace si avverte un tremito - etutte quelle completamente idiote sonoinvece mie.»

Forse l'unica idea sulla quale sembrache nessuno nutra dubbi è la premessafondamentale della cosmologia classica:la teoria del big bang, che poggia su tresolidi pilastri sperimentali. Il primo è lascoperta, compiuta dall'astronomo sta-tunitense Edwin P. Hubble 60 anni fa,che la luce emessa dalle galassie è spo-stata verso il rosso, cioè verso le frequen-ze più basse dello spettro, in proporzio-ne alla loro distanza da noi. Proprio co-me l'abbassamento di tono del fischio diun treno rivela che questo si sta allonta-nando da noi, lo «spostamento verso ilrosso» della luce dimostra che le galassie

si stanno allontanando e il fatto che lavelocità di allontanamento sia propor-zionale alla distanza prova che l'universostesso si sta espandendo. (La correlazio-ne tra velocità di allontanamento e di-stanza reciproca vale anche per i puntidi un elastico: tirare per credere.) Estra-polando a ritroso la velocità di espansio-ne attuale, gli astronomi hanno dedottoche il big bang si sarebbe verificato 13miliardi di anni fa, più o meno ben settemiliardi di anni. L'incertezza delle sti-me dipende dall'imprecisione delle valu-tazioni della distanza delle galassie, del-la massa dell'universo (che modifica lavelocità di espansione) e di altri parame-tri ancora.

La seconda prova sperimentale del bigbang è la radiazione di fondo a microon-de, scoperta nel 1965 da Arno A. Pen-zias e Robert W. Wilson dei Bell Te-lephone Laboratories. La terza, infine,è costituita dalla composizione osserva-ta dell'universo: l'idrogeno rappresentacirca tre quarti del totale in massa e l'elioun quarto, con tutti gli altri elementi pre-senti in tracce. Vari fisici hanno calcola-to che un big bang caldo avrebbe pro-dotto proprio questo miscuglio di ele-menti tramite il normale processo di fu-sione nucleare, ossia per nucleosintesi.

«Il big bang sta benissimo» proclamaDavid N. Schramm dell'Università diChicago, che ha dato un contributo im-portantissimo all'affinamento dei calcolisulla nucleosintesi, e viene proprio vo-glia di dargli ragione. Secondo i colleghi«Schrammbo», così soprannominato perla sua abilità di pilota, di alpinista e an-che per il suo passato di campione dilotta grecoromana, è, a detta dei colle-

ghi, il cosmologo di «maggior peso» alivello mondiale, secondo solo a Geof-frey R. Burbidge dell'Università dellaCalifornia a San Diego. Schramm è an-che un veemente entusiasta del suo cam-po. Altri di fronte alle disgrazie dellamateria oscura fredda e di tutte le altreteorie sulla formazione delle galassie siperdono d'animo e paventano la crisi,ma lui parla di «età dell'oro» sottoline-ando che «la struttura di base c'è; orabisogna solo riempire i buchi».

Ma in questi buchi si annidano proble-mi importanti: perché la radiazione difondo a microonde è così uniforme?Quanta materia è presente nell'univer-so, e di che cosa è fatta? Quando si so-no formate le galassie, e come? L'uni-verso continuerà a espandersi per sem-pre o finirà per collassare ricadendo suse stesso?

I fisici teorici hanno affrontato questedomande in vari modi. Alcuni hannoelaborato l'ipotesi che le galassie e lestrutture più grandi siano nate da certidifetti nella trama dello spazio, le corde(o stringhe) cosmiche, o da oggetti ana-loghi, le «intersezioni», o da esplosionipotentissime verificatesi ai primordi del-la storia dell'universo. Altri scienziati ri-tengono che la chiave di tanti paradossicosmici stia in un'ombra di energia pos-seduta dallo spazio vuoto, la costante co-smologica. I cultori della «cosmologiaquantistica», dal canto loro, cercano lerisposte fondamentali nel primo istantedella creazione, quando tutte le forzedella natura erano unificate.

Frenk, per esempio, pensa che quelladella materia oscura fredda sia ancora lasoluzione più promettente. Incalzato da

vicino arriva ad ammettere che con leultime osservazioni il modello è giuntoal punto di rottura e probabilmente avràbisogno, come minimo, di una revisione,ma continua a sostenere che le teoriealternative finiscono di norma per essereancora meno compatibili coi dati o an-cora troppo poco sviluppate per poteressere confrontate con i risultati speri-mentali. Viene in mente quel vecchiodetto statunitense secondo il quale chi èin testa alla corsa è quello con tutte lefrecce piantate nella schiena.

Giusto o sbagliato che sia, il modellodella materia oscura fredda è un cocktailincredibilmente ardito e fantasioso diidee prese dalla fisica delle particelle edalla relatività generale. Forse la suacomponente più cruciale è il concetto diinflazione, tanto che alcuni astronomiparlano di un modello a materia oscurafredda più inflazione.

Guth e le sue teorie

Il primo a formulare il concetto di in-flazione, una decina di anni fa, è statoAlan H. Guth, un personaggio dal fac-cione rotondo con il naso a patata e untaglio di capelli alla Beatles prima ma-niera. Guth, a giudicare dall'aria, sem-bra più uno studente di quelli che sma-nettano sul computer tutta la notte cheun professore del Massachusetts Institu-te of Technology. Al convegno svedeseGuth manifesta la tendenza ad assopirsidurante i discorsi altrui (e non si puònon notare dato che siede in prima fi-la). Questo permette a uno dei fisici disfoggiare un certo orgoglio nel procla-mare, poco dopo l'inizio del proprio in-

tervento, di avere «ottemperato al crite-rio di Guth in forma debole: riuscire atenere Alan sveglio per almeno cinqueminuti». E Guth è quello che, alla bat-tuta, ride più rumorosamente.

Guth è però estremamente acuto nel-l'escogitare nuove ipotesi, e nel propa-gandarle. Nel concetto di inflazione s'èimbattuto per caso analizzando certeteorie di grande unificazione (dette an-che GUT) della fisica delle particelle se-condo le quali a energie elevate (quindiad alte temperature) l'interazione nu-cleare forte, quella debole e l'elettroma-gnetismo, cioè tutte le forze della naturatranne la gravità, si fondono in una sola.Queste temperature sono assolutamenteirraggiungibili da qualsiasi esperimentoeseguito sulla Terra, ma devono esserestate comuni nell'universo qual era 10-35secondi dopo il big bang, un periodochiamato era delle teorie di grande uni-ficazione, o «era GUT».

L'era delle teorie di grande unificazio-ne finisce quando l'interazione nucleareforte si separa dalle altre forze e l'uni-verso subisce una transizione di fase si-mile alla trasformazione dell'acqua inghiaccio. Secondo l'ipotesi di Guth, ver-so la fine di questo periodo, la transizio-ne potrebbe essere ritardata in certe re-gioni dell'universo, lasciandole in unostato di sovraraffreddamento, propriocome l'acqua quando rimane liquida an-che al di sotto del punto di congelamen-to. Secondo la sua proposta queste re-gioni sovraraffreddate sarebbero entratein uno stato speciale detto «falso vuoto»nel quale la gravità diventa una forza re-pulsiva anziché attrattiva, subendo un'e-spansione breve, ma intensissima: l'in-

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IL BIG BANG: UNA CRONOLOGIA-13 MILIARDI DI ANNI

Si formano il Solee i pianeti. Inizia

la vita sulla Terra.

8 MILIARDI DI ANNI

Si sono formatequasi tutte le galassie,

compresa la Via Lattea.

3 MILIARDI DI ANNI

Sono rilevabili i quasare alcune radiogalassie.

1 MILIARDO DI ANNI

Cominciano a formarsile protogalassie, che peròsono per lo più fuori dalla

portata degli strumenti odierni.

1 MILIONE DI ANNI

L'universo diventa trasparente.La materia libera radiazione che

successivamente si potrà rilevarein forma di fondo cosmico a microonde.

500 000 ANNI

Elettromagnetismo e forza nuclearedebole si separano. I quark si

combinano formando protoni, e i protonisi combinano con gli elettroni a formare neutroni.

Attraverso la nucleosintesi si formano l'elioe altri elementi leggeri.

SECONDO

L'interazione nucleare forte si separadall'elettromagnetismo e dall'interazione

nucleare debole. Finisce l'inflazione. L'universo ècostituito di un brodo bollente di quark ed elettroni.

10 -35 SECONDI

La gravità si separa dalle altre forze. È l'era delle teorie di grandeunificazione. Inizia l'inflazione. La regione corrispondente all'universo

oggi osservabile si espande fino circa alle dimensioni di un pompelmo.

10 -43 SECONDI

Tutte le forze, la gravità, l'interazione nucleare forte, quella debole e l'elettromagnetismo, sonounificate. È l'era della gravità quantistica e delle supercorde. Raggio inferiore a 10 -5° centimetri.

BIG BANG

RAGGIO DELL'UNIVERSO

flazione. Una di queste regioni, inizial-mente più piccola di un protone, ma cre-sciuta in un istante alle dimensioni di unpompelmo, sarebbe poi diventata il no-stro universo.

Secondo questo scenario tutto l'uni-verso osservabile non è che una bollicinain un cosmo molto più grande, e quasitutta la materia che la costituisce è statacreata virtualmente dal nulla. Proponen-dola, Guth ha sottolineato che questateoria, oltre a far vacillare la mente, ri-esce anche a risolvere alcuni problemicosmologici fastidiosi. Uno di essi, chia-mato talvolta anche «problema dell'o-mogeneità», deriva dai calcoli basati sulmodello del big bang pre-inflazione, se-condo i quali la palla di fuoco primordia-le si sarebbe espansa troppo in fretta perpermettere alle sue regioni di scambiarsiradiazione e quindi raggiungere l'equili-brio termico. Com'è possibile allora,chiedevano alcuni cosmologi, che la lu-minescenza residua del big bang, la ra-diazione di fondo a microonde. abbia lastessa temperatura in tutte le direzioni?Secondo Guth l'inflazione risolve il pro-blema: la regione da cui ha preso formatutto l'universo osservabile era in originetalmente piccola da essere già in equili-brio fin dall'inizio.

L'inflazione ha fatto giustizia anchedel «problema della curvatura nulla», le-gato alla teoria della relatività generaledi Einstein, secondo la quale la materia,per il tramite della gravità, fa curvare lospazio. Da questo effetto dipende il de-stino ultimo di un universo in espansio-ne. Se infatti la quantità di materia perunità di volume, cioè la densità di massa,dell'universo supera un certo livello cri-tico, lo spazio si curva su se stesso inmodo tale che le linee parallele conver-gono. La conseguenza più rilevante èche la gravità prima o poi arresterà l'e-spansione e farà ricontrarre l'universo inun «big crunch», cioè un «catafascio ge-nerale», volendo rendere in italiano que-sta definizione di cui Schramm reclamala paternità. Un universo di questo tiposi dice chiuso. Se invece la densità dimassa è inferiore a quella critica, le lineeparallele divergono e l'universo, dettoaperto, si espanderà indefinitamente.Infine, se la densità ha esattamente ilvalore critico, l'universo continuerà aespandersi, ma a una velocità sempre de-crescente. Quest'ultimo tipo di universosarebbe «piatto», non avendo lo spazioalcuna curvatura; qui le linee parallele sicomportano proprio come diceva Eucli-de e come sembra avvenire nel mondoche conosciamo.

Prima della teoria inflazionarla diversicosmologi avevano osservato che l'appa-rente curvatura nulla dell'universo, eperfino la sua stessa esistenza, rappre-sentano una coincidenza straordinaria:se l'universo avesse contenuto appenaun pizzico di materia in più di quellache c'è, sarebbe collassato moltissimotempo fa; se ne avesse contenuta pocomeno, si sarebbe volatilizzato troppo in

fretta per dar tempo alle stelle e alle ga-lassie di formarsi. Come ha detto Law-rence M. Krauss, della Yale University,la probabilità di azzeccare la densitàesatta per l'universo è pari alla probabi-lità di indovinare quanti atomi ci sononel Sole: come abbiamo fatto ad averetanta fortuna?

Ancora una volta la teoria inflaziona-rla ci offre una risposta: Guth ha soste-nuto che l'inflazione avrebbe spianato lasuperficie di quella parte dell'universoche riusciamo a osservare, proprio comela superficie di un pallone gonfiato a di-mensioni 1000 volte maggiori di quellenormali sembrerebbe piatta guardando-la da vicino. In un universo così piatto ladensità verrebbe ad assumere automati-camente il valore critico.

Misteri come quelli dell'omogeneità edella curvatura nulla hanno indotto al-cuni cosmologi a invocare il principio an-tropico: l'universo è fatto proprio cosìperché se fosse diverso non ci saremmonoi a osservarlo. Ma quasi tutti gli scien-ziati considerano questo principio tauto-logico e ascientifico: «Invocando il prin-cipio antropico - dice Schramm - si affer-ma solo di non saper risolvere il proble-ma.» Non stupisce quindi che numerosifisici teorici abbiano abbracciato la teo-ria inflazionaria salutandola come lo svi-luppo più importante dopo l'originaleformulazione della teoria del big bang.essa, infatti, non solo risolve i problemidell'omogeneità e della curvatura nulla,ma formula previsioni specifiche sullaquantità di materia presente nell'univer-so e sul suo destino ultimo.

La teoria inflazionaria spiega persinola formazione delle galassie. Secondo lafisica quantistica, infatti, a livello suba-tomico l'intensità di qualunque campo dienergia fluttua sempre, proprio come lepiccole onde che increspano perenne-mente la superficie di un lago anche nellacalma più piatta. Dopo l'inflazione i ri-lievi inizialmente creati nell'universo daquesto effetto sarebbero cresciuti abba-stanza per fungere da «semi» per la na-scita di stelle e galassie; la gravità poiavrebbe fatto il resto. «Molti pensanoche l'inflazione sia un concetto troppobello per non essere giusto in una formao nell'altra», dice Schramm.

L'inflazione ha risolto alcuni graviproblemi, ma ne ha sollevato un altro:dov'è tutta la materia? La teoria di Guthprevede senza possibilità di equivocoche la densità della materia nell'universosia esattamente quella critica, ma tuttele misurazioni compiute hanno dato ri-sultati molto inferiori.

Le indagini sulla materia visibile, cioèluminosa, hanno fornito per la densità dimassa un valore pari all'i per cento ap-pena del valore critico. Lo studio deimoti stellari all'interno delle singole ga-lassie ha fatto salire le stime, perché leosservazioni indicano che le galassie de-vono contenere circa 10 volte più massadi quanto non sembri, altrimenti an-drebbero a pezzi; l'analisi del moto delle

galassie all'interno degli ammassi haportato alla stessa conclusione.

Questi risultati, ottenuti per la primavolta vari decenni fa, hanno dato vitaalla ricerca della «materia mancante»,ma la revisione delle stime per la massadelle galassie e degli ammassi ha fattosalire quella della densità complessivadell'universo solo al 10 per cento circadel valore critico. Per di più, un assuntofondamentale dei calcoli sulla nucleosin-tesi primordiale (quelli che spiegano cosìbene le abbondanze relative degli ele-menti leggeri nell'universo) è che i ba-rioni, la famiglia di particelle che com-prende i protoni e i neutroni e rappre-senta la quasi totalità della materia di cuisono fatte le stelle, i pianeti e le persone,non possano assolutamente superare il10 per cento della densità critica, altri-menti il big bang avrebbe prodotto piùelio.

Questa affermazione ha conseguenzeprofonde. All'inizio gli astronomi so-spettavano che la materia oscura fossecostituita esclusivamente da materia ba-rionica, normale, in forme difficili daindividuare: comete, pianeti, stelle mol-to poco luminose chiamate nane bruneo marroni, buchi neri e persino interegalassie troppo deboli per essere osser-vate. Ma, se i calcoli dell'inflazione equelli della nucleosintesi sono corretti,almeno il 90 per cento della materia del-l'universo deve essere costituito da par-ticelle non barioniche , e per di più que-ste particelle devono avere interazionimolto deboli con la materia comune, al-trimenti non sarebbero così difficili darilevare.

All'inizio il candidato favorito per ilruolo di materia oscura era una particel-la non barionica «calda», cioè veloce: ilneutrino. I neutrini vengono prodotti ingrandi quantità in varie reazioni nuclea-ri, ma presentano interazioni molto de-boli, tanto da poter attraversare tutta laTerra senza risentirne affatto. Il fattoimportante è che di sicuro ne è stata di-mostrata l'esistenza: la prima osserva-zione di uno dei tre tipi di neutrini che siconoscono risale al 1956.

I modelli a dominante neutrinica, al-trimenti detti a «materia oscura calda»,pongono però due problemi. Innanzitut-to anni e anni di esperimenti non sonoriusciti a dimostrare che i neutrini abbia-no una massa, meno che mai, quindi, avalutare se questa sia sufficiente a frena-re l'espansione dell'universo. Ultima-mente i primi risultati provvisori ottenutida un nuovo rivelatore di neutrini ad altasensibilità, il Soviet-American GalliumExperiment (sAGE), hanno rianimato lesperanze di eliminare il problema nutritedai sostenitori della materia oscura cal-da: i dati del SAGE inducono a ritenereche il Sole emetta molti meno neutrinidi quanti ne prevede il modello standarddella fisica delle particelle e ammettereche un tipo di neutrini sia dotato di mas-sa è uno dei modi possibili di spiegarequesta discrepanza. Resta però da risol-

vere un altro problema: secondo le simu-lazioni al calcolatore i neutrini, così ve-loci, ci avrebbero messo troppo tempoper assestarsi in galassie.

Le carenze dei modelli a materia oscu-ra calda hanno portato i teorici a concen-trarsi su un tipo di materia oscura piùlenta, fredda, che dovrebbe addensarsipiù rapidamente. Il primo a scrivere sul-l'inflazione con materia oscura freddafu, nel 1982, Peebles, ma in seguito di-venne critico perché - come sostiene - ilmodello ha «troppi problemi». Frenk di-ce che Peebles si diverte a proporre teo-rie per poi criticarle quando hanno suc-cesso. «E una leggenda - replica Peebles- ma come tutte le leggende potrebbenascondere un fondo di verità.»

La banda dei quattro

Intorno alla metà degli anni ottan-ta Frenk, Marc Davis dell'Universitàdella California a Berkeley, George Ef-stathiou dell'Università di Oxford e Si-mon D. M. White dell'Università del-l'Arizona hanno cominciato a realizzaresimulazioni al calcolatore basate sul mo-dello a materia oscura fredda, ed è parsoche queste simulazioni riproducano connotevole accuratezza la distribuzionedelle galassie osservata. Il modello pro-posto e sostenuto da questa «banda deiquattro», come è stata chiamata, è di-ventato la spiegazione meglio accredita-ta della formazione delle galassie.

Il fatto che non fosse mai stata rivelataneanche una particella stabile di materiaoscura fredda era considerato una sfidaper il futuro, più che un difetto esiziale:in fondo i fisici delle particelle, nel loroimpegno per realizzare una teoria digrande unificazione, avevano inventatotutta una schiera di particelle ipoteticheper mediare l'interazione tra le varie for-ze. Si poteva quindi pensare - ipotizza-vano questi cosmologi - che una di esseesistesse ancora come residuo dell'eraGUT, quella della grande unificazione ein quantità sufficiente a giustificare lamassa mancante.

Durante un intervento al convegno,Michael S. Turner dell'Università diChicago, noto per i suoi lucidi fanta-siosi, menziona come candidati a questoruolo i «residui di cosmologi da 100 chi-li»; il lucido che proietta raffigura og-getti allungati con le diciture «Dave» e«Rocky», i soprannomi con cui sono notinell'ambiente universitario di ChicagoSchramm ed Edward W. Kolb. Due can-didati più plausibili sono gli assioni e leparticelle supersimmetriche leggere. Gliassioni sono particelle relativamente leg-gere , inventate per risolvere alcuni pro-blemi in certe teorie di grande unifica-zione, mentre le particelle supersimme-triche leggere sono il frutto della teoriasupersimmetrica, secondo la quale tuttele particelle identificate fino a oggi pos-seggono un gemello che interagisce soloper via debole.

I fisici delle particelle hanno unito ben

volentieri le loro forze a quelle dei co-smologi nel tentativo di identificare uncandidato per la materia oscura fredda.John Ellis del CERN sostiene che trova-re una particella di questo tipo rappre-senterebbe un ampliamento gratificantedella rivoluzione copernicana: «Non so-lo non ci troveremmo al centro dell'uni-verso», dice, e sembra che la barba ar-ruffata e gli occhi stralunati stiano a in-dicare un disinteresse per le preoccupa-zioni terrene, «ma non saremmo nean-che fatti della stessa roba della maggiorparte dell'universo». Ma gli esperimenticompiuti al CERN e in altri centri - af-ferma Krauss - hanno già escluso alcunicandidati (come un neutrino freddo digrande massa), e hanno indicato che altriaspiranti, come le particelle supersim-

metriche leggere, occupano forse livellidi energia fuori dalla portata degli acce-leratori attuali.

Il modello a materia oscura fredda èafflitto anche da altri problemi. Uno,per amara ironia, deriva proprio dallaradiazione di fondo a microonde che fi-no a oggi aveva offerto tante soddisfa-zioni ai cosmologi. La sua uniformità intutte le direzioni, l'isotropia, ne costitui-sce da sempre una caratteristica qualifi-cante, indicativa dell'origine primordia-le. Ma il modello a materia oscura freddaprevede che le fluttuazioni a cui si devela nascita delle galassie e delle strutturepiù grandi abbiano lasciato un'impronta,in forma di variazioni di temperatura lo-cali, sul fondo di radiazione.

Questa impronta ancora non si trova.

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te.QUESTA MAPPADI DUE MILIONI f

di galassie, realizzatada astronomi dell'Universitàdi Oxford, mostra addensamentisu scale molto maggiori di quellepreviste dal modello a materia oscura fredda.L'immagine grande è costituita da migliaiadi pixel, elementi d'immagine, ciascuno deiquali corrisponde a una lastra fotografica diuna diversa zona del cielo. Ciascun pixel èbianco, grigio o nero a seconda che la lastracontenga rispettivamente più di venti galassie,da una a venti galassie o nessuna galassia. • • •• •

• , ,

LE IMMAGINIDELLE GALASSIE LONTANE

SFIDANO I COSMOLOGI

a galassia più lontana fino a oggi iden-tificata (a sinistra) è stata scoperta da

Kenneth C. Chambers e George K. Miley del-l'Osservatorio di Leida. È lontana quasi 12miliardi di anni luce. I cosmologi incontranonotevoli difficoltà a spiegare come abbianofatto a formarsi galassie così poco tempo do-po il big bang. L'immagine di un campo digalassie lontano circa cinque miliardi di anniluce (a destra), realizzata da Lennox L. Cowiedell'Università di Hawaii e altri, fa nascere unulteriore problema: sembra che le galassiesiano molto più numerose che nelle regionivicine; come si spiega?

Il Cosmic Background Explorer (conE),messo in orbita l'anno scorso, ha scan-dagliato la radiazione fino a una risolu-zione di una parte su 10 000 senza indi-viduare alcuna fluttuazione di intensitàlocale. Questi valori sono già al limitedella compatibilità con il modello a ma-teria oscura fredda, e George F. Smootdell'Università della California a Ber-keley e membro del gruppo del COBElascia intendere che nuovi dati forniti dalsatellite indicheranno una uniformitàdella radiazione a risoluzioni ancora piùfini. Neppure le misurazioni del fondo amicroonde compiute da un osservatoriosituato al Polo Sud, che scandaglia unaregione di cielo più piccola di quella ac-cessibile al COBE, ma a una risoluzio-ne superiore, sono riuscite a individuaredisomogeneità.

Nel frattempo un numero via via cre-scente di osservazioni continua a mostra-re che la distribuzione delle galassie ètutto fuorché uniforme. A metà degli an-ni ottanta un gruppo di studio guidatoda Margaret J. Geller e John P. Huchradello Harvard-Smithsonian Center forAstrophysics ha iniziato a realizzare car-te della posizione delle galassie analiz-zandone lo spostamento verso il rosso(che, come Hubble aveva dimostrato, èproporzionale alla distanza); si è così ri-scontrato che esse tendono a disporsi infilamenti e strisce enormi. Un altro grup-po di quello stesso centro ha trovato in-dizi dell'esistenza di una vasta regionevuota nella direzione della costellazionedi Boote, primo di una lunga serie dibuchi a essere identificati. Secondo ilgruppo «dei sette samurai» (gli astrono-mi hanno una singolare predilezione perquesti coloriti soprannomi) sembra chela Via Lattea e molte galassie circostantistiano cadendo verso una grande massanon identificata, il Grande Attrattore.

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Due risultati riferiti nell'ultimo annohanno reso la situazione ancora più gra-ve: la Geller e Huchra affermano di ave-re scoperto la struttura più grande maiidentificata fino a oggi, la Grande Pare-te, una fascia di galassie dello spessoredi almeno 500 milioni di anni luce, men-tre Thomas J. Broadhurst dell'Universi-tà di Londra e colleghi hanno studiatodue profondi e sottili «pennelli» di spa-zio, scoprendo che fino a una distanza divari miliardi di anni luce si alternanodensi grumi di galassie e spazi vuoti an-che di 400 milioni di anni luce. La Geller,tra gli altri, sostiene che a spiegare que-ste osservazioni non serve né il modelloa materia oscura fredda, né alcun'altrateoria: per permettere alla gravità di for-mare strutture come la Grande Parete apartire dalle piccole fluttuazioni di den-sità compatibili con la radiazione a mi-croonde non c'è stato abbastanza tem-po, punto e basta.

All'incontro in Svezia non ci sono rap-presentanti di questi due gruppi, e i lororisultati ne escono con le ossa rotte. Pas-sando in rassegna i dati sui pennelli dispazio, Schramm subisce interruzionicontinue. «Sto soltanto presentando idati - esclama - non li sto interpretando!»Per Frenk i dati sulla Grande Parete esui pennelli sono «spazzatura»; «Non sitratta di un'analisi statistica - osserva -sono solo bei discorsi.» Persino Peebles,che non è certo un sostenitore della ma-teria oscura fredda, ammonisce a «nonfidarsi delle Grandi Pareti perché l'oc-chio è molto bravo a riconoscere schemiregolari».

I partecipanti alla conferenza sembra-no più colpiti da un rilevamento effet-tuato dagli astronomi di Oxford, che nonhanno elaborato un grafico della distan-za delle singole galassie in base allo spo-stamento verso il rosso, ma in compenso

hanno analizzato un numero di galassiemolto elevato, prendendo in esame duemilioni di oggetti su una vasta fascia dicielo. Nelle carte precedenti il rileva-mento riguardava qualche migliaio di ga-lassie in una regione piuttosto stretta.

«Abbiamo trovato indizi di un adden-samento su scale almeno doppie di quel-le che prevede il modello della materiaoscura fredda» racconta Efstathiou, unodei partecipanti alla ricerca, e aggiungeche il modello va perciò rivisto o scarta-to. L'uditorio pare attonito: Efstathiou,magro ed elegante, emana razionalità efreddezza, ed è anche uno degli autoridel modello. «È come se il Papa si con-vertisse all'ebraismo» osserva uno degliastronomi presenti.

C'è un altro insieme di osservazioni(quelle relative a oggetti estremamentelontani e quindi estremamente vecchi)che crea dei problemi. Il modello a ma-teria oscura fredda prevede che la gran-de maggioranza delle galassie impieghialmeno numerosi miliardi di anni performarsi, e quindi a distanze superiori a10 miliardi di anni luce se ne dovrebberotrovare poche (supponendo che l'univer-so abbia 13 miliardi di anni). Ma oltrequesto limite sono state scoperte centi-naia di quasar, punti brillantissimi cheemettono luce e onde radio, ritenuti damolti astronomi galassie con un nucleoiperattivo.

Dato che i quasar sono oggetti ancorapoco conosciuti, si dà maggiore impor-tanza agli oggetti che sono manifesta-mente galassie. Oggi gli astronomi han-no identificato una ventina di galassielontane più di 10 miliardi di anni luce, ecinque o sei oltre gli 11. Si tratta per lopiù di radiogalassie, grandi sistemi ellit-tici che emettono onde radio. Sulla basedi queste osservazioni il modello a ma-teria oscura fredda non è ancora da scar-tare completamente, afferma KennethC. Chambers dell'Osservatorio di Leida,che studia le galassie lontane, «ma se sene aggiungeranno altre, il modello pas-serà dei brutti guai».

Gli piacciono col botto

Già prima di quest'ultima ondata dirisultati sperimentali, i fisici teorici ave-vano cominciato a prospettare meccani-smi alternativi per la creazione delle ga-lassie e la loro organizzazione in struttu-re più grandi, anche se finora il modelloa materia oscura fredda rimane il piùcondiviso. Un'ipotesi, elaborata da A-lexander Vilenkin della Tufts Universitye da altri, è quella delle corde cosmiche.Le corde cosmiche sono state paragona-te ai difetti di struttura cristallina che sisviluppano tra le zone di un laghetto chegeli in momenti diversi; analogamente,durante il raffreddamento dell'universoprimordiale, si sarebbero potuti formaredei difetti nella topologia dello spazio.Questi difetti potrebbero avere avutouna massa sufficiente a formare le galas-sie, o perfino gli ammassi. Gli ultimi stu-

di sulle corde inducono però a ritenereche queste sarebbero troppo piccole etroppo poco stabili per dar vita a del-le galassie.«Il quadro non è prometten-te come qualche tempo fa», affermaThomas W. B. Kibble dell'Università diLondra, un pioniere dello studio dei di-fetti topologici.

Un destino analogo è toccato alle pro-poste di Jeremiah P. Ostriker di Prince-ton e di altri su esplosioni avvenute nelleprime fasi dell'evoluzione dell'universo.Secondo questi ricercatori, a stimolare laformazione delle galassie avrebbero po-tuto provvedere stelle in esplosione, os-sia supernove, mentre l'esplosione dellecorde cosmiche avrebbe spinto le galas-sie in ammassi: «A Jerry - osserva Frenk- piacciono con il botto.» Ma molti co-smologi, Ostriker compreso, pensanoche esplosioni abbastanza potenti, talida determinare la formazione di grandiammassi e vuoti, avrebbero dovuto la-sciare un'impronta percepibile nella ra-diazione di fondo a microonde.

C'è un'altra teoria sulla formazionedelle strutture che sta guadagnando inpopolarità. Si tratta della teoria delleintersezioni, elaborata negli ultimi dueanni da un giovane docente di Princetongià sostenitore delle corde cosmiche,Neil G. Turok, e da altri. Le intersezioniassomigliano alle corde cosmiche tranneper il fatto che sono difetti dello spaziolocalizzati e a forma di nodo e, per que-sto, più facili da simulare in modelli alcalcolatore. Per Kibble si tratta di ogget-ti «piuttosto interessanti anche se - av-verte - pure le corde cosmiche e le esplo-sioni, all'inizio, sembravano prometten-ti». In generale, ricorda, «più a fondo siguarda, più problemi si trovano».

Se il modello a materia oscura freddase l'è cavata meglio di quasi tutti gli altriè perché i suoi sostenitori lo hanno resopiù flessibile ammettendo, per esempio,che le galassie diano un'immagine di par-te, imprecisa, della distribuzione veradella massa dell'universo; ciò permetteloro di ridistribuire la materia come pre-feriscono. Il guaio di questa idea è cheaumenta il numero dei parametri liberi,le variabili interne al modello che si pos-

sono regolare a volontà. I parametri li-beri rendono più facile adattare il mo-dello alle osservazioni, afferma Peebles,rendendolo però «meno capace di previ-sioni e meno soddisfacente».

Sono state proposte anche modifichedella teoria inflazionaria capaci di darvita a strutture di scala maggiore. AlexeiA. Starobinski dell'Istituto di fisica teo-rica L. D. Landau di Mosca ha propostoche l'inflazione si verifichi in diversi stadio passi, mentre Paul J. Steinhardt del-l'Università della Pennsylvania ne haformulato una versione, l'inflazione e-stesa, nella quale l'intensità della gravitàvaria.

Il più inventivo tra gli studiosi di teoriadell'inflazione è forse Andrei D. Linde,un fisico sovietico che due anni fa è statoal CERN e l'autunno scorso alla Stan-ford University. Linde è una specie difantasista capace di esordire durante uncocktail all'aperto tenuto in occasionedel congresso con un salto mortale all'in-dietro, di spezzare in due una pietra conun colpo di karatè e di fare giochi diprestigio. Tiene un fiammifero in equili-brio sulla punta di un dito apparente-mente immobile e lo fa fremere e saltarecome un burattino attaccato a un filo in-visibile. Ai colleghi trasecolati che glichiedono il segreto risponde, con pro-fondo accento russo, «sono fluttuazioniquantistiche».

Linde è famoso anche per l'abilità concui aiuta la teoria inflazionaria a tirareavanti. Già nel 1982, è riuscito a risolve-re con uno sfoggio di bravura i problemiteorici che affliggevano la formulazioneoriginaria di Guth. Da allora Linde neha proposto una serie innumerevole diversioni, con assioni, corde cosmiche,neutrini, intersezioni e altri concetti ipo-tetici. Come se non bastasse, a differen-za della maggior parte dei cosmologi,non si fa scrupoli neppure di invocare ilprincipio antropico: «Le possibilità stra-ne sono molte» sostiene.

Eppure alcuni cosmologi si sentonosempre più insoddisfatti per la variabilitàdella teoria inflazionaria. Durante unadiscussione sull'inflazione estesa, Pee-bles appare sempre più a disagio finché

sbotta: «Ma così intorno a quella mem-brana ti ritroverai un anello di buchi ne-ri!». E più tardi, sviluppando ulterior-mente la sua critica: «Siamo sicuri che la"solidità" della teoria inflazionaria siaun pregio? Qui sembra voglia dire capa-cità di adattarsi a qualsiasi dato.» EFrank Wilczek, un fisico delle particelledell'Institute for Advanced Study diPrinceton, gli fa eco: «Ci servono model-li inflazionari più specifici, verificabili.Non possiamo permettere ad Andrei diandare avanti così.»

La più grande sciocchezza di Einstein

Chi voglia scommettere sul risultato diquesta giostra di teorie farà bene a tene-re presente quella specie di jolly che èla costante cosmologica. Il concetto fuideato e battezzato da Einstein agli inizidel secolo per rappresentare l'energiaposseduta dal vuoto perfetto. Einsteinaveva ipotizzato che occorresse attribui-re al vuoto una certa energia, capace digenerare una specie di pressione «centri-fuga» nello spazio, per controbilanciarel'attrazione «centripeta» della gravità inun universo che si credeva statico, cioènon in espansione. Dopo la scoperta del-l'espansione dell'universo, Einstein ab-bandonò l'idea (dicendo, pare, che erastata la sua «sciocchezza più grande»)ma questa di tanto in tanto riprende afare capolino in cosmologia.

Cowie, per esempio, sostiene che unacostante cosmologica potrebbe contri-buire a spiegare le immagini di galassienello spazio profondo da lui recente-mente ottenute e da cui sembra che cin-que miliardi di anni fa le galassie fosserovarie volte più numerose di oggi. Checosa ne è successo?

Lo scozzese fa osservare che molte po-trebbero essersi fuse o essersi affievolitefino a diventare invisibili, ma preferiscepensare a un'altra spiegazione: propriola costante cosmologica. Una piccolaenergia del vuoto distorcerebbe la no-stra prospettiva dello spazio facendoce-ne sottovalutare il volume su scale moltograndi. L'effetto potrebbe spiegare per-ché, nelle immagini dello spazio profon-

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I cosmologi continuano a rimettere tutte le cose al postoche loro compete. Non contenti di averci detto che ilSole non è che una tra i miliardi di stelle della Galassia,

che a sua volta è solo una dei miliardi di galassie dell'univer-so, alcuni cosmologi vorrebbero farci credere anche cheil nostro universo non sia che uno in una moltitudineinfinita di mondi. Di teorie sui «multiversi » ne esi-stono parecchie; pur avendo tutte qualcosa ache vedere con la fisica quantistica ed evo-cando immagini simili a questa (vengono •alla mente dei grumi di lava), pre-sentano, però, differenze digrandissima rilevanza.

La teoria multi-mondi. àstata proposta da Hugh Eve-rett III della Princeton Univer-sity più di 30 anni fa per risol-vere alcuni problemi relativi alruolo dell'osservatore in fisi-ca quantistica. In base alla fi-sica quantistica una particel-la, per esempio un elettrone,sembra seguire più traiettoriecontemporaneamente, ma seun fisico la osserva, la trovalungo una sola di esse. Pre-occupato dell'arbitrarietà concui le altre vengono eliminate,Everett avanzò l'ipotesi chel'elettrone, in realtà, seguacontemporaneamente tutte letraiettorie, ma ciascuna in ununiverso differente.

La teoria multi-storie. James B. Hartle dell'Univer-sità della California a Santa Barbara e Murray Gell-Manndel California Institute of Technology hanno esteso le idee di

verett a tutto l'universo. Immediatamente dopoitbig bang,chiarisce Natile, l'universo era talmente piccolo da potersiconsiderare alla stregua di una particella subatomica in motosu diverse traiettorie. Hartle preferisce il termine «storie » aquello di «mondi » e, contrariamente a Everett, considera le

traiettorie alternative «potenzialità», piuttosto che realtà.L'inflazione caotica. Il fisico sovietico Andrei D. Linde ipo-

tizza che l'universo, quando aveva circa 10- 35 secondi, fossesimile a una schiuma caotica. Le diverse regioni, che avevanoproprietà fisiche differenti, subirono l'inflazione, un'ondata dicrescita breve ma intensissima, in momenti distinti. Dopo l'in-flazione, queste regioni sono rimaste separate da distanze

talmente grandi da trovarsi molto al di fuoridella sfera d'influenza reciproca;si potrebbe addirittura parlare, in

pratica, di una pluralità di co-smi separati.I cunicoli. Stephen W.

Hawking dell'Università diCambridge, Sidney R. Cole-• man della Harvard Universitye altri propongono che anchelo spazio-tempo possa pas-sare per effetto tunnel da unpunto all'altro proprio comefanno gli elettroni. L'effettotunnel nel caso dello spazio--tempo crea una sorta di «cu-nicoli», i quali possono con-durre sia ad altri punti dellostesso universo, sia a vicoliciechi, gli universi baby, siaad altri universi grandi come ilnostro.

L'universo fai da te. AlanH. Guth del Massachusetts In-

stitute of Technology pensa chesia possibile creare un universo in la-

boratorio. L'impresa richiederebbe pocapiù materia di quanta ne contenga una pal-

la da bowling. Il difficile sarebbe comprimere lamateria fino a densità analoghe a quelle di un buco nero epoi riuscire in qualche modo a farla espandere, proprio comeè successo all'universo quando si è verificato il big bang. «Mipiace considerarlo un problema tecnico - osserva Guth - ri-solvibile forse da qualche civiltà del futuro.»

do, le galassie sembrino così ravvicinate.Analogamente, la costante potrebbe

far sparire una discrepanza imbarazzan-te fra l'età degli ammassi globulari, fittiassembramenti di stelle che ruotano in-torno al centro della Via Lattea, e quelladell'universo. L'analisi spettrale dellestelle degli ammassi globulari fa attribui-re loro un'età superiore ai 15 miliardi dianni, mentre le stime della distanza dellegalassie e della loro velocità di recessio-ne fanno pensare che l'universo abbiasolo 13 miliardi di anni. L'esistenza diuna piccola energia del vuoto portereb-be a sottovalutare il volume totale del-l'universo e quindi la sua età.

Infine, l'esistenza di una costante co-smologica potrebbe spiegare perché l'u-niverso sembra così piatto anche se ladensità di massa apparente resta moltoal di sotto del valore critico: dà- to chemassa ed energia sono in un certo sensoequivalenti, l'energia del vuoto potreb-be fungere da massa mancante. «Se l'in-tervento di Len Cowie vi ha sconcertato- sottolinea Peebles ai colleghi riuniti in

Svezia - vuol dire che siete stati proprioattenti.»

La costante cosmologica, però, nongode di un grandissimo successo tra i co-smologi. L'obiezione più diffusa è chesia «brutta»: introduce un ulteriore pa-rametro libero nei modelli, togliendo lo-ro in capacità previsionali e in eleganza.Per di più, nessuno ha ancora saputospiegare neppure perché la natura do-vrebbe preferire proprio una costantecosmologica positiva invece che negati-va; quanto a indicarne un valore preciso,non se ne parla neanche.

In effetti i calcoli di Sidney R. Cole-man, un fisico della Harvard University,inducono a ritenere che la costante co-smologica dovrebbe valere esattamentezero. La spiegazione è un po' complica-ta: occorre tener presente che il fenome-no quantistico detto effetto tunnel, quel-lo che permette alle particelle subatomi-che di passare istantaneamente da unpunto all'altro, varrebbe anche per lospazio e il tempo. L'effetto tunnel dellospazio-tempo, secondo Coleman, gene-

ra una sorta di cunicoli che collegano ilnostro universo con altri in modo da ren-dere nulla l'energia del vuoto.

La cosmologia quantistica

L'affermazione di Coleman sulla co-stante cosmologica è uno dei risultati piùconcreti della cosmologia quantistica,una branca della fisica quanto mai incon-sueta che studia i primi 10-43 secondi divita dell'universo quando questo era tan-to piccolo, denso e caldo che gli effettiquantistici e quelli della gravità, appar-tenenti di norma a regni separati, dove-vano essere strettamente legati. Anchele teorie di grande unificazione si ferma-no molto prima di quest'epoca, ma alcu-ni fisici sperano di illuminarla elaboran-do una teoria quantistica della gravità,altrimenti detta «teoria del tutto», cheunisca tutte le forze della natura.

Le discussioni di cosmologia quantisti-ca sanno un po' di fantascienza, e gliscienziati di indole più empirista le con-siderano con un misto di scetticismo e di

perplessità. «Gli astronomi si addor-mentino pure tutti, adesso - avverte Co-leman all'inizio del suo intervento sui cu-nicoli - ma Alan deve stare sveglio.» Ep-pure i cultori di questa disciplina, comeJohn P. Preskill del California Instituteof Technology, pensano che i loro sforzipotrebbero condurre a quel grande bal-zo in avanti teorico del quale la cosmo-logia sembra avere sempre più bisogno.«Alla fine - dice Preskill - queste ideepotrebbero aiutarci a capire la strutturadi grande scala.»

Uno degli esploratori più arditi dellacosmologia quantistica è Stephen W.Hawking dell'Università di Cambridge.Colpito da una malattia degenerativa delsistema nervoso più di 20 anni fa, Haw-king deve ricorrere a una cannula tra-cheale per respirare e riesce a muoveresolo due dita della mano sinistra, ma tan-to basta. Giace nella sedia a rotelle epremendo un pulsante quasi incastratonel palmo della mano costruisce le frasisul video di un calcolatore che gli sta difronte. Un sintetizzatore vocale poi pro-nuncia le frasi per lui con una voce pro-fonda e autorevole stranamente incon-grua con il suo aspetto.

Hawking, il cui lavoro sui cunicoli nel-lo spazio-tempo ha fatto da trampolinodi lancio per l'attacco alla costante co-smologica da parte di Coleman, è con-vinto che questi oggetti possano condur-re prima o poi a una teoria della gravitàquantistica. Altri, come Gerard 't Hooftdell'Università di Utrecht, secondo ilquale i cunicoli violano il fondamentaleprincipio di causalità, ne dubitano: «Pre-ferirei di gran lunga vedere una teoriadalla quale fossero banditi» afferma.

I giorni della cartaccia sono finiti

Un altro modo di accostarsi allo studiodella gravità quantistica è quello che co-involge le supercorde. Questi oggetti, danon confondere con le corde cosmiche,sono particelle ipotetiche dotate di lun-ghezza, ma non di larghezza, attorciglia-te in ben 26 dimensioni. Chi ne proponelo studio sostiene che questi «riccioli»riescono a spiegare il comportamento ditutte le particelle elementari. Altri fisicinotano però che la teoria matematica diquesti oggetti, così astrusa, deve riuscirea dar prova di sé a energie inferiori, neldominio accessibile agli acceleratori diparticelle, prima di poter essere applica-ta alla creazione dell'universo. «La teo-ria delle corde è ancora promettente -osserva con sarcasmo Wilczek dell'Insti-tute for Advanced Study - molto pro-mettente, sempre promettente.» E que-sto vale secondo lui per tutta la cosmo-logia quantistica: «Sono tentativi validi,ma potrebbero essere sbagliati dal primoall'ultimo.»

Turner loda questi tentativi teorici,ma prevede che il futuro della cosmolo-gia sarà dominato dalle osservazioni. So-no finiti, afferma, «i giorni della cartac-cia a ruota libera», delle elucubrazioni

teoriche senza la verifica dei dati. Eppu-re esprime la speranza che le teorie sa-ranno utili come guida degli esperimen-ti: «Se ci sono solo osservazioni è bota-nica - dice - mentre se c'è solo teoria èfilosofia.»

Turner sottolinea che, a onta dellagrande impressione destata da tutte lerelazioni sulla struttura di grande scalapresentate negli ultimi tempi, manca an-cora una carta della maggior parte del-l'universo osservabile. La situazione po-trebbe migliorare, almeno in parte, gra-zie a un progetto comune delle Univer-sità di Princeton e di Chicago per la rea-lizzazione di una carta della disposizionedi un milione di galassie e di varie centi-naia di migliaia di quasar entro la fine delsecolo. Tra qualche anno lo Hubble Spa-ce Telescope, se verrà riparato, potrebberivelare la struttura delle galassie e deiquasar lontani, mentre un radiotelesco-pio attualmente in costruzione in Indiapotrebbe spingersi ancora oltre indivi-duando gli embrioni delle galassie.

Altri esperimenti potrebbero rivela-re la materia oscura. Un gruppo di stu-dio diretto da J. Anthony Tyson degliAT&T Bel! Laboratories sta sondandolo spazio profondo alla ricerca di quasare galassie lontane la cui immagine siastata distorta, cioè piegata ad arco, adanello o scissa in più immagini, da lentigravitazionali costituite da materia oscu-ra. Pierre Sikivie dell'Università dellaFlorida e altri vogliono trasformare ungrande magnete del Lawrence Livermo-re National Laboratory, originariamen-te costruito per esperimenti di fusione,in un rivelatore di assioni, e vari labora-tori statunitensi ed europei stanno pro-gettando strumenti capaci di rivelareparticelle supersimmetriche leggere.

A breve termine, afferma Turner, laprova del fuoco per tutti i modelli verràperò dalla radiazione di fondo a mi-croonde: se il COBE o l'osservatorio alPolo Sud non riuscissero abbastanzapresto a trovare delle fluttuazioni «tre-merebbero le fondamenta stesse dellacosmologia».

E se così fosse? Potrebbe cadere per-fino il modello del big bang? Se al con-vegno svedese nessuno ha voluto giocareal «tiro al big bang», altrove gli scienziatimostrano meno scrupoli. Lo svedeseHannes Alfven, premio Nobel per la fi-sica nel 1970, ha richiamato l'attenzionedel mondo scientifico su un modello chefa a meno del big bang e postula che sial'elettromagnetismo, non la gravità, ilfattore dominante che dà forma alla ma-teria nell'universo. Halton C. Arp, delMax Planck Institut fiir Astrophysik, so-stiene invece che lo spostamento verso ilrosso delle galassie potrebbe non dipen-dere dall'espansione dell'universo.

Schramm, il più acceso difensore delbig bang, continua a sostenere che la teo-ria sopravviverà a questi attacchi, anchese non si troverà nessuna fluttuazionenella radiazione di fondo a microonde.Questa evenienza condannerebbe quasi

tutte le spiegazioni principali della for-mazione delle galassie, compresa la ma-teria oscura fredda ma, dice, aiuterebbe«modelli più inconsueti e curiosi», e nericorda uno secondo il quale l'universoavrebbe sviluppato i semi delle strutturedi grande scala in una transizione di faseverificatasi molto tardi, dopo la libera-zione del fondo a microonde.

Questi discorsi preoccupano Turok, ilgiovane fautore delle intersezioni, ilquale teme che via via che le osservazio-ni rivelano un'immagine sempre più par-ticolareggiata dell'universo, i cosmologisi trovino costretti a ricorrere a modellisempre più complicati e abborracciati,come quello che Tolomeo aveva realiz-zato per descrivere la rotazione del Solee dei pianeti intorno alla Terra. In quelcaso Turok prospetta l'idea di abbando-nare la cosmologia e passare a un altroramo, magari la fisica della materia con-densata. «Forse i problemi che la cosmo-logia si è assegnata si riveleranno troppodifficili da risolvere scientificamente; -osserva - in fondo ci vuole un bel corag-gio per immaginare che l'universo si pos-sa descrivere con una teoria semplice.»

A sentire le preoccupazioni di Turok,Peebles sorride: ricorda che quando ave-va dato il primo sguardo alla cosmologia,verso la fine degli anni cinquanta, lamancanza di sostanza lo «disgustava».«Da allora la disciplina si è fatta semprepiù ricca - ricorda - e non vedo motivoperché non continui così.» Per lui la ma-rea montante di nuove osservazioni èmotivo di soddisfazione, non di dispia-cere. Queste osservazioni eliminerannomagari molte teorie, ma alla fine, datal'abbondanza in cosmologia di talenti ecreatività, daranno vita a teorie nuovecon capacità esplicative molto maggiori.Nel frattempo può darsi che i cosmologi,e tutti gli altri, si trovino costretti ad ab-bandonare i tentativi di capire l'universoper meravigliarsi soltanto di fronte allasua infinita complessità e stranezza.

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