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COSENZA, VENERDI’ 19 NOVEMBRE 2004 RESOCONTO STENOGRAFICO PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO INDI DEL VICEPRESIDENTE MICHELE VIANELLO PARTECIPANO I SENATORI SERGIO AGONI, LOREDANA DE PETRIS E NICCODEMO FILIPPELLI E I DEPUTATI EGIDIO BANTI E DONATO PIGLIONICA PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO I lavori cominciano alle 9.10. Incontro con il procuratore ed il sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Paola. PRESIDENTE. In conformità alle disposizioni della legge istitutiva 31 ottobre 2001, n. 399, la Commissione svolge attività di indagine e di controllo sullo stato di attuazione della normativa vigente e sulle concrete modalità di gestione e di trattamento dei rifiuti. Tra i compiti della Commissione assume rilievo anche l’acquisizione di dati ed elementi informativi in relazione ai sistemi illeciti di trattamento e smaltimento dei rifiuti ed alle organizzazioni criminali coinvolte nel settore. In ordine alle attività illegali di gestione del ciclo dei rifiuti la Commissione è particolarmente interessata ad approfondire la specifica vicenda della motonave Jolly Rosso, arenatasi nel 1990 sulla costa calabrese presso il comune di Amantea. L’audizione del dottor Luciano D’Emmanuele, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Paola, consentirà alla Commissione di effettuare un ulteriore approfondimento della vicenda, anche in relazione ad eventuali nuovi elementi che siano emersi nel corso dell’indagine svolta dalla procura di Paola. Ricordo che il dottor D’Emmanuele è già stato ascoltato dalla Commissione lo scorso 14 luglio. Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, do subito la parola al dottor Luciano D’Emmanuele.

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COSENZA, VENERDI’ 19 NOVEMBRE 2004RESOCONTO STENOGRAFICO

 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

INDIDEL VICEPRESIDENTE MICHELE VIANELLO

 PARTECIPANO I SENATORI SERGIO AGONI, LOREDANA DE PETRIS E

NICCODEMO FILIPPELLI E I DEPUTATI EGIDIO BANTI E DONATO PIGLIONICA

 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

 I lavori cominciano alle 9.10.

 Incontro con il procuratore ed il sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di

Paola. 

PRESIDENTE. In conformità alle disposizioni della legge istitutiva 31 ottobre 2001, n. 399, la Commissione svolge attività di indagine e di controllo sullo stato di attuazione della normativa vigente e sulle concrete modalità di gestione e di trattamento dei rifiuti. Tra i compiti della Commissione assume rilievo anche l’acquisizione di dati ed elementi informativi in relazione ai sistemi illeciti di trattamento e smaltimento dei rifiuti ed alle organizzazioni criminali coinvolte nel settore.

In ordine alle attività illegali di gestione del ciclo dei rifiuti la Commissione è particolarmente interessata ad approfondire la specifica vicenda della motonave Jolly Rosso, arenatasi nel 1990 sulla costa calabrese presso il comune di Amantea.

L’audizione del dottor Luciano D’Emmanuele, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Paola, consentirà alla Commissione di effettuare un ulteriore approfondimento della vicenda, anche in relazione ad eventuali nuovi elementi che siano emersi nel corso dell’indagine svolta dalla procura di Paola. Ricordo che il dottor D’Emmanuele è già stato ascoltato dalla Commissione lo scorso 14 luglio.

Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, do subito la parola al dottor Luciano D’Emmanuele. LUCIANO D’EMMANUELE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Paola. Signor presidente, sarebbe forse opportuno passare in seduta segreta. PRESIDENTE. Sta bene, non essendovi obiezioni, passiamo in seduta segreta.

(La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Torniamo in seduta pubblica. Saluto i nostri ospiti e li ringrazio per il contributo offerto alla Commissione.

 

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Incontro con rappresentanti del comando provinciale dell’Arma dei carabinieri di Messina e della stazione navale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria.

 PRESIDENTE. Elementi utili per lo svolgimento dell’indagine possono derivare dalla ricognizione delle attività investigative di contrasto in ordine alla specifica vicenda della motonave Jolly Rosso, arenatasi sulla costa calabrese presso il comune di Amantea nel 1990, in ordine alla quale sono ancora in corso le relative indagini da parte della magistratura.

In particolare con le audizioni in oggetto la Commissione potrà acquisire dati ed elementi informativi ulteriori sugli elementi di indagine di maggiore rilievo assunti dai rappresentanti delle forze investigative che hanno partecipato alle relative indagini.

Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, do la parola al maresciallo del comando provinciale dell’Arma dei carabinieri di Messina, Domenico Scimone. DOMENICO SCIMONE, Maresciallo del comando provinciale dell’Arma dei carabinieri di Messina. Per quanto riguarda la Jolly Rosso, ricordo perfettamente di aver svolto attività di indagine per conto dell’allora procura circondariale, nell’ambito di una serie di procedimenti riguardanti indagini sui rifiuti in generale. La vicenda della Jolly Rosso inizialmente fu considerata in riferimento alla tipologia di affondamento che stavamo seguendo insieme al comandante De Grazia, con cui ho ricostruito diverse rotte di navi di cui era noto il porto di partenza ma non quello di destinazione. Infatti, pur essendo indicate nelle rotte le destinazioni, tali navi non vi sono mai giunte.

Basandosi sulla rotta, sul percorso e sulla distanza-tempo si stabilì che di tali navi si perdevano le tracce in prossimità delle zone ioniche della Calabria, in particolare al largo di Capo Spartivento. Vi era una nave particolarmente interessante, la Rigel, in ordine alla quale la procura de La Spezia stava eseguendo un'indagine, con intercettazioni telefoniche, per truffa ai danni dell'assicurazione. Acquisiti gli atti presso quest'ultima procura, abbiamo ricostruito l'intera vicenda, nell'ambito della quale alcune persone sono state denunciate e, credo, arrestate per quanto riguarda la truffa ai danni dell'assicurazione. La condotta nautica di tali navi era caratterizzata da circostanze anomale. Ricordo che la Rigel impiegò circa dieci ore per affondare e non lanciò mai l’SOS. Va tenuto presente che la posizione della nave era a circa 20 miglia al largo da Capo Spartivento, in una zona in cui vi sono quattro capitanerie di porto e la flottiglia di Augusta, che in quello specchio di mare sono pronte al soccorso in qualsiasi momento.

L'equipaggio fu tratto in salvo dalla nave Karpen, proveniente dalla Jugoslavia. Il nome di tale nave significa sostanzialmente “pulizia”. L'equipaggio fu condotto, anziché nei porti più vicini, quali ad esempio Catania o Siracusa, in Tunisia, dove sparì dalla circolazione. La procura de La Spezia ha spiccato un ordine di cattura internazionale nei confronti del comandante, che peraltro dichiarò l’affondamento con coordinate non veritiere, al fine di impedire il ritrovamento della nave, in quanto l’affondamento era finalizzato alla truffa dell'assicurazione.

Il carico della Rigel era peraltro piuttosto anomalo in quanto alcuni container erano stati caricati con blocchi di cemento. Se tale aspetto poteva essere considerato non particolarmente rilevante dal punto di vista della truffa all'assicurazione, esso era particolarmente interessante dal punto di vista della nostra attività investigativa. Ci risultava infatti che per quanto concerne i rifiuti pericolosi, e in particolare quelli radioattivi, il cemento costituisce un ottimo elemento di schermatura. Approfondendo ulteriormente l'attività investigativa, risultò anche l'affondamento, al largo di Capo Vaticano, della nave Michigan. Tale nave presentava le stesse caratteristiche della Rigel: il carico, l'equipaggio di nazionalità diverse, e raffrontando l’affondamento della Rigel e quello della Michignan sembrano uno lo specchio dell’altro. Una situazione analoga si determinò nel caso della Jolly Rosso: vi fu una condotta nautica anomala dal punto di vista tecnico, in quanto la nave si trovò in difficoltà al largo di Capo Spartivento, lanciò l’SOS e fu affiancata da un'altra

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nave della stessa compagnia, che, sulla base delle dichiarazioni rilasciate, tentò di agganciarla, senza riuscirvi. Fu quindi abbandonata troppo frettolosamente, andò alla deriva e spiaggiò in Contrada Formica, nella spiaggia di Amantea.  DONATO PIGLIONICA. Quindi era già nello specchio di Messina. DOMENICO SCIMONE, Maresciallo del comando provinciale dell’Arma dei carabinieri di Messina. Era già davanti allo specchio nel canale, in quanto vi era mare di maestrale forza 7 e la nave era in transito da Capo Vaticano alle isole Eolie, nella rotta verso La Spezia. Si tratta di Capo Vaticano, di fronte ad Amantea, non di Capo Spartivento.

La nave fu dunque abbandonata troppo frettolosamente, anche perché essa teneva ancora il galleggiamento, pur avendo uno sbandamento del carico, come fu dichiarato, e non presentava un’inclinazione critica tale da determinare il rischio di un immediato imbarco di acqua ed affondamento. La dimostrazione di ciò è costituita dal fatto che la nave spiaggiò sulla battigia della spiaggia di Amantea.

Sono state riscontrate ulteriori circostanze anomale. Alcuni membri dell'equipaggio, all'atto della partenza, fecero di tutto per non imbarcarsi, in quanto sapevano che la nave non sarebbe tornata indietro. Inoltre, alcune persone del luogo dichiararono che, meno di ventiquattro ore dopo l'affondamento della nave, con il mare in tempesta, una persona con i baffi, che non è mai stata rintracciata, salì a bordo frettolosamente, portando via un plico.

L'incarico per il recupero della nave fu inizialmente assegnato dalla linea Messina alla Smit Tak; quest'ultima si recò sul posto e lavorò per alcuni giorni al fine di prelevare il carico. La circostanza singolare è costituita dal fatto che la nave si trovava lungo la costa, con la prua diretta verso nord, e aveva peraltro creato una porzione di spiaggia: lo scarico fu operato sopravvento, dal lato mare, e dunque nella parte sottratta alla visuale della popolazione. Si tratta di una circostanza singolare in quanto, essendo lo sbandamento da quel lato, in tal modo il recupero risultava molto più difficile. Dal punto di vista tecnico, sarebbe stato preferibile praticare uno squarcio sul lato di dritta, anziché sul lato di sinistra, in modo da agire più facilmente.

Successivamente subentrò una ditta di Crotone, di cui ho interrogato il titolare. Quest'ultimo affermò di essere disposto, in virtù di un contratto sottoscritto con la linea Messina, a recuperare e a mettere in galleggiabilità la nave, avendo accertato che essa non presentava falle preoccupanti, e mi fornì una voluminosa documentazione fotografica relativa all’intera nave prima, durante e dopo lo smantellamento. Nell'ambito di tale documentazione vi erano alcune fotografie relative all'interno della nave, da cui emergeva un vuoto, certamente provocato dalla Smit Tak al fine di prelevare qualcosa, come fu precisato nelle note informative.

Un’ulteriore circostanza anomala è costituita dallo squarcio praticato, che sulla base delle dichiarazioni rilasciate sarebbe stato provocato dal mare. Dalla documentazione fotografica emerge che si tratta di tagli perfetti, che non possono essere stati determinati da cause naturali. Lo sbandamento del carico è stato provocato dal fatto che all'interno vi era un sollevatore, con alcuni forchettoni, che ruppe gli ormeggi di ancoraggio, sfondando una lamiera. Ciò non preludeva tuttavia all’affondamento della nave (peraltro il carico era collocato al di sopra della stiva della sala macchine). Un collega della Guardia di finanza rinvenne e inviò in procura tale lamiera, successivamente alla conclusione delle indagini da parte nostra e all'invio degli atti per competenza superiore.

La documentazione fotografica dimostrò pertanto che la nave era potenzialmente operativa e avrebbe potuto riprendere il galleggiamento. Tuttavia, Cannavale smantellò completamente la nave e mi fornì le fotografie. Non vedo pertanto come vi possa essere oggi una parte di nave affondata al largo di Amantea, addirittura con i carrelli e i container. Dunque, o Cannavale non ha mai smantellato quella nave o si tratta di un’altra nave.

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La vicenda della Jolly Rosso è dunque anomala. Sulla base di testimonianze emerge peraltro che subito dopo l’affondamento il comandante della Capitaneria di porto lanciò un allarme e richiese l’intervento dei vigili del fuoco, in quanto - secondo quanto egli ha affermato in dichiarazioni messe a verbale - vi fu un allarme radioattività. Inoltre, secondo le testimonianze di alcuni membri dell'equipaggio, vi furono incongruenze per quanto concerne il carico della nave: il piano di carico prevedeva infatti un determinato quantitativo di container, mentre il nostromo addetto al carico dichiarò che il carico stesso era di gran lunga superiore. Vi erano alcuni container che erano stati dichiarati vuoti ma che in realtà non lo erano.

Nel corso dell'attività di indagine, ascoltando, sulle modalità tecniche, il comandante della Capitaneria di porto di Vibo Valentia Bellantone, emerse un opuscolo acquisito presso la casa di Comerio, nel quale erano contenute informazioni sui siluri. Il comandante Bellantone ci disse: io queste cose le ho già viste. Restammo sorpresi, e chiedemmo dove le avesse viste. Egli ci riferì di averle viste sulla Jolly Rosso, e ci rendemmo conto che la situazione era ben diversa rispetto ad un normale affondamento. Raccogliemmo dunque tutte le circostanze relative a tali anomalie, che furono riferite nelle note informative trasmesse all'autorità giudiziaria. Quanto agli aspetti relativi alle altre navi, essi sono già noti alla Commissione e sono già stati ampiamente riferiti dal procuratore.

Vi sono circostanze molto anomale per quanto riguarda la Jolly Rosso. Abbiamo evidenziato tali circostanze, non abbiamo mai affermato che vi siano certezze. Vi sono testimonianze nonché dichiarazioni messe a verbale di membri dell'equipaggio, che hanno riferito di avere avuto paura temendo da un momento dall'altro uno scoppio, forse a causa delle telemine o degli involucri presenti a bordo. LOREDANA DE PETRIS. Lei fa riferimento ai membri dell'equipaggio… DOMENICO SCIMONE, Maresciallo del comando provinciale dell’Arma dei carabinieri di Messina. Vi fu un abbandono troppo frettoloso della nave, e ciò richiamò la nostra attenzione. Non riuscivamo infatti a comprendere perché l'equipaggio abbandonò frettolosamente la nave. LOREDANA DE PETRIS. I 16 membri dell’equipaggio furono mai sentiti? DOMENICO SCIMONE, Maresciallo del comando provinciale dell’Arma dei carabinieri di Messina. Ne furono sentiti alcuni, se non erro da parte della Guardia di finanza. All'epoca, infatti, mi occupai dell'aspetto tecnico relativo all'affondamento e allo smaltimento da parte della ditta Cannavale. Proprio il giorno in cui interrogai Cannavale morì De Grazia, mentre si stava recando alla Spezia nell’ambito dell'inchiesta sulla Jolly Rosso. GAETANO PULVIRENTI, Maresciallo della stazione navale della Guardia di finanza di Reggio Calabria. La Guardia di finanza si è interessata alla vicenda della motonave Jolly Rosso circa sei anni dopo l'affondamento, su incarico della procura di Reggio Calabria. Abbiamo cercato di ricostruire la vicenda esclusivamente sulla base della documentazione che abbiamo potuto acquisire presso la società Ignazio Messina e presso la ditta Cannavale che si è occupata dello smantellamento della nave, nonché ascoltando i membri dell'equipaggio. Tale attività si è articolata in due fasi. Nella prima fase abbiamo tentato di ricostruire il viaggio da Malta verso La Spezia, nel corso del quale si è verificato l'incidente. Nella seconda fase si è tentato di comprendere perché la Jolly Rosso fosse nota come la “nave dei veleni”, e forse siamo riusciti a chiarirlo. Praticamente, abbiamo cercato di vedere il carico a bordo di questa nave nel viaggio di andata. Riguardo a questo carico - anche rispetto alla documentazione che abbiamo potuto successivamente reperire presso la dogana di Paola - è stato fatto un riscontro tra quello che, bene o male, l'equipaggio affermava, ciò

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che il piano di carico diceva che vi era a bordo e quello che è stato sbarcato, ad eccezione di alcuni container. Il primo ufficiale di coperta (vale a dire la persona che si interessa materialmente del carico e del suo stivaggio) ha assicurato che a bordo vi era più di un container contenente materiale elettrico. Di questo, tuttavia, non c'è stato alcun riscontro. A noi, infatti, risultavano alcuni container con un carico di liofilizzati che egli ha affermato di non ricordare, mentre si ricorda perfettamente del carico elettrico.

Vi sono, poi, varie discordanze circa il numero dei container a bordo.

 

MICHELE VIANELLO. C’era una bolla, in qualche maniera? GAETANO PULVIRENTI, Maresciallo della stazione navale della Guardia di finanza di Reggio Calabria. La bolla, vale a dire la polizza di carico, sicuramente c'era, poiché deve esserci per forza; solo che ribadisco che, dopo sei anni, possiamo recuperare solo quello che la ditta Messina ci ha dato. Infatti, tale documentazione, subito dopo lo spiaggiamento, è stata chiaramente presa da qualcuno. Questi documenti vengono presi e consegnati alla società armatrice. MICHELE VIANELLO. Potrebbero essere stati modificati. GAETANO PULVIRENTI, Maresciallo della stazione navale della Guardia di finanza di Reggio Calabria. Potrebbe anche essere, certamente. Ripeto che si tratta di un’azione che deve essere compiuta immediatamente, con la nave ancora là: si sale a bordo e si prendono tali documenti. Tuttavia, sono trascorsi sei anni, ed ho già premesso che abbiamo ricostruito tutto in una fase successiva, e dunque sulla base di quanto ci è stato fornito.

Ribadisco che noi abbiamo notato qualcosa di strano, come, ad esempio, il fatto che questa nave era inclinata ed aveva la stiva allagata. Si presume che si sia aperta una falla, tuttavia, per quanto ne so, la ditta che ha provveduto a smontarla interamente, la Mosmode di Crotone, non ha mai sostenuto di aver notato alcuna falla, a parte delle vie d'acqua che si sono aperte dopo lo spiaggiamento, perché, giustamente, con l'operativa della nave che sfrega sul terreno ed il movimento che gli fa fare il mare, a lungo andare, chiaramente, si possono aprire delle vie d'acqua. Non vi era, però, alcuna falla che potesse giustificare il fatto che la stiva era comunque allagata: l’acqua è entrata, ma non sappiamo come, e questa è una circostanza strana.

Un'altra cosa strana - che ricordo adesso così, a memoria – era che c'era un marinaio, il Borrelli - che abbiamo ascoltato ma che, chiaramente, non ha confermato – che ha sostenuto che, nel viaggio di andata da La Spezia, è sbarcato a Napoli per un certificato medico. Egli ha detto che è sbarcato perché stava male (poiché aveva la bronchite o qualcosa del genere), tuttavia, in realtà, tre suoi colleghi di bordo, tre marinai, hanno invece affermato di essere stati avvertiti da questo Borrelli che aveva paura e che dovevano stare attenti, perché sicuramente la nave non sarebbe tornata indietro, ed egli sarebbe sbarcato, anche pagando.

Queste sono le dichiarazioni che abbiamo ascoltato quasi tutti, io stesso personalmente. Tutto ciò che hanno dichiarato è scritto ed è in consegna al tribunale. Ribadisco che tre persone, per quanto mi ricordi, confermano il fatto che questo marinaio, il Borrelli, aveva detto che voleva sbarcare perché aveva paura, perché questa nave non sarebbe tornata indietro.

Rispetto ad altre anomalie, confermo quanto ha detto il collega sulla vicenda dello squarcio: infatti, che il mare prenda un pezzo di lamiera da una nave, la stacchi totalmente e vi lasci un buco mi sembra una circostanza assolutamente difficile da verificarsi.  

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LOREDANA DE PETRIS. Nonostante ci fosse ancora tutta la nave. GAETANO PULVIRENTI, Maresciallo della stazione navale della Guardia di finanza di Reggio Calabria. Anche. Voglio dire, tuttavia, che vi sono alcune fotografie dove si vede tale squarcio: in effetti, sembra fatto per bene. Posso capire che il mare, con una forza incredibile, possa sfondare e aprire uno squarcio, e quindi le lamiere vengono divelte verso l'interno (Commenti del senatore Agoni). No, non c'era niente: là c'era un buco enorme, e pure alto.

Un'altra circostanza che ho notato, e chi mi ha un po' insospettito, è che avevo sentito dire da qualcuno che aveva lavorato a questa nave che ad essa, prima di spiaggiarsi, si fosse affiancata un'altra nave, la quale si vociferava passasse per sbarcare qualcosa (sa, le solite voci). In effetti, devo dire che ricordo che, sulla fiancata sinistra del lato poppiero della nave, il nome si leggeva a malapena, e poi vi erano diverse ammaccature, che era impossibile potessero essere state fatte dal mare: potrebbero essere state sicuramente provocate da un cozzo o dallo sfregamento con qualcosa di duro.

È strano anche che la società olandese Smit Tak, famosa in tutto il mondo per recuperare navi ben più grandi di questa (che, tutto sommato, è una nave piccolina), vi abbia rinunciato, sostenendo che era impossibile: mi sembra una circostanza piuttosto strana. Ciò per quanto riguarda la prima fase. Possono esserci diverse altre cose, ma bisognerebbe rileggersi tutti gli atti, che sono dei fascicoli enormi, i quali sono stati comunque tutti consegnati in tribunale.

Nella seconda fase, invece, abbiamo cercato di capire perché questa nave si chiamasse "la nave dei veleni". Praticamente, è accaduto questo: nel 1986, o giù di lì, una ditta italiana, che credo si chiamasse Jelly Wax, che operava a Milano, aveva raccolto un elevato numero di tonnellate di materiale non radioattivo, ma tossico, che dovevano essere smaltite. Tale materiale ha fatto il giro del mondo, perché è andato in Venezuela, in Siria e tutti quanti lo hanno rispedito indietro (Commenti dell’onorevole Vianello). C'era esattamente anche questa nave, ed alla fine, una mattina, tutti questi bidoni sono stati ritrovati in una spiaggia libanese. Il Governo libanese, giustamente, ha chiamato il nostro Governo, chiedendogli di venire a riprendere questa roba (mi sono espresso così per farla molto breve, chiaramente)! Il Governo italiano, e quindi il Ministero degli affari esteri, ha prima cercato di contattare una nave per andare a prendere questo materiale, però i proprietari della nave si sono rifiutati, perché si sono spaventati, poiché vi era stata una campagna stampa abbastanza sostanziosa. Dopodiché, era stata mandata la Jolly Rosso, tramite la società di Ignazio Messina di Genova, per prelevare tale materiale.

La nave ha preso questo materiale e lo ha riportato in Italia tramite la Monteco (quindi, la Montedison ecologica di Ravenna), smaltendolo regolarmente, secondo tutti i criteri. La nave è stata ferma diverso tempo (credo a Genova o a La Spezia) per effettuare dei lavori di bonifica, ma le è rimasto l'appellativo della "nave dei veleni". Questo è almeno ciò che abbiamo potuto accertare. PRESIDENTE. Avete svolto voi la perquisizione presso l'abitazione di Comerio?  GAETANO PULVIRENTI, Maresciallo della stazione navale della Guardia di finanza di Reggio Calabria. No. PRESIDENTE. Avete trovato elementi che consentissero di pensare che vi fosse un rapporto tra Comerio ed i Messina? DOMENICO SCIMONE, Maresciallo del comando provinciale dell’Arma dei carabinieri di Messina. Il collegamento esistente tra Comerio e la Jolly Rosso è documentato da un appunto in suo

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possesso, uno studio di fattibilità per il seppellimento dei penetratori proprio sulla Jolly Rosso, perché era una nave di tipo RO-RO. PRESIDENTE. Il collegamento deriva, quindi, dal fatto che tale documento della… DOMENICO SCIMONE, Maresciallo del comando provinciale dell’Arma dei carabinieri di Messina. Secondo quanto da egli dichiarato, sembra che vi fosse una trattativa di acquisto della nave per finalizzarla al seppellimento dei rifiuti. In tale circostanza, ancora dovevamo iniziare le nostre attività sulla Jolly Rosso. Ecco perché, nel momento in cui il Bellantone ha visto quei documenti, ci siamo un pochino insospettiti. Infatti, era una nave tipo RO-RO, c'era scritto "Rosso" – lo ricordo perfettamente -, perché la Jolly Rosso, se non ricordo male, fu chiamata prima Rosso e poi Jolly Rosso, adesso che mi viene in mente. GAETANO PULVIRENTI, Maresciallo della stazione navale della Guardia di finanza di Reggio Calabria. Al contrario: prima si chiamava Jolly Rosso, poi le hanno cambiato nome per via dell’appellativo "nave dei veleni".

 

DOMENICO SCIMONE, Maresciallo del comando provinciale dell’Arma dei carabinieri di Messina. Esatto. C’era un doppio nome, e ci fu la sottrazione di un secondo nome prima o dopo la vicenda della costa. Si chiamava Rosso, ma in effetti era la Jolly Rosso.

Peraltro, vi era un'altra circostanza. La Jolly Rosso, partendo da La Spezia (perché dovevano essere fatti dei lavori), fu messa in idoneità alla navigazione in brevissimo tempo. Quando si disarma la nave e si deve riarmare, occorrono tempi tecnici piuttosto lunghi, ma questa nave fu riarmata in pochissimo tempo. Ciò perché ritardò parecchio nell'attesa della sua bonifica e stava scadendo il certificato di navigabilità. GAETANO PULVIRENTI, Maresciallo della stazione navale della Guardia di finanza di Reggio Calabria. Hanno avuto problemi con la Capitaneria di porto: difatti, qualcuno dell'equipaggio me lo disse. Erano convinti di non partire, perché la Capitaneria di porto di La Spezia non gli dava l'OK per la partenza. In seguito, invece, improvvisamente, dall'oggi al domani, la Capitaneria ha detto che era tutto a posto e che potevano partire, perché erano idonei. Oltre all'equipaggio, si sono imbarcate altre cinque persone, le quali, durante la navigazione da La Spezia verso Napoli (e, dunque, verso Malta) credo dovessero finire di montare un generatore, o qualcosa del genere. In seguito, un gruppo è sbarcato a Napoli ed uno solo è rimasto a bordo, ed anche in questo caso ne abbiamo chiesto la ragione. Adesso, facendo mente locale, mi viene in mente qualcosa. MICHELE VIANELLO. Di Gioia. GAETANO PULVIRENTI, Maresciallo della stazione navale della Guardia di finanza di Reggio Calabria. Di Gioia, sì. Praticamente, c'era qualcosa di strano. Qualcuno - adesso non ricordo chi, ma risulta scritto agli atti - disse che questo Di Gioia era a bordo (forse lo ha affermato lui stesso, ma non posso dirlo con precisione, perché non ricordo) poiché il direttore di macchina era inesperto, mentre lui era un motorista, e quindi poteva dare il suo apporto. Il direttore di macchina, invece - credo si chiamasse Damanti, se non erro -, ha confermato che aveva già fatto diversi imbarchi su quella nave, e quindi la conosceva bene. Pertanto, vi è già un'altra contraddizione rispetto alle diverse dichiarazioni rese.

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 MICHELE VIANELLO. Questo Di Gioia è presente nella nave al momento del "naufragio"? GAETANO PULVIRENTI, Maresciallo della stazione navale della Guardia di finanza di Reggio Calabria. Sì. MICHELE VIANELLO. Lui c'è sempre? GAETANO PULVIRENTI, Maresciallo della stazione navale della Guardia di finanza di Reggio Calabria. Sì. MICHELE VIANELLO. Lui è sempre rimasto a bordo durante tutto il viaggio? GAETANO PULVIRENTI, Maresciallo della stazione navale della Guardia di finanza di Reggio Calabria. Esatto, lui è rimasto sempre a bordo: a Napoli sono sbarcati gli altri quattro. DOMENICO SCIMONE, Maresciallo del comando provinciale dell’Arma dei carabinieri di Messina. Ci risulta che fosse a bordo; poi, materialmente, non so se sia rimasto effettivamente a bordo, perché non ricordo se la lista dell'equipaggio fu redatta dalla Capitaneria di porto. In tale lista vi erano anche alcune incongruenze, poiché l'equipaggio dichiarato era un po' diverso da quello effettivo che è sbarcato, come dall'atto del soccorso.

L’altra circostanza che mi è venuta in mente mentre egli raccontava (perché le cose mi vengono in mente adesso, anche se ho cercato di “spegnere” quest’indagine) è in riferimento alla Rigel, nave che non fu mai trovata, anche con l'esame della DDA da parte della ditta di recupero, che dichiarò che la nave era inesistente e che non è mai affondata in quello specchio di mare. In circostanza dell'affondamento fu trovato (perché l'SOS fu lanciato dopo, a largo di Capo Spartivento) un salvagente con scritto il nome Rigel; si tratta, pertanto, della conferma che la nave ha effettivamente fatto naufragio, o quantomeno del fatto che avranno buttato in mare questo salvagente, che venne recuperato, se non ricordo male, proprio da una motovedetta della Guardia di finanza. Ebbene, tale salvagente non fu mai trovato, per cui si trattò di un'altra circostanza che ci attestò certi fatti.

Peraltro, vi era un discorso di base da fare. Per quanto riguarda il Comerio, vorrei segnalare che, tra la documentazione che gli è stata sequestrata, fu trovato nella sua agenda un appunto in inglese, il quale, tradotto in italiano, significa "persa la nave". Tale appunto era stranamente riportato alla stessa data in cui affondò la Rigel. Si trattò di una circostanza piuttosto strana, poiché la Rigel e Comerio non avevano alcun tipo di collegamento; tuttavia, quell'appunto sull'agenda era riportato praticamente lo stesso giorno in cui era affondata tale nave.

Peraltro, quando è affondata la Rigel, c'era anche un'intercettazione telefonica da parte della procura di La Spezia (che seguiva l'ipotesi di affondamento indiretto, finalizzato alla truffa), nella quale uno degli imputati (di cui adesso non ricordo il nome) disse telefonicamente all'altro interlocutore una frase del tipo "è nato il bambino", riferito alla Rigel: praticamente, voleva dire che l'evento era avvenuto.

Altre circostanze riguardanti la Rigel sono il grande ritardo che ha portato dalla partenza da La Spezia fino al porto di Palermo, la navigazione un po' strana (perché ha navigato sottocosta per parecchio tempo) e la data di affondamento. Essa, infatti, ha impiegato circa 15 giorni, ma è impossibile, per quel tipo di nave: attraversato lo Stretto, avrebbe impiegato tre o quattro giorni al massimo. Inoltre, non si capiva la finalità commerciale, perché sembra che questa nave abbia vagato nello Stretto, in attesa degli accordi intercorsi tra loro. Come è stato dimostrato dagli atti,

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l'affondamento doveva avvenire solo dopo l'eventuale pagamento da parte dell'armatore greco (che non ricordo se si chiamasse Papanicolau). PRESIDENTE. Ringrazio i marescialli Scimone e Pulvirenti non solo per la disponibilità dimostrata, ma anche per le utili informazioni che sono state fornite alla Commissione, sicuramente necessarie per una valutazione più compiuta di questa complessa vicenda.

 Incontro con il sindaco di Amantea, Franco La Rupa.

 PRESIDENTE. Signor sindaco, siamo qui per una vicenda che lei immagino conosca, perlomeno sul piano giornalistico. Cosa può dirci al riguardo? FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Signor presidente, per la verità non ho seguito tale vicenda, poiché allora, nel 1990, non ero sindaco di Amantea. NICCODEMO FILIPPELLI. Era consigliere comunale? FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Sì. Ciò che ricordo è che già si preannunziava che vi era questa nave alla deriva dalle nostre parti. Nel pomeriggio, se ricordo bene, si è visto che la nave si era già spiaggiata. Erano già presenti le Forze dell'ordine e la Guardia di finanza, ma non ci hanno fatto proprio avvicinare. Per il resto, non abbiamo saputo più niente. Ci interessammo per farla rimuovere al più presto, dal momento che creava problemi, poiché vi era un fabbricato vicino. Quella nave sulla riva creava problemi a tale abitazione, e dunque ci siamo adoperati per farla rimuovere al più presto possibile; però, per il resto, non so più niente riguardo a cosa è accaduto.

Quest'estate, su L’Espresso, abbiamo letto che c'era un interessamento, era stata disposta una riapertura delle indagini e tutto il resto. Ci hanno chiesto di costituirci parte civile, cosa che abbiamo fatto. Vorrei segnalare che sono anche presidente di un consorzio di 11 comuni, e quindi ho convocato anche tale consorzio per decidere di costituire anch'esso come parte lesa e, qualora dovesse esservi la necessità, come parte civile. Per il resto, non so che dirle, signor presidente. NICCODEMO FILIPPELLI. C’era un vigile distaccato presso la procura di Paola, ma voi lo avete richiamato in servizio: perché? FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Signor senatore, la Jolly Rosso deve essere un caso da risolvere per la salute del cittadino, ma non può costituire un caso di speculazione politica, perché diversamente non se ne esce. Questo fatto del vigile che - guarda caso - è stato richiamato è un ragionamento che ha formulato Alleanza Nazionale, che ha tentato di gestire… PRESIDENTE. Non parliamo di politica! FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. …per queste cose. Devo dirvi, perché non ho peli sulla lingua, che non c'entra proprio un bel nulla! Il vigile non era distaccato presso la procura per la vicenda della Jolly Rosso. Tale vigile, infatti, era presso la procura della Repubblica già da qualche anno, poiché la stessa procura aveva la necessità di avere a disposizione un vigile per darle una mano, soprattutto in materia di abusi edilizi. Noi lo abbiamo mandato due anni o due anni e mezzo prima, non so bene quanto, ma chiaramente, dopo tre anni, oggi abbiamo pochissimi vigili (perché due o tre sono andati in pensione). Dovevamo garantire, ad esempio, le uscite delle scuole, ed

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avevamo l'imminente passaggio di un mercatino (che si è tenuto domenica scorsa) da una parte all'altra della città. Dovevamo effettuare anche delle verifiche, perché l'inquinamento non passa solo attraverso la Jolly Rosso: pensiamo, infatti, che tutti i corsi d'acqua siano inquinati, poiché la gente vi butta oggetti che non vi dovrebbe riversare, e pertanto non avevamo il controllo del territorio.

Abbiamo ritenuto opportuno far rientrare in servizio tale vigile all'interno del comando prima di questa estate (poiché in tale stagione la città è invivibile, e quindi c'è bisogno di vigili), perché ne avevamo bisogno; pertanto, non c'è un ragionamento legato alla Jolly Rosso. Se il vigile sa qualcosa sulla Jolly Rosso e lo deve dire, lo autorizzeremo a farlo quando e come vuole, ma ciò non significa niente!

Scusate il mio tono su questo argomento, ma, per quanto mi riguarda, si tratta di una cosa ridicola che non ha nulla a che vedere con tale vicenda. Infatti, riguarda altre problematiche, che investono la politica, ma non attiene né all'ambiente, né alla Jolly Rosso.

Tra l'altro, devo dire che questo vigile, Emilio Osso, sta dall'altra parte rispetto all'amministrazione in carica, quindi anche ciò molto probabilmente può incidere nell'indurre a fare insinuazioni; tuttavia, per quanto mi riguarda, sono tutte bazzecole! D'altra parte, ho già parlato con la procura, ed ho detto che, se ne avesse la necessità per questo processo, basterebbe che mi dicesse quando e come e noi autorizzeremo il vigile, perché non lo terremo legato per impedirgli di riferire o collaborare. Il Parciano ha lavorato presso la procura e lo abbiamo pagato noi! Se c'è un reato da scontare, per la verità, è proprio il fatto che il comune paga il vigile Osso e la procura lo utilizza: questo potrebbe essere un reato a carico del Segni.  NICCODEMO FILIPPELLI. Se dovesse servire per il completamento delle indagini... FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Il nostro problema è che non abbiamo vigili! Infatti, veniamo accusati che all'uscita delle scuole non c'è un vigile puntuale a tutte le ore, e che questo territorio non è vigilato perché i fiumi sono inquinati! Scusate, ma i vigili sono quelli: ne abbiamo pochissimi e non possiamo assumerne altri per problemi di bilancio.  LOREDANA DE PETRIS. È vero che ne sono stati assunti alcuni proprio a fine luglio? FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. No. Ogni anno assumiamo i vigili estivi: ne prendiamo cinque, sei o sette, a seconda delle circostanze, per garantire l'isola pedonale, che va dalle ore 21 alle 24. LOREDANA DE PETRIS. Quindi, li assumete solo per il periodo estivo. FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Sì, solo per la stagione estiva. PRESIDENTE. Signor sindaco, devo dirle la verità, poiché quando non sono convinto di qualcosa lo segnalo sempre. È singolare che un comune dia un ausilio straordinario (così come, per la verità, fanno quasi tutti i comuni d'Italia) alla procura, attribuendo così, di fatto, del personale per tre giorni la settimana pagandolo in proprio. Vi è anche grande disponibilità dal punto di vista della sensibilità nei confronti della tutela del diritto alla giustizia dei cittadini, ma poi, d’un colpo… FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Non è stato d’un colpo! A voi risulta d’un colpo? PRESIDENTE. Voglio dire che non può non risultare d'un colpo; peraltro, devo dire…

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 FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. A voi risulta d’un colpo, ma a me ciò non risulta! Sono tre anni, infatti, che ribadiamo alla procura che non abbiamo abbastanza vigili urbani, che non possiamo assumerne e che i colleghi di quel vigile si lamentano, poiché si chiedono che cosa centri con la procura, dal momento che recandosi lì crea loro diversi problemi.

Mi domando, allora, perché la procura della Repubblica non assuma direttamente un vigile, o una persona che abbia le capacità per farlo! Questa storia va avanti da tre anni, ed è iniziata con la scusa del problema urbanistico. Anzi, ancora peggio, gli anni sono cinque: pensavo che fossero tre o quattro, ma ormai abbiamo perso il conto!

Come dicevo, tale vicenda è iniziata prima con il problema urbanistico, perché la procura doveva effettuare delle verifiche in tale ambito ed aveva bisogno di un vigile urbano. Abbiamo messo immediatamente a disposizione il vigile Emilio Osso, e pensavamo che il distacco durasse solo un anno, due o tre. Ma adesso basta, perché ora ci serve! Adesso è capitata la vicenda della Jolly Rosso e si formula il ragionamento per cui, guarda caso, lo hanno richiamato proprio in questo momento! Onorevole, a noi della Jolly Rosso ci può solo interessare la ricerca della verità, solo questo! PRESIDENTE. Non ne dubito, signor sindaco. FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Non ci interessa il ragionamento su Emilio Osso che va o viene, perché, a mio avviso, con o senza tale vigile questa è tutta una montatura! Credo che bisogna trovare la verità e pensare ad altre cose, anche riguardo alla Jolly Rosso! Ciò perché, per quanto mi riguarda, Emilio Osso non rappresenta niente e nessuno! DONATO PIGLIONICA. Signor sindaco, non voglio discutere. La coincidenza tra la riapertura del caso ed il ritiro del vigile era particolare. Le devo dire, onestamente, che ciò che mi ha più sorpreso è che una persona impegnata politicamente (quindi, in prima fila nel seguire le questioni della città), ci dica prima che tale vicenda è accaduta nel 1990 e poi, sostanzialmente, che non ne sa più nulla... FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Poi non se n’è più parlato, non è vero che non ne so nulla! DONATO PIGLIONICA. Signor sindaco, provo a spiegarmi meglio. Mi è parso di capire che, intorno a tale questione, siano sorti allarmi, preoccupazioni… FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Se vi posso interrompere, onorevole, ci chiariremo meglio.

Vi è stato lo spiaggiamento della nave, dopodiché se n’è parlato solo per farla rimuovere perché tale nave poteva creare problemi soprattutto dal punto di vista dell’inquinamento, poiché la nafta finiva in mare. Avevamo preoccupazioni di questo tipo, dato che non sapevamo che avrebbero potuto esservi problemi di altra natura. Nessuno, infatti, ha mai parlato di scorie o di radioattività. DONATO PIGLIONICA. Non mi riferisco a questo. FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Nessuno ha mai parlato di rifiuti nocivi. In seguito, la nave è stata rimossa, e nessuno ne ha mai più parlato. È questo il motivo per cui non so niente, ma non perché sono stato irresponsabile, o perché non ho voluto seguire tale vicenda. Nessuno ne ha

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mai più parlato, tanto è vero che la magistratura aveva addirittura archiviato il caso, ma nessuno ci ha mai chiamato, nessuno ci ha comunicato nulla, nessuno ci ha chiesto niente e nessun giornale ha mai parlato di nulla!

Ribadisco che nessun giornale locale o nazionale, né tantomeno L’Espresso, ne ha mai parlato dal 1990 ad oggi! Il ragionamento di cui parliamo è emerso quest'estate, dopo l'articolo pubblicato da L’Espresso, perché, diversamente, sarebbe stata una vicenda dimenticata. MICHELE VIANELLO. Già dimenticata! FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Si sarebbe trattato di una vicenda dimenticata, poiché nessuno ne aveva mai fatto un problema, nessuno ne aveva parlato e noi non siamo mai stati chiamati per capire di cosa si trattasse.

Vorrei segnalare che sono stato eletto sindaco nel 1997, ma poi la mia carica è stata interrotta per un anno. Sono stato successivamente rieletto nel 1999, restando in carica fino ad oggi, dal momento che sono stato confermato nel giugno scorso. Sono sindaco da cinque anni, dunque. DONATO PIGLIONICA. Sindaco, mi perdoni se sono un po' perplesso per il fatto che questa nave, notoriamente coinvolta in un traffico di rifiuti, era stata protagonista di una vicenda di livello internazionale. FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Per quello che mi riguarda - può darsi che sia un sindaco di campagna - "notoriamente" no. DONATO PIGLIONICA. Non mi riferisco a quando si è spiaggiata ad Amantea. La vicenda della Jolly Rosso che andava a recuperare i rifiuti in Libano è stata riportata su tutti i giornali e spero che in un paese di campagna arrivi anche la televisione! FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Confesso la mia ignoranza, ma ho appreso che la Jolly Rosso faceva questo tipo di lavoro dopo aver letto l'articolo de L’Espresso, altrimenti non sapevo nemmeno cosa fosse la Jolly Rosso. Infatti, tale vicenda risale al 1990 e io non ero sindaco e non l’ho seguita da vicino. Dopodiché ci preoccupammo del fatto che questa nafta sarebbe andata inmare provocando un danno enorme. PRESIDENTE. Non ha mai saputo che nelle immediate prossimità temporali dello spiaggiamento la Capitaneria di porto, attraverso i Vigili del fuoco, fece un rilevamento per escludere che vi fosse una condizione di inquinamento radioattivo? FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Non mi risulta assolutamente. Tra l'altro, l'altro ieri mattina ho partecipato anche ad una riunione presso la Capitaneria di porto convocata dal magistrato, alla quale erano presenti il comandante Di Stefano, io, il proprietario della ditta che ha provveduto a demolire la nave…  PRESIDENTE. Cannavale. FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Sì, Cannavale, nonché il rappresentante del Genio civile per le opere marittime. Infatti, poiché il magistrato ha dato mandato per cercare i resti di questa

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nave, volevano avere il nostro nullaosta. Addirittura, ho detto al Genio civile per le opere marittime, che doveva svolgere un lavoro consistente nel porre dei massi per consolidare tutta la spiaggia, di sospendere tali lavori e di riprendere al termine di tale verifica. PRESIDENTE. Proprio per evitare illazioni e considerazioni errate, esistono percorsi che consentono ancor di più e meglio la tutela non solo dell'interesse collettivo, ma anche dell'ambiente in funzione delle esigenze esistenti rispetto al recupero di questo materiale in mare. La stessa cosa poteva accadere anche per il vigile. FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Per quel che mi riguarda, la presenza del vigile del comune con il nostro nullaosta… PRESIDENTE. Il nullaosta vostro serve senza dubbio per andare ogni volta in procura, quando la stessa ritenga di doverlo sentire, ma entro certi limiti. Quello è un obbligo che compete a lei e al vigile. FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Io gli ho detto che quando gli dovesse servire un giorno o un pomeriggio noi lo autorizziamo, ma non esiste che possa stare lì in pianta stabile. NICCODEMO FILIPPELLI. Le Forze di polizia non sono state mai impegnate in questa direzione. FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Ma che significa, Emilio Osso è lì da cinque anni, cioèda quando è successo il problema della Jolly Rosso. Ammesso e non concesso che Emilio Osso abbia appreso come me la notizia da L’Espresso questa estate, perché non ha fatto quello che doveva fare? Perché non ha detto quello che doveva dire? Sarò ritardato, ma non lo capisco. Comunque, se Emilio Osso dopodomani dovesse servire, non abbiamo alcuna difficoltà. PRESIDENTE. Il sostituto che sta seguendo questa vicenda ci ha riferito formalmente che quel vigile gli occorreva. FRANCO LA RUPA, Sindaco di Amantea. Al magistrato tutti gli occorrono, se ne avessimo avuti dieci ne avrebbe richiesti dieci. Siamo disponibili, ci mancherebbe, a far lavorare il vigile con la procura, ma in tempi definiti. Il magistrato ci dica per quanti giorni ha necessità del vigile e noi lo renderemo disponibile. Ho paura che con questo fatto di Emilio Osso si perdano di vista gli aspetti che possono portarci alla verità. PRESIDENTE. Ringrazio il sindaco La Rupa e dichiaro concluso l'incontro.. 

Incontro con il comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri, domenico Puteo. PRESIDENTE. Elementi utili per lo svolgimento dell’indagine possono derivare dalla ricognizione delle attività investigative di contrasto in ordine alla specifica vicenda della motonave Jolly Rosso, arenatasi sulla costa calabrese presso il comune di Amantea nel 1990, in ordine alla quale sono ancora in corso le indagini da parte della magistratura.

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In particolare con le audizioni in oggetto la Commissione potrà acquisire dati ed elementi informativi ulteriori sugli elementi di indagine di maggiore rilievo assunti dai rappresentanti delle forze investigative che hanno partecipato alle relative indagini.

Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, do la parola al comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri, Domenico Puteo.

 DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Ho potuto svolgere solo una constatazione degli atti che ho rinvenuto presso i nostri comandi dell’Arma circa la vicenda. Tuttavia, posso subito precisare che in merito allo spiaggiamento vero e proprio, al momento, non sono state svolte indagini, tranne la comunicazione dell'evento come sinistro che ci compete in qualità di autorità di pubblica sicurezza. Quindi, il personale della nostra stazione dei Carabinieri, all'epoca, fece questa comunicazione recandosi sul posto e comunicando subito che l'equipaggio era stato tratto in salvo dalla Capitaneria di porto.

Nei giorni successivi non ci risulta che abbiano fatto indagini dirette sullo spiaggiamento. Agli atti abbiamo rinvenuto una denuncia da parte dell'armatore della nave, avvenuta verso la fine di gennaio, con la quale si denunciava il furto di alcune strumentazioni a bordo della nave. Per questo motivo, il giorno successivo, il personale della stazione dei carabinieri è salito sulla nave per svolgere un sopralluogo, in seguito al quale è stato predisposto un verbale redatto dall'allora comandante della stazione, maresciallo Mazza, che qualche anno dopo purtroppo è deceduto dopo essere stato colpito da una fucilata da parte di un pazzo. Comunque, il verbale fu trasmesso alla procura della Repubblica presso la pretura di Paola con una comunicazione di notizia di reato, in attesa poi di ricevere ulteriori deleghe di indagine. Questo per quanto riguarda gli atti.

 

Ho potuto ricostruire l'elenco del personale presente alla stazione dei Carabinieri di Amantea il giorno dell'evento nel mese di dicembre, che è tutto in servizio, tranne il comandante della stazione, che è deceduto.

 SERGIO AGONI. Scusi, colonnello, lei ha detto che sono saliti a bordo a seguito di una denuncia per il furto di alcuni strumenti presenti a bordo. Dunque, era salito questo maresciallo con… DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Dal verbale del 31 gennaio 1991, redatto a seguito della denuncia di furto presentata il giorno precedente, risulta che il maresciallo era salito a bordo con il dipendente appuntato Vincenzo Lombardo. MICHELE VIANELLO. E’ riportato che tipo di strumentazione è stata sottratta? DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Sommariamente, hanno asportato dal posto di manovra di prora due cavi da ormeggio nuovi della lunghezza di 200 metri, il generatore di emergenza, che è stato privato del caricabatteria, tutta la biancheria e il materiale di pulizia. Dalle cabine comuni risulta l'asportazione delle stufette elettriche in dotazione alle cabine e biancheria varia, dalle cabine di comando e ufficiali stufette elettriche e orologi da parete e un cronometro indicatore di diagramma. Dal ponte di comando tutta l'attrezzatura nautica è stata asportata (lancia sagola, sestanti e binocoli, bussola di rispetto, barometro, orologio, cronometro e attrezzatura di emergenza, VHS e radioline portatili). Dalla lancia di salvamento di dritta tutta l'attrezzatura di salvataggio è stata asportata. Questa è la denuncia presentata dalla parte. 

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SERGIO AGONI. Le risulta che in quell’occasione sia stato fatto un sopralluogo anche sul carico? DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Si parla del posto di manovra e si dice che mancano le cose che erano state denunciate. Il locale biancheria è completamente a soqquadro, le cabine comuni messe a soqquadro, le cabine comando sono a soqquadro, sul ponte comando si rileva la mancanza del materiale denunciato, nel garage - leggo testualmente - sito sopra la stiva della nave, nella sua parte interna il cui portellone per lo scarico del materiale si presenta chiuso dall'interno, con sei container presenti nel locale di cui due con i sigilli alla chiusura manomessa, dei quali uno non era stato possibile aprire data la vicinanza di altro container che ne limitava l'apertura, mentre il secondo messo di traverso, data l'inclinazione della motonave, con sul lato sinistro evidenti spazi vuoti, dovuti presumibilmente all'asportazione di partedel materiale ivi contenuto. DONATO PIGLIONICA. In questa fase è già presente lo squarcio sul lato mare della nave? Siccome mi è parso di capire che non fosse semplicissimo accedere alla nave per come era sistemata, i ladri come sarebbero arrivati e come avrebbero portato via tutto questo materiale? DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Da questo processo verbale di sopralluogo non risulta questa descrizione. Le posso leggere la parte finale che è un po' più di carattere generale e in cui si afferma che, sia nelle immediate adiacenze della nave lungo la battigia sia all'interno dei vari locali, non sono state rinvenute tracce utili per pervenire all’identificazione dei possibili autori del furto perpetrato. Si dà atto che la motonave nell’arenarsi sulla spiaggia andava a posizionarsi di circa 26 gradi sul lato mare. SERGIO AGONI. Non hanno fatto un inventario del carico? DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. No, io non ho cognizione diretta, posso solo ricavalo dagli atti. Chi ha operato potrebbe ricordare lo stato della nave. DONATO PIGLIONICA. Dato che ci hanno descritto delle difficoltà per accedere alla nave nelle prime ore dopo lo spiaggiamento, ciò lascerebbe pensare che si sia potuto sottrarre tutto via mare se sulla spiaggia non vi erano tracce di mezzi per portare via la refurtiva. DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Sulle comunicazioni della notizia di reato… MICHELE VIANELLO. Ce ne può lasciare una copia? DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Io gliela posso lasciare immediatamente, se il presidente lo consente. Presumo non siano coperte da segreto, anche se all'epoca sono state indirizzate alla procura presso la pretura circondariale. PRESIDENTE. Noi comunque le segretiamo. 

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DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Per quanto riguarda la comunicazione di notizia di reato, può essere interessante questo passaggio: “La motonave Rosso, arenatasi sulla spiaggia di Campora San Giovanni, in località Formiciche, verso le 14 del 14 dicembre 1990, è posizionata sbandata sul lato sinistro per circa 26 gradi sul mare, per cui viene più accessibile in quanto dalla spiaggia si deve fare uso di corde per salire a bordo. A causa dei danni venutisi a creare sulla motonave nell’arenarsi, vengono eseguiti giornalmente lavori di scarico e di riparazione. Comunico inoltre che in relazione all'episodio criminoso non sono stati raccolti elementi utili (…). DONATO PIGLIONICA. Da terra l’accesso era complicato. DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Questa è la comunicazione di notizia di reato con la quale si trasmette la denuncia e il verbale di sopralluogoeffettuato bordo. SERGIO AGONI. Ho ancora un dubbio. Dagli atti si rileva che i Carabinieri sono arrivati immediatamente dopo lo spiaggiamento. DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Penso che lo stesso giorno il comandante della stazione, prima di fare la segnalazione, si sia recato sul posto per rendersene conto. SERGIO AGONI. Secondo lei non salire a bordo e fare un inventario di quanto presente sulla motonave - infatti, quella nave era conosciuta per essere una nave di veleni -, le sembra un’operazione corretta oppure, quando accadono queste cose, ci sono disposizioni che prevedono un diverso modo di operare? DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Io posso rispondere con gli elementi che ho a conoscenza. Poiché è intervenuta la Capitaneria di porto, noi abbiamo offerto un contributo secondario, nel senso di collaborazione e di assistenza; infatti quando un reato coinvolge più Forze di polizia, normalmente una sola di queste procede a tutti gli adempimenti, mentre le altre vi collaborano, senza però svolgere le indagini in prima persona. SERGIO AGONI. A svolgere le indagini in prima persona era dunque la Capitaneria di porto? DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Penso di sì; questa comunque è una mia deduzione, trattandosi di uno spiaggiamento, cioè di un reato che coinvolge il mare. Ad ogni modo mi risulta che il comandante di stazione dell'epoca abbia inviato un messaggio di quattro righe alla compagnia di Paola, così dicendo: “Il 14 dicembre, alle ore 15 circa, in Amantea, per cause sconosciute, nave Jolly Rosso, nazionalità italiana, proveniente da Malta, si è arenata su spiaggia antistante questa località Coreca. L'equipaggio composto da 16 unità è stato tratto in salvo. Mare forza (…). Situazione seguita da Capitaneria di porto Vibo Valentia”. PRESIDENTE. La ringrazio per la sua disponibilità ed anche per le utili informazioni che ci ha fornito. 

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DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Sono a disposizione perqualsiasi altra indicazione. Se può esservi utile, ho anche l’elenco del personale. PRESIDENTE. A noi occorrerebbero anche i nomi dei carabinieri in servizio all’epoca alla stazione. DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Qui ho un elenco che risulta da una e-mail inviatami dal comandante della compagnia di Paola, a mia richiesta, lo scorso 10 novembre; si indica il grado, il nome e il cognome del personale, nonché l’attuale sede di servizio (tranne il comandante, il quale purtroppo è indicato come deceduto). SERGIO AGONI. Quando è avvenuta l’uccisione? DOMENICO PUTEO, Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri. Qualche anno dopo. Si tratta del maresciallo Mazza, il quale è stato insignito successivamente anche di una medaglia d'oroal valor civile alla memoria, perché intervenendo in un appartamento, nel quale era in corso un litigio, appena si è avvicinato per sedare il litigio, la persona coinvolta - che tra l’altro egli conosceva - ha imbracciato un fucile, colpendolo in pieno petto. PRESIDENTE. La ringrazio, comandante Puteo, e le auguro buon lavoro. Incontro con il maresciallo Nicolò Moschitta, del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio

Calabria. PRESIDENTE. Elementi utili per lo svolgimento dell’indagine possono derivare dalla ricognizione delle attività investigative di contrasto in ordine alla specifica vicenda della motonave Jolly Rosso, arenatasi sulla costa calabrese presso il comune di Amantea nel 1990, in ordine alla quale sono ancora in corso le relative indagini da parte della magistratura.

In particolare con le audizioni in oggetto la Commissione potrà acquisire dati ed elementi informativi ulteriori sugli elementi di indagine di maggiore rilievo assunti dai rappresentanti delle forze investigative che hanno partecipato alle relative indagini.

Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, darei la parola a Nicolò Moschitta, maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri. NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Premetto che tutto quello che dirò è oggetto di un fascicolo processuale giacente presso la procura della Repubblica di Reggio Calabria. Ho svolto tutti gli accertamenti inerenti, all'iniziodell'indagine, compresi quelli relativi alla Jolly Rosso. Quindi per tutto il 1995 ho collaborato con il dottor Neri nello svolgimento di tutti gli accertamenti inerenti in generale ai rifiuti radioattivi e in particolare all’affondamento della nave Jolly Rosso. Questa è stata quindi oggetto di attenzione da parte del nostro comando, perché segnalata dal compianto capitano De Grazia, il quale in precedenza aveva fatto un suo accertamento sull'affondamento di navi sospettate di trasportare materiali radioattivi. Fra le navi segnalate, c'era proprio la Jolly Rosso.

Su incarico del dottor Neri mi sono recato ad Amantea perché a suo tempo si diceva che, successivamente allo spiaggiamento della nave, c'era stato un certo movimento sospetto attorno ad essa e pare che fossero pervenuti in zona addirittura dei TIR per trasporto di materiali. Questo è quello che si diceva, così come si diceva anche che attorno alla nave erano stati predisposti

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particolari servizi a tutela, non so di che cosa, ma che certamente cercavano di non far avvicinare curiosi nella zona. Si parlava anche di una nave olandese specializzata nel recupero di sostanze radioattive finite in mare, la Smit Tak. Si trattava dunque di uno scenario particolare, che naturalmente ci interessò, cosicché andai ad Amantea per verificare i servizi svolti quella notte, ma non mi sembrò che ve ne fossero stati di particolari. Tuttavia, parlando con quel comandante della stazione, mi ricordo che egli mi fornì un dato che mi fece raggelare: dal momento dello spiaggiamento della nave, i casi di leucemia - si trattava di dati forniti dall’allora USL - erano aumentati in maniera vertiginosa. Tutto ciò io lo riferii al magistrato. Successivamente altri colleghi, compresi i magistrati… DONATO PIGLIONICA. A quale anno si riferisce? NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Dall’inizio dello spiaggiamento della nave. DONATO PIGLIONICA. In quanti anni si era manifestato questo aumento vertiginoso dei tumori? NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Nel giro di quattro o cinque anni. Quando sono andato a fare gli accertamenti era il 1995 e il collega mi disse che l'unico dato che mi poteva fornire era questo, precisandomi che peraltro si trattava di un dato ufficiale. Altri colleghi poi si sono occupati della vicenda. Noi ci siamo occupati in maniera particolare di questa nave, perché eravamo venuti a conoscenza che a bordo di essa erano state trovate delle carte, che sembravano dei progetti, un programma, addirittura - come qualcuno le definì - delle battaglie navali. Questi documenti sembravano essere identici a quelli che noi, inprecedenza, avevamo sequestrato in Cravasco di Pavia ad un certo Giorgio Comerio, a seguito di una perquisizione durata ore ed ore (forse un paio di giorni) insieme al compianto capitano De Grazia, alla Forestale di Brescia, al dottor Pace (allora procuratore della Repubblica di Matera) e al dottor Neri. Avevamo scoperto che questa persona aveva progettato l’inabissamento in mare di rifiuti radioattivi attraverso penetratori che si dovevano depositare, secondo la sua tecnica, nei fondali marini. Fra i progetti che avevamo sequestrato, trovammo anche un prototipo di penetratore e rinvenimmo dei filmati nei quali si vedevano delle prove effettuate in un porto - forse quello di La Spezia o di Marsiglia -, al fine di dimostrare come si potevano utilizzare queste navi per inabissare in mare queste sostanze.

Questo progetto, redatto dal Comerio, si chiamava ODM (Oceanic disposal management) e lo scopo principale era proprio quello di affondare in mare queste scorie radioattive. Secondo quanto da egli progettato, prima di fare quest’attività doveva ottenere alcune licenze dal Parlamento europeo; per ottenerle, aveva redatto - sono atti e documenti che noi abbiamo trovato - un progetto di corruzione di membri e funzionari del Parlamento europeo. Una volta ottenuti questi permessi, lui si sentiva autorizzato ad inabissare in mare tutto quello che gli capitava. Il suo non era uno scherzo, perché abbiamo rinvenuto progetti di inabissamento in mare, riguardanti quasi tutte le coste dell’Africa; erano interessati tutti i paesi, ma in modo particolare quelli nei quali la situazione politica era instabile, perché secondo lui l’instabilità del Governo consentiva di corrompere i vari funzionari e gli stessi presidenti, così come nel caso della Somalia - mi sono occupato anche di questa vicenda -, dove egli aveva corrotto Ali Mahdi, riuscendo così ad ottenere le autorizzazioni per inabissare in mare le sue scorie. Ricordo che un giorno, mentre svolgevamo questo tipo di accertamento, ci pervenne una comunicazione da Greenpeace di Londra che diceva che, a largo della Somalia, regione Bosaso - individuata nella zona dove c'è la punta della Somalia e il Cornod'Africa vero e proprio, al largo di Kune -, c'era una nave che inabissava in mare dei fusti. Quelle indicazioni, da noi riscontrate, erano identiche a quanto contenuto nel progetto ODM di Giorgio

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Comerio. Nella nostra ipotesi investigativa egli era dunque attivo in quel momento. Ci siamo quindi imbarcati in un complesso di accertamenti, che comprendevano fenomeni che fino a quel momento non avevamo mai avuto modo di affrontare, sentendoci anche piccoli piccoli di fronte a quel grande fenomeno, che avevamo scoperto. Apro una parentesi: più avanti, negli anni, quando ero già in pensione, leggendo il giornale, un articolo attirò la mia attenzione - non mi ricordo se era pubblicato su Il Messaggero o su La Gazzetta del sud - nel quale veniva intervistata la figlia del sindaco di Mogadiscio, la quale disse che Ilaria Alpi (peraltro non so se essa depose anche nel processo di Ilaria Alpi) si stava occupando in quel momento di inabissamento in mare di rifiuti radioattivi. A quel punto, tornando indietro con la memoria, l'unico che inabissava in mare i rifiuti radioattivi era questo signor Comerio.

Nel prosieguo degli accertamenti sul conto di questi soggetti i quali inabissavano in mare, secondo la nostra ipotesi investigativa, le scorie radioattive, mi sono occupato personalmente diperquisizione domiciliare nei confronti di Gabriele Molaschi, socio del Comerio nell’ODM; si trattò di una perquisizione molto redditizia in quanto vennero rinvenuti documenti che potevano anche costituire un pericolo per la sicurezza nazionale. Trovai dei fax della Spectronics di Tel Aviv diretti al Molaschi, nei quali si diceva di intervenire presso l’OTO Breda di La Spezia, per poter acquistare i congegni di protezione delle nostre autoblindo utilizzate in Somalia. Ci si raccomandava di non proseguire per le vie ufficiali, bensì sottobanco. Il Molaschi - sempre attraverso fax e documenti depositati nel processo - forniva l’OK, dicendo che era tutto a posto e con l’occasione faceva presente che aveva bisogno di tante armi. Peraltro, durante la perquisizione ho trovato documentazione che attestava dei suoi continui viaggi in Russia, in modo particolare a Riga, una zona molto interessata dall'esistenza di scorie nucleari, derivanti da navi e sommergibili dismessi. E mi pare che anche a Riga l’ODM avesse un ufficio di rappresentanza e probabilmente era lui stesso a gestirlo. Si parlava anche di fornitura di generi alimentari e quant'altro. Avevamo l'impressione, da questa documentazione, che costui era in grado di poter aggirare le condizioni di imbarco imposte ad alcuni paesi. Dunque un insieme di documentazione molto interessante. Se non erro, c'erano elenchi - bisognerebbe vedere foglio per foglio tutto il materiale da me sequestrato – di nominativi russi, che facevano capire che questo personaggio era incatenato, chissà come e da quali interessi, un po’ con tutto il mondo, specialmente con quella zona della Russia.

Si aprì dunque ai nostri occhi uno scenario più grande di quello che potevamo pensare, che toccavamo con mano, attraverso la documentazione della quale eravamo venuti in possesso. Nel corso delle indagini sulle navi, venni a conoscenza che un riscontro importante della presenza di scorie radioattive in mare era stato già dato in passato, però forse era stato sottovalutato. In pratica era successo che i container della Marco Polo, una delle navi oggetto della nostra attenzione - affondata o arenatasi nel canale di Sicilia, tra la Tunisia e la Sicilia stessa, in una posizione che interessava sia il mar Mediterraneo inferiore sia il mar Tirreno -, erano stati rinvenuti a Casamicciola (Ischia) e a Salerno; da accertamenti fatti dalla procura di Salerno (o dall’ASL, ma comunque la procura si Salerno era interessata), risultava che vi era una contaminazione di torio, una sostanza radioattiva non esistente in natura, bensì prodotta. Per arrivare in quelle zone, questi container devono aver seguito le correnti; al riguardo, un esperto aveva riferito che là ci sono due correnti, una che scende verso il mar Mediterraneo, l’altra che passa sopra Ustica, per arrivare verso la zona della Campania. Questo è dunque il dato nudo e crudo di un riscontro, che noi abbiamo avuto… DONATO PIGLIONICA. All’interno dei container che cosa c’era? NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Non mi pare vi fosse materiale che potesse interessare, però il torio era stato rilevato all'esterno. DONATO PIGLIONICA. Sulle pareti.

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 NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Esatto, sulle pareti. Questi container erano fermi, in vista, su un molo di Salerno. DONATO PIGLIONICA. Non erano stati ripescati in mare? NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Sì, erano stati ripescati in mare e poi portati là. Uno era stato trovato a Salerno, l'altro (o forse due) a Casamicciola (Ischia); erano stati spiaggiati e poi prelevati, tant'è vero che la procura di Salerno aveva aperto un'inchiesta. Si tratta quindi di dati ufficiali che noi allora avevamo riscontrato in maniera diretta. PRESIDENTE. Come fu accertato che il Comerio aveva progettato la corruzione dei funzionari del Parlamento europeo? NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Era scritto nel progetto ODM, che era composto di una parte di tecnica di corruzione e di una parte tecnica di inabissamento in mare, compresa la localizzazione dei siti.  DONATO PIGLIONICA. Un modulo operativo completo. LOREDANA DE PETRIS. Faceva nomi? NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Indicava, se non erro, gli uffici dove doveva andare. Peraltro, quello che sto riferendo è contenuto nel fascicolo processuale presso la procura di Reggio Calabria.

Il Comerio come è uscito fuori? In occasione di un controllo al confine con la Svizzera erastato fermato un faccendiere, in una valigia del quale era stata trovata una copia di questo progetto: ecco come è uscito fuori questo nominativo. Lo posso tranquillamente dire, perché si tratta di atti ufficiali che ho poi acquisito presso il Sismi, che aveva già attenzionato questo nominativo per l’operazione Minareto, che riguardava la fuga di Licio Gelli a Montecarlo. Si trattava dunque di un soggetto che, a nostro avviso, era molto pericoloso. All’inizio delle indagini si è messa in contatto con noi anche la procura di Matera, il procuratore Pace, il quale in quel frangente stava svolgendo accertamenti sulla centrale nucleare di Trisaia di Rotondella. DONATO PIGLIONICA. E’ un centro ENEA. NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. E’ un centro ENEA. DONATO PIGLIONICA. Lì fanno sperimentazioni e lavorano sul combustibile. Non c'è produzione di energia. NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Quel procuratore della Repubblica ha accertato che in quella centrale c'erano 64 barre di uranio. 

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DONATO PIGLIONICA. Sì, provenivano dagli Stati Uniti e stanno ancora là. NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Per quello che ne so, queste barre si trovano in una piscina realizzata a suo tempo senza le norme antisismiche e che si trova in una zona molto sismica. Quindi, ci sono stati anche incidenti. DONATO PIGLIONICA. Ci sono state fughe di radioattività verso il mare. NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Si è collegato con noi anche il dottor Pace ed insieme abbiamo svolto gli accertamenti. La materia è vasta. PRESIDENTE. Sulla Rosso? NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Sulla Rosso, ho fatto un accertamento: la nave è stata segnalata dal compianto De Grazia ed era fra quelle a noi attenzionate. E’ stata data la notizia che il comandante della Capitaneria del porto di allora nel fare ispezione sulla nave aveva riscontrato che si trattava di progetti identici o simili a quelli del Comerio. Ero venuto qua per vedere se effettivamente quelle misure di sicurezza che si paventavano allora erano state fatte ufficialmente. Mi sono recato presso la locale caserma dei carabinieri e non l’ho riscontrato, anche se poi quel comandante mi ha riferito che i casi di leucemia sono aumentati subito dopo lo spiaggiamento della nave. L’accertamento sulla Rosso è finito qui, poi altri colleghi, compreso il magistrato, hanno interrogato il comandante Bellantone. Mi pare che il maresciallo Scimone si sia occupato dello smantellamento della nave (mi pare che un container sia stato trovato a Crotone). Sono stati fatti anche dei rilievi. Sulla Rosso posso riferire questo.

 

SERGIO AGONI. Lei ha detto che il capitano della Capitaneria di porto, salito sulla nave, ha trovato carte uguali. NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Si, uguali a quelle del Comerio. SERGIO AGONI. In che anno è successo? NICOLO’ MOSCHITTA, Maresciallo del NORM dell’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria. Subito dopo lo spiaggiamento, nel 1990. Il capitano si chiamava Bellantone. Bellantone è salito sulla nave; è stato pure sentito dai magistrati ed ha confermato. PRESIDENTE. Ringrazio il maresciallo Nicolò Moschitta e gli auguro buona giornata.  

Incontro con il comandante di fregata Alfio Di Stefano, della Capitaneria di porto di Vibo Valentia.

 

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PRESIDENTE. Elementi utili per lo svolgimento dell’indagine possono derivare dalla ricognizione delle attività investigative di contrasto in ordine alla specifica vicenda della motonave Jolly Rosso, arenatasi sulla costa calabrese presso il comune di Amantea nel 1990, in ordine alla quale sono ancora in corso le relative indagini da parte della magistratura.

In particolare, con le audizioni in oggetto la Commissione potrà acquisire dati ed elementi informativi ulteriori sugli elementi di indagine di maggiore rilievo assunti dai rappresentanti delle forze investigative che hanno partecipato alle relative indagini.

Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, do la parola al comandante di fregata di Vibo Valentia, Alfio Di Stefano. ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Ho preso il comando a settembre e quindi è una situazione che mi sono ritrovato a dover affrontare e che risale a 14 anni fa. L'ultimo coinvolgimento della Capitaneria è su ordine della procura di Paola che, a seguito degli accertamenti effettuati, ha accertato la presenza di alcuni materiali nel punto in cui si è arenata la nave. Noi su disposizione abbiamo intimato alla società… PRESIDENTE. Come è possibile? Immagino che vi sia stata una vostra attività precedente? ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Sì, all'epoca, quando venne fatta la demolizione della nave. Al termine dei lavori, fu accertato che non c'erano... E’ possibile che alcuni pezzi, perché è stato verificato ed è accertato che si tratta di alcuni pezzi, siano rimasti sotto la sabbia. Tra l'altro, già adesso abbiamo verificato che questi pezzi sono sfuggiti alla demolizione, comunque alla rimozione della ditta che svolgeva tale attività. Queste cose poi verranno rimosse e saranno a disposizione dell’autorità giudiziaria, perché stiamo autorizzando una ditta a rimuovere i pezzi rimanenti.

E’ possibile che questi pezzi siano rimasti là sotto e non se ne sia accorto nessuno; già adesso con le mareggiate alcuni materiali ferrosi vengono coperti ed altri scoperti continuamente in un punto sulla battigia. Questa è l’attività che stiamo facendo. Di recente abbiamo coinvolto il comune di Amantea per autorizzare le operazioni di rimozione. La ditta ci presenterà un piano e vedremo. PRESIDENTE. Ci illustri invece una cosa che ci interessa molto anche sul piano procedurale. Se domattina accadesse di nuovo, cosa succederebbe rispetto a 14 anni fa? Non ci interessa il colpevole. Alla Commissione interessa capire quali sono i procedimenti attuati e soprattutto individuare i punti di criticità con spirito positivo, in funzione anche del miglioramento delle procedure e delle norme. ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Dal punto di vista della Capitaneria, la competenza è quella dell'inchiesta sommaria. Viene svolta un’inchiesta amministrativa per capire le cause tecnico-nautiche del naufragio. Questa è stata compiuta nel 1990-1991 (vi sono le conclusioni a tale riguardo). Dall'inchiesta possono emergere determinate cose. Mi risulta, ad esempio, che già nel 1990 si sentiva parlare di scorie e via seguitando. Su richiesta ai Vigili del fuoco la ... PRESIDENTE. Già all'epoca questa cosa si avvertiva.

 

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ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Sì, la Jolly Rosso era la famosa nave dei veleni che era stata ferma a La Spezia. Tra l'altro, era il primo viaggio che faceva e dopo la situazione si sbloccò a La Spezia. LOREDANA DE PETRIS. Quindi era attenzionata. ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Sì, era attenzionata. Quindi, dopo il naufragio furono compiuti gli accertamenti, coinvolgendo i Vigili del fuoco e risulta che l'accertamento sia negativo. SERGIO AGONI. Chi fece l’inventario di ciò che trasportava questa nave? ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Non glielo so dire! SERGIO AGONI. Chi doveva farlo? Essendo una nave, come ha detto lei, che si sapeva trasportare veleni, a qualcuno sarà venuto in mente che ci poteva essere … ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Tra l'altro, veniva anche dall'estero. SERGIO AGONI. Allora, poiché sono intervenuti vari corpi (i Carabinieri, voi, la Guardia di finanza), a chi spettava il compito, essendo questo metà in mare e metà sulla terra? ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Dogane e Finanza. Bisognava intervenire per vedere il carico, anche perché ci sono problemi doganali e via seguitando. PRESIDENTE. Per un incidente d’auto c'è una procedura delle Forze dell'ordine. Fanno i rilievi, verificano ciò che c’è dentro e fuori. ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. E’ la procedura dell'inchiesta sommaria. PRESIDENTE. Ci aiuti a capire come viene fatta l’inchiesta sommaria. Nell’inchiesta sommaria è previsto un sopralluogo a bordo, un inventario sommario delle cose che ci sono a bordo? Qual è la procedura? Non parliamo della Jolly Rosso, ma della procedura. Se domani mattina dovesse accadere? ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Non è codificato, ovviamente, tranne alcune cose. Viene interrogato di norma tutto l'equipaggio, anche perché dipende dal tipo di naufragio e da chi è stato coinvolto. Vanno sentiti eventuali testimoni (chi è intervenuto ai soccorsi, i rimorchiatori), acquisite le carte di bordo per capire la rotta e via seguitando (gli elementi tecnico-nautici vengono acquisiti dalle carte di bordo) e poi sentiti i consulenti. Mi risulta che sia stato sentito il RINA per veder le cause tecniche del naufragio. Poi, di volta in volta, a seconda della tipologia del naufragio, possono essere sentiti altri soggetti (i Vigili

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del fuoco, se vi è un incendio). Bisogna raccogliere quanti più elementi possibile per capire la dinamica dell'incidente. PRESIDENTE. Non il sopralluogo a bordo con l'inventario? ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. No, non è obbligatorio. Dato che si diceva che era stato mosso un container, probabilmente è stato fatto, ma noi spesso lo affidiamo al RINA, che è il nostro consulente tecnico; almeno all’epoca era così. PRESIDENTE. È possibile che una nave che abbia imbarcato tanta acqua da diventareingovernabile, possa poi, senza l'intervento dell'uomo, senza ausili rimettersi, anche se solo per qualche minuto, in linea di galleggiamento?  ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Dipende dall'entità della falla. In quel caso probabilmente vi è stata una falla che ha riempito parte dello scafo. Ovviamente, se si riesce ad eliminare parte dell'acqua, può anche rimettersi in linea di galleggiamento, attraverso vari interventi, ma dipende dall'entità della falla.  PRESIDENTE. Sempre attraverso interventi esterni? ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Si, anche interventi interni, ci sono le pompe… PRESIDENTE. Attraverso comunque interventi. Non autonomamente. ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Non autonomamente. Anche all’interno, l'equipaggio stesso può intervenire. Nel caso specifico è successo che il comandante abbia deciso di abbandonare la nave.  PRESIDENTE. Qual è la procedura che il comandante deve seguire quando decide di abbandonare la nave? Cosa deve fare? ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Deve fare una valutazione, sentire tutto l'equipaggio, più che altro il primo o il secondo ufficiale. In relazione all'entità del danno, se ritiene che possa comportare pericolo per la vita dell'equipaggio allora può decidere di abbandonare la nave. PRESIDENTE. Per quanto riguarda la procedura, deve informare qualcuno? ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Ovviamente deve avvisare l'armatore e noi. Noi eravamo già intervenuti per il soccorso e, quindi, eravamo presenti. Quando si decise di abbandonare la nave, furono presi con l'elicottero … PRESIDENTE. Deve lasciare una cima a prua e a poppa? 

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ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Questo non è codificato.  PRESIDENTE. Secondo lei, è utile lasciare una cima a prua e a poppa per l'eventuale recupero? ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Dovrebbe essere utile, ma normalmente quando si abbandona una nave vuol dire che vi è una situazione di panico. Una cosa del genere non viene attuata (non è codificata), ma non penso che a qualcuno venga l'idea. DONATO PIGLIONICA. Quanto tempo è intercorso tra l'abbandono della nave e lo spiaggiamento?  ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Se non ricordo male, perché, all'epoca ero presente (allora ero un giovane tenente di vascello), il soccorso ci fu la mattina dalla richiesta dello stesso, mentre lo spiaggiamento di sera. DONATO PIGLIONICA. Le è sembrato congruo il periodo di tempo intercorso o vi è stata una fuga un po’ precipitosa dalla nave? Non ci ha riflettuto all’epoca? ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. All’epoca ero ancora un giovane tenente. DONATO PIGLIONICA. Ragionando con l’esperienza di oggi? ALFIO DI STEFANO, Comandante di fregata - Capitaneria di porto di Vibo Valentia. Se nonsbaglio, però non sono certo, dalla richiesta di soccorso fino all'abbandono della nave sono trascorse diverse ore. Quindi è possibile che si sia cercato di fare degli interventi all'interno della nave per eliminare l’acqua. E’ possibile, ma non ne sono certo. Bisognerebbe rivedere le carte e accertare se risulta qualcosa a tale riguardo. Bellantone era comunque all’epoca comandante in seconda ma nel contempo era anche ufficiale tecnico. L’ufficiale tecnico interviene nell’inchiesta sommaria. Se non sbaglio è a Messina. PRESIDENTE. Ringraziamo il comandante di fregata Di Stefano per le ultime le sollecitazioni ma anche per la sensibilità che ha dimostrato nell'intervenire a questa audizione.  

Incontro con il signor Gaspare Bossio di Amantea. PRESIDENTE. Nell’ambito della missione che la Commissione sta svolgendo a Cosenza, al fine di approfondire le più delicate questioni relative alla specifica vicenda della motonave Jolly Rosso, spiaggiata nel 1990 sulla costa calabrese presso il comune di Amantea, un utile contributo può essere fornito dall’audizione del signor Gaspare Bossio, il quale potrebbe consentire alla Commissione di acquisire ulteriori elementi di conoscenza e di valutazione in ordine a tale vicenda.

Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, cedo subito la parola al signor Gaspare Bossio. 

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GASPARE BOSSIO. Io, all'epoca, sorvegliavo la discarica di Amantea. Questa nave è stata colta dalla mareggiata nel 1990 e sotterrata nel 1991. PRESIDENTE. Dove? GASPARE BOSSIO. Alla discarica dove lavoravo. Vi era la sorveglianza dei Carabinieri e dei Vigili urbani… PRESIDENTE. Perché, i camion venivano accompagnati? GASPARE BOSSIO. Certo! Il materiale prelevato dal mare veniva messo sopra i camion e scortato sino alla discarica. Ho visto che sono state effettuate attività operative, di pulizia, di allargamento… PRESIDENTE. Di sistemazione. GASPARE BOSSIO. Sorvegliavo ciò che succedeva. PRESIDENTE. Tutto regolare. GASPARE BOSSIO. Per me, era tutto normale. C’erano scatolette di pomodori, di tonno, di tabacco, tavole della nave e via seguitando. Altre cose non esistono. C’era un grande piazzale ed una buca per scaricare il materiale. PRESIDENTE. Questo accadeva di mattina o di pomeriggio? GASPARE BOSSIO. Tutta la giornata. PRESIDENTE. Sempre scortati? GASPARE BOSSIO. Sempre scortati dalla Finanza; poi, dopo lo scarico la Finanza se ne andava perché c’ero io. PRESIDENTE. Chi altro aveva accesso a quella discarica? I comuni vicini? GASPARE BOSSIO. Solo il comune di Amantea in quel periodo. PRESIDENTE. Il comune di Amantea scaricava di giorno o di notte? GASPARE BOSSIO. Di giorno. PRESIDENTE. Sempre di giorno. Di notte? 

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GASPARE BOSSIO. Di notte, no. Vi era una certa alternanza nella sorveglianza, ma comunque io ero sempre presente. Poi ho detto che non potevo sorvegliare ventiquattr'ore su ventiquattro. PRESIDENTE. E quindi non c’è stato più? GASPARE BOSSIO. Prima il cancello era aperto, poi è stato chiuso per non fare entrare nessuno. PRESIDENTE. Di notte non ha mai visto, per esempio, qualche conferimento in discarica? GASPARE BOSSIO. Vi sono stati solamente due o tre viaggi, e mi riferisco a quei camion che trasportavano il materiale di giorno, la sera tardi. PRESIDENTE. Sempre con la Guardia di finanza? GASPARE BOSSIO. Sì, ma c’è una cosa. La mattina ho visto sotterrare; c’era la Polizia. PRESIDENTE. Sempre scortato? Anche di notte? GASPARE BOSSIO. Penso di sì! La sera non l’ho visto. Di giorno, il materiale era sul piazzale, non dentro la buca.  PRESIDENTE. Poi dal piazzale lo portavate nella buca? GASPARE BOSSIO. Si poteva vedere il materiale che c'era. PRESIDENTE. Di giorno lei ha visto che i camion erano scortati. GASPARE BOSSIO. Si, tutti i giorni in cui è stato trasportato il materiale. PRESIDENTE. Di notte, no! Però, ha visto la mattina i rifiuti. GASPARE BOSSIO. Certo. Se non si vede ciò che viene buttato di sera, la mattina si vede! Non penso che quella roba venisse seppellita. Un conto è se fossi stato presente; anche so non ci fossi stato, ci sarebbero state altre persone.

Non credo che il materiale trovato in mare sia stato seppellito in quel luogo: o sono stati pagati per farlo (una mazzetta) o è stato portato in un'altra parte e allora si sospetta alla discarica. Ma la discarica era controllata: c'ero io, ma anche altre persone…

 SERGIO AGONI. 24 ore su 24? GASPARE BOSSIO. Io controllavo sempre. SERGIO AGONI. Lei era sempre presente 24 ore su 24?

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 GASPARE BOSSIO. 24 ore su 24 non credo, perché la notte non dormivo lì, ma i camion non venivano a scaricare la notte. Sto parlando delle discariche comunali e di quelle della nave.

Quando sono venuti a fare i controlli, è stato chiesto dove il materiale fosse stato scaricato, a che profondità. E’ stato chiesto di analizzare l'acqua dei torrenti: l'acqua è risultata buona. Non c’è percolato da fuori. Noi parliamo tutti quanti… PRESIDENTE. Lei queste cose le ha dette anche al magistrato? GASPARE BOSSIO. Io ho dichiarato quello che ho visto. Facevo la pulizia alla discarica che veniva controllata ogni due o tre giorni, o una settimana, a seconda della quantità di roba che c’era. LOREDANA DE PETRIS. Lei ha visto soltanto un po’ di tabacco… GASPARE BOSSIO. No, c'erano anche roba di lamiere della nave, tavole, tavoloni, tabacco, scatolette di tonno e pomodoro, pasta. Tutto quello c’era. SERGIO AGONI. In che periodo era? GASPARE BOSSIO. Nel 1991, perché quello è stato l'anno dopo. SERGIO AGONI. Era primavera, estate, autunno? GASPARE BOSSIO. No, è stato nel mese di aprile, mi sembra. SERGIO AGONI. Aprile del 1991? GASPARE BOSSIO Più o meno quello era. Maggio non era, perché non era ancora molto caldo. Quella nave è stata portata in giro cinque o sei mesi, non un giorno. PRESIDENTE. Tutto sommato quattro o cinque giorni. O ancora di più? GASPARE BOSSIO. Non era tanto, tre o quattro giorni. Di notte no, di sera tardi hanno fatto due o tre viaggi, ma è successo una sola volta perché magari avevano fatto tardi. Altrimenti, la mattina cominciavano alle sette. PRESIDENTE. Lei la mattina vedeva tutto? GASPARE BOSSIO. Vedevo tutto. Metto una cosa sul tavolo di notte, la mattina vedo. Come si dice: “Roba di notte, vergogna di giorno”. SERGIO AGONI. Tutto il materiale portato via dalla nave era sempre scortato dalla Guardia di finanza o dai Vigili? 

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GASPARE BOSSIO. Carabinieri non li ho mai visti. Ho visto Vigili urbani. SERGIO AGONI. Vigili e Guardia di finanza? GASPARE BOSSIO. Vigili urbani per i primi viaggi, poi è arrivata la Guardia di finanza. SERGIO AGONI. L'altro materiale non veniva scortato? Gli altri camion che venivano nella discarica? GASPARE BOSSIO. Quelli del comune? No, no, solo quelli della nave. SERGIO AGONI. Quindi, si presume che la Guardia di finanza sapesse cosa c’era su. GASPARE BOSSIO. Magari, poteva arrivare da fuori un altro camion sempre di rifiuti e allora arrivavano i Vigili urbani, altrimenti non ce la facevo a rientrare. LOREDANA DE PETRIS. Quale era la società di Coreca? GASPARE BOSSIO. La società dei camion che trasportava il materiale dalla nave mi sembra fosse quella di Coccimiglio. Quella che sotterrava la roba era comunale, si trattava di un appalto del comune, ed era quello di Ossi. Sto parlando delle pale meccaniche. LOREDANA DE PETRIS. E Coccimiglio?  GASPARE BOSSIO. Mi sembra che quella di Coccimiglio fosse quella dei camion. PRESIDENTE. Dove lavora ora? GASPARE BOSSIO. Adesso lavoro per conto mio, ho qualche terreno. Lavoro a fianco della discarica. PRESIDENTE. Ma non lavorava per conto del comune? GASPARE BOSSIO. Allora sì, ma da quando è stata chiusa questa discarica il comune mi ha detto: "Ciao bello, non mi servi più". Ho lavorato per nove anni in gioventù, ma in vecchiaia dove ti “acchiappi” con una famiglia? I miei figli sono dovuti andare fuori. Meno male che hanno lavorato la forza e il cervello e sono riuscito a far sposare le figlie femmine. Dico la verità, quello che ho visto. Gli altri quello che vogliono fare, fanno. Più chiaro che da me, che ho visto con i miei occhi! PRESIDENTE. La ringrazio, signor Bossio, per il suo contributo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MICHELE VIANELLO 

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Incontro con il direttore del dipartimento di Cosenza dell’ARPA Calabria, Nicola Buoncristiano.

 PRESIDENTE. Con la missione a Cosenza la Commissione intende acquisire, attraverso le programmate audizioni, elementi informativi e conoscitivi sulla specifica vicenda della motonave Jolly Rosso, arenatasi sulla costa calabrese presso il comune di Amantea, in ordine alla quale sta svolgendo un’apposita indagine relativa ai traffici illeciti di rifiuti speciali pericolosi.

Sarebbe di particolare interesse per la Commissione conoscere quali sono gli elementi di valutazione ed il ruolo eventualmente svolto dall’ARPA Calabria in ordine a tale vicenda e, più in generale, in relazione alle problematiche relative ai traffici illeciti di rifiuti speciali pericolosi.

Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, darei la parola a Nicola Buoncristiano, direttore del dipartimento di Cosenza dell’ARPA Calabria. NICOLA BUONCRISTIANO, Direttore del dipartimento di Cosenza dell’ARPA Calabria. In particolare, sulla vicenda vorrei fare una premessa. L’ARPACal esiste di recente mentre prima, come tutti sapete, esisteva il PMP, presidio multizonale di prevenzione di cui ero responsabile, relativamente alla fisica ambientale. All'epoca dello spiaggiamento della nave noi, come settore fisico-ambientale del PMP, eravamo appena sorti e non credo che avessimo alcuna strumentazione. Poi, negli anni successivi acquisimmo della strumentazione e cominciammo a fare alcune analisi. Sulla vicenda della Jolly Rosso non ho però memoria, né negli atti di ufficio né in alcuna richiesta fatta allora. Infatti, non solo eravamo poco conosciuti, ma non eravamo proprio operativi nel 1990-1991.

Successivamente, cominciammo per compito istituzionale - dopo il problema di Chernobyl - ad effettuare analisi radiometriche sugli alimenti, quando gli ispettori di igiene ci portavano una serie di matrici alimentari ed ambientali su cui facevamo dei programmi. Negli anni 1994 e 1995, quando ormai eravamo operativi e avevamo strumentazioni quali spettrometria gamma per effettuare analisi, avviamo una serie di programmi di misure della radioattività delle sabbie sulla costa. Infatti, c’era allarmismo - riportato anche nel nostro rapporto sull'ambiente - a causa di presunte navi affondate al largo della costa ionica. Così riportavano i giornali.

Allora, facemmo una campagna di misure sullo Ionio, ripetuta più volte. Dal 1994 in poi facemmo tali campagne, con misurazioni di sabbie e di pesci pescati in loco, e non trovammo però alcuna traccia di radionuclidi, tranne il cesio 137, che è un radionuclide proveniente dai fall-out di Chernobyl e di altri esperimenti nucleari fatti dagli americani nel Mediterraneo che esiste in qualsiasi posto, non solo in Calabria, bensì in tutta Italia. Sul Tirreno in particolare, ripetemmo le analisi ma non mirate alla Jolly Rosso perché ignoravamo tale situazione. In particolare, ignoravamo che potesse portare sostanze radioattive. Comunque, nel 1995-1996 facemmo una campagna sulla costa tirrenica, di cui ho portato la documentazione, in alcuni posti tra cui Amantea, San Lucido, Praia, insomma tutta la nostra costa di competenza, che era quella della provincia di Cosenza.

Nello stesso periodo so che l’ENEA e l’ANPA, probabilmente su richiesta della procura di Reggio Calabria, fecero una campagna analoga alla nostra, su tutta la costa calabrese. Credo che questo risulti agli atti e ci sia della documentazione. Io naturalmente posso fornire la mia. La stessa documentazione è stata da me trasmessa recentemente, il 29 ottobre, all’ARPA regionale.

Di fatto, la relazione, fatta nel 1996, riguarda analisi eseguite dal 25 ottobre 1995 fino al 23 aprile 1996 su diversi punti, Amantea, Belmonte, Longobardi su tutta la costa tirrenica, in particolare nella zona che può interessare oggi per la vicenda di Jolly Rosso, senza trovare tracce di radioattività in superficie. Quindi, il nostro compito era quello di verificare se esisteva contaminazione sulla spiaggia, anche in considerazione che il periodo estivo poteva essere interessato.

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Abbiamo fatto per 100 metri il fiume Torbido, ma ripeto che la Jolly Rosso non era orientata. Quindi abbiamo proseguito con Acampora e San Giovanni, con lo sbocco del fiume Oliva, che in qualche maniera era interessato, con il torrente Catocastro. Poi siamo passati al comune di Belmonte. Comunque, non fu rilevata alcuna traccia di radioattività sospetta, almeno sulla sabbia di mare.

Così all'epoca fecero anche l’ANPA e l’ENEA su tutta la costa per una maglia che ricordo di dieci chilometri. I risultati sono confrontabili, ma anche loro non trovarono tracce, se non il famoso cesio, presente però ormai dappertutto.

Nel corso degli anni abbiamo continuato a fare indagini sullo Ionio, perché esisteva un maggiore allarme e quindi le aziende sanitarie locali lo avevano richiesto. Invece, sul Tirreno non facemmo alcuna altra indagine. Quindi, arriviamo al febbraio 2004 in cui non eravamo più dipartimento di fisica ambientale del PMP, ma già ARPA.

 

PRESIDENTE. Torniamo indietro di due o tre anni. Avete mai avuto sentore e condotto indagini epidemiologiche, tese a verificare se nella popolazione ci sia stato un aumento di casi di leucemia o di malattie legate alla presenza di componenti radioattive o similari? NICOLA BUONCRISTIANO, Direttore del dipartimento di Cosenza dell’ARPA Calabria. Indagini epidemiologiche istituzionalmente non ne conduciamo. Forse l'azienda sanitaria ha i registri epidemiologici. Comunque, eravamo a supporto tecnologico, tecnico e specialistico per le aziende sanitarie della provincia di Cosenza, come presidio multizonale di prevenzione. Che io sappia, non risulta alcuna segnalazione o allarme da parte delle aziende sanitarie del posto dovuti all'aumento di casi di leucemia in zone specifiche. Non mi risulta a mente né dagli atti di ufficio. Infatti, tale evenienza ci avrebbe comunque attivato, se avessimo avuto una segnalazione del genere.

Per quanto riguarda il 19 gennaio 2004, il comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente di Roma, su delega della procura di Paola, nella persona del dottor Francesco Greco, ci chiede di mettere a disposizione del personale per effettuare delle misure radiometriche e rilevare la presenza di radiazioni ionizzanti in alcuni siti ubicati nel comune di Amantea. All'epoca, non abbiamo associato ciò alla Jolly Rosso, anche perché spesso le procure, non solo di Paola, ma anche di Rossano e altre, chiedono di fare rilevamenti su discariche abusive o anche comunali per verificare eventuali presenze radioattive. La dottoressa Trozzo, dirigente del laboratorio fisico dell’ARPA, presente in sala di attesa, ha eseguito tali sopralluoghi su delega della procura di Paola, con richiesta dei Carabinieri. Se vuole, ho la relazione della dottoressa Trozzo, in risposta al comando dei Carabinieri di Roma. Sinteticamente, la dottoressa non rilevava situazioni di inquinamento radioattivo in superficie. A meno che la sostanza radioattiva non sia affiorante e di attività estremamente elevata, il terreno stesso è schermante alle radiazioni; in particolare, se negli strati profondi del terreno… PRESIDENTE. La vostra indagine era limitata a livello superficiale e, quindi, non siete andati in profondità. NICOLA BUONCRISTIANO, Direttore del dipartimento di Cosenza dell’ARPA Calabria. Era superficiale. No, infatti non avevamo strumenti adatti né la competenza necessaria. PRESIDENTE. Pertanto, escludete la presenza di materiale radioattivo esclusivamente in superficie. Non potere escludere tale presenza in profondità.

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 SERGIO AGONI. Neanche in mare. NICOLA BUONCRISTIANO, Direttore del dipartimento di Cosenza dell’ARPA Calabria. Il mare è un altro discorso. Ci chiedevano soltanto di verificare un sito, nel comune di Amantea.  

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO PRESIDENTE. Voi escludete che ci fossero inquinanti in superficie. NICOLA BUONCRISTIANO, Direttore del dipartimento di Cosenza dell’ARPA Calabria. Radioattivi. PRESIDENTE. Ma escludete che ci siano anche condizioni ionizzanti in superficie. Escludete che ci sia la fonte in superficie, oppure le onde? NICOLA BUONCRISTIANO, Direttore del dipartimento di Cosenza dell’ARPA Calabria. Quando parliamo di esclusione, parliamo di fonte-ambiente. Sapete tutti quanti che la terra è un pianeta radioattivito naturalmente; quindi c’è un fondo naturale di radiazione, presente dappertutto, anche qui dove siamo noi. Quindi, verifichiamo se c’è un superamento del fondo-ambiente. Non possiamo affermare altro, se non dire che il fondo ambiente è regolare. PRESIDENTE. La valutazione di questo comporta che in questa stanza il fondo-ambiente è normale. Quindi, dal punto di vista della tutela della salute, se anche c’è… NICOLA BUONCRISTIANO, Direttore del dipartimento di Cosenza dell’ARPA Calabria. Se anche ci fosse una sostanza radioattiva schermata, non la potrei rilevare. Lo avevo precisato in precedenza. Non posso escludere che ci sia anche un metro sotto la discarica. Un metro di terreno è sufficiente a schermare una sorgente radioattiva, a meno che non sia una bomba atomica. Dipende dall'attività, a meno che non sia qualcosa di molto elevato. A maggior ragione, se poi tali sostanze radioattive ipotetiche fossero state messe all'interno di contenitori per essere trasportate, i contenitori stessi sarebbero stati di per sé già schermanti, in piombo o in metallo pesante. La densità della materia scherma le onde elettromagnetiche, le radiazioni ionizzanti in questo caso. Infatti, le radiologie sono schermate dai raggi x, simili ai raggi gamma naturali, grazie al fatto che mettiamo due millimetri di piombo. Questi due millimetri già schermano la maggior parte delle radiazioni. Il terreno o il materiale presente, ad esempio polvere di marmo, è denso e scherma le radiazioni. Però, escludemmo che in superficie grazie ad analisi radiometriche fatte su campioni presi su strati superficiali, vi fosse la presenza di fonti radioattive. LOREDANA DE PETRIS. I campioni dove li avete presi? Alla discarica di Grassullo? E poi? NICOLA BUONCRISTIANO, Direttore del dipartimento di Cosenza dell’ARPA Calabria. Non li ho fatti personalmente e quindi devo leggere. “Le operazioni di ispezione e di indagine sono state effettuate sulle aree indicate dal maresciallo Angelo Petta nell'area zona adibita a ex discarica comunale di Grassullo”.

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 LOREDANA DE PETRIS. E poi? Solo lì? NICOLA BUONCRISTIANO, Direttore del dipartimento di Cosenza dell’ARPA Calabria. “Successivamente, ci si è recati a valle della discarica, lungo il ruscello Santa Maria, ove potrebbe confluire l'eventuale pergolato della discarica sovrastante. È stato effettuato il prelievo di un campione di acqua di fiume e uno di sabbia di fiume, per sottoporli ad analisi di laboratorio. La stima (…) è fondata su misure che consentono il riconoscimento di varie radiorubriche”.

Quindi, il rapporto riferisce di più indagini non solo quelle della discarica. Nei giorni successivi si è operato presso il fiume Oliva, su una vasta area della sua foce, in località Coreca di Amantea. Ripeto che si tratta di analisi di superficie, che consentono di affermare che la superficie era fonte-ambiente. Comunque, ho portato con me tutta la documentazione, comprese le analisi fatte.  PRESIDENTE. Le acquisiamo con piacere. NICOLA BUONCRISTIANO, Direttore del dipartimento di Cosenza dell’ARPA Calabria. Successivamente, il 27 aprile si recano sul posto, in località Foresta di Aiello Calabro, indicato dalla procura di Paola. Questa indagine radiometrica, sempre di superficie, escludeva una contaminazione della superficie di questa discarica. Insieme alla dottoressa Trozzo del laboratorio fisico va anche la dottoressa Chiappetta, chimico, sempre dell’ARPACal, sempre negli stessi giorni, che fa anche delle analisi di campioni prelevati in questa discarica. Da questi campioni, per l'aspetto tossico, risulta questo (non sono un chimico quindi devo leggervi i dati): valori alti di ferro e di cromo - lei parla di un campione di un rifiuto -, fanghi provenienti da lavorazioni. Comunque, c'è un’anomalia (poi vi lascio anche questa analisi fatta su diversi campioni): c'è una situazione di eccessivo ferro e, quindi, vi è la presenza di un qualcosa che non può essere ricompreso soltanto nei rifiuti solidi urbani. Da quello che mi ha riferito (e che è scritto in relazione) si tratta di qualcosa di anomalo, come ferro, come cadmio. Quindi, è presente qualcosa di metallico, segnalato alla procura (relazione che abbiamo chiaramente inviato alla procura di Paola).

Questo è l'altro allegato (relazione radiometrica). Si tratta dell'ultima relazione, svolta sempre in proseguimento a quella indagine della procura di Paola. I Carabinieri del posto, di Amantea, ci chiedono di fare un’ispezione sul sito di spiaggiamento della nave e, quindi, sul mare attinente. Questa è un po' complessa; ci terrei magari a leggere la relazione della dottoressa Trozzo, perché così si capisce che cosa è avvenuto: “La sottoscritta, responsabile di questo laboratorio fisico, coadiuvata dal tecnico di prevenzione Fiordalisi … L’indagine è stata determinata dal rinvenimento da parte di due sub della stessa Arma dei carabinieri di una cassa seminterrata su unfondo di uno specifico tratto di mare in località Formiciche di Coreca, Amantea. Il completo intervento prevedeva il rinvenimento della succitata cassa, la sua disincagliazione dal fondo marino e il suo trasporto sull'arenile adiacente ai fini delle successive indagini del caso. Alla sottoscritta è stata affidata l’indagine strumentale per la verifica di eventuali contaminazioni radioattive dei siti e degli oggetti rinvenuti e trasportati sulla spiaggia. Al fine di un tempestivo intervento risolutivo (…) degli addetti ai lavori di recupero, la sottoscritta si è portata sul motoscafo, messo a disposizione del luogotenente Vilella, per effettuare misurazioni radiometriche sul tratto di mare interessato alle operazioni di ricerca e per monitorare continuamente l'ambiente. Questo perché, nel caso in cui si fosse estratta una sostanza radioattiva, con lo strumento in grado di rilevarlo, si sarebbe potuta tutelare anche la salute degli operatori. Le misure radiometriche eseguite con varie strumentazioni (sonda alfa, beta e gamma) hanno dato valori di dose istantanea compresi in un intervallo tra 2 e 5 microsievert ora, valori che rientrano nel fondo ambientale. Soltanto in un momento si è arrivati ad un valore di 7-8 microsievert, che comunque era ancora un valore accettabile (perché il fondo

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ambiente chiaramente non è uniforme e, a volte, a causa di raggi cosmici, di radioattività, può avere degli sbalzi), rientrava ancora in una situazione di normalità. Non sono pertanto determinanti ai fini di un giudizio (…) Quindi, materiale radioattivo non ne hanno rilevato. Però, durante l'ispezione del motoscafo del tratto di mare in questione, sono stati visti - visibili anche ad occhio nudo - numerosi rottami – tubi, piastre, lamine -, molti dei quali metallici, individuati anche perché ricoperti di ruggine, disseminati sul fondo marino a poche decine di metri dall’arenile. In questa fase è stato possibile esperire solo osservazioni e analisi di superficie; infatti, un accertamento che possa caratterizzare la tipologia e la proprietà dei rifiuti presenti sul fondo ed eventualmente insabbiati implica una capillare operazione, che prevede la bonifica dei siti in parola, con il relativo recupero di tutto il materiale ivi disperso, da effettuare con apposite apparecchiature e con particolari modalità operative. Poi, trascorse inutilmente quattro ore, durante le quali i sub hanno setacciato la parte di mare interessata, senza aver rinvenuto quanto cercato, cioè questa famosa cassa, si è deciso di sospendere i lavori e comunicare l'esito. Quindi questa cassa, vista mesi prima dai sub dell'Arma, poi non fu ritrovata. Essi analizzarono quello che poterono analizzare e dissero alla dottoressa che erano a disposizione, ma che non potevano fare altro, perché non dotati di mezzi per fare rilievi in acqua (perché la loro strumentazione funziona soltanto in aria, non in acqua). In questa occasione, capimmo che si trattava di possibili materiali radioattivi, comunque materiali tossici, che potevano trovarsi nelle discariche limitrofe là vicino (cosa di cui prima non ne avevamo avuto percezione)”. Lascio anche questa relazione con tutte le analisi, che sono numerate in ordine di allegato.

Scrissi all'epoca al commissario ARPACal, l’architetto Bruno Barbera - anche perché la stampa mise in evidenza tutta questa problematica - sostenendo che noi del dipartimento di Cosenza non eravamo in condizioni di fare delle indagini più approfondite e chiedevamo l’ausilio dell’APAT, per andare in profondità con strumentazioni e mezzi diversi, anche con l’ausilio di esperti per fare indagini geoelettriche, per rilevare cioè se ci sono casse metalliche anche dalla superficie, facendo passare della corrente elettrica attraverso i terreni (perché noi con gli strumenti radiometrici non misuriamo niente). Con questa tecnica si riesce a vedere se ci sono casse metalliche, flussi metallici, con l'attraversamento di corrente elettrica (noi non abbiamo né strumentazione né competenza per fare questo, trattandosi di un lavoro specialistico). Quindi, io chiedevo al commissario di interessare eventualmente gli organi superiori - dunque l’APAT - e trasmettevo la stessa documentazione dicendomi disponibile eventualmente a proseguire le indagini con il supporto specialistico (ho trasmesso la stessa documentazione che ho portato qui). So che l’APAT si è attivata e penso che nei prossimi giorni sia disponibile o a venire in Calabria o ad andare a Roma per concordare eventualmente un piano di azione, se questo può essere utile alle ulteriori ricerche. Questo è quanto è in mia conoscenza. Lascio anche questa lettera di ritrasmissione. PRESIDENTE. Se non vi sono ulteriori sollecitazioni, mi permetterei di ringraziare l'ingegner Buoncristiano, direttore dell'ARPACal di Cosenza per gli spunti importanti, ma anche per tutta la documentazione che ci ha fornito. 

Incontro con rappresentanti di associazioni ambientaliste. PRESIDENTE. Nell’ambito della missione che la Commissione sta svolgendo a Cosenza, al fine di approfondire le più delicate questioni relative alla specifica vicenda della motonave Jolly Rosso, spiaggiata nel 1990 sulla costa calabrese presso il comune di Amantea e in ordine alla quale la magistratura sta svolgendo un’apposita indagine, un utile contributo può essere fornito dalle valutazioni delle associazioni ambientaliste, che dispongono di un osservatorio privilegiato sullo stato del territorio e sull’inquinamento provocato dalle forme illecite di smaltimento dei rifiuti.

I profili su cui la Commissione intende acquisire specifici elementi di valutazione attengono in particolar modo alle problematiche relative ai traffici illeciti di rifiuti speciali pericolosi, in

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ordine ai quali le associazioni ambientaliste svolgono un’importante funzione di vigilanza e di denuncia, come accaduto proprio in relazione alla vicenda relativa allo spiaggiamento della motonave Jolly Rosso.

Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, darei la parola ad Angelo Barillà, rappresentante di Legambiente. ANGELO BARILLA’, Rappresentante di Legambiente. A nome delle associazioni ambientaliste calabresi credo di dovere esprimere un ringraziamento per l'invito, insieme all'apprezzamento vero e forte rivolto a tutta la Commissione per il lavoro che sta portando avanti… PRESIDENTE. Non solo su questo tema. ANGELO BARILLA’, Rappresentante di Legambiente. Riteniamo soprattutto un punto strategico la notizia dell'introduzione prossima del reato ambientale nel codice penale. Riteniamo che sia strategico in generale, ma soprattutto per indagini come quelle di cui, come associazione ambientalista, ci siamo occupati direttamente per tanti anni negli anni '90, che avevano un punto di debolezza proprio negli strumenti. È un apprezzamento per il lavoro, che è ancora più apprezzabile perché avviene - lo dobbiamo rilevare - nel silenzio istituzionale che c'è in Calabria. Rispetto ad una vicenda che vede una regione come la nostra parte lesa, non troviamo un’adeguata risposta istituzionale per quanto riguarda la salute, gli organismi che dovrebbero controllare, ma anche relativamente alla struttura regionale che dovrebbe supportare l'azione dei giudici, che dovrebbe in qualche modo affiancare il lavoro prezioso che voi state facendo. Non è per fare polemica, ma voi con quest’iniziativa avete riacceso la speranza che possa venire a galla - l'ha riaccesa la procura di Paola, l’avete riaccesa voi - un frammento di una verità sconvolgente che riguarda il traffico internazionale dei rifiuti, che riguarda l’affondamento delle navi. Noi su questo rimandiamo al dossier che abbiamo presentato a livello nazionale in Parlamento; voi lo conoscete, è uno strumento di lavoro importante. Questo elemento dell'attenzione dell'opinione pubblica credo vada rilevato.

C'è sconcerto e anche un po’ di scetticismo nell'opinione pubblica perché, come in una fiumana carsica, emergono queste notizie, sembra di essere vicini a trovare la verità da un momento all'altro, ma poi tutto viene affossato. Questo è un fatto importante. Il motivo per il quale una simile inchiesta, anzi tante inchieste collegate - che per diversi anni avevano prodotto documentazione non solo voluminosa in termini quantitativi (visto che erano emerse delle cose molto concrete) -, poi siano finite nel nulla e vengano solo oggi riprese francamente lascia stupita l'opinione pubblica calabrese. In rapporto particolarmente all'inchiesta che riguarda la Jolly Rosso, che è un pezzo di una pagina buia più generale, non ripeteremo tutti i dubbi, le perplessità, tutto quello che ha riguardato le fasi convulse dello spiaggiamento, quello che accadde dopo (i TIR, la società olandese che arriva e porta via dei rifiuti e così via). Tutte queste cose le rimandiamo al dossier. MICHELE VIANELLO. Può ripetermi questa storia della società olandese che porta via i rifiuti, dato che a noi non risulta? ANGELO BARILLA’, Rappresentante di Legambiente. Benissimo, c'è scritto nei documenti, credo anche della stessa Commissione di inchiesta parlamentare. Subito dopo lo spiaggiamento della Jolly Rosso, una società olandese che si chiamava Smit Tak… SERGIO AGONI. Subito dopo quando? 

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ANGELO BARILLA’, Rappresentante di Legambiente. Questo non lo so. Non sono un testimone oculare. PRESIDENTE. Dal 4 al 28 febbraio. La rinuncia è del 4 marzo. ANGELO BARILLA’, Rappresentante di Legambiente. Ci furono dei TIR che arrivarono lì, ci fu per esempio il dato abbastanza sorprendente, accertato, che fu… PRESIDENTE. Non abbiamo elementi di certezza che la società abbia rilevato… ANGELO BARILLA’, Rappresentante di Legambiente. Certo, ma neanche io. Io sto sulla scia dei dubbi dell'opinione pubblica e delle notizie pubblicate anche sulla stampa. L'idea che siano stati da essa prelevati lascia perplessi, come qualche interrogativo pone il fatto che a intervenire, in un’operazione di questo genere, siano stati i Vigili del fuoco. Ma su questo vi sono le testimonianze, al processo, della Capitaneria di porto di Vibo Valentia, ci sono informazioni contrastanti. Potrei fornirvi successivamente i servizi trasmessi dai telegiornali nazionali; si tratta di notizie dei giornalisti, inchieste, testimonianze di persone che avevano in qualche modo partecipato a quella vicenda. Sono tutti dubbi. Se davvero a bordo ci fossero i piani di quella che fu definita una battaglia navale - mi pare che fosse questo, lo ricordo testualmente riportato a verbale dalla Capitaneria - e questi piani coincidessero con quelli trovati alla frontiera di Chiasso, il dato sicuramente sarebbe abbastanza inquietante, come sarebbe inquietante se rispondesse al vero il particolare - anche questo riportato nel quadro dell'inchiesta di allora - che l'equipaggio si sarebbe rifiutato di risalire a bordo, impaurito. Cosa c'era? C'era qualcosa? Sono tutti dubbi che inquietano fortemente l'opinione pubblica. Come in tutta questa vicenda, nei collegamenti, è inquietante il ruolo che hanno esercitato alcuni faccendieri internazionali; uno tra tutti Giorgio Comerio, che abbiamo incrociato (c'è stato un dialogo con le associazioni). Se volete, c'è una testimonianza diretta di un dibattito televisivo al quale abbiamo partecipato io e lui (io collegato da Cosenza, lui collegato dagli istituti di Telezorro o una cosa del genere): lui tendeva a dichiararsi un semplice operatore navale esperto in localizzazione. E ad una domanda del giornalista se questi soldi - 120 milioni di dollari - del piano abbandonato dalle autorità ufficiali (e ripreso in qualche modo) siano stati spesi, lui ha risposto: ritengo di sì. Quindi 120 milioni di dollari sarebbero stati spesi. Si tratta di testimonianze che, se volete, possiamo produrre, per delineare non un quadro di certezze, ma sicuramente delle situazioni vissute direttamente, che ci inquietano.

Noi intanto riteniamo - ne siamo certi - che sulle spalle fragili della procura di Paola non possa essere lasciato il peso di una inchiesta, che non si ferma alla Jolly Rosso, ma ha collegamenti con altri casi analoghi, che tocca ambiti di livello internazionale e chiama in causa - indagine allora aperta in diverse procure d'Italia - trafficanti senza scrupoli, il ruolo di Governi a livello internazionale, della malavita organizzata (vi è anche qualche interrogativo sul ruolo che rispetto a questa vicenda hanno avuto i servizi segreti di tanti paesi europei e non solo). Allora, in primo luogo, noi chiediamo con forza, sicuri di avere riscontri - ne siamo certi, è una richiesta pleonastica e retorica -, di tradurre in realtà l’impegno serio a fornire uomini, mezzi, ma anche denari, anche mezzi economici, perché vengano fatte delle ricerche con strumenti e tecnologie avanzate, perché venga rafforzato il lavoro della procura di Paola. Quando dico che non può essere lasciato tutto il peso sulle spalle della procura di Paola, che sta svolgendo un ottimo lavoro, significa anche che questa indagine ha bisogno di una regia complessiva. C'è bisogno cioè del coordinamento, bisogna cercare, nel lavoro che altre procure hanno svolto, i punti di contatto e di coordinamento. Per quanto riguarda la Commissione è fondamentale che il lavoro ottimo che voi state svolgendo si intersechi, si incroci con il lavoro che svolge la Commissione su Ilaria Alpi. C'è un rapporto stringente (altri ve

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ne hanno parlato, è inutile ripeterlo). Ma io sottolineo anche il Comitato sui servizi segreti, perché quello è un altro punto importante della questione.

Noi abbiamo una preoccupazione: che dopo 13 anni questo spiraglio si possa chiudere. C'è la spada di Damocle della scadenza dei termini; un’altra archiviazione di quest’inchiesta sarebbe letale perché ad essere a sconfitta sarebbe non la Calabria, il procuratore di Paola, ma la credibilità dello Stato. Soprattutto, resterebbe sulla Calabria l'onta, una macchia che tocca l'immagine, inquietal'opinione pubblica.

Per questo noi crediamo che bisogna utilizzare tutti i mezzi leciti perché quest’indagine non finisca nel nulla. Intanto, nell’immediato, io credo che bisogna compiere accertamenti utilizzando gli strumenti, scandagliare i luoghi dove si sospetta possano essere finiti i rifiuti della Jolly Rosso, per i pericoli incombenti che ci possono essere per la salute dei cittadini. Ora, sappiamo bene che non c'è un’immediata correlazione tra i rifiuti affossati ed eventuali malattie, sappiamo bene che le cose sono più complesse, ma sappiamo anche bene che essi possono entrare nel ciclo vegetativo e si possono produrre danni magari non visibili, non immediatamente percepibili; quindi bisogna attivare i presidi sanitari, le ARPACal, tutte le strutture sanitarie che ci sono. Questa ritengo sia una priorità. Utilizzare strumenti significa carotaggi, aerofotogrammatrie; utilizzare cioè, tutti quegli strumenti, sia pure costosi, che permettono di fare degli accertamenti. Riaprire questo scenario significherebbe fare gli accertamenti sulle navi realmente affondate: la Jolly Rosso solo per caso si trovò ad essere spiaggiata in quel luogo; fu un'emergenza del tutto evidente a causa dell'improvvisa tempesta. Ci sono però dei casi dove risulta con chiarezza che le navi sono affondate. A questo riguardo, da risultanze di inchieste emerge che il carico era dissimile a quello dichiarato, il che dimostra corruzioni avvenute nel porto di La Spezia. Allora, se le cose stanno così, chiediamo che sia avviata un’indagine straordinaria non solo a livello nazionale ma anche a livello europeo per far sì che siano destinate risorse finanziarie, strumenti e strutture, che consentano di svolgere questi accertamenti sulle navi. Su alcune navi era già stato avviato un lavoro, poi interrotto.

Un altro aspetto su cui intendo soffermarmi riguarda la criminalità organizzata. In questa rete internazionale che vedeva tanti pezzi messi insieme, che ruolo ha svolto la criminalità organizzata, e in particolare la ‘ndrangheta? A questo riguardo, desidero evidenziare due aspetti. In primo luogo, come voi saprete, c'è già un importante lavoro svolto dalla Direzione nazionale antimafia sugli interessi, dimostrati, della ‘ndrangheta nel settore dei rifiuti. In secondo luogo, il 26 febbraio 1999, nel corso di un importante convegno il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, dottor Catanese, ha dichiarato che è emerso il coinvolgimento di alcuni personaggi legati alle cosche ioniche, residenti in Germania, nel traffico internazionale dei rifiuti. Queste sono dichiarazioni rese pubblicamente dal procuratore della Repubblica, Catanese; ho qui degli appunti in cui queste dichiarazioni sono riportate. Posso, se volete, leggere testualmente le frasi pronunciate: “É emerso già il coinvolgimento di alcuni personaggi legati alle cosche ioniche nella provincia di Reggio Calabria, in parte residenti sul territorio tedesco, cointeressati ad attività con società tedesche, rinvenute nei libri contabili e nella documentazione sequestrata alla ODM, per l'affondamento delle navi”. Faccio notare che questo non lo dice un ambientalista un po’ paranoico, ma lo afferma il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria nel corso di un convegno ufficiale; e si tratta di dichiarazioni non segretate. In aggiunta: "L’indagine, inoltre, si è arricchita delle dichiarazioni di un pentito straniero che ha collegato l'affondamento delle navi nel mare Ionio ad un traffico di armi sbarcato in Calabria e destinato alle cosche dell’Aspromonte”. Queste dichiarazioni, ripeto, sono state rilasciate nel corso del convegno svoltosi a Napoli sul tema “I crimini contro l'ambiente e la lotta all'ecomafia”.

Allora, se questo è un altro tassello di questa problematica, e se è vero che numerosi pentiti hanno parlato dei nuovi interessi che vanno in questa direzione, sarebbe opportuno, a mio avviso, svolgere un serio approfondimento. In particolare, bisognerebbe allertare le procure, soprattutto quando dei pentiti depongono. Sappiamo anche che in questo caso ci muoviamo su un terreno di

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non univoca lettura; tuttavia, quando si parla di dichiarazioni rese, anche in altri processi, che fanno riferimento al traffico di rifiuti, un approfondimento specifico su di esso sarebbe, ripeto, opportuno. Ecco perché sarebbe importante collegare tutto il lavoro svolto dalle procure, altrimenti tutto diventa più difficile.

In quella relazione, il dottor Catanese faceva riferimento ad una cosa che noi abbiamo sempre pensato, e sulla quale pensavamo che ci fossero comunque dei limiti. Mi riferisco alla possibilità di accedere direttamente alle banche dati dei Servizi segreti in modo diretto e non filtrato (queste sono le parole del magistrato). Di fronte ad interessi, non solo italiani ma anche di altri paesi, con probabile coinvolgimento a livello internazionale dei Servizi segreti deviati, quest'altro tassello ci consentirebbe di comprendere non tanto se vi sia stata da parte della nostra intelligence una sottovalutazione del fenomeno, quanto di vedere in che contesto essa si mosse; e ciò lo si potrà comprendere solo se si dà la possibilità ai magistrati di accedere direttamente, senza filtri e senza barriere, alla documentazione. Questa richiesta, fatta dal procuratore ben sapendo che trattasi di una richiesta possibile, la sottopongo alla vostra valutazione; ma faccio ciò con molta prudenza essendo consapevole del fatto che questo è un terreno molto delicato.

Mi soffermo ora su una questione per me fondamentale. Ritengo che la Rosso non si sia il caso più clamoroso se confrontato rispetto ad altri. È chiaro che lì si è trattato di un caso gravissimo, con tante complicità emerse nel corso dell'inchiesta. PRESIDENTE. Non sarebbe riuscita, insomma. ANGELO BARILLÀ, Rappresentante di Legambiente. Esatto. In quel caso si gestì un'emergenza. Potrei fare riferimento a tante cose di cui ci siamo occupati, ma preferisco richiamare la vostra attenzione sul caso della Rigel. Quest'ultima è una nave che affondò, e questo è stato accertato, tra il 20 e il 21 settembre del 1987, più o meno a venti miglia al largo di Capo Spartivento, in provincia di Reggio Calabria. Rispetto a questo affondamento è stata dimostrata la truffa perpetrata ai danni dell’assicurazione. È stato anche dimostrato che il carico trasportato era dissimile da quello denunciato; e che il tipo di carico trasportato ancora non si conosce. Si sa che la nave affondò in una giornata in cui il mare era, per così dire, liscio come l'olio, e che affondò senza lanciare il cosiddetto may day, quindi, senza lanciare alcun allarme. Si sa, altresì, che l'equipaggio, recuperato probabilmente da un'altra nave, non fu più rintracciato. La procura della Repubblica di Reggio Calabria all'epoca dispose un incidente probatorio in ordine all'accertamento di questa nave.

Nel decreto di archiviazione di quest’inchiesta della procura di Reggio Calabria è riportato, tra l’altro: “…che parimenti priva di idonei elementi e di concreti riscontri è rimasta la presunta individuazione della località Spartivento per la profondità delle acque, quale possibile sito prescelto per l’affondamento delle navi dei rifiuti radioattivi, di cui alla consulenza tecnica del dottor Scaramella sulla cui attendibilità, solo in un secondo momento, sono emerse alcune insospettabili circostanze (vedi nota della Direzione nazionale antimafia del 4 marzo 1997 sull’attività dello Scaramella)”.

La mia associazione ha presentato diversi esposti; ma questa a me pare un’ombra. Se, infatti, il dottor Scaramella era inattendibile così come emerse in seguito per le indagini, allora, occorre cercare ancora. Bisogna, quindi, svolgere un'indagine seria, per comprendere su cosa emerse l’inattendibilità. Sarebbe inquietante se lo Scaramella fosse inattendibile perché parte di un sistema non spinto alla legalità e all'affermazione dei diritti. Questo mio dubbio lo sottopongo alla vostra attenzione, come modestissimo contributo. Si tratta comunque di atti ufficiali, rispetto ai quali sarebbe importante che fossero svolte delle riflessioni.

Da ultimo, desidero soffermarmi su un altro aspetto che consideriamo delicato. A giugno del 2004, il Presidente della Repubblica, Ciampi, ha assegnato la medaglia al valore civile alla memoria del capitano di corvetta Natale De Grazia, punta di diamante del pool investigativo della procura della Repubblica di Reggio Calabria, morto sul lavoro mentre si spostava da Reggio Calabria a La

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Spezia in un momento cruciale per l'inchiesta. La sua morte colpì molto l'opinione pubblica non solo per le circostanze in cui avvenne, ma anche per alcune cose accadute successivamente.

A questo proposito, se volete, porto una testimonianza diretta. Il capitano era un punto di riferimento della Capitaneria per le battaglie ambientaliste; ed esso lo era dal punto di vista istituzionale, non tanto per l'adesione alle nostre iniziative. Era un uomo di una professionalità assoluta, con un senso del dovere e dello Stato elevatissimo, e dotato di grandi capacità investigative che hanno aiutato le indagini svolte in questo campo dalla procura. Cito, a titolo di esempio, il fatto che nessuno di noi era conoscenza che le polveri di marmo determinano la fine dell'effetto della radioattività; nessuno di noi, altresì, sapeva che una nave affondata a Capo Spartivento per via del sistema delle correnti può affondare in un altro posto. E nessuno conosceva il meccanismo con cui a La Spezia venivano superati i controlli sul molo da dove partivano determinate navi. Aspetti questi che riguardano cose incredibili. Siamo, quindi, fieri che gli sia stata attribuita una medaglia al valore civile. Nella dichiarazione del Presidente della Repubblica si fa preciso riferimento alle capacità investigative straordinarie di De Grazia, il quale, leggo testualmente: “A prezzo di costante sacrificio personale e nonostante pressioni e atteggiamenti ostili portò avanti e diede un contributo” su questa problematica. Sulla sua morte, a distanza di tanti anni, c'è ancora qualche ombra che a noi piacerebbe venisse definitivamente cancellata. Il 13 dicembre ricorre l'anniversario della sua morte. Una settimana dopo la sua morte venne fatta un’autopsia; la storia della sua morte è nota. Mentre si trasferiva da Reggio Calabria a La Spezia fece sosta a Nocera Inferiore, e, insieme ad altre persone, si recò in un ristorante – oggi qui ho rivisto un maresciallo che all’epoca lo accompagnava - per cenare. Il capitano De Grazia fu l'unico a mangiare il dolce al ristorante; dopodiché, insieme agli altri colleghi, si rimise in viaggio in automobile, si appisola e muore. Come detto, l'autopsia è stata effettuata una settimana dopo; allo svolgimento dell'esame autoptico prese parte anche il medico dei familiari. Ai partecipanti a quell'esame rimasero comunque dei dubbi; il risultato dell'autopsia fu: arresto cardiocircolatorio. Un anno dopo, i familiari del capitano ottennero che si rifacesse l'autopsia e, da quanto a me risulta, i parenti non hanno mai saputo l’esito di questa seconda autopsia. Ciò, a mio parere, è molto grave; vi invito, pertanto, ad utilizzare gli strumenti che avete a vostra disposizione per fare delle verifiche. Questo problema esiste e va affrontato, ben sapendo che queste cose vanno trattate con responsabilità e con delicatezza. A mio avviso, andrebbe verificata la circostanza, che molto sommessamente pongo, secondo cui, alcuni giorni prima, addirittura il giorno prima, della partenza, il capitano De Grazia avrebbe incontrato a Messina un rappresentante dei servizi o quanto meno qualcuno che ad essi faceva riferimento. Dico ciò non tanto per sollevare un dubbio, ma per invitarvi a sollecitare che si faccia chiarezza su quanto è avvenuto, in modo da sgombrare una volta per tutte il terreno.

Concludo il mio intervento rinnovandovi il mio apprezzamento e la massima disponibilità a collaborare. Come Legambiente dopo e WWF prima, rispetto all'indagine della Jolly Rosso abbiamo portato a conoscenza del magistrato il nostro sostegno e il nostro interesse processuale. A questo proposito, preannuncio che siamo determinati a costituirci parte civile qualora ce ne saranno le condizioni, sapendo così di rappresentare un interesse collettivo di cittadini che chiedono che si faccia chiarezza, in modo che le verità non restino sepolte insieme alle navi in fondo al mare ma vengano a galla, sebbene sappiamo che sarà difficile punire i colpevoli. GIANFRANCO POSA, Rappresentante del WWF. Porgo i ringraziamenti del WWF nazionale. Il WWF si è interessato alla vicenda della Rosso sin dall'inizio. Portiamo in questa sede soprattutto la preoccupazione e l’istanza dei cittadini, anche perché viviamo ad Amantea e facciamo parte di un comitato civico che si è costituito nel frattempo.

Sin dallo spiaggiamento della motonave i nostri attivisti si sono interessati alla vicenda.Hanno riscontrato difficoltà ad avvicinarsi alla nave e, addirittura, a scattare alcune foto. Si sono preoccupati anche perché tra la popolazione serpeggiava la voce che la nave potesse trasportare rifiuti pericolosi. Dunque, l'associazione - più che altro i colleghi che mi hanno preceduto, dato che

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io ero un ragazzo - si è rivolta all'assessore all'ambiente del nostro comune. L’assessore, per tranquillizzare la popolazione, si è messo in contatto con la Capitaneria di porto di Vibo Valentia che ha assicurato che la nave non conteneva rifiuti pericolosi, che la nave sarebbe stata rimossa e l'area bonificata. Nonostante ciò, poiché serpeggiavano le suddette voci tra la popolazione, nel 1991 la procura di Paola ha aperto un'inchiesta.

A tale proposito abbiamo preparato un dossier, che vorremmo consegnarvi, ed un file multimediale che abbiamo proiettato nell'assemblea pubblica che si è tenuta il 6 novembre ad Amantea. Tale file contiene alcune foto riguardanti la vicenda Rosso e l’audio della registrazione andata in onda nella trasmissione Inviato speciale di Radiodue. Dunque, vorrei consegnarvi ambedue i documenti. Il primo documento della rassegna stampa è l'articolo del 1991 che parla della rimozione della motonave Rosso e delle indagini che condusse, per la procura di Paola, il dottor Fiordalisi con la collaborazione del capitano di fregata della Capitaneria di porto Giuseppe Bellantone. Questi, al termine dell'inchiesta, accertarono che non vi erano pericoli nel carico della nave e, dunque, non vi erano rischi per la popolazione.

Pertanto, ci ha preoccupati venire a sapere, in seguito all'esposto di Legambiente sulle navi a perdere, che in tale inchiesta fosse coinvolta anche la motonave Rosso, dato che ormai, come cittadini, eravamo tranquilli. Le nostre preoccupazioni si sono fatte ancora più importanti dopo gli articoli pubblicati quest’anno dalla stampa nazionale, in particolare da L'Espresso, e dopo l'apertura dell'inchiesta da parte del magistrato Francesco Greco. Come ambientalisti ci siamo incontrati ad Amantea anche con un rappresentante del WWF nazionale, la dottoressa Patrizia Fantilli. Da quella riunione, tenuta il 2 agosto, è nata l'idea di costituire un comitato civico che seguisse la vicenda. Abbiamo cominciato a riunirci a settembre nella sede del WWF di Amantea. La prima volta che abbiamo chiamato a raccolta i nostri amici attraverso un passaparola ci siamo trovati con 50-60 persone: nemmeno noi ce lo aspettavamo. Ciò significa che la popolazione era preoccupata. Abbiamo messo in circolo il materiale che avevamo sulla vicenda, in particolare gli articoli di stampa, e ci siamo accorti - come ho potuto testimoniare all'onorevole Vianello che ho contattato perché aveva presentato un'interpellanza parlamentare - che agivamo nel completo silenzio e disinteresse delle istituzioni locali. Era difficile che anche i nostri rappresentanti in Parlamento si pronunciassero. Poi abbiamo scoperto che alcuni parlamentari come Iovene, De Petris e Vianello avevano presentato alcuni atti di sindacato ispettivo.

Il nostro intervento ha cercato di sollecitare le istituzioni locali, ma non è stato facile. Addirittura, quando abbiamo fatto volantinaggio durante la fiera di Amantea, che porta in tale cittadina migliaia di persone, siamo stati contrastati. Avevamo chiesto, nella piazza principale del paese, un posto dove poter svolgere la nostra opera di sensibilizzazione: l'amministrazione comunale ci ha allontanato da tale piazza e ci ha assegnato un vicolo molto più angusto. Tuttavia, abbiamo continuato la nostra opera chiamando a raccolta i cittadini che il 6 novembre, come potete verificare dagli articoli di stampa, sono venuti numerosi alla nostra assemblea: gli articoli parlano di 500 persone. In tale manifestazione si sono espressi anche i politici e le istituzioni locali che, fino a quel momento, erano stati in silenzio.

Abbiamo scritto alla giunta ed al consiglio regionale, ai presidenti delle province, delle comunità montane e dei comuni - come aveva fatto anche il presidente nazionale del WWF, Fulco Pratesi - invitandoli, innanzitutto, a sostenere l'attività della magistratura costituendosi parte civile e facendo pressione presso le autorità competenti, che individuiamo nel Governo nazionale e regionale, affinché facessero di tutto per far venire a galla la verità. Ciò farà bene a tutti: a noi cittadini che siamo preoccupati, al territorio la cui immagine ha risentito di tale vicenda, ed anche alla società armatrice della nave. Quest'ultima, infatti, se dovesse risultare non responsabile potrebbe avere, a sua volta, una tutela della propria immagine.

Come cittadini chiediamo che si intervenga, innanzitutto, sui siti già individuati nel corso delle indagini. Mi riferisco, in particolare, alla discarica comunale, attualmente dismessa, di Grassullo dove ufficialmente risulta interrato il carico della nave. Inoltre, bisogna intervenire nelle

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zone limitrofe all'alveo del fiume Oliva dove, oltre ai rifiuti della Rosso, è stata scoperta dal magistrato la presenza di granulato di marmo e fango industriale. Si tratta di materiali inquinanti e, pertanto, chiediamo che vengano rimossi. In quell'occasione si potrà anche verificare se vi sono effettivamente rifiuti riconducibili alla Rosso. Vogliamo, ovviamente, che siano ripuliti anche i fondali marini dai resti della nave e del suo carico. Inoltre, riteniamo necessario che l'attività della magistratura sia supportata per verificare se sul territorio esistono altri siti dove potrebbero essere stati occultati rifiuti pericolosi.

In conclusione, per tenere accesi i riflettori su tale vicenda ad Amantea abbiamo organizzato una manifestazione pubblica per l'11 dicembre alla quale invitiamo tutti i parlamentari; anzi, sarete invitati ufficialmente dagli organi istituzionali nazionali del WWF. Chiediamo a tutti i parlamentari, alle istituzioni regionali, provinciali e locali di essere presenti a quella manifestazione. Al comitato hanno dato, intanto, la loro adesione i sindacati CGIL e CISL, molti gruppi consiliari, associazioni, movimenti nazionali e locali. Molti sindaci del consorzio del basso Tirreno cosentino si sono costituiti parte civile nel procedimento penale e stanno facendo pressione all’ARPACal, al Ministero dell'ambiente, alla regione Calabria ed al commissario per l'emergenza rifiuti perché intervengano e facciano luce su tale vicenda.

 CARLO DE GIACOMO, Rappresentante di Italia Nostra. È difficile dire qualcosa in più dopo gli esaustivi interventi dei colleghi. L'associazione che rappresento condivide sicuramente le preoccupazioni che hanno finora espresso i colleghi. Tali preoccupazioni non sono certo circoscritte all'ambito territoriale di Amantea o del litorale tirrenico, ma vanno allargate a tutto il territorio nazionale. Il quesito che ci poniamo è quante navi siano nei nostri fondali marini. Lo spiaggiamento della Rosso è stato un accidente perché da quanto si evince dai dossier e dalle inchieste tale nave non doveva spiaggiare ma affondare nei nostri fondali. Quindi, bisogna estendere tali preoccupazioni al territorio nazionale e il vostro già egregio lavoro ha qualche responsabilità in più. Oltre a capire cosa conteneva la Rosso e dove è stato portato questo contenuto, un'altra richiesta che facciamo è quella che finalmente il reato ambientale venga inserito nel nostro codice penale, perché riteniamo che abbia un'importanza vitale per la salute e per la tutela del nostro mare. Non ho altro da aggiungere tranne che – ripeto - associarmi alle preoccupazioni che finora sono state espresse.

 ADRIANO PEDULLA’, Rappresentante di Ambiente Azzurro. L'associazione Ambiente Azzurro ringrazia la Commissione. La nostra associazione forse è meno conosciuta delle altre: siamo più giovani ma stiamo anche noi interessandoci della problematica. Tutti quelli che mi hanno preceduto sono stati esaustivi nella trattazione dell'argomento, per cui vorrei soltanto dire quello che stiamo facendo noi per poter eventualmente elaborare un dossier che vi consegneremo successivamente. Innanzitutto, la nostra preoccupazione, visto che la trattazione della vicenda Rosso è nelle mani autorevoli della procura di Paola, che si sta interessando di tutta la situazione, è verificare i siti dove sono stati trasportati i rifiuti. Anche se non sono rifiuti radioattivi sono rifiuti tossici, atteso il fatto che sono in corso alcune prove per verificare la natura e la tipologia di questi rifiuti.

Come diceva l'amico Barillà, stiamo cercando di verificare pure se esiste un rapporto consequenziale tra l'affondamento nel Tirreno e nello Ionio delle molte navi sospette ed i siti dove sono stati stoccati questi rifiuti nocivi per la salute dell'uomo, se non addirittura radioattivi. Quello che sta interessando la nostra associazione sono le conseguenze di ciò che contenevano le navi, cioè i rifiuti, e l'individuazione dei siti dove sono stati stoccati. Stiamo facendo uno studio di massima perché non possiamo permetterci esperti e mezzi per poter verificare tutto. Però, stiamo cercando di formulare questo dossier che successivamente vi consegneremo. Per il resto, da cittadino e come facente parte di Ambiente Azzurro, manifesto preoccupazione per la problematica delle navi che effettivamente sono affondate nel Mediterraneo e per le conseguenze che possono prodursi sulla salute di ogni cittadino della zona.

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Mi fa piacere l’interesse della popolazione di Amantea e dei paesi vicini verso il problema che è di grande importanza. Ripeto: quando sarà pronto questo studio vi contatteremo per potervelo dare.

 LOREDANA DE PETRIS. Ho trovato l'articolo che aveva citato. Visto che il WWF e altre associazioni si sono occupate sin dall'inizio, quindi già dallo spiaggiamento, della vicenda della Rosso, vi chiedo: quando fu aperta l'inchiesta dalla procura di Paola con il dottor Fiordalisi, fu rapidamente chiusa?

 GIANFRANCO POSA, Rappresentante del WWF. Lei pensi che lo spiaggiamento è datato 14 dicembre. A giugno del 1991 era già stata chiusa.

 LOREDANA DE PETRIS. Quindi molto rapidamente.

 GIANFRANCO POSA, Rappresentante del WWF. Comunque, pare che all’epoca il comune di Amantea si fosse già costituito parte civile.

 PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Legambiente, WWF, Italia nostra e Ambiente Azzurro. La vostra è una postazione particolarmente privilegiata per percepire una serie di elementi utili alla nostra più compiuta valutazione di una vicenda particolarmente complessa. Vi ringraziamo per tutte le importanti sollecitazioni fornite.

Dichiaro conclusi gli incontri. 

Gli incontri terminano alle 13.45.