Cosa Resta Delle Micropermanenti

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1 Dott. Gabriele Positano – Giudice del Tribunale di Lecce Legge n. 27 del 24 marzo 2012 Interpretazione della norma, ambito di applicazione sostanziale e temporale e profili di costituzionalità Gabriele Positano Cosa resta delle Micropermanenti? Fase 1: prima della legge n. 27 del 24 marzo 2012 Il problema che si è posto per le disposizioni del Codice delle Assicurazioni è lo stesso che la giurisprudenza ha affrontato dopo l’introduzione dell'articolo cinque della legge numero 57 del 2001, e cioè se le ipotesi di danno da micro permanente ivi disciplinate possono trovare applicazione anche al di fuori della materia dell’infortunistica stradale, sia per ciò che riguarda la definizione, che per quanto attiene ai parametri di liquidazione. Prima questione: l’art. 139 si applica al di fuori della RCA? In realtà, l’articolo 139 del Codice delle Assicurazioni (in tema di micropermanenti) prevede espressamente che il risarcimento del danno biologico si riferisce ai sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli, mentre nessuna disposizione sul punto riguarda l'articolo 138 che lo precede che si occupa del danno biologico per lesione di non lieve entità. Appare, però, ragionevole ritenere che le disposizioni, inserite nello stesso corpo normativo, si riferiscono allo stesso ambito di applicazione e cioè alla liquidazione del danno biologico conseguente ai sinistri disciplinati dal codice delle assicurazioni. Poiché non sono state ancora approvate le tabelle uniche previste all'articolo 138 che riguardano l'invalidità permanente tra 10 e 100 punti, l'unica disciplina immediatamente applicabile è quella dell'articolo 139 per il danno biologico per lesioni di lieve entità. A causa della sequenza cronologica delle norme in materia il giudice civile è vincolato, per i sinistri successivi al 4 aprile 2001, data di entrata in vigore della legge n. 57 del 2001, ad applicare i criteri di liquidazione previsti originariamente da tale norma (DM 3.7.2003) e successivamente dal Codice delle Assicurazioni. La giurisprudenza di merito è divisa sulla questione: si passa dall’applicazione analogica, a quella equitativa sino alla non applicazione. Vi sono pronunzie secondo le quali il danno da micropermanente descritto dal Codice delle Assicurazioni può trovare applicazione analogica alle fattispecie diverse dall’infortunistica stradale, come al caso di danno da responsabilità medica (Tribunale Modena, 10 maggio 2011); secondo altra impostazione i valori monetari previsti all'articolo 139 non possono applicarsi alle ipotesi nelle quali il Codice delle Assicurazioni non trovi applicazione. Per esempio, è stato affermato che non appare corretto applicare anche per le micropermanenti i valori contenuti nelle tabelle di liquidazione predisposte dalla giurisprudenza, ove tali parametri si discostino, eventualmente in senso migliorativo rispetto alla tabella legale (Corte d’Appello di Milano numero 397 del 2011). Secondo altre decisioni, la tabella normativa costituisce un criterio di equità applicabile anche al di fuori del proprio ambito, ma non per un’estensione diretta della disciplina (per analogia), ma quale parametro congruo ed equo.

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Dott. Gabriele Positano – Giudice del Tribunale di Lecce 

 

Legge n. 27 del 24 marzo 2012

Interpretazione della norma, ambito di applicazione

sostanziale e temporale e profili di costituzionalità

Gabriele Positano

Cosa resta delle Micropermanenti?

Fase 1: prima della legge n. 27 del 24 marzo 2012

Il problema che si è posto per le disposizioni del Codice delle Assicurazioni è lo stesso che la giurisprudenza ha affrontato dopo l’introduzione dell'articolo cinque della legge numero 57 del 2001, e cioè se le ipotesi di danno da micro permanente ivi disciplinate possono trovare applicazione anche al di fuori della materia dell’infortunistica stradale, sia per ciò che riguarda la definizione, che per quanto attiene ai parametri di liquidazione.

Prima questione: l’art. 139 si applica al di fuori della RCA?

In realtà, l’articolo 139 del Codice delle Assicurazioni (in tema di micropermanenti) prevede espressamente che il risarcimento del danno biologico si riferisce ai sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli, mentre nessuna disposizione sul punto riguarda l'articolo 138 che lo precede che si occupa del danno biologico per lesione di non lieve entità. Appare, però, ragionevole ritenere che le disposizioni, inserite nello stesso corpo normativo, si riferiscono allo stesso ambito di applicazione e cioè alla liquidazione del danno biologico conseguente ai sinistri disciplinati dal codice delle assicurazioni. Poiché non sono state ancora approvate le tabelle uniche previste all'articolo 138 che riguardano l'invalidità permanente tra 10 e 100 punti, l'unica disciplina immediatamente applicabile è quella dell'articolo 139 per il danno biologico per lesioni di lieve entità. A causa della sequenza cronologica delle norme in materia il giudice civile è vincolato, per i sinistri successivi al 4 aprile 2001, data di entrata in vigore della legge n. 57 del 2001, ad applicare i criteri di liquidazione previsti originariamente da tale norma (DM 3.7.2003) e successivamente dal Codice delle Assicurazioni.

La giurisprudenza di merito è divisa sulla questione: si passa dall’applicazione analogica, a quella equitativa sino alla non applicazione.

Vi sono pronunzie secondo le quali il danno da micropermanente descritto dal Codice delle Assicurazioni può trovare applicazione analogica alle fattispecie diverse dall’infortunistica stradale, come al caso di danno da responsabilità medica (Tribunale Modena, 10 maggio 2011); secondo altra impostazione i valori monetari previsti all'articolo 139 non possono applicarsi alle ipotesi nelle quali il Codice delle Assicurazioni non trovi applicazione. Per esempio, è stato affermato che non appare corretto applicare anche per le micropermanenti i valori contenuti nelle tabelle di liquidazione predisposte dalla giurisprudenza, ove tali parametri si discostino, eventualmente in senso migliorativo rispetto alla tabella legale (Corte d’Appello di Milano numero 397 del 2011). Secondo altre decisioni, la tabella normativa costituisce un criterio di equità applicabile anche al di fuori del proprio ambito, ma non per un’estensione diretta della disciplina (per analogia), ma quale parametro congruo ed equo.

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L'altro problema: il 139 include anche il danno morale?

La questione è se la tabella normativa prevista dall'articolo 139 prevede anche la liquidazione di quella voce di danno riguardante la sofferenza psichica, cioè la vecchia figura del danno morale soggettivo.

Nel caso in cui si dovesse ritenere che la tabella legale non comprenda anche la vecchia categoria del danno morale, si pone l'ulteriore problema di procedere a una liquidazione separata, sostanzialmente disattendendo i principi affermati dalle Sezioni Unite in tema di unitarietà del danno non patrimoniale.

In questo caso il giudice dovrebbe liquidare, unitamente ai valori monetari previsti dalla legge, una somma ulteriore per garantire l'integrale risarcimento del danno alla salute (in questo senso Tribunale Milano, n. 2334 del 2009). La questione è stata anche posta all’attenzione della Corte costituzionale poiché il dato letterale dell'articolo 139 non consentirebbe al giudice la possibilità di adeguare la liquidazione del danno alla fattispecie concreta a causa dell’individuazione di un limite invalicabile al risarcimento.

La Cassazione si è recentemente espressa (Cass. N. 19816/10) affermando che la tabella normativa non prevede la liquidazione del danno morale ed accogliendo il ricorso. La questione riguardava il precedente articolo 5 della legge n. 57 del 2001, precisando che il legislatore in quell'occasione si è limitato a dettare i criteri di liquidazione del danno biologico, senza escludere che il giudice di merito possa integrare quella liquidazione per risarcire anche le sofferenze morali subite dal danneggiato.

Però, sulla stessa questione, Cass. 7.6.2011 n. 12408 ha affermato che quando trova applicazione l'articolo 139 del Codice delle Assicurazioni il danno va liquidato nei termini previsti dalla legge con possibilità, di aumento, in misura non superiore al 20% trattandosi di micro permanenti.

Secondo l'opinione della Corte tale norma è imperativa e sarebbe preclusa la possibilità di una liquidazione del danno da sofferenza, anche con aumento dell'importo base in misura superiore al 20%. La sentenza numero 12408 del 2011 sembra affermare il principio secondo cui la liquidazione è soltanto quella prevista all'articolo 139 poiché la tabella normativa non aveva previsto la liquidazione del danno da sofferenza. Secondo altra impostazione, che trova conferma nella precedente sentenza della Cassazione n. 19816 del 2010 e in una serie di decisioni di merito, nel caso di liquidazione del danno ai sensi dell'articolo 139, la sofferenza morale, se sussistente, può essere risarcita appesantendo il punto di risarcimento biologico in relazione alla concreta sofferenza patita e tale modifica in aumento può superare i limiti previsti dall'articolo 138 e 139, che si riferiscono alla diversa personalizzazione dell'aspetto dinamico e relazionale del danno biologico, ma non anche al danno non patrimoniale, inteso come categoria generale (Tribunale Piacenza, 11 ottobre 2010 e altre).

Nell'ipotesi in cui invece il danno alla salute è conseguenza di fattispecie non disciplinata dall'articolo 139 troveranno applicazione le tabelle di Milano con la possibilità di determinare il pregiudizio relativo alla sofferenza morale nella misura indicata nelle tabelle.

La recente decisione della Corte di Cassazione (2011) sembra contrastare l'orientamento della giurisprudenza di merito che applicava, anche alle fattispecie diverse dal Codice delle Assicurazioni, i parametri della tabella normativa facendo riferimento all’analogia o al criterio equitativo.

Così, più di recente e dopo la decisione n. 12408/11, il Tribunale di Macerata (sentenza del 14 giugno 2011) nell'ambito di una materia diversa da quella disciplinata dal Codice delle Assicurazioni, ha applicato in via equitativa l'articolo 139 modificando, però, i parametri di legge con adeguamento personalizzato superiore a quello previsto dalla norma. Il passaggio interessante è quello secondo cui il limite del 20% previsto dalla

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disposizione riguarda solo la voce del danno biologico personalizzato, ma non anche il danno dà sofferenza morale e ciò sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata.

In sostanza, il legislatore del 2005 non poteva conoscere l'orientamento delle Sezioni Unite del 2008.

Il Tribunale ha utilizzato la motivazione già sperimentata del riferimento ai parametri dell'articolo 139, non come applicazione analogica ma come valore equo del danno non patrimoniale, contestando i principi affermati dalla recente decisione della Cassazione numero 12408 del 2011 nella parte in cui la Corte esclude l’applicazione analogica dell'articolo 139 in considerazione della finalità della legge. Il Codice delle Assicurazioni, in sostanza, secondo la Corte ha ad oggetto il problema della liquidazione del danno biologico al fine del contenimento dei premi assicurativi e per tale ragione, non sarebbe applicabile in via analogica. Al contrario il giudice di merito ha ritenuto non ragionevole tale principio perché determinerebbe un trattamento risarcitorio differenziato al cospetto della medesima lesione all’integrità psicofisica, risultando del tutto irrilevante se la menomazione stata determinata da un veicolo a seguito di incidente stradale o, come nel caso di specie, da colpa medica.

Con sentenza del 7 giugno 2011, n. 12408, la Cassazione ha affermato che per le micropermanenti conseguenza di fatti diversi dalla circolazione dei veicoli, il parametro di liquidazione non è quello previsto dalla legge, ma i valori indicati nelle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano.

I valori di riferimento di tale Tribunale devono ritenersi equi e cioè in grado di garantire la parità di trattamento e possono essere applicati in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o ridurne l’entità.

La Cassazione ha anche affermato un principio processuale precisando che nel caso in cui il giudice di secondo grado abbia liquidato il danno in base a tabelle diverse da quelle milanesi, tale circostanza non consente, in ogni caso, la ricorribilità in Cassazione per violazione di legge (dove la norma violata è naturalmente l’art. 1226 c.c. in tema di liquidazione equitativa del danno), poiché sarà necessario l'ulteriore presupposto della deduzione della questione in maniera specifica davanti al giudice di merito. Secondo la Cassazione il principio dell'equità non costituisce soltanto la regola del caso concreto, ma anche lo strumento di uguaglianza attraverso il quale si garantisce la parità di trattamento per casi analoghi.

Per assicurare l'equità dei risarcimenti, il parametro di valutazione può/deve essere costituito dai valori tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano, da modularsi secondo le circostanze del caso concreto, evidenziando l’intollerabilità e la mancata rispondenza ai criteri di equità delle liquidazioni diverse presso i tribunali nonostante l’identità di lesioni subite.

È evidente che la decisione della Cassazione ha sollevato un vespaio di critiche e apprezzamenti. Certamente la Corte ha condiviso l'aggiornamento operato dall'Osservatorio per la giustizia civile di Milano a seguito dei principi enunciati dalle Sezioni Unite modificando non solo la denominazione delle tabelle, che oggi si riferiscono al danno non patrimoniale derivante dalla lesione dell’integrità psicofisica, e non più dal danno biologico e che esprimono una vocazione nazionale poiché seguita dalla maggioranza dei tribunali della nazione.

La Cassazione ha sostanzialmente affermato che nell'ipotesi di micro permanenti non conseguenti a incidente stradale la tabella di Milano deve trovare applicazione.

Un’ulteriore e non secondaria conseguenza della sentenza della Cassazione numero 12408 riguarda il contenzioso che potrà confluire in Cassazione. Infatti, la Corte ha precisato che la mancata applicazione della

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tabella del Tribunale di Milano nel giudizio di appello non comporta automaticamente la possibilità di ricorrere in Cassazione per violazione di legge per il solo fatto che la Corte territoriale abbia liquidato importi inferiori rispetto a quelli milanesi. È richiesto oltre alla prospettata inadeguatezza della liquidazione, anche che la questione sia stata sollevata davanti al giudice di merito. La Cassazione, poi richiede un ulteriore elemento e cioè che la parte, quindi il difensore, abbia allegato materialmente le tabelle di Milano. In sostanza i presupposti per il ricorso in Cassazione divengono:

1. l’inadeguatezza della liquidazione operata dal giudice di merito rispetto alle tabelle di Milano;

2. che la questione sia stata posta in maniera esplicita nel giudizio di merito,

3. che le tabelle di Milano siano state versate in atti.

Registrando il polso della situazione attraverso un'analisi degli interventi sulle ml dei civilisti deve prendersi atto che, la decisione adottata a giugno dalla Cassazione non viene percepita dai magistrati che si occupano di tali problematiche come un mutamento definitivo della Cassazione in tema di uniformità dei criteri di liquidazione e questo al di là dei campanilismi tabellari.

D'altra parte nello stesso periodo (giorno) la Corte ha emesso una sentenza che ha affermato un principio differente (Cassazione, 7 giugno 2011, numero 12273) precisando, sulla medesima questione della denunzia di violazione di legge per mancata applicazione delle tabelle di Milano, che il motivo era infondato, rientrando nell'assoluta discrezione del giudice di merito applicare o meno le tabelle in uso presso i singoli distretti di Corte d’Appello distribuiti sul territorio nazionale.

La strada seguita dal legislatore per una tabellazione nazionale

In data 24 ottobre 2011 la Camera dei Deputati si è pronunziata sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica relativo alla Nuova Tabella delle Menomazioni alla Integrità Psicofisica, comprese fra 10 e 100 punti d’invalidità e del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto, ai sensi dell'articolo 138 del Codice delle Assicurazioni.

Il Consiglio dei Ministri, nella riunione del 3 agosto 2011 aveva approvato (subito dopo l’eco di Cass. n. 12408/11), su proposta del Ministro della Salute, tale schema di DPR. L'entrata in vigore di tale norma avrebbe determinato l'applicazione vincolante per tutti i giudici e, eventualmente (l'articolo 138 non contiene l’indicazione relativa ai sinistri stradali) in ogni contenzioso pendente al momento dell'entrata in vigore del provvedimento, della nuova disciplina, poiché lo schema di decreto non prevedeva una disciplina transitoria.

Dall'esame dei parametri emerge un a riduzione media del 40% o 50% della misura del risarcimento del danno alla persona in caso di sinistro stradale rispetto ai parametri previsti dai maggiori uffici giudiziari.

In data 17 settembre 2011 l’Organismo Unitario dell'Avvocatura aveva approvato una delibera che richiedeva al Governo di ritirare il provvedimento osservando l’anomala tempestività dell’adozione di tale strumento normativo subito dopo la decisione numero 12408 del 2011 della Corte di Cassazione.

Il ministero della salute ha richiesto un parere al Consiglio di Stato il quale in data 17 novembre 2011 ha espresso una serie di rilievi critici allo schema di DPR relativo alla liquidazione delle macro lesioni.

Il Consiglio di Stato ha evidenziato che mentre il regolamento, anche nella sua intitolazione, fa espresso riferimento alla disciplina delle macro lesioni in attuazione dell'articolo 138 del Codice delle Assicurazioni, nelle tabelle allegate compaiono anche gli importi relativi alle lesioni lievi, cioè quelle da uno a nove punti

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percentuali, già disciplinate da altro strumento attuativo della diversa disposizione dell'articolo 139. Ciò avrebbe determinato una inammissibile sovrapposizione di poste. Inoltre, secondo il Consiglio di Stato il significativo effetto calmieratore introdotto dalle nuove tabelle, con un abbattimento di circa il 50% del valore precedentemente riconosciuto, risulterebbe in contrasto con l'articolo 138 del Codice delle Assicurazioni che richiede che il criterio risarcitorio cresca in misura più che proporzionale rispetto all'aumento dei punti d’invalidità.

Nel caso di mancata applicazione dell'articolo 138 alle lesioni diverse da quelle conseguenti alla circolazione stradale, il macro leso generico, liquidato sulla base delle tabelle giurisprudenziali dei tribunali, beneficerebbe di un risarcimento molto più generoso rispetto al suo sfortunato omologo, coinvolto in un sinistro stradale con un’aspettativa di risarcimento pari alla metà dell'altro danneggiato.

La Camera dei Deputati, nella seduta del 24 ottobre 2011, ha impegnato il Governo a disporre in tempi rapidi il ritiro del pacchetto.

Cenni ai profili di incostituzionalità dell’art. 139

Dopo le decisioni della Corte di Cassazione risulta maggiormente evidente il profilo di possibile incostituzionalità dell'articolo 139.

La questione era stata sollevata dal Giudice di Pace di Torino con ordinanza del 26 novembre 2009.

La Consulta, con ordinanza n. 157 del 2011 ha dichiarato l’inammissibilità della questione per difetto di prova della rilevanza della questione. In sostanza, la Consulta aveva osservato che nell'ordinanza di rimessione vi era una insufficiente descrizione della fattispecie concreta, che non consentiva una valutazione adeguata della effettiva rilevanza della questione. In quel caso il primo giudice, nel lamentare che la norma impugnata non consentisse l'integrale risarcimento del danno non patrimoniale, non aveva indicato l'età del danneggiato, il danno subito, il decreto ministeriale da applicare e le ragioni per le quali la somma non sarebbe adeguata.

Il giudice onorario ha riproposto la questione con ordinanza del 21 ottobre 2011 e la Consulta non si è ancora pronunziata. La seconda ordinanza contiene il riferimento all'età e all'attività svolta dall'attore, la individuazione del danno subito (proprio in una distorsione alla rachide cervicale), l’indicazione della somma alla quale avrebbe avuto diritto il danneggiato applicando le tabelle del Tribunale di Milano e non quelle per la responsabilità civile da circolazione stradale, determinate dal legislatore. Ha precisato che avrebbe applicato le tariffe previste all'articolo 139, aumentate in via equitativa nella misura massima del 20% per personalizzare il danno, riconoscendo anche il danno morale, nell'ulteriore importo di euro 300. Conseguentemente il danno alla persona da liquidare in applicazione del decreto ministeriale 17 giugno 2011 sarebbe stato pari ad euro 1740, comprensivi anche dell'aumento di un quinto, mentre l'importo determinato sulla base delle tabelle di Milano sarebbe stato pari ad euro 3240.

È evidente che l’apporto chiarificatore di pronunzia della Corte Costituzionale appare ormai ineludibile per due ordini di ragioni:

1. la prima riguarda il progressivo passaggio da un sistema fondato sul risarcimento ad uno assimilabile all'indennizzo;

2. seconda riguarda la questione se debba ritenersi o meno principio affermato dal diritto vivente che, in materia di infortunistica stradale, l'articolo 139 non consente di liquidare anche il danno morale.

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Quanto al primo profilo la breve storia normativa del danno alla persona vede, nell'articolo 5 della legge n. 57 sulle micropermanenti, una riduzione dei valori pecuniari corrispondenti al punto di invalidità. La norma però consentiva al giudice di aumentare l'entità del risarcimento determinato per legge, con valutazione equitativa sostanzialmente libera (tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato). Il secondo passaggio è legato all'articolo 23 della legge numero 273 del 2002 che ha introdotto una limitazione all'aumento "in misura non superiore ad un quinto".

Il terzo passaggio, invece, ha riguardato la nozione di danno biologico che, prima del Codice delle assicurazioni, corrispondeva alla lesione temporanea e permanente alla integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale. Tale nozione, però riguardava soltanto il danno biologico statico ma consentiva di valutare in via equitativa il profilo dinamico, cioè il danno alla vita di relazione. Con all'articolo 139, invece, viene predeterminato anche il profilo dinamico, perché con i medesimi valori monetari si liquida il danno biologico comprensivo anche delle "incidenze negative sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato".

Da quel momento il danno alla vita di relazione ha perso autonoma cittadinanza.

Intervengono le Sezioni Unite di San Martino e la sentenza 26972, tra le altre cose, ha affermato il principio secondo cui il danno alla salute ha valenza onnicomprensiva e assorbe al suo interno anche le altre poste risarcitorie.

In sostanza l'articolo 139 liquida con la medesima somma, prima il danno biologico statico, poi, anche, il danno biologico dinamico, e adesso sembrerebbe liquidare anche il danno morale. È in effetti, come si è detto Cassazione 12408/2011 ha confermato che il danno non patrimoniale da micropermanente va liquidato entro i limiti di legge, con possibilità dell'aumento nella misura del 20% ai sensi dell'articolo 139.

Qualcuno, pertanto, in dottrina ha ritenuto che l'attuale sistema di risarcimento del danno alla persona si è trasformato, ormai, in un sistema di indennizzo.

È chiaro che nel momento in cui si afferma che il diritto vivente esclude la possibilità di liquidare autonomamente il danno morale, l'articolo 139 manifesta una vocazione alla incostituzionalità.

Per esempio, nel giudizio di legittimità costituzionale promosso con la citata ordinanza del Giudice di Pace di Torino del 24 ottobre 2011, l'attore ha evidenziato che proprio la definizione data dall'articolo 138 al danno biologico, come menomazione di specifici aspetti dinamico-relazionali personali, esclude che in tale definizione possa rientrarvi la sofferenza morale. Infatti, quest'ultima (danno morale) consiste nel dolore soggettivo causato dalle lesioni subite, mentre il danno biologico dell'articolo 138 e 139 incide sul quotidiano espletamento delle attività lavorative, ludiche, personali e relazionali. Se si muove dal presupposto della impossibilità di risarcire il pregiudizio morale, deve ritenersi necessariamente che oggetto del risarcimento ai sensi degli articoli 138 e 139 non è la nozione di salute definita dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, nè dalla Costituzione Europea. La prima definisce la salute come complesso stato di benessere psico-fisico, mentale e sociale, e non la mera assenza di malattia. Poiché il dolore fisico e la sofferenza morale incidono sullo stato di benessere psico-fisico e mentale, ledono la salute e vanno risarciti.

La Costituzione Europea, invece, colloca il danno morale nella categoria della dignità umana, dotata di inviolabilità e garanzia giurisdizionale e risarcitoria piena.

È naturale che sostenendo la tesi opposta, e cioè che l'articolo 139 non impedisce la liquidazione del danno morale all'interno della più ampia categoria del danno non patrimoniale, l'articolo 139 appare maggiormente

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compatibile con i principi costituzionali. E’ questa, per esempio, la linea adottata dalla compagnia di assicurazione nel giudizio di legittimità costituzionale, facendo riferimento, ovviamente, alla sentenza 30 novembre 2011, n. 25575 della Cassazione che ha affermato che per il risarcimento del danno non patrimoniale l'unico limite risiede nell'onere della prova di una lesione apprezzabile di un bene costituzionalmente tutelato. Conseguentemente la tabella delle micropermanenti RCA non preclude il risarcimento di altri pregiudizi non patrimoniali.

Con una complessa e articolata ordinanza, il Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Ostuni, in data 3 aprile 2012, ha sollevato questione di costituzionalità dell'articolo 139 per violazione di una serie di norme costituzionali e principi comunitari, con riferimento ad un giudizio di appello. L’ordinanza prescinde e supera il problema del riconoscimento o meno del danno morale ex art. 139, osservando che il problema sussisterebbe comunque poiché le letture costituzionalmente conformi, ineriscono al solo profilo del risarcimento del danno non patrimoniale di tipo morale, per cui rimangono irrisolti altri profili di compatibilità costituzionale con riguardo alla risarcibilità del pregiudizio di tipo biologico.

Infatti, il sistema risarcitorio delineato dall’art. 139 (con il duplice limite dei valori tabellari, da applicarsi in relazione alle diverse ipotesi di lesione dell’integrità psico-fisica, nonché dell’aumento nei limiti del quinto), appare in contrasto, sia con le disposizioni costituzionali, ma è anche incompatibile con la tutela effettiva delle nuove posizioni giuridiche di diritto comunitario ed, in particolare, del “Diritto all'integrità della persona”, di cui all’articolo 3 della Carta di Nizza. Il microsistema risarcitorio, nel porre valori risarcitori (quelli relativi al singolo giorno di inabilità temporanea totale o parziale), così come limiti quantitativi non equi (e considerati tali dalla stessa Corte di Cassazione) si pone in contrasto “mediato” con l’art. 6 CEDU che riconosce il “Diritto ad un processo equo” e “diretto” con l’art. 117 Cost., primo comma.

L’articolo 139 del Cod. Ass., introducendo un regime risarcitorio differenziato rispetto a quello individuato come equo e, quindi, doverosamente applicabile sia alle micropermanenti che rinvengano la propria genesi in un ambito differente dalla circolazione stradale, che alle c.d. macropermanenti da RCA, non è compatibile con l’art. 3 Cost.. perché inidoneo, a differenza delle Tabelle di Milano, ad assicurare un'uniformità pecuniaria di base, quale presupposto per l’attuazione del principio equitativo.

Infine, il Tribunale di Tivoli - Giudice Monocratico Dott. Alessio Liberati, ha depositato in data 20 giugno 2012 Ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia della Unione Europea per sospetto di incompatibilità con la normativa comunitaria dell'art. 139 del Codice delle Assicurazioni Private, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'UE. Il Tribunale pone l'accento sul regime di limitazione che subisce il risarcimento del danno non patrimoniale derivante dal sinistro stradale o nautico nazionale. Se la quantificazione fosse dipesa da altra causa, l'entità risarcitoria sarebbe stata di superiore e comunque il giudice italiano avrebbe goduto di amplissima libertà nella quantificazione del pregiudizio, non essendo ancorato ad alcun parametro legislativo.

Fase 2: la legge n. 27 del 24 marzo 2012

Il legislatore del 2012 ha introdotto nuove norme al fine di limitare l’incidenza dei dati relativi al costo sproporzionato che in Italia hanno le conseguenze dei sinistri stradali ed in particolare delle microlesioni.

I dati di due anni fa della European Motor Insurance Market evidenziano che l'Italia presenta la percentuale più elevata di sinistri stradali con danni alla persona che determinano, per il 90%, lesioni micro permanenti, le quali, sulla base dei dati di fonte ANIA, costituiscono circa il 40% delle complessivo ammontare dei danni alla persona.

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Con la legge n. 27 del 24 marzo 2012 sono state introdotte due norme che hanno l’intento di limitare i risarcimenti per le lesioni di lieve entità. Entrambe sono contenute nell’articolo 32 delle legge e, testualmente, recitano:

Art. 32 comma 3‐ter

“Al comma 2 dell’articolo 139 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, è aggiunto, infine, il seguente periodo: “In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”.

Art. 32 comma 3‐quater

“Il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all’articolo 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione.

La disposizione pone almeno due ordini di problemi differenti, che saranno trattati separatamente: le problematiche di ordine medico legale e deontologiche, da una parte e le problematiche giuridiche di diritto sostanziale e processuale, dall'altra.

Quanto al primo profilo va subito osservato che le due disposizioni fanno riferimento alla nozione di lesione e non da quella di menomazione. La medicina legale ci insegna che per lesione si intende qualsiasi modificazione peggiorativa della integrità psicofisica dell'individuo, che necessiti di un intervento diagnostico o terapeutico. Viene accertata dai sanitari che prestano le prime cure. Al contrario, per menomazione si intende il postumo a carattere permanente, possibile ma non obbligatorio, di una lesione. La novella normativa riguarda l'ambito della responsabilità civile derivante da circolazione stradale per cui, anche ai fini medico-legali, va limitata a tale ambito.

Da una prima lettura emergerebbe che tutte le menomazioni non verificabili all'esame clinico e non accertabili a seguito di esami strumentali, non costituiscono un esito permanente risarcibile quale danno biologico nell'ambito della responsabilità civile da circolazione stradale, con la conseguenza che la sola sintomatologia soggettiva, non rappresenta più oggetto di risarcimento. Conseguentemente le voci incluse nella tabella delle menomazioni alla integrità psicofisica, comprese tra 1-9 punti di invalidità, di cui al decreto ministeriale del 3 luglio 2003, che prevedono comunque una percentuale di danno biologico per menomazioni costituite da sintomatologia algica o algico-disfunzionale non sarebbero più valutabili.

Per esempio la tabella prevede un tasso massimo del 2% per gli esiti da trauma minore del collo con persistente rachialgia e limitazione antalgica dei movimenti del capo, nella quale la persistente rachialgia e la limitazione antalgica, sembrano costituire una componente della menomazione che viene solo riferita dal soggetto leso e che non può essere oggettivata dal medico legale. Lo stesso, per esempio, per i postumi soggettivi del trauma cranico oppure gli esiti dolorosi di lesioni, di spalla, di anca, di ginocchio e di caviglia che hanno una liquidazione fino al 4% o fino alla 3%.

Come sappiamo sino ad ora l'approccio del medico legale è sempre stato cauto riguardo alle menomazioni a prevalente estrinsecazione soggettiva, facendo riferimento a fattori di contorno significativi e contestuali, come la documentazione sanitaria relativa al periodo di malattia, l'esecuzione di una terapia di riabilitazione, che esprime in genere una compromissione funzionale, la dinamica e l’efficienza lesiva del trauma subito, cioè le modalità di urto e l’entità del danno riportato dai mezzi coinvolti, ma anche la sussistenza di

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precedenti patologie o di traumi precedenti, l’eventuale astensione dal lavoro, cioè di quei dati che consentono di esprimere una valutazione del danno quanto più verosimile e più giustificata.

Oggi la norma richiede di constatare la menomazione e cioè accertata clinicamente verificando, ad esempio, una contrattura muscolare, la compromissione di un legamento, il risentimento neurologico e quanto altro lamentato dall'infortunato. È evidente, già da un punto medico legale, che il nuovo concetto che ne viene fuori non è del tutto in linea con la nozione di danno biologico definita, prima dalla giurisprudenza, e poi dal legislatore all'articolo 139, quale lesione temporanea o permanente alla integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico legale e che esplica una incidenza negativa sull'attività quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della vita delle danneggiato. La nuova nozione poiché restringe il campo del risarcimento del danno.

Infatti le menomazioni conseguenti alle lesioni da colpo di frusta, che costituiscono la maggioranza delle richieste di risarcimento per sinistri stradali, non documentate sotto il profilo strumentale e senza possibilità di essere rilevate dall'esame clinico da parte del medico legale, dovrebbero ricevere una valutazione, in termini di danno biologico, pari allo 0%, mentre i postumi da colpo di frusta conseguenti a esiti differenti (l'ipotesi della insidia e trabocchetto o altra causa) continueranno ad essere valutati con i criteri del decreto ministeriale 3 luglio 2003.

Deve presumersi, si osserva da parte di qualche medico legale, che ciò farà crescere gli accertamenti complementari al fine di dimostrare, in ogni modo, il verificarsi della lesione e la conseguente menomazione.

L'associazione Melchiorre Gioia ha predisposto delle Linee Guida per il ruolo del medico fiduciario di una compagnia, con riferimento specifico alla nuova normativa introdotta dalla legge numero 27 del 24 marzo 2012.

Sempre dal punto di vista medico legale si rileva che la norma fa riferimento alla nozione di lesione, cioè il tipo di patologia causata, nell’immediatezza dalle sinistro. Non parla invece di menomazione. E ovvio che solo se la prima, cioè la lesione, risponde alle caratteristiche indicate dalla legge, si porrà riconoscere una menomazione e quindi il risarcimento del danno biologico permanente.

La prima disposizione (articolo 32 comma 3 ter) richiede che la lesione deve essere suscettibile di accertamento. In realtà la disposizione richiede di più e cioè tre profili: un accertamento che deve essere clinico, strumentale, obiettivo. I tre aggettivi non sono intervallati da congiunzioni o altro per cui, si osserva nelle linee guida, dovrebbero ricorrere tutti e tre, cioè la lesione deve risultare da un esame medico, da un esame strumentale ed entrambi devono fornire riscontri oggettivi.

La norma successiva (art. 32 comma 3 quater) ha un oggetto più ampio. Non fa più riferimento al danno biologico permanente, ma alla più ampia categoria del danno alla persona. In sostanza inserisce due nuovi presupposti, in mancanza dei quali non si può parlare nemmeno di danno alla persona, cioè non saranno risarcibili nemmeno le voci diverse dal danno biologico permanente. Questo escluderebbe la risarcibilità del danno biologico temporaneo, delle spese mediche e di ogni altro danno alla persona. La norma prevede che la lesione iniziale deve risultare, a giudizio del medico legale, visivamente o strumentalmente accertata. I due termini sono collegati dalla congiunzione "o" e questo significa che è sufficiente uno dei due presupposti. Cioè accertamento visivo o strumentale, cioè documentato attraverso un esame strumentale.

Questo secondo aspetto (esame strumentale) sembrerebbe però escludere un accertamento fondato solo sul esame clinico, a meno che che questo esame consenta di ritenere visibile la lesione.

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Dal punto di vista medico si è posto subito problema di interpretare le due disposizioni che non sono per nulla concordanti. Qui le opzioni interpretative sono due.

O si sostiene che il concetto affermato dal legislatore è uno solo e la seconda disposizione rafforza la prima, oppure i due commi vanno letti separatamente. In questo secondo caso però la circostanza secondo la quale la mancanza dei presupposti del “quater” escluderebbe in radice la risarcibilità del danno, porterebbe a concludere che la seconda disposizione assorbe la prima e che la prima disposizione risulta sostanzialmente inutile.

La seconda disposizione, per esempio, renderebbe risarcibile un'escoriazione superficiale o un ematoma, perché accertabile visivamente, mentre renderebbe non risarcibile una trauma cranico con lieve sospensione della coscienza, non accertabile con gli esami praticati.

Secondo le linee guida la interpretazione preferibile è quella di ritenere come disposizione principale il primo comma, mentre il secondo costituirebbe uno strumento aggiuntivo per il medico legale per quei presunti danni, verosimilmente inesistenti. In questi casi sarebbe possibile non risarcire neppure il danno biologico temporaneo delle spese mediche.

Sulla base di quanto detto non sarebbero risarcibili quelle lesioni attestate solo da certificazioni iniziali, quelle del pronto soccorso, in cui si utilizza la dizione "il paziente lamenta…” ecc, mancando ogni evidenza di lesione. La seconda disposizione consente, in questo caso, di non pagare nulla neppure in termini di temporanea e spese mediche.

Nel caso in cui, oltre a tali documenti, il paziente danneggiato alleghi anche attestazioni mediche nelle quali si descrivano dati rilevati solo clinicamente, ma senza evidenza strumentale, secondo le linee guida il medico dovrebbe prendere in esame tutte quelle circostanze di contorno (la dinamica del sinistro, la modalità dell'urto, la violenza, la direzione e altro) per verificare se esiste il nesso causale. Così ad esempio nel caso di scontro a bassissima velocità dovrebbe escludere una serie di menomazioni. Qui però la questione diventa molto delicata poiché la prima disposizione prevede che la lesione deve essere oggetto di accertamento clinico strumentale oggettivo. La oggettività dell'accertamento cosa significa? Significa che le risultanze dell'esame medico strumentale e dell'esame clinico devono fornire riscontri oggettivi o, anche, che il medico deve accertare la idoneità lesiva della causa e quindi esprimere una valutazione sul nesso causale? O forse tale ultima verifica costituisce oggetto dell'indagine diretta del giudice e non del medico legale, eventualmente ctu?

Con specifico riferimento alla fattispecie più frequente, cioè il colpo di frusta, nelle linee guida si evidenzia una peculiare incidenza della nuova normativa. Infatti, il trauma minore del collo viene preso in considerazione dalla tabella prevista nel decreto ministeriale 3 luglio 2003, con la attribuzione di un valore percentuale che oscilla da 0 al 2%. Il profilo particolare che viene evidenziato dalle linee guida riguarda non tanto la fase iniziale della lesione, che generalmente può trovare sufficiente riscontro nelle allegazioni di sintomatologia dolorosa, che superano il vaglio del comma quater, perché risultano visivamente o strumentalmente, ma la permanenza della sintomatologia dolorosa. In sostanza poiché lo stesso decreto ministeriale prevede che anche le lesioni dai cui possono originare menomazioni previste dalla tabella sono suscettibili di guarnizione senza postumi permanenti, il vaglio critico previsto dalle due norme introdotte quest'anno dovrebbe escludere il riconoscimento di una percentuale di invalidità permanente, per tutte quelle fattispecie in cui non è possibile dimostrare un danno permanente sulla base di alterazioni anatomiche oggettive. In difetto di tale presupposto, dovrà ritenersi che quelle lesioni inizialmente plausibili, siano regredite nel tempo senza lasciare spazio a postumi permanenti.

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Pertanto tutta una categoria di lesioni, come la distorsione del rachide cervicale, le contusioni di spalla, ginocchio, caviglia o il trauma cranico semplice, come pure le contratture muscolari e la limitazione dei movimenti della testa, su base antalgica, costituiranno lesioni non risarcibili in termini di invalidità permanente. Potrà, invece, riconoscersi inabilità temporanea quando ricorrono i due presupposti della certificazione attendibile e della sufficiente efficienza lesiva dell'urto.

Ma la nuova normativa ha posto anche dei problemi che riguardano il profilo deontologico e professionale del medico legale. Come emerge dal contenuto della nota del 7 maggio 2012 inviata dal Sindacato italiano degli specialisti medicina legale e delle assicurazioni alla Federazione Nazionale dell'Ordine dei Medici, poiché la legge prevede che la lesione traumatica non accertata strumentalmente o non confermabile strumentalmente, non costituisce danno permanente, il medico legale fiduciario della assicurazione, dovrebbe escludere, in questi casi, la esistenza stessa di una menomazione a carico del paziente.

Alcune compagnie avrebbero chiesto ai propri fiduciari di esprimersi in questi termini e cioè di escludere la esistenza di menomazioni che, invece, secondo la scienza medica sono presenti. In sostanza si pone un problema di definizione del ruolo del medico, poiché tale diversa posizione di talune compagnie sembra limitare la libertà valutativa e quella scientifica e deontologica del fiduciario. Quest'ultimo, in quanto medico, deve procedere necessariamente una visita clinica e non può limitarsi alla sola dimensione strumentale. Ma, soprattutto, il medico non potrà ignorare le risultanze dell'esame diretto e obiettivo del paziente, anche nei casi in cui l'esame strumentale non consenta di accertare oggettivamente l'esistenza di una lesione. Sulla base di tali preoccupazioni il sindacato degli specialisti medicina legale ha chiesto all'ordine dei medici di prendere posizione sul punto.

Con nota del 19 giugno 2012 il Presidente di tale ordine ha fatto presente che il Comitato Centrale aveva interpellato la Consulta Deontologica Nazionale della federazione e, all'esito di attenta analisi del nuovo dato normativo, ha ritenuto inammissibile ogni interpretazione della norma che possa determinare una selezione di criteri, mezzi e oggetto dell'accertamento medico legale, ribadendo la intangibilità delle scelte diagnostiche terapeutiche del sanitario. Inoltre, il codice di deontologia medica impone al medico legale di valutare il nesso di causalità materiale tra l'evento lesivo denunciato e le conseguenze funzionali da stimare ai fini delle risarcimento, e ciò anche ai sensi degli articoli 4 e 62 del codice deontologico.

Nella riunione del 21 giugno 2012 le sigle associative e sindacali medico-legali (il documento reca la sottoscrizione dei rappresentanti di otto associazioni di medici) è stata ribadita la insostituibilità dell'apporto tecnico dello specialista in medicina legale, che deve agire nel rispetto di una indagine semeiologica. Hanno precisato che per i traumi minori come quello contusivo-distorsivo, oggetto dell'intervento del legislatore, la clinica può rendere talvolta superfluo il ricorso ad indagini strumentali. Al contrario alcuni disturbi, come quelli psichico reattivi, sfuggono ad un accertamento strumentale e, pertanto, non potrebbero costituire danno permanente ai sensi della nuova disciplina, pur non potendosi escludere la presenza di una lesione o di una infermità. In ogni caso la libertà professionale e la coerenza scientifica dello specialista in medicina legale non può essere limitata in alcun modo.

Da un punto di vista giuridico, va evidenziato che le due disposizioni introdotte dalla legge numero 27 del 2012, sono in apparente contraddizione.

Il comma ter ha chiaramente la finalità di vincolare il risarcimento del danno biologico permanente ai soli casi in cui la lesione riscontrata in referti di diagnostica per immagini, all'fine di escludere il risarcimento per le patologie soggettive.

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Il comma quater, che si occupa, non solo del danno biologico permanente, ma in generale del danno alla persona, consente al medico legale di valutare strumentalmente (in maniera tutto sommato simile a quanto previsto nella precedente disposizione che richiede espressamente che accertamento che abbia contestualmente caratteristiche: clinico, strumentale e obiettivo), ma anche visivamente la sussistenza di una lesione.

Tra le primissime pronunzie di merito che hanno applicato la nuova disciplina le compagnie di assicurazione segnalano la sentenza n. 225 del 16 maggio 2012, adottata dalla Giudice di Pace di Galatina, Tribunale di Lecce, con riferimento ai danni conseguenti ad un tamponamento verificatosi il 6 maggio 2010. In effetti il giudice non accenna proprio al regime transitorio o alla applicabilità immediata dello ius superveniens, ma nella parte della decisione relativa alla determinazione del danno, condividendo i risultati della consulenza di ufficio, ha determinato, sulla base delle tabelle in uso presso il distretto, il danno biologico da temporanea, totale e parziale e le spese mediche. Ha poi escluso il danno biologico da invalidità permanente, determinato dal consulente nella misura dell'1% "in forza di quanto previsto dall'articolo 139 del codice delle assicurazioni, come modificato dall'articolo 32 della legge numero 27/2012". La decisione, invero, non consente di individuare la lesione subita per cui, deve verosimilmente ritenersi che si trattasse di lesioni non accertate strumentalmente, ma, quanto meno, visivamente per quello che riguarda il danno da temporanea.

Restando al tema ermeneutico, appare convincente l'interpretazione data dall’ISVAP nella circolare del 19 giugno 2012 secondo cui, l'unico modo per leggere di concerto le due norme, è quella di ritenere che il comma ter si riferisce solo alla liquidazione del danno biologico permanente, come definito –da ultimo- dal decreto ministeriale 17 giugno 2011. In questo caso il risarcimento è subordinato alla presenza di una obiettività, certificata da referti diagnostici. Il comma quater, invece, riguarda la categoria più ampia del "danno non patrimoniale" che comprende anche il danno biologico temporaneo, consentendo di liquidare, ad esempio, l'inabilità temporanea, se la lesione è accertata al meno visivamente.

Infatti, mentre il comma ter esclude il risarcimento del danno biologico permanente, il comma quater ammette il risarcimento, senza specificare se si tratti di biologico permanente o temporaneo, sempre che vi sia un riscontro medico. In sostanza nel caso di accertamento strumentale oggettivo, sarà risarcibile il danno biologico permanente, ai sensi del comma ter, e quello temporaneo, ai sensi del comma quater. Nel caso di lesione non accertabile strumentalmente, ma solo visivamente, non sarà risarcito il danno biologico permanente, ma solo quello temporaneo, assoluto e relativo.

Regime di applicabilità

Le disposizioni sono entrate in vigore il 26.3.12 e si pone il problema della loro applicabilità alle conseguenze dannose dei sinistri avvenuti in epoca anteriore e, quindi, a tutte le domande di risarcimento pendenti. L’art. 11 delle preleggi, nel disciplinare l'efficacia della legge nel tempo, stabilisce che, salva diversa previsione, "la legge non dispone che per l'avvenire", escludendo l'effetto retroattivo non sicuramente riconducibile alla scelta del legislatore, quand'anche implicita.

Le norme, riferendosi ad un "risarcimento" ancora in discussione e, comunque, in ragione delle finalità che parrebbero sottese all'intervento legislativo, sembrano peraltro atteggiarsi alla stregua di norme innovative dotata di forza retroattiva.

Una legge innovativa con effetto retroattivo, d'altra parte, è costituzionalmente legittima quando non superi i limiti stabiliti dall'art. 25 Cost. in materia penale o da altre norme costituzionali.

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L'ANIA (Associazione nazionale tra le imprese assicuratrici), con circolare del 27 marzo 2012, avente ad oggetto: la legge 24 marzo 2012, n. 27, di conversione, con modificazioni, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, ha precisato che le due disposizioni, entrate in vigore il 26 marzo 2012, si applicano a tutte le situazioni pendenti alla data in questione, a prescindere dal momento in cui si è verificato il fatto generatore dell'evento.

L’Isvap, con la citata circolare del 19 giugno 2012 ha ritenuto che “le norme, entrate in vigore il 25 marzo 2012 (in realtà il 26 marzo…il 25 era domenica), sono applicabili ai sinistri in corso di valutazione, in cui le fattispecie di danni alla persona di lieve entità non siano ancora state oggetto di accertamento da parte dell’impresa sotto il profilo medico legale”. In sostanza, secondo l'istituto di vigilanza le nuove norme troverebbero applicazione a tutti i sinistri non ancora liquidati o valutati alla data del 26 marzo 2012.

In generale, l'affermazione che lo ius superveniens intervenuto nel corso di un giudizio trova applicazione immediata se la causa investe la questione a cui si riferisce la nuova normativa, è costante in giurisprudenza. In dottrina (Remo Caponi, in uno scritto del 1991) ha approfondito il tema e quello dei limiti che il principio dell'applicabilità immediata dello ius superveniens sostanziale incontra, nelle soluzioni proposte dalla giurisprudenza, in virtù della delimitazione dell'oggetto del processo.

Il principio dell'applicabilità immediata dello ius superveniens opera solo se esso interviene sull'oggetto del processo. L'area di operatività del principio dell'applicabilità immediata dello ius superveniens nel corso del processo si allarga o si restringe a seconda della concezione dell'oggetto del medesimo che si ritenga di dover accogliere.

Tra i magistrati chi ha ritenuto la norma non innovativa, ha formulato già il nuovo quesito da sottoporre al ctu, ritenendola comunque applicabile:

-ritenuto necessario il parere di esperto medico che provveda ai seguenti adempimenti:

Procedere, ai sensi dell'art.260 cod.proc.civ., ad ispezione del danneggiato ed all' elencazione dei sintomi obiettivi rilevati e delle altre conseguenze obiettive e riscontrabili sensibilmente (anche con l' ausilio di sistemi di rilevazione strumentale) eziologicamente ricollegabili al sinistro.

Affermare o escludere la sicura (non soltanto possibile) derivazione di tali sintomi oggettivi (con separata menzione di quelli soggettivi) dall'evento lesivo lamentato dal danneggiato o dalla malattia che ne sia derivata.

Lecce, 28 giugno 2012.

dott. Gabriele Positano

Giudice del Tribunale di Lecce