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Corte di Cassazione, sez. VI penale, sentenze 5 giugno 2015 n. 24242, Pres. Ippolito Est. Di Salvo; n. 24243, Pres. Ippolito - Est. Villoni; n.24244, Pres. Ippolito Est. Di Salvo “Metodo Stamina” sequestro delle cellule staminali rigetto dellistanza Con le sentenze in epigrafe, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in sede di appello circa il possibile dissequestro delle cellule staminali stoccate nella sala criogenica del laboratorio degli Spedali civili di Brescia disposto nell’ambito dell’inchiesta sul cd. Metodo Stamina, confermando le motivazioni del giudice di merito. In tale occasione, la Suprema Corte ha affermato che al c.d. "metodo Stamina" non puo' annettersi validita' scientificae sono emersi "una serie di rischi" collegati alla "attività di estrazione e re- inoculazione delle cellule staminali poste in essere fuori dalle dovute precauzioni e al di fuori delle procedure richieste dalla legge (sent. 24242). La giurisprudenza ha infatti evidenziato come la cura Stamina non solo è sprovvista di effetti benefici ma addirittura è dannosa per chi ci ha creduto. Nelle motivazioni di seguito riportate, la Cassazione evidenzia - come risulta dagli accertamenti in fatto e dall'acquisizione dei numerosi pareri tecnici sia dei consulenti del pm sia di personalità scientifiche- che il trattamento Stamina costituisce "medicinale tecnicamente imperfetto e somministrato in modo potenzialmente pericoloso per la salute pubblica situazioni di per sè integranti la ricorrenza dei reati di pericolo presunto di cui agli art. 443 e 445 c.p. che fondano il 'proprium' del provvedimento di sequestro preventivo"(sent 24243). "L'unico protocollo presentato da Stamina Foundation non è supportato da dati scientifici;è privo di riferimenti a procedure scientifiche validate o a pubblicazioni scientifiche e in esso le metodiche non sono dettagliate"e che "In tutta la documentazione prodotta da Vannoni la preparazione e la caratterizzazione delle proprietà delle cellule staminali" non è "definita nè documentata adeguatamente". A tutt’oggi - avvisano - «ne sono sconosciute sia la composizione farmacologica sia l’efficacia terapeutica» (sent. 24242). Addirittura in circa il 25% dei pazienti che si sono sottoposti alle infusioni di staminali, e dei quali «è stato possibile consultare le cartelle cliniche e le schede di monitoraggio», si sono presentati «eventi avversi, nel 14% dei casi anche gravi» (sent.24242). La Corte di Cassazione afferma altresì che sono scriminati - in base all'art.51 del codice penale - i medici che "in adempimento del dovere di dare esecuzione alla pronuncia del giudice civile" e pertanto, non avranno conseguenze penali nel caso in cui le infusioni si rivelino "pregiudizievoli per la salute del paziente". Cass. pen., sez. VI, sent. n. 24242/2015, Pres. Ippolito Rel. Di Salvo RITENUTO IN FATTO 1. Sugameli Carlo e Barone Tiziana, in proprio e in qualità di esercenti la potestà genitoriale sul figlio minore Mario, ricorrono per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Torino, in data 22 ottobre 2014 , che ha confermato il decreto di sequestro preventivo dei materiali e dei prodotti depositati presso il laboratorio cellule staminali dell'Azienda ospedaliera "Spedali civili di Brescia", nell'ambito di un procedimento penale instaurato nei confronti di Vannoni Davide e di altre 12 persone, in ordine ai reati di associazione per delinquere, commercio e somministrazione di medicinali imperfetti, in modo pericoloso alla salute pubblica, truffa aggravata,

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Corte di Cassazione, sez. VI penale, sentenze 5 giugno 2015 n. 24242, Pres. Ippolito –

Est. Di Salvo; n. 24243, Pres. Ippolito - Est. Villoni; n.24244, Pres. Ippolito – Est. Di

Salvo

“Metodo Stamina” – sequestro delle cellule staminali – rigetto dell’istanza

Con le sentenze in epigrafe, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in sede di

appello circa il possibile dissequestro delle cellule staminali stoccate nella sala criogenica del

laboratorio degli Spedali civili di Brescia disposto nell’ambito dell’inchiesta sul cd. Metodo Stamina,

confermando le motivazioni del giudice di merito.

In tale occasione, la Suprema Corte ha affermato che al c.d. "metodo Stamina" non puo' annettersi

validita' scientificae sono emersi "una serie di rischi" collegati alla "attività di estrazione e re-

inoculazione delle cellule staminali poste in essere fuori dalle dovute precauzioni e al di fuori delle

procedure richieste dalla legge (sent. 24242).

La giurisprudenza ha infatti evidenziato come la cura Stamina non solo è sprovvista di effetti

benefici ma addirittura è dannosa per chi ci ha creduto.

Nelle motivazioni di seguito riportate, la Cassazione evidenzia - come risulta dagli “accertamenti in

fatto e dall'acquisizione dei numerosi pareri tecnici sia dei consulenti del pm sia di personalità

scientifiche” - che il trattamento Stamina costituisce "medicinale tecnicamente imperfetto e

somministrato in modo potenzialmente pericoloso per la salute pubblica situazioni di per sè

integranti la ricorrenza dei reati di pericolo presunto di cui agli art. 443 e 445 c.p. che fondano il

'proprium' del provvedimento di sequestro preventivo"(sent 24243).

"L'unico protocollo presentato da Stamina Foundation non è supportato da dati scientifici;è privo di

riferimenti a procedure scientifiche validate o a pubblicazioni scientifiche e in esso le metodiche

non sono dettagliate"e che "In tutta la documentazione prodotta da Vannoni la preparazione e la

caratterizzazione delle proprietà delle cellule staminali" non è "definita nè documentata

adeguatamente". A tutt’oggi - avvisano - «ne sono sconosciute sia la composizione farmacologica

sia l’efficacia terapeutica» (sent. 24242).

Addirittura in circa il 25% dei pazienti che si sono sottoposti alle infusioni di staminali, e dei quali

«è stato possibile consultare le cartelle cliniche e le schede di monitoraggio», si sono presentati

«eventi avversi, nel 14% dei casi anche gravi» (sent.24242).

La Corte di Cassazione afferma altresì che sono scriminati - in base all'art.51 del codice penale - i

medici che "in adempimento del dovere di dare esecuzione alla pronuncia del giudice civile" e

pertanto, non avranno conseguenze penali nel caso in cui le infusioni si rivelino "pregiudizievoli per

la salute del paziente".

Cass. pen., sez. VI, sent. n. 24242/2015, Pres. Ippolito – Rel. Di Salvo

RITENUTO IN FATTO

1. Sugameli Carlo e Barone Tiziana, in proprio e in qualità di esercenti la potestà genitoriale sul

figlio minore Mario, ricorrono per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di

Torino, in data 22 ottobre 2014 , che ha confermato il decreto di sequestro preventivo dei

materiali e dei prodotti depositati presso il laboratorio cellule staminali dell'Azienda ospedaliera

"Spedali civili di Brescia", nell'ambito di un procedimento penale instaurato nei confronti di Vannoni

Davide e di altre 12 persone, in ordine ai reati di associazione per delinquere, commercio e

somministrazione di medicinali imperfetti, in modo pericoloso alla salute pubblica, truffa aggravata,

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abuso d'ufficio, esercizio abusivo della professione, peculato, ingiuria, sostituzione di persona e

trattamenti illecito di dati personali. Fatti commessi dal novembre 2006 ad oggi.

2.1 ricorrenti, premesso di essere genitori di un minore al quale è stata diagnosticata la malattia

denominata "distrofia muscolare di Duchenne" e che aveva iniziato la cura con il metodo Stamina,

a seguito di provvedimento emesso, ex art 700 cod. proc. civ., dal Tribunale di Trapani, deducono,

con il primo motivo, violazione dell'art. 321 cod. proc. pen., poiché il percorso terapeutico è stato

dapprima attuato da personale medico dell'Azienda ospedaliera e poi da sanitari individuati da

specifico provvedimento adottato dai giudici di Trapani,senza alcun rapporto con gli indagati. Si

tratta peraltro di cellule staminali provenienti dal sistema osseo e non dal sistema circolatorio,

come postulato dal decreto di sequestro.

2.2. Con il secondo motivo, si deduce violazione del D.M. 5-12-2006 e della I. 23-5-2013 n. 57, il

cui art 2 implica un'autorizzazione ope legis all'espletamento delle cure, ammettendo la possibilità

di proseguire i trattamenti già avviati sui singoli pazienti. Del resto, a seguito delle due infusioni

sino ad ora effettuate sul paziente,non solo non si sono constatati effetti dannosi o pericolosi ma si

sono oggettivamente riscontrati indiscutibili benefici, come risulta dagli esami ematochimici, con

ripresa di parte della funzionalità degli arti. Nè può attribuirsi rilievo ostativo alla circostanza che le

modalità della terapia non siano state rese note alle autorità amministrative sanitarie, in quanto ciò

non è previsto per tale protocollo terapeutico. Inoltre il concetto di pericolo idoneo a legittimare

una misura cautelare reale non può consistere in una teorica e generica eventualità ma deve

sostanziarsi in una concreta, imminente ed elevata probabilità che si verifichi un evento

pregiudizievole .

2.3. Con il terzo motivo, si deduce violazione degli artt. 51 e 49 poiché l'effettuazione del

trattamento costituisce adempimento di un dovere imposto da un ordine legittimo del giudice

civile. Si chiede pertanto annullamento dell'ordinanza impugnata.

2.4. Le doglianze formulate sono state ribadite e ulteriormente argomentate con memoria e motivi

aggiunti depositati il 21-4-2015, in cui si richiama anche l'attenzione sul dictum di C. Cost.

274/2014.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Occorre, in primo luogo, porsi il problema relativo alla legittimazione dei ricorrenti. Come è noto,

infatti, l'art. 325 cod. proc. pen. abilita a proporre ricorso per cassazione esclusivamente il pubblico

ministero, l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e

quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Occorre dunque chiedersi in quale di queste

categorie il paziente e i suoi genitori rientrino. Al riguardo, dal decreto di sequestro preventivo

emerge che tra i materiali in sequestro vi sono i prodotti congelati-cellule-, stoccati

presso la sala criogenica del laboratorio cellule staminali degli "Spedali civili di

Brescia"( punto B). Trattasi dunque di materiali biologici di pertinenza del paziente o dei genitori,

qualora siano donatori,onde tali soggetti avrebbero diritto alla loro restituzione. Essi sono pertanto

legittimati a ricorrere.

2. La prima censura è infondata. Non ha infatti alcun rilievo, ai fini della ravvisabilità dei

presupposti della misura cautelare reale, che i ricorrenti abbiano o meno avuto rapporti con gli

imputati. Ciò che rileva è soltanto la sussistenza o meno del fumus dei reati ipotizzati e la

ravvisabilità del periculum in mora: requisiti che prescindono dalla individuazione dei soggetti che,

materialmente, hanno espletato gli incombenti terapeutici e dall'insussistenza di rapporti con gli

indagati.

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3. In ordine alla seconda doglianza, occorre osservare che il ricorso per cassazione avverso una

misura cautelare reale è ammesso dall'art. 325,comma 1, cod. proc. pen. esclusivamente per

violazione di legge. Costituisce,a1 riguardo, ius receptum,nella giurisprudenza di questa suprema

Corte, il principio secondo il quale nella nozione di "violazione di legge" rientrano la mancanza

assoluta di motivazione e la presenza di una motivazione meramente apparente, in quanto

correlate all'inosservanza di precise norme processuali. Non vi rientra invece l'illogicità manifesta,

la quale può essere denunciata nel giudizio di legittimità soltanto attraverso lo specifico e

autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell'art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U. , n. 2 del 28-1-

2004, Ferrazzi,). Dunque, ove il ricorso per cassazione sia limitato alla sola violazione di legge, va

esclusa la sindacabilità del vizio di manifesta illogicità mentre è possibile denunciare il vizio di

motivazione apparente, atteso che in tal caso si prospetta la violazione dell'art. 125, comma 3,

cod. proc. pen., che impone l'obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (Sez. U.,

n. 25080 del 28-5-2003,Pellegrino,Rv. 224611). Quest'ultimo vizio è ravvisabile allorchè la

motivazione sia completamente priva dei requisiti minimi di coerenza e di completezza, al punto da

risultare inidonea a rendere comprensibile l'iter logico seguito dal giudice di merito, oppure le linee

argomentative siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il

provvedimento. La carenza assoluta di un riconoscibile apparato argomentativo, qualificabile come

inosservanza della specifica norma processuale che impone, a pena di nullità, l'obbligo di

motivazione dei provvedimenti giurisdizionali , non ha infatti perso l'intrinseca consistenza del vizio

di violazione di legge, differenziandosi pertanto dai difetti logici della motivazione.

4. Occorre dunque verificare se, nel caso sub iudice, ci si trovi di fronte ad una motivazione

meramente apparente. Orbene, il Tribunale ha, in primo luogo,correttamente sottolineato che, alla

luce della normativa introdotta con d.l. 25-3-2013 n. 54 (c.d. decreto Balduzzi ), conv. In I. 23-5-

2013 n. 57, era necessario che si trattasse di medicinali per terapie avanzate,a base di cellule

staminali mesenchimali, lavorati secondo procedure idonee alla lavorazione e alla conservazione di

cellule e tessuti, come già stabilito nel D.M. Turco-Fazio (norme di buona fabbricazione), secondo

le procedure di qualità autorizzate dall'AIFA.

Orbene, il giudice a quo ha evidenziato l'insussistenza di tale requisito,atteso che, sulla base delle

risultanze acquisite, è da ritenersi che le infusioni somministrate con il cosiddetto "metodo

Stamina" siano,da un lato, contra legem e, dall'altro, pericolose o comunque non sicure

per la salute umana. Deve infatti riscontrarsi una serie di gravi violazioni sia delle

norme sulla fabbricazione dei medicinali per terapie avanzate, somministrati con il

predetto metodo, sia delle norme sulla qualità, tracciabilità e farmacovigilanza dei

prodotti. Innanzitutto,nessuna autorizzazione alla fabbricazione del medicinale per

terapia avanzata è stata rilasciata dall'AIFA,come prescritto dalla normativa vigente.

Inoltre,non risultano in alcun modo rispettate le buone prassi di fabbricazione. Infatti

l'accertamento ispettivo da parte dei NAS, effettuato 1'8 e il 9 maggio 2012, presso gli Spedali

civili di Brescia, ha evidenziato che il laboratorio utilizzato dal personale Stamina non rispettava i

requisiti GMP. L'AIFA, dal canto suo, ha posto in luce che il laboratorio dell'azienda ospedaliera

Spedali civili di Brescia ispezionato,dove il materiale biologico veniva preparato e manipolato, era

assolutamente inadeguato, sia dal punto di vista strutturale che per le cattive condizioni di

manutenzione e pulizia, e pertanto non garantiva la protezione del prodotto da contaminazioni

ambientali. Non era inoltre disponibile, anche sulla base dei documenti esaminati nell'ambito

dell'indagine amministrativa svolta dal Ministero della Salute, alcun protocollo o resoconto di

lavorazione. Nemmeno i medici che iniettavano il prodotto nei pazienti risultavano essere a

conoscenza della vera natura del materiale biologico somministrato. Le cartelle cliniche non

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descrivevano mai chiaramente il trattamento somministrato ai pazienti. Dall'esame dei documenti

visionati non si evinceva l'immediata necessità e opportunità di un trattamento con cellule

staminali, per alcune patologie trattate (ad esempio, il morbo di Parkinson). I pareri espressi dal

comitato etico consistevano soltanto in autorizzazioni estremamente scarne e prive di qualunque

considerazione sull'opportunità del trattamento terapeutico in questione.

Il mancato rispetto dei requisiti normativi di qualità, tracciabilità e GMP è stato evidenziato anche

dai due biologi, Valfrè e Martano, che, per un certo periodo, avevano lavorato a contatto con la

dottoressa Molino, che era l'unica a conoscere i dettagli della procedura manipolativa.

Analoghe violazioni risultavano poste in essere anche con riferimento al poliambulatorio Lisa di

Carmagnola e all'ospedale Burlo di Trieste.

Anche dalle consulenze tecniche disposte dal pubblico ministero è emersa la violazione delle

normative nazionali e comunitarie, previste per garantire la qualità e la sicurezza delle cellule e dei

tessuti destinati ad applicazioni sull'uomo; l'inadeguatezza delle procedure cliniche poste in essere

dal personale Stamina, in carenza dei prescritti requisiti di legge (qualità farmaceutica, GMP, prove

di sterilità, conservazione del materiale cellulare); la carenza delle misure volte a garantire

l'assenza di contaminazioni ambientali, oltre che l'assenza delle dovute autorizzazioni.

5. Come si vede, l'impianto argomentativo a sostegno del decisum, lungi dal potersi considerare

apparente, si sostanzia in un apparato esplicativo puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del

tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo

scrutinio di legittimità, tanto più che, in tema di sequestro preventivo, il procedimento incidentale

che si svolge dinanzi al tribunale del riesame non può trasformarsi in un accertamento preventivo

della sussistenza del reato,tennatica che forma oggetto del procedimento principale.

6. La doglianza inerente all'insussistenza di una potenziale pericolosità o anche soltanto inutilità del

cosiddetto "metodo Stamina" esule dall'area della deducibilità nel giudizio di cassazione,

risolvendosi in una censura alla motivazione del provvedimento impugnato. Al riguardo, il Tribunale

ha evidenziato che dalle consulenze tecniche disposte dal PM, è emersa una serie di rischi (di

contaminazione batterica o,comunque da agenti nocivi; di ematoma o emorragia; di infezione; di

insorgenza di anomalie del fenotipo; di localizzazioni cellulari atipiche; di insorgenza di patologie

legate ad una regolazione immunitaria, come la cosiddetta graft-versushost) legati alle attività

di estrazione e re-inoculazione delle cellule staminali poste in essere senza le dovute

precauzioni e al di fuori delle procedure richieste dalla legge, non solo nel periodo

immediatamente susseguente all'infusione, per le caratteristiche di non purezza e di inidoneità del

prodotto, ma anche in periodi successivi e lontani dall'infusione, per la possibilità di insorgenza di

processi proliferativi difficilmente prevedibili. E infatti circa il 25% dei pazienti di cui è stato

possibile consultare le cartelle cliniche e le schede di monitoraggio ha presentato

eventi avversi,nel 14% dei casi anche gravi. D'altronde, è stato riscontrato che numerosi

pazienti, elencati dal giudice a quo, hanno denunciato l'assenza di effetti benefici e, in taluni casi, il

peggioramento delle condizioni di salute. Anche alcuni medici, le cui dichiarazioni sono state

analiticamente esaminate dal Tribunale, hanno dichiarato di non avere notato miglioramenti sui

pazienti. Altri medici, pur avendo notato alcuni miglioramenti, non hanno saputo né potuto

affermare che gli effetti benefici fossero imputabili al metodo Stamina,considerato che essi

potrebbero essere attribuiti alla naturale evoluzione della crescita ponderale ovvero all'uso di altri

farmaci o all'esecuzione di altre strategie assistenziali, seguite dai pazienti,parallelamente e

contestualmente al trattamento Stamina. Quanto alle risultanze delle analisi condotte dai

consulenti e dall'AIFA sulle cartelle cliniche, tutti i tecnici hanno concordato sul fatto che dai dati

analizzati non emergono elementi significativi in ordine ai presunti effetti

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benefici del cosiddetto metodo Stamina. Anche due medici (Mastroeni e Sher), che avevano, in un

primo tempo,attestato miglioramenti sui pazienti, hanno modificato la loro posizione, chiarendo

che non è possibile ascrivere, con certezza, i miglioramenti, peraltro soltanto dichiarati dai pazienti

o dai genitori dei bambini, al metodo Stamina.

7. Trattasi di motivazione che non può certamente considerarsi apparente,nemmeno qualora

volesse ritenersi che essa non sia immune da censure, sul terreno della razionalità. Infatti soltanto

la mancanza di qualunque ancoraggio del discorso giustificativo alle risultanze acquisite e di

qualunque riferimento alla specifica fattispecie in disamina determina il vizio di apparenza della

motivazione, ravvisabile ove il giudice si avvalga di asserzioni del tutto generiche e di carattere

apodittico o di proposizioni prive di effettiva valenza dimostrativa (Cass.n. 24862 del 19- 5-2010),

determinando così il venir meno di qualunque supporto argomentativo a sostegno del decisum

(Sez. U. 27-11-2008 n. 3287): ciò che non è certamente riscontrabile nel caso in disamina.

8. Dai rilievi enucleabili dall'apparato argomentativo dell'ordinanza impugnata si evince la

riconducibilità della fattispecie concreta in disamina al paradigma delineato dalla norma

incriminatrice di cui all'art. 443 cod. pen. Nell'ottica di tale disposizione, deve infatti intendersi per

medicinale qualunque sostanza o preparato, che venga presentato come caratterizzato da

proprietà curative o profilattiche delle malattie umane e che sia quindi destinato ad essere

somministrato all'uomo (Cass., Sez. 1,9-5-1996, Gallico). La nozione di imperfezione si correla

invece alla difformità dalle prescrizioni scientifiche e dai principi della scienza medica o

farmacologica e alla mancanza delle condizioni necessarie per evitare ogni pericolo nell'uso del

farmaco e per renderlo idoneo al suo scopo (Cass., Sez. 2, 9-2-1979, Alecce). L'inefficacia

terapeutica è infatti sufficiente, unitamente alla mancata rispondenza del farmaco alle leges artis,

ad integrare gli estremi del reato, senza che occorra l'effettiva nocività o pericolosità per la salute

pubblica ( Cass., Sez 1, 14-12-1978, Baglione), trattandosi di un reato di pericolo presunto (Cass. ,

Sez 1, 27- 3-1980, Rocchelli), nell'ottica del quale, cioè, il pericolo non è un requisito di fattispecie

ma soltanto la ratio dell'incriminazione penale. Si evince dalla motivazione dell'ordinanza

impugnata che al c.d. 9. "metodo Stamina " non può annettersi validità scientifica.

Esula dall'area della presente disamina la questione inerente all'individuazione dei criteri di

scientificità di una teoria o, comunque, di un contributo cognitivo:questione inerente all'ambito

tematico delle discipline scientifiche ed epistemologiche. In questa sede, ci si limiterà a ricordare

come, in giurisprudenza (Cass.,Sez. IV, 25 novembre 2004, Nobili), sia stato evidenziato che

la legge scientifica può considerarsi tale soltanto dopo essere stata sottoposta a

ripetuti, superati tentativi di falsificazione e dopo avere avuto reiterate conferme,

donde, appunto, l'alto grado di conferma", che la contraddistingue, e donde la "fiducia" che non

può non esserle riservata. La certezza che essa esprime viene connotata con le formule "alto grado

di probabilità ", "alto grado di credibilità razionale","alto grado di conferma", proprio perché non è

un valore assoluto, non è un'acquisizione irreversibile, poiché è certezza allo stato ma - va

aggiunto- allo stato è certezza e non probabilità. Va, in particolare,sottolineata l'importanza del

requisito costituito dalla diffusa accettazione in seno alla comunità scientifica internazionale. La

rilevanza di questo requisito è tale da segnare il discrimine fra validità e mancanza di validità

scientifica della legge, della teoria o del metodo. La mancanza di accettazione da parte della

generalità della comunità scientifica della validazione di un'ipotesi significa infatti

incertezza scientifica.

10. Orbene, risulta dalla motivazione dell'ordinanza impugnata che i requisiti appena esaminati

sono, nel caso di specie, senz'altro insussistenti . Il giudice a quo ha infatti dato atto che tutti i

consulenti del PM e tutti i tecnici e i professionisti del settore hanno concordemente evidenziato

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che nell'utilizzo delle cellule staminali, in campo clinico,è emersa una serie di ostacoli che hanno

impedito, fino ad ora, di sviluppare una terapia diffusa su vasta scala. Allo stato, dunque, non

vi sono risultati consolidati né sul tipo di cellula da utilizzare né sulla via di

somministrazione né sulla capacità di differenziazione e neppure sul reale beneficio

clinico determinato da questo tipo di trattamenti. In senso contrario al metodo Stamina si

sono poi espressi- sottolinea il giudice a quo- numerosi componenti della comunità scientifica,tra

cui due premi Nobel per la medicina. Anche in merito alla copiosa documentazione depositata da

Stamina sia presso il Ministero della Salute sia presso l'I.S.S., entrambe le istituzioni sono

concordemente giunte alla conclusione che non di pubblicazioni scientifiche relative al metodo

utilizzato si tratta bensì di studi relativi all'uso di cellule staminali mesenchimali, in relazione a

determinate patologie, in cui la metodica Stamina non viene mai menzionata. La stessa metodica,

così come esposta e documentata, non fa alcun riferimento a tale bibliografia. In particolare, il

Ministero ha concluso nel senso che non risulta essere disponibile alcun protocollo scritto in cui sia

riportato il razionale del protocollo clinico Stamina né i risultati relativi ad eventuali studi

sperimentali in vitro o su modello animale né le caratteristiche delle cellule ottenute dopo

incubazione con la metodica in esame. L'unico protocollo presentato da Stamina

Foundation non è supportato da dati scientifici; è privo di riferimenti a procedure

scientifiche validate o a pubblicazioni scientifiche e in esso le metodiche non sono

dettagliate. Nel medesimo senso si è espresso il secondo comitato scientifico,dopo che il Tar del

Lazio aveva accolto il ricorso presentato da Stamina avverso il primo parere, emesso l'11

settembre 2013, sul presupposto che alcuni componenti non avrebbero garantito obiettività e

imparzialità, essendosi già in precedenza espressi in termini negativi sul metodo Stamina. Ma a

conclusioni del tutto analoghe è pervenuto il secondo comitato scientifico,che, al pari del primo, ha

tenuto in considerazione tutta la documentazione prodotta da Vannoni, sottolineando come la

preparazione e la caratterizzazione delle proprietà delle cellule staminali non siano né definite né

documentate adeguatamente. Manca dunque il presupposto stesso per documentare la scientificità

del metodo propugnato.

11. Infondata è anche la doglianza inerente al periculum in mora. Il Tribunale ha infatti

sottolineato che gli operatori Stamina hanno dimostrato,attivandosi pubblicamente e diffondendo

anche messaggi su Internet, la volontà di riprendere l'attività infusionale. Correlativamente, vi sono

numerose famiglie e pazienti in lista di attesa, per le cure . Ne deriva che la necessità di impedire

la reiterazione e la protrazione dei reati può essere soddisfatta esclusivamente attraverso il

sequestro preventivo dei materiali necessari per la prosecuzione dell'attività. Trattasi di

motivazione che non può certo considerarsi apparente, essendo, al contrario, del tutto

congrua,esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle

ragioni del decisum.

12. La doglianza inerente all'applicabilità dell'art. 51 cod. pen. è infondata. Le pronunce emanate,

ex art. 700 cod. proc. civ., dal giudice civile attribuiscono al beneficiario delle statuizioni emesse in

suo favore,titolo a pretendere una determinata prestazione dalla controparte

e,correlativamente,costituiscono,in capo a quest'ultima, il relativo obbligo ma non incidono sui

poteri del giudice penale, il quale rimane libero di adottare le sue determinazioni, in conformità alla

legge e alle risultanze acquisite nell'ambito del procedimento penale. Occorre infatti tenere

nettamente distinto il profilo inerente alla sussistenza della scriminante ex art. 51 cod. pen. per

chi, in adempimento del dovere di dare esecuzione alla pronuncia del giudice civile, abbia praticato

le terapie disposte, dal profilo inerente alla legittimità dell'intervento ablatorio da parte del giudice

penale, disciplinato dagli artt. 321 ss cod. proc. pen. L' art 51 cod. pen. può infatti essere

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invocato per elidere la responsabilità dei sanitari che abbiano praticato terapie

rivelatesi, in ipotesi, pregiudizievoli per la salute del paziente, ma non certamente per

inibire l'esercizio delle funzioni istituzionali da parte del giudice penale. I ricorsi vanno dunque

rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

PQM

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, all'udienza del 21-4-2015.

Cass. pen., sez. VI, sent. n. 24243 del 2015, Pres. Ippolito – Rel. Villoni

Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale del Riesame di Torino ha confermato il decreto emesso in

data 29/09/2014 dal GUP dello stesso Tribunale con cui era stato confermato ai sensi dell'art. 27

cod. proc. pen. il sequestro preventivo, già disposto dal GIP, dei materiali e dei prodotti depositati

presso il Laboratorio Cellule Staminali dell'Azienda Ospedaliera 'Spedali Civili' di Brescia, pertinenti

ai trattamenti sanitari avviati sui diversi pazienti secondo il cd. metodo Stamina ideato da Davide

Vannoni a base di infusioni di cellule staminali mesenchimali.

Previo rigetto di un'eccezione relativa all'incompetenza territoriale dell'autorità giudiziaria torinese e

all'esito di articolata disamina del quadro normativo nazionale ed europeo di riferimento, il

Tribunale ha ritenuto di inquadrare il cd. metodo Starnina nella categoria dei medicinali per terapie

avanzate ad uso umano preparati su base non ripetitiva per determinati pazienti, osservando che

nessuna autorizzazione alla relativa fabbricazione era stata rilasciata dalla Agenzia Italiana del

Farmaco (AIFA); che non risultavano rispettate le buone prassi di fabbricazione né osservate le

vigenti disposizioni in tema di qualità, tracciabilità e farmacovigilanza; che un accertamento

ispettivo dei NAS Carabinieri presso gli Spedali Civili di Brescia aveva formulato vari rilievi critici

sulla gestione del laboratorio utilizzato dal personale Stamina, dante luogo a conseguente

provvedimento di inibitoria da parte della stessa AIFA; che esito negativo aveva dato apposita

indagine disposta dal Ministero della salute nel maggio 2012; che erano state raccolte plurime

denunce di pazienti che avevano avvertito malori dopo il trattamento o notato peggioramenti nel

decorso delle rispettive patologie; che i consulenti tecnici del PM e praticamente la totalità della

comunità scientifica nazionale e internazionale (tra cui due Premi Nobel della materia) si erano

espressi nel senso dell'assenza di basi scientifiche del trattamento; che il tentativo del Vannoni di

brevettare il metodo da lui messo a punto negli Stati Uniti d'America (presso l'USPO) aveva avuto

esisto negativo, mentre la domanda di brevetto presso il competente organismo europeo (EPO)

era stata da lui stesso successivamente ritirata; che per due volte, infine, un Comitato Scientifico

nominato dal Ministero della Salute, in diversa composizione soggettiva, si era pronunciato per

l'inadeguatezza e l'inconsistenza scientifica del cd. metodo Stamina.

Tanto premesso, il Tribunale ha ravvisato il fumus dei reati di associazione per delinquere (art.

416 cod. pen.), commercio o somministrazione di medicinali imperfetti (art. 443 cod. pen.),

somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica (art. 445 cod. pen.) e

truffa aggravata (artt. 640, 61 n. 7 cod. pen.), respingendo la tesi dei ricorrenti della sussistenza a

favore degli indagati delle cause scriminanti di cui all'art. 50 (consenso dello avente diritto) ed

all'art. 51 cod. pen. (adempimento di un dovere derivante dalla legge o da un ordine legittimo

della pubblica autorità), quest'ultimo asseritamente derivante dalla plurime ordinanze con cui

diversi Tribunali nazionali in sede civile avevano accolto il ricorso degli istanti a potere eseguire o

proseguire il trattamento con il predetto metodo presso strutture del servizio sani-tario nazionale

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(164 di accoglimento totale e 43 di accoglimento parziale dei ricorsi). Quanto al periculum in

mora, il Tribunale ha ritenuto che la libera disponibilità delle cose di cui è stato disposto il

sequestro presso gli Spedali Civili di Brescia comporti un pericolo concreto e attuale sia di

aggravamento e protrazione dei reati per cui si procede sia di agevolazione alla commissione di

ulteriori reati.

2. Avverso l'ordinanza hanno proposto distinti ricorsi l'indagato principale, Davide Vannoni e quali

terzi interessati, i genitori di pazienti minorenni sottoposti al trattamento, mentre in un caso a

ricorrere è il donatore (Franchi Patrizio) di alcune delle cellule staminali sottoposte a sequestro.

2.1 Davide Vannoni deduce violazione di legge in relazione all'art. 51 cod. pen., sostenendo che la

normativa vigente consente il prosieguo delle cure con il metodo Stamina presso gli Spedali Civili di

Brescia, configurando un diritto in capo ai pazienti e a chi le cure deve praticare e al contempo

determinando la sussistenza una situazione giuridico - fattuale scrinninante rispetto alle già

configurate o a future ipotesi di reato. Con motivi aggiunti del 10/04/2015, l'indagato deduce,

inoltre, violazione degli artt. 12 lett. c) e 16 cod. proc. pen., eccependo l'incompetenza territoriale

dell'autorità giudiziaria di Torino in favore di quella di Trieste, poiché ivi commesso il reato di

peculato contestato all'indagato Andolina, in rapporto di connessione teleologica con gli altri reati

provvisoriamente contestati.

2.2 Orlandini Elisabetta e Carrer Gianpaolo, in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale della

minore Celeste Maria Carrer; De Barros e Vasconcellos Ponta Guido Edoardo e Ceccuti Caterina, in

proprio e quali esercenti la potestà genitoriale della minore Sofia De Barros e Vasconcellos Ponta;

Massaro Tiziana e Mezzina Vito, in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale del minore

Federico Mezzina deducono tutti violazione degli artt. 8 e 9 cod. proc. pen. e difetto di competenza

territoriale dell'autorità giudiziaria di Torino in favore di quella di Brescia, atteso che l'ipotizzata

associazione per delinquere si è manifestata concretamente in detta città con l'avvio del

trattamento presso la locale azienda ospedaliera degli 'Spedali Civili'; deducono, inoltre,

l'insussistenza del fumus dei reati provvisoriamente contestati e in particolare degli artt. 443 e

445 cod. proc. pen. conseguente ad erronea applicazione e interpretazione della normativa

nazionale ed europea e ad ingiustificata attribuzione delle caratteristiche di potenziale nocività e

pericolosità al metodo Stamina; violazione dell'art. 51 cod. pen. essendo la prosecuzione del

trattamento imposta da provvedimento dell'autorità giudiziaria civile; violazione dell'art. 321 cod.

proc. pen. per insussistenza di periculum in mora, dal momento che attrezzatura e materiale

biologico risultano strumentali all'esecuzione di ordini legittimi adottati dalla pubblica autorità nel

contraddittorio delle parti e non già alla protrazione, all'agevolazione o all'aggravamento dei reati;

violazione dell'art. 275 cod. proc. pen. e del principio di proporzione tra esigenze generali di

prevenzione e salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo.

2.3 Franchi Patrizio in proprio; Franchi Dario e Atzeni Francesca in proprio e quali esercenti la

potestà genitoriale della minore Ludovica Franchi; Sciarretta Andrea Albano e Pisciotta Tahereh in

proprio e quali esercenti la potestà genitoriale della minore Noemi Sciarretta; Camiolo Giuseppe e

Scordo Valeria in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale della minore Smeralda Irene

Camiolo deducono violazione degli artt. 8 e 9 cod. proc. pen. e difetto di competenza territoriale

dell'autorità giudiziaria di Torino in favore o di quella di Brescia, atteso che colà si sarebbero

consumati i contestati reati di cui agli artt. 443, 445 e 640 cod. pen. o in favore di quella di Trieste,

atteso che il più grave fra reati contestati è quello di peculato, pacificamente ivi consumatosi, dal

momento che l'indagato dott. Andolina espleta la professione medica presso un nosocomio di

quella città; deducono, inoltre, violazione di legge, contraddittorietà e manifesta illogicità della

motivazione per omessa indicazione specifica delle cellule staminali sequestrate nel provvedimento

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impugnato e omessa notifica agli interessati; assenza del fumus di tutti i reati provvisoriamente

contestati, considerato pure che il trattamento e le infusioni in cui esso si sostanzia sono state tutti

autorizzati da giudici civili nello ambito di procedimenti in cui sono stati nominati ausiliari i soggetti

ad essi preposti ed espressamente incaricati di procedervi; violazione di legge e vizio di

motivazione in punto sussistenza del periculum in mora, attesa la totale assenza di effetti

collaterali derivanti dal trattamento praticato sui pazienti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso presentato da Davide Vannoni deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni di

seguito esposte, mentre quelli degli altri ricorrenti appaiono infondati e come tali debbono essere

rigettati.

2. Rispetto al momento dell'esecuzione del sequestro sono intervenuti, sul piano processuale, due

fatti nuovi da cui discendono inevitabili conseguenze in punto valutazione della proponibilità stessa

e dei limiti delle impugnazioni. Con sentenza del 18/03/2015, il GIP del Tribunale di Torino ha,

infatti, accolto la richiesta di Vannoni, concordata con il PM, applicandogli ai sensi dell'ad. 444 cod.

proc. pen. la pena di un anno e dieci mesi di reclusione in ordine ai reati ascrittigli e che hanno

legittimato l'imposizione del sequestro: come da informazioni di cancelleria, la sentenza non risulta

allo stato impugnata, ancorché il difensore abbia all'odierna udienza dichiarato essere stato

proposto ricorso per cassazione in corso di registrazione presso la Cancelleria Centrale di questa

Corte. Attesa tale situazione, va allora rilevato che il ricorrente non ha fornito prova concreta della

persistenza di un suo attuale e concreto interesse alla trattazione di questioni concernenti la

competenza per territorio del giudice adìto o la sussistenza di cause di esclusione della

responsabilità di reati la cui consumazione, accedendo al patteggiamento, ha sostanzialmente

riconosciuto. In applicazione della regola di cui all'art. 591, lett. a) seconda ipotesi cod. proc. pen.,

il ricorso del Vannoni va, pertanto, dichiarato inammissibile, con le dovute conseguenze di legge.

3. L'altro fatto nuovo consiste nel disposto rinvio a giudizio da parte del GUP di Torino degli

imputati che hanno optato per il rito ordinario, giusto decreto del 18/03/2015 acquisito agli atti al

pari della citata sentenza di patteggiamento. Tale evento esplica i suoi effetti sui ricorsi proposti

dai ricorrenti non imputati, atteso che è giurisprudenza assolutamente costante di questa Corte di

legittimità l'affermazione del principio che è improponibile in sede di riesame del provvedimento

che dispone il sequestro preventivo la questione relativa alla sussistenza del fumus commissi

delicti, qualora sia intervenuto il decreto che dispone il rinvio a giudizio del soggetto interessato

(ex plurimis v. Sez. 5, sent. n. 51147 del 02/10/ 2014, Figari, Rv. 261906; Sez. 5, sent. n. 26588

del 09/04/2014, Miserocchi, Rv. 260569), attesa l'ontologica diversità delle regole relative alle

misure cautelari personali rispetto a quelle riguardanti le misure cautelari reali (Sez. 2, sent. n.

2210 del 05/11/ 2013, Bongini e altro, Rv. 259420; Sez. 5, sent. n. 30596 del 17/04/2009, Cecchi

Gori, Rv. 244476).

4. Vedendosi in tema di ricorso avverso ordinanza in materia cautelare reale, proponibile solo per

violazione di legge (art. 325 comma 1 cod. proc. pen.), questo Collegio non è tuttavia

esentato dal rilevare che risulta abbondantemente dagli accertamenti in fatto e

dall'acquisizione dei numerosi pareri tecnici sia dei consulenti del PM sia di personalità

scientifiche - pareri per nulla inficiati dalle affermazioni di efficacia, peraltro transeunte (v. su tale

aspetto anche lo articolo a firma dei dottori M. Villanova e l R. Bach in via di pubblicazione

sull'American Journal of Physical Medicine & Rehabilitatrion di maggio 2015 allegato alla memoria

da ultimo prodotta da alcuni ricorrenti) del trattamento provenienti sostanzialmente dai parenti di

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alcuni piccoli pazienti - che il cd. trattamento Stamina costituisca un medicinale

tecnicamente imperfetto e somministrato in modo potenzialmente (e in alcuni casi anche

concretamente, v. indicazioni a pag. 31 ordinanza impugnata) pericoloso per la salute

pubblica, situazioni di per sé integranti la ricorrenza dei reati di pericolo presunto di

cui agli artt. 443 e 445 cod. pen. che fondano il proprium del provvedimento di

sequestro preventivo. Va, infatti, osservato che secondo la ricostruzione, oltre modo esauriente,

del quadro della vigente normativa nazionale ed europea applicabile operata dal Tribunale di

Torino, detto trattamento costituisce a tutti gli effetti un medicinale imperfetto, tale

dovendosi ritenere, fra gli altri, quello non preparato secondo le rigorose prescrizioni

scientifiche (Sez. 1, sent. n. 8936 del 26/04/1985, Casertano, Rv. 170676; Sez. 2, sent. n. 5188

del 09/02/1979, Alecce, Rv. 142170) o secondo i precetti della tecnica farmaceutica (Sez. 4, sent.

n. 627 del 24/02/1971, Stigliano, Rv. 117962), la cui somministrazione è considerata pericolosa dal

legislatore a prescindere dai concreti effetti negativi o anche dall'assenza di effetti prodotti sulla

salute dei pazienti, atteso che il pericolo non è un requisito del fatto, ma la ratio stessa

dell'incriminazione penale (Sez. 1, sent. n. 8861 del 06/07/1993, Pardi, Rv. 197014). Quanto alla

astratta configurabilità dell'art. 445 cod. pen., va osservato che una delle ipotesi che lo integrano è

quella di somministrazione di sostanze medicinali in specie, qualità o quantità diversa da quella

dichiarata, anch'essa ritenuta presuntivamente pericolosa dal legislatore e che nel caso del cd.

trattamento Stamina un pericolo presunto certamente sussiste, dal momento che a tutt'oggi ne

sono sconosciute sia la composizione farmacologica sia l'efficacia tera-peutica. Né appare rilevante

il richiamo da parte di alcuni ricorrenti all'art. 2, commi 1 e 2 del d.l. n. 24 del 25 marzo 2013 (cd.

Decreto Balduzzi) indicati quale base legale di prosecuzione dei trattamenti avviati presso le

strutture del servizio sanitario nazionale interessate, tra cui gli Spedali Civili di Brescia. A parte,

infatti, le rilevanti modifiche apportate dalla legge di conversione n. 57 del 23 maggio 2013

(abrogazione del comma 1 dell'art. 2 del decreto e modifica del comma 2 mediante subordinazione

della prosecuzione dei trattamenti alle condizioni della relativa preparazione in laboratori di

strutture pubbliche e secondo procedure idonee alla lavorazione e alla conservazione di cellule e

tessuti), va osservato che il provvedimento normativo abilitava semplicemente alla prosecuzione

dei trattamenti, nel rispetto delle sopra indicate condizioni, anche in considerazione delle ordinanze

adottate in sede di giurisdizione civile, ma senza nulla statuire in ordine alle caratteristiche

intrinseche del cd. trattamento o protocollo terapeutico Stamina, la cui conformità alle vigenti

disposizioni in tema di qualità, tracciabilità e farmacovigilanza viene, invece, per la prima volta

esaminata in maniera approfondita nell'ambito del presente procedimento.

5. Risulta, invece, proponibile l'impugnazione di detti ricorrenti riguardo al cd. periculum in mora,

essendo tutti interessati alla prosecuzione del trattamento in favore dei rispettivi congiunti presso

gli 'Spedali Civili' di Brescia, prosecuzione di fatto impedita dal mantenimento del sequestro. Alfine

di far valere tale aspetto e poiché le parti, sia pubblica che privata, hanno all'odierna udienza

espressamente evocato la questione, va riconosciuta ai ricorrenti la legittimazione a presentare

impugnazione quanto meno per una parte delle cose oggetto del provvedimento di sequestro, che

al capo B) del dispositivo contempla espressamente li prodotti congelati - cellule - stoccati presso

la sala criogenica de/laboratorio cellule staminali degli Spedali Civili di Brescia, di cui all'elenco

contenuto nell'annotazione del PG del NAS di Torino del 10 agosto 2014'. La legittimazione non

sussiste, invece, riguardo ai materiali di cui al punto A) di pertinenza della struttura di cura

pubblica, in forza del principio ricavabile testualmente dall'art. 325, comma 1 cod. proc pen. e da

tempo ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte di Cassazione secondo cui detta previsione

consente di ricorrere per cassazione per violazione di legge contro le ordinanze emesse a norma

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degli art. 322-bis e 324 cod. proc. pen. all'imputato o all'indagato ex art. 61 cod. proc. pen., al suo

difensore, al pubblico ministero, alla persona cui le cose sono state sequestrate e a quella che

avrebbe diritto alla loro restituzione e a nessun altro all'infuori di tali soggetti (Sez. 2, sent. n. 1490

del 17/03/1994, PM e PC in proc. Apicella, Rv. 197751).

6. L'affermata legittimazione impone ora di considerare il motivo di censura, comune ai ricorsi sia

pure con diverse sfumature, concernente la dedotta incompetenza territoriale della autorità

giudiziaria di Torino. Tutti i ricorrenti sostengono tale eccezione, alcuni propugnando la tesi della

competenza dell'autorità giudiziaria di Brescia, atteso che in tale centro e con l'avvio del

trattamento presso gli Spedali Civili si sarebbe concretamente manifesta l'associazione per

delinquere contestata al capo A) a Davide Vannoni ed ai collaboratori al cd. progetto Stamina, altri

quella della competenza dell'autorità giudiziaria di Trieste, posto che il più grave fra reati contestati

ad uno degli indagati, il dott. Mario Andolina, è quello di peculato, pacificamente consumatosi in

quella città. L'eccezione è infondata riguardo ad entrambe le sue varianti. Quanto alla prima

(incompetenza A.G. torinese in favore di quella bresciana), il Tribunale del Riesame ha

correttamente rilevato che il locus commissi delicti del più grave tra i reati contestati a tutti gli

imputati (art. 416 cod. pen.) deve essere individuato in Torino, atteso che è in tale luogo che la

contestata associazione per delinquere ha iniziato concretamente ad operare ed è stata

diretta dal Vannoni, dominus e regista dell'intera vicenda legata al cd. metodo

Stamina. In forza di tale indiscutibile rilievo - rafforzato, come anzidetto, anche dall'acquiescenza

venuta dallo stesso Vannoni con il patteggiamento - ed ai sensi dell'art. 16, comma 1 cod proc.

pen., l'eccezione di competenza dell'A.G. di Brescia appare del tutto destituita di fondamento.

Parimenti infondata è l'eccezione in favore dell'autorità giudiziaria di Trieste, non sussistendo

all'evidenza alcun caso di connessione tra quelli previsti dall'art. 12 cod. proc. pen. tra il reato,

innegabilmente più grave, di peculato contestato al solo Andolina e quelli contestati a tutti gli altri

imputati (artt. 416, 443, 445, 640 cod. pen.) tra loro invece inscindibilmente connessi sotto il

profilo finalistico (art. 12 lett. c] prima ipotesi cod. proc. pen.).

7. Sgombrato il campo dall'eccezione, vale ora ritornare alle doglianze formulate dai ricorrenti non

imputati riguardo al cd. periculum in mora cautelato dal provvedimento di sequestro.

7.1 Ricorsi Orlandini - Carrer, De Barros e Vasconcellos Ponta - Ceccutì, Massaro - Mezzina. Tali

ricorrenti deducono la violazione dell'art. 321 cod. proc. pen., atteso che attrezzatura e materiale

biologico risultano strumentali all'esecuzione di ordini legittimi adottati dalla pubblica autorità nel

contraddittorio delle parti (giudici civili) e non già alla protrazione, all'agevolazione o

all'aggravamento dei reati; violazione dell'art. 275 cod. proc. pen. e del principio di proporzione tra

esigenze generali di prevenzione e salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo. Il secondo

profilo appare palesemente inconferente, dal momento che l'art. 275 cod. proc. pen. è previsione

dettata per le misure cautelari personali e non già per quelle di natura reale, come il sequestro

preventivo. La prima censura evoca, invece, le vicende dei provvedimenti resi da numerosi giudici

civili che, su istanza di soggetti interessati, hanno autorizzato il trattamento con il cd. metodo

Stamina in quelle strutture pubbliche dichiaratesi disposte a consentirne l'esecuzione. A detto

proposito va osservato che il profilo della legittimità del sequestro preventivo di cui si discute è

questione che si pone su di un piano diverso rispetto ai provvedimenti d'urgenza (art. 700 cod.

proc. civ.) adottati dai giudici civili e ciò sotto un duplice ordine di considerazioni. Il primo è che

tali provvedimenti sono stati adottati per l'appunto in via d'urgenza e sulla base di un'istruttoria per

definizione sommaria e nemmeno lontanamente comparabile a quella indiscutibilmente

approfondita disposta dal PM di Torino, sui cui risultati si basano i decreti di sequestro preventivo e

la conferma ad opera del Tribunale del Riesame. Il secondo attiene al fatto che quei provvedimenti

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riguardavano propriamente il rapporto tra i vari istanti ed il servizio sanitario nazionale,

autorizzando ovvero ordinando ad alcune strutture pubbliche di mettere a disposizione risorse in

uomini o mezzi per l'attuazione del cd. trattamento Stamina, laddove il decreto di sequestro e

l'ordinanza impugnata riguardano più specificamente le caratteristiche del trattamento stesso,

inteso come tipo particolare di medicinale, di cui è stato ritenuto il carattere imperfetto (art. 443

cod. pen.) e pericoloso per la salute pubblica (art. 445 cod. pen.) nei termini ampiamente esplicati

nel provvedimento del Tribunale torinese.

7.2 Ricorsi Franchi Patrizio, Franchi - Atzeni, Sciarretta - Pisciotta e Cambio - Scordo. Tali ricorsi

allegano un vizio di motivazione ìndeducibile nei ricorsi per cassazione avverso le ordinanze di

riesame di provvedimento di sequestro preventivo (art. 325, comma 1 cod. proc. pen.), a meno

che non sì voglia, del tutto infondatamente - dato il carattere estremamente articolato

dell'ordinanza impugnata - sostenere la tesi della motivazione apparente o inesistente: il dissenso

rispetto alle concrete determinazioni assunte dal giudice non può, infatti, sostanziare la deduzione

del vizio dì carenza assoluta di motivazione ai sensi dell'art. 125, comma 3 cod. proc. pen. Vizi di

legittimità in senso stretto, peraltro, non vengono neppure adombrati, atteso che anche la dedotta

assenza dì effetti collaterali negativi derivanti dalla somministrazione del trattamento, oltre ad

essere smentita dalle positive risultanze istruttorie riferite a quei pazienti ricoverati d'urgenza dopo

la stessa o che avevano denunciato peggioramenti nel decorso della malattia (pag. 31 ordinanza),

finisce per rivelarsi una censura di merito alla motivazione del provvedimento, preclusa dai limiti

del ricorso per cassazione nel procedimento incidentale cautelare riguardante le misure reali.

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso di Davide Vannoni e condanna il ricorrente al pagamento delle

spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa delle ammende; rigetta gli altri

ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Roma, 21/4/2015

Cass. pen., sez. VI, sent. n. 24244/2015, Pres. Ippolito – Rel. Di Salvo

RITENUTO IN FATTO

1. Larcher Eros e Chini Sara, in proprio e in qualità di genitori della minore Larcher Desiree,

ricorrono per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Torino, in data 3-11-

2014, che ha confermato il decreto di sequestro preventivo dei materiali e dei prodotti depositati

presso il laboratorio cellule staminali dell'Azienda Ospedaliera " Spedali civili di Brescia", nell'ambito

di un procedimento penale instaurato nei confronti di Vannoni Davide e di altre 12 persone, in

ordine ai reati di associazione per delinquere, commercio e somministrazione di medicinali

imperfetti, in modo pericoloso alla salute pubblica, truffa aggravata, abuso d'ufficio, esercizio

abusivo della professione, peculato, ingiuria, sostituzione di persona e trattamenti illecito di dati

personali. Fatti commessi dal novembre 2006 ad oggi.

2. I ricorrenti, premesso di essere genitori di una minore affetta da atrofia muscolare spinale di

tipo 1 e di avere ottenuto, con decreto emesso dal Tribunale di Trento, in data 29 marzo 2013, la

somministrazione della terapia con cellule staminali mesenchimali, attraverso la metodica della

Stamina Foundation, procedendo così alle relative infusioni presso l'Azienda ospedaliera di Brescia,

deducono, con il primo motivo, incompetenza per territorio del Tribunale di Torino, poiché non è

condivisibile l'assunto secondo cui il più grave reato di associazione a delinquere è stato

consumato in Torino, in quanto la quasi totalità degli imputati, ritenuti sodali, è legata all'attività

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svolta presso gli Spedali civili di Brescia, dove si è estrinsecata l'operatività dell'ipotizzata

associazione.

2.1. Il secondo motivo si incentra sulla ravvisabilità del fumus commissi delicti, poiché esula dalla

fattispecie concreta in disamina l'ipotesi di cui all'art. 445 cod. pen., non trattandosi, nel caso di

specie, di attività di natura commerciale. Ma non ricorre nemmeno l'ipotesi di cui all'art. 443 cod.

pen.,poiché le disposizioni sulle buone prassi di fabbricazione ( GMP) non sono applicabili al caso di

specie, che concerne preparati su base non ripetitiva, connotati da specifici requisiti di qualità,

utilizzati in un ospedale,sotto l'esclusiva responsabilità di un medico, in esecuzione di una

prescrizione sanitaria individuale, relativa a un prodotto specifico e destinata a un determinato

paziente. D'altronde, il Ministero della salute non ha emesso il decreto volto a stabilire le specifiche

tecniche secondo le quali l'autorizzazione relativa a tali preparati dovrebbe essere rilasciata.

L'assenza di una normativa nazionale di dettaglio relativa ai medicinali per terapie avanzate, ad

uso non ripetitivo, pregiudica altresì l'applicabilità, nello specifico, del regolamento europeo n.

1394/2007. D'altronde le infusioni praticate presso gli Spedali civili di Brescia sono avvenute nel

pieno rispetto di tutte le condizioni poste dal d.m. 5-12- 2006 ( c.d. decreto Turco-Fazio). E'

d'altronde impossibile individuare parametri di riferimento applicabili al caso concreto, la cui

violazione possa essere assunta come idonea a sostenere la sussistenza del fumus del reato di cui

all'art. 443 cod. pen., poiché caratteristica specifica di un prodotto per terapia cellulare somatica è

la sua unicità, in quanto ogni singola preparazione deriva da un prelievo che rappresenta, nella

quasi totalità dei casi, un oggetto unico e irripetibile. Peraltro il laboratorio per la manipolazione e

criopreservazione delle cellule staminali degli Spedali civili di Brescia, così come il settore raccolta

cellule staminali, è in possesso dell'accreditamento secondo gli standard JACIE,ciò che dimostra

come la struttura operi secondo standard di eccellenza,riconosciuti a livello internazionale. Del

resto, nonostante presso gli Spedali civili di Brescia si siano svolte oltre 400 infusioni, in nessun

caso,come dichiarato dal personale operante, si sono verificati eventi avversi. Anche dal

comunicato emesso, in data 10 marzo 2013, dal Ministero della Salute si evince che non sussistono

ragioni specifiche per escludere che possano proseguire la terapia i pazienti che abbiano avuto un

trattamento esente da effetti indesiderati. Del resto, anche a norma della I. 23 maggio 2013 n. 57,

l'unico presupposto per la continuità delle cure in corso è che i prodotti siano lavorati presso

strutture pubbliche e secondo procedure idonee alla lavorazione e conservazione di cellule e

tessuti. Dunque la I. 57/2013 rappresenta un'autorizzazione ope legis alla prosecuzione delle

terapie intraprese presso gli Spedali civili di Brescia. Anche il Tar della Lombardia si è espresso nel

senso che il laboratorio in questione è una struttura pubblica, autorizzata alle attività di

manipolazione,stoccaggio e lavorazione di cellule umane e tessuti, di alto livello scientifico, dotata

di personale di elevata professionalità. Anche la Corte europea dei diritti dell'uomo, con sentenza

del 28 maggio 2014, ha rilevato che la legge consente il trattamento Stamina a coloro che lo

hanno iniziato e che sono stati autorizzati dall'autorità giudiziaria.

2.2. Si deduce poi omessa applicazione dell'art. 51 cod. pen., in quanto l'effettuazione delle

infusioni altro non è che l'attività necessaria all'esecuzione delle ordinanze ex art. 700 cod. proc.

civ., adottate da vari tribunali d'Italia, onde essa costituisce un dovere imposto da un ordine

legittimo, emanato dalla pubblica autorità. Nè è possibile riconoscere al giudice penale il potere di

porre nel nulla, attraverso il sequestro, i contenuti di ordinanze precedentemente adottate in sede

civile e confermate anche all'esito del reclamo, anche perché il procedimento cautelare in sede

penale è altrettanto sommario, limitandosi a un giudizio ipotetico di sussistenza delle fattispecie di

reato contestate, per le quali nemmeno si richiede la gravità indiziaria.

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2.3. In ordine alla potenziale pericolosità ed inutilità del cosiddetto metodo Stamina, il ricorrente

osserva come il relativo asserto collida con i dati clinici rilevabili dalla documentazione sanitaria

inerente ai pazienti e proveniente non dai medici imputati bensì da strutture pubbliche che hanno

visitato il paziente prima e dopo le infusioni, come è accaduto nel caso della figlia del ricorrente.

Anche l'Istituto superiore di sanità, con comunicato n. 173 del Ministero della salute, ha ritenuto

che la correttezza della procedura sia dimostrata dal fatto che l'analisi della vitalità delle cellule,

effettuata presso l'Istituto superiore di sanità, su campioni prelevati e trasportati in conformità agli

standard internazionali, è risultata del tutto adeguata a qualsiasi uso terapeutico. Anche il Tar del

Lazio si è espresso nel senso che il comitato scientifico, nominato dal Ministero della salute,

avrebbe dovuto esaminare le cartelle cliniche dei pazienti sottoposti alla cura con il metodo

Stamina. Larga parte della comunità scientifica ha invocato lo svolgimento di una sperimentazione,

riconoscendo che alcuni pazienti affetti da malattie neurodegenerative hanno riportato importanti

benefici a seguito delle infusioni.

2.4.Per le ragioni appena esposte, non sussiste neanche il periculum in mora, tanto più che il

sequestro è stato disposto a distanza di circa quattro anni dall'apertura del procedimento, onde,

trattandosi di un sequestro che colpisce persone diverse dagli imputati, occorre riconoscere la

preminenza del diritto alla salute e alla vita dei pazienti. Si chiede pertanto annullamento

dell'ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Occorre, in primo luogo, porsi il problema relativo alla legittimazione dei ricorrenti. Come è noto,

infatti, l'art. 325 cod. proc. pen. abilita a proporre ricorso per cassazione esclusivamente il pubblico

ministero, l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e

quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Occorre dunque chiedersi in quale di queste

categorie la paziente e i suoi genitori rientrino. Al riguardo, dal decreto di sequestro preventivo

emerge che tra i materiali in sequestro vi sono i prodotti congelati-cellule-, stoccati presso la sala

criogenica del laboratorio cellule staminali degli "Spedali civili di Brescia"( punto B). Trattasi

dunque di materiali biologici di pertinenza della paziente e dei genitori, quali donatori,onde tali

soggetti avrebbero diritto alla loro restituzione. Essi sono pertanto legittimati a ricorrere.

2. La doglianza inerente all'incompetenza per territorio non può trovare ingresso in questa sede.

Essa implica infatti la valutazione di profili di fatto il cui apprezzamento è insindacabile in sede di

legittimità, ove il giudice a quo abbia adeguatamente motivato al riguardo. Orbene, gli stessi

ricorrenti evidenziano (p. 5 del ricorso) che il Tribunale ha argomentato sulla base della

nascita,della direzione e del concreto avvio dell'operatività del sodalizio in Torino, grazie all'operato

di Davide Vannoni, persona che vive ed opera tuttora nel capoluogo torinese e che, a tutti gli

effetti, può essere considerato il dominus e il regista dell'intera vicenda Stamina. Trattasi di

motivazione senz'altro congrua, mentre i rilievi svolti al riguardo dai ricorrenti si collocano sul piano

del merito e non possono pertanto essere valutati nel giudizio di cassazione. Le determinazioni

adottate dal giudice a quo, in ordine al profilo in disamina,sono pertanto insindacabili.

3. In ordine al secondo motivo di ricorso, occorre osservare che il ricorso per cassazione avverso

una misura cautelare reale è ammesso dall'art. 325,comma 1, cod. proc. pen. esclusivamente per

violazione di legge. Costituisce, al riguardo, ius receptum, nella giurisprudenza di questa suprema

Corte,il principio secondo il quale nella nozione di "violazione di legge" rientrano la mancanza

assoluta di motivazione e la presenza di una motivazione meramente apparente, in quanto

correlate all'inosservanza di precise norme processuali. Non vi rientra invece l'illogicità manifesta,

la quale può essere denunciata nel giudizio di legittimità soltanto attraverso lo specifico e

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autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell'art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U. , n. 2 del 28-1-

2004, Ferrazzi,). Dunque, ove il ricorso per cassazione sia limitato alla sola violazione di legge, va

esclusa la sindacabilità del vizio di manifesta illogicità mentre è possibile denunciare il vizio di

motivazione apparente, atteso che in tal caso si prospetta la violazione dell'art. 125, comma 3 cod.

proc. pen., che impone l'obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (Sez. U., n.

25080 del 28-5-2003,Pellegrino,Rv. 224611). Quest'ultimo vizio è ravvisabile allorchè la

motivazione sia completamente priva dei requisiti minimi di coerenza e di completezza, al punto da

risultare inidonea a rendere comprensibile l'iter logico seguito dal giudice di merito, oppure le linee

argomentative siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il

provvedimento. La carenza assoluta di un riconoscibile apparato argomentativo, qualificabile come

inosservanza della specifica norma processuale che impone, a pena di nullità, l'obbligo di

motivazione dei provvedimenti giurisdizionali , non ha infatti perso l'intrinseca consistenza del vizio

di violazione di legge, differenziandosi pertanto dai difetti logici della motivazione.

4. Occorre dunque verificare se, nel caso sub iudice, ci si trovi di fronte ad una motivazione

meramente apparente. Orbene, il Tribunale ha, in primo luogo,correttamente sottolineato che, alla

luce della normativa introdotta con d.l. 25-3-2013 n. 54 (c.d. decreto Balduzzi ), conv. In I. 23-5-

2013 n. 57, era necessario che si trattasse di medicinali per terapie avanzate,a base di cellule

staminali mesenchimali, lavorati secondo procedure idonee alla lavorazione e alla conservazione di

cellule e tessuti, come già stabilito nel D.M. Turco-Fazio (norme di buona fabbricazione), secondo

le procedure di qualità autorizzate dall'AIFA.

Orbene, il giudice a quo ha evidenziato l'insussistenza di tale requisito,atteso che, sulla base delle

risultanze acquisite, è da ritenersi che le infusioni somministrate con il cosiddetto "metodo

Stamina" siano,da un lato, contra legem e, dall'altro, pericolose o comunque non sicure per la

salute umana. Deve infatti riscontrarsi una serie di gravi violazioni sia delle norme sulla

fabbricazione dei medicinali per terapie avanzate, somministrati con il predetto metodo, sia delle

norme sulla qualità, tracciabilità e farmacovigilanza dei prodotti. Innanzitutto,nessuna

autorizzazione alla fabbricazione del medicinale per terapia avanzata è stata rilasciata dall'AIFA,

come prescritto dalla normativa vigente. Inoltre,non risultano in alcun modo rispettate le buone

prassi di fabbricazione. Infatti l'accertamento ispettivo da parte dei NAS, effettuato l'8 e il 9

maggio 2012, presso gli Spedali civili di Brescia, ha evidenziato che il laboratorio utilizzato dal

personale Stamina non rispettava i requisiti GMP. L'AIFA, dal canto suo, ha posto in luce che il

laboratorio dell'azienda ospedaliera Spedali civili di Brescia ispezionato,dove il materiale biologico

veniva preparato e manipolato,era assolutamente inadeguato, sia dal punto di vista strutturale che

per le cattive condizioni di manutenzione e pulizia, e pertanto non garantiva la protezione del

prodotto da contaminazioni ambientali. Non era inoltre disponibile, anche sulla base dei documenti

esaminati nell'ambito dell'indagine amministrativa svolta dal Ministero della Salute, alcun protocollo

o resoconto di lavorazione. Nemmeno i medici che iniettavano il prodotto nei pazienti risultavano

essere a conoscenza della vera natura del materiale biologico somministrato. Le cartelle cliniche

non descrivevano mai chiaramente il trattamento somministrato ai pazienti. Dall'esame dei

documenti visionati non si evinceva l'immediata necessità e opportunità di un trattamento con

cellule staminali, per alcune patologie trattate (ad esempio, il morbo di Parkinson). I pareri

espressi dal comitato etico consistevano soltanto in autorizzazioni estremamente scarne e prive di

qualunque considerazione sull'opportunità del trattamento terapeutico in questione.

Il mancato rispetto dei requisiti normativi di qualità, tracciabilità e GMP è stato evidenziato anche

dai due biologi, Valfrè e Martano, che, per un certo periodo, avevano lavorato a contatto con la

dottoressa Molino, che era l'unica a conoscere i dettagli della procedura manipolativa.

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Analoghe violazioni risultavano poste in essere anche con riferimento al poliambulatorio Lisa di

Carmagnola e all'ospedale Burlo di Trieste.

Anche dalle consulenze tecniche disposte dal pubblico ministero è emersa la violazione delle

normative nazionali e comunitarie, previste per garantire la qualità e la sicurezza delle cellule e dei

tessuti destinati ad applicazioni sull'uomo; l'inadeguatezza delle procedure cliniche poste in essere

dal personale Stamina, in carenza dei prescritti requisiti di legge (qualità farmaceutica, GMP, prove

di sterilità, conservazione del materiale cellulare) ; la carenza delle misure volte a garantire

l'assenza di contaminazioni ambientali, oltre che l'assenza delle dovute autorizzazioni.

5. Come si vede, l'impianto argomentativo a sostegno del decisum, lungi dal potersi considerare

apparente, si sostanzia in un apparato esplicativo puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del

tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo

scrutinio di legittimità, tanto più che, in tema di sequestro preventivo, il procedimento incidentale

che si svolge dinanzi al tribunale del riesame non può trasformarsi in un accertamento preventivo

della sussistenza del reato, tematica che forma oggetto del procedimento principale.

6. La doglianza inerente all'applicabilità dell'art. 51 cod. pen. è infondata. Le pronunce emanate,

ex art. 700 cod. proc. civ., dal giudice civile attribuiscono al beneficiario delle statuizioni emesse in

suo favore,titolo a pretendere una determinata prestazione dalla controparte e,

correlativamente,costituiscono, in capo a quest'ultima, il relativo obbligo ma non incidono sui

poteri del giudice penale, il quale rimane libero di adottare le sue determinazioni, in conformità alla

legge e alle risultanze acquisite nell'ambito del procedimento penale. Occorre infatti tenere

nettamente distinto il profilo inerente alla sussistenza della scriminante ex art. 51 cod. pen. per

chi, in adempimento del dovere di dare esecuzione alla pronuncia del giudice civile, abbia praticato

le terapie disposte, dal profilo inerente alla legittimità dell'intervento ablatorio da parte del

giudice penale, disciplinato dagli artt. 321 ss cod. proc. pen. L' art 51 cod. pen. può infatti essere

invocato esclusivamente per elidere la responsabilità dei sanitari che abbiano praticato terapie

rivelatesi, in ipotesi, dannose per la salute del paziente, ma non certamente per inibire l'esercizio

delle funzioni istituzionali da parte del giudice penale.

7. La doglianza inerente all' insussistenza di una potenziale pericolosità o anche soltanto inutilità

del cosiddetto "metodo Stamina" esula dall'area della deducibilità nel giudizio di cassazione,

risolvendosi in una censura alla motivazione del provvedimento impugnato. Al riguardo, il Tribunale

ha evidenziato che dalle consulenze tecniche disposte dal PM, è emersa una serie di rischi (di

contaminazione batterica o,comunque da agenti nocivi; di ematoma o emorragia; di infezione; di

insorgenza di anomalie del fenotipo; di localizzazioni cellulari atipiche; di insorgenza di patologie

legate ad una regolazione immunitaria, come la cosiddetta graft-versushost) legati alle attività di

estrazione e re-inoculazione delle cellule staminali poste in essere senza le dovute precauzioni e al

di fuori delle procedure richieste dalla legge, non solo nel periodo immediatamente susseguente

all'infusione, per le caratteristiche di non purezza e di inidoneità del prodotto, ma anche in periodi

successivi e lontani dall'infusione, per la possibilità di insorgenza di processi proliferativi

difficilmente prevedibili. E infatti circa il 25% dei pazienti di cui è stato possibile consultare le

cartelle cliniche e le schede di monitoraggio ha presentato eventi avversi, nel 14% dei casi anche

gravi.

D'altronde, è stato riscontrato che numerosi pazienti, elencati dal giudice a quo, hanno denunciato

l'assenza di effetti benefici e, in taluni casi, il peggioramento delle condizioni di salute. Anche

alcuni medici, le cui dichiarazioni sono state analiticamente esaminate dal Tribunale, hanno

dichiarato di non avere notato miglioramenti sui pazienti. Altri medici, pur avendo notato alcuni

miglioramenti, non hanno saputo né potuto affermare che gli effetti benefici fossero imputabili al

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metodo Stamina, considerato che essi potrebbero essere attribuiti alla naturale evoluzione della

crescita ponderale ovvero all'uso di altri farmaci o all'esecuzione di altre strategie assistenziali,

seguite dai pazienti, parallelamente e contestualmente al trattamento Stamina. Quanto alle

risultanze delle analisi condotte dai consulenti e dall'AIFA sulle cartelle cliniche, tutti i tecnici hanno

concordato sul fatto che dai dati analizzati non emergono elementi significativi in ordine ai presunti

effetti benefici del cosiddetto metodo Stamina. Anche due medici (Mastroeni e Sher), che avevano,

in un primo tempo,attestato miglioramenti sui pazienti, hanno modificato la loro posizione,

chiarendo che non è possibile ascrivere, con certezza, i miglioramenti, peraltro soltanto dichiarati

dai pazienti o dai genitori dei bambini, al metodo Stamina.

8.Trattasi di motivazione che non può certamente considerarsi apparente,nemmeno qualora

volesse ritenersi che essa non sia immune da censure, sul terreno della razionalità. Infatti soltanto

la mancanza di qualunque ancoraggio del discorso giustificativo alle risultanze acquisite e di

qualunque riferimento alla specifica fattispecie in disamina determina il vizio di apparenza della

motivazione, ravvisabile ove il giudice si avvalga di asserzioni del tutto generiche e di carattere

apodittico o di proposizioni prive di effettiva valenza dimostrativa (Cass.n. 24862 del 19- 5-2010),

determinando così il venir meno di qualunque supporto argomentativo a sostegno del decisum

(Sez. U. 27-11-2008 n. 3287): ciò che non è certamente riscontrabile nel caso in disamina.

9. Dai rilievi enucleabili dall'apparato argomentativo dell'ordinanza impugnata si evince la

riconducibilità della fattispecie concreta in disamina al paradigma delineato dalla norma

incriminatrice di cui all'art. 443 cod. pen. Nell'ottica di tale disposizione, deve infatti intendersi per

medicinale qualunque sostanza o preparato, che venga presentato come caratterizzato da

proprietà curative o profilattiche delle malattie umane e che sia quindi destinato ad essere

somministrato all'uomo (Cass. , Sez. 1,9-5-1996, Gallico). La nozione di imperfezione si correla

invece alla difformità dalle prescrizioni scientifiche e dai principi della scienza medica o

farmacologica e alla mancanza delle condizioni necessarie per evitare ogni pericolo nell'uso del

farmaco e per renderlo idoneo al suo scopo (Cass., Sez. 2, 9-2-1979, Alecce). L'inefficacia

terapeutica è infatti sufficiente, unitamente alla mancata rispondenza del farmaco alle leges artis,

ad integrare gli estremi del reato, senza che occorra l'effettiva nocività o pericolosità per la salute

pubblica ( Cass., Sez 1, 14-12-1978, Baglione), trattandosi di un reato di pericolo presunto(Cass. ,

Sez 1, 27- 3-1980, Rocchelli), nell'ottica del quale, cioè, il pericolo non è un requisito di fattispecie

ma soltanto la ratio del'incriminazione penale.

10. Si evince dalla motivazione dell'ordinanza impugnata che al c.d. "metodo Stamina " non può

annettersi validità scientifica. Esula dall'area della presente disamina la questione inerente

all'individuazione dei criteri di scientificità di una teoria o, comunque, di un contributo cognitivo:

questione inerente all'ambito tematico delle discipline scientifiche ed epistemologiche. In questa

sede, ci si limiterà a ricordare come, in giurisprudenza (Cass.,Sez. IV, 25 novembre 2004, Nobili),

sia stato evidenziato che la legge scientifica può considerarsi tale soltanto dopo essere stata

sottoposta a ripetuti, superati tentativi di falsificazione e dopo avere avuto reiterate conferme,

donde, appunto, " l'alto grado di conferma", che la contraddistingue, e donde la "fiducia" che non

può non esserle riservata. La certezza che essa esprime viene connotata con le formule "alto grado

di probabilità ", "alto grado di credibilità razionale","alto grado di conferma", proprio perché non è

un valore assoluto, non è un'acquisizione irreversibile, poiché è certezza allo stato ma - va

aggiunto- allo stato è certezza e non probabilità. Va, in particolare,sottolineata l'importanza del

requisito costituito dalla diffusa accettazione in seno alla comunità scientifica internazionale. La

rilevanza di questo requisito è tale da segnare il discrimine fra validità e mancanza di validità

scientifica della legge, della teoria o del metodo. La mancanza di accettazione da parte della

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generalità della comunità scientifica della validazione di un'ipotesi significa infatti incertezza

scientifica.

11. Orbene, risulta dalla motivazione dell'ordinanza impugnata che i requisiti appena esaminati

sono, nel caso di specie, senz'altro insussistenti. Il giudice a quo ha infatti dato atto che tutti i

consulenti del PM e tutti i tecnici e i professionisti del settore hanno concordemente evidenziato

che nell'utilizzo delle cellule staminali, in campo clinico,è emersa una serie di ostacoli che hanno

impedito, fino ad ora, di sviluppare una terapia diffusa su vasta scala. Allo stato, dunque, non vi

sono risultati consolidati né sul tipo di cellula da utilizzare né sulla via di somministrazione né sulla

capacità di differenziazione e neppure sul reale beneficio clinico determinato da questo tipo di

trattamenti. In senso contrario al metodo Stamina si sono poi espressi-sottolinea il giudice a quo-

numerosi componenti della comunità scientifica, tra cui due premi Nobel per la medicina. Anche in

merito alla copiosa documentazione depositata da Stamina sia presso il Ministero della Salute sia

presso l'I.S.S., entrambe le istituzioni sono concordemente giunte alla conclusione che non di

pubblicazioni scientifiche relative al metodo utilizzato si tratta bensì di studi relativi all'uso di cellule

staminali mesenchimali, in relazione a determinate patologie, in cui la metodica Stamina non

veniva mai menzionata. La stessa metodica, così come esposta e documentata, non faceva alcun

riferimento a tale bibliografia. In particolare, il Ministero ha concluso nel senso che non risulta

essere disponibile alcun protocollo scritto in cui sia riportato il razionale del protocollo clinico

Stamina né i risultati relativi ad eventuali studi sperimentali in vitro o su modello animale né le

caratteristiche delle cellule ottenute dopo incubazione con la metodica in esame. L'unico protocollo

presentato da Stamina Foundation non è supportato da dati scientifici; è privo di riferimenti a

procedure scientifiche validate o a pubblicazioni scientifiche e in esso le metodiche non sono

dettagliate. Nel medesimo senso si è espresso il secondo comitato scientifico,dopo che il Tar del

Lazio aveva accolto il ricorso presentato da Stannina avverso il primo parere, emesso l'11

settembre 2013, sul presupposto che alcuni componenti non avrebbero garantito obiettività e

imparzialità, essendosi già in precedenza espressi in termini negativi sul metodo Stamina. Ma a

conclusioni del tutto analoghe è pervenuto il secondo comitato scientifico,che, al pari del primo, ha

tenuto in considerazione tutta la documentazione prodotta da Vannoni, sottolineando come la

preparazione e la caratterizzazione delle proprietà delle cellule staminali non siano né definite né

documentate adeguatamente. Manca dunque il presupposto stesso per documentare la scientificità

del metodo propugnato.

12. Infondata è anche la doglianza inerente al periculum in mora. Il Tribunale ha infatti

sottolineato che gli operatori Stamina hanno dimostrato,attivandosi pubblicamente e diffondendo

anche messaggi su Internet, la volontà di riprendere l'attività infusionale. Correlativamente, vi sono

numerose famiglie e pazienti in lista di attesa, per le cure. Ne deriva che la necessità di impedire la

reiterazione e la protrazione dei reati può essere soddisfatta esclusivamente attraverso il sequestro

preventivo dei materiali necessari per la prosecuzione dell'attività. Trattasi di motivazione che non

può certo considerarsi apparente, essendo, al contrario, del tutto congrua,esauriente ed idonea a

dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum.

13. I ricorsi vanno dunque rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle

spese processuali.

PQM

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, all 'udienza del 21-4-2015.