Corte di Cassazione, sez. VI penale, sentenze 5 giugno 2015 n. 24242… · 2015. 6. 16. · Corte...
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Corte di Cassazione, sez. VI penale, sentenze 5 giugno 2015 n. 24242, Pres. Ippolito –
Est. Di Salvo; n. 24243, Pres. Ippolito - Est. Villoni; n.24244, Pres. Ippolito – Est. Di
Salvo
“Metodo Stamina” – sequestro delle cellule staminali – rigetto dell’istanza
Con le sentenze in epigrafe, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in sede di
appello circa il possibile dissequestro delle cellule staminali stoccate nella sala criogenica del
laboratorio degli Spedali civili di Brescia disposto nell’ambito dell’inchiesta sul cd. Metodo Stamina,
confermando le motivazioni del giudice di merito.
In tale occasione, la Suprema Corte ha affermato che al c.d. "metodo Stamina" non puo' annettersi
validita' scientificae sono emersi "una serie di rischi" collegati alla "attività di estrazione e re-
inoculazione delle cellule staminali poste in essere fuori dalle dovute precauzioni e al di fuori delle
procedure richieste dalla legge (sent. 24242).
La giurisprudenza ha infatti evidenziato come la cura Stamina non solo è sprovvista di effetti
benefici ma addirittura è dannosa per chi ci ha creduto.
Nelle motivazioni di seguito riportate, la Cassazione evidenzia - come risulta dagli “accertamenti in
fatto e dall'acquisizione dei numerosi pareri tecnici sia dei consulenti del pm sia di personalità
scientifiche” - che il trattamento Stamina costituisce "medicinale tecnicamente imperfetto e
somministrato in modo potenzialmente pericoloso per la salute pubblica situazioni di per sè
integranti la ricorrenza dei reati di pericolo presunto di cui agli art. 443 e 445 c.p. che fondano il
'proprium' del provvedimento di sequestro preventivo"(sent 24243).
"L'unico protocollo presentato da Stamina Foundation non è supportato da dati scientifici;è privo di
riferimenti a procedure scientifiche validate o a pubblicazioni scientifiche e in esso le metodiche
non sono dettagliate"e che "In tutta la documentazione prodotta da Vannoni la preparazione e la
caratterizzazione delle proprietà delle cellule staminali" non è "definita nè documentata
adeguatamente". A tutt’oggi - avvisano - «ne sono sconosciute sia la composizione farmacologica
sia l’efficacia terapeutica» (sent. 24242).
Addirittura in circa il 25% dei pazienti che si sono sottoposti alle infusioni di staminali, e dei quali
«è stato possibile consultare le cartelle cliniche e le schede di monitoraggio», si sono presentati
«eventi avversi, nel 14% dei casi anche gravi» (sent.24242).
La Corte di Cassazione afferma altresì che sono scriminati - in base all'art.51 del codice penale - i
medici che "in adempimento del dovere di dare esecuzione alla pronuncia del giudice civile" e
pertanto, non avranno conseguenze penali nel caso in cui le infusioni si rivelino "pregiudizievoli per
la salute del paziente".
Cass. pen., sez. VI, sent. n. 24242/2015, Pres. Ippolito – Rel. Di Salvo
RITENUTO IN FATTO
1. Sugameli Carlo e Barone Tiziana, in proprio e in qualità di esercenti la potestà genitoriale sul
figlio minore Mario, ricorrono per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di
Torino, in data 22 ottobre 2014 , che ha confermato il decreto di sequestro preventivo dei
materiali e dei prodotti depositati presso il laboratorio cellule staminali dell'Azienda ospedaliera
"Spedali civili di Brescia", nell'ambito di un procedimento penale instaurato nei confronti di Vannoni
Davide e di altre 12 persone, in ordine ai reati di associazione per delinquere, commercio e
somministrazione di medicinali imperfetti, in modo pericoloso alla salute pubblica, truffa aggravata,
abuso d'ufficio, esercizio abusivo della professione, peculato, ingiuria, sostituzione di persona e
trattamenti illecito di dati personali. Fatti commessi dal novembre 2006 ad oggi.
2.1 ricorrenti, premesso di essere genitori di un minore al quale è stata diagnosticata la malattia
denominata "distrofia muscolare di Duchenne" e che aveva iniziato la cura con il metodo Stamina,
a seguito di provvedimento emesso, ex art 700 cod. proc. civ., dal Tribunale di Trapani, deducono,
con il primo motivo, violazione dell'art. 321 cod. proc. pen., poiché il percorso terapeutico è stato
dapprima attuato da personale medico dell'Azienda ospedaliera e poi da sanitari individuati da
specifico provvedimento adottato dai giudici di Trapani,senza alcun rapporto con gli indagati. Si
tratta peraltro di cellule staminali provenienti dal sistema osseo e non dal sistema circolatorio,
come postulato dal decreto di sequestro.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce violazione del D.M. 5-12-2006 e della I. 23-5-2013 n. 57, il
cui art 2 implica un'autorizzazione ope legis all'espletamento delle cure, ammettendo la possibilità
di proseguire i trattamenti già avviati sui singoli pazienti. Del resto, a seguito delle due infusioni
sino ad ora effettuate sul paziente,non solo non si sono constatati effetti dannosi o pericolosi ma si
sono oggettivamente riscontrati indiscutibili benefici, come risulta dagli esami ematochimici, con
ripresa di parte della funzionalità degli arti. Nè può attribuirsi rilievo ostativo alla circostanza che le
modalità della terapia non siano state rese note alle autorità amministrative sanitarie, in quanto ciò
non è previsto per tale protocollo terapeutico. Inoltre il concetto di pericolo idoneo a legittimare
una misura cautelare reale non può consistere in una teorica e generica eventualità ma deve
sostanziarsi in una concreta, imminente ed elevata probabilità che si verifichi un evento
pregiudizievole .
2.3. Con il terzo motivo, si deduce violazione degli artt. 51 e 49 poiché l'effettuazione del
trattamento costituisce adempimento di un dovere imposto da un ordine legittimo del giudice
civile. Si chiede pertanto annullamento dell'ordinanza impugnata.
2.4. Le doglianze formulate sono state ribadite e ulteriormente argomentate con memoria e motivi
aggiunti depositati il 21-4-2015, in cui si richiama anche l'attenzione sul dictum di C. Cost.
274/2014.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Occorre, in primo luogo, porsi il problema relativo alla legittimazione dei ricorrenti. Come è noto,
infatti, l'art. 325 cod. proc. pen. abilita a proporre ricorso per cassazione esclusivamente il pubblico
ministero, l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e
quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Occorre dunque chiedersi in quale di queste
categorie il paziente e i suoi genitori rientrino. Al riguardo, dal decreto di sequestro preventivo
emerge che tra i materiali in sequestro vi sono i prodotti congelati-cellule-, stoccati
presso la sala criogenica del laboratorio cellule staminali degli "Spedali civili di
Brescia"( punto B). Trattasi dunque di materiali biologici di pertinenza del paziente o dei genitori,
qualora siano donatori,onde tali soggetti avrebbero diritto alla loro restituzione. Essi sono pertanto
legittimati a ricorrere.
2. La prima censura è infondata. Non ha infatti alcun rilievo, ai fini della ravvisabilità dei
presupposti della misura cautelare reale, che i ricorrenti abbiano o meno avuto rapporti con gli
imputati. Ciò che rileva è soltanto la sussistenza o meno del fumus dei reati ipotizzati e la
ravvisabilità del periculum in mora: requisiti che prescindono dalla individuazione dei soggetti che,
materialmente, hanno espletato gli incombenti terapeutici e dall'insussistenza di rapporti con gli
indagati.
3. In ordine alla seconda doglianza, occorre osservare che il ricorso per cassazione avverso una
misura cautelare reale è ammesso dall'art. 325,comma 1, cod. proc. pen. esclusivamente per
violazione di legge. Costituisce,a1 riguardo, ius receptum,nella giurisprudenza di questa suprema
Corte, il principio secondo il quale nella nozione di "violazione di legge" rientrano la mancanza
assoluta di motivazione e la presenza di una motivazione meramente apparente, in quanto
correlate all'inosservanza di precise norme processuali. Non vi rientra invece l'illogicità manifesta,
la quale può essere denunciata nel giudizio di legittimità soltanto attraverso lo specifico e
autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell'art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U. , n. 2 del 28-1-
2004, Ferrazzi,). Dunque, ove il ricorso per cassazione sia limitato alla sola violazione di legge, va
esclusa la sindacabilità del vizio di manifesta illogicità mentre è possibile denunciare il vizio di
motivazione apparente, atteso che in tal caso si prospetta la violazione dell'art. 125, comma 3,
cod. proc. pen., che impone l'obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (Sez. U.,
n. 25080 del 28-5-2003,Pellegrino,Rv. 224611). Quest'ultimo vizio è ravvisabile allorchè la
motivazione sia completamente priva dei requisiti minimi di coerenza e di completezza, al punto da
risultare inidonea a rendere comprensibile l'iter logico seguito dal giudice di merito, oppure le linee
argomentative siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il
provvedimento. La carenza assoluta di un riconoscibile apparato argomentativo, qualificabile come
inosservanza della specifica norma processuale che impone, a pena di nullità, l'obbligo di
motivazione dei provvedimenti giurisdizionali , non ha infatti perso l'intrinseca consistenza del vizio
di violazione di legge, differenziandosi pertanto dai difetti logici della motivazione.
4. Occorre dunque verificare se, nel caso sub iudice, ci si trovi di fronte ad una motivazione
meramente apparente. Orbene, il Tribunale ha, in primo luogo,correttamente sottolineato che, alla
luce della normativa introdotta con d.l. 25-3-2013 n. 54 (c.d. decreto Balduzzi ), conv. In I. 23-5-
2013 n. 57, era necessario che si trattasse di medicinali per terapie avanzate,a base di cellule
staminali mesenchimali, lavorati secondo procedure idonee alla lavorazione e alla conservazione di
cellule e tessuti, come già stabilito nel D.M. Turco-Fazio (norme di buona fabbricazione), secondo
le procedure di qualità autorizzate dall'AIFA.
Orbene, il giudice a quo ha evidenziato l'insussistenza di tale requisito,atteso che, sulla base delle
risultanze acquisite, è da ritenersi che le infusioni somministrate con il cosiddetto "metodo
Stamina" siano,da un lato, contra legem e, dall'altro, pericolose o comunque non sicure
per la salute umana. Deve infatti riscontrarsi una serie di gravi violazioni sia delle
norme sulla fabbricazione dei medicinali per terapie avanzate, somministrati con il
predetto metodo, sia delle norme sulla qualità, tracciabilità e farmacovigilanza dei
prodotti. Innanzitutto,nessuna autorizzazione alla fabbricazione del medicinale per
terapia avanzata è stata rilasciata dall'AIFA,come prescritto dalla normativa vigente.
Inoltre,non risultano in alcun modo rispettate le buone prassi di fabbricazione. Infatti
l'accertamento ispettivo da parte dei NAS, effettuato 1'8 e il 9 maggio 2012, presso gli Spedali
civili di Brescia, ha evidenziato che il laboratorio utilizzato dal personale Stamina non rispettava i
requisiti GMP. L'AIFA, dal canto suo, ha posto in luce che il laboratorio dell'azienda ospedaliera
Spedali civili di Brescia ispezionato,dove il materiale biologico veniva preparato e manipolato, era
assolutamente inadeguato, sia dal punto di vista strutturale che per le cattive condizioni di
manutenzione e pulizia, e pertanto non garantiva la protezione del prodotto da contaminazioni
ambientali. Non era inoltre disponibile, anche sulla base dei documenti esaminati nell'ambito
dell'indagine amministrativa svolta dal Ministero della Salute, alcun protocollo o resoconto di
lavorazione. Nemmeno i medici che iniettavano il prodotto nei pazienti risultavano essere a
conoscenza della vera natura del materiale biologico somministrato. Le cartelle cliniche non
descrivevano mai chiaramente il trattamento somministrato ai pazienti. Dall'esame dei documenti
visionati non si evinceva l'immediata necessità e opportunità di un trattamento con cellule
staminali, per alcune patologie trattate (ad esempio, il morbo di Parkinson). I pareri espressi dal
comitato etico consistevano soltanto in autorizzazioni estremamente scarne e prive di qualunque
considerazione sull'opportunità del trattamento terapeutico in questione.
Il mancato rispetto dei requisiti normativi di qualità, tracciabilità e GMP è stato evidenziato anche
dai due biologi, Valfrè e Martano, che, per un certo periodo, avevano lavorato a contatto con la
dottoressa Molino, che era l'unica a conoscere i dettagli della procedura manipolativa.
Analoghe violazioni risultavano poste in essere anche con riferimento al poliambulatorio Lisa di
Carmagnola e all'ospedale Burlo di Trieste.
Anche dalle consulenze tecniche disposte dal pubblico ministero è emersa la violazione delle
normative nazionali e comunitarie, previste per garantire la qualità e la sicurezza delle cellule e dei
tessuti destinati ad applicazioni sull'uomo; l'inadeguatezza delle procedure cliniche poste in essere
dal personale Stamina, in carenza dei prescritti requisiti di legge (qualità farmaceutica, GMP, prove
di sterilità, conservazione del materiale cellulare); la carenza delle misure volte a garantire
l'assenza di contaminazioni ambientali, oltre che l'assenza delle dovute autorizzazioni.
5. Come si vede, l'impianto argomentativo a sostegno del decisum, lungi dal potersi considerare
apparente, si sostanzia in un apparato esplicativo puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del
tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo
scrutinio di legittimità, tanto più che, in tema di sequestro preventivo, il procedimento incidentale
che si svolge dinanzi al tribunale del riesame non può trasformarsi in un accertamento preventivo
della sussistenza del reato,tennatica che forma oggetto del procedimento principale.
6. La doglianza inerente all'insussistenza di una potenziale pericolosità o anche soltanto inutilità del
cosiddetto "metodo Stamina" esule dall'area della deducibilità nel giudizio di cassazione,
risolvendosi in una censura alla motivazione del provvedimento impugnato. Al riguardo, il Tribunale
ha evidenziato che dalle consulenze tecniche disposte dal PM, è emersa una serie di rischi (di
contaminazione batterica o,comunque da agenti nocivi; di ematoma o emorragia; di infezione; di
insorgenza di anomalie del fenotipo; di localizzazioni cellulari atipiche; di insorgenza di patologie
legate ad una regolazione immunitaria, come la cosiddetta graft-versushost) legati alle attività
di estrazione e re-inoculazione delle cellule staminali poste in essere senza le dovute
precauzioni e al di fuori delle procedure richieste dalla legge, non solo nel periodo
immediatamente susseguente all'infusione, per le caratteristiche di non purezza e di inidoneità del
prodotto, ma anche in periodi successivi e lontani dall'infusione, per la possibilità di insorgenza di
processi proliferativi difficilmente prevedibili. E infatti circa il 25% dei pazienti di cui è stato
possibile consultare le cartelle cliniche e le schede di monitoraggio ha presentato
eventi avversi,nel 14% dei casi anche gravi. D'altronde, è stato riscontrato che numerosi
pazienti, elencati dal giudice a quo, hanno denunciato l'assenza di effetti benefici e, in taluni casi, il
peggioramento delle condizioni di salute. Anche alcuni medici, le cui dichiarazioni sono state
analiticamente esaminate dal Tribunale, hanno dichiarato di non avere notato miglioramenti sui
pazienti. Altri medici, pur avendo notato alcuni miglioramenti, non hanno saputo né potuto
affermare che gli effetti benefici fossero imputabili al metodo Stamina,considerato che essi
potrebbero essere attribuiti alla naturale evoluzione della crescita ponderale ovvero all'uso di altri
farmaci o all'esecuzione di altre strategie assistenziali, seguite dai pazienti,parallelamente e
contestualmente al trattamento Stamina. Quanto alle risultanze delle analisi condotte dai
consulenti e dall'AIFA sulle cartelle cliniche, tutti i tecnici hanno concordato sul fatto che dai dati
analizzati non emergono elementi significativi in ordine ai presunti effetti
benefici del cosiddetto metodo Stamina. Anche due medici (Mastroeni e Sher), che avevano, in un
primo tempo,attestato miglioramenti sui pazienti, hanno modificato la loro posizione, chiarendo
che non è possibile ascrivere, con certezza, i miglioramenti, peraltro soltanto dichiarati dai pazienti
o dai genitori dei bambini, al metodo Stamina.
7. Trattasi di motivazione che non può certamente considerarsi apparente,nemmeno qualora
volesse ritenersi che essa non sia immune da censure, sul terreno della razionalità. Infatti soltanto
la mancanza di qualunque ancoraggio del discorso giustificativo alle risultanze acquisite e di
qualunque riferimento alla specifica fattispecie in disamina determina il vizio di apparenza della
motivazione, ravvisabile ove il giudice si avvalga di asserzioni del tutto generiche e di carattere
apodittico o di proposizioni prive di effettiva valenza dimostrativa (Cass.n. 24862 del 19- 5-2010),
determinando così il venir meno di qualunque supporto argomentativo a sostegno del decisum
(Sez. U. 27-11-2008 n. 3287): ciò che non è certamente riscontrabile nel caso in disamina.
8. Dai rilievi enucleabili dall'apparato argomentativo dell'ordinanza impugnata si evince la
riconducibilità della fattispecie concreta in disamina al paradigma delineato dalla norma
incriminatrice di cui all'art. 443 cod. pen. Nell'ottica di tale disposizione, deve infatti intendersi per
medicinale qualunque sostanza o preparato, che venga presentato come caratterizzato da
proprietà curative o profilattiche delle malattie umane e che sia quindi destinato ad essere
somministrato all'uomo (Cass., Sez. 1,9-5-1996, Gallico). La nozione di imperfezione si correla
invece alla difformità dalle prescrizioni scientifiche e dai principi della scienza medica o
farmacologica e alla mancanza delle condizioni necessarie per evitare ogni pericolo nell'uso del
farmaco e per renderlo idoneo al suo scopo (Cass., Sez. 2, 9-2-1979, Alecce). L'inefficacia
terapeutica è infatti sufficiente, unitamente alla mancata rispondenza del farmaco alle leges artis,
ad integrare gli estremi del reato, senza che occorra l'effettiva nocività o pericolosità per la salute
pubblica ( Cass., Sez 1, 14-12-1978, Baglione), trattandosi di un reato di pericolo presunto (Cass. ,
Sez 1, 27- 3-1980, Rocchelli), nell'ottica del quale, cioè, il pericolo non è un requisito di fattispecie
ma soltanto la ratio dell'incriminazione penale. Si evince dalla motivazione dell'ordinanza
impugnata che al c.d. 9. "metodo Stamina " non può annettersi validità scientifica.
Esula dall'area della presente disamina la questione inerente all'individuazione dei criteri di
scientificità di una teoria o, comunque, di un contributo cognitivo:questione inerente all'ambito
tematico delle discipline scientifiche ed epistemologiche. In questa sede, ci si limiterà a ricordare
come, in giurisprudenza (Cass.,Sez. IV, 25 novembre 2004, Nobili), sia stato evidenziato che
la legge scientifica può considerarsi tale soltanto dopo essere stata sottoposta a
ripetuti, superati tentativi di falsificazione e dopo avere avuto reiterate conferme,
donde, appunto, l'alto grado di conferma", che la contraddistingue, e donde la "fiducia" che non
può non esserle riservata. La certezza che essa esprime viene connotata con le formule "alto grado
di probabilità ", "alto grado di credibilità razionale","alto grado di conferma", proprio perché non è
un valore assoluto, non è un'acquisizione irreversibile, poiché è certezza allo stato ma - va
aggiunto- allo stato è certezza e non probabilità. Va, in particolare,sottolineata l'importanza del
requisito costituito dalla diffusa accettazione in seno alla comunità scientifica internazionale. La
rilevanza di questo requisito è tale da segnare il discrimine fra validità e mancanza di validità
scientifica della legge, della teoria o del metodo. La mancanza di accettazione da parte della
generalità della comunità scientifica della validazione di un'ipotesi significa infatti
incertezza scientifica.
10. Orbene, risulta dalla motivazione dell'ordinanza impugnata che i requisiti appena esaminati
sono, nel caso di specie, senz'altro insussistenti . Il giudice a quo ha infatti dato atto che tutti i
consulenti del PM e tutti i tecnici e i professionisti del settore hanno concordemente evidenziato
che nell'utilizzo delle cellule staminali, in campo clinico,è emersa una serie di ostacoli che hanno
impedito, fino ad ora, di sviluppare una terapia diffusa su vasta scala. Allo stato, dunque, non
vi sono risultati consolidati né sul tipo di cellula da utilizzare né sulla via di
somministrazione né sulla capacità di differenziazione e neppure sul reale beneficio
clinico determinato da questo tipo di trattamenti. In senso contrario al metodo Stamina si
sono poi espressi- sottolinea il giudice a quo- numerosi componenti della comunità scientifica,tra
cui due premi Nobel per la medicina. Anche in merito alla copiosa documentazione depositata da
Stamina sia presso il Ministero della Salute sia presso l'I.S.S., entrambe le istituzioni sono
concordemente giunte alla conclusione che non di pubblicazioni scientifiche relative al metodo
utilizzato si tratta bensì di studi relativi all'uso di cellule staminali mesenchimali, in relazione a
determinate patologie, in cui la metodica Stamina non viene mai menzionata. La stessa metodica,
così come esposta e documentata, non fa alcun riferimento a tale bibliografia. In particolare, il
Ministero ha concluso nel senso che non risulta essere disponibile alcun protocollo scritto in cui sia
riportato il razionale del protocollo clinico Stamina né i risultati relativi ad eventuali studi
sperimentali in vitro o su modello animale né le caratteristiche delle cellule ottenute dopo
incubazione con la metodica in esame. L'unico protocollo presentato da Stamina
Foundation non è supportato da dati scientifici; è privo di riferimenti a procedure
scientifiche validate o a pubblicazioni scientifiche e in esso le metodiche non sono
dettagliate. Nel medesimo senso si è espresso il secondo comitato scientifico,dopo che il Tar del
Lazio aveva accolto il ricorso presentato da Stamina avverso il primo parere, emesso l'11
settembre 2013, sul presupposto che alcuni componenti non avrebbero garantito obiettività e
imparzialità, essendosi già in precedenza espressi in termini negativi sul metodo Stamina. Ma a
conclusioni del tutto analoghe è pervenuto il secondo comitato scientifico,che, al pari del primo, ha
tenuto in considerazione tutta la documentazione prodotta da Vannoni, sottolineando come la
preparazione e la caratterizzazione delle proprietà delle cellule staminali non siano né definite né
documentate adeguatamente. Manca dunque il presupposto stesso per documentare la scientificità
del metodo propugnato.
11. Infondata è anche la doglianza inerente al periculum in mora. Il Tribunale ha infatti
sottolineato che gli operatori Stamina hanno dimostrato,attivandosi pubblicamente e diffondendo
anche messaggi su Internet, la volontà di riprendere l'attività infusionale. Correlativamente, vi sono
numerose famiglie e pazienti in lista di attesa, per le cure . Ne deriva che la necessità di impedire
la reiterazione e la protrazione dei reati può essere soddisfatta esclusivamente attraverso il
sequestro preventivo dei materiali necessari per la prosecuzione dell'attività. Trattasi di
motivazione che non può certo considerarsi apparente, essendo, al contrario, del tutto
congrua,esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle
ragioni del decisum.
12. La doglianza inerente all'applicabilità dell'art. 51 cod. pen. è infondata. Le pronunce emanate,
ex art. 700 cod. proc. civ., dal giudice civile attribuiscono al beneficiario delle statuizioni emesse in
suo favore,titolo a pretendere una determinata prestazione dalla controparte
e,correlativamente,costituiscono,in capo a quest'ultima, il relativo obbligo ma non incidono sui
poteri del giudice penale, il quale rimane libero di adottare le sue determinazioni, in conformità alla
legge e alle risultanze acquisite nell'ambito del procedimento penale. Occorre infatti tenere
nettamente distinto il profilo inerente alla sussistenza della scriminante ex art. 51 cod. pen. per
chi, in adempimento del dovere di dare esecuzione alla pronuncia del giudice civile, abbia praticato
le terapie disposte, dal profilo inerente alla legittimità dell'intervento ablatorio da parte del giudice
penale, disciplinato dagli artt. 321 ss cod. proc. pen. L' art 51 cod. pen. può infatti essere
invocato per elidere la responsabilità dei sanitari che abbiano praticato terapie
rivelatesi, in ipotesi, pregiudizievoli per la salute del paziente, ma non certamente per
inibire l'esercizio delle funzioni istituzionali da parte del giudice penale. I ricorsi vanno dunque
rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, all'udienza del 21-4-2015.
Cass. pen., sez. VI, sent. n. 24243 del 2015, Pres. Ippolito – Rel. Villoni
Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale del Riesame di Torino ha confermato il decreto emesso in
data 29/09/2014 dal GUP dello stesso Tribunale con cui era stato confermato ai sensi dell'art. 27
cod. proc. pen. il sequestro preventivo, già disposto dal GIP, dei materiali e dei prodotti depositati
presso il Laboratorio Cellule Staminali dell'Azienda Ospedaliera 'Spedali Civili' di Brescia, pertinenti
ai trattamenti sanitari avviati sui diversi pazienti secondo il cd. metodo Stamina ideato da Davide
Vannoni a base di infusioni di cellule staminali mesenchimali.
Previo rigetto di un'eccezione relativa all'incompetenza territoriale dell'autorità giudiziaria torinese e
all'esito di articolata disamina del quadro normativo nazionale ed europeo di riferimento, il
Tribunale ha ritenuto di inquadrare il cd. metodo Starnina nella categoria dei medicinali per terapie
avanzate ad uso umano preparati su base non ripetitiva per determinati pazienti, osservando che
nessuna autorizzazione alla relativa fabbricazione era stata rilasciata dalla Agenzia Italiana del
Farmaco (AIFA); che non risultavano rispettate le buone prassi di fabbricazione né osservate le
vigenti disposizioni in tema di qualità, tracciabilità e farmacovigilanza; che un accertamento
ispettivo dei NAS Carabinieri presso gli Spedali Civili di Brescia aveva formulato vari rilievi critici
sulla gestione del laboratorio utilizzato dal personale Stamina, dante luogo a conseguente
provvedimento di inibitoria da parte della stessa AIFA; che esito negativo aveva dato apposita
indagine disposta dal Ministero della salute nel maggio 2012; che erano state raccolte plurime
denunce di pazienti che avevano avvertito malori dopo il trattamento o notato peggioramenti nel
decorso delle rispettive patologie; che i consulenti tecnici del PM e praticamente la totalità della
comunità scientifica nazionale e internazionale (tra cui due Premi Nobel della materia) si erano
espressi nel senso dell'assenza di basi scientifiche del trattamento; che il tentativo del Vannoni di
brevettare il metodo da lui messo a punto negli Stati Uniti d'America (presso l'USPO) aveva avuto
esisto negativo, mentre la domanda di brevetto presso il competente organismo europeo (EPO)
era stata da lui stesso successivamente ritirata; che per due volte, infine, un Comitato Scientifico
nominato dal Ministero della Salute, in diversa composizione soggettiva, si era pronunciato per
l'inadeguatezza e l'inconsistenza scientifica del cd. metodo Stamina.
Tanto premesso, il Tribunale ha ravvisato il fumus dei reati di associazione per delinquere (art.
416 cod. pen.), commercio o somministrazione di medicinali imperfetti (art. 443 cod. pen.),
somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica (art. 445 cod. pen.) e
truffa aggravata (artt. 640, 61 n. 7 cod. pen.), respingendo la tesi dei ricorrenti della sussistenza a
favore degli indagati delle cause scriminanti di cui all'art. 50 (consenso dello avente diritto) ed
all'art. 51 cod. pen. (adempimento di un dovere derivante dalla legge o da un ordine legittimo
della pubblica autorità), quest'ultimo asseritamente derivante dalla plurime ordinanze con cui
diversi Tribunali nazionali in sede civile avevano accolto il ricorso degli istanti a potere eseguire o
proseguire il trattamento con il predetto metodo presso strutture del servizio sani-tario nazionale
(164 di accoglimento totale e 43 di accoglimento parziale dei ricorsi). Quanto al periculum in
mora, il Tribunale ha ritenuto che la libera disponibilità delle cose di cui è stato disposto il
sequestro presso gli Spedali Civili di Brescia comporti un pericolo concreto e attuale sia di
aggravamento e protrazione dei reati per cui si procede sia di agevolazione alla commissione di
ulteriori reati.
2. Avverso l'ordinanza hanno proposto distinti ricorsi l'indagato principale, Davide Vannoni e quali
terzi interessati, i genitori di pazienti minorenni sottoposti al trattamento, mentre in un caso a
ricorrere è il donatore (Franchi Patrizio) di alcune delle cellule staminali sottoposte a sequestro.
2.1 Davide Vannoni deduce violazione di legge in relazione all'art. 51 cod. pen., sostenendo che la
normativa vigente consente il prosieguo delle cure con il metodo Stamina presso gli Spedali Civili di
Brescia, configurando un diritto in capo ai pazienti e a chi le cure deve praticare e al contempo
determinando la sussistenza una situazione giuridico - fattuale scrinninante rispetto alle già
configurate o a future ipotesi di reato. Con motivi aggiunti del 10/04/2015, l'indagato deduce,
inoltre, violazione degli artt. 12 lett. c) e 16 cod. proc. pen., eccependo l'incompetenza territoriale
dell'autorità giudiziaria di Torino in favore di quella di Trieste, poiché ivi commesso il reato di
peculato contestato all'indagato Andolina, in rapporto di connessione teleologica con gli altri reati
provvisoriamente contestati.
2.2 Orlandini Elisabetta e Carrer Gianpaolo, in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale della
minore Celeste Maria Carrer; De Barros e Vasconcellos Ponta Guido Edoardo e Ceccuti Caterina, in
proprio e quali esercenti la potestà genitoriale della minore Sofia De Barros e Vasconcellos Ponta;
Massaro Tiziana e Mezzina Vito, in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale del minore
Federico Mezzina deducono tutti violazione degli artt. 8 e 9 cod. proc. pen. e difetto di competenza
territoriale dell'autorità giudiziaria di Torino in favore di quella di Brescia, atteso che l'ipotizzata
associazione per delinquere si è manifestata concretamente in detta città con l'avvio del
trattamento presso la locale azienda ospedaliera degli 'Spedali Civili'; deducono, inoltre,
l'insussistenza del fumus dei reati provvisoriamente contestati e in particolare degli artt. 443 e
445 cod. proc. pen. conseguente ad erronea applicazione e interpretazione della normativa
nazionale ed europea e ad ingiustificata attribuzione delle caratteristiche di potenziale nocività e
pericolosità al metodo Stamina; violazione dell'art. 51 cod. pen. essendo la prosecuzione del
trattamento imposta da provvedimento dell'autorità giudiziaria civile; violazione dell'art. 321 cod.
proc. pen. per insussistenza di periculum in mora, dal momento che attrezzatura e materiale
biologico risultano strumentali all'esecuzione di ordini legittimi adottati dalla pubblica autorità nel
contraddittorio delle parti e non già alla protrazione, all'agevolazione o all'aggravamento dei reati;
violazione dell'art. 275 cod. proc. pen. e del principio di proporzione tra esigenze generali di
prevenzione e salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo.
2.3 Franchi Patrizio in proprio; Franchi Dario e Atzeni Francesca in proprio e quali esercenti la
potestà genitoriale della minore Ludovica Franchi; Sciarretta Andrea Albano e Pisciotta Tahereh in
proprio e quali esercenti la potestà genitoriale della minore Noemi Sciarretta; Camiolo Giuseppe e
Scordo Valeria in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale della minore Smeralda Irene
Camiolo deducono violazione degli artt. 8 e 9 cod. proc. pen. e difetto di competenza territoriale
dell'autorità giudiziaria di Torino in favore o di quella di Brescia, atteso che colà si sarebbero
consumati i contestati reati di cui agli artt. 443, 445 e 640 cod. pen. o in favore di quella di Trieste,
atteso che il più grave fra reati contestati è quello di peculato, pacificamente ivi consumatosi, dal
momento che l'indagato dott. Andolina espleta la professione medica presso un nosocomio di
quella città; deducono, inoltre, violazione di legge, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione per omessa indicazione specifica delle cellule staminali sequestrate nel provvedimento
impugnato e omessa notifica agli interessati; assenza del fumus di tutti i reati provvisoriamente
contestati, considerato pure che il trattamento e le infusioni in cui esso si sostanzia sono state tutti
autorizzati da giudici civili nello ambito di procedimenti in cui sono stati nominati ausiliari i soggetti
ad essi preposti ed espressamente incaricati di procedervi; violazione di legge e vizio di
motivazione in punto sussistenza del periculum in mora, attesa la totale assenza di effetti
collaterali derivanti dal trattamento praticato sui pazienti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso presentato da Davide Vannoni deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni di
seguito esposte, mentre quelli degli altri ricorrenti appaiono infondati e come tali debbono essere
rigettati.
2. Rispetto al momento dell'esecuzione del sequestro sono intervenuti, sul piano processuale, due
fatti nuovi da cui discendono inevitabili conseguenze in punto valutazione della proponibilità stessa
e dei limiti delle impugnazioni. Con sentenza del 18/03/2015, il GIP del Tribunale di Torino ha,
infatti, accolto la richiesta di Vannoni, concordata con il PM, applicandogli ai sensi dell'ad. 444 cod.
proc. pen. la pena di un anno e dieci mesi di reclusione in ordine ai reati ascrittigli e che hanno
legittimato l'imposizione del sequestro: come da informazioni di cancelleria, la sentenza non risulta
allo stato impugnata, ancorché il difensore abbia all'odierna udienza dichiarato essere stato
proposto ricorso per cassazione in corso di registrazione presso la Cancelleria Centrale di questa
Corte. Attesa tale situazione, va allora rilevato che il ricorrente non ha fornito prova concreta della
persistenza di un suo attuale e concreto interesse alla trattazione di questioni concernenti la
competenza per territorio del giudice adìto o la sussistenza di cause di esclusione della
responsabilità di reati la cui consumazione, accedendo al patteggiamento, ha sostanzialmente
riconosciuto. In applicazione della regola di cui all'art. 591, lett. a) seconda ipotesi cod. proc. pen.,
il ricorso del Vannoni va, pertanto, dichiarato inammissibile, con le dovute conseguenze di legge.
3. L'altro fatto nuovo consiste nel disposto rinvio a giudizio da parte del GUP di Torino degli
imputati che hanno optato per il rito ordinario, giusto decreto del 18/03/2015 acquisito agli atti al
pari della citata sentenza di patteggiamento. Tale evento esplica i suoi effetti sui ricorsi proposti
dai ricorrenti non imputati, atteso che è giurisprudenza assolutamente costante di questa Corte di
legittimità l'affermazione del principio che è improponibile in sede di riesame del provvedimento
che dispone il sequestro preventivo la questione relativa alla sussistenza del fumus commissi
delicti, qualora sia intervenuto il decreto che dispone il rinvio a giudizio del soggetto interessato
(ex plurimis v. Sez. 5, sent. n. 51147 del 02/10/ 2014, Figari, Rv. 261906; Sez. 5, sent. n. 26588
del 09/04/2014, Miserocchi, Rv. 260569), attesa l'ontologica diversità delle regole relative alle
misure cautelari personali rispetto a quelle riguardanti le misure cautelari reali (Sez. 2, sent. n.
2210 del 05/11/ 2013, Bongini e altro, Rv. 259420; Sez. 5, sent. n. 30596 del 17/04/2009, Cecchi
Gori, Rv. 244476).
4. Vedendosi in tema di ricorso avverso ordinanza in materia cautelare reale, proponibile solo per
violazione di legge (art. 325 comma 1 cod. proc. pen.), questo Collegio non è tuttavia
esentato dal rilevare che risulta abbondantemente dagli accertamenti in fatto e
dall'acquisizione dei numerosi pareri tecnici sia dei consulenti del PM sia di personalità
scientifiche - pareri per nulla inficiati dalle affermazioni di efficacia, peraltro transeunte (v. su tale
aspetto anche lo articolo a firma dei dottori M. Villanova e l R. Bach in via di pubblicazione
sull'American Journal of Physical Medicine & Rehabilitatrion di maggio 2015 allegato alla memoria
da ultimo prodotta da alcuni ricorrenti) del trattamento provenienti sostanzialmente dai parenti di
alcuni piccoli pazienti - che il cd. trattamento Stamina costituisca un medicinale
tecnicamente imperfetto e somministrato in modo potenzialmente (e in alcuni casi anche
concretamente, v. indicazioni a pag. 31 ordinanza impugnata) pericoloso per la salute
pubblica, situazioni di per sé integranti la ricorrenza dei reati di pericolo presunto di
cui agli artt. 443 e 445 cod. pen. che fondano il proprium del provvedimento di
sequestro preventivo. Va, infatti, osservato che secondo la ricostruzione, oltre modo esauriente,
del quadro della vigente normativa nazionale ed europea applicabile operata dal Tribunale di
Torino, detto trattamento costituisce a tutti gli effetti un medicinale imperfetto, tale
dovendosi ritenere, fra gli altri, quello non preparato secondo le rigorose prescrizioni
scientifiche (Sez. 1, sent. n. 8936 del 26/04/1985, Casertano, Rv. 170676; Sez. 2, sent. n. 5188
del 09/02/1979, Alecce, Rv. 142170) o secondo i precetti della tecnica farmaceutica (Sez. 4, sent.
n. 627 del 24/02/1971, Stigliano, Rv. 117962), la cui somministrazione è considerata pericolosa dal
legislatore a prescindere dai concreti effetti negativi o anche dall'assenza di effetti prodotti sulla
salute dei pazienti, atteso che il pericolo non è un requisito del fatto, ma la ratio stessa
dell'incriminazione penale (Sez. 1, sent. n. 8861 del 06/07/1993, Pardi, Rv. 197014). Quanto alla
astratta configurabilità dell'art. 445 cod. pen., va osservato che una delle ipotesi che lo integrano è
quella di somministrazione di sostanze medicinali in specie, qualità o quantità diversa da quella
dichiarata, anch'essa ritenuta presuntivamente pericolosa dal legislatore e che nel caso del cd.
trattamento Stamina un pericolo presunto certamente sussiste, dal momento che a tutt'oggi ne
sono sconosciute sia la composizione farmacologica sia l'efficacia tera-peutica. Né appare rilevante
il richiamo da parte di alcuni ricorrenti all'art. 2, commi 1 e 2 del d.l. n. 24 del 25 marzo 2013 (cd.
Decreto Balduzzi) indicati quale base legale di prosecuzione dei trattamenti avviati presso le
strutture del servizio sanitario nazionale interessate, tra cui gli Spedali Civili di Brescia. A parte,
infatti, le rilevanti modifiche apportate dalla legge di conversione n. 57 del 23 maggio 2013
(abrogazione del comma 1 dell'art. 2 del decreto e modifica del comma 2 mediante subordinazione
della prosecuzione dei trattamenti alle condizioni della relativa preparazione in laboratori di
strutture pubbliche e secondo procedure idonee alla lavorazione e alla conservazione di cellule e
tessuti), va osservato che il provvedimento normativo abilitava semplicemente alla prosecuzione
dei trattamenti, nel rispetto delle sopra indicate condizioni, anche in considerazione delle ordinanze
adottate in sede di giurisdizione civile, ma senza nulla statuire in ordine alle caratteristiche
intrinseche del cd. trattamento o protocollo terapeutico Stamina, la cui conformità alle vigenti
disposizioni in tema di qualità, tracciabilità e farmacovigilanza viene, invece, per la prima volta
esaminata in maniera approfondita nell'ambito del presente procedimento.
5. Risulta, invece, proponibile l'impugnazione di detti ricorrenti riguardo al cd. periculum in mora,
essendo tutti interessati alla prosecuzione del trattamento in favore dei rispettivi congiunti presso
gli 'Spedali Civili' di Brescia, prosecuzione di fatto impedita dal mantenimento del sequestro. Alfine
di far valere tale aspetto e poiché le parti, sia pubblica che privata, hanno all'odierna udienza
espressamente evocato la questione, va riconosciuta ai ricorrenti la legittimazione a presentare
impugnazione quanto meno per una parte delle cose oggetto del provvedimento di sequestro, che
al capo B) del dispositivo contempla espressamente li prodotti congelati - cellule - stoccati presso
la sala criogenica de/laboratorio cellule staminali degli Spedali Civili di Brescia, di cui all'elenco
contenuto nell'annotazione del PG del NAS di Torino del 10 agosto 2014'. La legittimazione non
sussiste, invece, riguardo ai materiali di cui al punto A) di pertinenza della struttura di cura
pubblica, in forza del principio ricavabile testualmente dall'art. 325, comma 1 cod. proc pen. e da
tempo ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte di Cassazione secondo cui detta previsione
consente di ricorrere per cassazione per violazione di legge contro le ordinanze emesse a norma
degli art. 322-bis e 324 cod. proc. pen. all'imputato o all'indagato ex art. 61 cod. proc. pen., al suo
difensore, al pubblico ministero, alla persona cui le cose sono state sequestrate e a quella che
avrebbe diritto alla loro restituzione e a nessun altro all'infuori di tali soggetti (Sez. 2, sent. n. 1490
del 17/03/1994, PM e PC in proc. Apicella, Rv. 197751).
6. L'affermata legittimazione impone ora di considerare il motivo di censura, comune ai ricorsi sia
pure con diverse sfumature, concernente la dedotta incompetenza territoriale della autorità
giudiziaria di Torino. Tutti i ricorrenti sostengono tale eccezione, alcuni propugnando la tesi della
competenza dell'autorità giudiziaria di Brescia, atteso che in tale centro e con l'avvio del
trattamento presso gli Spedali Civili si sarebbe concretamente manifesta l'associazione per
delinquere contestata al capo A) a Davide Vannoni ed ai collaboratori al cd. progetto Stamina, altri
quella della competenza dell'autorità giudiziaria di Trieste, posto che il più grave fra reati contestati
ad uno degli indagati, il dott. Mario Andolina, è quello di peculato, pacificamente consumatosi in
quella città. L'eccezione è infondata riguardo ad entrambe le sue varianti. Quanto alla prima
(incompetenza A.G. torinese in favore di quella bresciana), il Tribunale del Riesame ha
correttamente rilevato che il locus commissi delicti del più grave tra i reati contestati a tutti gli
imputati (art. 416 cod. pen.) deve essere individuato in Torino, atteso che è in tale luogo che la
contestata associazione per delinquere ha iniziato concretamente ad operare ed è stata
diretta dal Vannoni, dominus e regista dell'intera vicenda legata al cd. metodo
Stamina. In forza di tale indiscutibile rilievo - rafforzato, come anzidetto, anche dall'acquiescenza
venuta dallo stesso Vannoni con il patteggiamento - ed ai sensi dell'art. 16, comma 1 cod proc.
pen., l'eccezione di competenza dell'A.G. di Brescia appare del tutto destituita di fondamento.
Parimenti infondata è l'eccezione in favore dell'autorità giudiziaria di Trieste, non sussistendo
all'evidenza alcun caso di connessione tra quelli previsti dall'art. 12 cod. proc. pen. tra il reato,
innegabilmente più grave, di peculato contestato al solo Andolina e quelli contestati a tutti gli altri
imputati (artt. 416, 443, 445, 640 cod. pen.) tra loro invece inscindibilmente connessi sotto il
profilo finalistico (art. 12 lett. c] prima ipotesi cod. proc. pen.).
7. Sgombrato il campo dall'eccezione, vale ora ritornare alle doglianze formulate dai ricorrenti non
imputati riguardo al cd. periculum in mora cautelato dal provvedimento di sequestro.
7.1 Ricorsi Orlandini - Carrer, De Barros e Vasconcellos Ponta - Ceccutì, Massaro - Mezzina. Tali
ricorrenti deducono la violazione dell'art. 321 cod. proc. pen., atteso che attrezzatura e materiale
biologico risultano strumentali all'esecuzione di ordini legittimi adottati dalla pubblica autorità nel
contraddittorio delle parti (giudici civili) e non già alla protrazione, all'agevolazione o
all'aggravamento dei reati; violazione dell'art. 275 cod. proc. pen. e del principio di proporzione tra
esigenze generali di prevenzione e salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo. Il secondo
profilo appare palesemente inconferente, dal momento che l'art. 275 cod. proc. pen. è previsione
dettata per le misure cautelari personali e non già per quelle di natura reale, come il sequestro
preventivo. La prima censura evoca, invece, le vicende dei provvedimenti resi da numerosi giudici
civili che, su istanza di soggetti interessati, hanno autorizzato il trattamento con il cd. metodo
Stamina in quelle strutture pubbliche dichiaratesi disposte a consentirne l'esecuzione. A detto
proposito va osservato che il profilo della legittimità del sequestro preventivo di cui si discute è
questione che si pone su di un piano diverso rispetto ai provvedimenti d'urgenza (art. 700 cod.
proc. civ.) adottati dai giudici civili e ciò sotto un duplice ordine di considerazioni. Il primo è che
tali provvedimenti sono stati adottati per l'appunto in via d'urgenza e sulla base di un'istruttoria per
definizione sommaria e nemmeno lontanamente comparabile a quella indiscutibilmente
approfondita disposta dal PM di Torino, sui cui risultati si basano i decreti di sequestro preventivo e
la conferma ad opera del Tribunale del Riesame. Il secondo attiene al fatto che quei provvedimenti
riguardavano propriamente il rapporto tra i vari istanti ed il servizio sanitario nazionale,
autorizzando ovvero ordinando ad alcune strutture pubbliche di mettere a disposizione risorse in
uomini o mezzi per l'attuazione del cd. trattamento Stamina, laddove il decreto di sequestro e
l'ordinanza impugnata riguardano più specificamente le caratteristiche del trattamento stesso,
inteso come tipo particolare di medicinale, di cui è stato ritenuto il carattere imperfetto (art. 443
cod. pen.) e pericoloso per la salute pubblica (art. 445 cod. pen.) nei termini ampiamente esplicati
nel provvedimento del Tribunale torinese.
7.2 Ricorsi Franchi Patrizio, Franchi - Atzeni, Sciarretta - Pisciotta e Cambio - Scordo. Tali ricorsi
allegano un vizio di motivazione ìndeducibile nei ricorsi per cassazione avverso le ordinanze di
riesame di provvedimento di sequestro preventivo (art. 325, comma 1 cod. proc. pen.), a meno
che non sì voglia, del tutto infondatamente - dato il carattere estremamente articolato
dell'ordinanza impugnata - sostenere la tesi della motivazione apparente o inesistente: il dissenso
rispetto alle concrete determinazioni assunte dal giudice non può, infatti, sostanziare la deduzione
del vizio dì carenza assoluta di motivazione ai sensi dell'art. 125, comma 3 cod. proc. pen. Vizi di
legittimità in senso stretto, peraltro, non vengono neppure adombrati, atteso che anche la dedotta
assenza dì effetti collaterali negativi derivanti dalla somministrazione del trattamento, oltre ad
essere smentita dalle positive risultanze istruttorie riferite a quei pazienti ricoverati d'urgenza dopo
la stessa o che avevano denunciato peggioramenti nel decorso della malattia (pag. 31 ordinanza),
finisce per rivelarsi una censura di merito alla motivazione del provvedimento, preclusa dai limiti
del ricorso per cassazione nel procedimento incidentale cautelare riguardante le misure reali.
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso di Davide Vannoni e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa delle ammende; rigetta gli altri
ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Roma, 21/4/2015
Cass. pen., sez. VI, sent. n. 24244/2015, Pres. Ippolito – Rel. Di Salvo
RITENUTO IN FATTO
1. Larcher Eros e Chini Sara, in proprio e in qualità di genitori della minore Larcher Desiree,
ricorrono per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Torino, in data 3-11-
2014, che ha confermato il decreto di sequestro preventivo dei materiali e dei prodotti depositati
presso il laboratorio cellule staminali dell'Azienda Ospedaliera " Spedali civili di Brescia", nell'ambito
di un procedimento penale instaurato nei confronti di Vannoni Davide e di altre 12 persone, in
ordine ai reati di associazione per delinquere, commercio e somministrazione di medicinali
imperfetti, in modo pericoloso alla salute pubblica, truffa aggravata, abuso d'ufficio, esercizio
abusivo della professione, peculato, ingiuria, sostituzione di persona e trattamenti illecito di dati
personali. Fatti commessi dal novembre 2006 ad oggi.
2. I ricorrenti, premesso di essere genitori di una minore affetta da atrofia muscolare spinale di
tipo 1 e di avere ottenuto, con decreto emesso dal Tribunale di Trento, in data 29 marzo 2013, la
somministrazione della terapia con cellule staminali mesenchimali, attraverso la metodica della
Stamina Foundation, procedendo così alle relative infusioni presso l'Azienda ospedaliera di Brescia,
deducono, con il primo motivo, incompetenza per territorio del Tribunale di Torino, poiché non è
condivisibile l'assunto secondo cui il più grave reato di associazione a delinquere è stato
consumato in Torino, in quanto la quasi totalità degli imputati, ritenuti sodali, è legata all'attività
svolta presso gli Spedali civili di Brescia, dove si è estrinsecata l'operatività dell'ipotizzata
associazione.
2.1. Il secondo motivo si incentra sulla ravvisabilità del fumus commissi delicti, poiché esula dalla
fattispecie concreta in disamina l'ipotesi di cui all'art. 445 cod. pen., non trattandosi, nel caso di
specie, di attività di natura commerciale. Ma non ricorre nemmeno l'ipotesi di cui all'art. 443 cod.
pen.,poiché le disposizioni sulle buone prassi di fabbricazione ( GMP) non sono applicabili al caso di
specie, che concerne preparati su base non ripetitiva, connotati da specifici requisiti di qualità,
utilizzati in un ospedale,sotto l'esclusiva responsabilità di un medico, in esecuzione di una
prescrizione sanitaria individuale, relativa a un prodotto specifico e destinata a un determinato
paziente. D'altronde, il Ministero della salute non ha emesso il decreto volto a stabilire le specifiche
tecniche secondo le quali l'autorizzazione relativa a tali preparati dovrebbe essere rilasciata.
L'assenza di una normativa nazionale di dettaglio relativa ai medicinali per terapie avanzate, ad
uso non ripetitivo, pregiudica altresì l'applicabilità, nello specifico, del regolamento europeo n.
1394/2007. D'altronde le infusioni praticate presso gli Spedali civili di Brescia sono avvenute nel
pieno rispetto di tutte le condizioni poste dal d.m. 5-12- 2006 ( c.d. decreto Turco-Fazio). E'
d'altronde impossibile individuare parametri di riferimento applicabili al caso concreto, la cui
violazione possa essere assunta come idonea a sostenere la sussistenza del fumus del reato di cui
all'art. 443 cod. pen., poiché caratteristica specifica di un prodotto per terapia cellulare somatica è
la sua unicità, in quanto ogni singola preparazione deriva da un prelievo che rappresenta, nella
quasi totalità dei casi, un oggetto unico e irripetibile. Peraltro il laboratorio per la manipolazione e
criopreservazione delle cellule staminali degli Spedali civili di Brescia, così come il settore raccolta
cellule staminali, è in possesso dell'accreditamento secondo gli standard JACIE,ciò che dimostra
come la struttura operi secondo standard di eccellenza,riconosciuti a livello internazionale. Del
resto, nonostante presso gli Spedali civili di Brescia si siano svolte oltre 400 infusioni, in nessun
caso,come dichiarato dal personale operante, si sono verificati eventi avversi. Anche dal
comunicato emesso, in data 10 marzo 2013, dal Ministero della Salute si evince che non sussistono
ragioni specifiche per escludere che possano proseguire la terapia i pazienti che abbiano avuto un
trattamento esente da effetti indesiderati. Del resto, anche a norma della I. 23 maggio 2013 n. 57,
l'unico presupposto per la continuità delle cure in corso è che i prodotti siano lavorati presso
strutture pubbliche e secondo procedure idonee alla lavorazione e conservazione di cellule e
tessuti. Dunque la I. 57/2013 rappresenta un'autorizzazione ope legis alla prosecuzione delle
terapie intraprese presso gli Spedali civili di Brescia. Anche il Tar della Lombardia si è espresso nel
senso che il laboratorio in questione è una struttura pubblica, autorizzata alle attività di
manipolazione,stoccaggio e lavorazione di cellule umane e tessuti, di alto livello scientifico, dotata
di personale di elevata professionalità. Anche la Corte europea dei diritti dell'uomo, con sentenza
del 28 maggio 2014, ha rilevato che la legge consente il trattamento Stamina a coloro che lo
hanno iniziato e che sono stati autorizzati dall'autorità giudiziaria.
2.2. Si deduce poi omessa applicazione dell'art. 51 cod. pen., in quanto l'effettuazione delle
infusioni altro non è che l'attività necessaria all'esecuzione delle ordinanze ex art. 700 cod. proc.
civ., adottate da vari tribunali d'Italia, onde essa costituisce un dovere imposto da un ordine
legittimo, emanato dalla pubblica autorità. Nè è possibile riconoscere al giudice penale il potere di
porre nel nulla, attraverso il sequestro, i contenuti di ordinanze precedentemente adottate in sede
civile e confermate anche all'esito del reclamo, anche perché il procedimento cautelare in sede
penale è altrettanto sommario, limitandosi a un giudizio ipotetico di sussistenza delle fattispecie di
reato contestate, per le quali nemmeno si richiede la gravità indiziaria.
2.3. In ordine alla potenziale pericolosità ed inutilità del cosiddetto metodo Stamina, il ricorrente
osserva come il relativo asserto collida con i dati clinici rilevabili dalla documentazione sanitaria
inerente ai pazienti e proveniente non dai medici imputati bensì da strutture pubbliche che hanno
visitato il paziente prima e dopo le infusioni, come è accaduto nel caso della figlia del ricorrente.
Anche l'Istituto superiore di sanità, con comunicato n. 173 del Ministero della salute, ha ritenuto
che la correttezza della procedura sia dimostrata dal fatto che l'analisi della vitalità delle cellule,
effettuata presso l'Istituto superiore di sanità, su campioni prelevati e trasportati in conformità agli
standard internazionali, è risultata del tutto adeguata a qualsiasi uso terapeutico. Anche il Tar del
Lazio si è espresso nel senso che il comitato scientifico, nominato dal Ministero della salute,
avrebbe dovuto esaminare le cartelle cliniche dei pazienti sottoposti alla cura con il metodo
Stamina. Larga parte della comunità scientifica ha invocato lo svolgimento di una sperimentazione,
riconoscendo che alcuni pazienti affetti da malattie neurodegenerative hanno riportato importanti
benefici a seguito delle infusioni.
2.4.Per le ragioni appena esposte, non sussiste neanche il periculum in mora, tanto più che il
sequestro è stato disposto a distanza di circa quattro anni dall'apertura del procedimento, onde,
trattandosi di un sequestro che colpisce persone diverse dagli imputati, occorre riconoscere la
preminenza del diritto alla salute e alla vita dei pazienti. Si chiede pertanto annullamento
dell'ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Occorre, in primo luogo, porsi il problema relativo alla legittimazione dei ricorrenti. Come è noto,
infatti, l'art. 325 cod. proc. pen. abilita a proporre ricorso per cassazione esclusivamente il pubblico
ministero, l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e
quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Occorre dunque chiedersi in quale di queste
categorie la paziente e i suoi genitori rientrino. Al riguardo, dal decreto di sequestro preventivo
emerge che tra i materiali in sequestro vi sono i prodotti congelati-cellule-, stoccati presso la sala
criogenica del laboratorio cellule staminali degli "Spedali civili di Brescia"( punto B). Trattasi
dunque di materiali biologici di pertinenza della paziente e dei genitori, quali donatori,onde tali
soggetti avrebbero diritto alla loro restituzione. Essi sono pertanto legittimati a ricorrere.
2. La doglianza inerente all'incompetenza per territorio non può trovare ingresso in questa sede.
Essa implica infatti la valutazione di profili di fatto il cui apprezzamento è insindacabile in sede di
legittimità, ove il giudice a quo abbia adeguatamente motivato al riguardo. Orbene, gli stessi
ricorrenti evidenziano (p. 5 del ricorso) che il Tribunale ha argomentato sulla base della
nascita,della direzione e del concreto avvio dell'operatività del sodalizio in Torino, grazie all'operato
di Davide Vannoni, persona che vive ed opera tuttora nel capoluogo torinese e che, a tutti gli
effetti, può essere considerato il dominus e il regista dell'intera vicenda Stamina. Trattasi di
motivazione senz'altro congrua, mentre i rilievi svolti al riguardo dai ricorrenti si collocano sul piano
del merito e non possono pertanto essere valutati nel giudizio di cassazione. Le determinazioni
adottate dal giudice a quo, in ordine al profilo in disamina,sono pertanto insindacabili.
3. In ordine al secondo motivo di ricorso, occorre osservare che il ricorso per cassazione avverso
una misura cautelare reale è ammesso dall'art. 325,comma 1, cod. proc. pen. esclusivamente per
violazione di legge. Costituisce, al riguardo, ius receptum, nella giurisprudenza di questa suprema
Corte,il principio secondo il quale nella nozione di "violazione di legge" rientrano la mancanza
assoluta di motivazione e la presenza di una motivazione meramente apparente, in quanto
correlate all'inosservanza di precise norme processuali. Non vi rientra invece l'illogicità manifesta,
la quale può essere denunciata nel giudizio di legittimità soltanto attraverso lo specifico e
autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell'art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U. , n. 2 del 28-1-
2004, Ferrazzi,). Dunque, ove il ricorso per cassazione sia limitato alla sola violazione di legge, va
esclusa la sindacabilità del vizio di manifesta illogicità mentre è possibile denunciare il vizio di
motivazione apparente, atteso che in tal caso si prospetta la violazione dell'art. 125, comma 3 cod.
proc. pen., che impone l'obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (Sez. U., n.
25080 del 28-5-2003,Pellegrino,Rv. 224611). Quest'ultimo vizio è ravvisabile allorchè la
motivazione sia completamente priva dei requisiti minimi di coerenza e di completezza, al punto da
risultare inidonea a rendere comprensibile l'iter logico seguito dal giudice di merito, oppure le linee
argomentative siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il
provvedimento. La carenza assoluta di un riconoscibile apparato argomentativo, qualificabile come
inosservanza della specifica norma processuale che impone, a pena di nullità, l'obbligo di
motivazione dei provvedimenti giurisdizionali , non ha infatti perso l'intrinseca consistenza del vizio
di violazione di legge, differenziandosi pertanto dai difetti logici della motivazione.
4. Occorre dunque verificare se, nel caso sub iudice, ci si trovi di fronte ad una motivazione
meramente apparente. Orbene, il Tribunale ha, in primo luogo,correttamente sottolineato che, alla
luce della normativa introdotta con d.l. 25-3-2013 n. 54 (c.d. decreto Balduzzi ), conv. In I. 23-5-
2013 n. 57, era necessario che si trattasse di medicinali per terapie avanzate,a base di cellule
staminali mesenchimali, lavorati secondo procedure idonee alla lavorazione e alla conservazione di
cellule e tessuti, come già stabilito nel D.M. Turco-Fazio (norme di buona fabbricazione), secondo
le procedure di qualità autorizzate dall'AIFA.
Orbene, il giudice a quo ha evidenziato l'insussistenza di tale requisito,atteso che, sulla base delle
risultanze acquisite, è da ritenersi che le infusioni somministrate con il cosiddetto "metodo
Stamina" siano,da un lato, contra legem e, dall'altro, pericolose o comunque non sicure per la
salute umana. Deve infatti riscontrarsi una serie di gravi violazioni sia delle norme sulla
fabbricazione dei medicinali per terapie avanzate, somministrati con il predetto metodo, sia delle
norme sulla qualità, tracciabilità e farmacovigilanza dei prodotti. Innanzitutto,nessuna
autorizzazione alla fabbricazione del medicinale per terapia avanzata è stata rilasciata dall'AIFA,
come prescritto dalla normativa vigente. Inoltre,non risultano in alcun modo rispettate le buone
prassi di fabbricazione. Infatti l'accertamento ispettivo da parte dei NAS, effettuato l'8 e il 9
maggio 2012, presso gli Spedali civili di Brescia, ha evidenziato che il laboratorio utilizzato dal
personale Stamina non rispettava i requisiti GMP. L'AIFA, dal canto suo, ha posto in luce che il
laboratorio dell'azienda ospedaliera Spedali civili di Brescia ispezionato,dove il materiale biologico
veniva preparato e manipolato,era assolutamente inadeguato, sia dal punto di vista strutturale che
per le cattive condizioni di manutenzione e pulizia, e pertanto non garantiva la protezione del
prodotto da contaminazioni ambientali. Non era inoltre disponibile, anche sulla base dei documenti
esaminati nell'ambito dell'indagine amministrativa svolta dal Ministero della Salute, alcun protocollo
o resoconto di lavorazione. Nemmeno i medici che iniettavano il prodotto nei pazienti risultavano
essere a conoscenza della vera natura del materiale biologico somministrato. Le cartelle cliniche
non descrivevano mai chiaramente il trattamento somministrato ai pazienti. Dall'esame dei
documenti visionati non si evinceva l'immediata necessità e opportunità di un trattamento con
cellule staminali, per alcune patologie trattate (ad esempio, il morbo di Parkinson). I pareri
espressi dal comitato etico consistevano soltanto in autorizzazioni estremamente scarne e prive di
qualunque considerazione sull'opportunità del trattamento terapeutico in questione.
Il mancato rispetto dei requisiti normativi di qualità, tracciabilità e GMP è stato evidenziato anche
dai due biologi, Valfrè e Martano, che, per un certo periodo, avevano lavorato a contatto con la
dottoressa Molino, che era l'unica a conoscere i dettagli della procedura manipolativa.
Analoghe violazioni risultavano poste in essere anche con riferimento al poliambulatorio Lisa di
Carmagnola e all'ospedale Burlo di Trieste.
Anche dalle consulenze tecniche disposte dal pubblico ministero è emersa la violazione delle
normative nazionali e comunitarie, previste per garantire la qualità e la sicurezza delle cellule e dei
tessuti destinati ad applicazioni sull'uomo; l'inadeguatezza delle procedure cliniche poste in essere
dal personale Stamina, in carenza dei prescritti requisiti di legge (qualità farmaceutica, GMP, prove
di sterilità, conservazione del materiale cellulare) ; la carenza delle misure volte a garantire
l'assenza di contaminazioni ambientali, oltre che l'assenza delle dovute autorizzazioni.
5. Come si vede, l'impianto argomentativo a sostegno del decisum, lungi dal potersi considerare
apparente, si sostanzia in un apparato esplicativo puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del
tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo
scrutinio di legittimità, tanto più che, in tema di sequestro preventivo, il procedimento incidentale
che si svolge dinanzi al tribunale del riesame non può trasformarsi in un accertamento preventivo
della sussistenza del reato, tematica che forma oggetto del procedimento principale.
6. La doglianza inerente all'applicabilità dell'art. 51 cod. pen. è infondata. Le pronunce emanate,
ex art. 700 cod. proc. civ., dal giudice civile attribuiscono al beneficiario delle statuizioni emesse in
suo favore,titolo a pretendere una determinata prestazione dalla controparte e,
correlativamente,costituiscono, in capo a quest'ultima, il relativo obbligo ma non incidono sui
poteri del giudice penale, il quale rimane libero di adottare le sue determinazioni, in conformità alla
legge e alle risultanze acquisite nell'ambito del procedimento penale. Occorre infatti tenere
nettamente distinto il profilo inerente alla sussistenza della scriminante ex art. 51 cod. pen. per
chi, in adempimento del dovere di dare esecuzione alla pronuncia del giudice civile, abbia praticato
le terapie disposte, dal profilo inerente alla legittimità dell'intervento ablatorio da parte del
giudice penale, disciplinato dagli artt. 321 ss cod. proc. pen. L' art 51 cod. pen. può infatti essere
invocato esclusivamente per elidere la responsabilità dei sanitari che abbiano praticato terapie
rivelatesi, in ipotesi, dannose per la salute del paziente, ma non certamente per inibire l'esercizio
delle funzioni istituzionali da parte del giudice penale.
7. La doglianza inerente all' insussistenza di una potenziale pericolosità o anche soltanto inutilità
del cosiddetto "metodo Stamina" esula dall'area della deducibilità nel giudizio di cassazione,
risolvendosi in una censura alla motivazione del provvedimento impugnato. Al riguardo, il Tribunale
ha evidenziato che dalle consulenze tecniche disposte dal PM, è emersa una serie di rischi (di
contaminazione batterica o,comunque da agenti nocivi; di ematoma o emorragia; di infezione; di
insorgenza di anomalie del fenotipo; di localizzazioni cellulari atipiche; di insorgenza di patologie
legate ad una regolazione immunitaria, come la cosiddetta graft-versushost) legati alle attività di
estrazione e re-inoculazione delle cellule staminali poste in essere senza le dovute precauzioni e al
di fuori delle procedure richieste dalla legge, non solo nel periodo immediatamente susseguente
all'infusione, per le caratteristiche di non purezza e di inidoneità del prodotto, ma anche in periodi
successivi e lontani dall'infusione, per la possibilità di insorgenza di processi proliferativi
difficilmente prevedibili. E infatti circa il 25% dei pazienti di cui è stato possibile consultare le
cartelle cliniche e le schede di monitoraggio ha presentato eventi avversi, nel 14% dei casi anche
gravi.
D'altronde, è stato riscontrato che numerosi pazienti, elencati dal giudice a quo, hanno denunciato
l'assenza di effetti benefici e, in taluni casi, il peggioramento delle condizioni di salute. Anche
alcuni medici, le cui dichiarazioni sono state analiticamente esaminate dal Tribunale, hanno
dichiarato di non avere notato miglioramenti sui pazienti. Altri medici, pur avendo notato alcuni
miglioramenti, non hanno saputo né potuto affermare che gli effetti benefici fossero imputabili al
metodo Stamina, considerato che essi potrebbero essere attribuiti alla naturale evoluzione della
crescita ponderale ovvero all'uso di altri farmaci o all'esecuzione di altre strategie assistenziali,
seguite dai pazienti, parallelamente e contestualmente al trattamento Stamina. Quanto alle
risultanze delle analisi condotte dai consulenti e dall'AIFA sulle cartelle cliniche, tutti i tecnici hanno
concordato sul fatto che dai dati analizzati non emergono elementi significativi in ordine ai presunti
effetti benefici del cosiddetto metodo Stamina. Anche due medici (Mastroeni e Sher), che avevano,
in un primo tempo,attestato miglioramenti sui pazienti, hanno modificato la loro posizione,
chiarendo che non è possibile ascrivere, con certezza, i miglioramenti, peraltro soltanto dichiarati
dai pazienti o dai genitori dei bambini, al metodo Stamina.
8.Trattasi di motivazione che non può certamente considerarsi apparente,nemmeno qualora
volesse ritenersi che essa non sia immune da censure, sul terreno della razionalità. Infatti soltanto
la mancanza di qualunque ancoraggio del discorso giustificativo alle risultanze acquisite e di
qualunque riferimento alla specifica fattispecie in disamina determina il vizio di apparenza della
motivazione, ravvisabile ove il giudice si avvalga di asserzioni del tutto generiche e di carattere
apodittico o di proposizioni prive di effettiva valenza dimostrativa (Cass.n. 24862 del 19- 5-2010),
determinando così il venir meno di qualunque supporto argomentativo a sostegno del decisum
(Sez. U. 27-11-2008 n. 3287): ciò che non è certamente riscontrabile nel caso in disamina.
9. Dai rilievi enucleabili dall'apparato argomentativo dell'ordinanza impugnata si evince la
riconducibilità della fattispecie concreta in disamina al paradigma delineato dalla norma
incriminatrice di cui all'art. 443 cod. pen. Nell'ottica di tale disposizione, deve infatti intendersi per
medicinale qualunque sostanza o preparato, che venga presentato come caratterizzato da
proprietà curative o profilattiche delle malattie umane e che sia quindi destinato ad essere
somministrato all'uomo (Cass. , Sez. 1,9-5-1996, Gallico). La nozione di imperfezione si correla
invece alla difformità dalle prescrizioni scientifiche e dai principi della scienza medica o
farmacologica e alla mancanza delle condizioni necessarie per evitare ogni pericolo nell'uso del
farmaco e per renderlo idoneo al suo scopo (Cass., Sez. 2, 9-2-1979, Alecce). L'inefficacia
terapeutica è infatti sufficiente, unitamente alla mancata rispondenza del farmaco alle leges artis,
ad integrare gli estremi del reato, senza che occorra l'effettiva nocività o pericolosità per la salute
pubblica ( Cass., Sez 1, 14-12-1978, Baglione), trattandosi di un reato di pericolo presunto(Cass. ,
Sez 1, 27- 3-1980, Rocchelli), nell'ottica del quale, cioè, il pericolo non è un requisito di fattispecie
ma soltanto la ratio del'incriminazione penale.
10. Si evince dalla motivazione dell'ordinanza impugnata che al c.d. "metodo Stamina " non può
annettersi validità scientifica. Esula dall'area della presente disamina la questione inerente
all'individuazione dei criteri di scientificità di una teoria o, comunque, di un contributo cognitivo:
questione inerente all'ambito tematico delle discipline scientifiche ed epistemologiche. In questa
sede, ci si limiterà a ricordare come, in giurisprudenza (Cass.,Sez. IV, 25 novembre 2004, Nobili),
sia stato evidenziato che la legge scientifica può considerarsi tale soltanto dopo essere stata
sottoposta a ripetuti, superati tentativi di falsificazione e dopo avere avuto reiterate conferme,
donde, appunto, " l'alto grado di conferma", che la contraddistingue, e donde la "fiducia" che non
può non esserle riservata. La certezza che essa esprime viene connotata con le formule "alto grado
di probabilità ", "alto grado di credibilità razionale","alto grado di conferma", proprio perché non è
un valore assoluto, non è un'acquisizione irreversibile, poiché è certezza allo stato ma - va
aggiunto- allo stato è certezza e non probabilità. Va, in particolare,sottolineata l'importanza del
requisito costituito dalla diffusa accettazione in seno alla comunità scientifica internazionale. La
rilevanza di questo requisito è tale da segnare il discrimine fra validità e mancanza di validità
scientifica della legge, della teoria o del metodo. La mancanza di accettazione da parte della
generalità della comunità scientifica della validazione di un'ipotesi significa infatti incertezza
scientifica.
11. Orbene, risulta dalla motivazione dell'ordinanza impugnata che i requisiti appena esaminati
sono, nel caso di specie, senz'altro insussistenti. Il giudice a quo ha infatti dato atto che tutti i
consulenti del PM e tutti i tecnici e i professionisti del settore hanno concordemente evidenziato
che nell'utilizzo delle cellule staminali, in campo clinico,è emersa una serie di ostacoli che hanno
impedito, fino ad ora, di sviluppare una terapia diffusa su vasta scala. Allo stato, dunque, non vi
sono risultati consolidati né sul tipo di cellula da utilizzare né sulla via di somministrazione né sulla
capacità di differenziazione e neppure sul reale beneficio clinico determinato da questo tipo di
trattamenti. In senso contrario al metodo Stamina si sono poi espressi-sottolinea il giudice a quo-
numerosi componenti della comunità scientifica, tra cui due premi Nobel per la medicina. Anche in
merito alla copiosa documentazione depositata da Stamina sia presso il Ministero della Salute sia
presso l'I.S.S., entrambe le istituzioni sono concordemente giunte alla conclusione che non di
pubblicazioni scientifiche relative al metodo utilizzato si tratta bensì di studi relativi all'uso di cellule
staminali mesenchimali, in relazione a determinate patologie, in cui la metodica Stamina non
veniva mai menzionata. La stessa metodica, così come esposta e documentata, non faceva alcun
riferimento a tale bibliografia. In particolare, il Ministero ha concluso nel senso che non risulta
essere disponibile alcun protocollo scritto in cui sia riportato il razionale del protocollo clinico
Stamina né i risultati relativi ad eventuali studi sperimentali in vitro o su modello animale né le
caratteristiche delle cellule ottenute dopo incubazione con la metodica in esame. L'unico protocollo
presentato da Stamina Foundation non è supportato da dati scientifici; è privo di riferimenti a
procedure scientifiche validate o a pubblicazioni scientifiche e in esso le metodiche non sono
dettagliate. Nel medesimo senso si è espresso il secondo comitato scientifico,dopo che il Tar del
Lazio aveva accolto il ricorso presentato da Stannina avverso il primo parere, emesso l'11
settembre 2013, sul presupposto che alcuni componenti non avrebbero garantito obiettività e
imparzialità, essendosi già in precedenza espressi in termini negativi sul metodo Stamina. Ma a
conclusioni del tutto analoghe è pervenuto il secondo comitato scientifico,che, al pari del primo, ha
tenuto in considerazione tutta la documentazione prodotta da Vannoni, sottolineando come la
preparazione e la caratterizzazione delle proprietà delle cellule staminali non siano né definite né
documentate adeguatamente. Manca dunque il presupposto stesso per documentare la scientificità
del metodo propugnato.
12. Infondata è anche la doglianza inerente al periculum in mora. Il Tribunale ha infatti
sottolineato che gli operatori Stamina hanno dimostrato,attivandosi pubblicamente e diffondendo
anche messaggi su Internet, la volontà di riprendere l'attività infusionale. Correlativamente, vi sono
numerose famiglie e pazienti in lista di attesa, per le cure. Ne deriva che la necessità di impedire la
reiterazione e la protrazione dei reati può essere soddisfatta esclusivamente attraverso il sequestro
preventivo dei materiali necessari per la prosecuzione dell'attività. Trattasi di motivazione che non
può certo considerarsi apparente, essendo, al contrario, del tutto congrua,esauriente ed idonea a
dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum.
13. I ricorsi vanno dunque rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali.
PQM
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, all 'udienza del 21-4-2015.