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Corso in materia di igiene e sicurezza sul lavoro Le fonti del diritto e le sentenze della Corte Cassazione in materia di sicurezza sul lavoro Martedì 7 marzo 2000 Bologna

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Corso in materia di igiene e sicurezza sul lavoro

Le fonti del diritto e le sentenze della Corte Cassazione in materia di sicurezza sul lavoro

Martedì 7 marzo 2000

Bologna

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Principio di gerarchia delle fonti

FONTI PRIMARIEFONTI PRIMARIE costituzione, leggi costituzionali,

atti legislativi (decreti legge - leggi di conversione

leggi delega - decreti legislativi ) Direttive e regolamenti comunitari

FONTI SECONDARIEFONTI SECONDARIE (regolamenti, decreti, circolari)

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Art. 32. Costituzione

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività

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Trattato istitutivo CE Art. 136 - La Comunità e gli Stati membri … hanno come obiettivi… il

miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta … una protezione sociale adeguata;

Art. 137 - Per conseguire gli obiettivi previsti nell’art. 136, la Comunità sostiene l’azione degli Stati membri nei seguenti settori:

- miglioramento, in particolare dell’ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori.A Tal fine il Consiglio può adottare mediante direttive le prescrizioni minime applicabili progressivamente, tenendo conto delle condizioni e delle normative tecniche esistenti in ciascuno Stato membro.

Art. 140 - Per conseguire gli obiettivi dell’art. 136, la Commissione incoraggia la cooperazione degli Stati membri, in particolare nelle materie riguardanti…la protezione contro gli infortuni e le malattie professionali

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Art. 2087 c.c.

Tutela delle condizioni di lavoro - L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro

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D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547 Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro

D.P.R. 19 marzo 1956, n. 302 Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro integrative di

quelle generali emanate con D.P.R. 547/55

D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164 Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle

costruzioni

D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303 Norme generali per l'igiene del lavoro

NORMATIVA SPECIALE

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D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626

attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE/89/655/CEE,

89/656/CEE, 89/269/CEE/ 89/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE

riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro

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DECRETI MINISTERIALI

D.M. 16 gennaio 1997 Individuazione dei contenuti minimi della formazione dei

lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro che possono svolgere direttamente i compiti propri del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

D.M. 10 marzo 1998 Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione

dell’emergenza dei luoghi di lavoro

D.M. 5 agosto 1998, n. 363 Regolamento recante norme per l’individuazione delle particolari

esigenze delle università e degli istituti di istruzione universitaria ai fini delle norme contenute nel D.Lgs 626/94.

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Circolari Circolare n.102/95 del 7 agosto 1995 "Decreto legislativo 19 settembre 1994, n.626. Prime direttive per l'applicazione".

Circolare n. P1564/4146 del 29 agosto 1995 "Decreto legislativo 19 settembre 1994, n.626. Adempimenti di prevenzione e protezione antincendio. Chiarimenti".

Circolare n. 10 del 13/06/1996 "Decreto legislativo 10 marzo 1996, n. 242, recante modificazioni e integrazioni al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, concernente attuazione di direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro".

Circolare n. 89 del 27/06/1996 "Decreto legislativo 10 marzo 1996, n. 242, contenente modificazioni e integrazioni al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. Direttive per l'applicazione

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Realtà dei fatti

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processoprocesso

civile penale

gradi di giudizio

I grado II grado

giudizio di legittimità

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONECORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 contenente la disciplina dell’ordinamento giudiziario

art. 65: “La Corte Suprema di Cassazione, quale organo

supremo della giustizia, assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della

legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale …”

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Art. 360, cpc

3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto;

5) per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio

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Art. 606 cpp

b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale;

e) mancanza o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato

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Sezioni unite 374 cpc: il primo presidente può disporre che la

Corte si pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza

618 cpp: se una sezione della Corte rileva che la questione di diritto sottoposta al suo esame ha dato luogo, o può dar luogo, ad un contrasto giurisprudenziale, su richiesta delle parti o d’ufficio, può con ordinanza rimettere il ricorso alle sezioni unite

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Corte di Giustizia della Comunità Europea

Art. 177 Trattato CE

“Questioni relative all’interpretazione del Trattato e

alla validità e interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni della

comunità”

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Cassazione e massima sicurezza tecnologicamente fattibile

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Cass. Civile, sez. lav. sent. 653 del 23/1/99

Ai sensi dell'art. 2087 il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e morale dei lavoratori, rispettando non solo le specifiche norme prescritte dall'ordinamento in relazione al tipo specifico di attività imprenditoriale e lavorativa, ma anche quelle che si rilevino necessarie in base alla particolarità del lavoro, all'esperienza e alla tecnica.

La previsione dell'obbligo contrattuale di sicurezza comporta che al lavoratore è sufficiente provare il danno e il nesso causale, spettando all'imprenditore provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno stesso, con la conseguenza che solo l'effettiva interruzione del nesso di causalità tra infortunio (o la malattia) e un comportamento colpevole dell'imprenditore esclude la responsabilità di costui, non essendo sufficiente un semplice concorso di colpa del lavoratore ma occorrendo o una di lui condotta dolosa, ovvero la presenza di un rischio elettivo generato da un'attività non avente rapporto con lo svolgimento del lavoro

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Cass. Sez. lavoro sent. 2035 del 23/2/95

La responsabilità del datore di lavoro in materia di infortuni è fondata sul disposto dell’art. 2087 cc. In base al quale l’imprenditore è

tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa, le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori; rispetto alla norma suddetta, che impone un obbligo generale di diligenza – la cui violazione determina la responsabilità del datore di lavoro sul quale incombe l’onere di provare di aver

adottato tutte le misure di prevenzione necessarie e che l’infortunio non è casualmente ricollegabile alla inosservanza di tale obbligo – le

disposizioni legislative in tema di prevenzione di infortuni, quali il DPR 164/56 relativo alla materia delle costruzioni, hanno carattere

applicativo del più ampio principio in essa contenuto e le misure che tali disposizioni prevedono, hanno carattere meramente

esemplificativo con la conseguenza che la loro inosservanza non esaurisce il generale dovere di adottare ogni misura idonea a

proteggere l’incolumità dei lavoratori dipendenti.

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Cass. Pen. Sez. IV 3 novembre 1998, n. 11424

Il datore di lavoro deve ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza.

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Cassazione e dovere di vigilanza

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Cass. Pen. SEZ. 4 SENT. 523 DEL 28/01/97

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, (d.P.R. 22 aprile 1955 n. 547), non adempie agli obblighi derivanti dalle norme di sicurezza l'imprenditore che, dopo l'avvenuta scelta della persona preposta al cantiere o incaricata dell'uso dei suddetti strumenti di lavoro (nella specie: il manovratore della gru), non controlla o - se privo di cognizioni tecniche - non fa controllare la rispondenza dei mezzi usati ai dettami delle norme antinfortunistiche. In tal caso la presenza e la eventuale colpa del preposto non eliminano la responsabilità dell'imprenditore potendosi ritenere che l'infortunio non sarebbe occorso se il datore di lavoro avesse controllato e fatto controllare le macchine e predisposto i mezzi idonei a dotarle dei requisiti di sicurezza mancanti, conferendo al preposto - come suo "alter ego" - non solo la generica delega a sorvegliare lo svolgimento del lavoro in cantiere ma anche dotandolo dei poteri di autonoma iniziativa - anche eventualmente di spesa o di modifica delle condizioni di lavoro, delle fasi e dei tempi del processo lavorativo - per l'adeguamento e l'uso, in condizioni di sicurezza, dei mezzi forniti.

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Cass.Cass. Pen. IV 3 novembre 1998

Solo sul presupposto dell’osservanza della normativa antinfortunistica si può porre la

questione dell’esonero da responsabilità del destinatario di essa, in dipendenza di una - pur nell’attuazione delle misure di sicurezza - non

ipotizzabile, e quindi non prevedibile, imprudente condotta del lavoratore

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Cass. Sez. IV 18 maggio 1999

Il datore di lavoro non può delegare al lavoratore medesimo e ai suoi compagni i compiti di vigilanza e controllo ai fini antinfortunistici, quando questi stessi eseguono materialmente l’attività lavorativa (fenomeno dell’impotenza di controllo), a nulla rilevando la specifica competenza del lavoratore e la circostanza che lo stesso fosse coadiuvato da altri operai...

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Cassazione e interruzione del nesso causale

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Cass. Pen. IV sez, 9 marzo 1999, n. 3181

Il comportamento anomalo del lavoratore interrompe il nesso causale tra colpa del datore di lavoro (che non ha osservato le norme di sicurezza) ed evento solo quando risulti che esso abbia dato autonoma efficienza nella produzione del fatto, cioè quando l’imprudenza del dipendente avrebbe comunque determinato l’accaduto, se anche vi fosse stato rispetto della normativa infortunistica.

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Cass. Pen. IV sez. 17/1/91 In tema di infortuni sul lavoro,

l’interruzione del nesso di causalità tra condotta omissiva del datore di lavoro e

l’evento si verifica solo quando il prestatore d’opera ponga in essere di sua iniziativa un comportamento anomalo, non rientrante nelle fasi delle lavorazioni affidategli ma non anche quando questi si limiti a serbare la condotta imprudente, in previsione del quale sono appunto stabilite

dalla legge le misure antinfortunistiche.

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Cass. Pen. Sez. IV 3 novembre 1998, n. 11481

La condotta non anomala né eccezionale di un dipendente non può essere tale da consentire una valutazione della

stessa quale regola di condotta ordinaria e tale da integrare una colpa del responsabile della sicurezza in caso di infortunio del lavoratore. Rileva in tale senso il criterio dell’esigibilità del

comportamento nel senso che qualora la condotta richiesta non sia esperibile (inesigibile) non potrà ravvisarsi alcuna

colpa. Il responsabile dell’organizzazione e della sicurezza del lavoro deve poter contare sull’adempimento diligente delle regole di condotta dei lavoratori, qualora abbia assicurato

complete misure di sicurezza e un’adeguata informazione ed organizzazione del lavoro.

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Cass. sez. lavoro sent. 1331 del 17/02/1999

Poiche' gli obblighi che l'art. 2087 cod. civ. impone al datore di lavoro in tema di tutela delle condizioni di lavoro si estendono, nella fase dinamica dell'espletamento della prestazione, ai

comportamenti necessari per prevenire possibili incidenti, per cui non e' sufficiente il semplice concorso di colpa del

lavoratore per interrompere il nesso causale, tuttavia l'imprenditore e' esonerato da responsabilità quando il

comportamento del dipendente presenti i caratteri dell'esorbitanza, atipicità' ed eccezionalita' rispetto al

procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, cosi' da porsi come causa esclusiva dell'evento.

(Nella specie e' stata cassata la sentenza di merito che non aveva motivato sull'incidenza, nella causazione dell'infortunio, del

comportamento del lavoratore addetto al carico e scarico dei materiali ed alla manutenzione dei mezzi di trasporto, il quale, nel tentativo di rimuovere un cavo elettrico rimasto incagliato nello

stabilizzatore del camion , aveva inserito la mano nello stabilizzatore stesso senza accertarsi che il manovratore

fermasse il mezzo).

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Cassazione e la delega

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Cass. Pen. Sez. III sez.19 febbraio 1999, n. 4003

La delega di compiti di vigilanza e controllo ad altri soggetti esclude la responsabilità penale del legale rappresentante. La rilevanza penale della delega è subordinata ad alcune specifiche condizioni, tra le quali:

- complessità organizzativa e gestionale tale da giustificare il decentramento delle funzioni;

- la formulazione specifica e puntuale del contenuto della delega;

- idoneità tecnica del delegato e - divieto di indebita ingerenza da parte del

delegante. In assenza di questi requisiti la delega si ritiene

implicitamente revocata.

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Cass. Pen. SEZ. 4 SENT. 5780 DEL 17/06/97

In tema di misure antinfortunistiche il datore di lavoro può delegare i compiti che gli spettano ad altri, purché sia tecnicamente capace: ricorre tale condizione nel caso in cui il delegato sia persona specializzata e sia stata posta con atto certo ed inequivoco al vertice della Unita' di sicurezza, igiene ambientale ed antinquinamento dello stabilimento con l'attribuzione di ampi, dettagliati e specifici poteri e con l'obbligo, posto agli altri dirigenti, di mantenere i necessari collegamenti con l'Unita' per le implicazioni relative al personale in materia di sicurezza.

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Cass. Pen. IV sez. 26 agosto 99

Sia pure con le deroghe elencate nell’art. 1, comma 4 ter del D.Lgs. 626/94, detta disciplina non esclude la possibilità di delega, anche se non ne enuclea i requisiti per avere efficacia liberatoria e traslativa. Occorre allora fare riferimento ai principi giurisprudenziali, in particolare:

- alla dimensione dell’azienda, avuto riguardo alla complessità dell’organizzazione e al numero dei dipendenti addetti;

- al conferimento della stessa ad un soggetto munito di conoscenze tecniche occorrenti, dotato di mezzi finanziari autonomi e collocato, quale direttore di stabilimento, in posizione strategica per gli ulteriori specifici compiti affidatigli

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Cassazione e preposto

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Cass. Pen. III sez. 27 gennaio 1999, n. 1142

Dal regime sanzionatorio dell’art. 90 del D.Lgs 626/94 si evince che grava sul preposto, nell’alveo del suo compito fondamentale di vigilare sull’attuazione delle misure di sicurezza, l’obbligo di verificare la conformità dei macchinari alle prescrizioni di legge ed impedire l’utilizzazione di quelli che, per qualsiasi causa (inidoneità originaria o sopravvenuta) siano pericolosi per l’incolumità del lavoratore che li manovra.

Sicché versa in colpa il preposto che abbia mantenuto in funzione macchinari non sicuri perché privi di dispositivi di protezione

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Cass. Pen. SEZ. 4 SENT. 3602 DEL 23/03/98

In tema di infortuni sul lavoro l'esistenza sul cantiere di un preposto -salvo che non vi sia la prova rigorosa di una delega espressamente e formalmente conferitagli, con pienezza di poteri ed autonomia decisionale, e di una sua particolare competenza- non comporta il trasferimento in capo allo stesso degli obblighi e delle responsabilità incombenti sul datore di lavoro, essendo a suo carico (peraltro, neppure in maniera esclusiva quando l'impresa sia di dimensioni molto modeste) soltanto il dovere di vigilare a che i lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione, comportandosi in modo da non creare pericolo per se' e per gli altri.

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Cassazione e datore di lavoro committente

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Cass. III sez. 18 aprile 1998

Gli obblighi di coordinamento e cooperazione che l’art. 7, comma 3 del D.Lgs. 616/94 pone a carico del datore di lavoro committente non riguardano i rischi specifici propri dell’attività dell’impresa appaltatrice.

Tuttavia sussiste la colpa generica laddove non si sia vigilato e non si sia intervenuti preventivamente per ovviare alle situazioni di oggettivo pericolo per il lavoratore

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Cass. Pen. Sez. IV 18 gennaio 1999, n. 516

In materia prevenzionale, il titolare della società appaltante e il direttore tecnico di cantiere sono responsabili dell’infortunio occorso al lavoratore

dipendente di altra ditta appaltatrice dei lavori, se sia provata la simulazione del contratto di

appaltatrice di appalto e la finalità meramente intermediatrice di manodopera. La reale

natura del rapporto di lavoro può essere valutata in base a dichiarazioni testimoniali, alla struttura

organizzativa della ditta appaltatrice e alla interpretazione delle scritture e della

documentazione intercorsa tra le parti di causa.

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Cassazione e rapporti fra D.Lgs. 629/94 e norme precedenti

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Cass. Pen. Sez. III 21 novembre 1997

Con l’introduzione del D. Lgs. 626/94 non si è prodotta alcuna cesura con la disciplina precedente ma si sono ampliati e potenziati gli obblighi precedenti in una mutata impostazione del modo con cui affrontare le tematiche della sicurezza e della prevenzione sul lavoro