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CASSAZIONE - REVOCAZIONE - OPPOSIZIONE DI TERZOPROF. ROMANO CICCONE

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Opposizione di terzo

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1 LA CORTE DI CASSAZIONE ---------------------------------------------------------------------------------------------- 3

2 IL RICORSO PER CASSAZIONE ----------------------------------------------------------------------------------------- 5

3 L’ISTITUTO DEL FILTRO IN CASSAZIONE ------------------------------------------------------------------------ 13

4 IL RICORSO ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14

5 CONTRORICORSO E RICORSO INCIDENTALE ------------------------------------------------------------------ 17

6 IL PROCEDIMENTO -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 19

7 LA DECISIONE IN CAMERA DI CONSIGLIO ----------------------------------------------------------------------- 21

8 LA DISCUSSIONE IN PUBBLICA UDIENZA ------------------------------------------------------------------------- 23

9 LA DECISIONE --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 24

10 IL GIUDIZIO DI RINVIO -------------------------------------------------------------------------------------------------- 27

11 RINUNCIA AL RICORSO -------------------------------------------------------------------------------------------------- 29

12 CORREZIONE DEGLI ERRORI MATERIALI ----------------------------------------------------------------------- 30

13 LA REVOCAZIONE --------------------------------------------------------------------------------------------------------- 31

15 IL PROCEDIMENTO DI REVOCAZIONE ---------------------------------------------------------------------------- 38

16 L’OPPOSIZIONE DI TERZO ---------------------------------------------------------------------------------------------- 40

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1 La corte di cassazione

L’art. 65 del Regio decreto 12/1941 sull’ordinamento giudiziario testualmente prevede:

“Attribuzione della Corte Suprema di Cassazione. La corte suprema di cassazione, quale organo

supremo della giustizia, assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità

del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di

competenza e di attribuzioni, ed adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge”.

La Corte di Cassazione, quale organo supremo della giustizia:

-assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge al fine del

perseguimento dell’obiettivo dell’unità del diritto oggettivo nazionale. Detta funzione, ovverosia la

nomofilachia, coincide con la regolamentazione –nel momento interpretativo attuato dai giudici- dei

provvedimenti ad essi riservati e da essi pronunciati-,

-regola i conflitti di competenza e di attribuzioni (adempiendo altresì agli altri compiti ad

essa conferiti dalla legge). Detto diversamente, il controllo della Suprema Corte inerirà alla verifica

del contenimento dei poteri di tutti gli organi, siano essi ordinari o speciali, nei limiti dei poteri

espressamente contemplati dall’ordinamento per ciascuno di essi. Laddove sussista contrasto a tal

specifico riguardo, si profilerà il conflitto di competenza che troverà la sede della relativa

risoluzione nel regolamento di competenza (rimesso, per l’appunto, al Supremo Collegio).

La Corte di Cassazione è il giudice supremo, ma non riesamina nel merito la causa, fa solo

una valutazione delle norme processuali e del giudizio di diritto che ha portato alla decisione per

verificarne l’esattezza.

Il suo è un giudizio di legittimità, cioè è giudice del solo diritto.

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La funzione in argomento ritrova, allo stato, una rinnovata importanza anche e soprattutto

alla luce della riformulazione dell’art. 111 della Costituzione in base al quale il ricorso in

cassazione è sempre ammesso per violazione di legge.

L’analisi del giudizio operato dai giudici del Supremo Collegio, dunque, sarà riferito

esclusivamente alla verifica dell’avvenuto rispetto delle regole sulla giurisdizione ovverosia sulla

competenza ovverosia sull’esatta osservanza della legge nelle fasi di merito.

Come comprensibile, dunque, il compito della Corte di Cassazione prescinde dalla necessità

di una valutazione dei fatti oggetto dei giudizi delle fasi di merito.

L’analisi del fatto, invero, si porrà solo come ipotesi eventuale ed essa, anche allorquando la

Corte affronterà tale percorso, sarà da intendersi solo quale passaggio necessario per verificare se la

norma applicata sia o meno rispondente al principio di diritto correttamente utilizzabile per la

risoluzione della relativa problematica.

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2 Il ricorso per cassazione

“In materia di procedimento civile, il controllo di legittimità sulle pronunzie dei giudici di

merito demandato alla Corte Suprema di Cassazione non è configurato come terzo grado di

giudizio, nel quale possano essere ulteriormente valutate le istanze e le argomentazioni sviluppate

dalle parti ovvero le emergenze istruttorie acquisite nella fase di merito, ma è preordinato

all'annullamento delle pronunzie viziate da violazione di norme sulla giurisdizione o sulla

competenza o processuali o sostanziali, ovvero viziate da omessa o insufficiente o contraddittoria

motivazione, e che le parti procedano a denunziare in modo espresso e specifico, con puntuale

riferimento ad una o più delle ipotesi previste dall'art. 360, primo comma, c.p.c., nelle forme e con i

contenuti prescritti dall'art. 366 c.p.c., primo comma, n. 4. Ne consegue che è inammissibile il

ricorso prospettante una sequela di censure non aventi ad oggetto uno dei suindicati vizi e non

specificamente argomentate con riferimento ai medesimi, bensì volte esclusivamente ad

acriticamente contrapporre, senza sviluppare alcuna argomentazione in diritto, soluzioni diverse da

quelle desumibili dalla sentenza impugnata. (Nell'affermare il suindicato principio la S.C. ha

considerato inammissibile il motivo di ricorso concernente la dedotta violazione dell'art. 1158 c.c.,

in riferimento all'art. 2967 c.c. nonché l'omessa insufficiente e contraddittoria motivazione,

formulato con la mera espressione della doglianza dell'essersi il tribunale limitato a recepire quanto

affermato dal pretore, senza tenere "conto dell'elemento psicologico del possesso utile per

l'usucapione ordinaria ed erroneamente valutando le deposizioni testimoniali dalle quali il detto

elemento sarebbe, invece, risultato provato"1.

1 Cass. Civ., Sez. II, 26.01.2004, n. 1317, in CED Cassazione, 2004.

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È un mezzo d’impugnazione ordinario, in quanto la possibilità della sua proposizione

impedisce il passaggio in giudicato della sentenza, e senza effetto devolutivo, in quanto non

introduce un nuovo giudizio.

Si possono far valere solo errores in procedendo – vizi nello svolgimento, cioè

nell’applicazione di norme processuali – e errores in iudicando – vizi nell’applicazione di diritti

sostanziali e nel percorso logico che conduce a tale applicazione.

Il giudizio rescissorio spetta al giudice di rinvio. Il ricorso non sospende l’esecuzione

della sentenza; solo quando su istanza di parte il giudice appuri che possa derivare grave e

irreparabile danno, l’esecuzione è sospesa con ordinanza.

Come per l’appello, anche per il ricorso in cassazione è prevista la riserva di ricorso (art.

361 c.p.c.) per quelle sentenze non definitive di condanna generica e per quelle che decidono una o

più domande senza definire il giudizio.

La riserva deve avvenire entro il termine per la proposizione del ricorso e non oltre la prima

udienza successiva alla comunicazione della sentenza.

Il ricorso deve essere proposto unitamente a quello contro la sentenza che definisce il

giudizio.

La riserva non può essere fatta quando contro la stessa sentenza da alcuna delle parti sia

proposto immediatamente ricorso.

Quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato o il

provvedimento non è ricorribile, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può chiedere

che la Corte enunci nell’interesse della legge il principio di diritto al quale il giudice di merito

avrebbe dovuto attenersi (art. 363 c.p.c.).

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La richiesta contiene una sintetica esposizione dei fatti e delle ragioni di diritto ed è rivolta

al primo presidente, che può anche disporre che la Corte si pronunci a Sezioni Unite se ritiene la

questione di particolare importanza.

Il principio può essere pronunciato d’ufficio quando deriva da un ricorso proposto dalle parti

ma dichiarato inammissibile.

Nel codice di procedura civile, la formulazione delle norme afferenti procedimento in

discussione sono contenute nel Libro secondo, Titolo III, Capo III.

Il riferimento iniziale corre, dunque, all’art. 360 c.p.c. il quale testualmente recita:

Art. 360.

(Sentenze impugnabili e motivi di ricorso)

Le sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate

con ricorso per cassazione:

1) per motivi attinenti alla giurisdizione;

2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non e' prescritto il

regolamento di competenza;

3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi

collettivi nazionali di lavoro;

4) per nullità della sentenza o del procedimento;

5) per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e

decisivo per il giudizio.

Può inoltre essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del

tribunale, se le parti sono d'accordo per omettere l'appello; ma in tale caso l'impugnazione

può proporsi soltanto a norma del primo comma, n. 3.

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Non sono immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione le sentenze che decidono di

questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio. Il ricorso per cassazione

avverso tali sentenze può essere proposto, senza necessità di riserva, allorché sia impugnata la

sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio.

Le disposizioni di cui al primo comma e terzo comma si applicano alle sentenze ed ai

provvedimenti diversi dalla sentenza contro i quali e' ammesso il ricorso per cassazione per

violazione di legge.

Il comma primo, al n. 1), parla di “motivi attinenti alla giurisdizione”.

Ricorre tale evenienza allorquando venga censurata la decisione di un giudice che

abbia reputato sussistente la propria potestà di giudicare così come quando il giudice abbia

reputato non sussistente tale suo potere in ordine ad una determinata fattispecie2 3 4.

In tal caso una copia del ricorso è depositata, dopo la notifica alle parti, nella cancelleria del

giudice davanti a cui pende la causa, il quale sospende il processo se non ritiene l’istanza

manifestamente infondata (art. 367 c.p.c.).

Il comma primo, al n. 2) contempla l’ipotesi della “violazione delle norme sulla

competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza”.

2 MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, II, 1998, 442.

3 “La questione relativa all'attribuzione al giudice ordinario penale o civile della potestas iudicandi in materia di

opposizione avverso il provvedimento di liquidazione degli onorari al consulente tecnico, adottato ai sensi dell'articolo

11, comma 1, della legge n. 319 del 1980, attiene alla proponibilità della domanda e non a un problema di riparto di

giurisdizione sulle quali devono pronunciarsi le sezioni Unite, ai sensi dell'articolo 374, comma 1, del c.p.c.. (Nella

specie, in applicazione del riferito principio le sezioni Unite, dichiarato inammissibile il motivo del ricorso riguardante

la giurisdizione, hanno rimesso gli al primo presidente per l'assegnazione del ricorso a una sezione semplice per la

decisione sulle restanti questioni)” (Cass. Civ., Sez. Un., 14.11.2003, n. 17206, in Guida al Diritto, 2004, 4, 59). 4 “Il contrasto della decisione di merito, impugnata con ricorso per cassazione, con altre pronunce rese dal medesimo

giudice "a quo" non integra, di per sé, alcun vizio di violazione di legge, atteso che i contrasti giurisprudenziali, entro

certi limiti, rientrano nella fisiologia della giurisdizione e, semmai, testimoniano soltanto l'esistenza di un dibattito

interpretativo in ordine ad una determinata questione giuridica. È pertanto inammissibile il ricorso per cassazione che si

limiti a denunciare detta difformità, senza offrire alla riflessione del giudice di legittimità alcun argomento che attenga

alla corretta interpretazione della norma” (Cass. Civ., Sez. V, 01.04.2004, n. 6448, in Mass. Giur. It., 2004).

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La violazione ricorrerà allorquando il giudice ha dato per esistente una norma inesistente o

ha sbagliato la qualificazione giuridica del fatto dedotto in giudizio.

La falsa applicazione, invece, sussisterà allorquando la norma esiste ma è applicata ad un

fatto da essa non contemplato.

Si tenga ben presente che la norma statuisce che l’esperibilità dell’azione è esclusa

allorquando, per la regolamentazione della fattispecie, sia prevista l’esperibilità del regolamento di

competenza5 6 7.

Il primo comma, al n. 3), disciplina l’ipotesi della “violazione o falsa applicazione di

norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro”.

<<In materia di procedimento civile, nel ricorso per Cassazione il vizio della violazione e

falsa applicazione della legge di cui all'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, giusta il disposto di cui

all'art. 366 c.p.c., primo comma, n. 4, deve essere, a pena d'inammissibilità, dedotto mediante la

5 “La pronuncia del giudice che, in violazione dei limiti temporali stabiliti per la sua rilevabilità dall'art. 38 c.p.c.,

dichiari l'incompetenza, d'ufficio o su eccezione di parte, oppure respinga una simile eccezione, non è impugnabile con

il regolamento necessario di competenza ai sensi dell'art. 42 c.p.c., ma deve essere impugnata con l'appello (o, nel caso

di declaratoria emessa in sede di appello, con il ricorso per Cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 4), in quanto l'"error in

procedendo" così verificatosi non riguarda la competenza, ma la violazione delle norme attinenti al rilievo di tale

questione, onde, qualora la parte contesti la declaratoria sulla competenza e, contro la suddetta pronuncia, proponga la

relativa istanza di regolamento necessario, la Corte di Cassazione, quale giudice dell'ammissibilità del ricorso davanti

ad essa proposto, ha il potere di rilevare l'intempestività dell'eccezione o del rilievo d'ufficio dell'incompetenza e, senza

statuire sulla competenza, deve dichiarare inammissibile il regolamento stesso” (Cass. Civ., Sez. I, 22.05.2003, n. 8115,

in Mass. Giur. It., 2003). 6 “Il contrasto della decisione di merito, impugnata con ricorso per cassazione, con altre pronunce rese dal medesimo

giudice "a quo" non integra, di per sé, alcun vizio di violazione di legge, atteso che i contrasti giurisprudenziali, entro

certi limiti, rientrano nella fisiologia della giurisdizione e, semmai, testimoniano soltanto l'esistenza di un dibattito

interpretativo in ordine ad una determinata questione giuridica. È pertanto inammissibile il ricorso per cassazione che si

limiti a denunciare detta difformità, senza offrire alla riflessione del giudice di legittimità alcun argomento che attenga

alla corretta interpretazione della norma” (Cass. Civ., Sez. V, 01.04.2004, n. 6448, in CED Cassazione, 2004”. 7 “La contestuale proposizione di un ricorso per regolamento di competenza e di un ricorso condizionato per cassazione,

anche se in rapporto di subordinazione o condizionamento, trova ostacolo nell'inerenza di tali impugnazioni a

procedimenti con finalità e sostanza profondamente diverse, con la conseguenza che, ove le censure siano attinenti

esclusivamente alla competenza in senso tecnico, il ricorso per cassazione deve considerarsi "tamquam non esset",

mentre, ove le censure spiegate con il ricorso ordinario attengano (come nella specie) tanto al merito, quanto alla

competenza, deve dirsi inammissibile il ricorso per regolamento di competenza, considerato, ancora, che la diversità di

rito dei relativi procedimenti (l'uno in camera di consiglio, l'altro con discussione all'udienza) non consente la riunione

dell'istanza per regolamento di competenza con il ricorso ordinario, ancorché le due diverse impugnazioni abbiano ad

oggetto lo stesso provvedimento” (Cass. Civ., Sez. III, 07.05.2002, n. 6552, in Mass. Giur. It., 2002).

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specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che

motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con

l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina,

non risultando altrimenti consentito alla Corte di Cassazione di adempiere al proprio compito

istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione. (Nell'affermare il suindicato

principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile il motivo concernente la dedotta violazione dell'art.

1237 c.c. per non avere il giudice del merito riconosciuto nel possesso di assegni e cambiali per un

determinato ammontare la prova di un equivalente credito dei ricorrenti nei confronti della

controparte, ed ha, a tal fine, osservato che i medesimi "non hanno, tuttavia, sviluppato

nell'esposizione argomento alcuno in diritto ... per contestare con specifico riferimento alla norma

assuntivamente violata, un qualche convincimento espresso dal giudice del merito nel quale possa

ravvisarsi la dedotta erronea applicazione della norma "de qua"", limitandosi essi "ad argomentare

sui significati ulteriori, rispetto a quello previsto dalla citata norma a loro soggettivo avviso

attribuibili alla restituzione dei titoli", nonché ponendo in rilievo che "trattasi di questioni in fatto

del tutto distinte ed irrilevanti rispetto a quelle di diritto cui possono dar luogo la corretta

interpretazione e/o applicazione della norma")>>8 9 10

.

8 Cass. Civ., Sez. II, 12.02.2004, n. 2707, in CED Cassazione, 2004.

9 “Quando nel ricorso per cassazione, pur denunciandosi violazione e falsa applicazione di legge, con richiamo di

specifiche disposizioni normative, non siano indicate le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si

assumono in contrasto con le disposizioni indicate o con la interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di

legittimità o dalla prevalente dottrina, il motivo è inammissibile, poiché non consente alla Corte di cassazione di

adempiere il compito istituzionale di verificare il fondamento della denunciata violazione” (Cass. Civ., Sez. III,

04.03.2004, n. 4410, in Guida al Diritto, 2004, 15, 75). 10

“E' inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la parte, pur denunciando «in relazione all'articolo

360, n. 3, del c.p.c.», «violazione e falsa applicazione» di norme di legge, puntualmente indicate, ometta sia di indicare

quale sia stata la interpretazione data dal giudice a quo alle dette disposizioni e i motivi per cui la stessa non possa

essere accettata, sia quale è la «corretta» interpretazione di tali norme, limitandosi a dolersi che l'esito della lite sia stato

sfavorevole alle proprie aspettative, per essere state le risultanze di causa valutate in modo difforme dalla sua,

soggettiva, interpretazione di quelle stesse risultanze, atteso che una siffatta denuncia esula totalmente dalla previsione

di cui all'articolo 360, n. 3, del codice di procedura civile” (Cass. Civ., Sez. III, 25.02.2004, n. 3803, in Guida al Diritto,

2004, 13, 53).

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Il primo comma, al n. 4), disciplina l’ipotesi della impugnabilità “per nullità della

sentenza o del procedimento”.

La evenienza de qua ricorre, ad esempio, allorquando sussista una omessa pronuncia su una

domanda ovverosia una pronuncia che travalica la domanda ovverosia ancora laddove si profilino

vizi attinenti al potere del giudice11

12

13

.

Sempre il comma primo, al n. 5), disciplina la previsione della “omessa, insufficiente o

contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

Tali evenienze ricorreranno allorquando la motivazione adottata nella resa decisione non

indica gli elementi dai quali il giudice ha tratto il proprio convincimento.

Identico problema emergerà allorquando il dispositivo non costituisce il logico corollario di

quanto esposto dal giudice in motivazione14

15

16

17

.

11

<<L'erronea adozione del rito (nella specie, con riferimento a controversia volta all'accertamento della contestata

efficacia in Italia di una sentenza straniera trattata con il rito camerale anziché con quello ordinario di cognizione)

costituisce una mera irregolarità che può assumere rilievo solo in quanto abbia determinato uno specifico pregiudizio

allo svolgimento della attività difensiva delle parti. L'articolo 360, n. 4, del c.p.c., infatti, nel consentire la denunzia di

vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento non tutela l'interesse alla astratta

regolarità della attività giudiziaria, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della

parte in dipendenza del denunciato "error in procedendo">> (Cass. Civ., Sez. I, 22.07.2004, n. 13662, in Guida al

Diritto, 2004, 42, 77). 12

<<Nel rito del lavoro, la valutazione di nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, per mancata

determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su

cui questa si fonda, implica una interpretazione dell'atto introduttivo della lite riservata al giudice del merito,

censurabile in cassazione, solo per vizi della motivazione; ne consegue che va riservato solo al giudice di merito il

potere di conoscere anche d'ufficio della eventuale nullità dell'atto introduttivo, la quale non può essere dedotta per la

prima volta in cassazione da parte del soccombente o rilevata dalla Corte d'ufficio. (Nella specie, la S.C. ha confermato

la sentenza impugnata, la quale, in materia di risoluzione di rapporto d'agenzia e indennità spettanti all'agente, aveva

evidenziato l'incertezza ed ambiguità della domanda del ricorrente, che aveva impedito alla controparte una adeguata

difesa)>> (Cass. Civ., Sez. lav., 06.02.2004, n. 2304, in Mass. Giur. Lav., 2004, 444). 13

“In tema di impugnazioni civili, la denuncia dei vizi che comportano la nullità della sentenza o del procedimento non

è consentita a tutela dell'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma serve a garantire l'eliminazione del

pregiudizio subito dal diritto di difesa come conseguenza del vizio denunciato. Ne consegue che non sussiste la nullità

della citazione per violazione dell'art. 163 c.p.c. per non contenere l'atto stesso, nella generica esposizione dei fatti e

nella esposizione carente dei motivi di diritto, alcun riferimento alla parte convenuta, quando la convenuta medesima si

sia costituita e difesa nel merito, articolando ed assumendo prove, con ciò dimostrando di aver capito le ragioni del suo

coinvolgimento in giudizio” (Cass. Civ., Sez. II, 28.01.2004, n. 1543, in CED Cassazione, 2004). 14

“Il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi

dell'articolo 360, n. 5, del c.p.c. si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il

mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero

un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire la identificazione del procedimento logico-

giuridico posto a base della decisione. Detti vizi non possono, peraltro, consistere nella difformità dell'apprezzamento

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Si tenga presente che la norma parla di fatto controverso con ciò facendo ben intendere che

la questione dovrà necessariamente afferire ad un fatto già oggetto di discussione (controversia) fra

le parti; discussione avvenuta, quindi, nell’osservanza del principio del contraddittorio ed attuatasi

nelle precedenti fasi del merito.

In buona sostanza, il ricorso in cassazione risulterà esperibile esclusivamente per contestare

errori di diritto (errores in iudicando) quando il giudice ha male individuato ed interpretato le

norme da applicare al caso sottoposto al suo giudizio ovverosia per censurare gli errores in

procedendo ovverosia i vizi ritenuti, dal ricorrenti, rinvenibili nel rito.

dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, perché spetta solo a quel giudice

individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la

concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare

prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova” (Cass. Civ., Sez. III, 25.02.2004, n. 3803, in Guida al Diritto, 2004, 13,

53). 15

“Il vizio di motivazione contraddittoria, denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5

sussiste solo in caso di contrasto insanabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata, tale da non

consentire l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. Detto vizio, pertanto, non è

ipotizzabile nel caso in cui la contraddizione denunziata riguardi non già più proposizioni contenute nella sentenza

impugnata, tra loro inconciliabili, ma le valutazioni contrastanti compiute dal giudice di primo grado e da quello di

seconde cure. Diversamente argomentando, dovrebbe, infatti, pervenirsi alla conclusione che sono indiscriminatamente

viziate per contraddittorietà della motivazione tutte le sentenze di appello che abbiano valutato le risultanze di causa in

modo difforme rispetto a quanto ritenuto dal primo giudice” (Cass. Civ., Sez. III, 09.02.2004, n. 2427, in CED

Cassazione, 2004). 16

“In tema di ricorso per cassazione, la denunzia di omessa motivazione, formulata congiuntamente con la denunzia di

motivazione insufficiente o contraddittoria, è affetta da insanabile contrasto logico, non potendo il primo di tali vizi

coesistere con gli altri, in quanto, come desumibile dalla formulazione alternativa e non congiuntiva delle ipotesi in

questione contemplate nell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5, una motivazione mancante non può essere insufficiente o

contraddittoria, mentre l'insufficienza e la contraddittorietà presuppongono che una motivazione, della quale appunto ci

si duole, risulti comunque formulata” (Cass. Civ., Sez. II, 26.01.2004, n. 1317, in CED Cassazione, 2004). 17

“Non sussiste il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, di appello per avere quel

giudice totalmente ignorato l'espletata consulenza tecnica, atteso che rientra nei poteri del giudice di merito, in sede di

valutazione delle risultanze istruttorie, dare la preferenza ad alcune di esse, rispetto ad altre e, pertanto, alle emergenze

della prova testimoniale, rispetto ai risultati dell'espletata consulenza tecnica d'ufficio” (Cass. Civ., Sez. II, 17.03.2004,

n. 5422, in Guida al Diritto, 2004, 21, 94).

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Opposizione di terzo

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(L. 22.04.1941/n. 633)

13 di 42

3 L’istituto del filtro in cassazione

L’art. 47 della L. 69/2009, al comma 1, ha previsto un esame preventivo dell’ammissibilità

dei ricorsi per cassazione, svolto da un’apposita sezione che si pronuncia con ordinanza, resa in

camera di consiglio.

L’introduzione dell’istituto risponde all’esigenza di deflazionare la giustizia, riducendo il

carico di lavoro affidato alla suprema Corte mediante la predisposizione di un meccanismo di

selezione dei ricorsi proposti innanzi al giudice di legittimità che prevede una loro valutazione

preventiva sul piano dell’ammissibilità.

Per effetto della riforma è stato introdotto nel codice di rito il nuovo art. 360bis, ai sensi del

quale il ricorso è inammissibile:

1. quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla

giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare

l’orientamento della stessa;

2. quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori

del giusto processo.

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14 di 42

4 Il ricorso

L’atto introduttivo è il ricorso che deve essere sottoscritto, a pena di nullità, da un avvocato

iscritto nell’apposito albo, munito di procura speciale (art. 365 c.p.c.)18

.

A pena di inammissibilità, il ricorso deve contenere:

l’indicazione delle parti,

l’indicazione della sentenza o decisione impugnata,

l’esposizione sommaria dei fatti della causa, a cominciare dal primo grado,

i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su

cui si fondano,

l’indicazione della procura1920

, se conferita con atto separato e, nel caso di

ammissione al gratuito patrocinio, a spese dello Stato, del relativo decreto,

la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi

collettivi sui quali il ricorso si fonda.

18

“La mancata certificazione (o la certificazione) da parte di avvocato che non sia ammesso al patrocinio innanzi alla

Suprema Corte dell'autografia della sottoscrizione della parte ricorrente (o di quella resistente) apposta sulla procura

speciale "ad litem" rilasciata "in calce" o "a margine" del ricorso (o del controricorso) per Cassazione, costituisce mera

irregolarità allorché l'atto sia stato firmato anche da altro avvocato iscritto nell'albo speciale e indicato come

codifensore. Tale irregolarità non comporta la nullità della procura "ad litem", sanabile per effetto della costituzione in

giudizio del procuratore nominato, salvo che la controparte non contesti, con specifiche argomentazioni, l'autografia

della firma di rilascio della procura” (Cass. Civ., Sez. III, 01.06.2004, n. 10495, in Mass. Giur. It., 2004). 19

“La procura al difensore apposta a margine del ricorso deve considerarsi conferita, salvo diversa volontà, per il

giudizio per cassazione e soddisfa perciò il requisito di specialità previsto dall'art. 365 c.p.c. La mancanza di data non

produce nullità della procura, atteso che la posteriorità del rilascio della procura rispetto alla sentenza gravata si ricava

dall'intima connessione con il ricorso al quale accede, nel quale la sentenza è menzionata, nonché dalla nomina di un

domiciliatario e/o di un difensore del foro di Roma con l'elezione di domicilio presso il medesimo” (Cass. Civ., Sez. III,

29.10.2001, n. 13414, in Mass. Giur. It., 2001). 20

“In tema di procura per ricorre in cassazione, tranne che in concreto risulti che il mandato sia stato rilasciato in bianco

prima della pubblicazione del provvedimento impugnato o non sia dimostrato che lo stesso sia stato conferito per il

compimento di un atto diverso da quello per cui è stato utilizzato, l'omessa apposizione della data può assumere rilievo

solamente per escludere la presunzione di contestualità del mandato rispetto al ricorso, mentre l'anteriorità riguardo alla

notificazione dell'atto può essere desunta anche da elementi intrinseci e assolutamente univoci, quali il riferimento fatto

nell'intestazione del ricorso all'avvenuto conferimento "a margine" della procura e all'elezione del domicilio in Roma”

(Cass. Civ., Sez. Un., 29.11.2000, n. 1234, in Mass. Giur. It., 2000).

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Il ricorrente deve eleggere domicilio21

a Roma (di solito presso l’avvocato cassazionista

che lo rappresenta), unica sede della Corte di cassazione, altrimenti le comunicazioni gli saranno

fatte presso la cancelleria della Corte e sarà sua cura andare periodicamente a controllare.

Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte a pena di improcedibilità, nel

termine di 20 giorni dall’ultima notifica alle parti contro le quali è proposto.

Insieme con il ricorso devono essere depositati, sempre a pena di improcedibilità:

il decreto di concessione del patrocinio a spese dello Stato,

copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di

notificazione, se questa è avvenuta, tranne che nei casi di questione di

giurisdizione; oppure copia autentica dei provvedimenti dai quali risulta il

conflitto nei casi di cui ai nn. 1 e 2 dell’art. 362 c.p.c.,

la procura speciale22

23

, se conferita con atto separato,

gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il

ricorso si fonda.

21

“Nel giudizio davanti alla Corte di cassazione, l'elezione di domicilio del ricorrente deve, in primo luogo, essere

contenuta nel ricorso, mentre successive modifiche di questa devono rispettare i requisiti della elezione stessa, la quale

si configura come specifica dichiarazione "indirizzata" ai soggetti che, a diverso titolo, operano nel processo

(controparti, giudice, cancelliere), con la conseguenza che il trasferimento della domiciliazione, per avere rilevanza,

esige anch'esso una specifica dichiarazione indirizzata, e che non è quindi rilevante, agli effetti della notifica dell'avviso

dell'udienza da parte del cancelliere della Corte, l'indicazione di un domicilio diverso da quello indicato in ricorso

contenuta in atti indirizzati al giudice ed aventi diversa finalità, del cui integrale contenuto la cancelleria non è tenuta a

prendere conoscenza. (Nella fattispecie, la S.C. ha considerato rituale la notifica dell'avviso di udienza eseguita presso

la cancelleria della Corte medesima, in difetto di elezione di domicilio in Roma, ancorché in un ulteriore "ricorso

cautelare" ed in una istanza di sollecita fissazione dell'udienza il ricorrente si fosse, invece, domiciliato in Roma)”

(Cass. Civ., Sez. I, 02.04.2004, n. 6508, in Mass. Giur. It., 2004). 22

“Il requisito di specialità della procura previsto dall'art. 365 c.p.c. per l'ammissibilità del ricorso per Cassazione deve

ritenersi soddisfatto quando il mandato a margine non contiene elementi incompatibili con il requisito di specialità, ma

elementi favorevoli quali - ad esempio - l'elezione di domicilio in Roma” (Cass. Civ., Sez. III, 05.05.2004, n. 8528, in

Mass. Giur. It., 2004). 23

“Il requisito di specialità della procura previsto dall'art. 365 c.p.c. per l'ammissibilità del ricorso per cassazione deve

ritenersi soddisfatto quando il mandato a margine non contiene elementi incompatibili con il requisito di specialità, ma elementi favorevoli quali l'elezione di domicilio in Roma” (Cass. Civ., Sez. II, 10.08.1998, n. 7823, in Mass. Giur.

It., 1998).

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Il ricorrente deve richiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza o del

quale si contesta la giurisdizione, la trasmissione alla cancelleria della Corte del fascicolo

d’ufficio: tale richiesta è restituita al ricorrente munita di visto e deve essere depositata insieme col

ricorso24

25

.

24

“Il mancato deposito dell'istanza di trasmissione del fascicolo d'ufficio (art. 369, ultimo comma, c.p.c.) determina

l'improcedibilità del ricorso per cassazione solo quando l'esame di detto fascicolo (non allegato agli atti del processo)

risulti indispensabile ai fini della decisione del giudice di legittimità” (Cass. Civ., Sez. Lav., 15.03.2002, n. 3852, in

Mass. Giur. It., 2002). 25

“Il mancato deposito dell'istanza di trasmissione del fascicolo d'ufficio (art. 369, comma ultimo, c.c.) determina

l'improcedibilità del ricorso per cassazione ove l'esame di detto fascicolo (non allegato agli atti del processo) risulti

indispensabile ai fini della decisione di legittimità” (Cass. Civ., Sez. II, 11.02.1998, n. 1385, in Mass. Giur. It., 1998).

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5 Controricorso e ricorso incidentale

Ai sensi dell’art. 370 c.p.c., la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende

contraddire26

, deve farlo con il controricorso27

, da notificarsi al ricorrente al domicilio eletto entro

20 giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso: in mancanza, la parte potrà

solo partecipare alla discussione orale senza presentare memorie.

Nel giudizio di cassazione, è inammissibile l’intervento volontario di terzi non costituiti

nelle pregresse fasi di merito28

.

Il controricorso29

è a sua volta depositato entro 20 giorni dalla notificazione al ricorrente,

insieme con gli atti, i documenti e la procura speciale se conferita con atto separato.

Se la parte30

intende a sua volta impugnare la sentenza per propri motivi, insieme al

controricorso deve proporre ricorso incidentale31

(art. 371 c.p.c.).

26

“Stante il principio dell'unicità del processo d'impugnazione contro una stessa sentenza, dopo la notifica del primo

ricorso per cassazione, gli altri, ancorché - per ipotesi - proposti autonomamente, si convertono in ricorsi incidentali.

Nel caso in cui due ricorsi per cassazione siano stati notificati nella stessa data, peraltro, l'individuazione, tra essi, del

ricorso principale e di quello incidentale va effettuata con riferimento alla data di deposito dei ricorsi, considerandosi

principale il ricorso depositato per primo e, di conseguenza, incidentale quello depositato successivamente” (Cass. Civ.,

Sez. II, 17.02.2004, n. 3004, in Guida al Diritto, 2004, 16, 52). 27

“ In sede di legittimità la prospettazione, da parte del resistente risultato vittorioso nel merito, di eccezioni

coinvolgenti questioni pregiudiziali o preliminari o alternative rispetto alle situazioni dedotte dal ricorrente, che abbiano

formato oggetto di decisione da parte del giudice di appello, non può essere utilmente affidata al controricorso, ma

comporta l'onere di impugnazione, in via incidentale, valendo la regola della riproponibilità di tali questioni senza

bisogno di gravame ai fini del loro riesame solo se esse non siano state esaminate e decise, anche implicitamente, dal

giudice di appello” (Cass. Civ., Sez. I, 08.07.2004, n. 12552, in Guida al Diritto, 2004, 39, 68). 28

Cass. Civ., Sez. I, 09.10.1996, n. 8835, in Foro It., 1997, 604. 29

“L'esposizione sommaria dei fatti, prescritta per il ricorso per cassazione, a pena di inammissibilità, dall'art. 366

c.p.c., n. 3, costituisce requisito anche del controricorso e del ricorso incidentale, atteso che l'art. 370 c.p.c. (per il

controricorso) e l'art. 371 c.p.c. (per il ricorso incidentale) dispongono che a questi atti si applica l'art. 366 c.p.c..

Pertanto, quando, come nella specie, dal contenuto del controricorso e del ricorso incidentale non sia comunque

possibile desumere i fatti di causa, prescindendo da quanto risulta dal ricorso e dalla sentenza impugnata, va dichiarata

l'inammissibilità del ricorso incidentale” (Cass. Civ., Sez. III, 29.07.2004, n. 14474, in Mass. Giur. It., 2004). 30

“Il successore a titolo particolare nel diritto controverso può ricorrere in cassazione o resistere al ricorso proposto da

altri avverso la sentenza pronunciata nei riguardi del suo dante causa, anche se non sia intervenuto, né sia stato

chiamato, nel giudizio di merito, ed anche se l'intervento o la chiamata in causa siano stati impediti dal fatto che la

successione si è verificata durante il termine per ricorrere o controricorrere” (Cass. Civ., Sez. I, 09.06.2004, n. 10902, in

Mass. Giur. It., 2004). 31

“Qualora il ricorso principale in Cassazione sia dichiarato inammissibile, il ricorso incidentale, ove sia stato

tempestivamente proposto (ovvero, se esso viene proposto entro quaranta giorni dalla notifica del ricorso principale,

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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La parte alla quale è stato notificato il ricorso per l’integrazione del contraddittorio, di cui

agli artt. 331 e 332 c.p.c., deve proporre l’eventuale ricorso incidentale nel termine di 40 giorni

dalla notificazione, con atto notificato al ricorrente principale.

In questo caso, il ricorso notificato contenente nell’intestazione le parole atto di integrazione

del contraddittorio deve essere depositato in cancelleria della Corte entro 20 giorni dalla scadenza

del termine assegnato.

Il ricorrente che ha ricevuto il ricorso incidentale può resistere notificando a sua volta

controricorso.

Non è ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del

processo, tranne di quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del

ricorso e del controricorso e deve essere notificato mediante elenco alle altre parti.

Poiché la proposizione del ricorso non sospende l’esecuzione della sentenza, il giudice può,

su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con

ordinanza non impugnabile la sospensione dell’esecuzione.

L’istanza non va proposta alla Corte di cassazione, ma al giudice di pace, al tribunale o al

presidente del collegio che hanno pronunciato la sentenza impugnata32

.

come previsto dall'art. 371 c.p.c., ed anche entro il termine per impugnare), non perde efficacia, ma tiene luogo del

ricorso principale” (Cass. Civ., Sez. V, 04.05.2004, n. 8446, in Mass. Giur. It., 2004). 32

“Anche qualora l’esecuzione non sia ancora iniziata, può essere richiesta e concessa la sospensione dell’efficacia

esecutiva della sentenza di secondo grado impugnata in cassazione” (App. -Ord.- Salerno, 21.07.2003, in Giur. It.,

2004, 310.

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6 Il procedimento

La Corte di cassazione è costituita in sezioni e giudica in ciascuna sezione col numero

invariabile di cinque votanti; giudica a Sezioni Unite col numero invariabile di nove votanti.

I ricorsi sono assegnati alle sezioni dal Primo Presidente.

Questi, ai sensi dell’art. 376 c.p.c., tranne quando ricorrano le condizioni previste dall’art.

374 c.p.c., assegna i ricorsi ad apposita sezione, che verifica se sussistono i presupposti per la

pronuncia in camera di consiglio.

Se la sezione non definisce il giudizio, gli atti sono rimessi al primo presidente, che procede

all’assegnazione alle sezioni semplici.

Se la parte ritiene di competenza delle Sezioni Unite il ricorso assegnato alle sezioni

semplici, può farne istanza al primo presidente fino a 10 giorni prima dell’udienza di discussione33

.

La Corte pronuncia a Sezioni Unite34

le questioni di giurisdizione, i conflitti positivi e

negativi di giurisdizione tra giudici speciali o tra questi e giudici ordinari ed i conflitti negativi di

attribuzione tra la P.A. ed il giudice ordinario.

33

“L'istanza di parte di rimessione del ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, formulata ai sensi dell'art.

376 c.p.c. e dell'art. 139 disp. att. c.p.c., rappresenta un mero sollecito all'esercizio di poteri discrezionali, che non solo

non è soggetto ad un obbligo di motivazione, ma non deve neppure manifestarsi necessariamente in uno specifico

esame e rigetto dell'istanza” (Cass. Civ., Sez. I, 17.04.2003, n. 6187, in Mass. Giur. It., 2003). In maniera identica:

Cass. Civ., Sez. I, 14.01.2003, n. 359, in Arch. Civ., 2003, 1216. 34

<<Perché una causa sia rimessa all'esame delle sezioni Unite della Corte di cassazione, ai sensi dell'articolo 374 del

c.p.c. non è sufficiente la mera prospettazione di una questione di giurisdizione, che questa appare "ictu oculi"

pretestuosa o, comunque, erronea, in quanto non fondata sui presupposti di fatto tipici di tale eccezione. (Nella specie in

tema di impugnazione, per nullità, di un lodo arbitrale, era stato dedotto il difetto di giurisdizione perché la clausola

concerneva materia indisponibile e intransigibile dalle parti, trattandosi di controversia tra soci e cooperativa fruente di

contributi pubblici che aveva edificato su suoli concessi dalla pubblica amministrazione e per le quali sussisteva la

giurisdizione del giudice amministrativo)>> (Cass. Civ., Sez. I, 08.07.2004, n. 12561, in Guida al Diritto, 2004, 34,

66).

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Inoltre il Primo Presidente può disporre che la Corte giudichi a Sezioni Unite sui ricorsi che

presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici e su quelli

che presentano una questione di massima di particolare importanza.

Inoltre, se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato

dalle Sezioni Unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso.

Se nel ricorso sono contenuti motivi di competenza delle sezioni semplici e motivi di

competenza delle Sezioni Unite, queste, se ritengono di non decidere l’intero ricorso, decidono i

motivi di loro competenza e poi rimettono con ordinanza alla sezione semplice la decisione degli

ulteriori motivi.

In tutti gli altri casi la Corte decide a sezioni semplici.

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7 La decisione in camera di consiglio

La Corte pronuncia ordinanza in camera di consiglio quando riconosce di dovere:

dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente

proposto, anche per mancanza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c.,

ordinare l’integrazione del contraddittorio o disporre che sia eseguita la notificazione

dell’impugnazione, ovvero che sia rinnovata,

provvedere in ordine all’estinzione del processo in ogni caso diverso dalla rinuncia,

pronunciare sulle istanze di regolamento di giurisdizione o di competenza,

accogliere o rigettare il ricorso principale e l’eventuale ricorso incidentale per manifesta

fondatezza o infondatezza.

Il relatore della sezione filtro, se appare possibile definire il giudizio ai sensi dell’art. 375

c.p.c., deposita in cancelleria una relazione con la concisa esposizione delle ragioni che possono

giustificare la relativa pronuncia.

Il presidente fissa con decreto l’adunanza della Corte.

Almeno 20 giorni prima della data stabilita per l’adunanza, il decreto e la relazione sono

comunicati al P.M. e notificati agli avvocati delle parti, con facoltà per il P.M. di presentare

conclusioni scritte, e per gli avvocati memorie non oltre cinque giorni prima e di essere sentiti, se

compaiono.

Se il ricorso non è dichiarato inammissibile, il relatore della sezione semplice

assegnataria, quando appaiono ricorrere le ipotesi previste dall’art. 375 c.p.c., deposita in

cancelleria una relazione con la concisa esposizione dei motivi in base ai quali ritiene che il ricorso

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possa essere deciso in camera di consiglio; quando invece non ricorrono le ipotesi di cui all’art. 375

c.p.c., la Corte rinvia la causa alla pubblica udienza35

(art. 380bis c.p.c.).

Il presidente, se non ritiene di provvedere con il deposito di una relazione scritta e la

successiva provocazione del contraddittorio tra le parti, può richiedere direttamente al P.M. le sue

conclusioni scritte.

35

<<La possibilità di trattazione del ricorso per cassazione in camera di consiglio è consentita anche con riguardo alle

pronunce rimesse alla competenza delle sezioni unite quando, ai sensi dell'art. 375 c.p.c., sussistono le condizioni ivi

previste dal 2° comma; nell'ambito di queste, nel caso in cui il ricorso sia manifestamente fondato perché propone una

questione di diritto identica ad altra già da essa corte reiteratamente esaminata e decisa, con costante orientamento in

senso conforme a quello auspicato dal ricorrente, tale possibilità ricorre quando: a) il resistente non solleciti una

revisione critica del precedente orientamento affidandola a ragioni nuove e diverse da quelle disattese nelle precedenti

occasioni, così che l'interpretazione fornita dalla corte di cassazione possa considerarsi, in modo indiscusso, come quel

"diritto vivente" che, secondo il costante riconoscimento della corte costituzionale, compete alla cassazione di

elaborare, sia quale giudice della giurisdizione sia quale suprema magistratura ordinaria, preposta al controllo di

legalità; b) difettino elementi di gravità tale da esonerare la corte stessa dal dovere di fedeltà ai propri precedenti, sul

quale si fonda, per larga parte l'assolvimento della funzione di assicurare l'esatta osservanza, l'uniforme interpretazione

della legge e l'unità del diritto oggettivo nazionale, assegnatale dall'art. 65 ord. giud. e dall'art. 111 cost.>> (Cass. civ.

(Ord.), Sez. Un., 04.07.2003, n. 10615, in Mass. Giur. It., 2003).

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8 La discussione in pubblica udienza

Quando è prevista la pubblica udienza36

, il Presidente fissa l’udienza, nomina il relatore

(anche per l’ipotesi in camera di consiglio) e dell’udienza è data comunicazione dal cancelliere agli

avvocati delle parti almeno 20 giorni prima.

Le parti possono presentare le loro memorie in cancelleria non oltre cinque giorni prima

dell’udienza.

All’udienza il relatore riferisce i fatti rilevanti per la decisione del ricorso, il contenuto del

provvedimento impugnato e, in riassunto, se non vi è discussione delle parti, i motivi del ricorso e

del controricorso. A questo punto, il presidente invita gli avvocati delle parti a svolgere le loro

difese; quindi il P.M. espone oralmente le sue conclusioni motivate.

Non sono ammesse repliche, ma gli avvocati delle parti possono alla stessa udienza

presentare brevi osservazioni scritte sulle conclusioni del P.M.37

.

Terminata la discussione, la Corte delibera la sentenza in camera di consiglio.

36

“L'avvenuta fissazione della trattazione di un'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione in udienza pubblica -

anziché, come prescritto dall'art. 375 c.p.c., in camera di consiglio - è pienamente legittima, in quanto non determina

alcun pregiudizio ai diritti di azione e difesa delle parti, considerato che l'udienza pubblica rappresenta, anche nel

procedimento davanti alla Corte di cassazione, lo strumento di massima garanzia di tali diritti, consentendo ai titolari di

questi di esporre compiutamente i propri assunti nell'osservanza più piena del principio del contraddittorio. Peraltro, per

effetto della trattazione dell'istanza di regolamento in udienza pubblica resta inciso il legame istituito dal citato art. 375

c.p.c. fra il rito camerale e la prescrizione dell'ordinanza come provvedimento conclusivo, con la conseguenza che alla

decisione dell'istanza di regolamento deve essere, in tal caso, attribuita la forma della sentenza” (Cass. Civ., Sez. Un.,

10.07.2003, n. 10841, in Giur. It., 2004, 741, nota di BESSO). 37

“Nel giudizio di Cassazione, l'operatività dell'art. 375, quarto comma, c.p.c., il quale impone la previa notifica delle

conclusioni del pubblico ministero agli avvocati delle parti, presuppone che la causa sia trattata in Camera di Consiglio;

detta norma è, pertanto, inapplicabile ove la trattazione del ricorso avvenga in pubblica udienza. (Nella specie - disposta

la trasmissione degli atti dal primo presidente al procuratore generale per le sue richieste ravvisandosi nella specie

un'ipotesi di inammissibilità del ricorso - il procuratore generale, ritenuto che invece una siffatta ipotesi non esistesse,

aveva chiesto che la causa fosse discussa alla pubblica udienza, ed in tal senso venne poi disposto, senza che tali

conclusioni venissero portate a conoscenza del resistente almeno venti giorni prima dell'udienza)” (Cass. Civ., Sez. Un.,

21.05.2003, n. 7947, in Mass. Giur. It., 2003).

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Opposizione di terzo

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24 di 42

9 La decisione

Il giudizio di cassazione è rescindente, ossia elimina la sentenza del giudice di merito, per

poter eventualmente affidare al giudice inferiore il nuovo esame della controversia (giudizio

rescissorio)38

.

Se la sentenza impugnata è solo motivata erroneamente in diritto ma il dispositivo è

conforme al diritto, la Corte si limita a correggere la motivazione.

Se la Corte rigetta il ricorso, la sentenza impugnata passa in giudicato.

Se, invece, accoglie il ricorso, può cassare con o senza rinvio ad altro giudice.

Ecco i casi in cui la Corte cassa senza rinvio:

1. quando, risolvendo una questione di giurisdizione o di competenza riconosce che il giudice

del quale si impugna il provvedimento e ogni altro giudice difettano di giurisdizione,

2. ogni volta che ritiene che la causa non poteva essere proposta o il processo proseguito

davanti al giudice di merito39

,

3. quando decide la causa nel merito perché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto

(art. 384 c.p.c.)40

41

.

38

“In caso di cassazione con rinvio, tra giudizio rescindente e giudizio rescissorio vi è perfetta correlazione, quanto al

rapporto processuale che, pertanto, non può legittimamente costituirsi davanti al giudice di rinvio se non vengono

chiamate in giudizio tutte le parti nei cui confronti è stata emessa la pronuncia rescindente e quella cassata,

configurandosi la citazione in riassunzione davanti a detto giudice non quale atto di impugnazione, ma come atto di

impulso processuale in forza del quale la controversia, per i caratteri e i limiti del giudizio di rinvio, da luogo a

litisconsorzio necessario processuale fra gli stessi soggetti che furono pari nel processo di cassazione. Deriva, da quanto

precede, pertanto, che qualora la citazione in riassunzione innanzi al giudice di rinvio sia stata notificata nel termine di

legge a una sola delle parti necessarie del giudizio ma tardivamente all'altra, o alle altre parti del giudizio stesso, non si

pone un problema di valida instaurazione del contrad-dittorio (con necessità di assegnazione di un nuovo termine per la

rinnovazione della citazione) né di eventuale estinzione del giudizio o di nullità della sentenza di rinvio” (Cass. Civ.,

Sez. III, 10.06.2004, n. 11003, in Guida al Diritto, 2004, 36, 46). 39

“L'accertamento, in sede di legittimità, della nullità della citazione in primo grado (nella specie, per errata

identificazione del soggetto passivo della "vocatio in ius") comporta la Cassazione senza rinvio della sentenza d'appello,

ai sensi dell'art. 382 c.p.c., comma terzo, atteso che detta nullità realizza un'ipotesi di processo che non poteva essere

proseguito” (Cass. Civ., Sez. Lav., 03.05.2004, n. 8344, in Mass. Giur. It., 2004).

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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Per il principio di economia processuale, è prevista la possibilità per la Corte di entrare nel

merito della questione, evitando il giudizio di rinvio, qualora non sia necessario alcun tipo di attività

istruttoria, risultando gli accertamenti di fatto svolti nei giudizi precedenti sufficienti e pertinenti al

caso concreto.

Negli altri casi, la cassazione della sentenza determina il prosieguo del processo con rinvio

della causa ad altro giudice di pari grado rispetto a quello che ha pronunciato la sentenza cassata.

Se le parti abbiano in accordo adito la Cassazione, omettendo la fase di appello (ricorso per

saltum), la causa può essere rinviata al giudice che avrebbe dovuto pronunciare l’appello.

Se riscontra una nullità del giudizio di primo grado per la quale il giudice dell’appello

avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa direttamente a quest’ultimo.

Quando la Corte cassa con rinvio è onere della parte di riassumere il giudizio entro 3 mesi

dalla relativa pronuncia della Corte, altrimenti il processo si estingue.

La Corte provvede anche sulle spese: se rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese.

Se cassa senza rinvio provvede sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole o

rimettendone la liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.

40

“Il potere di decidere direttamente il merito della causa - ai sensi dell'art. 384, comma 1, c.p.c. come sostituito dall'art.

66 della l. 26 novembre 1990 n. 353 - appartiene alla Corte di cassazione solo in relazione alla lite principale e non si

estende - in mancanza di una espressa previsione, resa necessaria dall'eccezione al principio generale secondo cui alla

Corte compete solo il giudizio rescindente - alle domande accessorie fondate su un titolo autonomo, quale è quello

rappresentato dall'avvenuto annullamento della sentenza. Pertanto, se il pagamento è stato eseguito (o l'attività

compiuta) in forza della sentenza di primo grado, la domanda di restituzione (o di riduzione in pristino) deve proporsi al

giudice competente per il giudizio di appello, e se ciò non sia avvenuto, la stessa domanda non può proporsi per la

prima volta in cassazione. Se invece il pagamento è stato effettuato in seguito alla decisione di secondo grado, la

medesima preclusione deriva dalla necessità di compiere accertamenti di fatto (ed assicurare su di essi il contraddittorio

tra le parti), ai quali il giudice di legittimità non può procedere, attesi i limiti posti alla competenza della Corte dallo

stesso art. 384 c.p.c.” (Cass. Civ., Sez. Lav., 27.07.1996, n. 6784, in Giust. Civ., 1997, I, 428). 41

“Il ricorso per Cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma settimo, Cost., in base ai principi generali che regolano

questo mezzo d'impugnazione, è esperibile avverso i provvedimenti abnormi allorché essi abbiano contenuto decisorio e

cioè siano idonei a incidere sui diritti e a determinare la formazione del giudicato. (In applicazione di tale principio, la

Corte ha cassato senza rinvio il decreto del presidente del tribunale con il quale era stato revocato, ex art. 654 c.p.c., ma

al di fuori dell'opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, già in corso avanti ad altro giudice, il decreto di

esecutività di un decreto ingiuntivo, per una parte della somma ivi indicata)” (Cass. Civ., Sez. I, 06.02.2004, n. 2235, in

CED Cassazione, 2004).

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Se rinvia ad altro giudice può scegliere se provvedere sulle spese o rimetterne la pronuncia

al giudice del rinvio.

Il ricorso, una volta dichiarato inammissibile o improcedibile non può essere riproposto,

anche se non è scaduto il termine per impugnare.

Copia della sentenza è trasmessa dalla cancelleria della Corte al giudice che ha pronunciato

la sentenza impugnata, affinché ne sia presa nota in margine all’originale della sentenza stessa (art.

388 c.p.c.)42

.

Le domande di restituzione e ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione si

propongono al giudice di rinvio e, in caso di cassazione senza rinvio, al giudice che ha pronunciato

la sentenza cassata.

42 Art. 388.

(Trasmissione di copia

del dispositivo al giudice di merito)

Copia della sentenza e' trasmessa dal cancelliere della Corte a quello del giudice che ha pronunciato la sentenza

impugnata, affinché ne sia presa nota in margine all'originale di quest'ultima. La trasmissione può avvenire anche in via

telematica.

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10 Il giudizio di rinvio

Il giudizio di rinvio è il giudizio rescissorio di merito che segue la fase rescindente, cioè la

fase in cui la cassazione decide sulla sentenza impugnata enucleando il corrispondente principio di

diritto che deve essere osservato dal giudice del rinvio nello svolgimento della corrispondente

fase43

.

Il giudice competente per trattazione del procedimento per come rinviato è

discrezionalmente scelto dalla Cassazione tra quelli di pari grado a quello che ha pronunciato il

provvedimento cassato.

Come già innanzi anticipato, nell’ipotesi di cassazione con rinvio, la parte interessata ha

l’onere di riassumere il giudizio innanzi al giudice indicato dalla Suprema Corte nel termine

perentorio di tre mesi calcolandi dal giorno della pubblicazione della sentenza, mediante citazione

notificata alla parte personalmente.

Per i procedimenti instaurati prima dell’entrata in vigore della legge 69/2009, si applica il

termine annuale di riassunzione originariamente previsto.

43

“I limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la sentenza di annullamento abbia accolto

il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti

decisivi della controversia, ovvero per l'una e per l'altra ragione: nella prima ipotesi, il giudice di rinvio è tenuto soltanto

ad uniformarsi, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma primo, al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione,

senza possibilità di modificare l'accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nella seconda ipotesi, il

giudice non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma può anche indagare su altri fatti, ai fini di un

apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata, tenendo conto,

peraltro, delle preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza ipotesi, la "potestas iudicandi" del giudice di rinvio,

oltre ad estrinsecarsi nell'applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione "ex novo" dei fatti già

acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte

di cassazione e sempre nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse. (Nella specie, relativa a giudizio di rinvio

successivo a cassazione per vizio di motivazione, con specifico vincolo per il giudice del rinvio di tenere conto della

questione di diritto concernente il collegamento societario con riferimento alla verifica del requisito numerico dei

lavoratori dipendenti per l'applicabilità dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970, la S.C. ha cassato la sentenza emessa in

sede di rinvio che aveva ritenuto sussistente una unica identità tra i due enti evocati in giudizio, ciascuno dotato di

personalità giuridica, sulla base dello statuto di uno dei due enti, della circostanza che questi applicassero il medesimo

contratto collettivo, il quale prevedeva la possibilità di trasferimento di un dipendente da un datore di lavoro all'altro, ed

avessero un'unica sede e un unico servizio di portineria)” (Cass. Civ., Sez. Lav., 06.04.2004, n. 6707, in Mass. Giur. It.,

2004).

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Se la riassunzione non avviene, o si avvera successivamente una causa estinzione del

giudizio di rinvio, l’intero processo si estingue, ma la sentenza della Corte conserva il suo effetto

vincolante anche nel nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda.

Il giudice di rinvio deve uniformarsi al principio di diritto statuito dalla Corte, strumento

tramite il quale il legislatore ha inteso garantire la funzione nomofilattica della Cassazione.

Tale principio va enunciato sempre dalla Corte quando decide il ricorso proposto per

violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero quello proposto per motivi differenti,

quando investa una questione di diritto di particolare importanza.

Nel procedimento di rinvio si osservano le norme che regolano il procedimento davanti al

giudice del rinvio: le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel processo

relativo alla sentenza impugnata.

Può deferirsi giuramento decisorio, ma non possono essere precisate conclusioni diverse da

quelle prese nel giudizio oggetto della impugnazione, salvo che tale necessità sorga dalla sentenza

di cassazione.

L’esame del giudice è limitato alle parti della sentenza che sono state cassate.

La sentenza del giudice di rinvio è impugnabile secondo le regole proprie del grado in cui

essa è pronunciata.

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11 Rinuncia al ricorso

La parte può rinunciare al ricorso finché non sia cominciata la relazione all’udienza o sia

notificata la richiesta al P.M.44

.

La rinuncia deve farsi con atto45

sottoscritto dalla parte o dal suo avvocato e notificato alle

parti costituite che vi appongono il visto.

La rinuncia comporta il passaggio in giudicato della sentenza impugnata46

.

Sulla rinuncia e sui casi di estinzione del processo, disposta per legge, pronuncia la Corte

con sentenza, quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede

il presidente con decreto.

Con tali provvedimenti, la parte può essere condannata alle spese47

.

Il decreto ha efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chiede la fissazione

dell’udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione.

La condanna non è pronunciata se alla rinuncia hanno aderito le altre parti.

44

“La pronuncia sulla inammissibilità o improcedibilità del ricorso per Cassazione ha carattere pregiudiziale e

prevalente rispetto a quella sulla rinuncia stessa, la quale postula la ritualità dell'impugnazione, poiché non è dato di

rinunciare ad un diritto processuale quando non esistono le condizioni necessarie per il suo esercizio” (Cass. civ. (Ord.),

Sez. III, 09.07.2004, n. 12793, in Mass. Giur. It., 2004). 45

<< In tema di rinuncia al ricorso per Cassazione, è rituale e comporta l'estinzione del procedimento di Cassazione

quella inviata a mezzo fax e nella quale si evidenzia che la lite è stata transatta, quand'anche vi sia solo la sottoscrizione

del rinunciante e manchi la firma dell'avvocato, ma sia redatta su un foglio a lui intestato e con segni grafici ai margini

di esso, interpretabili come la sua sottoscrizione e sia indice della sua provenienza. Infatti, è consentito trasmettere via

fax atti relativi ad affari contenziosi e l'atto trasmesso si può considerare conforme all'originale ove non sorgano

contestazioni sull'autenticità e provenienza di esso (nell'affermare tale principio la Corte ha rilevato che esso ha valore,

a maggior ragione, quando - come nella specie - "vi è ragione di ritenere che seguirà il deposito dell'originale")>>

(Cass. Civ. (Ord.), Sez. III, 07.06.2004, n. 10809, in CED Cassazione, 2004). 46

“La rinuncia al ricorso per cassazione comporta l'estinzione del procedimento e questa, ai sensi dell'art. 338 c.p.c. - il

quale esprime un principio di carattere generale valido anche per il giudizio di cassazione -comporta l'effetto automatico

del passaggio in giudicato della sentenza impugnata; né impedisce (in tutto o in parte) detto effetto la conciliazione

della controversia intervenuta tra le parti al di fuori del procedimento e non fatta valere al suo interno, atteso che tale

efficacia parzialmente o totalmente impeditiva è attribuita dal citato art. 338 c.p.c. soltanto ai «provvedimenti

pronunciati nel procedimento estinto».” (Cass. Civ., Sez. V, 20.02.2003, n. 2534, in Mass. Giur. It., 2003). 47

“La rinuncia al ricorso per cassazione, anche se non accettata, importa l'estinzione del relativo procedimento, salvi i

provvedimenti sulle spese del giudizio” (Cass. Civ. (Ord.), Sez. V, 11.04.2003, n. 4823, in Guida al Diritto, 2003, 28,

70).

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30 di 42

12 Correzione degli errori materiali

Se la sentenza o l’ordinanza pronunciate dalla Corte sono affette da errore materiale o di

calcolo, ovvero da errore di fatto, la parte interessata può chiederne la correzione o la revocazione

con ricorso da notificare entro 60 giorni dalla notifica della sentenza, ovvero entro un anno dalla sua

pubblicazione.

La Corte:

sul ricorso per la correzione dell’errore materiale, pronuncia ordinanza,

sul ricorso per revocazione pronuncia ordinanza se lo dichiara inammissibile,

altrimenti rinvia alla pubblica udienza.

Anche il provvedimento con cui la Corte ha deciso la causa nel merito è impugnabile per

revocazione e per opposizione di terzo.

Quando pronuncia la revocazione o accoglie l’opposizione, la Corte decide nel merito

qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto, altrimenti rinvia la causa al giudice che

ha pronunciato la sentenza cassata.

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13 La revocazione

La revocazione è un mezzo di impugnazione previsto dalla legge quale estrema garanzia di

tutela nei confronti di sentenze affette da vizi particolarmente gravi.

La revocazione costituisce un mezzo di impugnazione limitato, in quanto la legge ne

stabilisce a priori, ex art. 395 c.p.c., i motivi per cui essa può essere proposta.

Art. 395.

(Casi di revocazione)

Le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado possono essere impugnate per

revocazione:

1) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra; (1)

2) se si e' giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la

sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima

della sentenza;

3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva

potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario;

4) se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa.

Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è

incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è

positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto

controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare; (2)

5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata,

purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;

6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.

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32 di 42

(1) La Corte costituzionale con sentenza 20 febbraio 1995, n. 51 ha dichiarato la

illegittimità costituzionale del numero 1) del presente articolo nella parte in cui non prevede la

revocazione avverso i provvedimenti di convalida di sfratto per morosità che siano l'effetto del

dolo di una delle parti in danno dell'altra.

(2) La Corte costituzionale con sentenza 30 gennaio 1986, n. 17 ha dichiarato la illegittimità di

questo articolo nella parte in cui non prevede la revocazione delle sentenze della Corte di

cassazione rese su ricorsi basati sull'art. 360, n. 4 del codice di procedura civile ed affette

dall'errore di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c..

Con successiva sentenza 20 dicembre 1989, n. 558 la stessa Corte ha dichiarato la illegittimità

costituzionale dell'art. 395, n. 4 c.p.c. nella parte in cui non prevede la revocazione per errore

di fatto avverso i provvedimenti di convalida di sfratto o licenza per finita locazione emessi in

assenza o per mancata opposizione dell'intimato.

Infine con sentenza 31 gennaio 1991, n. 36 ha dichiarato la illegittimità costituzionale dello

stesso n. 4 nella parte in cui non prevede la revocazione di sentenze della Corte di cassazione

per errore di fatto nella lettura di atti interni al suo stesso giudizio” (Fonte: www.altalex.it).

Il rimedio in questione presenta una netta distinzione tra fase rescindente, che mira ad

eliminare la sentenza impugnata, e fase rescissoria, che mira a sostituire la decisione revocata con

un’altra decisione di merito.

Entrambe queste fasi sono affidate al medesimo giudice, confluendo anche nella medesima

sentenza.

La revocazione costituisce un rimedio contro le ingiustizie della sentenza48

.

48

“Ai fini della sussistenza dell'interesse ad impugnare una sentenza con il mezzo della revocazione rileva una nozione

sostanziale e materiale di soccombenza, che faccia riferimento non già alla divergenza tra le conclusioni rassegnate

dalla parte e la pronuncia, ma agli effetti pregiudizievoli che dalla medesima derivino nei confronti della parte. (Nella

specie, la S.C. in applicazione del principio soprariportato ha revocato la sentenza di cassazione impugnata, che aveva

affermato che la sentenza di appello aveva ritenuto assorbita la questione attinente alla riconducibilità del contratto

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33 di 42

Dall’esame dei motivi e dalla identificazione dei provvedimenti impugnabili si deduce che

la causa che ne determina l’ingiustizia è esterna al processo o al procedimento logico-giuridico di

formazione della sentenza.

La revocazione può essere:

ordinaria, quando impedisce il passaggio in giudicato della sentenza

impugnata,

straordinaria, quando è proponibile anche dopo il passaggio in giudicato

della sentenza.

14 I casi di revocazione

Le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado possono essere impugnate per

revocazione in presenza di uno dei vizi elencati all’art. 395 c.p.c.:

1. se la sentenza è l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra

(es. la parte operi un raggiro idoneo ad impedire la difesa dell’altra

parte); in ogni caso, non ogni comportamento –apparentemente sleale

potrà sostanziarsi quale concretizzazione della previsione de qua in

quanto detto comportamento va analizzato e valutato in relazione

all’intero contesto processuale e, soprattutto, in riferimento al

complessivo sviluppo dello stesso. Anche se sussumibile nella

negativa previsione della condotta per come prevista ex art. 88 c.p.c.,

una condotta processuale “non assurge a motivo di revocazione se

non si risolve in un'attività positiva tale da paralizzare o sviare la

difesa avversaria e da impedire al giudice l'accertamento della verità,

intercorso tra le parti ad affitto a coltivatore diretto, mentre essa era stata espressamente esclusa, in quanto l'errore di

fatto avrebbe consentito l'eventuale riesame della questione in sede di giudizio di rinvio, con possibile pregiudizio per la

parte riuscita vincitrice)” (Cass. Civ., Sez. III, 03.05.2004, n. 8326, in CED Cassazione, 2004).

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essendo estranei al concetto espedienti difensivi e il fatto di giovarsi

di una minorata difesa di cui controparte possa giovarsi”49

50

. Si

consideri altresì che <<L'art. 395, comma 1, n. 1, c.p.c. limita la

proponibilità dell'impugnazione per revocazione della statuizione che

sia stata effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra alle sole

sentenze pronunciate in unico grado o in grado di appello e non è

consentita alcuna possibilità di interpretazione estensiva o di

applicazione analogica di detta disposizione, attesa la previsione

dell'art. 391-bis c.p.c., che imita la revocazione delle semenze di

cassazione alla ipotesi in cui esse risultino viziate da errore di fallo ai

sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c.>>51

;

2. se si è giudicato in base a prove riconosciute false dopo la sentenza o

che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute tali prima

della sentenza (con riconoscimento spontaneo o sentenza penale o

civile passata in giudicato)52

,

49

App. Roma, 21.03.2003, in Guida al Diritto, 2003, 36, 84. 50

“Un provvedimento passato in giudicato può essere revocato per dolo di una delle parti in danno all'altra solo nel caso

in cui una parte abbia posto in essere raggiri e artifici soggettivamente diretti ed oggettivamente idonei a paralizzare la

difesa avversaria nonché ad impedire al Giudice l'accertamento della verità. Non può pertanto considerarsi presupposto

per la revocazione ogni illecito comportamento posto in essere contro l'avversario, ma è richiesta un'attività dannosa

intenzionale, cagione di comportamento difensivo errato della controparte e, di conseguenza, di un errore del giudice

sfociato nella sentenza ingiusta” (Trib. Brescia, Sez. II, 11.10.2003, in Mass. Trib. Brescia, 2004, 207). 51

Cass. Civ., Sez. Lav., 01.09.2003, n. 12742, in Mass. Giur. It., 2003. 52

“È inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si denunci che i giudici del merito avrebbero posto a

fondamento della propria decisione affermazioni mai rese dai testi, anzi in aperto contrasto con quanto da costoro

dichiarato. In una tale evenienza, infatti, si deduce l'esistenza, nella sentenza gravata, di un travisamento dei fatti che, in

quanto tale, non può costituire motivo di ricorso per cassazione ma esclusivamente di giudizio di revocazione, ai sensi

dell'articolo 395 del codice di procedura civile” (Cass. Civ., Sez. III, 04.03.2004, n. 4410, in Guida al Diritto, 2004, 15,

75).

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Opposizione di terzo

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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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3. se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che

la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza

maggiore o per fatto dell’avversario53

,

4. se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o

documenti della causa. Sussiste tale errore quando la decisione è

fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è esclusa, o quando

è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente

stabilita e se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la

sentenza fu pronunciata54

.

Detto diversamente: “L'errore di fatto che può dare luogo a revocazione della sentenza ai

sensi dell'art. 395 c.p.c., n. 4, consiste nell'erronea percezione dei fatti di causa sostanziantesi nella

supposizione dell'esistenza di un fatto la cui verità risulta incontestabilmente esclusa dagli atti, o

nell'esistenza di un fatto la cui verità è inconfutabilmente accertata, sempre che il fatto oggetto

dell'asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronunzia

contestata abbia statuito.

Il suddetto errore inoltre non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme

giuridiche; deve avere i caratteri dell'assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del

solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti di causa, senza necessità di

argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo,

53

“Il requisito della decisività dei nuovi documenti rinvenuti dopo la sentenza, richiesto per l'impugnazione per

revocazione a norma dell'art. 395 c.p.c. n. 3, ne postula la diretta attinenza a fatto risolutivo per la definizione della

controversia e, pertanto, va esclusa, con riguardo all'atto che sia in grado di offrire meri elementi indiziari, utilizzabili

solo per una revisione del convincimento espresso dalla sentenza revocando in esito ad un riesame complessivo del

precedente quadro probatorio coordinato con il nuovo dato acquisito” (Cass. Civ., Sez. I, 29.04.2004, n. 8202, in CED

Cassazione, 2004). 54

“Il mancato esame di documenti che il giudice motivi con l'affermazione che non risultino inclusi tra gli atti del

processo non può che essere prospettato come errore di fatto nel quale il giudice sarebbe incorso per una mera svista

materiale, errore rispetto al quale l'unico rimedio esperibile è quello della revocazione, ai sensi dell'art. 395 c.p.c., n. 4”

(Cass. Civ., Sez. V, 18.03.2004, n. 5475, in Mass. Giur. It., 2004).

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nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la decisione emessa

deve esistere un nesso causale tale che senza l'errore la pronunzia sarebbe stata diversa.

Con riguardo infine all'errore di fatto che può legittimare la richiesta di revocazione della

sentenza di cassazione, esso deve riguardare gli atti "interni" al giudizio di legittimità (ossia quelli

che la Corte deve, e può, esaminare direttamente con la propria indagine di fatto all'interno dei

motivi di ricorso) e deve incidere unicamente sulla sentenza di cassazione, giacché, ove esso fosse

configurabile come causa determinante della decisione impugnata in Cassazione, il vizio correlato

potrebbe dare adito soltanto alle impugnazioni esperibili contro la pronuncia di merito”55

;

5. se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti

autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa

eccezione. Presupposto indispensabile per ritenere ricorrente tale

evenienza è la identità soggettiva ed oggettiva intercorrente tra i due

giudizi. In altre parole, deve sussistere identità tra le parti

contraddittrici ed identità del fatto oggetto di causa. Al contempo,

dovrà emergere una totale incompatibilità tra il contenuto del secondo

pronunciamento laddove rapportato all’essenza della prima decisione

passata in giudicato56

;

55

“Cass. Civ., Sez. III, 05.07.2004, n. 12283, in Mass. Giur. It., 2004. 56

In applicazione di tale principio, la Corte di Cassazione confermava la decisione “del giudice della revocazione, che

aveva ritenuto sussistere diversità di "petitum" e di "causa petendi" tra due procedimenti originati dalla requisizione per

acquisto di una nave, il primo dei quali, avente ad oggetto la relativa indennità, con riferimento alla valutazione della

nave stessa, e, in subordine, all'ingiustificato arricchimento ottenuto dal Governo italiano, che avrebbe ricevuto da

quello argentino - con il quale era stata convenuta la vendita - un prezzo superiore, si era concluso, con sentenza ormai

definitiva, a seguito del mancato accoglimento del ricorso per cassazione, con il rigetto della domanda della ditta

intestataria della nave, mentre nel secondo procedimento, nel quale, a fondamento della richiesta di pagamento delle

somme corrisposte dal Governo argentino a quello italiano per la vendita della nave, erano state dedotte la insussistenza,

la invalidità ed inefficacia del decreto di requisizione della nave stessa, la cui legittimità era stata, invece, ritenuta nel

primo giudizio quale presupposto della pronuncia della Cassazione, ma solo come antecedente logico della decisione, la

Corte di merito, in riforma della sentenza di primo grado, aveva riconosciuto tale illegittimità, condannando gli appellati

al pagamento delle somme richieste)” Cass. Civ., Sez. I, 11.12.1999, n. 13870, in Mass. Giur. It., 1999).

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6. se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza

passata in giudicato.

Sono impugnabili altresì le sentenze della Corte di cassazione, sempre per errore di fatto e,

quando decidono la causa nel merito, anche per i redditi di cui all’art. 395 c.p.c., il decreto

ingiuntivo definitivo, ma solo per i motivi della revocazione straordinaria, l’ordinanza di

convalida di sfratto, la sentenza dichiarativa di fallimento, solo per i motivi della revocazione

straordinaria.

Le sentenze per le quali è scaduto l’appello possono essere impugnate per revocazione

straordinaria solo se la scoperta del dolo o della falsità o il recupero dei documenti o la pronuncia

della sentenza siano avvenuti dopo la scadenza del termine.

Se tali fatti avvengono durante il corso del termine per l’appello, il termine stesso è

prorogato dal giorno dell’avvenimento per raggiungere i 30 giorni da esso e la parte potrà proporre

appello.

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15 Il procedimento di revocazione

Legittimato attivo nell’impugnazione per revocazione è la parte soccombente, legittimato

passivo è l’altra parte.

Anche il P.M. può proporre revocazione nelle cause in cui il suo intervento è obbligatorio:

quando la sentenza è stata pronunciata senza che egli sia stato sentito,

quando la sentenza è l’effetto di collusione posta in opera dalle parti per frodare la legge.

La revocazione si propone con citazione davanti allo stesso giudice (ufficio giudiziario) che

ha pronunciato la sentenza impugnata.

Dalla notificazione della sentenza decorre il termine breve di 30 giorni per proporre la

revocazione nei casi di cui all’art. 395 c.p.c..

La revocazione ordinaria non può proporsi decorsi 6 mesi dalla pubblicazione della

sentenza.

Per i casi di revocazione straordinaria, l’impugnazione va sempre proposta nel termine di 30

giorni dalla scoperta del dolo, della falsità, del documento, o dal passaggio in giudicato della

sentenza che accerta il dolo del giudice.

La citazione deve indicare, a pena di inammissibilità, il motivo della revocazione e le prove

relative alla dimostrazione dei fatti relativi alla revocazione straordinaria, del giorno della scoperta

o dell’accertamento del dolo o della falsità o del recupero dei documenti.

La citazione deve essere sottoscritta da un avvocato munito di procura speciale.

La revocazione può essere proposta anche se pende il termine per proporre ricorso per

cassazione o il relativo procedimento: il giudice davanti al quale pende la revocazione può decidere

di sospendere il termine per proporre ricorso in cassazione o il relativo procedimento fino alla

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Opposizione di terzo

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comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga il motivo di

revocazione non manifestamente infondato.

La citazione deve essere depositata nella cancelleria del giudice adito insieme alla copia

autentica della sentenza impugnata entro 20 giorni dalla notifica.

Si osserva lo stesso termine di 20 giorni anche per le altre parti che si costituiscono con

comparsa.

La costituzione nei termini è a pena di improcedibilità, non sanabile dalla costituzione del

convenuto.

Se la revocazione è proposta davanti al Giudice di pace, il deposito e la costituzione delle

parti devono farsi a norma dell’art. 319 c.p.c..

Per il resto, il procedimento segue le regole stabilite per il giudizio davanti al giudice adito.

Il giudice della revocazione può pronunciare, su istanza di parte inserita nell’atto di

citazione, la sospensione dell’esecuzione della sentenza, con il procedimento di cui all’art. 373

c.p.c..

Il giudice può:

accogliere l’istanza di revocazione: in tal caso, revoca la sentenza impugnata,

quindi decide il merito della causa con una nuova sentenza con cui dispone

l’eventuale restituzione di quanto ingiustamente conseguito con la sentenza revocata,

ritenere necessaria una fase istruttoria: in tal caso, pronunciata con sentenza la

revocazione, rimette le parti con ordinanza davanti all’istruttore.

La sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione non è impugnabile per revocazione, ma

potrà essere impugnata con i mezzi originariamente ammessi in relazione alla sentenza impugnata

per revocazione (403 c.p.c.).

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16 L’opposizione di terzo

Il riferimento codistico è il seguente:

Art. 404.

(Casi di opposizione di terzo)

Un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva

pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti. (1) (

2) (

3) (

4)

Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza,

quando e' l'effetto di dolo o collusione a loro danno.

(1) La Corte costituzionale con sentenza 7 giugno 1984, n. 167 ha dichiarato

l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non ammette l'opposizione

di terzo avverso l'ordinanza di convalida di sfratto per finita locazione, emanata per la

mancata comparizione dell'intimato o per la mancata opposizione dell'intimato pur

comparso.

(2) La Corte costituzionale con sentenza 25 ottobre 1985, n. 237 ha dichiarato

l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non ammette l'opposizione

di terzo avverso l'ordinanza di sfratto per morosità.

(3) La Corte costituzionale con sentenza 20 dicembre 1988, n. 1105 ha dichiarato

l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non ammette l'opposizione

di terzo avverso l'ordinanza con la quale il pretore dispone l'affrancazione del fondo ex art. 4

della legge 22 luglio 1966, n. 607.

(4) La Corte costituzionale con sentenza 26 maggio 1995, n. 192 ha dichiarato

l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non ammette l'opposizione

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di terzo avverso l'ordinanza di convalida di licenza per finita locazione” (Fonte:

www.altalex.it).

Come evincibile dalla lettera della norma, lo strumento processuale di cui al comma primo

della stessa, sostanzia un rimedio avente carattere e natura eccezionali nel senso che, attraverso il

medesimo può giungersi a rimuovere gli effetti della cosa giudicata. Il rimedio in questione viene

riservato a quel soggetto rimasto estraneo al giudizio definitosi tra altre parti ma che, in relazione

proprio a tale giudizio, avrebbe potuto (ma non è stato messo in condizione di) vantare un diritto

autonomo nei confronti di uno o di più parti del procedimento57

58

.

Per l’esperibilità dell’azione in narrativa, non sarà sufficiente un mero riflesso negativo sulla

posizione del terzo –direttamente scaturente dalla sentenza passata in giudicato- dovendosi, di

contro, profilare un pregiudizio effettivo alle ragioni del terzo stesso59

.

Un pregiudizio di tal sorta sarà ricorrente solo allorquando la posizione di diritto del terzo si

collochi in posizione di assoluta incompatibilità con quella accertata o eventualmente costituita

dalla sentenza impugnata60

61

.

L’opposizione di terzo revocatoria è quella che può essere proposta dagli aventi causa o dai

creditori di una delle parti in causa, quando la sentenza è effetto di dolo o collusione a loro danno62

.

57

“L'opposizione ordinaria è inammissibile quando il terzo non è titolare di un diritto autonomo, ma di un diritto

derivato da quello di una delle parti (nella specie, le parti si contendevano il diritto di proprietà su un immobile di cui il

terzo era mero conduttore)” (Cass. Civ., Sez. I, 13.06.2003, n. 9500, in Foro It., 2004, 1, 171). 58

“L'interventore estromesso dal processo con pronuncia divenuta definitiva assume la posizione di terzo rispetto alla

sentenza pronunciata nei confronti delle parti rimaste in causa ed è pertanto legittimato, ricorrendone gli altri

presupposti, a proporre l'opposizione ex art. 404 c.p.c.” (Cass. Civ., Sez. I, 13.06.2003, n. 9500, in Mass. Giur. It.,

2003). 59

“Il litisconsorte necessario pretermesso è legittimato a proporre opposizione di terzo, ai sensi dell'art. 404 c.p.c.,

contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva che pregiudica i suoi diritti” (Cass. Civ., Sez. I,

17.07.2003, n. 11185, in Mass. Giur. It., 2003). 60

“Cass. Civ., Sez. Un., 11.02.2003, n. 1997, in Mass. Giur. It., 2003. 61

“Sono legittimati a proporre opposizione di terzo ordinaria coloro che, terzi rispetto al giudizio nel quale è stata

emessa la sentenza e non soggetti all'effetto del giudicato, vantino in relazione al bene oggetto della controversia un

proprio diritto autonomo e incompatibile con il rapporto giuridico accertato o costituito dalla sentenza o lo vedano dalla

medesima pregiudicato” (Cass. Civ., Sez. I, 28.05.2003, n. 8545, in Guida al Diritto, 2003, 45, 81). 62

“L'opposizione di terzo revocatoria è inammissibile quando il dolo e la collusione non sono compiuti in danno del

terzo, ma in danno della controparte” (Cass. Civ., Sez. I, 13.06.2003, n. 9500, in Foro It., 2004, 1, 172).

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Sono opponibili le sentenze passate in giudicato o esecutive, l’ordinanza di convalida di

sfratto e di finita locazione, le sentenze della Corte di cassazione che decidono nel merito.

A giustificare l’opposizione deve venire in rilievo un diritto autonomo del terzo63

che può

subire un pregiudizio dalla messa in esecuzione del provvedimento impugnato.

Per l’opposizione revocatoria, il pregiudizio è di fatto quando la sentenza sfavorevole al

proprio debitore o avente causa è stata pilotata ad arte per raggirare il terzo.

L’opposizione si propone davanti al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, ex

art. 405 c.p.c.. la citazione deve contenere anche l’indicazione della sentenza impugnata e la prova

del giorno in cui il terzo è venuto a conoscenza del dolo o della collusione.

Su istanza di parte, il giudice può sospendere l’esecuzione della sentenza impugnata.

Il giudice, se dichiara inammissibile o improcedibile la domanda o la rigetta per

infondatezza dei motivi, condanna l’opponente al pagamento di una pena pecuniaria.

In caso di accoglimento, la sentenza impugnata dovrà essere annullata nella misura

necessaria per la tutela del diritto del terzo, lasciandola per il resto inalterata tra le parti.

La sentenza che decide sull’opposizione di terzo è soggetta alle impugnazioni che erano

ammissibili contro la sentenza impugnata.

63

“L'opposizione di terzo revocatoria, a norma dell'art. 404, secondo comma, c.p.c., presuppone che la sentenza sia

l'effetto di comportamenti dolosi o collusivi delle parti in danno del terzo, avente causa o creditore di una delle parti;

detto rimedio, pertanto, non è esperibile ove tali comportamenti siano stati posti in essere da una parte in danno

dell'altra per la definizione, in suo favore, della lite” (Cass. Civ., idem).