Corso Regionale di Aggiornamento Insegnanti di Religione Cattolica Napoli 21 novembre 2005

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prof. Virgilio Marone Corso Regionale di Aggiornamento Insegnanti di Religione Cattolica Napoli 21 novembre 2005 La decostruzione

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Corso Regionale di Aggiornamento Insegnanti di Religione Cattolica

Napoli 21 novembre 2005

La decostruzione

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Non è una tecnica, ma una pedagogia. E’ una “via”, un metodo.

Un esempio ci può aiutare a capire.

In nessuna parte del mondo c’è la giustizia, per questo tutto quello che si manifesta come

apparente giustizia deve essere decostruito. E decostruendo si aiuta la giustizia ad essere quello

che è: un’altra cosa rispetto alla sua caricatura

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Una certa decostruzione spontanea esiste, perché la decostruzione,

in un certo senso,

è un processo di storicizzazione e

relativizzazione dei saperi.

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• Può valere anche per l’idea di Dio? Essa è stata presentata sempre come un’idea “forte”, “potente”, “vincente”, e in Occidente il Cristianesimo è stato considerato come l’unica vera Religione. Nel nome di questa idea (verità) si sono imposti metodi di intolleranza e persino di violenza nel servizio alla verità. Ma è proprio vero che il Dio cristiano è il Dio “forte”, “onnipotente”? Prendiamo come punti di riferimento l’Incarnazione e il Crocefisso. Sembra invece un Dio “debole”, “impotente”…

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La Bibbia come libro di decostruzione (da Decostruzione e interculturalità di A.Nanni, pag. 15-16).

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• Dio si lascia scacciare dal mondo, sulla croce, Dio è impotente e debole nel mondo e così, e soltanto così, rimane con noi… Cristo non aiuta in virtù della sua onnipotenza, ma in virtù della sua debolezza, della sua sofferenza: qui sta la differenza determinante rispetto a qualsiasi altra religione.Il Cristiano incontra il dio vivente partecipando alle sofferenze di Dio nella vita del mondo.

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• La pedagogia della decostruzione, inoltre, aiuta a scoprire la vera identità delle religioni. Solo quando le verità religiose sono state decostruite, “deideologizzate”, solo allora ci si può incontrare con il loro autentico contenuto. Si tratta, quindi, di far emergere la vera identità. Non è forse questo l’itinerario più suggestivo per l’IRC?

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• La decostruzione ha un collegamento forte con la purificazione della memoria e il revisionismo storico. Un esempio significativo lo troviamo in alcuni interventi di Giovanni Paolo II soprattutto a partire dal 1994 fino alla Novo millennio ineunte) Il Papa ha reso pubblica confessione di penitenza per le crociate, la tolleranza verso le dittature, la divisione tra le chiese, il comportamento della chiesa verso la guerra, le donne, il razzismo

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• Svolta antropologica come risultato del“costruire decostruendo”. Il presupposto da cui è necessario partire nel campo educativo è che l’Occidente non è il traguardo prestabilito di tutte le culture umane, per cui non siamo la cultura, ma una cultura tra molte altre. Costruire una nuova memoria-cultura planetaria, decostruendo la memoria-cultura dominante, che è etnocentrica ma si spaccia per planetaria

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Perché fare ricorso al metodo della decostruzione nella didattica interculturale? (cf. Decostruzione e interculturalità, pag. 17)

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• Le strategie cognitive dei pensatori più stimolanti del ‘900 ci possono aiutare a guardare “con sospetto” tutto ciò che si presenta come verità acclarata, in quanto queste possono essere solo presunte verità (essendo realtà legate ai vari momenti storici).

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• Per Levinas, gran parte della tradizione occidentale è dominata dal concetto di totalità (della coscienza o dell’essere), e che escludendo ogni autentica alterità o differenza rende impossibile salvaguardare la dignità etica di ogni singolo uomo. La nostra cultura occidentale si è costruita attorno al principio di identità. L’altro viene pensato a partire da sé, diventando un prolungamento del proprio io.

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• L’immagine- simbolo che racchiude sinteticamente il passaggio da una centralità all’altra è il volto. Esso decostruisce lo strapotere che il soggetto ha assunto nella filosofia occidentale.“L’occhio non brilla, parla”, per dire che il volto altrui non è primariamente un oggetto da contemplare, ma una parola/appello a me rivolta. L’io stesso è decentrato di fronte al volto. E il rapporto io-tu non è innanzitutto un rapporto di conoscenza teorica o cognitiva, ma di etica, di responsabilità

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La differenza tra l’altro e me precede e supera

la comune identità.