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Corso di laurea in Storia e tutela dei beni archeologici, artistici, archivistici e librari (L1). Corso di biblioteconomia (MSTO/08) Prof. Mauro Guerrini Biblioteca digitale 1

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Corso di laurea in

Storia e tutela dei beni archeologici, artistici, archivistici e librari (L1).

Corso di biblioteconomia (MSTO/08)

Prof. Mauro Guerrini

Biblioteca digitale 1

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Con la denominazione di biblioteca digitale troviamo una diversificata

varietà di schemi organizzativi, riconducibili, tuttavia, al modello di una

global digital library, collaborativa, distribuita, non centralizzata,

orientata all’accesso più che al processo, al servizio più che al

patrimonio (Solimine 2004).

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Diversi approcci alla biblioteca digitale:

la teoria sociale esamina come la biblioteca digitale sia connessa al

contesto sociale di riferimento;

la biblioteconomia e la scienza dell’informazione cercano di capire

l’organizzazione dell’informazione in ambito digitale e i

comportamenti di ricerca di singoli utenti;

l’informatica studia le interfacce, la relazione uomo-macchina (HCI

- Human Computer Interaction), l’ergonomia e il funzionamento

del pensiero cognitivo.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

La biblioteca, in quanto modello bibliografico, per sua natura

ipertestuale, ha rappresentato, nelle formulazioni dei primi teorici delle

tecnologie informatiche, lo spazio elettivo per sperimentare e applicare

la convergenza al digitale dei processi di elaborazione, memorizzazione,

reperimento e distribuzione della conoscenza registrata.

Cambiano le funzioni tradizionali della biblioteca, la loro portata, e

soprattutto lo scenario e il contesto in cui esse si esprimono.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Cambia il nostro approccio culturale con l’universo bibliografico, che

rappresenta, nella singolare varietà delle tipologie concettuali, i nuovi

paradigmi della società dell’informazione e della conoscenza, fondati

sulla contaminazione e ibridazione delle culture e dei linguaggi e sul

principio dell’interoperabilità tra sistemi e contesti eterogenei (Santoro,

2006; Manovich, 2010).

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Struttura di servizio organizzata, in cui le collezioni sono al

centro di un coerente sistema di relazioni ontologiche, che

supportano l’intero ciclo di vita delle risorse digitali e i servizi

creati per l’accesso e per il reperimento delle informazioni.

Modello logico e astratto, costituito da collezioni di risorse, non

solo testuali, e dai metadati a esse relativi.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Tra il modello logico e la struttura di servizio organizzata si collocano

alcuni repository, depositi documentari e basi dati, frutto di progetti non

istituzionali a carattere volontario, di iniziative editoriali o di centri

accademici, in cui risultano prevalenti le finalità didattiche.

La denominazione declina altre accezioni, come i servizi d’accesso,

secondo procedure di autenticazione da parte dell’utente, e banche dati e

raccolte di periodici elettronici, sottoscritti per abbonamento da sistemi o

consorzi soprattutto universitari; scaffali digitali delle librerie virtuali, le

iniziative volte alla valorizzazione delle collezioni bibliografiche; archivi

della memoria.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Il modello di infrastruttura fisica e organizzativa più praticato è la

biblioteca ibrida, in cui le collezioni digitali sono parte di una complessa

architettura di funzioni e servizi e in cui le politiche di conservazione

del patrimonio bibliografico si affiancano a quelle dell’accesso

all’informazione secondo modelli commisurati alla tipologia della

biblioteca, al suo bacino di utenza reale, potenziale e virtuale.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Durante l’eLib, Electronic Libraries Programme, avviato nel 1995 nel

Regno Unito, la biblioteca ibrida è stata definita:

«New electronic information resources and traditional hardcopy resources co-exist and are brought together in an integrated information services, accessed via electronic gateways available both in-site, like a traditional library, and remotely via the Internet or local computer networks. The hybrid library is different from a tipical library web-site in two ways. One is the permanent and equal inclusion of print information sources alongside the electronic. A second is the attempt to focus and interpret the whole service – subject-specific and generic elements – for a particular group of users in a scaleable fashion. The philosophical assumption underlyng the hybrid library is that libraries are about organised access, rather than local collections – which become just a part of the means of delivery».

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

IL PROGETTO

I fondamenti di una biblioteca digitale risiedono nel suo progetto, vale a

dire nella definizione dei suoi obiettivi e delle sue finalità, che

dovrebbero essere quanto più chiari e documentati possibile.

La creazione di una biblioteca digitale ha significative ripercussioni

sull’organizzazione che la promuove, da una pluralità di punti di vista

(gestionali, finanziari, tecnici, ecc.) che incidono sui criteri di selezione e

di conservazione delle risorse e che quindi non possono essere ignorati e

non devono essere lasciati al caso e all’improvvisazione.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

IL PROGETTO

Finalità, strategie, soluzioni tecnologiche sono fortemente interrelate

ed esigono una documentata e coerente elaborazione e pianificazione

che sia anche in grado di analizzare e valutare i rischi di insuccesso.

A seconda delle finalità del progetto e della sua sostenibilità, esse

richiedono il disegno dell’architettura logica della biblioteca e del

sistema di relazioni che dovrà mettere in comunicazione le sue singole

parti costitutive.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

IL PROGETTO

Una preventiva analisi dell’utenza modulerà il linguaggio della

biblioteca, aiuterà a delineare i modelli di digitalizzazione e la scelta

degli standard più idonei, nonché i criteri di selezione delle risorse da

acquisire in formato digitale.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

IL PROGETTO

La selezione delle risorse dovrà tenere presenti alcuni indicatori di

riferimento:

La valorizzazione di una raccolta o di un patrimonio culturale;

La frequenza d’uso dei documenti rari;

Lo stato di conservazione;

L’utilità a fini didattici o di ricerca;

Il miglioramento del controllo intellettuale,

La sostenibilità dei costi dell’acquisizione e della gestione;

La capacità di manutenzione e conservazione sul lungo periodo.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

IL PROGETTO

La stesura del progetto di digitalizzazione si può in parte identificare

con la stesura della carta delle collezioni digitali.

È lo strumento principe di programmazione di una biblioteca, che ne

definisce l’identità culturale e quella delle sue raccolte; nonché il

bacino d’utenza potenziale e virtuale, gli strumenti di valutazione e

selezione del materiale, i criteri di acquisizione, di revisione e di

scarto che, in ambiente digitale, non investe problemi legati soltanto

agli spazi della conservazione ma soprattutto all’accessibilità e

usabilità delle raccolte. È il documento che infine darà conto e

indicherà i protocolli di digitalizzazione seguiti e gli standard

prescelti, a partire dai metadati.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

IL PROGETTO

La biblioteca digitale richiede un’organizzazione che abbia specifiche

competenze e capacità gestionali, quand’anche i processi di

digitalizzazione siano delegati a terzi.

La complessità delle operazioni di acquisizione e pubblicazione digitale

delle risorse, di creazione dei metadati, di archiviazione e conservazione

richiede infatti la chiara individuazione di competenze e flussi di lavoro.

Il modello organizzativo maggiormente praticato prevede un nucleo

interno composto da personale altamente specializzato, in grado di

gestire, delegare, sovrintendere a tutte le attività, la cui specifica

realizzazione viene affidata in outsourcing a società e service o a singoli

con specifiche competenze.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Le fasi di un progetto di digitalizzazione

1. Preparazione

a) Definizione delle finalità e degli obiettivi del progetto

b) Scelta della collezione da acquisire

c) Accertamento sui diritti per la distribuzione digitale

d) Valutazione e scelta degli strumenti

e) Analisi e destinazione del budget

f) Pianificazione

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Le fasi di un progetto di digitalizzazione

Sviluppo del piano di lavoro

1) Organizzazione

- Tempistica

- Preparazione del materiale

- Creazione del repository

- Creazione del database dei metadati descrittivi tecnici e gestionali

- Individuazione della nomenclatura e degli identificatori

- Determinazione del metodo di archiviazione

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Le fasi di un progetto di digitalizzazione

Sviluppo del piano di lavoro

2) Outsourcing (esternalizzazione)

- Determinazione dei costi

- Valutazione e selezione dei formati

- Allocazione delle risorse

- Creazione del protocollo

- Definizione delle fasi di consegna e collaudi

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Le fasi di un progetto di digitalizzazione

Divisione del lavoro (staff interno/outsourcing)

2. Esecuzione

1) Digitalizzazione

- Training

- Scansione/acquisizione

- Nomenclatura file

- Formati d’uscita

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Le fasi di un progetto di digitalizzazione

Divisione del lavoro (staff interno/outsourcing)

2) Controllo di qualità

- Verifica del testo

- Verifica a campione delle immagini

- Verifica a campione dei metadati

- Ottimizzazione e correzioni

- Archiviazione

- Popolamento del repository

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Le fasi di un progetto di digitalizzazione

Divisione del lavoro (staff interno/outsourcing)

3) Pubblicazione

- Creazione di metadati strutturali

- Messa online

- Testing

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Le fasi di un progetto di digitalizzazione

Divisione del lavoro (staff interno/outsourcing)

3. Valutazione del raggiungimento degli obiettivi

- Qualità

- Quantità

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Le fasi di un progetto di digitalizzazione

La valutazione delle risorse finanziarie necessarie deve tener conto di una

serie di indicatori che consentano di quantificare i costi del progetto, la

sua realizzazione e gestione nel tempo, cioè i costi di avvio e quelli di

esercizio:

- Personale (staff interno, collaborazioni esterne, consulenze);

- Struttura (locali, attrezzatura hardware e software, manutenzione,

backup, ecc.);

- Digitalizzazione (prelievo, preparazione, scansione, metadati,

controllo di qualità, eventuali diritti per la riproduzione);

- Archiviazione e conservazione (procedure e memorie di massa);

- Sistemi di distribuzione.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Le fasi di un progetto di digitalizzazione

La progettazione della biblioteca e la pianificazione delle attività

richieste per la su realizzazione riguardano altri e altrettanto delicati

aspetti:

- l’ideazione e costruzione del sito web che dovrà ospitare la

biblioteca;

- la scelta della suite di applicazioni software necessarie al suo

funzionamento;

- la valutazione sull’opportunità di acquistare e gestire in proprio le

apparecchiature e i dispositivi hardware oppure di affidarsi a

soggetti terzi;

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

Le fasi di un progetto di digitalizzazione

- l’individuazione dei servizi che si intendono attivare;

- la creazione di una specifica infrastruttura organizzativa di

e-commerce, qualora si voglia cogliere questa opportunità;

- le modalità di gestione degli utenti, per i quali bisognerà

preventivare l’apertura di specifici sportelli di assistenza online e

servizi di reference digitale;

La gestione degli utenti comporta, nel pieno rispetto della privacy e nell’osservanza

delle condizioni d’uso delle risorse digitali, che vengano offerte e valorizzate quelle

attività di cultura partecipativa digitale che prevedono la forte interazione tra i

soggetti coinvolti, tramite l’uso di strumenti e tecnologie del Web 2.0 (wiki, social

networking, ecc.)

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE ARCHITETTURE

Le forme del contenuto rappresentano l’ideologia della biblioteca

digitale, il suo sistema comunicativo che ne determina le politiche

dell’accesso, i livelli di interoperabilità, la natura e i profili dei servizi.

La sua architettura logica è il luogo in cui la qualità del pensiero

diviene conoscenza.

Le biblioteche hanno sempre investito in quella che oggi si definisce

architettura dell’informazione, nella sensibilità e nella capacità di

gestire le informazioni, catalogando il sapere, creando nuove

connessioni semantiche tra le risorse, fornendo loro valore aggiunto

tramite la struttura sindetica dei cataloghi, gli strumenti indicali, i

linguaggi di indicizzazione semantica e di classificazione (Burke 2002).

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE ARCHITETTURE

Questa sensibilità oggi si traduce nella progettazione dei nuovi contesti

digitali e degli spazi logici di interazione tra gli utenti e l’universo

bibliografico dei servizi, per consentire un accesso intuitivo ai contenuti

e un loro facile reperimento; una sensibilità che si deve confrontare con

i nuovi modelli di creazione della conoscenza fondati sulla

partecipazione collettiva.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE ARCHITETTURE

La qualità di una biblioteca digitale, non si misura tanto dalla quantità

delle risorse digitalizzate, quanto dalla capacità di strutturare e di

modellare i dati, di renderli accessibili, conservando al contempo la

stratificazione genetica dei contesti, la relazione tra quella nuova che si

crea – nel caso delle risorse digitali derivate – quella di origine, oltre

che con tutte le altre risorse con cui essa stringe relazioni semantiche

tacite o palesi.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE ARCHITETTURE

La qualità si misura dall’adozione di infrastrutture tecnologiche che

siano quanto più flessibili, modulari, incrementali, i cui codici sorgente

siano liberamente accessibili e modificabili (open source);

Con l’avvertenza tuttavia che la loro scelta non avvenga a priori ma sia

condizionata dalle finalità d’uso, e dunque dalla determinazione del

dimensionamento complessivo del progetto.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE ARCHITETTURE

- Flessibilità di un sistema significa la sua capacità di adattarsi al

cambiamento;

- Modularità indica che il numero e la disposizione delle sue parti

costruttive possono essere modificati e ricombinati;

- Il modello incrementale ne qualifica le potenzialità di sviluppo e di

espansione nel tempo.

- Il ricorso a software aperti, non proprietari, significa, oltre che

considerevoli risparmi economici, la possibilità per l’utente di

modificare e conformare il sistema alle specifiche esigenze e

funzionalità del progetto. Ne seno esempio i sistemi di gestione del

contenuto, CMS, Content Management System, che permettono a chi

amministra il sito della biblioteca di aggiornare i contenuti senza

ricorrere a onerose consulenze esterne.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE ARCHITETTURE

Le architetture e le infrastrutture delle biblioteche digitali devono

dunque essere modelli di conoscenza dinamici, distribuiti, non

centralizzati, e i cui componenti software siano armonizzati all’interno

del sistema, in modo tale da garantire l’efficienza dei servizi e la

valorizzazione delle raccolte e dei cataloghi che le descrivono, oltre che

la loro preservazione nel tempo.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE ARCHITETTURE

Parte essenziale delle biblioteche digitali sono quell’insieme di

tecnologie e protocolli che vanno sotto il nome di middleware e che

svolgono un’importante funzione di intermediazione tra applicazioni

diverse, garantendone l’interoperabilità.

Diversi sono i modelli funzionali di riferimento che possono essere

combinati tra loro per favorire la massima integrazione possibile.

Ne è un esempio il modello OAI, Open Archive Initiative, che fornisce la

cornice logica e tecnologica dei cosiddetti open archives.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE ARCHITETTURE

L’OAI è un modello di metadata harvesitng che consente

l’interoperabilità e l’integrazione di metadati e protocolli diversi ma

standard, e che pone al centro l’utente come destinatario di strumenti e

servizi di valore aggiunto.

Per queste ragioni il modello OAI e il suo protocollo sono stati adottati

dal mondo delle biblioteche digitali: la loro struttura logica e la precisa

sintassi che regola la raccolta dei metadati provenienti da più archivi,

favoriscono lo sviluppo di portali tematici e istituzionali, la creazione di

servizi avanzati per l’utente e l’integrazione delle risorse nel contesto di

biblioteche ibride.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE ARCHITETTURE

Gli open archives sono repository di testi costituiti dalle comunità

accademiche, al fine di favorire la circolazione dei contenuti, frutto delle

attività di ricerca degli atenei, basti sul paradigma dell’accesso libero e

aperto (Open Access).

Questa modalità di auto-archiviazione della letteratura grigia in formato

digitale è supportata da una serie di iniziative e di standard per

l’interoperabilità promossi dalla Open Archives Initiative

(OAI,<http:/www.openarchives.org/>) che ha elaborato l’infrastruttura di

comunicazione per l’open access: uno specifico protocollo per la raccolta

dei metadati descrittivi e per la loro ricerca (OAI-PMH, The Open Archives Initiative Protocol of Metadata Harvesting).

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

Le politiche di accesso ai contenuti sono parte integrante

dell’architettura logica della biblioteca digitale.

Le infrastrutture tecnologiche che sembrerebbero prestarsi meglio a

declinare la pluralità di funzioni che un utente può svolgere a partire da

un unico punto di accesso sono quelle degli aggregatori di risorse,

cosiddetti hub.

Il modello dell’aggregatore di risorse è quello adottato dai grandi

progetti internazionali e nazionali, esempi di quanto sia importante

nella realizzazione di una biblioteca digitale la progettazione di spazi di

interazione tra l’utente, la biblioteca e le funzioni che essa rende

disponibili.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

Servizi tradizionali

Anche nel contesto della biblioteca digitale risulta opportuno parlare di

servizi tradizionali che assicurino la conservazione delle raccolte

bibliografiche, il loro incremento, la catalogazione e l’accesso; è inoltre

opportuno mettere a disposizione degli utenti servizi che permettano di

rispondere alle richieste di informazione che assicurino l’orientamento.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

Servizi tradizionali

Virtual o digital reference service: comprende le attività connesse con

l’assistenza, l’istruzione e l’orientamento per via remota degli utenti;

può consistere nell’allestimento di Virtual reference desk e altre

tipologie di indici e repertori che facilitino gli utenti nella ricerca

autonoma delle informazioni desiderate; nella creazione di un vero e

proprio servizio di assistenza personalizzata, gestito in modalità

asincrona (per esempio, via e-mail); nella gestione in modalità sincrona

dell’assistenza personalizzata, grazie alla comunicazione via internet

in tempo reale e ai più specifici virtual referece software che integrano

contemporaneamente sia le attività di front office che quelle di back

office.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

Servizi tradizionali

Print on demand: stampa su richiesta sia delle risorse digitali

possedute dalla biblioteca sia di quelle a cui essa ha solo l’accesso,

come pure di quelli disponibili presso altre biblioteche o depositi

digitali di editori, librerie e altri soggetti commerciali.

Prestito: per motivi connessi al diritto d’autore è possibile che le

risorse digitali prelevate dall’utente della biblioteca digitale, sia

mediante trasferimento telematico, sia mediante supporti portatili,

non possano essere conservati a tempo indeterminato, ma debbano

essere restituiti o distrutti entro un determinato lasso di tempo.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

Servizi tradizionali

Document delivery digitale: può essere effettuato tramite software

dedicati oppure come allegato di un’e-mail o depositando

temporaneamente il file in una directory dedicata del proprio sito web,

eventualmente protetta da password da comunicare al richiedente.

Acquisizioni: in ambente digitale la politica delle acquisizioni riguarda

sia la valutazione delle priorità nei progetti di digitalizzazione da

originali analogici, sia la selezione delle risorse elettroniche da

acquisire permanentemente, sia la valutazione di quelle per le quali

ottenere un accesso tariffato temporaneo dai relativi fornitori.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

Servizi tradizionali

Desiderata: uno dei metodi per decidere le acquisizioni è la valutazione

delle richieste degli utenti che giungono per via telematica.

Marketing: in ambiente digitale è necessario curare un buon sistema

di comunicazione per mettere al corrente gli utenti dei servizi, degli

strumenti e delle collezioni della biblioteca.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

Servizi innovativi

Discovery tools: garantiscono una ricerca integrata, che si presenta

all’utente come un’interfaccia unica per l’interrogazione simultanea in

tutte le banche dati alle quali la biblioteca fornisce.

Data mining: procedimenti semiautomatici di raffinamento delle

ricerche, basati sull’analisi del contenuto delle risorse (content based).

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

Servizi innovativi

Personalizzazione: possibilità per l’utente di personalizzare i servizi, in

maniera esplicita o tramite l’impostazione di determinati parametri.

Tali tecniche prendono il nome di collaborative filtering quando le

informazioni che il sistema utilizza per la personalizzazione dell’offerta

di servizi vengono ricavate dai comportamenti di più utenti.

Alert: informazione e aggiornamento sulle nuove risorse inserite nella

base dati (repository).

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

Servizi innovativi

Disseminazione selettiva: alcuni software di gestione permettono di

associare a ciascun utente un profilo di interessi bibliografici in base al

quale è possibile inviare periodicamente a ciascuno di essi un

bollettino bibliografico personalizzato delle nuove acquisizioni. A

questa forma di disseminazione selettiva delle informazioni è

associabile la disseminazione selettiva delle risorse, che prevede l’invio

all’utente della risorsa primaria di probabile interesse. Inoltre diventa

possibile effettuare la ricerca non solo sui metadati ma anche sul testo

completo delle risorse.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

Servizi innovativi

Reference linking: navigazione trasversale tra OPAC, basi dati e full

text.

Applicazioni di semantic web: finalizzate all’aggregazione dinamica dei

contenuti e degli oggetti digitali (ontologie, mappe topiche, ecc.).

Aggregazione degli utenti: per le biblioteche che includano tra i propri

obiettivi offrire ai propri utenti delle occasioni di aggregazione sociale

non necessariamente legate alla fruizione; come piattaforme di social

reading, di condivisione della lettura e delle annotazioni ai testi, ecc.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

Servizi innovativi Classificazione automatica ed elaborazione delle informazioni di

contesto delle risorse.

Downloading: possibilità di scaricare liberamente i contenuti digitali

(nel rispetto delle condizioni d’uso) e disponibilità dei contenuti in più

formati.

Digital lending: ovvero il prestito delle risorse digitali coperte da

copyright.

Electronic reserve: gestione elettronica delle risorse maggiormente

ricercate e utilizzate, fornendo servizi aggiuntivi rispetto a quelli

forniti per il resto della collezione (per esempio, indicizzazione e

revisione della collezione più approfondite e tempestive).

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

L’idea di spazio a cui è da sempre associato il termine biblioteca va

dunque recuperato nel contesto digitale e risemantizzato

nell’architettura del virtuale, rispettando i requisiti dell’accessibilità e

dell’usabilità.

Quello spazio è soprattutto un luogo di interazione linguistica, di

comunicazione tra la biblioteca, le sue collezioni, i suoi servizi e l’utente;

uno spazio di interazione che richiede l’uso di forme comunicative

semplici, non ambigue, e di apparati e strumenti linguistici di controllo

terminologico (thesauri, vocabolari controllati ecc.).

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

L’interfaccia è il luogo impalpabile in cui prende corpo la comunicazione

tra la biblioteca e l’utente, in cui gli oggetti dell’informazione e della

conoscenza sono esibiti e rappresentati; e proprio per questo la sua

progettazione e realizzazione merita una cura particolare.

Impiego di tecnologie user-friendly, orientate all’utente e che cercano si

sfruttare a suo vantaggio meccanismi euristici per l’analisi dei risultati.

Ad esempio modalità di:

- Clustering

- Browsing

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

L’ACCESSO

Si assiste dunque a un radicale rovesciamento gerarchico tra testo e

paratesto: il paratesto finisce per invadere i territori del processo di

scrittura, costringendo chi si assume le responsabilità autoriali ed

editoriali a farsi carico sia dell’organizzazione delle informazioni in uno

spazio pluridimensionale, sia della predisposizione di un sistema di

segnali che stiano attorno al testo e che siano funzionali a rendere

facilmente accessibili al lettore i contenuti informativi e ad armonizzare

il contesto comunicativo.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE COLLEZIONI

La costruzione di una collezione crea sempre nuove relazioni testuali che

la biblioteca digitale deve saper esibire con i contesti multipli a cui esse

fanno riferimento. Essa cioè deve saper ricostruire le relazioni logiche e

genetiche tra le risorse, rendendole tuttavia disponibili a nuove

ricomposizioni semantiche, lasciate dinamicamente a totale giudizio e

scelta dell’utente.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE COLLEZIONI

Metadati, linguaggi di codifica, protocolli sono dunque gli strumenti che

essa può piegare a nuove forme ella fruizione della conoscenza, senza che

i processi di ipertestualità, che ne predicano la natura reticolare,

intacchino l’identità dei singoli oggetti, la loro storia intellettuale, quella

delle loro relazioni intertestuali e quella dei contesti in cui essi hanno

preso forma.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE COLLEZIONI

Il modello editoriale più affermato in ambito accademico è quello della

collezione, in cui il singolo testo è inserito in un articolato sistema, che

potremmo definire enciclopedico, di relazioni autoriali, cronologiche, di

genere, di forma, che il lettore può esplorare, ma anche combinare e

generare secondo le personali esigenze di ricerca e di studio.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE COLLEZIONI

Le collezioni delle biblioteche digitali possono essere costituite da:

periodici elettronici;

open archive;

libri elettronici;

banche dati;

print on demand;

film

dischi

OPAC (i cataloghi elettronici possono essere intesi come un particolare tipo di

banca dati che si inserisce tra le tante risorse informative messe a disposizione

dalla biblioteca ai propri utenti, sia come il principale e preliminare servizio che la

biblioteca produce).

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LE COLLEZIONI

La collezione della biblioteca digitale può essere costituita da:

Risorse digitali «primarie» (o «native», born digital), ovvero risorse che

all’origine non hanno un equivalente analogico;

Risorse digitali «secondarie» (o «digitalizzate», la cui pubblicazione è il

risultato della conversine in digitale da un originale analogico.

Per digitalizzazione si intende il processo di creazione e produzione di un

surrogato o derivato digitale della risorsa analogica, che costituisce per

tanto la fonte del processo di conversione.

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Corso di laurea in

Storia e tutela dei beni archeologici, artistici, archivistici e librari (L1).

Corso di biblioteconomia (MSTO/08)

Prof. Mauro Guerrini

Biblioteca digitale 1

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA DIGITALIZZAZIONE

Per digitalizzazione si intende il processo di creazione e produzione di un

surrogato o derivato digitale della risorsa analogica, che costituisce

pertanto la fonte del processo di conversione.

La procedura di acquisizione più in uso è quella meccanica che prevede

l’utilizzo di specifici dispositivi a seconda della tipologia di risorsa.

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Biblioteca digitale

3

LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA DIGITALIZZAZIONE

Nel caso di risorse testuali il processo di digitalizzazione può dar vita a

due diversi esiti:

La riproduzione facsimilare dell’originale, e quindi la creazione di

un file di immagine;

La conversione della fonte cartacea in una sequenza di caratteri

codificati, che darà vita a un file di testo.

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Biblioteca digitale

4

LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA DIGITALIZZAZIONE

Nel caso di un file di testo, essa è per l’appunto considerata come un

testo, ovvero come una combinazione di segni alfabetici portatori di

senso, che saranno codificati per mezzo di una tabella di codifica di

caratteri.

In questo secondo caso per ottenere un file di tipo testuale sarà

necessario applicare al file di tipo grafico uno specifico software,

denominato OCR (Optical Character Recognition, riconoscimento ottico

dei caratteri) che produce una risorsa editabile con un qualsiasi

programma di videoscrittura, come se fosse stato digitato sulla tastiera.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA DIGITALIZZAZIONE

Un file può essere salvato in diversi formati, ciascuno dei quali risponde

a funzioni diverse e la cui persistenza nel tempo e la portabilità (cioè la

facilità con cui può essere trasferito da un ambiente software a un altro)

sono subordinati al livello di standardizzazione a cui essi rispondono.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

I FORMATI

I formati si distinguono in:

Aperti, non proprietari, la cui lettura non richiede il possesso di

specifici programmi;

Chiusi, che per essere letti necessitano di specifici programmi che

contengono le istruzioni per la loro visualizzazione, crittate in

codice binario.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

I FORMATI

Tra i formati più diffusi si ricordano:

ASCII (American Standard Code for Information Interchange);

RTF (Rich Text Format);

PDF (Portable Document Format);

Linguaggi di marcatura;

Formati degli e-book (per esempio, e-PUB, MOBI, ecc.)

Formati per la compressione di immagini bitmap (per esempio, TIFF, Tagged Image

File Format; JPEG, Joint Photographic Experts Group, ecc.)

WAV o WAVE (WAWEform audio file format), e AIFF (Audio Interchange File Format)

MPEG-4

VRML (Virtual Reality Modeling Language)

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

La rappresentazione in formato immagine delle risorse

L’esperienza maturata negli ultimi anni ha consentito di definire i

corretti metodi e procedimenti di acquisizione e archiviazione digitale

soprattutto dei libri moderni, secondo i quali si raccomanda l’impiego di

dispositivi che garantiscano l’integrità delle risorse originali sottoposti a

scansione ottica e, al contempo, la qualità uniforme delle immagini, in

analoghe condizioni di illuminazione e inquadratura.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

La rappresentazione in formato immagine delle risorse

Ogni immagine acquisita andrebbe poi memorizzata in una versione

derivata a media qualità e sottoposta a processo OCR automatico senza

correzione manuale, in modo da produrre un file in formato testo

relativo a ciascuna pagina, da utilizzare per le ricerche full-text;

operazione, quest’ultima, consigliabile per il libro moderno a stampa e

solo se il supporto di origine lo consente.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

La rappresentazione in formato immagine delle risorse

Le immagini prodotte dalla digitalizzazione dovranno essere salvate nei

formati più idonei alla loro conservazione con compressione LZW

(Lempel-Ziv-Welch), e con una profondità di colore e una risoluzione

spaziale variabile a seconda del progetto.

Tutti i file XML relativi ai metadati, oltre a essere contenuti nelle

rispettive cartelle delle immagini, dovrebbero essere salvati e archiviati

anche su un supporto magnetico-ottico (DVD-R), e nominati con la stessa

nomenclatura utilizzata per i file delle immagini.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

La rappresentazione in formato testo delle risorse

Le procedure di acquisizione, di elaborazione e di rappresentazione delle

risorse in formato testo risultano molto più articolate e complesse.

Implicano il pieno coinvolgimento di competenze specialistiche relative ai

settori disciplinari a cui sono ascrivibili le risorse oggetto dei processi di

digitalizzazione.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

La rappresentazione in formato testo delle risorse

L’esito del processo di acquisizione di una risorsa è:

Un testo non formattato, che riproduce cioè la sequenza delle parole

senza quegli elementi paratestuali che fanno di un testo un libro;

Un testo formattato, che conserva le caratteristiche formali e l’aspetto

tipografici dell’originale analogico;

Un testo codificato, di cui si fornisce grazie a specifici linguaggi di

marcatura una descrizione formalizzata delle parti o degli aspetti che

si intende evidenziare. Questa rappresentazione dell’informazione

testuale su un supporto digitale viene comunemente definita codifica

informatica dei testi, ed è una rappresentazione mediata da appositi

linguaggi formali, definiti markup language.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

La rappresentazione in formato testo delle risorse

I linguaggi di marcatura sono costituiti da un insieme di istruzioni, sotto

forma di etichette racchiuse tra parentesi uncinate, che vengono inserite

accanto ai segmenti di testo a cui esse si riferiscono; una specifica

sintassi regola l’uso, la forma e i rapporti tra le varie etichette.

L’introduzione di marcatori all’interno di un testo ha lo scopo di indicare

ai programmi incaricati di decodificarli il modo in cui la parte di testo

marcata deve essere interpretata ed eventualmente trattata.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

La rappresentazione in formato testo delle risorse

I linguaggi di marcatura si distinguono in:

Linguaggi procedurali, costituiti da istruzioni che specificano le

procedure computazionali che un programma deve compiere sul

testo per ottenere un determinato output;

Linguaggi dichiarativi, dichiarano l’appartenenza di un dato

segmento testuale a una classe di strutture, forme e caratteristiche

testuali.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

La rappresentazione in formato testo delle risorse

Ai requisiti propri dei linguaggi di codifica dichiarativi risponde la tecnologia

rappresentata dai linguaggi SGML/XML, che consentono di descrivere, grazie

alla loro sintassi, la struttura delle risorse e le ontologie a esse associate.

Più propriamente XML, preferito ormai a SGML per la sua maggiore

flessibilità, è un metalinguaggio, che detta le regole sintattiche per mezzo delle

quali è possibile definire il linguaggio di marcatura da applicare a singole

tipologie di testo o risorsa.

La sua universalità ed estensibilità risiedono: nell’assoluta indipendenza dalle

piattaforme utilizzate; nella netta separazione dei dati dalla loro presentazione;

e nella sua struttura incrementale, che permette l’espressione di nuovi attributi

semantici senza bisogno di ridefinire una nuova versione dei linguaggi stessi.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

La rappresentazione in formato testo delle risorse

Le caratteristiche testuali che vengono di norma codificate sono quelle:

Strutturali, individuazione delle partizioni principali e secondarie del

testo e della loro relazione gerarchica: capitoli, sezioni, paragrafi per

un testo in prosa; canti, stanze, versi per un componimento poetico;

atti e scene per un testo teatrale, ecc.

Formali, aspetto fisico della risorsa: uso di font e stili di carattere;

dislocazione di note, annotazioni, glosse, ecc.

Contenutistiche, riferimenti in lingua diversa da quella corrente,

figure retoriche, forme grammaticali, riferimenti temporali, spaziali,

indicazione dei nomi dei personaggi, ecc.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

I METADATI

I metadati sono dati che descrivono e definiscono altri dati nel contesto

in cui avviene il trattamento dei dati. Meta è un prefisso che, nel

linguaggio informatico, indica una definizione o descrizione.

Metadati è, quindi, una definizione o una descrizione di dati.

I metadati arricchiscono il contenuto informativo dei dati della risorsa e

ne esplicitano le proprietà che semplificano il processo di fruizione dei

dati stessi facilitandone la ricerca, il reperimento, la composizione e di

conseguenza il riutilizzo in domini, in contesti differenti

(interoperabilità).

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

I METADATI

La risorsa elettronica è sottoposta nell’arco del suo ciclo vitale a una

serie di passaggi (migrazioni o riversamenti sostitutivi) che possono

alterarne il contenuto, l’autenticità e la fruibilità nel tempo.

Occorre «certificare» e storicizzare ognuno di questi passaggi. Ciò

significa che la descrizione riguarda sia gli elementi descrittivi

intrinseci della risorsa sia gli elementi di contesto tecnologico.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

I METADATI

I metadati consentono:

la descrizione delle risorse;

la gestione delle informazioni;

il recupero delle informazioni e il loro accesso;

la gestione dei diritti e delle informazioni relative alla provenienza;

la protezione d’autenticità degli oggetti informativi;

l’interoperabilità;

l’identificazione permanente dei singoli oggetti informativi;

l’identificazione permanente delle relazioni tra gli oggetti;

la documentazione dei processi conservativi a cui l’oggetto informatico è

stato sottoposto.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

I METADATI I metadati si distinguono in:

Metadati descrittivi: vengono utilizzati per descrivere le risorse,

principalmente allo scopo di semplificare e migliorare la ricerca.

Metadati strutturali: permettono di rappresentare la struttura degli

oggetti e di descrivere le relazioni esistenti tra risorse diverse o tra

diverse parti di una stessa risorsa; collegano, inoltre, l’oggetto

digitale astratto alla loro rappresentazione fisica.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

I METADATI

Metadati tecnici: includono le informazioni tecniche che si applicano a

ogni specifico formato.

Metadati amministrativi: forniscono una descrizione degli oggetti

digitali che permettono di compiere le operazioni di gestione dei

contenuti, come le informazioni di provenienza, le azioni conservative

adottate e le informazioni relative ai diritti.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

I METADATI I metadati, a condizione che siano correttamente applicati dal punto di

vista della completezza, della correttezza sintattica e semantica,

consentono l’identificazione univoca, l’individuazione e la localizzazione

di una risorsa, l’aggregazione e l’organizzazione di risorse con

caratteristiche comuni; supportano inoltre e descrivono i processi di

archiviazione e conservazione.

Consentono anche l’interoperabilità logica e semantica tra risorse

digitali ontologicamente diverse, creando dinamicamente nuove

relazioni tra le risorse, e servono ai browser e ai motori di ricerca per gestire i contenuti in modo più efficace.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

I METADATI

Esistono diversi schemi di metadati e diversi profili di applicazione, a

seconda delle specifiche tipologie di risorse bibliografiche, della comunità

che li adottano, delle finalità dei progetti di digitalizzazione, della

granularità descrittiva, tra cui i seguenti:

Metadata Encoding and Transmission Standard (METS);

Dublin Core (DC);

The Metadata Object Description Schema (MODS);

The Encoded Archival Description (EAD);

PREMIS;

Visual Resources Association (VRA);

MPEG-7, Multimedia Contet Description Interface;

Onyx;

Learning Object Metadata.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

I METADATI

I fattori che connotano la specificità dei metadati riguardano il loro

inscindibile legame con le risorse, di cui essi veicolano le informazioni,

nonché l’essere formulati in linguaggi formali che consentono la loro

indicizzazione da parte di strumenti di ricerca appositamente

predisposti per interpretarli.

Questi sono anche fattori che regolano l’interoperabilità logica e

semantica tra risorse digitali ontologicamente diverse, in grado perciò di

creare dinamicamente nuove relazioni, che amplificano la struttura

reticolare dell’informazione in rete.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

I METADATI

La varietà dei formati descrittivi e degli schemi di codifica richiede una

loro costante mappatura, sotto forma di tabelle che definiscono le

equivalenze semantiche e sintattiche tra gli elementi appartenenti a due

o più formati di metadati anche eterogenei.

L’adozione di formalismi come quello espresso dal linguaggio RDF

(Resource Description Framework) permette la rappresentazione delle

relazioni fra metadati e risorse, che vengono esplicitate secondo regole

che ne permettono la condivisione coerente e simultanea tra diverse

applicazioni.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

I METADATI

Interoperabilità significa allora rendere accessibili e disponibili i dati, in

modo tale da essere elaborabili da una macchina per favorire la loro

integrazione e il loro utilizzo in applicazioni differenti.

Da questo punto di vista la tecnologia dei linked data offre alle

biblioteche l’opportunità di integrare le informazioni strutturate dei loro

cataloghi con informazioni provenienti da altri cataloghi e da fonti terze

e di rendere più facilmente accessibili i loro dati basandosi su standard

web.

Si tratta di una tecnologia che permette di pubblicare sul web i dati in

una modalità leggibile, interoperabile e utilizzabile dalle macchine.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

I METADATI

L’integrazione dei propri dati e metadati con quelli di altri soggetti

istituzionali non solo aumenta il loro potenziale informativo ma li rende

più completi, più usabili e riusabili in contesti anche assai diversi da

quelli d’origine, e consente così: di estendere le informazioni di contesto

relative a ciascun dato; di accrescere il numero degli strumenti di

controllo terminologico a disposizione, rendendo più precise e pertinenti

le fonti informative, la cui riconosciuta autorevolezza è fondamentale

criterio distintivo per conferire legittimità e validità ai dati stessi;

inoltre, permette ai motori di ricerca di «capire» la struttura e la tipologia

di una risorsa e quindi di reperirla.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA GESTIONE DEI DIRITTI

La naturale fluidità delle risorse digitali, la loro manipolabilità, l’essere

un luogo di interazione di numerosi potenziali soggetti, che ne possono

modificare la fisionomia originaria, sembrano contraddire i principi di

autorità e di originalità dell’opera alla base del diritto d’autore e della

normativa sul copyright, che presuppongono invece un’entità fisica e

giuridica ben definita e che regolamentano le pratiche sociali di

produzione e uso delle risorse.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA GESTIONE DEI DIRITTI

Le tecnologie digitali hanno ampliato il bacino dei potenziali fruitori di

tali diritti, come pure le tipologie bibliografiche e le modalità di fruizione

e di utilizzo a cui essi potrebbero essere applicati.

La necessità dunque di esercitare un controllo sulla distribuzione dei

contenuti ha spinto le figure titolari dei diritti connessi alle opere

all’individuazione di misure tecnologiche di protezione.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA GESTIONE DEI DIRITTI

Tale sistema di gestione dei diritti digitali, denominato DRM, Digital

Right Management, prevede procedure di autenticazione da parte

dell’utente e regolamenta l’accesso ai contenuti e la loro modalità di

utilizzo e di pagamento secondo differenti modelli di fruizione.

pay per download;

pay per use;

pay per view o pay per page;

sottoscrizione;

noleggio e prestito a pagamento;

preview;

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA GESTIONE DEI DIRITTI

Un efficiente sistema di DRM dovrebbe rispondere ai principi della

neutralità tecnologica, dell’accessibilità estesa agli utenti diversamente

abili, della flessibilità nei modelli di fruizione, dell’interoperabilità,

della trasparenza delle procedure e della tutela della privacy.

Soprattutto esso dovrebbe garantire il diritto alla lettura come diritto

inalienabile anche nel contesto digitale, onde evitare il paradosso di

una conoscenza sempre più accessibile ma meno fruibile.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA GESTIONE DEI DIRITTI

La comunicazione scientifica, resa finora disponibile attraverso il

circuito, gratuito o a pagamento, delle biblioteche o della distribuzione

libraria, è di fatto «recintata» perché la maggior parte delle basi dati,

che conservano i prodotti della ricerca più innovativa e della conoscenza

avanzata, è gestita da imprese editoriali o da istituzioni, pubbliche o

private, che li rendono accessibili solo dietro pagamento di costosi

abbonamenti, con i quali le biblioteche dell’università non acquistano il

possesso delle risorse, ma, solo una licenza d’uso.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA GESTIONE DEI DIRITTI

Al fine di facilitare la comunicazione scientifica nei nuovi ambienti

digitali, favorendone la sostenibilità economica, all’inizio del Duemila è

nato in ambito accademico il movimento dell’open access, proponendo e

praticando nuovi modelli editoriali:

Open archives, archivi destinati al deposito, alla gestione e alla

conservazione degli e-prints, cioè delle versioni elettroniche di articoli

scientifici, già sottoposti a peer review (post-print) o ancora da

sottoporre (pre-print) e poi dei PDF editoriali (policy Unifi).

Periodici open access, cioè pubblicazioni a testo completo accessibili

gratuitamente online che utilizzano software di gestione aperti

(www.JLIS.it).

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA GESTIONE DEI DIRITTI

L’accesso aperto è pienamente compatibile con la tutela della paternità e

della proprietà intellettuale ed è basato sul consenso dell’autore o del

titolare dei diritti d’autore.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA GESTIONE DEI DIRITTI

L’organizzazione Creative Commons, fondata da Lawrence Lessing, ha

spostato il concetto di proprietà intellettuale da diritto individuale a

diritto dell’industria culturale prevedendo quattro modalità di utilizzo di

un’opera:

attribution, obbligo di citazione della fonte;

non commercial, consenso all’uso purché non a fini commerciali;

no derivative works, autorizzazione per l’uso di contenuti derivati

dall’originale;

share like, condivisione dei contenuti alle condizioni prima

elencate.

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA GESTIONE DEI DIRITTI Creative Commons

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

LA GESTIONE DEI DIRITTI

La gestione dei diritti è materia assai delicata, per cui è bene predefinire,

con un documento istituzionale, la cornice giuridica e legislativa, entro la

quale si determinano i termini delle licenze e dei contratti e quelli di

fruizione e d’uso degli oggetti digitali.

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Prof. Mauro Guerrini

Biblioteca digitale 1

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

2

Manifesto AIB per le biblioteche digitali

http://www.aib.it/aib/cg/gbdigd05a.htm3

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

3

Il primo principio….

Le biblioteche digitali sono conversazioni

Cluetrain Manifesto: the end of business as usual (1999)

un documento che ridefinisce la natura ed i processi tipici dei mercati

nell'era del web in termini di comunicazioni tra persone.

http://www.cluetrain.com

«I mercati sono conversazioni. Quando pensate ad Internet, non pensate a dei camion Mack pieni di diavolerie destinate alla distribuzione, che rullano fra innumerevoli cartelloni pubblicitari. Pensate ad una tavola apparecchiata per due».

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

4

Il primo principio….

Le biblioteche digitali sono conversazioni

«Non biblioteca digitale, ma biblioteche digitali, non un sistema, una grande narrazione sistematica, ma tante conversazioni tenute insieme da un linguaggio comune, da una struttura comunicativa basata sull'assunzione di impegni fra comunità diverse per pubblici diversi».

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

5

Manifesto AIB per le biblioteche digitali

Il Gruppo di studio sulle biblioteche digitali dell’AIB pubblica il

Manifesto per la biblioteca digitale nel 2005.

Si struttura in 3 sezioni (e in 30 tesi):

Principi

Modelli

Funzioni

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

6

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Principi

1. Le biblioteche digitali sono conversazioni

2. Le biblioteche digitali forniscono servizi

Le biblioteche digitali si presentano come comunità di natura disciplinare,

territoriale o istituzionale diversa, che forniscono servizi agli utenti.

3. Le biblioteche digitali promuovono la conoscenza

Le biblioteche digitali realizzano servizi che, tramite la promozione dell'accesso

alle conoscenze, hanno come fini quelli di facilitare il pieno esercizio dei diritti di

cittadinanza e di favorire la formazione lungo tutto l'arco della vita.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

7

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Principi

4. Le biblioteche digitali sono biblioteche

Le biblioteche digitali condividono con tutte le altre biblioteche la natura di

servizio di mediazione per l'accesso alle conoscenze storicamente determinato

dall'interrelazione con il proprio ambiente; nello specifico contesto della

biblioteca ibrida esse mirano all'integrazione delle risorse digitali e di quelle non

digitali in un quadro di servizio adeguato alle esigenze degli utenti.

5. Le biblioteche digitali integrano le comunità

Le biblioteche digitali realizzano l'integrazione funzionale dei servizi offerti da

molteplici comunità: archivi, biblioteche, musei, istituzioni della formazione e

della ricerca, pubblica amministrazione, industria culturale, industria delle

tecnologie dell'informazione e della comunicazione.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

8

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Principi

6. Le biblioteche digitali diffondono i documenti

Le biblioteche digitali consentono al massimo grado la conservazione e la

diffusione, tra gli altri documenti, di pre-print, rapporti interni, dispense,

progetti di studio, protocolli sperimentali, pubblicazioni istituzionali, e altri e-

print altrimenti relegabili nella cosiddetta "letteratura grigia".

7. Le biblioteche digitali rispettano i diritti di tutti

Le biblioteche digitali perseguono l'equità ed il giusto equilibrio fra gli interessi

dei detentori dei diritti di proprietà intellettuale e gli interessi degli utenti ad un

accesso pieno alle conoscenze, e salvaguardano il diritto alla riservatezza degli

individui.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

9

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Principi

8. Le biblioteche digitali condividono i problemi delle loro comunità

Le biblioteche digitali basano il proprio rapporto con gli utenti sul metodo

dell'interazione, favoriscono la partecipazione attiva degli utenti alla propria

comunità e cercano di parlare il loro linguaggio.

9. Le biblioteche digitali mal sopportano il centralismo

Il vecchio modello di governo e controllo centralizzato ha determinato il

fallimento di molte biblioteche digitali. Lo sviluppo coordinato delle biblioteche

digitali è garantito dall'adozione e dalla diffusione di standard tecnologici che ne

assicurino l'interoperabilità e da modelli organizzativi che ne promuovano la

cooperazione.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

10

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Principi

10. Le biblioteche digitali sono in rete

Tutti i soggetti che hanno accesso ad Internet (ovvero alla "rete") sono potenziali

fruitori delle risorse digitali.

11. Le biblioteche digitali sono accessibili

Per garantire l'utilizzazione al più ampio e diversificato insieme di utenti

l'infrastruttura delle biblioteche digitali facilita l'individuazione e l'accesso alle

risorse digitali, adotta strumenti tali da combattere il digital divide e standard

tali da favorire l'usabilità e l'accessibilità dei siti, anche attraverso soluzioni che

supportino il multilinguismo al fine di garantire la diffusione dei contenuti nel

contesto europeo e internazionale.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

11

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Principi

12. Le biblioteche digitali si fanno conoscere

Le biblioteche digitali promuovono tutti gli aspetti della propria attività, educano

gli utenti al corretto utilizzo dei propri servizi e delle risorse digitali.

13. Le biblioteche digitali si mettono in discussione e si aggiornano

Le biblioteche digitali si impegnano costantemente nella valutazione (auditing,

benchmarking) e nell'aggiornamento della propria struttura, e dei propri servizi

e contenuti, allo scopo di perseguire al meglio gli obiettivi stabiliti e di orientare

la propria attività verso i nuovi obiettivi emergenti.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

12

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Principi

14. Le biblioteche digitali sono finanziate in maniera trasparente

Le biblioteche digitali sono finanziate con decisioni documentate, pubbliche e

trasparenti. Ogni progetto deve essere valutato secondo i criteri dell'innovazione

e dell'utilità.

15. Le biblioteche digitali non si occupano di techeology

Spesso le conversazioni sulle biblioteche digitali sono condizionate da posizioni

dove gli strumenti si presentano come un misto di tecnologia e di ideologia

(techeology) e diventano essi stessi fini e non mezzi per offrire servizi.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

13

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Modelli

16. Le biblioteche digitali hanno modelli flessibili

I modelli di biblioteche digitali devono essere flessibili, aggiornabili in funzione delle

innovazioni tecnologiche e aperti alle sinergie con aree di applicazione dell'Information

and Communication Technology (ICT) che si estendono oltre l'ambito specifico delle

biblioteche e degli archivi digitali (e-commerce, digital rights management, public key

infrastructure, e-learning, e-government).

17. Le biblioteche digitali sono definite da contenuti e servizi

Le biblioteche digitali sono definite in termini di contenuti, servizi, utenti, fornitori e

tecnologie. I contenuti, ovvero le risorse, sono costituiti dagli oggetti digitali veri e propri

e dai metadati associati (descrittivi, strutturali, tecnici, amministrativi e di

preservazione, e quelli relativi alla gestione dei diritti). I servizi consentono la fruibilità

degli oggetti digitali da parte delle varie tipologie di utenti, avvalendosi delle

informazioni veicolate dai metadati.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

14

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Modelli

18. I contenuti e i servizi sono eterogenei

Le biblioteche digitali si caratterizzano per l'eterogeneità dei tipi di oggetti e la

diversità del loro ciclo di vita, oltre che per i diversi tipi di metadati associati agli

oggetti e di servizi per la loro consultazione e utilizzo

19. L'accesso ai contenuti ed ai servizi è omogeneo

Le biblioteche digitali privilegiano interfacce di ricerca evolute, tali da unificare

il sistema di accesso a materiali eterogenei e multimediali, consentendo in una

sola azione di ricerca il reperimento di documenti appartenenti a diverse

tipologie di standard di registrazione e mezzi espressivi di creazione.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

15

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Modelli

20. Le biblioteche digitali hanno un'architettura articolata e basata su

standard

Componenti indispensabili per la costruzione dell'architettura delle biblioteche

digitali sono:

a) i portali come piattaforme per organizzare i servizi ed i contenuti;

b) i modelli (cross-searching, metadata harvesting, reference linking, ...);

c) i protocolli (SRU/SRW, OAI-PMH, NISO OpenURL, ISO-ILL, LDAP, ...) e gli

standard tecnologici (HTTP, WebServices, XML, PKI, ...) che costituiscono il

middleware per l'integrazione dei servizi di ricerca e accesso delle risorse in rete;

d) gli standard dei metadati (DC, MAG, ODRL, METS, MPEG-21, RDF, ...).

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

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Manifesto AIB per le biblioteche digitali Modelli

21. I detentori dei contenuti e i fornitori dei servizi interagiscono fra di

loro

L'infrastruttura delle biblioteche digitali prevede l'esistenza e la convivenza di

molteplici repository digitali e più service provider secondo il modello definito dalla

Open Archives Initiative (OAI); i repository espongono i metadati descrittivi ed

amministrativo- gestionali secondo il protocollo OAI-PMH ed i service provider li

utilizzano al fine di implementare portali di tipo disciplinare, territoriale o

istituzionale.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

17

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Modelli

22. I contenuti si articolano in molteplici collezioni

Ciascun repository ospita una o più collezioni che sono gestite in piena autonomia

dai rispettivi detentori. Sono incentivate le iniziative di cooperazione aventi per

obiettivo di armonizzare i contenuti, minimizzando le duplicazioni di tali collezioni.

23. L'accesso e la fruizione dei contenuti sono gestiti in autonomia

Ogni gestore/ detentore di un repository adotta in piena autonomia politiche di

controllo dell'accesso alle proprie risorse e implementa politiche di fruizione

diversificate in funzione dei diversi service provider, oltre che in base al tipo delle

risorse, dei servizi richiesti e degli utenti che ne fanno richiesta.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

18

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Funzioni

24. Le biblioteche digitali hanno come focus gli utenti

Il focus delle biblioteche digitali è sull'utente, avvalendosi della tecnologia dei portali

per integrare i servizi per la scoperta, la ricerca, la localizzazione e l'accesso alle risorse

con quelli di guida e di orientamento, di scelta dei contenuti, di personalizzazione

dell'interfaccia grafica e di utilizzo dello spazio di lavoro personale anche attraverso le

opportune funzioni di registrazione, profilatura, autenticazione e autorizzazione.

25. Le biblioteche digitali sono in rapporto con l'istruzione, l'università e

la ricerca

Per favorire l'attività degli istituti di istruzione e di ricerca di ogni livello, le biblioteche

digitali mettono a disposizione i propri repository e i propri servizi per la gestione dei

materiali necessari a tali attività e in particolare alle attività di e-learning.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

19

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Funzioni

26. Le biblioteche digitali si fanno carico, tramite la cooperazione, della

conservazione permanente dell'eredità culturale digitale

Alcuni repository, in base alle vigenti normative sul deposito legale e tramite la

cooperazione e l'integrazione delle proprie funzioni, sono deputati alla conservazione

permanente (ovvero allo scarto necessario) dell'eredità culturale digitale, e a questo

fine adottano gli standard più opportuni (es. Open Archival Information System (OAIS)

ISO 14721). Allo stesso modo gli istituti depositari adottano le migliori tecnologie per la

conservazione dei dati e per la loro consultabilità a lungo termine.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

20

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Funzioni

27. Il "Portale nazionale delle biblioteche digitali" è lo strumento di

accesso ai servizi dei molteplici service provider

Il "Portale nazionale delle biblioteche digitali" omogeneizza l'accesso ai molteplici

service provider e fornisce una visione integrata di tutte le risorse accessibili sul

territorio nazionale, agendo come metaindice nei loro confronti e implementandone la

directory nazionale.

28. L'adozione di software open source e di standard aperti favorisce la

diffusione dei contenuti

Per favorire la diffusione dei contenuti delle collezioni digitali è indispensabile

promuovere l'adozione e lo sviluppo di software open source, nonché lo sviluppo e la

diffusione di standard massimamente condivisi e aperti, che abbattano le barriere

d'accesso e non ne pongano altre.

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Manifesto AIB per le biblioteche

digitali

21

Manifesto AIB per le biblioteche digitali Funzioni

29. Le comunità delle biblioteche digitali condividono strumenti e

servizi gestionali

Devono essere sperimentati e sviluppati opportuni servizi, gestiti anche in modo

cooperativo, per l'assegnazione di identificatori univoci e persistenti alle risorse

digitali, per i digital rights management (DRM) e per la creazione di thesauri

condivisi.

30. Le biblioteche digitali favoriscono l'integrazione funzionale con i

motori di ricerca

Le biblioteche digitali favoriscono l'instaurarsi di rapporti funzionali con i motori

di ricerca come strumenti di aggregazione e ridistribuzione dei metadati relativi

alle proprie risorse.

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Corso di laurea in

Storia e tutela dei beni archeologici, artistici, archivistici e librari (L1).

Corso di biblioteconomia (MSTO/08)

Prof. Mauro Guerrini

Biblioteca digitale 1

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Manifesto IFLA per internet

2

Manifesto IFLA per internet

http://archive.ifla.org/III/misc/im-it.htm

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Manifesto IFLA per internet

3

Manifesto IFLA per internet Internet come diritto

«Il libero accesso all'informazione è essenziale per la libertà, l'uguaglianza, la comprensione mondiale e la pace».

• la libertà intellettuale è la base della democrazia ed è al centro del

servizio bibliotecario;

• la libertà di accesso all'informazione, è responsabilità fondamentale

dei bibliotecari e dei professionisti dell'informazione;

• l'offerta del libero accesso a Internet da parte delle biblioteche aiuta

a raggiungere la libertà, la prosperità e lo sviluppo;

• le barriere che ostacolano i flussi dell'informazione, specialmente

quelle che alimentano la disuguaglianza, la povertà e lo sconforto,

devono essere rimosse.

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Manifesto IFLA per internet

4

Manifesto IFLA per internet Internet come diritto

Il Manifesto considera l’accesso a internet un servizio essenziale delle

biblioteche, che dovrebbero:

• Supportare «il diritto degli utenti a ricercare l’informazione che

preferiscono».

• Assistere gli utenti con le necessarie capacità operative e in un

ambiente appropriato.

• Fornire agli utenti informazioni e risorse che servono per imparare a

usare internet.

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Manifesto IFLA per internet

5

Manifesto IFLA per internet Obiettivi del Manifesto

• L’accesso libero, privo di barriere o di censure di tipo ideologico,

politico o religioso, o gravato da ostacoli di tipo economico

• La gratuità

• La tutela della privacy

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Manifesto IFLA per internet

6

Manifesto IFLA per internet L’accesso libero

L'accesso a Internet e a tutte le sue risorse dovrebbe essere coerente

con la Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite e

in particolare con l'articolo 19:

Tutti hanno diritto alla libertà di opinione e di espressione; questo diritto presuppone la libertà di avere delle opinioni senza subire ingerenze di sorta, e di cercare, ricevere e impartire informazioni e idee con qualsiasi mezzo, indipendentemente dalle frontiere.

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Manifesto IFLA per internet

7

Manifesto IFLA per internet L’accesso libero

L'interconnessione globale di Internet offre un mezzo tramite il quale

tutti possono godere di questo diritto. Di conseguenza, l'accesso non

dovrebbe essere sottoposto ad alcuna forma di censura ideologica,

politica o religiosa, né a barriere economiche. Le biblioteche e i servizi

informativi hanno anche la responsabilità di servire tutti i membri

della comunità senza discriminazioni di età, razza, nazionalità,

religione, cultura, appartenenza politica, disabilità fisiche o di altro

tipo, genere o orientamento sessuale, o qualsiasi altra condizione

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Manifesto IFLA per internet

8

Manifesto IFLA per internet L’accesso libero

Accesso libero e senza censura a qualunque tipo di contenuto?

• La comunità professionale non è compatta nell’atteggiamento verso

l’uso di internet in biblioteca

• Atteggiamenti culturali diversi

• Ostacoli nella gestione dei problemi tecnici, giuridici, economici

• Interpretazione diversa del significato di internet in biblioteca

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Manifesto IFLA per internet

9

Manifesto IFLA per internet L’accesso libero

Accesso libero e senza censura a qualunque tipo di contenuto?

Le biblioteche e i servizi informativi hanno il compito di facilitare e

promuovere l'accesso pubblico a un'informazione e a una comunicazione

di qualità.

Bisogna aiutare gli utenti mettendo a loro disposizione le competenze

necessarie e ambienti adeguati, dove possano utilizzare liberamente e

con fiducia le fonti informative e i servizi prescelti.

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Manifesto IFLA per internet

10

Manifesto IFLA per internet L’accesso libero

Accesso libero e senza censura a qualunque tipo di contenuto?

Oltre alle tante risorse valide disponibili tramite Internet, ve ne sono di

inesatte, fuorvianti e potenzialmente offensive. I bibliotecari

dovrebbero fornire informazioni e risorse che aiutino gli utenti a

imparare a utilizzare Internet e l'informazione elettronica in modo

efficace ed efficiente. Dovrebbero promuovere attivamente e agevolare

un accesso responsabile a informazioni di qualità per tutti i loro utenti,

compresi i bambini e i giovani.

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Manifesto IFLA per internet

11

Manifesto IFLA per internet L’accesso libero

Accesso libero e senza censura a qualunque tipo di contenuto?

Ruolo centrale della biblioteca nell’alfabetizzazione informatica e nel

fornire un servizio sociale e civile

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Manifesto IFLA per internet

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Manifesto IFLA per internet La gratuità

L'interconnessione globale di Internet offre un mezzo tramite il quale

tutti possono godere di questo diritto. Di conseguenza, l'accesso non

dovrebbe essere sottoposto ad alcuna forma di censura ideologica,

politica o religiosa, né a barriere economiche.

Dopo si dichiara....

Internet nelle biblioteche e nei servizi informativi dovrebbe essere

gratuito, come gli altri servizi di base.

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Manifesto IFLA per internet

13

Manifesto IFLA per internet La tutela della privacy

Le biblioteche e i servizi informativi dovrebbero sostenere il diritto

degli utenti di cercare informazioni di loro scelta.

Le biblioteche e i servizi informativi dovrebbero rispettare il diritto

degli utenti alla riservatezza e riconoscere che le risorse di cui fanno

uso debbano rimanere confidenziali.

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Manifesto IFLA per internet

14

Manifesto IFLA per internet Attuazione del Manifesto

L'IFLA incoraggia la comunità internazionale a sostenere lo sviluppo

dell'accessibilità a Internet nel mondo intero e particolarmente nei

paesi in via di sviluppo, perché tutti possano beneficiare

dell'informazione offerta tramite Internet.

L'IFLA incoraggia i governi nazionali a sviluppare una propria

infrastruttura dell'informazione, che permetta l'accesso a Internet a

tutta la popolazione.

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Manifesto IFLA per internet

15

Manifesto IFLA per internet Attuazione del Manifesto

L'IFLA incoraggia tutti i governi a sostenere il libero flusso

dell'informazione accessibile tramite Internet nelle biblioteche e nei

servizi informativi e a opporsi a qualsiasi tentativo di censurare o

inibire l'accesso.

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Manifesto IFLA per internet

16

Manifesto IFLA per internet Attuazione del Manifesto

L'IFLA sollecita la comunità bibliotecaria e i responsabili a livello

nazionale e locale a sviluppare strategie, politiche e piani di attuazione

dei principi espressi in questo Manifesto.

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Corso di laurea in

Storia e tutela dei beni archeologici, artistici, archivistici e librari (L1).

Corso di biblioteconomia (MSTO/08)

Prof. Mauro Guerrini

Biblioteca digitale 1

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Documenti IFLA sulle Biblioteche Digitai

I DOCUMENTI INTERNAZIONALI

IFLA SULLE BIBLIOTECHE DIGITALI

2

Manifesto IFLA per internet (2005)

IFLA/UNESCO Digital Library Manifesto (2007-2011)

IFLA e-Lending Background Paper (2012)

Libraries, eLending, and the Future of Public Access to Digital

Content e Matrix: Models of Accessing Digital Content (2012)

IFLA Principles for Library e-Lending (2013)

IFLA 2014 eLending Background Paper (2014)

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Biblioteca digitale 3

Cos’è la biblioteca digitale?

«A digital library is an online collection of digital objects, of assured quality, that are created or collected and managed according to internationally accepted principles for collection development and made accessible in a coherent and sustainable manner, supported by services necessary to allow users to retrieve and exploit the resources».

IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries http://www.ifla.org/publications/iflaunesco-manifesto-for-digital-libraries

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IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

4

IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries

http://www.ifla.org/digital-libraries/manifesto

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IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

5

IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries

Scorrendo la pagina

seguente è possibile

scaricare il documento in pdf in lingua inglese. Manca la traduzione italiana.

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IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

6

IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries

Il Manifesto IFLA per le biblioteche digitali è stato redatto sotto

supervisione del Presidente IFLA Claudia Lux ( 2007-2009).

Il Manifesto è stato succesivamente approvato dal Board dell'IFLA nel

dicembre 2007 e rivisto nel dicembre 2010.

Nel novembre 2011, l'UNESCO ha approvato il Manifesto IFLA per le

biblioteche digitali in occasione della conferenza generale del 2011.

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IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

7

IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries Struttura

The digital divide is an information divide

Digital libraries

Mission and goals

Content creation, access and preservation

Implementing the Manifesto

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IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries 8

IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries The digital divide is an information divide

Colmare il divario digitale è un fattore chiave per il raggiungimento

degli obiettivi delle Nazioni Unite.

L'accesso alle risorse informative e ai mezzi di comunicazione supporta

la salute e l'educazione tanto quanto lo sviluppo culturale ed economico.

La diffusione delle informazioni permette ai cittadini di partecipare alla

formazione permanente e all’ educazione.

Lo scambio di informazioni relative ai risultati ottenuti nel mondo

permette a tutti di partecipare costruttivamente allo sviluppo del

proprio ambiente sociale.

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9

IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries The digital divide is an information divide

La parità di accesso al patrimonio culturale e scientifico del genere

umano è diritto di ogni persona e aiuta a promuovere l'apprendimento e

la comprensione della ricchezza e della diversità della mondo, non solo

per la generazione presente, ma anche per le generazioni future.

Le biblioteche hanno svolto a lungo un ruolo essenziale nella promozione

della pace e dei valori umani. Le biblioteche adesso operano in digitale, e

i loro servizi digitali aprono un nuovo canale per l'universo delle

conoscenze e delle informazioni, che collegano le culture tramite i confini

geografici e sociali.

IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

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10

IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries Digital libraries

La biblioteca digitale costituisce una parte integrante del servizio di

una biblioteca, applicando nuove tecnologie per provvedere l’accesso

alle collezioni digitali.

Le collezioni della biblioteca digitale sono create, gestite e rese

accessibili in modo che possano essere prontamente ed economicamente

disponibili per l’uso da parte di una precisa comunità di riferimento o di

un insieme di comunità.

IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

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11

IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries Mission and goals

La missione della biblioteca digitale è dare accesso diretto alle risorse

informative, digitali e non, in modo strutturato e autorevole, e inserire

l’Information Technology (IT), l’istruzione e la cultura nei servizi della

biblioteca contemporanea.

IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

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IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries Mission and goals

Per realizzare questa missione vengono perseguiti i seguenti obiettivi:

Sostenere la digitalizzazione, l'accesso e la conservazione del

patrimonio culturale e scientifico.

Fornire l'accesso per tutti gli utenti alle risorse informative raccolte

dalle biblioteche, nel rispetto dei diritti della proprietà intellettuale.

La creazione di sistemi bibliotecari digitali interoperabili per

promuovere standard e accesso aperti.

IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

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IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries Mission and goals

Sostenere il ruolo centrale delle biblioteche e dei servizi di

informazione per la promozione di standard comuni e best practice.

Creare consapevolezza dell’urgente necessità di garantire

l'accessibilità permanente alle risorse digitali.

Collegare le biblioteche digitali alle reti di ricerca e sviluppo ad alta

velocità.

Approfittare della crescente convergenza dei mezzi di comunicazione

e ruoli istituzionali per creare e diffondere contenuti digitali.

IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

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IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries Content creation, access and preservation

Costruire una biblioteca digitale richiede contenuti in formato digitale,

sia nati digitali (digital born) sia digitalizzati (digitalized).

Molti paesi hanno creato programmi nazionali di digitalizzazione e molti

lo faranno, come deciso durante il World Summit on the Information

Society (Tunis, 2005; http://www.itu.int/net/wsis/tunis/).

L’IFLA incoraggia le strategie nazionali e internazionali di

digitalizzazione come quelle delle singole biblioteche. La digitalizzazione

permette la creazione di collezioni virtuali mettendo insieme le risorse

informative dei diversi continenti.

La digitalizzazione ha, inoltre, un ruolo e uno scopo conservativo, nel

caso di deterioramento dei documenti e dei supporti originali. IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

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IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries Content creation, access and preservation

I prodotti della digitalizzazione devono essere a loro volta conservati,

così come le risorse digital born. Tutte le iniziative delle biblioteche

digitali devono includere piani per la conservazione digitale. La

biblioteca digitale rappresenta una struttura che riunisce collezioni,

servizi e persone a sostegno dell’intero ciclo di vita dei dati, delle

informazioni e delle conoscenze. L'interoperabilità e la sostenibilità

sono punti fondamentali affinché le biblioteche digitali siano in grado di

comunicare tra loro. Le biblioteche digitali conformi a standard

comunemente accettati e a protocolli aperti migliorano l’accesso e la

diffusione della conoscenza su scala mondiale.

IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

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IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries Implementing the Manifesto

L’IFLA incoraggia i governi nazionali, le organizzazioni intergovernative

e gli sponsor a riconoscere l'importanza strategica delle biblioteche

digitali e a sostenere attivamente il loro sviluppo.

I contributi ai programmi di digitalizzazione su larga scala servono a

rendere le risorse informative, culturali e scientifiche maggiormente

disponibili e far progredire le iniziative nazionali e internazionali per la

costituzione di biblioteche digitali che dovranno essere sostenibili nel

tempo.

È richiesta una legislazione specifica e il sostegno finanziario da parte

dei governi nazionali e locali per colmare il digital divide e per garantire

un accesso sostenibile.

IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

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IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries Implementing the Manifesto

Qualsiasi strategia a lungo termine dovrà puntare a colmare il divario

digitale e a rafforzare lo sviluppo dell'istruzione, l'alfabetizzazione, la

cultura – e soprattutto – fornire l'accesso alle informazioni.

Colmare il divario digitale implica la responsabilità da parte delle

autorità competenti di incorporare l’information literacy nei programmi

di studio, e la consapevolezza che molte informazioni preziose del

passato non sono in forma digitale.

L’IFLA incoraggia le biblioteche a collaborare con altre istituzioni

culturali e scientifiche per fornire risorse digitali ricche e diversificate

che supportano l'istruzione e la ricerca, il turismo e la creatività.

IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

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18

IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries Implementing the Manifesto

È essenziale la consultazione con i titolari dei diritti e con gli altri

soggetti interessati. Chi si occupa di progettare e rendere operative le

biblioteche digitali dovrebbe consultarsi con le comunità locali di cui si

propone di digitalizzare il patrimonio culturale, materiale e

immateriale al fine di garantire che i loro diritti e desideri siano

rispettati. La realizzazione della biblioteca digitale deve supportare la

parità di accesso ai contenuti per soddisfare le particolari esigenze delle

persone con disabilità.

IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

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19

IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries Implementing the Manifesto

Le autorità dovrebbero essere consapevoli del fatto che la pianificazione

attiva per le biblioteche digitali a qualsiasi livello (nazionale, regionale

e locale) riguarda i seguenti aspetti:

personale formato;

edifici e strutture adeguati;

pianificazione integrata per biblioteche e archivi;

finanziamenti;

impostazione degli standard.

IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

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20

IFLA/UNESCO Manifesto for Digital Libraries Implementing the Manifesto

L’individuazione di obiettivi e strategie nazionali, come raccomandato

dal vertice mondiale sulla società dell'informazione, ha potuto stabilire

una solida base per la pianificazione di biblioteche digitali.

IFLA/UNESCO

Manifesto for Digital Libraries

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Corso di laurea in

Storia e tutela dei beni archeologici, artistici, archivistici e librari (L1).

Corso di biblioteconomia (MSTO/08)

Prof. Mauro Guerrini

Biblioteca digitale 1

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE

2

Nell’aprile del 2001 si sono riuniti pertanto a Lund, in Svezia, vari

rappresentanti ed esperti che hanno pubblicato alcune

raccomandazioni:

I Principi di Lund

Piano d’azione per il coordinamento delle politiche di

digitalizzazione che ne rappresentava il programma operativo da

realizzare nel periodo 2002-2005.

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE

3

I principi di Lund riconoscono alla digitalizzazione dei contenuti

culturali e scientifici un ruolo chiave nella diffusione del patrimonio

culturale europeo e, nel contempo, "nel mantenimento e nella

promozione delle diverse identità culturali in un ambiente

globalizzato".

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE

4

La conservazione, intesa tradizionalmente, consiste nell’assicurare la

stabilità nel tempo dei supporti fisici, in modo da assicurare l’accesso

all’informazione da essi veicolata. Oggi la crescente quantità di

informazioni in formato elettronico ha spostato l’attenzione su nuovi

fattori di rischio, legati non solo alla labilità dei supporti, ma anche

alla veloce obsolescenza di sistemi operativi e formati.

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE Il principio della biblioteca moderna

5

La nascità della Kunst- und Wunderkammer

La collezione come cuore della biblioteca

Gli aspetti fondamentali della collezione e della biblioteca moderna:

- durabilità/sostenibilità

- ordine

- apertura al pubblico

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LA BIBLIOTECA DIGITALE Il principio della biblioteca moderna

6

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LA BIBLIOTECA DIGITALE Il principio della biblioteca moderna

7

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE Le biblioteche nell‘epoca della produzione di massa del libro stampato

8

Esplosione della produzione del libro stampato nella seconda metà

dell‘800 ed in seguito delle raccolte bibliotecarie;

L‘invenzione della biblioteca di deposito;

Lo sparire dei libri nei magazzini o il catalogo diventa la chiave e la

bussola nell‘uso della biblioteca;

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE La biblioteca digitale e le nuove qualità del servizio bibliotecario

9

Visibilità

Accessibilità

Contestualizzazione

(Interoperabilità)

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE La straordinaria complessità del tema biblioteca digitale

10

tecnica

giuridica

biblioteconomica

organizzativa

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE Esempi

11

Biblioteca Digitale Italiana

BNF: Gallica

British Library

Deutsche Digitale Bibliothek (DDB)

Bavarìkon

Europeana

American Memory

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE BDI-Biblioteca Digitale Italiana

12

Il progetto BDI – Biblioteca Digitale Italiana, commissionato dalla

Direzione Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali, ha come

obiettivo, oltre al coordinamento delle attività di digitalizzazione dei

documenti inerenti il patrimonio italiano, anche la promozione di questo

mediante attività e interventi specifici.

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE BDI-Biblioteca Digitale Italiana

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Tra le attività, il miglioramento dei servizi offerti dal portale internet a

oggi ricco di contenuti ed estremamente usabile nella ricerca dei

contenuti.

E’ possibile effettuare tre diversi tipi di ricerca:

- Ricerca libera

- Ricerca per Istituto

- Ricerca per Collezione

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE BDI-Biblioteca Digitale Italiana Portale INTERNET CULTURALE,

CATALOGHI E COLLEZIONI DIGITALI DELLE BIBLIOTECHE ITALIANE

14

Tra le attività, il miglioramento dei servizi offerti dal portale internet a

oggi ricco di contenuti ed estremamente usabile nella ricerca dei

contenuti.

E’ possibile effettuare tre diversi tipi di ricerca:

- Ricerca libera

- Ricerca per Istituto

- Ricerca per Collezione

http://www.internetculturale.it/opencms/opencms/it/

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE BNF Gallica

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Gallica è una delle biblioteche digitali disponibili gratuitamente su

Internet, è la biblioteca digitale della Bibliothèque Nationale de France. Fornisce l’accesso a qualsiasi tipo di documento: libri, libri a

stampa e riviste, immagini e formati di testo, manoscritti, riproduzioni

sonore, documenti iconografici, mappe e piani. I documenti selezionati

dalla BNF mostrano il patrimonio francese e la sua influenza in

Europa e nel mondo. In collaborazione con le biblioteche e gli editori

nazionali europei, la BnF lavora alla costruzione di Europeana, a tal

fine, il contenuto Gallica è regolarmente raccolto da Europeana.

http://gallica.bnf.fr/

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE British Library

18

La British Library è una delle più grandi biblioteche del mondo e ha

una gamma impressionante di materiali, come libri, periodici, giornali,

mappe, dipinti, spartiti, mappe, francobolli, registrazioni audio e video

per citarne alcuni.

Parte del materiale è in forma digitale, e la quantità è naturalmente in

continua espansione.

British Library Labs, incoraggia la sperimentazione e l'uso delle

collezioni digitali.

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE British Library

19

http://www.bl.uk/

Le collezioni della British Library sono state classificate

come indicato qui di seguito:

Dataset

Immagini

Libri/testo

Musica

Mappe

suoni

Multimedia

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE

Deutsche Digitale Bibliothek (DDB)

21

https://www.deutsche-digitale-bibliothek.de/

La Deutsche Digitale Bibliothek è una biblioteca virtuale che collega

30.000 istituzioni culturali e scientifiche tedesche, creando una

piattaforma comune per renderle accessibili al pubblico. La prima

versione completa è stata rilasciata il 31 marzo 2014. La DDB è

integrata a livello europeo in Europeana.

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE

Bavarìkon

23

http://www.bavarikon.de/

Bavarìkon è una piattaforma digitale per l'arte, la cultura e la civiltà

della Baviera, con un interesse per le attività nel campo della cultura

digitale. Non è un progetto completo, ma è costantemente alla ricerca di

nuovi partner e contenuti. Una caratteristica particolare è che

Bavarìkon non offre solo i metadati degli oggetti digitalizzati, ma copie

digitali con metadati completamente integrati.

Questi contenuti possono essere inoltrati anche tramite la Deutsche Digitale Bibliothek e Europeana.

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE

Europeana

25

http://www.europeana.eu/portal/it

Europeana è un’iniziativa cominciata nel 2007 con la partecipazione di

100 istituzioni culturali e scientifiche e di esperti di tecnologia

dell’informazione provenienti da tutta l’Europa. Costituisce un

innovativo portale web che apre l’accesso alle risorse digitali di musei,

biblioteche, archivi e collezioni audiovisive d’Europa. I visitatori possono

scoprire, condividere, riutilizzare e prendere ispirazione dalla ricca

diversità del patrimonio culturale e scientifico del continente europeo.

Libri e manoscritti, fotografie e dipinti, filmati televisivi e film, sculture

e manufatti, spartiti musicali e registrazioni e molto altro ancora.

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Biblioteca digitale

LA BIBLIOTECA DIGITALE

The Library of Congress American Memory

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https://memory.loc.gov/ammem/index.html

American Memory è un deposito online di informazioni gestito dalla

Library of Congress per le risorse ad accesso aperto di immagini, audio,

video e contenuti Web. American Memory offre accesso libero e gratuito

a documenti, registrazioni sonore, immagini fisse e in movimento,

stampe, mappe e spartiti che documentano l’esperienza americana. Si

tratta di una registrazione digitale della storia e della creatività

americana. Questi materiali sono messi al servizio del pubblico come

una risorsa per l’educazione e l’apprendimento permanente.

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Biblioteca digitale

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LA BIBLIOTECA DIGITALE

ALCUNI ESEMPI

O da parte di biblioteche e di altre enti di cultura, anche

privati come nel caso di HathiTrust

(https://de.wikipedia.org/wiki/HathiTrust), oggi con 14 milioni

di dati, la più grande biblioteca al mondo, che offre ai soci

(compresi partner fuori degli Stati Uniti) l’archiviazione dei

dati e molti altri servizi innovativi;

Negli USA sono nate megastrutture, grandi iniziative

cooperative, da parte di personaggi straordinari, come nel caso

del progetto Internet Archive, fondato nel 1996 da Brewster

Kahle. (https://de.wikipedia.org/wiki/Internet_Archive)

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Biblioteca digitale

30

LA BIBLIOTECA DIGITALE

ALCUNI ESEMPI

L'ultima nata è la Digital Public Library of America –

(https://en.wikipedia.org/wiki/Digital_Public_Library_of_America), a

cui partecipano grandi e piccole biblioteche, come archivi locali e

nazionali, musei e molte altre istituzioni di cultura nel più vasto senso

del termine; sottende il progetto un’idea cooperativa: lavorare con

standard, abbassare i costi, aumentando contemporaneamente il

servizio per l'utente finale.

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IFLA Principles for Library

e-Lending

31

Che cos’è l’e-Lending?

«E-Lending is the temporary provision of an eBook by a library to a registered user for use away from the library premises and in the library should the user wish».

IFLA 2014 eLending Background Paper http://www.ifla.org/publications/node/8852

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IFLA Principles for Library

e-Lending

32

Che cos’è l’e-Lending?

Il documento contiene due precisazioni:

Le condizioni alle quali l’e-Book è prestato possono essere dettate dal contratto di acquisto, di licenza o dalla biblioteca stessa, compreso il numero di utenti simultanei, la durata del prestito etc.

L’eBook può essere erogato al dispositivo del lettore da un fornitore o dal server dell’editore o della biblioteca.

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IFLA Principles for Library

e-Lending

33

Che cos’è l’e-Lending?

Comunemente per prestito digitale si intende l’accesso a risorse elettroniche per un periodo di tempo predeterminato o lo scarico di queste su un dispositivo personale dell’utente.

In quest’ultimo caso il carattere di temporaneità viene garantito da forme di protezione applicate sui file che verranno automaticamente cancellati o resi inaccessibili dopo il termine previsto (DRM).

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IFLA Principles for Library

e-Lending

34

Che cos’è l’e-Lending?

Il prestito digitale differisce profondamente da quello di una risorsa fisica anche dal punto di vista giuridico, con ricadute importanti sui diritti posseduti dalla biblioteca:

- Nel caso di risorse fisiche si ha l’esaurimento dei diritti di distribuzione dopo la prima vendita e la biblioteca può quindi disporre liberamente delle copie acquistate per il prestito agli utenti.

- Dato che l’e-lending è un servizio, l’acquisto di una risorsa digitale si ottiene tramite un accordo di licenza con il detentore dei diritti che può stabilire autonomamente la propria politica di acquisizione.

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IFLA Principles for Library

e-Lending

35

IFLA Principles for Library e-Lending

2012: Documento preliminare eLending Background Paper; Libraries, eLending, and the Future of Public Access to Digital Content; Matrix: Models of Accessing Digital Content.

2013: Principles for Library e-Lending.

2014: aggiornamento IFLA 2014 eLending Background Paper.

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IFLA Principles for Library

e-Lending 36

IFLA Principles for Library e-Lending

http://www.ifla.org/elending/principles

Scorrendo la pagina è

possibile scaricare il

documento in Word o pdf in lingua inglese.

Manca la traduzione

italiana.

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IFLA Principles for Library

e-Lending

37

I contenuti digitali sono stati una componente importante delle collezioni bibliotecarie per oltre due decadi. Fino a tempi relativamente recenti questi contenuti comprendevano per lo più l'accesso a database aggregati di giornali, riviste scientifiche e tecniche e di monografie specializzate. Dal 2010 il crescente aumento nell'acquisto di eReaders da parte dei consumatori in alcuni mercati, e il corrispondente aumento nella disponibilità di eBooks in commercio ha a sua volta portato all'incremento della domanda di eBook nelle biblioteche pubbliche.

IFLA Principles for Library e-Lending Background

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IFLA Principles for Library

e-Lending

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L'acquisizione e l'uso da parte delle biblioteche dei database digitali, in genere pubblicati da editori accademici, è stato affrontato nel IFLA Licensing Principles (2001) che ha presentato “una serie di pricipi base che dovrebbero prevalere nelle relazioni contrattuali e nei contratti scritti tra biblioteche e information providers”.

Il commercio editoriale degli eBook, che si sta rapidamente evolvendo, presenta differenti sfide tecniche, legali e strategiche che hanno condotto in alcuni casi a confusione e frustrazione per le biblioteche e i loro utenti, ma anche per editori e autori.

IFLA Principles for Library e-Lending Background

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IFLA Principles for Library

e-Lending

39

Nel 2011, l'IFLA Governing Board istituì un Working Group allo scopo di proporre azioni che l'IFLA e i suoi membri avrebbero dovuto considerare per affrontare la situazione.

Nell'aprile 2012, l'eLending Working Group produsse un documento di riferimento e commissionò un “think-piece”, “Libraries, e-Lending and the Future of Public Access to Digital Content” che ha costituito la base per la discussione all'incontro di esperti del novembre 2012. Nel febbraio 2013, Principles for library eLending fu approvato dal Governing Board per aiutare le biblioteche a affrontare le questioni relative all'inclusione degli eBook scaricabili nelle collezioni bibliotecarie.

IFLA Principles for Library e-Lending Background

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IFLA Principles for Library

e-Lending

40

L'ambiente degli eBook sta cambiando rapidamente e così di riflesso l'IFLA ha aggiornato gli Ifla Principles for library eLending . I Principi rivisti mantengono il focus sull'acquisizione di eBook, sull'importanza delle eccezioni e delle limitazioni del copyright, sull'accessibilità, la continuità dell'accesso includendo l'abilità di preservare la privacy degli utenti con una prefazione riveduta e una formulazione più concisa.

IFLA Principles for Library e-Lending Background

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IFLA Principles for Library

e-Lending

41

L'arrivo dell'era di internet e la proliferazione del contenuto digitale hanno proclamato una nuova e eccitante fase nella democratizzazione dell'informazione, delle idee e della conoscenza – senza dubbio almeno altrettanto potente e plasmante come qualsiasi altro evento nella storia documentata. Tuttavia, nonostante la miriade di innovazioni sociali e i benefici economici connessi alla capillare distribuzione digitale e all'accesso alle informazioni e ai contenuti, ci sono segnali preoccupanti che nel regno del pubblico accesso, l'orologio stia tornando indietro in determinate aree.

IFLA Principles for Library e-Lending Preamble

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IFLA Principles for Library

e-Lending

42

A questo punto dell'evoluzione della diffusione digitale dei contenuti del testo base, le biblioteche e i loro utenti desiderano come minimo essere in grado di ottenere e utilizzare un eBook allo stesso modo in cui possono ottenere e utilizzare un libro stampato. Tuttavia, le biblioteche devono affrontare la nuova realtà in cui spesso sono costretti da acquisire per le loro collezioni ebook disponibili in commercio a termini e condizioni accettabili.

Il termine dei diritti per i contenuti digitali è una questione di crescente incertezza e dibattito giuridico. I titolari dei diritti operano sul presupposto che essi possano controllare tutti i successivi usi delle opere digitali in seguito all'accesso iniziale da parte dell'acquirente. Questa ipotesi è stata oggetto di procedimenti giudiziari in diversi paesi.

IFLA Principles for Library e-Lending Preamble

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IFLA Principles for Library

e-Lending

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L’IFLA Principles on eBook in Libraries si basa sul presupposto che sia necessario per biblioteche e editori/autori concordare termini ragionevoli e condizioni di acquisizione degli eBook da parte delle biblioteche, permettendo così alle biblioteche stesse di soddisfare la missione di garantire l'accesso alla conoscenza e all'informazione per la loro comunità. Mentre abbiamo bisogno di soluzioni che supportino la sostenibilità finanziaria dell’editore e dell’autore, non è accettabile per un editore o un autore limitare la capacità della biblioteca di avere in licenza e/o acquistare gli eBooks disponibili in commercio per le collezioni bibliotecarie.

IFLA Principles for Library e-Lending Preamble

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IFLA Principles for Library

e-Lending

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Le biblioteche di tutto il mondo operano con la missione fondamentale di fornire l'accesso a informazioni e, pur riconoscendo che esistono differenze regionali nelle capacità tecnologica e nella maturità del mercato di eBook, questa missione è universale e dovrebbe prevalere.

IFLA Principles for Library e-Lending Preamble

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IFLA Principles for Library

e-Lending

45

1 Una biblioteca deve avere il diritto di avere in licenza e/o acquistare qualsiasi eBook disponibile in commercio senza embargo.

Se i titoli sono negati al mercato bibliotecario dagli editori e/o autori, la legislazione nazionale dovrebbe esigere tale accesso a condizioni ragionevoli. Le biblioteche devono essere in grado di determinare i propri acquisti, scegliendo i titoli specifici dall'editore o dalla lista del distributore a sostegno del loro mandato di fornire alla comunità l'accesso all'informazione e alla conoscenza.

IFLA Principles for Library e-Lending Principles

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IFLA Principles for Library

e-Lending

46

2 Una biblioteca deve avere accesso agli eBook a termini e condizioni ragionevoli e a un prezzo equo.

Le condizioni di accesso devono essere trasparenti e i costi prevedibili per consentire alla biblioteca di operare nell'ambito del suo bilancio e dei suoi finanziamenti ciclici.

IFLA Principles for Library e-Lending Principles

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IFLA Principles for Library

e-Lending

47

3 Le opzioni di licenza/acquisto degli eBook devono rispettare le limitazioni dei diritti d'autore e le eccezioni disponibili alle biblioteche e ai loro utenti secondo leggi nazionali, come il diritto a:

a. Copiare una porzione di testo b. Riformattare l’opera al fine di conservarla, se è ottenuta in licenza e/o acquistata per l'accesso permanente c. Fornire una copia temporanea dell’opera a un'altra biblioteca in risposta a una richiesta dell'utente d. Riformattare l’opera per consentire l'accesso per le persone con disabilità e. Bypassare una misura tecnologica di protezione al fine di esercitare qualsiasi scopo non violativo.

IFLA Principles for Library e-Lending Principles

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IFLA Principles for Library

e-Lending

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4 Gli eBook disponibili per le biblioteche dovranno essere su una piattaforma neutrale e sviluppata con standard di accessibilità.

Il contenuto deve essere in grado di integrare nei sistemi bibliotecari e nei cataloghi on-line a accesso pubblico, e di cooperare tra le piattaforme, applicazioni e i dispositivi e-reader in cui la biblioteca o libreria promotrice ha scelto di investire.

IFLA Principles for Library e-Lending Principles

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IFLA Principles for Library

e-Lending

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5 Devono essere messe in atto delle strategie per garantire la conservazione a lungo termine dei titoli eBook da parte delle biblioteche.

La disponibilità a lungo termine dei titoli di e-book non deve essere compromessa da fattori come la cessazione delle pubblicazioni da parte di un editore. Questo può essere affrontato mediante misure, tra le quali lo sviluppo collaborativo di banche dati d'archiviazione di editori e biblioteche e soluzioni legislative che richiedono il deposito legale di contenuti digitali con agenzie specifiche.

IFLA Principles for Library e-Lending Principles

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IFLA Principles for Library

e-Lending

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6 I servizi di e-book devono proteggere la privacy degli utenti della biblioteca.

Le biblioteche e i loro utenti devono essere in grado di prendere decisioni informate circa il controllo e l'uso di informazioni personali, tra cui le scelte di lettura.

IFLA Principles for Library e-Lending Principles

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IFLA 2014 eLending Background

Paper 51

IFLA 2014 eLending Background Paper

http://www.ifla.org/publications/node/8852

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IFLA 2014 eLending Background

Paper 52

IFLA 2014 eLending Background Paper

I principi per il prestito digitale vengono interamente riconfermati

Si sente la necessità di ampliare e aggiornare la riflessione sul contesto generale di riferimento

La struttura e l’organizzazione dei settori editoriali possono variare notevolmente in base al contesto nazionale, senza dimenticare che in alcune aree geografiche grava ancora pesantemente il divario digitale e la copertura dei contenuti elettronici è molto esigua

Il primo punto di riferimento restano gli USA dove le risorse elettroniche sono ampiamente impiegate e costituiscono una fetta importante della collezione bibliotecaria

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MATRIX: Models of Accessing Digital

Content 53

L’e-lending in pratica…..

MATRIX: Models of Accessing Digital Content Libraries, e-Lending and the future of public access to digital content

http://www.ifla.org/publications/libraries-e-lending-and-the-future-of-public-access-to-digital-content

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MATRIX: Models of Accessing Digital

Content 54

MATRIX: Models of Accessing Digital Content Libraries, e-Lending and the future of public access to digital content

Scorrendo la pagina del Libraries, e-Lending and the future of public access to digital content è possibile scaricare il documento in pdf in lingua inglese.

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MATRIX: Models of Accessing Digital

Content 55

MATRIX: Models of Accessing Digital Content

Documento sviluppato nel giugno 2013 all’interno del gruppo di studio

IFLA dedicato al digitale e presentato nel Libraries, e-Lending and the

Future of Public Access to Digital Content.

E' una tabella che riassume le diverse tipologie e caratteristiche dei

fornitori di risorse elettroniche, analizzate nel documento correlato

Libraries, e-Lending and the Future of Public Access to Digital

Content.

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MATRIX: Models of Accessing Digital

Content 56

MATRIX: Models of Accessing Digital Content

Categorie analizzate:

• Traditional Big Six Publishers (Simon & Schuste, Hachette, Random

House, Penguin, Macmillan, Harper Collins)

• Online Publishers/retailers

• Distributors

• Self-Publishing

• Profit share purchase model (Bilbary)

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MATRIX: Models of Accessing Digital

Content 57

MATRIX: Models of Accessing Digital Content

7 Parametri:

• Accesso negoziabile a tutti i contenuti digitali (supporta e-lending o

gestisce modelli di embargo)

• Le biblioteche determinano la propria politica di acquisizione

• Diritti duraturi al contenuto?

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MATRIX: Models of Accessing Digital

Content 58

MATRIX: Models of Accessing Digital Content

7 Parametri:

• Restrizioni di licenza (utenti simultanei, limite di prestiti, durata licenza)

• Struttura dei prezzi

• L'interoperabilità tra piattaforme, dispositivi e cataloghi

• Modello e-lending che sostiene la privacy degli utenti della biblioteca

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MATRIX: Models of Accessing Digital

Content 59

MATRIX: Models of Accessing Digital Content

Un esempio….

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Biblioteche e biblioteconomiaPrincipi e questioni

A cura di Giovanni Solimine e Paul Gabriele Weston

CCarocci editore

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1a edizione, maggio 2015 © copyright 2015 by Carocci editore S.p.A., Roma

Realizzazione editoriale: Progedit Srl, Bari

Finito di stampare nel maggio 2015 da Grafiche VD srl, Città di Castello (PG)

isbn 978-88-430-7529-4

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633)

Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume

anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno

o didattico.

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7

Indice

Introduzione 17 di Giovanni Solimine e Paul Gabriele Weston

1. La dimensione internazionale della professione e delle biblio- teche 25 di Anna Maria Tammaro

1.1. Che cos’è l’internazionalizzazione 251.1.1. Problematiche dell’internazionalizzazione / 1.1.2. Internazionalizzazione della professione e delle biblioteche

1.2. Stato dell’arte dell’internazionalizzazione della professione e delle biblioteche 281.2.1. iib/iid/fid / 1.2.2. ifla / 1.2.3. Panorama internazionale

1.3. Problematiche e tendenze internazionali della professione 351.3.1. Che cos’è la biblioteconomia? / 1.3.2. Biblioteche o bibliotecari? / 1.3.3. In-ternazionalizzare oggi la professione e le biblioteche

1.4. Le prospettive della professione 41 Riferimenti bibliografici 42

2. Biblioteche, soggetti, comunità 45 di Franco Neri

2.1. La lezione di Ranganathan: a proposito della Quinta Legge 452.2. Le biblioteche e il “sapere sociale” 472.3. Empowerment e sapere sociale 512.4. Soggetti (pubblici), non utenti 53

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biblioteche e biblioteconomia

8

2.5. L’orizzonte del lifelong learning: competenza digitale, sapere so-ciale, life skills 55

2.6. Progettare e costruire insieme 592.7. La dimensione interculturale delle biblioteche 62

2.7.1. L’Era delle migrazioni / 2.7.2. Le Multicultural communities: guidelines for library services (2009) / 2.7.3. Processi migratori e analisi di contesto / 2.7.4. Verso ipotesi ed esperienze cooperative

Riferimenti bibliografici 72 Letture complementari 75

3. Spazi e funzioni 77 di Antonella Agnoli

3.1. Il mutamento di funzioni della biblioteca 773.2. Caratteristiche della moderna biblioteca 80

3.2.1. Caratteristiche urbanistico-architettoniche / 3.2.2. Caratteristiche funzio-nali / 3.2.3. Caratteristiche gestionali

3.3. Metodologia della progettazione 87 Riferimenti bibliografici 89 Letture complementari 90

4. Assetto istituzionale e normativo delle biblioteche italiane 91 di Luca Bellingeri

4.1. Assetto istituzionale 914.1.1. Quale sistema / 4.1.2. Le origini del problema / 4.1.3. L’ordinamento am-ministrativo / 4.1.4. Le biblioteche dello Stato / 4.1.5. Biblioteche, Regioni ed Enti locali

4.2. Assetto normativo 1094.2.1. La principale legislazione di settore / 4.2.2. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio / 4.2.3. Il deposito legale / 4.2.4. Il diritto d’autore

Fonti normative e testi citati 115 Letture complementari 117

5. La tutela dei beni librari e documentari 119 di Ornella Foglieni

5.1. Definizioni e concetti 1195.2. Ricognizione e stato dell’arte 121

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indice

9

5.3. La tutela in prospettiva 131 Riferimenti bibliografici 133 Letture complementari 133

6. Le risorse: fare biblioteca in tempo di crisi. Fund raising, out- sourcing 137 di Andrea De Pasquale

6.1. Quando le forze non bastano 1376.2. Dal progetto all’outsourcing 1386.3. Dal progetto al fund raising 1396.4. Le prestazioni in outsourcing: buone pratiche 1416.5. Il fund raising: buone pratiche 1436.6. Un caso di buone pratiche di fund raising: la Biblioteca Palatina

di Parma 1456.7. Questioni aperte 149 Riferimenti bibliografici 150 Letture complementari 150

7. Sistemi e modelli per la gestione della qualità in biblioteca 153 di Giovanni Di Domenico

7.1. Le premesse sociali e gestionali della qualità in tempo di crisi 1537.2. La norma uni en iso 9000:2005 1567.3. La norma uni en iso 9001:2008 1607.4. La norma uni en iso 9004:2009 1667.5. Il Common Assessment Framework (caf 2013) 168 Riferimenti bibliografici 171

8. La valutazione della biblioteca 175 di Chiara Faggiolani e Anna Galluzzi

8.1. Dalla misurazione dei servizi alla valutazione d’impatto 1758.2. Misurare la biblioteca 1778.3. Valutare gli utenti 1848.4. Valutare l’impatto 191

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biblioteche e biblioteconomia

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8.5. Questioni aperte, prospettive, linee di tendenza 196 Riferimenti bibliografici 201 Letture complementari 203

9. Formazione, sviluppo, integrazione delle collezioni documen- tarie 205 di Maurizio Vivarelli

9.1. Collezioni, identità, pratiche disciplinari 2059.2. Biblioteche pubbliche 208

9.2.1. Documenti programmatici e tecnici / 9.2.2. L’esperienza del csbno

9.3. Biblioteche pubbliche statali 2129.3.1. L’esperienza della Biblioteca nazionale universitaria di Torino

9.4. Biblioteche accademiche 2179.4.1. Esperienze di gestione

9.5. Prospettive di integrazione tra biblioteche, archivi, musei 2219.6. Conclusioni 223 Riferimenti bibliografici 224 Letture complementari 227

10. Universo bibliografico, descrizione e accesso alle risorse biblio-grafiche 229

di Carlo Bianchini e Mauro Guerrini

10.1. Introduzione 22910.2. Un problema terminologico e concettuale 23010.3. frbr: base dell’elaborazione teorica contemporanea 23110.4. Tre scenari per rda 233

10.4.1. Resource Description and Access: rda

10.5. Dagli opac ai library linked data 23810.5.1. L’evoluzione dell’opac: opac arricchiti e google-like / 10.5.2. Next genera-tion catalogues e discovery tools / 10.5.3. Verso un nuovo strumento per la naviga-zione aperta

10.6. I linked data 24410.6.1. Condivisione, modularità e riutilizzo dei linked data

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indice

11

10.7. Il futuro presente: data.bnf.fr 247 Riferimenti bibliografici 250

11. Standard di catalogazione 255 di Agnese Galeffi

11.1. Alcuni problemi: una introduzione 25511.2. Gli strumenti del catalogatore 256

11.2.1. isbd – International Standard Bibliographic Description / 11.2.2. reicat – Regole italiane di catalogazione / 11.2.3. rda – Resource Description and Access

11.3. Quali formati per i dati 27011.4. Catalogazione: un male necessario 273 Riferimenti bibliografici 277 Letture complementari 279

12. Authority data 281 di Paul Gabriele Weston

12.1. Definizione del problema 28112.2. L’authority file dal back office all’integrazione nel catalogo 28412.3. Verso l’uso dell’authority file come strumento di interoperabilità 28812.4. L’authority file “arricchito” 29012.5. L’ifla e i dati di autorità 29212.6. Da viaf al Web semantico 29812.7. La gestione dell’authority file nel lavoro quotidiano del catalo-

gatore 304 Riferimenti bibliografici 308 Letture complementari 312

13. Dal libro raro e di pregio alla valorizzazione delle raccolte 315 di Lorenzo Baldacchini e Anna Manfron

13.1. Quei manufatti chiamati libri antichi 31513.2. Dal cimelio alla raccolta: descrizione e valorizzazione 32513.3. Bibliografia analitica e cataloghi 32813.4. Una tipologia particolare: la biblioteca d’autore 333

13.4.1. Definizione / 13.4.2. Obiettivi / 13.4.3. Acquisizione e organizzazione / 13.4.4. Catalogazione / 13.4.5. Accessibilità, conservazione e valorizzazione

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biblioteche e biblioteconomia

12

Riferimenti bibliografici 342 Letture complementari 349

14. I manoscritti in biblioteca 351 di Giliola Barbero

14.1. I manoscritti 35214.2. Il “mercato” dei manoscritti 35514.3. I servizi bibliotecari dedicati ai manoscritti 356

14.3.1. L’inventario topografico / 14.3.2. I depositi / 14.3.3. La gestione dei restau-ri e dei prestiti per mostra / 14.3.4. La consultazione / 14.3.5. La sala di consulta-zione / 14.3.6. Il reference remoto / 14.3.7. La bibliografia e la documentazione / 14.3.8. La fotoriproduzione e la digitalizzazione

14.4. Catalogazione 36214.5. Perché tutto questo? 366 Riferimenti bibliografici 369 Letture complementari 371

15. Biblioteca digitale 373 di Gianfranco Crupi

15.1. Definizioni e contesti 37315.2. Il progetto 37815.3. Le architetture 38415.4. L’accesso 38715.5. La digitalizzazione 390

15.5.1. La rappresentazione in formato immagine dei documenti / 15.5.2. La rap-presentazione in formato testo dei documenti

15.6. I metadati 39815.7. La gestione dei diritti 40215.8. Il libro antico: strumenti di studio e raccolte digitali 405 Riferimenti bibliografici 411 Letture complementari 417

16. La biblioteca sul Web 419 di Piero Cavaleri

16.1. Le biblioteche in rete prima e dopo il Web 419

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indice

13

16.2. Il Web come fonte informativa 42316.3. La valutazione dei siti e dei documenti su Web 42616.4. I documenti gratuiti in Internet e l’informazione di fonte pub- blica 42816.5. I servizi di reference online 43416.6. I servizi su rete mobile 43716.7. I servizi digitali delle biblioteche per la ricerca 439 Riferimenti bibliografici 440 Letture complementari 443

17. Leggere e fare ricerca in un mondo digitale: dal documento al testo connesso 445

di Virginia Gentilini

17.1 Culture partecipative 44517.1.1. Fruitori passivi, fruitori attivi e pubblici connessi / 17.1.2. La cultura parte-cipativa / 17.1.3. Il rapporto fra Web 2.0 e culture partecipative / 17.1.4. Le forme di condivisione del sapere online

17.2. Le trasformazioni in corso nel mondo dell’editoria 44917.2.1. Gli attori del mercato / 17.2.2. Lo sviluppo dei mercati editoriali / 17.2.3. Espansione dei cataloghi ed effetto long tail / 17.2.4. Editoria tradizionale e self-publishing

17.3. Lettura tradizionale e lettura digitale 45217.3.1. Modalità di lettura e molteplicità dei supporti / 17.3.2. Le trasformazioni del testo: nuove tipologie di documenti / 17.3.3. Le trasformazioni del testo: nuo-ve forme di pubblicazione / 17.3.4. Le trasformazioni delle modalità di lettura

17.4. Le collezioni digitali in biblioteca 45817.4.1. Tipologie di risorse / 17.4.2. Le trasformazioni delle funzioni tradizionali delle biblioteche / 17.4.3. Il digital lending / 17.4.4. L’esperienza delle collezioni digitali in biblioteca / 17.4.5. La biblioteca digitale in un mondo ibrido

Riferimenti bibliografici 464 Letture complementari 466

18. Il servizio di consultazione e reference 467 di Gianna Del Bono e Raffaella Vincenti

18.1. Origine dei servizi di informazione e della sala di consultazione 46718.2. Definizione e origine del reference service 469

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biblioteche e biblioteconomia

14

18.3. Il bisogno informativo e la mediazione 47118.4. Modelli e tipi di servizio 47218.5. L’intervista di reference 47518.6. Il reference virtuale o digitale 47718.7. Reference e tecnologia 47918.8. La sala di consultazione tra risorse tradizionali e nuovi stru- menti 48118.9. Gestione dell’apparato di consultazione 48218.10. Le opere di consultazione 48618.11. Il futuro dei servizi di informazione 488 Riferimenti bibliografici 489 Letture complementari 494

19. Dall’information literacy alle literacy plurali del xxi secolo 499 di Laura Testoni

19.1. Ricognizione dello stato dell’arte 50019.1.1. La diffusione del Web. “Internet in biblioteca” / 19.1.2. La “biblioteca vir-tuale” / 19.1.3. Radicale cambiamento del Web e affermazione delle reti sociali di produzione di contenuti / 19.1.4. Il dibattito sui “nativi digitali” / 19.1.5. “Basta un click”. Convergenza al digitale dell’universo dei documenti

19.2. Le biblioteche si riposizionano: nuovi paradigmi e modelli teorici 505

19.2.1. La biblioteconomia partecipativa: dalla “Library 2.0” alla “new libra-rianship” / 19.2.2. Information literacy e reference renaissance / 19.2.3. La bibliote-ca a misura di “Google generation” / 19.2.4. Oltre l’information literacy: media-information literacy, digital literacy, transliteracy

19.3. Panorama internazionale 50919.3.1. Unione europea: gli indicatori per l’alfabetizzazione mediatica e l’Expert Group on Media Literacy / 19.3.2. The European Network on Information Li-teracy / 19.3.3. unesco Global Framework on mil Indicators e mil Curricu-lum for Teachers / 19.3.4. Raccomandazioni per la revisione degli standard sulla competenza informativa per gli studenti universitari / 19.3.5. Il Seven Pillars of Information Skills Model sconul / 19.3.6. Quali standard per gli studenti del xxi secolo?

19.4. Alcune realizzazioni esemplari 51319.5. Questioni aperte, prospettive, linee di tendenza 515

19.5.1. Verso una metaliteracy? / 19.5.2. Competenze per il millennio che viene / 19.5.3. Cosa fare, domani, in biblioteca?

Riferimenti bibliografici 519

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indice

15

20. La conservazione del patrimonio bibliografico 523 di Carlo Federici

20.1. Il contesto 52320.2. Digitalizzazione e conservazione 52520.3. Libri e beni culturali 52620.4. Conservazione 53220.5. Qualche cenno storico 53420.6. Istituzioni di riferimento e problemi aperti 53720.7. La formazione degli addetti alla conservazione 539 Riferimenti bibliografici 543

21. La conservazione delle memorie digitali 545 di Maria Guercio

21.1. La conservazione e le criticità concettuali e organizzative 54521.2. Che cosa si conserva 548

21.2.1. Integrità e autenticità delle risorse / 21.2.2. Accessibilità e metodi per la conservazione / 21.2.3. I metadati per la conservazione digitale

21.3. Come si conserva: attività tecniche e requisiti organizzativi 55621.3.1. Acquisizione / 21.3.2. Selezione / 21.3.3. Gestione programmata e negoziata dei diritti di accesso e di proprietà intellettuale e tutela dei dati personali / 21.3.4. Creazione e monitoraggio di servizi conservativi / 21.3.5. Requisiti organizzativi per la funzione conservativa

21.4. Chi conserva 56021.4.1. Il deposito legale / 21.4.2. I depositi digitali certificati

21.5. Qualche conclusione: le criticità di una lunga fase di transizione 563 Riferimenti bibliografici 564 Letture complementari 565

Gli autori 567

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373

15.1 Definizioni e contesti

La biblioteca, in quanto modello documentario per sua natura ipertestuale – «struttura non centralizzata di relazioni complesse» (McGann, 2002, p. 80) –, ha rappresentato, nelle formulazioni dei primi teorici delle tecnologie informatiche, lo spazio elettivo per sperimentare e applicare la convergenza al digitale dei processi di elaborazione, memorizzazione, recupero e distribuzione della conoscenza. Un modello sperimentale, che ha conosciuto la sua prima, prototipale applicazione nel dispositivo ideato da Vannevar Bush, il Memex (Bush, 1945) e poi, intorno agli anni Sessanta, nelle elaborazioni concettuali di Theodor Holm Nelson e di Joseph Carl Robnet Licklider: il primo coniò i termini “docuverso” (a indicare l’universo dei dati leggibili dalla macchina) e “ipertesto”, sul cui principio logico elaborò un visionario progetto denominato Xanadu1; il secondo formulò l’idea di una rete globale di computer (Intergalac-tic Computer Network), con un’intuizione che avrebbe genialmente anticipato le successive elaborazioni teoriche che avrebbero dato vita a Internet e al World Wide Web2 (Castellucci, 2009). Queste intuizioni furono anche il frutto di una

15

Biblioteca digitaledi Gianfranco Crupi

1. Xanadu rappresentava nella visione di Nelson l’evoluzione su grande scala del concetto di ipertesto, una sorta di “ipertesto planetario”, che per mezzo di associazioni logiche, link e una rete capillare di computer in cui i documenti esistenti venivano archiviati, avrebbe permesso di reperire qualsiasi tipo di documento testuale e multimediale (Nelson, 1992).

2. «It seems reasonable to envision, for a time 10 or 15 years hence, a “thinking center” that will incorporate the functions of present-day libraries together with anticipated advances in information storage and retrieval [...]. The picture readily enlarges itself into a network of such centers, connected to one another by wide-band communication lines and to individual users by leased-wire services. In such a system, the speed of the computers would be balanced, and the cost of the gigantic memories and the sophisticated programs would be divided by the number of users» (Licklider, 1960, p. 7). Nel 1965 Licklider darà alle stampe il libro Libraries of the Future, in cui pone le basi concettuali per il futuro sviluppo del computer e per quella che trenta anni più tardi sarebbe stata chiamata “biblioteca digitale” (Licklider, 1965).

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biblioteche e biblioteconomia

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visione culturale che affondava le sue più lontane radici nell’idea della biblio-teca universale; più che un’idea, un mito, non solo letterario, che fu alla base di antiche e monumentali imprese bibliografiche, da Gesner a Otlet e La Fontaine, per non spingerci oltre. Un mito, di cui la biblioteca digitale rappresenta il suo più naturale esito contemporaneo.

Il termine “biblioteca digitale” si attesta tra il 1992 e il 1993, in forte e non casuale contiguità con la nascita del Web, sancendo così «la convergenza teo-rica e tecnica tra biblioteche digitali e sistemi ipertestuali distribuiti» (Ciot-ti, 2003, p. 108)3. Con lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, esso è entrato a far parte del lessico biblioteconomico in un contesto semantico che lo vedrà ambiguamente affiancato – per sinonimia, distinzione o opposizione – ai termini biblioteca “elettronica”, “virtuale”, “multimediale”4. Le differenti connotazioni semantiche testimoniano della profonda ridefinizione del concetto stesso di biblioteca a partire dai radicali cambiamenti introdotti dai processi di automazione, tant’è che l’autorevole e ormai storica definizione fornita dalla Digital Library Federation5, se volessi-mo accoglierla nella sua generalità, riesce solo in parte a sciogliere le ambiguità semantiche e a rappresentare con sufficiente flessibilità modelli organizzativi non convenzionali. L’affollamento aggettivale delle differenti denominazio-ni denuncia infatti la radicale trasformazione dello statuto ontologico della biblioteca nel contesto degli scenari digitali, il suo posizionamento non più esclusivo nell’universo della mediazione informativa, sempre meno dipenden-te dalle biblioteche e dove si candidano nuovi soggetti concorrenti (sia pubbli-ci che privati, o frutto di ibridazioni istituzionali o di partnership tra pubblico e privato), che competono autorevolmente a ridisegnare la geografia dei saperi e i luoghi dell’accesso alla conoscenza.

Il sapere dunque come «capitale intellettuale», bene intangibile eppu-re fattore produttivo trainante dell’economia (Stewart, 2002; Weinberger, 2012). Basti pensare alla sfida lanciata dalla net economy con la monumentale

3. Una sintetica storia della nascita del www fino ai più recenti sviluppi del Web semantico è narrata in Berners-Lee (2001).

4. «The virtual or digital library is not an oxymoron – it is redundant. [...] Since we did not bother to qualify our libraries by calling them clay libraries or papyrus scroll libraries, why now do we have to call them digital libraries?» (Braude, Wood, 1999, pp. 85 e 87).

5. «Digital libraries are organizations that provide the resources, including the specialized staff, to select, structure, offer intellectual access to, interpret, distribute, preserve the integrity of, and ensure the persistence over time of collections of digital works so that they are read-ily and economically available for use by a defined community or set of communities» (dlf, 1998). Per un’articolata discussione delle diverse accezioni di “biblioteca digitale” cfr. Borgman (2003a), Tammaro (2005). Discute le principali definizioni Lana (2012). Si veda inoltre Kresh (2007).

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impresa avviata da Google6, che coinvolge importanti istituzioni bibliotecarie, mettendo a confronto due universi informativi assai diversi per storia e per finalità (quello dell’impresa privata da una parte e quello delle istituzioni del-la memoria e dei beni culturali dall’altra), con l’intento comune, sia pure da punti di vista e da “ideologie” diverse, «di integrare l’informazione disponibi-le in rete e l’informazione disponibile fuori dalla rete»7. Si tratta di una massa critica documentaria, il cui valore economico si basa soprattutto sulla quantità delle risorse prodotte – anche con il contributo degli utenti che assumono un ruolo attivo nella loro creazione (user generated contents) – e che, mentre genera nuovo capitale culturale, causa – com’è immaginabile – vistosi fenome-ni di entropia dell’informazione. Con l’ulteriore aggravio che l’information overload (“sovraccarico di informazioni”) finisca per appiattire la differenza tra “necessario” e “superfluo” in un incessante rumore di fondo, rendendo in-versamente proporzionale il rapporto tra quantità di informazione erogata e qualità di conoscenza fruita (Salarelli, 2002; 2004; Vitali, 2004). L’argine a questo rischio è costituito dalla formazione e dalla trasmissione di abilità e competenze per la ricerca e la selezione delle fonti informative e delle risorse di qualità, oggi ancor più al centro delle attività delle biblioteche, rappresen-tando peraltro un efficace strumento di contrasto al digital divide (Sartori, 2006) e un fattore fondamentale nella creazione di un ecosistema informativo, che cerchi di assicurare governabilità all’incremento esponenziale delle risorse documentarie.

Cambiano dunque le funzioni tradizionali della biblioteca, la loro por-tata, e soprattutto lo scenario, il contesto in cui esse si esprimono. Stiamo infatti assistendo a una rimodulazione di quelle funzioni e all’assunzione di nuove responsabilità che ineriscono ai processi editoriali di creazione, pro-duzione e diffusione della conoscenza (soprattutto in ambito accademico), ai servizi di mediazione informativa (il reference innanzitutto) e alla formazio-ne, sotto forma di alfabetizzazione all’uso degli strumenti bibliografici e di ricerca8 (Ridi, 2007). Si pensi, ad esempio, alle attività di intermediazione tra universo bibliografico e utenti, che sono oggi arricchite da strumenti auto-matici di filtraggio e aggregazione dei contenuti, che possono essere calibrati per le specifiche esigenze di ristrette comunità di lettori; o all’organizzazione

6. Cfr. Salarelli (2005), Roncaglia (2006), e la voce Google Books, in Wikipedia. The Free Encyclopedia, <http://en.wikipedia.org/wiki/Google_books> (ultima modifica, 11 marzo 2015).

7. La citazione è di Gino Roncaglia, in Baldacchini, Roncaglia (2005).8. La competenza nell’uso delle fonti informative è alla base dei processi di educazione e di

apprendimento permanente (lifelong learning), che nella “società dell’informazione” costitui-scono, secondo l’ifla, «i fari che illuminano le vie per lo sviluppo, la prosperità e la libertà» (national forum on information literacy, 2006).

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di servizi di editoria digitale, anche nella modalità di institutional repository9. Cambia anche il nostro approccio culturale con l’universo documentario, che rappresenta, nella singolare varietà delle tipologie concettuali, i nuovi para-digmi della società dell’informazione e della conoscenza, fondati sulla con-taminazione e ibridazione delle culture e dei linguaggi e sul principio della interoperabilità tra sistemi e contesti eterogenei (Santoro, 2006; Manovich, 2010). L’avvento del Web e delle tecnologie dell’informazione e della cono-scenza ha introdotto da tempo un nuovo concetto di documento, strettamen-te legato al supporto digitale con cui esso viene rappresentato, che può essere fisicamente anche molto distante dal dispositivo che ne permette la lettura. Com’è nel caso delle tecnologie di cloud computing, che consentono la gestio-ne di servizi, l’esecuzione di applicazioni e l’archiviazione di documenti in un luogo virtuale, la “nuvola” (cloud) appunto, costituito da molteplici server distribuiti in rete.

La “convergenza al digitale” ridefinisce di fatto competenze e professioni, e invita a metodologie di lavoro fondate sulla trasversalità delle pratiche e delle conoscenze, come avviene con il fenomeno del self-publishing che ha di fatto neutralizzato la tradizionale filiera della produzione editoriale e la distinzione tra autore ed editore10. Del pari, sono aumentate le aspettative degli utenti, sem-pre più smaliziati sia nell’interazione con la struttura ipertestuale del Web sia con l’uso degli strumenti di ricerca: dai “motori”, tanto più minimalisti nelle loro interfacce quanto più efficaci nelle funzionalità di reperimento, recupero e visualizzazione delle informazioni; ai sistemi di più raffinata logica strutturale e organizzativa, come le basi di dati, che possono implicare, nella formulazio-ne dell’espressione di ricerca, complesse formalizzazioni logiche del linguaggio naturale e più articolate procedure di information retrieval. Per non dire dell’of-ferta in rete di pacchetti software open source, che consentono a qualsiasi utente di svolgere alcune funzioni più pertinenti alla figura del bibliotecario, come la gestione di basi dati bibliografiche d’uso locale o personale (Bibliography For-matting Software, bfs; o Bibliographic Management Software, bms)11 o, per

9. «L’archivio istituzionale e una collezione di risorse digitali full-text realizzata e gestita da una o più università (o da altri istituti) che contiene i risultati di ricerche originali finanziate con denaro pubblico e privato, prodotte nell’ambito dell’attività istituzionale da docenti, ricer-catori, dottori di ricerca e altri soggetti» (Guerrini, 2010, p. 27).

10. A puro titolo esemplificativo, si citano le esperienze editoriali di Kindle Direct Publi-shing, <http://kdp.amazon.com/self-publishing/signin>, e per l’Italia, ilmiolibro.it, <http://ilmiolibro.kataweb.it/creaestampa.asp>.

11. Cfr. Comparison of reference management software, in Wikipedia. The Free Encyclopedia, <http://en.wikipedia.org/wiki/Comparison_of_reference_management_software> (ultima mo-difica, 16 marzo 2015).

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l’appunto, la progettazione e la costruzione di una biblioteca digitale (Digital Asset Management System, dams)12.

Ecco perché sotto la denominazione di biblioteca digitale ritroviamo una as-sai diversificata varietà di risorse e di schemi organizzativi, riconducibile tuttavia al modello di una global digital library13, collaborativa, distribuita, non centra-lizzata, orientata all’accesso più che al possesso, al servizio più che al patrimonio (Solimine, 2004, p. 16). E ciò nondimeno, volendo schematizzare, l’espressione “biblioteca digitale” individua, da una parte, il modello logico e astratto, costitu-ito da collezioni di documenti (non solo testuali) e dai metadati ad essi relativi; dall’altra, la struttura di servizio organizzata, in cui le collezioni sono al centro di un coerente sistema di relazioni ontologiche14, che supportano l’intero ciclo di vita dei documenti digitali e i servizi creati per l’accesso e per il recupero delle informazioni. Tra il modello logico e la struttura di servizio organizzata si col-locano alcuni archivi, depositi documentari e basi di dati, frutto di progetti non istituzionali a carattere volontario15, di iniziative editoriali16 o di centri accademi-ci extra-bibliotecari, in cui risultano prevalenti le finalità didattiche e di ricerca17.

12. Un esempio rilevante è offerto da Greenstore Digital Library Software: «Greenstone is a suite of software for building and distributing digital library collections. It provides a new way of organizing information and publishing it on the Internet or on cd-rom. Greenstone is produced by the New Zealand Digital Library Project at the University of Waikato, and develo-ped and distributed in cooperation with unesco and the Human Info ngo. It is open-source, multilingual software, issued under the terms of the gnu General Public License», <http://www.greenstone.org/>.

13. «I propose “global digital library” as a construct to encompass digital libraries that are connected to, and accessible through, a global information infrastructure» (Borgman, 2003a, p. 52).

14. Con “ontologia” si intende qui non la disciplina filosofica bensì un settore oggettivo (una teoria e una prassi) di ingegneria della conoscenza nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Le “ontologie” sono modi di organizzare o classificare informazioni; esse, infatti, consentono l’elaborazione di un modello di organizzazione dei dati in grado di suddividere un dominio della conoscenza in tutte le classi di oggetti che hanno un ruolo nei suoi processi, divenendo così un fondamentale strumento di applicazione nei processi di knowledge management.

15. Si ricordano, tra le più note iniziative internazionali, Project Gutenberg, <http://www.gutenberg.org/>, fondato nel lontano 1971 da Michael Hart, che ad oggi conta oltre 40.000 te-sti, risultato dell’attività di alcune centinaia di volontari (Lebert, 2008), e per l’Italia, il Progetto Manuzio, <http://www.liberliber.it/online/>, anch’esso a carattere volontario, gestito dall’As-sociazione culturale Liber Liber.

16. La più significativa esperienza italiana è senz’altro Stoppelli, Picchi (1993), che nella sua ultima versione, pubblicata nel 2001, raccoglie 1.000 testi della letteratura italiana interrogabili con un motore di analisi computazionale.

17. Ci riferiamo in particolare a quelle iniziative come l’Oxford Text Archive (ota), <http://ota.ahds.ac.uk>, realizzato dalla Oxford University Computing Services, o l’Electro-nic Text Center (1992-2007), della University of Virginia (i cui testi sono oggi consultabili

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Ma la denominazione declina anche altre accezioni (Gambari, 2007), come i servizi di accesso, secondo procedure di autenticazione da parte dell’utente, a banche di dati e raccolte di periodici elettronici (e-journals), sottoscritti per abbonamento da sistemi o consorzi soprattutto universitari; gli scaffali digitali delle librerie virtuali, sul modello di Amazon.com18; le innumerevoli iniziative volte alla valorizzazione di collezioni documentarie; i tanti archivi della memo-ria di singoli, di piccole comunità o minoranze che grazie a Internet cercano di ricostruire e di testimoniare la propria identità storica e culturale. Tuttavia il modello di infrastruttura fisica e organizzativa a tutt’oggi più praticato è quello della “biblioteca ibrida” (Foglieni, 2003), in cui le collezioni digitali sono parte di una complessa architettura di funzioni e di servizi e in cui le politiche di conservazione del patrimonio documentario si affiancano a quelle dell’accesso all’informazione secondo modelli commisurati alla tipologia della biblioteca e al suo bacino di utenza reale, potenziale e virtuale19.

15.2 Il progetto

I fondamenti di una biblioteca digitale risiedono nel suo progetto, vale a dire nel-la definizione dei suoi obiettivi e delle sue finalità, che dovrebbero essere quanto più chiari e documentati possibile. Qualunque sia la sua portata, la creazione di una collezione digitale o di una biblioteca ha, infatti, significative ripercussioni sull’organizzazione che la promuove, da una pluralità di punti di vista (gestiona-li, finanziari, tecnici ecc.), che incidono sui criteri di selezione e di conservazione

dal sito Virgo, <http://search.lib.virginia.edu/catalog>), o Perseus Digital Library, <http://www.perseus.tufts.edu/hopper/>, ma se ne potrebbero aggiungere tante altre, nate in contesti accademici e universitari, e nelle quali la creazione di sistematiche e coerenti collezioni di docu-menti della tradizione letteraria si affianca con altrettanta perspicuità all’elaborazione di stru-menti di linguistica computazionale e di analisi testuale, rivolti elettivamente a una specifica comunità di utenti. Per l’Italia si segnala Biblioteca Italiana (bibit), <http://www.bibliotecaitaliana.it/>, una biblioteca digitale di testi rappresentativi della tradizione culturale e lette-raria italiana promossa nel 2001 dal Centro interuniversitario Biblioteca italiana telematica (cibit) e dall’allora Dipartimento di Italianistica e Spettacolo dell’Università di Roma “La Sapienza”; cfr. Crupi (2005).

18. Amazon.com, <http://www.amazon.com/>, con il servizio Search inside consente, per accordo con gli editori, di sfogliare le riproduzioni, in formato immagine, dei preliminari dei testi (frontespizio, indice, quarta di copertina ecc.) o di loro parti, e di cercare singoli lemmi al loro interno.

19. Per le specifiche problematiche metodologiche, qui appena accennate, si veda l’articola-ta sintesi offerta da Salarelli, Tammaro (2006).

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del materiale, e che dunque non possono essere ignorati e non devono essere la-sciati al caso e all’improvvisazione20. Il processo decisionale alla base del progetto richiede dunque un’attenta valutazione, che può anche essere sostenuta da mo-delli cognitivi, come il decision making, che supportano la decisione attraverso la disamina di più alternative possibili. Un esempio, tuttora valido, di rappresenta-zione del processo decisionale è il diagramma (Selection for digitizing: A Decision Making-Matrix) proposto da Hazen, Horrell, Merrill-Oldham (1998).

Finalità, strategie, soluzioni tecnologiche sono fortemente interrelate ed esi-gono pertanto una documentata e coerente elaborazione e pianificazione, che sia anche in grado di analizzare e valutare i rischi di insuccesso (incostante ero-gazione dei fondi, carenza di personale, deficienze nella cooperazione ecc.)21. Esse richiedono inoltre, a seconda delle finalità del progetto e della sua sosteni-bilità, il disegno dell’architettura logica della biblioteca e del sistema di relazio-ni che dovrà mettere in comunicazione le sue singole parti costitutive. Una pre-ventiva analisi dell’utenza, la definizione di un target di riferimento modulerà il linguaggio della biblioteca, aiuterà a delineare i modelli di digitalizzazione e la scelta degli standard più idonei, nonché i criteri di selezione delle risorse do-cumentarie da acquisire in formato digitale. Una decisione critica quest’ultima, che dovrà tenere presenti alcuni indicatori di riferimento, quali:– la valorizzazione di una raccolta o di un patrimonio culturale (storico, terri-toriale, disciplinare ecc.);– la frequenza d’uso di documenti rari;– lo stato di conservazione;– l’utilità a fini didattici o di ricerca;– il miglioramento del controllo intellettuale;– la sostenibilità dei costi dell’acquisizione e della gestione;– la capacità di manutenzione e conservazione sul lungo periodo.

La stesura del progetto di digitalizzazione si può in parte identificare con la stesura della carta delle collezioni digitali, lo strumento principe di program-mazione di una biblioteca, che ne definisce l’identità culturale e quella delle sue raccolte; nonché il bacino d’utenza potenziale e virtuale, gli strumenti di valutazione e selezione del materiale, i criteri di acquisizione, di revisione e di scarto che, in ambiente digitale, non investe problemi legati soltanto agli spazi della conservazione ma soprattutto all’accessibilità e usabilità delle raccolte. È il documento che infine darà conto e indicherà i protocolli di digitalizzazione seguiti e gli standard prescelti, a partire dai metadati.

20. Su questi temi si vedano le riflessioni di Tennant (2004) e di Hahn (2006).21. Un ottimo modello di riferimento è il documento national library of australia

(2013).

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La biblioteca digitale richiede dunque un’organizzazione che abbia specifi-che competenze e capacità gestionali, quand’anche i processi di digitalizzazione siano delegati a terzi. La complessità delle operazioni di acquisizione e pubbli-cazione digitale dei documenti, di creazione dei metadati, di archiviazione e conservazione richiede infatti la chiara individuazione di competenze e flussi di lavoro. Il modello organizzativo più praticato è quello che prevede un nucleo interno composto da personale altamente specializzato, in grado di gestire, de-legare e sovrintendere a tutte le attività, la cui specifica realizzazione (scansione ottica, inserimento metadati, codifica, sviluppo di database ecc.) viene affidata in outsourcing a società e service o a singoli con specifiche competenze.

La pianificazione complessiva del processo di digitalizzazione dovrà essere scandita secondo attività e fasi che, in linea di massima, possono essere esempli-ficati come mostrato nel riquadro 15.1.

riquadro 15.1 Le fasi di un progetto di digitalizzazione

1. Preparazione

a) Definizione delle finalità e degli obiettivi del progettob) Scelta della collezione da acquisirec) Accertamento sui diritti per la distribuzione digitaled) Valutazione e scelta degli strumenti (hardware e software)e) Analisi e destinazione del budgetf) Pianificazione

Sviluppo del piano di lavoro

1) Organizzazione– Tempistica– Preparazione del materiale– Creazione del repository– Creazione del database dei metadati descrittivi tecnici e gestionali– Individuazione della nomenclatura e degli identificatori– Determinazione del metodo di archiviazione

2) Outsourcing– Determinazione dei costi – Valutazione e selezione dei fornitori– Allocazione delle risorse– Creazione del protocollo– Definizione fasi di consegna e collaudi

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Divisione del lavoro (staff interno/outsourcing)

2. Esecuzione

1) Digitalizzazione– Training– Scansione/acquisizione– Nomenclatura file– Formati d’uscita

2) Controllo di qualità– Verifica del testo– Verifica a campione delle immagini– Verifica a campione dei metadati– Ottimizzazione e correzioni– Archiviazione– Popolamento del repository

3) Pubblicazione– Creazione dei metadati strutturali– Messa online– Testing

3. Valutazione del raggiungimento degli obiettivi– Qualità– Quantità

La valutazione delle risorse finanziarie necessarie deve tener conto di una serie di indicatori che consentano di quantificare i costi del progetto, la sua realizza-zione e gestione nel tempo, cioè i costi di avvio e quelli di esercizio:– personale (staff interno, collaborazioni esterne, consulenze);– struttura (locali, attrezzatura hardware e software, manutenzione, backup ecc.);– digitalizzazione (prelievo, preparazione, scansione, metadati, controllo di qualità, eventuali diritti per la riproduzione);– archiviazione e conservazione (procedure e memorie di massa);– sistemi di distribuzione.

Ciò detto, la progettazione della biblioteca e la pianificazione delle attività richieste per la sua realizzazione non si limitano – com’è ovvio – al solo proces-so di digitalizzazione, ma riguardano anche altri e altrettanto delicati aspetti: l’ideazione e costruzione del sito Web che dovrà ospitare la biblioteca; la scelta della suite di applicazioni software necessarie al suo funzionamento; la valuta-

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zione circa l’opportunità di acquistare e gestire in proprio le apparecchiature e i dispositivi hardware oppure di affidarsi a soggetti terzi22; l’individuazione dei servizi che s’intendono attivare; la creazione di una specifica infrastruttura organizzativa di e-commerce, qualora si voglia cogliere questa opportunità; le modalità di gestione degli utenti, per i quali bisognerà preventivare l’apertura di specifici sportelli di assistenza online e servizi di reference digitale. In particola-re, la gestione degli utenti comporta anche che – nel pieno rispetto della priva-cy, da una parte, e nell’osservanza delle condizioni d’uso dei materiali digitali, dall’altra – vengano offerte e valorizzate quelle attività di cultura partecipativa digitale che prevedono la forte interazione tra i soggetti coinvolti, attraverso l’uso di strumenti e tecnologie del cosiddetto Web 2.023, come i feed rss24, le piattaforme wiki25 e di social networking (tagging26, reading ecc.).

22. In tal caso, si può optare per alcune soluzioni alternative come l’housing o l’hosting. Per housing s’intende la fornitura da parte di un soggetto terzo dell’infrastruttura fisica (locali, connessione, alimentazione elettrica, gruppi di continuità ecc.) necessaria a ospitare un server. L’hosting consiste nell’utilizzo di uno spazio server acquistato da un fornitore o concesso da un soggetto terzo.

23. Web 2.0, in Wikipedia. The Free Encyclopedia, <http://it.wikipedia.org/wiki/Web_2.0> (ultima modifica, 27 febbraio 2015): «Si indica come Web 2.0 l’insieme di tutte quelle appli-cazioni online che permettono un elevato livello di interazione tra il sito web e l’utente come i blog, i forum, le chat, i wiki, le piattaforme di condivisione di media come Flickr, YouTube, Vimeo, i social network come Facebook, Myspace, Twitter, Google+, Linkedin, Foursquare ecc. ottenute tipicamente attraverso opportune tecniche di programmazione Web e relative appli-cazioni web afferenti al paradigma del Web dinamico in contrapposizione al cosiddetto Web statico o Web 1.0».

24. rss, in Wikipedia. The Free Encyclopedia, <http://it.wikipedia.org/wiki/RSS> (ulti-ma modifica, 15 dicembre 2014): «rss (acronimo di rdf Site Summary, spesso riportato come Really Simple Syndication o Rich Site Summary) è uno dei più popolari formati per la distri-buzione di contenuti Web; è basato su xml, da cui ha ereditato la semplicità, l’estensibilità e la flessibilità. L’applicazione principale per cui è noto sono i flussi rss che permettono di essere aggiornati su nuovi articoli o commenti pubblicati nei siti di interesse senza doverli visitare ma-nualmente uno ad uno. [...[ Quando si pubblicano delle notizie in formato rss, la struttura viene aggiornata con i nuovi dati; visto che il formato è predefinito, un qualunque lettore rss potrà presentare in una maniera omogenea notizie provenienti dalle fonti più diverse».

25. Wiki, in Wikipedia. The Free Encyclopedia, <http://it.wikipedia.org/wiki/Wiki> (ulti-ma modifica, 4 marzo 2015): «Il wiki è un sito web che permette ai propri utenti di aggiungere, modificare o cancellare i contenuti attraverso un browser web, in genere utilizzando un linguag-gio di markup semplificato o un editor di testo online».

26. Tagging, in Wikipedia. The Free Encyclopedia, <http://it.wikipedia.org/wiki/Tagging> (ultima modifica, 26 novembre 2013): «L’attività di tagging (dall’inglese “tag”, contrassegno [...]) consiste nell’attribuzione di una o più parole chiave, dette tag, che individuano l’argo-mento di cui si sta trattando, a documenti o, più in generale, file su internet.[...] Le attività di tagging sono strettamente connesse al social bookmarking e allo sviluppo di folksonomie cioè di categorizzazioni delle informazioni da parte di comunità di utenti».

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15.3 Le architetture

«Parlando di dati, o di basi di dati, si rischia di credere che il dato sia neutro, mentre non lo è affatto, e il modo come crea (o non crea) conoscenza dipende da come è strutturato e da come è presentato» (Settis, 2002, p. 70). Le forme del contenuto rappresentano dunque l’“ideologia” della biblioteca digitale, il suo sistema comunicativo che ne determina le politiche dell’accesso, i livelli di interoperabilità, la natura e i profili dei servizi. La sua architettura logica è il luogo in cui la qualità del pensiero diviene conoscenza. Le biblioteche hanno sempre investito in quella che oggi si definisce architettura dell’informazione, nella sensibilità – vale a dire – e nella capacità di gestire le informazioni, ca-talogando il sapere, creando nuove connessioni semantiche tra i documenti, fornendo dunque loro valore aggiunto attraverso la struttura sindetica dei cata-loghi, gli strumenti indicali, i linguaggi di indicizzazione semantica e di classi-ficazione (Burke, 2002). Una sensibilità che oggi si traduce nella progettazione dei nuovi contesti digitali e degli spazi logici di interazione tra gli utenti e l’u-niverso documentario e dei servizi, per consentire un accesso intuitivo ai con-tenuti e un loro facile recupero27; una sensibilità che si deve confrontare anche con i nuovi modelli di creazione della conoscenza fondati sulla partecipazione collettiva, secondo il fortunato esempio delle network communities (Sharpless Smith, 2010).

La qualità di una biblioteca digitale, infatti, non si misura tanto dalla quanti-tà di documenti digitalizzati quanto dalla capacità di strutturare e di modellare i dati, di renderli accessibili, conservando al contempo la stratificazione genetica dei contesti, la relazione tra quello nuovo che si crea e – nel caso di documenti digitali derivati – quello di origine, oltre che con tutti gli altri documenti con cui esso stringe relazioni semantiche tacite o palesi28. Ma la qualità si misura an-che dall’adozione o meno di infrastrutture tecnologiche che siano quanto più flessibili, modulari, incrementali, i cui codici sorgente siano liberamente accessi-bili e modificabili (open source); con l’avvertenza tuttavia che la loro scelta non avvenga a priori ma sia condizionata dalle finalità d’uso, e dunque dalla deter-minazione – questa sì a priori – del dimensionamento complessivo del progetto.

27. Sull’architettura dell’informazione cfr. Rosenfeld, Morville (2002) e il sito The In-formation Architecture Institute, <http://iainstitute.org/>, anche nella sua versione italiana, <http://iainstitute.org/it/>. Cfr. anche Gnoli, Marino, Rosati (2006).

28. Un interessante esempio di rappresentazione delle partizioni di una collezione e del-le relazioni tra documenti appartenenti a una biblioteca digitale è offerto dal progetto della Deutsche Digitale Bibliothek (ddb), <http://www.deutsche-digitale-bibliothek.de/>.

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La flessibilità di un sistema significa la sua capacità di adattarsi al cambiamento; la modularità indica che il numero e la disposizione delle sue parti costitutive possono essere modificati e ricombinati; il modello incrementale ne qualifica le potenzialità di sviluppo e di espansione nel tempo; infine, il ricorso a software aperti, non proprietari, significa, oltre che considerevoli risparmi economici, la possibilità per l’utente di modificare e conformare il sistema alle specifiche esi-genze e funzionalità del progetto (Coombs, Hollister, 2010). Ne sono un esem-pio i sistemi di gestione del contenuto (cms, Content Management System), che permettono a chi amministra il sito della biblioteca di aggiornarne dall’in-terno i contenuti, senza ricorrere a onerose consulenze esterne29.

Le architetture e le infrastrutture delle biblioteche digitali devono dunque essere modelli di conoscenza dinamici, distribuiti, non centralizzati, e i cui com-ponenti software siano armonizzati all’interno del sistema30, in modo tale da garantire l’efficienza dei servizi e la valorizzazione delle raccolte e dei catalo-ghi che le descrivono, oltre che la loro preservazione nel tempo. Architetture e infrastrutture di conoscenza – dicevamo –, il cui dimensionamento va com-misurato all’identità istituzionale dei progetti, alla loro tipologia, alla quantità e qualità dei servizi che si intendono erogare (aib, 2005). Ne sono parte es-senziale quell’insieme di tecnologie e di protocolli che vanno sotto il nome di middleware e che svolgono un’importante funzione di intermediazione tra ap-plicazioni diverse, garantendone l’interoperabilità31. Diversi sono i modelli fun-zionali di riferimento che possono essere anche combinati tra loro per favorire la massima integrazione possibile tra protocolli, applicazioni e servizi (Pasqui, 2003), quali quelli di archiviazione e gestione, di ricerca e distribuzione remota dei metadati e dei documenti.

Ne è un esempio il modello oai, che fornisce la cornice logica e tecnologi-ca dei cosiddetti open archives, ovvero archivi di testi costituiti dalle comunità accademiche, al fine di favorire la libera circolazione dei contenuti, frutto delle attività di ricerca degli atenei: «pre-print (destinati a una successiva pubblica-

29. Tra i più noti software cms open source: WordPress, Drupal, Joomla!.30. Alcune componenti fondamentali sono senz’altro: il sistema operativo (che garantisce

l’operatività di tutte le applicazioni informatiche), il database (che accoglie dati e metadati delle collezioni digitali, strutturati e collegati tra loro secondo particolari modelli logici), il “server Web” (che gestisce le pagine Web), il motore di ricerca testuale, la piattaforma Java (che rende possibile la scrittura e l’esecuzione di applicazioni indipendenti dall’hardware sul quale poi sono eseguite), il linguaggio php (necessario per programmare e generare pagine Web dinamiche).

31. Per “interoperabilità” si intende la capacità di scambio e condivisione di dati tra sistemi informativi diversi, senza che venga pregiudicata l’integrità dei contenuti e la loro funzionalità; «l’interoperabilità è il cuore della biblioteca digitale intesa come sistema cooperativo e complesso, nel quale confluiscono contenuti e servizi» (Galluzzi, 2004, p. 398). Cfr. Chan, Zeng (2006).

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zione sottoposta a peer-review), post-print (versioni aggiornate di testi già ap-parsi su periodici o atti di convegni) ed e-print (termine più ampio, che include sia le versioni elettroniche dei due precedenti, sia, genericamente, ogni sorta di contributo anche multimediale finalizzato alla distribuzione esclusivamente attraverso open archive o similari strumenti digitali privi di peer review)» (Ridi, 2004, p. 285). Basati sul paradigma dell’accesso libero e aperto (open access) ai contenuti della conoscenza, il cui controllo di qualità è affidato a principi di autoregolazione, gli open archives hanno trovato una calda accoglienza da parte delle comunità accademiche: nel 2003 è stato sottoscritto da molte università e istituti di ricerca europei un documento, meglio noto come Dichiarazione di Berlino32, che afferma la circolazione libera e gratuita del sapere scientifico, a cui ha aderito anche la comunità accademica italiana33. Questa modalità di autoar-chiviazione della letteratura grigia in formato digitale è supportata da una serie di iniziative e di standard per l’interoperabilità promossi dalla Open Archives Initiative (oai, <http://www.openarchives.org/>), che ha elaborato anche l’in-frastruttura di comunicazione per l’open access: uno specifico protocollo per la raccolta dei metadati descrittivi e per la loro ricerca (oai-pmh, The Open Ar-chives Initiative Protocol for Metadata Harvesting)34.

Al di là della sua specifica applicazione, preme rilevare che il modello oai si basa sulla distinzione logica tra le funzioni di data provider (il gestore degli archivi digitali) e quelle di service provider (il fornitore di servizi per l’indicizza-zione dei metadati e per la ricerca e il recupero dei documenti). È un modello, il metadata harvesting, che consente l’interoperabilità e l’integrazione di metada-ti e protocolli diversi ma standard, e che pone al centro l’utente come destinata-rio di strumenti e servizi di valore aggiunto. Per queste stesse ragioni il modello

32. Cfr. Berlin Declaration on Open Access to Knowledge in the Sciences and Humanities, <http://www.zim.mpg.de/openaccess-berlin/berlindeclaration.html>; trad. it. Accesso aperto alla letteratura scientifica (Dichiarazione di Berlino), <http://www.zim.mpg.de/openaccess-berlin/BerlinDeclaration_it.pdf>.

33. È la cosiddetta Dichiarazione di Messina: Gli atenei italiani per l’Open Access: verso l’ac-cesso aperto alla letteratura di ricerca (Messina, 4 novembre 2004), <http://www.aepic.it/conf/Messina041/index981f.html>. I principali documenti del movimento open access sono stati pub-blicati in “jlis.it” (2012). Cfr. inoltre Crawford (2011).

34. The Open Archives Initiative Protocol for Metadata Harvesting, <http://www. openarchives.org/OAI/openarchivesprotocol.html>. Al riguardo, si segnalano i cataloghi di ri-sorse open access: oaister, implementato dall’Università del Michigan e consultabile attraverso oclc WorldCat, <http://oaister.worldcat.org/>, che dà accesso a milioni di documenti ospitati da istituzioni che adottano gli standard oai; Opendoar. The Directory of Open Access Re-positories, <http://www.opendoar.org>, «an authoritative directory of academic open access repositories»; per l’Italia, Open Archives, <http://www.openarchives.it/>, che permettono di effettuare ricerche nei depositi conformi al protocollo o elencano i depositi oai registrati.

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oai (da non confondere con oais35) e il suo protocollo sono stati adottati dal mondo delle biblioteche digitali: la loro struttura logica, infatti, e la precisa sin-tassi che regola la raccolta dei metadati provenienti da più archivi, favoriscono lo sviluppo di portali tematici e istituzionali, la creazione di servizi avanzati per l’utente e l’integrazione delle risorse nel contesto di biblioteche “ibride”.

15.4 L’accesso

Le politiche di accesso ai contenuti sono parte integrante dell’architettura lo-gica della biblioteca digitale. E oggi le infrastrutture tecnologiche che sembre-rebbero prestarsi meglio a declinare la pluralità di funzioni che un utente può svolgere a partire da un unico punto di accesso, sono quelle degli aggregatori di risorse – i cosiddetti hub36. Attraverso sistemi di discovery tool (Vaughan, 2011; Iacono, 2013) essi consentono infatti l’accesso integrato a una molteplicità di risorse e di tipologie documentarie, come pure a fonti informative e servizi, an-che commerciali, esterni al sistema ( Jenkins, 2007; Breeding, 2010). Il modello dell’aggregatore di risorse è quello adottato dai grandi progetti internazionali e nazionali37: esempi, nondimeno, di quanto sia importante nella realizzazione di una biblioteca digitale la progettazione di spazi di interazione tra l’utente, la bi-blioteca e le funzioni che essa rende possibili (Marchionini, Plaisant, Komlodi, 2003); tra servizi tradizionali (prestito, document delivery ecc.) e servizi inno-vativi, erogabili anche su piattaforme mobili (tablet, smartphone ecc.) o svilup-pando specifiche app (La Counte, 2012; Walsh, 2012), come ad esempio:– alert: informazione e aggiornamento sulle nuove risorse inserite nella base dati (repository);– personalizzazione (anche sotto forma di collaborative filtering38): scelta dei canali di ricerca e dei criteri di ordinamento dei risultati secondo il profilo che l’utente stesso ha fornito;

35. oais (Open Archival Information System) è un modello che concettualizza e definisce le funzioni, i ruoli, e il contenuto di un archivio digitale, ai fini della sua preservazione.

36. Al modello logico e infrastrutturale dell’hub si ispira il progetto di Sapienza Digital Li-brary (sdl) che l’Università “La Sapienza” di Roma ha realizzato con il contributo tecnologico del consorzio cineca, <http://sapienzadigitallibrary.uniroma1.it/>.

37. A titolo esemplificativo, si ricordano, tra le altre, le esperienze internazionali di Euro-peana e di Digital Public Library of America (dpla), e, a livello nazionale, quelle di Internet Culturale, Gallica, Deutsche Digitale Bibliothek.

38. Strumenti che forniscono informazioni agli utenti sulla base delle preferenze accordate loro da altri utenti con interessi apparentemente simili, associando ai documenti la storia del loro utilizzo.

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– data mining: procedimenti semiautomatici di raffinamento delle ricerche, basati sull’analisi del contenuto dei documenti (content based);– reference linking: navigazione trasversale tra opac, basi di dati e full text; – applicazioni di semantic Web finalizzate all’aggregazione dinamica dei conte-nuti e degli oggetti digitali (ontologie, mappe topiche ecc.). Cfr. Meschini, 2005;– classificazione automatica ed elaborazione delle informazioni di contesto delle risorse (collezioni, partizioni ecc.); – downloading: possibilità di scaricare liberamente i contenuti digitali (sia pure nel rispetto delle condizioni d’uso dei medesimi) e disponibilità dei conte-nuti in più formati ecc.;– digital lending, ovvero il prestito di documenti digitali coperti da copyright (Blasi, 2010; Di Giammarco, 2012; ala, 2012; ifla, 2013);– piattaforme di social reading, di condivisione cioè della lettura e delle anno-tazioni ai testi ecc.

L’idea di spazio a cui è da sempre associato il termine biblioteca va dunque recuperato nel contesto digitale e risemantizzato nell’architettura del virtuale, rispettando i requisiti dell’accessibilità39 e dell’usabilità40. Quello spazio è soprat-tutto un luogo di interazione linguistica, di comunicazione tra la biblioteca, le sue collezioni, i suoi servizi e l’utente; uno spazio d’interazione che richiede dunque l’uso di forme comunicative semplici, non ambigue, e di apparati e strumenti lin-guistici di controllo terminologico (thesauri, vocabolari controllati ecc.).

In particolare, l’interfaccia è il luogo impalpabile in cui prende corpo la co-municazione tra la biblioteca e l’utente, in cui gli oggetti dell’informazione e della conoscenza sono esibiti e rappresentati; e proprio per questo la sua pro-gettazione e realizzazione merita una cura particolare. Tant’è vero che alcuni motori di ricerca di ultima generazione e software di opac suggeriscono nuove modalità di browsing e di rappresentazione dei risultati di ricerca attraverso tec-niche di clustering, basate sul raggruppamento e quindi sulla riorganizzazione classificata delle informazioni, anche con effetti grafici o sotto forma di mappe visuali: si tratta di tecnologie amichevoli (user-friendly), orientate all’utente e che cercano di sfruttare a suo vantaggio meccanismi euristici per l’analisi dei risultati. L’interfaccia dice “ciò” che l’utente-lettore può fare, nascondendogli idealmente il “come” («You press the button, we do the rest», diceva George

39. Il requisito di accessibilità indica la presenza o meno di barriere tecnologiche che li-mitano o pregiudicano la fruizione dei servizi di rete. Cfr. Web Accessibility Initiative (wai), <http://www.w3.org/WAI/>.

40. Secondo la definizione data dalla norma iso 9241-11:1998 Ergonomic requirements for office work with visual display terminals (vdts), l’usabilità di un sito è garantita quando «a pro-duct can be used by specified users to achieve specified goals with effectiveness, efficiency and satisfaction in a specified context of use». Cfr. inoltre Borgman (2003b).

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Eastman, fondatore della Kodak); principio questo che è alla base del concetto di usabilità di una risorsa elettronica. Insomma, assistiamo – come sostiene Je-rome McGann – al passaggio da una cultura bibliografica a una cultura dell’in-terfaccia (McGann, 2002), anche se alcune forme di paratestualità rimangono intatte nel testo virtuale e in quello fisico, sia pure culturalmente ri-mediate (Bolter, 2003): sommari, indici analitici, liste delle illustrazioni (elementi che nel mondo delle pubblicazioni a stampa fanno parte del paratesto) restano tali nell’universo digitale anche se diventano strumenti dinamici di navigazione ipertestuale, che si affiancano ai frame, ai pulsanti di navigazione presenti nel browse, alle mappe dei siti Web, ai diagrammi di navigazione ecc. La presen-tazione di un testo in ambiente digitale può essere fortemente condizionata dall’interfaccia utilizzata per la sua visualizzazione e lettura. Si assiste dunque a un radicale rovesciamento gerarchico tra testo e paratesto: il paratesto finisce per invadere i territori del processo di scrittura, costringendo chi si assume le responsabilità autoriali ed editoriali a farsi carico sia dell’organizzazione delle informazioni in uno spazio pluridimensionale, sia della predisposizione di un sistema di segnali che stiano attorno al testo e che siano funzionali a rendere fa-cilmente accessibili al lettore i contenuti informativi e ad armonizzare il conte-sto comunicativo. Il più delle volte si tratta di un sistema pittografico costituito da icone, le vere protagoniste dell’interfaccia (Crupi, 2007).

La costruzione di una collezione crea sempre nuove relazioni testuali che la biblioteca digitale deve saper esibire con i contesti multipli a cui esse fanno riferimento. Essa cioè deve saper ricostruire le relazioni logiche e genetiche tra i documenti, rendendoli tuttavia disponibili a nuove ricomposizioni semantiche, lasciate dinamicamente a totale giudizio e scelta dell’utente. Metadati, linguag-gi di codifica, protocolli sono dunque gli strumenti che essa può piegare a nuove forme della fruizione della conoscenza, senza che i processi di ipertestualità, che ne predicano la natura reticolare, intacchino l’identità dei singoli oggetti, la loro storia intellettuale, quella delle loro relazioni intertestuali e quella dei contesti in cui essi hanno preso forma.

Il modello editoriale più affermato in ambito accademico è quello della col-lezione, in cui il singolo testo è inserito in un articolato sistema, che potremmo definire enciclopedico, di relazioni autoriali, cronologiche, di genere, di forma, che il lettore può esplorare, ma anche combinare e generare secondo le perso-nali esigenze di ricerca e di studio. Si tratta di edizioni che raccolgono dina-micamente, sull’asse cronologico e su quello critico, l’insieme dei documenti che costituiscono la tradizione di un’opera, l’ambiente di circolazione, il con-testo delle relazioni concepito come parte essenziale del testo stesso (varianti testuali, relazioni intertestuali, biobibliografie, immagini, testimonianze ecc.), confermando l’assunto secondo il quale un primo effetto dell’uso dell’infor-matica nella filologia è lo spostamento del centro di interesse dal prodotto al

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processo41. Modello editoriale e forse nuovo genere testuale, costruito tuttavia sulla falsariga di una biblioteca ideale, che affianca all’universo testuale gli stru-menti di reference, generabili da specifici software di indicizzazione (full-text engine), particolarmente idonei nella gestione dell’analisi computazionale, fi-nalizzata alla creazione di concordanze, indici, liste di frequenza, processi di lemmatizzazione e di text retrieval. Spazi virtuali autosufficienti – spesso per ragioni economiche e commerciali – che offrono servizi innovativi, come il re-ference linking, che consente la navigazione trasversale tra opac, basi di dati e full text, o procedimenti semiautomatici di raffinamento delle ricerche, basati sull’analisi del contenuto dei documenti, come i data mining.

15.5 La digitalizzazione

I documenti digitali possono essere “primari” (o “nativi”, born digital), vale a dire documenti che all’origine non hanno un equivalente analogico, e “seconda-ri” (o “digitalizzati”), la cui pubblicazione è il risultato della conversione in digi-tale da un originale analogico. Per digitalizzazione si intende dunque il processo di creazione e produzione di un surrogato o derivato digitale del documento analogico, che costituisce pertanto la fonte (source) del processo di conversione.

La procedura di acquisizione più in uso è senz’altro quella meccanica che prevede l’utilizzo di specifici dispositivi a seconda della tipologia di documenti (ad esempio scanner, fotocamere ecc.). Nel caso di documenti testuali il proces-so di digitalizzazione può dar vita a due diversi esiti: la riproduzione facsimilare dell’originale, e quindi la creazione di un file di immagine, oppure la conver-sione della fonte cartacea in una sequenza di caratteri codificati, che darà vita a un file di testo. Il grado zero della codifica testuale è costituito dalla rappresen-tazione dei caratteri; vale a dire, dalla corrispondenza biunivoca fra caratteri da un lato e combinazioni formalizzate di numeri binari dall’altro. Un sistema di codifica binaria è quello che utilizza due sole cifre, “0” e “1”, ciascuna delle quali costituisce un bit42; la sequenza logicamente combinata di bit, necessaria

41. Due rilevanti esempi sono: Rossetti Archive, <http://www.rossettiarchive.org/>, dedi-cato a Dante Gabriele Rossetti, e The André Gide Editions Project, <http://www.shef.ac.uk/french/research/projects/gide>.

42. Un bit (bi[nary digi]t = numero binario) è dunque l’unità minima di informazione data dalla scelta fra due alternative possibili, considerate come egualmente probabili; detto al-trimenti, il bit è l’unità di misura della quantità d’informazione. L’uso di specifiche tabelle di codifica (ascii American Standard Code for Information Interchange, iso Latin 1, Unicode) consente, secondo la sequenza logicamente combinata di 7, 8 o 16 bit, la rappresentazione in

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secondo la tabella di codifica adottata alla rappresentazione di ciascun carattere, si chiama byte: dunque, ogni byte rappresenta un carattere o, detto altrimenti, un byte è la quantità di memoria necessaria per memorizzare un carattere. «Nel mondo digitale tutto condivide l’essere scritto in codice binario, 0 e 1: tutto è dati. Lì stanno il pericolo e l’opportunità, secondo i punti di vista del soggetto che ragiona sulla questione: opportunità per esempio per gli utenti che quei dati li possono gestire e utilizzare in moltissimi modi differenti e sul medesimo supporto possono scrivere i set di dati che letti da un appropriato programma saranno resi come un libro, come un brano musicale, come un film, come un’a-genda di appuntamenti; pericolo per chi ha costruito attività commerciali sui libri, sui dischi, sui film e teme la fluidità con cui i dati possono passare sia da un supporto ad un altro sia da una persona ad un’altra» (Lana, 2012, p. 16).

Nel caso di un file di immagine, la pagina è trattata come un’immagine for-mata dal disegno dei caratteri di stampa e sarà trascritta in una griglia costitui-ta da pixel43; nel caso di un file di testo, essa è per l’appunto considerata come un testo, vale a dire una combinazione di segni alfabetici portatori di senso, che saranno codificati per mezzo di una tabella di codifica dei caratteri. «La prima scelta, più economica, privilegia la resa visuale e l’aderenza all’originale cartaceo, ma produce file di grandi dimensioni che non consentono di effet-tuare ricerche ed estrazioni testuali. La seconda, più impegnativa sia in termini temporali che finanziari, produce file manipolabili con qualsiasi editor di testi, più piccoli e più facili da conservare e interrogare, rinunciando però alla per-fetta equivalenza con l’impaginazione e il layout dell’originale» (Ridi, 2004, p. 276). Infatti, per ottenere un file di tipo testuale sarà necessario applicare al file di tipo grafico uno specifico software, denominato ocr (Optical Character Recognition, “riconoscimento ottico dei caratteri”), che produce un documen-to editabile con un qualsiasi programma di videoscrittura, come se fosse stato digitato sulla tastiera; il testo così ottenuto dovrà quindi essere sottoposto a un processo di revisione e correzione degli errori, come in una bozza di stampa. Ovviamente, la scelta dipenderà non solo dal tipo di originale a disposizione e dal tipo di trattamento a cui si intende sottoporre la fonte una volta realizzata la versione elettronica, ma anche e soprattutto dalle finalità del progetto e dal suo dimensionamento (Hughes, 2004).

L’esito del processo di digitalizzazione (sia esso primario o secondario, ri-guardi documenti testuali, iconici, sonori o audio-video) sarà dunque un file

numeri binari dei caratteri alfabetici, dei numeri decimali, dei segni di interpunzione, della di-stinzione tra maiuscole e minuscole ecc. Cfr. Ciotti, Roncaglia (2000), pp. 8-14.

43. Il pixel (contrazione di picture elements) è l’unità elementare di cui è costituita un’im-magine digitale.

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i cui dati sono disposti secondo una struttura che ne rappresenta il “formato”. Un file, infatti, può essere salvato in diversi formati, ciascuno dei quali rispon-de a funzioni diverse (archiviazione, rappresentazione, visualizzazione, ricerca ecc.), e la cui persistenza nel tempo e portabilità (cioè, la facilità con cui può essere trasferito da un ambiente software a un altro) sono subordinati al li-vello di standardizzazione a cui essi rispondono. La rapida obsolescenza delle tecnologie informatiche impone infatti l’impiego di sistemi e di linguaggi di rappresentazione, archiviazione e visualizzazione dell’informazione svincolati e indipendenti da supporti e dispositivi hardware, e da sistemi di codifica e ap-plicazioni software che siano chiusi o proprietari o, ancora, poco sensibili alle qualità semantiche dei documenti. In altri termini, la distinzione è tra formati “aperti”, non proprietari, la cui lettura non richiede il possesso di specifici pro-grammi (es. txt), e formati “chiusi”, che per essere letti necessitano di specifici programmi che contengono le istruzioni per la loro visualizzazione, crittate in codice binario (es. Microsoft Word per doc). Pur tuttavia, accanto a formati standard de iure si affermano spesso standard de facto (anche se proprietari), ampiamente condivisi dalla comunità degli utenti.

Tra i formati più diffusi44 si ricordano: – ascii (American Standard Code for Information Interchange), è il sistema di codifica dei caratteri più comunemente utilizzato nei calcolatori (standard iso 646), e il formato testuale più affidabile. Su di esso si basa la più estesa ver-sione Unicode (iso 10646) che «assegna un numero univoco ad ogni carattere usato per la scrittura di testi, in maniera indipendente dalla lingua, dalla piatta-forma informatica e dal programma utilizzato [...] codificando i caratteri usati in quasi tutte le lingue vive e in alcune lingue morte, nonché simboli matematici e chimici, cartografici, l’alfabeto Braille, ideogrammi ecc.»45; – rtf (Rich Text Format), sviluppato da Microsoft, si è imposto de facto come standard per l’importazione e l’esportazione di testi a prescindere dal program-ma di scrittura (word processor) utilizzato; è dunque preferibile al formato doc (Document), anch’esso proprietario di Microsoft ma non comprensibile da al-tri programmi di elaborazione testi;– pdf (Portable Document Format), è un formato proprietario per la rappre-sentazione e distribuzione in rete di documenti, dei quali sono conservate tutte le proprietà originarie, indipendentemente dall’applicazione e dalla piattafor-

44. Una lista aggiornata di formati è alla pagina Every File Format in the World di Whatls.com, <http://whatis.techtarget.com/fileFormatA/0,289933,sid9,00.html>. Cfr. inoltre: File-Extension.org, <http://www.file-extensions.org/>; dotWhat, <http://dotwhat.net/>.

45. Unicode, in Wikipedia. The Free Encyclopedia, <http://it.wikipedia.org/wiki/Unicode> (ultima modifica, 7 agosto 2014).

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ma usate per la loro creazione. Un documento pdf, sia esso costituito da testo o da immagini, può essere visualizzato su qualsiasi dispositivo con il software Adobe Acrobat distribuito gratuitamente. Sul formato pdf si basa il formato pdf/a, standard iso 19005, per l’archiviazione nel lungo periodo dei docu-menti elettronici;– la famiglia dei linguaggi di marcatura (markup language), su cui avremo modo di soffermarci; – i formati degli e-book, tra i quali, oltre a quelli adattati ai dispositivi di let-tura, come ad esempio il pdf, ve ne sono alcuni specificamente ideati per fun-zionare sulle piattaforme dei dispositivi portatili e per impedire, grazie a sistemi di protezione (drm), la copia illecita di libri protetti da copyright: e-pub, for-mato aperto basato su xml; mobi, formato proprietario utilizzato da Amazon Kindle (Roncaglia, 2010); – i formati per la memorizzazione e compressione di immagini bitmap46, tiff (Tagged Image File Format), jpeg ( Joint Photographic Experts Group): il primo genera file molto pesanti, sebbene di ottima qualità, ed è perciò uti-lizzato solo per l’archiviazione; jpeg è particolarmente adatto alla visualizza-zione delle immagini perché ne consente una elevata compressione, sebbene comporti, sia pure a livello variabile, un degrado della qualità dell’immagine originaria (lossy). Tra i formati più adatti alla conservazione a lungo termine: png (Portable Network Graphics), un formato file adatto alla memorizza-zione delle immagini senza perdita di informazione (lossless); fits (Flexible Image Transport System), un formato aperto, elaborato dalla nasa per le im-magini satellitari, e ora in uso da parte di alcuni progetti di biblioteca digitale (Allegrezza, 2011); – wav o wave (waweform audio file format), e aiff (Audio Interchange File Format), sono formati audio proprietari, rispettivamente di Microsoft e ibm e di Apple Macintosh. Il formato mp3 (ovvero mpeg-1/2 Audio Layer 3) è un formato audio molto compresso, di ottima resa qualitativa, e perciò particolar-mente adatto per lo scambio di file musicali in Internet ma sconsigliabile per l’archiviazione (lossy). flac (Free Lossless Audio Codec) è un codec47 audio lossless, adatto sia all’ascolto che all’archiviazione su memorie di massa; – mpeg-4 è il nome dato a un insieme di standard per la codifica dell’audio e del video digitale sviluppati dall’iso/iec Moving Picture Experts Group (mpeg). L’mpeg-4 è uno standard utilizzato principalmente per la trasmis-sione di filmati via Web, e per la memorizzazione su supporti cd-rom. Quick

46. Immagini rappresentate come insieme di pixel.47. Un “codec” è un dispositivo o un programma per computer in grado di codificare o

decodificare un segnale o un flusso di dati digitali.

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Time, standard video sviluppato da Apple Macintosh, è oggi utilizzabile anche con Windows; – vrml (Virtual Reality Modeling Language), formato standard per la descri-zione di scene tridimensionali.

15.5.1. la rappresentazione in formato immagine dei documenti

L’esperienza maturata negli ultimi anni ha consentito di definire i corretti me-todi e procedimenti di acquisizione e archiviazione digitale soprattutto dei libri moderni (dlf, 2004; iccu, 2006), secondo i quali si raccomanda l’impiego di dispositivi (idonei banchi di acquisizione e sistemi di illuminazione) che ga-rantiscano l’integrità dei documenti originali sottoposti a scansione ottica e, al contempo, la qualità uniforme delle immagini, in analoghe condizioni di illu-minazione e inquadratura. Come risulta parimenti consolidata la prassi della ri-filatura, per eliminare l’inutile acquisizione di zone estranee allo specchio della pagina, e dell’acquisizione autonoma di ogni singola pagina (comprese quelle bianche) e della sua archiviazione in una copia principale (master), in modo tale da far corrispondere ad ogni pagina un file immagine denominato con un identificativo univoco.

Ogni immagine acquisita andrebbe poi memorizzata in una versione deri-vata a media qualità (contestualmente all’acquisizione del master o in una se-conda fase) e sottoposta a processo ocr automatico senza correzione manuale, in modo da produrre un file in formato testo relativo a ciascuna pagina, da uti-lizzare per ricerche full text; operazione, quest’ultima, consigliabile per il libro moderno a stampa e solo se il supporto di origine lo consente48. Le immagini prodotte dalla digitalizzazione dovranno essere salvate nei formati più idonei alla loro conservazione con compressione lzw (Lempel-Ziv-Welch)49, e con una profondità di colore e una risoluzione spaziale (in dpi o ppi)50 variabile a seconda del progetto. Più in particolare tutti i file xml relativi ai metadati, oltre

48. Naturalmente il risultato del processo di riconoscimento ottico dei caratteri presenterà errori che, non essendo corretti, condizioneranno la qualità dei risultati della ricerca full text.

49. Algoritmo utilizzato per comprimere i file grafici.50. ppi, Pixel Per Inch “pixel per pollice”, indica l’unità di misura di “risoluzione” di un’im-

magine; per “risoluzione” si intende la capacità di un dispositivo o di un supporto (pellicole, carta) di riprodurre un’immagine, in base al numero dei suoi elementi costitutivi per unità di misura, dpi. Il termine dpi, Dots Per Inch, che significa “punti per pollice”, è l’unità di misura comunemente impiegata per misurare il numero di pixel presenti nell’immagine digitale: mag-giore è il numero di pixel presenti in ogni pollice, maggiore sarà la risoluzione dell’immagine digitale, vale a dire la sua fedeltà all’oggetto originale. La risoluzione di un’immagine è quindi determinata dal numero di dpi.

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ad essere contenuti nelle rispettive cartelle delle immagini, dovrebbero essere salvati e archiviati anche su un supporto magnetico-ottico (dvd-r), e nominati con la stessa nomenclatura utilizzata per i file delle immagini.

Tali parametri di riferimento riguardano nello specifico la digitalizzazione del libro moderno; altre tipologie di materiali (manoscritto, libro antico, libro d’arte ecc.) richiederanno invece accorgimenti e soluzioni tecniche ancora più complesse, oltre che impegnative dal punto di vista organizzativo e gestionale.

15.5.2. la rappresentazione in formato testo dei documenti

Molto più articolate e complesse, quanto onerose, risultano invece le procedure di acquisizione, di elaborazione e di rappresentazione dei documenti in forma-to testo, implicando esse il pieno coinvolgimento di competenze specialistiche relative ai settori disciplinari a cui sono ascrivibili i documenti oggetto dei pro-cessi di digitalizzazione.

L’esito del processo di acquisizione di un documento, sia esso fatto trami-te digitazione o con uno scanner, è: 1. un testo non formattato, che riproduce cioè la sequenza delle parole senza quegli elementi paratestuali che fanno di un testo un libro (es. txt); 2. un testo formattato, che conserva quindi le caratte-ristiche formali e l’aspetto tipografico dell’originale analogico (es. doc); 3. un testo codificato, di cui, in altre parole, si fornisce, grazie a specifici linguaggi di marcatura, una descrizione formalizzata delle parti o degli aspetti che s’intende evidenziare51. Questa rappresentazione dell’informazione testuale su supporto digitale viene comunemente definita codifica informatica dei testi ed essa, come ogni processo di elaborazione che si serve del computer, è una rappresentazione mediata da appositi linguaggi formali, definiti markup languages (linguaggi di marcatura), costituiti da un insieme di istruzioni, sotto forma di etichette (tags) racchiuse fra parentesi uncinate, che vengono inserite accanto ai segmenti di testo a cui esse si riferiscono; una specifica sintassi regola l’uso, la forma e i rap-porti tra le varie etichette. Dal punto di vista delle logiche di funzionamento dell’elaboratore, l’introduzione di “marcatori” all’interno di un testo ha lo sco-po di indicare ai programmi incaricati di decodificarli il modo in cui la parte di testo marcata deve essere interpretata ed eventualmente trattata.

In base a un’ormai classica distinzione tassonomica, i linguaggi di marcatura si dividono in due tipologie:– linguaggi procedurali;– linguaggi dichiarativi.

51. Sul complesso concetto di testo in ambiente digitale, cfr. Orlandi (2010).

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I linguaggi procedurali sono costituiti da istruzioni che specificano le procedure computazionali che un programma deve compiere sul testo per ottenere un de-terminato output (generalmente su carta): ad esempio “qui stampa in grassetto”.

I linguaggi dichiarativi dichiarano appunto l’appartenenza di un dato seg-mento testuale a una determinata classe di strutture, forme e caratteristiche te-stuali: ad esempio “questo è un capitolo”, “questa è una metafora” (come sarà illustrato più avanti). Inoltre, la possibilità di rappresentare strutture astratte non pone limiti alla natura e alla tipologia delle caratteristiche testuali che si possono codificare (struttura editoriale del testo, struttura grammaticale, strut-tura retorica ecc.).

Ai requisiti propri dei linguaggi di codifica dichiarativi risponde la tecno-logia rappresentata dai linguaggi sgml/xml52, che consentono di descrivere, grazie alla loro sintassi, la struttura dei documenti e le ontologie ad essa associa-te. Più propriamente, xml, preferito ormai a sgml per la sua maggiore flessibi-lità, è un metalinguaggio, che detta le regole sintattiche per mezzo delle quali è possibile definire il linguaggio di marcatura da applicare a singole tipologie di testi o documenti. Esso è insomma la lingua franca per l’interscambio di dati tra applicazioni diverse. La sua universalità ed estensibilità risiedono: nella assoluta indipendenza dalle piattaforme53 utilizzate; nella netta separazione dei dati dalla loro presentazione; e nella sua struttura incrementale, che permette l’espressio-ne di nuovi attributi semantici senza bisogno di ridefinire una nuova versione dei linguaggi stessi.

Sulla base dello sgml/xml sono stati sviluppati numerosi schemi di codi-fica, tra cui quello rappresentato dallo standard definito dalla tei (Text Enco-ding Initiative), specificamente rivolto al dominio della ricerca umanistica (cfr. riquadro 15.2).

Trattandosi di un’operazione molto complessa e che, in virtù del suo alto gra-do di formalizzazione, richiede il rispetto delle regole sintattiche di annotazione, il processo di marcatura può essere assistito da specifici programmi informatici54. Le caratteristiche testuali che vengono di norma codificate sono quelle:

52. sgml, Standard Generalized Markup Language, è standard iso 8879/1986, sviluppa-to per rappresentare dati testuali su supporto digitale in modo indipendente da sistemi har-dware e software e per facilitare il trasferimento dei documenti testuali (e non solo) attraverso reti telematiche. Da esso deriva, come suo sottoinsieme semplificato, xml, Extensible Markup Language, caratterizzato dall’elevata scalabilità e portabilità. Lo straordinario vantaggio offerto da questo linguaggio è dato dal fatto che esso è, al contempo, comprensibile dall’essere umano (human-readable) ed elaborabile dalla macchina (machine-readable).

53. Per “piattaforma informatica” si intende la parte di un programma utilizzata come base sulla quale costruire altri programmi o applicazioni.

54. Tra gli editor più usati c’è senz’altro oXygen, <http://www.oxygenxml.com/>.

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– strutturali (individuazione delle partizioni principali e secondarie del testo e della loro relazione gerarchica: capitoli, sezioni, paragrafi per un testo in prosa; canti, stanze, versi per un componimento poetico; atti e scene per un testo tea-trale ecc.);

riquadro 15.2 Il funzionamento dello schema tei

L’obiettivo del progetto, perseguito oggi da tei Consortium (<http://www.tei-c.org>), è quello di definire uno standard per la rappresentazione di testi su supporto di-gitale. Le Guidelines for Electronic Text Encoding and Interchange, meglio note, nell’ul-tima versione, come tei P5, definiscono il linguaggio per descrivere la struttura di un testo e propongono la nomenclatura per individuare i suoi componenti (tei, 2013). Tale linguaggio è espresso nella sintassi xml e si basa su una grammatica formale, detta dtd (Document Type Definition), che specifica la struttura di un documento e gli elementi che lo costituiscono.

Un testo codificato in linguaggio xml conformemente alle specifiche della tei è composto di due parti (cfr. Ciotti, 2005): – la tei header (rappresentata dall’elemento <teiHeader>); – la trascrizione vera e propria del testo (codificata con l’elemento <text>).

La tei header fornisce informazioni “bibliografiche”, analoghe a quelle contenute nel frontespizio di un testo a stampa e utilizzabili come parametri selettivi nella fase di ricerca. È composta da quattro parti principali: – <fileDesc>: contiene la descrizione bibliografica completa di un file digitale;– <encodingDesc>: contiene la descrizione delle modalità di codifica;– <profileDesc>: contiene la descrizione degli aspetti non bibliografici del testo (ti-pologia documentaria, lingue usate, descrizione semantica ecc.); – <revisionDesc>: riassume la storia delle revisioni che ha subìto il documento.

La sezione text è a sua volta costituita dall’“avantesto” (front), dal corpo del testo vero e proprio (body) e da eventuali appendici (back): <TEI.2> [elemento radice]

<teiHeader> [contiene le informazioni della tei Header] </teiHeader> <text> [testo] <front> [gli elementi preliminari che precedono il testo vero e pro- prio: prefazioni, dediche ecc.] </front> <body> [il corpo del testo, con l’esclusione di ogni elemento preli- minare o di appendice] </body> <back> [gli elementi che seguono il testo vero e proprio: appendi- ci, postfazioni ecc.] </back> </text>

</TEI.2>

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– formali (aspetto fisico del documento: uso di fonts e stili di carattere; dislo-cazione di note, annotazioni, glosse ecc.);– contenutistiche (riferimenti in lingua diversa da quella corrente, figure reto-riche, forme grammaticali, riferimenti temporali, spaziali, indicazione dei nomi dei personaggi ecc.).

Tali elementi vanno contestualizzati nel sistema delle gerarchie strutturali e delle relazioni (logiche e astratte) che essi intrattengono dinamicamente all’inter-no del testo, di cui va salvaguardata l’identità e l’integrità dei contenuti informa-tivi. La loro individuazione e rappresentazione è perciò un «atto interpretativo» (Fiormonte, 2003, p. 164), che assume il «punto di vista» del codificatore quale discrimine metodologico e teorico nel processo di formalizzazione del testo.

Il livello e la granularità della codifica sono condizionati da una serie di fattori, quali ad esempio: la tipologia delle risorse testuali prese in esame (omogeneità o disomogeneità di genere, forma linguistica, copertura cronologica o spaziale della raccolta ecc.); le finalità del progetto (didattiche, di ricerca ecc.); il destinatario di riferimento (comunità accademica, utenza scolastica, utenza generica ecc.); le risorse finanziarie a disposizione (quanto più è avanzata e granulare la codifica tanto più costa anche in termini temporali); le competenze specialistiche su cui si può contare all’interno dell’organizzazione che promuove il progetto di digita-lizzazione; la disponibilità di specifici software di indicizzazione (full text engine) particolarmente idonei nella gestione dell’analisi computazionale finalizzata alla creazione di concordanze, indici, liste di frequenza, processi di lemmatizzazione e di text retrieval. Va infatti tenuto presente che la «vera anima di una base di dati te-stuale» è il motore che la interroga, la cui efficienza ed efficacia computazionale si misura dalla quantità e dalla qualità delle informazioni che «è in grado di recupe-rare in relazione al livello di codifica introdotto» (Stoppelli, 2006, p. 184; 2005).

Un “foglio di stile”55 consentirà infine di rappresentare a video il testo for-mattato secondo le annotazioni di codifica xml/tei e di renderlo quindi leggi-bile e fruibile dall’utente.

15.6 I metadati

I metadati sono il linguaggio della biblioteca digitale, il suo tessuto connettivo. Anche se un uso estensivo del termine li appiattisce sulla funzione delle tradizio-nali schede catalografiche, appare in tutta evidenza la loro inedita specificità già a

55. Un “foglio di stile” o css (Cascading Style Sheet) è un linguaggio usato per definire la formattazione e la rappresentazione di documenti html, xhhtml e xml. 

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declinarne le tipologie funzionali (descrittivi, strutturali, amministrativo-gestio-nali, questi ultimi finalizzati in particolar modo alla gestione dei diritti e alla con-servazione). Secondo la definizione niso: «Metadata is structured information that describes, explains, locates, or otherwise makes it easier to retrieve, use, or manage an information resource. Metadata is often called data about data or in-formation about information» (niso, 2004, p. 1; cfr. Gambari, Guerrini, 2002; Bassi, 2002). In un contesto in cui l’universo documentario non è riconducibile a tassonomie predeterminate e l’informazione digitale risulta fragile, facilmente corruttibile o alterabile, sia nei supporti che nei contenuti informativi, i metadati assolvono diverse funzioni. A condizione che siano correttamente applicati dal punto di vista della completezza, della correttezza sintattica e semantica (niso, 2004), essi consentono infatti l’identificazione univoca56, l’individuazione e la localizzazione di una risorsa, l’aggregazione e l’organizzazione di risorse con ca-ratteristiche comuni; supportano inoltre e descrivono i processi di archiviazione e conservazione. I metadati sono dunque la “scatola nera” del documento elettro-nico, il dispositivo informativo che registra tutti i cambiamenti che il documento subisce sino ad arrivare al suo fruitore. Consentono anche l’interoperabilità lo-gica e semantica tra risorse digitali ontologicamente diverse, creando dinamica-mente nuove relazioni fra i documenti, e servono ai browser e ai motori di ricerca per gestire i contenuti in modo più efficace.

Esistono diversi schemi di metadati (Caplan, 2003; Canali, 2006)57 e diversi profili di applicazione, a seconda delle specifiche tipologie di risorse documen-tarie, delle comunità che li adottano, delle finalità dei progetti di digitalizzazio-ne, della granularità descrittiva, tra cui si segnalano i seguenti:– The Metadata Encoding and Transmission Standard (mets), <http://www.loc.gov/standards/mets/>, è un contenitore logico che fornisce l’intelaiatura per codificare metadati (secondo schemi di codifica non predeterminati) all’in-terno di una biblioteca digitale; analoga funzione (prevalentemente gestionale e finalizzata alla conservazione) svolge lo schema Metadati Amministrativi e Gestionali (mag), elaborato in seno all’iccu, <http://www.iccu.sbn.it/genera.jsp?id=101>; – Dublin Core (dc), <http://dublincore.org>, nato per la descrizione di ri-sorse Web anche da parte di non specialisti (si basa su un set di 15 elementi tutti

56. L’instabilità degli indirizzi delle risorse in rete rende consigliabile l’adozione di identifi-catori univoci e permanenti come purl (Persistent Uniform Resource Locator), Handle System (sviluppato da The Corporation for National Research Initiatives, cnri), o doi (Digital Object Identifier, <http://www.doi.org/>, un sistema usato soprattutto in ambito editoriale per l’iden-tificazione dei documenti pubblicati elettronicamente).

57. Si veda inoltre ifla, Digital Libraries: Metadata Resources, <http://www.ifla.org/node/9337>.

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opzionali e ripetibili), è divenuto lo schema di riferimento di molti progetti di digitalizzazione bibliotecaria anche per la sua integrazione con altri schemi o con formati bibliografici, di cui sono definite le equivalenze tra etichette deno-tate in modo diverso ma semanticamente affini; – The Metadata Object Description Schema (mods), <http://www.loc.gov/standards/mods/>, è uno schema di metadati descrittivi derivato da marc 21, e indicato per la sua flessibilità a descrivere oggetti digitali nativi, con un livello di granularità più compatibile (rispetto ad altri schemi) con gli standard dei formati bibliografici; – The Encoded Archival Description (ead), <http://www.loc.gov/ead/>, è specificamente rivolto alla codifica dei dati contenuti negli strumenti di sus-sidio alla ricerca archivistica, ma è anche diffuso in altri contesti che trattano collezioni speciali; – premis, standard internazionale per la preservazione a lungo termine58;– Visual Resources Association (vra) Core Categories, <http://vraweb.org/>, è uno schema usato nel contesto delle arti visive: fornisce un set di metadati de-scrittivi per i loro oggetti o rappresentazioni; sempre per le arti visive, è stata ela-borata, con funzioni simili a quelle di mets, una struttura concettuale altamente formalizzata, Categories for the Descriptions of Works of Art (cdwa), <http://www.getty.edu/research/conducting_research/standards/cdwa/>; – mpeg-7, Multimedia Content Description Interface, <http://mpeg.chiariglione.org/>, è uno standard per la descrizione codificata di oggetti digitali au-dio e video, per i quali lo stesso gruppo promotore ha creato il modello struttu-rale di gestione, mpeg-21, Multimedia Framework; – Onyx (e in particolare Onyx for Books), <http://www.editeur.org/onix.html>, è uno standard nato per la rappresentazione e lo scambio di informazio-ni bibliografiche a livello editoriale (anche a tutela della proprietà intellettuale), ma per la peculiarità delle informazioni trasmesse potrebbe essere utilizzato dal-le biblioteche come forma di precatalogazione; – Learning Object Metadata (lom), <http://ltsc.ieee.org/wg12/>, sono me-tadati orientati alla descrizione di materiali didattici che utilizzano piattaforme tecnologiche.

I fattori che connotano la specificità dei metadati riguardano il loro inscin-dibile legame con i documenti, di cui essi veicolano le informazioni, nonché l’essere espressi in linguaggi formali che consentono la loro indicizzazione da parte di strumenti di ricerca appositamente predisposti per interpretarli. Questi sono anche i fattori che regolano l’interoperabilità logica e semantica tra risorse

58. The premis Data Dictionary for Preservation Metadata, <http://www.loc.gov/standards/ premis/>.

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digitali pure ontologicamente diverse, in grado perciò di creare dinamicamente nuove relazioni, che amplificano di fatto la struttura reticolare dell’informazio-ne in rete. Tuttavia, la varietà dei formati descrittivi e degli schemi di codifica richiede – come requisito per garantire l’interoperabilità – una loro costante “mappatura” (mapping), sotto forma di tabelle che definiscono le equivalenze semantiche e sintattiche tra gli elementi appartenenti a due o più formati di me-tadati anche eterogenei (crosswalks)59; ma pure l’adozione di formalismi come quello espresso dal linguaggio rdf (Resource Description Framework)60, che è un modello di rappresentazione in cui le relazioni fra metadati e risorse vengono esplicitate secondo regole che ne permettono la condivisione coerente e simul-tanea fra diverse applicazioni (per esempio di differenti comunità scientifiche).

Un aspetto, quest’ultimo, ancor più significativo quando l’interoperabilità richiesta riguarda la messa in relazione di contesti multidisciplinari, i quali at-tingono a linguaggi descrittivi e a semantiche che sono propri dei domini di co-noscenza di ciascuna disciplina. Interoperabilità significa allora – in questa spe-cifica accezione – rendere accessibili e disponibili i dati, in modo tale da essere elaborabili da una macchina per favorire la loro integrazione e il loro riutilizzo in applicazioni differenti. Da questo punto di vista, la tecnologia dei linked data61 offre alle biblioteche «l’opportunità di integrare le informazioni strutturate dei loro cataloghi con informazioni provenienti da altri cataloghi e da fonti terze» e di rendere «più facilmente accessibili i loro dati basandosi su standard web» (Crupi, 2013, p. 35)62. Si tratta di una tecnologia che permette di pubblicare sul Web i dati in una modalità leggibile, interpretabile e utilizzabile dalle macchine: una nuova opportunità per il mondo delle biblioteche che possono così rendere permeabili i dati dei propri cataloghi ai motori di ricerca. L’integrazione dei propri dati e metadati con quelli di altri soggetti istituzionali non solo aumenta, infatti, il loro potenziale informativo ma li rende più completi, più usabili e riusabili in contesti anche assai diversi da quelli d’origine, e consente così: di estendere le informazioni di contesto relative a ciascun dato; di accrescere il numero degli strumenti di controllo terminologico a disposizione, rendendo più precise e pertinenti le fonti informative, la cui riconosciuta autorevolezza è fondamentale criterio distintivo per conferire legittimità e validità ai dati stessi;

59. Cfr. oclc, All about Crosswalks, <http://www.oclc.org/research/projects/mswitch/1_crosswalks.htm>.

60. Resource Description Framework (rdf), <http://www.w3.org/RDF/>, è stato realiz-zato da The World Wide Web Consortium (w3c), <http://www.w3.org/>.

61. Sull’applicazione della tecnologia dei linked data all’universo bibliografico cfr. “jlis.it” (2013). Cfr. inoltre Stuart (2011).

62. Traduzione italiana dell’autore.

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inoltre, permette ai motori di ricerca di “capire” la struttura e la tipologia di un determinato documento e quindi di reperirlo.

La scelta degli standard di metadati da utilizzare è ancora più importante quando si voglia integrare la propria collezione o biblioteca digitale (ed è ormai prassi d’obbligo per le istituzioni culturali che operano nell’ambito del cultural heritage) con i grandi sistemi nazionali o internazionali, come Internet Cultu-rale ed Europeana, che fungono da aggregatori di contenuti digitali prodotti da enti autorevoli e qualificati; ebbene, questi progetti permettono agli utenti di attingere da un unico punto d’accesso a una notevole quantità di oggetti digitali provenienti da fonti diverse, e questo grazie all’adozione di standard di metada-ti comuni e condivisi. Ecco perché sono importanti i metadati: essi sono infatti al contempo il mastice che tiene insieme le informazioni sugli oggetti digitali, garantendone la qualità e l’accesso, e la struttura logica che consente la creazio-ne e produzione di nuove e inedite relazioni tra i dati.

15.7 La gestione dei diritti

La naturale fluidità dei documenti digitali, la loro manipolabilità, l’essere un luo-go di interazione di numerosi potenziali soggetti, che ne possono modificare la fisionomia originaria, sembrano contraddire i principi di autorialità e di origi-nalità dell’opera (e soprattutto i postulati che ne predicano la validità giuridica: identità, autenticità e integrità) alla base del diritto d’autore e della normativa sul copyright63, che presuppongono invece un’entità fisica e giuridica ben definita e che regolamentano le pratiche sociali di produzione e d’uso dei documenti.

L’equilibrio fra diffusione della conoscenza e tutela della proprietà intellet-tuale è stato infatti messo in crisi dai processi di digitalizzazione dei contenu-ti, che consentono la riproduzione – da un originale – di copie identiche tra di loro. Più in generale, le tecnologie digitali hanno ampliato il bacino dei poten-ziali fruitori di tali diritti (fornitori di servizi, di connettività, implementatori di software ecc.), come pure le tipologie documentarie e le modalità di fruizione e di utilizzo a cui essi potrebbero essere applicati; senza dire poi che le normative nazionali e internazionali rivelano la difficoltà a regolamentare la contraddizione (culturale e storica) tra l’esercizio del diritto territoriale e della sovranità degli Stati e lo statuto di deterritorialità proprio dei documenti distribuiti nella rete (Commissione interministeriale sui contenuti digitali nell’era di Internet, 2005).

63. Per copyright si intende più propriamente la normativa in uso nei paesi anglosassoni, che regola la riproduzione e copia di un’opera secondo il suo “giusto utilizzo” (fair use).

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Si ricorda che il diritto d’autore, esercitato sulle opere dell’ingegno o dell’ar-te di carattere creativo, tutela sia i diritti morali (di durata illimitata)64 sia i di-ritti economici (inalienabili e validi durante la vita dell’autore e 70 anni dopo la sua morte)65.

La necessità dunque di esercitare un controllo sulla distribuzione dei conte-nuti ha spinto le figure titolari dei diritti connessi alle opere all’individuazione di “misure tecnologiche” di protezione, in grado di inibire o limitare l’uso illegit-timo e non autorizzato dei contenuti protetti. Tale sistema di gestione dei diritti digitali, denominato drm (Digital Right Management), prevede procedure di autenticazione da parte dell’utente e regolamenta l’accesso ai contenuti e la loro modalità di utilizzo e di pagamento secondo differenti modelli di fruizione66:– pay per download, pagamento per ogni download di file;– pay per use, pagamento per ogni utilizzo, soprattutto di banche di dati;– pay per view o pay per page, pagamento limitato a determinate sezioni di un’opera, come per esempio il capitolo di un libro o l’articolo di un periodico;– sottoscrizione, pagamento per una licenza d’uso per un periodo di tempo de-finito;– noleggio e prestito a pagamento, contenuto utilizzato a pagamento per un de-terminato periodo di tempo;– preview, modalità di visualizzazione di documento a bassa risoluzione e mar-cato con filigrane digitali (watermarks) per valutarne l’eventuale acquisto ecc.

Un efficiente sistema di drm dovrebbe rispondere ai principi della neu-tralità tecnologica, dell’accessibilità estesa agli utenti diversamente abili, della flessibilità nei modelli di fruizione, dell’interoperabilità, della trasparenza delle procedure e della tutela della privacy. Ma soprattutto esso dovrebbe garantire il diritto alla lettura come diritto inalienabile anche nel contesto digitale, onde

64. I principali diritti morali sono: il diritto alla paternità dell’opera, cioè il diritto di ri-vendicare la propria qualità di autore dell’opera; il diritto all’integrità dell’opera, cioè il diritto di opporsi a qualsiasi deformazione o modifica dell’opera che possa danneggiare la reputazione dell’autore; il diritto di pubblicazione, cioè il diritto di decidere se pubblicare o meno l’opera.

65. I principali diritti di utilizzazione economica dell’opera, che permettono all’autore di autorizzare o meno l’utilizzo della sua opera e di trarne i benefici economici, sono: il diritto di riproduzione, cioè il diritto di effettuare la moltiplicazione in copie dell’opera con qualsiasi mezzo; il diritto di esecuzione, rappresentazione, recitazione o lettura pubblica dell’opera, cioè il diritto di presentare l’opera al pubblico nelle più diverse forme di comunicazione; il diritto di diffusione, cioè il diritto di effettuare la diffusione dell’opera a distanza (mediante radio, tele-visione, via satellite o via cavo, su reti telematiche ecc.); il diritto di distribuzione, cioè il diritto di porre in commercio l’opera; il diritto di elaborazione, cioè il diritto di apportare modifiche all’opera originale, trasformandola, adattandola, riducendola ecc.

66. Cfr. indicare (The Informed Dialogue about Consumer Acceptability of drm Solu-tions in Europe), <http://www.indicare.org>.

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evitare il paradosso di una conoscenza sempre più accessibile ma meno fruibile. Tant’è vero che la comunicazione scientifica, resa finora disponibile attraver-so il circuito, gratuito o a pagamento, delle biblioteche o della distribuzione libraria, è oggi di fatto “recintata”, perché la maggior parte delle basi dati, che conservano i prodotti della ricerca più innovativa e della conoscenza avanzata (testi, riviste, repertori ecc.), sono gestiti da imprese editoriali o da istituzioni, pubbliche o private, che li rendono accessibili solo dietro pagamento di costosi abbonamenti, con i quali le biblioteche delle università (che sono i loro maggio-ri clienti) non acquistano il possesso delle risorse ma, nella generalità dei casi, solo una licenza d’uso. E proprio al fine di facilitare la comunicazione scientifica nei nuovi ambienti digitali, favorendone la sostenibilità economica, all’inizio del Duemila è nato in ambito accademico il movimento dell’open access (accesso aperto), proponendo e praticando nuovi modelli editoriali: – open archives, archivi destinati al deposito, alla gestione e alla conservazione degli e-prints, cioè delle versioni elettroniche di articoli scientifici, già sottoposti a peer review (post-print) o ancora da sottoporre (pre-print);– periodici open access, cioè pubblicazioni a testo completo accessibili gratuita-mente online che utilizzano software di gestione aperti, come ad esempio ojs, Open Journal System.

Tanto più che l’accesso aperto è pienamente compatibile con la tutela della paternità e della proprietà intellettuale ed è basato sul consenso dell’autore o del titolare dei diritti d’autore. Ed è proprio a garanzia di coloro che decidano la libera circolazione delle loro opere, sia pure a determinate condizioni, che l’or-ganizzazione Creative Commons, fondata da Lawrence Lessig, ha spostato il concetto di proprietà intellettuale da diritto individuale a diritto dell’industria culturale (Lessig, 2004), prevedendo quattro modalità di utilizzo di un’opera: attribution (obbligo di citazione della fonte); non commercial (consenso all’uso purché non a fini commerciali); no derivative works (autorizzazione per l’uso di contenuti derivati dall’originale); share like (condivisione di contenuti alle condizioni prima elencate).

Si tratta, come si vede, di una modalità editoriale alternativa al modello tradizionale, che si materializza nella creazione di depositi istituzionali pub-blici, institutional repositories, nei quali gli studiosi sono invitati a depositare una copia dei loro contributi. «Potremmo dunque dire che oggi assistiamo a processi ambivalenti di produzione e distribuzione del sapere: da una parte, infatti, abbiamo numerosi e preoccupanti segnali di chiusura e privatizzazione della conoscenza [...]; ma, dall’altra, registriamo l’affermazione di processi e movimenti reattivi, di controtendenza, impegnati nella tutela dei nuovi beni comuni digitali della conoscenza [...], come il modello copyleft basato su un si-stema di licenze, attraverso le quali l’autore, in quanto detentore originario dei diritti sull’opera, indica ai suoi fruitori che essa può essere utilizzata, diffusa

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e anche modificata liberamente, pur nel rispetto di alcune condizioni essen-ziali; prevedendo così un uso rovesciato del diritto d’autore: non per limitare il diritto di copia (copyright), ma per garantire a chiunque tale diritto e per impedire che qualcuno possa limitarlo in futuro (copyleft, appunto)» (Crupi, 2012c, pp. 246-7).

Come si può intuire, la gestione dei diritti è dunque materia assai delicata, per cui è bene predefinire, con un documento istituzionale, la cornice giuridica e legislativa, entro la quale si determinano i termini delle licenze e dei contrat-ti e quelli di fruizione e d’uso degli oggetti digitali (cfr. Bently, Suthersanen, Torremans, 2010; Di Lascio, Ortolani, 2010; Ortolani, 2012; Cassano, Scorza, Vaciago, 2013).

15.8 Il libro antico: strumenti di studio e raccolte digitali

Un importante ambito di riflessione metodologica, oltre che di applicazione delle tecnologie digitali al settore dei beni culturali, è senz’altro quello relativo al libro antico, manoscritto e a stampa, nella cui sfera le iniziative finora realiz-zate cominciano ad assumere una significativa massa critica. Gli ormai innume-revoli progetti internazionali, volti alla valorizzazione delle collezioni storiche e speciali di prestigiose biblioteche europee, sono parte di una strategia consa-pevolmente condivisa nei paesi del vecchio continente, che cerca, anche con fatica, di ricostruire attraverso i patrimoni culturali una comune memoria sto-rica, nel rispetto delle diverse identità etniche, religiose e linguistiche. Alcuni di questi progetti europei, come il già citato Europeana, e nazionali, come Gallica o Internet Culturale, vanno precisamente in questa direzione e lungo il solco politico di un accesso integrato alle testimonianze documentali di un immenso patrimonio di beni culturali.

La quantità e varietà delle iniziative di digitalizzazione, che non solo ri-producono collezioni esistenti ma ne generano di nuove nell’ambito di spe-cifici progetti scientifici67, forniscono alla comunità dei lettori e degli studiosi

67. Danno notizia di alcuni autorevoli progetti di catalogazione e riproduzione digitale di collezioni antiche e rare, intrapresi in ambito europeo o in singoli contesti nazionali: Biblioteche digitali generali e Biblioteche digitali dedicate di Internet Culturale. Cataloghi e Collezioni di-gitali delle biblioteche italiane, <http://www.internetculturale.it/opencms/opencms/it/main/strumenti/link/bibdiggen/>; Cataloghi e digitalizzazioni di manoscritti della Biblioteca della Scuola Normale Superiore di Pisa, <http://biblio.sns.it/risorseonline/libroantico/catdig/>; Internetquellen zu Handschriften, Inkunabeln, Nachlässen, Alten Drucken del sito dell’Uni-versitätbibliothek di Frankfurt am Main, <http://www.ub.uni-frankfurt.de/webmania/lhsn.

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la piena disponibilità di documenti finora inaccessibili e rendono possibile la loro fruizione, senza che luogo di conservazione e luogo di lettura coinci-dano necessariamente. Promettenti segnali provengono – da questo punto di vista – dagli impegnativi progetti di digitalizzazione dei fondi manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana (<http://www.vaticanlibrary.va/home.php?pag=catalogo_manoscritti>), della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze (<http://teca.bmlonline.it/TecaRicerca/>), della Polonsky Founda-tion68, delle biblioteche bavaresi e di altre importanti biblioteche tedesche69, che arricchiscono le informazioni catalografiche con set di metadati, consentendo inedite aggregazioni di dati e un più complesso e articolato sistema di relazio-ni, che mette in comunicazione le singole risorse con altre risorse e altre entità descrittive e semantiche. Questa attività di contestualizzazione delle risorse do-cumentarie è oggi il valore aggiunto che il digitale offre all’universo della cono-scenza registrata, ampliando il reticolo di relazioni concettuali e semantiche e quindi espandendo le potenzialità conoscitive veicolate dai puri dati descrittivi.

Basti pensare a come e quanto le tecnologie digitali stiano modificando le at-tività investigative di storici del libro e della cultura letteraria, di filologi, di bi-bliografi ecc., e non solo sul piano delle analisi quantitative, della estrapolazione di dati stocastici e seriali, ma soprattutto sul piano della qualità nelle ricognizio-ni storico-geografiche e comparative. Nello specifico ambito di studio del libro antico, la Germania continua a ricoprire una posizione di rilievo a livello inter-nazionale, impegnata – come si è detto – in «progetti di digitalizzazione e di implementazione di banche dati a carattere storico-umanistico» (Fabbri, 2006), soprattutto ad opera e per iniziativa della Deutsche Forschungsgemeinschaft (dfg, <http://www.dfg.de>).

E tra le banche dati specializzate70, spesso corredate da importanti appara-ti iconografici e illustrativi, corre l’obbligo di citare innanzitutto lo strumento

html>; Il libro antico, curato da Angela Nuovo, Aldo Coletto e Graziano Ruffini, <http:// libroantico.uniud.it/>.

68. Polonsky Foundation Digitization Project: è un progetto che vede impegnate le Bodle-ian Libraries dell’Università di Oxford e la Biblioteca Apostolica Vaticana, finanziato dal ma-gnate Leonard Polonsky, e che prevede la digitalizzazione di manoscritti ebraici e greci e di in-cunaboli, <http://bav.bodleian.ox.ac.uk/>.

69. Digitale Sammlungen: Handschriften, a cura del Münchener Digitalisierungszentrum (mdz), <http://www.muenchener-digitalisierungszentrum.de/>; Heidelberger historische Be-stände – digital, <http://www.ub.uni-heidelberg.de/helios/digi/handschriften.html>.

70. Le banche dati (in inglese, database) sono archivi elettronici, strutturati secondo un particolare modello logico (relazionale, gerarchico, reticolare ecc.), tale da consentire la gestione dei dati stessi (inserimento, ricerca, cancellazione e aggiornamento) da parte di particolari appli-cazioni software. Sono costituite da un insieme di informazioni strutturate, omogenee per con-tenuto (record bibliografici, abstract, documenti testuali, immagini, statistiche ecc.), che sono

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catalografico d’eccellenza della tradizione incunabolistica, il Gesamtkatalog der Wiegendrucke (gw), disponibile online da ormai un decennio71 e che fino ad oggi conta più di 35.000 record, metà dei quali (corrispondenti ai volumi rela-tivi agli autori con iniziali J-Z) riproducono in formato digitale le schede della versione manoscritta del catalogo72 e rimandano, laddove esistenti, alle versioni digitali dei testi. L’iniziativa, che – com’è noto – ha cominciato le sue pub-blicazioni grazie alla Kommission für den Gesamtkatalog der Wiegendrucke (Hiersemann, Leipzig 1925-), ha segnato la storia della bibliografia retrospettiva novecentesca per la qualità ed esaustività della descrizione bibliografica73. Tanto più che il gw registra anche i dati di edizioni andate perdute ma di cui è rimasta un’attendibile testimonianza archivistica.

A integrare inoltre l’informazione, relativa al posseduto di oltre venti bi-blioteche tedesche dotate di raccolte di incunaboli, soccorre il catalogo col-lettivo inka (Inkunabelkatalog deutscher Bibliotheken, <http://www.inka.uni- tuebingen.de/>), che descrive circa 10.000 edizioni74 pari a 70.000 esemplari, tra cui quelli conservati presso la Bayerische Staatsbibliothek (dotata di un suo au-tonomo catalogo: Inkunabelkatalog der Bayerischen Staatsbibliothek, bsb-Ink, <http://www.bsb-muenchen.de/Inkunabelkatalog-BSB-Ink.181.0.html>) che, con i suoi quasi 20.000 incunaboli, supera la British Library per numero di esemplari posseduti.

L’altro strumento principe della ricerca incunabolistica disponibile in rete è ovviamente l’Incunabula Short-Title Catalogue (istc)75, realizzato dalla Bri-tish Library con il contributo di istituzioni bibliotecarie di tutto il mondo e che raccoglie e unifica i principali repertori nazionali, a partire dal nostro igi. Nato sul finire degli anni Settanta del Novecento, per iniziativa dell’incuna-

state classificate, codificate, organizzate e registrate, in modo da facilitare il loro reperimento attraverso procedure di information retrieval. Un database bibliografico è composto da schede (entries), contenenti descrizioni uniformi di documenti o registrazioni bibliografiche, e dai pun-ti di accesso tramite i quali esse possono essere ricercate e identificate.

71. Datenbank Gesamtkatalog der Wiegendrucke, <http://www.gesamtkatalogderwiegendrucke. de/>. Cfr. Suckow, Klarkowski (2004).

72. A partire dal volume x del gw, per ogni scheda è fornita l’indicazione della fonte im-piegata per la descrizione.

73. Si segnala che, sempre in Germania è in corso d’opera un analogo progetto relativo alle cinquecentine, curato della Bayerische Staatsbibliothek in collaborazione con la Herzog August Bibliothek Wolfenbüttel: Verzeichnis der im deutschen Sprachbereich erschienenen Drucke des 16. Jahrhunderts (vd16), che ad oggi conta circa 100.000 titoli, <http://www.bsb-muenchen.de/1681.0.html>.

74. Poco meno di un terzo dell’intera produzione incunabolistica fino ad oggi nota.75. Incunabula Short-Title Catalogue, <http://www.bl.uk/catalogues/istc/index.html>.

L’ultimo censimento di istc, che risale all’8 gennaio 2008, conta 29.777 edizioni.

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bolista Lotte Hellinga, con l’intenzione di riversare in un database il census degli Incunabula in American Libraries di Frederick Richmond Goff, istc è stato costantemente incrementato grazie alla collaborazione attiva di singoli, biblioteche e organizzazioni bibliotecarie internazionali, fino a diventare lo strumento che più di ogni altro costituisce, per la molteplicità e agilità delle maschere di interrogazione, la fonte più preziosa di informazione (anche per analisi di tipo quantitativo) sulla produzione incunabolistica a oggi nota. Es-sendo un catalogo short-title, le sue finalità sono ben diverse da quelle del gw, con il quale facilmente si integra, anche per il rimando diretto ai record cata-lografici del repertorio tedesco: il suo valore risiede dunque nella completezza dell’informazione, piuttosto che nella esaustività della descrizione, ridotta qui ai suoi elementi essenziali76.

Tra le fonti catalografiche disponibili in rete vanno inoltre annoverate la ver-sione in formato pdf del Bodleian Incunable Catalogue, <http://www.bodleian.ox.ac.uk/bodley/finding-resources/special/guides/rarebooks/bodleian_incunable_catalogue> e una banca dati delle pubblicazioni edite in Europa tra l’invenzione della stampa e la fine del xvi secolo (The Universal Short Title Catalogue, ustc, <http://www.ustc.ac.uk/>), che consente l’accesso a tutte le informazioni bibliografiche, alle localizzazioni delle copie sopravvissute e, se disponibili, alle edizioni digitali.

Infine, tra gli strumenti di corredo della conoscenza dei primi prodotti della tipografia manuale vanno indicati tre database importanti, sebbene poco noti, nati nell’ambito del Consortium of European Research Libraries (cerl), co-stituito nel 1992 per iniziativa delle biblioteche di ricerca di molti paesi europei con il dichiarato fine di costituire un catalogo del patrimonio bibliografico eu-ropeo, denominato Heritage of the Printed Book Database (hpb)77, che copre un arco temporale compreso tra il 1450 e il 1830. Tre importanti strumenti, di-cevamo, di ausilio per la comprensione, attraverso le tracce materiali depositate sui libri, della storia identitaria di ciascun esemplare: – l’Index Possessorum Incunabulorum (ipi, <http://ipi.cerl.org/cgi-bin/ search.pl>), frutto della meritoria e solitaria attività repertoriale di Paul Needham, bibliotecario dell’Università di Princeton. L’ipi contiene circa 32.000 registrazioni di nomi personali e di istituzioni, possessori di incunaboli, e dei segni iconici identificativi (monogrammi e stemmi araldici). Il reperto-

76. Per una più dettagliata descrizione delle caratteristiche di istc, cfr. An Introduction to istc, <http://istc.bl.uk/search/help.html>.

77. L’accesso pubblico al portale è consentito solo dai terminali delle biblioteche che aderi-scono al consorzio, tra cui in netta prevalenza quelle italiane; l’elenco aggiornato è all’indirizzo <http://www.cerl.org/en/resources/hpb/public_access>.

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rio, fondamentale strumento di indagine sulla provenienza di libri manoscritti e a stampa, è frutto del sistematico spoglio di circa 200 cataloghi di incunaboli nonché delle acquisizioni di ricerca condotte dallo stesso Needham78; – il cerl Thesaurus (<http://thesaurus.cerl.org/>), che raccoglie e integra, conservando le forme varianti, gli authority files dei nomi dei luoghi e delle per-sone, relativi al periodo della stampa manuale (1450-1830); – il Material Evidence in Incunabula (mei, <http://incunabula.cerl.org/>), un database che registra e ricerca i dati materiali dei libri stampati nel xv secolo: note di possesso, decorazioni, legature, postille, timbri, prezzi ecc. mei è colle-gato a istc, dal quale deriva i dati bibliografici, e al Thesaurus del cerl.

Di questi strumenti sono idealmente parte integrante due rilevanti sussidi repertoriali, la cui specifica importanza, nell’ambito della storia dei primi libri a stampa, è del tutto evidente: il primo, perché racconta di alcuni esemplari la storia dei suoi possessori e delle loro legature; il secondo, perché del libro e delle sue edizioni narra al contempo la storia materiale e intellettuale:– la Einbanddatenbank (ebdb, <http://www.hist-einband.de/>; cfr. Witten-berg, 2004), è un archivio elettronico promosso dalla Deutsche Forschungsge-meinschaft, un organismo del quale fanno parte le principali università tede-sche, istituti di ricerca extrauniversitari, associazioni e accademie scientifiche, e che promuove progetti di digitalizzazione retrospettiva del patrimonio con-servato nelle biblioteche tedesche. ebdb è una banca dati dedicata alle legature antiche ed è costituita da un ricco apparato di calchi digitalizzati, che riprodu-cono i motivi impressi con punzoni, rulli e tondelli sulle legature del xv e xvi secolo; – Das frühe deutsche Buchtitelblatt: Mainz, Bamberg, Straßburg, Köln, Basel, Augsburg und Nürnberg. Bibliographische Daten und Abbildungen (<http://inkunabeln.ub.uni-koeln.de/titelblatt/>; per una sintetica presentazione del progetto, cfr. Rautenberg, 2005), è una banca dati, realizzata sotto la dire-zione di Ursula Rautenberg presso l’Università bavarese Friedrich-Alexander di Erlangen, formata da oltre 1.000 record e da un apparato iconografico di circa 3.500 immagini, che documentano la storia dell’elemento paratestuale che, in qualche modo, ha sancito la nascita del libro moderno: il frontespi-zio. Il database attesta le diverse testimonianze di questo genere paratestuale (frontespizi, incipit, explicit ecc.), prevalentemente nell’area di lingua tedesca e nei Paesi Bassi e copre un periodo compreso tra il 1460 e il 1530. L’Italia fi-gura con la produzione incunabolistica di Venezia ed è dunque rappresentata da un centro, sulla cui importanza strategica, dal punto di vista del volume

78. L’elenco delle fonti utilizzate da Needham è alla pagina <http://documents.cerl.org/provenance/IPI-sources.pdf>.

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della produzione su scala nazionale e della qualità dei suoi manufatti, è inuti-le indugiare.

Tralasciando le tante iniziative di digitalizzazione relative ai patrimoni di singole biblioteche e concentrando il discorso su quelle che riguardano interi corpora testuali relativi al libro antico, meritano di essere segnalati: la Verteilte digitale Inkunabelbibliothek (vdib) e la collezione di incunaboli italiani in lin-gua volgare, Incunaboli in volgare, curata da Biblioteca Italiana (bibit):– la Verteilte digitale Inkunabelbibliothek, nata nel 2003 dalla collaborazione tra le Universitäts- und Staatsbibliothek Köln e la Herzog August Bibliothek di Wolfenbüttel (Niedersachsen), rende disponibile in rete il patrimonio incu-nabolistico posseduto dalle due biblioteche: circa 1.000 esemplari (<http:// inkunabeln.ub.uni-koeln.de/>). La scelta di una netta demarcazione cronologi-ca, per cui Colonia ha digitalizzato gli esemplari con data compresa fra il 1460 e il 1485 e Wolfenbüttel quelli stampati tra il 1485 e il 1500, ha evitato il rischio delle sovrapposizioni e delle duplicazioni di edizioni. Un solido apparato di metadatazione, un efficiente ed efficace dispositivo di visualizzazione e un’in-terfaccia amichevole che ospita agili strumenti di navigazione (sebbene solo in lingua tedesca), rendono la vdib un sicuro punto di riferimento nel settore e un prezioso strumento a disposizione degli studiosi. Ad essa complementare è la raccolta di collezioni digitali della Bayerische Staatsbibliothek che conta oggi quasi 900.000 documenti digitalizzati, tra cui molti incunaboli (<http://www.digitale-sammlungen.de/>). Le politiche di digitalizzazione della Bayerische Staatsbibliothek sono promosse e gestite da uno specifico centro, il Münchener Digitalisierungszentrum (mdz), oggi uno dei migliori e più avanzati laboratori internazionali per la digitalizzazione;– l’altra collezione di riferimento è la raccolta degli incunaboli italiani in lin-gua volgare realizzata da Biblioteca Italiana (bibit) dell’Università “La Sapien-za” di Roma. Il progetto, approvato dall’allora Direzione generale per i Beni librari e gli Istituti culturali del mibac, è stato finanziato dalla Fondazione beic (Biblioteca europea di informazione e cultura) che, nel 2007, ne ha affidato l’e-secuzione all’allora Dipartimento di Italianistica e spettacolo (disp). Il corpus bibit conta 1.711 incunaboli volgari, di cui 1.613 conservati nelle biblioteche italiane e 98 in quelle straniere, e comprende complessivamente 324 autori e 775 opere, delle quali 192 risultano essere anonime. Attualmente sono stati pubbli-cati 900 incunaboli (cfr. Crupi, 2012a; 2012b).

Nel complesso si tratta di progetti – e, da questo punto di vista, il caso di alcuni strumenti repertoriali di corredo, come il mei prima citato, è sin-tomatico – che privilegiano nella digitalizzazione l’identità descrittiva e le caratteristiche paratestuali dei singoli esemplari. Questi ultimi possono essere indicatori storici significativi della fortuna di testi e collezioni, della loro sto-

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ria, della loro mobilità, prima di diventare patrimonio delle istituzioni della conoscenza registrata.

In conclusione, come detto sopra, il valore aggiunto della digitalizzazione dei patrimoni culturali è dato dalla capacità dei suoi promotori di rappresentare la stratificazione genetica dei contesti di risorse e collezioni e di proporre nuove, possibili relazioni. Il lettore viene così introdotto a un’esperienza cognitiva che mette in risalto del documento la sua struttura reticolare e policentrica.

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