Corso di geografia a cura di Gianni Sofri e Francesca Sofri ... · – Varietà degli aspetti...

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Corso di geografia a cura di Gianni Sofri e Francesca Sofri Ambienti, popoli, idee Problemi globali

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Corso di geografia a cura diGianni Sofri e Francesca Sofri

Ambienti, popoli, ideeProblemi globali

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Claudia Degli EspostiGianni Sofri Francesca Sofri

Collaborazioni di Michele Smargiassi

Ambienti, popoli, ideeProblemi globali

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L’editore, per quanto di propria spettanza, considera rare le opere fuori del proprio catalogo editoriale, L’editore, per quanto di propria spettanza, considera rare le opere fuori del proprio catalogo editoriale, consultabile al sito www.zanichelli.it/f_catalog.html. consultabile al sito www.zanichelli.it/f_catalog.html. La fotocopia dei soli esemplari esistenti nelle biblioteche di tali opere è consentita, oltre il limite del 15%, La fotocopia dei soli esemplari esistenti nelle biblioteche di tali opere è consentita, oltre il limite del 15%, non essendo concorrenziale all’opera. Non possono considerarsi rare le opere di cui esiste, nel catalogonon essendo concorrenziale all’opera. Non possono considerarsi rare le opere di cui esiste, nel catalogodell’editore, una successiva edizione, le opere presenti in cataloghi di altri editori o le opere antologiche. dell’editore, una successiva edizione, le opere presenti in cataloghi di altri editori o le opere antologiche. Nei contratti di cessione è esclusa, per biblioteche, istituti di istruzione, musei ed archivi, la facoltàNei contratti di cessione è esclusa, per biblioteche, istituti di istruzione, musei ed archivi, la facoltàdi cui all’art. 71 - ter legge diritto d’autore. Maggiori informazioni sul nostro sito: www.zanichelli.it/fotocopie/di cui all’art. 71 - ter legge diritto d’autore. Maggiori informazioni sul nostro sito: www.zanichelli.it/fotocopie/

– Varietà degli aspetti naturali, L’ambiente e i suoi problemi e L’energia (Unità 1, 2, 3) e La vita (Unità 6) di Francesca Sofri – La geografia politica (Unità 4) di Gianni Sofri, Francesca Sofri e Claudia Degli Esposti – La geopolitica (Unità 5) di Gianni Sofri – La crescita delle città, I giganti dell’economia, Economia e sviluppo tecnologico e I servizi (Unità 7, 8, 9, 10) di Claudia Degli Esposti – Povertà e squilibri (Unità 11) di Claudia Degli Esposti e Francesca Sofri – Alcune parti di Geografia fisica portano il segno dei preziosi suggerimenti di Delfino Insolera

– Alcune schede di questo libro, normalmente firmate con la sigla M.S., sono state scritte da Michele Smargiassi

– Revisione: Francesca Sofri, Gianni Sofri– Coordinamento: Francesca Sofri

Realizzazione editoriale:

– Coordinamento redazionale: Massimo Evangelisti– Redazione: Vittoria Balandi – Segreteria di redazione: Deborah Lorenzini– Progetto grafico: Studio editoriale Progetto Helmstat (www.helmstat.eu); Adriano Tallarini per gli impaginati; Noemi Caruso per i grafici e le carte tematiche– Impaginazione, disegni e cartografia: Enrica Fantoni/dMB Editoria e grafica s.r.l.; Giovanna Fiorillo; l’Atlantino è di Grafito s.r.l.– Ricerca iconografica: Vittoria Balandi, Francesca Carpanelli, Sonia Serra

Copertina:– Progetto grafico: Miguel Sal & C., Bologna– Realizzazione: Roberto Marchetti– Immagine di copertina: Jim Holmes/Tips Images

Prima edizione: marzo 2010

L’impegno a mantenere invariato il contenuto di questo volume per un quinquennio L’impegno a mantenere invariato il contenuto di questo volume per un quinquennio (art. 5 legge n. 169/2008) è comunicato nel catalogo Zanichelli, disponibile anche (art. 5 legge n. 169/2008) è comunicato nel catalogo Zanichelli, disponibile anche online sul sito www.zanichelli.it, ai sensi del DM 41 dell’8 aprile 2009, All. 1/B.online sul sito www.zanichelli.it, ai sensi del DM 41 dell’8 aprile 2009, All. 1/B.

Suggerimenti e segnalazione degli erroriRealizzare un libro è un’operazione complessa, che richiede numerosi controlli: sul testo, sulle immagini e sulle relazioni che si stabiliscono tra essi. L’esperienza suggerisce che è praticamente impossibile pubblicare un libro privo di errori. Saremo quindi grati ai lettori che vorranno segnalarceli. Per segnalazioni o suggerimenti relativi a questo libro scrivere al seguente indirizzo indicando il nome e il luogo della scuola:

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Claudia Degli EspostiGianni Sofri Francesca Sofri

Collaborazioni di Michele Smargiassi

Ambienti, popoli, ideeProblemi globali

Questo libro è dedicato a Claudia(Bologna 1953-Oceano Atlantico 2009),

che tanto aveva contribuito a scriverlo

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V

L’aumento del consumo di energia 30 Le parole: Misurare l’energia 30Le fonti di energia 31LE FONTI NON RINNOVABILI DI ENERGIA 33Il petrolio 33Il gas naturale 39Il carbone 40Il nucleare 41LE FONTI RINNOVABILI DI ENERGIA 43Energia dall’acqua in movimento 43Energia dal sole 44Energia dal vento 44Energia dalle biomasse 45Energia dalla Terra 46 L’idrogeno 46

ESERCIZI 47

Unità 4 La geografia politica 48Che cos’è la geografi a politica 48Confi ni e frontiere 48 Le identità nazionali 50LE LINGUE 52 La lingua franca 54LE RELIGIONI 54 La strumentalizzazione del religioso 55 Le divisioni interne al mondo islamico: sunniti e sciiti 56LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI 56L’ONU 56Altre organizzazioni internazionali 60 Le organizzazioni internazionali dell’economia 60

ESERCIZI 61

Unità 5 La geopolitica 62

CHE COS’È LA GEOPOLITICA 62Un esempio: Kim, la Russia e l’Afghanistan 63ALTRI TEMI DI GEOPOLITICA: DAL MEDIO ORIENTE ALLA RUSSIA 66GEOGRAFIA E GUERRA 68Le armi nucleari e le altre armi 68 Le mine antiuomo 70Le nuove guerre 71LA GEOGRAFIA CAMBIA 73I movimenti della geografi a 73I «teatri» geografi ci della storia 74

Parte 1

PROBLEMI GLOBALI

Unità 1 Varietà degli aspetti naturali 2OCEANI E CONTINENTI 2La circolazione mondiale delle correnti 2I continenti 3La Terra inquieta 3CLIMI E AMBIENTI NATURALI 5Il calore del Sole e le fasce climatiche della Terra 5 La circolazione generale dei venti 5Climi e ambienti della Terra 6Le zone calde 6 Monsoni, uragani e tornado 6Le zone temperate 9Le zone fredde 11

Unità 2 L’ambiente e i suoi problemi 12UNA QUESTIONE GLOBALE 12I rifi uti 13Il buco nell’ozono 14Le piogge acide 14IL CAMBIAMENTO CLIMATICO 15Gli effetti del cambiamento climatico 15Il futuro 17L’ACQUA DOLCE 18Dove si trova l’acqua dolce 18Il consumo di acqua dolce 18L’acqua potabile e le fognature 18L’inquinamento delle acque 19La crisi idrica e lo stress idrico 19I confl itti per l’acqua 20Le possibili soluzioni 21 La degradazione del suolo e la desertifi cazione 21LA BIODIVERSITÀ 22La perdita di biodiversità 22 La biodiversità agricola 23Le foreste 24 La scomparsa delle api 24Gli oceani 25 Dalle acque territoriali all’alto mare 27

ESERCIZI 28

Unità 3 L’energia 30IL CONSUMO DI ENERGIA 30

Indice

G. Sofri, F. Sofri AMBIENTI, POPOLI, IDEE © Zanichelli 2010 Problemi globali

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VI

L’Europa e il resto del mondo... 74La globalizzazione 77I PROTAGONISTI DELLA GEOPOLITICA OGGI 79I DIRITTI UMANI 81

ESERCIZI 83

Unità 6 La vita 84LA DEMOGRAFIA 84 Le parole: La demografi a 85La storia della popolazione mondiale 86La «transizione demografi ca» 87Popolazione e ambiente 90 Homo sapiens 91LA SALUTE 92 Le persone con disabilità 92Obesità e denutrizione 93Il diabete 94Le malattie infettive 95IL LAVORO 97 Le parole: Il lavoro 97Il lavoro minorile 98LE MIGRAZIONI 99I principali fl ussi migratori 99 Le parole: Le migrazioni 99Le migrazioni per lavoro 100La gestione dell’immigrazione 101Le rimesse degli immigrati 103Le migrazioni forzate 103 I rifugiati e l’Alto commissariato ONU 104 Le parole: I rifugiati ambientali 106Le diaspore 107L’ISTRUZIONE 109L’analfabetismo 109La scuola 110L’istruzione superiore 111

ESERCIZI 112

Unità 7 La crescita delle città 114CITTÀ, METROPOLI, MEGALOPOLI NEL MONDO 114LE CITTÀ PIÙ GRANDI 116LE FUNZIONI DELLE CITTÀ 118

ESERCIZI 119

Unità 8 I giganti dell’economia 120ORIENTARSI TRA LE ECONOMIE DEL MONDO 120 Le parole: L’economia 120IL PIL DEI GIGANTI 122LE ECONOMIE CRESCONO E CAMBIANO 124Agricoltura, industria e servizi 124Gli indicatori di competitività di un paese 125

Le parole: Le economie del mondo 126CRESCITA E SVILUPPO 127Dal G6 al G20 128I BRIC: BRASILE, RUSSIA, INDIA E CINA 129LA CRISI DELL’ECONOMIA 130

ESERCIZI 131

Unità 9 Economia e sviluppo tecnologico 132

L’AGRICOLTURA 132 Le parole: L’agricoltura 132Vecchie e nuove cause della fame nel mondo 133Nuove tecnologie applicate all’agricoltura: biotecnologie e OGM 135 La tavolozza padana 136L’INDUSTRIA 137Un percorso nei secoli più recenti 137Le multinazionali 138La geografi a degli investimenti esteri 139L’industria estrattiva 141L’industria tessile, dell’abbigliamento e delle calzature 142L’industria dell’auto 143L’IMPERO DEI MEDIA 144L’esportazione della cultura dei media 145 La tracciabilità totale 147Media e marketing 148LE TECNOLOGIE AVANZATE 148L’economia della conoscenza 148La distribuzione geografi ca del sapere tecnologico 149Il capitale umano: talenti e fuga di cervelli 150Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione 151Biotecnologie e nanotecnologie 151L’organizzazione del sapere 152

ESERCIZI 153

Unità 10 I servizi 154IL COMMERCIO 154Alcuni dati 155Protezionismo e libero commercio 156Gli accordi regionali 157Il rischio paese 157Le Free Zones 159LA FINANZA 159Un po’ di storia 159 Le parole: La fi nanza 160La fi nanza e i servizi 160 Le attività delle banche 162I TRASPORTI 163La logistica 164Il trasporto passeggeri 164Il trasporto aereo 165Il trasporto marittimo 165Il trasporto fl uviale 167Il trasporto ferroviario 168Le pipelines 168

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VII

Le reti di trasmissioni dati 168IL TURISMO 169 Le parole: Il turismo 170Il turismo internazionale 170Dove vanno i turisti 171Il turismo: una possibilità per i paesi poveri 173

ESERCIZI 175

Unità 11 Povertà e squilibri 176LA GEOGRAFIA DELLA POVERTÀ 176Come si misura la povertà 178 Paesi poveri e paesi ricchi. Debiti e scambi ineguali 179ECONOMIA SOMMERSA, ILLEGALE E CRIMINALE 179

Economia illecita ed economia criminale 181Le organizzazioni criminali 182 Breve storia delle mafi e in Italia 183IL MERCATO MONDIALE DELLA DROGA 184Oppio e derivati 186Cocaina 186Cannabis 186Anfetamine ed ecstasy 186

ESERCIZI 187

ATLANTE A1

INDICE ANALITICO A19

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Parte 1 Problemiglobali

Tokyo: distrettodi Shinjuku[Chad Ehlers/Tips]

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2 Unità 1

tagnosa, e maggiore (fino ad alcune centinaia di km) dove la costa è bassa e pianeggiante.

Al centro degli oceani, il fondale si solleva in rilievi sottomarini simili a catene montuose, detti dorsali oceaniche. Esse prendono il nome dall’oceano in cui si trovano: dorsale atlantica, dorsale pacifica ecc. Fanno parte delle dorsa-li rilievi alti fino a 2000-3000 m e larghi oltre 1000 km; le dorsali sono tutte collegate tra lo-ro e insieme formano un sistema lungo circa 60000 km. In alcuni punti, le dorsali affiora-no in superficie, formando terre emerse come l’Islanda e gli arcipelaghi della Polinesia.

Le fosse oceaniche (o fosse abissali o fosse di subduzione) sono depressioni dei fondali, lunghe migliaia di km e che possono arrivare a grandi profondità. È il caso della Fossa delle Marianne nell’Oceano Pacifico, il punto più profondo di tutto il pianeta: ben 11022 m.

Le acque oceaniche sono tutte in collega-mento tra loro. Per convenzione si distinguo-no i tre oceani – Atlantico, Pacifico e Indiano – dai numerosi bacini secondari, meno pro-fondi e di dimensioni inferiori (i mari).

L’oceano più vasto (e profondo) è il Pacifi-co, che ha un’estensione di oltre 180 milioni di km2, superiore a quella di tutte le terre emerse;

l’Atlantico si estende per 106 milioni di km2 e l’Indiano per 75 milioni di km2. Il mare più vasto è il Mar Glaciale Artico (14 milioni di km2): le sue dimensioni so-no tali che alcuni lo considerano un ocea-no a sé stante, anziché una parte dell’Oce-ano Atlantico.

La circolazione mondialedelle correntiNelle acque oceaniche scorrono, come fiumi, enormi masse d’acqua che si spo-stano per lunghissime distanze: sono le correnti, caratterizzate da velocità e tem-peratura diverse da quelle delle acque cir-costanti.

Tutte le acque oceaniche sono interes-sate da questa circolazione generale, che

Oceanie continenti

Climi e ambientinaturali

Varietà degli aspettinaturali

La superficie della Terra misura circa 510 mi-lioni di km2. Di questi, solo il 30% circa è oc-cupato da terre emerse; l’altro 70% è costitui-to dalle acque dei mari e degli oceani. Nelle fo-tografie scattate dallo spazio, il nostro pianeta è decisamente di colore azzurro; se dovessimo dargli un nuovo nome, più appropriato, que-sto non dovrebbe essere Terra, ma Acqua.

Mari e oceani sono importanti per moltissi-me ragioni che riguardano da vicino la vita de-gli uomini. Intensamente popolati da animali e vegetali, costituiscono un’importante riserva alimentare (forniscono i pesci, le alghe, il sale) per i popoli costieri e non solo per loro. Con-tengono grandi riserve di materie prime, come petrolio e gas naturale. Hanno un ruolo deter-minante nella regolazione del clima, perché agi-scono da mitigatori delle temperature, sia nel senso del caldo che in quello del freddo. Infine, sono un’importante via di comunicazione.

Attorno alle terre emerse, il fondo marino è poco profondo (fino a 200 m) e debolmente in-clinato, quasi pianeggiante. Questo tratto, anche se sommerso, da un punto di vista geologico è ancora parte del continente: si chiama piattafor-ma continentale. Ha un’estensione molto varia-bile, generalmente minore dove la costa è mon-

Unità 1

OCEANOINDIANO

Equatore

Correntedel

Labrador

OCEANOPACIFICO

OCEANOPACIFICO

OCEANOATLANTICO

Correntedel Golfo

Le correnti marine.

correnti calde

correnti fredde

Oceani e continenti

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3Unità 1

comprende due tipi di correnti, distinte in ba-se alla direzione in cui viaggiano.

– Dai Poli all’Equatore: correnti fredde che, trasferendo acqua da regioni molto fredde a regioni calde, determinano un irrigidimento del clima lungo le coste che lambiscono. Sono ricche di sostanze nutritive e quindi partico-larmente pescose.

– Dalle regioni calde equatoriali verso i Poli: correnti calde, che rendono più miti le condizio-ni climatiche e meno freddi i mari. Un esempio di corrente calda è la Corrente del Golfo, la cui energia termica è tale da rendere miti gli inver-ni di diversi paesi dell’Europa nordoccidentale. Negli ultimi anni, alcuni scienziati discutono della possibilità che la Corrente del Golfo si in-debolisca, o addirittura si fermi, per effetto dei cambiamenti climatici globali.

I continentiSul planisfero possiamo osservare cinque grandi blocchi di terre emerse, divisi dai gran-di spazi degli oceani:1. l’Eurasia, il più vasto. Comprende l’Asia e

come sua appendice, senza una netta sepa-razione geografica, l’Europa;

2. l’Africa;3. l’America, divisa in due: Settentrionale e

Meridionale;4. l’Oceania, che comprende l’Australia e

molte isole minori;5. l’Antartide. Per avere un’idea delle loro dimensioni, pos-siamo osservare che l’Europa misura poco più

di 10500000 km2, circa un quindicesimo del-la superficie totale delle terre emerse.

La concentrazione di terre emerse è mag-giore nell’emisfero boreale, il nostro (39% della superficie totale); nell’emisfero australe prevalgono più nettamente gli oceani e i ma-ri, mentre le terre occupano solo il 16% della superficie.

La Terra inquietaSegnando su una cartina i principali vulcani del mondo e i luoghi dove nel corso della storia so-no avvenuti terremoti, notiamo che entrambi i fenomeni si trovano concentrati in alcune aree a forma di fascia. Spesso, inoltre, queste fasce «instabili» sono proprio quelle in cui si trovano le catene montuose più recenti, o altre strutture come fosse oceaniche e archi insulari. Per esem-pio, in Italia ci sono terremoti, vulcani, mon-tagne giovani; in Giappone ci sono terremoti, vulcani, una fossa oceanica, un arco insulare.

Al contrario, ci sono vasti territori più «stabili» in cui questi fenomeni sono del tutto assenti. Questi territori si identificano con gli scudi, le terre più antiche del nostro pianeta.

Le fasce instabili circondano i vasti territo-ri più stabili.

Secondo la teoria della tettonica delle plac-che, la superficie della Terra è un mosaico di blocchi (detti placche). Le strisce instabili e at-tive sono gli orli delle placche.

Le placche non coincidono con i continen-ti, anzi ogni placca può essere formata da terre emerse, da terre sommerse o da entrambe.

OCEANOATLANTICO

FogoM. Camerun

Krakatoa

Pinatubo

Fuji

Mauna Loa

Kilauea

OCEANO PACIFICO

St. Helens

PopocatepetlPelée

Aconcagua

Erta Alé

Surtsey

DorsaleMedioatlantica

Islanda

Azzorre

Hawaii

VesuvioSantorini

EtnaTenerife

Tibesti

sistema dellerift valley

africanePiton de la Fournaise

Ararat

Kilimanjaro

La distribuzione di alcuni fenomeni sulla crosta terrestre permette di individuare le zone instabili, o fasce attive.

vulcani attivi

fosse abissalioceaniche

dorsalioceaniche

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Varietà degli aspetti naturali

Oceanie continenti

Climi e ambientinaturali

4 Unità 1

una fossa oceanica. Scendendo, a un certo punto i materiali di questa placca comin-ciano a fondere, premendo sotto l’orlo dell’altra placca per risalire in alto. È così che lungo la fossa oceanica si forma un ar-co insulare, costituito da isole vulcaniche e agitato da terremoti.

– Se invece lo scontro avviene tra due masse continentali, le forze poderose che le muo-vono producono l’innalzamento di catene montuose. Così si è formato, probabilmen-te, l’Himalaya, dalla collisione fra l’India e il continente eurasiatico, circa 40 milioni di anni fa. Così si sono formate anche le Alpi.

L’aspetto della Terra, come lo vediamo sui nostri planisferi, non è che un momento di una lunga evoluzione ancora in corso. Per esempio, la placca nordamericana e la placca eurasiatica si allontanano tra loro ad una ve-locità di alcuni cm l’anno.

Molte cose rimangono da studiare e capi-re, per esempio le cause di questi grandi mo-vimenti della crosta terrestre.

Le placche si muovono lungo la superficie della Terra, come zattere (formate da litosfera solida) che navigano su uno strato sottostante relativamente plastico. Due placche possono muoversi, una rispetto all’altra, in tre modi diversi.

Possono slittare l’una vicino all’altra. Fe-nomeni di questo tipo si osservano, per esempio, lungo la costa occidentale degli Stati Uniti.

Possono allontanarsi l’una dall’altra. Que-sto accade nelle dorsali oceaniche, dove il magma risale producendo nuova litosfera; le due placche che si trovano ai due lati della dorsale si allontanano fra loro. È il caso della dorsale al centro dell’Atlantico, che ha da un lato l’America, dall’altro lato l’Europa e l’Africa.

Due placche possono avvicinarsi l’una all’altra fino a incontrarsi. In questo caso:

– se almeno una delle due placche è formata da litosfera oceanica, essa si incunea sotto l’altra, e il suo sprofondamento dà vita a

placca delleFilippine

placcaeurasiatica

placca indo-australiana

placcasudamericana

placcanordamericana

placca diScozia

placcadi Nazca

placca deiCaraibi

placca diCoco

placca delleCaroline

placcadelle

Bismark

placca delPacifico

placca delleFilippine

placca eurasiatica

placca antartica

placca nordamericana

placca delleCaroline

placcadelle

Bismarkplacca

indo-australiana

placca africana

placcaaraba

placcaadriatica

placca egea

placca turcaplacca Juan

de Fuca

Le placche principali. Le frecce della cartina indicano la direzione del loro movimento (lentissimo, naturalmente), che dura tuttora.

In corrispondenza dei margini divergenti le placche si separano e si forma nuova litosfera.

In corrispondenza dei margini convergenti le placche entrano in collisione e una delle due viene trascinata nel mantello e riciclata.

In corrispondenza dei margini trasformi le placchescivolano orizzontalmente l’una rispetto all’altra.

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5Unità 1

In base al più importante elemento climati-co, la temperatura, possiamo quindi suddivi-dere la Terra in tre fasce:

le zone calde, fra un tropico e l’altro; le zone temperate, fra i tropici e i circoli po-lari, cioè alle latitudini intermedie di ogni emisfero;

le zone fredde (calotte polari), fra i circoli polari e i poli.

Questa è però solo una schematizzazione della distribuzione reale delle temperature dell’aria (e quindi dei climi e degli ambienti naturali). Infatti, molti altri fattori, oltre alla latitudine, influenzano il clima di una regione: l’altitudi-ne, la maggiore o minore vicinanza del mare e degli oceani, i venti (a loro volta influenzati dalla presenza di correnti marine e di catene

Il calore del Sole e le fasceclimatiche della TerraIl Sole trasmette energia e calore alla Terra. Ma, dato che la Terra ha una forma simile a quella di una sfera, che ruota su se stessa attor-no a un asse inclinato rispetto al Sole, i raggi solari non si distribuiscono con la stessa inten-sità in tutti i punti del pianeta. All’Equatore la loro intensità è massima e le temperature sono elevatissime. Ai Poli, invece, i raggi solari arri-vano alla massima inclinazione, e sono quindi meno concentrati, perché si distribuiscono su una superficie maggiore. Qui si registrano, di conseguenza, i valori di temperatura in asso-luto più bassi. Tra Equatore e Poli troviamo una vastissima gamma di situazioni climati-che intermedie, in cui la latitudine influenza la quantità di calore che arriva dal Sole.

Climi e ambienti naturali

La pressione atmosferica è il rapporto tra il peso dell’aria e la superficie su cui esso agi-sce. La pressione atmosferica varia da luogo a luogo della superficie terrestre e anche nello stesso luogo in momenti diversi. Diminuisce aumentando l’altitudine (perché diminuisce la quantità di aria sovrastante che grava con il proprio peso), l’umidità (il vapore acqueo pesa meno dell’aria secca) e la temperatura (l’aria calda è meno densa, quindi più leggera a parità di volume). Esistono zone della Terra dove, in un dato momento, la pressione è più alta che nelle zone circostanti: queste sono le aree anticicloniche o anticicloni. Negli an-ticicloni l’aria, più densa e quindi pesante di quella circostante, tende a scendere verso il basso e a divergere con moto vorticoso ver-so l’esterno. Le aree dove la pressione è più bassa che nelle zone circostanti, invece, sono dette aree cicloniche o cicloni; qui l’aria, più leggera, si sposta verso l’alto convergendo vorticosamente verso il centro. I movimenti di aria che avvengono dagli anticicloni verso i ci-cloni, parallelamente alla superficie terrestre, sono detti venti. Osservando l’intero pianeta, notiamo che:– all’Equatore si trovano le basse pressioni

equatoriali;– a 30° di latitudine (nord e sud) si hanno le

alte pressioni subtropicali. Da queste par-tono venti diretti verso le basse pressioni

equatoriali (alisei) e verso le basse pressio-ni subpolari (venti occidentali);

– a 60° di latitudine si trovano le basse pres-sioni subpolari;

– vicino ai Poli si trovano le alte pressioni po-lari. Da queste partono i venti orientali po-lari, diretti alle basse pressioni subpolari.

Per effetto della rotazione della Terra, tutto ciò che si muove viene deviato verso la propria destra se si trova nell’emisfero boreale, verso la propria sinistra se si trova nell’emisfero au-strale. Per questo motivo, i venti non spirano in di-rezione nord-sud ma, per esempio, i venti occiden-tali spirano da occidente verso nord-est nel nostro emisfero, verso sud-est nell’emisfero australe. La circolazione dei venti ha numerosi effetti: all’Equa-tore, per esempio, il calo-re dà luogo a una zona di bassa pressione dove convergono gli alisei e si formano correnti d’aria ascendenti: questa è la zona delle calme equa-toriali, che i marinai dei velieri chiamavano dol-

drums, cioè «umor triste», perché li tenevano a volte immobili anche per settimane.

In realtà la circolazione dei venti è più complessa dello schema che abbiamo qui pre-sentato, e varia a seconda delle stagioni. La circolazione regolare dei venti resta tale solo dove i venti non incontrano ostacoli nel loro cammino, cioè sulle vaste distese oceaniche. Dove invece essi incontrano masse continentali e catene di montagne, la loro regolarità viene perturbata. I monsoni, per esempio, sono una di queste perturbazioni.

La circolazione generale dei venti

La circolazione dei venti. Si noti che, nei due emisferi, la circolazione dei venti è speculare.

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Varietà degli aspetti naturali

6 Unità 1

Oceanie continenti

Climi e ambientinaturali

Le zone caldeSi trovano nella fascia tra i due tropici. Com-prendono tre diverse regioni climatiche, cui cor-rispondono altrettanti ambienti naturali tipici:a) la regione equatoriale (o della foresta plu-

viale);b) la regione subequatoriale (o della savana);c) la regione arida (o delle steppe tropicali e

dei deserti caldi).

La regione equatoriale (o della foresta plu-viale)

La regione equatoriale si trova tra i 10° a nord e i 10° a sud della linea equatoriale. Comprende l’Amazzonia in America Latina, la regione del bacino del fiume Congo e del Golfo di Guinea in Africa, alcune zone dell’Asia meridionale e del Pacifico occidentale (Nuova Guinea, isole Salomone, Nuova Caledonia).

Vi troviamo temperature molto elevate, tra i 25 e i 30 °C di media annua, e il clima più umido di tutto il pianeta: le precipitazio-ni arrivano mediamente a 2000 mm nel cor-

montuose) ecc. Perciò la distribuzione delle temperature sulla Terra non sempre segue la linea dei paralleli. Inoltre la temperatura non è l’unico elemento che determina il clima di una regione: sono molto importanti anche al-tri elementi climatici, come per esempio l’umi-dità e le precipitazioni.

Climi e ambienti della TerraI climi e gli ambienti naturali della Terra pos-sono essere classificati in molti modi, e secon-do diversi criteri. Tutte le classificazioni han-no comunque dei limiti, sia perché si tratta di semplificazioni, sia perché a un dato tipo di clima non sempre corrisponde lo stesso tipo di ambiente naturale.

Una delle classificazioni più diffuse distin-gue 4 gruppi di climi (caldi, temperati, freddi e aridi). Presentiamo qui, invece, una classifi-cazione basata su tre zone (calda, temperata e fredda), che ha il vantaggio di una maggiore semplicità.

Monsoni, uragani e tornado

Una varietà particolare di clima caldo tropicale è quello della regione monsonica, caratteristi-co di una parte dell’Asia meridionale, in parti-colare delle aree che si affacciano sull’Oceano Indiano: l’India, la Birmania, l’Indocina.

Questo clima è determinato dall’influenza di venti stagionali che si chiamano monsoni (da una parola araba che significa «stagione»).

Come nel clima equatoriale, le precipita-zioni sono abbondantissime; ma, come nel clima subequatoriale, troviamo due stagioni nettamente distinte, una piovosa e una arida.

Piovosità e siccità sono legate alla direzio-ne dei monsoni; quando spirano dalla terra al mare (in inverno, da ottobre a maggio) sono secchi e non piove praticamente mai. Quando invece (in estate, da maggio a ottobre) arriva-no i monsoni di mare carichi di umidità, co-mincia la stagione delle grandi piogge.

La temperatura, invece, è più o meno co-stante nel corso dell’anno.

Alle basse latitudini, fino a 30° a nord e a sud dell’Equatore, soprattutto nelle regioni vicine

ai Tropici, si manifestano i più impressionan-ti fenomeni atmosferici osservabili sul nostro pianeta: i cicloni tropicali, detti anche tifoni o uragani. Sono perturbazioni violentissime, che consistono in vortici di vento molto forte (pos-sono raggiungere la velocità di 160 km orari) e piogge torrenziali. Spostandosi, provocano danni incredibili nelle zone di terraferma che incontrano. Si sviluppano sul mare, sempre nelle stesse zone: Golfo del Messico, Mar del-la Cina, Oceano Indiano, dove l’intensità dei raggi solari determina un rapido riscaldamen-to dell’aria e forti differenze di temperatura. Solitamente hanno origine tra la tarda estate e l’inizio dell’autunno. Anche il loro percorso è quasi sempre uguale. Per questo è possibile prevederne sia la formazione che il cammino, in modo da limitarne il più possibile i danni. Negli ultimi tempi si sono però verificate delle anomalie, che alcuni scienziati attribuiscono ai cambiamenti climatici.

I tornado (detti anche trombe d’aria, o trombe d’acqua quando si verificano sul ma-re) sono un fenomeno simile, ma con inten-sità ancora maggiori: il vento può arrivare a una velocità di 300 km orari! Il vortice è di dimensioni più piccole, ma proprio per que-sto la sua forza è ancora più concentrata e la sua azione più distruttiva.

Monsone invernale e monsone estivo. Due immagini dello stesso paesaggio presso Goa, nell’India meridionale: arido e brullo in maggio (a sinistra), si ravviva e si colora di verde smeraldo in agosto (a destra) dopo che il monsone estivo ha portato le grandi piogge. [S. McCurry]

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innumerevoli le specie di insetti (tra cui mol-te grandi farfalle), anfibi, rettili (serpenti, an-che di grandi dimensioni come il boa), uccelli spesso variopinti (pappagalli, tucani, colibrì) e mammiferi (il giaguaro sudamericano). A causa della vegetazione impenetrabile, sono invece pochi i grandi erbivori che si nutrono a terra. Nella foresta pluviale dell’Amazzonia vivono il formichiere, l’armadillo, il tapiro e, nei fiumi, il piraña e il delfino dell’Orinoco. Gli scienziati stimano che in queste foreste esi-sta anche un enorme numero di specie animali e vegetali che non sono ancora state scoperte.

Allontanandosi dall’Equatore, la foresta diventa più bassa e meno densa. Compaiono alberi capaci di resistere anche a una stagione secca, grazie alle foglie più piccole, o caduche. Spesso sono gli stessi alberi che si trovano an-che nella vicina savana; tra di essi il baobab e l’acacia in Africa, l’eucalipto in Australia.

La vegetazione che si trova nella regione monsonica dell’Asia è detta foresta monso-nica o giungla. La foresta monsonica ha ca-ratteristiche intermedie tra foresta tropicale e savana: rispetto alla foresta tropicale, il clima è meno umido, gli alberi sono meno alti e con foglie decidue e più piccole; rispetto alla sa-vana, il clima è più umido, e gli alberi sono molto più fitti. Anche la fauna è costituita in parte da specie tipiche della foresta tropicale e della savana. Due rappresentanti celebri sono le tigri e gli elefanti indiani.

La regione subequatoriale (o della savana)Questa regione comprende le zone che si tro-vano allontanandosi (verso nord e verso sud) dall’Equatore: l’Africa centrale, parte del Bra-sile e del Venezuela (a nord e a sud dell’Amaz-zonia), dell’India centromeridionale, dell’In-docina e dell’Australia.

so dell’anno (si pensi che in Italia la media è di 970 mm), ma possono raggiungere anche punte di 12000 mm. Ma la caratteristica più evidente del clima equatoriale è che non è pos-sibile distinguere le stagioni: temperatura e umidità rimangono costanti in tutti i dodici mesi dell’anno.

Questo clima, caldo e umido per tutto l’an-no, favorisce lo sviluppo di una vegetazione ri-gogliosa, la foresta pluviale (dal latino pluvia, «pioggia»). Poiché qui non esistono stagioni sfavorevoli, gli alberi delle foreste pluviali so-no quasi tutti latifoglie, la maggior parte delle quali sempreverdi, come i ficus.

La foresta equatoriale è fitta, con alberi alti fino a 60 metri. Comprende vari strati, forma-ti da alberi di altezze diverse, che si conten-dono la luce del Sole. Lo strato più rigoglioso è quello che si trova in cima, dove arriva più luce, formato dai rami e dalle foglie più alti. Sugli alberi si trovano numerose liane e piante rampicanti; alcune piante usano le radici solo per avvinghiarsi agli alberi e ottengono l’ac-qua dall’aria satura di umidità. Lo strato di suolo è sottile e molto povero, perché la so-stanza organica viene immediatamente utiliz-zata dalle piante.

Nel linguaggio comune, si parla indiffe-rentemente di foresta tropicale, equatoriale o pluviale. Volendo essere precisi, la foresta equatoriale è quella che si trova all’Equatore, mentre la tropicale si trova più vicino ai tropi-ci e spesso è meno fitta. Nella fascia tropicale e nelle regioni meno piovose, la foresta si rac-coglie lungo le rive umide dei fiumi: si parla di foreste a galleria.

Nelle foreste pluviali vivono oltre metà del-le specie di piante esistenti al mondo e nume-rosissime specie di animali, molte delle quali vivono in alto tra le chiome degli alberi. Sono

Polo Sud

Equatore

c a l o t t a p o l a r e a r t i c a

c a l o t t a p o l a r e a n t a r t i c a

z o n a t e m p e r a t a b o r e a l e

z o n a t e m p e r a t a a u s t r a l e

z o n a i n t e r t r o p i c a l e ( z o n e c a l d e )

Tropico del Cancro

Tropico del Capricorno

Circolo polare artico

Polo Nord

Equatore

Circolo polare antartico

Le zone climatiche.

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Varietà degli aspetti naturali

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Oceanie continenti

Climi e ambientinaturali

In queste zone, situate tra la foresta equato-riale e il deserto, l’aridità estiva non consente lo sviluppo di una foresta. Vi si trova dunque una vegetazione a prateria con radi alberi e arbusti, chiamata savana. Le erbe della savana sono in genere perenni e crescono rigogliose (fino a tre metri di altezza) nella stagione delle piogge, per poi seccarsi nella stagione arida. Gli alberi so-no soprattutto baobab e acacie, particolarmen-te resistenti all’aridità; gli arbusti sono spesso spinosi. La savana è molto ricca di animali, che perlopiù vivono in branchi e migrano secondo le stagioni. Sono diffusi gli animali di grande taglia in grado di correre velocemente: tra gli uccelli, lo struzzo in Africa, il nandù in Suda-merica, l’emù in Australia; tra i mammiferi, in Africa vivono carnivori come leoni, ghepardi e iene ed erbivori come elefanti, rinoceronti, giraffe, zebre, antilopi. Sono abbondanti gli in-setti, tra cui le cavallette e le termiti.

La regione arida (o delle steppe tropicali e dei deserti caldi)

Allontanandoci ancora dall’Equatore, supera-ta la fascia della savana, troviamo le steppe tro-picali, un tipo particolarmente secco di praterie,

Spostandosi dalla regione equatoriale, la condizione di grande caldo e umido per tutto l’anno va attenuandosi. Il clima subequatoria-le è caratterizzato, infatti, dalla presenza di due stagioni distinte: un inverno secco e un’estate umida. Nel corso dell’anno piove meno, ri-spetto alla regione equatoriale; le temperatu-re, invece, sono sempre molto elevate, con una media annua superiore ai 20 °C.

Zone calde

Foresta pluviale(Regione equatoriale)

Savana (Regione subequatoriale)

Steppa tropicale(Regione arida)Deserto caldo(Regione arida)

Zone temperate

Foresta mediterranea(Regione temperatacalda)

Foresta di caducifoglie(Regione temperatafresca)

Taiga (Regione temperata fredda)

Steppa temperata(Regione arida)Deserto freddo(Regione arida)

Climi legati all’altitudine

Clima di altitudine

Zone fredde

Tundra (Regione subpolare)

Gelo perenne(Regione polare)

Una possibile suddivisione delle zone climatiche e vegetazionali. Altre classificazioni distinguono invece le regioni climatiche da quelle vegetazionali, non del tutto coincidenti. Questa carta non tiene inoltre conto delle variazioni locali, né dei passaggi graduali tra le aree, né degli interventi umani sugli ambienti.

Savana africana nella stagione umida. Siamo nel periodo dell’anno in cui fa meno caldo e si verificano frequenti piogge: la savana è quindi verdeggiante perché l’erba cresce rigogliosa. Le acacie punteggiano questo tratto di savana: sono alberi isolati, con il tronco slanciato e la chioma a ombrello. In fondo si vede una striscia di alberi, poi la savana riprende fino all’orizzonte. [G.A. Rossi/Image Bank]

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9Unità 1

terizzati da estrema scarsità di vegetazione, suolo sabbioso o sassoso, colline di sabbia o dune, vaste distese uniformi, rupi e monta-gne isolate dalle forme aspre. La vegetazione può essere completamente assente o costituita da piante adattate alla siccità. Prevalgono le piante annuali, che svolgono tutto il loro ciclo vitale nel breve periodo in cui vi è disponibili-tà d’acqua. Sono presenti, a seconda dei conti-nenti, piante grasse come i cactus, le euforbie e il saguaro, capaci di trattenere acqua nei fusti o nelle foglie. In alcune zone si trovano bassi cespugli, con radici molto estese per approfit-tare il più possibile dell’acqua nel terreno.

Anche gli animali del deserto, come le pian-te, devono resistere all’aridità e alla grande escursione termica giornaliera. I mammiferi (volpi, piccoli roditori) sono spesso notturni; di giorno si nascondono sotto terra, per pro-teggersi dal caldo. La loro pelliccia è in genere chiara, sia per nascondersi sulla sabbia sia per riflettere i raggi solari. Insetti, scorpioni e ret-tili regolano la temperatura del corpo soprat-tutto spostandosi tra il sole e l’ombra.

Nel deserto vi sono luoghi, di solito ri-stretti e isolati, in cui l’aridità si interrompe: sono le oasi. Anche nei sottosuoli delle re-gioni molto aride, infatti, si possono trovare delle falde acquifere sotterranee; dove la fal-da freatica affiora in superficie si formano le oasi. Qui, grazie all’acqua di una sorgente o di un pozzo, possono crescere piante come le palme da datteri, e qui gli uomini riescono a insediarsi, a coltivare orti e a costruire case; anche per coloro che non vi abitano stabil-mente, le oasi sono preziose per fare tappa e rifornirsi d’acqua durante i loro viaggi nel deserto. Ma questi luoghi ricchi di acqua pos-sono non essere permanenti: la falda freatica si può abbassare o la sabbia, trasportata dal vento, può ricoprirli.

I deserti possono avere forme molto di-verse da quella più conosciuta della distesa di sabbia; alcuni, ad esempio, si presentano come enormi ammassi di pietre. Sono consi-derate un tipo di deserto anche le distese di roccia nuda che si trovano nelle regioni aride montuose.

Le zone temperateQueste zone si trovano alle medie latitudini, cioè nelle fasce tra i tropici e i circoli polari. So-no contraddistinte da un clima intermedio det-to temperato, con inverni non troppo freddi e precipitazioni non troppo abbondanti. In realtà ci sono forti differenze tra zona e zona di questa regione, per quanto riguarda le temperature e la quantità e la distribuzione delle piogge.

cioè di vegetazione costituita solo da erbe, senza piante legnose. Le steppe si trovano attorno ai deserti in Africa, Australia, America Latina.

Proseguendo verso i tropici, dove l’aridi-tà si fa ancora più severa, troviamo i deserti. Molte regioni aride, infatti, si concentrano nelle fasce attorno ai due tropici. Qui si tro-vano i maggiori deserti del mondo: nell’Afri-ca del nord il Sahara, il più vasto della Terra, grande quasi come tutto il continente euro-peo; nell’Africa del sud il Kalahari. Attorno ai tropici, ci sono deserti nel Medio Oriente; in Australia; in America Settentrionale, in Ca-lifornia e Arizona; in America Centrale, nel Messico, e in America Meridionale nel Cile.

La parola deserto viene dal latino desérere, che significa «abbandonare». Deserto, quindi, significa «luogo abbandonato». Da un punto di vista geografico, sono detti deserti dei terri-tori vasti dove le condizioni di vita sono parti-colarmente dure a causa del clima arido.

In queste regioni il cielo è quasi sempre se-reno e l’aria priva di umidità. Possono passare anche degli anni senza che arrivi qui dell’aria umida che porta la pioggia: la media di preci-pitazioni in questa regione è inferiore ai 250 mm all’anno. Quando arrivano, però, le pre-cipitazioni hanno quasi sempre un carattere violento e improvviso.

Il Sole tropicale riscalda l’aria del deserto senza il filtro delle nubi o dell’umidità e arriva su un terreno non protetto da vegetazione. Per questo insieme di condizioni, il calore del Sole di giorno è particolarmente intenso; la tempe-ratura arriva a livelli altissimi, fino a 70 °C. Per gli stessi motivi, di notte questo calore si disperde molto rapidamente; la temperatura scende fino ad arrivare sotto zero. Nei deserti si registra la massima escursione termica gior-naliera dell’intero pianeta. A causa del fatto che non piove mai (o quasi) e dell’azione ero-siva del vento, i paesaggi desertici sono carat-

Deserto di sabbia. Un paesaggio del Sahara algerino, nel Grande Erg Occidentale. Erg è il nome dei deserti di sabbia: vaste regioni in cui il vento accumula sabbia, ammonticchiandola in colline chiamate dune. Ci sono dune di tipi e dimensioni diversi: queste sono molto grandi, addossate e in parte accavallate l’una sull’altra; in ciascuna è riconoscibile una forma a mezzaluna, caratteristica delle dune chiamate barcane. Le mezzelune hanno l’arco rivolto verso sinistra, i corni più bassi e la parte centrale più alta, una cresta affilatissima, posta fra due pendii disuguali: più dolce quello a destra, lungo il quale i granelli di sabbia salgono sospinti dal vento (che qui soffia costantemente da destra), più ripido quello a sinistra, dove i granelli ricadono dalla cresta per il loro peso. Se il vento continua a soffiare e la sabbia non manca, queste dune si sposteranno lentamente verso sinistra, ad una velocità che dipende dall’energia del vento e dagli ostacoli sul terreno: 15 metri all’anno nel deserto libico e fino a qualche metro al giorno nel Turkestan. L’altezza di una barcana può superare i 30 metri. [Bavaria/Marka]

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Varietà degli aspetti naturali

10 Unità 1

Oceanie continenti

Climi e ambientinaturali

Macchia mediterranea. La macchia mediterranea è una vegetazione costituita da arbusti, che si trova nelle zone in cui la foresta mediterranea non si è pienamente sviluppata, ad esempio a causa del clima o di interventi umani. Spesso, la macchia si spinge fino a pochi metri dal mare. [N. Dox/Marka]

Nella regione temperata si possono indi-viduare quattro diverse situazioni climatico-ambientali prevalenti:a) la regione temperata calda (o della foresta

mediterranea);b) la regione arida (o delle steppe temperate e

dei deserti freddi);c) la regione temperata fresca (o della foresta

di caducifoglie);d) la regione temperata fredda (o della taiga).

La regione temperata calda (o della foresta mediterranea)

Questa regione comprende, oltre al bacino del Mediterraneo, le coste attorno al Mar Nero, parte della California, il Cile centrale e parte del Sudafrica e dell’Australia. È caratterizzata da estati calde e asciutte e da inverni tiepidi e umidi nei quali sono concentrate le precipitazioni.

L’ambiente tipico della regione mediterra-nea è la foresta mediterranea, associazione di specie arboree sempreverdi (come l’alloro e il leccio) e di arbusti (come il lentisco e il mirto). Sui suoli più poveri, o dove il clima è più arido e aspro, o dove gli uomini hanno tagliato gli al-beri, spesso la foresta è sostituita dalla macchia (detta anche gariga) di soli arbusti. Ambienti simili alla nostra macchia mediterranea si tro-vano in tutti i continenti, dove prendono diver-si nomi: chaparral in California (USA), maquis in Francia, matorral in Cile, fynbos in Suda-frica. In ognuno di questi ambienti si trovano piante diverse; ma poiché si sono adattate per situazioni ambientali e climatiche molto simi-li, esse hanno finito per somigliarsi in maniera notevole. Tra gli animali tipici, molti dei quali sono in comune con le foreste di caducifoglie, il cinghiale, l’istrice e il gatto selvatico.

La regione arida (o delle steppe temperate e dei deserti freddi)

Non tutti i deserti sono caldi. Esistono delle zo-

ne desertiche fredde che si trovano nelle regioni temperate, in cui l’aridità dipende dalla con-tinentalità del clima: sono infatti tutte regioni molto distanti dal mare e circondate da rilievi, che impediscono l’arrivo di aria umida di pro-venienza oceanica. Questi deserti freddi si tro-vano, in particolare: in Asia in una fascia che va dal Mar Caspio al vastissimo Deserto di Gobi; in America Settentrionale a ovest delle Monta-gne Rocciose; nel Sudamerica in Patagonia.

La regione ha una fortissima escursione ter-mica annua: si può passare da una temperatu-ra di 4 °C d’estate a –30 °C nei mesi invernali. Un elemento climatico costante è il vento. Sui bordi dei deserti, la vegetazione diventa più abbondante.

Anche nelle fasce temperate si trovano, do-ve l’aridità non è così avanzata da dar luogo a un deserto, ambienti di steppa; generalmente le temperature sono più basse che nelle steppe situate nella zona calda. Le erbe della steppa temperata crescono soprattutto in primavera e in autunno, prima delle lunghe gelate inver-nali. Gli animali sono resistenti alla siccità; tra di essi l’ormai rarissimo bisonte, diversi mam-miferi scavatori e serpenti.

Le steppe temperate si trovano soprattutto nel continente eurasiatico (Europa orientale, Russia e Cina) e al centro del Nordamerica.

A latitudini maggiori, andando verso le foreste di caducifoglie, si trovano le praterie umide o praterie in senso stretto, più umi-de delle steppe. In realtà molti territori sono mantenuti a prateria non dalle condizioni cli-matiche, ma dal pascolo o dagli incendi; que-sto tipo di ambienti è quasi sempre modificato dall’intervento umano. Le praterie umide, che formano le Grandi Praterie del Nordamerica e le pampas argentine, si trovano anche in Eu-rasia, per esempio in Ungheria e nelle regioni meridionali della Russia. Rispetto alle steppe temperate, le praterie umide hanno un inver-no meno freddo e sono più ricche di fauna. In esse vivono molti animali scavatori, come le talpe e in America i cani della prateria, rodito-ri simili alle marmotte. Tra i carnivori, tassi, moffette, volpi; tra i grandi erbivori, il bison-te americano e l’antilocapra in Nordamerica; gazzelle e zebre in Africa.

La regione temperata fresca (o della fore-sta di caducifoglie)

Comprende estese regioni dell’Asia (Cina, Giappone e Corea), dell’America del Nord (la regione orientale degli USA), dell’America del Sud (Cile meridionale, Argentina, Uruguay) e della Nuova Zelanda.

Il clima è umido, con piogge frequenti che si distribuiscono in modo differente nel corso

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Le zone freddeAvvicinandoci ai Poli, ritroviamo una caratteri-stica propria dell’altra situazione climatica estre-ma, quella equatoriale: l’assenza di stagioni.

Le zone fredde comprendono:a) la regione subpolare (o artica o della tun-

dra);b) la regione polare (o del gelo perenne).

La regione subpolare (o della tundra)Anche la regione subpolare (o artica), co-me quella temperata fredda, si trova solo nell’emisfero boreale. Caratterizza tutte le ter-re ai margini del Circolo Polare Artico, lungo le coste settentrionali dell’Europa, dell’Asia e dell’America del Nord. La temperatura in questa regione rimane bassa per tutto l’anno: nel periodo più caldo, che dura soltanto 1-2 mesi, non si raggiungono mai i 10 °C; le preci-pitazioni sono molto scarse.

La vegetazione tipica è la tundra, priva di al-beri e costituita in prevalenza da muschi e liche-ni; il terreno in profondità è ghiacciato per tut-to l’anno (permafrost) e d’estate si sgela solo in superficie. Gli animali della tundra hanno vari adattamenti per sopravvivere al gelido inver-no: molti si spostano verso sud (renne); alcuni si rintanano sotto terra (lemming); altri hanno, d’inverno, una folta pelliccia (mammiferi come volpe artica, lepre artica, ermellino) o un folto piumaggio (uccelli come civetta delle nevi, oca delle nevi, pernice bianca) di colore bianco, che consente loro di mimetizzarsi sulla neve.

La regione polare (o del gelo perenne)La regione polare comprende le due zone della Terra coperte tutto l’anno da ghiacci: l’Artide e l’Antartide. La zona chiamata Artide si tro-va presso il Polo Nord; ne fanno parte il Mar Glaciale Artico e la parte più settentrionale delle terre che lo circondano (Groenlandia, Scandinavia, Russia, Alaska, Canada). Com-plessivamente, l’Artide comprende molto più mare che terre emerse. L’Antartide, nell’emi-sfero australe, è invece un continente, intera-mente circondato da oceani. Le temperature medie giornaliere sono sotto gli 0 °C per quasi tutto l’anno e il ghiaccio ricopre tutte le terre emerse; le precipitazioni sono scarsissime.

Nelle terre polari la vita si concentra so-prattutto lungo le coste. Qui alcune rocce sono libere dai ghiacci durante i mesi estivi; vi so-pravvivono muschi e licheni, e in essi piccoli insetti e ragni. Lungo le coste, inoltre, vivono diversi animali che si nutrono di pesci e altri organismi marini: tra gli altri, numerosi uccelli (in Antartide, i pinguini), foche, trichechi e orsi polari. La scarsità della vita sulla terraferma è compensata da un’abbondante vita marina.

dell’anno, a seconda della maggiore o minore vicinanza di una zona ai mari o agli oceani: in tutte le stagioni dell’anno nelle zone costiere (climi più oceanici o marittimi) o concentrate in una stagione nelle aree più interne (climi continentali). Anche le temperature variano a seconda della distanza dal mare: nei climi continentali si ha una maggiore escursione termica annua.

La vegetazione caratteristica è la foresta di caducifoglie. La fauna tipica comprende il ca-priolo, il cinghiale, lo scoiattolo.

Proseguendo verso nord, si trova una zo-na (che alcuni considerano una regione a sé stante, detta emiboreale) di foresta mista di caducifoglie e conifere.

La regione temperata fredda (o della taiga)Ancora più a nord, troviamo la regione tem-perata fredda, detta anche boreale o subartica perché si trova solo nel nostro emisfero, quel-lo boreale. Infatti, se si guarda il planisfero, si può vedere che nell’emisfero nord le terre emerse dell’Europa, dell’Asia e dell’America del Nord si spingono molto vicino al Circo-lo Polare Artico: questo clima coinvolge buo-na parte della Scandinavia, della Siberia e del Canada. (Nell’emisfero meridionale, invece, le terre emerse si fermano a latitudini molto inferiori: non ci sono terre emerse a latitudini corrispondenti a quelle della regione boreale.)

Gli inverni durano circa 8 mesi, periodo in cui la neve ricopre il suolo e fiumi e laghi so-no completamente ghiacciati. Le estati sono assai brevi, ma miti, con temperature medie attorno ai 20 °C. Le stagioni intermedie sono praticamente assenti e le scarse precipitazioni sono concentrate in inverno. La taiga è la fore-sta di conifere che caratterizza buona parte di questa regione climatica. Tra gli animali tipici troviamo l’orso bruno, l’alce, la lince, la mar-tora, il gallo cedrone.

Tundra canadese in estate. Il terreno si presenta privo di alberi. Durante il lungo inverno è stato coperto dalla neve che ora si è quasi sciolta. Ampie zone acquitrinose, visibili sullo sfondo, si alternano a una bassa vegetazione di muschi e licheni. I licheni costituiscono il cibo per le renne, che si spostano sul terreno spugnoso e sempre umido. Sono anche un’ottima base su cui gli uccelli possono costruire il nido. [T. Epp.]

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Una questione globaleIl cambiamentoclimaticoL’acqua dolce

La biodiversità

Esercizi

Unità 2

Unità 2

un’influenza sull’ambiente, ma dall’inizio del-la rivoluzione industriale, cioè da meno di tre secoli, hanno cominciato a produrre modifi-che a livello planetario, rompendo equilibri che esistevano da milioni di anni. Gli effetti possono essere numerosi: si sta appena co-minciando a capire qualcosa di questi mecca-nismi, ancora molto discussi.

Il cambiamento climatico è l’argomento che oggi suscita le maggiori preoccupazioni in tutto il mondo, e ha ormai assunto carat-tere prioritario rispetto agli altri problemi ecologici. Ma questo non significa che gli altri problemi siano scomparsi. L’esistenza di una questione così importante non deve far di-menticare altre tematiche, come la protezione degli ecosistemi.

Gli studiosi raccomandano (spesso inutil-mente, purtroppo) di intervenire per preveni-re i problemi anziché affannarsi per rimediare quando sono ormai diventati drammatici. Gli interventi di prevenzione sono generalmente più efficaci, più semplici e meno costosi.

In questo capitolo tratteremo alcuni problemi ambientali. Li suddivideremo in paragrafi per praticità; ma in realtà, tutto è collegato.

Spesso, problemi diversi hanno (almeno in parte) le stesse cause, o gli stessi effetti. Per esempio: sia l’inquinamento, sia il cambiamen-to climatico hanno effetti sulla salute umana; ma provocano conseguenze anche sulla biodi-versità e sulla disponibilità di acqua, che a loro volta influiscono sulla salute umana.

Spesso, un problema può avere diverse conseguenze e interagire con altri processi, con effetti imprevedibili. La deforestazione, per esempio, diminuisce la biodiversità e la di-sponibilità di acqua dolce; inoltre aggrava il degrado dei suoli e il cambiamento climatico, che a loro volta contribuiscono a diminuire ul-teriormente la biodiversità e la disponibilità di acqua dolce. La scarsità di acqua può contri-buire al deterioramento di un ecosistema, ma anche viceversa; ed entrambi hanno effetti sul-la salute umana e sulle attività economiche.

Le attività umane hanno sempre avuto

Una questione globale

L’ambiente e i suoi problemi

Una centrale termoelettrica in Germania. [P. e G. Bo - Water/Tips]

Bambini in una discarica. Le emissioni di carbonio nei paesi del Terzo mondo sono nettamente inferiori a quelle dei paesi più sviluppati. Ma i problemi di inquinamento sono gravi anche nei paesi in via di sviluppo, dove i controlli sono meno severi e può accadere più frequentemente che la popolazione sia esposta a sostanze tossiche. [Stillpictures/Tips]

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13Unità 2

li sono i paesi più popolosi e sviluppati, come gli Stati Uniti e alcuni paesi europei; ma anche, e in misura sempre maggiore, alcuni stati in ra-pida crescita economica, come la Cina.

I rifi utiDopo la rivoluzione industriale, la popolazio-ne del pianeta è aumentata a ritmi crescenti, e la produzione e i consumi sono aumentati ancora più rapidamente; il problema dei rifiu-ti è diventato sempre più grave e urgente. La produzione di rifiuti è molto diversa da paese a paese, e non è nota per tutti gli stati; secondo dati OCSE, alcuni paesi superano i 2 kg al gior-no per abitante, a cui vanno aggiunti i rifiuti industriali e agricoli.

I rifiuti, se non smaltiti correttamente, pos-sono diventare dannosi per gli ecosistemi e pe-ricolosi per la nostra salute. Per i rifiuti solidi, il metodo più diffuso è tuttora quello del deposito indifferenziato nelle discariche. Queste dovreb-bero essere controllate per evitare che inquini-no l’aria, il terreno e le falde acquifere, ma non sempre è così: anche per questo motivo è difficile trovare siti adatti alla costruzione di una disca-rica e spesso le popolazioni locali si oppongono. Molto diffuso è anche l’uso degli inceneritori: si va dai vecchi inceneritori molto inquinanti agli impianti più moderni (termovalorizzatori), che se correttamente gestiti inquinano meno e uti-lizzano il calore per produrre energia elettrica o per il riscaldamento degli edifici.

Un problema particolarmente grave è quello dei rifiuti tossici, cioè contenenti sostanze nocive, che provengono da attività industriali, agricole, militari, mediche ecc. Anche le apparecchiature elettroniche (computer, telefoni, televisori, di-spositivi per videogiochi, elettrodomestici ecc.) spesso contengono sostanze tossiche.

Fino a oggi, l’umanità ha sfruttato il pianeta il più possibile, pensando solo al proprio van-taggio immediato e senza curarsi degli effetti futuri. La maggior parte degli scienziati con-corda sul fatto che mantenere questa modalità porterebbe danni gravissimi, e che è ormai di-ventato indispensabile adottare alcune strate-gie per evitare di danneggiare irreversibilmente il pianeta. Le strategie di sviluppo sostenibile ri-cercano modalità di sfruttamento delle risorse che consentano alle risorse stesse di rigenerarsi e agli ecosistemi di mantenere i loro equilibri.

Non possiamo più prendere semplicemente tutto quello che riusciamo a prendere: dobbia-

mo studiare quanto, cosa e come l’ambien-te è in grado di darci senza che le sue risorse si deteriorino e si esau-riscano. E dobbiamo adeguare anche le no-stre attività economi-che a questi limiti delle risorse naturali.

Attualmente, in-vece, lo sfruttamento delle risorse e l’in-quinamento sono in costante crescita. I principali responsabi-

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I rifiuti urbani in alcuni paesi sviluppati. Il grafico mostra la quantità di rifiuti urbani (espressi in kg pro capite) in alcuni paesi nell’anno 2006. Il dato comprende solo i rifiuti smaltiti dai Comuni; quindi, oltre che dallo stile di vita, dipende anche dal grado di urbanizzazione di uno stato. La definizione di rifiuti solidi urbani può variare da paese a paese; qui sono considerati i rifiuti di abitazioni, negozi, uffici, istituzioni, piccole aziende, giardini e pulizia delle strade, mentre sono esclusi le fognature e i rifiuti di tipo edilizio. [Fonte: OCSE]

I rifiuti come risorsa. Dal riutilizzo dei materiali contenuti nei rifiuti (carta, plastiche, vetro, metalli, materiali organici ecc.) si possono trarre enormi guadagni economici e vantaggi per l’ambiente. Nella foto: un centro di riciclaggio della plastica. [Phil Degginger/Alamy]

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L’ambiente e i suoi problemi

14 Unità 2

Una questione globaleIl cambiamentoclimaticoL’acqua dolce

La biodiversità

Esercizi

gas prodotti dall’uomo, tra cui i CFC (cloro-fluorocarburi), che distruggono per molti an-ni l’ozono atmosferico.

Accordi internazionali come il Protocollo di Montréal (a cui hanno aderito a vari livelli, dal 1989 a oggi, oltre 190 paesi) hanno limitato o proibito l’uso dei gas che provocano la diminu-zione dell’ozono. Grazie a ciò, da qualche anno la concentrazione di queste sostanze nell’atmo-sfera ha finalmente cominciato a diminuire. Gli scienziati prevedono che, se tutti i paesi rispet-teranno gli accordi sulle emissioni dannose, entro cinquanta anni circa le concentrazioni di questi gas nell’atmosfera potrebbero tornare ai valori precedenti alla diminuzione dell’ozono. Per questo motivo è particolarmente importan-te vigilare sull’effettiva applicazione del Proto-collo da parte di tutti i paesi coinvolti.

Le piogge acideA causa dell’inquinamento atmosferico, le piogge possono diventare acide e danneggiare le foreste, i laghi, gli edifici e i monumenti.

Le sostanze acide possono depositarsi anche con altri tipi di precipitazioni (neve ecc.); si parla per questo, più in generale, di deposizioni aci-de. Il problema delle deposizioni acide è ormai diffuso in molti paesi, in Europa centro-setten-trionale e Nordamerica, in Sudamerica, Cina, Sudafrica. Spesso, i paesi che subiscono gli ef-fetti delle piogge acide non sono gli stessi che le hanno provocate: il Canada, per esempio, subisce gli effetti degli inquinanti provenienti dagli Stati Uniti, trasportati dai venti. In al-cuni paesi le emissioni acidificanti sono state ridotte, e questo sta portando, con il tempo, a un miglioramento della situazione; in altri paesi, però, le emissioni sono in aumento.

Non è mai stato risolto in modo soddi-sfacente neppure il problema delle scorie ra-dioattive, prodotte sia per usi civili (centrali nucleari) sia per usi militari (armi nucleari). Queste scorie possono restare radioattive per tempi lunghissimi, anche centinaia di migliaia di anni (si veda il capitolo sull’energia).

Attorno allo smaltimento dei rifiuti, in par-ticolare di quelli tossici, sono nate attività ille-gali molto redditizie, gestite da organizzazioni criminali (le cosidette ecomafie) che agiscono a livello internazionale esportando rifiuti pe-ricolosi, soprattutto in paesi in via di sviluppo dove i controlli sono scarsi.

Ma i rifiuti non sono soltanto un proble-ma: sono anche una preziosa risorsa. La rac-colta differenziata consente di riciclare enor-mi quantità di materiali come carta, plastica, vetro e metalli, e di riutilizzare i materiali or-ganici trasformandoli in concimi.

Molti paesi hanno introdotto misure per ren-dere più sostenibile l’intero processo che va dalla progettazione di una merce e del suo imballag-gio al suo utilizzo e poi al suo smaltimento.

I principi di base a cui dovrebbe ispirarsi la gestione dei rifiuti nei paesi avanzati dell’OCSE sono i seguenti.

Ridurre la quantità e la pericolosità dei ri-fiuti prodotti.

Effettuare la raccolta differenziata e il rici-claggio di tutti i materiali riutilizzabili.

Solo i materiali che non possono essere ri-ciclati vanno avviati ai termovalorizzatori, e sfruttati quantomeno per ottenere ener-gia o calore dalla loro combustione.

Solo i materiali che non possono essere riciclati né inceneriti vanno mandati alle discariche; la quantità di questi materiali dovrebbe avvicinarsi sempre più allo zero.

Il buco nell’ozonoIn alto nell’atmosfera si trova uno strato con un’alta concentrazione di ozono, gas che filtra i raggi solari ultravioletti. Questo strato, le cui caratteristiche variano a seconda delle stagio-ni, si è molto assottigliato negli ultimi decenni nella maggior parte del pianeta. La diminu-zione maggiore ha avuto luogo sull’Antartide, dove il fenomeno fu osservato per la prima volta e fu chiamato buco nell’ozono.

Con la diminuzione dell’ozono, aumenta la quantità di raggi ultravioletti che raggiungo-no la superficie terrestre; nelle zone dove il fe-nomeno è più accentuato, gli ultravioletti pos-sono causare danni alla salute (in particolare alla pelle e agli occhi) e squilibri nella crescita delle piante, danneggiando l’agricoltura.

La maggior parte degli scienziati ritiene che il buco nell’ozono sia causato da alcuni

Il «buco nell’ozono» (settembre 2009). I colori rappresentano la quantità di ozono (in unità Dobson), sempre più bassa andando verso sinistra nella scala cromatica. Sotto la zona centrale, dove l’ozono è più scarso, si intravede la sagoma dell’Antartide. [NASA]

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annuali di CO2 sono aumentate dell’80% tra il 1970 e il 2004; la concentrazione di CO2 è aumentata di oltre un terzo rispetto al livello precedente la rivoluzione industriale.

Il cambiamento climatico ha avuto e avrà numerose conseguenze in tutto il mondo.

Tra le zone che rischiano di subire i mag-giori danni dal cambiamento climatico, l’Ar-tico, gran parte dell’Africa e le piccole isole in tutto il mondo; ma anche i grandi delta di fiumi asiatici e africani, per l’alta densità di popolazione e l’alta esposizione ad aumenti del livello marino, tempeste e inondazioni.

Gli effetti del cambiamento climaticoL’acqua L’acqua si trova in fiumi, laghi e mari, ma anche nell’atmosfera, nelle falde acquifere sotterranee, nelle nevi e nei ghiacci. Perciò la disponibilità di acqua può essere influenzata dal cambiamento climatico in molti modi: cambiamenti nelle precipitazioni (quantità, distribuzione durante l’anno, frequenza di piogge violente); scioglimento di nevi e ghiac-ci; aumento dell’evaporazione e del vapore acqueo presente nell’atmosfera; cambiamenti della capacità del suolo di trattenere l’umidi-tà. Valutare questi cambiamenti non è facile, anche perché esiste una forte variabilità natu-rale da un anno all’altro; ma alcune tendenze sono state individuate.

Precipitazioni. Nell’ultimo secolo, le precipi-tazioni sono aumentate alle latitudini medie e alte (tra 30 e 85°) nell’emisfero settentrionale. Sono però diminuite in molte aree subtropica-li e tropicali (tra 10° Sud e 30° Nord), spesso in zone già aride dove, anche a causa dell’au-

Temperature sempre più alte. Gli studiosi dell’IPCC hanno raccolto le misurazioni della temperatura effettuate dal XIX secolo fino ai giorni nostri nell’emisfero settentrionale (in rosso). Per i secoli fino al Settecento (in grigio), hanno raccolto stime delle temperature, effettuate attraverso metodi indiretti come lo studio di sedimenti, anelli degli alberi, pollini fossili, estensione dei ghiacciai, archivi storici ecc. Secondo l’IPCC, queste stime e misurazioni mostrano che gli anni Novanta del XX secolo sono stati i più caldi dello scorso millennio; e l’aumento della temperatura è proseguito negli anni successivi al 2000, non raffigurati qui. Nel grafico, elaborato da un rapporto IPCC, è considerata come livello zero (la riga orizzontale più grossa) la temperatura media del periodo 1961-1990. Il grafico è una sorta di fascia, anziché una linea, perché considera la variazione dei dati annuali; i dati hanno però un certo margine di errore, che qui non è raffigurato. Alcuni scienziati che contestano questi dati hanno elaborato grafici alternativi in cui i cambiamenti attuali sono meno evidenti e più comparabili alle fluttuazioni avvenute in passato; l’argomento è oggetto di accesa discussione. [Fonte: IPCC]

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GLI ULTIMI 1000 ANNI (EMISFERO SETTENTRIONALE)

Il cambiamento climatico

Negli ultimi cento anni, la temperatura me-dia del pianeta è aumentata di circa 0,7 °C, e da alcuni decenni questo processo sta accele-rando. Le temperature sono cresciute soprat-tutto alle latitudini medie e alte nell’emisfero settentrionale, in particolare sui continenti. È aumentata anche la frequenza dei giorni mol-to caldi.

Nel corso delle ere geologiche, il clima è cambiato molte volte per cause naturali; ma la maggior parte degli scienziati ritiene che il cambiamento attuale non si possa spiega-re con le sole cause naturali, e che sia dovuto anche a influenze umane. Non tutti sono d’ac-cordo: una minoranza di studiosi sostiene che ci troviamo sì di fronte a un riscaldamento del pianeta, ma di dimensioni ridotte, come è già avvenuto più volte negli ultimi secoli; e che la sua causa non vada cercata nell’attività degli uomini ma in variazioni normali del clima.

Si ritiene generalmente che a causare il cam-biamento climatico sia soprattutto l’aumento della concentrazione nell’atmosfera dei gas serra. Si tratta di gas che si trovano natural-mente nell’atmosfera, dove agiscono come i vetri di una serra, trattenendo il calore. Que-sto fenomeno, chiamato effetto serra, fa sì che le temperature sulla Terra siano abbastanza alte da rendere possibile la vita. Ma alcuni di questi gas, in primo luogo la CO2 (diossido di carbonio o anidride carbonica), sono anche emessi da attività umane. Le maggiori emis-sioni si hanno quando si bruciano combusti-bili fossili, con la deforestazione e con alcuni processi industriali e agricoli. Le emissioni

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L’ambiente e i suoi problemi

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Una questioneglobaleIl cambiamentoclimaticoL’acqua dolce

La biodiversità

Esercizi

mento della temperatura, si sono aggravati i fenomeni di siccità e il rischio di desertifi-cazione. Le zone con problemi di scarsità di acqua si trovano soprattutto nella regione mediterranea (Europa meridionale, Nordafri-ca, Medio Oriente), in Asia meridionale, Cina settentrionale, Australia, Stati Uniti, Messico, Brasile nordorientale e sulla costa occidentale del Sudamerica. In queste zone vivono circa due miliardi di persone.

D’altra parte, sono anche aumentati i feno-meni di piogge violente, persino in zone dove le precipitazioni nel loro insieme sono dimi-nuite.

Ghiacci e nevi. Circa i tre quarti dell’acqua dol-ce del pianeta si trovano sotto forma di nevi e ghiacci, soprattutto ai poli. Nell’ultimo secolo c’è stata una netta diminuzione dell’estensione dei ghiacciai; la copertura nevosa è diminuita in media del 10% nell’emisfero settentrionale, dalla fine degli anni Sessanta a oggi. La riserva di acqua dolce accumulata nei ghiacci e nelle nevi è dunque in forte calo. I cambiamenti so-no particolarmente evidenti nelle zone vicine al Polo Nord, dove la temperatura degli oce-ani aumenta e si sciolgono i ghiacci, le nevi e il permafrost: la regione artica si sta riscaldando a una velocità doppia rispetto alla media glo-bale. Questo influenza il ciclo dell’acqua e al-tri processi in tutto il pianeta. Tuttavia, anche questo fenomeno è stato recentemente messo in discussione, sia pure da una minoranza di studiosi.

Mari. Il livello dei mari si è alzato di 10-20 cm nel corso del Ventesimo secolo, a causa del cambiamento climatico che ha comportato

fenomeni come lo scioglimento dei ghiac-ci. L’innalzamento del livello dei mari si fa sempre più rapido e raggiunge ormai circa 3 mm l’anno. L’erosione delle coste è in au-mento, e molti territori costieri rischiano di essere sommersi.

Ecosistemi e biodiversità In alcune zone del mondo il cambiamento climatico ha causato un aumento della biodiversità, ma in molte altre ne ha provocato un calo. Diverse specie di animali e piante sono a rischio di estinzio-ne. Molte specie, infatti, possono vivere solo all’interno di un certo intervallo di tempera-ture, umidità ecc., e faticano ad adattarsi a cambiamenti forti e rapidi. Il riscaldamento globale provoca uno spostamento verso nord (o, in montagna, verso la cima) dell’areale di molte specie, e questo rappresenta un rischio per alcuni ecosistemi: se la cima di un monte è invasa da piante provenienti da fasce alti-tudinali più basse, rischiano di scomparire le piante che vivevano in precedenza sulla cima.

Inoltre, gli ecosistemi subiscono anche gli effetti indiretti del cambiamento climatico: per esempio, l’aumento del livello marino è un fattore di rischio per gli ecosistemi costieri e delle zone umide, mentre l’aumentata fre-quenza degli incendi accelera la distruzione delle foreste.

Gli ecosistemi più vulnerabili sono quelli delle zone artiche (tundra, taiga) e delle zo-ne montuose, per la sensibilità all’aumento di temperatura; gli ecosistemi mediterranei per la riduzione delle precipitazioni; quelli co-stieri (lagune, barriere coralline, mangrovie) per vari rischi tra cui quello di sommersione e inondazioni.

Gli eventi catastrofi ci Secondo alcune ricerche, tempeste, inondazioni, siccità e forti calure estive, incendi di foreste e altri eventi catastro-fici legati al clima sono significativamente au-mentati negli ultimi decenni.

La salute umana Sono in corso diversi studi per valutare gli effetti del cambiamento climatico sulla situazione sanitaria dei vari paesi. Tra gli effetti più probabili, una diminuzione del-le malattie legate al freddo e un aumento dei rischi sanitari legati al caldo, soprattutto per alcune categorie come anziani, malati croni-ci e bambini. L’aggravamento della siccità in molte zone potrebbe portare un aumento del rischio di malnutrizione e delle malattie tra-smesse da cibo e acqua. Si ipotizza una mag-giore diffusione di alcune malattie infettive come il virus Ebola, il colera, la tubercolosi e varie forme di influenza.

Una casa sprofondata nel permafrost in Alaska. In Alaska, la fusione del permafrost ha costretto molte famiglie ad abbandonare le loro case, perché le fondamenta, non più sorrette dal terreno ghiacciato, sono sprofondate portando le case a inclinarsi o addirittura a crollare. [Mark Lynas]

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Il Protocollo riconosce che i principali re-sponsabili delle emissioni di gas serra sono i paesi industrializzati, e solo a questi richiede di limitare le proprie emissioni (riducendole almeno del 5% entro il 2008-2012). Ai paesi considerati «in via di sviluppo», invece, non viene richiesta una limitazione delle emissio-ni, proprio per non ostacolarne lo sviluppo. Ma tra questi paesi ci sono la Cina e l’India, che hanno una popolazione numerosa e uno sviluppo impetuoso. La Cina, secondo recen-ti studi, avrebbe addirittura superato gli Stati Uniti come emissioni totali di CO2, anche se le emissioni pro capite cinesi sono un quarto di quelle statunitensi. Secondo uno studio del 2007, le emissioni mondiali di CO2 dipendo-no per circa un quarto (24%) dalla Cina e per poco meno (21%) dagli Stati Uniti; tra gli al-tri principali responsabili, l’Unione Europea, l’India e la Russia.

Alcuni stati non hanno ratificato il Proto-collo di Kyoto, e si prevede che aumenteranno fortemente le loro emissioni nei prossimi anni: tra questi, diversi paesi in via di sviluppo e so-prattutto gli Stati Uniti. Ma anche molti stati che sulla carta hanno ratificato il Protocollo non lo hanno poi pienamente applicato nella realtà.

Da tempo si discute sulla possibilità di nuovi accordi che sostituiscano il Protocollo di Kyoto.

Il futuroLa maggior parte degli scienziati concorda sul fatto che l’aumento di temperatura e i suoi ef-fetti continueranno per diversi secoli. Si preve-de un aumento di circa 0,2 °C per ognuno dei prossimi due decenni. Per l’anno 2100 si preve-de un aumento di temperatura, rispetto ai livel-li pre-industriali, che può andare da 1 a 7 °C a seconda di quanto si riuscirà a ridurre le emis-sioni di gas serra. Se le emissioni non verranno drasticamente limitate, la situazione potrebbe farsi veramente grave, con un riscaldamento nettamente più rapido di quello attuale.

Al Protocollo di Kyoto, entrato in vigore nel 2005, hanno aderito a vario titolo oltre 180 paesi. Esso vincola alcune decine di paesi industrializzati a limitare o ridurre le proprie emissioni di gas serra. Il Protocollo promuove, tra l’altro, l’efficienza energetica, l’uso di fonti energetiche rinnovabili, la protezione delle fo-reste, la ricerca sulle tecnologie per la riduzio-ne delle emissioni, i trasporti (e in generale le attività economiche) sostenibili e la riduzione degli incentivi fiscali alle attività economiche che producono gas serra.

Il Protocollo di Kyoto presenta però dei li-miti.

Secondo molti scienziati, le riduzioni delle emissioni previste dal Protocollo sono insuffi-cienti e dovranno essere rese molto più drasti-che, considerando anche il fatto che i gas serra rimangono nell’atmosfera per secoli.

1,6 - 2,1 °C

1,2 - 1,6 °C

0,8 - 1,2 °C

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0,2 - 0 ,4 °C

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–0,4 - – 0,2 °C

–0,8 - – 0 ,4 °C

dati insufficienti

Cambiamenti della temperatura. I colori indicano il cambiamento nella temperatura media annuale tra il periodo 1951-1980 e il periodo 2001-2005. Nella maggior parte delle aree, soprattutto sui continenti, la temperatura è aumentata. Le punte massime dell’aumento di temperatura (anche oltre i 2 °C) si notano alle latitudini medio-alte del nostro emisfero (Nordamerica, Russia). Solo in alcune zone delimitate, soprattutto dell’emisfero australe, si nota invece un raffreddamento. [Fonte: UNEP/GRID-ARENDAL]

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L’ambiente e i suoi problemi

18 Unità 2

Una questioneglobaleIl cambiamentoclimaticoL’acqua dolce

La biodiversità

Esercizi

usato nel settore minerario, nelle raffinerie di petrolio, nelle acciaierie e nelle industrie ma-nifatturiere. Un decimo dei prelievi serve per il settore domestico, che include l’uso nelle case, gli utilizzi municipali e l’acqua usata per sta-bilimenti commerciali e servizi pubblici. Gli utilizzi domestici includono l’acqua per bere, lavare, cucinare, fognature e giardinaggio. Se si esclude il giardinaggio, il fabbisogno è sti-mato sui 50 litri a persona al giorno.

I consumi di acqua dolce sono aumentati durante gli anni Sessanta e Settanta soprat-tutto a causa dell’aumentata domanda per agricoltura e settore energetico. A partire da-gli anni Ottanta, alcuni paesi sviluppati han-no stabilizzato i propri consumi, a causa del declino di alcune industrie che consumavano molta acqua (miniere, acciaierie) ma anche grazie a tecniche di irrigazione più efficienti, ai progressi nelle tecnologie e alla riduzione delle perdite negli acquedotti. Più recente-mente, questa stabilizzazione riflette in parte le conseguenze della siccità.

L’acqua potabile e le fognatureAnche se la situazione ha mostrato migliora-menti nell’ultimo decennio, si stima che ancora oggi oltre un miliardo di persone non abbia ac-cesso ad acqua potabile sicura, e che 2,6 miliar-di di persone (oltre il 40% della popolazione mondiale) non abbiano accesso a fognature.

Perciò i corsi d’acqua e gli stagni sono utilizzati sia come toilette, sia per rifornirsi di acqua da be-re. In molte zone l’acqua inquinata, se usata per be-re o per lavarsi, può essere veicolo di malattie infetti-ve come tifo, colera, dis-senteria da ameba, epatite ecc. Le malattie trasmesse dall’acqua sono la più co-mune causa di morte tra i poveri dei paesi in via di sviluppo. Secondo l’OMS, ogni anno 1,6 milioni di bambini muoiono per malattie che possono es-sere attribuite ad acqua potabile non sicura, ina-deguate fognature e man-canza di igiene.

L’Africa a sud del Sa-hara è l’area con la più

Dove si trova l’acqua dolceMeno del 3% dell’acqua sulla Terra è acqua dolce. Di questa, quasi i tre quarti si trova-no sotto forma di nevi e ghiacci, soprattutto ai poli; quasi un quarto nelle falde acquifere sotterranee; e piccole percentuali nei laghi, nell’umidità del terreno, nell’atmosfera, nei fiumi e negli organismi viventi.

Esistono tecnologie in grado di desaliniz-zare l’acqua marina per renderla utilizzabile, ma sono molto costose, quindi finora sono utilizzate solo in alcuni paesi aridi ma ricchi del Medio Oriente.

Il consumo di acqua dolceNel corso del Ventesimo secolo, il fabbisogno di acqua è cresciuto a una velocità più che doppia rispetto alla crescita della popolazio-ne: la popolazione mondiale è triplicata, ma l’uso di acqua è cresciuto di sei volte. Si preve-de che il consumo aumenti ancora molto con l’ulteriore crescita della popolazione, unita all’urbanizzazione, al cambiamento dello sti-le di vita, allo sviluppo delle industrie e alla diffusione dell’irrigazione delle colture. Due terzi dei prelievi di acqua sono usati in agri-coltura, soprattutto per l’irrigazione e per l’al-levamento. Un quinto dei prelievi è per usi in-dustriali: di questi una parte crescente è usata per raffreddare le centrali elettriche, il resto è

L’acqua dolce

inferiore al 50%

50-75%

76-90%

91-100%

dati non pervenuti

Accesso all’acqua potabile. In molti paesi, soprattutto dell’Africa a sud del Sahara, meno di metà dei cittadini ha accesso a vera e propria acqua potabile. I dati si riferiscono all’anno 2006. [Fonte: OMS-UNICEF]

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19Unità 2

Turchia

Corea del Sud

Paesi Bassi

Stati Uniti

Francia

Norvegia

Giappone

Ungheria

Regno Unito

Rep. Ceca

Svizzera

Spagna

Messico

Portogallo

Polonia

Italia

Australia

Grecia

Svezia

Irlanda

Germania

Austria

Danimarca

0 500

m3 pro capite all’anno

1000 1500 1750

Canada

Nuova Zelanda

Prelievo di acqua dolce pro capite. Dati del 2006, in metri cubi l’anno. [Fonte: OCSE]

L’inquinamento delle acqueNei paesi a sviluppo avanzato la popolazione dispone, generalmente, di tutta l’acqua potabile che desidera e, grazie alle norme igieniche, rara-mente l’acqua trasmette malattie. Il problema principale per quanto riguarda l’acqua è l’inqui-namento chimico, proveniente per esempio da scarichi industriali e agricoli, perdite accidentali da discariche di rifiuti, inquinanti dell’aria che ricadono nell’acqua con le piogge.

Diverse sostanze, tra cui alcuni inquinanti dell’aria (come gli ossidi di azoto, che causano anche le piogge acide) e i nitrati e fosfati pro-venienti dai fertilizzanti agricoli, provocano fenomeni di eutrofizzazione, cioè un eccessi-vo arricchimento delle acque in sostanze nu-trienti. In queste acque troppo fertili, alcune alghe microscopiche si moltiplicano a dismi-sura (fioriture algali), consumando l’ossigeno dell’acqua e a volte producendo sostanze tos-siche; pesci e altri organismi acquatici rischia-no di morire, soffocati o avvelenati.

Nei paesi in via di sviluppo sono presenti forme di inquinamento delle acque analoghe a quelle dei paesi industrializzati, ma le più diffuse sono gli scarichi di materiali fecali e di rifiuti anche tossici.

La crisi idrica e lo stress idrico Alcuni studi stimano che su 44000 km3 di ac-qua che ogni anno arriva agli oceani da fiumi e falde sotterranee, l’acqua totale utilizzabi-le dall’uomo ammonti a circa 10-12000 km3 all’anno. Di questa, circa un terzo viene prele-vata: se l’acqua dolce fosse distribuita unifor-memente sul pianeta, sarebbe sufficiente per tutti. Ma l’acqua è distribuita in modo irrego-

bassa percentuale di persone che hanno acces-so sia ad acqua potabile sicura (58%) sia a fo-gnature adeguate (36%). Altre aree problema-tiche si trovano in Asia, soprattutto nelle zone meridionali e orientali. In alcuni paesi, come Afghanistan ed Etiopia, meno del 10% della popolazione ha accesso a fognature adeguate.

0-10% nessuno stress

10-20% basso stress

20-40% stress medio

40-80% stress alto

oltre 80% stress molto alto

Stress idrico nel mondo. La cartina evidenzia il rapporto tra il prelievo e la disponibilità di acqua (media annuale): lo stress idrico è considerato alto quando questo rapporto supera il 40%. Usando questo indicatore risultano prive di stress anche aree in cui è disponibile poca acqua, ad esempio in Africa. [Fonte: IPCC]

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L’ambiente e i suoi problemi

20 Unità 2

Una questioneglobaleIl cambiamentoclimaticoL’acqua dolce

La biodiversità

Esercizi

piene dei fiumi e prevenire le inondazioni) e rilasciandola durante i periodi secchi (quindi evitando la siccità). Inoltre, quando l’acqua penetra nel suolo viene naturalmente filtrata. L’aumentato uso dell’acqua ha effetti sugli ecosistemi, che sono disturbati e non possono più svolgere il loro ruolo di regolazione. Le zone umide scompaiono, le zone aride sono a rischio di desertificazione. Tutto ciò causa riduzione della produzione di cibo e problemi per la salute umana.

I confl itti per l’acquaVia via che la risorsa acqua si fa sempre più scar-sa, si intensificano le tensioni tra i diversi utiliz-zatori, a livello sia nazionale sia internazionale.

Oltre 260 bacini sono divisi tra due o più sta-ti. La scarsità di acqua ha già portato a gravi ten-sioni fra paesi confinanti che sfruttano l’acqua degli stessi bacini idrografici. Per esempio Tur-chia, Siria e Iraq si contendono le acque dei fiumi Tigri e soprattutto Eufrate; Israele e Giordania quelle del fiume Giordano. Quando importanti progetti procedono senza una collaborazione a livello regionale, possono diventare un punto di conflitto, che aumenta l’instabilità regionale: ne sono esempio il Paraná La Plata, il Lago di Aral, il Giordano e il Danubio.

Diverbi possono nascere anche entro i con-fini di uno stato, in particolare nelle aree a valle di bacini idrografici che subiscono stress idrico, come il Fiume Giallo in Cina e il fiume Chao Phraya in Thailandia. Alcune zone aride che contano molto sull’irrigazione, ad esem-pio in Cina, India, Iran e Pakistan, sono parti-colarmente a rischio di conflitti per l’acqua.

lare: alcune regioni (in particolare del Terzo mondo) ne ricevono pochissima e altre la ri-cevono quasi solo durante una breve stagione delle piogge.

Via via che aumenta l’utilizzo pro capite e totale, l’acqua per uso umano diventa sempre più scarsa. Il problema è aggravato da sprechi e inefficienze nell’uso di una risorsa che fino a poco tempo fa era data per scontata e conside-rata come inesauribile: metodi di irrigazione in cui gran parte dell’acqua evapora o scivola sul terreno, ma anche tubature che perdono.

Si parla di stress idrico quando non c’è abbastanza acqua per tutti gli utilizzi umani. Organizzazioni internazionali come la Banca mondiale considerano un paese come soggetto a situazioni periodiche o regolari di stress idri-co quando la disponibilità di acqua è inferiore a 1700 m3 annui pro capite. Al di sotto dei 1000 m3 annui pro capite, è probabile che la scarsità di acqua diventi limitante per lo sviluppo eco-nomico e per la salute e il benessere umano.

Si può ottenere un indicatore dello stress idrico anche misurando il rapporto tra pre-lievo e risorse: generalmente si parla di alto stress idrico quando si preleva più del 40% delle risorse rinnovabili totali di acqua.

Lo stress idrico causa deterioramento delle risorse di acqua dolce in termini di quantità (calo delle falde, diminuzione della portata dei fiumi ecc.) e qualità (eutrofizzazione, inquina-mento organico, salinizzazione dei bacini di acqua dolce nelle zone costiere ecc.).

Alcuni ecosistemi, come le zone umide o le foreste, hanno una grande capacità di trat-tenere l’acqua, assorbendola durante i perio-di umidi (e quindi contribuendo a mitigare le

La «Diga delle tre gole». Situata lungo il corso del fiume Chiang Jiang, è considerata la più grande opera realizzata dall’uomo in Cina (e nel mondo) dopo la Grande Muraglia. La diga, alta 190 metri, è stata progettata sia per produrre energia idroelettrica, sia per regolare il flusso delle acque in una regione tradizionalmente colpita da disastrose inondazioni. I lavori per la sua realizzazione, a cui hanno partecipato oltre 60 000 persone, sono iniziati nel 1997; alcune parti non sono ancora pienamente operative. Nella foto si vede sulla destra la diga, che frena le acque formando un bacino lungo ben 600 km. Per creare il bacino a monte della diga è stato necessario inondare un’area di ben 60 000 ettari, che comprendeva più di un centinaio di centri abitati: si calcola che i lavori costringano oltre un milione di persone (soprattutto contadini) ad abbandonare le loro case ed essere trasferiti altrove. La diga è molto criticata dagli ambientalisti cinesi e stranieri per questo e per diversi altri motivi. In primo luogo, le acque hanno coperto importanti siti archeologici (in alcuni casi demoliti e ricostruiti altrove). Il forzato rallentamento del flusso dell’acqua provoca un elevato deposito di sabbie e detriti (da cui il colore marrone del fiume), che impone un continuo, colossale lavoro di pulizia, e un accumulo di sostanze inquinanti provenienti dalle fabbriche delle città a monte della diga. Si aggiungono i timori di possibili rotture, terremoti ecc. con effetti catastrofici sui territori a valle. In generale, si temono i pericoli sempre insiti in opere specie di grandi dimensioni che modificano gli equilibri ecologici. [ESA]

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Il suolo (chiamato anche, nel linguaggio comune, terra o terreno) è quello strato fertile, profondo da qualche centimetro fino a qualche metro, fatto di materiali formatisi per l’erosione delle rocce e la decom-posizione di organismi o loro parti o escrezioni.

Il suolo fornisce numerosi servizi all’uomo e agli ecosistemi. La sua presenza consente lo sviluppo delle piante, quindi anche l’agricoltura, la sopravvivenza degli animali e degli ecosistemi. Il suolo è in grado di trattenere l’acqua, funzionando come un tampone che impedisce le inondazioni nei periodi più piovosi e restituisce umidità nei periodi più aridi. Inoltre, filtra e purifica l’acqua, fornendo agli ecosistemi e all’uo-mo acqua dolce di buona qualità.

Ma in molte zone del mondo il suolo sta andando incontro a una degradazione che diminuisce o elimina la sua capacità di svolgere que-sti importanti compiti. Questa degradazione avviene attraverso diversi processi, tra cui inquinamento, acidificazione dovuta alle piogge acide, salinizzazione dovuta a cattiva irrigazione o a infiltrazioni di acque ma-rine, compattamento dovuto al passaggio eccessivo di macchine agri-cole pesanti, perdita di biodiversità e soprattutto erosione del suolo.

In condizioni naturali, al suolo arrivano continuamente nuovi ma-teriali provenienti dalle rocce e dagli organismi, mentre altri materiali vengono portati via dall’erosione dovuta alle piogge, al vento e ad altri agenti. Le piante proteggono il suolo da un’eccessiva erosione. Se esi-ste un equilibrio tra le velocità con cui si aggiungono e si sottraggono materiali al suolo, lo spessore del suolo resta stabile. Ma in molte zone del mondo, questo equilibrio è stato turbato: l’erosione avviene più ve-locemente dell’apporto di nuovi materiali, e si ha come risultato netto un assottigliamento o ad-dirittura la scomparsa del suolo, anche in tempi molto brevi.

I processi di degradazione del suolo sono causati da diverse attività umane, in particolare da quelle che distruggono le piante (deforestazione, uso di diserban-ti, eccesso di pascolo ecc.) e da alcune tecniche di coltivazione e di irrigazione. Purtroppo, queste tecniche sono spesso una scelta obbligata per le popolazioni più povere, che entrano così in un cir-colo vizioso: la degradazione del suolo le rende ancora più povere, e la povertà le costringe a usare tecniche che degradano ulterior-mente il suolo.

Oltre una certa soglia, la degradazione del suolo diven-ta irreversibile. Una volta che il suolo è scomparso e non ci sono più le piante e gli organismi che

contribuivano a rifornirlo di nuovi materiali, occorrono tempi molto lunghi perché si riformi: anche diversi secoli per uno strato di terreno profondo pochi centimetri.

La degradazione del suolo porta a una diminuzione della biodiver-sità, a un aumento delle inondazioni e della siccità, a una diminuzione della qualità dell’acqua.

Nelle zone ad alta piovosità, i violenti acquazzoni provocano una rapida erosione del suolo.

Nelle zone con caratteristiche di aridità, la degradazione del suolo è detta desertificazione (da non confondere con la desertizzazione, cioè l’espansione dei deserti già esistenti). Questo problema è sempre più gra-ve anche a causa dei cambiamenti climatici, soprattutto per l’aumento della temperatura e la diminuzione della piovosità in alcune zone.

Le zone colpite da desertificazione o a rischio sono un terzo delle terre emerse, in circa 110 paesi. Si stima che oltre 250 milioni di perso-ne già subiscano gli effetti della desertificazione, e circa un miliardo di persone rischi di subirli. Il problema è particolarmente grave in Africa e nei paesi in via di sviluppo di Asia, America Latina e Caraibi; ma anche in gran parte degli Stati Uniti e in molte zone dell’Australia e dell’Euro-pa (Italia, Grecia, Portogallo, Spagna).

La Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertifica-zione (1994) prevede, tra l’altro, interventi che coinvolgano le popola-zioni delle zone danneggiate, creando condizioni (anche socioecono-miche) che consentano lo sviluppo di tecniche agricole sostenibili e la conservazione o il ripristino delle foreste.

La degradazione del suolo e la desertificazione

ziamenti tesi al risparmio idrico, il costante monitoraggio delle risorse, la riduzione degli inquinanti agricoli e industriali, il migliora-mento della collaborazione internazionale. Alcuni consigliano anche un cambiamento nelle abitudini alimentari, con un maggiore consumo di vegetali: secondo alcune stime, far crescere 1 kg di patate richiede 100 litri di acqua, mentre 1 kg di carne di manzo ne richiede 13 000 litri.

Le possibili soluzioniÈ ancora possibile intervenire per evitare un peggioramento della crisi idrica. Fortunata-mente, sta aumentando la consapevolezza del fatto che le nostre risorse di acqua dolce sono limitate e hanno bisogno di essere protette in termini sia di quantità sia di qualità.

Tra i rimedi proposti ci sono lo svilup-po delle conoscenze (anche a livello locale) per evitare gli sprechi, l’aumento dei finan-

suolo molto degradato

suolo degradato

suolo stabile

senza vegetazione

La degradazione dei suoli. [Fonte: UNEP]

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