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Corso di ECONOMIA POLITICA Prof. Federico Boffa ANTITRUST: Economia e politica della concorrenza ( Motta M. – Polo.M) CAPITOLO 1 Politica della concorrenza: storia, obiettivi e normativa CORSO DI ECONOMIA POLITICA – PROF. FEDERICO BOFFA Politica della concorrenza: storia, obiettivi e normativa (Motta M- Polo M. CAP. 1) 1

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Corso di ECONOMIA POLITICAProf. Federico Boffa

ANTITRUST: Economia e politica della concorrenza ( Motta M. – Polo.M)

CAPITOLO 1Politica della concorrenza: storia,

obiettivi e normativaCORSO DI ECONOMIA POLITICA – PROF. FEDERICO BOFFA Politica della concorrenza: storia, obiettivi e normativa (Motta M- Polo M. CAP. 1)

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La normativa antitrust ha origine negli USA e si è sviluppata alla fine del XIX sec.

Per la prima volta le Autorità reagiscono alla formazione di cartelli (TRUSTS)

Il TRUST in origine è uno strumento di collaborazione tra imprese per vantaggi reciproci al fine di eliminare la concorrenza rovinosa. Questo avveniva attraverso il controllo della quantità dei prodotti e regolando i prezzi.

TRUST E ANTITRUSTOccorre precisare che nulla ha a che vedere l’istituto del TRUST (lett. affidamento-istituto del sistema giuridico anglosassone di common law) con il termine Antitrust, insieme di norme/istituzione a garanzia della effettiva concorrenza nei mercati economici: in tale caso il termine inglese "trust" è da intendersi nella sua accezione di "cartello" o "accordo" (a danno dei consumatori) fra imprese (solitamente in regime di oligopolio su scala nazionale o internazionale) idoneo a incidere negativamente sulle normali dinamiche del mercato libero e concorrenziale.

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I Profondi mutamenti dell’industria manifatturiera negli USA (metà XIX sec.) e il miglioramento rete infrastrutturale, servizi trasporti e comunicazione, con l’estensione delle ferrovie, linee telegrafiche e servizi telefonici su tutto il territorio portò, di conseguenza, ad un unico grande mercato che incentivò le imprese a sfruttare le cosiddette economie di scala e di varietà;

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Economia di scala: quanto i costi di produzione crescono meno rapidamente rispetto al prodotto finito.Economia di varietà: quanto i costi per la produzione congiunta di più beni sono minori rispetto la somma dei costi sopportati quando la produzione avviene separatamente per ciascun prodotto.

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Innovazioni tecnologiche in svariati campi (es. metallurgico, chimico ed energetico);

Formazione di mercati dei capitali più evoluti; Tecniche manageriali; Liberalizzazione di leggi statali sulle

incorporazioni che incentivarono la creazione di imprese sempre più grandi (tra il 1880 e il 1890 negli USA vi fu un’ondata di fusioni tra aziende);

Prezzi bassi e instabili (guerra dei prezzi) dovuti alla capacità di produzione in larga scala che generò instabilità in diversi settori.

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I massicci investimenti realizzati dalle imprese, al fine di godere di autonomie di scala e di varietà, produssero costi e prezzi bassi.Di fatto questo comportò un notevole incremento della produzione con un mercato che proponeva dei prezzi bassi e instabili a discapito del mercato manifatturiero che ebbe invece un notevole declino.Per rispondere alla guerra dei prezzi e all’instabilità del mercato le imprese iniziarono a fare degli accordi al fine di mantenere i prezzi elevati ottenendo così dei cospicui margini di profitto.

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La imprese, con la costituzione di cartelli e di trust (compagnie ferroviarie e petrolifere), traevano dei vantaggi dai prezzi elevati e stabili che imponevano a danno di altri gruppi economici, quali contadini e piccole imprese oltre che per i consumatori finali.

Quest’ultimi, al fine di combattere i cartelli formati da grandi imprese, ebbero la forza politica e il sostegno pubblico sufficiente ad ottenere, in molti stati degli USA, le prime leggi antitrust che però non ebbero un grande successo in quanto gli accordi coinvolgevano più Stati.Nel 1890 in Parlamento venne adottata la prima legge antitrust federale «SHERMAN ACT».Essa rappresenta il più conosciuto esempio di legge antitrust nel mondo.

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Le sezioni rilevanti dello Sherman Act sono:1)sezione che proibisce i contratti, le associazioni e le intese che restringono il commercio;2)sezione che proibisce la monopolizzazione, i tentativi di monopolizzazione e le intese volte alla monopolizzazione di scambi commerciali tra i vari stati o con le nazioni straniere.Lo Sherman Act prevede sanzioni monetarie e sanzioni penali, che possono includere anche l’incarcerazione fino a tre anni.

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Durante il primo decennio di vita non fu molto severa.Nel 1897 una decisione della Corte Suprema, riguardante un accordo tra 18 società ferroviarie, che fissava le tariffe per il trasporto di beni, stabilì in modo chiaro che gli accordi di prezzo erano illegali.Infatti i giudici rifiutarono la tesi difensiva delle parti che affermavano che i prezzi delle corse praticate erano «ragionevoli» e che la fissazione dei prezzi era un modo per impedire che ci fosse «concorrenza dannosa».La Corte Suprema affermò che con lo Sherman Act il Congresso aveva inteso proibire tutti gli accordi di prezzo e che i giudici non erano in grado di valutare quali accordi fossero ragionevoli e quali no. La proibizione degli accordi dei prezzi è un principio fondamentale della legge antitrust.

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Nel 1911, nel caso Miles v. Park e Sons, la Corte Suprema ha applicato per la prima volta la proibizione delle restrizioni di prezzo anche alle relazioni verticali.La Corte stabilì che le clausole, con le quali il produttore obbliga i rivenditori a mantenere il prezzo di vendita fisso ad un certo livello, sono illegali per se.Questa sentenza da allora non è mai stata rovesciata.

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Il caso più famoso della storia antitrust statunitense resta quello dell’episodio STANDARD OIL COMPANY che era suddiviso in 34 diverse società nel 1911 dove il cartello di imprese petrolifere, creato da Rockefeller, aveva intrapreso delle pratiche monopolistiche con tagli mirati dei prezzi, considerati predatori, e acquisizione di imprese minori. Il cartello fu condannato e smantellato.

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Lo Sherman Act riguardava i casi di fissazione di prezzo, gli accordi di spartizione del mercato e le pratiche di monopolizzazione ma non prevedeva nulla in tema di fusioni (che risultavano legali).Di conseguenza, quei concorrenti che aspiravano a coordinare i prezzi avevano l’opzione di fondersi in un’unica impresa senza contravvenire alla legge.

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Il Clayton Act del 1914 fu introdotto per estendere la legislazione antitrust anche ai casi di fusione.Di fatto prima del Clayton Act vi fu un notevole incremento di fusioni atte ad aggirare la norma che raggiunse il suo apice tra il 1899 e il 1902.Il Clayton Act oltre a vietare le fusioni vieta esplicitamente anche le pratiche commerciali quali la discriminazione del prezzo di vendita l’amministrazione di società concorrenti da parte delle stesse persone.

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La FTC è un’agenzia indipendente federale creata anch’essa nel 1914 al fine di regolare le pratiche commerciali sleali.Di fatto essa ha il compito, insieme all’agenzia governativa del Dipartimento di Giustizia (DOJ), di vigilare e far rispettare le norme antitrust negli USA a livello federale.

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Il Clayton Act è stato in seguito modificato ed integrato con il Robinson-Patman Act del 1936 il quale prevedeva disposizioni in materia di discriminazione del prezzo di vendita e successivamente nel 1950 Celler Act emendò le parti del Clayton Act sulle fusioni estendendo il divieto di scambi di partecipazione rivali anche alle transazioni di assets e non solo di azioni.

L’Hart-Scott-Rodino Act del 1976 ha conferito al DOJ e alla FTC il potere di analizzare tutte le fusioni tra imprese, la cui dimensione si collochi al di sopra di una certa soglia.

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Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaioFirma: 18 aprile 1951Entrata in vigore: 23 luglio 1952Scaduto: 23 luglio 2002Finalità: creare tra i paesi membri un'interdipendenza nel settore del carbone e dell'acciaio per evitare che un paese potesse mobilitare le proprie forze armate all'insaputa degli altri. Questo ha dissipato il clima di sfiducia e tensione successivo alla II Guerra mondiale. Il trattato CECA è giunto a scadenza nel 2002.

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I trattati istitutivi sono stati modificati in occasione dell'adesione di nuovi paesi all'UE:

1973 (Danimarca, Irlanda, Regno Unito) 1981 (Grecia) 1986 (Spagna, Portogallo) 1995 (Austria, Finlandia, Svezia) 2004 (Repubblica ceca, Cipro, Estonia, Ungheria,

Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia)

2007 (Bulgaria, Romania)

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Trattati di Roma - trattati CEE e EURATOMFirma: 25 marzo 1957Entrata in vigore: 1° gennaio 1958Finalità: istituire la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea dell'energia atomica (Euratom).Principali novità: estensione dell'integrazione europea alla cooperazione economica generale.

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Trattato di fusione - trattato di Bruxelles Firma: 8 aprile 1965

Entrata in vigore: 1° luglio 1967 Finalità: razionalizzare le istituzioni europee. Principali novità: creazione di un'unica

Commissione e di un unico Consiglio per le tre Comunità europee (CEE, Euratom, CECA). È stato abrogato dal trattato di Amsterdam.

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Atto unico europeo Firma: 17 /2/1986 (Lussemburgo) / 28/2/1986 (L'Aia) Entrata in vigore: 1° luglio 1987 Finalità: riformare le istituzioni per preparare

l'adesione di Portogallo e Spagna e accelerare il processo decisionale in vista della realizzazione del mercato unico.

Principali novità: estensione del voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio (rendendo più difficile per un singolo paese opporre il veto ad una proposta legislativa), creazione delle procedure di cooperazione e di parere conforme, che accrescono l'influenza del Parlamento.

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Trattato sull'Unione europea - trattato di Maastricht

Firma: 7 febbraio 1992Entrata in vigore: 1° novembre 1993

Finalità: preparare la creazione dell'Unione monetaria europea e gettare le basi per un'unione politica (cittadinanza, politica estera comune, affari interni).

Principali novità: istituzione dell'Unione europea e introduzione della procedura di codecisione, che conferisce al Parlamento maggiori poteri nel processo decisionale. Nuove forme di cooperazione tra i governi dell'UE, ad esempio in materia di difesa, giustizia e affari interni.

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Trattato di Amsterdam Firma: 2 ottobre 1997 Entrata in vigore: 1° maggio 1999 Finalità: riformare le istituzioni europee in vista

dell'adesione di nuovi paesi membri. Principali novità: modifica, rinumerazione e

consolidamento dei trattati UE e CEE. Processo decisionale più trasparente (più ampio ricorso alla procedura di codecisione).

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Trattato di Nizza Firma: 26 febbraio 2001

Entrata in vigore: 1° febbraio 2003 Finalità: riformare le istituzioni europee per

consentire all'UE di funzionare in maniera efficiente dopo l'allargamento a 25 paesi membri.

Principali novità: metodi per modificare la composizione della Commissione e ridefinizione del sistema di voto in seno al Consiglio.

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Il trattato di Lisbona Firma: 13 dicembre 2007

Entrata in vigore: 1° dicembre 2009 Finalità: rendere l'UE più democratica, efficiente e

preparata per affrontare i problemi di portata mondiale, come il cambiamento climatico, parlando con un'unica voce.

Principali novità: maggiori poteri per il Parlamento europeo, modifica delle procedure di voto del Consiglio,iniziativa dei cittadini, un presidente permanente del Consiglio europeo, l'istituzione di un alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e di un servizio diplomatico dell'UE.

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segue Il trattato di Lisbona

Il trattato di Lisbona definisce chiaramente: le competenze dell'UE le competenze dei paesi membri le competenze condivise.

Il Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa (2004) – con obiettivi simili a quelli del trattato di Lisbona – è stato firmato, ma mai ratificato.

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la normativa sulla concorrenza dell'Unione Europea è contraddistinta da due differenti livelli giurisdizionali: nazionale e sovranazionale.

attenzione al livello sovranazionale poiché nella maggior parte dei paesi europei non si è rilevata (se non di recente) una legislazione antitrust: infatti le loro normative “duplicano” in gran parte disposizioni europee introdotte con il Trattato di Roma e successive modifiche.

DIFFERENZE CON POLITICHE DELLA CONCORRENZA NEGLI USA

politiche della concorrenza americane influenzate da interessi, economici e sociali connessi con sviluppo dell’economia;

l'antitrust europeo presenta una caratterizzazione segnatamente politica, legata al progetto di spazio economico e poi di istituzioni politiche sovranazionali.

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punto di partenza della normativa antitrust Europea è rappresentato dalle misure procompetitive adottate da Francia, Germania, Italia e Benelux nel 1951 con la firma del Trattato di Parigi, che creò la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA).

il Trattato proibiva le barriere al commercio, le pratiche discriminatorie e restrittive, capaci di falsare il gioco competitivo tra i sei paesi che più tardi istituiranno la Comunità Economica Europea (CEE).

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• due ragioni principali per politica della concorrenza (Tratt. di Parigi):

1. limitare il potere economico della Germania, con accesso degli altri paesi agli essenziali imput carbone e l'acciaio;

2. attuare principio della libera concorrenza solo modo per rendere efficiente funzionamento del mercato (successo economia USA con Antitrust);

• la libera concorrenza era preferita ad organizzazione centralizzata dei mercati (l'Alta Autorità interveniva qualora si manifestassero seri squilibri sul mercato).

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alcuni concetti chiave normativa antistrust attuale erano già presenti nel Trattato di Parigi.

l’art. 65 (T.P.) proibisce gli accordi e le pratiche concertate tra imprese o associazioni di imprese, che aspirino direttamente o indirettamente ad impedire, restringere o distorcere la normale concorrenza all'interno del Mercato Comune (l'articolo 85 del Trattato di Roma riprende questo art. poi art 81 Trattato di Amsterdam).

L’articolo 66 (7) si occupa di abuso di posizione dominante, attuato dalle imprese nel perseguire obiettivi contrari al Trattato di Parigi. (corrisp. con art. 86 del Trattato di Roma e art. 82 del Trattato di Amsterdam).

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L’art. 66 tratta anche di fusioni e concentrazioni tra le imprese delle industrie del carbone e dell'acciaio. L'Alta Autorità poteva autorizzare le fusioni a condizione che la nuova entità con la fusione:◦ non avesse il potere per controllare i prezzi;◦ restringesse la produzione e la distribuzione;◦ distorcesse il commercio tra gli stati membri;◦ creasse un'artificiale posizione di privilegio sul

mercato.

La paura era che nelle mani di poche imprese si concentrasse un eccessivo potere di mercato(v. smantellamento dei cartelli legali germania nazista).

 

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Trattato di Roma non tratta le fusioni. Bisognerà attendere il Regolamento 4064/89 (Merger

regulation) sulle fusioni (differenze tra gli stati membri su politica della concorrenza ed industriale) si rilevano due correnti di pensiero:

1 valutazione fusioni in base alla concorrenza (Germania e UK);

2 valutazioni fusioni in base a elementi di politica industriale e sociale (Francia).Prevalse la prima valutazione.

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Trattato della Comunità Europea (firmato a Roma nel 1957) artt. da 85 a 94 (rinumerati dall'81 all'89 nel Trattato di Amsterdam) si occupa dei problemi della concorrenza.

Logica della libera concorrenza art.3(1)(g): istituzione di un sistema in grado di garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno.

L’articolo 12 conferma l'intento di evitare discriminazioni su base nazionale (già nel Trattato di Parigi), quale una delle ragioni ispiratrici del Trattato CEE, quindi oltre le regole di competizione.

 

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Dura posizione assunta dalla Commissione Europea (Corte di Giustizia Europea) nei confronti della discriminazione di prezzo tra paesi (segmentazione del mercato e importazioni parallele proibite per se). 

Politica della concorrenza quale strumento per promuovere il progresso economico ed il benessere sociale dei cittadini europei (art. 2 TCE).

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Attualmente i principali obiettivi della politica della concorrenza europea sono verosimilmente l'efficienza economica e l'integrazione del mercato europeo:

1° obiettivo - mercato interno competitivo (comunità competitiva sul mercato globale) quindi sono proibiti:

o accordi di prezzo;o abusi di posizione dominante;o fusioni anticompetitive;o i diritti di monopolio ingiustificatamente garantiti dallo

Stato.

 

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• Ovvero mantenimento di mercati competitivi stimolando:

o efficienza industriale;o allocazione ottima delle risorse;o progresso tecnico;o flessibilità nell'adeguarsi ai cambiamenti

ambientali.

2° obiettivo - mercato unico (esistenza di un mercato interno necessaria per industria efficiente e competitiva).

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• Politica europea della concorrenza: guarda alle ragioni socialies.: esenzioni dal divieto di intese cd cartelli di crisi (reciproche riduzioni della capacità produttiva eccedente (permanente) e output per favorire la specializzazione, minimizzazione costo sociale della disoccupazione, derivante dai tagli alla produzione). Concorrenza “sacrificata” quando costi sociali troppo alti.

• Commissione Europea altri argomenti oltre efficienza economica:

o es.: intese orizzontali - Ford/Volkswagen (esenzione accordo di joint-venture per sviluppo e la produzione di un veicolo multiuso (monovolume). SI poiché: Creazione posti lavoro e sviluppo armonioso Comunità.

o importanza piccole e medie imprese (PMI) trattamento favorevole al riparo dei criteri generali antitrust es.: aiuti di stato assegnati (prestiti agevolati), sostegno alla R&D, garanzie finanziarie ecc ..

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– La Commissione Europea definisce una PMI come un'impresa che ha un giro d'affari non superiore ai 40 milioni di euro, un bilancio non superiore ai 27 milioni di euro e al massimo 250 dipendenti.

– Dottrina de minimis: Corte di Giustizia ha ritenuto l'art. 81 (1) (intese) non applicabile quando accordo tra le imprese sul commercio intracomunitario o sulla concorrenza sia di minore entità.

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PRINCIPALI DISPOSIZIONI NORMATIVA EUROPEA CONCORRENZA :

• Artt. 81 e 82 del TCE (ora art. 101 e 102 TFUE e già artt. 85 e 86 del trattato di Roma).

• Regolamento sulla disciplina delle concentrazioni n. 4064/89 (Merger Regulation) rimpiazzato dal Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio.

• Gli artt. 81 e 82 del Trattato sono «direttamente applicabili»: ovvero sono parte integrante ordinamenti stati membri e quindi applicabili dalle corti nazionali.

• Gli articoli 81 e 82 sono attuati dalla Commissione Europea (CE) ovvero dalla DG Comp (la Direzione Generale Concorrenza, su direttive del Commissario europeo responsabile della normativa antitrust) e a livello degli stati membri dalle autorità nazionali garanti della concorrenza e dai giudici nazionali.

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Tribunale di Primo Grado (TPG) ha la competenza (dal 1989) su tutti i ricorsi opposti alle decisioni in materia antitrust della Commissione Europea, su azione di qualsiasi persona fisica o giuridica, che vi abbia interesse.

La Corte Europea di Giustizia (CEG) decide sugli appelli avanzati contro le sentenze del Tribunale di Primo Grado.

A livello nazionale, è possibile ricorrere in appello contro le decisioni delle autorità a tutela della concorrenza davanti ai tribunali, amministrativi o civili, nazionali, rispettando quanto previsto dai differenti ordinamenti.

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L' articolo 81 (1) vieta tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di

associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune ed in particolare quelli consistenti nel: o a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi

d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione;

o b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

o c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;

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o d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggi, nella concorrenza;

o e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.

L'articolo 81(2) dispone che «gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto».

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L'articolo 81(3) stabilisce che le disposizioni del par. 1 possono essere dichiarate inapplicabili (esentando di conseguenza dal divieto) a qualsiasi accordo o categoria di accordi tra imprese, a qualsiasi decisione o categoria di decisioni di associazioni di imprese e a qualsiasi pratica concordata o categoria di pratiche concordate che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell'utile che ne deriva, ed evitando di: o a) imporre alle imprese interessate restrizioni che non

siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi; o b) dare a tali imprese la possibilità di eliminare la

concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi.

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OSSERVAZIONI

l'art. 81 si occupa di accordi sia orizzontali che verticali. Dette tipologie di accordi indistinte è fonte di potenziali problemi. La teoria economica suggerisce l'esistenza di effetti concorrenziali differenti per le due fattispecie.

Le intese orizzontali, ossia gli accordi tra imprese concorrenti, nella maggior parte dei casi restringono la concorrenza riducendo il benessere sociale. Esse, quindi, dovrebbero essere proibite sempre, (salvo accordi di cooperazione nelle attività di R&S).

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SEGUE OSSERVAZIONI

• Le intese verticali, ovvero gli accordi tra imprese che operano a stadi diversi del processo produttivo (es. tra un produttore ed un rivenditore), hanno in genere effetti procompetitivi: problematiche quando sono realizzate da imprese con notevole potere di mercato.

 • Quindi, può essere inefficiente trattare in modo

omogeneo accordi con diversa natura producenti differenti effetti competitivi.

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ORIENTAMENTI RECENTI COMMISSIONE EUROPEA

La Commissione Europea seguendo il pensiero economico prevalente ha adottato un orientamento nuovo nei confronti delle intese Verticali. Infatti il Regolamento 2790/99 prevede per le restrizioni verticali una esenzione in blocco dall'articolo 81(1), soggetta a:o un criterio di quote di mercato (quando la quota di

mercato dei produttori non supera il 30% );o una «lista nera» di clausole che non sono esentate.

(anche se sotto al 30%);

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• Queste pratiche (cd hard-core) comprendono principalmente l'imposizione del prezzo di rivendita tramite clausole e limitazioni territoriali talvolta con ripartizione o del territorio o dei clienti.Il divieto per se di queste pratiche è giustificato più dal desiderio di promuovere prezzi e condizioni di vendita identici in tutta l'Unione Europea, che da motivazioni di natura economica.

• L’art. 81 chiarisce che, ai fini del divieto, gli accordi non debbono essere necessariamente scritti o formalizzati. Tuttavia, il termine lascia spazio a delle interpretazioni (es. pratica concordata con comportamenti paralleli senza che vi sia intercomunicazione tra le imprese)

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ALTRE ESENZIONI• settori :o agricoloo difesa o trasporti (su strada, ferroviari, aerei, marittimi e sui

canali navigabili). 

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REGOLAMENTI DI ESENZIONE IN BLOCCO

  L'articolo 81(3): o nessun tipo di accordo tra imprese concorrenti è proibito per se

(esenzioni);o per semplificare nel corso degli anni la CE ha emesso numerosi

regolamenti di esenzione in blocco (indicaz. categorie di accordi: specializzazione, di ricerca e sviluppo o di trasferimento tecnologico - redazione relativi contratti per esenzione automatica) ;

o CE può concedere esenzioni individuali. Le imprese devono notificare il loro accordo alla CE, che autorizza [alle condizioni dell’art. 81(3)].

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NOTIFICA PREVENTIVA ACCORDI

• Fino ad oggi, applicazione dell'articolo 81 (v. Reg. 17/1962) con notifica preventiva e approvazione in deroga. Applicazione art. 81(3) riservata alla Commissione.

• Imprese obbligate alla notifica preventiva degli accordi alla Commissione con gravoso carico di lavoro (ridotto marginalmente da soglie dimensionali (de minimis), di comfort letters o di regolamenti di esenzione in blocco.

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SISTEMA DI ECCEZIONE LEGALE DIRETTAMENTE APPLICABILE

  La riforma del Regolamento (1 maggio 2004) ha

modificato l'applicazione dell'articolo 81 ed ha introdotto “un sistema di eccezione legale direttamente applicabile”. Due sono le novità più importanti:1.Abolizione sistema di notifica e di autorizzazione

preventiva;2.Passaggio ad un sistema di controllo ex post.

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La Commissione Europea non ha più l'esclusiva nell'autorizzare in deroga gli accordi ai sensi dell’articolo 81(3).Nuovo regolamento:o anche la autorità nazionali ed i giudici potranno

concedere l'esenzione;o nuovo sistema dovrebbe condurre ad una applicazione

più efficiente dell’art. 81;o analisi da parte CE sui casi di maggiori dimensioni (meno

numerosi).

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L'articolo 82 dispone che:• È incompatibile con il mercato comune e vietato, nella misura in cui

possa essere pregiudizievole al commercio tra stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo.Tali pratiche abusive possono consistere in particolare: a) nell'imporre direttamente o indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico a danno dei consumatori;c) nell'applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;

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d) nel subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.

• Elenco dei possibili abusi non è completo (esemplificazione in materia).

• L'art. 82 si riferisce ad un comportamento di sfruttamento (prezzi eccessivi) e a pratiche escludenti, quali prezzi predatori, contratti di esclusiva, rifiuto a trattare e tying (acquisto collegato di due prodotti: un prodotto principale un prodotto secondario).

• Perché ci sia Abuso di una posizione dominante, due elementi:

1. esistenza di una posizione dominante;2. comportamento abusivo da parte dell’impresa medesima.

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DEFINIZIONE• Nel caso Hoffmann-La Roche, uno dei primi casi esaminati alla

luce dell'art. 82 (allora articolo 86), la CEG ha fornito la definizione di dominanza di mercato, che usiamo ancora oggi:La posizione dominante [ ... ] si riferisce alla posizione di potere economico di un'impresa, che le consente di limitare la concorrenza sul mercato rilevante, poiché le dà il potere di comportarsi in larga misura indipendentemente dai suoi concorrenti, dai suoi clienti e dai consumatori. Una tale posizione non implica una totale assenza di concorrenza, così come avviene quando esiste un monopolio o un quasi-monopolio, ma permette all'impresa che la possiede, se non di determinare, almeno di avere una considerevole influenza sulle condizioni sotto le quali si svolgerà la concorrenza, ed in ogni caso di comportarsi in larga misura indipendentemente da essa, finché una simile condotta non vada a suo svantaggio.

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CONSIDERAZIONI

Problematica traduzione in termini economici dell'espressione:“Il potere di comportarsi in larga misura indipendentemente dai suoi concorrenti, dai suoi clienti e dai consumatori”. o Qualitativamente: mercato nel quale una sola grande

impresa fronteggia un insieme di piccolissime imprese (frangia competitiva);

o quantitativamente: più difficile poche grandi imprese, con significativo potere di mercato e coscienti della reciproca interazione, si fronteggiano.

Definizione di dominanza poco chiara da un punto di vista economico sostanziale.

Allora criteri quantitativi quale riferimento chiaro per imprese e autorità.

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CRITERI QUANTITATIVI PER DEFINIRE LA POSIZIONE DOMINANTE

• La giurisprudenza ha chiarito che un'impresa con il 40% del mercato rilevante, anche se non è in una posizione di monopolio, può tuttavia essere dominante.

• Dominanza (CE e Corti) coincide con quella del potere di mercato.

• Quindi impresa è dominante quando essa detiene un alto potere di mercato (studio fattori rilevanti per la valutazione del potere di mercato).

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DEFINIZIONE

Nel caso Hoffmann-La Roche troviamo anche la definizione di abuso di posizione dominante:◦ [un comportamento] che, attraverso il ricorso a pratiche

diverse da quelle che determinano il normale operare della concorrenza, ha l'effetto di impedire il mantenimento del grado di concorrenza esistente nel mercato o la sua crescita.

Un comportamento abusivo consiste soprattutto in pratiche escludenti.

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POSSIBILI ECCEZIONI

• discriminazione di prezzo (salvo quelle predatorie) tra stati membri (molto importante per integrazione economica UE).

• «sfruttamento abusivo» ovvero praticare prezzi eccessivamente gravosi agli acquirenti (o strappare prezzi troppo bassi ai fornitori).

Differenza tra normativa antitrust Usa e UE. Negli USA le agenzie garanti della concorrenza non possono intervenire quando i prezzi sono troppo alti.

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CONSIDERAZIONI

• Normativa antitrust europea non sanziona la creazione di una posizione dominante, ma solo il suo abuso.

• Quindi è lecito che un'impresa detenga un certo grado di potere di mercato anche elevato (es.: attraverso innovazione investimenti e attività di marketing) mediante la cosiddetta competition on the merits.

• È solo l'abuso, non la creazione di una posizione dominante, ad essere vietato.

• Un'impresa dominante non può mettere in atto le stesse pratiche delle imprese minori (applicazione concreta della normativa ).

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SEGUE CONSIDERAZIONI

• Pratiche concorrenziali aggressive possono essere intraprese dai concorrenti, ma non da un'impresa dominante.

• Impresa dominante che ha una sua «speciale responsabilità».

• Difficile dimostrazione pratiche escludenti. • Difficile applicazione regola generale: i casi esaminati ai

sensi dell'art. 82 sono molto più rari e spesso più controversi di quelli che ricadono sotto l'art. 81.

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PREMESSA

Le Fusioni orizzontali e quelle verticali sono disciplinate :o fino al 2004 dal Regolamento 4064/89, e smi;o dal 1° maggio 2004 dal nuovo Regolamento 139/2004.

Il Reg. 139/2004 ha parzialmente ripreso l'impostazione procedurale seguita in precedenza innovando significativamente circa i criteri sostanziali utilizzati nella valutazione delle fusioni.

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Dal punto di vista procedurale il vecchio regolamento fissava tempi e scadenze rigide per le decisioni della Commissione :o dopo un primo esame senza aprire un procedimento

formale, qualora il progetto di concentrazione fosse giudicato compatibile con la concorrenza (fase 1);

o al termine di una valutazione più approfondita dopo aver aperto un procedimento, qualora ad un primo esame preoccupazioni concorrenziali erano giustificate (fase 2).

Impostazione procedurale mantenuta nel nuovo regolamento ma maggiore flessibilità - allungamento dei tempi di esame (in casi di proposte impegni o modifiche rispetto all’originale).

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CONSIDERAZIONI

• Le rigide scadenze temporali della CE importante caratteristica del controllo delle concentrazioni.

• Le imprese necessitano conoscere il prima possibile se la loro fusione sarà autorizzata o meno.

• Incertezza molto costosa, (nelle fusioni necessità di ristrutturazioni e riorganizzazioni attività produttive, distributive, di ricerca e di marketing).

• Indispensabile che incertezza abbia breve durata. • Sistema di autorizzazione preventiva= criterio di

efficienza.

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SEGUE CONSIDERAZIONI• Casi Continental Can e Philip Morris, la CEG: artt. 81 e 82

usati ex post per operazioni di fusione. La Merger Regulation come alternativa che consente anche valutazione ex ante.

• Il Reg. 139/2004 (anche Reg. 4064/89) non copre tutte le fusioni realizzate nell’UE.

• Principio di sussidiarietà decisioni a livello decentrato come autorità nazionali e garanti della concorrenza, salvo ragioni diverse;

• La Commissione Europea è competente sulle fusioni (soglie) quando le fusioni vagliate interessano grandi imprese;

• Le fusioni di piccole imprese principalmente in un solo paese valutate dalle autorità antitrust nazionali;

• Principio dell' one-stop shop: dispensa dal richiedere una autorizzazione in ognuno dei paesi in cui esse operano (risparmio tempo e spese legali).

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Modifiche Sistema di controllo: Reg. 4064/89: Le operazioni di concentrazione che creano o rafforzano una posizione dominante, da cui risulti che una concorrenza effettiva sia ostacolata in modo significativo nel Mercato Comune o in una parte sostanziale di esso, devono essere dichiarate incompatibili con il Mercato Comune (precondizione presenza dominanza). Tuttavia anche senza posizione dominante di imprese (FUSIONE) si possono comunque verificare effetti restrittivi sulla concorrenzaNuovo Regolamento (139/2004).: le concentrazioni che non ostacolino in modo significativo la concorrenza effettiva nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, in particolare a causa della creazione o del rafforzamento di una posizione dominante, sono dichiarate compatibili con il mercato comune (si avvicina a impostazione USA).

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CONSIDERAZIONI

IL CRITERIO FONDAMENTALE OGGI ADOTTATO MIRA A VALUTARE AGLI EFFETTI DIRETTI SULLA CONCORRENZA.

IL RICHIAMO ALLA POSIZIONE DOMINANTE RAPPRESENTA UN ELEMENTO ESEMPLIFICATIVO E DI RACCORDO CON LA GIURISPRUDENZA PRECEDENTE.

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A livello nazionale la disciplina generale della concorrenza è contenuta nella legge 10 ottobre 1990 n.287, che riproduce in gran parte il contenuto della disciplina antitrust comunitaria.

Oggetto di questa normativa sono le intese restrittive della libertà di concorrenza, l’abuso di posizione dominante e le operazioni di concentrazione.

L’art. 1 della L. n.287/1990 ne definisce l’ambito di applicazione e i rapporti con l’ordinamento comunitario. Esso dispone che la legge va interpretata “in base ai principi dell’ordinamento delle Comunità europee in materia di disciplina della concorrenza”

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Le principali disposizioni si ritrovano negli articoli 2 e 4 per quanto riguarda la disciplina delle intese (la legge italiana riprende fedelmente l’art. 101 del Trattato della Comunità Europea) e nell’art. 3 per l’abuso di posizione dominante, che ripropone il testo dell’art. 102 del Trattato)

Dal 1 dicembre 2009, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona è cambiata la numerazione degli articoli del Trattato istitutivo della Comunità Europea. Gli artt.81, 82 e 86 sono diventati rispettivamente 101, 102 e 106.

La disciplina delle concentrazioni è contenuta negli artt.5-6 e segue l’impostazione del regolamento CE n.139 del 20.1.2004 imperniata sulla “costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza”

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Nel nostro ordinamento la funzione di tutela della concorrenza spetta all’autorità garante della concorrenza e del mercato , autorità amministrativa indipendente, prevista e regolata dall’art. 10 della legge n.287/1990.

Essa è composta da cinque membri (un presidente e quattro commissari), nominati dai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, scelti tra persone di notoria indipendenza e con particolari qualificazioni tecniche.

I suoi componenti durano in carica sette anni e non possono essere riconfermati.

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L’Autorità Garante detiene poteri di indagine, di istruttoria, di sanzione in materia di intese e di abuso di posizione dominante, mentre ha il potere di vietare operazioni di concentrazione che non rispettino quanto previsto dall’art. 6 della legge n.287/1990.

Nell’applicazione della legge n.287/1990, l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato è dotata anche del potere di adottare decisioni con impegni, misure cautelari e di concedere programmi di clemenza.

L’Autorità Garante ha competenza in tutti i settori economici, tranne quello del credito dove le decisioni sono prese dalla Banca d’Italia sentito il parere non vincolante dell’Autorità.

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L’Autorità Garante esprime anche pareri su iniziative legislative e regolamentari che riguardano la concorrenza.

Contro le decisioni dell’Autorità Garante è possibile fare appello presso il TAR del Lazio e successivamente presso il Consiglio di Stato.

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Le normative antitrust sono spesso influenzate da motivazioni sociali, legate al contesto storico-politico contingente, potendo rispondere ad obiettivi molto diversi tra loro.

Dal punto di vista dell’analisi economica, l’obiettivo fondamentale è rintracciabile nella massimizzazione del benessere sociale economico

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Il benessere sociale è dato dal surplus totale, ossia la somma del surplus dei consumatori e del surplus dei produttori.

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Il surplus di un singolo consumatore è dato dalla differenza tra la sua valutazione del bene (o la sua disponibilità a pagare per esso ) ed il prezzo che effettivamente esso paga per quel bene.

Il surplus dei consumatori (o benessere dei consumatori) è la somma del surplus di tutti i consumatori che acquistano su un dato mercato.

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Il surplus di un singolo produttore è il profitto che egli consegue dalla vendita del bene in questione (al lordo dei costi fissi).

Il surplus dei produttori è la somma di tutti i profitti realizzati dai produttori nell’industria.

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A parità di tutte le altre condizioni, un incremento del prezzo di vendita del bene riduce il surplus dei consumatori ed aumenta quello dei produttori.

Il benessere sociale è massimo quando il prezzo di mercato raggiunge il costo marginale di produzione e si riduce man mano che il prezzo aumenta fino ad eguagliare il prezzo di monopolio

Il concetto di benessere sociale non deve però essere interpretato solo in senso statico: il benessere sociale futuro dovrebbe essere considerato insieme a quello presente.

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E’ difficile stabilire quale sia il criterio utilizzato dalle varie autorità a tutela della concorrenza.

Nella legislazione dell’Unione Europea sembra prevalere come obiettivo finale quello della tutela del benessere del consumatore .

Anche negli Stati Uniti sembra prevalere tale obiettivo, almeno nei casi di fusione.

In altri paesi (ad esempio Canada, Australia e Nuova Zelanda), invece, sembra prevalere nella normativa antitrust l’obiettivo di tutelare il benessere sociale totale.

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Diversi sono gli argomenti a favore dell’obiettivo del benessere del consumatore

I consumatori difficilmente sono in grado di esercitare il loro potere aggregato in quanto gruppo (fenomeno del free-riding)

L’adozione di tale criterio è stata proposta anche in materia di fusioni in quanto:

1) le imprese coinvolte nell’operazione di fusione dispongono di vantaggi informativi rispetto all’autorità antitrust (asimmetria informativa);

2) vi potrebbero essere delle pressioni lobbistiche da parte delle imprese;

3) riesce a semplificare le decisioni dell’autorità antitrust nel caso la fusione comporti un risparmio nei costi fissi, ma al tempo stesso un aumento dei prezzi

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Il criterio del surplus del consumatore non tiene conto che nelle moderne economie i consumatori sono legati ai profitti ed ai dividendi delle imprese direttamente (quote azionarie) o indirettamente (obbligazioni, fondi di investimento)

Se si volesse massimizzare il surplus dei consumatori bisognerebbe fissare i prezzi pari al costo marginale: le imprese sarebbero costrette ad uscire dal mercato nel lungo periodo o dovrebbero ottenere dei sussidi per coprire i loro costi fissi

I prezzi ed i profitti più bassi avrebbero l’effetto di disincentivare le imprese dall’innovare, investire ed introdurre nuovi prodotti

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Si tratta di un obiettivo di carattere politico che non sempre è compatibile con quello del benessere sociale economico e dell’integrazione del mercato

Tale obiettivo è uno dei principali della politica della concorrenza dell’Unione Europea. La normativa dell’Unione Europea vieta la discriminazione di prezzo tra i diversi confini nazionali

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Alla base delle leggi sulla concorrenza vi può essere la motivazione di difendere le piccole imprese dall’abuso di quelle più grandi

La normativa antitrust degli Stati Uniti nasce infatti alla fine del XIX secolo in seguito alle proteste ed alle pressioni dei contadini e delle piccole imprese

L’aspetto negativo è che vi potrebbero essere aiuti a piccole imprese che non operano in maniera efficiente, determinando una inefficiente allocazione delle risorse ed il mantenimento di prezzi elevati

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Altro obiettivo della politica della concorrenza può essere quello di garantire la libertà economica

Tale obiettivo è la ragione ispiratrice della normativa antitrust della Germania

Una contraddizione tra tale obiettivo ed uno di efficienza economica si può però presentare, ad esempio, negli accordi verticali (nei contratti e nelle clausole imposte da un produttore di rivenditori del suo bene)

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Combattere l’inflazione può essere uno degli obiettivi della normativa antitrust.

Spezzare un cartello, impedire un accordo collusivo potrebbe far ridurre i prezzi, ma solo temporaneamente, non garantendo una riduzione permanente dell’inflazione

In un contesto di aumento generalizzato dei prezzi, è probabile che le imprese reagiscano all’aumento dei prezzi degli input, aumentando i prezzi di vendita dei loro prodotti pressochè contemporaneamente, anche in assenza di qualsivoglia accordo collusivo

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Altro obiettivo perseguibile è quello dell’equità, intesa come obbligo da parte delle imprese di comportarsi non danneggiando gli interessi dei consumatori e dei concorrenti.

La normativa sulla concorrenza può ad esempio impedire alle imprese dominanti di fissare dei prezzi elevati

Dal punto di vista economico il controllo sui prezzi da parte dell’autorità antitrust non è desiderabile in mercati contraddistinti dalla libertà di entrata, tranne casi particolari

( ad esempio, in mercati in teoria con libertà d’entrata, il monopolista può fissare dei prezzi che gli consentono di conservare o rafforzare la sua posizione di monopolio)

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Molte valutazioni di politica pubblica spesso influenzano l’applicazione della normativa sulla concorrenza

A volte le autorità antitrust adottano decisioni meno rigide di quanto dovrebbero in considerazione di ragioni sociali, politiche, ambientali o strategiche

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Vi sono ragioni sociali quando sono coinvolte situazioni di forte crisi, disagio o tensione sociale.

La normativa antitrust negli Stati Uniti è stata applicata in maniera meno rigorosa negli anni della Grande Depressione, in quanto si riteneva che alcuni accordi sui prezzi avrebbero evitato alle imprese il fallimento, scongiurando così l’aggravamento della disoccupazione

Una accettazione generalizzata di accordi collusivi in situazioni di crisi rischia però di proteggere imprese inefficienti a danno dei consumatori.

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La normativa antitrust può essere influenzata anche da motivazioni di ordine politico

Molto diffusa è la convinzione che una forte concentrazione economica possa esercitare i suoi effetti anche sulla sfera politica, costituendo una minaccia anche per la stessa democrazia.

Tale convinzione fu alla base della separazione di diversi gruppi industriali in Germania e Giappone, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale

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Anche ragioni di tutela dell’ambiente possono essere alla base di attuazione della politica della concorrenza

La Commissione europea ad esempio ha approvato un accordo tra produttori ed importatori di lavatrici, che rappresentano più del 95% delle vendite di tale bene in Europa, allo scopo di abbandonare la produzione e l’importazione delle lavatrici meno efficienti dal punto di vista energetico ed ambientale.

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A volte la normativa sulla concorrenza è applicata con meno rigore al fine di favorire la crescita dimensionale delle imprese nazionali, per renderle più competitive e consentire loro di affrontare con maggiore probabilità di successo la concorrenza delle imprese straniere ( valutazioni strategiche di politica industriale e commerciale)

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Dare una definizione di politica della concorrenza ( o politica antitrust ) non è semplice: occorre stabilire innanzitutto quale sia l’obiettivo che le autorità garanti della concorrenza dovrebbero perseguire.

Se consideriamo come obiettivo il benessere sociale economico possiamo definire la politica della concorrenza: “l’insieme di politiche e leggi, finalizzate ad assicurare che la concorrenza sul mercato non subisca limitazioni tali da ridurre il benessere sociale economico”

E’ compito degli economisti evidenziare quali siano gli interventi economici più utili per il raggiungimento di tale scopo.

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